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Le attività umane sfruttano la natura in molti modi, sia attingendo dal mondo biologico sia dal mondo non biologico.

Da queste risorse è possibile produrre l’energia elettrica necessaria alla vita di tutti i giorni.

Le risorse naturali o rinnovabili sono:

Acqua

Aria

Combustibili fossili

Suolo

Energia solare

Energia geotermica

Energia eolica

Energia dell’acqua

Alcune risorse, come l’energia solare e il vento, sono praticamente eterne. Anche l’acqua, col suo ciclo caratteristico, viene usata e recuperata continuamente.

Tutti questi sono esempi di risorse rinnovabili, perché la loro disponibilità viene continuamente assicurata.

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Va detto tuttavia che l’acqua in certe aree diventa sempre più scarsa, a causa di lunghi periodi di siccità, dei consumi in continuo aumento o dell’inquinamento.

Lo stesso suolo, a causa dell’eccessivo sfruttamento, può col tempo diminuire la sua fertilità e non essere più adatto per le coltivazioni, come avviene già in molte zone dell’Africa.

Anche l’allevamento del bestiame e la pesca si basano su risorse rinnovabili.

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Esiste però un’altra categoria: le risorse non rinnovabili, per esempio la maggior parte delle risorse minerarie.

Determinate risorse naturali, come il petrolio, il carbone, i gas naturali e i minerali, hanno cicli di rinnovamento lunghissimi, pari a milioni di anni.

I loro tempi di rinnovamento sono talmente lunghi da correre il pericolo di esaurirsi rapidamente. È per questo che si chiamano non rinnovabili.

Fortunatamente alcune risorse non rinnovabili non vanno perse del tutto dopo l’uso. Ciò accade per i metalli, come il rame, il ferro e lo stagno, che possiamo riciclare attraverso trattamenti speciali dei manufatti in disuso che li contengono. Si ottiene così un nuovo prodotto utile senza intaccare le risorse naturali.

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I primi uomini per milioni di anni hanno cercato di soddisfare i bisogni fondamentali attraverso la raccolta e la caccia.

All’incirca 10.000 anni fa, con la nascita e lo sviluppo dell’agricoltura, iniziarono a coltivare il terreno, ad allevare gli animali, a lavorare i metalli e l’argilla, a tessere le fibre vegetali e la lana.

Fino alla fine del Seicento il 90% della popolazione umana si occupava di agricoltura, e solo con la rivoluzione industriale molti uomini iniziarono ad abbandonare la terra per lavorare nell’industria e nel commercio.

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Purtroppo ancora oggi esistono paesi in cui l’uomo è costretto a impiegare tutte le proprie energie soltanto per sopravvivere.

Lo sviluppo tecnologico moderno ha permesso all’umanità di muoversi nello spazio e di comunicare a distanza per mezzo dell’elettronica e dell’informatica.

Purtroppo lo sviluppo delle capacità umane non è sempre servito per migliorare le condizioni di vita dell’umanità.

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L’estrema povertà in cui versano ancora le popolazioni di molti paesi è un vero spreco di risorse umane che bisognerebbe invece recuperare.

L’uomo e tutti gli esseri viventi hanno con l’ambiente che li ospita un rapporto da milioni di anni.

La specie umana non si è solo adattata all’ambiente, ma è stata anche capace di modificarlo.

La velocità con cui gli uomini sono riusciti e riescono a cambiare l’ambiente è assai rapida.

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L’uomo dispone di mezzi tecnologici tali da non rispettare i tempi biologici e geologici che hanno caratterizzato i ritmi della storia della Terra.

Il carbone, il petrolio e i minerali vengono consumati più velocemente di quanto si formino e una foresta viene tagliata in un tempo molto più breve della sua crescita.

In un certo senso la comparsa della tecnologia ha rappresentato per il nostro pianeta una svolta: oggi, infatti, l’uomo è in grado di operare qualsiasi modifica.

Tanto più grandi sono i mezzi che utilizza, tanto più profondi e duraturi risultano i suoi interventi.

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Tutti sanno che i mari ricoprono oltre il 70% della superficie terrestre. L’acqua dolce al confronto è ben poca cosa: essa rappresenta poco più del 2% di tutta l’acqua esistente.

Ma meno di 1/100 dell’acqua dolce va a formare i fiumi e i laghi, cioè acqua utilizzabile direttamente dall’uomo.

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Tutto il resto dell’acqua dolce è imprigionato nei ghiacciai e nelle calotte polari, oppure sottoterra a grandissime profondità.

Il vapore acqueo e le nubi, che ci forniscono l’acqua dolce, hanno origine dall’evaporazione delle grandi superfici oceaniche.

Gran parte dell’acqua evaporata ripiove sul mare stesso, ma circa un 1/10 di tutto il vapore acqueo finisce sui continenti, dove, formando neve e pioggia, inumidisce e feconda la terra.

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Spesso lo dimentichiamo, ma l’economia di tutte le nazioni dipende, in primo luogo, dalla disponibilità d’acqua.

L’agricoltura dipende totalmente dalla pioggia o, in assenza di precipitazioni regolari, dall’irrigazione artificiale.

Il 12% delle terre coltivate è irrigato e produce circa il 20% del prodotto agricolo mondiale.

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Il consumo medio domestico pro capite va da un minimo vitale di 5 litri al giorno, come nel Madagascar e in altri paesi poveri, ai 500 litri degli Stati Uniti.

Per garantire una discreta qualità della vita occorrono almeno 80 litri d’acqua al giorno per persona.

L’acqua dolce nel nostro pianeta sembra mediamente sufficiente ai bisogni dell’uomo.

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Ma in realtà esistono aree in cui la gente deve difendersi dalle inondazioni ed aree eccessivamente aride.

È un tragico paradosso il fatto che i paesi più poveri d’acqua siano spesso anche quelli con una maggiore crescita della popolazione.

Ciò significa che la loro attuale scarsità d’acqua è destinata a diventare sempre più acuta. Molti ecologi ed economisti reputano che il problema dell’acqua stia per diventare il problema più importante per l’economia mondiale.

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Fino a duemila anni fa la popolazione umana era composta da poche centinaia di milioni di abitanti e soprattutto non possedeva macchinari e tecnologie tanto potenti da alterare gli equilibri ecologici.

Ma già in epoca romana si cominciò a coltivare e a diboscare fino al limite della compatibilità ambientale. Nei secoli successivi la pastorizia e soprattutto le guerre e gli incendi trasformarono molte aree mediterranee in terreni aridi.

Con l’avvento della rivoluzione industriale e la richiesta sempre più pressante di energia, l’uomo ha immesso nell’atmosfera grandi quantità di anidride carbonica e di altre sostanze chimiche altamente inquinanti.

Inoltre in questi ultimi decenni si è verificata una vera e propria esplosione demografica, con ritmi di crescita della popolazione molto alti, soprattutto nei paesi in via di sviluppo.

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Ogni centro produttivo, come anche ogni nucleo familiare e ogni individuo, produce materiali di scarto, che si mescolano con le acque di lavaggio o fuoriescono col fumo dei bruciatori.

L’ambiente si carica di questi materiali, divenendo alterato, cioè inquinato.

L’inquinamento provoca un’alterazione delle caratteristiche fisiche, chimiche o biologiche dell’acqua, dell’aria e del suolo, che può, o che potrà, risultare pericolosa per la vita umana e per quella di altre specie.

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In molti casi però, specialmente nei paesi più sviluppati, si è già corso ai ripari: sono state emanate leggi per la tutela dell’ambiente e si sono realizzate tecnologie poco inquinanti.

Inoltre molte lavorazioni industriali richiedono meno energia di quella che si impiegava (a parità di prodotto) vent’anni fa.

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Pesticidi, diserbanti e antiparassitari, usati soprattutto in agricoltura, sono sostanze altamente tossiche per il nostro organismo, che continuamente vengono riversate nelle acque dei fiumi, dei laghi e infine dei mari.

Dai mangimi utilizzati negli allevamenti animali e dai fertilizzanti adoperati nei terreni agricoli finiscono nelle acque, rispettivamente, fosforo e sali di azoto.

Questi veleni si sciolgono nell’acqua, oppure aderiscono ai detriti sul fondo o si concentrano negli stessi organismi acquatici, passando da un anello all’altro della catena alimentare.

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In certi fiumi possiamo vedere l’acqua ricoperta da schiuma: ci troviamo di fronte a un tipo di inquinamento provocato dai detersivi che giornalmente usiamo.

Gli ecologi, cioè gli studiosi dell’ambiente, hanno calcolato che ogni abitante versa nell’acqua 1,5 g di fosforo al giorno con le deiezioni e con l’uso di detersivi.

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Assistiamo allora a quel fenomeno molto frequente, e talora disastroso, chiamato eutrofizzazione, parola che deriva dal greco e significa “nutrirsi bene”. In realtà la “concimazione” di un lago è da considerarsi un evento negativo: le alghe, infatti, in presenza di questi sali di fosforo e azoto, proliferano in modo abnorme.

In un primo momento l’aumento delle alghe, cibo per numerose specie di organismi, provoca una crescita notevole della fauna acquatica. Ma poi, quando muoiono, “marciscono” sul fondale, sottraendo l’ossigeno disciolto nell’acqua.

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Allora aumentano certi batteri e sui fondali si formano gas nocivi e maleodoranti, tipici del materiale in via di decomposizione. Questo fenomeno, che si verifica soprattutto nei mari poco profondi come l’Adriatico, danneggia, oltre all’ambiente acquatico, la pesca e il turismo.

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L’inquinamento termico avviene quando le centrali elettriche o le industrie riversano nei fiumi tonnellate di acqua calda usata per le loro lavorazioni.

L’aumento delle temperature delle acque può arrecare danni alla respirazione dei pesci. Infatti l’inquinamento termico provoca una diminuzione della solubilità dell’ossigeno, che costringe i pesci ad accelerare la respirazione.

Una variazione della temperatura di + 3 °C è da considerarsi dannosa per l’ambiente.

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L’inquinamento del mare è diverso da quello degli ambienti terrestri e d’acqua dolce, perché il mare ha un volume d’acqua molto più grande di tutti gli altri ambienti acquatici, quindi ha una grande capacità di diluire le sostanze inquinanti.

Il mare però raccoglie e conserva tutto ciò che riceve dagli altri ambienti terrestri, quindi una volta compromesso non può più essere risanato.

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Le fonti responsabili dell’inquinamento marino sono il petrolio e gli scarichi fognari.

Il petrolio finisce in acqua in parte a causa delle operazioni di lavaggio delle stive delle petroliere, in parte per discarica dall’entroterra da raffinerie e altre industrie, e in parte a causa di incidenti alle petroliere.

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Il petrolio, infatti, inquina la pellicola superficiale, impedendo lo scambio acqua-aria, e danneggia gli uccelli, i mammiferi marini (delfini e foche) e il plancton. Può inoltre imbrattare i bassi fondali e formare grumi di catrame, che poi vengono portati in giro con le correnti.

Gli scarichi fognari non adeguatamente trattati dagli impianti di depurazione riversano nel mare vari tipi di batteri patogeni, tra cui i colibatteri, che, oltre a provocare un odore nauseabondo, possono compromettere la salute dell’uomo, causando malattie alla pelle, all’intestino e alle vie respiratorie.

L’uomo, inquinando le zone marine costiere, mette in crisi l’attività turistica e balneare e la produttività degli allevamenti di pesci e molluschi.

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Le sostanze tossiche possono in certi casi fissarsi nel corpo di alcuni tipi di molluschi, come le cozze e le vongole, provocando seri danni alla salute delle persone che le consumano senza un’adeguata cottura.

Inoltre l’inquinamento delle aree costiere, dove si svolgono gran parte delle attività legate alla pesca, può provocare gravi danni all’industria del pesce.

Esiste inoltre un inquinamento da metalli pesanti, come il mercurio, proveniente da scarichi industriali.

Il mercurio può accumularsi nel corpo degli animali marini e rappresentare un pericolo per l’uomo che se ne ciba.

Altri metalli tossici sono il piombo e il cromo, provenienti da industrie di vernici, di cromature o concerie.

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Non tutto il suolo che ricopre la superficie terrestre è adatto alle coltivazioni: solo l’11% è coltivabile, il resto è coperto da ghiacci, oppure è paludoso o arido.

Il suolo agrario coltivato è essenziale per la nostra sopravvivenza, perché ci fornisce i prodotti indispensabili per la nostra alimentazione.

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Per la formazione di un suolo agricolo fertile, ricco di humus e con un giusto contenuto di sali minerali, occorrono parecchi anni.

Ogni specie vegetale ha le sue preferenze per determinate sostanze.

Pertanto, se si coltiva il grano per più anni sullo stesso terreno, vengono a esaurirsi i sali minerali di cui questa pianta ha particolarmente bisogno.

Di conseguenza il terreno diventerà via via sempre meno fertile e i raccolti diminuiranno.

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Per rigenerare il terreno e farlo tornare fertile, gli agricoltori ricorrono a rimedi naturali, come la rotazione delle colture.

Un altro metodo naturale per rendere un suolo fertile è quello del sovescio: esso consiste nel sotterrare foglie secche ed erba, che, decomponendosi, si trasformano in humus.

Un suolo agricolo può anche essere reso più fertile grazie all’uso di concime naturale, il letame.

Oggi, però, gli agricoltori usano di preferenza i fertilizzanti artificiali, contenenti sali di azoto, di potassio e di fosforo, prodotti dall’industria chimica.

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Per eliminare insetti ed erbe nocive alle coltivazioni, vengono immesse grandi quantità di pesticidi, antiparassitari e diserbanti. Tutto questo può provocare gravi danni, perché molti pesticidi non sono biodegradabili e pertanto si accumulano nel terreno.

Ad esempio, sostanze come il DDT, potente insetticida, possono col tempo accumularsi nel terreno e arrivare, con una serie di passaggi, alle piante, agli animali e infine all’uomo.

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Queste sostanze, assorbite dall’organismo, possono rivelarsi dannose per la salute. Per questo motivo l'uso del DDT è stato proibito in molti paesi.

In altri casi i pesticidi e i diserbanti sono penetrati in profondità nel terreno, inquinando sorgenti d’acqua sotterranee utilizzate per l’acqua potabile.

Non solo pesticidi ed erbicidi possono inquinare il terreno, ma anche tutta la spazzatura che gettiamo via ogni giorno: scatole, lattine, barattoli e residui di ogni genere.

Le materie plastiche, non attaccabili dai batteri, sono indistruttibili e rimangono dove vengono lasciate.

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Ciascuno di noi produce in un mese circa 70 kg di rifiuti, pari, cioè, al peso di una persona.

Si aggiungano a tutto ciò i rifiuti prodotti giornalmente nei mercati, nei negozi, negli uffici, negli alberghi, negli ospedali, e i residui delle lavorazioni industriali.

Molta della nostra spazzatura viene lasciata nelle discariche e poi interrata, per impedire a topi e uccelli di nutrirsi e di moltiplicarsi sui cumuli di rifiuti.

Le discariche interrate sono un metodo economico per eliminare i rifiuti, ma possono danneggiare l’ambiente. Infatti i prodotti tossici, come il mercurio delle batterie, alcuni medicinali e varie sostanze velenose, possono finire nel terreno, inquinandolo.

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Rifiuti industriali altamente tossici, come alcune sostanze chimiche e le scorie radioattive, devono essere sotterrati in contenitori molto resistenti e ben sigillati.

Però questo non è un metodo sicuro, perché con il tempo il contenuto velenoso potrebbe filtrare all’esterno e inquinare l’ambiente circostante.

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In questi ultimi anni il problema dei rifiuti ha raggiunto dimensioni planetarie. La sua soluzione richiede diversi tipi di intervento:

Raccolta differenziata

Intelligente politica di smaltimento

Riutilizzo dei materiali di scarto per altre produzioni

Introduzione nei cicli produttivi di innovazioni tecnologiche in grado di ridurre la quantità di rifiuti

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L’ossigeno dell’aria è indispensabile ai processi energetici necessari alla nostra vita. L’uomo in media, a riposo, ne consuma circa 15 litri l’ora.

La vita stessa degli esseri viventi dipende dalla presenza dell’ossigeno nell’atmosfera.

Ogni anno l’impiego di carbone, petrolio, metano ecc. scarica nell’aria milioni di tonnellate di anidride carbonica (detta anche biossido di carbonio) e molti altri gas.

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Di seguito sono descritte le principali sostanze inquinanti e le relative conseguenze.

Ossido di carbonio

Piombo

Ossidi di azoto

Anidride solforosa

Sostanze Conseguenze

Tumore polmonare

Consumo di ossigeno

Bronchite cronica

Enfisema polmonare

Acido cloridrico

Anidride solforosa

Acido solforico

Cloro, ammoniaca

Asma bronchiale

Irritazioni agli occhi

Malattie della pelle

Avvelenamenti

Industrie

Ossido di carbonio

Anidride solforosa

Fuliggine

Ossidi di azoto

Danni alle opere d’arte

Morte in casi gravi

Scarsa visibilità

Danni alla vegetazione

Riscaldamento

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Analizziamo in modo più dettagliato i singoli agenti inquinanti:

Il monossido di carbonio impedisce il trasporto dell’ossigeno nel sangue e, ad alte concentrazioni, può provocare la morte per asfissia.

Il biossido di carbonio o anidride carbonica non sarebbe di per sé dannoso, se non fosse ormai presente in quantità troppo elevata a causa del consumo dei combustibili fossili, degli incendi e della deforestazione. L’anidride carbonica trattiene il calore riflesso dalla superficie terrestre, contribuendo quindi a mantenere calda la Terra. Questo fenomeno si chiama effetto serra. Un’intensificazione dell’effetto serra può provocare danni gravissimi, come il progressivo scioglimento dei ghiacci polari e il conseguente innalzamento delle acque dei mari e degli oceani, la riduzione delle precipitazioni e l’inaridimento di vaste aree del mondo.

Terra

CO2

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L’inquinamento da piombo, dovuto soprattutto alle auto, in quanto la benzina contiene dei composti di questo metallo, provoca danni al sistema nervoso.

Lo smog, ossia la cappa di fumo che spesso ristagna sopra le grandi città. Il termine smog deriva da due parole inglesi: smoke, che significa “fumo”, e fog, che significa “nebbia”; si può quindi tradurre in “nebbia da fumo”.

L’ossido di azoto, a contatto con l’acqua, forma un acido molto forte, l’acido nitrico, che, insieme con l’acido solforico, derivato dall’anidride solforosa, concorre a causare le piogge acide, che provocano la morte degli alberi. Quando il territorio non è più protetto da foreste, è soggetto a inondazioni e valanghe. Tra gli animali i più colpiti sono i pesci dei fiumi e dei laghi. In molti casi si è verificata la scomparsa di molte specie viventi. Anche i monumenti possono venire rovinati dall’acidità delle piogge. Nell’Acropoli di Atene, per esempio, alcune statue erano talmente danneggiate da dover essere sostituite con delle copie.

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I CFC o clorofluorocarburi, contenuti nelle bombolette spray, negli impianti di raffreddamento dei frigoriferi e nei condizionatori d’aria, causano il cosiddetto buco nell’ozono.

A una certa altezza nell’atmosfera, l’ossigeno può trasformarsi in ozono, un gas che funziona come un filtro e impedisce l’arrivo sulla Terra dei raggi ultravioletti dannosi agli organismi terrestri. Negli ultimi anni si è notata, nelle regioni antartiche, una netta diminuzione di questo gas, tanto da parlare di un vero e proprio “buco”.

I raggi ultravioletti che arrivano sulla Terra possono provocare un aumento dei tumori della pelle e una minore capacità di reazione dell’organismo alle malattie.

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Per cercare di ricostituire la fascia di ozono è necessario evitare l’uso dei CFC, sostituendoli con sostanze non dannose per l’ambiente.

Per limitare l’inquinamento dell’aria è necessario che le industrie si dotino di impianti che riducano al minimo l’emissione di sostanze velenose: filtri, depuratori, nuovi bruciatori.

Sia negli impianti industriali sia nelle nostre case dovremmo sostituire i combustibili più inquinanti con altri che lo sono meno, come il gas metano.

Anche risparmiando energia possiamo contribuire a limitare l’inquinamento atmosferico, perché riduciamo la quantità di sostanze emesse.

Cerchiamo, infine, di usare di più i mezzi pubblici, lasciando il più possibile a casa l’auto.

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