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Presentazione I Rapporto BES 2013 Benessere Equo e Sostenibile Roma, 11 marzo 2013

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Presentazione I Rapporto BES 2013Benessere Equo e Sostenibile

Roma, 11 marzo 2013

Presentazione I Rapporto BES 2013Benessere Equo e Sostenibile

Relazione del Presidente del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro

On. Prof. Antonio Marzano

Roma, 11 marzo 2013

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Signor Presidente della Repubblica, Signor Presidente della Camera,

1. La “svolta storica”

quest’oggi il CNEL e l’ISTAT si propongono, ciascuno per la partedi propria competenza, di dare testimonianza, una testimonianzaattiva, di una delle più rilevanti svolte dell’analisi economica e dellapolitica economica, avvenuta nel corso degli ultimi anni.

Sappiamo che la Storia delle idee, e la Storia delle politiche inmateria economica e sociale, colpiscono per le discontinuità deirispettivi percorsi. La riflessione e l’azione che vi si collegaprocedono, nel tempo, con intermittenze frequenti ed evidenti.

Le ragioni di ciò hanno una duplice natura. La prima èrappresentata dall’evoluzione della realtà. Dal dopoguerra in poi,l’esperienza del CNEL è al riguardo illuminante: tematiche e politicheche si consideravano prioritarie in determinate fasi del cammino dellanostra società, non sono risultate più tali nel proseguo degli anni, edaltre sono loro subentrate.

La seconda ragione della discontinuità è meno intuitiva, e derivadallo stato di insoddisfazione verso i risultati raggiunti dalle analisieconomiche e dalle relative indicazioni di politica economica.L’insoddisfazione rende i risultati raggiunti solo apparentementedefinitivi. In realtà, sono temporanei. Questo lo si può dire ingenerale, trattandosi della ragione fondamentale del progresso dellaconoscenza. Ma in certi campi, è più avvertita che altrove la necessitàdi “tornarci”.

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Ciò è particolarmente vero nel dominio dell’Economia delBenessere e delle politiche attinenti. L’insoddisfazione si riferisce airisultati cui si pervenne con la dottrina utilitaristica che ha professatoil concetto di benessere come somma del benessere dei singoli: unasomma dal punto di vista metodologico impossibile, se si convienesull’impossibilità della misurazione ed addizione delle utilitàpersonali.

A parità di altre condizioni, si sosteneva da alcuni in questocontesto, il benessere collettivo può dirsi però aumentare se cresce ildividendo nazionale, il nostro PIL. Vi è allora spazio perché tuttipossano migliorare. Così, l’analisi del benessere diventò quella deifattori dello sviluppo e della crescita. Le politiche del benesserediventavano politiche dello sviluppo.

Questa posizione lasciò insoddisfatti economisti come il nostroEinaudi (“Ipotesi astratte e giudizi di valore nelle scienzeeconomiche”, 1943) o Hicks (“The foundation of welfare economics”,1939), che segnalarono il rischio di “eutanasia della scienzaeconomica”, per limitarci ai primi e più autorevoli interventi critici.

Gli sviluppi più recenti possono riassumersi, per esigenze ditempo, in due concetti di base.

Il primo è che l’entità del dividendo nazionale è e rimanefondamentale. Non si discute l’importanza del PIL e mai come inquesti anni, nella gran parte dei paesi occidentali, si potrebbe negarla.Meno ancora nel nostro, dove si è consapevoli sempre di piùdell’importanza della domanda globale ai fini dello sviluppo. Ma losi è anche della necessità, da un lato, di rassicurare i mercati sullatenuta della finanza pubblica: altrimenti si determinerebbero alti tassidi interesse, che ostacolerebbero una domanda più sostenuta. Edall’altro, sulla necessità, in tempi di globalizzazione, di rendere

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competitiva l’economia reale del Paese: senza di che, gli aumenti delladomanda farebbero crescere le importazioni, ossia sarebbero abeneficio delle imprese estere e della relativa occupazione. Di nuovo,si indebolirebbe invece la domanda rivolta alle imprese nazionali.

Il ruolo centrale del PIL è fuori discussione. Ma questo nonequivale a dire che tutto il resto non conta, quando invece sappiamoche in questo “resto” vi sono elementi che influenzano la qualità dellavita degli esseri umani. Lo stesso Kuznetz, padre della contabilitànazionale, sosteneva che il PIL non potesse essere il solo misuratoredel benessere, non includendo attività fuori mercato, esternalitànegative come quelle ambientali, o disuguaglianze tra i cittadini.

Il secondo concetto di base è rappresentato dal significato ultimodel sistema politico che chiamiamo democrazia. Esso si basasull’uguaglianza dei cittadini sotto il profilo dei diritti politici. Se ècosì, la somma delle loro preferenze torna ad avere un significatooggettivo, che è alla fin fine quello del voto. La tirannide è altra cosa,uno o pochi impongono le proprie preferenze ad una collettivitàsottomessa.

Per saperne di più circa i fattori che influenzano il benesserecollettivo, occorre dunque ascoltare i cittadini, consultare insommala società civile. Ecco emergere un ruolo che è proprio del CNEL: ilquale ha infatti anticipato la maggior parte delle iniziative sugliindicatori del benessere, avviando la propria riflessione sul tema nel2005.

Quel ruolo corrisponde in sostanza al mandato che la Costituzioneaffida al CNEL, di alta consulenza al Parlamento ed al Governo: inrelazione a quale altro obiettivo, che non sia quello di segnalare iproblemi principali avvertiti dalla società, la cui mancata soluzionenuoce alla qualità del vivere1? E può la stessa classe politica nutrire

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il proprio confronto, il dibattito, le contrapposizioni - sale dellademocrazia - sulla base di differenziazioni ideologiche, e trascurando,come si sente spesso dire, i problemi della gente?

Nel 2009 si può datare “la svolta”, con l’Italia antesignana. La Francia istituisce la “Commissione Stiglitz”. Nello stesso anno, ilG20, a Pittsburgh, chiede un riesame della contabilità del benessere,per dare lo spazio necessario anche alle disuguaglianze ed all’ambiente(da tutto ciò, la sigla BES: Benessere Equo e Sostenibile). Intanto, variPaesi si sono mossi con impegno lungo questa strada. Oltre all’Italiaed alla Francia, anche Germania, USA, Regno Unito, Irlanda, Svizzera,Olanda, Australia. La stessa Commissione Europea ha raccomandatoqueste analisi con la comunicazione “Non solo PIL” del 2011.

1 - Hanno attinenza diretta o indiretta con la qualità della vita tutti i principali temi trattatidal CNEL: Efficienza P.A., Riforma tributaria, PNR, Contraffazione del Made in Italy,Criminalità economica, Immigrazione ed integrazione, Procedure per realizzare infrastrutture,Politiche energetiche, Mercato del lavoro, Produttività, Contrattazione, Giovani, Evoluzionedel ciclo, Leggi di finanza pubblica, Spending Review, Politiche per il debito pubblico,Cambiamenti dell’impresa, Social Housing.

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2. Il ruolo del CNEL

L’attività avviata risponde, si diceva, al compito istituzionale delCNEL. Naturalmente, le scelte politiche rimangono integralmentenella responsabilità della classe politica. Ma pare di per sé unprogresso che queste scelte si compiano nella consapevolezza dellepriorità, delle preferenze, dei bisogni della collettività. E progressoulteriore è rappresentato dalla disponibilità di misurazioni dei fattoridi benessere, che nel nostro caso è stata magistralmente compiutasoprattutto dall’ISTAT. Insomma ci si propone una sorta di“Costituzione statistica” che valuti il peso e l’andamento nel tempodegli indicatori di benessere. Liberi poi i rappresentanti del popolodi scegliere, ma di scegliere sapendo.

È quanto raccomandava Einaudi, secondo il titolo della sua primapredica, “Conoscere per deliberare”. Si tratta, si può oggi dire, di unacondizione necessaria, anche se non sufficiente. Molto dipende da“come e dal se” la conoscenza si traduca in concrete scelte diinterventi e, avvertiva ancora Einaudi, dall’efficacia dei meccanismidi formazione delle decisioni politiche, non meno che dall’efficienzadella Pubblica Amministrazione nel tradurle in fatti. Anche su questospecifico punto il CNEL esercita con metodo la propria analisi, per lecompetenze attribuitagli dall’articolo 9 della Legge 15/09.

Conoscere per decidere è una condizione necessaria peresercitare a ragione le proprie scelte politiche, nel momento dellostesso voto, e per adempiere, dal lato della classe politica, la volontàdel popolo e le sue aspirazioni ad un maggiore benessere. Insomma,è condizione di democrazia.

La strumentazione che CNEL e ISTAT hanno predisposto puòcostituire un mezzo utile per valutare ex ante le proposte di intervento,

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le iniziative di legge, le leggi di programma: ex-ante, ma anche ex-post,cioè confrontandone gli effetti reali rispetto agli indirizzi espressi dallaCostituzione statistica di base, naturalmente attualizzata nel tempo.

Nelle società dinamiche in cui viviamo è necessario percepirecon tempestività i cambiamenti e le conseguenti correzioni di azione.I corpi intermedi, la società civile organizzata, le parti sociali cherappresentano le forze produttive, vivono in presa diretta l’esperienzadei cambiamenti e possono pertanto contribuire per mezzo di sediistituzionali come il CNEL all’elaborazione delle proposte risultanti dalconfronto tra interessi contrapposti che, svolgendosi pubblicamente,avviene nella più assoluta trasparenza.

Inoltre i Consigli Economici e Sociali e le Organizzazioni similarisono la sede adatta per approfondire le analisi di medio e lungoperiodo – orizzonte non sempre privilegiato dalla classe politica – chesappiano cioè coniugare competitività, coesione sociale e sviluppo inun’ottica di sostenibilità di lungo periodo.

Questo è stato lo spirito con cui si è lavorato in sede CNEL conle parti sociali e l’ISTAT per individuare una proposta condivisa diambiti rilevanti per la misura del benessere.

Quello che si può mettere in atto, secondo quanto proponiamo, èuna valutazione che può assumere la forma di:

1. strumento per allocare meglio le risorse tra i vari usi;2. veicolo per rendere conto delle realizzazioni effettuate in un

certo ambito di azione pubblica;3. strumento di analisi dei processi di attuazione della politica;4. stima degli effetti prodotti da una politica.

Tutto questo, in una fase economico – sociale come quella chestiamo vivendo, è certamente da tenere in dovuta considerazione.

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3. Gli Indicatori e la Costituzione

Il Comitato CNEL-ISTAT ha definito 12 principali domini delbenessere, composti da 134 indicatori. Ed ha inoltre misurato il loroandamento nel tempo. Su tutto ciò, si soffermerà il Presidentedell’ISTAT, il Professor Giovannini, al quale esprimo il più vivoapprezzamento per il lavoro che il Suo Istituto ha svolto, con grandicapacità tecniche e con un’esperienza che direi unica.

Mi soffermerò, per mio conto, su alcuni altri aspetti. Il primo, chedesidero sottolineare, è che questo tipo di analisi presuppone inqualche modo il tentativo, ambizioso quanto utile, di “capire ilprogresso”. Amartya Sen ha osservato che discutere di questi indicatorisignifica ragionare sui fini ultimi di una società.

Il secondo aspetto, emerso dal Forum OCSE tenuto a New Delhilo scorso ottobre, è che le numerose iniziative nazionali che si sonosviluppate nel campo della misura del benessere convergono tutte suspecifiche caratteristiche a prescindere dalle diverse culture e daigradi di sviluppo dei singoli paesi; ciò mette in evidenza che i bisogniindividuali e collettivi sono alla fin fine non identici, ma simili in tuttoil mondo. L’umanità ha, da questo punto di vista, un comune sentire,speranze comuni.

Le componenti del benessere prese generalmente in considerazionedalle diverse iniziative nazionali sono: i) le condizioni materiali(disuguaglianza della distribuzione del reddito e del patrimonio;condizioni di lavoro; condizioni delle attività di impresa; abitazioni;infrastrutture materiali e immateriali, soprattutto in ambito urbano); ii)sostenibilità di medio e lungo periodo e vulnerabilità a crisi, disastri econflitti (in campo ambientale, finanziario, sociale); iii) condizioni disalute. Ed inoltre: istruzione e formazione; cura dei bambini e degli

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anziani; rispetto delle minoranze; condizione femminile in famiglia, nellavoro, nella società; qualità delle istituzioni.

Vi è un’ultima considerazione che vorrei formulare sul lavoro cheoggi presentiamo. Colpisce l’assonanza degli indicatori di benessereche si sono individuati rispetto alle prescrizioni contenute in moltiarticoli della nostra Costituzione. Questo dà un particolare significatoall’espressione che abbiamo proposto in altre occasioni, secondo cuil’intenzione è di elaborare una Costituzione statistica: un sistema dimisurazione, si riteneva, costruito su principi fondamentali condivisidai più. Ora, va reso onore alla capacità di preveggenza dei nostripadri costituenti che avevano non solo un’idea, ma un vero e proprioprogetto di benessere, purtroppo non in tutto rispettato. La“Costituzione statistica” assume oggi significato paradigmaticorispetto alla Costituzione della Repubblica.

Così, l’indicazione relativa al dominio di benessere “Paesaggioe patrimonio culturale”, riecheggia l’articolo 9 della nostra Carta, e ilRapporto ricorda che c’è qui molto da fare, essendo questa la parteforse più fragile della straordinaria eredità della Storia Italiana.

Il dominio della “Salute” è il tema dell’articolo 32 dellaCostituzione. L’Italia ha una buona posizione sotto il profilo dellalongevità, ma la qualità della sopravvivenza, ricorda il Rapporto, nonè delle migliori, specialmente per le donne.

Il dominio “Istruzione e formazione” riecheggia il contenuto degliarticoli 9 e 33, così come quello della “Ricerca ed innovazione”. Vienesegnalato a questi riguardi un serio gap rispetto ad altre realtà europee.

Il dominio “Lavoro e conciliazione dei tempi di vita” trovariferimenti costituzionali in più articoli: il 4, 31, 35, 36, 37. Sappiamotutti come il nostro Paese presenta in materia progressi assieme a

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squilibri acuti, dalla disoccupazione al basso tasso di partecipazione,al livello dei salari.

Il tempo stringe. Tra i molti riferimenti costituzionali, ricordo quiil dominio del benessere “Relazioni sociali” (art. 17, 18, 29, 38, 45della Costituzione), il dominio della “Sicurezza” (Titolo IV, parteseconda della Costituzione), la “Qualità dei servizi” (art. 43), ed ingenerale la “Fiducia nella politica e nelle istituzioni”, monito chepervade il senso profondo della nostra Carta dei diritti e dei doveri.

Su ognuno di questi temi ed altri qui tralasciati, il Rapportomisura, a seconda dei casi, miglioramenti o peggioramenti. Lerelazioni familiari ed il volontariato sono importanti fattori di coesioneed ispirano una soddisfazione diffusa, ma anche una condizione didisagio giovanile, specie nel Mezzogiorno.

Di fronte alla criminalità, esiste un senso di insicurezza, anchese si assiste a miglioramenti. La qualità dei servizi – si pensiall’acqua, ai rifiuti, ai trasporti locali – è per molti inadeguata ecolpisce maggiormente i meno abbienti. In altro campo, quellocarcerario, la qualità è tra le peggiori.

La fiducia verso le Istituzioni è solida verso alcune di esse: i Vigilidel Fuoco, le Forze dell’Ordine. È contenuta verso la Giustizia (duratadei procedimenti). La fiducia minore è nutrita verso i Partiti e versolo stesso Parlamento: in una scala da 1 a 10, ottengono rispettivamenteun 2,3 ed un 3,6.

Concludo, Signor Presidente, nel segnalare come si stia tutti noiattraversando una fase evolutiva difficile e complessa.

Compiuto prima della recente consultazione elettorale, il nostroRapporto manifesta fenomeni, non privi di giustificazioni, di

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scontento, di protesta, di delusione: anche a causa dell’incertezzaprovocata dalla inefficienza dell’apparato statale.

Così il Rapporto CNEL-ISTAT finisce per richiamare l’attenzionedella classe politica tutta su alcune stridenti discrepanze tra lo statocomunità e lo stato apparato. Il divario tra questi non può che generareconflittualità. Alla politica, ma soprattutto alle persone che la animano,spetta il gravoso compito di recuperare e creare le condizioni necessariea riunire tutti sotto il medesimo “idem sentire de re publica”.

Questa è la speranza. E proprio in queste fasi critiche, è importanteche avanzi la speranza.

Un recente saggio di Paolo Rossi, dal titolo “Speranze”, ci diceche vi sono ragioni di speranza nel progresso economico, civile,politico dei popoli. Non si tratta di speranze irragionevoli – ve ne sonoe c’è chi le alimenta, nuocendo alla convivenza civile – ma per lamaggior parte di speranze ragionevoli. Tra queste porrei, oltre aldiffondersi della democrazia nei Paesi in cui è assente, anche unmigliore suo funzionamento laddove è stata istituita e celebrata.