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Paola Rocchi «La scrittura che pensa»: Pasolini, Zanzotto, Morante e Sciascia alla «prova del saggio» Webinar, 28 aprile 2020

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Paola Rocchi

«La scrittura che pensa»: Pasolini, Zanzotto,

Morante e Sciascia alla «prova del saggio»

Webinar, 28 aprile 2020

sdellapietra
Timbro
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Il webinar si propone di affrontare la praticabilità didattica del «saggio d’autore» nell’insegnamento della letteratura italiana a scuola. Genere dalla natura ibrida e dai confini costantemente mutevoli, il saggio è una tipologia testuale tipica del Novecento, secolo portato a una scrittura riflessiva e autocosciente. La sua pervasività è visibile nelle forme del romanzo novecentesco (il « romanzo-saggio »), nella tendenza assai diffusa tra i poeti ad autogiustificare le proprie scelte e perfino ad autocommentare la propria produzione lirica, ma soprattutto nella fioritura del genere in sé, che può arrivare ad assumere una sua specificità e un valore letterario autonomo. Poco frequentato nell’insegnamento a scuola, anche se raccomandato in coda alle Indicazioni nazionali per l’Italiano del V anno nei licei, può rivelarsi un campo interessante per esplorare le diverse forme che la scrittura saggistica ha assunto nel corso del XX secolo e per ricostruire il profilo dell’autore, in relazione tanto alla sua «visione del mondo» che al suo rapporto con i grandi temi del dibattito culturale e sociale contemporaneo. Per circoscrivere una materia così ampia, si sono scelti quattro autori rappresentativi del canone del secondo ‘900: Pasolini, Zanzotto, Morante e Sciascia. Più in particolare, di Pasolini si prenderanno in esame Scritti corsari e/o Lettere luterane; di Zanzotto, gli scritti di Luoghi e paesaggi; di Morante, Pro o contro la bomba atomica; di Sciascia, Cruciverba. Da queste raccolte saranno selezionati alcuni esempi di scrittura saggistica, se ne rileveranno i tratti distintivi, lo stile, le finalità e i temi, e se ne discuterà il possibile utilizzo didattico tanto in relazione allo studio della letteratura che come riflessione sulle strategie linguistico-espressive e argomentative. Nel corso del webinar saranno inoltre illustrate le caratteristiche generali del genere saggistico, si farà cenno alle altre autrici e agli altri autori che lo hanno sperimentato nella letteratura italiana del ‘900, e sarà fornita una bibliografia di base. Per quanto riguarda l’aspetto didattico, oltre al lavoro sui testi degli autori presi in esame, si definirà una mappa delle competenze di lettura e di scrittura (in particolare argomentativa) attivabili a partire dai testi analizzati. Nel corso del webinar saranno forniti materiali e potranno essere proposte esercitazioni ai partecipanti.

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Obiettivi

Definire tipologia e caratteri della scrittura saggistica Cogliere le relazioni tra scrittura saggistica e ruolo dello scrittore nel secondo

Novecento Approfondire aspetti e temi della cultura del secondo Novecento Definire e declinare le competenze di lettura, comprensione e analisi di un testo

saggistico e argomentativo (anche in relazione alle tipologie A e B dell’Esame di Stato)

Sperimentare tecniche di scrittura saggistico-argomentativa a partire dai modelli analizzati (anche in relazione alle tipologie A e B dell’Esame di Stato)

Analizzare il saggio come occasione per una didattica pluri- e interdisciplinare (anche in relazione al colloquio dell’Esame di Stato)

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«Ce ne ricorderemo di questo pianeta»

Il saggio come habitat di un’intelligenza libera Leonardo Sciascia

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La responsabilità dello scrittore «Si capisce che mi considero uno scrittore politico. In effetti, non c’è scrittore che non lo sia. Ma lo si è in due modi: o si offre la propria “irresponsabilità” al potere o la propria “responsabilità” a tutti. Io ho preferito questo secondo modo».

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Il saggio come libero esercizio di intelligenza

PRINCIPALI RACCOLTE DI SAGGI

Pirandello e la Sicilia (1961) La corda pazza (1970) Cruciverba (1983) Fatti diversi di storia letteraria e civile (1989) Per un ritratto dello scrittore da giovane (2000 postumo) Il metodo di Maigret A futura memoria (se la memoria ha un futuro), 2017

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«Sciascia, scrittore che non avvertiva nessuna tensione tra narrativa e saggistica: considerandosi narratore nei saggi e saggista nei romanzi e nei racconti. E al genere saggistico recuperava gli articoli di giornale, fossero essi di letteratura o di politica». (Salvatore Silvano NIgro)

Una vocazione saggistica

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La passione illuministica per la verità

«Io ho dovuto fare i conti, da trent’anni a questa parte, prima con coloro che non credevano o non volevano credere all’esistenza della mafia, e ora con coloro che non vedono altro che mafia. Di volta in volta sono stato accusato di diffamare la Sicilia o di difenderla troppo; i fisici mi hanno accusato di vilipendere la scienza, i comunisti di avere scherzato su Stalin, i clericali di essere un senza Dio; e così via. Non sono infallibile; ma credo di aver detto qualche inoppugnabile verità»

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La varietà dei temi e delle tipologie

• Numerosi articoli e brevi saggi toccano alcuni snodi cruciali della vita della Repubblica dagli anni Settanta agli anni Ottanta (la mafia, il pentitismo, il caso Enzo Tortora, il terrorismo e le stragi il rapimento di Aldo Moro ecc

• Molte pagine sono dedicate alla Sicilia (a lui si deve l’espressione « Sicilia come metafora » titolo di un libro-intervista uscito nel 1979)

• Scritti di storia civile, di erudizione, arti e tradizioni, analisi politiche meditazioni e divagazioni di filosofia morale

• Riletture critiche degli autori prediletti o con cui intrattenne un vivo dialogo (Pirandello, Manzoni, Verga, Stendhal, Borges)

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La varietà dei temi e delle tipologie

• Numerosi articoli e brevi saggi toccano alcuni snodi cruciali della vita della Repubblica dagli anni Settanta agli anni Ottanta (la mafia, il pentitismo, il caso Enzo Tortora, il terrorismo e le stragi il rapimento di Aldo Moro ecc

• Molte pagine sono dedicate alla Sicilia (a lui si deve l’espressione « Sicilia come metafora » titolo di un libro-intervista uscito nel 1979)

• Scritti di storia civile, di erudizione, arti e tradizioni, analisi politiche meditazioni e divagazioni di filosofia morale

• Riletture critiche degli autori prediletti o con cui intrattenne un vivo dialogo (Pirandello, Manzoni, Verga, Stendhal, Borges)

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Perché leggere i saggi di Sciascia

• Per comprendere la natura mutevole, ibrida del saggio, che sfugge a ogni tentativo di classificazione

• Per un approccio al saggio e alla realtà che rifiuta lo schermo dell’ideologia per seguire la mobilità dell’intelligenza, dell’analisi critica, libera da pre-giudizi e e schemi pre-definiti

• Per allenarsi a leggere e riconoscere la tensione intellettuale insita nella scrittura saggistica più che per aderire in modo acritico alle tesi proposte («Bisogna e bisognerà estrarlo dalla contingenza, dai fatti concreti che analizza, altrimenti la sua lettura sarebbe limitativa» dice Pasquale Squillacioti)

• Per comprendere la natura poliedrica della verità che ci provoca, ci disturba, ci invita a dubitare più che fornirci certezze: «Preferisco perdere dei lettori, piuttosto che ingannarli»

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Perché leggere i saggi di Sciascia

• Per cogliere lati inediti di pagine e personaggi letterari su cui pensavamo di sapere già tutto quello che era necessario

• Per capire che la tensione morale non va confusa col moralismo e che l’impegno non è mai «organico» al potere (di qualunque natura esso sia)

• Per imparare l’esercizio difficile dell’ironia

• Per conoscere uno stile scabro, denso, che procede «per sottrazione» (Moravia disse di lui «partiva dalla chiarezza per arrivare al mistero»)

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Perché leggere i saggi di Sciascia

Perché ci restituiscono in modo limpido la sua idea di intellettuale desunta dal saggio di Jean Starobinski, L’invenzione della libertà:

«[…] nel momento in cui propugna il diritto di opporsi a qualsivoglia autorità acquisisce il senso della contraddizione. Da quel momento, può anche succedere che si trovi in contraddizione con se stesso: egli diviene, allora, il primo critico delle idee dalle quali è attratto e delle formule che ama, fino al punto di volere tentare l’esperienza del loro contrario. Sotto questa definizione possiamo collocare tutti gli intellettuali: tutti coloro cioè che hanno la capacità, i mezzi e il tempo per tener desta la propria intelligenza. Cosa che comporta non il registrare passivamente, ma piuttosto il ‘criticare’ in forma attiva. Vale a dire: tutti gli intellettuali sono stati, o sono ‘uomini dei lumi’ » [Il termometro della vendetta, 1978].

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Lo scrittore rappresenta la verità, la vera letteratura distinguendosi dalla falsa solo per l’ineffabile senso della verità. Va tuttavia precisato che lo scrittore non è per questo né un filosofo né uno storico, ma solo qualcuno che coglie intuitivamente la verità. Per quanto mi riguarda, io scopro nella letteratura quel che non riesco a scoprire negli analisti più elucubranti, i quali vorrebbero fornire spiegazioni esaurienti e soluzioni a tutti i problemi. Sì, la storia mente e le sue menzogne avvolgono di una stessa polvere tutte le teorie che dalla storia nascono». [La Sicilia come metafora - intervista con Marcelle Padovani, Milano 1979]

Perché leggere i saggi di Sciascia

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Perché leggere i saggi di Sciascia

«Di Sciascia non restano le polemiche ma il modo nel quale Sciascia le affrontava: in modo mai fazioso ricostruiva i fatti in modo rigoroso, con una scrittura dall’andamento letterario».

Esiste una linea di continuità che annoda il metodo, il modo di ragionare e ricostruire e la scrittura: essi convergono nell’idea che la letteratura abbia in sé gli strumenti per ricercare la verità - che non sempre poi equivale a trovarla.

Il metodo stesso si fonda sul SAGGISMO

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L’originalità del saggio di Sciascia

• Il suo metodo si fonda sulla documentazione su cui s’innesta l’invenzione letteraria

• Il suo procedere argomentativo è regolare e insieme reticolare (come nei cruciverba)

• Il suo metodo è al servizio di un’inquisizione etica e civile

Il saggismo come metodo di scrittura

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Consonanza-dissonanza con Pasolini

Pasolini ha una vocazione profetica Il suo personaggio sempre al centro della saggistica Costruisce il saggio sulla requisitoria e sul tono lirico-oracolare Procede per accumulo e ritorni ossessivi

Sciascia è profeta «suo malgrado» L’io arretra dietro i fatti Costruisce il saggio per inquisizioni, ricostruzioni e paradossi Procede per sottrazione e riduzione all’essenziale

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«Essere disturbanti» «I cortei, le tavole rotonde, i dibattiti sulla mafia, in un paese in cui retorica e falsificazione stanno dietro ogni angolo, servono a dare l’illusione e l’acquietamento di far qualcosa; e specialmente quando nulla di concreto si fa. I ragazzi bisogna lasciarli a scuola, che bene o male ancora serve. Se qualcosa di serio si vuol fare, perché non dar loro quella trentina di illuminanti pagine sulla mafia che si trovano nel libro I ribelli di Hobsbawm? Se ne può fare un opuscolo da distribuire largamente, e impegnando gli insegnanti a spiegarlo nel contesto della storia siciliana e nazionale. Costerebbe meno di quanto costano, in denaro pubblico, certe manifestazioni ‘culturali’ contro la mafia. E qui tocchiamo un altro punto, di un discorso che si deve pur fare sullo sperpero enorme del denaro pubblico per manifestazioni ‘culturali’». [Contro la mafia in nome della legge, 26 gennaio 1987]

I ragazzi poliziotti che voi per sacro teppismo (di eletta tradizione risorgimentale) di figli di papà, avete bastonato, appartengono all’altra classe sociale. A Valle Giulia, ieri, si è così avuto un frammento di lotta di classe: e voi, cari (benché dalla parte della ragione) eravate i ricchi, mentre i poliziotti (che erano dalla parte del torto) erano i poveri. Bella vittoria, dunque, la vostra! In questi casi, ai poliziotti si danno i fiori, cari. Stampa e Corriere della Sera, News- week e Monde vi leccano il culo. Siete i loro figli, la loro speranza, il loro futuro: se vi rimproverano non si preparano certo a una lotta di classe contro di voi! Se mai, si tratta di una lotta intestina. [Il PCI ai giovani, 1968]

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Essere disturbante

• In dialogo con alcuni dei suoi più amati scrittori: Manzoni, Verga, Pirandello

• A confronto con temi e problemi affrontati nelle sue opere più significative (i romanzi sulla mafia; la scomparsa di Majorana e la responsabilità della scienza; le vicende della storia italiana tra gli anni 70 e 80: Moro e il terrorismo; la corruzione; il pentitismo; la questione della giustizia)

• Come libero esercizio di lettura e «palestra per l’intelligenza» (es.: La medicalizzazione della vita)

Alcune proposte per leggere i saggi di Sciascia in classe

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In dialogo con Manzoni

«Se mi si chiedesse a quale corrente di scrittori appartengo, e dovessi limitarmi a un solo nome, farei senza dubbio quello di Manzoni. […] La sua opera è generalmente vista come il prodotto di un cattolico italiano piuttosto tranquillo e conformista, quando invece si tratta di un’opera inquieta, che racchiude un’impietosa analisi della società italiana di ieri e di oggi e delle sue componenti più significative. Un libro, un’opera che contiene tutta l’Italia, persino l’Italia che più tardi sarà descritta da De Roberto ne I viceré, da Pirandello ne I vecchi e i giovani, da Vitaliano Brancati ne Il vecchio con gli stivali, addirittura l’Italia delle Brigate Rosse […]».

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La «scoperta» di don Abbondio [Goethe e Manzoni, in Cruciverba]

« A scuola, il libro si riduceva a una specie di scacchiera su cui figure che non arrivavano ad essere personaggi venivano mosse da invisibili mani dal buio alla luce, dalla sventura alla salvezza. Le mani della Grazia, le mani della Provvidenza. E con una precisa divisione di compiti: la Grazia a muovere padre Cristoforo e l’Innominato, la Provvidenza a guidare a buona sorte la « gente meccanica e di piccolo affare », ma a condizione della purezza di cuore. E benché senza le illuminazioni della Grazia non molto potesse fare la Provvidenza, a questa veniva attribuito il ruolo primario. ‘Protagonista del libro è la Provvidenza’, assicuravano commentatori e professori.

Io invece il libro lo avevo letto, prima, con la convinzione che protagonista ne fosse Don Abbondio, personaggio perfettamente refrattario alla Grazia e che della Provvidenza si considerava creditore; né c’è stato, da allora ad oggi, commentatore o professore che sia riuscito a farmela mutare. Ad un cero punto mi sono imbattuto in un saggio che me l’ha confermata e motivata: quel Sistema di don Abbondio che per me resta la migliore introduzione alla lettura dei Promessi sposi. Naturalmente, nelle storie e antologie della critica italiana, nei libri che la scuola impone o consiglia, nei corsi universitari, si trovano sparutissime tracce, o nessuna, di Angelandrea Zottoli, autore, oltre che del Sistema di don Abbondio, di altri notevoli saggi su Umili e potenti nella poetica del Manzoni, su Boiardo, su Casanova, su Leopardi. Ma come la nostra storia civile, anche la nostra storia letteraria è fatta di dimenticanze, omissioni e disguidi.

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La «scoperta» di don Abbondio

Ma torniamo a don Abbondio. ‘Figura circospetta e meditativa’, dice Zottoli […] Ma questa visione della vita, questo pessimismo, è per don Abbondio un riparo e un alibi: don Abbondio è forte, è il più forte di tutti, è colui che effettualmente vince, è colui per il quale veramente il “lieto fine” del romanzo è un “lieto fine”. Il suo sistema è un sistema di servitù volontaria: non semplicemente accettato, ma scelto e perseguito da una posizione di forza, da una posizione di indipendenza, qual era quella di un prete nella Lombardia spagnola del secolo XVII. Un sistema perfetto, tetragono, inattaccabile. Tutto vi si spezza contro. L’uomo del Guicciardini, l’uomo del “particulare” contro cui tuonò il De Sanctis, perviene con don Abbondio alla sua miserevole ma duratura apoteosi. Ed è dietro questa sua apoteosi, in funzione della sua apoteosi, che Manzoni delinea – accorato, ansioso, ammonitore – un disperato ritratto delle cose d’Italia: l’Italia delle grida, l’Italia dei padri provinciali e dei conte-zio, l’Italia dei Ferrer italiani dal doppio linguaggio, l’Italia della mafia, degli azzeccagarbugli, degli sbirri che portan rispetto ai prepotenti, delle coscienze che facilmente si acquietano…

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Anni addietro Cesare Angelini, dopo più di mezzo secolo di amorosa, attenta e sottile lettura dell’opera manzoniana, fu come folgorato da una domanda: perché se ne vanno? Perché Renzo e Lucia, ormai che tutto si è risolto felicemente per loro, ormai che nel castello di don Rodrigo c’è un buon signore e nulla più hanno d temere, lasciano il paese che tanto amano? Non seppe trovare risposta. E pure la risposta è semplice: se ne vanno perché hanno già pagato abbastanza, in sofferenza, in paura, a don Abbondio e al suo sistema; a don Abbondio che sta lì, nelle ultime pagine del romanzo, vivo, vegeto, su tutto e tutti vittorioso e trionfante: su Renzo e Lucia, su Perpetua e i suoi pareri, su don Rodrigo, sul cardinale arcivescovo. Il suo sistema è uscito dalla vicenda collaudato, temprato come acciaio, efficientissimo. Ne saggiamo la resistenza anche noi, oggi: a tre secoli e mezzo dagli anni in cui il romanzo si svolge, s un secolo e mezzo dagli anni in cui Alessandro Manzoni lo scrisse».

La «scoperta» di don Abbondio

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Manzoni riletto da Sciascia

Per Sciascia I Promessi Sposi perdono il carattere provvidenzialistico, luogo comune di una certa critica che ha spopolato tra i banchi di scuola. Il romanzo si presenta a Sciascia come una disamina lucidissima e spietata della società italiana: del tempo in cui il romanzo si svolge, del tempo in cui Manzoni lo scrisse, del tempo in cui noi lo leggiamo.

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I burocrati del Male [Storia della Colonna Infame, in Cruciverba]

«La figura dell'untore, che già si era materializzata nella peste del 1576, [...] ebbe in quella del 1630 una più tragica, moltiplicata e prolungata apoteosi. E non solo a Milano. Ma su quella di Milano, sulle memorie cittadine che ne restavano, sulle carte che la descrivevano, si abbatteva nel secolo successivo lo sdegno di Pietro Verri, illuminista; e ancora un secolo dopo, nel XIX, la non meno sdegnata ma più dolorosa e inquieta e acuta meditazione di Alessandro Manzoni, cattolico.

Più vicini che all’illuminista ci sentiamo oggi al cattolico. Pietro Verri guarda all’oscurità dei tempi e alle tremende istituzioni; Manzoni alle responsabilità individuali. La giustezza della visione manzoniana possiamo verificarla stabilendo una analogia tra i campi di sterminio nazisti e i processi contro gli untori, i supplizi, la morte.».

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I burocrati del Male [Storia della Colonna Infame, in Cruciverba]

[…] quel di cui c’è da tremare è appunto questo: che quei giudici erano onesti e intelligenti quanto gli aguzzini di Rohmer erano buoni padri di famiglia, sentimentali, amanti musica, rispettosi degli animali. Quei giudici furono "burocrati del Male": e sapendo di farlo.

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I burocrati del Male [Storia della Colonna Infame, in Cruciverba]

« Che si potesse, come oggi in un laboratorio batteriologico, manufare la peste e diffonderla, intanto era questione controversa. Il Tadino, medico, ci credeva: ma allora non c'era differenza tra uno che si diceva o dicevano medico e una qualsiasi persona colta. Le conoscenze del Tadino, in fatto di medicina, non erano né diverse né superiori a quelle di un don Ferrante: il quale risulta personaggio comico, caricatura, nelle pagine dei Promessi sposi, col senno di poi; ma è, in effetti, il ritratto del Tadino, tal quale. Anzi: il Tadino vedeva la peste scendere dalle stelle e andare a finire nelle ampolle degli untori; don Ferrante invece si fermava alle stelle, e morì prendendosela con le stelle e non cogli untori. Ma contro il Tadino che ci credeva, altri non ci credevano. L'opinione del cardinale Federico Borromeo non era del tutto netta […].

Non c'è dubbio che il cardinale abbia, sulla diffusione della peste, idee più chiare di quelle del protomedico; ma … E si poteva l'intenzione, fondata sull'ignoranza e la follia, per quanto malvagia fosse, punire tanto atrocemente? Il cardinale non si pronuncia. Né si pronuncia il Ripamonti, che pure lascia intravedere una più decisa opinione contro la credenza. Ma aveva già passato i suoi guai, col Sant'Uffizio: e da quella esperienza era venuto fuori prudente, circospetto. [...]».

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I burocrati del Male [Storia della Colonna Infame, in Cruciverba]

« […] Quante altre ce ne saranno state dello stesso avviso? Certo, erano persone la cui opinione doveva avere una qualche influenza. Ma in ogni caso, bastano il Borromeo e il Ripamonti a dirci che i tempi non erano così oscuri e che un uomo intelligente e onesto poteva e doveva, specialmente esercitando ufficio di giudice, arrivare se non alla convinzione del secondo, almeno a quella del primo. E secondo il Nicolini quei due gentiluomini che condannarono i presunti untori, il Monti e il Visconti, avevano ingegno, erano onesti. Due qualità che, nel caso, non potevano coesistere: perché è possibile fossero onesti ma imbecilli: o che fossero disonesti essendo intelligenti.

Ma non c'è causa, per quanto irrimediabilmente persa, che non trovi un suo difensore: anche dopo tre secoli. ».

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PRIMA PARTE

• Introduzione e contestualizzazione dell’argomento (il processo agli untori)

• Richiamo alla posizione di Verri e di Manzoni che indirettamente rimanda al problema

• Anticipazione della posizione di Sciascia (pro-Manzoni)

• Prima argomentazione per analogia (processi contro gli untori e campi di sterminio nazisti)

• Citazione doppia (Nicolini vs Rohmer) a sostegno della precedente argomentazione

• Prima conclusione che riprende l’espressione di «burocrati del Male» attribuita ai giudici

Storia della Colonna Infame Analisi del passo proposto

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SECONDA PARTE

• Analisi delle credenze dell’epoca sugli «untori»: posizioni di Borromeo (un religioso autorevole), di Tadino (un uomo di scienza), di Ripamonti (uno storico)

• Conclusione del ragionamento induttivo: « bastano il Borromeo e il Ripamonti a dirci che i tempi non erano così oscuri »

• Ripresa tesi di Nicolini e presentazione delle sue argomentazioni [attraverso citazione delle sue parole] contro la posizione di Verri e quella di Manzoni

Storia della Colonna Infame Analisi del passo proposto

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TERZA PARTE • Confutazione delle critiche di Nicolini

• Ridefinizione critica dei concetti di

storicismo e moralismo da parte di Sciascia*

• Conclusione affidata a citazione di Hoffmannsthal

Storia della Colonna Infame Analisi del passo proposto

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«Adopera Manzoni, Pirandello, Brancati, Savinio, Stendhal, e li adopera non per riprodurre la loro visione del mondo ma per assorbire qualcosa della loro saggezza» (C.Giunta)

La battaglia di Verri «ancora oggi va combattuta […]. Poiché il passato, il suo errore, il suo male, non è mai passato: e dobbiamo continuamente viverlo e giudicarlo nel presente, se vogliamo essere davvero storicisti. Il passato che non c’è più – l’istituto della tortura abolito, il fascismo come passeggera febbre di vaccinazione – s’appartiene a uno storicismo di profonda malafede se non di profonda stupidità. La tortura c’è ancora. E il fascismo c’è sempre».

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Il moralismo - termine oggi in disgrazia, che come una goccia d'acqua si vaporizza se cade sulle roventi ingiustizie dei nostri anni, e quel breve vapore si dice qualunquismo - il moralismo appunto è in Manzoni molto più prepotente delle sue credenze religiose.

«Adopera Manzoni, Pirandello, Brancati, Savinio, Stendhal, e li adopera non per riprodurre la loro visione del mondo ma per assorbire qualcosa della loro saggezza» (C.Giunta)

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«Sono un vecchio, incallito, mai pentito moralista. La parola mi piace, perché richiama non una moralità passiva, compiaciuta, contemplativa e consolatoria, ma una attitudine critica da non abbandonare, una tensione continua verso la realtà, il rifiuto di uno storicismo da quattro soldi che, riducendo a formula abusiva l’hegeliano «tutto ciò che è reale è razionale», spalma di acquiescenza qualsiasi comportamento pubblico e privato» [Il moralista militante, Laterza, Roma-Bari 2017]

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L’analisi del fenomeno mafioso tra romanzo e saggio • Lettura di Il giorno della civetta (1961)

• Lettura di A ciascuno il suo (1966)

• Dialogo tra passi dai romanzi e articoli e saggi sul

fenomeno mafioso

• Confronto di posizioni

• Confronto di tecniche (inserti saggistici nei romanzi, inserti narrativi nei saggi)

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Letteratura e mafia: Il giorno della civetta (1961)

« Da questo stato d'animo sorse, improvvisa, la collera. Il capitano sentì l'angustia in cui la legge lo costringeva a muoversi; come i suoi sottufficiali vagheggiò un eccezionale potere, una eccezionale libertà di azione: e sempre questo vagheggiamento aveva condannato nei suoi marescialli. Una eccezionale sospensione delle garanzie costituzionali, in Sicilia e per qualche mese: e il male sarebbe stato estirpato per sempre. Ma gli vennero nella memoria le repressioni di Mori, il fascismo: e ritrovò la misura delle proprie idee, dei propri sentimenti... Qui bisognerebbe sorprendere la gente nel covo dell'inadempienza fiscale, come in America. Ma non soltanto le persone come Mariano Arena; e non soltanto qui in Sicilia. Bisognerebbe, di colpo, piombare sulle banche; mettere le mani esperte nelle contabilità, generalmente a doppio fondo, delle grandi e delle piccole aziende; revisionare i catasti. E tutte quelle volpi, vecchie e nuove, che stanno a sprecare il loro fiuto (...), sarebbe meglio se si mettessero ad annusare intorno alle ville, le automobili fuoriserie, le mogli, le amanti di certi funzionari e confrontare quei segni di ricchezza agli stipendi, e tirarne il giusto senso». (Il giorno della civetta, Einaudi, Torino, 1961).

Letteratura e mafia: Il giorno della civetta (1961)

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Saggezza, non delazione [«L’Espresso», 27 Aprile 1980]

«Tutte le associazioni segrete che - quale ne sia il fine - usano il crimine come mezzo , si somigliano non solo nella struttura organizzativa e gerarchica, ma anche nella ricerca ed espansione, intorno a sé, di un contesto silenzioso, omertoso e di protezione. Tanto più una società si riconosce nelle leggi che le associazioni segrete vogliono ignorare o abbattere, e se ne sente garantita, tanto meno diffuso sarà, intorno al raggruppamento clandestino, il contesto direttamente o indirettamente protettivo. Nel fenomeno mafioso, cui di solito si fa richiamo a paragone di ogni altra associazione segreta criminale, il tessuto protettivo che lo circonda è così variamente intramato e complesso, così durevole e tenace, che la paura finisce con l'apparire elemento secondario. Se poi si tiene presente che la mafia non è mai stata considerata - se non dal fascismo - come fatto eversivo dell'ordine costituito ma piuttosto come sistema parallelo o speculare rispetto all'altro e con l'altro connivente o addirittura integrato, le ragioni della protezione che un'intera società più o meno consapevolmente le accorda appaiono del tutto evidenti. Ed è in effetti da questa condizione "esterna" che la mafia deriva

una compattezza "interna", per cui la rivolta di qualche suo affiliato, se si fa "delazione", viene oggettivamente, e persino clinicamente, considerata pazzia.

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Essere disturbante « -Forse tutta l’Italia va diventando Sicilia … A me è venuta una fantasia, leggendo sui giornali gli scandali di quel governo regionale: gli scienziati dicono che la linea della palma, cioè il clima che è propizio alla vegetazione della palma, viene su, verso il nord, di cinquecento metri, mi pare, ogni anno… La linea della palma … Io invece dico: la linea del caffè ristretto, del caffè concentrato … E sale come l’ago di mercurio di un termometro, questa linea della palma, del caffè forte, degli scandali: su su per l’Italia, ed è già oltre Roma […]»

(Il giorno della civetta, 1961)

«La linea della palma»

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«Ma il fatto è, mio caro amico, che l'Italia è un così felice Paese che quando si cominciano a combattere le mafie vernacole vuol dire che già se ne è stabilita una in lingua... Ho visto qualcosa di simile quarant'anni fa: ed è vero che un fatto, nella grande e nella piccola storia, se si ripete ha carattere di farsa, mentre nel primo verificarsi è tragedia; ma io sono ugualmente inquieto». (A ciascuno il suo, Einaudi, Torino, 1966)

«La linea della palma»

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«Conosce la teoria della palma? […]. Secondo una teoria geologica, per il riscaldamento del pianeta la linea di crescita delle palme sale verso il nord di un centinaio di metri all'anno. Per questo motivo, fra un certo numero di anni, vedremo nascere le palme anche dove oggi non esistono. Anche la linea della mafia sale ogni anno. E si dirige verso l'Italia del nord. Tra un po' di anni la vedremo trionfare in posti che oggi sembrano al riparo da qualsiasi rischio. E anche al nord la mafia avrà gli stessi connotati che oggi ha in Sicilia. Qui da noi il mafioso si è mimetizzato dentro i gangli del potere. Una volta in Sicilia c'erano due Stati, adesso non ci sono più. Quello della mafia è entrato dentro l'altro. Un sistema dentro il sistema. Ha vinto il sistema di Cosa Nostra: più rozzo, più spregiudicato, più violento. E vincerà anche al nord».

«La linea della palma»

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I nipoti di don Vito, 25 agosto 1982 Corriere della Sera

«Scrivendone nel 1957, mi pareva che una mafia siffatta, e con siffatti interessi, fosse in via d'estinzione. Ma così concludevo: "Se dal latifondo riuscirà a migrare e consolidarsi nella città, se riuscirà ad accagliarsi intorno alla burocrazia regionale, se riuscirà ad infiltrarsi nel processo d'industrializzazione dell'isola, ci sarà ancora da parlare, e per molti anni, di questo enorme problema." Facile e persino ottimistica previsione. La mafia è andata al di là: è diventata fenomeno più vasto, indefinibile e visibilissima nei suoi molteplici effetti invisibile nella sua gestione, nei suoi capi, nei suoi legami, nelle sue connivenze e protezioni. Si conosceva una mafia siculo americana e si parlava di una certa penetrazione specialmente in ordine agli abigeati nelle colonie francesi di Tunisia e Algeria; ma la droga e il traffico delle armi l'hanno fatta dilagare in ogni parte del mondo».

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Essere disturbante

«C’è stato un progressivo superamento dei miei orizzonti, e poco alla volta non mi sono più sentito siciliano, o meglio, non più solamente siciliano. Sono piuttosto uno scrittore italiano che conosce bene la realtà della Sicilia, e che continua ad essere convinto che la Sicilia offra la rappresentazione di tanti problemi, di tante contraddizioni, non solo italiani ma anche europei, al punto da poter costituire la metafora del mondo odierno.».

La Sicilia come metafora

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Premi Nobel donne

di Elsa Morante

Morante: il saggio come incontro con il mondo

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Elsa Morante è tutta nell’arte del romanzo e allora perché dare spazio alla lettura dei suoi saggi? Esperienza compresa in un arco ventennale: dal 1950 al 1970 Confluita nel volume Pro e contro la bomba atomica e altri scritti, a cura di Cesare Garboli (1^ ed. Adelphi, Milano 1987)

Morante saggista?

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Il saggio-conversazione e la varietà dei temi

Brevi saggi-conversazione di diversa lunghezza La brevità non inganni: «contiene in poco spazio interi mondi» (A. Berardinelli): • gli scrittori più amati (Saba e non solo)

• la piazza prediletta (Piazza Navona)

• l’elogio del gatto siamese

• un abbozzo di « lode della frivolezza »

• un’analisi dei personaggi letterari

• un’ampia riflessione sul romanzo (quando se ne cantava l’elogio funebre)

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La natura della raccolta

Privilegia: • un andamento asistematico • il frammento • la discontinuità • la passione per l’immaginario come chiave di accesso al

reale • passione letteraria congiunta a passione politica

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La varietà dei temi e delle tipologie Pro e contro la bomba atomica

• Nasce come conferenza letta nel febbraio 1965 al Teatro Carignano di Torino, al Manzoni di Milano, all’Eliseo di Roma

• Pubblicata da « Europa Letteraria » nel 1965 (VI, n.34) • Ristampata in « Linea d’ombra », dicembre 1984 • Da invettiva contro l’utilizzo di armi di distruzione di massa a

dissertazione sulla definizione e sul ruolo dello scrittore, che investe l’intera esistenza umana.

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La varietà dei temi e delle tipologie La tesi del saggio

• Reazione alla disgregazione: peculiarità dei regimi borghesi, responsabili di aver trascinato il mondo in una stupida divisione in blocchi, di cui la bomba atomica è il sigillo violento

• A questa disgregazione possono e debbono reagire gli scrittori, che hanno il compito di fornire un’ immagine intera e integra dell’universo

• L’arte è «avventura cosciente nel mondo reale, immaginazione, esigenza disperata di verità, religione del futuro e della testimonianza, […] necessità di riconoscersi nella bellezza».

• Contro l’arma atomica Morante invoca la potenza della letteratura e dell’immaginario che possono permettere alle generazioni future di non estinguersi

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Lo scrittore deve opporsi alla disintegrazione dell’umanità contemporanea

«Il movimento reale della vita è segnato dagli incontri e dalle opposizioni, dagli accoppiamenti e dalle stragi. Nessuna persona viva rimane esclusa dall’esperienza del sesso, dell’angoscia, della contraddizioni, della deformazione. […] La purezza dell’arte non consiste nello scansare quei moti della natura che la legge sociale, per il suo torbido processo, censura come perversi e immondi; ma nel raccoglierli spontaneamente alla dimensione del reale».

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Le competenze

Dal progetto Compìta un modello per la didattica delle competenze letterarie

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Ipotesi di lavoro

• Proposta 1: elaborare un breve percorso che colleghi testi saggistici di uno degli autori proposti con alcune sue opere letterarie per cogliere la trasversalità dei temi e/o delle immagini e del linguaggio

• Proposta 2: scegliere un saggio ciascuno per almeno tre degli autori proposti (e/o di altri autori noti) e costruire un breve percorso che mostri la varietà di modelli a cui il genere si è prestato nel ‘900 italiano

• Proposta 3: elaborare a partire dalla tabella delle competenze Compìta una mappa delle competenze esercitabili attraverso la pratica di lettura di saggi applicandola a uno dei saggi proposti o ad altro noto.

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Inviare a: [email protected] Entro: 10 maggio 2020 Corredata da: • nome e cognome • scuola di provenienza • proposta scelta

BUON LAVORO E GRAZIE!

Per comunicare con la prof.ssa Rocchi: [email protected]