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Qual è il messaggio?
MODELLI IMPRENDITORIALI E STRATEGIE DI COLLABORAZIONE INNOVATIVA NEL SETTORE
DELL’ENERGIA EOLICA. I CASI VESTAS E JONICA IMPIANTI.
Relatore: Chiar.mo Prof. LORENZO ZANNI Correlatore: Chiar.ma Prof.ssa COSTANZA NOSI
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SIENA
FACOLTÀ DI ECONOMIA R. M. GOODWIN
CORSO DI LAUREA IN ECONOMIA & MANAGEMENT
Tesi di Laurea di: ROCCO MARASCHIELLO
Anno Accademico 2009-2010
Il Mercato Europeo dell’energia
Carbone, gas e nucleare da soli assommano a
565 GW, due terzi del parco energetico
europeo.
L’idroelettrico (15,4%) e l’eolico (8,1%)
costituiscono attualmente le fonti di energia
pulita più diffuse in ambito UE.
Nel periodo 1996-2007, l’aumento
dell’utilizzo di energia da fonti
rinnovabili ha rosicchiato quote
all’interno del mix energetico europeo a
scapito di tutte le altre fonti energetiche.
Perché le rinnovabili sono convenienti? Un’analisi di portafoglio
In un determinato istante di tempo talune
tecnologie possono apparire più
economiche di altre, eppure sul medio-
lungo periodo solo la giusta combinazione
di queste tecnologie permette di
minimizzare i costi per ogni livello di rischio
(Awerbuch, 2003).
Esempio: la Tecnologia A rappresenta l’alternativa rinnovabile, più costosa e meno rischiosa. La
Tecnologia B rappresenta invece l’alternativa convenzionale, meno costosa ma più rischiosa. Il
fattore di correlazione tra i flussi di costo delle due tecnologie si assume pari a 0.
Conseguenza naturale dell’effetto di portafoglio è che il rischio totale di portafoglio decresce
quando la tecnologia più rischiosa B è aggiunta ad un portafoglio composto unicamente da A.
Il Mercato Mondiale dell’energia eolica
Perché una tesi sull’energia eolica?
Il settore eolico è stato scelto come oggetto di studio per diversi motivi:
• È un settore che sta attraversando una fase di crescita esplosiva;
• È attualmente un settore strategico per alcune regioni italiane (Puglia in primis);
• È e sarà uno dei settori chiave per raggiungere gli obiettivi fissati dal Protocollo di Kyoto e
dalla Commissione Europea (c.d. 20-20-20: emissioni-efficienza-rinnovabili);
• È un settore c.d. R&D Intensive: il presente lavoro si occupa delle strategie di
collaborazione innovativa per la R&S. Il settore dell’energia eolica rappresenta dunque il
settore ideale per testare un modello applicabile a qualunque settore ad alta intensità di
R&S.
Lo scopo del presente lavoro
Testare sul campo i benefici che collaborazioni correttamente gestite possono portare alle
attività di R&S in settori ad alto tasso di innovazione, come il settore eolico.
In che modo?
• Analizzando la letteratura esistente in tema di collaborazioni in contesti di c.d. Open
Innovation.
• Delineando un modello di governance delle collaborazioni applicabile a qualsiasi
collaborazione tra Università, Imprese e Centri di Ricerca, in qualsiasi settore.
• Testando il modello sviluppato con due Case Studies relativi al settore eolico: Vestas e
Jonica Impianti.
Il paradigma Open Innovation (1 di 5)
“Open innovation is the use of purposive inflows and outflows of knowledge to accelerate internal innovation, and expand the markets for external use of innovation, respectively. [This paradigm] assumes that firms can and should use external ideas as well as internal ideas, and internal and external paths to market, as they look to advance their technology.”
Chesbrough (2006)
• L'apertura deve essere necessariamente caratterizzata non solo dalla volontà propria di
un’impresa di fare ricorso a fonti esterne, ma anche dalla capacità di farlo in modo
profittevole (West, 2006).
• Il paradigma OI si differenzia notevolmente dai tradizionali modelli di innovazione
“chiusa”, focalizzati sull’integrazione verticale dei processi di innovazione e con uno
sguardo rivolto più all’interno che all’esterno dell’impresa (Chesbrough, 2006).
I precursori del paradigma OI
• Già negli anni ‘70 Von Hippel richiamava l'attenzione sul valore di specifiche fonti di
conoscenza esterne, come i clienti e i lead users (Von Hippel, 1977).
• “In almost all cases, the successful commercialization of an innovation requires that the
know-how in question be utilized in conjunction with other capabilities and assets”.
(Teece, 1986).
Gassmann (2006), individua cinque trend che giustificano l’applicazione del paradigma OI;
quanto più le caratteristiche di un settore combaciano con queste cinque tendenze, tanto
più appropriato diventa il modello di innovazione aperta. I cinque trend sono:
1. Globalizzazione;
2. Intensità tecnologica;
3. Technology fusion;
4. Nuovi business models;
5. Attenzione verso fonti di conoscenza strategiche.
E c o n o m i a d e l l e i d e e
Il paradigma Open Innovation (2 di 5)
I drivers della collaborazione in una prospettiva teorica
Imprese: entità autosufficienti ed isolate (Contractor e Lorange, 1988), spinte a collaborare
unicamente per superare i vincoli propri del mercato in cui operano (Heimeriks, 2004):
• Costi di transazione Focus micro-analitico (Williamson, 1985; Hennart, 1988).
• Prospettiva resource\knowledge-based (Hamel, Doz e Prahalad, 1989).
• Economia evolutiva: collaborazione come strumento di adattamento e “sopravvivenza”
(Nelson e Winter, 1982).
Il paradigma Open Innovation (3 di 5)
Perché collaborare?
Processi di creazione di conoscenza sempre più multidisciplinari richiedono un apporto di competenze
combinate che di norma esulano dalle capacità della singola impresa (Powel, Koput e Smith-Doerr, 1996).
Questa constatazione costituisce da sola un’ottima ragione per collaborare. In generale le ragioni alla base di
una collaborazione sono due:
• ricerca di nuova conoscenza (exploration) e
• sfruttamento delle conoscenze esistenti (exploitation).
Barriere alla collaborazione
• Protezione delle conoscenze core da occhi indiscreti.
• Le imprese che utilizzano conoscenze esterne sono più innovative, ma esiste un punto in cui tale scelta
diventa improduttiva (Katila e Ahuja, 2002; Laursen e Salter, 2006).
• Absorptive capacities assenti o limitate.
Competenze e capacità necessarie alla collaborazione in R&S
Harbison e Pekar (1998) hanno evidenziato come esistano categorie d’imprese che sperimentano failure rate
molto più elevati rispetto ad altre quando si cimentano in alleanze nel campo della R&S.
Tale evidenza ha stimolato lo studio delle determinanti delle collaborazioni di successo, al fine di isolare le
abilità specifiche che le contraddistinguono: si è parlato di volta in volta di relational capability (Dyer and
Singh, 1998), alliance capabilities (Heimeriks and Duysters, 2007) e collaborative know‐how (Simonin,
1997)
Competenze e capacità necessarie alla collaborazione in R&S (continua)
• Teoria comportamentale d’impresa: nell’effettuare scelte in condizioni complesse, le imprese e gli
individui sono dotati di un’abilità cognitiva limitata (Cyert e March, 1963).
• Prospettiva resource based: le capacità e le conoscenze sono distribuite in modo eterogeneo tra le
diverse organizzazioni (Wernerfelt, 1984), le quali creano vantaggio competitivo e divengono partner
appetibili, rendendosi inimitabili e non sostituibili (Barney, 1991).
• Quali capacità sono strumentali al vantaggio competitivo? Le c.d. capacità dinamiche. “dynamic
capabilities […] are the organizational and strategic routines by which firms achieve new resource
configurations as markets emerge, collide, split, evolve, and die” (Teece et al., 1997). Le capacità
necessarie a collaborare nel settore della R&S sono un sottogruppo delle capacità dinamiche.
• Kale et al (2000): rapporti di fiducia interpersonale alla base delle alleanze di successo. Si parla in questo
caso di “capitale relazionale”.
• Speakman et al. (2002) “Collaborative capabilities are a function of individual skills and capabilities and
firm level attributes that enhance, encourage, and support alliance‐like thinking and behavior throughout
the firm”.
• Schreiner et al. (2003). La capacità di collaborare è un concetto multidimensionale costituito da tre
sotto-capacità: coordinamento, comunicazione, creazione e mantenimento di rapporti.
Il paradigma Open Innovation (4 di 5)
La capacità di “assorbimento” di conoscenza
Absorptive capacity: abilità volta a riconoscere il valore delle conoscenze acquisibili
esternamente, assimilarle ed applicarle per fini commerciali (Cohen e Levinthal, 1990).
• Imprese innovative: interagiscono con gli stimoli esterni per creare nuova conoscenza;
• Imprese imitatrici: adottano conoscenze mature e già codificate (Lewin e Massini, 2004).
Paragonando il rapporto tra due imprese che collaborano al rapporto studente-insegnante, tre
sono i fattori che influenzano l’absorptive capacity di un’impresa (Lane e Lubatkin, 1998):
• Il tipo di nuova conoscenza offerta dall’organizzazione-insegnante (OI);
• La similarità tra le compensation practices dell’impresa-studente (IS) e dell’OI, come proxy
della similarità nei loro processi conoscitivi e nelle loro strutture organizzative;
• La familiarità dell’IS con i problemi organizzativi dell’OI.
“Even if the student understands the know‐what (scientific knowledge) and the know how that
shaped it (the knowledge processing systems) its ability to commercially apply the new
knowledge will largely depend on the degree to which its know‐why (dominant logic) overlaps
with the teacher’s […]. The more familiar the student is with the types of problems or projects
that the teacher prefers, the more readily it will be able to commercially apply new knowledge
from that teacher” (Lane e Lubatkin, 1998).
Il paradigma Open Innovation (5 di 5)
Implicazioni manageriali e meccanismi organizzativi connessi alla capacità collaborativa
La collaborative capability è una capacità dinamica dell’impresa ed è costituita dall’interazione tra
competenze individuali, risorse organizzative e risorse strutturali. Il valore della capacità collaborativa
dipende dall’abilità di integrare e gestire i meccanismi individuali e d’impresa che governano le relazioni tra
le diverse organizzazioni.
• Kale et al. (2002): la capacità di generare nuovi accordi di collaborazione è un’abilita strumentale
all’accumulo, alla conservazione, all’integrazione ed alla diffusione delle conoscenze rilevanti all’interno
dell’impresa.
• Uno studio empirico di Heimeriks (2004), condotto su 193 aziende operanti nel campo delle energie
rinnovabili con un portafoglio complessivo di circa 3000 collaborazioni ha mostrato come i cosiddetti
alliance mechanisms possano giocare un ruolo fondamentale sulla performance di ciascun accordo.
Secondo tale studio esistono quattro meccanismi strumentali allo sviluppo di alliance capabilities:
• Le funzioni di gestione delle fasi critiche delle collaborazioni;
• I programmi di alliance training, la condivisione di best practices, l’uso di strumenti atti a risolvere
potenziali conflitti ed a condividere le esperienze di collaborazione;
• I processi di controllo e di gestione: meccanismi di controllo, sistemi incentivanti, ecc.
• La presenza di terze parti a supporto delle imprese nel processo collaborativo.
La presenza della funzione di alliance management all’interno di un organizzazione è vitale per il successo
delle attività di partnership: secondo Dyer et al. (2002) le imprese dotate di alliance managers hanno sul
lungo termine un tasso di successo delle collaborazioni superiore del 25% rispetto alle imprese che ne sono
prive.
• Gestire proficuamente le collaborazioni di R&S R&D Manager(s)
• L’attività di R&D Management è un processo creativo: non solo definizione delle milestones e controllo
delle deadlines, ma anche:
• Redazione di Business Plans c.d. aperti;
• Reperimento di nuovi potenziali partner e negoziazione di accordi ed alleanze strategiche;
• Gestione di tutti gli aspetti necessari a facilitare i rapporti di collaborazione; in particolare:
• Controllo sul rispetto dei compiti relativi a ciascuno dei dipartimenti coinvolti nell’attività di
collaborazione (R&S, produzione, controllo qualità, ufficio brevetti, ecc.),
• Coordinamento delle attività;
• Mantenimento di una visione condivisa sugli obiettivi da raggiungere.
Il compito dell’R&D manager è quello di delineare metodi per gestire le attività di ricerca e
sviluppo in modo efficace, dando autonomia ai gruppi di lavoro, sostenendo la formazione di
network creativi e raccogliendo le esperienze accumulate al fine di supportare le collaborazioni
future: in pratica stimolare un clima di creatività e d’iniziativa in cui persone fortemente motivate
e autonome lavorano al raggiungimento di obiettivi ben definiti.
Definire un nuovo modello collaborativo: verso modelli di imprenditorialità di rete
Bou et al. (2009): i networks sono immersi in un ambiente capace di influenzarli sia a livello micro che macro. Nel presente lavoro ci si è concentrati sulle caratteristiche, sulla struttura di Governance e sul Management dei networks. Possiamo distinguere tra quattro compiti manageriali rilevanti: • Gestione e stimolo alla partecipazione
dei partner (c.d. activating); • Ricerca di risorse e supporto esterni
(external awareness) (c.d. mobilizing); • Gestione delle infrastrutture, dei ruoli,
dei valori e dei processi (c.d. framing); • Gestione dei rapporti interni al fine di
facilitare le interazioni (c.d. facilitating).
Il caso Vestas (1 di 2)
Vestas è una multinazionale leader di mercato nella produzione di soluzioni altamente tecnologiche per lo
sfruttamento dell’energia del vento. Nel 2009 ha soddisfatto ordini per 4,8 GW di nuove turbine con una
fetta di mercato a livello globale del 12,5%, impiegando più di 20.000 persone. Nello stesso anno, i ricavi
assommavano a 6,6 miliardi di € con un EBIT di 856 milioni di € ed un EBIT margin del 12,9%.
I quattro pilastri fondanti della divisione Technology R&D di Vestas sono:
• Creare un network realmente globale, con hubs strategici piazzati nei clusters più innovativi del pianeta
(mappato dal presente lavoro: http://tinyurl.com/vestasrd);
• Condurre programmi di ricerca con partner interni ed esterni e con le Università migliori di ciascun
Continente;
• Controllare attentamente le problematiche legate alla gestione ed allo sfruttamento dei diritti sulla
Proprietà Intellettuale;
• Cercare di costituire nuove iniziative imprenditoriali, anche tramite acquisizioni.
Open Innovation in Vestas
Anche per un’azienda di vaste dimensioni come Vestas, è troppo costoso e complesso raggiungere
isolatamente l’eccellenza in ognuna delle aree core.
• Kasper Granat, Vestas Senior Project Manager: Vestas intrattiene circa 500 collaborazioni considerando
solo le Università (collaborazioni riservate con Centri di R. privati e Imprese).
• Simon Stacey, EU Relationship Manager, Innovation Networks, Vestas Technology R&D: l’azienda danese
divide le sue partnerships sulla base del loro livello di rilevanza strategica: strategic, preferred, project,
consortium, relationship e lead, sono i termini utilizzati internamente da Vestas per gestire i vari livelli di
collaborazione.
Il caso Vestas (2 di 2)
Vestas, per gestire la complessità delle sue collaborazioni, per modulare il più alto grado possibile di
assorbimento di conoscenza, per coltivare e reinventare quotidianamente partnerships
apparentemente sempre più intricate ed ambiziose, si è dotata di una imponente struttura
manageriale
Vestas opera sostanzialmente in due modi:
• collabora con imprese ed istituzioni di dimensioni simili (generalmente in forma di NAO);
• oppure raccoglie intorno a se reti di PMI e di Università altamente innovative, ma non dotate della
massa critica necessaria per generare innovazioni commercialmente rilevanti;
In entrambi i casi, nulla può essere lasciato al caso: gli accordi sui diritti di sfruttamento delle
innovazioni devono prevedere ogni possibile variazione sul tema, i compiti devono essere ben divisi,
gli obiettivi individuati con precisione, con riferimento al tipo ed alla tempistica delle deliveries
(milestones, deadlines).
È chiaro che potrebbe rivelarsi impossibile governare un tale livello di complessità senza dotarsi di un
management committed, capace di dedicarsi esclusivamente alle sorti della R&S e dell’innovazione
d’Azienda. Lo dimostra la divisione Technology R&D di Vestas: si tratta di una macchina imponente di
persone devote all’innovazione più avanzata, che continua a crescere ad un ritmo inarrestabile.
Il caso Jonica Impianti
Premessa: mini e maxi-eolico a confronto
Le collaborazioni portate avanti da JI sono sostanzialmente del tipo participant-governed: numero di
partecipanti medio\basso, altissimo livello di fiducia tra le parti, grande consenso sugli obiettivi, scarsa
necessità di competenze di governance.
JI risulta deficitaria nella struttura manageriale: 8 tecnici progettisti, 12 operai specializzati, 3
amministrativi, 0 manager.
Come può allora condurre collaborazioni fruttuose? Se è vero che nei network participant-governed la
presenza di figure manageriali potrebbe risultare pleonastica, è altrettanto vero che, un’impresa che voglia
fare innovazione in modo serio, necessita di una figura in grado di
governare le variabili in gioco ed indicare la rotta da seguire alle persone coinvolte nelle attività di R&S.
Nel presente lavoro sono state analizzate numerose collaborazioni portate avanti da JI: nessuna di queste è
stata gestita attraverso l’ausilio di managers. Ciò vuol dire:
• A prima vista: i managers non sono necessari;
• Ad un’analisi più attenta: collaborazioni correttamente gestite possono essere più produttive e più
rapide, manca solo la diffusione di una corretta cultura manageriale.
La figura professionale del Network manager diverrà sempre più diffusa in futuro: sarà una figura che dovrà
essere in grado di governare l’alta complessità delle collaborazioni in tema di Ricerca & Sviluppo che
avvengono nei settori ad alta intensità tecnologica.
Conclusioni (1 di 2)
Le energie rinnovabili ed il loro sviluppo su ampia scala sono uno dei campi in cui in Italia
bisognerebbe iniziare a “fare sistema” per far progredire il Paese.
Le potenzialità ci sono, e la Puglia potrebbe divenire, potenzialmente, il distretto italiano delle
rinnovabili: c’è un patrimonio di competenze, di conoscenze e di persone illuminate, che
bisognerebbe iniziare a coinvolgere in collaborazioni sempre più ampie ed ambiziose.
Il settore dei mini-impianti ad energie rinnovabili si mostra particolarmente promettente.
Il mini eolico porta con sé un messaggio rivoluzionario ancora tutto da esprimere: liberare le
imprese e le persone dalla preoccupazione della bolletta energetica, portando benefici diretti
al reddito d’impresa (ed ai bilanci familiari).
Nel macro-eolico questo messaggio risulta per forza di cose affievolito.
Non si stanno mettendo in discussione gli enormi meriti di imprese come Vestas.
Lo sviluppo del maxi-eolico porta però con sé il rischio di lasciare immutato il controllo su una
risorsa strategica per le sorti del pianeta come quella energetica, riversando solo una piccola
quota dei vantaggi sul consumatore finale.
Conclusioni (2 di 2)
Testare sul campo gli incredibili benefici che collaborazioni correttamente gestite possono
imprimere a settori ad alto tasso di innovazione, come il settore eolico: questo era lo scopo del
presente lavoro.
Il risultato, sulla scorta dell’apparato teorico sviluppato e delle analisi empiriche condotte è
estremamente semplice ed interessante.
Innovare è fondamentale.
Per innovare bene sono necessarie ottime collaborazioni.
Per garantire la riuscita delle collaborazioni più ambiziose è indispensabile il supporto di una
struttura manageriale capace, in grado di governare la complessità che le attività di R&S in
ambiti R&D intensive per loro natura hanno.
Qual è il messaggio?
MODELLI IMPRENDITORIALI E STRATEGIE DI COLLABORAZIONE INNOVATIVA NEL SETTORE
DELL’ENERGIA EOLICA. I CASI VESTAS E JONICA IMPIANTI.
Relatore: Chiar.mo Prof. LORENZO ZANNI Correlatore: Chiar.ma Prof.ssa COSTANZA NOSI
Grazie per l’attenzione
Quando soffia il vento del cambiamento, alcuni costruiscono muri, altri mulini a vento.
(Proverbio cinese)
Tesi di Laurea di: ROCCO MARASCHIELLO
Anno Accademico 2009-2010