Presentazione bauman solano

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Tempo e spazio: la storia del tempo e il passaggio dalla modernità pesante a quella leggera Z. Bauman, Modernità liquida Tempo/spazio Giacomo Solano Dottorato in Studi europei urbani e locali (Urbeur) Università degli Studi Milano-Bicocca

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Tempo e spazio: la storia del tempo e il passaggio dalla modernità

pesante a quella leggeraZ. Bauman, Modernità liquida

Tempo/spazio

Giacomo SolanoDottorato in Studi europei urbani e locali (Urbeur)

Università degli Studi Milano-Bicocca

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Pre-modernità

• Nell’antichità gli uomini non riuscivano a manipolare il tempo

• Parole come “lontano” e “molto tempo” significavano più o meno la stessa cosa, e cioè il fatto che occorreva fatica per coprire una certa distanza

• Es. Olimpiadi nell’antica Grecia

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Modernità pesante

• “invenzione” mezzi di trasporto che non dipendono più da lavoro umano o animale manipolazione spazio (dinamicità dello spazio rispetto al tempo)

• Obiettivo diventa espansione spaziale (= progresso) colonizzazione spazio (dimensioni sempre crescenti)

• Standardizzazione spazio (tempo controllato) e routine di fabbrica

• Potere (Crozier): persone che riuscivano a mantenere le loro azioni indipendenti, libere da norme e contemporaneamente a regolamentare azioni altrui

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Modernità leggera/1

• Tendenza all’istantaneità: comunicazione e ulteriore incremento “velocità” di spostamento (aereo ecc.)

• Perdita di importanza (in termini relativi) del luogo “se tutte le parti dello spazio possono essere raggiunte in qualsiasi momento, non c’è motivo di raggiungere nessuna di esse in un particolare momento e nessun motivo di preoccuparsi di assicurarsi il diritto di accesso a qualunque di esse” (p. 133)

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Modernità leggera/2• Viene meno tempo controllato e routine di

fabbrica: da risorsa a vincolo le imprese si dotano di forme organizzative più “snelle”

• Potere: a imporsi sono coloro che agiscono e si muovono più velocemente, mentre chi non è in grado di spostarsi altrettanto rapidamente (o a lasciare il luogo in cui si trovano) è destinato a rimanere indietro

• Modalità di vita: carpe diem, soddisfacimento dei bisogni di breve periodo (ogni momento è consumato e poi “buttato via”)

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Riflessioni critiche• Siamo sicuri che volontà di spostarsi delle élites sia

caratteristica solo dell’epoca della modernità leggera?• Non proprio, nel senso che già dal ‘600 le élites si

spostano per periodi di tempo più o meno lunghi (basta pensare a cd. Grand Tour)

• Se c’è sempre stata una certa mobilità delle élites (nel passato solo loro si spostavano) allora potrebbe non essere questa una (o la) nuova forma di potere (o comunque va declinata allora in maniera più approfondita)

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• Quindi: Bauman accenna a ipermobilità delle élites che caratterizza la modernità leggera come forma di “potere” (forzando si può fare riferimento a spazio dei flussi/spazio dei luoghi, Castells)

• Ma è così? Non si muovono anche i meno abbienti, i più poveri? (anche se si sa che a muoversi sono comunque i più “dotati” fra i poveri)

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• Forse questa dualità (élite vs poveri) si ha solo a livello “intellettuale”: “la visione dominante riguardo alla globalizzazione riconosce l’esistenza di una classe internazionale di lavoratori altamente professionalizzati e di ambienti affaristici internazionalizzati dovuti alla presenza di imprese e personale straniero, però non viene riconosciuta la possibilità che ci sia un mercato del lavoro internazionalizzato per lavoratori manuali e dei servizi scarsamente retribuiti o che vi sia, nei gruppi di immigrati, un ambiente affaristico internazionalizzato” (Sassen, Una sociologia della globalizzazione, p. 111).

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Inoltre…

• “coloro che si muovono e agiscono più velocemente, che giungono più vicini alla fulmineità del movimento sono quelli che dominano. Mentre chi non è in grado di muoversi altrettanto rapidamente, e in particolare la categoria di persone incapaci di lasciare a proprio piacimento il posto in cui si trovano, è dominato” (p. 135)

• Ma sono loro poi a decidere di spostarsi?

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• Però, mostrano alcuni studi, queste dinamiche di spostamento non sono legate solo a dei gradi di libertà personale; in questo cosmopolitismo delle professioni elevate non si esprimono soltanto delle volontà di singoli indipendenti, autonomi che decidono dove, quando, come devono lavorare, ma molto spesso esprimono delle scelte di grandi compagnie, di grandi corporation multinazionali, che decidono della dislocazione dei loro dipendenti, per cui in realtà questo gruppo di nomadi globali, […] delle grandi professionalità, mostra avere dei margini di autonomia e di indipendenza molto relativi ed essere invece profondamente radicato su dei percorsi istituzionali […] Nonostante la libertà dei super-professionisti venga spesso contrapposta ai muri e alle barriere cui si trova confrontato il “migrante normale”, anche queste libertà non sono poi così grandi come molti hanno ritenuto. (Petrillo, in Baggiani, Longoni, Solano –a cura di-, 2011)