PRESENTAZIONE Una vecchia storia...Alcuni mesi fa la comunità Emmaus di Fiesso Umbertiano ,...

5
PRESENTAZIONE Una vecchia storia Le comunità del Movimento Internazionale Emmaus http://www.emmaus- international.org/ fondato dall’Abbé Pierre negli anni ’40, raccolgono oggetti usati o dismessi, come mobili, elettrodomestici, vestiti, libri ed oggettistica varia, che poi rivendono, a volte dopo averli aggiustati o sistemati un po’. Il ricavato serve per le finalità dell’associazione, che consistono nell’aiutare persone che arrivano ultime nella gara, sempre in corso, di una società competitiva. Queste persone, ospitate nelle varie comunità, non vengono “mantenute”, ma proprio a loro viene affidato il compito di raccogliere esporre e vendere, o riciclare, le cose usate. Alle volte capita di trovare oggetti ormai d’antiquariato, mobili o capi d’abbigliamento di un certo pregio di cui è necessario fare una stima prima di metterli in vendita. Alcuni mesi fa la comunità Emmaus di Fiesso Umbertiano www.emmausfiesso.it, chiamata a sgomberare una casa, ha trovato anche dei documenti, e sono stati affidati a me perché li esaminassi. In questi documenti c’era la storia di una persona, i suoi ricordi più importanti. Alcune fotografie di quando era giovane, qualche vecchio documento di riconoscimento, e ricordi riguardanti un periodo di prigionia trascorso in Germania durante la Seconda guerra mondiale. La persona di cui stiamo parlando, infatti, era un ufficiale dell’esercito italiano, che a seguito delle note vicende occorse durante la guerra, venne fatto prigioniero dai tedeschi insieme a migliaia di altri soldati italiani. Fu condotto quindi in un campo di prigionia dove è rimasto per quasi un anno e mezzo, finché non è stato liberato dai soldati americani. Tutto questo lo si ricava dalla documentazione: oltre ad una foto in divisa da ufficiale, c’era la piastrina metallica di riconoscimento attribuita dalle autorità tedesche con inciso il suo numero identificativo, alcune foto del campo di prigionia, una quindicina di biglietti postali speditigli dalla famiglia con l’indirizzo del campo, un elenco ordinato per data della posta spedita e ricevuta, e infine un certificato anagrafico rilasciato dalle autorità americane al momento della liberazione. Tutta questa documentazione era già di per sé interessante: uno spiraglio di luce su una persona e la sua storia, ma anche un piccolo spiraglio su una Storia molto più grande, quella dell’immane tragedia vissuta dall’Europa in quegli anni. Succede a volte ai ragazzi di Emmaus di trovare ricordi di persone appartenute ad un’epoca che ormai non esiste più. Ma questa volta c’era dell’altro. Ben custodito in un cartoncino ripiegato dal colore blu slavato, c’era un pacchetto di foglietti, o di minuscole pagine, completamente ricoperte sui due lati da una scrittura minuta, con intercalati dei titoli sottolineati. Erano tutte ricette! Ricette su ricette a decine o a centinaia, scritte con calligrafia lillipuziana. Ma cosa ci facevano tra i ricordi di un capitano di artiglieria? A cosa dovevano servire? E perché erano state conservate con tanta cura? La risposta è venuta studiando meglio la documentazione. Per annotare le ricette, oltre a questi piccoli fogli forse provenienti da un’agendina, erano stati usati anche altri pezzi di

Transcript of PRESENTAZIONE Una vecchia storia...Alcuni mesi fa la comunità Emmaus di Fiesso Umbertiano ,...

  • PRESENTAZIONE Una vecchia storia Le comunità del Movimento Internazionale Emmaus http://www.emmaus-international.org/ fondato dall’Abbé Pierre negli anni ’40, raccolgono oggetti usati o dismessi, come mobili, elettrodomestici, vestiti, libri ed oggettistica varia, che poi rivendono, a volte dopo averli aggiustati o sistemati un po’. Il ricavato serve per le finalità dell’associazione, che consistono nell’aiutare persone che arrivano ultime nella gara, sempre in corso, di una società competitiva. Queste persone, ospitate nelle varie comunità, non vengono “mantenute”, ma proprio a loro viene affidato il compito di raccogliere esporre e vendere, o riciclare, le cose usate. Alle volte capita di trovare oggetti ormai d’antiquariato, mobili o capi d’abbigliamento di un certo pregio di cui è necessario fare una stima prima di metterli in vendita. Alcuni mesi fa la comunità Emmaus di Fiesso Umbertiano www.emmausfiesso.it, chiamata a sgomberare una casa, ha trovato anche dei documenti, e sono stati affidati a me perché li esaminassi. In questi documenti c’era la storia di una persona, i suoi ricordi più importanti. Alcune fotografie di quando era giovane, qualche vecchio documento di riconoscimento, e ricordi riguardanti un periodo di prigionia trascorso in Germania durante la Seconda guerra mondiale. La persona di cui stiamo parlando, infatti, era un ufficiale dell’esercito italiano, che a seguito delle note vicende occorse durante la guerra, venne fatto prigioniero dai tedeschi insieme a migliaia di altri soldati italiani. Fu condotto quindi in un campo di prigionia dove è rimasto per quasi un anno e mezzo, finché non è stato liberato dai soldati americani. Tutto questo lo si ricava dalla documentazione: oltre ad una foto in divisa da ufficiale, c’era la piastrina metallica di riconoscimento attribuita dalle autorità tedesche con inciso il suo numero identificativo, alcune foto del campo di prigionia, una quindicina di biglietti postali speditigli dalla famiglia con l’indirizzo del campo, un elenco ordinato per data della posta spedita e ricevuta, e infine un certificato anagrafico rilasciato dalle autorità americane al momento della liberazione. Tutta questa documentazione era già di per sé interessante: uno spiraglio di luce su una persona e la sua storia, ma anche un piccolo spiraglio su una Storia molto più grande, quella dell’immane tragedia vissuta dall’Europa in quegli anni. Succede a volte ai ragazzi di Emmaus di trovare ricordi di persone appartenute ad un’epoca che ormai non esiste più. Ma questa volta c’era dell’altro. Ben custodito in un cartoncino ripiegato dal colore blu slavato, c’era un pacchetto di foglietti, o di minuscole pagine, completamente ricoperte sui due lati da una scrittura minuta, con intercalati dei titoli sottolineati. Erano tutte ricette! Ricette su ricette a decine o a centinaia, scritte con calligrafia lillipuziana. Ma cosa ci facevano tra i ricordi di un capitano di artiglieria? A cosa dovevano servire? E perché erano state conservate con tanta cura? La risposta è venuta studiando meglio la documentazione. Per annotare le ricette, oltre a questi piccoli fogli forse provenienti da un’agendina, erano stati usati anche altri pezzi di

  • carta compresa qualche pagina di quaderno: quello che si riusciva a trovare. In alcuni casi era stato usato il retro di moduli a stampa in tedesco. Infine, in qualche altro caso, sul lato opposto c’erano, scritte a mano e a grandezza normale, quelle che avrebbero potuto essere delle liste di ingredienti. Eccone un esempio: Pane biscottato e biscotti Pasta da brodo Latte in polvere zuccherato Dadi per brodo Salamino Scatola di sardine Formaggio e noci Cosa poteva significare? Perché su un lato c’erano delle scritte così chiare e spaziate, mentre sull’altro la grafia era così minuscola e senza alcun margine, in modo da sfruttare la carta fino all’ultimo centimetro quadrato? La risposta era nei biglietti postali indirizzati al prigioniero, identificato sempre con il numero inciso sulla piastrina metallica. L’argomento principale erano i pacchi di viveri che la famiglia spediva in Germania, senza poter sapere, per mesi e mesi, se erano arrivati. Queste scritte ben chiare e leggibili erano quindi la descrizione del contenuto di un pacco, che dalla corrispondenza sappiamo che non poteva superare il peso di cinque chili e che doveva ottenere il visto della censura. In alcuni casi sul retro del foglio c’era il nome di un altro militare. Ma allora, chi aveva scritto quelle ricette? Il nostro ufficiale, a cui erano stati donati dei pezzi di carta su cui scrivere, o un suo commilitone? I fogli con le ricette, infatti, non sono firmati, e da nessuna parte ci sono annotazioni da cui si possa capire da chi sono stati scritti. Ma, ancora una volta, la risposta è venuta dall’esame della documentazione. Come già detto, tra i documenti c’è un prospetto ben ordinato di tutta la corrispondenza spedita e ricevuta nel campo di prigionia, di cui è stata conservata solo quella ricevuta le cui date corrispondono a quelle del prospetto. E questo prospetto era stato compilato con una grafia altrettanto minuta. A questo punto, il confronto calligrafico, e in particolare il confronto delle lettere maiuscole, belle ed eleganti pur nella loro piccola dimensione, dimostrava al di là di ogni dubbio che questi documenti erano stati scritti dalla stessa mano. Presentazione del ricettario Queste quindi sono ricette compilate da un ufficiale dell’esercito italiano mentre era prigioniero in Germania. Non ci possono essere dubbi, e questo spiega perché sono state conservate con tanta cura insieme agli altri ricordi della guerra. Una cosa insolita. Ricette sicuramente pensate per un libro di cucina, perché c’è anche un elenco dei principali alimenti con a fianco il contenuto in proteine, carboidrati, grassi e calorie. E allora si può immaginare come sono andate le cose. Un militare appassionato di cucina e costretto all’inattività per un anno e mezzo. Un prigioniero che, come ufficiale,

  • godeva di una certa libertà di movimento e poteva spostarsi nel campo per farsi dettare delle ricette dai propri commilitoni. Un modo per far passare più in fretta quei lunghi mesi di prigionia, e anche per distrarsi dal pensiero della guerra e della lontananza dalla famiglia. Ma anche un progetto, o almeno un sogno, di usare questo materiale per scrivere un libro di cucina. Un sogno che però non si è realizzato. Che ci fosse il progetto di scrivere un libro, risulta evidente anche dalla qualità dei testi, che sono stati redatti con cura in modo che potessero essere letti da chiunque. Non si tratta, quindi, di semplici appunti mnemonici per proprio uso e consumo, che oltretutto non sarebbero stati comodi da consultare. Non è facile scrivere un libro di cucina. Il vocabolario e il frasario sono per forza di cose limitati, e si rischia continuamente di apparire noiosi e ripetitivi. Ma, continuando a leggere, prima a caso qua e là, poi in maniera più sistematica, non avevo questa impressione. Così cominciai ad accarezzare l’idea di trascriverle: trascriverle sul computer e poi riordinarle, in modo da poterle pubblicare nel mio sito internet, e nello stesso tempo dare la possibilità all’associazione Emmaus di ricavarne un volumetto da vendere nei loro mercatini (*). Insomma, realizzare il progetto che il suo autore, tornato finalmente a casa, non è riuscito a portare a termine. Anche qui si può immaginare perché. L’Italia del dopoguerra aveva ben altri problemi a cui pensare. Inoltre sarebbe stato necessario ancora molto lavoro, ma prima venivano l’impegno professionale e la famiglia, e rimaneva quindi ben poco per tutto il resto (come del resto capita di frequente anche in tempi più normali). Però l’idea non era male. Si trattava anzi di un’occasione unica. Un anno e mezzo di tempo in cui non c’era nient’altro da fare. Una consuetudine e una passione per la cucina, e anche, evidentemente, una certa capacità di scrivere. Poi bastava fare il giro del campo e chiedere: i commilitoni, provenienti da tutte le parti d’Italia, avevano anche loro il problema di ammazzare il tempo. E lo spirito cameratesco che viene a crearsi in queste particolari condizioni faceva il resto. Una situazione non facilmente riproducibile. Se qualcuno 65 anni fa, guerra o non guerra, avesse voluto mettere insieme un campionario di ricette “nazionali”, avrebbe dovuto innanzi tutto percorrere l’Italia in lungo e in largo; ma poi, come avrebbe fatto a trovare della gente altrettanto disponibile? E così, più andava avanti il lavoro di riordino e di trascrizione di tutti questi foglietti, più mi rendevo conto dell’eccezionalità di questa raccolta, convinzione che mi spingeva a proseguire. Un lavoro lungo e tedioso. Una grafia minuta al limite della leggibilità, al punto che ogni tanto era necessaria una lente. Per fortuna una scrittura ordinata e regolare. I foglietti da trascrivere erano tanti, e il lavoro sembrava non dovesse mai finire, ma proprio questo significava che le ricette erano tantissime, e la cosa si faceva sempre più interessante. Tantissime ricette di 65 anni fa, alla fine sarebbero state più di 600, provenienti da tutte le regioni italiane quasi fossero un simbolo di unità nazionale. Ricette che venivano da un’epoca in cui di libri di cucina ce n’erano ben pochi, anzi praticamente ce n’era uno solo, quello dell’Artusi. Ma anche un lavoro rimasto incompiuto. Molte di esse sono brevi e schematiche, e di qualcuna c’é solo il nome, come se avessero dovuto essere riscritte in un

  • secondo tempo. Anche queste ultime, però, non necessariamente prive di interesse, come per esempio questa: “Mele cotogne cotte sotto la cenere: ottime”. Quello che è emerso alla fine è un significativo campionario della ricchissima tradizione italiana, ma anche uno spaccato di come si mangiava una volta, e anche un po’ di come si viveva. Il ritratto è quello di una società ancora prevalentemente agricola, nella quale le donne, quando erano libere dal lavoro nei campi, trascorrevano molte ore in cucina. Il ritratto di un’epoca in cui non ci si preoccupava molto del colesterolo, e gli avanzi erano sempre “riciclati”; ma anche l’immagine di una società in cui chi poteva permetterselo si serviva di una cucina ricca ed elaborata, anche troppo, che richiedeva una quantità di lavoro oggi impensabile, e lunghe liste dei più ricercati ingredienti. Una cucina, quindi, non sempre consigliabile o praticabile ai giorni nostri: troppo lavoro, troppi ingredienti, troppi fritti! Ma non ci sono solo questo genere di ricette; ce ne sono anche tantissime altre che invece sono semplici, sane, e facili da realizzare, e che potrebbero migliorare almeno un po’, quindi, la nostra vita. Ed è proprio dalla follia collettiva della guerra che ci viene questo invito, che è anche un’aspirazione, ad un’esistenza più serena e felice, e in definitiva normale.