Ponticelli è un vasto quartiere della periferia … · Web viewDal punto di vista commerciale,...

22
MEETING DEL GRUPPO SOCIALISTA AL PARLAMENTO EUROPEO NAPOLI > 10-12 GIUGNO 2008 GRUPPO DI LAVORO SU: EMERGENZA ROM, IL CASO PONTICELLI PARTE PRIMA: IL TERRITORIO §. Ponticelli, quartiere della Municipalità 6 Ponticelli è un vasto quartiere della periferia orientale di Napoli abitato da circa 57.000 persone 1 , su una superficie di 9,11 Kmq: il quartiere confina a nord coi comuni di Casoria e Volla, ad est con Cercola e San Sebastiano al Vesuvio; a sud col quartiere Barra e ad ovest col quartiere Poggioreale. Dal 2006, entra in vigore la riforma comunale del decentramento amministrativo e Ponticelli, da Consiglio Circoscrizionale, (un parlamentino con funzioni consultive, composto da 20 consiglieri e un presidente), insieme alle ex circoscrizioni di Barra (38.183 residenti/Superficie pari a 7,82 Kmq) e S. Giovanni a T. (25.361 residenti/Superficie pari a 2,35 Kmq), diviene parte della Municipalità 6 (tot. ca. 118.000 residenti/Superficie 19,26 Kmq). Le municipalità di Napoli sono una suddivisione dei trenta quartieri della città (che prima erano suddivisi in 21 circoscrizioni) in 10 municipi che rappresentano forme di decentramento di funzioni e di relativa autonomia organizzativa e funzionale rispetto al Comune. L’area orientale, rappresentata dunque dalla Municipalità 6 e ricadente nel Distretto 52 dall’ASL per quanto attiene il PdZ socio-sanitario (l.328/200), è caratterizzata dalla presenza di un nucleo industriale (via via dismesso nel corso degli ultimi 20 anni) e da un’area agricola legata alla coltura di prodotti agricoli tradizionali e floricoltura. Negli ultimi 30 anni, il quartiere Ponticelli ha subito radicali trasformazioni dovute alle esigenze abitative della città; esso, infatti, è stata interessato all’insediamento di interi nuovi rioni di edilizia popolare che hanno ingigantito fenomeni come l’emarginazione sociale, la disoccupazione, la tossicodipendenza e l’abbandono scolastico. Il quartiere ospita anche una rilevante presenza di immigrati neocomunitari ed extracomunitari, che non hanno creato però problemi di convivenza degni di nota, anche se episodi di intolleranza, in particolare nei confronti delle minoranze rom si registrano a partire dal 2003 (vd. seconda sezione) 1 (senza contare l'elevato numero di abusivi e clandestini che secondo alcuni porterebbe il numero oltre i 60.000) 1

Transcript of Ponticelli è un vasto quartiere della periferia … · Web viewDal punto di vista commerciale,...

MEETING DEL GRUPPO SOCIALISTA AL PARLAMENTO EUROPEO

NAPOLI > 10-12 GIUGNO 2008  

GRUPPO DI LAVORO SU: EMERGENZA ROM, IL CASO PONTICELLI

PARTE PRIMA: IL TERRITORIO

§. Ponticelli, quartiere della Municipalità 6Ponticelli è un vasto quartiere della periferia orientale di Napoli abitato da circa 57.000 persone1, su una superficie di 9,11 Kmq: il quartiere confina a nord coi comuni di Casoria e Volla, ad est con Cercola e San Sebastiano al Vesuvio; a sud col quartiere Barra e ad ovest col quartiere Poggioreale. Dal 2006, entra in vigore la riforma comunale del decentramento amministrativo e Ponticelli, da Consiglio Circoscrizionale, (un parlamentino con funzioni consultive, composto da 20 consiglieri e un presidente), insieme alle ex circoscrizioni di Barra (38.183 residenti/Superficie pari a 7,82 Kmq) e S. Giovanni a T. (25.361 residenti/Superficie pari a 2,35 Kmq), diviene parte della Municipalità 6 (tot. ca. 118.000 residenti/Superficie 19,26 Kmq). Le municipalità di Napoli sono una suddivisione dei trenta quartieri della città (che prima erano suddivisi in 21 circoscrizioni) in 10 municipi che rappresentano forme di decentramento di funzioni e di relativa autonomia organizzativa e funzionale rispetto al Comune.L’area orientale, rappresentata dunque dalla Municipalità 6 e ricadente nel Distretto 52 dall’ASL per quanto attiene il PdZ socio-sanitario (l.328/200), è caratterizzata dalla presenza di un nucleo industriale (via via dismesso nel corso degli ultimi 20 anni) e da un’area agricola legata alla coltura di prodotti agricoli tradizionali e floricoltura. Negli ultimi 30 anni, il quartiere Ponticelli ha subito radicali trasformazioni dovute alle esigenze abitative della città; esso, infatti, è stata interessato all’insediamento di interi nuovi rioni di edilizia popolare che hanno ingigantito fenomeni come l’emarginazione sociale, la disoccupazione, la tossicodipendenza e l’abbandono scolastico. Il quartiere ospita anche una rilevante presenza di immigrati neocomunitari ed extracomunitari, che non hanno creato però problemi di convivenza degni di nota, anche se episodi di intolleranza, in particolare nei confronti delle minoranze rom si registrano a partire dal 2003 (vd. seconda sezione)Il quadro di un’emergenza sociale in atto è confermato da un elevato tasso di disoccupazione, 39,95% area orientale (Napoli 31,39%). Questo dato è emblematico degli effetti devastanti del processo di dismissione industriale, che ha generato non solo espulsione dal mercato del lavoro, ma anche forte marginalità e disagio sociale. Nella Municipalità 6, il peso della popolazione maschile risulta essere minore rispetto a quello femminile. Si rileva una presenza relativa di bambini superiore alla media cittadina. In particolare, la percentuale dei bambini con meno di cinque anni è pari a 6,46% (Napoli 5,29%), la più alta percentuale registrata tra le Municipalità. Conformemente alla situazione cittadina, dai dati definitivi del Censimento 2001 sulla struttura demografica della popolazione, emerge una Municipalità demograficamente giovane. Il rapporto percentuale tra la popolazione con 65 anni e più e quella con meno di 15 anni, l'indice di vecchiaia, scelto quale indicatore sintetico del grado di invecchiamento della popolazione, risulta inferiore a 100. Infatti, nella Municipalità 6 è pari a 61,14%, inferiore al dato cittadino (91,13%). Nella Municipalità 6 l'indice di dipendenza è pari al 49,46%, sostanzialmente identico al dato comunale (48,58%) e da quello nazionale(49,0%). Il riferimento, poi, alla superficie territoriale sulla quale insiste la popolazione (19,28 kmq) consente di disporre di un indicatore, la densità abitativa, il cui valore, 6.102 abitanti per kmq, risulta tra i più bassi tra quelli registrati nei territori delle Municipalità ed al dato medio cittadino (8.566 abitanti per kmq). Nella Municipalità 6 prevalgono le persone in possesso dei titoli di studio meno elevati. Più alta, rispetto al contesto cittadino, è la percentuale dei residenti che hanno soltanto la licenza media 33,65% (Napoli 29,21%), o la licenza elementare 29,99% (Napoli 24,29%), così come l'incidenza della popolazione senza alcun titolo di studio 15,55% (Napoli 11,31%). Mentre la 1 (senza contare l'elevato numero di abusivi e clandestini che secondo alcuni porterebbe il numero oltre i 60.000)

1

percentuale complessiva delle persone in possesso di titoli di studio più elevati, in particolare, diplomi di laurea, diplomi universitari e diplomi di scuola secondaria superiore, è pari al 20,81% (Napoli 35,18%). In dettaglio, sempre con riferimento alla popolazione residente di 6 anni e più, si registrano 3,09 laureati ogni cento abitanti (Napoli 9,77%); 0,37 ogni 100 abitanti sono le persone che hanno conseguito un diploma universitario (Napoli 0,67%); e 17,17 ogni cento abitanti sono le persone con diploma di scuola media superiore (Napoli 24,40%). Dal punto di vista delle potenzialità produttive e dell'effettiva partecipazione all'attività produttiva, la Municipalità Ponticelli, Barra, San Giovanni a Teduccio presenta una situazione tra le meno soddisfacenti. Infatti, sia il tasso di attività che quello di occupazione sono tra i più bassi registrati a livello territoriale cittadino: il tasso di attività è pari al 38,29% (Napoli 42,67%) ed il tasso di occupazione 22,99% (Napoli 29,28%).

§. La Camorra come egemonia culturale e controllo del territorioIn questo quadro, il quartiere Ponticelli, in particolare, vive una situazione di profondo degrado, che investe soprattutto gli ambiti urbani, economici, sociali e culturali e presenta un elevato tasso di criminalità. La disoccupazione è infatti molto elevata, anche per l'assenza di politiche mirate e il forte peso della camorra dovuto alla presenza di vari clan camorristici come ad esempio i potentissimi Sarno (uno dei clan più agguerriti della città ed anche il più autonomo insieme al clan Di Lauro di Secondigliano) protagonisti della famosa Guerra di Ponticelli, De Luca Bossa, ed altri. La presenza a Ponticelli di attività criminose e illegali legate al controllo camorristico, frenando lo sviluppo di piccole attività economiche commerciali, rendono estremamente precarie le condizioni socioeconomiche determinando situazioni di invivibilità che pesano enormemente su quella parte della popolazione dedita alle normali attività lavorative, causando nei casi più estremi la chiusura di numerosi piccoli esercizi commerciali. La mancanza di occupazione e il degrado sociale pesano soprattutto sui giovani che privi di formazione (in quanto hanno abbandonato precocemente la scuola), di un lavoro sicuro e, in alcuni casi, del supporto di figure parentali adeguate, diventano facile manovalanza per le attività criminose (spaccio di droga, contrabbando, furti d’auto e negli appartamenti, racket). In questo quadro, gli ambiti più vicini alla crescita del soggetto «minore», famiglia, scuola, quartiere, non rispondono alle esigenze primarie ed alla sua formazione sociale e morale e le organizzazioni criminali trovano terreno fertile per il reclutamento di minori da utilizzare nelle più svariate attività criminose. Il nucleo familiare malavitoso addestra fin dalla piccola età all'esercizio della illegalità i propri figli, «l'educazione» degli stessi, soprattutto se maschi, avviene in un contesto ambientale che con linguaggi, gesti, azioni e violenze forgia la recluta figlio per l'esercito camorra. La camorra con le sue bande, con un rapido ricambio dei quadri, con la utilizzazione strumentale della disperazione sociale diventa punto di riferimento per giovani e giovanissimi. Altri nuclei familiari socialmente deboli vendono la loro onestà e quella dei propri figli ai bisogni quotidiani prestandosi per l'occorrenza alle esigenze camorristiche in una miriade di attività illegali. Il «sostegno» economico a queste famiglie crea un rapporto di stabile convivenza con la camorra, la stessa assurge al ruolo di soggetto erogatore di servizi e di pagamento delle prestazioni. Le funzioni che svolgono le famiglie socialmente fragili in un territorio occupato dalla camorra sono molteplici e di grande utilità al processo di espansione sullo stesso: a) rifugio per latitanti o ricercati dai clan avversari; b) armi, droga e refurtiva da nascondere in ogni occasione; c) sentinelle attente sulla strada, piazza, vicolo e dello stesso fabbricato; d) prestanome per la gestione di attività commerciali.

Si può affermare con certezza che il rapporto tra famiglie assoggettate, devianza minorile e camorra si salda in un composito di illegalità. Attualmente la camorra può contare sul consenso sociale di migliaia di famiglie e prole, si avvale delle fasce giovanili impiegandoli come spacciatori al minuto di droga, i cosiddetti muschilli, per estorsione ed anche come killer.

§. Assetto urbanistico e disgregazione sociale: dall’utopia anni’60 all’atopia anni’80.

2

Dal punto di vista urbano la situazione non è migliore: Ponticelli era un comune a sé stante inglobato nella città ai tempi del fascismo. Pur fallendo il programma fascista di risistemazione ed ampliamento di Napoli, Ponticelli restava una sorta di eccezione conservando il suo doppio carattere agricolo ed industriale. I problemi cominciarono a sorgere con la ricostruzione dopo la Seconda Guerra Mondiale (da cui il quartiere uscì particolarmente danneggiato) e la grande speculazione edilizia che in città si ebbe col sindaco Achille Lauro. Si costruirono centinaia di case popolari che costituirono rioni malsani e sovrappopolati, come ad esempio il famigerato Rione De Gasperi, il Rione Incis, prima; dopo si è passati alla lottizzazione dell’area con la nascita di rioni ad alta presenza criminale tra i quali: Conacal, Camillo 90 e Lotto Zero, che raccolsero la numerosa immigrazione dall'hinterland o gli sfollati dopo il terremoto del 1980. Si calcola che dopo il terremoto Ponticelli sia cresciuta di circa 20.000 unità, per lo più stipate negli alloggi della 219 gestiti per il Comune di Napoli dalla Romeo Immobiliare: distese di cemento, palazzoni prefabbricati con pareti in cartongesso, obbrobri dell'architettura popolare, testimonianza della diabolica perseveranza negli '80, nella ricostruzione post-terremoto, assai peggiore dell’edilizia popolare preesistente nata con i piani urbanistici datati anni 60-70, per lo più oggi gestita dall’Istituto Autonomo Case Popolari (IACP). Dentro è un agglomerato di sottoproletariato urbano, un mix di evasione scolastica che va di pari passo con l'aumento del tasso di criminalità, così come l'innalzamento della disoccupazione infoltisce i clan camorristici. Ponticelli va configurandosi, in questa nuova tipologia residenziale senza una precisa vocazione produttiva, come il classico quartiere dormitorio, un non-luogo (a-topia) dall’identità frammentatasi dopo gli anni della cementificazione e della deindustrializzazione e a seguito dell’arrivo di decine di migliaia di nuovi residenti provenienti dai più diversi quartieri, i cui vissuti difficilmente si sono integrati con la ritualità e la tradizione di Ponticelli. Oltre a questa perdita di identità territoriale, il non luogo, infatti, l’a-topia, ha prodotto anche allontanamento dallo (dello) Stato. Se negli anni ’60-’70 le periferie non costituivano solo serbatoi di voti, ma la speranza (u-topia) di dare cittadinanza ai diseredati, gli anni del post-terremoto, monumentalizzando la casa popolare, producono non solo quelli che oggi definiamo ecomostri, ma anche i demo-mostri: le aberrazioni della democrazia. In queste aberrazioni, accade che la sostituzione di una batteria Wc, o la riparazione di un solaio che perde, valga merito e fiducia al capopopolo di turno, che è capace di intercettare i bisogni più efficacemente dell’Istituzione con tutto il portato antropologico del Sistema descritto da Saviano in Gomorra: un microcosmo chiuso che si riproduce da sé, si riconosce da sé, si autorizza da sé.

Stimolare la mobilità, migliorare l’edilizia: si attrezzano misure delle istituzioni locali dirette soprattutto verso il settore dei trasporti pubblici e del recupero urbanistico di aree depresse, concretizzatesi fra le altre cose con l’implementazione di 5 stazioni di collegamento alla rete Circumvesuviana e il bando del Piano di Recupero Urbano.2 Il progetto prevede la suddivisione dell’area interessata dagli interventi in n° 9 Sub-Ambiti di attuazione. In questi Sub-Ambiti (tra i quali ci sono quelli attualmente in gara) gli interventi sono, in massima parte, da realizzarsi con finanziamenti privati3. Viene predisposta una mappa delle opportunità funzionali attraverso la quale, facendo riferimento al contesto territoriale dei sub-ambiti oggetto di intervento, si sono orientate le proposte progettuali ed imprenditoriali alla luce delle trasformazioni già intervenute o in atto, individuando le filiere derivanti dai tre grandi poli attrattivi in fase di realizzazione nella zona : Sport, Cultura (musica, editoria, cinema), e Sanità. A differenza del primo polo già operativo, (sebbene non pienamente funzionale e sotto utilizzato: il Pala Vesuvio di Via Argine), il secondo, (Cultura) prevede la nascita di una Citta dell’Editoria e di un Palaeventi per la promozione della musica (ma anche Centro di Zona Commerciale) ed il terzo polo (Sanità) va ad integrare le preesistenti strutture sanitarie, tra cui la Clinica Evangelica Betania, con il realizzando Ospedale del Mare, disegnato da Renzo Piano. Si tratta del primo project

2 Nel programma complessivo del PRU è prevista la realizzazione di opere pubbliche (residenze pubbliche, sovvenzionate e convenzionate, attrezzature, opere di urbanizzazione primaria) ed opere private (residenze per una redistribuzione dei lotti da edificare al 40% della metratura a disposizione e terziario).3 Per la parte pubblica gli interventi sono finanziati in prevalenza con i fondi dell’Accordo di Programma tra Ministero delle Infrastrutture, Regione Campania e Comune di Napoli, destinati agli interventi su Campo evangelico, Lotto N e Rione De Gasperi. Sono presenti dunque, nei 4 Ambiti del Centro Integrato Servizi, quote di edilizia residenziale privata, nel rispetto delle indicazioni e dei limiti imposti dal PRG.

3

financing sanitario del nostro paese per un totale di 187,5 milioni di euro per quattro edifici che dovrebbero comprendere un ospedale da 450 posti letto, un albergo con 50 posti letto per le famiglie, una palazzina per l'amministrazione, e un Centro commerciale “per l'umanizzazione”. La costruzione consentirà la nascita di 400 nuovi posti di lavoro e, a regime, nel settore dei servizi, darà lavoro ad altre 600 persone, escluso il personale sanitario.Dal punto di vista commerciale, tuttavia, l’emergere di grandi centri di distribuzione, il nascente Auchan di v. Argine, i succitati centri di zona e centri per l’umanizzazione, nonché il moltiplicarsi di mercatini rionali (5 nello stesso quartiere a frequenza settimanale) contribuiranno fortemente al fenomeno già descritto nel capitolo dedicato all’economia criminale, della chiusura di numerosi piccoli esercizi commerciali, che rappresentavano forse una delle poche attività generatrici di reddito nel quadro della deindustrializzazione.Si registrano lievi passi in avanti nel campo della delocalizzazione e bonifica degli impianti petrolchimici con “l’Alienazione aree Kuwait raffinazione e chimica”. Trattasi dell’iniziativa promossa dalla Q8 che vuole vendere i 37 ettari di proprietà nella zona delle raffinerie: un´altra tappa del percorso avviato dalla Q8 a 15 anni dalla chiusura della raffineria, che richiese negli anni l’istituzione di una società ad hoc, la Società Napoli Est. Soltanto dal 2004, con il varo del nuovo piano regolatore della città, è cominciata la partita vera e propria. Da allora l’area è stata resa disponibile anche come sito di compostaggio e poi di stoccaggio provvisorio di rifiuti, ma, attualmente, forti sono le resistenze del gruppo imprenditoriale all’ipotesi che vorrebbe nella stessa zona un Termovalorizzatore per rispondere alle esigenze della Città di Napoli. Questa ipotesi, come molte soluzioni urbanistiche proposte trovano oggettiva difficoltà ad essere comprese dalla gente, perché di volta in volta calate all’interno di periodiche discussioni, senza che siano verificate compatibilità ambientali, ricadute economiche e sociali, consenso. Quando non prevale la sfiducia o addirittura il sospetto, la sensazione diffusa tra la gente è che, come altrove, la politica rinunci al governo dell’urbanistica, delegandolo agli immobiliaristi, cioè al Mercato, e che i Comuni impoveriti cedano terreni in cambio di un po’ di servizi. È così che anche altre città, senza un governo pubblico sono diventate agglomerati di costruzioni, ipermercati, dei luoghi di transito o dormitorio, definiti da un antropologo francese “non luoghi” proprio perchè mancanti di senso, di comunità: li riconosci all’estero e credi di essere a casa…In questo contesto, appare evidente la mancanza ancora di una logica di sistema che richiederebbe, accanto a luoghi di distribuzione commerciale e agli insediamenti abitativi, alle strutture culturali, sportive e sanitarie, il ripensamento della vocazione produttiva di quest’area, in modo da creare fonti di reddito, contribuire ad innalzare gli standards di vivibilità e socialità connessi alla civiltà del lavoro, attualmente compromessi dalla situazione di grave degrado socio-economico-culturale, accompagnata da un consistente abbassamento di livello nell’erogazione dei servizi essenziali. Qui il decentramento amministrativo avrebbe potuto giocare un ruolo importante per superare quel congelamento di fatto allo stato organizzativo e funzionale di questi territori dalla fine degli anni ‘80, che ha inasprito la crisi economica e sociale. Tuttavia la mancanza di risorse finanziarie, associata alla concentrazione in un unico luogo delle funzioni di direzione dei servizi, precedentemente distribuiti su ciascuna Circoscrizione, hanno finito per accentuare la percezione di un distacco dell’amministrazione locale dai territori di riferimento e contribuire all’acuirsi di tensioni sociali di una cittadinanza già esasperata dall’emergenza rifiuti e criminalità.

È questo il contesto da tenere di riferimento prima di accostarsi all’analisi dei temi connessi all’immigrazione a Ponticelli, con particolare riguardo alla questione Rom.

PARTE SECONDA: LA QUESTIONE ROM

4

§. Presenze rom a Ponticelli fino al 2003: dai Bipiani in amianto ai roghi di BotteghelleGli incendi e gli assalti agli accampamenti della comunità Rom rumena di Ponticelli, la disperazione di donne e uomini, il terrore dei bambini, ci rimandano ad uno scenario di intolleranza, razzismo e xenofobia i cui linguaggi rievocano le tensioni balcaniche della pulizia etnica4. Analizzare e comprendere l’efferatezza e l’improvvisa esplosione di atti di violenza ed intolleranza non può prescindere da un’analisi della storia dei primi insediamenti Rom e delle politiche di integrazione socio-culturale messe in campo nel quartiere.Il primo insediamento di Rom a Ponticelli risale alla metà degli anni 90 quando in seguito alla crisi politico-militare nei Balcani si sono registrati intensi flussi migratori di Rom. In quegli anni il popolo Rom subiva una persecuzione sistematica da parte dei nazionalisti bosniaci di Tudjiman e da parte delle forze para-militari dell’UCK. A Ponticelli, costruiti dopo il terremoto del 1980 per accogliere gli sfollati della città, sorgono i Bipiani, containers con pavimenti, travi e soffitti in amianto, inizialmente divisi in 2 villaggi A e B ai lati della strada parallela di v. Volpicella. Successivamente, dette abitazioni vengono occupate da comunità albanesi (lo sbarco di Brindisi del 1991), comunità africane (Costa d’Avorio, Togo, Burkina Faso, Mali) e comunità rom korakarè (prevalentemente serbi, macedoni e kosovari). A partire da questo momento, numerosi sono stati gli sforzi delle istituzioni e della società civile locale (volontariato, terzo settore, parrocchie) monitorare la situazione tumorale ed epidemiologica, per sviluppare percorsi di incontro, mediazione culturale e integrazione. Dati molto significativi vengono pubblicati dall’Assessorato all’Educazione del Comune di Napoli sull’inserimento dei minori stranieri nelle scuole napoletane nell’anno scolastico 2001/2002. Da tali dati risulta che le scuole elementari e medie di Ponticelli con una percentuale del 2,6% di alunni stranieri inseriti, risultano essere le scuole napoletane con la più alta percentuale di minori stranieri rispetto al totale degli iscritti: 5013. Nel solo 57° Circolo Didattico, scuola passata agli onori della cronaca per i temi shock di alcuni alunni che approvavano gli assalti ai campi rom, si è registrata una presenza di 96 alunni stranieri di origine albanese e rom su 1100 alunni iscritti ( percentuale del 9% ). Altrettanto rilevante e intenso è stato, nell’ultimo periodo, il lavoro di inserimento scolastico di bambini Rom da parte dell’associazionismo laico e cattolico sebbene esso abbia incontrato le lamentele, cariche di pregiudizi, dei genitori italiani. Ciononostante dobbiamo evidenziare alcune problematiche emerse in seguito alle interviste relative alla qualità della formazione scolastica di questi alunni. L’inserimento degli Albanesi nei circoli didattici è quello più datato, esso è iniziato infatti nel 1994, ad esso è seguito quello di qualche alunno ivoriano ed infine faticosamente quello di alcuni bambini rom. Quest’ultimo ha avuto un grosso incremento soprattutto tra il 2000 e il 2003. Per ciò che riguarda l’età è emerso che l’iscrizione è in regola per quasi tutti gli alunni albanesi: non lo è nella maniera più assoluta per quelli rom che comunemente sono inseriti in classi inferiori alla loro età. Le interviste realizzate con i dirigenti e i docenti delle scuole interessate, hanno evidenziato un dato comune a tutte e precisamente:- il personale docente, malgrado la cospicua presenza, tra l’altro in continuo aumento, di alunni

stranieri, è ancora privo della formazione necessaria per assicurarne un inserimento rispettoso della loro identità e delle loro culture di provenienza.

- gli strumenti e sussidi didattici necessari per l’acquisizione di competenze e abilità che vanno dal sapere leggere e scrivere e favorirne un’integrazione rispettosa della loro lingua oltre a facilitarli nell’apprendimento sono inesistenti.

Le problematiche maggiori riguardano l’inserimento scolastico dei minori rom che, iniziato e difeso in maniera costante nel triennio 2000-2003 dalle associazioni del terzo settore, era in netto

4 Le persecuzioni ai danni del popolo Rom non rappresentano purtroppo una novità per chi studia o ha a cuore le sorti di questo popolo la cui prima presenza documentata in Europa risale al 1342 a seguito della diaspora iniziata in India a partire dal 500 a.c.. L’emanazione di bandi anti-zingari ha rappresentato il filo comune delle politiche dei nascenti stati nazionali europei. La diete anti-zingari emanate da Ferdinando ed Isabella nel 1492, i molteplici bandi di espulsione e riduzione a schiavitù perpetrati dallo Stato Pontificio, il dimenticato sterminio nazista dei Rom e Sinti messo in atto nella seconda guerra mondiale, in cui mezzo milione di Rom sono stati uccisi, - tristemente noti sono gli esperimenti di eugenetica fatti sugli occhi dei bambini – rappresentano pezzi di un mosaico che descrive la storia delle discriminazioni e persecuzioni subite da questo popolo.

5

aumento rispetto agli anni precedenti, superando numericamente, nelle scuole elementari, quello degli alunni albanesi la cui frequenza scolastica è cominciata molto tempo prima.Nonostante i limiti e le difficoltà, la strada intrapresa per un lento, faticoso e costoso processo di integrazione era stata individuata. Mancava tuttavia un’attenzione alla situazione igienico-sanitaria i cui punti di criticità possono riassumersi in tassi di morbilità, mortalità, durata della vita seriamente compromesse dalla progressiva modifica ed usura delle strutture in amianto che componevano gli alloggi Bipiani.

Il processo di integrazione nei Bipiani viene ulteriormente incrinato da una serie di elementi congiunti: 1) le crescenti tensioni inter-etniche all’interno dei Bipiani (soprattutto tra Rom serbi-macedoni e un gruppo kosovaro; 2) il contemporaneo arrivo di un improvviso flusso migratorio, proveniente dalle aree più povere della Romania (Kalarasi) senza un posto dove dormire, denutriti, disorientati ed ingannati da spregiudicati mercanti di vite umane; 3) Lo sgombero del villaggio B dei Bipiani nel 2003, quella dove risiedevano da poco i Rom rumeni stabilitisi durante l’estate che sancisce di fatto lo slittamento della questione Rom da questione di politiche sociali a questione di ordine pubblico e sicurezza, mercè l’abbandono di politiche di accoglienza e sistemazione abitativa.Questione di ordine pubblico e sicurezza: i rom rumeni subirono dall’inizio le pressioni del gruppo Kosovaro che era riuscito a controllare l’area e la distribuzione degli alloggi dietro pagamento e così ad imporsi, prima sui gruppi serbo-macedoni costretti alla fuga, ed ora sui nuovi arrivati.Questione abitativa: L’amministrazione Comunale di Napoli fu attaccata duramente perché incapace di affrontare il problema rumeni, furono praticate soluzioni provvisorie con non poche inquietudini al Margherita di Savoia (ex scuola), al “Ristori” (centro storico) ed all’altra ex scuola Deledda in Soccavo, unico Centro di Prima Accoglienza di Napoli. Nel frattempo a Ponticelli, la “questione sicurezza”, detta i tempi di uno sgombero coatto senza soluzione abitativa alternativa per ca. 300 persone del Villaggio B dei Bipiani (lato Ponticelli) che viene abbattuto. Resta in piedi il villaggio A Bipiani fronte strada (lato Barra) popolato da italiani, albanesi, e africani. Anche il contratto con la ditta aggiudicatrice dei lavori di abbattimento e bonifica viene sciolto dopo il pagamento di mesi di mora da parte del Comune. Il 3 dicembre 2003 la Giunta Comunale votò una delibera (n. 4397) che autorizzava a contrarre un comodato d’uso gratuito relativo alla cessione per 12 mesi a favore del Comune di Napoli di alcune parti del Magazzino Approvigionamento sito in Ponticelli, Via Botteghelle 123, di proprietà della Rete Ferroviaria Italiana spa di Napoli, da utilizzare per l’accoglienza temporanea di cittadini rumeni, in attesa della materiale disponibilità del palazzo di Via delle Industrie (previsti almeno 12 mesi di lavori), ovvero la proposta avanzata dal Coord. Ponticelli Interetnica e dalla Circoscrizione5. Nel frattempo lo stesso comodato d’uso per i magazzini di via Botteghelle 123 viene sottoscritto: è il 14 gennaio 20046. Ci fu una successiva mediazione con i residenti che prevedeva la riqualificazione e l’arredo urbano di tutto il tratto di Via Botteghelle entro il quale vi era la zona che doveva ospitare i rumeni (delibera di G.M. n. 896 del 15 marzo 2004), ma la gente era inviperita, aizzata contro tutti, atti vandalici (lettini della protezione civile bruciati, cancelli saldati) e pregiudizi sopravanzarono qualsiasi capacità di ascolto e di equilibrio. L’operazione saltò.

§. Aumentano i campi: 10 per 4 Kmq. Emergenze igieniche e ambientali.

5 che riuniva DS, PRC, Associazioni di Volontariato come N:EA, Cartitas, 3febbraio, ArrangiARCI, e Comunità Ivoriane e Albanesi di Ponticelli nei mesi precedenti: l’allora Presidente della Circoscrizione De Cicco e i segr. di partito presentarono la proposta al tavolo con la Regione dove fu recepita dall’allora Assessore Buffardi, la quale rese disponibile per il Comune di Napoli il palazzo di proprietà della Regione, inviando nota al Comune di Napoli che invece risponderà 8 mesi dopo.

6 L’intero Consiglio di Circoscrizione Ponticelli, leggendo per tempo le tensioni sociali che si stavano manifestando tra i residenti, votò all’unanimità un ordine del giorno il 25 febbraio 2004 (nota prot. n. 251/P del 26/02/2004) dove si chiedeva “l’annullamento e l’immediato blocco del provvedimento”

6

Con i Rom sfrattati da Ercolano e da via Lufrano (Casoria) e successivamente altri ancora, i Campi rom spontanei sono aumentati: 3 su via Argine; 2 su via V. Wolf; 2 su Cupa Lettieri/via Malibran; 1 via Califano; 1 via D. Petri (recintato con lastre di Ethernit), 1 piccolo campo adiacente Villa Tropeana = Tot. 10, con stima approssimativa 900, quasi la metà dei rom insediati nella città di Napoli (non esistono dati ufficiali coerenti, per la Prefettura 600/700, per i Vigili 225, per l’ASL 1500/2000, per i mediatori dello Sportello immigrati comunale ca. 800). Si tratta di baraccopoli costruite con suppellettili in legno abbandonate, facilmente infiammabili, prive di servizi igienici elementari, infatti i bisogni fisiologici vengono espletati presso cloache a cielo aperto e a cielo aperto sono gli spazi per lavarsi, fatta eccezione per lo spazio femminile, spesso dotato di divisori in tela. Il riscaldamento è affidato alla combustione di materiali recuperati tra i rifiuti e per la cucina, nonché per l’attività di recupero del rame (rivenduto a 3,5 euro al kg) e dei materiali ferrosi tramite bracieri, si impiegano bombole GPL. Molte le tipologie di materiali speciali giacenti anche all’interno dei campi (amianto, batterie usate, pneumatici brucati).

Per ciò che riguarda l’inserimento lavorativo dei Rom, la loro situazione è la peggiore di tutti. La sparizione dei loro mestieri, le trasformazioni economiche e sociali, i pesanti e gravi pregiudizi che i Napoletani hanno nei loro confronti (vengono definiti ladri, sporchi, fannulloni, accattoni) li condannano ad una disoccupazione che alimenta ciò che sono costretti a fare per vivere.Eppure sono dei grandi lavoratori, si adatterebbero a tutto pur di lavorare. Negli ultimi tempi anche a causa delle restrizioni legislative, stavano emigrando verso il nord dove alcuni di essi trovavano lavoro nelle fabbriche, e ne erano fieri. Tale fierezza appare negli occhi dei bambini che a seguito di un viaggio di passaggio a Napoli, dicono che ora stanno in una bella casa, che il loro papà ha trovato un lavoro e questo alimenta le speranze degli altri. Le attività lavorative a cui si dedicano sono sempre le stesse, chi è più intraprendente, si dedica al commercio, ma la gran parte vive di elemosina e di furti o quando va bene, della vendita di fiori alla quale partecipa tutta la famiglia che è al proprio interno molto unita e complice. Da parte di tutti è emerso come bisogno quello di avere maggiori diritti e garanzie lavorative, più informazioni e tutela legale, più formazione e sostegno al lavoro autonomo. Stessa situazione per i servizi sanitari, in cui le costanti contraddizioni tra le direttive interne, tra necessità di avere un’assicurazione sanitaria obbligatoria (ca. 400 euro) per i neocomunitari ed equiparazione alla normativa nazionale, o al più a quella in vigore per gli extracomunitari (stp). In particolare, risulta difficile ricostruire il percorso vaccinale, per cui si ha la sensazione che vengano anche vaccinati troppo. Sono peggiorate le condizioni igienico-sanitarie, i campi informali li troviamo sotto ponti o cavalcavia, a ridosso di discariche abusive ed in luoghi malsani ed aumenta l’attività illegale, cui va ad aggiungersi, dapprima solo nelle stagioni fredde, l’attività di brucio di pneumatici (poi divenuta business per scaricatori abusivi che trovano nei rom il socio ideale) e di rame. La Presidente di Municipalità comincia ad inviare note e appelli, un fitto carteggio per chiedere tavoli interistituzionali, e nel Quartiere Ponticelli più volte viene segnalato come il fuoco lento e continuo, tenuto acceso per sciogliere la plastica contenente il rame, prosegue per l’intera giornata e anche di notte. I fumi sprigionati dalla combustione rendono l’aria dei dintorni irrespirabile. A nulla serve chiedere l’intervento dei Carabinieri della PS dei Vigili del Fuoco, della Polizia Municipale: i cittadini di via Malibran e via Lettieri, precedentemente riuniti in comitato civico per stimolare la riqualificazione dell’area, presentano un esposto il 3 agosto 2007 al Commissariato di Ponticelli7.

7 : “Nella zona di Ponticelli più precisamente in tutta l’area intorno al parco “De Filippo” vi sono diversi insediamenti di Rom che vivono in fatiscenti baracche costruite su suolo pubblico senza alcuna norma di sicurezza e senza nessun tipo di autorizzazione, con materiale di risulta (pannelli di legno, cartone, pneumatici dismessi ecc.) e privi di fognature, di acqua e di elettricità. La mancanza delle più elementari condizioni igienico-sanitarie espone gli occupanti di tali tuguri, soprattutto i bambini, al rischio di infezioni. La totale assenza dei servizi igienici obbliga gli occupanti di questi insediamenti abusivi a fare all’aperto i loro naturali bisogni fisiologici. Inoltre, tali costruzioni sono da ritenere molto pericolose in quanto costruite con materiali facilmente infiammabili.La principale attività svolta dagli abitanti di questi insediamenti, soprattutto da bambini e donne, è quella di rovistare nell’immondizia aprendo sacchetti chiusi.Gli uomini si dedicano alla ricerca di materiale ferroso e di elettrodomestici, che trasportano con furgoncino molto rumoroso e senza targa, presso i loro accampamenti per asportare le parti meccaniche e metalliche, lasciando poi le carcasse dove capita, contribuendo così, in modo significativo, alla già precaria e insostenibile crisi dei rifiuti.”

7

Il mese successivo, 26 settembre 2007, dopo discussioni sull’opportunità o meno di affrontare la questione in consiglio, viene presentata dal consigliere Malandrino con le firme di 15 consiglieri un’interrogazione, rimasta senza risposta, con proposta di esame in consiglio di questioni inerenti: situazione Parchi, Immigrazione,Vigili Urbani, Centrale di Vigliena8.

Nel frattempo scoppieranno tensioni sociali, incendi e episodi di scampato linciaggio dei Rom di via Malibran, che portano la situazione a degenerare, al punto che anche R. Carotenuto, esponente del PRC in consiglio comunale, residente in zona descrive (ma non sottoscrive) il testo di una petizione civica sul tema che presenterà in data 21-2-2008 al Sindaco9

Dopo alcuni giorni, il 29 febbraio 2008, alla Municipalità il PD presenta un documento (cui segue manifesto alla cittadinanza) nelle cui considerazioni denuncia i rischi che i lavori previsti dal Piano di Recupero Urbano, il cui bando era già andato deserto in precedenza per disinteresse degli investitori, possano ritardare causando (ove mai si superasse la data del 4 agosto ‘08) la perdita dei finanziamenti ministeriali. Anche in questo OdG, che fra l’altro, oltre ad esprimere preoccupazione “per le quote destinate ad attività terziario-commerciali con particolare riferimento alla grande distribuzione”, che rischiano di svuotare “la scelta programmatica e l’obiettivo progettuale di rilanciare la zona orientale come la principale zona produttiva-industriale della città” impegna il Comune a “a riprendere la procedura per l’abbattimento dei campi Bipiani di via Volpicelli (ambito sub 6)” e avverte nelle considerazioni la Regione “(…)Che alcune delle suddette aree oggetto di interesse dell’amministrazione comunale oggi sono occupate da campi nomadi abusivi, le cui condizioni igienico-sanitarie sono insostenibili (cloache a cielo aperto, bisogni fisiologici all’area aperta, depositi di scarti di ogni genere, attività tossica di brucio del rame e di pneumatici usati, nonchè di materiali indifferenziati anche al semplice scopo di generare calore etc.) e forte si avverte la possibilità che la tensione tra la popolazione residente e le popolazioni rom possa sfociare in gravi e violenti episodi di intolleranza;(…)

§. Scoppia la crisi in Consiglio, “la Giunta scarica tutto sul territorio”, il manifesto del PD

8 I 15 Consiglieri, a maggioranza DS e DL, interrogano il Presidente e la Giunta al fine di conoscere: -(…)come si intende rispondere all’emergenza rappresentata dal moltiplicarsi di insediamenti abitativi abusivi, per lo più popolati da cittadini provenienti dall’Est Europeo, in prevalenza rumeni, le cui condizioni sociali e igienico sanitarie mettono a repentaglio le vite degli stessi nonché della numerosissima prole. In particolare, si chiede di conoscere le iniziative intraprese nel campo sanitario (vaccinazioni, stp, prevenzione e verifica stato di salute) e scolastico (percorsi socio-educativi attivati, iscrizioni scolastiche, attività di contrasto allo sfruttamento), nonché l’esito di un’eventuale ricognizione sul territorio al fine di individuare aree e locali da destinare a strutture di accoglienza provvisorie, costi di adeguamento e criteri di selezione dei beneficiari.(…) In particolare, l’ultimo punto interpreta alcune preoccupazioni per la posizione pubblicamente assunta all’esterno dei luoghi deputati dall’Assessore Municipale alle Politiche Sociali, che impone una soluzione in tre tempi, non discussa in Consiglio e che sostanzialmente si articola in: “Breve termine: destinare la struttura di Via Pacioli (n.d.a. Villa Comunale De Filippo in Ponticelli), già parzialmente vuota e senza una destinazione d'uso particolare, a centro d'accoglienza per svuotare i campi ROM di Via Malibran e quelli adiacenti alla scuola "Marie Cure". La struttura in oggetto è da subito abitabile e dotata di servizi, docce e cucine da campo, per ospitare almento 200 unità. La gestione pubblica da affidare sul modello "Deledda". Le aree sopracitate saranno oggetto delle cantierizzazzioni per i P.R.U. e dovranno quindi essere liberate entro il 4 Agosto 2008.Medio Termine: destinare un’area P.R.U., che di fatto è già occupata, o l’area comunale di Via Mastellone (adiacente al cimitero di Barra) alla creazione di un moderno campo ROM secondo le linee guida e con i fondi già a disposizione della provincia di Napoli. Anche su questo si potrebbe riprendere un vecchio protocollo d’intesa firmato dalla ex circoscrizione di Barra con l’allora presidente della provincia Amato Lamberti. Su questa ipotesi c’è già stata una disponibilità di massima dell’assessore alla Pace I. D’Aimmo.Lungo termine: Rilanciare l'ipotesi di Via delle Industrie, uno stabile di proprietà della Regione Campania, in cui c'era un accordo sul comodato d'uso gratuito al comune per destinarlo a centro d'accoglienza per Migranti. Questa ultima ipotesi è quella su cui molti dei rappresentati del PD di zona convergono ritenendolo l'unica delle soluzioni possibili, ma (…), solo per renderlo abitabile ci vogliono ingenti risorse e almeno tre anni di lavoro” fonte sito www.patriziogragnano.it. Successivamente (in data 2-4-2008) le forzature di cui sopra porteranno alcuni consiglieri del PD alla richiesta di dimissioni dell’Assessore alle Politiche sociali della Municipalità, motivata da un severa censura del metodo adottato per l’individuazione e la pubblicizzazione della proposta di via Pacioli: non si tiene conto degli episodi di sommossa popolare verificatisi anche quando la Giunta comunale su proposta dell’Assessore Tecce aveva deciso di insediare un accampamento regolare a Ponticelli, in un’area addirittura di minore densità abitativa di quella ora proposta (che è invece a 100 m dagli attuali campi di via Malibran).

9 “Premesso che nel quartiere di Ponticelli esistono diversi campi nomadi abusivi; che il più grande si divide a ridosso tra la ex Cupa Lettieri, Via Maria Malibran e Viale Luigi Califano; che il menzionato accampamento è cresciuto a dismisura ed ormai esiste un problema di ordine pubblico; che i cittadini residenti sono “costretti” a vedere scene raccapriccianti e condizioni igienico-sanitarie che fanno rabbrividire (cloache a cielo aperto, bisogni fisiologici all’area aperta, depositi di scarti di ogni genere, etc.);Constatato che le condizioni di disturbo della quiete pubblica (continue feste fino a tarda notte) e le pressanti richieste di soldi e cibo hanno raggiunto un punto critico tanto da far pensare che il decennale legame di solidarietà tra italiani e minoranze di stranieri possa definitivamente saltare; che una sistemazione alternativa immediata per centinaia di rom può giovare innanzitutto a loro stessi sia per igiene che per rapporti di libera e civile convivenza tra esseri umani; I SOTTOSCRITTI CITTADINI DI PONTICELLI CHIEDONO AL SIG. SINDACO DI NAPOLI di permettere l’immediato superamento dei campi abusivi rom compresi tra la ex Cupa Lettieri, Via Maria Malibran e Viale Luigi Califano di Ponticelli affinché vengano ripristinate “normali” condizioni igienico-sanitarie oltre che di vivibilità ed una vita più degna a gente meno fortunata di noi.”

8

Dopo una serie di incontri a Palazzo S. Giacomo tra Assessore Riccio e capigruppo della Municipalità si arriva alla convocazione del Consiglio Municipale del 2 aprile 2008 in cui tuttavia l’Assessore Riccio porta una linea inedita (non alleggerire la pressione su un quartiere che da solo ospitava la metà dei nomadi di tutta Napoli, bensì distribuirla sull’intera Municipalità) e l’Assessore Municipale evita di ufficializzare in consiglio la sua proposta (i 3 tempi). PD, SDI, e Udeur presentano un documento per l’individuazione del sito in cui ospitare i Rom provenienti dal campo più grande (area via Malibran - via Califano - via Wolf) presso via delle Industrie.Il sito ospiterebbe alcune decine di roulotte e uffici mobili per l’identificazione e il coordinamento dei servizi di supporto e mediazione (integrazione sociale, sanitaria, scolastica) permettendo la nascita di un campo nelle more del recupero e consegna delle diverse sezioni dell’edificio da ristrutturare (interventi e consegna a stadi di avanzamento)10. Salta il numero legale. Il documento verrà bocciato a maggioranza nella seduta successiva (24-4-2008).

Nel frattempo: 1) a seguito di sopralluogo congiunto con l’Arma dei Carabinieri, intervenuta a seguito dell’ipotesi di reato di estorsione ai danni delle popolazioni rom, segnalate da La Repubblica del 2-5-2008, l’ASL UOPC e il SEP rilevano l’assoluta pericolosità delle bombole GPL in prossimità delle baracche in legno, le condizioni disastrose dei campi e l’impossibilità ad effettuare qualsivoglia attività di bonifica, derattizzazione e disinfestazione all’interno delle aree perimetrate; stigmatizza la presenza di resti di falò con residui di rame; evidenzia la difficoltà ad avviare un programma vaccinale in assenza di dati pregressi sui bambini presenti. 2) In Giunta comunale saltano gli incontri previsti tra Assessorato al Patrimonio (competente per l’individuazione di strutture alternative a Via Delle Industrie) alle Politiche Sociali, all’Edilizia (interessato a trovare una soluzione che non comprometta l’apertura dei cantieri PRU). 4) ritarda l’esecuzione dell’ordinanza sindacale 502 di bonifica delle aree disposta il 28-4-2008 dal Sindaco; 5) l’attenzione dei media cresce dopo l’ipotesi di racket sui campi 6) viene convocata una riunione quadri di coordinamento del PD di Ponticelli del 9-5-08 per tentare di ritrovare un luogo di direzione condivisa e, preso atto della crisi istituzionale e sociale, si propone di rompere gli indugi ed inviare una lettera aperta a AL SINDACO DI NAPOLI, AL PREFETTO, AL QUESTORE E AL DIRETTORE GENERALE DELL’ASL NAPOLI 1 per chiedere una convocazione urgente11. È una richiesta d’aiuto: nel naufragio delle soluzioni alternative, la 10 La proposta rimarca un’ipotesi simile avanzata dall’allora Ass. Tecce alle associazioni di volontariato, all’epoca rigettata.Durante il Consiglio Municipale, il nuovo Assessore comunale alle politiche sociali, Giulio Riccio, rimarca la contrarietà della Giunta Comunale a nuovi campi regolamentati (dichiarando di voler invertire rotta rispetto alle politiche sociali attuate negli ultimi 15 anni) e chiedendo alla Municipalità, senza fornire alcun elenco del patrimonio comunale disponibile, l’individuazione di 3 strutture sul territorio della Municipalità VI che non siano abitazioni (!) ma edifici convertibili ad uso civile abitazione (scuole, uffici, centri…), edifici di cui, sempre secondo l’Assessore Riccio: il 1° disponibile subito; il 2° con lavori di 6 mesi; il 3° con lavori più lunghi.PD, Sdi e Udeur, confidando nel voto della maggioranza dei presenti, chiedono la votazione su ciascuno dei due documenti presentati, a completamento della lunga giornata di dibattito e analisi delle proposte. In fase di voto Verdi, PRC, PdCI e Campania democratica hanno abbandonato l’aula. Cadendo il numero legale la votazione è saltata e la seduta sciolta. Alla seduta successiva il documento viene ammorbidito, individuando Via delle Industrie come “una delle possibili soluzioni” e presentato nella sua versione definitiva ottenendo il voto contrario di chi invece la riteneva in ogni caso inadeguata e sosteneva che fosse necessario altro tempo per decidere, sono: Presidente, Campania Democratica, Sinistra Arcobaleno AN, UDC, e parte di FI (ad escl. del Cons. Grieco). Il documento è respinto con scarto di 3 voti. Nel frattempo Sinistra Arcobaleno e Campania Democratica presentano il proprio documento alternativo senza individuazione di siti, ma con indicazione di metodo e parere negativo sulla proposta di via delle Industrie, che per regolamento deve venire approvato in seduta successiva. Questa viene convocata, il PD non vi partecipa, non si raggiunge il numero legale (***) e va deserta. Verrà convocata il 12 maggio, e per approvare solo debiti fuori bilancio e questioni regolamentari la cui trattazione è saltata nelle precedenti 2 sedute, in attesa di un chiarimento all’interno della maggioranza e in particolare del PD della VI Municipalità che in un quadro unitario annoverebbe da solo la metà (cioè 15) del Consiglio.11 Il continuo aumento di accampamenti abusivi Rom in diverse aree del quartiere Ponticelli sta diventando, per molteplici ragioni, insostenibile e foriero di preoccupanti episodi d’intolleranza da parte della popolazione del quartiere. L’insostenibilità è sanitaria, ambientale e sociale. Sanitaria in primis perché, al fine di procacciarsi materiali per la costruzione delle loro baraccopoli, i Rom sono soliti scavare nell’immondizia. In situazioni normali, l’apertura dei sacchetti è già di per sé problematica: diventa vera e propria emergenza oggi, dati gli enormi quantitativi di spazzatura che ancora invadono le nostre strade. Il rischio per la salute pubblica è inoltre acuito dalla vicinanza degli accampamenti alle abitazioni, alle strutture sportive, alle scuole. L’illegalità dei campi nomadi non implica soltanto la già problematica occupazione di spazi comunali riservati alla realizzazione d’impianti legati al Piano di Recupero Urbano, ma anche l’assenza di servizi igienici, acqua ed energia. Ciò significa escrementi a cielo aperto, assenza totale di pulizia e utilizzo di bombole di gas senza le più elementari norme di sicurezza. Inoltre, l’approssimarsi della stagione estiva rende più concreto il rischio di epidemie. Non è nostra intenzione alimentare luoghi comuni a sostegno dell’equazione “ROM=DELINQUENTE”, ma è indubbio che il mancato rispetto delle elementari regole di civile convivenza, soprattutto in un quartiere già attraversato da una diffusa ILLEGALITA’ e da una radicata presenza di organizzazioni CRIMINALI, esaspera gli animi dei cittadini. Alcuni recenti e gravi episodi (furti in appartamenti, tentati rapimenti di bambini) hanno acuito il clima di intolleranza ed alimentano il sentimento, comune da parte di tantissimi cittadini, di farsi giustizia da soli. È questo uno degli aspetti che maggiormente preoccupa, se è vero che, in un recente passato, si sono registrati diversi e gravi episodi (distruzione ed incendi) contro gli accampamenti nomadi. Come esponenti di una forza politica fortemente radicata sul territorio, a diversi livelli e in più occasioni, abbiamo segnalato la necessità di programmare efficaci piani d’intervento per tutelare la popolazione residente, garantire livelli di vita migliore per i rom, nello spirito di solidarietà ed insieme di ripristino della LEGALITA’ che ispira la nostra azione politica. Per questo, chiediamo che il Comune, la Prefettura, le forze di pubblica sicurezza e l’ASL intervengano senza ulteriori indugi per eliminare tutti gli insediamenti abusivi presenti a Ponticelli e riportare la serenità in un quartiere che

9

questione diviene sempre più da politico sociale ora di ordine pubblico e sicurezza. Nel frattempo, il clima peggiora dopo il manifesto di AN che strumentalizza il voto alla Municipalità accusata di essere “dalla parte di chi delinque per cultura e professione”. Il PD pensa ad un manifesto per rassicurare i cittadini che c’è ancora una sponda istituzionale al problema, piuttosto che la lettera c’è però chi manda in stampa un manifesto autonomo che comparirà sui muri un paio d’ore dopo il secondo rogo, dal titolo “Via gli accampamenti Rom da Ponticelli!” che chiede a Comune, Prefettura, Forze di pubblica sicurezza, ASL di dare “finalmente corso alle sollecitazioni, fin qui rimaste inascoltate, per un immediato smantellamento dei campi e per restituire serenità e sicurezza ai cittadini di Ponticelli”. Alcuni consiglieri municipali, invece, insieme alle associazioni di settore, l’Opera Nomadi e le forze dell’ordine tentano di proteggere i 56 Rom ancora su Via Argine di cui 30 bambini scolarizzati, e propongono il Convitto di S. Giovanni per passare la nottata. Anche qui vengono aggrediti, si negozia sul tempo di permanenza. Finalmente il Comune interviene con un’elenco di case famiglia disponibili (la struttura Deledda è al completo), ma ormai si sono perse le tracce di almeno 600 rom che hanno cercato soluzioni autonome.

§. Conclusioni: il pogrom di Ponticelli e l’Europa Episodi di intolleranza, scontro e roghi c’erano già stati nel 2003 e nel 2007. C’erano i problemi che chiunque può immaginare quando ben 10 campi abusivi, con il modello di vita gitana approdano tra i casermoni popolari abitati da 20000 napoletani “deportati” dal Comune nel post-terremoto, in un tessuto sociale già modificato dalla deindustrializzazione, con redditi bassissimi, un’alta evasione scolastica, un pauroso abbassamento dei servizi - 4 vigili per 57000 abitanti! - un’economia criminale radicata… In un contesto così degradato, si smaltivano nei campi quotidianamente rifiuti speciali, in un’attività tossica di combustione di pneumatici e fili elettrici di quantità industriale. Le condizioni di igiene erano insostenibili e c’era l’insofferenza di chi teneva la finestra ben chiusa per non respirare diossina o per nascondere ai bambini gli attributi di uomini che defecavano e si lavavano all’aria aperta. Mancava un’integrazione vera, fatta con il lavoro e la casa: bisogni essenziali anche della popolazione residente, complici di una consumata guerra tra poveri, tra i penultimi e gli ultimi. La rete associativa, che costruiva percorsi di scolarizzazione e integrazione, non poteva supplire ancora a lungo ad un decentramento amministrativo monco, che ha contribuito ad abbassare il livello dei servizi necessari per dare risposte ai cittadini e puntellare il residuo di Stato sul territorio. Senza questo, tutte le proposte di soluzione alternativa, di individuazione di strutture regolamentate e attrezzate, vengono contestate e osteggiate perché lente o poco credibili. Se non c’è una sponda istituzionale alle articolazioni di prossimità, le associazioni e le Municipalità, come si fa a mantenere un livello di servizi per il quartiere, come si fa a pretendere che continui ad esprimere quella cultura dell’accoglienza e dell’ospitalità che, d’altra parte, ha permesso a centinaia di Rom, Slavi, Africani, di convivere a Ponticelli per oltre 15 anni? Molta responsabilità inoltre è dei media che, suggerendo un teorema su cui la magistratura ancora indaga - i ROM sfruttati dall’economia criminale - hanno poi attirato un’attenzione mediatica davvero scomoda per i “traffici reali” dei clan camorristici, ovvero le tante piazze di spaccio. C’è poi la vicenda del presunto rapimento di una neonata e il tentato linciaggio della sedicenne rom coinvolta nella vicenda, di cui l’unico fatto accertato è che la stessa aveva fatto perdere le tracce dopo un precedente arresto di qualche settimana precedente12.Il 13 maggio, alla notizia delle molotov sul campo di v.D. Petri, dopo il bombardamento di notizie sul presunto rapimento, le televisioni accorrono a riprendere la manifestazione indetta per quel giorno dai comitati civici contro il Comune: era prevedibile che “l’altro Stato” volesse risolvere la faccenda più velocemente dello Stato, con il consenso della gente esasperata. È bastata la presenza delle telecamere per radunare la gente. Da questo punto in poi tutto si è svolto in modo inevitabile. Il blocco del traffico, la presenza degli esagitati che tentavano di entrare negli accampamenti armati

ha saputo attendere e comprendere, ma che oggi, vedendo messa seriamente a rischio la sicurezza e la salute dei propri residenti, denunzia i pericoli di assuefazione ai fenomeni descritti e l’indifferenza delle istituzioni. Il nostro vuole essere un accorato appello, su cui attendiamo un segnale di ascolto. Fiduciosi in una urgente convocazione da parte dell’Autorità in indirizzo ed, in particolare, del Sindaco di Napoli.12 Anche su questo la Magistratura indaga. C’è da dire che non c’è memoria nella casistica giurisprudenziale italiana di un solo rom condannato per rapimento.

10

di spranghe, la tensione che aumentava ad ogni nuova volante che arrivava. I campi vengono incendiati, non si sa dove vengono portati gli occupanti, si perdono le tracce di almeno 600 persone. Poi in serata i roghi, quasi come Beirut o Baghdad: i rom sui loro malandati tricicli, costretti alla fuga, come le carovane degli sfollati in tempi di guerra. I campi rom abbandonati che, uno alla volta, vengono metodicamente incendiati con una strategia da cecchini (anche nei giorni successivi) e una simbologia tipicamente camorristica (la minaccia per chi intendesse tornare e la sfida allo Stato sul controllo del territorio), senza che le forze dell’ordine presenti riuscissero a tenere sotto controllo il fenomeno. Appena di lato, a un passo da tutto questo, decine di podisti che continuavano ad correre tra i fumi, intorno alla Villa comunale, incuranti del pogrom in atto verso una minoranza, legittimato dal clima politico nazionale che accompagna l’avvento delle destre13 al potere e dalle nuove politiche di espulsione e repressione, definite xenofobe dall’ONU.Il Consiglio d’Europa e l’Unione Europea oltre ad alcune agenzie delle Nazioni Unite hanno emanato raccomandazioni che stimolino l’adozione di politiche a tutela di questa che viene considerata la minoranza più discriminata d’Europa in materia di scuola, sanità, lavoro, etc. La European Commission Against Racism and Intolerance li considera “gruppi vulnerabili” cioè gruppi a rischio continuo di discriminazioni. Questo si manifesta nel fatto che essi diventano oggetto di discriminazioni anche quando sono cittadini di quel paese (vedi i Rom rumeni e i numerosi Rom, 70.000, che sono cittadini italiani a tutti gli effetti, Rom abruzzesi, calabresi e i Sinti giostrai). In materia di riconoscimento dei Rom come minoranza etnico-linguistica l’Italia stenta ad implementare le raccomandazioni dei vari organi consultivi, mancano programmi seri a carattere nazionale e si privilegia una politica dei supercommissari cosi come per l’emergenza rifiuti. Mancano in altre parole politiche strutturali che favoriscano processi di integrazione reciproca. L’esplodere della questione Rom tuttavia non va isolata dal contesto nazionale ed europeo. Infatti cosi come afferma il filosofo politico Etienne Balibar ci troviamo di fronte ad un neo-razzismo, che non riguarda solo i Rom ma che ha come oggetto tutti gli immigrati verso i quali esiste una vera e propria Apartheid Europea. Razzismo non è più la teoria genetica pseudoscientifica, la quale affermava la superiorità o inferiorità di individui per la loro appartenenza a una razza. Le sua manifestazioni non sono più solo quelle della supremazia di una razza su un’altra, bensì un razzismo che è specchio dell’ostilità tra cittadini Europei, dei quali i migranti diventano spesso il capro espiatorio. Razzismo è esigere che individui provenienti da società diverse non entrino a far parte della propria comunità. Una delle sue condizioni è la povertà, che suscita avversione verso chi pare minacciare la vita degli “indigeni”. Quel principio è affermato in nome della sicurezza: di fronte all´incapacità dello Stato di garantire sicurezza, dignità e legalità in modo coerente alle condizioni sociali, si crea un pericolo immaginario rappresentato dal “diverso” e, invece di affrontare i nodi sociali e politici, si ricorre al carcere. Talora si riconosce una deroga: lo straniero è accolto se utile, principio alla base della Bossi-Fini. Così si chiarisce quale sia la società che questo neo-razzismo difende e impone: una società come totalità, in cui l´individuo trovi la sola propria ragion d´essere. Società, dunque, totalitaria, che impone un senso di appartenenza non mediato dai valori individuali, ma dalla soggezione alla comunità; dove la misura della cittadinanza è data dall´utilità dell´individuo al gruppo, e dal grado della sua integrazione e omogeneità. Come si vede, una società primitiva, dominata da pulsioni irrazionali, alla ricerca di autorità e fede, priva di filtri razionali individuali e autonomi, che in periodi di crisi e declino economico finisce per innescare tensioni e conflitti. A Ponticelli come al Pigneto, cosi come nelle guerre tra bande di giovani proletari immigrati, disoccupati e non secolarizzati delle periferie parigine, tende a svilupparsi un mito del microterritorio che fa si che gli abitanti di un quartiere o regione si percepiscano come i difensori dello spazio minacciato da cui espellere tutti gli stranieri. È necessaria dunque non solo una critica alla nozione di territorio, ma una vera politica di apertura e di de-territorializzazione

13 Sembrava che la tendenza ad indirizzare i comportamenti e la campagna elettorale sfruttando il senso di intolleranza delle comunità nei confronti delle minoranze fosse ormai fuori moda e si fosse fermato alle campagne elettorali della Lega di qualche anno fa, circostanze nelle quali veniva distribuito un volantino con su scritto: “Se non volete zingari, marocchini e delinquenti a casa vostra, se volete essere padroni a casa vostra in una città vivibile, votate Lega Nord”. Si è purtroppo creata una deformazione del sistema informativo, e per l’attenzione morbosa del pubblico degli utenti, e per effetto del recepimento degli input trasmessi dalle parti politiche che devono cercare di sensibilizzare ed indirizzare l’opinione pubblica ai fini del consenso popolare

11

dell’appartenenza comunitaria. Il fenomeno di difesa dei territori è preoccupante, ma non quanto la generalizzazione di questi fenomeni su scala più ampia. Un razzismo che è il frutto della logica degli stati-nazione che viene alimentato da discorsi nazionalisti e populisti, fondato sulla concezione dell’Europa come fortezza o come territorio cristiano su cui, di conseguenza i non-cristiani sono dei corpi estranei. I nazionalismi di destra e di sinistra si fanno sentire a livello dei governi nella forma di un arretramento permanente dalle politiche europee comuni. Ciò che è preoccupante in questo contesto è la convergenza tra il nazionalismo insito nell’opinione pubblica e l’ethos delle classi popolari che convergono allorquando gli stati nazionali risultano incapaci di rispondere alle sfide sociali, economiche e culturali del mondo contemporaneo. Questo pericoloso processo mette in discussione le basi stesse del processo democratico spianando la strada a nuove forme di razzismo e intolleranza.L’Altro in questo caso diventa oggetto di stigmatizzazione, demonizzazione e criminalizzazione, mentre la questione dell’Europa e delle sue frontiere è oggi un banco di prova necessario per la definizione di una cittadinanza europea transnazionale, aperta ai nuovi diritti. La costruzione dell’Europa come nuova comunità politica presuppone l’invenzione di una nuova forma democratica e cosmopolita capace di superare i limiti di territorio, mediare la sovranità nazionale, ripensando radicalmente il tema della cittadinanza. Tuttavia i processi di formazione delle identità collettive non riguardano solo la dinamica degli stati nazionali, ma, soprattutto nel caso di Ponticelli, conribuiscono, specie se sapientemente manipolate, alla costruzione di consenso dell’Altro-Stato nei territori. È il caso della Camorra, intesa come Sistema, che sviluppa Economie criminali, ma anche “welfare” per sacche di sottoproletariato urbano che non trova collocazione lavorativa nell’economia formale. Alla base della sua grande capacità di infiltrazione e sostituzione dello Stato nelle sue funzioni più importanti (educazione, controllo del territorio, assistenza, lavoro) c’è il grande consenso di cui gode. Un consenso sicuramente minato dall’inchiesta, resa pubblica, che collegava la permanenza delle baraccopoli al racket della Camorra e che rischiava di far individuare in essa il nemico, colpevole dell’emergenza campi rom. Schema ribaltato velocemente grazie ad un’operazione metodica e precisa di distruzione di ciascun campo, anche nei giorni successivi al pogrom, pur alla presenza di forze dell’ordine. Alla sfida allo Stato, si è accompagnato un processo di egemonia morale e culturale che ha permesso al Sistema di giganteggiare per capacità di difesa del principio morale “i bambini non si toccano”, e di essere percepiti dagli strati popolari come il risolutore efficace ed efficiente, a tutela dell’interesse generale di gramsciana memoria. Invece di rifarsi ad una politica delle espulsioni e dei rimpatri o ad una politica che preveda la costruzione di “campi agili” come area di transito che si adatti alla stereotipata esigenza di continuo movimento dei “nomadi” (permanenza ridotta a 3 mesi), è necessario metter giù le basi per una politica che superi i campi nomadi e che invece tenti di inserire ed integrare la popolazione Rom all’interno del tessuto urbano, lavorativo e socio-culturale delle città cosi come avviene a Pisa, Torino e Firenze (SanFrediano) in cui le residenze dei Rom sono situate nelle aree popolari delle città.

A cura di: dott. Nazario Malandrino, docente, consigliere municipale e delgato dell’ass. ArrangiArci14

dott. Giuliano Martiniello, ricercatore University of Leeds, coordinatore Sportello Immigrati ass. N:EA15

14 ArrangiàArci è l’acronimo di Autoeducazione al Reddito e alla Redistribuzione per Aiutare le Nuove Generazioni nell'Inserimento Attivo. L’associazione opera nella Casa del Popolo di Ponticelli. Con associazioni e organizzazioni giovanili di partito nel 2002 ha dato vita al Coordinamento Ponticelli Interetnica, e ha avviato i Contratti di solidarietà in risposta alla Bossi-Fini. In rete con altre associazioni ha riaperto la vertenza sugli alloggi in amianto ai Campi Bipiani, e organizzato i corsi di italiano per i migranti. Ha anche contribuito a dare vita a sei edizioni del Carnevale delle differenze perché centinaia di scolaretti siano educati alla presenza dell'Altro. Più volte abbiamo rinunciato a passare il Natale o il Capodanno con le famiglie per mantenere la struttura aperta alle feste delle Comunità straniere, per contaminare culture e sapori. Oltre che dei migranti, ci occupiamo di giovani drop out che ormai rinunciano a cercare lavoro e opportunità. Info: 0815964565—Casa del Popolo, C.so Ponticelli,26

15 La N:EA vuol dire Napoli: Europa Africa. E’ un’associazione senza scopo di lucro (Onlus) che agisce e lavora nel settore della cooperazione internazionale e dello sviluppo umano, riconosciuta dal 2002 come Organizzazione Non Governativa (ONG) dal Ministero degli Affari Esteri e dall'Unione Europea. La N:EA nasce a Napoli nel 1987 dalla lunga esperienza di lavoro in Africa dell’architetto Fabrizio Caròla (vincitore nel 1995 dell’Aga Khan Award for Architecture) per contribuire all’incremento di un nuovo dialogo fra l’Europa e l’Africa basato su uno scambievole riconoscimento dei rispettivi valori e qualità.

12