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TRIBUTI LOCALI ANALISI DELLE NOVITÀ E DELLE CRITICITÀ 2017 Bologna-Parma luglio 2017 Pasquale Mirto

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TRIBUTI LOCALI ANALISI DELLE NOVITÀ E

DELLE CRITICITÀ 2017

Bologna-Parma luglio 2017

Pasquale Mirto

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PROGRAMMA

IMU/TASI

Le riduzioni per le abitazioni concesse in comodato e per gli immobili locati a canone

concordato;

Le criticità presenti nella normativa vigente: la definizione di abitazione principale (e

fattispecie assimilate),

Evoluzione delle agevolazioni per il settore agricolo nel periodo 2012-2017;

I fabbricati rurali

Il regime di imposizione per i coadiuvanti agricoli e le società agricole

Gli immobili merce

Problematiche in tema di leasing

Le aree fabbricati: questioni controverse

Le esenzioni Imu/Tasi

TARI

Il decreto ministeriale tariffa rifiuti corrispettiva

Questioni controverse in tema di tariffa rifiuti corrispettiva.

La bozza del decreto sulla assimilazione dei rifiuti

Le novità in materia riscossione e di definizione delle liti pendenti

Le novità del Dl n. 196/2016: la soppressione di Equitalia e la riscossione delle entrate

comunali

Le novità del Dl n. 50/2017

Question time e conclusioni

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto

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Pubblicità

Protocollo intesa

Anci E.R. – AE

Catasto

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Le novità del DL 193/2016

Il Dl 193/2016 reca importanti novità per i tributi comunali

A) La modalità di riscossione delle entrate ordinarie;

B) La soppressione di Equitalia

C) La possibilità di affidare direttamente ad Equitalia sia la

riscossione coattiva, che quella ordinaria (soppresso dal Dl

50/2017, invece, l’accertamento)

…… e l’immancabile proroga del termine di trasmissione delle

comunicazioni di inesigibilità (siamo arrivati per i ruoli del 2000

all’invio delle comunicazione entro il 2033!!)

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Dl 193/2016 – Riscossione spontanea

Art. 2-bis. Interventi a tutela del pubblico denaro e generalizzazione dell'ingiunzione di

pagamento ai fini dell'avvio della riscossione coattiva

1. In deroga all'articolo 52 del d.LGS. 446/1997, il versamento spontaneo delle entrate

tributarie dei comuni e degli altri enti locali deve essere effettuato direttamente sul conto

corrente di tesoreria ovvero sui conti correnti postali ad esso intestati, dell'ente

impositore, o mediante il sistema dei versamenti unitari di cui all'articolo 17 del d.LGS.

241/1997, o attraverso gli strumenti di pagamento elettronici resi disponibili dagli enti

impositori.

Restano comunque ferme le disposizioni di cui al comma 12 dell'articolo 13 del DL 201/2011, e

al comma 688 dell'articolo 1 della legge 147/2013, relative al versamento dell'imposta

municipale propria (IMU) e del tributo per i servizi indivisibili (TASI).

Per le entrate diverse da quelle tributarie, il versamento spontaneo deve essere effettuato

esclusivamente sul conto corrente di tesoreria ovvero sui conti correnti postali ad esso

intestati dell'ente impositore o attraverso gli strumenti di pagamento elettronici resi disponibili

dagli enti impositori ovvero, a decorrere dal 1° ottobre 2017, per tutte le entrate riscosse, dal

gestore del relativo servizio che risulti comunque iscritto nell'albo di cui all'articolo 53 del Dlgs

446/1997 e si avvalga di reti di acquisizione del gettito che fanno ricorso a forme di cauzione

collettiva e solidale già riconosciute dall'Amministrazione finanziaria, tali da consentire, in

presenza della citata cauzione, l'acquisizione diretta da parte degli enti locali degli importi

riscossi, non oltre il giorno del pagamento, al netto delle spese anticipate e dell'aggio dovuto

nei confronti del predetto gestore. (in altri termini le riscossioni in tabaccheria)

1-bis. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano ai versamenti effettuati all'Agenzia

delle entrate-Riscossione, di cui all'articolo 1, comma 3

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Dl 193/2016 – Riscossione spontanea- Nota IFEL

In sede di prima lettura è sorto subito il problema del riferimento al conto

di tesoreria.

IFEL

Considerando la ratio della norma, si ritiene che essa sia rispettata

anche con versamenti effettuati su conti correnti postali del

Comune. L’esigenza è di carattere operativo in quanto, nei casi di

concessione, il concessionario deve essere in grado di acquisire le

informazioni relative alle riscossione ai fini della gestione dei tributi stessi.

Le esigenze gestionali e l’obbligo di versamento al Comune possono

quindi essere soddisfatte mediante l’apertura di un conto corrente

postale, intestato all’ente impositore, sul quale è garantita una “vista” da

parte del concessionario.

Il problema è stato risolto in sede di conversione del Dl 50/2017 (accolto

emendamento Anci)

Art. 35 - all'articolo 2-bis, comma 1, dopo le parole: “conto corrente di tesoreria

dell'ente impositore”, ovunque ricorrono, sono inserite le seguenti: “ovvero sui

conti correnti postali ad esso intestati”

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Dl 193/2016 – Riscossione spontanea- Nota

IFEL

La disposizione è immediatamente applicabile anche per i contratti di

concessione in essere, non rivenendosi alcuna indicazione normativa che

giustifichi la sua applicabilità alla scadenza del contratto. Peraltro, trattandosi

di modifica normativa essa non dovrebbe dar luogo ad alcuna

rinegoziazione del contratto, che comunque presupporrebbe la

dimostrazione da parte del concessionario della sua onerosità. Anzi sotto

questo profilo, in realtà, la modifica normativa comporta maggiori oneri a

carico del Comune, relativi all’apertura dei conti correnti postali.

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Dl 193/2016 – Riscossione spontanea- Nota

IFEL

L’art. 2-bis del Dl n. 193 del 2016 va anche raccordato con l’art. 7, comma 2,

lett. gg-septies del Dl n. 70 del 2011, norma questa che impone al

concessionario l’obbligo di apertura di uno o più conti correnti di riscossione,

postali o bancari, intestati al soggetto affidatario e dedicati alla

riscossione delle entrate dell'ente affidante, sui quali devono affluire tutte

le somme riscosse. Tale disposizione deve considerarsi tacitamente

abrogata, per incompatibilità con la norma sopravvenuta, solo con riferimento

alle riscossioni spontanee, mentre sopravvive per quanto riguarda le

riscossioni conseguenti ad atti di accertamento o ingiunzioni di pagamento.

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Dl 193/2016 – Riscossione spontanea- Nota

IFEL

Si ritiene, sempre in base alla ratio dell’art. 2-bis del Dl n. 193 del 2016, che

la novità operi solo con riferimento alle entrate, di qualsiasi natura, che sono

comunque destinate ad essere riversate all’ente locale, non operando,

invece, per i casi in cui le entrate pur intestate all’ente locale, sono destinate

ad essere trattenute, per contratto, dal soggetto affidatario. In quest’ipotesi,

rientra, ad esempio, il caso di concessione dell’imposta di pubblicità a

canone fisso annuale, anziché ad aggio.

Va da ultimo precisato che la nuova disposizione non riguarda le società in

house, sulle quali i Comuni esercitano un controllo analogo a quello

esercitato sui propri servizi, e ciò perché i versamenti effettuati a tali società

equivalgono a versamenti effettuati direttamente ai Comuni, e quindi

soddisfano la ratio dell’art. 2-bis del Dl n. 193 del 2016.

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Dl 193/2016 – Soppressione Equitalia- Art. 1

A decorrere dal 1° luglio 2017 le società del Gruppo Equitalia sono sciolte

a decorrere da tale data l’esercizio delle funzioni relative alla riscossione nazionale,

è attribuito all'Agenzia delle entrate

Al fine di garantire la continuità e la funzionalità delle attività di riscossione, è

istituito, a far data dal 1° luglio 2017, un ente pubblico economico, denominato

«Agenzia delle entrate-Riscossione», ente strumentale dell'Agenzia delle entrate

sottoposto all'indirizzo e alla vigilanza del Ministro dell'economia e delle finanze

16. I riferimenti contenuti in norme vigenti agli ex concessionari del servizio

nazionale della riscossione e agli agenti della riscossione di cui all'articolo 3 del

decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge

2 dicembre 2005, n. 248, si intendono riferiti, in quanto compatibili, all'agenzia di cui

al comma 3 del presente articolo.

Quindi, per ora cambia solo il nome………

Con DPCM 5 giugno 2017 (GU 150 del 29/6/2017) è stato approvato lo Statuto

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto

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Dl 193/2016- Riscossione ruoli

Art. 2. Disposizioni in materia di riscossione locale

2. A decorrere dal 1° luglio 2017, le amministrazioni locali di cui all'articolo 1, comma 3, possono

deliberare di affidare al soggetto preposto alla riscossione nazionale le attività di riscossione,

spontanea e coattiva, delle entrate tributarie o patrimoniali proprie e, fermo restando quanto

previsto dall'articolo 17, commi 3-bis e 3-ter, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, delle

società da esse partecipate

Modifica con DL 50-art.35

«delle amministrazioni locali, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi

dell'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, con esclusione delle società di

riscossione, e, fermo restando quanto previsto dall'articolo 17, commi 3-bis e 3-ter, del decreto

legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, delle società da esse partecipate»

Infatti, l’art. 1, comma 3 del Dl n. 193 del 2016, così come modificato dal Dl n. 50 del 2017,

prevede espressamente che il nuovo soggetto può “anche svolgere le attività di riscossione delle

entrate tributarie o patrimoniali delle amministrazioni locali, come individuate dall'Istituto nazionale

di statistica (ISTAT) ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, con

esclusione delle società di riscossione, e, fermo restando quanto previsto dall’art. 17, commi 3-bis

e 3-ter, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, delle società da esse partecipate”.

L’art. 1, comma 3 della legge 196 del 2009 del definire le amministrazioni pubbliche effettua

anche un rinvio alle amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2 del D.lgs. n. 165 del 2001.

Quindi l’elenco dei soggetti che può riscuotere con ruolo è molto ampio

effetti: a) fino al 30/06/2017 Equitalia riscuote ex lege mediante la semplice consegna del

ruolo; b) dal 1/7/2017 riscuote solo previa delibera;

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto

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«A decorrere dal 1° luglio i Comuni che vorranno continuare ad utilizzare come strumento di

riscossione coattiva anche il ruolo dovranno procedere all’adozione di apposita delibera, che

dovrà essere adottata ai sensi dell’art. 52 del D.lgs. n. 446 del 1997, e pertanto di

competenza consigliare.

Va precisato, che il Comune potrà anche decidere di approvare la suddetta delibera anche

successivamente al 1° luglio, non essendo previsto un termine entro il quale deliberare;

ovviamente, fintato che non sarà approvata la suddetta delibera sarà precluso l’utilizzo del ruolo.

Non occorre adottare alcuna convenzione specifica, perché le condizioni di svolgimento del

servizio di riscossione rimangono regolate, in termini di costo e di rendicontazione, dalle

disposizioni normativi finora applicabili ad Equitalia. Inoltre, va evidenziato che con la delibera in

questione il Comune non si impegna ad affidare in via esclusiva all’Agenzia delle entrate-

Riscossione tutte le proprie entrate, di natura tributaria o patrimoniale, dovendosi ritenere, che

come in passato il Comune possa legittimamente utilizzare alternativamente sia il ruolo che

l’ingiunzione di pagamento di cui al r.d. n. 639 del 1910, in coerenza con le proprie previsioni

regolamentari e con la propria struttura organizzativa.»

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto

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Nota Ifel del 14/6/2017

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Se il Comune decide di non continuare ad utilizzare il riscuotitore pubblico, i

carichi pendenti saranno comunque riscossi dal nuovo soggetto. Al

riguardo si rammenta che l’art. 1, comma 686 della legge n. 190 del 2014

prevede espressamente che fino alla presentazione delle comunicazioni di

inesigibilità l’Agente della riscossione resta legittimato ad effettuare la riscossione

delle some non pagate, anche relativamente alle quote dei soggetti creditori che

hanno cessato di avvalersi di Equitalia.

Infine, va precisato che l’adozione della delibera in questione non è subordinata

alla circostanza che il regolamento generale delle entrate, o singoli regolamenti

applicativi dei tributi comunali, prevedano espressamente la possibilità di

riscuotere tramite il ruolo di cui al Dpr n. 602 del 1973, stante il fatto che la

competenza a decidere la modalità di riscossione è sempre in capo al Consiglio

Comunale.

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto

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Nota Ifel del 14/6/2017

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IL CONSIGLIO COMUNALE

Premesso che:

- l’art. 2 del Dl n. 193 del 2016, così come sostituito dall’art. 35 del Dl n. 50 del 2017, dispone al comma 2 che “A

decorrere dal 1° luglio 2017, le amministrazioni locali di cui all'articolo 1, comma 3, possono deliberare di

affidare al soggetto preposto alla riscossione nazionale le attività di riscossione, spontanea e coattiva, delle

entrate tributarie o patrimoniali proprie e, fermo restando quanto previsto dall'articolo 17, commi 3-bis e 3-ter,

del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, delle società da esse partecipate” - dal 1° luglio 2017, l’art. 1 del Dl n. 193 del 2016 prevede lo scioglimento delle società del Gruppo Equitalia e -

l’attribuzione dell’esercizio delle funzioni relative alla riscossione nazionale all’Agenzia delle entrate ed in particolare

all’ente pubblico economico, ente strumentale dell’Agenzia delle entrate, denominato “Agenzia delle entrate-

Riscossione”.

- in base alle disposizioni normative sopra richiamate il Comune a decorrere dal 1° luglio potrà usare per riscuotere

coattivamente il ruolo di cui al Dpr n. 602 del 1973 solo previa adozione della delibera;

- l’art. 52 del D.lgs. n. 446 del 1997 rimette alla potestà regolamentare la decisione circa le modalità di riscossione delle

proprie entrate.

Considerato che: - Il quadro normativo relativo alla riscossione coattiva appare alquanto discontinuo e farraginoso, tant’è che:

- l’art 10 della legge n. 23 del 2014, cosiddetta delega fiscale, aveva previsto, il riordino della disciplina della

riscossione delle entrate degli enti locali, nel rispetto dell’autonomia locale, al fine di assicurare certezza, efficienza ed

efficacia dei poteri di riscossione, rivedendo la normativa vigente e coordinandola in un testo unico di riferimento che

recepisca, attraverso la revisione della disciplina dell'ingiunzione di pagamento prevista dal R.D. n. 639 del 1910, le

procedure e gli istituti previsti per la gestione dei ruoli di cui al DPR n. 602 del 1973, adattandoli alle peculiarità della

riscossione locale;

- il Dl n. 70 del 2011, art. 7, comma 2, lett. gg-ter), aveva inizialmente previsto che a decorrere dal 1° gennaio 2012

Equitalia doveva cessare di effettuare le attività di accertamento, liquidazione e riscossione, spontanea e coattiva, delle

entrate tributarie o patrimoniali dei Comuni e delle società da essi partecipate; termine che è stato oggetto di più

proroghe, anche semestrali, e da ultimo con il Dl n. 193 del 2016 è stata fissata la data del 30 giugno 2017, in

coincidenza con la soppressione di Equitalia e l’istituzione del nuovo soggetto Agenzia delle entrate – Riscossione

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto

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Schema delibera IFEL

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Considerato inoltre che;

il Comune può portare a riscossione coattiva le proprie entrate utilizzando i diversi strumenti che la normativa offre, quali appunto, la

riscossione coattiva tramite ruolo di cui al Dpr. n. 602 del 1973, la riscossione coattiva tramite ingiunzione di pagamento di cui al Rd nl 639

del 1910, ma anche tramite gli ordinari mezzi giudiziari e che nel caso di riscossione tramite ingiunzione di pagamento la riscossione può

essere effettuata direttamente dal Comune o esternamente tramite i concessionari iscritti all’albo di cui all’art. 53 del D.lgs. n. 446 del 1997;

la modalità di riscossione più efficace ed efficiente può anche essere differente a secondo il tipo di entrata e della struttura organizzativa,

anche considerando il personale e le professionalità necessarie per effettuare la riscossione e per vigilare sull’operato degli incaricati esterni

alla riscossione.

Ritenuto per quanto esposto necessario che il Comune abbia la possibilità di utilizzare tutti gli strumenti di riscossione coattiva previsti dalla

normativa.

Visti:

l'art. 52 del D.lgs. n. 446 del 1997 che disciplina la potestà regolamentare in generale.

il regolamento generale delle entrate;

il regolamento disciplinate la riscossione coattiva [se approvato dall’ente];

il regolamento ……[eventualmente menzionare gli altri regolamenti tributari]:

Su proposta della Giunta;

Visto che la presente proposta di deliberazione è stata esaminata in data ..00.2017 dalla Commissione Consiliare …………………………..,

come risulta dal verbale trattenuto agli atti d'Ufficio;

Visto lo schema di proposta predisposto dal Responsabile del Procedimento, Dott. ………………….

Visto l’allegato parere di regolarità tecnica espresso dal Dirigente di Settore, Dott. …………………., ai sensi dell’art. 49, comma 1, del D.lgs.

n. 267 del 2000;

Visto l'allegato parere di regolarità contabile espressa dal Responsabile del Servizio di Ragioneria, dott. …………………., ai sensi dell’art.

49, comma 1, del D.lgs. n. 267 del 2000;

Con voto/i __________________, reso/i per alzata di mano, proclamato/i dal Presidente;

D E L I B E R A

di affidare, a decorrere dal 1° luglio 2017, ai sensi dell’art. 2 del decreto legge n. 193 del 22 ottobre 2016, all’Agenzia delle entrate –

Riscossione, l’attività di riscossione coattiva tramite ruolo di cui al Dpr n. 602 del 1973 delle entrate comunali, sia tributarie che

patrimoniali.

Su proposta del Presidente, con voti favorevoli n.00, contrari n.0, nessuno astenuto, resi per alzata di mano, proclamati dal Presidente

stesso, delibera altresì di dichiarare, ai sensi dell’art. 134, comma 4, del D. Lgs. n. 267 del 18 Agosto 2000, immediatamente eseguibile il

presente atto, considerata la necessità di iscrivere a ruolo diversi crediti comunali (o altra motivazione).

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto

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Schema delibera IFEL

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Dl 193/2016 – Proroga comunicazioni di

inesigibilità Le quote inesigibili sono i carichi iscritti a ruolo che, nonostante l’attivazione delle procedure cautelari ed esecutive

previste dalla normativa, non risultano incassabili. Equitalia non può cancellare autonomamente queste poste ma è

tenuta a presentare una comunicazione agli enti creditori, dimostrando di aver operato nel rispetto della legge,

ovvero, in altri termini, deve dimostrare che la mancata riscossione non è dipesa da cause ad essa imputabile,

come, ad esempio, la mancata notifica nei termini della cartella.

La normativa (art. 19 del D.lgs. n. 112/1999) prevede l’invio delle comunicazioni di inesigibilità entro il terzo anno

successivo alla consegna del ruolo, ma si tratta di un temine nei fatti mai applicato.

Va ricordato che sul tema delle comunicazioni di inesigibilità il legislatore aveva già apportato delle modifiche

rilevanti, e penalizzanti per gli enti creditori, con la legge di stabilità per il 2015 (legge n. 190/2014). In particolare,

per quanto riguarda i ruoli consegnati dal 2000 al 2013 era prevista una consegna delle comunicazioni di

inesigibilità annuale a ritroso, a partire dal 2018. Ciò vuol dire che nel 2018 dovevano essere inviate ai Comuni le

comunicazioni relative ai ruoli consegnati nel 2013, nel 2019 le comunicazioni relative ai ruoli 2012, per arrivare al

2031 per le comunicazioni relative al 2000.

Per i ruoli consegnati nel 2014 quindi si rendeva applicabile il regime ordinario, con l’obbligo del concessionario di

inviare le comunicazione nel 2017. Con le modifiche al Dl n.193/2016 i termini per la presentazione delle

comunicazioni si allungano di ulteriori due anni, essendo previsto che «Le comunicazioni di inesigibilità relative a

quote affidate agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2015, anche da soggetti creditori

che hanno cessato o cessano di avvalersi delle società del Gruppo Equitalia Spa, sono presentate, per i ruoli

consegnati negli anni 2014 e 2015, entro il 31 dicembre 2019 e, per quelli consegnati fino al 31 dicembre 2013, per

singole annualità di consegna partendo dalla più recente, entro il 31 dicembre di ciascun anno successivo al

2019».

Con la modifica, quindi, si prorogano i termini per i ruoli 2015 di un anno, per quelli del 2014 di due anni, per

arrivare fino al 2033 in cui saranno presentate le comunicazioni relative ai ruoli 2000, sempre che a quella

data esistano ancora. E comunque, appare veramente irragionevole prevedere per via normativa che il Comune

possa controllare l’operato di Equitalia, e dell’ente che le succederà, dopo 33 anni dalla consegna del ruolo.

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto

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IFEL è intervenuta con nota del 28 giugno 2017, fornendo anche uno schema di regolamento e di delibera consigliare.

L’intervento è estremamente importante perché le modalità di applicazione sono estremamente delicate, per la presenza di termini processuali che incidono sul contenzioso tributario. Tant’è che si è già avuto modo di leggere opinioni contrastanti a quelle espresse da Ifel, basate su una facoltà regolamentare ampia, come se il Comune potesse con proprio regolamento determinare la sospensione dei termini processuali o l’allungamento dei termini di impugnazione, termini che sono peraltro previsti a pena di inammissibilità.

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto

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La definizione delle liti fiscali

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L’art. 11 del Dl n. 50 del 2017 reca disposizioni relative alla definizione agevolata

delle controversie tributarie. In sede di conversione in legge è stato introdotto il

seguente comma 1-bis: «Ciascun ente territoriale può stabilire, entro il 31 agosto

2017, con le forme previste dalla legislazione vigente per l'adozione dei propri atti,

l'applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo alle controversie

attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte il medesimo ente».

Si tratta di definizione che completa quella relativa alle cartelle di pagamento ed

alla eventuale definizione delle ingiunzioni di pagamento.

La scelta del Comune dovrà essere operata mediante adozione di una delibera

di Consiglio Comunale, ai sensi dell’art. 52 del D.lgs. n. 446 del 1997, atteso

che con essa il Comune rinuncia alla riscossione delle sanzioni e degli interessi di

mora, per i quali, in via generale, vale il principio dell’indisponibilità, qui derogato

per espressa previsione di legge.

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto

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Nota IFEL

Page 19: Presentazione di PowerPoint...e 3-ter, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, delle società da esse partecipate”. L’art. 1, comma 3 della legge 196 del 2009 del definire

Le controversie definibili sono quelle attribuite alla giurisdizione tributaria “in cui è

parte il medesimo ente”. Rimangono, pertanto, escluse le controversie attinenti al

canone di occupazione del suolo pubblico, la cui giurisdizione è rimessa al giudice

ordinario.

Si deve trattare di controversia non definita con sentenza passata in giudicato,

pendente in qualsiasi grado di giudizio, ivi compresa la Corte di Cassazione.

Sono definibili le controversie il cui ricorso sia stato notificato alla controparte

entro la data di entrata in vigore del decreto (il 24 aprile 2017) e per le quali alla

data della presentazione della domanda di definizione, il cui termine ultimo è fissato al

30 settembre 2017, non sia intervenuta pronuncia definitiva.

La definizione è ammissibile anche in presenza di ricorso notificato all’ente impositore

ma non ancora depositato nella segreteria della Commissione tributaria provinciale,

visto che per gli importi inferiori a 20 mila euro il ricorso produce gli effetti del reclamo

e deve essere depositato nella segreteria della Commissione tributaria entro 120

giorni, decorrenti non dalla data di notifica del ricorso da parte del contribuente ma

dalla data di ricevimento da parte del Comune

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto

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Nota IFEL

Page 20: Presentazione di PowerPoint...e 3-ter, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, delle società da esse partecipate”. L’art. 1, comma 3 della legge 196 del 2009 del definire

In merito all’accennata sospensione dei termini va anche precisato che mentre per

le controversie erariali l’art. 1, comma 9 prevede che per le controversie “definibili”

sono sospesi per sei mesi i termini di impugnazione, anche incidentale delle

pronunce giurisdizionali e di riassunzione che scadono nel periodo 24 aprile – 30

settembre 2017, tale sospensione non opera, almeno in questi termini, per il

Comune. Il periodo di sospensione per le controversie comunali decorrerà dalla

data di esecutività della delibera che approva la definizione agevolata fino al 30

settembre 2017, poiché si ritiene che, in base ai principi generali, il Comune non

possa riaprire termini già scaduti, in assenza di una espressa disposizione legislativa

in tal senso. Pertanto, nel caso in cui il Comune decida di approvare la definizione

agevolata, sarà opportuno anticipare la decisione rispetto alla data del 31 agosto, per

evitare al contribuente, o al Comune stesso, la proposizione di inutili impugnazioni. In

altri termini, se l’atto di appello deve essere notificato, dal Comune o dal

contribuente, entro il prossimo 31 luglio, solo l’adozione della delibera comunale

entro luglio sospenderà i termini per la proposizione dell’appello con riferimento,

sempre, alle controversie definibili.

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto

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Nota IFEL

Page 21: Presentazione di PowerPoint...e 3-ter, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, delle società da esse partecipate”. L’art. 1, comma 3 della legge 196 del 2009 del definire

La disposizione richiede che il Comune sia “parte” del processo. Tale

previsione pone dei dubbi in merito alla definizione delle controversie relative ai

tributi comunali nelle quali però l’ente non assume la veste di parte processuale.

L’ipotesi si verifica allorquando oggetto dell’impugnazione è una cartella di

pagamento, o un’ingiunzione di pagamento, ed il ricorso sia stato esclusivamente

notificato ad Equitalia o al Concessionario iscritto all’albo di cui all’art. 53 del

D.lgs. n. 446 del 1997, incaricato della sola riscossione coattiva,

indipendentemente dal fatto che i motivi di impugnazione attengano ai soli vizi

propri della cartella o dell’ingiunzione, oppure siano stati sollevati motivi attinenti

all’atto di accertamento, salvo che Equitalia o il Concessionario non abbia chiamato

in causa anche l’ente creditore.

Tuttavia, occorre rilevare che mentre nei confronti del Concessionario privato esiste

un rapporto concessorio in base al quale il Concessionario si sostituisce ope legis

al Comune, e ciò porta a ritenere comunque definibili le controversie instaurate

contro tale soggetto anche se l’ente impositore non è stato chiamato in causa ,

altrettanto non può dirsi nei confronti di Equitalia , e pertanto i residuali dubbi

dovrebbero limitarsi solo alle controversie in cui sia parte esclusivamente tale

ultimo soggetto.

3-12 luglio 2017 -

Pasquale Mirto 21

Nota IFEL -Il Comune quale “parte” processuale

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Il riferimento alla circostanza che parte del processo sia il Comune genera poi ulteriori dubbi.

Infatti, non sono espressamente richiamate le società in house dei Comuni che pur risultano

affidatarie dell’attività di accertamento e riscossione delle entrate comunali, ai sensi dell’art. 52,

comma 5 del D.lgs. n. 446 del 1997, e per le quali non è necessariamente prevista l’iscrizione

all’albo di cui al successivo art. 53. Trattandosi di società sulle quali i Comuni esercitano un

controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi, si ritiene che il Comune possa

legittimamente deliberare la definizione agevolata per le controversie tributarie in cui è parte la

propria società in house.

Parimenti, si ritiene che il Comune possa deliberare la definizione agevolata per le controversie

relative alla Tares/Tari che vedono come parte la società di gestione dei rifiuti alla quale il

Comune ha affidato, ai sensi dell’art. 1, comma 691 della legge n. 147 del 2013, la gestione, la

riscossione e l’accertamento della tassa comunale.

Infine, ad identica conclusione si deve pervenire anche nell’ipotesi in cui il Comune abbia affidato

la gestione, riscossione ed accertamento ad un Concessionario iscritto all’albo di cui all’art. 53

del D.lgs. n. 446 del 1997 (ad esempio il concessionario dell’imposta di pubblicità).

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto

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Nota IFEL -Il Comune quale “parte” processuale

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Le controversie possono essere definite “a domanda del soggetto che ha proposto l’atto

introduttivo del giudizio” o dal soggetto che vi è subentrato o ne ha la legittimazione.

È evidente poi, che esulano dall’istituto in esame le controversie attinenti ai dinieghi di

rimborso.

Con la definizione il contribuente è tenuto a pagare:

• l’imposta, gli interessi e le spese di notifica indicati nell’atto impugnato;

• gli interessi di ritardata iscrizione a ruolo, oggi fissati al 4 per cento annuo, da calcolarsi fino

al sessantesimo giorno successivo alla notifica dell’atto.

La definizione comporta, quindi, la non debenza:

• delle sanzioni comminate nell’atto originario;

• degli interessi di ritardata iscrizione a ruolo dovuti dal giorno successivo a quello di scadenza

del pagamento, ovvero decorsi i sessanta giorni dalla notifica dell’atto originario, fino alla

data di consegna del ruolo al concessionario;

• degli interessi di mora dovuti a seguito del mancato pagamento della cartella, oggi fissati al

3,50 per cento annuo.

Il comma 2, dell’art. 11 precisa poi che in caso di controversia relativa esclusivamente agli

interessi di mora o alle sanzioni non collegate ai tributi, per la definizione è dovuto il

quaranta per cento degli importi in contestazione. Se la controversia riguarda, invece,

sanzioni collegate al tributo, ma questo sia stato definito in altro modo, allora nessun importo

risulterà dovuto, anche se sarà comunque necessario presentare la domanda di definizione.

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto

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Nota IFEL - Gli effetti della definizione

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L’art. 11, comma 7 del Dl n. 50 del 2017 prevede che dagli importi dovuti il contribuente ha diritto a scomputare “quelli già versati”

per effetto delle disposizioni vigenti in materia di riscossione in pendenza di giudizio, nonché “quelli dovuti” per effetto della

definizione agevolata delle cartelle di pagamento, di cui all’art. 6 del Dl n. 193 del 2016, ai quali occorre anche aggiungere “quelli

dovuti” in base alla definizione agevolata delle ingiunzioni di pagamento, se deliberata dal Comune.

Pertanto, nel caso in cui sia stata attivata la riscossione in pendenza di giudizio, occorre tenere conto degli importi corrisposti

dal contribuente, che includono anche le sanzioni, le quali devono essere scomputate dall’importo dovuto in base alla definizione

agevolata, con l’ulteriore precisazione che se l’importo già provvisoriamente pagato, comprensivo di sanzioni, è superiore a quello

dovuto in base alla definizione agevolata della lite, nessun rimborso potrà comunque essere disposto a favore del contribuente.

Il Comune potrebbe comunque non aver attivato alcuna riscossione in pendenza di giudizio, ben potendo riscuotere non

l’accertamento impugnato ma la sentenza definitiva, entro il termine di prescrizione decennale

Ovviamente, il contribuente avrà poca convenienza nell’ipotesi in cui abbia pagato l’avviso impugnato, in quanto, come già

rilevato, l’art. 1, comma 7 del Dl n. 50 del 2017 prevede espressamente che “la definizione non dà comunque luogo alla

restituzione delle somme già versate ancorché eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione”.

Se l’ente non ha attivato alcuna riscossione, la definizione comporta un notevole risparmio anche degli interessi, visto che le

controversie ben potrebbero essere pendenti anche da dieci anni, come normalmente avviene in caso di ricorso dinanzi la Corte di

Cassazione, o nell’ipotesi in cui il processo sia stato sospeso per pregiudizialità, ai sensi dell’art. 295 c.p.c. (ed oggi ai sensi

dell’art. 39 del D.lgs. n. 546 del 1992).

L’art. 68 del D.lgs. n. 546 del 1992 prevede che il tributo, gli interessi (e la sanzione, per quanto previsto dall’art. 19, comma 1 del

D.lgs. n. 472 del 1997) devono essere pagati:

a) per i due terzi, dopo la sentenza della commissione tributaria provinciale che respinge il ricorso;

b) per l'ammontare risultante dalla sentenza della commissione tributaria provinciale, e comunque non oltre i due terzi, se la

stessa accoglie parzialmente il ricorso;

c) per il residuo ammontare determinato nella sentenza della commissione tributaria regionale;

c-bis) per l'ammontare dovuto nella pendenza del giudizio di primo grado dopo la sentenza della Corte di cassazione di

annullamento con rinvio e per l'intero importo indicato nell'atto in caso di mancata riassunzione.

Gli importi da versare vanno in ogni caso diminuiti di quanto già corrisposto.

La norma, poi precisa, che se il ricorso viene accolto, il tributo corrisposto in eccedenza rispetto a quanto statuito dalla sentenza

della commissione tributaria provinciale, con i relativi interessi previsti dalle leggi fiscali, deve essere rimborsato d'ufficio entro

novanta giorni dalla notificazione della sentenza.

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto

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Nota IFEL- Somme già versate

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L’art. 11, comma 7, del Dl n. 50 del 2017 dispone che “gli effetti della definizione perfezionata

prevalgono su quelli delle eventuali pronunce giurisdizionali non passate in giudicato”. Si è già

detto che la norma contempla espressamente le sorti dei pagamenti effettuati in caso di

attivazione della riscossione in pendenza di giudizio attuata ai sensi dell’art. 68 del D.lgs. n. 546

del 1992. Nulla invece viene espressamente statuito in merito alle sorti delle spese di lite

liquidate con sentenza non definitiva.

Sul punto occorre rammentare che il legislatore in tema di pagamento delle spese di lite ha

previsto un regime del tutto discriminatorio ed irragionevole, posto che il Comune per

riscuotere le spese di lite dovrà aspettare il passaggio in giudicato della sentenza, per quanto

disposto dall’art. 15, comma 2-sexies, del D.lgs. n. 546 del 1992, mentre nel caso in cui le spese

di lite siano liquidate a favore del contribuente, la sentenza è immediatamente esecutiva ed il

Comune, per quanto disposto dall’art. 69 del D.lgs. n. 546 del 1992, dovrà pagare le somme

liquidate a titolo di spese di lite entro novanta giorni dalla notificazione della sentenza.

Si ritiene, al riguardo, in ragione dell’effetto “sostitutivo” della definizione rispetto a quanto

statuito nel dispositivo della sentenza, che in caso di avvenuto pagamento delle spese di lite

da parte dell’ente impositore, il Contribuente sia tenuto a versare, oltre a quanto già

previsto in via ordinaria dall’art. 11, comma 1 del Dl n. 50 del 2017, anche quanto

percepito, in via provvisoria, a titolo di spese di lite, anche considerando che la definizione

agevolata comporta la cessazione della materia del contendere e quindi, trova applicazione l’art.

46, comma 3 del D.lgs. n. 546 del 1992 a mente del quale “nei casi di definizione delle pendenze

tributarie previsti dalla legge le spese del giudizio estinto restano a carico della parte che le ha

anticipate”.

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto

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Nota IFEL- Le spese di lite

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Un caso particolare attiene alle spese di lite liquidate nell’ordinanza, non impugnabile, che

ha deciso sull’istanza di sospensione dell’atto impugnato o di sospensione dell’esecutività

provvisoria della sentenza impugnata in appello o dinanzi la Corte di cassazione, ai sensi degli

artt. 47, 52 e 62-bis del D.lgs. n. 546 del 1992.

Sebbene l’ordinanza non sia impugnabile, il Giudice conserva la possibilità di disporre

diversamente con la sentenza che decide il giudizio, la quale assorbe quindi quanto già deciso

nell’ordinanza anche in tema di spese di lite, per le quali però occorre una espressa statuizione,

visto che l’art. 15, comma 2-quater prevede espressamente che l’ordinanza cautelare, per

quanto attiene alle spese “conserva efficacia anche dopo il provvedimento che definisce il

giudizio, salvo diversa statuizione espressa nella sentenza di merito”.

Pertanto, nel caso in cui la sentenza abbia omesso di disporre anche in merito alle spese della

fase cautelare, queste restano dovute anche nell’ipotesi di sentenza favorevole al

contribuente. Naturalmente, il contribuente in sede di appello, anche incidentale, potrà

impugnare la sentenza che ha omesso di pronunciarsi “nuovamente” sulle spese della fase

cautelare. A stretto rigore, però, in caso di impugnazione priva di un motivo attinente alle spese

della fase cautelare, si forma un giudicato interno, che obbliga la parte, anche in sede di

definizione agevolata, al pagamento delle spese di lite, ovviamente a condizione che il giudicato

interno si sia formato entro la data del 24 aprile scorso.

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto

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Nota IFEL- Le spese di lite

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Il comma 5 dell’art. 11 del Dl n. 50 del 2017 regola il pagamento delle somme

dovute in base alla definizione.

È previsto il pagamento rateale, ma solo per importi superiori a duemila euro.

Per gli importi superiori a duemila euro è previsto il pagamento in forma rateale

nella seguente misura:

• il 40 per cento dell’importo dovuto deve essere versato entro il 30 settembre

2017;

• il 40 per cento dell’importo dovuto deve essere versato entro il 30 novembre

2017;

• il 20 per cento dell’importo dovuto deve essere versato entro il 30 giugno 2018.

Se la definizione comporta il pagamento di un importo uguale o inferiore a 2000

euro, questo deve essere pagato integralmente entro il 30 settembre 2017.

Occorre anche rilevare che essendo il 30 settembre un sabato, in realtà il

versamento deve essere effettuato entro il lunedì 2 ottobre (*).

(*) L’art. 7, comma 1, lett. h) del Dl n. 70 del 2011 dispone, infatti, che “ i versamenti e gli

adempimenti, anche se solo telematici, previsti da norme riguardanti l’Amministrazione

economico-finanziaria che scadono il sabato o in un giorno festivo sono sempre rinviati al primo

giorno lavorativo successivo”.

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto

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Nota IFEL - Il pagamento delle spese dovute con la definizione

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Il comma 5 in commento, con riferimento al versamento degli importi dovuti in base alla

definizione, rinvia alle disposizioni recate dall’art. 8 del D.lgs. n. 218 del 1997, norma

questa che regola i pagamenti in caso di accertamento con adesione, ma anche in caso

di mediazione e conciliazione giudiziale. Il rinvio all’art. 8, comporta anche l’automatica

applicazione dell’art. 15-ter del Dpr. n. 602 del 1973 ed in particolare del comma 2, il

quale prevede che in caso di rateazione, il mancato pagamento di una delle rate diversa

dalla prima entro il termine di pagamento della rata successiva comporta la decadenza

dal beneficio della rateazione e l’iscrizione a ruolo dei residui importi dovuti, nonché

l’applicazione della sanzione del 45 per cento, da applicarsi sul residuo importo dovuto a

titolo di imposta.

Il comma 5 dell’art. 11 in commento precisa poi che “per ciascuna controversia è

effettuato un separato versamento”. Il successivo comma 6 precisa che occorre

presentare una distinta domanda per “ciascuna controversia autonoma” e che “per

controversia autonoma si intende quella relativa a ciascun atto impugnato”.

Alla luce delle precisazioni normative nel caso in cui il contribuente abbia impugnato più

atti di accertamento con un unico ricorso, benché formalmente la causa pendente sia una

sola, il contribuente dovrà presentare tante domande quanti sono gli atti impugnabili, ma

anche effettuare tanti separati versamenti quanti sono gli atti impugnabili. Ciò comporta

che se il contribuente ha impugnato cumulativamente tre atti di accertamento e l’importo

dovuto in sede di definizione è pari a 2000 euro per ogni atto, il contribuente non potrà

accedere alla rateazione, ma dovrà effettuare tre versamenti di 2000 euro entro il 30

settembre 2017.

3-12 luglio 2017 -

Pasquale Mirto 28

Nota IFEL - Il pagamento delle spese dovute con la definizione

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Il comma 5 considera anche l’ipotesi in cui il contribuente abbia manifestato, entro il 21

aprile 2017, la volontà di avvalersi della definizione agevolata delle cartelle di pagamento di

cui all’art. 6 del Dl n. 193 del 2016, precisando che si “può usufruire della definizione

agevolata delle controversie tributarie solo unitamente a quella di cui al predetto articolo 6”.

La portata di tale disposizione non è di immediata chiarezza, visto che le due definizioni

rimangono autonome. In altri termini se v’è coincidenza d’importi, perché l’intero importo

in contenzioso risulta essere iscritto a ruolo, allora la definizione della lite non ha ragione di

operare, posto che già l’art. 6, comma 2 del Dl n. 193 del 2016 prevede l’obbligo per il

contribuente di rinunciare alla lite.

Se invece non v’è coincidenza d’importi - come nel caso di riscossione frazionata in

pendenza di giudizio, con affidamento del carico all’Agente della riscossione - la definizione

della cartella comporta la rinuncia alla lite, ma solo con riferimento appunto all’importo

iscritto a ruolo; conseguentemente il contribuente può ora definire la parte d’imposta non

iscritta a ruolo, e per la quale il contenzioso era destinato a continuare.

Ad avviso dell’AE il contribuente che ha presentato entro il termine di scadenza del 21

aprile scorso la dichiarazione di adesione alla cd. rottamazione delle cartelle ha la facoltà di

avvalersi anche della definizione agevolata delle controversie tributarie, “ma a condizione

tassativa che non può rinunciare alla rottamazione dei carichi”, in quanto la definizione

agevolata delle controversie tributarie completa quella relativa alle cartelle

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto

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Nota IFEL- Rapporto con la definizione delle cartelle

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Quindi le due definizioni seguono ognuna le proprie regole, anche in merito alla quantificazione

ed alla scadenza degli importi dovuti, e ciò trova conferma in quanto previsto nel comma 7 che

impone, ai fini del calcolo del dovuto per la definizione delle liti, di sottrarre, oltre a quanto già

corrisposto in pendenza di giudizio anche quanto “dovuto”, anche se non ancora pagato, per la

rottamazione delle cartelle (*).

Ovviamente, se il contribuente non ha presentato la dichiarazione di adesione alla definizione

delle cartelle entro lo scorso 21 aprile, potrà accedere alla definizione della lite, ed ottenere lo

sgravio di quanto iscritto a ruolo e non pagato, anche in considerazione del fatto che il

pagamento degli importi dovuti dovrà avvenire alle scadenze fissate dall’art. 11.

Da ultimo, va evidenziato che a differenza della definizione agevolata delle cartelle di

pagamento, per la definizione della lite non è previsto l’invio di alcuna comunicazione

contenente l’importo da pagare, ma solo la notifica dell’eventuale diniego. L’importo da

corrispondere è quindi in autoliquidazione, e ciò lo si desume dal fatto che la domanda

deve essere presentata entro il 30 settembre 2017 ed entro la medesima data deve essere

effettuato il pagamento dell’intero importo dovuto, se non superiore a 2000 euro, o della

prima rata, se superiore al predetto importo. In altri termini, la definizione agevolata delle

controversie tributarie si perfeziona con il pagamento degli importi dovuti entro il 30

settembre prossimo, fermo restando che in casi di lieve ritardo o lieve inadempimento trovano

comunque applicazione le regole previste dall’art. 15-ter del Dpr. n. 602 del 1973

(*) L’art. 6, comma 3, del Dl n. 193 del 2016, dispone quanto segue: «Entro il 15 giugno 2017, l'agente della riscossione comunica ai

debitori che hanno presentato la dichiarazione di cui al comma 2 l'ammontare complessivo delle somme dovute ai fini della definizione,

nonché quello delle singole rate, e il giorno e il mese di scadenza di ciascuna di esse, attenendosi ai seguenti criteri:

a) per l'anno 2017, la scadenza delle singole rate è fissata nei mesi di luglio, settembre e novembre;

b) per l'anno 2018, la scadenza delle singole rate è fissata nei mesi di aprile e settembre».

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto

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Nota IFEL- Rapporto con la definizione delle cartelle

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L’art. 11, comma 8 dispone che le controversie definibili non sono sospese, salvo che il

contribuente faccia apposita richiesta al giudice, dichiarando di volersi avvalere delle

disposizioni relative alla definizione agevolata. In tal caso il processo è sospeso fino al 10

ottobre 2017. Se entro tale data il contribuente avrà depositato copia della domanda di

definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata, il processo resta

sospeso fino al 31 dicembre 2018.

Ovviamente, mentre per le liti riguardanti l’Agenzia delle entrate, la norma autorizza fin da

subito il contribuente a chiedere la sospensione del processo fino al 10 ottobre 2017,

altrettanto non può dirsi per le controversie comunali, per le quali occorrerà aspettare

l’adozione della delibera comunale.

Ciononostante, si ritiene che il contribuente possa legittimamente avanzare al giudice tributario

una richiesta di rinvio dell’udienza a data successiva al 31 agosto 2017, in attesa della

decisione comunale in merito all’approvazione della definizione agevolata delle liti.

Quanto detto, influisce anche sulla previsione del comma 9, il quale dispone che per le

controversie definibili sono sospesi per sei mesi i termini di impugnazione, anche

incidentale, delle pronunce giurisdizionali e di riassunzione che scadono dal 24 aprile al

30 settembre 2017. Come già anticipato, per i tributi comunali la sospensione dei termini di

impugnazione vale dalla data di esecutività della delibera comunale fino al 30 settembre 2017,

sicché da questo punto di vista diventa opportuno per il Comune deliberare quanto prima la

definizione, sempre che ci sia la volontà in tal senso.

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto

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Nota IFEL – La sospensione dei processi

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Il Comune dovrà notificare l’eventuale diniego della definizione entro il 31 luglio

2018 con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali. Il diniego

è impugnabile entro sessanta giorni dinanzi all'organo giurisdizionale presso il

quale pende la lite, e quindi innanzi la Commissione tributaria provinciale,

regionale o dinnanzi la Corte di Cassazione. Non essendo prevista alcuna deroga

espressa, si ritiene che resta applicabile anche in questo caso la sospensione dei

termini feriali, che va dal 1° agosto fino al 31 agosto, per cui il ricorso avverso il

diniego deve essere notificato dal contribuente entro il 30 ottobre 2018.

Nel caso in cui la definizione della lite sia richiesta in pendenza del termine per

impugnare, la pronuncia giurisdizionale può essere impugnata unitamente al

diniego della definizione entro sessanta giorni dalla notifica di quest'ultimo

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto

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Nota IFEL – Il diniego della definizione

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Il comma 10 dell’art. 11 del Dl n. 50 del 2017 dispone poi che “il processo si estingue in mancanza di istanza

di trattazione presentata entro il 31 dicembre 2018 dalla parte che ne ha interesse”.

È evidente che l’istanza di trattazione va fatta in tutti i casi in cui vi sia interesse alla prosecuzione del giudizio e

ciò vale anche se c’è stato il diniego e il contribuente non ha ragioni di impugnare lo stesso, ma ovviamente

intende proseguire la controversia. Peraltro, il legislatore ha previsto espressamente che nel caso in cui sia il

contribuente a dover impugnare la sentenza, e questi impugni cumulativamente la sentenza ed il diniego,

l’impugnazione stessa equivale anche a istanza di trattazione.

Il comma 10 precisa che “il processo si estingue in mancanza di istanza di trattazione presentata entro

il 31 dicembre 2018 dalla parte che ne ha interesse”. La precisazione normativa è importante perché si può

verificare l’ipotesi in cui sia il Comune a dover presentare istanza di trattazione.

Sul punto occorre precisare che:

• se si è in presenza di sentenza di Cassazione di rinvio al giudice di secondo grado, trova

applicazione l’art. 63, comma 2 del D.lgs. n. 546 del 1992, il quale dispone che la mancata

riassunzione nei termini comporta l’estinzione “dell’intero processo”, ovvero è come se l’atto

di accertamento originario non fosse stato mai impugnato;

• se si è in presenza di giudizio pendente dinanzi la commissione tributaria regionale, il

processo si estingue nei casi in cui le parti alle quali spetta di proseguire non vi abbiano

provveduto nei termini. La mancata prosecuzione del processo determina il passaggio in

giudicato della sentenza di primo grado (*). Pertanto, nel caso in cui l’appello sia stato

proposto dall’ente locale, spetta a questi depositare istanza di trattazione;

• se si è in presenza di giudizio pendente dinanzi la commissione tributaria provinciale, spetta

al contribuente presentare istanza di trattazione, in difetto l’atto di accertamento esplicherà

pienamente i suoi effetti. (*) Si veda Cassazione, 18 giugno 2014 n. 13808.

3-12 luglio 2017 -

Pasquale Mirto 33

Nota IFEL – L’istanza di fissazione dell’udienza

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2017_06_28_IFEL_SchemaDeliberaCC_DEFINIZIONE_LITI_PENDENTI.do

cx

2017_06_28_IFEL_SchemaRegolamento_DEFINIZIONE_LITI_PENDENTI.d

ocx

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto

34

Nota IFEL schemi

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L’esenzione dell’abitazione principale

•Confermata anche per il 2017 l’esenzione per le abitazioni principali. Il

comma 14 dell’unico articolo della legge n. 208 del 2015 riscrive il comma

669 della legge n. 147 del 2013, prevedendo che il presupposto impositivo

della Tasi è il possesso o la detenzione, a qualsiasi titolo, di fabbricati e di

aree edificabili, ad eccezione, in ogni caso, dei terreni agricoli e

dell’abitazione principale, escluse quelle di lusso classificate nelle categorie

catastali A/1, A/8 e A/9.

•Dal 2016, quindi, l’abitazione principale non è soggetta né a Tasi né ad Imu,

salvo quelle di lusso, che continuano ad essere soggette ad Imu e per le

quali spetta la detrazione di 200 euro. Le abitazioni di lusso continueranno ad

essere assoggettate anche a Tasi, se già prevista nel 2015.

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto 35

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L’esenzione dell’abitazione principale

•L’esenzione opera non solo per il possessore ma anche per il detentore. Con una modifica

al comma 639 della legge n. 147 del 2013 è ora previsto che la Tasi è «a carico sia del

possessore che dell'utilizzatore dell'immobile, escluse le unità immobiliari destinate ad

abitazione principale dal possessore nonché dall'utilizzatore e dal suo nucleo familiare, ad

eccezione di quelle classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9».

•L’esenzione per l’abitazione principale del detentore opera in tutti i casi di detenzione,

quindi non solo nel caso di immobili locati ma anche per quelli utilizzati in base ad un

contratto di comodato, o qualsiasi altro titolo.

•Se la Tasi dovuta dal detentore di abitazione principale è stata esentata altrettanto non può

dirsi per la quota a carico del possessore. Con una modifica al comma 681 della legge n.

147 del 2013 è stato previsto che nel caso in cui l'unità immobiliare è detenuta da un

soggetto che la destina ad abitazione principale, escluse quelle di lusso, il possessore versa

la Tasi nella percentuale stabilita dal comune nel regolamento relativo all'anno 2015. Se il

Comune non ha determinato la quota a carico del possessore, è previsto che si applichi la

quota “standard” del 90 per cento dell'ammontare complessivo del tributo dovuto.

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto 36

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Precisazione dei casi di assimilazione all’abitazione principale

•Il nuovo comma 669 della legge n. 147 del 2013 precisa che per abitazioni

principali si intendono quelle di cui all’art. 13, comma 2 del Dl n. 201 del 2011.

•La precisazione è quanto meno opportuna, perché in realtà l’art. 13, comma

2 non prevede espressamente ipotesi di assimilazione, ma solo ipotesi di

“non applicazione” dell’Imu.

•Che le ipotesi ivi contemplate fossero ipotesi di assimilazione all’abitazione

principale lo si desumeva dal comma 677, che per la Tasi prevedeva la

possibilità per i Comuni di utilizzare una maggiorazione dell’aliquota pari allo

0,8 per mille a condizione che fossero finanziate detrazioni o riduzioni

d’imposta relativamente “alle abitazioni principali e alle unità immobiliari ad

esse equiparate” di cui all’art. 13, comma 2, del Dl n. 201 del 2011.

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto 37

Page 38: Presentazione di PowerPoint...e 3-ter, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, delle società da esse partecipate”. L’art. 1, comma 3 della legge 196 del 2009 del definire

Assimilazioni ex lege

•Si ricorda che sono assimilati per legge alle abitazioni principali:

•a) le unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa,

adibite ad abitazione principale e relative pertinenze dei soci assegnatari;

•b) i fabbricati di civile abitazione destinati ad alloggi sociali come definiti dal decreto

del Ministro delle infrastrutture 22 aprile 2008;

•c) la casa coniugale assegnata al coniuge, a seguito di provvedimento di separazione

legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio;

•d) l’unico immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità

immobiliare, posseduto, e non concesso in locazione, dal personale in servizio

permanente appartenente alle Forze armate e alle Forze di polizia ad ordinamento

militare e da quello dipendente delle Forze di polizia ad ordinamento civile, nonché dal

personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, e dal personale appartenente alla

carriera prefettizia, per il quale non sono richieste le condizioni della dimora abituale e

della residenza anagrafica;

•e) a partire dall'anno 2015, una ed una sola unità immobiliare posseduta dai cittadini

italiani non residenti nel territorio dello Stato e iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti

all'estero (AIRE), già pensionati nei rispettivi Paesi di residenza, a titolo di proprietà o di

usufrutto in Italia, a condizione che non risulti locata o data in comodato d'uso.

•A tali ipotesi di assimilazione il comma 15 della legge di stabilità 2016 aggiunge le unità

immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa destinate a studenti

universitari soci assegnatari, anche in assenza di residenza anagrafica.

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto 38

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Fabbricati cooperative edilizie e IACP

L' art. 13 , co. 10, prevede che la detrazione di 200 euro per l'abitazione si applica alle unità

immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione

principale dei soci assegnatari, nonché agli alloggi regolarmente assegnati dagli Istituiti

autonomi delle case popolari.

Dal tenore letterale della norma si evince che a queste unità immobiliari spetti la sola

detrazione e non anche l'aliquota ridotta per l'abitazione principale.

È una vecchia questione che si era riproposta anche nell'ICI, risolta prima dall'assimilazione

ad abitazione principale disposta dalla generalità dei regolamenti comunali e poi dall'art. 1, co.

3, D.L. n. 93/1998, che li aveva esentati dall'ICI, equiparandoli all'abitazione principale.

La normativa è stata modificata con il D.L. n. 16/2012 che ha espressamene previsto che per

tali fattispecie non si applica la riserva della quota d'imposta a favore dello Stato. I comuni, di

fatto, ora possono assimilare questi fabbricati all'abitazione principale, riconoscendo la

medesima aliquota.

Il Ministero delle Finanze ha chiarito che dalla lettura sistematica delle norme emerge con

chiarezza che il legislatore, attraverso la previsione della rinuncia da parte dello Stato alla

propria quota di IMU, ha inteso destinare al comune tutto il gettito del tributo, non più decurtato

della quota statale, e non ridurre dallo 0,76% allo 0,38% l'aliquota di base applicabile agli

immobili in questione (Ministero delle Finanze nota prot. 12507 del 15 giugno 2012 ). La

questione è stata già risolta in tal senso anche dalla giurisprudenza amministrativa (Tar

Pescara, sentenze n. 434/2013 e 443/2013; Tar Liguria, sentenza n. 992/2013).

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Pasquale Mirto

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Le strade si separano

con le modifiche introdotte dal D.L. n. 102/2013 per le cooperative

edilizie a proprietà indivisa è stata prevista un'assimilazione piena

all'abitazione principale, mentre per gli alloggi degli IACP continua a

spettare la sola detrazione per abitazione principale.

L'art. 1, co. 707 , della Legge n. 147/2013 ha riscritto il co. 10 dell'art. 13

del D.L. n. 201/2013, riproponendo peraltro esattamente il testo di cui al

D.L. n. 102/2013 , confermando che dal 1° gennaio 2014 gli alloggi IACP

sono soggetti ad aliquota ordinaria, pur godendo della detrazione per

abitazione principale. Tuttavia il Dipartimento delle finanze, con le FAQ

del 20 gennaio 2014, relative al pagamento della mini-IMU e della

maggiorazione TARES per servizi indivisibili in scadenza il 24 gennaio,

ha precisato che per gli immobili posseduti dagli IACP aventi anche le

caratteristiche di alloggio sociale di cui al D.M. 22 aprile 2008 , a partire

dal 1° gennaio 2014, si applica lo stesso regime dell'abitazione

principale. Nel caso in cui gli alloggi invece non abbiano i requisiti

prescritti per gli alloggi sociali continuerà ad applicarsi la sola detrazione

prevista per l'abitazione principale.

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Pasquale Mirto

Page 41: Presentazione di PowerPoint...e 3-ter, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, delle società da esse partecipate”. L’art. 1, comma 3 della legge 196 del 2009 del definire

Alloggi sociali

L' art. 2 , co. 4 del D.L. n. 102/2013 , dispone che: "a decorrere dal 1° gennaio

2014 sono equiparati all'abitazione principale i fabbricati di civile abitazione

destinati ad alloggi sociali come definiti dal decreto del Ministro delle infrastrutture

22 aprile 2008 (infrastrutture), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 146 del 24

giugno 2008". L' art. 1 , DM 22 aprile 2008 definisce alloggio sociale "l'unità

immobiliare adibita ad uso residenziale in locazione permanente che svolge

la funzione di interesse generale, nella salvaguardia della coesione sociale,

di ridurre il disagio abitativo di individui e nuclei familiari svantaggiati, che

non sono in grado di accedere alla locazione di alloggi nel libero mercato.

L'alloggio sociale si configura come elemento essenziale del sistema di

edilizia residenziale sociale costituito dall'insieme dei servizi abitativi

finalizzati al soddisfacimento delle esigenze primarie".

L'art. 13, co. 2, così come risultante dalle modifiche apportate dalla Legge n.

147/2013 , riconferma la non debenza dell'IMU a decorrere dal 1° gennaio 2014.

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Pasquale Mirto

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Coniuge separato

L' art. 4 co. 12-quinquies del D.L. 16/2012 ha previsto che ai soli fini dell'applicazione dell'IMU, l'assegnazione della casa coniugale al coniuge disposta a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, si intende in ogni caso effettuata a titolo di diritto di abitazione. Il coniuge non assegnatario, proprietario per intero o per quota, non sarà tenuto al versamento dell'IMU.

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Pasquale Mirto

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Dubbi

la dottrina non appare uniforme in quanto secondo taluni la soggettività

passiva farebbe capo al coniuge assegnatario anche nel caso in cui

l'abitazione non fosse di proprietà dei coniugi, come nel caso di abitazione

di proprietà dei suoceri e occupata a titolo di comodato.

Benché la norma si presti a diverse interpretazioni, per cui sarebbe

necessario un chiarimento per via normativa, si ritiene di interpretarla nel

senso di considerare l'assegnatario dell'abitazione soggetto passivo IMU

solo nella misura in cui l'altro coniuge era soggetto passivo. In altre

parole, si ritiene che la normativa regoli i rapporti IMU solo con riferimento

alle quote di possesso dei coniugi, e non attribuisca, invece, un diritto

reale di abitazione anche nel caso in cui l'abitazione fosse di terzi soggetti e

fosse occupata, ad esempio, in base ad un comodato dei suoceri o in base

ad un contratto di locazione, rispetto al quale il giudice della separazione

dispone il subentro nei confronti del solo coniuge assegnatario

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Pasquale Mirto

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Dubbi…2

Di diverso avviso il Ministero delle Finanze che con ris. min. 5/DF del 28 marzo 2013 ,

ha ritenuto che la locuzione "in ogni caso" dovrebbe prevalere in tutte le ipotesi di

assegnazione della casa coniugale al coniuge disposta dal giudice della separazione,

salvo che il legislatore non abbia disposto diversamente, come nel caso di abitazione

occupata a titolo di locazione, per il quale l' art. 6 della Legge n. 392/1978 prevede che

«nel contratto di locazione succede al conduttore l'altro coniuge, se il diritto di abitare

nella casa familiare sia stato attribuito dal giudice a quest'ultimo». In questa ipotesi,

secondo il Ministero, il legislatore ha previsto direttamente la successione nel contratto

di locazione da parte del coniuge assegnatario, il quale utilizza l'immobile sulla base di

un titolo giuridico diverso da quello del diritto reale di abitazione previsto per l'IMU. Tale

condizione, invece, non si verificherebbe in caso di comodato. Questa conclusione non

appare condivisibile perché anche in caso di abitazione utilizzata in comodato, il giudice

della separazione dispone, ai sensi dell' art. 155-quater Cod. civ. , una successione ex

lege del coniuge assegnatario nell'originario rapporto di comodato (Cass., SS.UU., n.

13603/2004).

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Pasquale Mirto

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Coniugi separati…dal 1/1/2014

Dal 1° gennaio 2014, l'art. 13, co. 2, del D.L. n. 201/2013, prevede la non applicazione dell'IMU "alla casa coniugale assegnata al coniuge, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio".

Rispetto alla previgente formulazione si rileva che l'abitazione assegnata al coniuge sembrerebbe sempre esclusa, anche allorquando questa non sia utilizzata come abitazione principale da parte del coniuge assegnatario. Va specificato che anche con la nuova formulazione l'esclusione dell'IMU deve necessariamente operare con riferimento alle sole quote di possesso degli ex coniugi, mentre l'IMU rimarrà dovuta nel caso in cui l'abitazione sia totalmente o in parte di proprietà di terze persone.

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Pasquale Mirto

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Art. 1. comma 20. Al solo fine di assicurare l'effettività della tutela dei diritti e

il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall'unione civile tra persone

dello stesso sesso, le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le

disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti,

ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti

nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad

ognuna delle parti dell'unione civile tra persone dello stesso sesso. La

disposizione di cui al periodo precedente non si applica alle norme del codice

civile non richiamate espressamente nella presente legge, nonché alle

disposizioni di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184. Resta fermo quanto

previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti.

Il comma 36 si occupa delle coppie di fatto, ma non v’è alcuna equiparazione,

ai fini fiscali, ai coniugi

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto

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Legge Cirinnà à Legge 76/2016 Unioni civili e coppie di fatto

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Esteri

Il comune con proprio regolamento poteva assimilare all’abitazione principale anche

quella degli iscritti Airen posseduta a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia, a

condizione che non risulti locata.

Tale possibilità, prevista dall' art. 13, co. 2 del D.L. n. 201/2011 è rimasta in vigore fino

al 2013. L' art. 9-bis del D.L. n. 47/2014, ora prevede, ma a decorrere dal 2015, un

nuovo regime, disponendo che è considerata direttamente adibita ad abitazione

principale una e una sola unità immobiliare posseduta dai cittadini italiani non residenti

nel territorio dello Stato e iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE), già

pensionati nei rispettivi Paesi di residenza, a titolo di proprietà o usufrutto in Italia, a

condizione che non risulti locata o data in comodato d'uso. La nuova assimilazione,

sebbene più restrittiva, opera ex lege, senza la necessità che venga recepita nel

regolamento comunale. Per quanto riguarda le assimilazioni operate in passato dai

Comuni, queste devono ritenersi inefficaci a seguito della modifica normativa

sopraggiunta che ha abrogato la precedente disposizione fin da subito, senza

prevedere un regime ponte per il 2014. Ciò implica che nel 2014 le abitazioni dei

residenti estero erano da ritenersi tutte assoggettate ad IMU, peraltro con aliquota

ordinaria.

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3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto

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Chiarimenti ministeriali

Il Ministero delle finanze, con risoluzione n 6/DF del 26 giugno 2015, ha precisato che

l’assimilazione opera anche nei confronti delle pertinenze dell’abitazione, sempre a condizioni

che l’abitazione non sia classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, per le quali

comunque non opera l’assimilazione.

Nella medesima risoluzione il Ministero ha chiarito il requisito del “già pensionati nei rispettivi

Paesi di residenza”. Ad avviso del Ministero la condizione non è rispettata per i titolari di

pensione italiana che sono residenti all’estero e per le pensioni estere erogate da un paese

diverso da quello di residenza. Per quanto attiene alla tipologia di pensione, la norma si

riferisce genericamente al trattamento pensionistico e ciò comporta che si possa

ricomprendere in tale trattamento qualunque tipo di pensione e, quindi, ad esempio, anche

quello di invalidità.

Nel caso in cui il contribuente abbia più immobili in Italia, la scelta di quale di questi è

assimilato all’abitazione principale spetta al contribuente (Risoluzione n. 10/DF del 5

novembre 2015) e conseguentemente non è necessario che l’immobile sia ubicato nello

stesso Comune di iscrizione all’AIRE.

Nella risoluzione n 10/DF si precisa che per quanto riguarda le modalità con cui deve essere

effettuata la scelta da parte del pensionato all’estero dell’immobile da considerare direttamente

adibito ad abitazione principale, questa deve essere effettuata attraverso la presentazione

della dichiarazione di cui al D. M. 30 ottobre 2012 in cui il proprietario dell’alloggio deve anche

barrare il campo 15 relativo alla “Esenzione” e riportare nello spazio dedicato alle

“Annotazioni” la seguente frase: “l’immobile possiede le caratteristiche e i requisiti richiesti dal

comma 2 dell’art. 13 del D. L. n. 201/2011”.

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Pasquale Mirto

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Anziani e disabili in istituto di ricovero

I comuni possono prevedere che ai fini IMU si considera direttamente adibita

ad abitazione principale, con conseguente applicazione dell'aliquota ridotta e

della detrazione, l'unità immobiliare posseduta, a titolo di proprietà o di

usufrutto, da anziani o disabili che acquisiscono la residenza in istituti di

ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, a condizione che

l'abitazione non risulti locata.

Problema diritto reale di abitazione

49 3-12 luglio 2017 -

Pasquale Mirto

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Abitazioni in comodato a parenti ante 2016

L' art. 2-bis del D.L. n. 102/2013 , attribuisce ai comuni, limitatamente alla seconda rata

2013, la possibilità di equiparare all'abitazione principale le unità immobiliari e relative

pertinenze, escluse quelle classificate nelle categorie catastali A/1, A/ 8 e A/9, concesse in

comodato dal soggetto passivo dell'imposta a parenti in linea retta entro il primo grado

(padre e figlio) che le utilizzano come abitazione principale. In caso di più unità immobiliari

concesse in comodato dal medesimo soggetto passivo dell'imposta, l'agevolazione di cui

al primo periodo può essere applicata ad una sola unità immobiliare. Ciascun comune

definisce i criteri e le modalità per l'applicazione dell'agevolazione, compreso il limite

dell'indicatore della situazione economica equivalente ISEE) al quale subordinare la

fruizione del beneficio.

La Legge di stabilità per il 2014 ha riformulato la possibilità di assimilare all'abitazione

principale quelle date in comodato, prevedendo che l'assimilazione possa operare «o

limitatamente alla quota di rendita risultante in catasto non eccedente il valore di

euro 500 oppure nel solo caso in cui il comodatario appartenga a un nucleo familiare

con ISEE non superiore a 15.000 euro annui». Si ritiene che le condizioni poste dalla

normativa non siano derogabili con regolamento. Il Comune, può, tuttavia deliberare

un’aliquota agevolata fino ad un minimo di 4,6 per mille, stabilendo le condizioni per

accedere al beneficio.

50 3-12 luglio 2017 -

Pasquale Mirto

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Comodati 2016

•Dopo un’imbarazzante percorso parlamentare il legislatore interviene sulla

disciplina dei comodati, abrogando, da un lato, la possibilità per i Comuni di

disporre con proprio regolamento l’assimilazione all’abitazione, e, dall’altro lato,

aggiungendo la lettera “0a” (e perché non la lettera c)?) all’art. 13 comma 3 del Dl

n. 201 del 2011, la quale dispone la riduzione del 50% della base imponibile per le

unità immobiliari, fatta eccezione per quelle classificate nelle categorie catastali

A/1, A/8 e A/9, concesse in comodato dal soggetto passivo ai parenti in linea retta

entro il primo grado che le utilizzano come abitazione principale, a condizione che

il contratto sia registrato e che il comodante possieda un solo immobile in Italia e

risieda anagraficamente nonché dimori abitualmente nello stesso comune in cui è

situato l'immobile concesso in comodato.

•La riduzione della base imponibile opera anche nel caso in cui il comodante oltre

all'immobile concesso in comodato possieda nello stesso comune un altro

immobile adibito a propria abitazione principale, a condizione che non sia di lusso.

51 3-12 luglio 2017 -

Pasquale Mirto

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I comodati

•La riduzione di base imponibile opererà ovviamente anche per la Tasi; il

comodatario non pagherà nulla in quanto trattasi di abitazione principale, mentre il

comodante pagherà la quota a carico del possessore, considerando la base

imponibile ridotta a metà.

•La norma crea non pochi problemi applicativi, soprattutto a causa del generico

riferimento agli “immobili”, categoria questa che in Imu include i fabbricati, i terreni

agricoli e le aree.

•Il termine immobile in Imu ha un significato ben preciso. L’art. 13, comma 2 del Dl

n. 201 del 2011 prevede che il presupposto d’imposta si realizzi con il possesso di

immobili, per la cui definizione si rinvia alla disciplina Ici, dove per immobili si

intendono i fabbricati, i terreni agricoli e le aree fabbricabili.

•Si potrebbe sostenere che il riferimento agli immobili sia atecnico, e che esso

vado riferito alle sole unità immobiliari ad uso abitativo, ma si tratterebbe di

interpretazione estensiva di buon senso, poco adatta però alle norme di

agevolazione che sono soggette ad interpretazione restrittiva e non estensiva.

•Interpretando alla lettera, occorrerebbe escludere dall’agevolazione tutti i

casi in cui il comodante possieda un altro immobile diverso da un

abitazione, come un negozio, un ufficio, un area fabbricabile, un terreno

agricolo.

•Se così è però si possono verificare situazioni a limite della ragionevolezza.

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto 52

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I comodati

In base ai chiarimenti forniti dal Dipartimento delle finanze a Telefisco 2016,

l’agevolazione spetta se il contribuente possiede (a titolo di proprietà, usufrutto,

superficie, uso o abitazione) al massimo due abitazioni non di lusso, una utilizzata

come propria abitazione principale ed una data in comodato al figlio/padre. A nulla

rileva, pertanto, il possesso di altri fabbricati non abitativi, come un negozio, di

terreni agricoli e di aree fabbricabili. Occorre però precisare che la normativa, nel

prevedere il limite di due abitazioni, non pone limitazioni alla percentuale di

possesso. Pertanto se si possiedono due abitazioni al 50% ed una terza

abitazione allo 0,1%, l’agevolazione non spetta.

La normativa richiede poi che il comodante ed il comodatario abbiano residenza

anagrafica e dimora abituale nello stesso Comune. Pertanto se un contribuente

possiede due abitazioni, una a Milano ed una a Roma, l’agevolazione non spetta.

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto 53

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Comodati- pertinenze

Per quanto riguarda le pertinenze, occorre considerare che il codice civile prevede che

queste seguono lo stesso regime giuridico del bene principale, se non diversamente

disposto. Per le abitazioni principali, come noto, è diversamente disposto, prevedendo la

norma un vincolo al numero e tipo di pertinenza (un solo C/6, C/2 e C/7). Nel caso dei

comodati, non operando più l’assimilazione all’abitazione principale e non essendo

previsto alcun vincolo, si ritiene che possano accedere alla riduzione della base

imponibile tutte le pertinenze effettivamente concesse in comodato, anche due C/6,

ovviamente a condizione che queste siano indicate nel contratto di comodato.

Il Mef, tuttavia ha fornito con risoluzione del 16/2/2016 una diversa lettura, ritenendo che

permangano i limiti comunque fissati dall’art. 13, comma 2, del Dl n. 201/2011, ovvero nei

limiti di una pertinenza per ciascuna categoria catastale C/2, C/6 e C/7. Tale conclusione

si fonda, ad avviso del Mef, sulla circostanza che il comodatario, per espressa previsione

di legge, deve adibire a propria abitazione principale l’immobile concesso in comodato.

L’interpretazione ministeriale tuttavia non convince, perché comunque non si tratta di

ipotesi di assimilazione all’abitazione principale, come ricordato a proposito del divieto per

i Comuni di continuare a disporre l’assimilazione con regolamento, e non essendo stato

previsto espressamente per legge un numero massimo di pertinenze che possano

accedere alla riduzione del 50% della base imponibile, si deve applicare la norma di

carattere generale stabilita dal codice civile, che prevede lo stesso trattamento giuridico

previsto per il bene principale.

54 3-12 luglio 2017 -

Pasquale Mirto

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Comodati immobili storici

Per le abitazioni d’interesse storico è già prevista una riduzione del 50% della

base imponibile e tale riduzione si cumula con quella nuova per i comodati.

Pertanto nel caso di abitazione storica concessa in comodato l’imposta sarà

pagata sul 25% della base imponibile.

Risposta Mef Telefisco 2016: Nell’ipotesi di immobile storico o artistico concesso in comodato

le finalità sottese alla concessione dei due benefici non appaiono incompatibili tra loro e, pertanto, il

contribuente versa sul 25% della base imponibile.

Si deve però sottolineare che il cumulo delle due agevolazioni non può realizzarsi se l’immobile

storico o artistico sia accatastato nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9 (castelli, palazzi di eminenti

pregi artistici o storici), poiché la lettera 0A) del comma 3 dell’art. 13 del D. L. n. 201 del 2011 esclude

espressamente la riduzione al 50% della base imponibile per gli immobili classificati nelle anzidette

categorie catastali.

E’ bene anche evidenziare che è ovvio che il cumulo non può operare nel caso di immobile inagibile o

inabitabile dal momento che l’immobile concesso in comodato non può essere adibito a abitazione

presentando le predette caratteristiche.

Vale la pena precisare che le conclusioni appena riportate non si pongono in contrasto con quanto

affermato in un’altra risposta fornita in occasione di Telefisco 2012 in cui si chiedeva se potesse

essere applicato il cumulo della riduzione del 50% in caso di abitazione storica dichiarata inagibile o

inabitabile. Nella risposta a tale quesito è stato escluso il cumulo poiché non appare coerente con la

logica della norma prevedere un’ulteriore agevolazione già insita in quella specificatamente disposta

per questi immobili.

55 3-12 luglio 2017 -

Pasquale Mirto

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Comodati- fabbricato rurale

Risoluzione 16/2/2016 – Il Mef tratta il caso delle abitazioni rurali ad uso

strumentale, di cui all’art. 9, comma 3-bis el Dl. n. 557/1993, ovvero quelle

destinate ad abitazioni dei dipendenti esercenti attività agricola assunti a tempo

indeterminato o a tempo determinato per un numero di giornate lavorative

superiori a 100. Secondo il Mef, il possesso di detto immobile sebbene abitativo

non preclude l’accesso all’agevolazione, poiché è stato lo stesso Legislatore che,

al verificarsi delle suddette condizioni, lo ha considerato strumentale all’esercizio

dell’agricoltura e non abitativo. Anche questa conclusione non convince

pienamente, perché non si comprende quale sia la differenza tra il fabbricato

abitativo rurale disciplinato dall’art. 9, comma 3, come quello dato in comodato al

soggetto che conduce il terreno, e quello dato in comodato o affitto ai dipendenti

agricoli.

56 3-12 luglio 2017 -

Pasquale Mirto

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Comodati – Aliquote da utilizzare

•L’aliquota Imu da utilizzare è quella ordinaria, che può arrivare al 10,6 per mille.

•Il Comune, comunque, potrebbe decidere di agevolare con proprie risorse i

comodati, portando l’aliquota al minimo del 4,6 per mille ed azzerando la Tasi,

visto che è fatto divieto nel 2016 di aumentare le aliquote ma non di ridurle.

•Condizione necessaria per accedere all’agevolazione è che il contratto di

comodato sia registrato.

•Ultimo adempimento a carico del comodante è l’obbligo di presentare la

dichiarazione Imu 2016, entro il 30 giugno 2017, a nulla rilevando le precedenti

dichiarazioni o comunicazioni inviate ai Comuni, visto che le condizioni per

l’accesso sono cambiate e la normativa ora prevede espressamente che ai fini

dell’applicazione dell’agevolazione il soggetto passivo deve attestare nella

dichiarazione Imu la sussistenza di tutti i requisiti.

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto 57

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Comodati - Registrazioni

Il riconoscimento dell’agevolazione è subordinato alla condizione che il

contratto di comodato sia registrato. Occorre distinguere se si è concessa

l’abitazione in comodato con contratto scritto o solo verbale. Nella primo

caso, l’obbligo di registrazione scatta entro 20 giorni, e quindi per poter

beneficiare dell’agevolazione per tutto gennaio, il comodato poteva partire dal

16 gennaio ed essere registrato entro il 5 febbraio, questo perché in Imu si

considera come mese intero quello in cui il possesso si è protratto per

almeno 15 giorni.

58 3-12 luglio 2017 -

Pasquale Mirto

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Comodato verbale

Con la risposta fornita a Cna si è affrontato il problema del termine entro il quale

registrare il contratto di comodato verbale.

Per i contratti di comodato verbali non c’è in generale alcun obbligo di

registrazione, ma se si vuole accedere all’agevolazione Imu occorre registrarlo.

Per il Mef, essendo un adempimento nuovo, la registrazione può essere fatta

entro il 1° marzo, nel rispetto dello Statuto del Contribuente che impone di non

fissare obblighi tributari prima del sessantesimo giorno dall’entrata in vigore della

norma che li prevede.

Quindi si possono registrare anche contratti stipulati 3 anni prima e la decorrenza

è sempre dal 1° di gennaio 2016.

Poi il Mef cambia ancora idea

59 3-12 luglio 2017 -

Pasquale Mirto

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Caos registrazione verbale (risposta Mef 8/4/2016 Confedilizia)

60 3-12 luglio 2017 -

Pasquale Mirto

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Comodati -registrazione

Per avere il beneficio fin dal 1/1/2016 si poteva registrare il comodato entro

il 4/2/2016, ovvero entro 20 giorni dal 15/1/2016 (anzi si potrebbe passare al

16).

Posso registrare tardivamente il comodato?

61 3-12 luglio 2017 -

Pasquale Mirto

Termine di regolarizzazione Sanzione ridotte con ravvedimento

importo sanzione ridotta

Ritardo fino a 30 giorni Sanzione pari ad 1/10 di 200 euro

20,00

Ritardo da 31 a 90 giorni Sanzione del 12% (1/10 di 120%) 24,00

Ritardo da 91 giorni ad un anno Sanzione del 15% (1/8 di 120%) 30,00

Ritardo oltre l’anno ma entro 2 anni Sanzione del 17,14% (1/7 del 120%)

34,29

Ritardo oltre 2 anni Sanzione del 20% (1/6 del 120% 40,00

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Le agevolazioni per gli affitti concordati

•Doppia agevolazione per gli affitti concordati. Ai fini Imu, il comma 53 della legge n. 208 del

2015 aggiunge all’art. 13 del Dl n. 201 del 2011 il comma 6-bis, a mente del quale “per gli

immobili locati a canone concordato di cui alla legge 9 dicembre 1998, n. 431, l’imposta,

determinata applicando l’aliquota stabilita dal comune ai sensi del comma 6, è ridotta al 75 per

cento”.

•Ai fini Tasi, il comma 54 modifica il comma 678 della legge n. 147 del 2013, prevedendo analoga

riduzione.

•La norma fa riferimento all’aliquota applicata dai Comuni, quindi se è stata deliberata nel 2015

un’aliquota agevolata, la riduzione opererà sull’imposta determinata con la suddetta aliquota.

•Molti enti hanno deliberato riduzioni di aliquote solo con riferimento a determinate ipotesi, come

quella relativa ad immobili locati a canone concordato a soggetti che la utilizzano come

abitazione principale, e ciò in continuità con il passato. In tale ipotesi, i concordati che soddisfano

le condizioni per l’applicazione dell’aliquota agevolata corrisponderanno il 75% dell’imposta

calcolata con tale aliquota, mentre gli alti concordati corrisponderanno il 75% dell’imposta

calcolata con l’aliquota ordinaria.

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto 62

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Problemi di stima

•Per quanto riguarda la compensazione della minore entrata per i Comuni, va

evidenziato che nella relazione governativa si è stimata una perdita di gettito pari a

81,14 milioni di euro. La stima è stata operata considerando gli immobili indicati in

dichiarazione dei redditi con codice utilizzo “8” . Ciò porta a ritenere che il Governo

abbia enormemente sottostimato la perdita di gettito comunale, in quanto il codice

utilizzo “8” deve essere inserito per l’immobile locato con contratto concordato che

insiste in uno dei Comuni ad alta intensità abitativa, mentre occorre utilizzare il

codice utilizzo “3” per l’immobile locato in regime di libero mercato o “patti in

deroga”, oppure concesso in locazione a canone “concordato” in mancanza dei

requisiti relativi al codice ‘8’. •Le agevolazioni per i Comuni ad alta intensità abitativa si applicano:

• nei comuni di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e

Venezia, nonché nei comuni confinanti con gli stessi;

• negli altri comuni capoluoghi di provincia;

• nei comuni, considerati ad alta tensione abitativa, individuati nella delibera CIPE 30 maggio 1985,

pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 143 del 19 giugno 1985, non compresi nei punti precedenti;

• nei comuni di cui alla delibera CIPE 8 aprile 1987, n. 152, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 93

del 22 aprile 1987, non compresi nei punti precedenti;

•nei comuni di cui alla delibera CIPE 13 novembre 2003, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 40 del

18 febbraio 2004, non compresi nei punti precedenti;

•nei comuni della Campania e della Basilicata colpiti dagli eventi tellurici dei primi anni ottanta.

•Il CIPE provvede ogni 24 mesi all’aggiornamento dell’elenco dei comuni ad alta densità abitativa.

3-12 luglio 2017 -

Pasquale Mirto 63

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Gli imbullonati

•Il comma 21 della legge n. 208 del 2015 detta i nuovi criteri per la

valorizzazione degli impianti nella rendita catastale.

•A decorrere dal 1° gennaio 2016, la determinazione della rendita catastale

degli immobili a destinazione speciale e particolare, censibili nelle categorie

catastali dei gruppi D ed E, è effettuata, tramite stima diretta, tenendo conto

del suolo e delle costruzioni, nonché degli elementi ad essi

strutturalmente connessi che ne accrescono la qualità e l'utilità, nei limiti

dell'ordinario apprezzamento. Sono esclusi dalla stessa stima diretta i

macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti, funzionali allo specifico

processo produttivo.

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto 64

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Gli imbullonati

•Per gli immobili già accatastati il comma 22 prevede che a decorrere dal 1°

gennaio 2016, gli intestatari catastali degli immobili possono presentare atti di

aggiornamento mediante Docfa per la rideterminazione della rendita

catastale degli immobili già censiti.

•Il successivo comma 23 chiarisce che se il Docfa è presentato entro il 15

giugno 2016 la nuova rendita proposta può essere utilizzata per pagare

l’intera Imu 2016. La norma infatti chiarisce che in questo caso le nuove

rendite hanno effetto dal 1° gennaio 2016, “in deroga” all’art. 13, comma 4 del

Dl n. 201 del 2011, ovvero in deroga alla norma che stabilisce che per

determinare la base imponibile Imu occorre far riferimento alle rendite

catastali vigenti al 1° gennaio. Si tratta, quindi, di revisione della rendita e non

di rettifica della stessa, con la conseguenza che per tutti i Docfa presentati

dal 16 giugno 2016 in poi la nuova rendita avrà efficacia dal 1° gennaio

successivo a quello di iscrizione in catasto.

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto 65

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Gli imbullonati

•Nella relazione illustrativa alla legge di stabilità si richiamano le stime

operate dall’Agenzia delle entrate, in base alle quali il valore degli impianti

valorizzati nelle rendite catastali ha un’incidenza media del 18%

dell’ammontare complessivo delle rendite dei fabbricati di categoria D/1 e

D/7. La riduzione di rendita per tali fabbricati è stimata in circa 766 milioni di

euro, ai quali sono aggiunti ulteriori 95 milioni di euro di riduzioni per le altre

categorie D. Il mancato gettito per i Comuni viene stimato in 155 milioni

annuali.

•Per il 2016 il contributo annuale di 155 milioni è stato ripartito sulla base

delle variazioni di rendita presentate entro il 15 giugno 2016. A tal fine,

l’Agenzia delle entrate ha comunicato al Ministero dell’economia, per ciascun

immobile, la nuova rendita e quella originaria, ed il Ministero dell’economia, di

concerto con l’Interno, ha ristorato per intero la perdita di gettito registrata dai

Comuni.

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto 66

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Gli imbullonati

“A decorrere dall’anno 2017” il contributo annuo di 155 milioni di euro è

invece ripartito con decreto da emanarsi entro il 30 giugno 2017 sulla base

delle variazioni complessivamente proposte nel corso del 2016, che saranno

comunicate dall’Agenzia delle entrate al Ministero dell’economia entro il 31

marzo 2017.

Quindi, sembra potersi affermare che il contributo annuo sarà ripartito tra i

Comuni esclusivamente sulla base delle modifiche di rendita richieste nel

corso del 2016, restando ininfluenti quelle presentate dal 2017 in poi.

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto 67

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La circolare AE

L’Agenzia delle entrate con la circolare n. 2 del 1° febbraio 2016 ha chiarito la

sua visione della norma.

Dalla lettura di tale disposizione, si evince che le componenti costituenti

l’unità immobiliare urbana possono essere sostanzialmente distinte, in

funzione della rilevanza nella stima catastale, nelle seguenti quattro

categorie:

1) il suolo;

2) le costruzioni;

3) gli elementi strutturalmente connessi al suolo o alle costruzioni che ne

accrescono la qualità e l’utilità;

4) le componenti impiantistiche, di varia natura, funzionali ad uno specifico

processo produttivo.

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Pasquale Mirto

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La circolare AE

Quanto al “suolo” (punto 1) – componente da includere nella stima catastale – non

emergono particolari problematiche per la sua individuazione, trattandosi essenzialmente

della porzione di terreno su cui ricade l’unità immobiliare, così come rappresentata negli

elaborati grafici catastali, redatti nel rispetto delle disposizioni regolanti la materia. Esso è

rappresentato, di norma, da aree coperte, sedime delle costruzioni costituenti l’unità

immobiliare, e da aree scoperte, accessorie e pertinenziali.

Alla categoria “costruzioni” (punto 2) – anch’esse da includere nella stima catastale –

afferisce qualsiasi opera edile avente i caratteri della solidità, della stabilità, della

consistenza volumetrica, nonché della immobilizzazione al suolo, realizzata mediante

qualunque mezzo di unione, e ciò indipendentemente dal materiale con cui tali opere

sono realizzate.

A titolo esemplificativo, rientrano in tale categoria i fabbricati, le tettoie, i pontili, le gallerie,

le opere di fondazione e di supporto in genere, così come quelle di sbarramento,

approvvigionamento, contenimento e restituzione di materiali solidi, liquidi e gassosi,

quali le dighe e le opere di presa e di scarico delle acque, i canali, i serbatoi, le cisterne e

le vasche, le torri, le ciminiere e i pozzi, che siano posti a monte e a valle dei processi

produttivi svolti all’interno delle unità immobiliari in argomento.

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Pasquale Mirto

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La circolare AE

Il disposto normativo in esame prevede, altresì, l’inclusione nella stima catastale

anche di quegli “elementi strutturalmente connessi al suolo o alle costruzioni che

ne accrescono la qualità e l’utilità” (punto 3).

Trattasi di quelle componenti che, fissate al suolo o alle costruzioni con qualsiasi

mezzo di unione, anche attraverso le sole strutture di sostegno - in particolare

quando le stesse integrano parti mobili - risultano caratterizzate da una utilità

trasversale ed indipendente dal processo produttivo svolto all’interno

dell’unità immobiliare. Le componenti così caratterizzate conferiscono

all’immobile una maggiore fruibilità, apprezzabile da una generalità di utilizzatori e,

come tali, ordinariamente influenti rispetto alla quantificazione del reddito

potenzialmente ritraibile dalla locazione dell’immobile, ossia della relativa rendita

catastale.

Tra tali elementi strutturalmente connessi sono da ricomprendere, ad esempio, gli

impianti elettrici, idrico-sanitari, di areazione, di climatizzazione e

condizionamento, di antincendio, di irrigazione e quelli che, sebbene integranti

elementi mobili, configurino nel loro complesso parti strutturalmente connesse al

suolo o alle costruzioni, quali gli ascensori, i montacarichi, le scale, le rampe e i

tappeti mobili, analogamente ai criteri seguiti nell’ambito degli immobili censiti

nelle categorie dei gruppi ordinari. Del pari, rientrano in tale categoria i pannelli

solari integrati sui tetti e nelle pareti, che non possono essere smontati senza

rendere inutilizzabile la copertura o la parete cui sono connessi.

70 3-12 luglio 2017 -

Pasquale Mirto

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La circolare AE

Il secondo periodo della disposizione in esame dispone, espressamente, l’esclusione

dalla stima catastale di “macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti,

funzionali allo specifico processo produttivo” (punto 4). Si tratta di quelle

componenti, di natura essenzialmente impiantistica, che assolvono a specifiche

funzioni nell’ambito di un determinato processo produttivo e che non conferiscono

all’immobile una utilità comunque apprezzabile, anche in caso di modifica del

ciclo produttivo svolto al suo interno. Tali componenti sono, pertanto, da escludere

dalla stima, indipendentemente dalla loro rilevanza dimensionale.

Centrali di produzione di energia e stazioni elettriche. Non sono più oggetto di stima le

caldaie, le camere di combustione, le turbine, le pompe, i generatori di vapore a

recupero, gli alternatori, i condensatori, i compressori, le valvole, i silenziatori e i

sistemi di regolazione dei fluidi in genere, i trasformatori e gli impianti di sezionamento,

i catalizzatori e i captatori di polveri, gli aerogeneratori (rotori e navicelle), gli inverter e

i pannelli fotovoltaici, ad eccezione, come detto, di quelli integrati nella struttura e

costituenti copertura o pareti di costruzioni

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Pasquale Mirto

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La circolare AE

Industrie manifatturiere. Sono esclusi dalla stima tutti i macchinari, le attrezzature e gli

impianti costituenti le linee produttive, indipendentemente dalla tipologia considerata. Tra

questi, ad esempio, i sistemi di automazione e propulsione, le pompe, i motori elettrici, i

carriponte e le gru, le apparecchiature mobili e i sistemi robotizzati, le macchine continue,

nonché i macchinari per la miscelazione, la macinazione, la pressatura, la formatura, il taglio,

la tornitura, la laminazione, la tessitura, la cottura e l’essicazione dei prodotti.

Nell’industria siderurgica sono, così, da escludere dalla stima diretta anche gli impianti

costituenti altoforni.

Parimenti, nei siti destinati alla raffinazione dei prodotti petroliferi sono esclusi dalla stima, ad

esempio, i forni di preriscaldamento, le torri di raffinazione atmosferica o sotto vuoto, gli

impianti destinati ai processi di conversione (cracking) o di miglioramento della qualità dei

prodotti della raffinazione (reforming, desolforazione, isomerizzazione, alchilazione, ecc.),

nonché gli impianti per il trattamento dei fumi e delle acque.

Impianti di risalita. Oltre a non considerare le funi, i carrelli, le sospensioni e le cabine – che

fanno specificatamente parte della componente mobile del trasporto – sono, altresì, esclusi

dalla stima i motori che azionano i sistemi di trazione, anche se posti in sede fissa.

Rimangono, conseguentemente, comprese nella stima solamente il suolo e le costruzioni

costituenti le stazioni di valle e di monte, unitamente agli impianti di tipo civile ad esse

strutturalmente connessi.

Parchi divertimento. Sono escluse dalla stima catastale le attrazioni costituite da strutture

che integrano parti mobili. Non così, invece, per le piscine, i cinema, le arene, che si

configurano, per quanto precedentemente detto, come vere e proprie costruzioni e, quindi,

come tali, da includere nella stima catastale.

72 3-12 luglio 2017 -

Pasquale Mirto

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Immobili merce

Con l' art. 2 del D.L. n. 102/2013 , si dispone l'esclusione della seconda rata per gli immobili

merce e si consolida l'agevolazione attraverso la sostituzione del co. 9-bis dell' art. 13 del D.L.

n. 201/2011 , che ne dispone l'esenzione a decorrere dal 1° gennaio 2014.

Per quanto riguarda l'ambito applicativo si evidenzia che dal punto di vista soggettivo i

destinatari sono le imprese costruttrici, ovvero quelle titolari del permesso di costruire.

Rimangono quindi escluse le imprese immobiliari che gestiscono o compravendono gli

immobili. Gli immobili oggetto di agevolazione sono fabbricati costruiti e destinati alla vendita.

Si deve trattare di fabbricati alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività d'impresa;

tali fabbricati, in qualità di merci, sono contabilizzati in bilancio a costi, ricavi e rimanenze, a

differenza di quelli strumentali che sono iscritti tra le immobilizzazioni. L'agevolazione

riguarda solo i fabbricati costruiti e non quindi l'area fabbricabile, che sarà soggetta

all'aliquota ordinaria. L'agevolazione si renderà applicabile dalla data di ultimazione dei lavori

di costruzione e comunque, se antecedente, dalla data di accatastamento. La norma

presuppone che il fabbricato non debba essere locato, pertanto in caso di fabbricato dato in

comodato il diritto all'agevolazione rimane. Anche nel caso di fabbricato che dopo essere stato

locato torna ad essere libero, si ritiene che l'agevolazione spetti, trattandosi di fabbricato

ancora destinato alla vendita- contrasto interpretativo

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Pasquale Mirto

Page 74: Presentazione di PowerPoint...e 3-ter, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, delle società da esse partecipate”. L’art. 1, comma 3 della legge 196 del 2009 del definire

Con riferimento ai fabbricati costruiti dalle cooperative edilizie, l’IFEL, con nota del 28 maggio 2015, ha ritenuto

che queste non possono qualificarsi come “impresa costruttrice”. Ad avviso di IFEL, inoltre, gli immobili realizzati

dalla cooperativa edilizia sono destinati non alla vendita, bensì al soddisfacimento delle esigenze abitative dei

soci.

Di segno opposto invece la risoluzione 5 novembre 2015, n. 9/DF. Il Ministero delle Finanze ritiene che le

cooperative edilizie possano essere considerate “imprese costruttrici” e ciò lo si desumerebbe da numerosi

interventi di prassi amministrativa, come la circolare 11 luglio 1996, n. 182/E emanata dall’Agenzia delle Entrate,

la quale, nel “precisare il regime di tassazione cui sono sottoposte le assegnazioni di alloggi a soci da parte di

cooperative edilizie a proprietà divisa”, ha chiarito che “… nella categoria delle imprese costruttrici rientrano a

pieno titolo le cooperative edilizie che costruiscono, anche avvalendosi di imprese appaltatrici, alloggi da

assegnare ai propri soci”. Ad avviso del Ministero i documenti di prassi hanno trovato conferma anche nella

giurisprudenza di legittimità, come Cass., sent. 5 giugno 2014, n. 12675, nella quale si afferma che “ai fini

dell’applicazione del regime di responsabilità previsto dall’art. 1669 Cod. civ., riveste la qualità di costruttore-

venditore la cooperativa edilizia che ha assegnato ai soci prenotatari unità immobiliari di un complesso

condominiale, realizzandosi, in tal caso, un trasferimento della proprietà a titolo oneroso, nonostante

l’equivalenza del corrispettivo al prezzo della costruzione e l’assenza di profitto della cooperativa”.

Il contrasto tra IFEL e Dipartimento delle Finanze alimenterà sicuramente del contenzioso, anche se qui va

evidenziato che la tesi ministeriale si poggia tutta sul ricorso all’analogia di quanto stabilito per altri tributi, e tale

operazione è preclusa nell’applicazione delle norme di agevolazione. Inoltre, nel caso delle cooperative

sembrano del tutto assenti i requisiti oggettivi richiesti dalla norma per l’applicazione dell’esenzione IMU - ovvero

che il fabbricato sia stato costruito da impresa costruttrice e sia di proprietà della stessa e che lo stesso non risulti

locato e sia destinato alla vendita - perché nell’oggetto sociale delle cooperative non c’è la vendita di fabbricati

ma il soddisfacimento dei bisogni abitativi dei soci e trattandosi di norma di esenzione non si può ricorrere

all’analogia equiparando le cooperative edilizie alle imprese di costruzione che hanno come oggetto sociale la

vendita di fabbricati a terzi.

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Immobili merce coop edilizie

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Va anche rammentato che l’esenzione soggiace, a pena di decadenza, alla presentazione della

dichiarazione. L’esenzione, infatti era originariamente prevista dall’art. 2 del Dl n. 102 del 2013,

ed il comma 5-bis di tale articolo prevedeva, e prevede tutt’oggi, che l’esenzione è subordinata

alla presentazione a pena di decadenza della dichiarazione Imu.

Trattandosi di adempimento previsto a pena di decadenza non è possibile ravvedere l’omessa

presentazione della dichiarazione, e nel caso di omissione della stessa, pur se esistano le altre

condizioni previste dalla normativa, l’esenzione non può essere riconosciuta.

La circostanza che la dichiarazione sia a pena di decadenza non implica che se non presentata

per un anno non possa essere presentate per gli anni successivi.

Al riguardo occorre ricordare che “a ciascuno degli anni solari corrisponde un autonoma

obbligazione tributaria” (art. 9, comma 2 del D.lgs. n. 23/2011). Pertanto, se il contribuente ha

omesso di presentare la dichiarazione per il 2014 non ha diritto all’esenzione, ma se per gli stessi

immobili, sussistendo ancora la condizione di “beni merce”, è stata presentata dichiarazione Imu

entro il 30 giugno 2016 per l’anno 2015, il contribuente ha diritto a non pagare l’imposta 2015.

Quindi entro il 30 giugno 2017 può essere presentata la dichiarazione 2016 e può essere anche

chiesto il rimborso di quanto pagato in quell’anno.

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Pasquale Mirto 75

Obbligo presentazione dichiarazione a pena di decadenza

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La normativa prevede l’esenzione a condizione che i fabbricati “non siano in ogni caso

locati”,. Sulla base di tale precisazione qualcuno ritiene che se l’immobile risulta locato

anche per un solo mese, l’esenzione in quell’anno non spetta.

Al riguardo va evidenziato che non risultano prese di posizioni “ufficiali” del Ministero delle

finanze, benché come noto le circolari non siano vincolanti né per il contribuente né per il

Comune impositore. L’unico accenno di parere ministeriale lo si rinviene in una risposta

fornita all’interno dell’iniziativa promessa dal “Il Sole 24Ore” denominata Telefisco 2014,

apparsa sul quotidiano del 3 febbraio 2014, a pagina 19.

D I fabbricati delle imprese costruttrici sono esenti da Imu se destinati alla vendita e non

locati (DL n.102/2013). Si ritiene che l'impresa costruttrice non debba avere per oggetto

esclusivo o principale la costruzione dei fabbricati medesimi. Se un fabbricato viene locato

per una parte del periodo di imposta è esente da Imu per i mesi in cui non risulta locato? E

se viene usato temporaneamente dall'impresa stessa pur essendo destinato alla vendita?

R La norma di esenzione Imu di cui al comma 9-bis dell'articolo 13 del Dl n. 201 del 2011,

prevede espressamente che a decorrere dal 1° gennaio 2014 sono esenti dall'imposta i

fabbricati costruiti e destinati dall'impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga

tale destinazione e non siano in ogni caso locati. Come si evince dal tenore letterale della

norma è escluso ogni caso di locazione e utilizzazione, anche temporanea, da parte

dell'impresa.

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Pasquale Mirto 76

Cosa vuol dire non locati?

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Sul punto si registra, invero, anche una presa di posizione di Anci Emilia Romagna, che è

intervenuta sul tema in questione con circolare prot. 147 del 19 settembre 2013.

L’Anci rileva al riguardo quanto segue:

La norma presuppone che il fabbricato non debba essere locato, pertanto in caso di

fabbricato dato in comodato il diritto all’agevolazione rimane.

Anche nel caso di fabbricato che dopo essere stato locato torna ad essere libero, si ritiene

che l’agevolazione spetti, trattandosi di fabbricato ancora destinato alla vendita.

In generale, l’agevolazione può essere concessa fintanto che il fabbricato non è locato.

Pertanto, nel caso di locazione iniziata o cessata in corso d’anno, il contribuente dovrà

limitare l’agevolazione ai soli mesi in cui il fabbricato è risultato non locato, considerando

per intero il mese durante il quale la condizione si è protratta per almeno quindici giorni.

Se, ad esempio, il fabbricato cessa di essere locato il 14 dicembre 2013, occorrerà versare

il saldo calcolando l’imposta dovuta per 5 mesi.

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto

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Cosa vuol dire non locati?

Page 78: Presentazione di PowerPoint...e 3-ter, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, delle società da esse partecipate”. L’art. 1, comma 3 della legge 196 del 2009 del definire

Si ritiene che la lettura più aderente al dettato della norma sia quella fornita da Anci Emilia Romagna, in quanto la normativa non prevede espressamente che l’esenzione operi a condizione che l’immobile risulti non locato per l’intero anno ed è principio generale dell’Imu (art. 9, comma 2 del D.lgs. n. 23 del 2011) che l’imposta vada liquidita considerando i mesi di possesso, considerando per intero il mese in cui il possesso si è protratto per almeno 15 giorni.

Peraltro, la normativa Imu subordina altre agevolazioni alla condizione che il fabbricato non sia locato, come nel caso degli immobili posseduti dai residenti esteri o dagli anziani che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero (art. 13, comma 2 del Dl n. 201 del 2013) ed anche in questi casi non si è mai dubitato che occorra far riferimento ai mesi duranti i quali si verifica la condizione.

.

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto

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Cosa vuol dire non locati?

Page 79: Presentazione di PowerPoint...e 3-ter, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, delle società da esse partecipate”. L’art. 1, comma 3 della legge 196 del 2009 del definire

Immobili merce e TASI

•Per gli immobili merce il comma 14, lett. c) della legge n. 208 del 2015

modifica il comma 678 della legge n. 147 del 2013 prevedendo che ai fini Tasi

per i fabbricati costruiti e destinati dall'impresa costruttrice alla vendita,

fintanto che permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati,

l'aliquota è ridotta allo 0,1 per cento, con possibilità per i Comuni di

modificare la suddetta aliquota, in aumento, sino allo 0,25 per cento o, in

diminuzione, fino all'azzeramento.

•Ciò implica che nell’ipotesi in cui il Comune abbia deliberato per il 2015

un’aliquota superiore a 2,5 per mille, questa deve intendersi

automaticamente ridotta alla misura massima consentita dalla legge,

indipendentemente dal fatto che il Comune provveda a modificare al ribasso,

nel 2016, l’aliquota deliberata per l’anno prima.

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto 79

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Leasing – contenzioso milionario

Per l’Imu, l’art. 9, co. 1 del D.lgs. n. 23/2011 prevede che per “gli immobili, anche da costruire o

in corso di costruzione, concessi in locazione finanziaria, soggetto passivo è il locatario a

decorrere dalla data della stipula e per tutta la durata del contratto”. La norma è identica a quella

dell’Ici, per la quale non si sono mai avuti dubbi sul fatto che la soggettività passiva era

direttamente collegata all’esistenza di un valido contratto di locazione finanziaria.

Nell’Imu il contenzioso è stato innescato dalla circolare di Assilea (Associazione italiana leasing)

del 2 novembre 2012, nella quale si sostiene che in caso di risoluzione anticipata o di mancato

esercizio del diritto di opzione finale (riscatto) del contratto di locazione finanziaria, la società di

leasing dovrà presentare la dichiarazione Imu entro 90 giorni dalla data di riconsegna del bene,

comprovata dal verbale di consegna, così come riportato nel paragrafo 1.4 delle istruzioni

ministeriali alla compilazione della dichiarazione Imu. Ad avviso di Assilea la precisazione riportata

nelle istruzioni ministeriali “riveste particolare importanza in quanto chiarisce inequivocabilmente

che il locatario è soggetto passivo Imu anche nelle particolari situazioni in cui, nonostante sia

intervenuta la risoluzione del contratto oppure il bene non sia stato riscattato a fine locazione, il

bene non sia stato ancora riconsegnato alla società di leasing”.

Di diverso avviso invece l’Ifel, che con la nota del 4 novembre 2013 rileva che la mancata

riconsegna del bene è del tutto ininfluente ai fini della individuazione del soggetto passivo, non

solo in base al chiaro disposto delle norme primarie ma anche in base ai documenti di prassi dello

stesso Ministero dell’economia, come la circolare 3/DF del 2012. Secondo Ifel appare del tutto

incongruo ritenere che il Ministero abbia voluto, in contrasto con la lettera della norma, sostenere

attraverso un passaggio delle istruzioni alla dichiarazione Imu che la soggettività passiva sia

condizionata non dalla risoluzione contrattuale, ma dalla eventuale riconsegna tardiva.

Sul tema controverso è intervenuto anche il Garante del contribuente della regione Emilia

Romagna che con risoluzione 16 gennaio 2014, n. 1972 ha sostanzialmente aderito alla tesi di

Ifel.

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Pasquale Mirto

Page 81: Presentazione di PowerPoint...e 3-ter, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, delle società da esse partecipate”. L’art. 1, comma 3 della legge 196 del 2009 del definire

Leasing – contenzioso milionario

Con l’introduzione della Tasi, la problematica si è aggrovigliata ancora di più, visto

che l’art. 1, co. 672, della legge n. 147/2013, prevede che in «caso di locazione

finanziaria, la Tasi è dovuta dal locatario a decorrere dalla data della stipulazione e

per tutta la durata del contratto; per durata del contratto di locazione finanziaria

deve intendersi il periodo intercorrente dalla data della stipulazione alla data di

riconsegna del bene al locatore, comprovata dal verbale di consegna».

Attraverso un’interpretazione analogica di tale norma alcune commissioni tributarie

hanno ritenuto che anche per l’Imu la soggettività passiva si trasferisce solo con la

riconsegna del fabbricato. Al riguardo, va tuttavia rilevato che il Mef in una risposta

a Telefisco 2016, riguardante l’applicazione della Tasi con riferimento alle procedure

fallimentari, ha ritenuto che trattandosi di norme di carattere eccezionale non si

ritiene che “in mancanza di un’espressa previsione normativa possa essere

applicato il principio dell’analogia”.

Sul lato contenzioso, mentre inizialmente le Ctp hanno prodotto sentenze

contrastati, le Ctr sembrano, da quello che consta, uniformemente indirizzate ad

accogliere la tesi comunale (Ctr dell’Aquila, sentenza n. 1463/2015 del 22/12/2015;

Ctr di Milano, sentenze n. 1343/2016 del 9/3/2016 e n. 1599/2016 del 17/3/2016).

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Pasquale Mirto

Page 82: Presentazione di PowerPoint...e 3-ter, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, delle società da esse partecipate”. L’art. 1, comma 3 della legge 196 del 2009 del definire

Leasing – contenzioso milionario

In particolare, nelle sentenze di Milano si rileva che gli elementi costitutivi di

ogni tributo sono stabiliti direttamente nella legge istitutiva, sicché non è

possibile applicare per analogia quanto previsto per la Tasi anche all’Imu.

Inoltre, il fatto costitutivo del prelievo tributario delle due imposte è diverso,

rilevando nella Tasi anche la mera detenzione. Infine, si rileva che sarebbe

incongruo far dipendere la soggettività passiva di un tributo dalla condotta

contrattuale e processuale del locatore e del locatario, che costituiscono

comunque situazioni temporanee ed a conoscenza esclusiva delle parti private,

non idonee a fondare la soggettività passiva di un tributo.

La parola passa ora alla Corte di Cassazione.

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Pasquale Mirto

Leasing – contenzioso milionario

Page 83: Presentazione di PowerPoint...e 3-ter, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, delle società da esse partecipate”. L’art. 1, comma 3 della legge 196 del 2009 del definire

Leasing – contenzioso milionario

In realtà la disciplina Imu non può subire alcuna interferenza da quanto stabilito ai

fini Tasi e ciò non solo per il divieto di interpretazione per via analogica ma

soprattutto perché esiste un divieto normativo espresso.

L’art. 1, comma 703 della legge n. 147 del 2013 ha, infatti, disposto che

“l’istituzione della Iuc lascia salva la disciplina per l’applicazione dell’Imu”.

Tale norma concretizza uno sbarramento tra la disciplina Imu e le altre imposte

racchiuse nell’acronimo Iuc (Tasi e Tari), sicché la tesi, pur avanzata, che essendo

Tasi ed Imu inclusi nella Iuc siano soggetti alla stessa disciplina, appare del tutto

inconsistente, oltre che illegittima.

Il comma 703 citato, quindi, vieta di applicare norme specifiche previste

espressamente solo per la Tasi anche all’Imu, e questo dovrebbe essere

sufficiente ad abbandonare la tesi di chi addirittura vede la disposizione dettata ai

fini Tasi in merito alla durata del contratto di leasing come norma d’interpretazione

autentica dell’Imu.

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto

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Appare quanto meno singolare la tesi di chi vede nella disciplina Tasi una

norma di interpretazione della disciplina Imu!

Inoltre occorre considerare che i presupposti dell’imposizione sono diversi,

In quanto quello Imu si concretizza con il possesso di immobili, mentre quello

Tasi con il possesso e «la detenzione» a qualsiasi titolo, come per la Tari.

Ed è anche legittimo pretendete il pagamento della Tari e della Tasi da chi

occupa «abusivamente» l’immobile in leasing.

Che si tratta di tributi profondamenti diversi lo si evince dalla finalità della Tasi

che è diretta a dare copertura ai servizi indivisibili del Comune, vincolo così

forte che il Comune in sede di approvazione delle aliquote deve anche

indicare il costo dei servizi indivisibili che saranno coperti con l’entrata tasi.

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto

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Leasing considerazioni

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Ricordiamo quali sono gli oggetti da dichiarare a pena di

decadenza-art. 2 dl 102/2013

1) Immobili merce

2)Alloggi sociali

3)Alloggi cooperative edilizie a proprietà indivisa adibite ad

abp dei soci

4)Esenzione immobili per ricerca scientifica

5)Immobili forze armate

Art. 2 , 5-bis. Ai fini dell'applicazione dei benefici di cui al presente articolo, il

soggetto passivo presenta, a pena di decadenza entro il termine ordinario

per la presentazione delle dichiarazioni di variazione relative all'imposta

municipale propria, apposita dichiarazione, utilizzando il modello ministeriale

predisposto per la presentazione delle suddette dichiarazioni, con la quale

attesta il possesso dei requisiti e indica gli identificativi catastali degli

immobili ai quali il beneficio si applica. Con decreto del Ministero

dell'economia e delle finanze sono apportate al predetto modello le

modifiche eventualmente necessarie per l'applicazione del presente comma

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto

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Fabbricati rurali

La normativa IMU ha attratto ad imposizione i fabbricati rurali strumentali

per il solo anno 2012.

Poiché il presupposto dell'IMU è il possesso di immobili di cui all' art. 2

della normativa ICI, il legislatore ha abrogato, a decorrere dal 1° gennaio

2012, l' art. 23 , co. 1-bis, D.L. n. 207/2008 , il quale disponeva, con

norma di interpretazione autentica, che "non si considerano fabbricati le

unità immobiliari, anche iscritte o iscrivibili nel catasto fabbricati" per le

quali ricorrono i requisiti di ruralità ( art. 9 , D.L. 30 dicembre 1993, n.

557 ).

3-12 luglio 2017 -

Pasquale Mirto 86

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Fabbricati rurali ed Imu

In generale la normativa IMU prevede un regime agevolativo, sotto forma di aliquota

massima pari al 2 per mille, riducibile dal comune fino all'1 per mille, solo con

riferimento ai fabbricati rurali strumentali, così come definiti dall' art. 9 , co. 3-bis, D.L.

n. 557/1993 . Per le abitazioni rurali, definite dall' art. 9 , co. 3, D.L. n. 557/1993 , non

sono previste agevolazioni, per cui, se il fabbricato rurale è anche abitazione

principale del possessore sconterà l'aliquota ridotta prevista per l'abitazione

principale, diversamente, come nel caso di abitazione data in affitto unitamente al

terreno, sconterà l'aliquota ordinaria.

L' art. 2 , co. 5-ter, D.L. n. 102/2013 dispone, con norma di interpretazione

autentica, che le domande di variazione catastale presentate ai sensi dell' art. 7

, co. 2-bis, D.L. n. 70/2011 , con l'inserimento dell'annotazione circa la sussistenza

dei requisiti di ruralità negli atti catastali, producono gli effetti previsti per il

riconoscimento del requisito di ruralità di cui all' art. 9 del D.L. n. 557/1993 a

decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda.

L' art. 1 del D.L. n. 102/2013 ha disposto per i fabbricati rurali la soppressione della

prima rata IMU dovuta per il 2013.

L' art. 1 del D.L. n. 133/2013 ha disposto limitatamente ai fabbricati rurali strumentali,

esclusi quindi quelli abitativi, la soppressione del saldo.

Dal 1° gennaio 2014 i fabbricati rurali strumentali sono esclusi dall'imposizione,

mentre rimangono assoggettati, in base all'aliquota ordinaria, i fabbricati rurali

abitativi, salvo che non siano abitazione principale del possessore.

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Pasquale Mirto 87

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Art. 9, comma 8 del D.lgs. N. 23/2011

Sono altresì esenti i fabbricati rurali ad uso strumentale di cui

all'articolo 9, comma 3-bis, del decreto-legge 30 dicembre 1993,

n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio

1994, n. 133, ubicati nei comuni classificati montani o

parzialmente montani di cui all'elenco dei comuni italiani

predisposto dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT). (43);

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto

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Fabbricati rurali montani

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Acconto 2013

Arti 1 del Dl n. 102/2013- Per l'anno 2013 non è dovuta la prima rata dell‘Imu relativa

agli immobili di cui all’art. 1, co. 1 del Dl n. 54/2013, norma questa che prevedeva tra

l’altro la sospensione del versamento per terreni agricoli e fabbricati rurali di cui all’art.

13, commi 4, 5 e 8 del Dl n. 201/2013

Il co. 4, si riferisce alla determinazione del valore di tutti i fabbricati (indica i moltiplicatori)

Il co. 5, si riferisce alla determinazione del valore dei terreni

Il co. 8, si riferisce all’aliquota per i fabbricati strumentali

Tuttavia la RT quantifica gli effetti finanziari negativi derivanti dall'abolizione della prima rata

IMU per le categorie di immobili indicate, utilizzando i dati di gettito riferiti all'esercizio 2012.

Si tratterebbe di un importo complessivo pari a 2.396,2 mln, suddivisi come illustra la tabella

che segue.

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Pasquale Mirto 89

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Le nuove norme sull’esenzione dei terreni agricoli

Con i commi 10 e 13 LS 2016 viene completamente ridisciplinata la tassazione dei

terreni agricoli ai fini IMU. In particolare dal 2016 sono esonerati i terreni agricoli:

1. posseduti e condotti da coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali

di cui all’art. 1 del D. Lgs. n. 99 del 2004, iscritti nella previdenza agricola (CD e

IAP), indipendentemente dalla loro ubicazione;

2. ubicati nelle isole minori, già contemplati nell’art. 1, comma 1, lett. a-bis), del D. L.

n. 4 del 2015; al riguardo occorre considerare l’integrazione prevista dal comma

238 della legge di stabilità (Isola del lago d’Iseo);

3. a immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile e

inusucapibile, già esenti in virtù dell’art. 1/4 DL 4/2015.

Le modifiche apportate all’art. 13 del D.L. 201/2011 devono essere lette in

combinato disposto con l’esenzione dall’IMU per i terreni agricoli e con il ripristino

del criterio contenuto nella circolare n. 9/1993. Inoltre vengono eliminate le

disposizioni che riservano ai CD e agli IAP un particolare trattamento di favore nella

determinazione dell’IMU, vale a dire il moltiplicatore ridotto e la cosiddetta

franchigia (riduzioni a scaglioni).

Ricordiamo che i terreni agricoli sono fuori dal campo di imposizione della TASI.

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Pasquale Mirto 90

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Terreni agricoli anno 2012/13

2012 – Moltiplicatori 110 e 135

2013 - regime di esonero non omogeneo tra acconto e

saldo.

In acconto tutti «esclusi» dal pagamento (Se ne è fatto

carico lo Stato)

A saldo, «esclusi» solo quelli posseduti e condotti dai

coltivatori diretti e dagli IAP, iscritti alla previdenza agricola

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto

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I terreni nel 2014

RIDUZIONE MOLTIPLICATORE: si allarga la forbice tra i terreni agricoli dei coltivatori diretti e degli IAP (il cui moltiplicatore scende a 75 dal 2014) e tutti gli altri terreni, il cui moltiplicatore resta a 135

IMU terreni agricoli montani: è prevista l’adozione di un nuovo DM che individui i comuni ricadenti in aree montane o di collina, ai quali applicare l’esonero già a partire dal 2014 (art. 22/2° D.L. 66/2014, conv. L. 89/2014); maggiore gettito annuo non inferiore a 350 milioni

IMU terreni agricoli gravati da usi civici: introdotta l’esenzione dall'IMU per i terreni a immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile che, in base al predetto decreto, non ricadono in zone montane o di collina (L. 89/2014 art. 22/2°); si tratta di circa 2.000 proprietà collettive, con superfici ad uso agricolo indivise di circa 600.000 ettari, dei quali circa 502.000 ettari in territori di montagna; un Dm Interno stabilirà le modalità per la compensazione del minor gettito in favore dei Comuni nei quali ricadono i terreni a proprietà collettiva (non situati nelle zone montane e di collina) esentati.

I Comuni hanno caricato l’elenco dei terreni su una piattaforma informatica messa a disposizione sul Portale del Federalismo Fiscale

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto

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I terreni nel 2014

DM 28/11/2014 (pubblicato in GU il 6/12/2014)

Introduce il criterio dell’altitudine della sede municipale (non del terreno): esenzione

sopra i 601 mt. e nella fascia 281-600 mt. solo se posseduti e condotti da CD e IAP

Criterio irrazionale impugnazione del DM al TAR Lazio (10 ricorsi)

Tar del Lazio, con decreto presidenziale n. 6651/2014 sospende l’efficacia del D.M.

28.11.2014 eccependo l’irragionevolezza dell’imposizione in quanto non legata

all’effettiva natura e posizione del bene, ravvisando diverse violazioni procedurali a

danno degli enti locali e dei contribuenti

il D.L. 4/2015 rivede le regole applicabili e rinvia il pagamento al 10/2/2015,

prevedendo una clausola di salvaguardia che permette al contribuente di non

corrispondere l’Imu 2014 anche se il proprio terreno è soggetto ad imposizione in

base ai nuovi criteri in vigore dal 2015.

Nel frattempo il termine del 16/12/2014 per il pagamento dell’IMU 2014 è stato

rinviato al 26/1/2015 (DL 185/2014, LS 2015)

Non applicabili sanzioni ed interessi nel caso di versamento effettuato entro il

31/3/2015 ( DL 4/2015)

3-12 luglio

2017 -

Pasquale

Mirto

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I terreni nel 2014

DL 4/2015 (L. 34/2015): esenti

i terreni agricoli, nonché per quelli non coltivati, ubicati nei Comuni classificati come

totalmente montani, indicati nell’elenco dei Comuni italiani predisposto

dall’ISTAT (forma di esenzione oggettiva);

i terreni agricoli, nonché per quelli non coltivati, posseduti e condotti da CD e IAP,

iscritti nella previdenza agricola, ubicati nei Comuni classificati come parzialmente

montani, indicati nell’elenco predisposto dall’ISTAT;

i terreni agricoli, nonché per quelli non coltivati, ubicati nei Comuni delle isole minori

(forma di esenzione oggettiva).

i terreni ad “immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva

indivisibile ed inusucapibile”, a prescindere dalla loro ubicazione.

Per i terreni concessi in comodato o in affitto a CD e IAP, l’esonero dall’IMU

scatta solo se il soggetto che concede i terreni in affitto o in comodato a CD o IAP,

iscritti alla previdenza agricola, è anch’esso un CD o IAP, iscritto alla previdenza

agricola (MEF ris. n. 2/DF del 3/2/2015)

Detrazione di 200 euro per terreni agricoli ubicati nei Comuni di cui all’Allegato 0A,

posseduti e condotti da CD e IAP (terreni di “collina svantaggiata” - Comuni in

precedenza esenti, in quanto inclusi nella C.M. n. 9/E/1993 e che, nella

classificazione ISTAT risultano totalmente assoggettati all’IMU in quanto né

montani, né parzialmente montani)

3-12 luglio 2017 -

Pasquale Mirto 94

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I terreni nel 2014/2015

Dubbi applicativi sulla detrazione di 200 euro

IFEL nota del 20.5.2015: detrazione “fissa” di 200 euro, prescindendo sia dal

numero dei terreni posseduti sia dalle quote di possesso (in tal senso si esprime

anche ANCI Emilia Romagna con nota del 10/6/2015)

MEF Faq 28/5/2015: la detrazione di 200 euro si suddivide sulla base dei principi

della circolare 3/DF del 2012, tenendo conto del valore dei terreni posseduti nei vari

comuni, del periodo dell’anno durante il quale sussistono le condizioni prescritte e

delle quote di possesso

La tesi ministeriale risolve solo casi semplici ma non chiarisce quale detrazione

applicare se lo stesso soggetto è proprietario di alcuni terreni e comproprietario di

altri con quote di possesso differenti.

IMU terreni agricoli prima rata 2015: per i terreni non esenti si applicano le regole

ordinarie (base imponibile a scaglioni) e il versamento va effettuato entro il 30

ottobre 2015 (art. 8 c. 13-bis DL 78/15 - L. 125/15)

TAR Lazio con due sentenze non definitive del 3/8/2015 chiede all’Istat e ad altri

uffici centrali di chiarire con quali modalità è stata redatta la classificazione dei

comuni al quale rinvia il DL 4/2015 (elenco suscettibile di essere modificato

periodicamente, avente natura provvedimentale)

TAR Lazio udienza di merito fissata al 4/11/2015 rimessione alla Corte

Costituzionale (ord. 14156 del 16/12/2015)

3-12 luglio 2017 -

Pasquale Mirto 95

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I terreni agricoli nel 2016

abrogati i commi da 1 a 9-bis dell’art. 1 del D.L. 4/2015 ( al vaglio della Consulta);

ai fini dell’esonero si applicano i criteri individuati dalla circolare n. 9/1993 (si torna alle origini!);

sono altresì esenti: 1) i terreni posseduti e condotti da CD e IAP,

indipendentemente dalla loro ubicazione; 2) i terreni ubicati nelle isole minori; 3) i terreni a immutabile destinazione agro-silvo-

pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile

3-12 luglio 2017 -

Pasquale Mirto 96

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I terreni agricoli nel 2016

Iap e Cd (coefficiente 75): tutti i terreni posseduti sono esenti,

indipendentemente dalla loro ubicazione

Altri soggetti (coefficiente 135): continuano a pagare l’Imu ad eccezione dei

terreni montani (indicati nella circolare 9/93) o ubicati nelle isole minori

ovvero a proprietà collettiva

Problema per le società, che non sono iscritte alla previdenza agricola (giurisprudenza di merito ritiene che le agevolazioni siano limitate alle persone fisiche: CTP Modena n. 165/2016, n. 271/2016)

Risposte MEF Telefisco 2016: sono valide per il 2016 le istruzioni emanate con la circolare n. 3/DF/2012 società di persone

Per quanto concerne, poi, la conferma della validità dei criteri contenuti nella circolare 3/DF del 2012 in materia di agevolazioni per i terreni agricoli, ai fini dell’individuazione dei terreni esenti da imposta, facendo riferimento esclusivamente all’esempio riportato nel quesito che riguarda i terreni posseduti da un coltivatore diretto e affittati a una società semplice di cui il proprietario è socio, si conferma che tale interpretazione rimane valida per il 2016 ai suddetti fini. Non è però escluso che sulla base della nuova normativa possano essere aggiunte ulteriori istruzioni.

MEF nota n. 20535 del 23/5/2016: familiari coadiuvanti del coltivatore diretto + società agricole + persone fisiche Cd/Iap soci di società (terreno affittato o in comodato) tutte fattispecie esenti

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Pasquale Mirto 97

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Circolare Anci E.R. del 30/05/2016 – Coadiuvanti

Agricoli

Ad avviso del Dipartimento delle finanze il coadiuvante dell’impresa

agricola esercita direttamente attività agricola ed è iscritto negli elenchi

previdenziali come coltivatore diretto. Da ciò se ne ricava la sussistenza

del requisito soggettivo dell’essere “coltivatore diretto”.

Inoltre, siccome il coadiuvante risulta normalmente anche

proprietario/comproprietario dei terreni coltivati dall’impresa agricola, di

cui è titolare un altro componente del nucleo famigliare, risulta rispettato

anche il requisito oggettivo del “possesso e conduzione” di terreni

agricoli.

Ad avviso di Anci E.R. invece non sussistono entrambe le condizioni

3-12 luglio 2017 -

Pasquale Mirto 98

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Circolare Anci E.R. del 30/05/2016 – Coadiuvanti

Agricoli La normativa Imu, norma eccezionale e di stretta interpretazione, prevede

agevolazioni non per tutti coloro che a vario titolo esercitano attività agricola, ma

solo per una determinata sottocategoria di essi, ovvero per quei soggetti che

“possiedono e conducono direttamente” un terreno agricolo e che siano

“coltivatori diretti o imprenditori agricoli professionali” di cui all’art. 1 del D.lgs. n.

99 del 2004, a condizione che siano iscritti alla previdenza agricola.

È evidente che il coadiuvante agricolo non accede alle agevolazioni Imu perché

molto banalmente non è un coltivatore diretto. Né l’iscrizione negli appositi

elenchi previdenziali di cui all’art. 11 della legge n. 9 del 1963 autorizza

un’applicazione analogica delle agevolazioni previste dalla disciplina Imu in

favore dei coltivatori diretti. Detta disciplina, prevedendo delle agevolazioni, e

dal 2016 delle esenzioni, detta una deroga al principio della capacità

contributiva ed è pertanto norma eccezionale insuscettibile di interpretazione

analogica, per il divieto contenuto nell’art. 14 delle cosiddette Preleggi.

3-12 luglio 2017 -

Pasquale Mirto 99

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Circolare Anci E.R. del 30/05/2016 – Coadiuvanti

Agricoli Il coadiuvante agricolo non è un imprenditore agricolo ai sensi dell’art. 2135 c.c.,

sicché non ha rilievo alcuno che lo stesso svolga attività agricola.

la normativa Ici (ma anche quella Imu) non può essere interpretata estensivamente fino a

ricomprendere fattispecie di attività agricola che non siano imprenditoriali.

L’errore in cui sembra incorso il Ministero è quello di aver ritenuto che basti la semplice

iscrizione negli appositi elenchi previdenziali di cui all’art. 11 della legge n. 9 del 1963 a

garantire il possesso della qualifica di “coltivatore diretto” previsto dalla normativa Ici/Imu.

Così ragionando però si dovrebbe pervenire alla conclusione che qualsiasi soggetto

iscritto a tali elenchi possa potenzialmente accedere alle agevolazioni fiscali. Il ché

ovviamente non è.

L’art. 11 della legge n. 9 del 1963 prevede che «A cura degli Uffici provinciali del Servizio

per i contributi agricoli unificati sono compilati ... gli elenchi comunali relativi all'anno

precedente dei coltivatori diretti, mezzadri e coloni, nonché degli appartenenti ai rispettivi

nuclei familiari che siano soggetti all'obbligo dell'assicurazione per l'invalidità e la

vecchiaia a norma della presente legge e della L. 26 ottobre 1957, n. 1047, e all'obbligo

dell'assicurazione di malattia a mente della L. 22 novembre 1954, n. 1136». Gli elenchi,

pertanto, comprendono oltre ai coltivatori diretti anche soggetti che tali non sono, e che

ben possono vantare l’iscrizione all’elenco previdenziale, ma non accedere ai benefici

fiscali previsti dalla normativa Ici/Imu.

In conclusione, quindi, il coadiuvante agricolo difetta del requisito soggettivo, perché

anche se iscritto negli elenchi previdenziali, e come tale paga gli stessi contributi dovuti

dai coltivatori diretti (al pari dei coloni e mezzadri), non può qualificarsi come coltivatore

diretto e quindi come titolare di un’impresa agricola

3-12 luglio 2017 -

Pasquale Mirto 100

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Circolare Anci E.R. del 30/05/2016 – Coadiuvanti

Agricoli Anche il requisito oggettivo è del tutto assente. Sul punto il Ministero

ammette una sorta di conduzione “mediata” dall’appartenere al nucleo

famigliare del soggetto titolare dell’impresa agricola. Anche in questo

caso, si opera un’inammissibile interpretazione estensiva della norma.

La normativa Ici/Imu riserva le agevolazioni per i terreni agricoli

posseduti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli professionali di

cui all’art. 1 del D.lgs. n. 99/2001, iscritti nella previdenza agricola,

purché dai medesimi condotti. Possesso e conduzione diretta sono due

differenti requisiti che devono entrambi essere soddisfatti e nel caso del

coadiuvante manca la conduzione diretta, visto che i terreni sono dati in

comodato/affitto al titolare dell’impresa agricola e ciò è sufficiente ad

escludere la sussistenza dei requisiti previsti dalla normativa.

Conclusivamente, ad avviso di Anci E.R. i terreni agricoli posseduti dal

coadiuvante agricolo non accedono mai alle agevolazioni previste dalla

normativa Ici/Imu, difettando sia del requisito soggettivo che di quello

oggettivo.

3-12 luglio 2017 -

Pasquale Mirto 101

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La Corte di Cassazione nell’ordinanza 12 maggio 2017, n. 11979

ha ritenuto non applicabile la finzione giuridica, in base alla quale

l’area fabbricabile si considera come terreno agricolo se

posseduta e condotta da un coltivatore diretto, in quanto “la

contribuente, iscritta negli elenchi dei coltivatori diretti e

proprietaria del fondo, non lo conduce direttamente per averlo

concesso in locazione al figlio”, rimanendo, altresì irrilevante la

qualifica di coadiuvante nell’impresa che conduce il fondo.

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto

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Corte di Cassazione ordinanza 12 maggio 2017, n. 11979 (ed altre coeve)

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Circolare Anci E.R. del 30/05/2016 – Le società agricole

Il Dipartimento delle finanze ha confermato quanto già ritenuto nella circolare n. 3 del 2012,

con riferimento alle società agricole. Anche in questo caso si effettua un’interpretazione

estensiva, non aderente alla lettera della norma.

Anci opera preliminarmente una ricognizione normativa.

È vero che nella disciplina Ici, l’art. 58 del D.lgs. n. 446 del 1997 prevede espressamente

che le agevolazioni previste dall’art. 9 del D.lgs. n. 504 del 1992 siano riservate ai

coltivatori diretti ed imprenditori agricoli persone fisiche iscritti alla previdenza agricola,

ma tale precisazione si è resa necessaria perché l’art. 9 del D.lgs. n. 504 del 1992 faceva

riferimento ai “terreni agricoli posseduti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli che

esplicano la loro attività a titolo principale, purché dai medesimi condotti”, senza null’altro

specificare. Dall’incrocio dei due articoli, ne è risultato pacifico, anche per la

giurisprudenza di legittimità (), che solo le persone fisiche potevano accedere alle

agevolazioni previste per i coltivatori diretti ed imprenditori agricoli professionali.

La normativa Imu nel riscrivere le agevolazioni, a ben vedere, lo ha fatto

“sistematizzando” quanto già previsto nella disciplina Ici da due norme di legge (l’art. 9 del

D.lgs. n. 504 del 1992 e l’art. 58 del D.lgs. n. 446 del 1997), perché il risultato finale è

sempre lo stesso non essendo le società soggetti “iscritti alla previdenza agricola”.

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Pasquale Mirto 103

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Circolare Anci E.R. del 30/05/2016 – Le società agricole

In tema di Imu, l’art. 13 del Dl n. 201 del 2011 prevede, fino al 31

dicembre 2015:

al comma 5, l’utilizzo del moltiplicatore pari a 75 anziché di quello

ordinario di 135 per i terreni agricoli posseduti e condotti dai coltivatori

diretti ed imprenditori agricoli professionali “iscritti nella previdenza

agricola”;

al comma 8-bis, una serie di riduzioni d’imposta sempre riservate ai

coltivatori ed imprenditori “iscritti nella previdenza agricola”.

Dal 2016, l’art. 1, comma 13 della legge n. 208 del 2015 prevede

l’esenzione per i terreni agricoli posseduti e condotti da coltivatori diretti e

dagli imprenditori agricoli professionali “iscritti nella previdenza agricola”.

È poi di palmare evidenza che il requisito dell’iscrizione nella previdenza

agricola deve essere in capo al soggetto passivo Imu. Nel caso di società

tale condizione non si verifica mai, né il requisito dell’iscrizione alla

previdenza agricola può essere surrogato dal fatto che uno o più soci

della società siano tenuti ad essere iscritti alla previdenza agricola.

In altri termini, le condizioni richieste per accedere alle agevolazioni sono

le medesime previste per l’Ici, perché anche nell’Imu le agevolazioni sono

riservate alle sole persone fisiche, le sole che, appunto, possono

soddisfare il requisito “dell’essere iscritto alla previdenza agricola”.

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Pasquale Mirto 104

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Circolare Anci E.R. del 30/05/2016 – Le società di persone

Il Dipartimento delle finanze considera anche il caso di coltivatori diretti, singolarmente iscritti alla

previdenza agricola, che costituiscono una società di persone alla quale concedono in affitto o

comodato il terreno, che però continuano a lavorare direttamente, in qualità di soci. Secondo il

Ministero, in tale ipotesi continuano ad applicarsi le agevolazioni previste per i coltivatori diretti e ciò in

virtù di quanto previsto dall’art. 9 del D.lgs. n. 228 del 2001, il quale dispone che «ai soci delle società

di persone esercenti attività agricole, in possesso della qualifica di coltivatore diretto o di imprenditore

agricolo a titolo principale, continuano ad essere riconosciuti e si applicano i diritti e le agevolazioni

tributarie e creditizie stabiliti dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso delle

predette qualifiche».

Anche in questo caso Anci ritiene che le agevolazioni non spettino perché la società agricola non è

iscritta alla previdenza agricola, qualsiasi sia la sua forma societaria.

Peraltro, nel caso ipotizzato dal Ministero, non è soddisfatto neanche il requisito del “posseduto e

condotto” in capo al soggetto passivo d’imposta, in quanto i terreni sono sì posseduti da un coltivatore

diretto, ma sono condotti da un terzo soggetto, la società di persone. Ai fini Ici/Imu i due soggetti (soci

e società) devono essere mantenuti distinti, come lo sono anche a livello di fisco erariale, visto che

nella dichiarazione dei redditi il reddito agrario è dichiarato dalla società, mentre i soci dichiarano un

“reddito da partecipazione” alla società di persone.

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Pasquale Mirto 105

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Circolare Anci E.R. del 30/05/2016 – Le società di persone

Né a diversa conclusione si perviene leggendo quanto previsto nell’art. 9 del D.lgs. n. 228

del 2001.

Intanto, anche volendo ritenere applicabile tale norma, mancherebbe comunque una delle

condizioni ritenute necessarie dalla normativa Ici/Imu, ovvero la diretta conduzione da

parte di una persona fisica, e questo sia nel caso in cui i terreni siano rimasti in proprietà

dei soci sia nel caso in cui siano conferiti alla società.

Nel primo caso, infatti, non si concretizzerebbe la condizione del “posseduto e condotto”

dal soggetto passivo Ici/Imu coltivatore diretto o imprenditore agricolo a titolo principale,

visto che il terreno è posseduto dal socio (soggetto passivo) e condotto da un terzo

soggetto (società).

Nel secondo caso, di conferimento dei terreni, il soggetto passivo sarebbe la società, che

in quanto tale sarebbe comunque esclusa dalle agevolazioni, in quanto non iscritta alla

previdenza agricola.

Peraltro, volendo accedere ad un’interpretazione estensiva, si permetterebbe una facile

elusione Ici/Imu. Le agevolazioni in questioni sono soggettive e non oggettive, e vanno

riconosciute in ragione della quota di possesso, diversamente si agevolerebbe soggetti

per l’attività svolta da altri. Diversamente ragionando, sarebbe sufficiente che più soggetti

costituiscano una società, pur presentando i requisiti solo un socio. L’intento elusivo

potrebbe essere poi ancor più evidente nel caso in cui il socio imprenditore agricolo

partecipasse al capitale sociale in misura irrisoria, visto che il D.lgs. n. 99 del 2004 non

pone vincoli in tal senso. Se poi la «società» possiede un’area fabbricabile, allora i

benefici ottenibili sono veramente tanti.

3-12 luglio 2017 -

Pasquale Mirto 106

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Circolare Anci E.R. del 30/05/2016 – Le società di persone

Inoltre, secondo Anci, la normativa Imu si pone come norma speciale rispetto al

D.lgs. n. 228 del 2001 e quindi non può essere derogata da questo. Peraltro, l’art. 9

fa riferimento alle agevolazioni stabilite dalla “normativa vigente”, e nel 2001 l’Imu

non era stata ancora istituita. Né si potrebbe ritenere che l’art. 9 sia una sorta di

cambiale in bianco, utilizzabile in eterno per qualsiasi tributo. Al contrario, si deve

ritenere che quanto previsto dall’art. 9 del D.lgs. n. 228 del 2001 non comporti

nessuna deroga al regime Imu, non solo perché la prima è norma di carattere

generale e la seconda è norma di carattere speciale, ma anche perché ben si può

ritenere che la normativa Imu, essendo di pari grado, abbia tacitamente abrogato la

disposizione recata dal D.lgs. n. 228 del 2001 (1). (1) Peraltro, esiste già un precedente per certi versi identico. Il Ministero delle finanze con risoluzione 13

giugno 2007 n. 2 aveva ritenuto che gli immobili posseduti dall’Accademia Nazionale dei Lincei fossero

esenti da Ici in virtù di quanto previsto dal D.lgs. Lgt. n. 359 del 1944, norma questa che disponeva

l’esenzione da ogni imposta o tassa generale o locale presente o futura. Ad avviso del Ministero,

non essendoci alcuna disposizione Ici derogatrice esplicitamente di quanto previsto nell'art. 3 del D.lgs.

Lgt. n. 359 del 1944, gli immobili posseduti dall’Accademia dovevano in ogni caso ritenersi esenti. Di

diverso avviso però la Corte di Cassazione che nella sentenza n. 4888/2013 ha ritenuto quanto segue:

«Il 504/1992, con riguardo alla disciplina del tributo in esame ed in seno ad essa al sistema delle

esenzioni, in quanto dotato della stessa forza di legge del provvedimento con il quale era stata

anteriormente riconosciuta l'esenzione personale in discorso, e pertanto senza che la discrezionalità

legislativa, esercitata nei limiti della ragionevolezza, subisca vincoli, è dunque in grado di abrogare

tacitamente la legge anteriore, per incompatibilità, in relazione all'imposta comunale sugli immobili».

3-12 luglio 2017 -

Pasquale Mirto 107

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La sentenza impugnata ha totalmente obliterato la valutazione delle menzionate sopravvenienze normative,

onde verificare se le modifiche intervenute abbiano inciso sul requisito soggettivo per la fruizione

dell'agevolazione di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 9 , da parte di chi eserciti direttamente l'attività agricola sul

fondo, citando a sostegno del convincimento espresso un precedente di questa Corte (Cass. n. 14145/2009),

non pertinente non solo perchè riferito a fattispecie in cui il beneficio era richiesto da società di capitali, ma

soprattutto perchè reso in controversia relativa ad annualità d'imposta anteriore alle modifiche normative

apportate con i citati D.Lgs. n. 228 del 2001 e D.Lgs. n. 99 del 2004 .

La stessa giurisprudenza di questa Corte, pur non occupandosi ex professo della questione, tenuto conto delle

fattispecie in relazione alle quali era stata chiamata a pronunciarsi, ha evidenziato la necessità della verifica

dell'incidenza delle succitate disposizioni ai fini del godimento dell'agevolazione ICI di cui al combinato disposto

del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. b) e art. 9, da parte di chi svolga l'attività di imprenditore

agricolo professionale, se del caso in forma societaria, purchè in possesso dei requisiti prescritti (cfr. Cass. sez.

6-5, ord. 27 giugno 2014, n. 14738; Cass. sez. 5, 11 marzo 2010, n. 5931).

Consegue anche la manifesta fondatezza del secondo motivo di ricorso, con il quale, per quanto qui rileva, la

ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 99 del 2004, come modificato dal D.Lgs. n. 101

del 2005, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui la decisione impugnata ha osservato,

come concorrente ratio decidendi, che l'unico socio dell'Agricola C. S.n.c. iscritto quale coltivatore diretto ricava i

due terzi circa del proprio reddito da fabbricati, circostanza viceversa ininfluente in relazione al disposto succitato

del D.Lgs. n. 99 del 2004, art. 1 e successive modifiche.

Il ricorso va dunque accolto per manifesta fondatezza, con conseguente rinvio per nuovo esame alla CTR

dell'Umbria in diversa composizione, che valuterà se agli atti la contribuente abbia fornito prova idonea quanto

alla sussistenza del requisito soggettivo per fruire dell'agevolazione, non essendo a ciò di per sè ostativo lo

svolgimento dell'attività agricola da parte di imprenditore agricolo professionale nella forma di società di persone

- purchè sussistano i succitati requisiti di cui al D.Lgs. n. 99 del 2004,art. 1 e successive modifiche.

Ma il requisito dell’iscrizione alla previdenza agricola???????

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto

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Cass. civ. Sez. VI - 5, Ord., 10-01-2017, n. 375

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Circolare Anci E.R. del 30/05/2016 -Terreni in comproprietà

Terreni posseduti da diversi soggetti, uno solo dei quali con la qualifica di

coltivatore diretto o imprenditore agricolo. La problematica, oltre ad aver dato

luogo ad un significativo contenzioso, generato da alcune, poco condivisibili,

pronunce della Corte di Cassazione, ha un significativo impatto economico, non

solo nel caso di comproprietà di un’area fabbricabile, ma anche, a decorrere dal

2016, per il riconoscimento dell’esenzione prevista per i terreni agricoli posseduti e

condotti dai coltivatori professionali.

Il Dipartimento delle finanze ha ritenuto, nella circolare n. 3 del 2012, che le

agevolazioni previste per gli esercenti l’attività agricola si applicano a tutti i

comproprietari dei terreni, inclusi quindi quelli che non svolgono alcuna attività

agricola. Il Ministero trova conforto alla propria tesi con quanto argomentato

dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 15566/2010, che con riferimento ad

un area fabbricabile ha ritenuto che «ricorrendo tali presupposti, il terreno

soggiace all'imposta in relazione al suo valore catastale, dovendosi prescindere

dalla sua obiettiva potenzialità edilizia. La considerazione, in questi casi,

dell'area come terreno agricolo ha quindi carattere oggettivo e, come tale, si

estende a ciascuno dei contitolari dei diritti dominicali. Ciò in quanto la

persistenza della destinazione del fondo a scopo agricolo integra una situazione

incompatibile con la possibilità del suo sfruttamento edilizio e tale

incompatibilità, avendo carattere oggettivo, vale sia per il comproprietario

coltivatore diretto che per gli altri comunisti»

3-12 luglio

2017 -

Pasquale Mirto

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Circolare Anci E.R. del 30/05/2016 -Terreni in comproprietà

Le argomentazioni utilizzate dalla Corte di Cassazione non appaiono convincenti, in

quanto non sembrano tener conto di una lettura sistematica della disciplina di riferimento,

oltre ad essere ancorate a motivazioni fragili, visto che la Corte sembra ritenere che se su

un’area è esercitata attività agricola allora questa non può essere considerata

fabbricabile. Inoltre, sembra ipotizzarsi l’esistenza di una sorta di obbligazione unitaria per

il medesimo oggetto imponibile, come se nell’Ici/Imu non fosse “normale” che lo stesso

oggetto imponibile sia soggetto a modalità d’imposizione diverse, che dipendono dall’uso

che ogni singolo comproprietario fa della propria quota.

Al contrario, tanto nell’Ici come nell’Imu, sono frequenti le ipotesi in cui i comproprietari del

medesimo oggetto imponibile siano chiamati a corrispondere l’imposta in modo diverso.

Si pensi all’ipotesi di un fabbricato posseduto da due soggetti ed utilizzato come

abitazione principale solo da uno. Per il medesimo oggetto imponibile il comproprietario

che lo utilizza come propria abitazione principale sarà esentato da Imu e da Tasi, mentre

l’altro comproprietario sarà assoggettato ordinariamente. Si pensi, a decorrere dal 2016,

al caso di marito e moglie comproprietari di un’abitazione data in comodato al padre del

marito. Per il marito si renderà applicabile, sussistendo tutte le altre condizioni previste

dalla legge, la riduzione del 50 per cento della base imponibile, mentre per la moglie no,

eppure si tratta dello stesso oggetto imponibile.

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Pasquale Mirto 110

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Circolare Anci E.R. del 30/05/2016 -Terreni in comproprietà

Non si comprende quale sia la differenza tra questi casi e quello dell’area fabbricabile

posseduta da più soggetti ma condotta da un solo comproprietario coltivatore, anche

perché, come si è visto supra, le agevolazioni Ici/Imu sono rivolte esclusivamente ad

una ristretta categoria di soggetti esercenti l’attività agricola. In realtà, le agevolazioni

in questione sono tutte soggettive e non oggettive. Diversamente, si concederebbe

un’agevolazione, peraltro di notevole impatto economico in caso di aree fabbricabili, a

soggetti (i non coltivatori) per un’attività posta in essere da un altro soggetto (il

coltivatore). Al contrario, si ritiene che la ratio della norma sia quella di agevolare solo

una determinata categoria di soggetti, ovvero i coltivatori professionali che possiedono

(nei limiti della loro quota di possesso) e conducono i terreni agricoli. Diversamente,

occorrerebbe riconoscere le agevolazioni anche per i terreni dati in affitto ai coltivatori

professionali, perché anche in questo caso vi sarebbe una destinazione ad attività

agricola che (per usare le parole della Corte) determina “una situazione incompatibile

con la possibilità dello sfruttamento edilizio dell'area, avente carattere oggettivo”.

Inoltre, facendo assurgere a principio generale quanto sostenuto dalla Cassazione si

autorizzerebbero facili elusioni della normativa. Sarebbe sufficiente che qualsiasi

titolare di un’area fabbricabile, in attesa di concretizzare la capacità edificatoria,

conceda in usufrutto anche per pochi anni, lo 0,01% dell’area ad un coltivatore

diretto. Anche in questo caso vi sarebbe una situazione di comproprietà con un

coltivatore diretto e l’area fabbricabile sarebbe da assoggettare per intero, seguendo

la tesi dei giudici di legittimità, come terreno agricolo. Il ché è all’evidenza

irragionevole ed ingiustificabile

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Pasquale Mirto 111

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Cassazione sentenze n. 13391 e n. 13392 del 30 giugno 2016 La Corte di Cassazione interviene sul tema delle aree fabbricabili in comproprietà tra

coltivatori diretti e soggetti che non esercitano l’attività agricola, ritenendo che

l’agevolazione spetti solo al coltivatore diretto ed a condizione che questi ricavi

dall’attività agricola la parte prevalente del proprio reddito.

Le sentenze della Cassazione vanno però oltre, riconoscendo, in generale, che le

agevolazioni spettano solo al coltivatore diretto che ricava dall’attività agricola la

maggior parte del proprio reddito. Non sarebbe, quindi, sufficiente il possesso della

qualifica di coltivatore diretto e l’iscrizione alla previdenza agricola. Tale conclusione è

supportata da un precedente specifico della Corte Costituzionale (ordinanza n. 336

del 2003) che nello scrutinare la legittimità costituzionale dell’art. 58 del D.lgs. n.

446/1997, che non riconosceva alcuna agevolazione per il pensionato agricolo, ha

ritenuto legittimo non riconoscere l’agevolazione a chi non trae “dal lavoro agricolo la

loro esclusiva fonte di reddito”. Principio questo che era stato già recepito anche da

Cassazione n. 12565/2010

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Pasquale Mirto 112

Page 113: Presentazione di PowerPoint...e 3-ter, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, delle società da esse partecipate”. L’art. 1, comma 3 della legge 196 del 2009 del definire

Cassazione sentenze n. 13391 e n. 13392 del 30 giugno 2016 Queste sentenze hanno delle potenzialità enormi

perché permettono di intercettare fenomeni evasi/elusivi frequenti:

a) Pensionato agricolo che continua ad essere iscritto;

b) Iscritto CD per il quale l’attività agricola non è quella prevalente o comunque non rappresenta la fonte prevalente di reddito

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Pasquale Mirto 113

Page 114: Presentazione di PowerPoint...e 3-ter, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, delle società da esse partecipate”. L’art. 1, comma 3 della legge 196 del 2009 del definire

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 14135 del 7 giugno 2017, conferma che non spettano le

agevolazioni Ici/Imu ai soggetti che non ritraggono dall’attività agricola la parte prevalente del

proprio reddito.

Si sta quindi consolidando l’orientamento inizialmente tracciato dalla Corte Costituzionale con l’ordinanza

n. 336 del 2003, e poi fatto proprio dalla Cassazione con le sentenze n. 12565/2010 e n. 9601/2012, ed

ulteriormente confermato l’anno scorso con le sentenze n. 13391 e n. 13392 del 30 giugno 2016.

Nella sentenza in commento la Corte rileva che la finzione giuridica prevista dall’art. 2 del D.lgs. n.

504/1992, applicabile anche all’Imu, in base alla quale non si considerano edificabili i terreni posseduti e

condotti da coltivatori diretti ed imprenditori agricoli professionali, richiede l’iscrizione alla previdenza

agricola, il possesso e la conduzione diretta del terreno. A questi occorre aggiungere anche il

“carattere principale di tali attività rispetto ad altre fonti di reddito”.

Secondo la Cassazione “La ratio della disposizione agevolativa è quello di incentivare la coltivazione

della terra e di alleggerire del carico tributario quei soggetti che ritraggono dal lavoro della terra la loro

esclusiva fonte di reddito, così come richiamato dalla ordinanza della Corte Costituzionale n. 87/2005 (in

termini anche ordinanza Corte Cost. n. 336/2003)”. In queste ordinanze la Corte Costituzionale ha

rilevato che "la giustificazione dell'agevolazione fiscale di cui si tratta risiede evidentemente in un intento

di incentivazione dell'attività agricola, connesso alla finalità di razionale sfruttamento del suolo cui fa

riferimento l'art. 44 della Costituzione, e in relazione alla suddetta ratio incentivante non appare

manifestamente irragionevole che da tale beneficio siano esclusi coloro che - nel fatto di godere di

trattamenti pensionistici all'evidenza non traggono dal lavoro agricolo la loro esclusiva fonte di reddito".

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto

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Nessuna agevolazione pensionato agricolo

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Sulla base di questi principi la Cassazione ha negato l’agevolazione Ici al soggetto pensionato,

indipendentemente che questi, per libera scelta, continui a versare i contributi volontari in

costanza di trattamento pensionistico.

Se la sentenza è chiara e confermativa di quanto già statuito in passato, oltre che condivisibile, la

stessa si incastra poco nel quadro giurisprudenziale di legittimità che si è occupato della

medesima agevolazione.

In particolare, ci si riferisce a quelle sentenze di Cassazione che hanno ritenuto estendibile al

comproprietario non coltivatore le medesime agevolazione spettanti al comproprietario che

possiede tutti i requisiti prescritti. Infatti, se da un lato le sentenze nn. 13391 e 13392 del 2016

autorizzavano a non estendere le agevolazioni, dall’altro lato la medesima Cassazione aveva

ritenuto, con la sentenza n. 15566/2010, che la persistenza della destinazione del fondo ad attività

agricola fosse incompatibile con lo sfruttamento edilizio. Motivazione, all’evidenza molto fragile,

perché nell’Ici e nell’Imu è normale che lo stesso oggetto imponibile sia imponibile per un

comproprietario ed esente per un altro (come nel caso dell’abitazione principale utilizzata come

tale solo da un comproprietario). Ed inoltre, l’utilizzo agricolo non si realizza anche per il terreno

dato in affitto a coltivatore?

Peraltro, appare irragionevole – e da qui il quadro confuso delineato finora dalla

Cassazione – concedere l’agevolazione al comproprietario che non conduce direttamente il

fondo, ma negarla in caso di comproprietario coadiuvante agricolo (Cass. nn.12422 e 12423

del 2017) o di comproprietario pensionato agricolo. Anche per il comproprietario non

coltivatore deve vale lo stesso principio enunciato nella sentenza in commento, perché solo in

questo modo si valorizza la capacità contributiva derivante dal possesso di un’area fabbricabile.

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto

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Nessuna agevolazione pensionato agricolo

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Le aree pertinenziali

Sulle aree pertinenziali si registrano ultimamente diverse pronunce. Vi sono alcune

sentenze che sembrano discostarsi dai principi di diritto enunciati in passato (Cass

1391/2016) ed altre che sembrano confermarle.

Di recente la Corte (Cass. n. 6139/2016) sembra aver fatto il punto, confermando

l’orientamento in base al quale l’area fabbricabile pertinenziale è soggetta

autonomamente ad imposta se risulta accatastata in modo autonomo al Catasto

terreni, indipendentemente dal fatto che sia utilizzata a giardino, e ciò perché solo

l’accatastamento unitario all’abitazione assicura che il valore dell’area sia incluso nella

rendita del fabbricato. Inoltre, la Cassazione ha ripetutamente detto che l’area

pertinenziale deve essere oggetto di esplicita dichiarazione da parte del contribuente

(peraltro, non emendabile in sede contenziosa).

Per quanto riguarda la giurisprudenza di merito più recente si veda la CTR dell’Emilia

Romagna, sentenza n. 1844/12/2016 del 4 luglio 2016, in linea con la più recente

giurisprudenza di legittimità.

La giurisprudenza di legittimità è comunque abbastata fumosa e non omogenea, in

quanto:

Cassazione 18470 del 21/9/2016 afferma che l’area pertinenziale è quella

così di fatto utilizzato, indipendentemente dall’intervenuto accatastamento

unitario ed indipendentemente dalla dichiarazione

Cass 9790 del 19.04.2017 – ritorna sulla necessità della preventiva

dichiarazione

Cass 713 del 13.01.2017 – si occupa dell’area fabbricabile pertinenziale di

un opificio abbondonato, ritenendola soggetta

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto

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Page 117: Presentazione di PowerPoint...e 3-ter, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, delle società da esse partecipate”. L’art. 1, comma 3 della legge 196 del 2009 del definire

Area a verde pubblico attrezzato La Corte di Cassazione, con la sentenza 23 novembre 2016, n. 23814, prende finalmente atto dell’esistenza

di un contrasto, anche se la questione non viene rimessa alle sezioni unite.

•Oggetto del contendere era un’area destinata a zona F- verde pubblico attrezzato e ad avviso del

contribuente le aree sulle quali si possono edificare attrezzature e impianti di interesse pubblico non sono

assoggettabili ad Ici. Di diverso avviso la Corte, secondo la quale la nozione di edificabilità utilizzata dal

legislatore Ici “non si identifica e non si esaurisce in quella di edilizia abitativa”.

•Secondo la Corte va “motivatamente disatteso” il diverso orientamento espresso da Cass. n. 25672/2008 e

n. 5992/2015 (e diverse altre), secondo il quale le aree sottoposte dal piano regolatore generale a un vincolo

di destinazione che preclude ai privati tutte quelle trasformazioni del suolo che sono riconducibili alla nozione

tecnica di edificazione, non possono essere qualificate come fabbricabili, ai sensi della normativa Ici. Queste

pronunce, infatti, non tengono conto che la normativa Ici prevedendo che un terreno è qualificabile

fiscalmente edificatorio sia quanto l’edificabilità risulti dagli strumenti generale o attuativi (edificabilità legale),

sia quanto esistano possibilità effettive di edificazione (edificabilità di fatto) delinea una nozione di area

edificabile che valorizza la mera potenzialità edificatoria. L’edificabilità, pertanto non può essere esclusa dalla

previsione urbanistica di vincoli, “giacché tali limiti, incidendo sulle facoltà dominicali connesse alla possibilità

di trasformazione urbanistico edilizia del suolo medesimo, ne presuppongono la vocazione edificatoria”, fermo

restando che la presenza di suddetti limiti incidono sulla concreta valutazione del valore, e quindi sulla base

imponibile Ici.

•In altri termini, si ritiene che la normativa Ici laddove considera imponibile “l’area utilizzabile a scopo

edificatorio” valorizzi tutte le forme di edificazione, sia quelle direttamente realizzabili dal privato,

come l’edilizia residenziale, sia quelle di carattere pubblico.

•Quello che rileva, quindi, è la mera previsione dell’esistenza, seppur minima, di un indice di edificabilità.

•Conseguentemente, un’area a verde pubblico, destinata alla costruzione di un parco, senza alcuna

previsione di edificabilità, neanche di interesse pubblico, è area con vincolo d’inedificabilità assoluta che va

sottratta al regime di imposizione delle aree fabbricabili, mentre la presenza di un indice di edificabilità, e

quindi la possibilità di edificare, comporta l’assoggettamento come area fabbricabile, seppur con

valorizzazione della base imponibile che tenga adeguatamente conto dei vincoli di edificazione.

3-12 luglio 2017 -

Pasquale Mirto 117

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Edificabilità di fatto e costruzioni in zona agricola

•La Corte di Cassazione, con sentenza n. 23026 dell’11 novembre, ha affrontato il

problema della natura dei terreni, che pur non qualificati come edificabili dallo strumento

urbanistico, consentono comunque un intervento edilizio. La sentenza, invero, riguarda,

l’imposta di registro, ma è direttamente applicabile all’Ici ed all’Imu, non solo per

l’espresso richiamo alle imposte comunali presente nella stessa, ma anche perché la

definizione di area fabbricabile è la stessa sia ai fini dei tributi locali che di quelli erariali,

giusta la previsione di cui all’art. 36 del Dl n. 223/2006.

•Secondo la Cassazione ai fini dell’imposizione occorre considerare che l’area

fabbricabile costituisce un genere articolato nelle due specie dell’area edificabile di

diritto, ovvero quella così qualificata dalla strumento urbanistico comunale, e dell’area

edificabile di fatto, “vale a dire del terreno che, pur non essendo urbanisticamente

qualificato, può nondimeno avere una vocazione edificatoria di fatto in quanto sia

potenzialmente edificatorio anche al di fuori di una previsione programmatica”.

•Secondo la Corte, poi, l’edificabilità di fatto è rilevante giuridicamente in quanto è presa

in considerazione sia dalla normativa Ici sia dai criteri di determinazione dell’indennità di

espropriazione.

•Si tratta di precisazioni che permettono di risolvere alcun problemi applicativi Ici/Imu

che si verificano nel caso di edificazione in zona agricola, e che possono riguardare

tanto i fabbricati rurali tanto i fabbricati collabenti, accatastati in categoria F/2.

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto

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Edificabilità di fatto e costruzioni in zona agricola

•Per quanto riguarda i fabbricati rurali in corso di costruzione esiste già

giurisprudenza di merito che ha ritenuto soggetta ad imposizione l’area

necessaria all’edificazione (CTR Emilia Romagna, sentenza n. 130/07/2006). In

questo caso, l’assoggettamento può essere ancorato sia alla nozione di

edificabilità di fatto sia, e comunque, alla normativa specifica Ici/Imu che

comunque attrae espressamente ad imposizione l’area sulla quale c’è

comunque un intervento edilizio, anche in deroga alle previsioni dello strumento

urbanistico comunale (art. 5, comma 6, D.lgs. n. 504/1992).

•Analoghe considerazioni devono essere fatte per i fabbricati collabenti, ovvero

quei fabbricati pericolanti o diroccati, non utilizzabili, improduttivi di reddito e per

questo accatastati in categoria F/2, senza rendita catastale.

•In realtà, tali fabbricati sono assoggettabili ad Ici/Imu come area fabbricabile,

nella misura in cui lo strumento urbanistico comunale ne prevede il loro

recupero, di norma nel limite della cubatura esistente.

•L’assoggettamento come area fabbricabile, anche se collocati in zona

agricola, deriva dal fatto che lo strumento urbanistico ne prevede il loro

recupero, si tratta quindi di edificabilità di diritto. Ma, anche volendo

ritenere determinante la loro collocazione in zona agricola, in base ai

principi di diritto enunciati da Cassazione n. 23026/2016, si deve

confermare il loro assoggettamento in quanto area fabbricabile di fatto.

3-12 luglio 2017 -

Pasquale Mirto 119

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La motivazione degli atti di accertamento sulle aree: Cass 564/2017

•Al riguardo, inoltre, questa Corte ha già avuto modo di affermare (Cass. 5, civ. n. 25153 in data

08/11/2013) che, in tema di accertamento tributario, la motivazione di un avviso di rettifica e di

liquidazione ha la funzione di delimitare l'ambito delle ragioni adducibili dall'ufficio nell'eventuale

successiva fase contenziosa, consentendo al contribuente l'esercizio del diritto di difesa.

•Ne consegue che, fermo restando l'onere della prova gravante sull'Amministrazione, è

sufficiente che la motivazione contenga l'enunciazione dei criteri astratti, in base ai quali è

stato determinato il maggior valore, senza necessità di esplicitare gli elementi di fatto utilizzati

per l'applicazione di essi, in quanto il contribuente, conosciuto il criterio di valutazione adottato,

è già in condizione di contestare e documentare l'infondatezza della pretesa erariale, senza

poter invocare la violazione, ai sensi del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 52, comma 2 bis, del

dovere di allegazione delle informazioni date dal contribuente, ove il contenuto essenziale degli

atti sia stato riprodotto sull'avviso di accertamento (in senso non difforme v. del resto anche

Cass. Sez. 5, n. 7231 del 12/05/2003, richiamata dalle stesse ricorrenti, secondo cui, in tema di

imposta di registro e di INVIM, l'obbligo di motivazione dell'avviso di accertamento di maggior

valore mira a delimitare l'ambito delle ragioni adducibili dall'Ufficio nell'eventuale successiva

fase contenziosa ed a consentire al contribuente l'esercizio del diritto di difesa. Al

conseguimento di tali finalità è necessario e sufficiente, pertanto, che l'avviso enunci il criterio

astratto in base al quale è stato rilevato il maggior valore, con le specificazioni che si rendano in

concreto necessarie per il raggiungimento di detti obiettivi, essendo riservato alla eventuale

sede contenziosa l'onere dell'Ufficio di provare nel contraddittorio con il contribuente gli elementi

di fatto giustificativi della propria pretesa nel quadro del parametro prescelto e la facoltà del

contribuente di dimostrare l'infondatezza della stessa anche in base a criteri non utilizzati per

l'accertamento. Conforme tra le altre Cass. n. 12774 del 2001).

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto

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«In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), ai fini della determinazione del valore

imponibile è indispensabile che la misura del valore venale in comune commercio sia

ricavata in base ai parametri vincolanti previsti dall'art. 5, comma 5, del d.lgs. 31

dicembre 1992, n. 504, che, per le aree fabbricabili, devono avere riguardo alla zona

territoriale di ubicazione, all'indice di edificabilità, alla destinazione d'uso consentita, agli

oneri per gli eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione, ai

prezzi medi rilevati sul mercato della vendita di aree aventi analoghe caratteristiche;

pertanto, poiché tali criteri normativamente determinati devono considerarsi

tassativi, il giudice di merito, investito della questione del valore attribuito ad un'area

fabbricabile, non può esimersi dal verificarne la corrispondenza, tenuto conto dell'anno di

imposizione, ai predetti parametri, con una valutazione incensurabile in sede di

legittimità, qualora congruamente motivata» (Cass. n. 14385 del 2010), senza che

assuma alcun rilievo il prezzo indicato nella compravendita, il quale non rientra tra

i parametri di cui all'art. 5 citato» (Cass. n. 7297 del 2012) ed essendo ben possibile

che il prezzo di aggiudicazione in sede di asta sconti ribassi correlati alla

necessità di vendere, così da non costituire base sufficiente per esprimere

l'effettivo valore del bene che ne costituisce oggetto

;

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto

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Cass. 12273 del 17/5/2017 – valore venale area

fabbricabile-Irrilevante prezzo asta

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«Appare quindi evidente che venga invocata l'applicazione di una norma

sopravvenuta rispetto alle variazioni della natura agricola del terreno,

occorrendo ritenere che la disposizione introdotta nel 2002 concerna le sole

variazioni intervenute in epoca successiva.

Ma a tale considerazione va poi aggiunta quella ancor più dirimente,

rappresentata dal fatto che secondo la giurisprudenza di questa Corte

(cfr. Cass. n. 15558/2009) la violazione dell'art. 31, comma 20, della legge

27 dicembre 2002, n. 289, non essendone specificamente sanzionata

l'inosservanza, non determina la nullità ove non risulti in concreto

pregiudicata la difesa del contribuente»

Circolare 3/2012 aveva ritenuto legittima la disapplicazione delle sanzioni

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Cass 12308 del 17.05.2017 - Sulla mancata comunicazione di

intervenuta edificabilità e sul suo effetto

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Immobile accatastato in F/3

D. Possiedo un immobile accatastato in F/3, senza rendita. Ritengo che non sia

dovuta l’Imu né come fabbricato, non essendoci una rendita, né come area

fabbricabile, per quanto letto in alcune sentenze. È corretto?

R. Al quesito formulato dal lettore ha risposto di recente la Corte di Cassazione,

con sentenza 11 maggio 2017, n. 11694. In tale sentenza la Corte ha enunciato

questo principio di diritto: «in tema di imposta comunale sugli immobili,

l'accatastamento di un nuovo fabbricato nella categoria fittizia delle unità in

corso di costruzione non è presupposto sufficiente per l'assoggettamento ad

imposta del fabbricato stesso, salva la tassazione dell'area edificatoria e la

verifica sulla pertinenza del classamento».

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Il fabbricato accatastato in F/3

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La Corte di Cassazione, con sentenza n. 14410 del 9 giugno 2017, interviene per la prima volta sulle modalità di assoggettamento ad Ici/Imu

delle cave, ritenendo che queste siano da assoggettare come area fabbricabile.

La decisione è di rilevante interesse, anche perché sulle modalità di assoggettamento delle cave si era già espressa l’ex Agenzia del territorio,

ritenendo che queste siano da considerare come un fabbricato.

Ma partiamo dal caso scrutinato dai giudici di Piazza Cavour. Il Comune impositore aveva accertato la cava alla stregua di un’area fabbricabile,

considerato che questa era inserita come tale nell’ambito degli strumenti urbanistici comunali, i quali prevedevano un pur minimo indice di

edificabilità, anche se limitato all’edificazione di costruzioni strumentali all’attività estrattiva.

Ad avviso del contribuente, invece, l’area in questione non andava qualificata né come terreno agricolo né come area fabbricabile, ed era

quindi da ritenersi esclusa dal campo di applicazione dell’Ici. In subordine, comunque, veniva chiesta la determinazione della base imponibile

considerando il reddito dominicale del terreno.

La Corte, partendo dalla considerazione che l’attività estrattiva è attività industriale e non agricola, ha escluso la possibilità di valorizzarla come

terreno agricolo ed ha, invece, valorizzato la suscettibilità edificatoria, seppur, come detto, limitata alla realizzazione di fabbricati strumentali.

Occorre però rilevare che in molte realtà territoriali le cave risultano invece accatastate in categoria D/1, anche se avverso gli accatastamenti,

di norma sollecitati dai Comuni attraverso il ricorso alla procedura di cui al comma 336 della legge n. 311/2004, pendono ancora oggi diversi

ricorsi.

L’Agenzia del territorio è intervenuta sull’argomento con la nota prot. 75779 del 4 novembre 2008. L’Agenzia parte, anch’essa, dalla

considerazione che l’attività estrattiva è attività industriale, così come anche ritenuto dalla Corte Costituzionale nell’ordinanza n. 285/2000. Poi

precisa che la circostanza che l’art. 18, del R.D. 8 ottobre 1931, n. 1572, esclude dalla stima fondiaria «le miniere, le cave, le saline ed i laghi e

stagni da pesca, con la superficie stabilmente occupata per la relativa industria, e le tonnare», comporta che le cave non debbano essere

iscritte al catasto terreni, ma al catasto fabbricati. E l’obbligo di accatastamento deriva dall’art. 2 del D.M. n. 28/1998, il quale precisa che l'unità

immobiliare è costituita da una porzione di fabbricato, o da un fabbricato, o da un insieme di fabbricati ovvero da “un'area”, che, nello stato in

cui si trova e secondo l'uso locale, presenta potenzialità di autonomia funzionale e reddituale. Ed è evidente che la cava rappresenta un’area

dotata di autonomia funzionale e reddituale.

Volendo coniugare le due soluzioni illustrate, si può ritenere che dall’adozione degli strumenti urbanistici che

individuano la zona del territorio destinata ad attività estrattiva, l’area deve essere attratta ad imposizione come area

fabbricabile, mentre dalla data di attivazione della cava, questa deve essere assoggettata come fabbricato. Infatti, occorre

anche ricordarsi che è ormai pacifico nella giurisprudenza di legittimità che il dato catastale è dato vincolante tanto per il Comune

tanto per il contribuente (Cassazione, sez. un., sentenza n. 18565/2009).

Ovviamente se il contribuente non ha presentato alcun Docfa e l’Agenzia delle entrate non è intervenuta d’ufficio con

l’accatastamento, il Comune sarà legittimato ad attrarre ad imposizione la cava in attività come area fabbricabile

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Le cave pagano IMU come area fabbricabile

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ENTI NON COMMERCIALI

•Art. 91-bis DL 1/2012: integra la lett. i) dell’art. 7 d.lgs. 504/92 prevedendo lo svolgimento delle attività “con modalità non commerciali“; abrogato il comma 2-bis dell’art. 7 del DL 203/2005 che disponeva l’applicabilità dell’esenzione “a prescindere dalla natura eventualmente commerciale dell’attività” e “che non abbiano esclusivamente natura commerciale” (art. 39 L. 248/06) •Viene introdotto il caso di utilizzo promiscuo dell’immobile con l’individuazione della quota commerciale (la sola sottoposta ad imposizione): 1) iscrizione in catasto della parte commerciale (qualora la stessa presenti autonomia funzionale e reddituale); si applicano le disposizioni del d.l. 262/06: c.d. spezzatino catastale; 2) nei casi in cui non è possibile applicare il d.l. 262/06, l’esenzione dall’IMU si applica, sempre a partire dal 1° gennaio 2013, in proporzione all’utilizzazione non commerciale dell’immobile (tre parametri: superficie, numero frequentatori, tempo), come da dichiarazione del contribuente ( rinvio a decreto del MEF)

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Dm 200/2012

•Il D.M. n. 200/2013 definisce i criteri generali e di settore per poter accedere all'esenzione di cui alla

lett. i) dell' art. 7 del D.Lgs. n. 504/1992 . A distanza di vent'anni dall'entrata in vigore della normativa ICI

vengono fornite le definizioni dei soggetti e delle attività meritevoli di esenzione:

•- enti non commerciali: gli enti pubblici e privati diversi dalle società di cui all' art. 73 , co. 1, lett. c),

del TUIR , che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale;

•- oggetto esclusivo o principale: per oggetto esclusivo si intende quello determinato in base alla

legge, all'atto costitutivo o allo statuto, se esistenti in forma di atto pubblico o di scrittura privata

autenticata o registrata; per oggetto principale si intende l'attività essenziale per realizzare direttamente

gli scopi primari indicati dalla legge, dall'atto costitutivo o dallo statuto; in mancanza dell'atto costitutivo

o dello statuto nelle predette forme, l'oggetto principale dell'ente stesso è determinato in base all'attività

effettivamente esercitata nel territorio dello Stato

•- attività assistenziali: attività riconducibili a quelle di cui all' art. 128 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112

, relative alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti ed a pagamento, o di prestazioni

economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno e di difficoltà che la persona

umana incontra nel corso della sua vita, escluse soltanto quelle assicurate dal sistema previdenziale e

da quello sanitario, nonché quelle assicurate in sede di amministrazione della giustizia;

•- attività previdenziali: attività strettamente funzionali e inerenti all'erogazione di prestazioni

previdenziali e assistenziali obbligatorie;

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Dm 200

•- attività sanitarie: attività dirette ad assicurare i livelli essenziali di assistenza definiti dal Decreto del Presidente del

Consiglio dei ministri 29 novembre 2001 ;

•- attività didattiche: attività dirette all'istruzione e alla formazione ai sensi della Legge 28 marzo 2003, n. 53 ;

•- attività ricettive: attività che prevedono l'accessibilità limitata ai destinatari propri delle attività istituzionali e la

discontinuità nell'apertura nonché, relativamente alla ricettività sociale, quelle dirette a garantire l'esigenza di

sistemazioni abitative anche temporanee per bisogni speciali, ovvero svolte nei confronti di persone svantaggiate in

ragione di condizioni fisiche, psichiche, economiche, sociali o familiari, escluse in ogni caso le attività svolte in strutture

alberghiere e paralberghiere di cui all' art. 9 del D.Lgs. 23 maggio 2011, n. 79 ;

•- attività culturali: attività rivolte a formare e diffondere espressioni della cultura e dell'arte;

•- attività ricreative: attività dirette all'animazione del tempo libero;

•- attività sportive: attività rientranti nelle discipline riconosciute dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) svolte

dalle associazioni sportive e dalle relative sezioni non aventi scopo di lucro, affiliate alle federazioni sportive nazionali o

agli enti nazionali di promozione sportiva riconosciuti ai sensi dell' art. 90 della Legge 27 dicembre 2002, n. 289 ;

•- attività di cui all' art. 16 , lett. a), della Legge 20 maggio 1985, n. 222 : attività dirette all'esercizio del culto e alla

cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all'educazione cristiana

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Requisiti generali per lo svolgimento con modalità non

commerciali delle attività istituzionali

• 1. Le attivita' istituzionali sono svolte con modalita' non commerciali quando l'atto

costitutivo o lo statuto dell'ente non commerciale prevedono:

• a) il divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili e avanzi di gestione nonche'

fondi, riserve o capitale durante la vita dell'ente, in favore di amministratori, soci,

partecipanti, lavoratori o collaboratori, a meno che la destinazione o la

distribuzione non siano imposte per legge, ovvero siano effettuate a favore di enti che

per legge, statuto o regolamento, fanno parte della medesima e unitaria struttura e

svolgono la stessa attivita' ovvero altre attivita' istituzionali direttamente e

specificamente previste dalla normativa vigente;

• b) l'obbligo di reinvestire gli eventuali utili e avanzi di gestione esclusivamente

per lo sviluppo delle attivita' funzionali al perseguimento dello scopo istituzionale di

solidarieta' sociale;

• c) l'obbligo di devolvere il patrimonio dell'ente non commerciale in caso di suo

scioglimento per qualunque causa, ad altro ente non commerciale che svolga

un'analoga attivita' istituzionale, salvo diversa destinazione imposta dalla legge.

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Requisiti specifici

•- lo svolgimento di attività assistenziali e attività sanitarie si ritiene effettuato con

modalità non commerciali quando le stesse:

•a) sono accreditate e contrattualizzate o convenzionate con lo Stato, le regioni e

gli enti locali e sono svolte, in ciascun ambito territoriale e secondo la normativa ivi

vigente, in maniera complementare o integrativa rispetto al servizio pubblico, e prestano

a favore dell'utenza, alle condizioni previste dal diritto dell'Unione Europea e nazionale,

servizi sanitari e assistenziali gratuiti, salvo eventuali importi di partecipazione alla spesa

previsti dall'ordinamento per la copertura del servizio universale;

•b) se non accreditate e contrattualizzate o convenzionate con lo Stato, le regioni e

gli enti locali, sono svolte a titolo gratuito ovvero dietro versamento di corrispettivi di

importo simbolico e, comunque, non superiore alla metà dei corrispettivi medi

previsti per analoghe attività svolte con modalità concorrenziali nello stesso

ambito territoriale, tenuto anche conto dell'assenza di relazione con il costo effettivo del

servizio;

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto 129

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Requisiti specifici

•- lo svolgimento di attività didattiche si ritiene effettuato con modalità non commerciali se:

•a) l'attività è paritaria rispetto a quella statale e la scuola adotta un regolamento che garantisce la non discriminazione in fase di accettazione degli alunni;

• b) sono comunque osservati gli obblighi di accoglienza di alunni portatori di handicap, di applicazione della contrattazione collettiva al personale docente e non docente, di adeguatezza delle strutture agli standard previsti, di pubblicità del bilancio;

•c) l'attività è svolta a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e tali da coprire solamente una frazione del costo effettivo del servizio, tenuto anche conto dell'assenza di relazione con lo stesso;

3-12 luglio 2017 -

Pasquale Mirto 130

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Requisiti specifici

•- lo svolgimento di attività ricettive si ritiene effettuato con modalità non commerciali se le

stesse sono svolte a titolo gratuito ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo

simbolico e, comunque, non superiore alla metà dei corrispettivi medi previsti per

analoghe attività svolte con modalità concorrenziali nello stesso ambito territoriale,

tenuto anche conto dell'assenza di relazione con il costo effettivo del servizio;

•- lo svolgimento di attività culturali e attività ricreative si ritiene effettuato con modalità non

commerciali se le stesse sono svolte a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di un

corrispettivo simbolico e, comunque, non superiore alla metà dei corrispettivi medi previsti per

analoghe attività svolte con modalità concorrenziali nello stesso ambito territoriale, tenuto

anche conto dell'assenza di relazione con il costo effettivo del servizio.

•- lo svolgimento di attività sportive si ritiene effettuato con modalità non commerciali se le

medesime attività sono svolte a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di un corrispettivo

simbolico e, comunque, non superiore alla metà dei corrispettivi medi previsti per analoghe

attività svolte con modalità concorrenziali nello stesso ambito territoriale, tenuto anche conto

dell'assenza di relazione con il costo effettivo del servizio.

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto 131

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Utilizzo misto •Il rapporto proporzionale tra superficie esente e superficie soggetta ad IMU, da dichiarare con

apposita dichiarazione ancora non approvata, è determinato con riferimento allo spazio, al numero

dei soggetti nei confronti dei quali vengono svolte le attività con modalità commerciali ovvero non

commerciali e al tempo impiegato, secondo i seguenti criteri:

•- per le unità immobiliari destinate ad un'utilizzazione mista, la proporzione tra superficie esente e

superficie assoggettata è prioritariamente determinata in base alla superficie destinata allo

svolgimento delle attività diverse da quelle previste dall' art. 7 , co. 1, lett. i), del D.Lgs. n. 504/1992 ,

e delle attività di cui alla citata lett. i), svolte con modalità commerciali, rapportata alla superficie totale

dell'immobile

•- per le unità immobiliari che sono indistintamente oggetto di un'utilizzazione mista, la proporzione è

determinata in base al numero dei soggetti nei confronti dei quali le attività sono svolte con

modalità commerciali, rapportato al numero complessivo dei soggetti nei confronti dei quali è svolta

l'attività

•- nel caso in cui l'utilizzazione mista è effettuata limitatamente a specifici periodi dell'anno, la

proporzione è determinata in base ai giorni durante i quali l'immobile è utilizzato per lo svolgimento

delle attività diverse da quelle previste dall' art. 7 , c. 1, lett. i), del D.Lgs. n. 504/1992 , ovvero delle

attività di cui alla citata lett. i) svolte con modalità commerciali.

•Le percentuali determinate in base ai rapporti che risultano dall'applicazione dei criteri sopra

descritti, indicate per ciascun immobile nella dichiarazione da presentare, si applicano alla rendita

catastale dell'immobile in modo da ottenere la base imponibile da utilizzare ai fini della

determinazione dell'IMU dovuta.

•Con D.M. 26 giugno 2014 è stato approvato il modello di dichiarazione dell'IMU e della TASI per gli

enti non commerciali, con le relative istruzioni.

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto 132

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ENTI NON COMMERCIALI - DICHIARAZIONE

DICHIARAZIONE: decreto approvato il 26/6/2014 (in G.U. il 4/7/2014)

Unica dichiarazione per IMU e TASI

Termine di presentazione “a regime”: 30 giugno dell’anno successivo a quello in cui il possesso ha avuto inizio o sono intervenute variazioni rilevanti ai fini dell’imposta

La dichiarazione relativa agli anni 2012 e 2013 deve essere presentata entro il 30 settembre 2014

Istruzioni alla compilazione della dichiarazione: è una mega circolare, che conferma precedente posizioni del MEF (come la 4/2013 sugli immobili in comodato e la 3/2013 sulla natura ordinatoria del termine per adeguare l’atto costituito ai nuovi requisiti del Dm 200/2012) non condivisibili

Sono previsti criteri allo stesso tempo più blandi e più rigidi rispetto alle indicazioni della Commissione Europea e al Dm 200/2012, come per le attività didattiche (“costo medio per studente”) e per le attività ricettive (costrette a pagare l’IMU anche se praticano tariffe bassissime)

Appare evidente l’obiettivo di rafforzarne il valore normativo, trattandosi di indicazioni contenute in un decreto, ma così si corre il rischio di violare le prescrizioni fornite dalla UE.

Difficoltà di controllo da parte dei comuni, per via di parametri piuttosto aleatori e per il rinvio dei termini di adeguamento degli statuti ai requisiti generali previsti dal Dm 200/2012

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IMU: ENTI NON COMMERCIALI

ERRORI DI CALCOLO nella determinazione della percentuale di imponibilità per la parte utilizzata con modalità non commerciali

Se una sala di un centro di aggregazione viene utilizzata per attività commerciali per il 40% dello spazio, per il 40% del tempo e dal 40% dei frequentatori, la percentuale di imponibilità è del 120% (il quadro B del modello di dichiarazione prevede la somma dei tre valori anziché il prodotto cioè il 6,4%)

Nelle istruzioni non si considera l’ipotesi in cui il fabbricato venga utilizzato contemporaneamente per più attività, per esempio con un ostello (attività ricettiva) e un bar (attività ricreativa)

DM 4/8/2014: modalità di trasmissione telematica (contiene le specifiche tecniche necessarie per l’invio); composto da 3 soli articoli, conferma il criterio della somma (e non del prodotto) dei tre parametri, con possibile percentuale di imponibilità “superiore al 100%” (!): in tal caso l’immobile va dichiarato nel quadro A (totalmente imponibile)

DM 23/9/2014: proroga il termine di presentazione della dichiarazione al 1° dicembre 2014, per via delle difficoltà di utilizzo del canale Entratel

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto 134

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IMU-TASI - SCUOLE PARITARIE

Scuole paritarie: Cass. 14225-14226 del 8/7/2015 – pagano l’Ici le scuole gestite da istituti ecclesiastici; ne è

seguita una polemica (Cei, sottosegr. Mef, pres. Cass., ministro Econ.) chiarimento definitivo entro settembre

2015 (che non c’è più stato); le sentenze riguardano l’Ici ma possono riflettersi sull’applicazione dell’Imu

Sentenza che in linea con la giurisprudenza di legittimità consolidata, ritengono che il la richiesta di pagamento di

una retta equivalga allo svolgimento di un’attività commerciale.

•Il criterio del costo medio per alunno del Miur, è un’invenzione ministeriale che esula dallo svolgimento a titolo

gratuito previsto dal Dm 200 e apertamente contrario alle indicazioni fornite dalla Commissione E. (l'attività è

svolta a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e tali da coprire

solamente una frazione del costo effettivo del servizio, tenuto anche conto dell'assenza di relazione con lo

stesso)- Agganciare le tariffe al costo medio creare «una relazione» che da sola viola la norma.

•Comunque per le scuole ecclesiastiche esiste il problema della previsione che un regolamento deve prevedere la

devoluzione del patrimonio ad altri enti aventi la stessa finalità. Si tratta di un requisito generale di settore senza il

quale l’attività comunque non può essere considerata commerciale.

•Sembra che nessuna parrocchia abbia adottato tale regolamento, per problemi con il diritto canonico

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Comodati tra ENC – un po’ di storia

Cassazione n. 25508/2015 ha ritenuto che a “certe condizioni” può

essere riconosciuta l’esenzione ICI/IMU per gli immobili posseduti da

un ente non commerciale e dati in comodato ad altro ente non

commerciale, aderendo così (parzialmente) ad una circolare del MEF

Problema nasce proprio da un’ordinanza della Cassazione con la

quale è stata sottoposta la questione alla Corte Costituzionale, la quale

ha risposto agli interrogativi del giudice di legittimità con le ordinanze

n. 429 del 2006 e n. 19 del 2007

In sintesi, secondo la Corte costituzionale l'art. 7 richiede, come già

ripetutamente sostenuto dalla Corte di cassazione, l'identità soggettiva

tra il possessore (ovvero il soggetto passivo Ici) e l'utilizzatore; l'art. 59

non modifica tale condizione ma dà solo la possibilità ai comuni di

restringere l'esenzione, con apposita norma regolamentare, ai soli

fabbricati, escludendo i terreni agricoli e le aree fabbricabili.

La questione andrà inevitabilmente rimessa alle Sezioni Unite.

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto 136

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Comodati tra ENC – un po’ di storia

•ICI – art. 59, comma 1, lett. c) del D.Lgs. n. 446/1997 a mente del quale i

Comuni con proprio regolamento potevano «stabilire che l’esenzione di cui

all’articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.

504 concernente gli immobili utilizzati da enti non commerciali, si applica

soltanto ai fabbricati ed a condizione che gli stessi, oltre che utilizzati,

siano anche posseduti dall'ente non commerciale utilizzatore».

•La piana lettura di questa norma ha portato tutti a ritenere che in assenza di

esercizio della potestà regolamentare l’esenzione fosse applicabile agli

immobili posseduti da soggetti passivi, anche diversi dagli enti non

commerciali, ed utilizzati da un ente non commerciale per lo svolgimento di una

delle attività ritenute meritevoli di tutela, e ciò indipendentemente dal titolo,

gratuito od oneroso, in base al quale avveniva l’utilizzo.

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto 137

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Comodati tra ENC – un po’ di storia

Cassazione - ordinanza n.11428/2005

Secondo la Corte l’art. 59 è incostituzionale per violazione degli artt. 3, 23,

53, 76 e 77 della Costituzione. In particolare, si ritiene che la sopravvenuta

disposizione di cui all’art. 59 impone una irragionevole rilettura dell’art. 7

costringendo ad esonerare taluni soggetti prescindendo dalla capacità

contributiva ed avendo riguardo a requisiti soggettivi ed oggettivi posseduti

da terzi, ed assegnando, inoltre, in violazione dell’art. 23 della Costituzione,

agli enti locali il potere di stabilire con norme regolamentari presupposti

impositivi e casi di esenzione. È in contrasto, ancora secondo la Corte, con il

principio di ragionevolezza e coerenza, una disposizione che «ammettendo

la possibilità di estendere l’esonero dall’Ici a chi, pur realizzando un reddito

da locazione del bene, pur non essendo incluso tra i soggetti espressamente

indicati dall’art. 87 del TUIR citato e pur non espletando direttamente una

delle attività ritenute meritorie, possa egualmente fruire dell’esonero

mediante l’escamotage della concessione del relativo uso ad altri soggetti

che siano in possesso sia, del requisito soggettivo (ente pubblico e privato

non commerciale) sia, pure, di quello oggettivo (espletamento di una delle

attività indicate nell’art. 7)».

3-12 luglio 2017 - Pasquale Mirto 138

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Comodati tra ENC – un po’ di storia •La Corte costituzionale - ordinanze n. 429 del 2006 e n. 19 del 2007.

•Il giudice delle leggi fornisce un'interpretazione del tutto innovativa dell'art. 59 del D.Lgs n. 446/1997,

completamente difforme da quella fino ad allora seguita dalla generalità dei comuni impositori e

parzialmente difforme da quella fornita dalla stessa Corte di Cassazione; si è praticamente riscritta la

norma.

•La Corte costituzionale ha precisato che l'art. 59, comma 1, lettera c), è norma che « non è finalizzata

né a risolvere un obiettivo dubbio ermeneutico né ad introdurre retroattivamente una nuova disciplina

dell'esenzione prevista dall'art. 7, comma 1, lettera i), del d.lgs. n. 504 del 1992; che il citato art. 59,

comma 1, lettera c), ha il solo scopo di attribuire ai comuni, in deroga a quanto previsto all'art. 7,

comma 1, lettera i), del D.Lgs n. 504/1992, la facoltà di escludere gli enti non commerciali che

possiedono terreni agricoli e aree fabbricabili dal novero dei soggetti esenti - e, perciò, di

applicare l'Ici anche nei loro confronti -, ferma restando l'esenzione per i fabbricati

posseduti dai medesimi enti non commerciali e da essi direttamente utilizzati per lo

svolgimento delle attività di cui all'art. 7; che, pertanto, l'art. 59, comma 1, lettera c), del D.Lgs

n. 446/1997, prevedendo che l'esenzione dall'Ici spetta per i fabbricati a condizione che gli stessi, oltre

che utilizzati, siano anche posseduti dall'ente non commerciale utilizzatore, attribuisce all'art. 7, comma

1, lettera i), del D.Lgs n. 504/1992 lo stesso significato riconosciutogli dalle pronunce della Corte di

cassazione richiamate nell'ordinanza di rimessione e quindi, sotto questo aspetto, non innova la

disciplina dei requisiti soggettivi dell'esenzione».

•In altre parole, secondo la Corte costituzionale l'art. 7 richiede, come già ripetutamente sostenuto dalla

Corte di cassazione, l'identità soggettiva tra il possessore (ovvero il soggetto passivo Ici) e l'utilizzatore;

l'art. 59 non modifica tale condizione ma dà solo la possibilità ai comuni di restringere l'esenzione, con

apposita norma regolamentare, ai soli fabbricati, escludendo i terreni agricoli e le aree fabbricabili.

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Comodati tra ENC – un po’ di storia

•Con l’entrata in vigore dell’Imu, e la conseguente non applicabilità dell’art. 59, è

venuta meno la possibilità per i Comuni di limitare l’esenzione ai soli fabbricati.

Nell’Imu, quindi, l’esenzione opera sia per i fabbricati che per i terreni agricoli e le aree

fabbricabili, a condizione che vi sia identità soggettiva tra possessore ed utilizzatore,

ed ovviamente a condizione che l’utilizzo effettivo rientri nell’ambito delle attività

individuate dal legislatore.

•Tanto basterebbe a ritenere chiusa la questione interpretativa, ma Cassazione e

Dipartimento delle finanze hanno rimesso in discussione la lettura costituzionale

ritenendo che l’esenzione possa operare anche nell’ipotesi di mancata coincidenza tra

soggetto possessore e soggetto utilizzatore, se entrambi sono enti non commerciali e

se l’utilizzo avviene in base ad un contratto di comodato.

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TARI

LS 2016: DEROGHE AL METODO NORMALIZZATO PER IL BIENNIO 2016-17

Il comma 27 proroga per gli anni 2016 e 2017 la modalità di commisurazione della TARI da parte

dei comuni sulla base di un criterio medio-ordinario (ovvero in base alle quantità e qualità medie

ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte)

e non sull’effettiva quantità di rifiuti prodotti (c.d. metodo normalizzato, nel rispetto del principio “chi

inquina paga”, sancito dall’articolo 14 della direttiva 2008/98/CE).

Sarà quindi possibile utilizzare per un altro biennio (2016-2017) i coefficienti del D.P.R. 158/1999

con una flessibilità del +/- 50% (scendere al di sotto dei minimi o superare i massimi), potendo

peraltro non considerare i coefficienti di cui alle tabelle 1a e 1b (parte fissa utenze domestiche). Di

fatto si potrebbe arrivare ad una Tari ibrida, con tariffe utenze domestiche senza il numero dei

componenti (modello Tarsu) e tariffa utenza non domestica con criteri simili alla Tarsu, visto che

non è più necessario individuare coefficienti alternativi al D.P.R. 158/1999, potendo utilizzare quelli

del metodo normalizzato rimaneggiandoli notevolmente in aumento o in ribasso del 50%.

RINVIO DEI FABBISOGNI STANDARD AL 2018

E’ inoltre differito al 2018 (in luogo del 2016) il termine a decorrere dal quale il comune deve

avvalersi, nella determinazione dei costi del servizio, anche delle risultanze dei fabbisogni

standard. A tal fine sono modificati i commi 652 e 653 della legge di stabilità per il 2014 (articolo 1

della legge n. 147 del 2013).

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TARI

LE NOVITÀ DEL COLLEGATO AMBIENTALE (L. 221/2015)

Agevolazioni per attività di prevenzione nella produzione di rifiuti

Il collegato ambientale amplia la platea delle disposizioni agevolative previste dalla disciplina TARI,

aggiungendo altre fattispecie. La prima, invero piuttosto generica, è prevista dall’art. 36 della legge n.

221/2015.

e-bis) attività di prevenzione nella produzione di rifiuti, commisurando le riduzioni tariffarie alla quantità di rifiuti

non prodotti (c. 659 LS 2014) (ESEMPIO- «Brutti ma buoni»

Riduzioni in caso di compostaggio dei rifiuti

Un’altra fattispecie agevolativa prevista dal collegato ambientale riguarda la riduzione tariffaria in caso di

compostaggio dei rifiuti, contenuta negli artt. 37 e 38.

TARI corrispettiva: DM attuativo

Il nuovo comma 667 prevede due novità: 1) la definizione dei criteri per l’attuazione della TARI corrispettiva è

ora demandato a un decreto invece che a un regolamento: non è una differenza di poco conto, considerato

che non sarà più necessario acquisire il parere del Consiglio di Stato (procedura senz’altro più veloce ma al

tempo stesso sfornita del “filtro” di legittimità); 2) il termine per l’adozione del DM viene differito dal giugno

2014 ad una data certamente successiva (“entro un anno”).

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Pasquale Mirto 142

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TARI PUNTUALE

SOGGETTO LEGITTIMATO ALL’APPROVAZIONE DELLE TARIFFE

ANCI EMILIA ROMAGNA nota 29/4/2016

Spetta al Comune approvare sia il regolamento di istituzione della tariffa puntuale sia

le tariffe di riferimento

Non è invece possibile approvare tariffe d’ambito o di bacino sovracomunali

Anche il piano finanziario deve essere approvato dal singolo ente, anche per

dimostrare che le entrate ricavabili dalle tariffe garantiscono la copertura integrale

dei costi di riferimento

Peraltro, anche in presenza di un medesimo modello organizzativo per un bacino di

più Comuni, come la raccolta porta a porta e la misurazione puntuale, difficilmente si

potrà arrivare all’approvazione autonoma di identiche tariffe, in quanto le

configurazioni territoriali, quali la distanza delle frazioni o l’ampiezza del centro

storico, portano inevitabilmente alla formazione di costi differenziati per singolo

Comune

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Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 22 maggio il decreto del Ministero

dell’Ambiente che stabilisce i criteri di misurazione dei rifiuti che autorizzano i

Comuni ad applicare la Tari puntuale.

L’emanazione del decreto era prevista dall’art. 1, comma 667 della legge n.

147/2013, che demandava al Ministero dell’Ambiente l’individuazione dei

criteri per la realizzazione da parte dei Comuni di sistemi di misurazione

puntuale della quantità dei rifiuti conferiti al servizio pubblico, ma anche, in

alternativa, dei correttivi ai criteri di ripartizione del costo del servizio

finalizzati ad attuare un modello tariffario calibrato sul servizio reso agli utenti.

Sistema molto semplificato

Stabilisce i criteri per l’attribuzione della sola parte variabile della tariffa

Ammette il prelievo anche sulla base del «servizio reso» anche se non

utilizzato (esempio svuotamenti minimi obbligatori)

In generale rende meno labile il rapporto sinallagmatico

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Tari puntuale- Approvato il DM

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La Corte di Giustizia Europea di recente, con la sentenza 30 marzo 2017, C-

335/16 ha ribadito (si veda anche la sentenza 16 luglio 2009, C-254/08) che non

esiste alcuna normativa che imponga agli Stati membri un metodo preciso per il

finanziamento del costo del servizio di smaltimento, sicché questo potrà essere

effettuato “indifferentemente, mediante una tassa, un contributo o qualsiasi altra

modalità”. E non è neanche necessario misurare puntualmente la quantità,

essendo sufficiente anche il criterio del volume, ed è anche possibile attribuire

all’utente l’addebito di un contributo a copertura dei costi di investimenti, purché

non vi sia sproporzione tra quanto richiesto ed i volumi di rifiuti conferiti,

sproporzione che deve essere verificata, ad esempio, considerando il tipo di

immobili occupati, la loro superficie e la loro destinazione.

Quindi, il principio comunitario in questione può essere attuato anche mediante

una tassa e quindi mediante la Tari tributo.

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Principio comunitario «chi inquina paga»

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Altro problema di carattere generale, e sul quale è urgente un chiarimento normativo, è la

portata del comma 668 della legge 147, laddove è previsto che “la tariffa corrispettiva è

applicata e riscossa dal soggetto affidatario del servizio”. Nelle varie esperienze si registrano

Comuni che incassano e fatturano direttamente la Tari corrispettiva, mentre in altri casi è

fatturata direttamente dal gestore, con la (non piccola) conseguenza che in un caso i costi

e le entrate sono iscritte nel bilancio comunale, mentre nell’altro caso non risultano

iscritti né i costi né le entrate.

Queste ultime considerazioni pongono poi un’ulteriore problema in merito al nuovo

contenzioso sull’Iva applicata alla Tari. Se la giurisprudenza dovesse confermare la stessa

risposta data per la Tia, anche la Tari corrispettiva andrà qualificata come un tributo e

quindi dovrà “tornare” ad avere una sua collocazione nel bilancio comunale.

Per quanto riguarda gli esiti del nuovo contenzioso, anche se è presto fare previsioni, pare

che i principi stabiliti dalla Corte Costituzionale nella sentenza 24 luglio 2009, n. 238, per

qualificare un entrata come un tributo, quali la mancanza di un rapporto sinallagmatico e

la doverosità della prestazione imposta, si prestano bene ad essere replicati anche per la

Tari.

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Nodo IVA

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TARI

LE SUPERFICI PRODUTTIVE DI RIFIUTI SPECIALI: IL NUOVO CRITERIO DELLA “PREVALENZA”

649. Nella determinazione della superficie assoggettabile alla TARI non si tiene conto di quella parte di essa ove si formano, in via continuativa e prevalente, rifiuti speciali, al cui smaltimento sono tenuti a provvedere a proprie spese i relativi produttori, a condizione che ne dimostrino l'avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente. (omissis)

In ordine alle superfici produttive di rifiuti speciali, non assimilati agli urbani, il comma 649 chiarisce che non sono assoggettabili alla Tari le aree dove tali rifiuti si formano “in via continuativa e prevalente”.

In particolare il requisito della prevalenza, diversamente dal “di regola” presente nella Tares-Tarsu, sembrerebbe aprire le porte all’esonero anche in caso di aree con produzione mista di rifiuti speciali e urbani

Tuttavia, si ritiene che l’esonero riguardi solo quelle superfici per le quali il contribuente è in grado di dimostrare l’esclusiva o prevalente produzione di rifiuti speciali non assimilati agli urbani

Per le superfici a produzione promiscua, il c. 649 va infatti raccordato con il c. 682, che rimette al regolamento comunale l’individuazione di percentuali di abbattimento forfetario delle superfici; tali percentuali di riduzione non potranno essere superiori al 50%, poiché in tal caso ci sarebbe una prevalenza di produzione di rifiuti speciali cui dovrebbe conseguire la completa detassazione

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TARI

LE SUPERFICI PRODUTTIVE DI RIFIUTI SPECIALI: L’ONERE DI DIMOSTRARE L’AVVENUTO TRATTAMENTO

649. Nella determinazione della superficie assoggettabile alla TARI non si

tiene conto di quella parte di essa ove si formano, in via continuativa e prevalente, rifiuti speciali, al cui smaltimento sono tenuti a provvedere a proprie spese i relativi produttori, a condizione che ne dimostrino l'avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente. (omissis)

Il comma 649 subordina l’esonero dalla TARI all’onere posto in capo al contribuente di dimostrare l’avvenuto trattamento dei rifiuti speciali in conformità alla legislazione vigente

Obbligo di dichiarazione dei rifiuti speciali, con modalità e tempistica da specificare con regolamento comunale

Bozza regolamento: “A tal fine, a pena di decadenza, il soggetto passivo dovrà presentare al Comune copia dei formulari di identificazione dei rifiuti entro il 20 gennaio dell’anno successivo a quello di riferimento. In difetto, l’intera superficie sarà assoggettata alla tassa per l’intero anno solare”.

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TARI

LE SUPERFICI PRODUTTIVE DI RIFIUTI ASSIMILATI AVVIATI AL

RICICLO: RIPRISTINO DELLA RIDUZIONE

649. (omissis) Per i produttori di rifiuti speciali assimilati agli urbani, nella

determinazione della TARI, il comune disciplina con proprio

regolamento riduzioni della quota variabile del tributo proporzionali alle

quantità di rifiuti speciali assimilati che il produttore dimostra di aver

avviato al riciclo, direttamente o tramite soggetti autorizzati. Con il

medesimo regolamento il comune individua le aree di produzione di

rifiuti speciali non assimilabili e i magazzini di materie prime e di

merci funzionalmente ed esclusivamente collegati all'esercizio di

dette attività produttive, ai quali si estende il divieto di

assimilazione. Al conferimento al servizio pubblico di raccolta dei rifiuti

urbani di rifiuti speciali non assimilati, in assenza di convenzione con il

comune o con l'ente gestore del servizio, si applicano le sanzioni di cui

all'articolo 256, comma 1, del decreto legislativo 2 aprile 2006, n. 152.

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TARI

SUPERFICI CON RIFIUTI ASSIMILATI AVVIATI AL RICICLO RIDUZIONE

Prima questione (riduzione per i rifiuti speciali assimilati avviati al “riciclo”)

Si restringe il campo di azione del beneficio, posto che il riciclo è un tipo di recupero finalizzato a realizzare prodotti finiti materiali, quindi viene escluso il recupero per generare energia o combustibili

Attenzione: qualora il contribuente si limiti ad effettuare un contratto di smaltimento con altra ditta diversa dal Comune, ciò non vuol dire che il rifiuto sia stato avviato al recupero

Come tradurre il precetto legislativo in disposizione regolamentare? 1) riduzione fissa del 35% della quota variabile, purché il quantitativo

dei rifiuti avviati al riciclo sia almeno il 50% della produzione annua presunta calcolata come prodotto tra il coefficiente KD della categoria tariffaria di appartenenza e la superficie assoggettata al tributo (Anci Emilia Romagna nota del 27/6/2014)

2) riduzione a scaglioni; 20% se riciclo del 30-40%; 30% se riciclo del 41-60%; 40% se riciclo maggiore del 60%

3) riduzione proporzionale ai rifiuti avviati al riciclo su quelli potenzialmente producibili: % riduzione = rifiuti avviati al riciclo / (Kd x mq.)

Riduzione da applicare a consuntivo, di regola mediante compensazione alla prima scadenza utile: è possibile subordinare la riduzione ad una comunicazione annuale, da presentare entro un termine stabilito

La mancata regolamentazione comunale non preclude il diritto del contribuente al riconoscimento della riduzione, la quale potrà anche essere determinata dal giudice tributario (Cass. 13/3/2015 n. 5047)

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TARI

LE SUPERFICI PRODUTTIVE DI RIFIUTI ASSIMILATI AVVIATI AL RICICLO: I MAGAZZINI DI MATERIE PRIME E DI MERCI

Seconda questione magazzini da esonerare

Deve trattarsi di “magazzini di materie prime e di merci funzionalmente ed esclusivamente collegati all'esercizio di attività produttive”

Primo orientamento

il termine “merci” va riferito al materiale necessario (cioè utilizzato o destinato) al ciclo produttivo e non ai prodotti finiti; ad esempio, in un impresa di ceramica non saranno oggetto di tassazione le aree dei magazzini in cui sono stoccati sia le materie prime (argilla) sia le merci (vernici) necessarie alla produzione del prodotto finito dell’azienda;

sono invece tassabili i magazzini di prodotti finiti e di semilavorati, perché il loro impiego non determina la produzione di rifiuti speciali non assimilabili;

Si veda lo schema di regolamento TARI proposto da Anci Emilia Romagna (circolare del 27/6/2014)

Secondo orientamento

Merci utilizzate e/o derivanti dal processo produttivo (quindi sono esonerati anche i depositi di prodotti finiti)

Restano esclusi dalla detassazione quelli destinati anche solo parzialmente al deposito di prodotti o merci non derivanti dal processo produttivo svolto nelle aree di produzione a cui gli stessi sono collegati o destinati alla commercializzazione o alla successiva trasformazione in altro processo produttivo che non comporti la produzione esclusiva di rifiuti non assimilati da parte della medesima attività (bozza regolamento ANUTEL).

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Criteri di assimilazione

• Nel regolamento per l’applicazione della Tari il comune deve disciplinare i criteri di

assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani. In merito all’assimilazione questa

dovrà essere disposta per qualità e quantità, così come costantemente richiesto

dalla giurisprudenza di legittimità.

• Le sostanze assimilabili sono quelle elencate al punto 1.1.1 della Delibera del

Comitato Interministeriale 27 luglio 1984, che tuttora disciplina la materia delle

assimilazioni. Al riguardo occorre precisare che l’assimilazione può operare solo

attraverso una delibera comunale, così come espressamente previsto dall’art. 198

del d.lgs. n. 152 del 2006, che al comma 2, lett. g), attribuisce alla competenza

comunale «l'assimilazione, per qualità e quantità, dei rifiuti speciali non

pericolosi ai rifiuti urbani, secondo i criteri di cui all'articolo 195, comma 2, lettera

e), ferme restando le definizioni di cui all'articolo 184, comma 2, lettere c) e d)».

• La mancata emanazione del decreto del Ministero dell’ambiente, che avrebbe

dovuto individuare i criteri qualitativi e quali-quantitativi, previsto dall’art. 195,

comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006, fa si che l’unica disciplina a cui oggi è

possibile far riferimento sia appunto la deliberazione interministeriale del 27 luglio

1984, emessa in attuazione dell’art. 5 del d.p.r. n. 915 del 1982.

• Problema assimilazioni disposte in regime Tia dall’Ato provinciale

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Forse entro l’estate arriverà il tanto atteso decreto ministeriale che detta le regole in base

alle quali i Comuni possono disporre l’assimilazione dei rifiuti speciali a quelli urbani.

La sollecitazione arriva dal Tar Lazio, che con sentenza 4611 del 13 aprile 2017 ha “messo

in mora” il Ministero, concedendo 120 giorni per emanare il il decreto previsto dall’art. 195,

comma 2, lett. e) del D.lgs. n. 152/2006 (si veda il Quotidiano degli enti locali e della Pa del

28 aprile 2017). La normativa primaria rimette alla competenza statale la “determinazione

dei criteri qualitativi e quali-quantitativi per l’assimilazione, ai fini della raccolta e dello

smaltimento, dei rifiuti speciali e dei rifiuti urbani”. Nelle more dell’emanazione del decreto,

le regole da seguire sono ancora quelle fissate dalla delibera del Comitato interministeriale

27 luglio 1984 e le sostanze assimilabili sono quelle elencate al punto 1.1.1 di tale delibera.

Per giurisprudenza di legittimità costante (tra le tante, Cassazione n. 18021/2013), poi, nel

disporre l’assimilazione i Comuni sono tenuti anche ad individuare le quantità. Solo con la

previsione di criteri sia qualitativi che quantitativi esiste l’obbligo di conferimento dei rifiuti

assimilati al pubblico servizio, e conseguentemente l’obbligo di corrispondere la Tari.

Un discorso a parte deve essere fatto, invece, per i rifiuti delle strutture sanitarie pubbliche

per le quali opera un’assimilazione ex lege, ai sensi dell’art. 2, lett. g), del Dpr. n. 254/2003.

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Schema DM Assimilazione

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I rifiuti ospedalieri

• Un discorso a parte deve essere fatto per i rifiuti

delle strutture sanitarie pubbliche per le quali opera

un’assimilazione ex lege, ai sensi dell’art. 2, lett. g),

del d.p.r. n. 254 del 2003. La disposizione assimila ai

rifiuti urbani i seguenti rifiuti prodotti da strutture

sanitarie pubbliche e private: • i rifiuti derivanti dalla preparazione dei pasti provenienti dalle cucine delle strutture sanitarie;

• i rifiuti derivanti dall'attività di ristorazione e i residui dei pasti provenienti dai reparti di degenza delle

strutture sanitarie, esclusi quelli che provengono da pazienti affetti da malattie infettive per i quali sia ravvisata

clinicamente, dal medico che li ha in cura, una patologia trasmissibile attraverso tali residui;

• vetro, carta, cartone, plastica, metalli, imballaggi in genere, materiali ingombranti da conferire negli ordinari

circuiti di raccolta differenziata, nonché altri rifiuti non pericolosi che per qualità e per quantità siano assimilati

agli urbani;

• la spazzatura;

• indumenti e lenzuola monouso e quelli di cui il detentore intende disfarsi;

• i rifiuti provenienti da attività di giardinaggio effettuata nell'àmbito delle strutture sanitarie;

• i gessi ortopedici e le bende, gli assorbenti igienici anche contaminati da sangue esclusi quelli dei degenti

infettivi, i pannolini pediatrici e i pannoloni, i contenitori e le sacche utilizzate per le urine

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Forse entro l’estate arriverà il tanto atteso decreto ministeriale che detta le

regole in base alle quali i Comuni possono disporre l’assimilazione dei rifiuti

speciali a quelli urbani.

La sollecitazione arriva dal Tar Lazio, che con sentenza 4611 del 13 aprile

2017 ha “messo in mora” il Ministero, concedendo 120 giorni per emanare il il

decreto previsto dall’art. 195, comma 2, lett. e) del D.lgs. n. 152/2006

Bozza DM:

- Riscrive l’elenco dei rifiuti assimilabili

- Precisa che la detassazione si applica anche ai magazzini di prodotti finiti

- Vieta l’assimilazione per attività produttive con superfici superiori a 250

mq nei comuni fino a 10.000 abitanti, e 500 mq nei comuni con più di

10.000 abitanti

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Caos in arrivo!

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Definizione imballaggi

• Art. 218 del D.lgs. N. 152/2006

• a) imballaggio: il prodotto, composto di materiali di qualsiasi natura, adibito a

contenere determinate merci, dalle materie prime ai prodotti finiti, a proteggerle, a

consentire la loro manipolazione e la loro consegna dal produttore al consumatore

o all'utilizzatore, ad assicurare la loro presentazione, nonché gli articoli a perdere

usati allo stesso scopo;

• b) imballaggio per la vendita o imballaggio primario: imballaggio concepito in

modo da costituire, nel punto di vendita, un'unità di vendita per l'utente finale o per il

consumatore;

• c) imballaggio multiplo o imballaggio secondario: imballaggio concepito in modo

da costituire, nel punto di vendita, il raggruppamento di un certo numero di unità di

vendita, indipendentemente dal fatto che sia venduto come tale all'utente finale o al

consumatore, o che serva soltanto a facilitare il rifornimento degli scaffali nel punto

di vendita. Esso può essere rimosso dal prodotto senza alterarne le caratteristiche;

• d) imballaggio per il trasporto o imballaggio terziario: imballaggio concepito in

modo da facilitare la manipolazione ed il trasporto di merci, dalle materie prime ai

prodotti finiti, di un certo numero di unità di vendita oppure di imballaggi multipli per

evitare la loro manipolazione ed i danni connessi al trasporto, esclusi i container per

i trasporti stradali, ferroviari marittimi ed aerei;

• ;

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Assimilazione imballaggi

Art. 221 del 152/2006

4. Ai fini di cui al comma 3 gli utilizzatori sono tenuti a consegnare gli

imballaggi usati secondari e terziari e i rifiuti di imballaggio secondari e

terziari in un luogo di raccolta organizzato dai produttori e con gli stessi

concordato. Gli utilizzatori possono tuttavia conferire al servizio pubblico i

suddetti imballaggi e rifiuti di imballaggio nei limiti derivanti dai criteri

determinati ai sensi dell'articolo 195, comma 2, lettera e) (ovvero nei limiti

dell’assimilazione disposta dal comune)

Dalla disposizione riportata se ne potrebbe ricavare la conclusione che anche

gli imballaggi terziari possano essere assimilati, tuttavia

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Criteri di assimilazione

• ART. 226 (Divieti)

• 1. È vietato lo smaltimento in discarica degli imballaggi e dei contenitori

recuperati, ad eccezione degli scarti derivanti dalle operazioni di

selezione, riciclo e recupero dei rifiuti di imballaggio.

• 2. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 221, comma 4, è vietato

immettere nel normale circuito di raccolta dei rifiuti urbani

imballaggi terziari di qualsiasi natura. Eventuali imballaggi secondari

non restituiti all'utilizzatore dal commerciante al dettaglio possono essere

conferiti al servizio pubblico solo in raccolta differenziata, ove la stessa sia

stata attivata nei limiti previsti dall'articolo 221, comma 4.

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Criteri di assimilazione

Quindi:

A) imballaggi secondari assimilabili solo se attiva la raccolta differenziata;

B) Imballaggi terziari non assimilabili.

Tali conclusioni trovano conferma, seppur con riferimento all’analoga

disciplina contenuta nel decreto Ronchi, nella giurisprudenza della Corte di

Cassazione (sentenze n. 5377/2012 e 11500/2012)

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Gli imballaggi terziari

Se non è conferibile al servizio pubblico l'imballaggio terziario nel suo insieme

(mentre lo sarebbero certamente i singoli materiali di cui è composto), allora

è necessario che il contribuente dimostri compiutamente di averlo

avviato al recupero (parimenti) nel suo insieme (cioè nella sua totalità) e

senza averne alterato la composizione.

La norma di divieto di conferimento di imballaggi in discarica (art. 226,

comma 1, TUA) presenta la distinzione tra imballaggio vero e proprio (non

conferibile) e scarto di imballaggio (conferibile): “È vietato lo smaltimento in

discarica degli imballaggi e dei contenitori recuperati, ad eccezione degli

scarti derivanti dalle operazioni di selezione, riciclo e recupero dei rifiuti di

imballaggio”.

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Pasquale Mirto

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Gli imballaggi terziari

Tale distinzione è tra l'altro stata recentemente sancita proprio dalla Suprema Corte che con la

sentenza Cass. pen. Sez. III, Sent., 5 dicembre 2013, n. 48737 ha chiaramente distinto tra

“imballaggio terziario” e “rifiuto di imballaggio”: “La definizione di "imballaggio" è fornita

dall'art. 218, comma 1, lett. a). Si intende dunque per imballaggio: "il prodotto, composto di

materiali di qualsiasi natura, adibito a contenere determinate merci, dalle materie prime ai

prodotti finiti, a proteggerle, a consentire la loro manipolazione e la loro consegna dai

produttore ai consumatore o all'utilizzatore, ad assicurare la loro presentazione, nonchè gli

articoli a perdere usati allo stesso scopo".

La successiva lett. f) della medesima disposizione definisce come "rifiuto da imballaggio";

"ogni imballaggio o materiale di imballaggio, rientrante nella definizione di rifiuto di cui all'art.

183, comma 1, lett. a), esclusi i residui della produzione", mentre la lett. g) qualifica "gestione

dei rifiuti da imballaggio": "le attività di gestione di cui all'art. 183, comma 1, lett. d)".

Vi è pertanto una sostanziale differenza tra gli imballaggi ed i

rifiuti di imballaggio, avendo i primi una specifica finalità,

venuta meno la quale e sussistendo le condizioni di cui al

D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 183, comma 1, lett. a), quando,

cioè, il detentore se ne disfi o abbia l'intenzione o l'obbligo

di disfarsene, rientrano a tutti gli effetti nel novero dei rifiuti

oggetto delle attività di gestione descritte nel medesimo art.

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Pasquale Mirto

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La Corte di Cassazione, con sentenza n. 14414 del 9 giugno 2017, interviene sul tema dell’assoggettamento a tassa rifiuti dei

magazzini ove si producono rifiuti da imballaggi terziari.

La sentenza appare significativa perché, ponendosi sul solco di altra consolidata giurisprudenza di legittimità, conferma

l’assoggettamento dei magazzini che invece, almeno nelle intenzioni del Ministero dell’ambiente, non saranno in futuro più

soggetti ad alcun prelievo.

La sentenza in commento, affronta il delicato tema degli imballaggi, precisando che gli imballaggi si distinguono in primari

(quelli costituiti da "un'unità di vendita per l'utente finale o per il consumatore"), secondari o multipli (quelli costituiti dal

"raggruppamento di un certo numero di unità di vendita") e terziari (quelli concepiti "in modo da facilitare la manipolazione ed

il trasporto di un certo numero di unità di vendita oppure di imballaggi multipli"). La normativa (ora art. 226 del D.lgs. n.

152/2016) dispone il divieto di immettere nel normale circuito di raccolta dei rifiuti urbani gli imballaggi terziari di qualsiasi

natura, mentre gli imballaggi secondari sono assimilabili solo se è attiva la raccolta differenziata. Inoltre, occorre tener conto

che lo stesso art. 226 presenta la distinzione tra imballaggio vero e proprio e gli scarti derivanti dalle operazione di selezione,

riciclo e recupero dei rifiuti di imballaggio, che sono conferibili al pubblico servizio.

Nel caso scrutinato dalla Corte era pacifico che il contribuente, un azienda di logistica, aveva prodotto rifiuti da imballaggi

terziari ed aveva provveduto in proprio allo smaltimento degli stessi, ma ciò “non comporta, però, che tali categorie di

rifiuti (imballaggi terziari) siano, di per sé esenti da Tarsu”, dovendosi applicare la disciplina prevista per i rifiuti

speciali, che prevede la detassazione solo per la parte di superficie ove si formano in via prevalente e continuativa i

rifiuti speciali. In altri termini, la società “in quanto produttrice di rifiuti speciali non assimilabili (imballaggi terziari ), avrebbe

potuto solo beneficiare di una riduzione parametrata alla intera superficie su cui l’attività veniva svolta”, tenuto conto che

comunque nell'area venivano prodotti anche rifiuti urbani, riduzione da quantificare, poi, sulla base delle specifiche

disposizioni contenute nel regolamento comunale.

Inoltre, secondo la Cassazione pur operando in tema di tassa rifiuti il principio secondo il quale l’onere della prova dei fatti

costituenti la fonte dell’obbligazione tributaria spetta al Comune, per quanto attiene alla “quantificazione” della tassa è posto

a carico del contribuente l’obbligo di presentazione della dichiarazione al fine di ottenere l’esclusione di alcune aree

della superficie tassabile, “ponendosi tale esclusione come eccezione alla regola generale secondo cui al

pagamento del tributo sono astrattamente tenuti tutti coloro che occupano o detengono immobili nel territorio

comunale”.

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Cass 14414/2017 su magazzini ed imballaggi terziari

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Grazie per l’attenzione

Pasquale Mirto [email protected]

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