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prendi in mano la tua felicità

claudio belotti

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prendi in mano la tua felicità

Proprietà Letteraria Riservata© 2013 Sperling & Kupfer Editori S.p.A.

ISBN 978-88-200-5497-715-I-13

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Introduzione

Una domanda difficile

Magari ci conosciamo già. Forse hai letto uno dei miei libri o ascoltato uno dei miei audiolibri, oppure ci siamo incontrati a uno dei corsi che tengo, o ancora ci siamo visti in un’azienda, o forse – perché no – sono stato il tuo coach. In questo caso lo sai già: sono più di vent’anni che mi dedico con passione all’attività di coaching, come formatore in aula e sul campo, la-vorando a fianco a fianco con le persone. Inevitabile quindi che negli anni mi sia spesso capitato di sentirmi chiedere: «Claudio, qual è il tuo metodo di coaching?»

Eppure, troppo concentrato a preparare i corsi, o a seguire i clienti, o troppo coinvolto nei miei impegni di lavoro, non mi sono mai preso il tempo per rispondere davvero a questa domanda. L’ho sempre accantonata, preferendo fare e insegnare con l’esempio, piuttosto che analizzare in profondità il mio approccio personale al coaching.

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Prendi in mano la tua felicità

Mettere da parte, si sa, non significa risolvere, e la domanda restava appesa lì, senza risposta. Poi, la mil-lesima volta in cui me l’hanno fatta, ho cominciato a rifletterci seriamente.

Tutti questi anni trascorsi a fare il coach, a cercare di migliorarmi, ad acquisire e applicare le tecniche di base e quelle più avanzate, a studiare nuovi metodi, a mettere in discussione e personalizzare quelli esistenti… per accorgermi che non sapevo spiegarmi con la sem-plicità che mi sarei aspettato.

Forse avevo paura di non trovare una risposta, o di trovarne una che non mi sarebbe piaciuta. Così, ho deciso di seguire uno dei consigli del mio primo maestro, Anthony Robbins: «Se hai paura di qualcosa, allora devi farlo».

Affrontare ciò che ci spaventa è il modo migliore per crescere. Quando usiamo la paura come un segnale che ci avverte che è ora di rimboccarci le maniche e metterci all’opera, abbiamo imparato come servircene al meglio. Se invece lasciamo che ci paralizzi, ne diventiamo schiavi. Quindi, mi sono concentrato sulla fatidica domanda.

Ora so che l’azione riduce il leone di terrorea una formica di tranquillità.

Og Mandino

Ci ho pensato per qualche giorno. In macchina, durante le pause, quando mi capitava di mangiare da

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Introduzione – Una domanda difficile

solo… insomma, ogni momento era buono. Sarà successo anche a te di porti un interrogativo importante e non trovare subito una risposta. So che mi capisci.

Il coaching per me è diventato una pratica (una filo-sofia di vita, direi) così legata al mio modo di pensare e di agire da far fatica a vedermi dal di fuori. Un po’ come se ti chiedessero di spiegare come fai a guidare l’auto. Sarebbe davvero difficile rispondere, non trovi? Compi migliaia di operazioni mentali, calcoli distanze, tempi, accelerazioni e frenate della tua macchina e contemporaneamente di quelle che incontri nel traffi-co. Nel frattempo, come se non bastasse, sei occupato a prevedere cosa potrà accadere, azzardi valutazioni complesse sulle mosse degli altri automobilisti in tempo reale… il tutto mentre continui a guidare. Capisci che certo, hai un tuo metodo ed esperienze personali da cui attingi informazioni, ma da dove iniziare a descrivere una cosa simile? È davvero complicato.

Quando i nostri comportamenti diventano mecca-nismi naturali, quasi istintivi, è difficile esserne per-fettamente consapevoli. Ripercorrerli mentalmente per raccontarli con la chiarezza necessaria può essere un’impresa ardua. Il coaching, poi, è un po’ una scien-za e tanto un’arte. Come tutte le attività che hanno a che fare con il comportamento delle persone, richiede sensibilità. Una capacità che si acquisisce con il tempo e con la pratica.

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Prendi in mano la tua felicità

Altri ostAcoli

A rendere ancora più complessa la ricerca della risposta, si aggiungeva un’ulteriore difficoltà.

Io sono sempre stato, sono tuttora e continuerò a essere convinto che ogni persona sia diversa da qualsiasi altra. Che sia davvero unica. È uno dei miei punti fer-mi. Per questo motivo, ciascuno di noi merita di essere considerato speciale o, come preferisco dire io, straor-dinario; non a caso, il mio motto, e quello della nostra azienda (Extraordinary), è: Siamo tutti straordinari.

Ecco perché ogni volta che inizio un percorso di coaching passo moltissimo tempo ad ascoltare senza pregiudizi (un coach non dovrebbe mai giudicare), perché solo in questo modo posso intuire la straordi-narietà del mio interlocutore. Provo così a ricostruire il corso dei suoi pensieri, il modo in cui vede e interpreta il mondo. Allora lascio che sia la mia esperienza a mettersi al lavoro, e intervengo adattandomi a quella personalità irripetibile. Questo, secondo me, è l’unico, vero approccio per essere un coach straordinario.

Ho fatto mia questa idea modellando l’approccio del grande psichiatra americano Milton H. Erickson. Un genio da cui c’è tanto da imparare e che davanti a ogni altra cosa metteva il rispetto assoluto nei confronti delle persone, della loro individualità.

Date queste ulteriori premesse, quindi, facevo un po’

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fatica a schematizzare in modo univoco il mio metodo, visto che in pratica lo adatto ogni volta a seconda della persona con cui lavoro. Ma quando noi esseri umani ci mettiamo in testa qualcosa, concentrandoci con passio-ne e impegno… be’, in un modo o nell’altro arriviamo sempre in fondo. Magari grazie all’aiuto degli altri.

Donne-uomini: un Altro 1-0

Una sera avevo appena messo a letto le mie principes-se, le mie due meravigliose bambine, e in quella parentesi di tranquillità che segna la fine di una giornata mi pre-gustavo già la lettura di un libro appena acquistato. In sottofondo, l’amato David Bowie a bassissimo volume, per non pregiudicare la mia opera di «addormentatore». Sprofondai in poltrona, presi il libro e, prima ancora di aprirlo, la Domanda si fece nuovamente strada in me. Rimasi assorto nei miei pensieri fino a quando, un’oretta più tardi, rientrò a casa mia moglie Nancy.

«Cosa c’è, Claudio?» mi chiese sedendosi accanto a me. «Qualcosa ti preoccupa?»

Io e Nancy ci siamo conosciuti negli Stati Uniti, fre-quentando un corso di Anthony Robbins (altra ragione per cui gli sarò eternamente grato!) e anche lei, come me, è un coach che negli anni ha sviluppato un suo metodo, particolarmente efficace con le donne. Parlare

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con Nancy è sempre illuminante e i suoi feedback sono straordinariamente utili.

Le raccontai di come facessi fatica a mettere a fuoco il mio approccio di coaching, nonostante avessi ben presente il modo in cui agisco e le tecniche che utilizzo. Al termine del racconto mi guardò un po’ stupita e un po’ divertita, poi scoppiò a ridere.

«In effetti, da qualche giorno ho notato che qual-cosa ti tormenta, ma se il problema è solo questo la soluzione è molto semplice. Io sono migliorata come coach proprio modellando te, cercando di capire quali metodi applichi, quali preferisci e quali invece eviti e perché… quindi, se vuoi, posso risponderti io.»

Se ero sorpreso? Ve lo lascio immaginare… Se volevo ascoltare la risposta? Ma certo!

Nancy proseguì: «Da quel che ho potuto notare guardandoti lavorare, secondo me tu, Claudio, fai così…» e iniziò a illustrarmi punto per punto il modo in cui svolgo la mia professione. Vedersi all’opera così chiaramente attraverso gli occhi di un’altra persona fu un’emozione straordinaria, per certi versi illuminante.

Lo sguardo che le donne gettano sul mondo è più limpido, non esito ad ammetterlo.

Quella notte dormii poco. Mi rividi al lavoro con tante persone con cui avevo fatto coaching, compagni di un percorso di crescita che avevamo condiviso.

Ormai ero in grado di seguire il filo rosso che univa i metodi utilizzati nel mio approccio: com’era cambiato nel tempo, quali tecniche avevo abbandonato e con quali

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Introduzione – Una domanda difficile

le avevo sostituite, le mie convinzioni su cosa funzionava meglio e in quali situazioni. Potevo vedere tutto con grande chiarezza.

Finalmente ero pronto per rispondere alla fatidica domanda: «Claudio, qual è il tuo metodo di coaching?»

cosA troverAi qui

Così ho deciso di scrivere questo libro, perché voglio dire la mia sul lavoro che svolgo con passione in giro per il mondo da oltre due decenni. Voglio condividere le mie valutazioni sui diversi metodi, spiegando per quali aspetti – secondo la mia esperienza – sono proficui e per quali meno utili. Voglio farti partecipe del mio approccio anche al di fuori dei miei corsi, perché penso e spero che possa aiutarti, che ti sia utile per vivere una vita come tu la vuoi, se stai cercando un modo per dare il meglio di te. Se poi anche tu sei un coach o vuoi diventarlo, mi auguro che possa ispirarti.

Ho scritto questo libro perché tu possa trovare stru-menti efficaci per essere coach di te stesso.

L’ho scritto per tutti quelli che si chiedono cosa faccia un coach e in che modo possa aiutarli a migliorare se stessi o la loro azienda.

E, infine, l’ho scritto come elemento di confronto e

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di supporto per chi è già coach, e di stimolo per te se vorrai diventarlo.

Ecco com’è organizzato il volume.Nel Capitolo 0 troverai:

• una sintetica storia del coaching;• le sue diverse tipologie di intervento;• chi è il coach, a cosa serve e cosa, secondo me, deve

fare.

Quindi entrerai nel cuore pulsante del libro e ti spiegherò il mio metodo, che ho chiamato One Hand Coaching.

Ho scelto questo nome perché il mio approccio si articola in cinque passaggi, proprio come le dita di una mano, e ognuno prevede una serie di tecniche. Ho optato per qualcosa che fosse facile da ricordare, per venirti rapidamente in soccorso ogni volta che ne avrai bisogno. Vedrai che si tratta di un sistema molto flessibile ed efficace.

Mi colpisce sempre come noi esseri umani siamo straordinariamente bravi a complicarci la vita. Ma quando abbiamo la pazienza di risalire alla fonte dei nostri problemi, di solito ci accorgiamo che derivano da una causa molto semplice. È l’esperienza che me lo insegna. Trova questa causa, tira il filo e avrai sciolto il nodo. Tutte le difficoltà cesseranno di esistere. Questo è l’obiettivo attorno al quale, in tanti anni, ho pazien-temente costruito il mio One Hand Coaching.

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Introduzione – Una domanda difficile

Pollice

Il primo capitolo è quello del pollice, che, pur essendo il dito più corto, per l’uomo è stato il più importante in termini evolutivi perché, a differenza delle dita «in dotazione» a quasi tutti gli altri esseri viventi, è op-ponibile, ossia ci permette di stringere e maneggiare oggetti e strumenti.

Ti parlerò, quindi, di quello che ritengo l’aspetto più importante del coaching: lo scopo, ovvero la risposta alla domanda: «Perché vuoi quel che vuoi? E perché fai quello che fai?»

Lo scopo è alla base delle nostre motivazioni, e solo se le attività in cui ci impegniamo quotidianamente ci aiutano a raggiungerlo possiamo dire di condurre una vita felice. Definirlo con precisione è la prima cosa

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da fare. Il rischio, altrimenti, è che tu spenda energie per conquistare obiettivi poco coerenti con la tua vera natura e che dunque, una volta raggiunti, possono non influire in alcun modo sul tuo benessere interiore.

Non tutti i miei colleghi coach condividono questo mio pensiero: la maggior parte inizia dall’obiettivo, dal «cosa». Io penso sia un errore partire così. Lo dimo-stra l’insoddisfazione di molti che raggiungono i loro obiettivi ma sono infelici perché non soddisfano il loro scopo. Lo stesso vale nelle aziende, dove la visione deve essere figlia della ragione per cui esiste l’organizzazione, e non il contrario.

Vedremo come il tuo scopo appaghi uno o più dei «sei bisogni fondamentali dell’uomo», sistematizzati da Anthony Robbins (ebbene sì, ancora lui!). Infine, ti spiegherò come utilizzare i «sei livelli logici» di Robert Dilts per allinearti rispetto al tuo scopo.

inDice

Il secondo capitolo corrisponde all’indice, il dito che usiamo per indicare la direzione, per puntare oggetti lontani che catturano la nostra attenzione. E, infatti, parleremo proprio di dove vuoi andare, della tua vision.

Utilizzeremo la metodologia delle Dinamiche a Spi-rale, un sistema rivoluzionario e straordinariamente

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interessante, che impiego con grande successo e a cui non saprei più rinunciare. Se vorrai approfondire, ho dedicato a questo argomento un libro intitolato The Spiral, che ho avuto l’onore di scrivere con i due autori di riferimento a livello mondiale della metodica, con i quali organizzo anche corsi di specializzazione in Italia.

meDio

Il terzo capitolo ci porta al medio, vale a dire alla situazione in cui ti trovi in questo momento. È una sezione dedicata all’analisi di dove sei ora e del perché ci sei. Per portarla a termine ci serviremo di un metodo chiamato S.C.O.R.E., un acronimo che sta per: Situa-zione attuale, Cause, Obiettivi, Risorse, Effetti.

Apprezzo particolarmente questo sistema per due motivi. Il primo è che permette di concentrarsi sia sull’analisi, sia sugli obiettivi; questo lo rende utilissi-mo quando viene applicato all’interno delle aziende. L’analisi della situazione, infatti, è un passaggio deli-cato e necessario, in cui può capitare di levarsi alcuni sassolini dalla scarpa.

Il secondo motivo è che, a differenza di altri metodi, lascia spazio per concentrarsi anche sugli effetti del cambiamento. Valutarne le conseguenze è molto im-portante. Come ti sentiresti se, dopo avere speso tante

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energie per migliorare, avessi ottenuto come effetto quello di peggiorare la situazione che gravita intorno a te? Penseresti quanto meno che non ne valeva la pe-na, che il prezzo è stato troppo alto. Meglio rifletterci prima, non credi? Proprio per questo ho scelto il dito medio: perché tu possa ricordare facilmente e tenere ben presente che la situazione è quella che ci può, di-ciamo, «fregare».

AnulAre

Il quarto capitolo è l’anulare, un dito carico di im-plicazioni e significati simbolici. È, infatti, quello in cui s’infila la fede, metafora di un impegno destinato (almeno in teoria…) a durare una vita. Parleremo allora di obiettivi e, proprio come nel matrimonio, vedremo che esistono compagni positivi, in grado di rendere più ricca e appagante la nostra esistenza, e partner che invece potrebbero rovinarcela.

Ti illustrerò il metodo G.R.O.W. (Goal, Reality, Options, Who, What, When), un caposaldo del coa-ching. Discuteremo, inoltre, di obiettivi ben formati, un sistema mutuato dalla PNL (Programmazione Neuro-Linguistica) la cui funzione è aiutarti a formulare tra-guardi in modo tale che abbiano molte più possibilità di essere raggiunti.

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mignolo

Il quinto capitolo è associato al mignolo. L’ultimo dito, quello che viene dopo tutti gli altri. Per questo, in un certo senso, è il più «semplice», in quanto è una conseguenza dei precedenti. È lo step dedicato a mettere a fuoco i comportamenti che utilizzerai concretamente per raggiungere gli obiettivi che ti sei posto.

un’ultimA PrecisAzione

Ho pensato di inserire in ogni capitolo anche qual-che esercizio. L’ho fatto per tre ragioni. Innanzitutto, ti aiuteranno a capire meglio come funziona il coaching. Poi, ti saranno utili per allenarti a diventare coach di te stesso. La terza – e più importante – ragione è che credo fermamente che l’ingrediente segreto con cui le persone raggiungono il successo sia l’azione.

Non basta leggere e imparare nuovi metodi. I miei maestri mi hanno insegnato che la vera differenza si fa quando si comincia ad agire, applicando alla realtà quanto appreso. Quindi, fai gli esercizi!

Un consiglio: quando decidi di cambiare, non porti subito traguardi troppo ambiziosi, quasi impossibi-li. Evita di voler essere quello che ancora non sei. È

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troppo faticoso e ha poco senso. Sei già una persona straordinaria e hai tutto quel che ti serve per essere felice. Concentrati piuttosto sulle piccole cose che puoi modificare veramente, i comportamenti su cui senti che puoi davvero impegnarti con costanza, per trasformarli in nuove abitudini. Per usare una metafora, non pensare a cambiarti il vestito, piuttosto trova o sostituisci un accessorio. Un elemento piccolo ma speciale, che faccia comunque la differenza.

Ah, no… è questA l’ultimA PrecisAzione

Anche se, come vedremo, in un certo senso il coa-ching è nato più di duemila anni fa in Grecia, la pratica moderna si è sviluppata nel mondo anglosassone. Per questo motivo nei libri italiani è invalsa la tradizione di utilizzare la parola «cliente» (traduzione letterale dell’inglese client) per riferirsi a chi si avvale dell’in-tervento di un coach professionista.

A me questo termine non piace particolarmente. Lo trovo troppo «economico», freddo e distaccato: il contrario del rapporto che s’instaura con un coach. E poi, nella traduzione si perdono alcuni significati importanti dell’esperienza umana ed emotiva del coa-ching. Mi riferisco a «protezione», «ascolto», «prestare

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Introduzione – Una domanda difficile

attenzione» e «assistenza», che sono invece presenti nella radice latina e greca di questo vocabolo.

Perciò avrei preferito usare un’altra espressione. Tuttavia, fatta questa doverosa puntualizzazione, mi rimetto all’uso comune del termine. Ti chiedo però la cortesia di intenderlo nel significato allargato a cui ho fatto riferimento.

Adesso è ora di iniziare. Ti lascio con uno schema riassuntivo e facile da

memorizzare del mio One Hand Coaching e ti auguro buona lettura!

Scopo

Direzione

SituazioneObiettivi

Comportamenti

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Mondo coaching

Avvertenze: leggere PrimA Dell’uso

In questo capitolo mi concentrerò in particolare su tre argomenti:

• chi è e cosa fa un coach;• una sintetica storia del coaching;• una panoramica delle sue applicazioni.

Credo sia importante illustrare la funzione del coach a chi si avvicina per la prima volta all’argomento, onde evitare che si creino incomprensioni o ambiguità. Spes-so, infatti, nel linguaggio comune utilizziamo termini stranieri attribuendo loro un senso diverso rispetto a quello originario. Ti sarà capitato di prendere parte a una riunione o a una discussione in cui si usa la stessa parola con significati diversi… ne viene fuori una specie

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Prendi in mano la tua felicità

di versione moderna di Babele. Io ho imparato a chia-rire il significato dei vocaboli con il mio interlocutore prima di iniziare a parlare. Just in case.

Vorrei quindi che chi sta prendendo in considerazio-ne la possibilità di rivolgersi a un coach per sé, per la propria azienda o per i colleghi, sappia con precisione che cosa potrà fare per lui.

L’uomo più saggio non è colui che sa,ma chi sa di non sapere.

Socrate

in viAggio nel temPo

Per incontrare il primo coach dobbiamo fare un salto indietro nel tempo di duemilacinquecento anni e tornare ad Atene, in Grecia. Con un po’ di fortuna, andando a passeggio per le vie assolate in mezzo alla folla che va verso il mercato, potremmo incontrare Socrate. In realtà non dovrebbe essere molto difficile, perché il filosofo aveva l’abitudine di fermarsi a parlare con le persone. Poneva loro molte domande, con l’obiettivo di farle riflettere sul fatto che le loro convinzioni spesso erano false, frutto di principi e pregiudizi indotti. Con i suoi interrogativi, Socrate metteva in dubbio queste certezze,

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Mondo coaching

benché non tentasse di sostituirle con le proprie. Piut-tosto, invitava l’interlocutore a formarsi un’opinione personale. Questa sua tecnica è stata definita maieutica, letteralmente, «arte dell’ostetrica». Socrate non faceva nascere bambini, ma nuove idee in chi aveva di fronte. Proprio come lui, un bravo coach:

• opera attraverso domande, che servono per farti riflettere sulle tue convinzioni, che spesso sono li-mitanti;

• non fornisce le proprie soluzioni ma ti aiuta a tro-varle autonomamente, in funzione di quello che è giusto per te;

• utilizza e insegna tecniche per farti generare nuovi comportamenti, idee, modi, convinzioni, identità e così via.

(Una curiosità. Socrate non ci ha lasciato nulla di scritto. Quasi tutto ciò che sappiamo su di lui e sul suo straordinario metodo lo dobbiamo al suo allievo, Platone. Il primo coach preferiva che fossero gli altri a parlare di sé!)

Gli studenti non sono vasi da riempirema fiaccole da accendere.

Plutarco

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Prendi in mano la tua felicità

tutti in cArrozzA!

La parola «coach» deriva dal francese coche, un termi-ne con cui si designava un mezzo di trasporto, la carrozza.

Il coach aiuta le persone a muoversi da un punto all’altro, proprio come una carrozza le trasporta dalla situazione in cui si trovano fino a quella che deside-rano, cioè le accompagna fino al raggiungimento del loro obiettivo.

Ora immagina di trovarti in un giardino meraviglio-so. Senti l’odore dei fiori, osserva l’incredibile gamma di colori e sfumature, goditi la pace e l’aria pulita. Tu sei il giardiniere e il tuo compito è mettere le piante nelle condizioni di crescere e fiorire. Le piante hanno la tendenza ad andare verso il sole e quando non crescono diritte soffrono.

Il giardiniere, allora, per prima cosa elimina le er-bacce e tutti gli ostacoli che impediscono o rallentano la crescita, poi mette al loro fianco un piccolo bastone, uno strumento cui, se vorranno, potranno appoggiarsi per svilupparsi nella direzione che è loro più congeniale, e finalmente sbocciare rigogliose.

Questo fa il coach:

• ti aiuta a capire in che direzione vuoi crescere;• elimina o riduce i fattori che impediscono o rallen-

tano la crescita;

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Mondo coaching

• ti fornisce gli strumenti per raggiungere il risultato, o meglio, ti aiuta a crearli.

Pur con queste premesse, il giardiniere non può certo costringere la pianta a crescere: è lei a fare lo sforzo attivo, ad averne la responsabilità. Allo stesso modo, il coach non può sostituirsi a te nel tuo percorso di sviluppo personale. Il suo compito è soltanto facilitare il più possibile questo viaggio e accompagnarti affinché tu non perda la strada.

extrAorDinAry coAching

Chi ha già avuto modo di lavorare con un coach, probabilmente riconoscerà le caratteristiche necessarie perché si possa parlare di quello che io chiamo «Extra-ordinary coaching».

In primo luogo, il rapporto che si instaura tra un coach e il suo cliente si basa sulla fiducia (in PNL lo chiamiamo rapport). Per ottenere un buon esito, è fon-damentale che ci siano la massima trasparenza e onestà nel dialogo. Il coach è tenuto a rispettare rigorosamente la privacy e, soprattutto, non giudica mai. Il suo compito è sostenerci nel raggiungere i nostri obiettivi, non sta a lui valutarli nel merito.

Il secondo elemento che caratterizza l’Extraordinary

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Prendi in mano la tua felicità

coaching è il binomio ascolto/domande. Ascoltare con attenzione è importante, per comprendere e assimilare il modo in cui le persone pensano e interpretano il mondo che le circonda. Solo allora, con le giuste domande, il coach può iniziare a suggerire prospettive diverse e fornire feedback efficaci che portino a nuove visioni e a nuove idee.

Potete giudicare quanto intelligente è un uomo dalle sue risposte.

Potete giudicare quanto è saggio dalle sue domande.

Nagib Mahfuz

seconDo me

Sono convinto che un buon coach debba avere anche un altro obiettivo, che sta sopra tutti gli altri: la felicità, ovvero il benessere, del cliente.

Troppo spesso, infatti, ho visto persone ottenere i risultati desiderati per ritrovarsi magari più sicure e gratificate, e al contempo infelici tanto quanto lo erano prima. E allora cambiano coach o pensano che la felicità stia nel raggiungere un altro traguardo. Non è così. Spesso il motivo di questa profonda insoddisfazione sta proprio nel metodo utilizzato.

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Mondo coaching

La tradizione ufficiale del coaching insegna che è necessario partire dagli obiettivi, preoccupandosi in un secondo momento di scoprire «perché si vuole quello che si vuole», ovvero di chiarire quale sia lo scopo finale a cui si mira attraverso le proprie azioni. Il rischio insito in questo modo di procedere è quello di impiegare tempo ed energie per conquistare risultati che non sono coerenti con lo scopo. Invece, a renderci felici sono soltanto le attività che ci avvicinano alla finalità ultima che ognuno di noi ritiene di avere.

Ma di questo ti parlerò più diffusamente nel prossimo capitolo. Ora che abbiamo visto quali sono i compiti di un coach, facciamo una rapida sintesi storica delle tappe fondamentali di questa professione, dalla sua nascita fino alla contemporaneità.

il coAching in tre tAPPe

Prima tappa – La psicologia umanistica

Negli anni Cinquanta del secolo scorso, una nuova prospettiva rivoluziona il mondo della psicologia. L’idea dello psicologo Abraham Maslow e di altri suoi colleghi è quella di concentrarsi sullo studio degli individui felici e di successo, piuttosto che sulla cura delle patologie. L’attenzione si sposta dal passato della persona al suo

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futuro. Il focus, anziché sul trauma che ha causato la malattia, s’indirizza sulla ricerca dei modi per impiegare al meglio le proprie risorse e le capacità inespresse, al fine di realizzarsi.

Partendo dall’intuizione di Maslow, Clare W. Graves creò la metodica da cui nascono le già citate Dinamiche a Spirale. Ti spiegherò come funziona e come utilizzarla nel secondo capitolo, quello dedicato alla direzione, alla vision.

Seconda tappa – La PNL

Anche grazie alla corrente di pensiero inaugurata da Maslow e colleghi, detta «psicologia umanistica», negli anni Settanta, a opera di Richard Bandler e John Grinder, nacque la Programmazione Neuro-Linguistica. Una disciplina che metterà a punto molti degli strumenti più efficaci attualmente impiegati nel coaching.

Terza tappa – «The Inner Game»

Negli stessi anni Tim Gallwey, professore di peda-gogia a Harvard ed esperto di tennis, trasformò il mon-do della preparazione atletica pubblicando un libro di grandissimo successo, The Inner Game of Tennis.

Gallwey sosteneva che l’atleta affronta sempre due partite: una esterna, contro il suo avversario, e l’altra

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Mondo coaching

interiore, contro se stesso. Quest’ultima, spesso assai più impegnativa, ha un effetto diretto sulle prestazioni in campo. La preparazione atletica, dunque, non deve prendere in considerazione soltanto l’allenamento fisico, ma anche – e per certi versi soprattutto – quello mentale. L’obiettivo è acquisire gli strumenti per superare e vincere i propri ostacoli interni: paura, incertezza, sfiducia, ansia.

Voglio richiamare la tua attenzione su un punto su cui non deve esistere alcuna ambiguità. Benché la fonte di questa professione sia da ricercare nell’ambito della psicologia, il coaching non ha nulla a che vedere né con essa, né con la psicoterapia. Quest’ultima è una professione che richiede una laurea in psicologia e una scuola di specializzazione, e la sua area d’intervento più comune è quella legata alla patologia, all’eliminazione del sintomo, per riportare una persona nelle condizioni di benessere.

Il coach, al contrario, non si occupa di queste proble-matiche e la sua azione è totalmente orientata al futuro e al raggiungimento dei risultati; inoltre, è più breve e mira a trasferire al cliente gli strumenti di coaching, in modo che possa continuare questa attività in auto-nomia. In altre parole, sono due professioni diverse, entrambe utili ma da non confondere. Troppo spesso alcuni coach alle prime armi, con l’intento di aiutare, commettono il gravissimo errore di considerarsi degli «psicologi in miniatura».

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Prendi in mano la tua felicità

il coAching oggi

Si tratta, dunque, di una disciplina moderna, che nasce negli anni Cinquanta del Novecento, oppure è antichissima e già praticata da Socrate?

La mia risposta è che la figura del coach esiste da sempre, perché gli uomini hanno intimamente bisogno di essere sostenuti nella crescita e nel raggiungimento dei propri obiettivi. Poi, senza dubbio, negli ultimi qua-rant’anni la psicologia, la sociologia e le neuroscienze hanno fornito al coaching strumenti di grande impatto e utilità, che ne hanno rafforzato l’efficacia.

Oggi, ho la sensazione che ce ne sia particolarmente bisogno. Perché?

Nel mio libro La vita come tu la vuoi parlavo di Jonas Salk, un ricercatore nel campo della medicina che ha «reinterpretato» la teoria evoluzionistica di Charles Darwin. Il nostro mondo non è più un luogo selvaggio e ostile, quindi la sopravvivenza non risponde più a una gara di forza fisica e resistenza. La realtà che viviamo quotidianamente dipende piuttosto dalla concorrenza mentale e tecnologica, dalla competizione da globaliz-zazione. In questo ambiente superstressante sopravvive il più «saggio», vale a dire colui che sa attribuire agli avvenimenti il significato più adeguato e prende le decisioni migliori, compiendo scelte giuste per sé (per esempio rispettando il proprio scopo) e per gli altri (non

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solo senza arrecare danno, ma anche contribuendo alla creazione di valore comune). Il coaching lavora proprio per mettere le persone in questo stato; come vedremo, tecnicamente si parla di «allineamento».

Questo, a mio parere, è il motivo per cui oggi può essere più utile che mai: non a caso, è una professione molto richiesta.

C’è speranza nei sogni, nell’immaginazione e nel coraggio

di chi vuole che questi diventino realtà.

Jonas Salk

Di coAching in coAching

Allo Sport coaching, nel senso di «allenamento men-tale», che come sai è stato il primo ambito di appli-cazione di questa disciplina, si affiancano molte altre tipologie. Vediamo rapidamente le più diffuse.

Il Life coaching aiuta a identificare gli obiettivi personali e fornisce gli strumenti per raggiungerli. Non bisogna commettere l’errore di confonderlo con la psi-coterapia perché, come dicevo, il coaching si focalizza sul futuro e non si occupa né dell’analisi del passato, né della soluzione di traumi e patologie.

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Il focus del Career coaching è interamente dedicato alla carriera lavorativa. Molti giovani neolaureati ri-chiedono questo tipo di intervento, per fare una scelta corretta al momento dell’ingresso nel mondo profes-sionale. Vi si ricorre anche quando si attraversa un periodo di stanchezza o di stallo nella propria crescita lavorativa, o nel caso in cui si decida di abbandonare un’occupazione per lanciarsi in un’altra.

Il Financial coaching aiuta a rispettare gli obiettivi finanziari che ci si è posti. A differenza di un consu-lente, il coach non fornisce dati e consigli economici. Ancora una volta, il suo compito è quello di sostenere le persone a raggiungere il proprio risultato. È parti-colarmente utile perché contrasta la naturale tendenza del comportamento umano a procrastinare e a dare maggior peso ai guadagni a breve termine, rispetto ai benefici a lungo termine.

Quando si parla di Personal coaching, si intende un rapporto tra il cliente e il coach che riguarda tutto il complesso degli aspetti della vita. Questo tipo di coa-ching si riferisce all’individuazione e al raggiungimento di traguardi personali, professionali e relazionali.

L’Health coaching è l’applicazione della disciplina nel campo del benessere. Un’attività relativamente nuova, in cui il coach è d’aiuto per «insegnare a gestire» la propria condizione fisica e per ottenere cambiamenti duraturi, che assicurino un miglior stato psicofisico.

Il Conflict coaching può essere impiegato in contesti organizzativi o relazionali in senso lato, in un team di

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Mondo coaching

lavoro come all’interno di un rapporto matrimoniale, per intenderci. Si basa sulla premessa che i conflitti, se correttamente gestiti, contengono sempre un’opportu-nità per migliorare la relazione, per trovare soluzioni soddisfacenti per tutti i soggetti coinvolti, che siano fonte di nuove idee provenienti dalla varietà dei punti di vista.

Il Team coaching è molto richiesto soprattutto dal-le aziende, che hanno sempre più necessità di avere squadre performanti. Spesso, in un gruppo, l’ego o il modo di pensare degli individui entra in conflitto con le intenzioni e gli obiettivi della squadra. Anche in questo caso le Dinamiche a Spirale sono utili.

Cercando la voce «coaching» su Wikipedia, troverai altri ambiti di attività, oltre a quelli che hai appena letto; non stupirti, perché stiamo parlando di una disciplina in continua evoluzione.

Business o executive coAching

Non ho inserito questa tipologia di coaching nella lista precedente perché preferisco riservarle uno spazio ad hoc. Per due motivi: il primo è che questo campo di applicazione è abbastanza vasto. Il secondo è puramente personale: è l’attività che mi occupa di più e che forse preferisco. Amo il coaching in tutte le sue forme, ma

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questa mi fa davvero battere il cuore, mi fa svegliare felice di andare al lavoro, perché ogni volta sa offrirmi una sfida e un’occasione di crescita.

Il Business coach lavora con singoli manager e im-prenditori o con gruppi di persone, con l’obiettivo di fornire un supporto per sviluppare le capacità legate alle prestazioni professionali.

Questo tipo di coaching assicura ottimi risultati in quanto è orientato alle soluzioni e guarda al futuro; ecco perché oggi molte aziende lo preferiscono alla formazione tradizionale, o quanto meno lo associano a un corso di formazione.

Attualmente gode di grande successo, perché con-sente di migliorare:

• le capacità di comunicazione, delega, feedback e tutte le abilità chiamate soft skills;

• la leadership individuale a tutto campo;• le performance del management e dei collaboratori; • le qualità organizzative;• la gestione dei cambiamenti personali e professionali;• il pensiero strategico;• la gestione dei conflitti;• la capacità di costruire, organizzare e guidare team

di lavoro.

Per queste ragioni le aziende richiedono la presenza di un coach e lo assegnano ai loro top manager, ai dirigenti, alle personalità emergenti o ai gruppi di lavoro. Alla

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Mondo coaching

fine del processo, non solo si otterranno miglioramenti misurabili, ma chi ha acquisito le capacità di coaching potrà anche trasmetterle ai colleghi.

Pronti, PArtenzA, viA!

Molto da apprendere ancora tu hai.

Maestro Yoda

Ora che conosci la storia del coaching, le sue funzioni e i suoi obiettivi, hai tutti gli elementi per entrare nel vivo della questione. È venuto il momento di mettersi al lavoro.

Quello che troverai nel prossimo capitolo è il primo passo del mio metodo e, parallelamente, del tuo percorso di crescita personale.

Spero che ti sarà utile per fare chiarezza in te stesso e per essere più felice. Mi auguro, insomma, che sia una lettura proficua.

Un buon libro è quel libro che apriamo con grandi aspettative

e che chiudiamo con soddisfazione e risultati.

Amos Bronson Alcott

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Prendi in mano la tua felicità

«Consiglio questo libro a tutti coloro che hanno come primo deside-rio potenziare le proprie qualità e non avere più alibi per non essere la versione più alta di se stessi.»

RobeRta aRmani

«Tutto quello che troverai in queste pagine funziona davvero perché è il risultato di decenni di coaching e formazione sul campo. Claudio è riuscito a distillare un metodo straordinario.»

Luigi CentenaRo, Personal Brand Strategist, autore di Personal Branding

«Il coaching è un’arte, interpretabile in tanti modi. Il metodo di Claudio è decisamente uno dei migliori per chi vuole ottenere ri-sultati concreti e duraturi.»

Damiano CasteLLi, CEO ING Direct Italia

«Un metodo efficace in un libro facile e comprensibile. Claudio Be-lotti ha fatto di nuovo centro.»

FeDeRiCa tagLiati, NLP Trainer, psicologa e ipnoterapeuta

«Claudio ha tanto cuore e tanta testa. Tanto da potersi proporre come un eccellente mentore in un mondo che ne ha davvero bisogno.»

sebastiano ZanoLLi, manager e autore di Dovresti tornare a guidare il camion Elvis

«Le formidabili competenze di Claudio Belotti sono pareggiate dal-la sua profonda umiltà, e questo fa di lui un maestro d’eccellenza.»

FRanCesCo tesei, mentalista, autore di Il potere è nella mente

Acquista questo libro e partecipa gratuitamente a un corso di Claudio Belotti(per info www.extraordinary.it)

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