Preludio Senza Capitolo Primo - 00

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Numero 0 Luglio 2012 Rotolai giù fra i rumori sordi. Mi ricordo ancora il vostro saltare. Le braccia in festa. Avete subito imparato a nuotare nel mare d’avorio.

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Numero 0Luglio 2012

Rotolai giù fra i rumori sordi.

Mi ricordo ancora il vostro saltare.

Le braccia in festa.

Avete subito imparato a nuotare

nel mare d’avorio.

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Apertura dal sipario. Il chitarrista inizia a vivere mentre la corda vibra.

Prima dell’apertura del maestro non c’è respiro. Nota dopo nota si riempie lo spartito.

Il finale è lontano. Non esiste. Coordinazione fondamentale.

La sala ascolta il Preludio. La sala ascolta il Preludio.

La sala ascolta il Preludio.

Una sola basterebbe a trafiggere tutti voi, lo pensavate piano, con discrezione.

Guardandovi, guardandoci ora sembra quasi che sia successo. Venature legnose percorrono la sua superficie,

ma non è un albero.

Trovandole abbiamo pensato di essere cresciuti e forse così è stato, abbiamo riso delle nostre prime rughe,

paragonandole alle loro, ma non c’era specchio in cui cercare rifugio.

Vi ho sognati l’altra notte, eravate in fila, con le vostre belle giacche, cantavate.

Mi avete preso per mano, abbiamo corso, bevuto, poi ancora cantato. E nel coro li abbiamo visti,

masse d’ombra sfilacciata, venuti a riprendersele.

Da allora il mio respiro è ruvido, mi ricorda i suoni che facevamo, fumando sigari, seduti sul bianco, soffiando dentro

qualche osso cavo.

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Apertura dal sipario. Il chitarrista inizia a vivere mentre la corda vibra.

Prima dell’apertura del maestro non c’è respiro. Nota dopo nota si riempie lo spartito.

Il finale è lontano. Non esiste. Coordinazione fondamentale.

La sala ascolta il Preludio. La sala ascolta il Preludio.

La sala ascolta il Preludio.

O D O R E

S i m o n e P a c e . . . . . . . . . . . . . p g 4

L a m a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p g 2 6

C e c i l i a F e r r i . . . . . . . . . . . . . p g 4 6

A l i c e C u t r o n e o . . . . . . . . . . p g 6 4

S T R A D A

S i m o n e P a c e . . . . . . . . . . . . p g 1 8

L a m a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p g 3 6

R o s a L a c a v a l l a . . . . . . . . . p g 4 2

C e c i l i a F e r r i . . . . . . . . . . . . p g 5 6

A l i c e C u t r o n e o . . . . . . . . . p g 6 8

M A R E D ’ AV O R I O

F r a m m e n t o 1 . . . . . . . . . . . c o p e r t i n a

F r a m m e n t o 2 . . . . . . . . . . . p g 2

F r a m m e n t o 3 . . . . . . . . . . . p g 2 4

F r a m m e n t o 4 . . . . . . . . . . . p g 6 2

F r a m m e n t o 5 . . . . . . . . . . . p g 7 5

F r a m m e n t o 6 . . . . . . . . . . . r e t r o c o p e r t i n a

A S C O LTA

D e l i a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p g 7 4

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Odore,quando salire non porta a nulla

S i m o n e P a c e

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Strada,cenere

S i m o n e P a c e

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Ricoprite pure di crema le vostre mani secche, ma non servirà.

L’angelo se n’è andato,

il nome che gli abbiamo affibbiato mentre si stendeva e agitava le braccia

in quel luogo non gli ha portato fortuna. E ditemi che una volta morto non

assomigliava a loro. Bussava spesso a casa mia, gli ultimi tempi che l’ho

occupata. Solo per piangere e stringermi forte.

Era già freddo.

Vi ricordate? Nei primi tempi festeggiare era un istinto comune, li abbiamo

appesi, con gli sguardi forati, come trofei di una caccia fasulla.

Poi razziavamo, una birra nella mano, la seconda nel frigobar.

Dopo una settimana abbiamo affittato il primo furgone. Mi lacrimavano gli

occhi e voi mi sfottevate, vi ho detto che era per la polvere,

ora lo ammetto, non è così.

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Ci siamo ubriacati tanto quella sera e quegli anni.

Eravate cosi belli.

Vi ricordate? Negli ultimi tempi festeggiare era consolatorio,

cercavamo di non vedere la follia agguantarci uno ad uno,

trascinarci nel bianco, soffocarci da dentro.

Ha sedotto anche me, forse solo per questo vi parlo così.

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Odore,mantra

L a m a

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Strada,scandita da cipressi

L a m a

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Strada,gabbia

R o s a L a c a v a l l a

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Aspettando un’altra macchia di colore.

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Odore,nostalgia

C e c i l i a F e r r i

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Strada,residui

C e c i l i a F e r r i

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Tra le fibre si leggono i colpi ricevuti e inferti, i parassiti staccati via dal tempo,

il fango incrostato, gli ostacoli rimossi per consentire il loro lento passaggio,

dopo aver regnato camminavano fin lì per morire.

La savana ne ha plasmato la forma e abbiamo pensato che i bastava prenderla

per farla nostra.

L’abbiamo allontanata dal luogo a cui era destinata, se uno di noi ora sputa san-

gue ci sarà un motivo.

Quando vi incrocio per i corridoi non vi riconosco più,

siete troppo sporchi di polvere. Mentre cercate di parlarmi vi vedo ridere,

rido anch’io, però mai senza piangere poi.

Mentre lacrimo vorrei ringraziarvi, baciarvi le scarpe, ricoprirvi d’oro

per quelle giornate. Vorrei vivere quel profumo e morire per farvelo rivivere,

mi priverei dei miei denti se valessero quanto i loro per comprarvi una scala,

per allargare una finestra in più nelle vostre stanze bianche, per rotolarci ancora

fra i rumori sordi.

Però vorrei anche uccidervi per non avermi fermato,

uccidermi per non averlo fatto con voi.

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Uno degli ultimi pranzi di gruppo, già non avvertivo i sapori, mi sono steso con

l’angoscia di essere il prossimo. Ho guardato la punta con attenzione,

scheggiata, possente.

Ne abbiamo staccate molte dai crani, ma non ricordo i brividi di ora.

Non un sacrificio, né la sensazione che pian piano la terra arida e rossiccia

non ci fosse più concessa, la certezza che la nostra saliva non la potesse

rendere umida.

E le braccia si stendono sempre meno.

Sulle ossa camminavamo, ora ci scaviamo dei buchi, cunicoli stepposi,

senza luce. Da lei fuggiamo, dagli specchi, dalla pelle esangue, callosa,

grigiastra che ci ricopre.

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Odore,casa

A l i c e C u t r o n e o

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Strada,linea

A l i c e C u t r o n e o

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A s c o l t a

Lo senti?

Questo è il battito del mio cuore

suono inconfondibile

che si inoltra per miglia e miglia

e quando si fermerà

vorrà dire che tu

sarai qui con me.

Lo senti?

Questo è il soffio della mia anima

che ripensa al passato

a quel che ero stata

per te.

Lo senti?

Questi sono i pensieri della mia mente

che vagano nello spazio

che c’è tra me e te ...

D e l i a

C R E D I T I

Mare d’avorio: racconto di Simone Pace

Illustrazioni di:

Lama........................copertina-retro copertina

Cecilia Ferri..............pg 2 - 75

Simone Pace............pg 24 - 62

Progetto grafico a cura del “Preludio”

[email protected]

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Siamo noi i parassiti, finalmente mi è chiaro.

Tra le ossa, tra i lembi di pelle dura a marcire.

Ora vi vedo. Siamo così vecchi, sembriamo loro,

ma patetici.

Ci hanno chiuso tutti nello stesso posto,

ma non ci sorreggiamo l’un l’altro per proseguire.

Ognuno ha la sua sedia, il proprio letto, ognuno sta mo-

rendo nel proprio cimitero di elefanti.

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Eppure io ricordo quel giorno, il sole e l’avorio erano dolci amanti, il nostro correre felice.

Abbiamo rubato, eppure ora guardo la zanna del pachiderma che nessuno è riuscito

a togliermi, leggo la vita sulla sua superficie, la forza della sua curva, il vento sferzato.

Non siete d’accordo? La terra di crepe, il passo imponente sbarra un rivolo generoso d’acqua,

un albero sradicato, un richiamo trionfante e tremo, così bella è la luce,

così enorme è stata la vita, così squillante.

In gloria a te che ci hai concesso questo, elefante, parassiti o no, perché nasconderci?