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COMMISSIONE TRASPORTI Politiche legislative e attività istituzionale nella XIV legislatura n. 2/9 Maggio 2006

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COMMISSIONE TRASPORTI

Politiche legislative e attività istituzionale nella XIV legislatura

n. 2/9

Maggio 2006

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Camera dei deputati XV LEGISLATURA

SERVIZIO STUDI

Documentazione e ricerche

COMMISSIONE TRASPORTI

Politiche legislative e attività istituzionale nella XIV legislatura

N. 2/9

Maggio 2006

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I

INDICE

NOTE DI SINTESI

Temi di interesse e di intervento (a cura del Servizio Studi) 3

Attività della Commissione (a cura del Servizio Commissioni) 9 1. Ambito di competenza 9 2. Analisi dei dati statistici 9 3. Linee di tendenza 11

PRINCIPALI POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI

COMUNICAZIONI L’ordinamento della comunicazione 19 Assetto delle competenze legislative 19 I rapporti Stato – Regioni nel codice delle comunicazioni

elettroniche 22

Ministero delle comunicazioni - Riordino 23 Il nuovo assetto del Ministero delle comunicazioni 23

Le comunicazioni elettroniche 26 Il codice delle comunicazioni elettroniche 26 La disciplina dei servizi a sovrapprezzo 29 Le telecomunicazioni e la larga banda 31

Il riassetto del sistema radiotelevisivo 34 La “legge Gasparri” e il nuovo assetto della radiotelevisione 34 Altri interventi in materia radiotelevisiva 39

L’accesso ad Internet 41 La fornitura dei servizi di accesso ad Internet 41 Internet e minori 42

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II

La comunicazione e i disabili 43 Accesso dei disabili alle tecnologie della comunicazione 43 La tutela dei disabili nelle comunicazioni elettroniche 44

Sviluppo del mercato dei servizi postali 47 L’evoluzione del quadro normativo 47 Poste italiane s.p.a. e contratto di programma 51

TRASPORTI Ministero dei trasporti – Riordino 57 Il nuovo assetto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 57

TRASPORTO FERROVIARIO

La concorrenza nel trasporto ferroviario 61 La normativa europea e il recepimento nell’ordinamento nazionale 61 L’evoluzione della normativa europea 66

Ferrovie dello Stato s.p.a. 68 L’assetto delle Ferrovie dello Stato 68 Contratto di programma 69 I trasferimenti a Ferrovie dello Stato Spa nella manovra di finanza

pubblica per il 2006 71 Contratto di servizio 73

Alta velocità 75 L’evoluzione del quadro normativo 75

TRASPORTO AEREO

La riforma dell’aviazione civile 83 L’indagine conoscitiva sulla sicurezza del trasporto aereo 83 Il testo unificato in materia di sicurezza ed efficienza del trasporto

aereo 85 La revisione della parte aeronautica del codice della navigazione 86

Interventi relativi ad Alitalia spa 90 L’evoluzione dell’assetto di Alitalia s.p.a. 90 Alleanze e accordi 90 l piani industriali 91 Gli interventi di ristrutturazione del gruppo Alitalia 94

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III

Misure di sostegno al trasporto aereo 98 Le misure antiterrorismo 98 Le disposizioni in materia aeroportuale 101

Tutela degli utenti nel trasporto aereo 104 I diritti del passeggero 104

La continuità territoriale 109 L’evoluzione del quadro normativo 110 I collegamenti aerei con la Sardegna 112 I collegamenti aerei con la Sicilia 114 L’indagine conoscitiva sulla continuità territoriale con la Sardegna

e la Sicilia. 115

TRASPORTO STRADALE

La sicurezza stradale 119 L’attuazione della legge delega per la revisione del codice della

strada 120 Il disegno di legge per il rinnovo della delega alla revisione del

codice della strada 121 Il decreto legge n. 121 del 2002 122 Il decreto legge n. 151 del 2003 123 Il decreto legge n. 115 del 2005 126

Il noleggio autobus con conducente 127 Il quadro normativo 127

La riforma dell’autotrasporto 132 La legge delega e la forma del contratto di trasporto 132 L’attuazione della delega 135 L’accesso alla professione di autotrasportatore 140

Il trasporto pubblico locale 142 Il quadro normativo 142 Il regime transitorio 144 Il testo unificato in materia di tutela della concorrenza 146 La legge finanziaria per il 2006 147

IL TRASPORTO MARITTIMO

Il settore portuale 153 Il quadro normativo 153

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IV

L’indagine conoscitiva sull’assetto del settore portuale 153

La nautica da diporto 158 Il riordino della nautica da diporto 158 Il codice della nautica da diporto 161

Interventi per la sicurezza marittima 164 Il sistema di monitoraggio del traffico navale 164 L’uso di navi a doppio scafo 166 Altre misure in materia di sicurezza della navigazione 167

SCHEDE

COMUNICAZIONI

Comunicazioni elettroniche – La concorrenza nei mercati rilevanti 173 Il quadro europeo 173 La disciplina nazionale 175

Sistema radiotelevisivo – Giurisprudenza costituzionale 178

Sistema radiotelevisivo – I messaggi del Capo dello Stato 181 Il messaggio del Capo dello Stato sul pluralismo dell’informazione 181 Il messaggio di rinvio alle Camere sulla legge in materia di

riassetto radiotelevisivo 182

Sistema radiotelevisivo – I rapporti Stato-regioni 184 Le competenze delle regioni 184

Sistema radiotelevisivo - La disciplina anticoncentrazione 187

Sistema radiotelevisivo - La conversione in tecnica digitale 191 Le aree all digital 191 La televisione digitale nel contesto europeo 193

Sistema radiotelevisivo – La disciplina transitoria 195

Il servizio pubblico radiotelevisivo 201

Sistema radiotelevisivo – La Tutela dei minori 207

TRASPORTI

La riforma dell’aviazione civile – Assetto delle competenze 213 Ente nazionale assistenza al volo (ENAV) 213 Ente nazionale per l’aviazione civile (ENAC) 214

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V

Agenzia nazionale per la sicurezza del volo 216 Gestori aeroportuali 217

Le gestioni aeroportuali 220 La disciplina sull’affidamento delle gestioni aeroportuali 220 Individuazione degli aeroporti di interesse nazionale 223

La patente a punti 225 Il testo originario dell’articolo 126-bis del codice della strada 225 La sentenza della Corte costituzionale n. 27 del 2005 227 Il decreto legge n. 184 del 2005 230 Le modifiche introdotte in sede di conversione 231

La sicurezza stradale - Misure relative ai ciclomotori 233 Certificato di circolazione e targa 233 Certificato di idoneità alla guida 234 Requisiti per la guida dei ciclomotori e trasporto del secondo

passeggero 236 Dispositivi di segnalazione visiva 236 Uso del casco protettivo 237 Sequestro amministrativo 237 Confisca amministrativa 238

Altre misure sulla sicurezza stradale 239 Guida sotto l’influenza dell’alcool 239 Guida sotto l’uso di sostanze stupefacenti 240 Limiti di velocità 241 Dispositivi di controllo del traffico 243 Uso di apparecchi durante la guida 243 Dispositivi di illuminazione dei veicoli 244 Dispositivi di segnalazione a veicolo fermo 244 Dispositivi di sicurezza per i TIR 245 Cinture di sicurezza e sistemi di ritenuta 245

Trasporto pubblico locale – Il nuovo Titolo V 247 Il nuovo quadro costituzionale 247 La giurisprudenza costituzionale 247

Le Autorità portuali 251 La nomina dei presidenti delle Autorità portuali 251 Autonomia finanziaria e investimenti 255

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VI

QUESTIONI ALL’ESAME DELL’UNIONE EUROPEA (A CURA DELL’UFFICIO RAPPORTI CON L’UNIONE EUROPEA)

Il Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa 261 Lo stato delle ratifiche del Trattato 263 L’allargamento e i Balcani occidentali 265 Prospettive finanziarie dell’UE 2007-2013 273 La strategia di Lisbona 274 La proposta di direttiva sui servizi nel mercato interno 275

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Note di sintesi

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TEMI DI INTERESSE E DI INTERVENTO

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TEMI DI INTERESSE E DI INTERVENTO (a cura del Servizio Studi)

Gli ambiti di competenza della IX Commissione (Trasporti, poste e telecomunicazioni) si riconducono a due grandi aree tematiche: da una parte, l’informazione e le comunicazioni, dall’altra, i trasporti.

Gran parte dei settori di competenza della Commissione sono stati coinvolti in processi di adeguamento alla normativa comunitaria (quali la liberalizzazione del mercato delle comunicazioni elettroniche, del trasporto ferroviario, dell’autotrasporto) ovvero hanno tratto impulso da orientamenti manifestati a livello europeo (tra questi, la sicurezza nella circolazione stradale) (v. capitolo Questioni all’esame delle istituzioni dell’Unione europea).

Rinviando ai singoli capitoli l’analisi degli specifici temi di intervento e di

interesse della IX Commissione, è opportuno, in questa sede, evidenziare le principali linee direttrici degli interventi, che possono essere così individuate: sviluppo dei processi di liberalizzazione dei mercati dei servizi e delle

infrastrutture, in adeguamento alla normativa europea (comunicazioni elettroniche, servizi postali, trasporto ferroviario, autotrasporto);

incremento dei livelli di sicurezza nel settore dei trasporti, in una prospettiva di tutela sia dell’incolumità fisica (trasporto stradale) sia dell’ambiente (trasporto marittimo);

riordino normativo attraverso il ricorso allo strumento del codice o del testo unico, anche in un’ottica di semplificazione legislativa (codice delle comunicazioni elettroniche, testo unico della radiotelevisione, codice della nautica da diporto);

sostegno ai soggetti operanti nei diversi settori del trasporto al fine di favorire la ristrutturazione e la competitività negli stessi settori. Con riferimento alla liberalizzazione, nel settore delle comunicazioni,

l’emanazione del codice delle comunicazioni elettroniche (d.lgs. 259/2003) - intervenuto in recepimento del “pacchetto” di direttive sulla materia (2002/19/CE, 2002/20/CE, 2002/21/CE, 2002/22/CE) – ha portato alla definizione di un quadro normativo unitario per l'intero comparto della comunicazione elettronica, comprensivo delle telecomunicazioni, della radiotelevisione e delle nuove tecnologie dell'informazione, nella prospettiva della convergenza tecnologica tra i vari mezzi. In tale quadro – che unifica i regimi giuridici relativi al titolo abilitativo attraverso il sistema della autorizzazione generale – si inserisce la nuova disciplina dei presupposti per l’intervento regolatorio a tutela della concorrenza. Si tratta di una disciplina che riconosce – in sintonia con le previsioni delle direttive europee - un ruolo centrale all’Autorità per le garanzie delle comunicazioni nella individuazione dei mercati rilevanti e, all’interno di questi, del mercato non effettivamente concorrenziale, nel riconoscimento

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TEMI DI INTERESSE E DI INTERVENTO

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delle imprese dotate di significativo potere di mercato, tale da giustificare l’imposizione alle stesse di obblighi di regolamentazione “appropriati” ovvero proporzionali al problema concorrenziale da risolvere (misure ex ante).

Nel settore dei servizi postali, il processo di liberalizzazione è stato sviluppato con il d.lgs. 384 del 2003 con l’obiettivo di conciliare l’apertura del mercato alla concorrenza e l’esigenza di salvaguardia dell’universalità del servizio sull’intero territorio nazionale, a condizioni accessibili per tutti gli utenti.

Nel settore dei trasporti, la liberalizzazione ha interessato principalmente il trasporto ferroviario e l’autotrasporto.

Nel trasporto ferroviario, il d.lgs. 188/2003 - emanato in attuazione delle direttive comunitarie appartenenti al “pacchetto infrastrutture” – ha rappresentato l’esito di un processo di revisione organico, volto a sviluppare l’apertura del mercato alla concorrenza, a garantire l’accesso equo e non discriminatorio alle infrastrutture e l’utilizzo ottimale delle stesse, nonché a definire in maniera più articolata e dettagliata le caratteristiche di indipendenza e i compiti del gestore dell’infrastruttura, anche con riguardo al certificato di sicurezza degli operatori del trasporto ferroviario, ed individuando nel Ministero delle infrastrutture e dei trasporti l’Autorità nazionale di regolazione del settore.

Nell’autotrasporto, il riassetto normativo delle principali aree di intervento (servizi automobilistici interregionali di competenza statale; liberalizzazione regolata dell’attività di autotrasporto, e contestuale raccordo con la disciplina delle condizioni e dei prezzi dei servizi di autotrasporto merci per conto terzi; organizzazione e funzioni delle strutture e degli organismi pubblici operanti nel settore dell’autotrasporto merci) è stato disposto dai decreti legislativi n. 284, n. 285 e n. 286 del 2005, in attuazione della delega conferita al Governo ai sensi della legge 32/2005. Il riordino risulta dettato, tra l’altro, dall’esigenza di adeguamento della normativa alla disciplina comunitaria, in un'ottica di mercato aperto e concorrenziale, nonchè dall’esigenza di salvaguardia della concorrenza fra le imprese operanti nei settori dell'autotrasporto di merci e dell'autotrasporto di viaggiatori, oltre che dall’esigenza di tutela della sicurezza della circolazione e della sicurezza sociale.

In una prospettiva di liberalizzazione si collocano anche le disposizioni relative al regime transitorio nel trasporto pubblico locale, recate dall’articolo 1, commi 393-394, della legge finanziaria per il 2006 (legge 266/2005). Tali disposizioni hanno prorogato al 31 dicembre 2006 il termine finale del periodo nel corso del quale vi è la possibilità di mantenere tutti gli affidamenti agli attuali concessionari e alle società derivanti dalla trasformazione delle aziende speciali e dei consorzi, pur con l’obbligo di affidamento di quote di servizio o di servizi speciali mediante procedure concorsuali. Ai soggetti che soddisfino, alla data del 31 dicembre 2006, specifiche condizioni relative, tra l’altro, alla cessione di quote di capitale o

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TEMI DI INTERESSE E DI INTERVENTO

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di servizi, potrà essere riconosciuta dalle regioni un’ulteriore proroga, fino a un massimo di due anni.

Con riferimento alla linea direttrice dell’incremento del livello della

sicurezza, occorre segnalare che in tale contesto si collocano due specifiche indagini conoscitive svolte dalla IX Commissione, l’una relativa alla sicurezza del trasporto aereo, l’altra, concernente l’assetto del settore portuale e nel cui ambito particolare attenzione è stata dedicata ai temi della safety e security. In un’ottica di garanzia e tutela della sicurezza, vanno altresì letti gli interventi di revisione della parte aeronautica del codice della navigazione (DL 237/2004; d.lgs. 96/2005; d.lgs. 151/2006) che introducono un nuovo assetto delle competenze in capo ai vari soggetti del settore, ridefinendo, in particolare, il ruolo dell’ENAC come autorità di regolamentazione tecnica, di certificazione e di controllo e valorizzando il ruolo del gestore aeroportuale, cui sono attribuiti anche compiti di coordinamento e di controllo.

La sicurezza ha costituito, poi, il filo conduttore delle numerose modifiche introdotte nel corso della legislatura al codice della strada (patente a punti, misure relative ai ciclomotori,quali il certificato di idoneità alla guida di ciclomotori, l’uso del casco, nonché inasprimento dell’apparato sanzionatorio), e l’obiettivo di diversi interventi soprattutto nel settore marittimo (tra questi, la legge 13/2006 recante disposizioni per la sicurezza della navigazione, per favorire l'uso di navi a doppio scafo e per l'ammodernamento della flotta) adottati anche in un’ottica di tutela dell’ambiente.

Quanto poi, agli interventi di manutenzione normativa negli ambiti di

competenza della IX Commissione, essi hanno quasi sempre accompagnato i processi di revisione organica della normativa. In tale ottica si possono inquadrare - oltre il codice delle comunicazioni elettroniche che ha introdotto un nuovo quadro normativo, unitario per tutte le reti di comunicazione elettronica, ivi comprese le reti di trasporto del segnale televisivo, in ordine alle quali viene comunque riconosciuta la prevalenza della disciplina speciale – il testo unico della radiotelevisione che, insieme al codice delle comunicazioni elettroniche, intende porsi come un unicum normativo in una prospettiva di convergenza tra i mezzi.

Nel testo unico della radiotelevisione sono confluite quasi tutte le disposizioni della legge 112/2004 (c.d. “legge Gasparri”), recante norme per il riassetto del sistema radiotelevisivo e della RAI, oltre la delega all’adozione dello stesso testo unico. La legge ha costituito l’esito di un ampio dibattito parlamentare nel corso del quale le pronunce della Corte costituzionale sul pluralismo dell’informazione e il messaggio inviato dal Presidente della Repubblica alle Camere sullo stesso profilo, nonché il messaggio di rinvio della legge alle Camere hanno formato oggetto di particolare attenzione .

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TEMI DI INTERESSE E DI INTERVENTO

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La riforma introdotta dalla legge n. 112 del 2004 intende definire una normativa “di sistema” che tenga conto dell’evoluzione tecnologica e dei mercati, nonché del nuovo quadro regolamentare europeo dettato dalle direttive sulle comunicazioni elettroniche, favorendo il processo di convergenza tecnologica e la conversione dalla trasmissione in tecnica analogica a quella in tecnica digitale, il pluralismo e la concorrenza nel settore, ed altresì ridefinendo il ruolo del servizio pubblico in tale contesto. La legge, oltre a delineare i principi generali e fondamentali del sistema radiotelevisivo anche al fine dell’esercizio da parte delle regioni della potestà legislativa concorrente in materia di “ordinamento della comunicazione”, introduce una disciplina anticoncentrazione che individua limiti al cumulo dei programmi ed alla raccolta delle risorse, questi ultimi calcolati innovativamente in rapporto ai ricavi dei settori che compongono il “sistema integrato delle comunicazioni” (SIC, ossia settore economico che comprende la stampa quotidiana e periodica, l’editoria annuaristica ed elettronica anche per il tramite di Internet, radio e televisione, cinema, pubblicità esterna, iniziative di comunicazione di prodotti e servizi e sponsorizzazioni). In tale contesto vengono riconosciuti all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni compiti di regolazione e di verifica relativi alla individuazione del mercato rilevante ed alla formazione di posizioni dominanti nel sistema integrato delle comunicazioni e nei mercati che lo compongono, e viene affidato alla stessa il potere di adottare provvedimenti “deconcentrativi” nel caso in cui dall’accertamento dovessero emergere casi di violazione dei limiti imposti dalla legge.

La legge prevede, inoltre, un’articolata disciplina transitoria relativa alla fase del passaggio dalla tecnica analogica a quella digitale terrestre, sino alla definitiva cessazione delle trasmissioni analogiche (c.d. switch off), prevista per il 31 dicembre 2008.

In una prospettiva di riordino normativo si colloca, altresì, il codice della nautica da diporto, adottato con il d.lgs. 171/2005 ed ispirato a criteri di semplificazione e di snellimento di tutte le procedure del settore, in particolare, di quelle relative alla progettazione, ala costruzione e alla commercializzazione di imbarcazioni e unità da diporto.

Con riferimento al sostegno ai soggetti operanti nei vari settori del

trasporto, particolare rilievo hanno assunto le misure relative al trasporto aereo. In tale quadro si inseriscono: gli interventi relativi ad Alitalia s.p.a. (DL 63/2002 concernente l’aumento

del capitale sociale della società; DL 159/2004 recante garanzia dello Stato, autorizzata dalla Commissione europea, sulla base della disciplina degli aiuti di Stato destinati al salvataggio di imprese in difficoltà, per finanziamenti assunti da Alitalia - c.d. prestito ponte);

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TEMI DI INTERESSE E DI INTERVENTO

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i decreti legge che hanno introdotto – successivamente agli attentati dell’11 settembre 2001, sulla base di atti di indirizzo adottati a livello europeo - la garanzia dello Stato per la copertura assicurativa in favore delle imprese nazionali di trasporto aereo e di gestione aeroportuale per i rischi derivanti da atti di guerra e di terrorismo (DL 354/2001; DL 4502001; DL 45/2002; DL 105/2002; DL 244/2002);

le disposizioni in materia aeroportuale recate dal DL 203/2005 che ha, tra l’altro, introdotto misure di efficientamento del servizio di assistenza al volo fornito da ENAV s.p.a. finalizzate a riflettersi in un beneficio tendenziale per i vettori aerei, in termini di minori costi. Con riferimento al trasporto marittimo, occorre ricordare che, in un’ottica di

sostegno, possono essere lette sia la disposizione di cui al comma 2 dell’articolo 36 della legge 166/2002 (c.d. collegato infrastrutture) che ha autorizzato ulteriori limiti di impegno quindicennali per il proseguimento del programma di ammodernamento e riqualificazione delle infrastrutture portuali, sia le disposizioni di cui all’articolo 14, comma 2, del DL 115/2005 e di cui all’articolo 34-septies del DL 4/2006 volte ad escludere la spesa per investimenti dalle limitazioni - disposte con la legge finanziaria per il 2005 (legge 311/ 2004) - all’incremento di spesa delle Autorità portuali.

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ATTIVITÀ DELLA IX COMMISSIONE

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ATTIVITÀ DELLA COMMISSIONE (a cura del Servizio Commissioni)

1. Ambito di competenza

Le competenze della IX Commissione, ai sensi della lettera circolare del Presidente della Camera, adottata sulla base dell’articolo 22, comma 1-bis del regolamento, del 16 ottobre 1996, si esplicano nelle seguenti materie: trasporti; sistema delle comunicazioni; infrastrutture ferroviarie, aeree e navali; cantieristica; poste e telecomunicazioni.

La lettera circolare del 1996 reca altresì alcune specificazioni in ordine a taluni settori di competenza della IX Commissione, evidenziando come ad essa siano riconducibili i provvedimenti concernenti la realizzazione di opere relative ad infrastrutture nel settore delle comunicazioni ferroviarie, aeree e navali, così come gli atti in materia di infrastrutture intermodali. Peraltro, nel caso in cui i suddetti provvedimenti abbiano quale oggetto prevalente la disciplina dei relativi appalti, essi rientrano negli ambiti di competenza della VIII Commissione.

La circolare ha altresì precisato che, ferma restando la competenza della X Commissione in ordine alla definizione degli indirizzi generali di politica industriale, la disciplina delle attività industriali nel settore cantieristico spetta alla Commissione Trasporti.

Con la lettera del Presidente della Camera ai Presidenti delle Commissioni permanenti, del 16 luglio 2001, è stato poi precisato come rientri espressamente nelle competenze della IX Commissione la disciplina dell’assetto del mercato radiotelevisivo e delle comunicazioni, sempre nel rispetto dell’attribuzione alla VII Commissione nelle materie dell’editoria e dell’informazione, compresa quella radiotelevisiva.

La suddetta impostazione ha quindi trovato concreta applicazione, nel corso della XIV legislatura, con l’assegnazione alle Commissioni riunite VII e IX di tutti quei progetti di legge (riassetto del settore della radiotelevisione e relativa distribuzione delle frequenze, disciplina dei minori nella radiodiffusione) o atti del Governo (contributi alle emittenti locali, testo unico della radiotelevisione) che vedevano coinvolti entrambi gli aspetti del mercato e dell’informazione nel settore radiotelevisivo.

2. Analisi dei dati statistici

Per quanto riguarda l’attività di carattere legislativo, la IX Commissione ha portato a termine l’esame, rispettivamente, in sede referente, di ventidue provvedimenti e, in sede legislativa, di tre progetti di legge.

Al tempo stesso, particolarmente rilevante è stato il ruolo svolto nell’espressione al Governo dei pareri di competenza, ai sensi dell’articolo 143,

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ATTIVITÀ DELLA IX COMMISSIONE

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comma 4, del regolamento, sugli schemi di decreto legislativo e di regolamento assegnati.

Sui primi, infatti, la Commissione ha espresso venticinque pareri nel corso della legislatura contenenti, nella maggioranza dei casi, articolate osservazioni; sugli schemi di regolamento ha approvato nove pareri. Sono stati altresì espressi diciotto pareri su atti di diversa natura, quali gli schemi di piano di impresa, di contratto di programma e di servizio per settori quali quello postale, di trasporto aereo e ferroviario, nel cui ambito sono erogate prestazioni che svolgono funzioni di servizio pubblico.

In merito agli schemi di atti normativi del Governo, numerosi sono stati gli atti presentati per il recepimento di direttive comunitarie e quelli volti a dare attuazione a deleghe approvate dal Parlamento per il riassetto o la revisione di ampi settori di competenza della Commissione. Per tre fattispecie di delega, inoltre, è stata prevista la procedura del doppio passaggio parlamentare (nautica da diporto, testo unico della radiotelevisione e codice della navigazione aerea) che ha consentito alla Commissione di partecipare ancora più incisivamente alla fase di attuazione della delega stessa. Tale procedura prevede, infatti, che le Commissioni di merito si esprimano sul testo originario e, quindi, sulla versione modificata dal Governo sulla base dei pareri espressi. Nel caso della revisione del codice della navigazione aerea è stato altresì definito un ulteriore testo correttivo del decreto legislativo adottato, utilizzando la facoltà a tal fine prevista dalla legge di delega, cui è seguita nuovamente l’applicazione della procedura del doppio passaggio.

Nell’ambito dell’esercizio delle predette funzioni, la Commissione ha svolto un’ampia attività istruttoria, in particolare in seno ai Comitati ristretti a tal fine istituiti, che si è caratterizzata per il rilevante numero di attività conoscitive. Le audizioni informali hanno impegnato la Commissione per un elevato numero di sedute con il coinvolgimento di ampie categorie di soggetti interessati, così da acquisire preliminarmente le osservazioni ed i contributi dei soggetti direttamente coinvolti dai vari interventi normativi.

Lo svolgimento di audizioni ha anche caratterizzato l’attività della Commissione su temi non direttamente connessi a progetti di legge in corso di esame, con lo scopo di acquisire periodiche valutazioni ed aggiornamenti su settori di particolare complessità e rilevanza soprattutto dal punto di vista della qualità del servizio fornito agli utenti. In tale contesto, sono state in particolare calendarizzate periodiche audizioni informali con i responsabili delle società operanti in tali settori, con particolare riguardo a quelli per i quali è stato avviato un processo di liberalizzazione e privatizzazione. Al contempo, sono state svolte audizioni ai sensi dell’articolo 143, comma 2, del regolamento, con i rappresentanti del Governo competenti o dirigenti di enti pubblici, per un totale di ventotto sedute.

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ATTIVITÀ DELLA IX COMMISSIONE

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Sempre ai fini dell’istruttoria legislativa la Commissione, in congiunta con la VII Commissione, ha proceduto allo svolgimento di un’indagine conoscitiva nell’ambito dell’esame dei progetti di legge C. 310 e abbinati sul settore radiotelevisivo.

In quattro occasioni, inoltre, ha richiesto il parere del Comitato della legislazione sui testi legislativi elaborati, ai sensi dell’articolo 16-bis, commi 4 e 6-bis, del regolamento.

Anche la deliberazione di diverse indagini conoscitive, pari a sei nel corso della legislatura, ha rappresentato un elemento caratterizzante dell’attività della Commissione, che ha investito sostanzialmente la quasi totalità dei macrosettori in cui si articolano i suoi ambiti di competenza.

In tale contesto, la IX Commissione, in congiunta con la 8a Commissione del Senato, è stata in particolare impegnata per lungo tempo, nel corso della prima fase della legislatura, in un’indagine conoscitiva sulla sicurezza del trasporto aereo, subito dopo i tragici eventi avvenuti all’aeroporto di Linate nel mese di ottobre 2001. Il corposo documento conclusivo e le relative risultanze sono state poi alla base delle proposte di legge presentate sulla materia e successivamente confluite nella revisione della parte aeronautica del codice della navigazione.

Quindi, nella seconda parte della legislatura, la Commissione è stata impegnata nello svolgimento, tra le altre, di un’indagine conoscitiva sull’assetto del settore portuale che - basata su un articolato programma di audizioni - ha costituito un momento di specifica riflessione su tali tematiche, concludendosi con l’approvazione, all’unanimità, di un ampio e dettagliato documento conclusivo.

Un ruolo sicuramente rilevante nelle attività della Commissione è stato altresì svolto dall’attività di indirizzo e controllo, essendosi proceduto allo svolgimento di quattrocentosedici interrogazioni ordinarie, in centotrentasette sedute. E’ stata altresì data risposta, nell’ambito delle cinquantatre sedute svolte a tal fine, a centonove interrogazioni a risposta immediata sui temi di volta in volta ritenuti dall’Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, di maggiore urgenza ed attualità, con particolare riguardo ai settori del trasporto ferroviario e aereo.

Al contempo, con l’approvazione di sessantanove risoluzioni, rispetto ad un totale di novantotto presentate, la Commissione ha espresso specifici indirizzi al Governo su diversi profili e tematiche rientranti nei propri ambiti di competenza.

3. Linee di tendenza

L’attività normativa della IX Commissione nel corso della XIV legislatura si è caratterizzata in primo luogo per la previsione di interventi di riassetto organico,

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ATTIVITÀ DELLA IX COMMISSIONE

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attuati anche attraverso la redazione di codici legislativi, con la finalità di razionalizzare ed aggiornare la disciplina applicabile ad ambiti normativi settoriali omogenei nonchè di individuare i principi generali, nelle materie di competenza concorrente ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione, quale cornice fondamentale per l’attività normativa regionale.

Tra gli interventi di riordino codicistico, giova richiamare, nella materia dei trasporti, l’elaborazione del codice della nautica da diporto (decreto legislativo n. 171 del 2005) e la revisione della parte aeronautica del codice della navigazione, di cui al decreto legislativo n. 96 del 2005, successivamente oggetto di un ulteriore intervento correttivo e di aggiornamento. Nel settore delle comunicazioni, vanno ricordati l’approvazione del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo n. 259 del 2003, ed il testo unico della radiotelevisione, approvato con il decreto legislativo n. 177 del 2005.

Nel corso della legislatura si è proceduto quindi, nel settore dei trasporti, alla definizione di una disciplina uniforme dell'attività di trasporto di viaggiatori effettuato mediante noleggio di autobus con conducente (legge n. 218 del 2003) e del settore della nautica da diporto (legge n. 172 del 2003), nonché al riassetto normativo del settore dell'autotrasporto di persone e cose (legge n. 32 del 2005). Quest’ultimo ha trovato attuazione con l’approvazione di tre decreti legislativi di revisione organica dalla materia a seguito del conferimento della delega attribuita al Governo.

Quanto al settore delle comunicazioni, nel 2004 le Commissioni riunite VII e IX hanno approvatola legge n. 112, che reca norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAI, al termine di un’indagine conoscitiva sulla materia, cui sono seguite ulteriori e periodiche attività conoscitive, dopo l’entrata in vigore del provvedimento. All’approvazione di quest’ultimo si è giunti al termine di un articolato iter parlamentare e di successive letture dei due rami del Parlamento, nonché di una successiva fase di riesame, limitatamente a taluni profili, a seguito del rinvio al Parlamento disposto del Presidente della Repubblica.

I descritti interventi legislativi hanno tratto origine sia da iniziative di carattere parlamentare sia da proposte dell’Esecutivo. In entrambe le ipotesi, in ogni caso, vi è stata una costante attività istruttoria sulle proposte di legge esaminate che si è esplicata in primo luogo attraverso lo svolgimento di un ampio numero di audizioni di esperti dei diversi settori di volta in volta interessati.

L’attività della IX Commissione nel settore delle “comunicazioni”, intese in senso lato (trasporti, poste e telecomunicazioni), si è caratterizzata, inoltre, per il periodico recepimento di atti normativi comunitari. Al tempo stesso, tale esigenza di adeguamento ha svolto, in un certo senso, la funzione di “spinta propulsiva” della legislazione nazionale verso interventi di riordino normativo della materia. Ciò è avvenuto, in particolare, con il codice delle comunicazioni elettroniche, con il quale è stata disposta l’attuazione nell’ordinamento interno di un pacchetto di

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ATTIVITÀ DELLA IX COMMISSIONE

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direttive comunitarie sulla materia, ovvero con il codice sulla nautica da diporto nel cui ambito è stata recepita la direttiva 2003/44/CE.

Al tempo stesso, l’evoluzione del dibattito comunitario per lo sviluppo della rete transeuropea di trasporto – con cui è stata definita una quick start list di opere da avviare prioritariamente - ha rappresentato un periodico aspetto oggetto di studio ed approfondimento da parte della Commissione. Tale attività si è esplicata segnatamente con lo svolgimento di audizioni dei Ministri competenti e con la definizione di specifici indirizzi parlamentari, in particolare in sede di esame degli atti comunitari programmatici.

Sempre nel quadro degli interventi di modifica dell’assetto normativo vigente sotto il profilo delle procedure connesse alla realizzazione dell’assetto infrastrutturale, con particolare riguardo al settore dei trasporti, la Commissione ha esaminato nella prima fase della legislatura, in congiunta con la VIII Commissione, il c.d. “collegato infrastrutture” (legge n. 166 del 2002).

Analogamente, nell’ambito della intensa attività conoscitiva svolta dalla Commissione, elementi centrali di riferimento e di attenzione sono riconducibili dalla tutela della sicurezza – intesa sotto il duplice profilo della safety e della security nei diversi comparti del sistema dei trasporti – ed alla qualità dei servizi prestati agli utenti.

Sotto quest’ultimo profilo, oltre alle diverse attività conoscitive, di indirizzo e di sindacato ispettivo – relative prevalentemente ai servizi postali, di trasporto aereo e ferroviario – la IX Commissione ha approvato, tra l’altro, un testo unificato di diverse proposte di legge volte a favorire la fornitura dei servizi di accesso ad Internet agli utenti (legge n. 59 del 2002).

Per quanto concerne gli interventi adottati sotto il profilo della sicurezza nei settori di competenza, questi hanno costituito uno dei temi principali nell’attività della Commissione, tanto più, per quanto attiene agli aspetti della security, dopo i tragici eventi dell’11 settembre 2001.

In merito alle questioni più direttamente connesse alla safety nell’ambito dei trasporti, oltre alla già richiamata revisione della disciplina relativa alla parte aeronautica del codice della navigazione, una particolare attenzione è stata posta in sede di istruttoria legislativa per l’esame di provvedimenti adottati sui temi della circolazione stradale. Ciò con riferimento, in primo luogo, all’attuazione data al nuovo strumento della “patente a punti” ed alla revisione dei profili sanzionatori delle violazioni al codice della strada.

Al contempo, sulla base di iniziative parlamentari di numerosi gruppi politici, cui è seguita un’ampia istruttoria legislativa ed un esame condiviso, si è giunti all’approvazione della legge n. 13 del 2006, che reca disposizioni volte ad incentivare e valorizzare la sicurezza della navigazione, a favorire l’uso di navi a doppio scafo e l’ammodernamento della flotta.

Nella materia della legislazione portuale, la Commissione ha effettuato un’indagine conoscitiva durata circa due anni, nel cui ambito hanno avuto luogo

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ATTIVITÀ DELLA IX COMMISSIONE

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le audizioni degli operatori del sistema e dei rappresentanti del Governo competenti, nonché missioni di studio nelle maggiori realtà portuali nazionali, europee e dell’Estremo Oriente. Questo ha consentito di analizzare la situazione attuale dopo dieci anni circa dall’approvazione della legge organica del settore (n. 84 del 1994) e di acquisire articolati contributi. Al tempo stesso, un ampio dibattito su specifici aspetti della legge n. 84 ha avuto luogo nel corso dell’esame delle numerose proposte di nomina dei presidenti delle Autorità portuali, su cui la Commissione è stata chiamata ad esprimere il proprio parere al Governo nell’ambito della procedura individuata dall’articolo 8 della citata legge e della più generale disciplina recata dalla legge n. 14 del 1978.

Parimenti, sulla sicurezza del settore ferroviario è stata svolta un’intensa attività conoscitiva, con periodiche audizioni anche dei Ministri competenti cui è seguita, anche alla luce del grave incidente avvenuto a Crevalcore nel gennaio 2005, una specifica indagine conoscitiva.

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Principali politiche e interventi legislativi

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COMUNICAZIONI

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COMUNICAZIONI

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L’ORDINAMENTO DELLA COMUNICAZIONE

Assetto delle competenze legislative

La riforma costituzionale del Titolo V della parte seconda della Costituzione – nella redistribuzione delle competenze tra Stato e regioni ispirata all’inversione del tradizionale criterio di attribuzione delle funzioni legislative (v. capitolo Rapporti Stato – autonomie territoriali nel dossier relativo alla Commissione Affari costituzionali) – ha collocato il settore della comunicazione (“ordinamento della comunicazione”) tra le materie di legislazione concorrente, laddove allo Stato è riservata la definizione di principi fondamentali e alle regioni la normativa di dettaglio (art. 117, terzo comma, Cost.)1.

Si tratta di una collocazione ritenuta, in dottrina, connessa alla necessità di soddisfare, in tale ambito materiale, esigenze di unitarietà – connaturate alla tutela del diritto costituzionalmente garantito di manifestazione del pensiero (art. 21 Cost.) – preservando, comunque, spazi di differenziazione alle autonomie territoriali. A tale proposito, si ricorda che la Corte costituzionale – pur sotto la vigenza del vecchio Titolo V, e, quindi, in presenza di un diverso impianto costituzionale quanto all’articolazione dei rapporti Stato-regioni – ha riconosciuto all’informazione la natura di “condizione preliminare (…..) per l’attuazione ad ogni livello, centrale e locale, della forma propria dello Stato democratico” nella quale “qualsivoglia soggetto o organo rappresentativo investito di competenze di natura politica” (e quindi anche le Regioni) “ non può, pur nel rispetto dei limiti connessi alle proprie attribuzioni, risultare estraneo all’impiego di comunicazione di massa” (sentenza n. 348 del 1990). In tale sentenza la Corte costituzionale ha precisato che l’informazione attuata attraverso i mezzi di comunicazione di massa “è attività che - per il fatto di collegarsi, nel nostro sistema, all’esercizio di una libertà fondamentale (quale quella di espressione del pensiero) ed alla presenza di un valore essenziale per la democrazia (quale quello del pluralismo) – non può essere collocata sullo stesso piano delle materie elencate nell’articolo 117 Cost.”: esso costituisce piuttosto “un interesse o un fine il cui perseguimento non può che essere affidato alla Repubblica, intesa come insieme di tutti i soggetti pubblici rappresentativi, investiti di funzioni politiche”.

In questo contesto sembra collocarsi l’inserimento dell’ordinamento della comunicazione negli spazi che il nuovo Titolo V riserva alla legislazione concorrente. Come, peraltro, evidenziato dal Presidente della Repubblica nel messaggio inviato alle Camere – ai sensi dell’articolo 87 della Costituzione –in materia di informazione e di pluralismo (v. scheda Sistema radiotelevisivo – I

1 Circa la collocazione della materia “ordinamento della comunicazione” nel testo di riforma

dell’ordinamento della Repubblica , v. scheda Ordinamento della Repubblica - Il testo approvato dalle Camere nel dossier relativo alla Commissione Affari costituzionali

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messaggi del Capo dello Stato), la scelta operata dal nuovo Titolo V della Costituzione, in materia di ordinamento della comunicazione, in favore della competenza legislativa concorrente, risponde alla necessità che lo Stato – nel definire i principi fondamentali – svolga la sua “essenziale funzione di salvaguardia dell’unità della Nazione e dell’identità culturale italiana”, mentre, dall’altro, le Regioni sviluppino una legislazione che “valorizzi il criterio dell’articolazione territoriale della comunicazione come espressione delle identità e delle culture locali”.

In realtà, nel settore dell’ordinamento della comunicazione, la legislazione prodotta va al di là del tradizionale schema della legislazione concorrente (normativa statale di principio - normativa regionale di dettaglio), in primo luogo, in virtù dell’”intreccio” del settore con ambiti materiali “trasversali” affidati alla competenza esclusiva statale a garanzia di esigenze unitarietà, quali la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, relativamente alle misure a tutela del pluralismo dell’informazione, la tutela della concorrenza, con riferimento alla disciplina antitrust .

La Corte costituzionale ha avuto modo di precisare tali aspetti nella sentenza n. 336 del 2005 relativa ad alcune disposizioni del codice delle comunicazioni elettroniche in materia di installazione degli impianti, impugnate in quanto ritenute disposizioni di dettaglio e, quindi, lesive della competenza regionale. In tale sede, la Consulta ha evidenziato le connessioni della materia “ordinamento della comunicazione” con altri ambiti di competenza esclusiva statale. In particolare, la Corte richiama la materia della tutela della concorrenza in considerazione dell'incidenza che una efficiente rete di infrastrutture di comunicazione elettronica può avere sullo sviluppo economico del Paese e sulla concorrenzialità delle imprese2. Viene, altresì richiamata la materia della “tutela dell'ambiente” riconosciuta in più occasioni dalla stessa Corte come compito nell'esercizio del quale lo Stato conserva il potere di fissare standard di tutela uniformi sull'intero territorio nazionale. Nella stessa sentenza n. 336 del 2005 la Corte ha chiarito che, nell’ambito della competenza concorrente, l'ampiezza e l'area di operatività dei principî fondamentali non possono essere individuate in modo aprioristico e valido per ogni possibile tipologia di disciplina normativa, dovendo necessariamente essere calate nelle specifiche realtà normative cui afferiscono e tener conto, in modo particolare, degli aspetti peculiari con cui tali realtà si presentano. Con riferimento ai principî fondamentali relativi al settore delle infrastrutture di comunicazione elettronica, la Consulta precisa che non si può

2 Ciò in un'ottica secondo la quale la materia della tutela della concorrenza deve essere intesa –

come precisato dalla Corte già in altre sentenze - non «soltanto in senso statico, come garanzia di interventi di regolazione e di ripristino di un equilibrio perduto», ma anche in un'accezione dinamica «che giustifica misure pubbliche volte a ridurre squilibri, a favorire le condizioni di un sufficiente sviluppo del mercato o ad instaurare assetti concorrenziali» (sentenza n. 14 del 2004; v. anche sentenza n. 272 del 2004).

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COMUNICAZIONI

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prescindere dalla considerazione che ciascun impianto di telecomunicazione costituisce parte integrante di una complessa ed unitaria rete nazionale, sicché non è neanche immaginabile una parcellizzazione di interventi nella fase di realizzazione di una tale rete, in analogia con quanto affermato dalla relazione illustrativa al codice (vedi infra) sulla unitarietà della rete. Ciò comporta che i relativi procedimenti autorizzatori dovrebbero essere necessariamente disciplinati con carattere di unitarietà e uniformità per tutto il territorio nazionale, dovendosi evitare ogni frammentazione degli interventi. Ed è, dunque, alla luce di tali esigenze e finalità che dovrebbero essere valutate ampiezza ed operatività dei principî fondamentali riservati alla legislazione dello Stato.

Occorre, poi, considerare che nell’ordinamento della comunicazione il limite

generale dettato dal primo comma dell’articolo 117 della Costituzione – ossia, il rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario – non è privo di conseguenze nella ripartizione delle competenze Stato-regioni, se si considerano le restrizioni degli ambiti di intervento nazionali conseguenti alla normativa europea. Basti pensare, nell’ambito del pacchetto di direttive sulle comunicazioni elettroniche, alla direttiva «quadro» n. 21/2002 che non ha affrontato solo i profili sostanziali della disciplina della comunicazione elettronica, ma anche quelli procedurali attinenti al seguito nazionale del nuovo quadro normativo comunitario. Il riferimento vale per quelle disposizioni che individuano nelle Autorità nazionali di garanzia il ruolo di soggetti regolatori, in funzione della promozione della concorrenza nelle reti e nei servizi, dello sviluppo del mercato interno e di tutela dei diritti dei cittadini europei (v. capitolo Le comunicazioni elettroniche)3. Il riconoscimento di tale ruolo ha portato nell’ordinamento nazionale ad affidare all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni competenze in ordine alla regolamentazione Anche la citata sentenza n. 336 del 2005 ha evidenziato come gli obiettivi posti dalle direttive comunitarie, pur non incidendo sulle modalità di ripartizione delle competenze, possano di fatto richiedere una peculiare articolazione del rapporto norme di principio-norme di dettaglio. Nella specie, la puntuale attuazione delle prescrizioni comunitarie, secondo cui le procedure di rilascio del titolo abilitativo per la installazione degli impianti devono essere improntate al rispetto dei canoni della tempestività e della non discriminazione, richiederebbe di regola- secondo la Corte - un intervento del legislatore statale che garantisca l'esistenza di un unitario procedimento sull'intero territorio nazionale, caratterizzato, inoltre, da regole che ne consentano una conclusione in tempi brevi.

Passando ad esaminare come sia stata configurata l’articolazione dei rapporti Stato – regioni nei principali provvedimenti attinenti all’ordinamento della

3 Nell’ordinamento interno, la regolamentazione adottata dall’Autorità per le garanzie nelle

comunicazioni ha integrato norme di principio statali , in coerenza con il quadro normativo europeo.

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comunicazione esaminati nella XIV legislatura, si fa presente che, di seguito, verrà presa in considerazione solo l’articolazione disposta dal codice delle comunicazioni elettroniche (d.lgs. 259/2003), rinviando al capitolo sul riassetto del sistema radiotelevisivo, l’analisi dei rapporti Stato – regioni nella nuova disciplina sulla radiotelevisione (v. scheda Sistema radiotelevisivo – I rapporti Stato –regioni).

I rapporti Stato – Regioni nel codice delle comunicazioni elettroniche

Nel codice delle comunicazioni elettroniche - che conferma agli articoli 10 e 12 l'esistenza di uno spazio regolatorio più ampio dell'ordinamento nazionale, in quanto ne fanno parte le Autorità di regolazione degli altri Stati membri e, in posizione di primazia, la Commissione - l'assetto dei rapporti tra lo Stato e le autonomie locali è disegnato all’articolo 5, in base al quale lo Stato, le regioni e gli enti locali, ferme restando le competenze legislative e regolamentari delle Regioni e delle province autonome, operano in base al principio di leale collaborazione, anche mediante intese e accordi. Le linee generali del settore devono essere concordate in sede di Conferenza Unificata, dove è istituito un Comitato paritetico che acquisisce informazioni sulla dinamica del settore e elabora proposte alla Conferenza .

La disposizione – dopo aver individuato i limiti generali della competenza legislativa regionale (princìpi di tutela dell'unità economica, di tutela della concorrenza e di sussidiarietà) e aver precisato che la stessa deve essere esercitata nel rispetto dei principi fondamentali fissati dal codice o comunque desumibili dalla normativa vigente – elenca gli ambiti di intervento delle regioni (individuazione dei livelli avanzati di reti e servizi di comunicazione elettronica a larga banda, da offrire in aree locali predeterminate ; fissazione di agevolazioni per l'acquisto di apparecchiature terminali di utente e per la fruizione di reti e servizi di comunicazione elettronica a larga banda; promozione di livelli minimi di disponibilità di reti e servizi di comunicazione elettronica a larga banda nelle strutture pubbliche localizzate sul territorio e definizione di iniziative volte a fornire un sostegno alle persone anziane, ai disabili e ad altre categorie sociali connotate da condizioni di particolare disagio).

In sede di relazione illustrativa dello schema del decreto legislativo recante il codice delle comunicazioni elettroniche, il legislatore delegato ha precisato che «l'ordinamento delle comunicazioni, inteso come disciplina delle imprese, non si presta ad essere facilmente frazionato tra norme di principio e norme di dettaglio, e tanto meno in disposizioni valide territorialmente », in quanto la rete non è suscettibile si subire frazionamenti, essendo unica a livello globale.

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COMUNICAZIONI

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MINISTERO DELLE COMUNICAZIONI - RIORDINO

Il nuovo assetto del Ministero delle comunicazioni

Il Ministero delle comunicazioni - soppresso a seguito della riorganizzazione dei Ministeri operata dal decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 3004 (che ne aveva inizialmente previsto l'incorporazione nel Ministero delle attività produttive) - è stato nuovamente istituito dall'articolo 6 del DL 217/20015, che, introducendo nel d.lgs. n. 300/1999 il capo VI-bis (art. 32 bis-32 quinquies), ha ricostituto il Ministero delle comunicazioni con conseguente modifica delle funzioni del Ministero delle attività produttive e dell'Agenzia per le normative e i controlli tecnici; peraltro, sono state espressamente fatte salve le competenze dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni6 (v. capitolo Riordino dei Ministeri nel dossier relativo alla Commissione Affari costituzionali). Al Ministero sono stati quindi attribuiti funzioni e compiti spettanti allo Stato in materia di poste, telecomunicazioni, reti multimediali, informatica, telematica, radiodiffusione sonora e televisiva, tecnologie innovative applicate al settore delle comunicazioni, con particolare riguardo per l'editoria, ad eccezione delle funzioni e dei compiti in materia di giornali e testate periodiche politici o di partito.

Successivamente, in attuazione della legge 137/20027, che, di fatto, realizzava una “riapertura dei termini” della l. 59/97 sulla base della quale era stato emanato il d.lgs. 300/1999, è stato emanato il d.lgs. 366/20038, recante modifiche e integrazioni al d.lgs. 300/1999 relativamente alla struttura organizzativa del Ministero delle comunicazioni.

Il decreto legislativo ha rivisto l’organizzazione per aree funzionali del Ministero delle comunicazioni anche alla luce dei nuovi compiti attribuiti allo stesso. In particolare, l’attuale articolo 32-ter del d.lgs. 300/1999, come integrato dal d.lgs. 366/2003, prevede, pertanto, che il Ministero svolga, tramite gli organi centrali e gli ispettorati territoriali, funzioni e compiti di spettanza statale in una serie di aree funzionali, tra le quali si ricordano l’area delle politiche nel settore delle comunicazioni, della disciplina sulle comunicazioni elettroniche, dei rapporti

4 Recante Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo

1997, n. 59. 5 Decreto legge 12 giugno 2001, n. 217 recante Modificazioni al D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300,

nonché alla L. 23 agosto 1988, n. 400, in materia di organizzazione del Governo, convertito in legge, con modificazioni dalla legge 3 agosto 2001, n. 317

6 La legislazione in materia (a partire dalla legge n. 249 del 1997) attribuisce all’Autorità competenze molto ampie, in primo luogo, in termini di regolamentazione e regolazione del sistema delle comunicazioni, ma anche in termini di controllo e vigilanza.

7 Legge 6 luglio2002, n. 137 recante Delega per la riforma dell'organizzazione del Governo e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché di enti pubblici.

8 Decreto legislativo 30 luglio 2003, n. 366 recante Modifiche ed integrazioni al D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, concernenti le funzioni e la struttura organizzativa del Ministero delle comunicazioni, a norma dell'articolo 1 della L. 6 luglio 2002, n. 137.

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COMUNICAZIONI

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con l'Unione europea e con le organizzazioni e le agenzie internazionali nel settore delle comunicazioni, della radiodiffusione sonora e televisiva pubblica e privata, dei servizi postali, del controllo del mercato e della vigilanza sul rispetto delle normative di settore e applicazione delle sanzioni, della disciplina del servizio universale, del controllo delle emissioni radioelettriche e delle interferenze, delle tecnologie dell'informazione, della vigilanza e controllo sugli enti operanti nell'ambito delle comunicazioni.

L’articolo 32-quater prevede l’articolazione del Ministero in uffici centrali di livello dirigenziale generale ed in ispettorati territoriali di livello dirigenziale non generale. Sono uffici centrali del Ministero il Segretariato generale e le direzioni generali, in numero di cinque, così individuate:

1) direzione generale per la gestione delle risorse umane; 2) direzione generale per la pianificazione e la gestione dello spettro

radioelettrico; 3) direzione generale per i servizi di comunicazione elettronica e di

radiodiffusione; 4) direzione generale per la regolamentazione del settore postale; 5) direzione generale per la gestione delle risorse strumentali ed informative. Con DPR 176/20049, è stato approvato il regolamento di organizzazione del

Ministero delle comunicazioni, che ha dettagliato le funzioni del segretariato generale e delle cinque direzioni del Ministero. Il successivo DM 16 dicembre 2004 ha istituito all’interno di ciascuna direzione generale gli uffici dirigenziali e ha individuato gli ispettorati territoriali, esplicitando gli ambiti in cui questi hanno competenze tecnico-amministrative.

Da ultimo, si ricorda che il testo unico sulla radiotelevisione (D.Lgs. 177/2005)

(v. capitolo Il riassetto del sistema radiotelevisivo) ha precisato che il Ministero delle comunicazioni esercita le competenze affidategli dal testo unico nonché quelle ricadenti nelle funzioni e nei compiti di spettanza statale indicati dal d.lgs. 300/1999, come modificato dal d.lgs. 366/2003.

Sulla base della complessa disciplina che definisce l’assetto del sistema radiotelevisivo, si possono ricordare in tale ambito le seguenti competenze: elaborazione e gestione del Piano nazionale di ripartizione delle frequenze; tenuta del registro nazionale delle frequenze. collaborazione con l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni

nell'elaborazione dei piani di assegnazione delle frequenze per i servizi di radiodiffusione sonora e televisiva;

vigilanza dello spettro radioelettrico; rilascio di concessioni e licenze, se del caso previo esperimento di gara, e

autorizzazioni per l'espletamento dei servizi di radiodiffusione sonora e

9 Decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno 2004, n. 176 recante Regolamento di

organizzazione del Ministero delle comunicazioni.

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COMUNICAZIONI

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televisiva anche nelle forme evolutive; rilascio delle autorizzazioni generali e dei diritti di uso delle frequenze;

disciplina della regolamentazione per il settore delle comunicazioni elettroniche e della radiodiffusione;

esame dei piani tecnici relativi agli impianti di radiodiffusione sonora e televisiva pubblica e privata, nazionale e locale; adozione di direttive per la disciplina tecnica relativa agli impianti di radiodiffusione;

acquisizione al bilancio di canoni e contributi, e recupero di canoni e contributi evasi nel settore delle comunicazioni elettroniche ad uso pubblico e privato e nel settore della radiodiffusione sonora e televisiva;

adempimenti inerenti alla convenzione e al contratto di servizio con la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo;

studi anche comparati sulla evoluzione dei servizi di radiodiffusione sonora e televisiva;

vigilanza sui servizi e sull'assolvimento degli obblighi derivanti dai titoli abilitativi per i servizi di comunicazioni elettronica e di radiodiffusione, nonché sull'accertamento degli illeciti e sull'applicazione delle relative sanzioni per la parte di competenza del Ministero;

erogazione di benefìci in materia di servizi di radiodiffusione sonora e televisiva;

controlli sulle comunicazioni elettroniche su disposizione dell'Autorità giudiziaria e delle Autorità garanti;

coordinamento dei rapporti con le Autorità amministrative indipendenti.10. Relativamente, poi, al settore postale, il decreto legislativo 261/1999 – che ha

avviato la liberalizzazione del mercato dei servizi postali (v. capitolo Sviluppo del mercato dei servizi postali)– ha riconosciuto al Ministero delle comunicazioni compiti di Autorità nazionale di regolamentazione.

10 Il coordinamento delle attività delle varie direzioni generali con tali Autorità è affidato al

Segretariato generale.

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COMUNICAZIONI

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LE COMUNICAZIONI ELETTRONICHE

Il codice delle comunicazioni elettroniche

Il mondo della comunicazione elettronica ha registrato, nel corso della XIV legislatura, un mutamento profondo nel tessuto delle regole destinate a guidare il comparto.

A livello europeo, le novità maggiori sono emerse con l’entrata in vigore del pacchetto di direttive sulle “comunicazioni elettroniche” (direttiva “quadro” 2002/21; direttiva sull’accesso 2002/19; direttiva “autorizzazioni” 2002/20; direttiva sul servizio universale 2002/22) che hanno introdotto un nuovo quadro regolamentare. Il “pacchetto” di direttive - che ha segnato un punto di svolta rispetto al passato - risultava finalizzato ad introdurre una fase più matura dell'armonizzazione dei mercati nel settore, a definire un quadro normativo unitario per l'intero comparto della comunicazione elettronica, comprensivo delle telecomunicazioni, della radiotelevisione e delle nuove tecnologie dell'informazione, nella prospettiva della convergenza tecnologica oggi in atto tra i vari mezzi, nonché a definire una piattaforma di regole comuni per le Autorità di regolazione nazionali, con la previsione di un più stretto sistema di relazioni tra le Autorità dei vari Paesi dell'Unione europea, tra le Autorità di regolazione e quelle per la tutela della concorrenza, nonché tra il complesso delle Autorità di regolazione e Antitrust e la Commissione europea.

A livello nazionale, il pacchetto di direttive è stato recepito con il decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, recante codice delle comunicazioni elettroniche, emanato sulla base della norma di delega di cui all'articolo 41, comma 1, della legge 1° agosto 2002, n. 166 (c.d. collegato infrastrutture). Tale disposizione individuava l’oggetto della delega sostanzialmente in corrispondenza al titolo delle direttive comunitarie, riconducibile ai seguenti aspetti:

a) istituzione di un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica;

b) autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica; c) accesso alle reti di comunicazione elettronica e alle risorse correlate e

l’interconnessione alle medesime; d) servizio universale; e) diritti degli utenti e la sicurezza dei dati personali nelle comunicazioni

elettroniche. Il d.lgs. 259/2003 ha introdotto – in attuazione di uno dei principi e criteri

direttivi della delega11 – un codice delle disposizioni legislative in materia di

11 I principi e criteri direttivi della delega erano indicati al comma 2 dell’articolo 41: tra essi

figurava, oltre l’adozione di un codice delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di

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COMUNICAZIONI

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telecomunicazioni che presenta un quadro regolamentare connotato dalle seguenti principali innovazioni: inclusione delle reti di trasporto del segnale televisivo nell’insieme

denominato “reti di comunicazione elettronica”, a seguito della constatata tendenziale assimilazione delle tecnologie di trasporto del segnale sulle diverse reti di comunicazione elettronica, astrattamente tutte in grado di trasmettere segnali digitalizzati che riproducono indifferentemente suoni, dati o immagini in movimento. Tale innovazione non incide – secondo quanto previsto dallo stesso codice - sulla materia radiotelevisiva, intesa come servizi che forniscono “contenuto” trasmesso utilizzando reti e servizi di comunicazione elettronica o che comportano un controllo editoriale: tali contenuti rimangono disciplinati a livello europeo dalle direttive denominate “televisione senza frontiere”, ed a livello nazionale dalla normativa specifica emanata in materia (legge n. 112 del 2004: v. capitolo Il riassetto del sistema radiotelevisivo). Inoltre, il codice, dopo aver individuato quale oggetto della disciplina recata, le reti e i servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico, ivi comprese le reti utilizzate per la diffusione circolare di programmi sonori e televisivi e le reti della televisione via cavo, precisa che rimangono ferme e prevalgono sulle disposizioni del codice le norme speciali in materia di reti utilizzate per la diffusione circolare di programmi sonori e televisivi, che sono state dettate successivamente dalla legge n. 112 del 2004;

unificazione dei regimi giuridici relativi al titolo che legittima lo svolgimento dell’attività: il sistema della “autorizzazione generale” - che si sostanzia fondamentalmente in una denuncia di inizio attività da parte dell’impresa interessata - assorbe il sistema dualista precedente, articolato in licenze individuali e autorizzazioni generali12.

assetto degli obblighi posti a carico degli ex monopolisti, e degli operatori individuati come aventi un significativo potere di mercato, che dipende – nella nuova disciplina - dall’esito di una analisi di mercato e dalla individuazione - caso per caso - delle occorrenti misure, commisurate alle distorsioni da eliminare; diventa dunque fondamentale l’individuazione di un mercato rilevante ai fini della regolamentazione, e l’individuazione di posizioni di significativo potere di mercato in grado di condizionarne il

telecomunicazioni, la depenalizzazione delle fattispecie disciplinate dall’articolo 195 del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156, con esclusione tuttavia di quelle aventi ad oggetto impianti per la radiodiffusione sonora e televisiva, nonché l’espressa abrogazione di tutte le disposizioni incompatibili.

12 Il regime di autorizzazione generale è finalizzato – secondo quanto precisato dalle direttive - a garantire la parità di condizioni in tutta la Comunità, che resterebbe senza dubbio pregiudicata dall'esistenza di tanti ordinamenti quanti sono gli ordinamenti nazionali e regionali. E, infatti, opportuno che le condizioni apposte allo strumento dell'autorizzazione generale "si limitino allo stretto necessario per garantire il rispetto delle disposizioni e degli obblighi fondamentali sanciti dal diritto comunitario e dal diritto nazionale in conformità del diritto comunitario".

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funzionamento (prevedendo quindi misure ex post). Peraltro, i mercati in cui sono imponibili misure specifiche nei confronti delle imprese che hanno un significativo potere di mercato sono individuati in via preliminare ed in modo uniforme a livello comunitario, anche se non viene esclusa una procedura di identificazione a livello nazionale, soggetta ad una sostanziale ratifica comunitaria, attraverso un procedimento di silenzio-assenso (v. scheda Comunicazioni elettroniche – La concorrenza nei mercati rilevanti).

La disciplina delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica contenuta nel codice è tesa a tutelare diritti di rango costituzionale quali la libertà di comunicazione, la libertà di iniziativa economica privata e la segretezza delle comunicazioni. A garanzia di tali diritti gli obblighi per le imprese che forniscono reti e servizi di comunicazione elettronica, disposti dal Codice, sono imposti secondo principi di trasparenza, non distorsione della concorrenza, non discriminazione e proporzionalità13. La disciplina è altresì volta a promuovere la semplificazione e la trasparenza delle procedure, a garantire il rispetto degli obblighi del regime di autorizzazione generale, la fornitura del servizio universale, l’accesso e l’interconnessione per le reti di comunicazione elettronica a larga banda, nonché a garantire la convergenza, la interoperabilità tra reti e servizi di comunicazione elettronica e l’utilizzo di standard aperti, nonché a garantire il principio di neutralità tecnologica14.

Alla tutela del principio della neutralità tecnologica pare riconnettersi la previsione di una regolamentazione tecnologicamente neutrale affidata al Ministero delle comunicazioni e all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, definita quale “Autorità nazionale di regolamentazione”, secondo le previsioni della direttiva quadro che non affronta solo i profili sostanziali della disciplina della comunicazione elettronica, ma anche quelli procedurali attinenti al seguito nazionale del nuovo quadro normativo comunitario. Il riferimento vale per quelle disposizioni espressamente dedicate al ruolo delle Autorità nazionali di garanzia, ai loro reciproci rapporti, al loro rapporto con la Commissione europea. Si va dalla diretta qualificazione delle suddette Autorità come soggetti regolatori, in funzione della promozione della concorrenza nelle reti e nei servizi, dello sviluppo del mercato interno e di tutela dei diritti dei cittadini europei, alla previsione di specifici obblighi di reciproca informazione e collaborazione tra le diverse Autorità nazionali, alla istituzione di un apposito Comitato per le comunicazioni, con funzioni consultive nei confronti della Commissione europea, alla introduzione di una serie di procedimenti che scandiscono le modalità di assunzione di rilevantissime decisioni da parte delle Autorità nazionali, nei quali 13 Si prevede inoltre che la disciplina debba tener conto delle norme e misure tecniche approvate

in sede europea, nonché dei piani e raccomandazioni approvati da organismi internazionali cui l’Italia aderisce in forza di convenzioni e trattati.

14 Tale principio è da intendere come non discriminazione tra particolari tecnologie, non imposizione dell’uso di una particolare tecnologia rispetto alle altre e possibilità di adottare provvedimenti ragionevoli al fine di promuovere taluni servizi indipendentemente dalla tecnologia utilizzata.

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la Commissione si riserva un ruolo di grande rilievo. Nel complesso, un insieme di previsioni che testimoniano la preoccupazione di dar vita ad una vera e propria rete di regolatori, ciascuno con proprie responsabilità, ma accomunati dagli stessi obiettivi.

Il codice delle comunicazioni elettroniche si inserisce in tale quadro europeo affidando all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in qualità di Autorità nazionale di regolazione, il compito di definire i mercati rilevanti, effettuare l'analisi dei mercati stessi nonché le valutazioni circa la sussistenza di imprese che detengono un significativo potere di mercato (v. scheda Comunicazioni elettroniche - La concorrenza nei mercati rilevanti).

La disciplina dei servizi a sovrapprezzo

Il regolamento adottato con decreto del Ministro delle comunicazioni 2 marzo 2006, n. 145 ha introdotto la disciplina dei servizi a sovrapprezzo, definendo gli stessi come servizi forniti attraverso reti di comunicazione elettronica, accessibili al pubblico, anche mediante l'uso di specifiche numerazioni, definite nel piano nazionale di numerazione, o a livello internazionale dagli appositi organismi che consentono l'accesso degli utenti ad informazioni o prestazioni a pagamento15. Per tali servizi, il fornitore di servizi di comunicazione elettronica addebita un prezzo complessivo comprendente il trasporto, l'istradamento, la gestione della chiamata e la fornitura delle informazioni o prestazioni. I servizi a sovrapprezzo includono anche quelli realizzati con connessione ad Internet sia in modalità «dial-up», che prevede l'identificazione del fornitore di servizi con una numerazione, sia in modalità «packet-switch», che prevede l'identificazione del fornitore di servizi con un indirizzo IP. Sono, inoltre, inclusi tra i servizi a sovrapprezzo quelli offerti sulla piattaforma della televisione «digitale» interattiva, ovvero mediante invio di messaggi di testo o dati quali, SMS o MMS, su base di singola richiesta ovvero in modalità di ricezione periodica (modalità «push») a seguito di sottoscrizione di uno specifico contratto. 15 I servizi a sovrapprezzo si suddividono nelle seguenti tipologie:

a) servizi di carattere sociale-informativo, quali, tra l'altro servizi riguardanti le pubbliche amministrazioni e gli enti locali; servizi di pubblica utilità; servizi di informazione abbonati; b) servizi di assistenza e consulenza tecnico-professionale che comprendono, tra l'altro: consulenze di tipo sanitario, legale, economico/finanziario; servizi di rassegna stampa; servizi editoriali; servizi di meteorologia; formazione professionale; servizi di assistenza clienti; trasporto e turismo; c) servizi di chiamate di massa, ovvero i servizi offerti per limitati periodi temporali, che consentono la partecipazione di un notevole numero di utenti ad eventi particolari, che comprendono, tra l'altro: sondaggi di opinione; televoto; servizi di raccolta fondi; giochi di massa; manifestazioni a premio e concorsi legati a prodotti e servizi di consumo; d) servizi di intrattenimento, quali, tra l'altro: servizi di conversazione; pronostici; servizi di astrologia; manifestazioni a premio; caselle vocali; giochi; e) vendita di prodotti e servizi trasmessi direttamente ed esclusivamente attraverso la rete di comunicazione elettronica, quali, tra l'altro: loghi e suonerie; programmi software; audio e video.

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Il provvedimento si propone di fissare regole omogenee per i servizi a sovrapprezzo offerti tramite reti e servizi di diversa tecnologia (ossia tramite rete fissa, mobile, internet e televisione digitale) nonché di disciplinare tali servizi in modo da contemperare l'esigenza di non porre barriere allo sviluppo dei nuovi servizi con quella di dare adeguata tutela all'utenza. L'obiettivo è quindi quello di tutelare l'utente finale disciplinando i servizi la cui erogazione si addebita direttamente in bolletta o sulla scheda prepagata.

Il decreto ha quindi previsto in via generale che le informazioni o prestazioni fornite tramite servizi a sovrapprezzo sono di norma destinate a persone maggiorenni e devono rispondere a precisi criteri (non devono contenere messaggi subliminali, offendere la dignità della persona, evocare discriminazioni di razza, sesso e nazionalità, esaltare la violenza, offendere convinzioni religiose ed ideali, indurre a comportamenti discriminatori o pregiudizievoli per la salute, la sicurezza e l'ambiente, arrecare danno morale, fisico o economico, indurre all'uso di bevande alcoliche, tabacco, stupefacenti e farmaci, presentare forme e contenuti a carattere pornografico, salva l'adozione di un sistema di controllo specifico e selettivo), od osceno). Le informazioni o prestazioni dei servizi a sovrapprezzo devono inoltre essere precedute, indipendentemente dalla durata del servizio, da un messaggio di presentazione chiaro ed esplicito, a meno che il costo del servizio sia inferiore ad 1 euro: l'accettazione di un servizio a sovrapprezzo è ammessa solo con il consenso espresso dell'utente finale, fatta eccezione per i servizi di carattere sociale-informativo16.

Il regolamento ha fissato in 12,50 euro il limite massimo entro cui può essere addebitata sull’importo prepagato o sulla fattura la comunicazione; se l’addebito supera tale importo massimo sono previste modalità di fatturazione direttamente a cura del centro servizi. Per i servizi ai minori, l'importo massimo fatturabile è pari a 2,75 euro.

La vigilanza sulla corretta applicazione della disciplina sui servizi a sovrapprezzo è affidata ai competenti organi della Polizia postale e delle comunicazioni e del Ministero delle comunicazioni. In caso di mancata applicazione delle disciplina, sono previste sanzioni sia a carico dei centri servizi17, sia a carico degli operatori titolari della numerazione e per i fornitori di servizi di comunicazione elettronica18

16 Si ricorda che il regolamento introduce un sistema diverso da quello dell’opt-in, ossia della

disabilitazione all’origine di tutti servizi a sovrapprezzo e dell’utilizzo degli stessi solo su espressa richiesta degli utenti.

17 Si tratta della sospensione dell'accesso alla rete del servizio a sovrapprezzo, per un periodo di un mese o della disattivazione dell'accesso alla rete del servizio a sovrapprezzo nei casi più gravi.

18 Le sanzioni irrogate dal Ministero delle comunicazioni e dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni nei confronti di operatori titolari della numerazione e di fornitori di servizi di comunicazioni elettroniche sono definite nel codice delle comunicazioni elettroniche.

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Le telecomunicazioni e la larga banda

Il settore delle telecomunicazioni è stato oggetto negli ultimi anni di profonde trasformazioni, tuttora in corso, che attengono soprattutto al processo di liberalizzazione e all’evoluzione tecnologica, con lo sviluppo di un processo che, grazie soprattutto alla digitalizzazione delle informazioni che circolano nella società e nell’economia, conduce progressivamente alla formazione di un mercato unico delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, portando alla riduzione e all’annullamento della distanza tra prodotti e processi e avvicinando settori industriali tra loro considerati distanti e distinti (c.d. convergenza).

Il fenomeno della progressiva apertura alla concorrenza dei mercati delle telecomunicazioni è stato avviato anche con l’impostazione di un nuovo quadro normativo di riferimento, in parte di derivazione comunitaria, cui ha contribuito anche la complessa attività di regolazione svolta dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (vedi supra); ne è conseguita una rivoluzione negli assetti di mercato, laddove all’operatore storico in posizione di monopolio (Telecom) si è sostituita una pluralità di attori, proprio mentre nuovi servizi si andavano affermando.

Anche sulla base degli elementi offerti dalle relazioni annuali dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, si evidenzia che, pur in un contesto economico caratterizzato da numerose spinte negative, il settore delle telecomunicazioni si è confermato uno dei più importanti comparti per la crescita dell’economia mondiale, inducendo a ritenere che al di là delle difficoltà congiunturali questo settore rivesta ormai un ruolo centrale per la crescita strutturale e la competitività dei sistemi industriali, che non viene messo in discussione dalle dinamiche di breve periodo.

Tale settore mostra trend di crescita molto diversi a seconda delle aree geografiche e dei mercati merceologici; nei Paesi più sviluppati i servizi di rete fissa e di rete mobile hanno ormai raggiunto una notevole maturità in termini di diffusione, almeno per quel che riguarda i servizi più tradizionali, cosicché le prospettive di crescita tendono ad un marcato rallentamento, il che induce le imprese a ricercare nuovi servizi a valore aggiunto che controbilancino questa tendenza (servizi a larga banda per la rete fissa e per le reti mobili della nuova generazione).

Per quanto concerne in particolare l’implementazione della concorrenza nel mercato della telefonia fissa va segnalato che, anche a seguito di una complessa attività di monitoraggio e regolazione svolta dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, è stata promossa la liberalizzazione del cosiddetto “ultimo miglio”, con la possibilità per gli utenti finali di scegliere un operatore diverso dall’incumbent (Telecom Italia), e più recentemente è stato avviato il sistema del wireless local loop, cioè del sistema di telecomunicazioni ad alta velocità, alternativo alle tecniche di accesso locale, che permette di trasmettere voce e

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dati a postazioni finali attraverso onde radio e quindi senza la necessaria connessione alle infrastrutture già esistenti, essenzialmente di proprietà dell’operatore ex monopolista19. Il wireless si basa sull’introduzione di sistemi su frequenze radio che presentano notevoli vantaggi rispetto ad altre soluzioni di accesso in quanto offrono accesso alternativo a larga banda da implementare in tempi brevi, costi realizzativi e gestionali ridotti, e limitato impatto urbanistico20.

Quanto alla “larga banda”, infrastruttura di connessione che favorisce forme di comunicazione multimediali e interattive, essa costituisce un obiettivo strategico comune a tutti i Paesi europei ed è individuata come prima priorità nel piano e-Europe 2005. I Ministeri delle comunicazioni e dell’innovazione tecnologica hanno istituito nell’anno 2001 una task force, il cui lavoro ha portato, in data 21 novembre 2001, alla pubblicazione di un rapporto che ha evidenziato l’importanza di uno sviluppo armonico delle tre componenti del sistema (tecnologie, servizi e domanda) e, quindi, di un ruolo del Governo di indirizzo, coordinamento e stimolo sull’offerta di infrastruttura e servizi e sulla domanda con interventi prevalentemente di natura indiretta atti a stimolare la domanda e l’offerta.

In tale contesto, si inserisce l’articolo 6 della legge n. 273/2002 (cd. “collegato per la concorrenza”) recante misure volte a promuovere lo sviluppo della larga banda (esenzione dal contributo sulle attività di installazione e fornitura di reti di telecomunicazioni pubbliche, di fornitura al pubblico di servizi di telefonia vocale e di servizi di comunicazioni mobili e personali, anche per quanti abbiano investito nella realizzazione di infrastrutture di rete a larga banda in caso di perdite di esercizio)

In tema di provvedimenti atti ad agevolare l’installazione di infrastrutture di telecomunicazioni, si ricorda il decreto legislativo n. 198/2002, intervenuto in attuazione della legge n. 443 del 2001 (cd “legge obiettivo”) con la finalità di semplificare le procedure amministrative per l'installazione di infrastrutture per le reti di telecomunicazioni: le disposizioni del decreto avevano ad oggetto principalmente l’iter per il rilascio delle autorizzazioni alla installazione delle infrastrutture, alle attività di scavo e all’occupazione di suolo pubblico, alla installazione di reti dorsali. Il decreto legislativo è stato successivamente dichiarato illegittimo costituzionalmente dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 303 del 2003 (v. scheda Legge obiettivo – Giurisprudenza costituzionale nel dossier relativo alla Commissione Ambiente) relativo ai sensi dell’articolo 4 del D.L. 315/200 (Disposizioni urgenti in tema di composizione delle commissioni per

19 Il collegamento attraverso il wireless local loop può riguardare anche il mercato della telefonia

mobile, in quanto le compagnie telefoniche possono utilizzare le antenne del wireless per integrare le reti GSM (Global System for Mobile Telecommunications).

20 Le frequenze radio su cui operano i sistemi wireless sono state assegnate nel luglio 2002 a 16 operatori licenziatari, attraverso un bando di gara che ha previsto misure asimmetriche per favorire la concorrenza. Nel bando è stato previsto che Telecom, quale operatore dominante, non possa avviare il servizio commerciale prima di quattro anni dall'assegnazione delle frequenze

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la valutazione di impatto ambientale e di procedimenti autorizzatori per le infrastrutture di comunicazione elettronica) i procedimenti di rilascio di autorizzazione alla installazione di infrastrutture di comunicazioni elettroniche iniziati ai sensi del d. lgs. 198/2002, ed in corso alla data di pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 303 del 2003, sono disciplinati dal codice delle comunicazioni elettroniche.

Inoltre, la legge n. 166/2002 (“collegato infrastrutture ”), all’articolo 40, ha introdotto disposizioni specifiche che hanno la finalità di rendere più efficiente la installazione di reti di telecomunicazioni e di altre reti digitali, utilizzando al meglio la trama delle reti pubbliche21.

Infine, nell’ambito delle leggi finanziarie per il 2003 (L. 289/2002: art. 89) e per il 2004 (L. 350/2003: art. 4) sono stati previsti, tra l’altro, contributi per l’acquisto o il noleggio di ricevitori per l’accesso a larga banda ad Internet, a favore di persone fisiche, pubblici esercizi e alberghi.

Con riferimento al settore delle telecomunicazioni, si ricorda che la IX

Commissione, in congiunta con la III Commissione (Affari esteri e comunitari), della Camera ha esaminato la proposta di legge il cui esame ha portato all’approvazione della legge 21 maggio 2002, n. 99, istitutiva di una Commissione parlamentare di inchiesta sull'affare Telekom-Serbia. La legge istitutiva affidava alla Commissione di inchiesta il compito di indagare sulle vicende relative all’acquisto da parte di STET – Società finanziaria telefonica per azioni - e di Telecom Italia del 29 per cento di Telekom Serbia e sugli atti presupposti, connessi e conseguenti all’acquisto, da chiunque compiuti.

La Commissione si è costituita il 10 luglio 2002. L'originario termine di conclusione dei suoi lavori era stato fissato ad un anno dalla data della sua costituzione, ma, su motivata richiesta della Commissione22 in conformità a quanto previsto dall'articolo 2, comma 6, della legge istitutiva, i Presidenti delle Camere, con determinazione del 4 luglio 2003, hanno successivamente prorogato la scadenza di un anno, portando al 10 luglio 2004 il termine di conclusione dei lavori della Commissione. In data 28 aprile 2004, la Commissione ha approvato la relazione finale sulle indagini svolte (Doc. XXIII, n. 6).

21 Viene infatti disposto che qualora la costruzione e la manutenzione straordinaria di una serie di

opere pubbliche - strade, autostrade, strade ferrate, aerodromi, acquedotti, porti, interporti appartenenti allo Stato, alle regioni a statuto ordinario, agli enti locali e agli altri enti pubblici - comporti lavori di trincea o comunque di scavo del sottosuolo, è obbligatorio prevedere la realizzazione di cavedi multiservizi o, comunque, cavidotti di adeguata dimensione, conformi alle norme tecniche UNI e CEI pertinenti, per il passaggio di cavi di telecomunicazioni e di altre infrastrutture digitali.

22 Delibera del 28 maggio 2003

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COMUNICAZIONI

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IL RIASSETTO DEL SISTEMA RADIOTELEVISIVO

La “legge Gasparri” e il nuovo assetto della radiotelevisione

La riforma del sistema radiotelevisivo introdotta dalla legge 112/2004 (c.d. “legge Gasparri”) – approvata dopo un complesso iter durato oltre due anni e recante disposizioni per il riassetto del sistema radiotelevisivo e della RAI (concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo), nonché una delega al Governo per l’emanazione del testo unico della radiotelevisione – ha costituito l’esito di un ampio dibattito nel corso del quale le pronunce della Corte costituzionale sul pluralismo dell’informazione23 (v. scheda Sistema radiotelevisivo – Giurisprudenza costituzionale) e il messaggio inviato dal Presidente della Repubblica alle Camere sullo stesso profilo, nonché il messaggio di rinvio della legge alle Camere (v. scheda Sistema radiotelevisivo – I messaggi del Capo dello Stato), hanno formato oggetto di particolare attenzione24.

Da un punto di vista generale, la riforma introdotta nel settore radiotelevisivo dalla legge n. 112 del 2004 intende definire una normativa “di sistema” che tenga conto dell’evoluzione tecnologica e dei mercati, nonché del nuovo quadro regolamentare europeo dettato dalle direttive sulle “comunicazioni elettroniche” (v. capitolo Le comunicazioni elettroniche), favorendo il processo di convergenza tecnologica e la conversione dalla trasmissione in tecnica analogica a quella in tecnica digitale, il pluralismo e la concorrenza nel settore, ed altresì ridefinendo il ruolo del servizio pubblico in tale contesto.

Di seguito sono analizzate le principali aree di intervento della legge.

23 In particolare, la sentenza n. 466/2002 stabiliva la necessaria fissazione di un termine finale

certo e non prorogabile, che comunque non oltrepassasse il 31 dicembre 2003, per la definitiva cessazione del “regime transitorio” (con gli effetti previsti dalla normativa allora vigente per le emittenti eccedenti i limiti anti-trust, vale a dire, la trasmissione dei programmi irradiati da tali emittenti esclusivamente via satellite o via cavo, nonché la realizzazione da parte della RAI della terza rete senza pubblicità). In relazione alla data indicata la Corte costituzionale precisava, in motivazione, che essa “offre margini temporali all’intervento del legislatore per determinare le modalità della definitiva cessazione del regime transitorio di cui all’art. 3, comma 7 della legge n. 249 del 1997” e che “…la presente decisione, concernente le trasmissioni radiotelevisive in ambito nazionale su frequenze terrestri analogiche, non pregiudica il diverso futuro assetto che potrebbe derivare dallo sviluppo della tecnica di trasmissione digitale terrestre, con conseguente aumento delle risorse tecniche disponibili”.

24 Il progetto di legge, approvato da entrambe le Camere, era stato infatti rinviato dal Presidente della Repubblica con messaggio motivato, a norma dell’art. 74 della Costituzione, per una nuova deliberazione, in data 15 dicembre 2003 (DOC I, n. 5). Circa il messaggio del Presidente della Repubblica alle Camere sul pluralismo dell’informazione, vedi DOC I, n. 2.

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COMUNICAZIONI

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Principi generali

La legge, al Capo I, reca la ridefinizione dei principi generali e fondamentali del sistema radiotelevisivo anche al fine dell’esercizio da parte delle regioni della potestà legislativa concorrente in materia di “ordinamento della comunicazione”, prevista dal nuovo articolo 117, terzo comma, Cost. (v. scheda Sistema radiotelevisivo – I rapporti Stato-regioni). Nell’ambito del Capo I, sono stati poi inseriti articoli che riguardano una disciplina, anche di carattere puntuale, in materia di emittenza locale, di diffusioni interconnesse, nonché una disciplina relativa alla tutela dei minori nella programmazione televisiva, prevedendo in particolare il divieto di impiego di minori di 14 anni per messaggi pubblicitari e spot, ed il recepimento a livello legislativo del codice di autoregolamentazione “TV e minori.” Il divieto di impiego dei minori di anni 14 nella pubblicità televisiva è stato poi soppresso dalla legge 38/200625, che ha, inoltre, integrato sul punto la legge n. 112 del 2004 introducendo il parere delle competenti Commissioni parlamentari e della Commissione parlamentare per l’infanzia nella procedura di adozione del regolamento volto a disciplinare l’impiego dei predetti minori nei programmi radiotelevisivi (v. scheda Sistema radiotelevisivo – La tutela dei minori).

Disciplina anticoncentrazione

La disciplina anticoncentrazione, oggetto di un ampio ed articolato dibattito in sede parlamentare, individua limiti al cumulo dei programmi ed alla raccolta delle risorse, questi ultimi calcolati innovativamente in rapporto ai ricavi dei settori che compongono il “sistema integrato delle comunicazioni” (SIC, ossia settore economico che comprende la stampa quotidiana e periodica, l’editoria annuaristica ed elettronica anche per il tramite di Internet, radio e televisione, cinema, pubblicità esterna, iniziative di comunicazione di prodotti e servizi e sponsorizzazioni) (v. scheda Sistema radiotelevisivo – La disciplina anticoncentrazione). In particolare, la legge prevede che: un medesimo fornitore di contenuti, anche attraverso società controllate o

collegate, non possa essere titolare di autorizzazioni che consentano di diffondere più del 20% del totale dei programmi (rispettivamente, televisivi o radiofonici), irradiabili su frequenze terrestri in ambito nazionale, mediante le reti previste dal piano nazionale di assegnazione delle frequenze in tecnica digitale26;

25 Legge 6 febbraio 2006 recante Modifiche all’ articolo 10 della legge 3 maggio 2004, n. 112, in

materia di tutela dei minori nella programmazione televisiva. 26 L’operatività del limite è testualmente riferita all’“atto della completa attuazione del piano

nazionale di assegnazione delle frequenze radiofoniche e televisive in tecnica digitale”. Nella fase transitoria il limite del 20% é calcolato sul numero complessivo dei programmi televisivi

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COMUNICAZIONI

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il limite alla raccolta delle risorse del sistema integrato delle comunicazioni sia individuato nel 20% dei ricavi complessivi del “sistema integrato delle comunicazioni”;

gli organismi di telecomunicazioni i cui ricavi nel mercato dei servizi di telecomunicazioni siano superiori al 40% dei ricavi complessivi di quel mercato non possano conseguire ricavi superiori al 10% dei ricavi del settore integrato delle comunicazioni;

sia fatto divieto ai soggetti esercenti attività televisiva nazionale attraverso più di una rete di acquisire partecipazioni in imprese editrici di giornali quotidiani27, nonché di partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di giornali quotidiani, fino al 31 dicembre 2010.

La nuova disciplina anticoncentrazione riconosce poi all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni compiti di regolazione e di verifica relativi alla individuazione del mercato rilevante ed alla formazione di posizioni dominanti28 nel sistema integrato delle comunicazioni e nei mercati che lo compongono, ed affida alla stessa il potere di adottare provvedimenti “deconcentrativi” nel caso in cui dall’accertamento emergano casi di violazione dei limiti imposti dalla legge.

In materia di posizioni dominanti e di sviluppo del digitale terrestre sono intervenute diverse delibere dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, anche al fine della attuazione della nuova disciplina introdotta dalla legge n. 112 del 2004.

Riforma della RAI

Circa il riassetto della RAI (v. scheda Il servizio pubblico radiotelevisivo), la legge prevede in sintesi:

la definizione dei compiti del servizio pubblico generale radiotelevisivo, affidato mediante concessione;

il finanziamento del servizio pubblico radiotelevisivo, introducendo l’obbligo per la società concessionaria di destinare i ricavi derivanti dal gettito del canone ai soli oneri sostenuti per la fornitura del servizio pubblico, prevedendo, a tale scopo, la tenuta di una contabilità separata, soggetta al controllo di una società di revisione in posizione di indipendenza;

la verifica del corretto svolgimento dei compiti affidati, dalla legge e dal contratto di servizio, alla concessionaria del servizio pubblico generale

concessi o irradiati in ambito nazionale su frequenze terrestri indifferentemente in tecnica analogica o in tecnica digitale.

27 Anche tramite imprese controllate, controllanti o collegate ex art. 2359 del codice civile. 28 Nel quadro dei principi della concorrenza, la nozione di mercato rilevante, ai fini dell’eventuale

individuazione di una posizione dominante, secondo la giurisprudenza comunitaria comprende quei prodotti o servizi tra loro intercambiabili sia sotto il profilo delle caratteristiche tecnologiche, sia per la loro idoneità a soddisfare egualmente le esigenze dei consumatori.

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COMUNICAZIONI

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radiotelevisivo, che compete all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, cui vengono attribuiti nuovi poteri di indagine e sanzionatori;

l’organizzazione e l’amministrazione della società RAI, con la modifica della composizione e della procedura di nomina dei membri del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale, nonché della procedura di nomina del presidente, prevedendo meccanismi di tutela delle minoranze29;

il processo di “privatizzazione” della RAI, che prevede la fusione per incorporazione della società RAI-Radiotelevisione italiana Spa nella società RAI-Holding Spa (con il completamento della fusione per incorporazione entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge) e l’avvio del processo di privatizzazione, attraverso una o più offerte pubbliche di acquisto (OPA), entro quattro mesi dalla data di completamento della fusione per incorporazione30.

Disciplina transitoria

La legge 112/2004 individua un’articolata disciplina transitoria relativa alla fase del passaggio dalla tecnica analogica a quella digitale terrestre (v. scheda Sistema radiotelevisivo – La disciplina transitoria), sino alla definitiva cessazione delle trasmissioni analogiche (c.d. switch off)31 (v. scheda Sistema radiotelevisivo – La conversione in tecnica digitale)

La disciplina transitoria prevede, in primo luogo, che, fino all’attuazione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze in tecnica digitale, i soggetti esercenti a qualunque titolo attività di radiodiffusione televisiva in ambito nazionale e locale, in possesso dei requisiti previsti dalla disciplina vigente per ottenere l’autorizzazione alla sperimentazione, possono effettuare tale sperimentazione – anche attraverso la ripetizione simultanea dei programmi già

29 In particolare, i membri del Consiglio di amministrazione passano da 5 a 9 e la loro nomina (tra

persone in possesso di specifici requisiti) è rimessa all’assemblea dei soci, che li elegge mediante un meccanismo basato su liste “bloccate” concorrenti. Fino alla completa alienazione della partecipazione dello Stato nel capitale societario, tuttavia, un numero di consiglieri proporzionale alle azioni possedute dallo Stato è indicato attraverso una lista autonoma del Ministero dell’economia e delle finanze. Il termine per l’entrata in vigore delle nuove norme relative alla nomina ed al funzionamento del Cda della RAI è stato fissato al “novantesimo giorno successivo alla data di chiusura della prima offerta pubblica di vendita, effettuata ai sensi dell’articolo 21, comma 3”. Per la nomina del presidente si prevede invece che essa avvenga da parte del Cda, nell’ambito dei suoi membri, e che essa divenga efficace dopo l’acquisizione del parere favorevole, a maggioranza dei due terzi dei componenti, della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.

30 Attesa la previsione di un limite al possesso azionario dell’1%, all’esito del procedimento di dismissione la società concessionaria si configurerà come società ad azionariato diffuso (“public company”). Si ricorda che in applicazione della legge è stata in primo luogo disposta la fusione per incorporazione della società RAI-Radiotelevisione italiana Spa nella società RAI-Holding Spa; peraltro, il processo di privatizzazione della RAI sembra aver subito una battuta d’arresto.

31 La scadenza, originariamente fissata al 31 dicembre 2006, è stata successivamente prorogata al 31 dicembre 2008 dal D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, convertito, con modificazioni, dalla Legge 23 febbraio 2006, n. 51.

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COMUNICAZIONI

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diffusi in tecnica analogica – fino alla completa conversione delle reti; la sperimentazione può essere effettuata sugli impianti legittimamente operanti in tecnica analogica e i medesimi soggetti possono altresì richiedere le licenze e le autorizzazioni per avviare le trasmissioni in tecnica digitale terrestre.

L’articolo 25 della legge - i cui effetti sono stati in parte anticipati dal DL 352 del 200332 – ha disciplinato le modalità per accelerare ed agevolare la conversione alla trasmissione in tecnica digitale. In particolare, la disposizione ha previsto: l’attivazione, a decorrere dal 31 dicembre 2003, di reti televisive digitali

terrestri, con un’offerta di programmi in chiaro accessibili mediante decoder o ricevitori digitali;

in capo alla società concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo, l’obbligo di realizzare almeno due blocchi di diffusione su frequenze terrestri con una copertura del territorio nazionale che raggiunga il 50% della popolazione dal 1º gennaio 2004, ed il 70% entro il 1º gennaio 2005, nonché di individuare uno o più bacini di diffusione, di norma coincidenti con uno o più comuni situati in aree con difficoltà di ricezione del segnale analogico, nei quali avviare entro il 1º gennaio 2005 la completa conversione alla tecnica digitale;

in capo all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni il compito di verificare – entro il 30 aprile 2004 – l’effettivo sviluppo del digitale terrestre e la rispondenza di tale sviluppo ai tempi e alle modalità previste dalla legge, nonché il compito di adottare provvedimenti deconcentrativi nel caso di verifica dell’assenza delle condizioni previste per l’ampliamento del pluralismo. L’Autorità ha provveduto a tali adempimenti, presentando la relazione prevista

entro i termini stabiliti (DOC XXVII, n. 14). Con tale relazione si è dato conto dell’accertamento positivo relativo alle condizioni poste dalla legge, segnalando, al contempo, le azioni positive ancora necessarie affinché “l’avvio promettente della televisione digitale terrestre si tramuti in un reale cambiamento del grado di concorrenzialità del mercato televisivo ed in un effettivo ampliamento del pluralismo culturale, politico ed informativo”.

Il testo unico della radiotelevisione

La legge ha delegato il Governo all’emanazione di un testo unico delle disposizioni legislative in materia di radiotelevisione, con il quale avrebbero

32 In relazione allo sviluppo del sistema digitale in ambito televisivo il decreto-legge 24 dicembre

2003, n. 352, convertito con modificazioni dalla legge 24 febbraio 2004, n. 43, è intervenuto a disciplinare modalità e tempi di cessazione definitiva del regime transitorio previsto dalla legge n. 249 del 1997, autorizzando, tra l’altro, le reti cosiddette “eccedentarie” (rispetto ai limiti previsti dalla legge n. 249), a proseguire nell’esercizio dell’attività, nonché consentendo alla RAI di avvalersi di risorse pubblicitarie su tutte le proprie reti televisive (analogiche e digitali).

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COMUNICAZIONI

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dovuto anche essere indicati – sulla base di criteri definiti dalla legge medesima – i princìpi nel rispetto dei quali le regioni esercitano la potestà legislativa concorrente in materia di emittenza radiotelevisiva in ambito regionale o provinciale.

A tale delega è stata data attuazione con il d.lgs. 177/2005 (testo unico della radiotelevisione) recante una ricostruzione della disciplina vigente in materia di radiodiffusione ed ispirato ai principi di coordinamento, semplificazione, armonizzazione ed efficacia. Nel testo unico sono confluite quasi tutte le disposizioni della legge 112/2004, pur non risultando nel testo medesimo l’abrogazione dei corrispondenti articoli della legge n. 11233.

Esso completa l’intervento di riordino della materia della comunicazione - ad eccezione della stampa, dello spettacolo e della propaganda elettorale - avviato con l’emanazione del codice delle comunicazioni elettroniche e intende costituire insieme a tale codice un unicum normativo, in un’ottica volta a favorire la convergenza.

Circa il rapporto tra i due atti, occorre sottolineare che l’articolo 53 del testo unico sancisce la “specialità” – rispetto alla normativa generale dettata dal codice delle comunicazioni elettroniche - della disciplina delle reti di radiodiffusione sonora e televisiva. Infatti, la disposizione stabilisce che - in considerazione degli obiettivi di tutela del pluralismo e degli altri obiettivi di interesse generale perseguiti - le norme del testo unico in materia di reti utilizzate per la diffusione circolare dei programmi radiotelevisivi prevalgono sulle norme dettate dal codice delle comunicazioni elettroniche: tale prevalenza risultava già sostanzialmente stabilita dall’articolo 2, comma 3, del codice, che viene, peraltro, espressamente richiamato dall’articolo 53 del testo unico.

Altri interventi in materia radiotelevisiva

In tema di pluralismo appare opportuno segnalare la legge 6 novembre 200334, n. 313, che ha modificato la legge 22 febbraio 2000, n. 28, in materia di parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica, introducendo alcune disposizioni per l'attuazione del principio del pluralismo nella programmazione delle emittenti radiofoniche e televisive locali. In attuazione della legge è stato poi emanato il codice di autoregolamentazione in materia di attuazione del principio del pluralismo, sottoscritto dalle organizzazioni rappresentative delle emittenti radiofoniche e televisive locali, approvato con decreto del Ministero delle comunicazioni 8 aprile 2004. (v. scheda Elezioni – Campagna elettorale e finanziamenti nel dossier relativo alla Commissione Affari costituzionali)

33 In particolare, risultano abrogati solo gli articoli che dispongono in merito ai principi generali. 34 Legge 6 novembre 2003, n. 313 recante Disposizioni per l'attuazione del principio del pluralismo

nella programmazione delle emittenti radiofoniche e televisive locali.

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COMUNICAZIONI

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Per ciò che concerne la trasmissione radiofonica dei lavori parlamentari, il comma 7, articolo 4, della legge finanziaria per il 2004 ha autorizzato una spesa pari a 8,5 milioni di euro per gli anni 2004, 2005 e 2006 per la proroga della convenzione tra il Ministero delle comunicazioni e il Centro di produzione Spa, titolare dell’emittente Radio radicale, avente ad oggetto tali trasmissioni, al fine di garantire la continuità del servizio. La disposizione ha previsto l’avvio della sperimentazione di ulteriori servizi multimediali, trasmissioni audio e video su Internet della totalità delle sedute d’aula di entrambi i rami del Parlamento, pubblicazione su Internet delle sedute audio e video in differita con indicizzazione per intervento e consultazione archivio audio e video.

La disposizione riproduce una norma di analogo contenuto a quella prevista per il triennio precedente dall’articolo 145, comma 20 della finanziaria per il 2001.

Si segnala inoltre l’approvazione della legge 6 aprile 2005, n. 49, recante Modifiche all’articolo 7 del decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 74, in materia di messaggi pubblicitari ingannevoli diffusi attraverso mezzi di comunicazione. Tale norma, attraverso modifiche al d.lgs. 25 gennaio 1992, n. 74 recante la disciplina vigente in materia, ha rafforzato le forme di tutela nei confronti della pubblicità ingannevole e comparativa diffusa attraverso i mezzi di comunicazione, al fine di agevolare l’attività dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato volta a perseguire i comportamenti lesivi degli interessi dei consumatori e degli operatori commerciali.

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COMUNICAZIONI

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L’ACCESSO AD INTERNET

La fornitura dei servizi di accesso ad Internet

Nell’ambito del quadro regolamentare che ha interessato il mondo delle telecomunicazioni nella XIV legislatura (vedi capitolo Le comunicazioni elettroniche), si inserisce la legge 8 aprile 2002, n. 59 recante Disciplina relativa alla fornitura di servizi di accesso ad Internet finalizzata a garantire la massima concorrenza nel processo di diffusione di Internet .

In particolare, la legge è stata adottata al fine di evitare la disparità di trattamento tra i fornitori di accesso ad Internet (Internet Service Providers – ISP) e gli operatori di telecomunicazione, determinatasi relativamente alla fornitura di accesso ad Internet.

Gli ISP sono titolari di autorizzazioni ai sensi del decreto legislativo 103/200535, e del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 420/199536. I servizi offerti dall’ISP sono remunerati dall’utente attraverso un abbonamento il cui costo varia in relazione alle prestazioni fornite o richieste ed alla qualità delle prestazioni stesse. Nessun compenso è previsto a favore dell’ISP da parte dell’organismo di telecomunicazioni per il traffico generato dall’utente a seguito dell’utilizzazione Internet.

La liberalizzazione del mercato della telefonia vocale e la disciplina in vigore in materia di interconnessione avevano determinato una nuova situazione per cui alcuni operatori con licenza individuale riguardante la telefonia vocale erano in grado di offrire al pubblico l’accesso gratuito ad Internet: in pratica, i licenziatari utilizzavano gli introiti derivanti dal traffico indistinto tra telefonia vocale ed accesso ad Internet per finanziare tale ultimo servizio.

La legge n. 59 del 2002 è diretta a garantire che i fornitori di servizi Internet “autorizzati” (ISP) non siano soggetti a condizioni discriminatorie per quanto riguarda l’interconnessione offerta dall’organismo notificato come avente notevole forza di mercato (SPM), rispetto agli organismi di telecomunicazioni titolari di licenza individuale nel settore della telefonia vocale, che offrono servizi di accesso alla rete Internet.

Si stabilisce dunque che i fornitori di servizi Internet, titolari di autorizzazione generale, hanno diritto di fruire delle condizioni di interconnessione applicate agli organismi di telecomunicazioni titolari di licenza individuale, sulla base del listino di interconnessione pubblicato da un organismo di telecomunicazioni notificato quale avente significativo potere di mercato, secondo criteri definiti dall’Autorità

35 Decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 103 recante Recepimento della direttiva 90/388/CEE

relativa alla concorrenza nei mercati dei servizi di telecomunicazioni . 36 Decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 1995, n. 420 recante Regolamento

recante determinazione delle caratteristiche e delle modalità di svolgimento dei servizi di telecomunicazioni di cui all'art. 2, comma 1, del d.lgs. 17 marzo 1995, n. 103.

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COMUNICAZIONI

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per le garanzie nelle comunicazioni con delibera 26 giugno 2002, n. 9/02/CIR e delibera 10 luglio 2002, n. 219/02/CONS.

Internet e minori

Pur non esistendo una regolamentazione specifica avente ad oggetto la tutela dei minori su Internet, occorre evidenziare l’esistenza di un codice di autoregolamentazione Internet e minori, firmato il 19 novembre 2003 dai Ministri delle comunicazioni e dell’innovazione tecnologica con le organizzazioni del settore37, volto a provvedere alla tutela generalizzata del minore nell’ambito dell’uso sicuro delle tecnologie della società dell’informazione e delle comunicazioni elettroniche.Le finalità dichiarate del codice sono: a) aiutare gli adulti, i minori e le famiglie a un uso corretto e consapevole della

rete telematica, tenendo conto delle esigenze del minore; b) predisporre apposite tutele atte a prevenire il pericolo che il minore venga in

contatto con contenuti illeciti o dannosi per la sua crescita; c) offrire, nel rispetto della normativa nazionale ed internazionale, un accesso

paritario e promuovere un accesso sicuro per il minore alle risorse di rete; d) tutelare il diritto del minore alla riservatezza ed al corretto trattamento dei

propri dati personali; e) assicurare una collaborazione piena alle autorità competenti nella

prevenzione, nel contrasto e nella repressione della criminalità informatica ed in particolare nella lotta contro lo sfruttamento della prostituzione, la pornografia ed il turismo sessuale in danno di minori, attuati tramite l’utilizzo della rete telematica;

f) agevolare la tutela del minore nei confronti delle informazioni commerciali non sollecitate o che sfruttino la debolezza del minore;

g) diffondere presso gli operatori e le famiglie il contenuto del Codice di autoregolamentazione. Il Codice si applica a tutti gli aderenti che lo sottoscrivono e l’adesione al

codice implica inderogabilmente l’accettazione integrale dei contenuti del Codice stesso e in particolare l’accettazione delle attività di vigilanza e delle sanzioni ivi previste.

37 Il codice è stato sottoscritto da AIIP (Associazione Italiana Internet Provider), ANFoV

(Associazione per la convergenza nei servizi di comunicazione), Assoprovider (Associazione Provider Indipendenti), Federcomin (Federazione delle imprese delle Comunicazioni e dell’informatica)

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COMUNICAZIONI

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LA COMUNICAZIONE E I DISABILI

Accesso dei disabili alle tecnologie della comunicazione

Nel corso della XIV legislatura è stata prestata particolare attenzione al tema dell’accesso dei disabili alle tecnologie della comunicazione.

La legge 9 gennaio 2004, n. 4 recante Disposizioni per favorire l’accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici - nata a seguito di un iter parlamentare che ha preso le mosse dall’esame di sette progetti di legge (un disegno di legge governativo e sei proposte abbinate) 38 – è volta a favorire l’accesso dei disabili agli strumenti informatici, con una particolare attenzione alle forme di discriminazione che possono derivare ai soggetti portatori di handicap dall’applicazione di tecnologie informatiche e telematiche alle procedure ed ai servizi della pubblica amministrazione.

La legge reca le definizioni di “accessibilità” e di “tecnologie assistive”39, prescrive obblighi per le pubbliche amministrazioni statali, per gli enti pubblici economici, per le aziende private concessionarie di servizi pubblici, per le aziende municipalizzate regionali, per gli enti di assistenza e di riabilitazione pubblici, per le aziende di trasporto e di telecomunicazione a prevalente partecipazione di capitale pubblico e per le aziende appaltatrici di servizi informatici; individua specifiche competenze del Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie della Presidenza del Consiglio, a cui è affidato un potere di vigilanza; prevede l’intervento di un decreto ministeriale che definisca le modalità attraverso le quali rendere noto il possesso del requisito dell’accessibilità, nonché di un regolamento governativo di attuazione, entrambi da emanare osservando le linee guida indicate nelle comunicazioni, nelle raccomandazioni e nelle direttive sull’accessibilità dell’Unione europea

38 Si tratta del disegno di legge governativo C3978 Disposizioni per favorire l’accesso dei soggetti

disabili agli strumenti informatici, e delle sei proposte di legge C232 Piscitello e C434 Bono Disposizioni per consentire l'accesso ad INTERNET ai soggetti portatori di handicap (di identico contenuto), C2950 Jannone Disposizioni per consentire l'accesso ai siti INTERNET della pubblica amministrazione ai soggetti portatori di handicap, C3486 Campa ed altri Norme per il diritto di accesso ai servizi e alle risorse telematiche pubbliche e di pubblica utilità da parte dei cittadini diversamente abili, C3713 Labate ed altri Norme per il diritto di accesso ai servizi e alle risorse telematiche pubbliche e di pubblica utilità da parte dei cittadini diversamente abili, C3862 Lusetti Disposizioni per la diffusione di tecnologie informatiche finalizzate a favorire l'inserimento dei disabili nei luoghi di lavoro.

39 Per “accessibilità” si intende la capacità dei sistemi informatici di erogare servizi e fornire informazioni fruibili anche da parte di soggetti disabili che necessitano di tecnologie assistive o di configurazioni particolari; per “tecnologie assistive” si intendono quegli strumenti e quelle soluzioni tecniche che permettano al disabile di accedere alle informazioni e ai servizi erogati dai sistemi informatici. Quanto alla accessibilità si precisa che essa è da intendersi riferita alle forme ed ai limiti consentiti dalle conoscenze tecnologiche; quanto invece alle tecnologie di ausilio al disabile, esse si configurano come tali quando superano o riducono le condizioni di svantaggio del disabile nell’accesso ai sistemi informatici.

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COMUNICAZIONI

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Più specificamente, la legge n. 4 del 2004 si occupa anche della formazione professionale dei dipendenti pubblici, finalizzata a garantire l’informatizzazione dei servizi della pubblica amministrazione ed una migliore accessibilità ad essi da parte di tutti gli utenti.

Con il DPR 75/200540 è stato approvato il regolamento di attuazione della legge volto a definire, tra l’altro, i criteri e i principi operativi ed organizzativi generali per l’accessibilità agli strumenti informatici da parte dei soggetti disabili nonché le modalità con cui alcuni soggetti possono richiedere alla Presidenza del Consiglio la valutazione di accessibilità del proprio sito Internet o del materiale informatico prodotto, i costi a loro carico, il logo che identifica il possesso del requisito di accessibilità e le modalità di verifica del requisito stesso.

La tutela dei disabili nelle comunicazioni elettroniche

Nell’ambito del “codice delle comunicazioni elettroniche” (d. lgs. n. 259 del 2003) - volto a recepire il pacchetto di direttive comunitarie sulle “comunicazioni elettroniche” e adottato sulla base della delega contenuta nell’art. 41 della legge n. 166 del 2002 (cd. “collegato infrastrutture e trasporti”) (vedi capitolo Le comunicazioni elettroniche) - sono presenti svariate disposizioni che riguardano la tutela degli utenti disabili, prevedendo, in particolare, l’adozione di misure specifiche a tutela e a vantaggio di tali utenti da parte dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.

Più specificamente: • l’articolo 1, comma 1, recante le definizioni dei termini rilevanti nel

provvedimento, alla lett. hh) definisce il servizio telefonico accessibile al pubblico, prevedendo tra l’altro l’inclusione di servizi quali la fornitura di apposite risorse per i consumatori disabili o con esigenze sociali particolari;

• l’articolo 5, comma 2, (lett. d)), prevede che le regioni e gli enti locali dettino disposizioni, tra l’altro, in materia di definizione di iniziative volte a fornire un sostegno alle persone anziane, ai disabili, ai consumatori di cui siano accertati un reddito modesto o particolari esigenze sociali ed a quelli che vivono in zone rurali o geograficamente isolate;

• l’articolo 13, che prevede obiettivi e principi dell’attività di regolamentazione, stabilisce che il Ministero e l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, nell’ambito delle rispettive competenze, promuovono la concorrenza nella fornitura delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica, nonché delle risorse e servizi correlati, assicurando tra l’altro che gli utenti, compresi i disabili, ne traggano il massimo beneficio sul piano della scelta, del prezzo

40 Decreto del Presidente della Repubblica 1° marzo 2005, n. 75 recante Regolamento di

attuazione della L. 9 gennaio 2004, n. 4, per favorire l'accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici.

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COMUNICAZIONI

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e della qualità, nonché prendendo in considerazione le esigenze di gruppi sociali specifici, in particolare degli utenti disabili;

• l’articolo 56, che riguarda i telefoni pubblici a pagamento, prevede che, nel rispetto delle disposizioni emanate in materia dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, le imprese mettono a disposizione telefoni pubblici a pagamento per soddisfare le esigenze ragionevoli degli utenti finali in termini di copertura geografica, numero di apparecchi e loro accessibilità per gli utenti disabili, nonché di qualità del servizio;

• l’articolo 57 riguarda specificamente misure speciali destinate agli utenti disabili, stabilendo che l’Autorità adotta, ove opportuno, misure specifiche per garantire che gli utenti finali disabili fruiscano di un accesso, ad un prezzo accessibile, ai servizi telefonici accessibili al pubblico, compresi i servizi di emergenza ed i servizi relativi agli elenchi, che sia equivalente a quello degli altri utenti finali. Inoltre, l’Autorità può adottare misure specifiche per far sì che gli utenti finali disabili possano scegliere tra le imprese ed i fornitori dei servizi che siano a disposizione della maggior parte degli utenti finali;

• l’articolo 61, che interviene in materia di qualità del servizio fornito dalle imprese designate, prevede che l’Autorità possa specificare, previa definizione di parametri idonei, norme supplementari di qualità del servizio per valutare l’efficienza delle imprese “designate” nella fornitura dei servizi agli utenti finali disabili e ai consumatori disabili;

• l’articolo 83, riguardante la consultazione dei soggetti interessati, prevede che il Ministero e l’Autorità, nell’ambito delle rispettive competenze, tengono conto, attraverso meccanismi di consultazione, del parere degli utenti finali e dei consumatori, inclusi, tra l’altro, gli utenti disabili;

• ulteriori disposizioni contenute in allegato al codice riservano un’attenzione particolare all’adempimento di obblighi di servizio universale e all’applicazione di formule tariffarie speciali per i consumatori a basso reddito o con esigenze sociali particolari.

Da ultimo, il testo unico della radiotelevisione (d. lgs. 177/2005) – riprendendo disposizioni contenute nella legge 112/2004 di riassetto del sistema radiotelevisivo e della RAI (c.d. “legge Gasparri”) (v. capitolo Il riassetto del sistema radiotelevisivo) - reca un complesso di principi destinati ad informare il sistema radiotelevisivo nazionale, regionale e locale, tra i quali figurano i principi a garanzia degli utenti; nell’ambito di tali principi, che la disciplina del sistema radiotelevisivo è tenuta a garantire, è espressamente stabilito che deve essere favorita la ricezione da parte dei cittadini con disabilità sensoriali dei programmi radiotelevisivi, prevedendo a tale fine l’adozione di idonee misure, sentite le associazioni di categoria. Occorre, poi, richiamare ulteriori principi che hanno un’incidenza indiretta sul tema in questione; si tratta:

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COMUNICAZIONI

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a) dell’accesso dell’utente, secondo criteri di non discriminazione, ad un’ampia varietà di informazioni e di contenuti di altra natura, favorendo a tale fine la fruizione e lo sviluppo, in condizioni di pluralismo e di libertà di concorrenza, delle opportunità offerte dall’evoluzione tecnologica da parte dei soggetti che svolgono o intendono svolgere attività nel sistema delle comunicazioni;

b) della trasmissione di programmi che rispettino i diritti fondamentali della persona;

c) della diffusione di trasmissioni pubblicitarie e di televendite leali ed oneste, che rispettino la dignità della persona, non evochino discriminazioni di razza, sesso e nazionalità, non offendano convinzioni religiose o ideali, non inducano a comportamenti pregiudizievoli per la salute, la sicurezza e l’ambiente, non possano arrecare pregiudizio morale o fisico a minorenni;

Sia pure con previsione di carattere generale, il testo unico afferma poi che il trattamento dei dati personali delle persone fisiche e degli enti nel settore radiotelevisivo è effettuato nel rispetto dei diritti, delle libertà fondamentali, nonchè della dignità umana, con particolare riferimento alla riservatezza e all’identità personale, in conformità alla legislazione vigente in materia.

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COMUNICAZIONI

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SVILUPPO DEL MERCATO DEI SERVIZI POSTALI

L’evoluzione del quadro normativo

Nel corso della XIV legislatura è stato portato avanti - con l’emanazione del d.lgs. 23 dicembre 2003, n. 38441 - il processo di liberalizzazione dei servizi postali - definiti come la raccolta, lo smistamento, il trasporto e la distribuzione degli invii postali - avviato nella precedente legislatura con l’obiettivo di conciliare l’apertura del mercato alla concorrenza e l’esigenza di salvaguardia dell’universalità del servizio sull’intero territorio nazionale, a condizioni accessibili per tutti gli utenti.

Si ricorda che la parziale apertura del mercato dei servizi postali alla

concorrenza è stata introdotta dal decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 26142, adottato in attuazione della direttiva 97/67/CE, la quale stabiliva regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e per il miglioramento della qualità del servizio.

L’adozione della direttiva 97/67/CE si poneva al termine di un dibattito in sede comunitaria che aveva preso le mosse nel 1992 con la presentazione, da parte della Commissione, del Libro verde sullo sviluppo del mercato unico dei servizi postali, nel quale veniva individuata la necessità di una infrastruttura destinata a garantire un servizio postale universale con i seguenti requisiti: copertura di tutto il territorio comunitario; accessibilità a tutti gli utenti; fornitura ad un prezzo accettabile; buona qualità. Il Libro verde raccomandava la creazione di un complesso di servizi riservati, mediante l’attribuzione di alcuni diritti esclusivi (corrispondenza privata e commerciale avente determinate caratteristiche) alle amministrazioni nazionali interessate; nel contempo, si proponeva la sottrazione di alcuni servizi postali al settore riservato alle amministrazioni pubbliche (corriere espresso, invio di pubblicazioni, impostazione diretta e spedizioni transfrontaliere). Per evitare, nel quadro della liberalizzazione, la creazione di servizi postali a più velocità, si sosteneva la necessità di una più intensa armonizzazione fra gli Stati membri, attraverso la definizione normativa di alcune caratteristiche essenziali del servizio universale. Conseguentemente agli obiettivi enunciati nel Libro verde, e in considerazione della necessità di garantire un servizio postale universale su scala comunitaria, veniva adottata la direttiva 97/67/CE. La direttiva definiva, in primo luogo, l’ambito del servizio postale universale inteso come un’offerta di servizi postali

41 Recante Attuazione della direttiva 2002/39/CE che modifica la direttiva 97/67/CE relativamente

all'ulteriore apertura alla concorrenza dei servizi postali della Comunità. 42 Recante Attuazione della direttiva 97/67/CE concernente regole comuni per lo sviluppo del

mercato interno dei servizi postali comunitari e per il miglioramento della qualità del servizio.

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COMUNICAZIONI

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di qualità determinata, forniti permanentemente in tutti i punti del territorio a prezzi accessibili a tutti gli utenti. Ciascuno Stato membro doveva provvedere affinché fosse garantita la fornitura del servizio universale ed era tenuto a definire, nel rispetto del diritto comunitario, gli obblighi e i diritti del fornitore, e a pubblicare le relative informazioni. La fornitura del servizio universale doveva rispondere alle seguenti esigenze: • offrire un servizio teso a garantire il rispetto delle esigenze essenziali; • offrire a tutti gli utenti un trattamento identico; • fornire un servizio senza discriminazioni, soprattutto di ordine politico,

religioso o ideologico; • fornire un servizio che non possa essere sospeso o interrotto, salvo casi

di forza maggiore; • evolvere in funzione del contesto tecnico, economico e sociale, nonché

delle esigenze degli utenti. La direttiva prevedeva la possibilità che gli Stati membri riservassero taluni

servizi di corrispondenza interna al fornitore del servizio universale, nella misura necessaria al mantenimento del servizio stesso (servizi riservati).

Per i servizi non riservati rientranti nel campo di applicazione del servizio universale (servizi universali non riservati), gli Stati membri potevano introdurre procedure di autorizzazione, comprese licenze individuali, nella misura necessaria per garantire la conformità alle esigenze essenziali e per salvaguardare il servizio universale. Per i servizi non riservati collocati al di fuori del campo di applicazione del servizio universale, gli Stati membri potevano introdurre autorizzazioni generali nella misura necessaria per garantire la conformità con le esigenze essenziali.

La direttiva prevedeva, inoltre, la designazione, da parte degli Stati membri, di Autorità nazionali di regolamentazione per il settore postale, giuridicamente distinte e funzionalmente indipendenti dagli operatori postali.

Il decreto legislativo 261/1999 riconosce carattere di attività di preminente interesse generale alla fornitura dei servizi postali, nonché alla realizzazione ed all’esercizio della rete postale pubblica.

Tale provvedimento opta per un sistema in cui opera un unico fornitore del servizio universale, laddove la normativa comunitaria ammette anche la possibilità che in uno Stato membro vi siano più fornitori del servizio universale e che essi forniscano una parte del servizio medesimo. Si introduce, inoltre, una distinzione, assente nella direttiva, tra fornitore del servizio universale e prestatori del medesimo servizio, definiti, il primo, come l’organismo che fornisce l’intero servizio postale universale su tutto il territorio nazionale e, i secondi, come i soggetti che forniscono prestazioni singole del servizio universale.

Gli aspetti più significativi della disciplina prevista dal decreto legislativo 261/1999 possono essere così individuati:

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COMUNICAZIONI

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- attribuzione al Ministero delle comunicazioni dei compiti di Autorità nazionale di regolamentazione;

- definizione dell’area del servizio universale; - affidamento a Poste Italiane S.p.A. della fornitura del servizio universale

per un periodo non superiore a quindici anni; - individuazione dell’area dei servizi da riservare al fornitore del servizio

universale – e quindi in sede di prima attuazione a Poste Italiane S.p.A. – ai fini del mantenimento del servizio universale;

- definizione di un sistema di separazione contabile per i diversi servizi svolti da parte del fornitore del servizio universale;

- introduzione degli istituti della licenza individuale e dell’autorizzazione generale ai fini dell’espletamento di servizi postali.

Con disposizione transitoria contenuta nel medesimo decreto legislativo 261/99 è stato previsto che, in sede di prima attuazione della nuova disciplina, il servizio universale sia affidato a Poste Italiane s.p.A. per un periodo determinato dall’Autorità di regolamentazione, compatibilmente con il processo di liberalizzazione dei servizi postali in atto a livello comunitario, e comunque non superiore a quindici anni.

Con il decreto del Ministro delle comunicazioni del 17 aprile 2000 è stata conseguentemente confermata a Poste italiane s.p.a. la concessione per l'espletamento del servizio postale universale per la durata massima di quindici anni a decorrere dal 6 agosto 1999; tale termine può essere anticipato dall'Autorità di regolamentazione, in relazione all'andamento del processo di liberalizzazione del settore postale in sede comunitaria.

La Direttiva 2002/39/CE ha proseguito il processo di graduale apertura alla

concorrenza dei servizi postali, fermo restando l’espletamento all’interno della Comunità del servizio postale universale ed ha introdotto talune modifiche alla direttiva 97/67/CE.

Le principali modifiche recate dalla direttiva 2002/39/CE alla normativa prevista nella direttiva 97/67/CE riguardano:

restrizione dei limiti di peso e di prezzo di determinati servizi, riguardanti il fornitore del servizio universale, quale ulteriore passo verso l’apertura del mercato alla concorrenza, con la previsione di due fasi, una a partire dal 1° gennaio 2003 e una a partire dal 1° gennaio 2006;

la determinazione da parte del fornitore del servizio universale di eventuali tariffe speciali (ad es. per imprese commerciali, utenti all’ingrosso), osservando i princìpi di trasparenza e di non discriminazione e tenendo conto dei costi evitati rispetto ad un servizio ordinario;

il divieto di utilizzazione delle risorse ricavate da servizi riservati per il finanziamento di servizi universali non riservati, se non nella misura in cui

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COMUNICAZIONI

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ciò sia strettamente necessario per il soddisfacimento di specifici obblighi del servizio universale;

l’estensione delle procedure in materia di reclami degli utenti a tutti gli operatori, e previsione di procedure finalizzate all’accertamento della responsabilità qualora siano coinvolti più operatori;

l’attribuzione alle Autorità di regolamentazione dell’ulteriore compito di predisporre controlli e procedure specifiche per garantire che i servizi riservati siano rispettati.

Il decreto legislativo n. 384 del 2003 - emanato in attuazione dell’articolo 19 della legge 3 febbraio 2003, n.14 (legge comunitaria 2002), che delegava il Governo a recepire la direttiva 2002/39/CE contenuta nell’allegato B della legge - ha recepito nell’ordinamento nazionale la direttiva 2002/39/CE, modificando od integrando alcuni articoli del decreto legislativo 261/99.

In particolare, il provvedimento: • con riferimento alla tutela della riserva, affida al Ministero delle

comunicazioni che già definisce l’ambito dei servizi riservati, in quanto Autorità di regolamentazione del settore postale, il compito di predisporre anche i controlli atti a garantire che i servizi riservati siano rispettati;

• precisa che il servizio universale deve essere espletato tenendo in specifica considerazione le situazioni particolari delle isole minori e delle zone rurali e montane;

• prevede il divieto di utilizzazione delle risorse ricavate da servizi riservati per il finanziamento di servizi universali non riservati, se non nella misura in cui ciò sia strettamente necessario per il soddisfacimento di specifici obblighi del servizio universale;

• prevede la modifica dei limiti di peso e di prezzo per i servizi riservati, che vengono ridotti, secondo quanto stabilito dalla direttiva.

La modifica prevede che i limiti di peso e di prezzo abbiano un doppio regime: a) a decorrere dal 1° gennaio 2003 il limite di peso è di 100 grammi e non si

applica se il prezzo è pari o superiore a tre volte la tariffa pubblica per l’invio della categoria di corrispondenza più rapida del primo porto di peso;

b) a decorrere dal 1° gennaio 2006 il limite di peso è di 50 grammi e non si applica se il prezzo è pari o superiore a due volte e mezzo la tariffa pubblica per l'invio della categoria di corrispondenza più rapida del primo porto di peso.

• differisce dal 30 giugno al 30 settembre dell'anno successivo al quale si riferiscono i dati contabili, il termine entro il quale effettuare il versamento per il Fondo di compensazione al bilancio statale: la modifica è giustificata in relazione agli adempimenti connessi alla separazione contabile obbligatoria per la società Poste Italiane s.p.a. ed alla fissazione dell’aliquota a carico degli operatori privati, che non consentirebbe il rispetto del termine del 30 giugno;

• precisa alcuni obblighi in materia di condizioni economiche che gravano sul fornitore del servizio universale, in attuazione della direttiva 2002/39/CE

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COMUNICAZIONI

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(applicare eventuali prezzi e tariffe speciali e relative condizioni associate in regime di trasparenza e non discriminazione; operare affinché i prezzi e le tariffe suddetti tengano conto dei costi evitati rispetto a un servizio ordinario che copra la gamma completa dei servizi offerti per raccolta, trasporto, smistamento e consegna degli invii individuali; applicare i prezzi e le tariffe nonché le relative condizioni associate nei riguardi di tutti i soggetti che si trovino nelle medesime condizioni; rendere disponibili gli eventuali prezzi e tariffe speciali anche ai clienti privati in condizioni simili);

• estende ai titolari di licenza individuale gli obblighi, già previsti per il fornitore del servizio universale, in materia di reclami degli utenti; a tale proposito, si segnala che non risultano recepite nel decreto legislativo alcune ulteriori disposizioni della direttiva, che comprendono tra le procedure di reclamo quelle riguardanti i casi di smarrimento, furto, danneggiamento (previste già dalla direttiva 67/97, e non recepite nell’ordinamento nazionale) e che prevedono procedure di determinazione della responsabilità, qualora sia coinvolto più di un operatore.

Si ricorda che la IX Commissione ha avviato, nella seduta del 10 ottobre 2005,

un’indagine conoscitiva, peraltro non conclusa, sulla qualità del servizio fornito agli utenti e sul processo di liberalizzazione in atto nel settore postale, volta ad approfondire le diverse tematiche del settore, tenendo conto in particolare del quadro normativo di riferimento sia nazionale sia comunitario, con specifico riguardo al processo di liberalizzazione e valorizzazione del servizio postale universale. L'indagine è stata deliberata con l'intento di fare il punto su tali tematiche, per poter intervenire nella cosiddetta fase ascendente di formazione del diritto comunitario, approfondendo e acquisendo tempestivamente elementi informativi in ordine alle linee guida in corso di definizione presso gli organi competenti dell'Unione europea, nell'ottica di una sempre crescente qualità del servizio fornito agli utenti.

Poste italiane s.p.a. e contratto di programma

L’Amministrazione autonoma delle poste e delle telecomunicazioni è stata trasformata in ente pubblico economico, denominato "Ente Poste Italiane" (EPI) con il decreto-legge 1° dicembre 1993, n. 487, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 gennaio 1994, n. 71 (Trasformazione dell'Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni in ente pubblico economico e riorganizzazione del Ministero). Tale trasformazione ha avuto sin dall'origine un carattere transitorio, essendo stata contestualmente prevista la successiva trasformazione dell'ente in società per azioni.

A tale trasformazione si è proceduto con la delibera CIPE del 18 dicembre 1997, con la quale è stata costituita la società per azioni denominata “Poste

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COMUNICAZIONI

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italiane s.p.a.”. Le azioni della società sono state attribuite al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica (ora, Ministro dell’economia e delle finanze), che esercita i diritti dell'azionista, d'intesa con il Ministero delle comunicazioni.

Alla società Poste italiane s.p.a. è stato affidato – dall’articolo 23, comma 2, del D.Lgs. 261/1999 - il servizio universale43 per un periodo, comunque non superiore a quindici anni, che deve essere determinato dall'Autorità di regolamentazione, compatibilmente con il processo di liberalizzazione in sede europea. In attuazione di tale norma, con D.M. 17 aprile 2000 – emanato dal Ministro quale Autorità di regolamentazione - è stata confermata la concessione per l’espletamento del servizio postale universale alla società Poste Italiane s.p.a. per un periodo massimo di quindici anni che potrà essere ridotto in relazione all’andamento del processo di liberalizzazione a livello europeo.

Nella XIV legislatura, la IX Commissione (Trasporti, poste e telcomunicazioni)

ha esaminato il contratto di programma 2003-2005 tra Stato e Poste Italiane s.p.a., che regola i rapporti per l’espletamento del servizio postale universale affidato con il citato atto di conferma della concessione .

Con riferimento al contenuto del contratto di programma 2003-2005 tra Ministero delle comunicazioni e Poste italiane s.p.a., si ricorda che esso disciplina le attività oggetto del servizio (in particolare del servizio postale universale) e le relative modalità di erogazione; per lo svolgimento di attività strumentali rispetto ai servizi oggetto di concessione, la società Poste s.p.a. può avvalersi, previa comunicazione all’Autorità di regolamentazione, di società partecipate, ferma restando la responsabilità in capo alla società dell’adempimento degli obblighi inerenti alla concessione.

Il contratto individua inoltre: - compiti e obblighi della società concessionaria in rapporto alle funzioni

attribuite all’Autorità di regolamentazione, anche riguardo all’informazione dell’utenza in ordine alle condizioni generali dei servizi e alla carta della qualità;

- obiettivi e parametri di qualità dei servizi espletati dalla società, che costituiscono parte integrante della Carta della Qualità del servizio pubblico postale - emanata con decreto del Ministro delle Comunicazioni del 26 febbraio 2004;

- interventi previsti nel Piano di impresa finalizzati al rilancio dell’azienda e diretti segnatamente alla razionalizzazione ed al contenimento dei costi derivanti dall’erogazione del servizio postale universale: l’onere

43 Il servizio postale universale, incluso quello transfrontaliero, ai sensi dell'art. 3, comma 2, del

decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261, comprende: a) la raccolta, il trasporto, lo smistamento e la distribuzione degli invii postali fino a 2 kg; b) la raccolta, il trasporto, lo smistamento e la distribuzione dei pacchi postali fino a 20 kg; c) i servizi relativi agli invii raccomandati ed agli invii assicurati .

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COMUNICAZIONI

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del servizio universale, quale risulta dalla separazione contabile certificata, dovrebbe registrare nel triennio 2003-2005 un andamento decrescente dovuto al combinato effetto del contenimento dei costi e del recupero dei ricavi conseguente all’adozione del sistema del price cap per l’aggiornamento delle tariffe dei servizi riservati;

- i trasferimenti compensativi posti a carico del bilancio dello Stato a copertura parziale dell’onere del servizio postale universale. La quantificazione definitiva degli importi per il triennio 2003-2005 viene operata mediante l’applicazione del meccanismo di subsidy cap previsto dalle Linee guida approvate dal CIPE con deliberazione del 29 settembre 2003, che prevede un andamento dei trasferimenti decrescente nel triennio.

Ulteriori ambiti regolati dal contratto riguardano il regime delle tariffe postali agevolate ed il meccanismo dei rimborsi dovuti alla società concessionaria; l’emissione delle carte valori postali la cui competenza è attribuita esclusivamente al Ministero delle comunicazioni che fissa gli indirizzi generali di politica filatelica; i rapporti internazionali, che coinvolgono la società concessionaria, anche relativamente al rispetto degli obblighi derivanti dall’appartenenza all’Unione europea ed al rispetto dei poteri di indirizzo e regolazione attribuiti all’Autorità di regolazione;

Da ultimo, si ricorda che l’articolo 1, comma 96, della legge finanziaria per il 2006 (L. 266/2005) ha , recato l’autorizzazione a corrispondere a Poste italiane s.p.a. l’ulteriore importo di 40 milioni di euro per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008, al fine dell’applicazione del contratto di programma 2003-2005 relativamente agli obblighi del servizio pubblico universale per i recapiti postali.

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TRASPORTI

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TRASPORTI

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MINISTERO DEI TRASPORTI – RIORDINO

Il nuovo assetto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti

Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è stato istituito dal d.lgs 300/199944, di riforma dell’organizzazione del Governo, che - su delega della legge 59/1997 - ha previsto il trasferimento in capo a tale Ministero delle funzioni e dei compiti dei precedenti Ministeri dei lavori pubblici e dei trasporti e della navigazione, nonché del Dipartimento per le aree urbane istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri (fatte salve quelle attribuite ad altri ministeri o agenzie, e fatte in ogni caso salve le funzioni conferite alle regioni e agli enti locali).

A tale ministero sono state attribuite le funzioni e i compiti spettanti allo Stato in materia di:

• identificazione delle linee fondamentali dell'assetto del territorio con riferimento alle reti infrastrutturali e al sistema delle città e delle aree metropolitane;

• reti infrastrutturali e opere di competenza statale; • politiche urbane e dell'edilizia abitativa • opere marittime e infrastrutture idrauliche; • trasporti e viabilità.

In attuazione della legge 137/200245, che di fatto realizzava una “riapertura dei termini” della legge 59/97 (v. capitolo Riordino dei Ministeri nel dossier relativo alla Commissione Affari costituzionali), è stato emanato, tra l’altro, il d.lgs. 12 giugno 2003 n. 15246, che ha modificato il d.lgs. 300/1999 relativamente alla struttura organizzativa del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. A seguito delle modifiche introdotte, le aree funzionali in cui il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti svolge le funzioni e i compiti di spettanza statale risultano: • programmazione, finanziamento, realizzazione e gestione delle reti

infrastrutturali di interesse nazionale; • edilizia residenziale; aree urbane; • navigazione e trasporto marittimo; vigilanza sui porti; demanio marittimo;

sicurezza della navigazione e trasporto nelle acque interne; programmazione, previa intesa con le regioni interessate, del sistema idroviario padano-veneto; aviazione civile e trasporto aereo;

• trasporto terrestre, circolazione dei veicoli e sicurezza dei trasporti terrestri;

44 Decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 recante Riforma dell'organizzazione del Governo, a

norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59. 45 L. 6 luglio 2002 n. 137 recante Delega per la riforma dell'organizzazione del Governo e della

Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché di enti pubblici 46 Recante Modifiche al D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, concernente la struttura organizzativa del

Ministero delle infrastrutture e dei trasporti a norma dell'articolo 1 della L. 6 luglio 2002, n. 137.

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TRASPORTI

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• sicurezza e regolazione tecnica concernenti le competenze attribuite al Ministero;

• pianificazione delle reti, della logistica e dei nodi infrastrutturali di interesse nazionale, realizzazione delle opere e valutazione dei relativi interventi;

• politiche dell’edilizia concernenti anche il sistema delle città e delle aree metropolitane;

Al Ministero sono altresì attribuiti funzioni e compiti di monitoraggio, controllo e vigilanza sia nelle predette aree funzionali sia sui gestori del trasporto, derivanti dalla legge, dalla concessione e dai contratti di programma o di servizio.

Quanto all’articolazione in dipartimenti, il d.lgs 300/1999, come modificato dal d.lgs. 152/2003, ha stabilito che questi non possano essere superiori a quattro, articolati in sedici direzioni generali. Inoltre è stata disposta l’istituzione a livello sovraregionale di non più di dieci Servizi Integrati Infrastrutture e Trasporti, denominati S.I.I.T., quali organi dell’amministrazione decentrata del Ministero. Il d.lgs. 152/2003 ha inoltre disposto che il Governo provvedesse alla riorganizzazione del Ministero con regolamento governativo.

Il DPR 2 luglio 2004, n. 18447, ha recato la riorganizzazione del Ministero, prevedendone l’articolazione nei seguenti quattro dipartimenti:

a) Dipartimento per il coordinamento dello sviluppo del territorio, per il personale ed i servizi generali;

b) Dipartimento per le infrastrutture stradali, l'edilizia e la regolazione dei lavori pubblici;

c) Dipartimento per la navigazione e il trasporto marittimo ed aereo; d) Dipartimento per i trasporti terrestri. Il regolamento riconosce come organi decentrati del Ministero nove Servizi

integrati infrastrutture e trasporti, ciascuno dei quali articolato in due settori rispettivamente relativi all'area infrastrutture e all'area trasporti e pone il Comando generale del Corpo delle Capitanerie di Porto alle dipendenze del Ministero per l'espletamento delle funzioni rientranti nelle attribuzioni del Ministero (vedi supra).

Il regolamento provvede, quindi, ad esplicitare l’articolazione interna e le attribuzioni di ciascun dipartimento, che è tenuto anche a curare i rapporti con gli organismi nazionali e internazionali e con l’Unione europea, nelle materie di rispettiva competenza e a svolgere attività di indirizzo, coordinamento e monitoraggio dei SIIT per le materia di rispettiva competenza.

47 Recante Riorganizzazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

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TRASPORTO FERROVIARIO

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TRASPORTI

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LA CONCORRENZA NEL TRASPORTO FERROVIARIO

La normativa europea e il recepimento nell’ordinamento nazionale

Nella XIV legislatura il tema dell’apertura al mercato dei servizi di trasporto ferroviario è stato oggetto di particolare attenzione sia in ambito europeo che in ambito nazionale.

A livello europeo, il processo di liberalizzazione, avviato dalla direttiva 91/440/CE, è proseguito con l’emanazione del primo “pacchetto ferroviario”, costituito da tre direttive - 2001/12/CE, 2001/13/CE, 2001/14/CE - sostanzialmente dirette a sviluppare l’apertura del mercato alla concorrenza, a garantire l’accesso equo e non discriminatorio alle infrastrutture e l’utilizzo ottimale delle stesse, nonché a promuovere la sicurezza secondo standard e criteri di controllo comuni in ambito europeo. Le direttive hanno dettato principi e linee di indirizzo comuni su alcuni temi di fondamentale importanza per la creazione di un mercato unico europeo dei trasporti ferroviari e per l'efficacia delle riforme di liberalizzazione avviate dai vari Paesi membri, quali sono quelli relativi ai canoni di accesso, al regime di accesso alle reti nazionali dei vari Paesi membri, alla ripartizione di capacità delle infrastrutture ferroviarie ed al regime di fornitura dei servizi alle imprese ferroviarie48.

Il pacchetto è stato “completato” dalla direttiva 2001/16/CE, concernente l’interoperabilità del sistema ferroviario transeuropeo convenzionale49, che prevede la soppressione graduale degli ostacoli all’interoperabilità50 del sistema ferroviario, in particolare provvedendo all’armonizzazione delle norme tecniche. Le condizioni per realizzare nel territorio comunitario l'interoperabilità del sistema ferroviario transeuropeo convenzionale riguardano la progettazione, la costruzione, la messa in servizio, la ristrutturazione, il rinnovo, l'esercizio e la manutenzione degli elementi di detto sistema, nonché le qualifiche professionali e le condizioni di salute e di sicurezza del personale che contribuisce all'esercizio del sistema stesso. L’interoperabilità dovrebbe portare alla definizione di un livello minimo di armonizzazione tecnica e consentire di:

48 Un secondo “pacchetto ferroviario” è stato approvato in sede europea al fine dell’ulteriore

apertura alla concorrenza delle reti nazionali, e della introduzione di ulteriori garanzie per la sicurezza del trasporto ferroviario ( vedi infra).

49 Per “sistema ferroviario transeuropeo convenzionale” si intende, ai sensi dell’articolo 2 della direttiva, l’insieme costituito dalle infrastrutture ferroviarie che comprendono le linee e gli impianti fissi della rete transeuropea di trasporto costruite o adattate per il trasporto ferroviario convenzionale ed il trasporto ferroviario combinato, e del materiale rotabile progettato per percorrere dette infrastrutture.

50 L’interoperabilità concerne la capacità di funzionare indistintamente su qualsiasi sezione della rete ferroviaria, attraverso l’armonizzazione dei diversi sistemi tecnici esistenti nell’Unione europea.

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TRASPORTI

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• facilitare, migliorare e sviluppare i servizi di trasporto ferroviario internazionale all'interno dell'Unione europea e con i Paesi terzi;

• contribuire alla graduale realizzazione del mercato interno delle apparecchiature e dei servizi di costruzione, rinnovo, ristrutturazione e funzionamento del sistema ferroviario transeuropeo convenzionale;

• contribuire all'interoperabilità del sistema ferroviario transeuropeo convenzionale.

In ambito nazionale, sotto la spinta propulsiva di quanto avvenuto in sede

europea, è stato portato avanti il processo di liberalizzazione, già avviato nella XIII legislatura51.

Inizialmente, l’articolo 38 del “collegato infrastrutture” (legge 1° agosto 2002, n. 166 recante Disposizioni in materia di infrastrutture e trasporti), allo scopo di incentivare il superamento degli assetti monopolistici e di introdurre condizioni di concorrenzialità dei servizi di trasporto passeggeri, stabiliva che i servizi di trasporto viaggiatori di interesse nazionale da sottoporre al regime degli obblighi di servizio pubblico (con particolare riferimento al trasporto passeggeri notturno e fatti salvi gli obblighi di servizio pubblico consistenti in agevolazioni tariffarie) fossero affidati tramite procedure concorsuali.

Al fine di garantire la continuità del servizio e tenuto conto degli assetti del mercato, la norma prevedeva comunque un periodo transitorio, da concludersi entro il 31 dicembre 200552 durante il quale gli obblighi di servizio pubblico, gli oneri a carico dello Stato e le compensazioni dovevano essere definiti con contratto di servizio da stipulare con Trenitalia spa, società appartenente al gruppo Ferrovie dello Stato s.p.a. che svolge i servizi di trasporto ferroviario (v. capitolo Ferrovie dello Stato s.p.a.)

51 Oltre al DPR n. 277/1998 e al DPR n. 146/1999, regolamenti con i quali si è provveduto a

recepire le direttive comunitarie 91/440/CE, 95/18/CE e 95/19/CE che hanno sostanzialmente avviato il processo di liberalizzazione del settore, anche tramite la separazione tra gestore dell’infrastruttura e imprese di trasporto ferroviario, l’articolo 131 della legge 13 dicembre 2000, n. 388 (finanziaria 2001) ha determinato un’ ulteriore apertura alla concorrenza del mercato del trasporto ferroviario nazionale. La disposizione ha previsto: 1) la non applicabilità al servizio del trasporto ferroviario dello speciale regime concessorio in essere con le FS Spa, applicabilità che risulta limitata all’infrastruttura ferroviaria; 2) la possibilità del rilascio di titoli autorizzatori da parte del Ministro dei trasporti e della navigazione ai soggetti titolari dei requisiti previsti dal D.P.R. 146/1999, anche per tipologie di imprese e di servizi diversi da quelli cui direttamente si riferisce il citato D.P.R. (vale a dire associazioni internazionali di imprese ferroviarie, che forniscono prestazioni di trasporto internazionale, e imprese ferroviarie stabilite in Italia che prestano servizio di trasporto combinato internazionale di merci) e, quindi, in particolare, anche per il trasporto nazionale; 3) nel caso di imprese aventi sede all’estero o loro controllate, il riconoscimento dei requisiti per l’accesso all’infrastruttura, peraltro subordinato alla condizione di reciprocità.

52 Si ricorda che il termine originario era fissato al 31 dicembre 2003 ed è stato così prorogato dall’articolo 6 del DL 24 giugno 2003, n. 147, recante Proroga di termini e disposizioni urgenti ordinamentali, convertito in legge, con modificazioni dalla legge 1° agosto 2003, n. 200.

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TRASPORTI

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L’articolo 38 prevedeva, inoltre, incentivi alle imprese che avessero effettuato trasporto combinato o di merci pericolose53, rinviando ad un successivo regolamento la disciplina degli interventi in materia di incentivazione del trasporto combinato, accompagnato54 e di merci pericolose, nonché la disciplina degli incentivi per il trasporto merci su ferrovia55,

Successivamente, con il d.lgs. 8 luglio 2003, n. 188 - emanato sulla base della delega contenuta nella legge comunitaria 2001 (L. 39/2002) - sono state recepite nell’ordinamento interno le tre direttive del primo “pacchetto ferroviario”. Il decreto legislativo ha ridefinito aspetti assai rilevanti della disciplina del trasporto ferroviario, con riguardo alle licenze delle imprese ferroviarie, ai diritti per l’utilizzo dell’infrastruttura, all’ampliamento dell’accesso all’infrastruttura ferroviaria, in particolare definendo in maniera più articolata e dettagliata le caratteristiche e i compiti del gestore dell’infrastruttura, anche relativamente al certificato di sicurezza degli operatori del trasporto ferroviario, ed individuando il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti come autorità nazionale di regolazione del settore.

In particolare, il decreto legislativo incide sui seguenti ambiti: imprese ferroviarie intendendosi per tali le imprese pubbliche o private titolari

di una licenza ai sensi delle disposizioni comunitarie, la cui attività principale consista nella prestazione di servizi per il trasporto di merci e/o di persone per ferrovia: vengono precisate le regole di contabilità e di bilancio di tali imprese, le condizioni per l’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria, tra le quali si inserisce il certificato di sicurezza56, nonché la disciplina per il rilascio della licenza e le relative regole di validità;

gestore dell’infrastruttura, che è un soggetto autonomo ed indipendente, sul piano giuridico, organizzativo o decisionale, dalle imprese operanti nel settore dei trasporti (non quindi del solo trasporto ferroviario) e che è responsabile del controllo della circolazione in sicurezza dei convogli, della manutenzione, del rinnovo che la gestione dell'infrastruttura ferroviaria

53 Per trasporto combinato si intende il trasporto merci per cui l'autocarro, il rimorchio, il

semirimorchio con o senza il veicolo trattore, la cassa mobile o il contenitore effettuano la parte iniziale o terminale del tragitto su strada e l'altra parte per ferrovia senza rottura di carico. Per trasporto ferroviario di merci pericolose, anche in carri tradizionali, si intende il trasporto delle merci classificate dal regolamento internazionale per il trasporto di merci pericolose (RID).

54 Per trasporto accompagnato si intende il trasporto di merci, caricate su veicoli adibiti al trasporto di merci su strada, mediante carri ferroviari speciali.

55 Il regolamento è stato emanato con DPR 22 dicembre 2004, n. 340, Regolamento recante disciplina delle agevolazioni tariffarie, in materia di servizio di trasporto ferroviario di passeggeri e dell'incentivazione del trasporto ferroviario combinato, accompagnato e di merci pericolose, a norma dell'articolo 38 della L. 1° agosto 2002, n. 166

56 Il certificato di sicurezza - che è rilasciato dal gestore dell’infrastruttura - deve attestare la conformità delle imprese ferroviarie alle normative nazionali, compatibili con il diritto comunitario, in materia di requisiti tecnici e operativi specifici per i servizi ferroviari e di requisiti di sicurezza relativi al personale, al materiale rotabile e all’organizzazione interna dell’impresa ferroviaria, con particolare riguardo agli standard in materia di sicurezza della circolazione e alle disposizioni relative alle singole linee e ai singoli servizi.

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TRASPORTI

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comporta sul piano tecnico, commerciale e finanziario57. Al gestore sono inoltre affidati in via esclusiva i compiti e le funzioni relativi al rilascio del certificato di sicurezza nonché il calcolo e la riscossione dei canoni e l’assegnazione di capacità. I rapporti tra il gestore dell'infrastruttura ferroviaria nazionale e lo Stato vengono regolati da un atto di concessione e da un contratto di programma stipulato per un periodo minimo di tre anni e comprensivo anche della disciplina della concessione di finanziamenti per la manutenzione ed il rinnovo della infrastruttura ferroviaria (v. capitolo Ferrovie dello Stato s.p.a.);

diritti e canoni, relativi all’accesso e all’utilizzo dell’infrastruttura; in tale ambito sono regolati anche i servizi che il gestore dell’infrastruttura è tenuto a fornire alle imprese, in parte senza oneri aggiuntivi, in parte dietro pagamento di corrispettivi58;

assegnazione della capacità di infrastruttura, cui è preposto il gestore dell’infrastruttura, in quanto indipendente rispetto ai soggetti richiedenti, che provvede in maniera equa, trasparente, non discriminatoria e nel rispetto del diritto comunitario59;

organismo di regolazione: identificato nel Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, tale organismo, caratterizzato da indipendenza, sul piano organizzativo, giuridico, decisionale e sul piano della strategia finanziaria - rispetto all’organismo preposto alla determinazione dei canoni di accesso all’infrastruttura e all’assegnazione di capacità e rispetto ai richiedenti - è competente in materia di vigilanza sulla concorrenza nei mercati dei servizi ferroviari e in materia di decisione sui ricorsi riguardanti il prospetto informativo della rete, la procedura di assegnazione della capacità di infrastruttura ed il relativo esito, il sistema di imposizione dei canoni e dei corrispettivi per i servizi resi dal gestore, il rilascio del certificato di sicurezza, il controllo del rispetto delle norme e degli standard di sicurezza. Il decreto legislativo prevede poi la “clausola di cedevolezza” delle

disposizioni del provvedimento con riguardo alle competenze delle regioni in

57 Si ricorda che sul tema della sicurezza ferroviaria è stata avviata dalla IX Commissione

(Trasporti, poste e telecomunicazioni) della Camera un ‘indagine conoscitiva avente ad oggetto, altresì, la qualità del servizio fornito agli utenti e lo stato del processo di liberalizzazione in atto relativamente ai servizi di trasporto pubblico locale.

58 Tra i servizi per i quali è riconosciuto alle imprese ferroviarie il diritto di utilizzo, dietro pagamento di corrispettivo, figurano i servizi di manovra, il controllo dei trasporti di merci pericolose e di assistenza alla circolazione di treni speciali, questi ultimi previa sottoscrizione di contratti specifici con il gestore dell’infrastruttura.

59 La disciplina risulta assai articolata e dettagliata, e riguarda i diritti connessi alla capacità di infrastruttura, la stipula di accordi quadro tra gestore dell'infrastruttura e “richiedente” (che può anche essere un soggetto diverso dall’impresa ferroviaria), la richiesta di capacità specifiche di infrastruttura (tracce orarie), il contratto per la concessione dei diritti di utilizzo dell'infrastruttura ferroviaria, il riesame - da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in qualità di organismo di regolazione - delle determinazioni del gestore dell'infrastruttura ferroviaria in materia.

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TRASPORTI

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relazione all’art. 117, quinto comma, Cost.60 (v. scheda La legge n. 11 del 2005 nel dossier relativo alla Commissione Politiche dell'Unione europea).

Pur riprendendo sostanzialmente i contenuti delle tre direttive europee da recepire, il decreto legislativo 188/2003 prevede anche disposizioni ulteriori che riguardano essenzialmente l’ambito di applicazione della liberalizzazione, il “richiedente autorizzato” e i servizi che il gestore dell’infrastruttura deve garantire alle imprese ferroviarie.

Per quanto riguarda il primo elemento, il decreto legislativo 188/2003 ha confermato un’apertura del mercato ferroviario più ampia rispetto a quella definita dalle normative comunitarie: hanno diritto di accesso all’intera rete ferroviaria nazionale le imprese ferroviarie con sede nel territorio dell’Unione europea ed in possesso di licenza per l’espletamento dei “servizi di trasporto internazionale nella parte di infrastruttura ferroviaria nazionale, nonché di servizi di trasporto nazionale di passeggeri o di merci”. Il trasporto nazionale di merci e di passeggeri non è previsto nella direttiva 2001/12/CE, che disciplina l’accesso al trasporto combinato internazionale merci e su richiesta l’accesso alla rete ferroviaria transeuropea per l’esercizio del trasporto internazionale di merci; la direttiva prevede inoltre che dopo il 15 marzo 2008 la rete ferroviaria transeuropea sia estesa fino a coprire l’intera rete ferroviaria europea. La previsione del trasporto nazionale di passeggeri o di merci comporta, pertanto, un’ulteriore apertura alla concorrenza del mercato del trasporto ferroviario, inserendo in una nuova disciplina sistematica quanto già reso possibile dall’applicazione dell’articolo 131 della legge 388/2000 .

Per quanto riguarda la figura del “richiedente autorizzato”, con il decreto legislativo 188/2003 è stata esercitata la facoltà concessa agli Stati membri dalla direttiva 2001/14/CE di consentire ad altri richiedenti, oltre alle imprese ferroviarie, di presentare una richiesta di capacità d'infrastruttura nei rispettivi territori, subordinandola tuttavia alla stipula di “accordi quadro” con il gestore dell’infrastruttura e prevedendo uno specifico divieto di intermediazione commerciale sulla capacità acquisita con lo stesso accordo quadro.

Quanto al terzo elemento (servizi da garantire), la direttiva 2001/14/CE individua i servizi che devono essere garantiti, su base non discriminatoria, alle imprese; i servizi che possono essere rifiutati unicamente se esistono alternative valide alle condizioni di mercato; i servizi complementari che devono essere forniti su richiesta dell’impresa e quelli che possono essere richiesti ma il gestore non è obbligato a fornire. Il decreto legislativo contempla tra i servizi che il gestore è obbligato a fornire alle imprese ferroviarie assegnatarie di tracce orarie,

60 L’articolo 39 prevede che le disposizioni del decreto “afferenti a materia di competenza

legislativa delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano” si applicano, qualora le regioni o le province autonome non abbiano ancora provveduto al recepimento delle direttive, sino alla data di entrata in vigore di tale normativa di attuazione.

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TRASPORTI

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a meno che non ci siano alternative valide a condizioni di mercato, alcuni servizi che la direttiva contempla tra i servizi complementari61.

Il recepimento del primo pacchetto ferroviario è stato completato con il d.lgs

30 settembre 2004 n. 268, che ha dato attuazione alla ricordata direttiva 2001/16/CE sul’interoperabilità, volto a stabilire le condizioni che permettono di realizzare l'interoperabilità del sistema ferroviario nazionale convenzionale con il sistema ferroviario transeuropeo convenzionale.

L’evoluzione della normativa europea

Il quadro regolamentare europeo sulla liberalizzazione del trasporto ferroviario è stato arricchito dal secondo pacchetto ferroviario approvato in sede europea in data 29 aprile 2004, nell’ambito del quale sono previste specifiche modifiche alle direttive sull'interoperabilità essenzialmente al fine di rendere le stesse coerenti con le altre misure del pacchetto, in particolare quelle sulla sicurezza e sulla costituzione dell'Agenzia ferroviaria europea, nonché per rispondere all'esigenza di realizzare l'interoperabilità sull'intera rete in coincidenza con l'ulteriore liberalizzazione del mercato.

Il pacchetto è composto più precisamente: • dal regolamento (CE) n. 881/2004 che istituisce un'Agenzia ferroviaria

europea che fornisca assistenza tecnica ai lavori per lo sviluppo dell’interoperabilità e l’implementazione della sicurezza (Regolamento sull'agenzia);

• dalla direttiva 2004/49/CE che prevede un complesso di misure per accrescere il livello di sicurezza delle ferrovie comunitarie, in considerazione dello sviluppo dell’interoperabilità delle reti. In particolare, viene stabilito che i gestori delle infrastrutture e le imprese ferroviarie stabiliscano il proprio sistema di gestione della sicurezza in modo tale da consentire al sistema ferroviario di conformarsi alle prescrizioni di sicurezza previste nelle specifiche tecniche di interoperabilità; viene inoltre esplicitato che l’Autorità preposta alla sicurezza62, istituita da ciascuno Stato membro, ha tra i suoi compiti l’autorizzazione della messa

61 Si tratta del servizio di manovra, del controllo dei trasporti di merci pericolose e dell’assistenza

alla circolazione di treni speciali. Inoltre “l’uso del sistema di alimentazione elettrica per la corrente di trazione, ove disponibile” è rientrato tra i servizi minimi che il gestore deve fornire senza corresponsione di alcun onere aggiuntivo rispetto al canone di accesso, mentre nella normativa comunitaria apparteneva alla categoria di servizi dovuti, ma dietro pagamento di un corrispettivo valutato ai prezzi di mercato.

62 Con riferimento alla sicurezza nel trasporto ferroviario, si ricorda che - nell’ordinamento nazionale - l’articolo 1, comma 67, della legge finanziaria per il 2006 (legge n. 266/2005) rinvia ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri - non ancora emanato - la disciplina dell’attribuzione all’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici delle competenze necessarie per lo svolgimento anche delle funzioni di sorveglianza sulla sicurezza ferroviaria, con la definizione dei tempi di attuazione.

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TRASPORTI

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in servizio dei sottosistemi di natura strutturale costitutivi del sistema ferroviario transeuropeo convenzionale, il controllo del funzionamento e della manutenzione conformemente ai pertinenti requisiti essenziali e la verifica di conformità dei componenti di interoperabilità ai requisiti essenziali.

• dalla direttiva 2004/50/CE, che modifica le precedenti direttive sull’interoperabilità in considerazione dell’istituzione dell’Agenzia ferroviaria europea, disposta con il regolamento n. 881/2004/CE;

• dalla direttiva 2004/51/CE relativa allo sviluppo delle ferrovie comunitarie che prevede un ampliamento della concorrenza per quanto concerne il trasporto nazionale merci.

L’articolo 1 della legge comunitaria per il 2005 (L. 29/2006) ha delegato il Governo ad adottare, entro il termine di diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della legge, i decreti legislativi di attuazione delle tre direttive contenute nel secondo pacchetto.

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TRASPORTI

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FERROVIE DELLO STATO S.P.A.

L’assetto delle Ferrovie dello Stato

La società Ferrovie dello Stato s.p.a. nasce - nell’ambito del processo di privatizzazione delle imprese pubbliche, che ha rappresentato uno dei fenomeni di politica economica più rilevanti degli anni ’90 - a seguito della trasformazione societaria dell’ente pubblico Ferrovie dello Stato in “Ferrovie dello Stato - Società di trasporti e servizi per azioni" (F.S. S.p.A.) disposta con delibera CIPE del 12 agosto 1992.

Alla società Ferrovie dello Stato S.p.A., in base ad apposita concessione (D.M. 26 novembre 1993, n. 225/T), veniva attribuito per la durata di settanta anni l'esercizio del servizio ferroviario di trasporto pubblico: la durata della concessione è stata ridotta da un successivo decreto ministeriale che, abrogando il precedente, affidava ad FS la concessione per un periodo di sessanta anni63.

Per quanto riguarda l’assetto della società ed, in particolare, la separazione delle attività di gestione dell'infrastruttura da quelle di gestione dei servizi di trasporto, la scelta di procedere verso la separazione veniva adottata nel contratto di programma 1994-2000 e ribadita dalle direttive del Presidente del Consiglio dei Ministri del 30 gennaio 1997 e del 18 marzo 1999 (cd. Direttive Prodi e D’Alema).

Il processo di separazione societaria è stato completato, dopo la realizzazione del processo di “divisionalizzazione”64, con la costituzione, il 1° giugno 2000, di una società che svolge l’attività di trasporto (ITF Spa, attualmente Trenitalia Spa), cui ha fatto seguito, il 1° luglio 2001, la costituzione di un’ulteriore società per la gestione dell’infrastruttura (RFI - Rete Ferroviaria Italiana Spa)65, mentre FS Spa ha assunto il ruolo di società holding.

Per quanto concerne gli strumenti che regolano i rapporti tra Ferrovie dello Stato S.p.A. e lo Stato, l'articolo 4, comma 4, della legge 538/1993 (legge finanziaria per il 1994) ha disposto che il contratto di programma regoli, in particolare, gli oneri di gestione dell’infrastruttura posti a carico dello Stato e gli investimenti per lo sviluppo ed il mantenimento in efficienza della rete, mentre il contratto di servizio pubblico disciplini essenzialmente gli obblighi di servizio pubblico posti a carico della società66.

63 D.M 31 ottobre 2000, n. 138/T. 64 Nel 1998 è stata creata la divisione Infrastruttura; nel maggio 1999 sono state costituite altre tre

divisioni per assicurare il trasporto di passeggeri sulla media e lunga distanza, il traffico delle merci, il trasporto in ambito locale.

65 Entrambe le società sono interamente controllate dalla holding FS Spa, interamente partecipata dallo Stato tramite il Ministero dell’economia e delle finanze.

66 La legge 14 luglio 1993, n. 238 prevede inoltre che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti trasmetta al Parlamento, per l’espressione del parere da parte delle Commissioni permanenti competenti per materia, prima della stipulazione con le Ferrovie dello Stato Spa., i contratti di

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TRASPORTI

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Contratto di programma

L’articolo 14 del decreto legislativo n. 188/200367 che ha recepito il primo pacchetto ferroviario europeo (v. capitolo La concorrenza nel trasporto ferroviario) confermando in larga parte quanto già previsto dalla normativa previgente68, ha stabilito che i rapporti tra Stato e gestore dell’infrastruttura sono disciplinati da un atto di concessione e da un contratto di programma69, quest’ultimo stipulato per un periodo minimo di tre anni, nel rispetto dei princìpi di indipendenza patrimoniale, gestionale e contabile dallo Stato, di economicità in relazione alla qualità del servizio prestato e di programmazione delle attività, degli investimenti e dei finanziamenti, e volto alla realizzazione dell'equilibrio finanziario e degli obiettivi tecnici e commerciali, indicando i mezzi per farvi fronte. Nel contratto di programma è disciplinata, nei limiti delle risorse annualmente iscritte nel bilancio dello Stato, la concessione di finanziamenti per far fronte a nuovi investimenti, alla manutenzione ed al rinnovo dell'infrastruttura ferroviaria, allo sviluppo dell'infrastruttura stessa e al rispetto dei livelli di sicurezza. Sono inoltre previsti indennizzi da corrispondersi al gestore nel caso di perdite finanziarie per assegnazione di capacità da utilizzarsi per servizi nell'interesse della collettività definiti dal regolamento CEE n. 1191/69 , ovvero conseguenti all’assegnazione di capacità di infrastruttura ferroviaria specificamente finalizzata a favorire lo sviluppo dei trasporti ferroviari delle merci. Ulteriori incentivi possono essere previsti per ridurre i costi di fornitura dell'infrastruttura e l'entità dei diritti di accesso, ferma restando la necessità di garantire il conseguimento di elevati livelli di sicurezza, l'effettuazione delle operazioni di manutenzione, nonché il miglioramento della qualità dell'infrastruttura e dei servizi ad essa connessi.

Nella XIV legislatura, e’ stato sottoposto all’esame del Parlamento il contratto di programma 2001-2005, sottoscritto dal Ministero dei trasporti e della navigazione e dal gestore dell’infrastruttura - Ferrovie dello Stato Spa il 2 maggio 2001, previo parere favorevole del CIPE.

programma, i contratti di servizio e i relativi eventuali aggiornamenti, corredati dal parere, ove previsto, del CIPE. Le Commissioni parlamentari competenti esprimono parere entro trenta giorni dalla data di assegnazione.

67 Decreto legislativo 08 luglio 2003, n. 188 recante Attuazione della direttiva 2001/12/CE, della direttiva 2001/13/CE e della direttiva 2001/14/CE in materia ferroviaria.

68 Art. 5 del D.P.R. 277/1998, abrogato D.Lgs. 188/2003. 69 L’articolo 4 dell’atto di concessione (DM 138/T del 2000) precisa che il contratto di programma –

avente una durata non inferiore a cinque anni e aggiornabile e rinnovabile, anche annualmente – individua gli obiettivi e disciplina le modalità di finanziamento dello Stato per la parte relativa all’infrastruttura ferroviaria, con riferimento alla manutenzione straordinaria e al potenziamento e allo sviluppo delle linee e degli impianti ferroviari, alla manutenzione ordinaria, ai contributi per eventuali maggiori costi relativi alla circolazione ed alla condotta dei treni, agli eventuali indennizzi per le perdite finanziarie derivanti da assegnazione di capacità per la prestazione di servizi nell’interesse della collettività, nonché agli adeguamenti a norme di legge in materia sanitaria e ambientale.

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TRASPORTI

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A seguito della costituzione di RFI s.p.a. (vedi supra), quest’ultima è divenuta destinataria esclusiva dell’atto di concessione e destinataria finale del contratto di programma, secondo quanto previsto dall’articolo 4 del contratto stesso. Tale ultima disposizione prevedeva altresì che a decorrere dal completamento della ristrutturazione societaria (e dunque dal 1° luglio 2001, data di costituzione della società di gestione dell’infrastruttura) il Ministero del tesoro (ora dell’economia e delle finanze) non detenesse partecipazioni azionarie dirette nel soggetto societario gestore dell’infrastruttura (RFI Spa), ma solo nella società holding (FS Spa), che a sua volta ha il controllo del gestore dell’infrastruttura. Gli obblighi di finanziamento assunti dallo Stato in virtù del contratto di programma sono adempiuti mediante aumento del capitale sociale di FS Spa, che provvede poi a trasferire detti finanziamenti (sempre sotto forma di aumenti di capitale), alla società di gestione dell’infrastruttura.

Il contratto nella sua formulazione originaria prevede investimenti per un totale di 48.402 milioni di euro ed evidenzia ulteriori fabbisogni pari a 18.337 milioni di euro. Oggetto del contratto è il finanziamento, da parte dello Stato, delle attività indicate dal citato articolo 4 dell’atto di concessione, nonchè degli investimenti per lo sviluppo del sistema Alta Velocità/Alta Capacità (v. capitolo Alta velocità)

Il gestore dell’infrastruttura ha l’obbligo di amministrare il funzionamento della rete assicurando la circolazione in sicurezza dei treni, secondo il criterio del tendenziale equilibrio tra le entrate e le uscite, ed è inoltre tenuto a presentare un Piano di priorità degli investimenti70,da sottoporre alla valutazione del CIPE e da elaborare in conformità al piano d’impresa e sulla base degli indirizzi stabiliti dal Piano generale dei Trasporti e della Logistica71.

Il contratto prevede che la parte degli investimenti che non trova copertura nelle risorse stanziate venga realizzata a carico di future leggi finanziarie o di spesa: viene, così, contemplata, all’articolo 3 del contratto, la possibilità di revisioni annuali, anche in dipendenza di eventuali disposizioni contenute nelle leggi finanziarie e di bilancio.

70 Il Piano di Priorità degli Investimenti (PPI), previsto dal contratto di programma 2001-2005 con

l’obiettivo di evidenziare le necessità finanziarie delle singole annualità, è stato aggiornato nel mese di settembre 2002, a seguito delle prescrizioni del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, del CIPE e della definizione del Programma delle opere strategiche. Il PPI è stato ulteriormente rivisto, dapprima nell’ottobre 2003 (delibera CIPE 13 novembre 2003), poi nel 2004 (delibera CIPE 20 dicembre 2004).

71 Il PPI deve essere elaborato in conformità a criteri generali, quali il mantenimento in efficienza della rete e degli impianti, il miglioramento dell’automazione e della sicurezza, anche mediante la soppressione dei passaggi a livello, la redditività economica e ricadute gestionali, lo sviluppo di sistemi di offerta per il trasporto ferroviario ambientalmente sostenibili in vista del riequilibrio modale, la tempistica e le attivazioni di significative fasi funzionali intermedie, il grado di integrazione con altri investimenti collegati, con particolare riguardo alle linee ad Alta Capacità, ai corridoi europei, alle aree urbane ed ai nodi delle aree metropolitane, il potenziamento della rete per il trasporto ferroviario delle merci in logica intermodale, tenendo conto delle esigenze in materia di trasporto di merci pericolose, il potenziamento della rete nel Mezzogiorno e nelle altre aree del Paese carenti di infrastrutture.

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TRASPORTI

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Nell’arco temporale 2001-2005 si sono registrate quattro revisioni annuali del contratto di programma (c.d. Addenda): l’Addendum n. 1 prevede il riparto delle maggiori risorse previste dalla legge

finanziaria 2002 (legge n. 448/2001), quale apporto al capitale sociale di FS Spa, pari a circa 4.607 milioni di euro72.

l’Addendum n. 2 ripartiva le maggiori risorse previste dalla legge finanziaria 2003 (legge n. 289 del 2002), quale apporto al capitale sociale di FS Spa, per un totale di 3.942 milioni di euro. L’Addendum ha modificato le modalità di finanziamento degli oneri di manutenzione ordinaria dell’infrastruttura e degli investimenti per il Sistema Alta Velocità/Alta Capacità, in ottemperanza alle disposizioni dell’articolo 75, comma 5, della stessa legge finanziaria 2003 (v. capitolo Alta velocità);

l’Addendum n. 3 recava la distribuzione delle maggiori risorse previste dalla legge finanziaria 2004 (legge n. 350 del 2003), quale apporto al capitale sociale di FS Spa, per un totale di 6.700 milioni di euro.

l’Addendum n. 4 stabiliva il riparto delle maggiori risorse previste dalla legge finanziaria 2005 (legge n. 311 del 2004), quale apporto al capitale sociale di FS Spa, pari a 400, 4.000 e 6.300 milioni di euro rispettivamente per gli anni 2005, 2006 e 2007, per un totale di 10.700 milioni di euro.

I trasferimenti a Ferrovie dello Stato Spa nella manovra di finanza pubblica per il 2006

Per quanto riguarda l’apporto al capitale sociale delle Ferrovie dello Stato Spa, rispetto ad una dotazione a legislazione vigente del capitolo 7122 – UPB 3.2.3.15 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze pari a 3,257 miliardi di euro per il 2006, la manovra di finanza pubblica per il 2006 (L. 266/2005) ha determinato una riduzione di circa 3 miliardi.

In particolare 124 milioni per ciascuna annualità del triennio 2006-2008 sono utilizzati a copertura degli oneri recati dal decreto-legge collegato in materia fiscale (D.L. n. 203/2005).

La legge finanziaria, da un lato provvede a rifinanziare in tabella D l’apporto al capitale sociale per 850 milioni per il 2007 ed il 2008; dall’altro con la tabella E dispone un definanziamento di 1,2 miliardi per ogni annualità del piano di apporto al capitale sociale (il definanziamento è contraddistinto dal codice 1, volto ad indicare il carattere permanente della riduzione fino alla scadenza dell’autorizzazione di spesa, cioè all’anno 2009, come indicato dalla tabella F).

72 Ripartiti in 640,571 milioni di euro per il 2002, 1.523,548 milioni di euro per il 2003 e 2.443,170

milioni di euro per il 2004

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TRASPORTI

72

Contestualmente la tabella F provvede a rimodulare le autorizzazioni pluriennali di spesa spostando al 2009 e anni successivi 18.757 milioni, di cui 1.757 milioni riferiti al 2006, 2.950 milioni al 2007 e 14.050 milioni al 2008.

Conseguentemente, la tabella F della legge finanziaria per il 2006 espone una autorizzazione pluriennale di spesa quale apporto al capitale sociale delle Ferrovie dello Stato Spa pari a 176 milioni per ciascuna annualità del triennio 2006-2008 e 18,7 miliardi per il 2009 e anni successivi.

A seguito delle disposizioni del comma 84 dell’articolo unico della legge finanziaria per il 200673, il capitolo 7122/Economia risulta dotato per il 2006 di uno stanziamento pari a 276 milioni, di cui 176 milioni ai sensi della tabella F e 100 milioni per effetto delle disposizioni di cui al comma 84.

Il quadro finanziario può essere sintetizzato nella successiva tavola.

MINISTERO ECONOMIA E FINANZE (migliaia di euro)

L. 662/1996, art. 2, co. 14: Apporto al capitale sociale delle FS Spa

(U.P.B. 3.2.3.15. – cap. 7122) 2006 2007 2008 2009 e succ.

BLV 3.257.596 3.600.000 14.700.000 DL 203/2005, art. 12 -124.000 -124.000 -124.000 Tabella D - +850.000 +850.000 Tabella E -1.200.000 -1.200.000 -1.200.000 -1.200.000 Tabella F -1.757.596 -2.950.000 -14.050.000 +18.757.596 Esposto in Tab. F 176.000 176.000 176.000 17.557.596 Legge 266/2005, co. 84 100.000 200.000 200.000 +2.500.000 Bilancio 276.000 376.000 376.000 21.257.596 Si ricorda infine che la disposizione del comma 15 dell’articolo 1 della legge

finanziaria per il 2006 comporta una riduzione dei trasferimenti correnti alle Ferrovie dello Stato pari a 555 milioni di euro.

73 Il comma prevede la concessione alla società Ferrovie dello Stato Spa o a società del gruppo di

contributi per 15 anni - pari a 85 milioni di euro a decorrere dal 2006 e di 100 milioni di euro a decorrere dal 2007 – al fine di proseguire gli interventi relativi al “Sistema alta velocità/alta capacità”, nonchè la concessione alla società Ferrovie dello Stato Spa o a società del gruppo di un ulteriore contributo per 15 anni pari a 15 milioni di euro annui a decorrere dal 2006, al fine di finanziare le attività preliminari ai lavori di costruzione e le attività e i lavori – da avviare in via anticipata – delle linee AV/AC Milano Genova e Milano – Verona incluso il nodo di Verona, ricompresi nei progetti preliminari approvati con le delibere CIPE n. 78 del 29 settembre 2003 e n. 120 del 5 dicembre 2003.

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TRASPORTI

73

Contratto di servizio

Il contratto di servizio è lo strumento negoziale che regola i rapporti tra amministrazione pubblica ed imprese di trasporto al fine di garantire servizi di trasporto adeguati alle esigenze sociali, ambientali e di assetto del territorio, nonché di garantire agevolazioni in favore di determinate categorie di utenti. Nella misura in cui tali servizi siano in contrasto con l’interesse commerciale dell’impresa, l’autorità pubblica, a fronte dell’obbligo di offrire detti servizi, eroga una compensazione corrispondente.

L’articolo 73 del Trattato CE costituisce la base normativa di riferimento in materia di obblighi di servizio pubblico, sancendo la compatibilità degli aiuti di Stato (v. capitolo Valutazione di compatibilità comunitaria nel dossier relativo alla Commissione Politiche dell'Unione europea) richiesti in quanto corrispondenti al rimborso di talune servitù inerenti la nozione di pubblico servizio. Più precisamente, l’art. 14 del regolamento CEE 1191/69 in materia di obblighi di servizio pubblico nel settore dei trasporti, definisce il contratto di servizio pubblico come un “contratto concluso fra le autorità competenti di uno Stato membro e un'impresa di trasporto allo scopo di fornire alla collettività servizi di trasporto sufficienti”.

Il contratto di servizio si rende necessario nella misura in cui le esigenze sopra ricordate non possano essere soddisfatte se non attraverso l’imposizione alle imprese di obblighi di servizio pubblico, a fronte dei quali sono previsti meccanismi di compensazione in favore delle imprese stesse.

Gli obblighi di servizio pubblico posti a carico della società Ferrovie dello

stato s.p.a. sono disciplinati dall'articolo 4, comma 4, della legge n. 538/1993 (legge finanziaria per il 1994).

Nell’arco temporale della XIV legislatura si sono registrati tre contratti di servizio (il contratto 2000-2001, firmato, per la prima volta, dalla società Trenitalia, subentrata come soggetto contraente a Fs Spa, il contratto 2002-200374 e il contratto 2004-2005) . 74 Si ricorda che non si è potuto procedere alla stipula del contratto 2002-2003 – che,

diversamente dai precedenti contratti, faceva riferimento ad un arco temporale in parte successivo alla stipula, assolvendo una funzione programmatoria e di regolazione di alcuni segmenti rilevanti dei servizi di trasporto passeggeri e non essenzialmente ricognitiva e certificatoria sia dei servizi erogati dall’impresa sia della connessa contribuzione pubblica - per la mancata definizione della questione relativa all’imponibilità dell’IVA sui contributi. La questione è stata successivamente chiarita dall’Agenzia delle entrate che , nella nota n. 289 del 17 marzo 2005 resa al Ministero delle infrastrutture e trasporti e alla società Trenitalia, ha evidenziato come sulla base dei concetti generali che definiscono l’ambito di applicazione dell’IVA i contributi erogati per ridurre il costo dei servizi offerti al pubblico devono essere assoggettati al tributo quando sono erogati affinché il soggetto che li riceve fornisca un determinato servizio. Nella fattispecie del contratto di servizio, l’Agenzia, sulla scorta del mutato quadro normativo che alla concessione ha sostituito lo strumento del contratto di servizio, ha ritenuto che tra i due soggetti (Ministero e Trenitalia) sussista un rapporto sinallagmatico e ha quindi concluso che i contributi erogati alla società assumono le caratteristiche di un’integrazione del corrispettivo della prestazione di trasporto pubblico locale alla quale si

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TRASPORTI

74

L’oggetto del Contratto è costituito dai rapporti tra Ministero delle infrastrutture e trasporti e la società Trenitalia Spa relativi ai servizi ferroviari viaggiatori: a partire dal contratto di servizio 2002-2003 sono stati esclusi gli obblighi di servizio pubblico relativi al trasporto delle merci, a seguito della liberalizzazione del mercato del trasporto ferroviario operata in applicazione dell’articolo 131 della legge finanziaria per il 2001 (L 388/2000) a norma del quale sono state rilasciate licenze ad imprese diverse da Trenitalia, le quali, già dall’anno 2001, hanno cominciato ad operare nel settore del trasporto merci (v. capitolo La concorrenza nel trasporto ferroviario)

Il perimetro degli obblighi di servizio disciplinati dal contratto di servizio è costituto da:

• servizi di trasporto regionali nelle Regioni a statuto speciale e nelle province autonome, comprensivi dei servizi interregionali indivisi; a partire dal contratto di servizio 2001-2002, non sono più contemplati i servizi di trasporto regionale nelle regioni a statuto ordinario in virtù del passaggio a tali regioni delle competenze sul trasporto ferroviario regionale ai sensi del DPCM 16 novembre 200075;

• servizi di trasporto notturno e i servizi di rinforzo dell’offerta programmata in relazione a picchi di domanda in periodi a maggiore intensità di traffico (treni periodici);

• agevolazioni tariffarie a particolari categorie di viaggiatori.

applica l’IVA nella misura del 10%, ai sensi del n. 127-novies parte terza della tabella A allegata al DPR n. 633/1972. In virtù dei chiarimenti forniti dall’Agenzia delle entrate, il contratto di servizio 2004-2005 ha previsto che alla società Trenitalia s.p.a. debba essere riconosciuto l’ammontare del l’IVA nella misura del 10% degli importi suddetti.

75 Recante Individuazione e trasferimento alle regioni delle risorse per l'esercizio delle funzioni e compiti conferiti ai sensi degli articoli 8 e 12 del D.Lgs. 19 novembre 1997, n. 422 in materia di trasporto pubblico locale, emanato in recepimento dell'Accordo quadro Stato-Regioni del 18 6 1999 e dei conseguenti Accordi di programma tra lo Stato e ciascuna Regione

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TRASPORTI

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ALTA VELOCITÀ

L’evoluzione del quadro normativo

La realizzazione di una rete europea di treni ad alta velocità – che rappresenta una delle linee guida della politica comunitaria dei trasporti76 - è stata individuata già dal primo Piano Generale dei Trasporti del 1986 come intervento in grado di rilanciare il ruolo della ferrovia, riequilibrare il sistema di trasporto e facilitare il processo di integrazione europea.

Il contratto di programma 1991-1992 tra Ministero dei trasporti e FS spa ha stabilito che il finanziamento della realizzazione del sistema Alta Velocità dovesse essere ripartito tra Stato e privati, nella misura rispettiva del 40% e 60%, lasciando allo Stato il pagamento dei costi, più gli oneri per gli interessi, relativi alle fasi di costruzione delle opere, di avviamento e di pre-esercizio.

In data 19 luglio 1991 è stata costituita la società TAV (Treno Alta velocità s.p.a.), avente per oggetto sociale la progettazione esecutiva e la costruzione delle linee e delle infrastrutture e di quant'altro occorra ai fini del Sistema Alta Velocità, nonché lo sfruttamento economico delle stesse, finalizzato al recupero ed alla remunerazione del capitale investito da parte della società stessa. L'esercizio dell'attività di trasporto ferroviario è stato escluso dall'oggetto sociale e riservato alla gestione unitaria di Ferrovie dello Stato. Al capitale sociale della società hanno partecipato per il 55,5 % istituti di credito italiani ed esteri, e per il restante 45,5% FS.

Con atto di concessione del 7 agosto 1991 e successiva convenzione attuativa del 24 settembre 1991, Ferrovie dello Stato ha trasferito alla società TAV spa la progettazione, la costruzione e lo sfruttamento economico del sistema Alta Velocità Milano-Napoli e Torino-Venezia, prevedendo, inoltre, che all'adempimento delle prestazioni la società concessionaria provvedesse "avvalendosi di general contractor che dovranno essere - o dovranno essere interamente garantiti da - uno dei principali gruppi industriali italiani"77 e che i

76 Il Consiglio delle Comunità Europee, nella riunione del 4 e 5 dicembre 1989, aveva adottato una

risoluzione con la quale invitava la Commissione a costituire un gruppo di alto livello con funzioni consultive per lo sviluppo di una rete ferroviaria ad alta velocità . Il Gruppo ha formulato alcune raccomandazioni in vista dello sviluppo di una rete ferroviaria ad alta velocità, tra le quali, in particolare: l'approvazione di uno schema direttivo per la realizzazione della rete europea per l'anno 2010; la messa in opera di iniziative per la prioritaria realizzazione di quattordici principali corridoi di traffico (tra i quali: Lione-Torino, Milano-Basilea, Asse del Brennero, Tarvisio-Vienna); il perseguimento di un processo destinato a garantire la compatibilità tecnica; la realizzazione di sistemi armonizzati di controllo-comando, nella prospettiva di un sistema unificato; il finanziamento per la realizzazione delle linee chiave e degli altri punti critici della rete.

77 In appendice alla convenzione citata e alle stesse condizioni nella stessa previste, con delibera del 16 marzo 1992, FS ha affidato alla società TAV la concessione per la progettazione esecutiva, la costruzione e lo sfruttamento economico della linea Alta Velocità Milano-Genova,

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TRASPORTI

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rapporti tra la TAV spa e i general contractor fossero regolati da apposite convenzioni.

Nel 1998 Ferrovie dello Stato - ormai trasformatasi da ente pubblico in società per azioni - ha acquisito il controllo del 100% della società TAV spa, che è diventata così la società di scopo di FS s.p.a. -Rete Ferroviaria Italiana (RFI) per la progettazione e la costruzione delle linee ferroviarie veloci (Alta Velocità/Alta Capacità78) da realizzare lungo le principali direttrici di trasporto del Paese, ossia la dorsale Milano-Napoli, la trasversale Torino-Milano-Padova ed il collegamento Milano-Genova79.

L’ultimo atto di concessione del Ministero dei trasporti a FS S.p.A (DM 138/T del 2000) (v. capitolo Ferrovie dello Stato s.p.a.) ha previsto il proseguimento del rapporto convenzionale tra le due società FS S.p.A. (in veste di gestore dell’infrastruttura) e TAV S.p.A., estendendo a tale rapporto l’applicazione delle norme ivi previste in materia di vigilanza del Ministero dei trasporti e di decadenza e revoca della concessione80.

La legge 388/2000 (legge finanziaria per il 2001) - intervenendo all’articolo

131, commi 2 e 3, sul sistema Alta velocità – ha disposto l’applicazione della normativa comunitaria e nazionale in materia di appalti pubblici ai lavori di costruzione delle tratte ad alta velocità, specificamente per i lavori di costruzione non ancora iniziati alla data di entrata in vigore della legge, i cui corrispettivi ancorché determinabili non fossero stati ancora definiti, e per le connesse opere di competenza di Ferrovie dello Stato S.p.A81.

comprensiva delle relative interconnessioni, autorizzando TAV ad affidare la progettazione esecutiva e la realizzazione dell'opera ad un general contractor .

78 Tale dizione indica un’evoluzione del progetto nella direzione della integrazione tra la rete ad alta velocità e l’infrastruttura ferroviaria nazionale, al fine di una maggiore capacità complessiva del sistema.

79 Si ricorda che nel mese di dicembre 2005 è entrata in esercizio la prima linea ad alta velocità realizzata da TAV SpA, la Roma-Napoli; a febbraio 2006, in occasione delle Olimpiadi invernali, è stata attivata la linea Torino-Novara. L’entrata in esercizio della linea Milano-Bologna è prevista tra il 2007 e il 2008, quella della Bologna-Firenze e della Novara-Milano tra il 2008 e il 2009.

80 L’articolo 8 dell’atto di concessione stabilisce che il Ministero dei trasporti eserciti la vigilanza e il controllo sull’attuazione della concessione stessa, sugli obblighi derivanti dal contratto di programma, con particolare riferimento ai profili della sicurezza, della qualità dell’infrastruttura e all’assenza di discriminazione nell’accesso all’infrastruttura e nella ripartizione della capacità. Il successivo articolo 10 prevede la decadenza della concessione in caso di persistenti violazioni degli obblighi derivanti dalla concessione e l’obbligo per il gestore di mettere a disposizione i beni necessari a svolgere il servizio, con diritto al solo rimborso delle spese e del canone d’uso (per un periodo non superiore a 36 mesi).

81 Il passaggio dal sistema della concessione Tav-convenzione con i general contractor a quello della gara di appalto europea avrebbe dovuto rispondere, secondo quanto sostenuto dal Governo in sede di approvazione della legge finanziaria 2001, sia all’esigenza di risolvere i contenziosi aperti e i prolungati ritardi nella effettiva realizzazione del sistema alta velocità, conseguendo l’obiettivo della conclusione dei lavori entro tempi relativamente brevi, con risparmio di risorse finanziarie, sia all’esigenza di estendere l’ambito di applicazione della gara d’appalto europea al complesso dei lavori pubblici, secondo gli orientamenti comunitari. Si segnala inoltre che la legge quadro sui lavori pubblici, n. 109 del 1994, allora vigente, ( v. capitolo La riforma della “legge Merloni” bel dossier relativo alla Commissione Ambiente)

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TRASPORTI

77

Contestualmente, veniva disposta la revoca delle concessioni rilasciate dall’ente Ferrovie dello Stato alla TAV S.p.A., per la parte concernente i lavori in questione, ad eccezione di quelli per i quali fosse stata applicata o fosse applicabile la disciplina generale relativa all’affidamento dei lavori pubblici.

Nel complesso, la disposizione comportava l’obbligo per TAV s.p.a. di effettuare gare di appalto europee per la realizzazione o il completamento dei lavori individuati dallo stesso articolo 131, facendo venire meno il rapporto tra la TAV e i general contractor82. Per i lavori relativi alla tratta ferroviaria ad alta capacità Torino-Milano, approvati in conferenza di servizi il 14 luglio 2000, veniva prevista un’eccezione: pertanto i lavori avrebbero dovuto proseguire secondo il sistema concessione Tav-convenzione con il general contractor83.

Il contratto di programma 2001-2005 tra il Ministero dei trasporti e FS

Spa, sottoscritto il 2 maggio 2001 (v. capitolo Ferrovie dello Stato s.p.a.), nel disciplinare gli impegni del gestore dell’infrastruttura anche con riferimento all’Alta velocità/Alta capacità, prevede la prosecuzione del rapporto convenzionale tra Ferrovie dello Stato, in qualità di gestore, e la Tav s.p.a..

In esso si stabilisce, poi, che, al momento dell’attivazione, le opere e gli impianti del sistema Alta velocità/Alta capacità entrino a far parte dell’infrastruttura ferroviaria nazionale, amministrata dal gestore secondo le disposizioni dell’atto di concessione e alle condizioni previste dal contratto.

Quanto alla copertura dei costi, si ribadisce il ricorso al project financing: lo Stato si fa carico del 40% della spesa degli investimenti, mentre si prevede che la restante quota venga coperta da capitali privati.

L’articolo 11 del collegato infrastrutture (legge 166/2002) ha abrogato il

comma 2 dell’articolo 131 della legge finanziaria per il 2001: con tale abrogazione si è inteso riaffermare, per quanto concerne la costruzione delle tratte ad “alta velocità”, la validità del meccanismo della concessione alla società TAV-convenzione con il general contractor, facendo venir meno la prescrizione dell’affidamento dei lavori mediante gara europea introdotta dall’ articolo 131. L’articolo prevedeva quindi che proseguissero, senza soluzione di continuità, le concessioni rilasciate alla TAV s.p.a. dall'ente Ferrovie dello Stato ed i sottostanti

presentava tra i suoi contenuti più qualificanti il principio della assoluta separazione tra progettazione ed esecuzione dei lavori, mentre, nel modello del general contractor richiamato nel testo, tra le due funzioni si verificava una commistione.

82 Lo stesso articolo 131, comma 2, ha previsto che la società FS S.p.A. provvedesse, direttamente o a mezzo della TAV S.p.A., all’accertamento e al rimborso degli oneri relativi alle attività preliminari ai lavori di costruzione oggetto della revoca, nei limiti dei costi effettivamente sostenuti alla data di entrata in vigore della legge (1° gennaio 2001).

83 Secondo quanto precisato dal Governo nel corso della approvazione della legge finanziaria, tale eccezione si giustificava in considerazione dello stato avanzato della procedura, dell’esigenza di garantire la sollecita conclusione dei lavori e di contenere i costi di realizzazione, in vista dello svolgimento delle Olimpiadi invernali del 2006.

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TRASPORTI

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rapporti di general contracting instaurati dalla TAV Spa, riguardanti le opere individuate dall’articolo 131 della legge finanziaria per il 200184.

L'articolo 75 della legge 289/2002 (legge finanziaria per il 2003) ha recato -

per quanto concerne i primi quattro commi - disposizioni in materia di finanziamenti per la realizzazione della infrastruttura ferroviaria per il sistema Alta velocità/Alta capacità, nel quadro di una impostazione affermata dai documenti di programmazione economico-finanziaria, secondo la quale occorre promuovere un sostanziale coinvolgimento del settore privato nella realizzazione e gestione degli investimenti pubblici, e in particolare, di quelli destinati ad interventi infrastrutturali, attraverso varie forme di partenariato pubblico-privato.

In particolare, l’articolo ha affidato alla società Infrastrutture s.p.a. (ISPA)85 il compito di finanziare prioritariamente, anche attraverso la costituzione di uno o più patrimoni separati, gli investimenti per la realizzazione della infrastruttura ferroviaria destinata al sistema Alta velocità/Alta capacità, anche allo scopo di ridurre la quota a carico dello Stato, reperendo le risorse necessarie mediante ricorso al mercato bancario e al mercato dei capitali, secondo criteri di trasparenza ed economicità. L’equilibrio economico-finanziario della società è garantito da una disposizione che prevede che in caso di oneri per Infrastrutture S.p.A, non adeguatamente remunerabili utilizzando i soli flussi di cassa previsionali per lo sfruttamento economico del “Sistema AV/AC”, l’equilibrio sia a carico dallo Stato. A tal fine è stata disposta inoltre la destinazione prioritaria dei crediti e dei proventi derivanti dall’utilizzo del sistema AV/AC al rimborso dei finanziamenti concessi da Infrastrutture s.p.a., escludendo, fino all’estinzione del relativo debito, la possibilità per i creditori diversi da tale società di rivalersi sui crediti e sui proventi in questione.

L’articolo ha stabilito inoltre la disciplina per garantire il pagamento del debito nei confronti di Infrastrutture s.p.a., nel caso in cui si verifichino la decadenza o la revoca della concessione relativa alla gestione dell’infrastruttura ferroviaria (anche solo per la parte relativa alla realizzazione o alla gestione del Sistema AV/AC), ed ha disposto che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti eserciti la funzione di vigilanza e di controllo sull’attuazione della concessione.

84 Gli effetti di tale norma riguardavano le tratte Milano-Genova, Milano-Verona e Verona-Venezia.

Per la tratta Torino-Milano, vedi supra. 85 La costituzione, da parte della Cassa depositi e prestiti, di un’apposita società per azioni,

denominata “Infrastrutture s.p.a.”, avente lo scopo di favorire, attraverso la concessione di finanziamenti e la prestazione di garanzie, la realizzazione di infrastrutture, opere pubbliche e investimenti è stata prevista dall’articolo 8 del D.L. 15 aprile 2002, n. 63, recante Disposizioni finanziarie e fiscali urgenti in materia di riscossione, razionalizzazione del sistema di formazione del costo dei prodotti farmaceutici, adempimenti ed adeguamenti comunitari, cartolarizzazioni, valorizzazione del patrimonio e finanziamento delle infrastrutture, convertito con modificazioni dalla legge 15 giugno 2002, n. 112. La società ha come funzione principale quella di finanziare, in via sussidiaria rispetto ai finanziamenti concessi da banche e da altri intermediari finanziari, le infrastrutture e le grandi opere pubbliche, purché suscettibili di utilizzazione economica, e di concedere finanziamenti a medio e lungo termine finalizzati ad investimenti per lo sviluppo economico.

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TRASPORTI

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L'articolo 75, comma 5, ha poi stabilito che il Gestore dell’infrastruttura ferroviaria (RFI) fosse autorizzato a compensare gli oneri di manutenzione ordinaria dell’infrastruttura anche attraverso l’utilizzazione del Fondo di ristrutturazione, previsto all’articolo 43, comma 5, della legge 448/1998, in cui si prevede che il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica autorizza la società Ferrovie dello Stato Spa a costituire, a valere sul proprio netto patrimoniale, un fondo di ristrutturazione di importo pari al valore netto dell'infrastruttura risultante dal bilancio al 31 dicembre 1997.

La legge finanziaria per il 2006 ha infine recato diverse disposizioni incidenti

sul sistema Alta velocità/Alta capacità, in particolare: i commi da 79 a 83 dell’articolo unico dispongono la fusione per

incorporazione della Infrastrutture s.p.a. nella Cassa depositi e prestiti s.p.a., che continua a svolgere, attraverso il patrimonio separato, le attività connesse agli interventi finanziari intrapresi da Infrastrutture Spa fino al 1° gennaio 2006, ai sensi dell’articolo 75 della legge finanziaria per il 2003 . Le obbligazioni emesse ed i mutui contratti da Infrastrutture Spa fino al 1° gennaio 2006 sono integralmente garantiti dallo Stato, ferme restando le previsioni del richiamato articolo 75 della legge finanziaria per il 2003. Al finanziamento degli investimenti per la realizzazione della infrastruttura ferroviaria per il sistema alta velocità/alta capacità, continuano, così, ad applicarsi le disposizioni concernenti Infrastrutture Spa, ivi comprese quelle relative al regime fiscale e al patrimonio separato;

il comma 84 prevede la concessione alla società Ferrovie dello Stato Spa o a società del gruppo di contributi per 15 anni per la prosecuzione degli interventi relativi al “Sistema alta velocità/alta capacità”, nonché la concessione alle stesse di ulteriori contributi per 15 anni, al fine di finanziare le attività preliminari ai lavori di costruzione, nonché le attività e i lavori – da avviare in via anticipata – delle linee AV/AC Milano -Genova e Milano – Verona, incluso il nodo di Verona.

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TRASPORTO AEREO

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TRASPORTI

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LA RIFORMA DELL’AVIAZIONE CIVILE

L’indagine conoscitiva sulla sicurezza del trasporto aereo

Il settore dell’aviazione civile è stato oggetto di una lunga riflessione parlamentare, che ha sostanzialmente avuto avvio con l’indagine conoscitiva sulla sicurezza del trasporto aereo avviata dalla IX Commissione (Trasporti, poste e telecomunicazioni) della Camera dei deputati e dall'8a Commissione (Lavori pubblici e comunicazioni) del Senato della Repubblica a seguito del tragico incidente di Linate86.

L’indagine – conclusasi con l’approvazione di un documento conclusivo in data 13 giugno 2002 (DOC XVII, n. 3)87 – nasceva dall’esigenza di approfondire in sede parlamentare le criticità del sistema dell'aviazione civile in Italia, in quanto settore strategico per lo sviluppo del tessuto socio-economico del Paese, anche al fine di corrispondere a quella istanza di chiarezza proveniente dall'opinione pubblica e dagli operatori del settore. Nel corso dell'indagine, le Commissioni88 si sono in particolare proposte di analizzare il livello di sicurezza complessiva del sistema dell'aviazione civile, lo stato di attuazione della riforma del trasporto aereo avviata negli anni precedenti, le problematiche relative al riparto di competenze tra i diversi soggetti preposti al governo del settore, i temi legati all'adeguamento tecnologico ed alla manutenzione delle infrastrutture aeroportuali e di quelle di controllo, anche al fine di prospettare eventuali interventi normativi in merito.

Dall'indagine conoscitiva è emerso come il sistema dell'aviazione civile italiana fosse caratterizzato da una “frammentazione di competenze e responsabilità, con logiche di autonomia organizzativa e funzionale tali da rendere la pluralità di attori presenti sullo scenario sostanzialmente comprimari”.

In particolare, il documento conclusivo precisava che “l’articolata e complessa ripartizione delle competenze negli aeroporti (sia per la realizzazione delle infrastrutture, sia ancor più per la gestione delle stesse) e l'esistenza di sovrapposizioni di competenze - derivanti dal combinato disposto di una serie di leggi e norme prodotte nel tempo, alcune delle quali particolarmente risalenti e mai riorganizzate in un testo unico che armonizzasse i successivi interventi normativi nel settore - è inidonea a garantire un adeguato livello di certezza nell'attribuzione delle responsabilità”.

86 Avvenuto l’8 ottobre 2001, che causò la morte di 118 persone. 87 Si ricorda che, in data 11 giugno 2002, era stato presentato, da esponenti dei gruppi di

opposizione, un documento conclusivo alternativo, la cui votazione risultò preclusa dall’approvazione del documento di cui sopra

88 Si ricorda che gli uffici di Presidenza delle due Commissioni hanno provveduto alla costituzione di un Comitato paritetico cui è stato affidato lo svolgimento dell’attività istruttoria dell’indagine.

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TRASPORTI

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Da tale quadro, il documento conclusivo faceva discendere la necessità di un organico intervento legislativo, diretto a riformare il settore dell'aviazione civile nel suo complesso, anche nel quadro del nuovo assetto delle competenze statali e regionali definito dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, con particolare riferimento all'esigenza di garantire la sicurezza del sistema, nonché di favorire lo sviluppo della concorrenza in un contesto regolamentare chiaro.

Il documento conclusivo sottolineava come un organico e complessivo testo legislativo avrebbe dovuto perseguire, nel rispetto della normativa internazionale e comunitaria, tre obiettivi principali:

a) aumento del livello di sicurezza; b) riduzione della complessità e maggiore trasparenza nell'attribuzione delle

responsabilità; c) definizione chiara ed univoca dei compiti decisionali delle responsabilità e

delle funzioni, separando nettamente quelle di regolazione dalle funzioni di erogazione dei servizi.

Nell’ottica di separazione delle competenze tra i vari soggetti del settore, ai fini di una chiara imputazione delle responsabilità, il documento conclusivo individuava cinque funzioni principali:

a) funzione di indirizzo politico-economico, da attribuirsi al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, nonché, per le questioni di livello politico generale, al Governo nel suo complesso;

b) funzione di regolazione, normazione tecnica, certificazione, nonché vigilanza e controllo sul rispetto della regolamentazione e sulla permanenza dei requisiti richiesti per il rilascio delle certificazioni, nonché funzione di promozione e garanzia della qualità, sicurezza ed efficienza dei servizi resi dagli operatori aerei e dagli operatori aeroportuali nell'interesse ed a tutela dell'utenza: tali funzioni avrebbero dovuto essere attribuite all'Autorità nazionale dell'aviazione civile (ENAC) ed estendersi a tutte le aree di attività dell'aviazione civile;

c) funzione di fornitura dei servizi di assistenza al volo (ENAV s.p.a., Aeronautica Militare Italiana) e dei servizi di assistenza a terra (Vigili del Fuoco, Sanità aeronautica, handling, etc);

d) funzione di coordinamento e di sintesi dei diversi soggetti operanti in aeroporto, che comporti anche l'assunzione, da parte del soggetto titolare della funzione, in piena autonomia e sotto la propria responsabilità, di atti, provvedimenti e decisioni afferenti l'operatività del singolo aeroporto. Il titolare della funzione di coordinamento avrebbe dovuto essere identificato, sulla base della normativa ICAO, nell'”operatore aeroportuale” (gestore) chiamato ad agire sulla base di requisiti e criteri fissati dall'Autorità nazionale dell'aviazione civile, cui competono poteri di vigilanza e di controllo;

e) funzione di pura investigazione sugli incidenti ed inconvenienti gravi, al solo fine di determinarne le cause (non le responsabilità).

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TRASPORTI

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Il testo unificato in materia di sicurezza ed efficienza del trasporto aereo

A seguito delle risultanze dell’indagine conoscitiva, la IX Commissione aveva ripreso l’esame iniziato nel 2001 di diverse proposte di legge, presentate da esponenti sia di forze di maggioranza che di opposizione, recanti interventi specifici sulla disciplina del processo di affidamento delle concessioni di gestione totale aeroportuale89, a cui erano state abbinate ulteriori proposte di legge di carattere più ampio90 finalizzate ad una riforma complessiva del sistema del trasporto aereo.

L’esame di tali proposte aveva portato all’adozione di un testo unificato91 con il quale si proponeva di ridefinire l’assetto delle competenze dei soggetti operanti nel settore.A tale scopo veniva direttamente disposta un’ampia modifica dell’ codice della navigazione92, limitatamente alla parte aeronautica.

Il riassetto delle competenze risultava ispirato - sulla base della normativa comunitaria (c.d. pacchetto “Single Sky”)93 e degli orientamenti dell’Organizzazione internazionale dell’aviazione civile (ICAO) - al principio di separazione tra le funzioni di regolamentazione, di certificazione e di controllo e quelle di fornitura dei servizi, prevedendo in particolare una più chiara attribuzione all’ENAC (Ente nazionale aviazione civile)del ruolo di autorità di regolamentazione, certificazione e controllo, (e con il venir meno della figura del direttore d’aeroporto come soggetto autonomo, dotato di competenze proprie94). Contestualmente, venivano attribuite al gestore aeroportuale responsabilità di coordinamento operativo dell’aeroporto, al fine di accrescere la sicurezza delle operazioni in tale ambito, introducendo altresì il regolamento d’aeroporto – approvato dall’ENAC - e definendo le procedure per l’approvazione del piano d’emergenza aeroportuale; ulteriori disposizioni intendevano escludere la sovrapposizione, in capo al soggetto preposto alla 89 Si tratta delle proposte di legge abbinate A.C. 1431 (Muratori ed altri), A.C. 1847 (Pasetto e

altri) e A.C. 1878 (Duca ed altri) 90 Si tratta delle proposte di legge C. 1842 Ronchi, C. 2130 Duca, C. 2494 De Laurentiis e C. 2918

Romani. 91 A.C. 1431 e abb.. Si ricorda che il testo adottato deriva in larga parte dalla proposta di carattere

più ampio, la pdl Romani C. 2918 (recante Modifiche al codice della navigazione e disposizioni in materia di sicurezza ed ’efficienza del trasporto aereo) la quale ha previsto anche rilevanti modifiche del codice della navigazione, per la parte concernente la navigazione aerea

92 Approvato con regio decreto 30 marzo 1942, n. 327 93 Si fa riferimento in particolare al citato “pacchetto” di regolamenti comunitari noto come “Single

Sky” (Cielo unico europeo). Il “pacchetto” era composto innanzitutto dal regolamento “quadro”, n. 549/2004 (entrato in vigore il 20 aprile 2004), che stabiliva i principi generali per l'istituzione del cielo unico europeo entro il 31 dicembre 2004, nonché dai regolamenti 550/2004, sulla fornitura di servizi di navigazione aerea nel cielo unico europeo, 551/2004, sull'organizzazione e l'uso dello spazio aereo nel cielo unico europeo, 552/2004 sull'interoperabilità della rete europea di gestione del traffico aereo.

94 La professionalità del direttore di aeroporto sembrava comunque considerata nell’ambito delle struttura dell’ENAC, in particolare laddove il testo unificato faceva riferimento alle “strutture periferiche” dell’ente.

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TRASPORTI

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fornitura dei servizi del traffico aereo (ENAV s.p.a: Ente nazionale assistenza al volo), di funzioni di regolamentazione e di certificazione relative alla propria attività, che venivano trasferite all’ENAC (sia pure mantenendo vari meccanismi di raccordo con l’ENAV e con altri enti interessati).

In tale quadro, era altresì prevista l’introduzione a livello legislativo della certificazione del gestore aeroportuale (sulla base della normativa ICAO), e contestualmente ridefinita la disciplina relativa alle concessioni di gestione aeroportuale (modalità di concessione, durata, disciplina transitoria, etc).

Il testo unificato fissava, poi, l’introduzione di meccanismi destinati ad un più efficace ed immediato adattamento dell’ordinamento interno alle normative comunitarie e internazionali in materia (ICAO), la revisione delle competenze del Ministero, nonchè di competenze e modalità di funzionamento dell’Agenzia nazionale per la sicurezza del volo, accanto a quelle di ENAC, ENAV, AMI, gestore aeroportuale, con i conseguenti aspetti organizzativi (organi degli enti, statuto, personale, risorse, etc.), e, infine, la revisione della disciplina relativa ai servizi di assistenza a terra ed al funzionamento in generale delle operazioni aeroportuali e del volo.

La revisione della parte aeronautica del codice della navigazione

Alcuni aspetti del testo unificato – il cui esame in sede referente non è stato concluso - sono poi stati resi operativi dal DL 237/200495 e dal d.lgs. 96/200596, emanato in attuazione della delega al Governo per la revisione della parte aeronautica del codice della navigazione, disposta con l’articolo 2 della legge 265/2004 recante la conversione del citato decreto legge.

Il DL 237/2004 definisce il ruolo dell’ENAC come autorità di regolazione tecnica, di controllo e di certificazione, prevedendo, in particolare, che spetti all’ENAC certificare i soggetti che forniscono servizi di navigazione aerea, e, quindi, l’ENAV, a cui restano comunque attribuite le funzioni di istruzione, addestramento ed aggiornamento professionale del proprio personale. Le disposizioni del decreto-legge – che interveniva anche in materia di gestioni aeroportuali, prevedendo l’individuazione degli aeroporti di “rilevanza nazionale, quali nodi essenziali per l’esercizio delle competenze esclusive dello Stato”(v. scheda Le gestioni aeroportuali) – erano connesse alle determinazioni assunte in sede europea con il citato pacchetto di regolamenti comunitari “Single Sky”, e, in particolare, al regolamento (CE) n. 549/2004 (regolamento-“quadro”) che recava, tra l’altro, l’obbligo per gli Stati membri di istituire un’Autorità nazionale di vigilanza distinta ed indipendente dai fornitori dei servizi di navigazione aerea.

95 Decreto legge 8 settembre 2004 n. 237, recante Interventi urgenti nel settore dell'aviazione

civile. 96 Decreto legislativo 9 maggio 2005 n.96 recante Revisione della parte aeronautica del Codice

della navigazione, a norma dell'articolo 2 della L. 9 novembre 2004, n. 265.

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TRASPORTI

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La delega prevista dalla legge di conversione del DL 237/2004 era espressamente finalizzata a migliorare il livello di sicurezza del trasporto aereo, a razionalizzare e semplificare l’assetto normativo e regolamentare del settore dell’aviazione civile e delle gestioni aeroportuali. Ai decreti legislativi attuativi si richiedeva, oltre la conformità ai principi ed ai criteri direttivi indicati97, la garanzia del necessario coordinamento con la normativa comunitaria ed internazionale e, in particolare, con gli obblighi assunti con la ratifica della convenzione di Chicago del 7 dicembre 1944 (istitutiva dell’ICAO), di cui alla legge 17 aprile 1956, n. 561.

Sulla base della delega, il decreto legislativo 96/2005 ha introdotto un’ampia novella del codice della navigazione, relativamente alla parte aeronautica, risultando sostituiti, modificati o abrogati oltre 150 articoli del codice.

I settori disciplinati riguardano: • gli organi amministrativi (Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed

ENAC) e la disciplina tecnica della navigazione, con particolare riferimento al recepimento ed all’attuazione degli Annessi ICAO;

• i servizi della navigazione aerea e la relativa fornitura, da parte di ENAV, nonché da parte di altri soggetti designati in base alla normativa comunitaria;

• la disciplina dei beni destinati alla navigazione aerea e della polizia degli aerodromi, che comprende la normativa sulla proprietà e sull’uso degli aerodromi, quella delle gestioni aeroportuali e dei servizi di assistenza a terra, la normativa sui vincoli alla proprietà privata;

• la disciplina del personale aeronautico ; • la disciplina degli aeromobili, compresa l’ammissione dell’aeromobile alla

navigazione e quella dei relativi documenti;

97 I principi ed i criteri direttivi di delega, enunciati dallo stesso articolo 2 della legge n. 265 del

2004, riguardavano: a) l’individuazione delle diverse responsabilità e competenze, secondo la normativa comunitaria relativa al “Cielo unico europeo” ; b) disciplina delle fonti e recepimento delle norme tecniche internazionali, anche in via amministrativa e mediante regolamenti degli enti aeronautici preposti; c) disciplina della proprietà degli aeroporti e dell'imposizione di vincoli alle proprietà limitrofe agli aeroporti, con la semplificazione e l'adeguamento della normativa alle regole tecniche di cui all'Annesso n. 14 ICAO; d) fissazione delle modalità per l'esercizio efficiente delle funzioni di polizia della navigazione e degli aerodromi; e) armonizzazione e semplificazione della disciplina inerente ai titoli professionali aeronautici; f) adeguamento alla normativa comunitaria ed internazionale della disciplina in materia di servizi aerei nonché di contratto di trasporto aereo, con riguardo anche alla tutela degli utenti; g) semplificazione del regime amministrativo degli aeromobili e della pubblicità degli atti ad essi relativi; h) abrogazione esplicita di tutte le disposizioni incompatibili con le modifiche del codice della navigazione adottate nell'esercizio della delega; i) salvaguardia delle attribuzioni del Ministero della difesa in materia di difesa e sicurezza nazionale.

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TRASPORTI

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• l’ordinamento dei servizi aerei (intracomunitari ed extracomunitari), nel quale è compresa la disciplina del certificato di operatore aereo e della licenza di esercizio;

• la disciplina della polizia della navigazione, del controllo degli aeromobili in arrivo e in partenza, della polizia di bordo; nonché alcune modifiche alla disciplina degli incidenti aeronautici in mare;

• gli atti di stato civile in corso di navigazione; • la navigazione da turismo e con alianti; • la disciplina dei contratti di utilizzazione dell’aeromobile – locazione,

noleggio, trasporto - ove è affrontato anche il tema delle responsabilità del vettore nei confronti del passeggero;

• l’assicurazione obbligatoria dei passeggeri, che è stata sostituita dalla assicurazione, sempre obbligatoria, della responsabilità del vettore, imposta dalla normativa comunitaria ;

• alcune modifiche di infrazioni penali ed amministrative, e delle relative sanzioni, derivanti da violazioni del codice della navigazione;

Nel rispetto della delega98, disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 96/2005. sono state poi dettate dal d.lgs. 151/2006.

I principali profili disciplinati dai due citati decreti legislativi riguardano: i beni del demanio aeronautico statale distinto in demanio civile

aeronautico (demanio eventuale: aeroporti civili appartenenti allo Stato e ogni costruzione o impianto appartenente allo Stato strumentalmente destinato al servizio della navigazione aerea) e demanio militare aeronautico (demanio necessario o riservato: aeroporti militari);

l’assegnazione in uso gratuito dei beni del demanio civile aeronautico all'ente pubblico nazionale “di governo” del settore (ENAC), quale forma speciale ex lege di uso governativo, per il successivo affidamento in concessione al gestore aeroportuale; si prevede, altresì, che i beni del demanio militare aeronautico, non più funzionali ai fini militari e da destinare all'aviazione civile in quanto strumentali all'attività del trasporto aereo, individuati con provvedimento del Ministero della difesa, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, siano trasferiti al demanio aeronautico civile per l'assegnazione in uso gratuito all'ENAC ed il successivo affidamento in concessione.

il ruolo dell’ENAC come autorità di regolamentazione tecnica, di certificazione e di controllo (v. scheda Aviazione civile - Assetto delle competenze);

98 Il comma 3 dell’articolo 2 della legge n. 265 del 2004 prevedeva la possibilità di adottare decreti

legislativi integrativi e correttivi, entro un anno dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi attuativi della delega, nel rispetto dei principi e dei criteri direttivi indicati e con le medesime procedure stabilite per gli stessi decreti attuativi.

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TRASPORTI

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la valorizzazione del ruolo del gestore aeroportuale, cui sono attribuiti anche compiti di coordinamento e di controllo, soggetto a certificazione dell’ENAC e a controlli sul mantenimento dei necessari requisiti; la disciplina delle relative concessioni (v. scheda Aviazione civile – Assetto delle competenze);

il ruolo dell’ENAV come soggetto certificato, fornitore di servizi di navigazione aerea, al quale competono anche poteri di controllo in ordine alla movimentazione degli aeromobili sull’area di manovra e sui piazzali (v. scheda Aviazione civile - Assetto delle competenze)

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TRASPORTI

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INTERVENTI RELATIVI AD ALITALIA SPA

L’evoluzione dell’assetto di Alitalia s.p.a.

Alitalia s.p.a. è la compagnia di navigazione aerea di bandiera che ha per oggetto l’esercizio di linee aeree per il trasporto di persone, di merci e della posta99.

Il Gruppo Alitalia è composto da 11 società. In Alitalia – Linee Aeree Italiane SpA sono concentrate le attività tipiche di una compagnia aerea, e quelle ad esse più strettamente connesse: le operazioni di volo e di terra, il marketing e le strategie di business, le vendite. Ad Alitalia Servizi, società del Gruppo operativa dal 1° maggio 2005, fanno capo le attività di supporto: manutenzione, servizi aeroportuali, servizi informatici e di telecomunicazioni. Le prestazioni che Alitalia Servizi fornisce ad Alitalia sono regolate da specifici contratti, a garanzia della qualità del prodotto finale offerto alla clientela.

Il pacchetto azionario del Gruppo Alitalia100, con riferimento alle partecipazioni in misura superiore al 2 per cento del stesso capitale sociale, risulta attualmente così costituto:

Ministero dell’economia e delle finanze 49,90% Walter Capital Management LLP101 8,19% Newton Investment Managment Ltd 4,22%

Alleanze e accordi

Alla fine del 1997, siglando una lettera di intenti, l’Alitalia e la compagnia olandese KLM si sono impegnate ad instaurare una trattativa volta a realizzare un’alleanza strategica sia nel settore passeggeri sia nel settore merci.

L’operatività dell’alleanza era subordinata anche alla piena integrazione dell’Alitalia nell’accordo già in vigore tra la KLM e la compagnia statunitense Northwest (avvenuta nel maggio 1999). Nell’ambito dell’Alleanza si collocava la realizzazione di un sistema multi-hub basato su Amsterdam Schiphol, Roma Fiumicino e Milano Malpensa.

Il 27 novembre 1998 sono stati firmati un accordo quadro (Master Cooperation Agreement) e due accordi applicativi, riguardanti, rispettivamente, il settore passeggeri ed il settore merci. La decisione unilaterale di KLM di recedere dall’alleanza, resa nota nell’aprile 2000, ha determinato l’interruzione

99 Ai sensi del titolo VI del Codice della navigazione, approvato con R.D. 30 marzo 1942, n. 327

che prevede, agli articoli 776 e seguenti, l’istituto della concessione governativa per l’esercizio dei servizi di trasporto aereo di linea.

100 Dati estratti dal documento “Relazioni e bilanci del Gruppo e dell’Alitalia al 31 dicembre 2005”. 101 In qualità di gestore del fondo SAC Global Investments LP che detiene l’intera partecipazione

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TRASPORTI

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del processo di privatizzazione, considerato che il piano industriale 1998-2001 prevedeva quale punto qualificante l’alleanza strategica con la compagnia olandese proprio in vista della privatizzazione che avrebbe dovuto avere luogo entro il 30 giugno 2000.

Nel luglio del 2001 Alitalia è entrata ufficialmente a far parte dell’alleanza Sky Team - una delle tre alleanze internazionali operanti sul mercato mondiale del trasporto aereo - che comprende Alitalia, Air France, Delta Airlines, AeroMexico, Korean Air, CSA Czech Airlines, Norhwest, Continental e KLM Royal Dutch Airlines.

L’ingresso in Sky Team si inserisce nel quadro di valorizzazione del sistema delle alleanze che ha visto la promozione di una serie di accordi con Air France che si sono consolidati anche con perfezionamento dello scambio azionario pari al 2% del capitale sociale avviato a novembre 2002 e conclusosi nel gennaio 2003.

l piani industriali

L’articolo 2, comma 192, della legge 23 dicembre 1996, n. 662102 prevede, in considerazione della rilevanza e della strategicità del settore in cui opera Alitalia, l’obbligo del Governo di trasmettere al Parlamento, preventivamente alla cessione del controllo, il Piano industriale della società, ai fini dell’espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari.

Nel corso del primo semestre dell’anno 2001 l’Alitalia ha predisposto il piano industriale 2002-2006, con il quale si proponeva di affrontare i crescenti problemi di redditività del Gruppo dovuti sia a dati di contesto internazionale e nazionale, sia alla posizione di isolamento derivate dalla repentina rottura della alleanza con KLM.

Gli eventi terroristici dell’11 settembre 2001 e le conseguenti drammatiche ricadute sul trasporto aereo hanno imposto al Gruppo Alitalia la riformulazione degli obiettivi di lungo periodo inducendo la società alla predisposizione del Piano Biennale 2002-2003. Tale Piano Biennale è stato redatto nel tentativo di salvaguardare le strategie previste nel precedente Piano Industriale, cercando di individuare, pur in un quadro di profondo ridimensionamento della domanda, obiettivi idonei al nuovo contesto creatosi e strategie adeguate per affrontare la crisi al fine di determinare le premesse per un successivo rilancio e sviluppo del Gruppo societario. Il piano perseguiva l’obiettivo del pareggio di gruppo entro il 2003, anche attraverso l’attivazione dei seguenti interventi: - versamento della seconda e terza tranche dell’aumento di capitale disposto

dall’articolo 1, comma 4 della legge 194/1998103 (complessivamente, 380

102 Recante Misure di razionalizzazione della finanza pubblica. 103 La disposizione aveva autorizzato il Ministro del tesoro ad erogare, in relazione al processo di

liberalizzazione e di privatizzazione del mercato del trasporto aereo, somme per la

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milioni di euro) e ricorso all'intervento degli azionisti e, più in generale, del mercato dei capitali (nell'ordine di 1.200 - 1.400 milioni di euro in forme tecniche da definire) da realizzare entro il primo semestre del 2002;

- erogazione da parte del Governo di misure a sostegno del settore del trasporto aereo di cui Alitalia avrebbe dovuto beneficiare nel corso del biennio insieme agli altri operatori del settore presenti in Italia. Il piano industriale 2004-2006, adottato in una prospettiva di continuità

rispetto alle strategie delineate nel Piano Biennale 2002-2003, è stato approvato, in data 30 ottobre 2003, ha l’obiettivo di creare le condizioni strutturali di sostenibilità e recupero della redditività nel medio-lungo periodo. Alla base del piano industriale vengono quindi posti due obiettivi strategici: - rilancio del core business, attraverso la focalizzazione delle risorse sul

trasporto aereo, un’azione di incremento dei ricavi e di intervento sulla struttura dei costi, per renderla più flessibile e competitiva oltre che più efficiente; l’aumento dell’offerta al fine di riconquistare significative quote di mercato e la garanzia della sostenibilità economica sono volte a permettere ad Alitalia di ricoprire un ruolo primario all’interno dei futuri scenari di settore, delle partnership e delle alleanze.

- recupero di redditività e creazione di valore economico, al fine di innalzare l’apprezzamento del mercato nei confronti della Compagnia e rafforzarne la posizione all’interno del processo di ampliamento e consolidamento delle partnership, in parallelo ad un percorso di ristrutturazione aziendale.

Il Piano analizza anche quattro requisiti di sistema, che presentano delle criticità, la cui soluzione è ritenuta indispensabile per poter realizzare gli obiettivi strategici del gruppo:

limitato sviluppo infrastrutturale dell’aeroporto milanese di Malpensa, sia in termini di accessibilità allo scalo, per il quale non risulta sviluppato un adeguato sistema di trasporto intermodale, sia in termini di gestione tecnico ambientale dello scalo stesso;

assenza di un assetto regolamentare relativo alla ripartizione del traffico sul sistema aeroportuale di Milano, finalizzato a rendere perseguibile il pieno sviluppo del progetto Malpensa, anche attraverso un’ottimizzazione del ruolo attualmente svolto da Linate;

assenza di specifiche regole di concorrenza che riequilibrino la ripartizione del valore tra i diversi operatori del settore del trasporto aereo;

mancanza di strumenti di flessibilizzazione del costo del lavoro, attualmente non disponibili nel settore aereo, al fine di gestire gli esuberi solo in parte assorbibili dalla strategia del gruppo.

ricapitalizzazione delle società di trasporto aereo nel limite di spesa di 196 mld di lire per l’anno 1998, 322 per l’anno 1999, 500 per ciascuno degli anni 2000 e 2001.

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Il piano industriale 2005-2008 interviene in relazione all’impegno del Governo italiano – assunto in sede di autorizzazione da parte della Commissione europea del prestito-ponte di cui al DL n. 159/2004 (v. infra) - a trasmettere alla Commissione europea, entro sei mesi dalla data di autorizzazione degli aiuti (intervenuta il 20 luglio 2004), un piano di liquidazione o un piano di ristrutturazione di Alitalia. Tale impegno è stato assunto in correlazione a quello della dismissione della partecipazione azionaria dello Stato in Alitalia, destinata a scendere al di sotto della quota del 50%.

Partendo dalla constatazione delle criticità e delle inefficienze riscontrabili in Alitalia che hanno prodotto un forte riduzione della redditività, decisamente inferiore a quella dei principali vettori europei (in larga parte riconnessa alla struttura di costo), il piano 2005-2008 evidenzia alcuni obiettivi strategici fondamentali suddivisi in:

a) obiettivi di business : focalizzazione degli sforzi sull’attività di trasporto aereo tramite

terziarizzazione dei servizi a terra; riduzione dei costi sulla rete intercontinentale; ristrutturazione della produzione della rete di medio/corto raggio; massimizzazione delle sinergie tra lungo e medio raggio.

b) obiettivi organizzativi: organizzazione snella, efficace ed orientata al mercato; attenzione massima agli aspetti organizzativi per raggiungere gli obiettivi; rapido adattamento al mercato.

Per quanto concerne gli obiettivi economico-finanziari, l’obiettivo primario della fase di risanamento è rappresentato dal raggiungimento dell’equilibrio economico-finanziario entro la fine del 2006, per poi avviare una fase di rilancio nel periodo 2007-2008, attraverso l’acquisizione di nuova flotta sia di lungo raggio, sia di breve-medio raggio.

Il piano prevede una progressiva e significativa riduzione del rapporto d'indebitamento. Tale riassetto passa attraverso una prima fase “ponte” supportata dal prestito di 400 milioni di euro assistito da garanzia pubblica (autorizzata, come già segnalato, dalla Commissione Europea il 20 luglio 2004), finalizzato a soddisfare le esigenze di tesoreria della società nelle more dell'avvio dei piano industriale e di un'operazione di ricapitalizzazione. La ricapitalizzazíone era prevista nei primi mesi dei 2005, per un importo fino a 1,2 miliardi di euro, e al fine di permettere di coprire i fabbisogni finanziari e ottenere un adeguato margine di flessibilità di tesoreria. Il piano prevede che l'aumento di capitale avvenga con modalità compatibili con la normativa comunitaria.

Elemento fondamentale del piano 2005-2008 è la separazione delle attività di volo da quella di servizio, con la creazione di una società (AZ Servizi) cui fanno capo le attività di supporto, manutenzione, servizi aeroportuali, servizi

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TRASPORTI

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informatici e di telecomunicazioni, per un loro efficientamento e per una loro valorizzazione.

Il piano Alitalia prevede, poi, oltre al recupero di produttività del personale, risparmi significativi sul costo del lavoro distribuiti in tutte le aree aziendali.

Gli interventi di ristrutturazione del gruppo Alitalia

Nel corso della XIV legislatura sono stati emanati diversi provvedimenti recanti misure in favore di Alitalia s.p.a..

L’articolo 9, comma 3, del DL n. 63/2002104, ha autorizzato il Ministero dell’economia e finanze a sottoscrivere, nell’anno 2002, un aumento del capitale sociale della società Alitalia S.p.A., nella misura massima di 893,29 milioni di euro, in aggiunta a quanto già previsto dall’articolo 1, comma 4 della legge 194 del 1998: la disposizione esplicitava che l’intervento era funzionale al raggiungimento degli obiettivi previsti nel piano biennale 2002-2003 (vedi supra).

L’operazione di ricapitalizzazione, effettuata nel corso del 2002, ha previsto un aumento di capitale fino ad un massimo di 1432 milioni di euro, offerto in opzione ai soci, per la metà a servizio della sottoscrizione di azioni ordinarie di nuova emissione, e per l’altra metà a servizio della conversione di obbligazioni convertibili in azioni.

Nel contesto di una difficile situazione del mercato del trasporto aereo e di una evoluzione negativa della situazione finanziaria e di mercato di Alitalia Spa, è stato adottato il decreto-legge 24 giugno 2004, n. 159105, che ha previsto la concessione di garanzie dello Stato a valere su finanziamenti di breve termine contratti da Alitalia per il tempo necessario a consentire la definizione e la successiva realizzazione da parte della stessa società di un piano industriale di ristrutturazione e rilancio. La garanzia dello Stato è riferita specificamente ad un “prestito ponte” di 400 milioni di euro

In particolare, l’articolo 1 del DL n. 159 ha autorizzato il Ministro dell’economia e delle finanze a concedere la garanzia dello Stato su finanziamenti assunti da Alitalia SpA per un importo complessivamente non superiore in linea capitale a 400 milioni di euro.

A tal fine sono state fissate le seguenti condizioni: che il soggetto o i soggetti finanziatori siano individuati mediante procedura

competitiva (è, pertanto, escluso l’affidamento diretto); che i finanziamenti fossero contratti entro il termine del 31 ottobre 2004;

104 DL 15 aprile 2002, n. 63, recante Disposizioni finanziarie e fiscali urgenti in materia di

riscossione, razionalizzazione del sistema di formazione del costo dei prodotti farmaceutici, adempimenti ed adeguamenti comunitari, cartolarizzazioni, valorizzazione del patrimonio e finanziamento delle infrastrutture, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 15 giugno 2002, n. 112

105 Recante Misure urgenti per favorire la ristrutturazione ed il rilancio dell'Alitalia convertito, con modificazioni dalla legge 3 agosto 2004, n. 203.

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TRASPORTI

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che il rimborso da parte di Alitalia sia previsto entro dodici mesi dalla data in cui sarà effettuato l’ultimo versamento alla società delle somme prestate. La garanzia dello Stato è destinata a coprire sia le obbligazioni principali che

quelle accessorie assunte da Alitalia e resterà in vigore fino alla scadenza del termine di rimborso.

La disposizione prevedeva la concessione della garanzia attraverso decreti dirigenziali recanti contenuto conforme alla normativa comunitaria e ai princìpi stabiliti nell’accordo tra Governo e parti sociali del 6 maggio 2004. A tali decreti veniva rimessa la definizione anche delle modalità di concessione della garanzia, e si prevedeva la possibilità che con tali decreti il garante (lo Stato) rinunciasse al beneficio di preventiva escussione del debitore principale (Alitalia) da parte dei creditori106.

Si prevedeva poi che i crediti dello Stato nei confronti di Alitalia nel caso di escussione della garanzia concessa fossero subordinati rispetto agli altri crediti che la società è tenuta a rimborsare e fossero soddisfatti soltanto successivamente al completo soddisfacimento degli altri creditori.

La Commissione Europea, con decisione del 20 luglio 2004, ha

autorizzato la concessione della garanzia di Stato a favore di Alitalia di cui al citato decreto legge. In tale occasione la Commissione “ha preso atto dell'impegno assunto dalle autorità italiane” - con lettera del Ministro per le politiche comunitarie al Commissario per i Trasporti e l'Energia della Commissione Europea in data 13 luglio 2004 - a ridurre la partecipazione dello Stato al capitale di Alitalia ad una quota di minoranza entro un arco temporale massimo di dodici mesi dalla concessione della garanzia sul richiamato prestito ponte di 400 milioni di euro. La Commissione ha inoltre preso atto dell’impegno delle autorità italiane ad adottare un piano di ristrutturazíone della società che non comporti alcun aiuto di Stato.

La citata decisione della Commissione europea è stata adottata previa verifica della conformità delle misure recate dal decreto in oggetto agli orientamenti per gli aiuti destinati al salvataggio e alla ristrutturazione delle imprese in difficoltà107.

106 Con i decreti dirigenziali del 5 agosto 2004 e dell'8 ottobre 2004 è stata concessa la garanzia

dello Stato sul finanziamento derivante dal contratto di apertura di credito per l'importo di euro 400 milioni da stipularsi da parte di Alitalia con la Dresdner Bank AG. Con nota del 6 ottobre 2004 Alitalia comunicava al Ministero dell'economia e delle finanze di aver predisposto un piano Industriale di ristrutturazione e rilancío per il periodo 2005-2008 coerente con i termini dell'accordo del 6 maggio 2004 tra Governo, Alitalia e Parti Sociali e con la normativa comunitaria in tema di aiuti di Stato.

107 Questi orientamenti sono stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee serie C, n. 288 del 9 ottobre 1999. A partire dal 10 ottobre 2004 sono stati sostituiti dai nuovi orientamenti per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà, contenuti nella comunicazione 2004/C pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea serie C, n. 244 del 1° ottobre 2004.

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TRASPORTI

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A tal fine, la Commissione ha accertato la sussistenza dei requisiti e delle condizioni per l’erogazione, ai sensi dei suddetti orientamenti, di un aiuto al salvataggio, segnatamente con riferimento ai seguenti elementi: il fatto che l’aiuto consista nella concessione di una garanzia per un prestito

erogato a tassi di mercato e il cui rimborso deve avvenire non oltre i dodici mesi dall’ultimo versamento effettuato;

un ammontare del prestito limitato alla misura necessaria a mantenere la compagnia in attività;

l’impegno del Governo italiano a trasmettere alla Commissione, entro sei mesi dalla data di autorizzazione degli aiuti, un piano di liquidazione o un piano di ristrutturazione di Alitalia;

l’esistenza di gravi difficoltà sociali, in considerazione del fatto che il destino di 22.200 dipendenti di Alitalia, nonché di altri 8000 lavoratori è legato alle sorti della compagnia;

l’impegno del Governo italiano a non fornire nessun altro aiuto ad Alitalia in relazione ad un eventuale futura ristrutturazione di Alitalia, in conformità con il principio dell’”aiuto unico”, previsto dai suddetti orientamenti;

l’assenza di effetti di “spillover” negativo delle misure decise dal Governo italiano sugli altri Stati membri, in ragione delle condizioni rigorose definite dalla decisione comunitaria. Come già segnalato, la Commissione prendeva inoltre atto dell’impegno del

Governo italiano a ridurre entro 12 mesi al massimo, la propria partecipazione al capitale di Alitalia dal 62% a meno del 50%, rilevando come tale impegno escludesse la possibilità di una ricapitalizzazione della compagnia da parte dello Stato dopo la ristrutturazione della stessa.

Con DPCM 3 febbraio 2005 è stata disposta l’alienazione della partecipazione

detenuta dal Ministero dell’economia e delle finanze in Alitalia S.p.a, come prevista dal DPEF relativo agli anni 2003- 2006108.

Il DPCM è intervenuto sulla base della legge n. 474/1994109, che ha disciplinato in via generale le dismissioni delle partecipazioni detenute dallo Stato, affidando la scelta delle modalità di alienazione di tali partecipazioni ad un apposito decreto del Presidente del Consiglio, e sulla base della legge 481/1995110, il cui articolo 1, comma 2, dispone che, per la privatizzazione dei

108 Il Documento di programmazione economico finanziaria (DPEF) per gli anni 2003-2006, ha

previsto all’interno del programma di privatizzazioni, finalizzato al programma di riduzione del rapporto debito/PIL, la dismissione a breve termine della partecipazione statale nella società Alitalia-Linee aeree italiane: il documento ipotizzava in una prima fase una riduzione della quota di partecipazione non al di sotto del 30%.

109 Recante Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, recante norme per l'accelerazione delle procedure di dismissione di partecipazioni dello Stato e degli enti pubblici in società per azioni

110 Recante Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. Istituzione delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità. .

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TRASPORTI

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servizi di pubblica utilità, il Governo definisca preventivamente i criteri per la privatizzazione di ciascuna impresa e le relative modalità di dismissione.

Secondo i criteri e le modalità indicati nel DPCM, l’alienazione avrebbe potuto eventualmente includere:

la cessione diretta delle obbligazioni convertibili detenute dal Ministero stesso;

la cessione indiretta delle obbligazioni convertibili detenute dal Ministero stesso.

Inoltre, l’alienazione avrebbe potuto essere effettuata, anche in più fasi: ♦ sia mediante offerta pubblica di vendita; ♦ sia mediante trattativa diretta, che potrà realizzarsi: - anche mediante adesione ad offerte pubbliche di acquisto o di scambio; - anche mediante operazioni di scambio di titoli. Il DPCM ha precisato che, almeno in una prima fase, la partecipazione del

Ministero dell'economia e delle finanze al capitale di Alitalia non avrebbe potuto risultare inferiore al 30 per cento.

Occorre, infine, ricordare che, in un’ottica di sostegno al trasporto aereo, le

disposizioni in materia aeroportuale recate dal D.L. 30 settembre 2005, n. 203111 hanno tra l’altro introdotto misure di efficientamento del servizio di assistenza al volo fornito da ENAV spa finalizzate a riflettersi in un beneficio tendenziale per i vettori aerei, in termini di minori costi (v. capitolo Misure di sostegno al trasporto aereo).

111 Recante Misure di contrasto all’evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e

finanziaria.

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TRASPORTI

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MISURE DI SOSTEGNO AL TRASPORTO AEREO

Le misure antiterrorismo

Nel corso della XIV legislatura si registra un significativo ricorso allo strumento della decretazione di urgenza ai fini dell’introduzione di misure e di interventi di sostegno al trasporto aereo.

Oltre ai decreti legge che hanno previsto misure in favore di Alitalia (v. capitolo Interventi relativi ad Alitalia s.p.a.), sono stati emanati una serie di decreti-legge - adottati a seguito dei tragici attentati dell’11 settembre 2001 - che hanno introdotto la garanzia dello Stato per la copertura assicurativa in favore delle imprese nazionali di trasporto aereo e di gestione aeroportuale per i rischi derivanti da atti di guerra e di terrorismo (D.L. 354/2001112; D.L. 450/2001113; D.L. 45/2002114; D.L.105/2002115; DL 244/2002116).

Tali provvedimenti sono stati emanati sulla base di atti di indirizzo assunti dai competenti organi comunitari.

Il Consiglio informale dei Ministri finanziari dell’Unione europea (Ecofin), tenutosi il 22 settembre 2001, ha esaminato le misure da adottare a seguito degli attentati terroristici dell’11 settembre 2001, relative in particolare alla situazione di crisi determinatasi nel mercato del trasporto aereo. In tale sede fu prevista la possibilità di un intervento statale in favore delle imprese di trasporto aereo, subordinatamente ad alcune condizioni, da individuare essenzialmente nella esigenza di coprire una situazione contingente del mercato delle assicurazioni commerciali (per garantire la copertura verso terzi nei casi di guerra e terrorismo), nonché nella esigenza di limitare il periodo di durata della garanzia (inizialmente, ad un mese), durante il quale dovevano essere ricercate soluzioni volte al ripristino delle condizioni di mercato.

Il Consiglio Ecofin del 22 settembre 2001 ha rinviato al Consiglio dei ministri dei trasporti del 16 ottobre 2001 una prima verifica della situazione, al termine della quale è stata ammessa, tra l’altro, la possibilità di prorogare la durata della garanzia per il periodo ulteriore di un mese, ed eventualmente, a seguito del riesame della situazione, sino al 31 dicembre 2001.

Sulla base di tali premesse, veniva emanato il decreto legge 28 settembre 2001, n. 354117 che ha previsto una garanzia a titolo gratuito, da parte dello Stato, per il risarcimento dei danni subiti da terzi in conseguenza di atti di guerra o di terrorismo nell'esercizio del servizio aereo, in favore di imprese di

112 Convertito con modificazioni dall'art. 1, L. 27 novembre 2001, n. 413 113 Convertito con modificazioni dall'art. 1, L. 27 febbraio 2002, n. 14 114 Convertito con modificazioni dalla dall'art. 1, L. 24 maggio 2002, n. 100 115 Convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 29 luglio 2002, n. 162 116 Convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 23 dicembre 2002, n. 283 117 Convertito con modificazioni dall'art. 1,della legge 27 novembre 2001, n. 413.

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TRASPORTI

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trasporto aereo nazionali, nonché in favore delle imprese di gestione aeroportuale118. Il termine fissato dal citato decreto legge per la scadenza della garanzia era il 31 dicembre 2001.

Tale garanzia era: limitata agli importi per i quali le imprese erano nell'impossibilità di

ottenere una copertura assicurativa119 ed era prestata sino ad un importo massimo pari, per ciascuna impresa di trasporto aereo (o di gestione aeroportuale) e per singolo sinistro, a 2,2 miliardi di euro;

escludeva ogni azione di rivalsa dello Stato nei confronti delle imprese di trasporto aereo, fatti salvi i casi di dolo o colpa grave .

I decreti-legge successivi sono intervenuti essenzialmente per prorogare il termine di efficacia della garanzia (che i competenti organi comunitari hanno via via autorizzato in via transitoria) e per modificare alcuni aspetti della disciplina relativa alle modalità di concessione ed all’ambito di applicazione della garanzia.

Con il successivo 450/2001, oltre alla proroga del termine sino al 31 marzo 2002, è stata introdotta, in linea con quanto stabilito da altri Stati membri dell’Unione euroea , la corresponsione di un premio da parte dei beneficiari della garanzia, originariamente prevista a titolo gratuito.

Il termine di scadenza della garanzia è stato ulteriormente prorogato al 31 maggio 2002 dal decreto legge 28 marzo 2002, n. 45 che ha anche modificato alcuni aspetti della disciplina relativa alla corresponsione del premio prevista dal precedente decreto-legge120.

Successivamente, il DL 105/2002, ha disposto una nuova proroga del termine al 30 giugno 2002, stabilendo nel contempo la possibilità di prevedere ulteriori estensioni della proroga, sulla base di atti di indirizzo comunitari, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro delle attività produttive. Conformemente all’atto di indirizzo della Commissione europea del 25 giugno 2002, è stato quindi emanato il citato DM 28 giugno 2002, che ha prorogato il termine al 31 ottobre 2002.

Infine, il DL 244/2002 ha prorogato la garanzia per il periodo dal 1° novembre al 31 dicembre 2002, introducendo altresì alcune precisazioni relative ai soggetti destinatari ed alle modalità di concessione e di prestazione della garanzia.

118 La garanzia è stata estesa alle imprese di gestione aeroportuale in sede di conversione del

citato decreto legge 354/2001. 119 Tale impossibilità è ricondotta al rifiuto da parte delle compagnie assicurative ad offrire polizze,

ovvero all’applicazione di premi eccessivamente onerosi rispetto alle ordinarie condizioni di mercato praticate fino all'11 settembre 2001.

120 ll fondamento dell’ulteriore proroga disposta è costituito dalle decisioni assunte dal Consiglio dei ministri dei trasporti dell’Unione europea del 25-26 marzo 2002. Il Consiglio prendeva atto dei recenti sviluppi sulla questione delle assicurazioni relative ai trasporti aerei e degli orientamenti della Commissione in materia di aiuti di Stato, e in particolare dell’intenzione di quest’ultima, considerata la decisione del Governo degli Stati Uniti di prorogare di sessanta giorni la sua garanzia, di continuare ad autorizzare, alle vigenti condizioni e per un periodo identico a quello previsto dagli Stati Uniti, gli aiuti che gli Stati membri le avrebbero notificate.

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TRASPORTI

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La prosecuzione della garanzia veniva disposta in considerazione del perdurare delle condizioni che rendevano particolarmente difficoltoso per le imprese del settore ottenere un’adeguata copertura assicurativa per i rischi derivanti da atti di guerra e di terrorismo. Si riteneva di dover ricorrere ad una norma di rango legislativo, anziché ad un decreto ministeriale, in quanto all’atto dell’adozione del decreto-legge 244/2002 non risultava intervenuto un atto comunitario di indirizzo che autorizzasse l’ulteriore prosecuzione della garanzia assicurativa121, ed in quanto si provvedeva a modificare le condizioni per la prestazione della garanzia.

In particolare, il Consiglio dei Ministri dei trasporti dell’Unione europea e il Consiglio informale dei Ministri finanziari dell’Unione europea (Ecofin), rispettivamente nelle sessioni del 3-4 ottobre e dell’8 ottobre 2002, avevano infatti preso atto della posizione della Commissione europea secondo cui la situazione del mercato del trasporto aereo in Europa non giustificava un’ulteriore proroga dei termini dei regimi nazionali di garanzia. Gli eventuali interventi in materia adottati dagli Stati membri dopo il 31 ottobre 2002 avrebbero dovuto pertanto essere notificati alla Commissione ed esaminati nel quadro delle procedure ordinarie in materia di aiuti di Stato, tenendo conto delle situazioni specifiche. Peraltro, il Consiglio dei trasporti aveva invitato il Consiglio Ecofin a prendere in considerazione una proroga dei regimi nazionali per un periodo limitato; in occasione della sessione dell’8 ottobre, varie delegazioni si erano pronunciate in favore di una proroga dei programmi di garanzia nazionali.

Al fine di evitare di incorrere nella violazione della disciplina sugli aiuti di Stato, il decreto legge 244/2002, oltre a rendere la garanzia statale facoltativa, disponeva un sensibile aumento dei premi che dovevano essere corrisposti dalle imprese per essere ammesse alla garanzia statale (rispetto a quelli previsti fino al 31 ottobre 2002 ai sensi del D.L. 45/2002), in modo da renderli più vicini alle eventuali offerte di mercato122. Si riporta di seguito una tabella di collegamento tra gli atti comunitari emanati e i decreti legge adottati in Italia.

DECRETI LEGGE ATTI COMUNITARI

DL 28 settembre 2001 n. 354

Termine originario: 1 mese dall’entrata in vigore (28-10-2001)

Riunione Ecofin 22 settembre 2001

(Termine: 1 mese)

121 Si ricordi che, qualora fosse intervenuto tale presupposto, il DL n. 105/2002 aveva disposto che

alla proroga si potesse provvedere con DM, nei limiti consentiti da eventuali nuovi atti comunitari.

122 La relazione illustrativa del disegno di legge di conversione del decreto legge 244/2002 evidenziava poi come l’intervento del DL traesse origine anche dallo squilibrio competitivo favorevole agli Stati Uniti, i quali avevano prorogato fino al 31 dicembre 2003 il regime assicurativo.

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TRASPORTI

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Termine come modificato dalla legge di conversione: 31 dicembre 2001

Riunione Ecofin 16 ottobre 2001

Termine: 1 mese salvo riesame e comunque non oltre il 31 dicembre 2001

DL 27 dicembre 2001 n. 450

Termine: 31 marzo 2002

Riunione Ecofin 4 dicembre 2001

Termine: 31 marzo 2002

DL 28 marzo 2002 n. 45

Termine: 31 maggio 2002

Consiglio trasporti e telecomunicazioni 26 marzo 2002

Termine: 31 maggio 2002

DL 1° giugno 2002 n. 105

Termine: 30 giugno 2002

Commissione europea 28 maggio 2002

Termine: 30 giugno 2002

DM 28 giugno 2002

Termine: 31 ottobre 2002

Commissione europea 25 giugno 2002

Termine: 31 ottobre 2002

DL 31 ottobre 2002 n. 244

Termine: 31 dicembre 2002

Non risultano atti di indirizzo comunitario

Tra le misure antiterrorismo si ricorda, inoltre, la previsione di cui all’articolo 9-

bis del DL 27 144/2005123 che ha recato un’autorizzazione di spesa pari a 2.500.000 euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006 per far fronte a spese di investimento, da utilizzarsi da parte dell’ENAC, finalizzata anche al completamento dei necessari interventi per la sicurezza ai fini della prevenzione antiterroristica negli aeroporti.

Le disposizioni in materia aeroportuale

In un’ottica di sostegno al trasporto aereo si inseriscono anche le disposizioni in materia aeroportuale di cui al DL 203/2005124, recanti: misure di di razionalizzazione e incremento dell’efficienza del settore del

controllo del traffico aereo125 (articolo 11-sexies); interventi a favore della sicurezza degli impianti e della sicurezza

operativa, trasferendo all’ENAV s.p.a. la quota in precedenza riservata al

123 Recante Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale, convertito in legge, con

modificazioni, dall'art. 1 della L. 31 luglio 2005, n. 155. 124 Recante Misure di contrasto all’evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e

finanziaria. Si ricorda che nel decreto legge n. 203 sono confluite pressoché integralmente (articoli da 11-ter a 11-terdecies) le disposizioni del decreto-legge n. 211 del 2005 - decaduto per mancata conversione - esaminato dalle Commissioni Bilancio e Trasporti della Camera e recante misure per il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica per il 2005 e disposizioni in materia aeroportuale.

125 Attraverso modifiche all’articolo 5 del decreto-legge n. 77 del 1989 che ha istituito e disciplinato la tassa per i servizi di assistenza aerea di rotta e quella per l’assistenza di terminale.

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TRASPORTI

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Ministero dell’economia dell’addizionale comunale dei diritti di imbarco126 (articolo 11-septies);

compensazioni per gli eventi dell’11 settembre 2001, prevedendo un’autorizzazione alla spesa di 13 milioni di euro per l’anno 2005 per la liquidazione dei risarcimenti dei danni subìti da terzi, in essi inclusi i passeggeri trasportati e i dipendenti delle imprese di trasporto aereo (articolo 11-octies);

misure di razionalizzazione ed efficientamento del settore dei gestori aeroportuali, in particolare modificando le disposizioni di cui al comma 10 dell’articolo 10 della legge 537/1993127 relative alla determinazione dei diritti aeroportuali di approdo, di partenza e di sosta o ricovero per gli aeromobili e di imbarco per passeggeri (articolo 11-nonies);

interventi sulla competitività del sistema aeroportuale, in particolare prevedendo la riduzione del 70 per cento dei canoni di concessione demaniale corrisposti dalle società di gestione aeroportuale fino alla data di introduzione del nuovo sistema di determinazione dei diritti aeroportuali (11-decies);

misure sullo sviluppo delle infrastrutture aeroportuali, con l’individuazione del principio secondo cui la programmazione degli interventi infrastrutturali per il settore dell’aviazione civile, di competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, deve soddisfare, in via prioritaria, le esigenze dei collegamenti con gli aeroporti d’interesse nazionale e, in particolare, con gli hub aeroportuali di Roma Fiumicino e di Milano Malpensa (articolo 11-undecies);

norme in materia di sicurezza aeroportuale, fissando in particolare il principio della responsabilità sia per il gestore aeroportuale sia per le compagnie aeree della sicurezza aeroportuale relativa al controllo bagagli e passeggeri (articolo 11-duodecies);

norme in ordine alle royalties sui carburanti, prevedendo che ai gestori aeroportuali e ai fornitori dei servizi non possono essere applicati sovrapprezzi, in particolare royalties sulla fornitura di carburanti, che non

126 In particolare, la disposizione modifica l’articolo 2, comma 11, della legge 350/2003 (legge

finanziaria per il 2004) che istituisce l’addizionale comunale sui diritti d’imbarco di passeggeri sugli aeromobili. L’addizionale, pari ad 2 euro per ogni passeggero imbarcato, era versata all'entrata del bilancio dello Stato, per la successiva riassegnazione - per la parte eccedente 30 milioni di euro - in un apposito fondo istituito presso il Ministero dell’interno, che viene ripartito sulla base del rispettivo traffico aeroportuale: per il 40% a favore di comuni nel cui territorio ricade il sedime aeroportuale, ovvero il cui territorio confina con esso in base a determinati criteri; per l’60% per il finanziamento di misure volte alla prevenzione e al contrasto della criminalità e al potenziamento della sicurezza nelle strutture aeroportuali e nelle principali stazioni ferroviarie. La modifica introdotta dall’articolo 11-septies del DL 203/2005 i è finalizzata a trasferire in un apposito fondo istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti la quota dell’addizionale riservata al Ministero dell’economia – pari a 30 milioni di euro – al fine di compensare l’ENAV dei costi sostenuti per garantire la sicurezza ai propri impianti e per garantire la sicurezza operativa.

127 Legge 24 dicembre 1993, n. 537 recante Interventi correttivi di finanza pubblica.

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TRASPORTI

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siano effettivamente connessi ai costi sostenuti per l’offerta del medesimo servizio.

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TRASPORTI

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TUTELA DEGLI UTENTI NEL TRASPORTO AEREO

I diritti del passeggero

Nella XIV legislatura, la tutela dei diritti del passeggero aereo è stata oggetto di attenzione sia a livello europeo che a livello nazionale.

In ambito europeo, il regolamento 889/2002/CE128 ha ampliato la sfera della

tutela dei passeggeri nel trasporto aereo, anche con riferimento al trasporto del bagaglio. L’intervento, resosi necessario in seguito all’approvazione della convenzione di Montreal129, tende a creare un sistema uniforme di responsabilità per il trasporto aereo internazionale. Le disposizioni introdotte prevedono limiti di responsabilità più elevati di quelli previgenti, non solo in caso di danni alle persone, ma anche riguardo al trasporto dei bagaglio. Il regolamento interviene, inoltre, sui termini entro i quali il passeggero deve inoltrare le denunce, per ottenere il risarcimento, fissati in sette giorni per lo smarrimento della valigia e in ventuno giorni, in caso di ritardo. È previsto, poi, che il passeggero possa inoltrare richiesta di risarcimento anche nel caso in cui il vettore aereo che effettua il volo non sia quello che figura sul biglietto. Il passeggero potrà usufruire di una particolare tutela sul proprio bagaglio, attraverso una dichiarazione speciale di interesse alla consegna a destinazione del proprio bagaglio e previo pagamento di un importo supplementare, basato su una tariffa correlata ai costi supplementari connessi al trasporto ed all'assicurazione del bagaglio in causa.

Il regolamento CE 261/2004 ha istituito un sistema di diritti minimi – in forma

di rimborsi e risarcimenti - per i passeggeri in caso di negato imbarco non consenziente, di cancellazione del volo, di ritardo del volo.

Il regolamento si applica: • ai passeggeri in partenza da un aeroporto situato nel territorio di uno Stato

membro soggetto alle disposizioni del Trattato; • ai passeggeri in partenza da un aeroporto situato in un Paese terzo aventi

come destinazione un aeroporto situato nel territorio di uno Stato membro soggetto alle disposizioni del Trattato, salvo il caso di passeggeri che hanno ricevuto benefici o una compensazione pecuniaria e assistenza nel Paese terzo in questione.

128 Tale regolamento ha modificato il regolamento (CE) n. 2027/97 del 9 ottobre 1997, recante

Regolamento del Consiglio sulla responsabilità del vettore aereo con riferimento al trasporto aereo dei passeggeri e dei loro bagagli.

129 Il 28 maggio 1999 è stata stipulata a Montreal una convenzione volta all’unificazione di alcune norme relative al trasporto aereo internazionale. Tale convenzione stabilisce nuove norme generali in materia di responsabilità in caso di incidenti per il trasporto aereo internazionale, in sostituzione di quelle inserite nella convenzione di Varsavia del 1929 e successive modifiche.

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TRASPORTI

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Per poter usufruire dei benefici, i passeggeri devono disporre di una prenotazione confermata per il volo in questione e devono presentarsi all'accettazione, tranne in caso di cancellazione, all'ora precedentemente indicata oppure, qualora non sia indicata l'ora, al più tardi quarantacinque minuti prima dell'ora di partenza pubblicata.

Il regolamento non si applica a viaggiatori che viaggino gratuitamente o a tariffa ridotta non direttamente o indirettamente accessibile al pubblico.

Il regolamento non limita in alcun modo il diritto del vettore aereo operativo di chiedere il rimborso ad un operatore turistico o qualunque altra persona con cui abbia stipulato un contratto. Del pari, nessuna disposizione del regolamento può essere interpretata come limitazione al diritto di un operatore turistico o di un terzo che non sia un passeggero e con cui il vettore operativo ha stipulato un contratto di chiedere un rimborso o un risarcimento al vettore operativo conformemente al diritto applicabile.

Gli obblighi nei confronti dei passeggeri stabiliti dal regolamento non possono essere oggetto di restrizioni o rinuncia, in particolare per effetto di clausole derogatorie o restrittive del contratto di trasporto. Qualora sia applicata una clausola restrittiva o derogatoria o qualora il passeggero non sia stato correttamente informato dei suoi diritti ed abbia pertanto accettato una compensazione inferiore a quella prevista dal regolamento, il passeggero ha comunque il diritto di avviare le necessarie procedure dinanzi ai tribunali od organi competenti per ottenere una compensazione integrativa.

Il regolamento riconosce una serie di diritti ai passeggeri nelle seguenti situazioni: • in caso di negato imbarco contro la volontà; • in caso di cancellazione del volo; • in caso di volo in ritardo.

Si prevede, poi, che : • ogni Stato membro designi l'organismo responsabile dell'applicazione del

regolamento medesimo per quanto riguarda i voli in partenza dagli aeroporti situati nel proprio territorio o i voli provenienti da un paese terzo e diretti in tali aeroporti;

• ciascun passeggero può presentare reclamo – fatto salvo l’applicazione dell’articolo 12 del regolamento che lascia impregiudicati i diritti del passeggero ad un risarcimento supplementare - presso qualsiasi organismo designato o presso qualsiasi altro organismo competente designato da uno Stato membro in merito ad una presunta violazione del regolamento avvenuta in qualsiasi aeroporto situato nel territorio di uno Stato membro o riguardante qualsiasi volo proveniente da un paese terzo e diretto a un aeroporto situato in tale territorio;

• le sanzioni stabilite dagli Stati membri per violazioni del regolamento devono essere effettive, proporzionate e dissuasive.

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TRASPORTI

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In ambito nazionale, il miglioramento della tutela dei diritti del passeggero ha rappresentato una delle finalità indicate dalla legge 265/2004130 per la delega al Governo alla revisione della parte aeronautica del codice della navigazione (v. capitolo La riforma dell’aviazione civile).

In tale ottica, il d.lgs. 96/2005, attuativo della delega, come integrato dal d.lgs 151/2006 – modificando il codice della navigazione nella parte aeronautica – ha introdotto una serie di norme volte a garantire una maggiore tutela del passeggero, attraverso l’imposizione di alcuni obblighi in capo ai vettori.

In particolare, il codice ha sottoposto i vettori aerei all'obbligo di adeguate forme di pubblicità verso gli utenti nel caso di accordi commerciali intervettoriali sui diritti di traffico (art. 780 c.n.), ed ha individuato nell'ENAC l'autorità deputata alla verifica della qualità dei servizi di trasporto aereo (art. 783 c.n.). All’esigenza di tutela dei diritti del passeggero risponde anche la previsione relativa all'imposizione degli oneri di servizio pubblico tramite procedure trasparenti e non discriminatorie (art. 782 c.n.): l’imposizione di tali oneri da parte del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti può avvenire nel caso in cui l'offerta dei servizi aerei non garantisca il diritto alla mobilità previsto dall'articolo 16 della Costituzione, e riguardi “servizi aerei di linea effettuati verso un aeroporto situato sul territorio nazionale che serve una regione periferica o in via di sviluppo all'interno del territorio nazionale o riguardo a una rotta a bassa densità di traffico verso un qualsiasi aeroporto regionale nel territorio nazionale, qualora tale rotta sia considerata essenziale per lo sviluppo economico della regione in cui si trova l'aeroporto stesso”. (v. capitolo La continuità territoriale).

L'articolo 942 del codice come modificato prevede l’obbligo per i vettori di assicurare la propria responsabilità verso i passegger. L’articolo attribuisce al passeggero danneggiato un'azione diretta contro l'assicuratore; quest’ultimo non può opporre al passeggero, che agisce direttamente nei suoi confronti, eccezioni derivanti dal contratto, né clausole che prevedono l'eventuale contributo dell'assicurato al risarcimento del danno. L'assicuratore ha tuttavia rivalsa verso l'assicurato, nella misura in cui avrebbe avuto contrattualmente diritto di rifiutare o ridurre la propria prestazione.

L'articolo 943 mira a tutelare il passeggero imponendo un obbligo d'informazione - da adempiere prima della stipulazione del contratto - qualora il trasporto sia effettuato da un vettore aereo diverso da quello indicato sul biglietto: in questo caso il passeggero deve essere adeguatamente informato della circostanza prima dell'emissione del biglietto e, in caso di prenotazione, l'informazione deve essere resa al momento della conferma della prenotazione.

130 Legge 9 settembre 2004, n. 265 , Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 8 settembre

2004, n. 237, recante Interventi urgenti nel settore dell'aviazione civile. Delega al Governo per l'emanazione di disposizioni correttive ed integrative del codice della navigazione.

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TRASPORTI

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Ai vettori aerei, che non adempiono agli obblighi di informazione previsti in sede comunitaria131 sono interdetti l'atterraggio e il decollo nel territorio nazionale

In caso di impedimenti del vettore (negato imbarco, soppressione o ritardo della partenza, interruzione del viaggio), il comma 2 dell'articolo 947 riconosce nell'ENAC l’organismo responsabile dell'attuazione della normativa comunitaria prevedendo che l’ente stabilisca, con apposito regolamento, le modalità di presentazione dei reclami da parte dei passeggeri e irroghi le sanzioni amministrative previste dalla legge.

Il decreto legislativo 69/2006132 - emanato in attuazione dell’articolo 3 della

legge 62/2005 (legge comunitaria 2004)133 - ha dettato le disposizioni sanzionatorie per la violazione delle disposizioni del citato regolamento CE 261/2004 relativo ai diritti minimi per i passeggeri nei casi di mancato imbarco, di cancellazione e di ritardo del volo.

Il decreto legislativo 69/2006 individua: l’ENAC (Ente Nazionale per l’Aviazione Civile) come l’organismo

responsabile dell’applicazione del regolamento comunitario e dell’irrogazione delle sanzioni amministrative;

le sanzioni amministrative pecuniarie che l’organismo responsabile deve irrogare al vettore aereo in caso di violazione delle disposizioni comunitarie relative a :

negato imbarco (sanzione da 10.000 a 50.000 euro), con riferimento al mancato rispetto sia delle procedure indicate, sia dell’obbligo di compensazione pecuniaria ai passeggeri134;

131 L’articolo 6 del citato regolamento 1997/2027 ha previsto che i vettori aerei mettano a

disposizione dei passeggeri una sintesi delle principali disposizioni che disciplinano la responsabilità per i passeggeri e il loro bagaglio, ivi compresi i termini previsti per la presentazione di una richiesta di risarcimento e la possibilità di effettuare una dichiarazione speciale di interesse. Inoltre i vettori devono fornire un'indicazione scritta riguardante il limite applicabile alla responsabilità del vettore in caso di decesso o di lesione, se tale limite esiste, in caso di distruzione, perdita o danno del bagaglio e per danno causato da ritardo.

132 Decreto legislativo 27 gennaio 2006, n. 69 recante Disposizioni sanzionatorie per la violazione del Regolamento (CE) n. 261/2004 che istituisce regole comuni in materia di compensazione ed assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato.

133 L’articolo 3 della legge 62/2005 (legge comunitaria 2004) ha delegato il Governo – “al fine di assicurare la piena integrazione delle norme comunitarie” - ad adottare, entro due anni dalla data di entrata in vigore della legge (12 novembre 2006), disposizioni recanti sanzioni penali o amministrative per le violazioni, tra l’altro, di regolamenti comunitari vigenti alla data di entrata in vigore della stessa legge, per i quali non siano già previste sanzioni penali o amministrative.

134 ll regolamento prevede che, qualora possa ragionevolmente prevedere di dover negare l'imbarco su un volo, il vettore aereo operativo fa, in primo luogo appello, ai volontari disposti a rinunciare alla prenotazione in cambio di determinati benefici. Qualora il numero dei volontari non sia sufficiente per consentire l'imbarco, il vettore aereo può negare l'imbarco a passeggeri non consenzienti versando una compensazione. I vettori aerei danno la precedenza alle persone a mobilità ridotta e ai loro accompagnatori

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TRASPORTI

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cancellazione del volo (sanzione da 10.000 a 50.000 euro), con riferimento al mancato rispetto sia delle procedure indicate, sia dell’obbligo di compensazione pecuniaria ai passeggeri 135;

ritardo del volo (da 2.500 a 10.000 euro) 136; sistemazione del passeggero in classe diversa137 (sanzione da

1.000 a 5.000 euro); assistenza da prestare alle persone con mobilità ridotta ed ai

bambini non accompagnati ( sanzione da 10.000 a 50.000 euro); obblighi di informazione (da 2.500 a 10.000 euro).

La disciplina dettata dal provvedimento in esame non esclude comunque l’applicazione dell’articolo 1174 del codice della navigazione recante la disciplina in caso di inosservanza di norme di polizia dei porti o degli aerodromi.

Si ricorda in ultimo che l’ENAC, in quanto autorità per il controllo, la regolamentazione e l’indirizzo dell’aviazione civile in Italia, ha elaborato la quinta edizione della Carta dei Diritti del Passeggero (febbraio 2005) che riproduce integralmente il contenuto del regolamento comunitario 261/2004 in materia di compensazione ed assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato.. 135 Il regolamento prevede che in caso di cancellazione del volo o di rifiuto d'imbarco, i passeggeri

interessati hanno diritto: • al rimborso del biglietto entro sette giorni o a un volo di ritorno verso il punto di partenza

iniziale o a un volo alternativo verso la destinazione finale; • ad assistenza (pasti e bevande, sistemazione in albergo, trasporto tra l'aeroporto e il luogo

di sistemazione, possibilità di effettuare a titolo gratuito due chiamate telefoniche o messaggi via telex, fax o posta elettronica);

• a un risarcimento fissato a: - 250 euro per tutte le tratte aeree inferiori o pari a 1 500 km; - 400 euro per tutte le tratte aeree intracomunitarie di oltre 1 500 km e per tutte le altre tratte aeree tra 1 500 e 3 500 km; - 600 euro per tutte le tratte aeree che non rientrano nei due punti precedenti.

136 Il regolamento introduce un regime che prevede tre categorie di penalizzazione: • in caso di ritardi prolungati (due ore o più, a seconda della distanza della tratta aerea), i

passeggeri ricevono gratuitamente in tutti i casi pasti e bevande nonché la possibilità di effettuare due chiamate telefoniche o messaggi via telex, fax o posta elettronica;

• se l'orario di partenza è previsto per il giorno successivo, i passeggeri hanno diritto a ricevere gratuitamente una sistemazione in albergo e il trasporto fino al luogo della sistemazione e da quest'ultimo fino all'aeroporto;

• in caso di ritardo di almeno cinque ore, i passeggeri possono scegliere il rimborso del prezzo integrale del biglietto con, se necessario, un volo di ritorno al punto di partenza iniziale.

137 Il regolamento comunitario prevede che, se un vettore aereo sistema un passeggero in una classe inferiore a quella corrispondente al biglietto aereo acquistato, il passeggero è rimborsato entro sette giorni secondo le seguenti modalità: il 30 % del prezzo del biglietto per tutte le tratte aeree pari o inferiori a 1500 km; il 50 % del prezzo del biglietto per tutte le tratte aeree intracomunitarie superiori a 1 500

km, esclusi i collegamenti fra il territorio europeo degli Stati membri e i dipartimenti francesi d'oltre mare, e per tutte le altre tratte aeree comprese tra 1 500 e 3 500 km;

il 75 % del prezzo per tutte le tratte aeree che non rientrano nei casi di cui alle lettere a) o b), compresi i collegamenti fra il territorio europeo degli Stati membri e i dipartimenti francesi d'oltremare.

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TRASPORTI

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LA CONTINUITÀ TERRITORIALE

La continuità territoriale, intesa come capacità di garantire un servizio di trasporto che non penalizzi cittadini residenti in territori meno favoriti, si inserisce nel quadro più generale di garanzia dell’uguaglianza sostanziale dei cittadini e di coesione di natura economica e sociale, promosso in sede europea. Il trasporto, infatti, se da un lato, si configura come attività di tipo economico, dall’altro, come elemento essenziale del “diritto alla mobilità” previsto all’articolo 16 della Coastituzione, costituisce un servizio di interesse economico generale e, quindi, tale da dover essere garantito a tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro dislocazione geografica.

Poiché la peculiarità del mercato dei trasporti impedisce di fatto la realizzazione di un mercato concorrenziale effettivo, è stata necessaria un’azione di sostegno legittimata dalle istituzioni europee che hanno così consentito interventi nazionali, altrimenti inammissibili n quanto rientranti nella sfera degli aiuti di Stato (v. capitolo Valutazione di compatibilità comunitaria nel dossier relativo alla Commissione Politiche dell’Unione europea).

L’ordinamento giuridico italiano ha previsto specifiche misure volte a ridurre gli effetti negativi derivanti dallo svantaggio territoriale. In particolare, sono state emanate disposizioni volte ad assicurare il servizio di trasporto anche in talune tratte non remunerative, perché scarsamente frequentate o perché caratterizzate da frequenza stagionale, mediante il finanziamento statale degli obblighi di servizio pubblico, da considerasi non come erogazione di denaro pubblico per lo svolgimento di un servizio pubblico, ma come “compensazione” del disavanzo economico che l’impresa sostiene al fine di assicurare il servizio. Tale compensazione deve essere offerta dallo Stato, a parità di condizioni, a tutti i vettori disponibili a svolgere il servizio stesso.

La conclusione di un contratto di servizio pubblico e l’imposizione di un obbligo di servizio pubblico costituiscono lo strumento con il quale lo Stato può sovvenzionare il vettore che svolge il servizio in questione, compensandolo delle perdite subite a causa dell’antieconomicità del servizio stesso.

Il compenso deve essere quello minimo necessario per assicurare il servizio secondo gli standard qualitativi e quantitativi richiesti. La stipulazione del contratto di servizio pubblico comporta l’individuazione di un solo vettore che dovrà svolgere il servizio attraverso una procedura ad evidenza pubblica che garantisca i principi di trasparenza e libera concorrenza. L’imposizione di un obbligo di pubblico servizio comporta l’erogazione di una somma - necessaria a rendere economicamente possibile la gestione di un regolare servizio di trasporto - a tutti i vettori disponibili a svolgere quest’ultimo secondo condizioni qualitative e di efficienza predeterminate. In ogni caso, il compenso non deve eccedere il disavanzo specificamente imputabile al servizio e non deve rappresentare un generico finanziamento all’impresa beneficiaria.

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TRASPORTI

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Solo nel rispetto delle suddette condizioni, l’erogazione del compenso non costituisce aiuto di Stato. Il regolamento comunitario CEE n. 2408/1992, intervenendo in materia di liberalizzazione dei servizi di trasporto aereo, ha fatto salva la possibilità per gli Stati membri di imporre oneri di servizio pubblico in presenza di determinate condizioni. Il citato regolamento riconosce, in via generale, alle imprese titolari della licenza comunitaria il diritto di istituire a propria discrezione servizi di trasporto aereo sulle rotte ritenute più convenienti. Il principio viene però attenuato dalla possibilità per ogni Stato membro, in casi specifici e limitati e in presenza di determinate condizioni socio-economiche, di imporre oneri di servizio pubblico necessari al mantenimento di servizi aerei adeguati verso alcune regioni138.

L’evoluzione del quadro normativo

Nell’ordinamento nazionale sono state emanate una serie di disposizioni volte ad assicurare la continuità territoriale tra i principali aeroporti nazionali e le isole maggiori, alcune isole minori e alcuni territori svantaggiati per dislocazione o tipologia della domanda.

In particolare, l'articolo 36 della legge 17 maggio 1999, n. 144139, al fine di garantire la continuità territoriale per la Sardegna e le isole minori della Sicilia dotate di scali aeroportuali, ha previsto, sulla base del citato regolamento comunitario, procedure e contenuti degli oneri di servizio pubblico per i servizi aerei di linea relativi alle zone indicate, prevedendo la gara d’appalto europea per l’assegnazione delle rotte, in assenza dell’istituzione del servizio con assunzione dei relativi oneri. L’articolo ha previsto inoltre che la determinazione dei contenuti dell’onere di servizio pubblico debba essere disposta con decreto ministeriale, e debba avvenire previa Conferenza di servizi appositamente indetta dal Presidente della Regione, che deve essere altresì sentito ai fini dell’emanazione del decreto ministeriale con il quale si dispone lo svolgimento della gara europea,

138 L’articolo 4 del regolamento prevede, infatti, che uno Stato membro possa, previa consultazione

con gli altri Stati membri interessati e dopo aver informato la Commissione e i vettori operanti sulla rotta, imporre oneri di servizio pubblico riguardo ai servizi aerei di linea effettuati verso un aeroporto che serve una regione aerea periferica o in via di sviluppo all’interno del suo territorio o una rotta a bassa densità di traffico verso un qualsiasi aeroporto regionale nel suo territorio, qualora tale rotta sia considerata essenziale per lo sviluppo economico della regione in cui si trovi l’aeroporto stesso, nella misura necessaria a garantire che su tale rotta siano prestati adeguati servizi aerei di linea rispondenti a determinati criteri di continuità, regolarità, capacità e tariffazione cui i vettori aerei non si atterrebbero, se tenessero conto unicamente del loro interesse commerciale. Inoltre, qualora su tale rotta nessun vettore abbia istituito o si appresti ad istituire servizi aerei conformemente all’onere di servizio pubblico imposto su di essa, l’accesso può essere limitato dallo Stato membro ad un unico vettore aereo per un periodo non superiore a tre anni, previo appalto pubblico al quale possono partecipare tutti i vettori aerei comunitari.

139 Recante Misure in materia di investimenti, delega al Governo per il riordino degli incentivi all'occupazione e della normativa che disciplina l'INAIL, nonché disposizioni per il riordino degli enti previdenziali.

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TRASPORTI

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qualora nessun vettore accetti gli oneri di servizio pubblico. Come previsto dal comma 4 dell’articolo 36, qualora nessun vettore accetti l'imposizione degli oneri di servizio pubblico, il Ministro dei trasporti, d'intesa con i Presidenti delle regioni interessate, è tenuto ad indire la gara di appalto europea secondo le procedure previste dal regolamento (CEE) n. 2408/92.

L’articolo 135 della legge finanziaria per il 2001 (L. 388/2000) ha esteso l’ambito di applicazione della disciplina relativa agli oneri di servizio pubblico anche agli scali aeroportuali della Sicilia, per i collegamenti con i principali aeroporti nazionali e con quelli delle isole minori siciliane.

L’articolo 52, commi 35 e 36, della legge finanziaria per il 2002 (L. 448/2001) ha previsto l’imposizione degli oneri di servizio pubblico relativamente ai servizi aerei di linea effettuati tra lo scalo aeroportuale di Crotone e i principali aeroporti nazionali, ovvero l’indizione di una gara d’appalto europea, qualora nessun vettore abbia istituito tali servizi.

In tale ipotesi, l’imposizione degli oneri è demandata ad un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, attraverso il quale devono essere definiti i contenuti dell’onere, relativamente alle tipologie ed ai livelli tariffari, ai soggetti che usufruiscono di agevolazioni, al numero dei voli, alle tipologie degli aeromobili e alla capacità di offerta. Qualora nei trenta giorni successivi all’adozione del decreto nessun vettore abbia istituito servizi di linea con l’assunzione di oneri di servizio pubblico, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti indice, con proprio decreto, una gara d’appalto europea per l’assegnazione delle rotte, definendo contestualmente l’entità dell’eventuale copertura finanziaria da porre a carico del bilancio dello Stato140.

L’articolo 82 della legge finanziaria per il 2003 (L. 289/2002) ha esteso l’applicazione della disciplina di cui all’articolo 36 della legge n. 144/1999 anche ai collegamenti con le città di Albenga, Cuneo, Taranto, Trapani, Crotone, Bolzano e Aosta, nonché con le isole di Pantelleria e Lampedusa.

I commi 206 e 207 dell’articolo 4 della legge finanziaria per il 2004 (L. 350/2003) sono intervenuti sull’articolo 82 della legge 289/2002, il primo, estendendo l’ambito di applicazione degli oneri di servizio pubblico, atti a garantire i collegamenti aerei di linea, anche ai servizi aerei effettuati tra gli scali aeroportuali di Reggio Calabria, Messina e Foggia ed i principali aeroporti nazionali, il secondo, incrementando il limite di rimborso concesso al vettore o ai vettori aerei selezionati in seguito alla gara di appalto europea, da indire –ai

140 Si può osservare a tal proposito che le precedenti disposizioni in materia di continuità territoriale

presentano alcune differenze rispetto a quella relativa all’aeroporto di Crotone: infatti per Sardegna, Sicilia e isole minori della Sicilia è stato previsto il coinvolgimento di una Conferenza di servizi appositamente indetta dal Presidente delle regioni autonome della Sicilia e della Sardegna; inoltre il decreto ministeriale, con il quale si dispone lo svolgimento della gara europea, qualora nessun vettore accetti gli oneri di servizio pubblico, deve essere adottato, sentito il Presidente della regione interessata. L’articolo 135 della legge finanziaria per il 2001 ha altresì fissato la soglia minima riferita all’entità del cofinanziamento regionale.

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TRASPORTI

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sensi dell’articolo 36, comma 4, della legge 144/99 - qualora nessun vettore accetti l'imposizione degli oneri di servizio pubblico.

L’articolo 1, comma 269, della legge finanziaria per il 2005 (L. 311/2004) è intervenuto sulla continuità territoriale stanziando contributi per il triennio 2005-2007, al fine di garantire la prosecuzione degli interventi per la continuità territoriale per Trapani, Pantelleria e Lampedusa (già previsti dalla legge finanziaria per il 2003).

Da ultimo, appare utile ricordare che l’articolo 9 del decreto legislativo di

riforma della parte aeronautica del codice della navigazione (d.lgs. 96/2005) ha modificato l'articolo 782 del codice, prevedendo una nuova disciplina in materia di oneri di servizio pubblico. Il citato articolo prevede che «nel caso in cui l'offerta dei servizi aerei non garantisca il diritto alla mobilità previsto dall'articolo 16 della Costituzione, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti può imporre oneri di servizio pubblico, con procedure trasparenti e non discriminatorie, riguardo a servizi aerei di linea effettuati verso un aeroporto situato sul territorio nazionale che serve una regione periferica o in via di sviluppo all'interno del territorio nazionale o riguardo a una rotta a bassa densità di traffico verso un qualsiasi aeroporto regionale nel territorio nazionale, qualora tale rotta sia considerata essenziale per lo sviluppo economico della regione in cui si trova l'aeroporto stesso».

I collegamenti aerei con la Sardegna

In base alla normativa in materia di continuità territoriale (L. 144/1999), il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha conferito al Presidente della regione - per quanto attiene ai collegamenti aerei con la Sardegna - la delega ad indire la conferenza dei servizi, una prima volta, il 15 febbraio 2000.

In esito alla conferenza, il contenuto degli oneri di servizio pubblico è stato determinato con decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione 1o agosto 2000, n. 101/T, successivamente novellato dal DM 21 dicembre 2000, n. 150/T. Le rotte interessate erano quelle tra gli aeroporti di Cagliari, Olbia e Alghero e gli aeroporti di Roma e Milano.

Il decreto prevedeva, altresì, che, qualora nessun vettore avesse accettato l'imposizione degli oneri di servizio pubblico l'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC) procedesse ad esperire una gara europea, ai sensi dell’ articolo 36 della legge 144/1999.

L'imposizione degli oneri fu accettata dai vettori Alitalia, Air One e Meridiana, che, nel biennio 2002-2003, hanno goduto di una compensazione finanziaria, attraverso la stipula di convenzioni: la compensazione non è stata più prevista nel 2004.

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TRASPORTI

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In effetti, alla scadenza delle convenzioni per gli anni 2002 e 2003, è stata sottoscritta con i medesimi vettori una nuova convenzione della durata di un anno e con scadenza 31 dicembre 2004, sulla base della quale i precitati collegamenti venivano assicurati alle medesime condizioni, sia di servizio sia tariffarie, senza tuttavia richiedere compensazioni da parte dello Stato, per esplicita rinuncia dei vettori stessi.

Il 5 ottobre 2004 una nuova delega è stata conferita dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti al Presidente della Regione Sardegna, su richiesta avanzata il 28 settembre 2004 da quest'ultimo, che ha poi proceduto ai sensi della normativa vigente ad indire e svolgere la conferenza dei servizi141.

Considerata l'urgenza di avviare la procedura di imposizione degli oneri in virtù della scadenza degli oneri imposti nel 2000, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con DM 8 novembre 2004, ha stabilito, a decorrere dal 1° gennaio 2005 e permanendo le esigenze di continuità territoriale, l’imposizione di oneri di servizio pubblico per diciannove rotte, poi ridotte a diciotto, da e per la Sardegna, in un’unica ed inscindibile soluzione, senza esclusiva e senza compensazione a carico dello Stato.

Le diciotto rotte sono state raggruppate in un unico pacchetto, in modo che i vettori fossero indotti a valutare il pacchetto stesso nella sua globalità, compensando le maggiori diseconomie generate dall'esercizio delle rotte meno redditizie con i vantaggi prodotti dall'esercizio delle rotte a più alto rendimento. Tra i punti caratterizzanti del decreto, si segnalano l’ampliamento della fascia dei passeggeri aventi diritto alla tariffa agevolata142 e, al fine di eliminare gran parte delle rigidità che caratterizzavano il precedente regime, è stato previsto un numero di voli variabile tra il periodo estivo e quello invernale ed è stata lasciata al vettore la facoltà di aumentare il numero dei voli nei periodi di maggior traffico.

Sul decreto 8 novembre 2004 si è pronunciato il Tar Lazio, in relazione al ricorso presentato da Alitalia, Meridiana e Air One avverso il decreto medesimo143; il Tar, con sentenza 17 marzo 2005, ha chiesto una parziale modifica del decreto ministeriale in oggetto.

Al riguardo, si ricorda che in data 4 marzo 2005 la Commissione europea ha avviato un procedimento formale di indagine - ai sensi dell'articolo 4 del regolamento (CEE) n. 2408/92 - sugli oneri di servizio pubblico previsti dall'Italia, il 10 dicembre 2004, sulle diciotto rotte aeree in questione, al fine di accertare se essi fossero conformi alla disciplina comunitaria relativa al mercato interno. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in considerazione della possibilità che

141 Al momento in cui si sono svolte le predette conferenze di servizi non esisteva alcuna certezza

sulla somma che la legge finanziaria per il 2005 avrebbe stanziato sul capitolo 2161 recante “Somme da trasferire all'ENAC”.

142 Si tratta dei nati e dei residenti in Sardegna, del coniuge e dei figli dei nati nella stessa, dei disabili, dei giovani dai 2 ai 21 anni, degli anziani sopra i 70 anni e degli studenti universitari fino al compimento del ventisettesimo anno di età.

143 Si ricorda che il Tar ha accolto la richiesta di sospensiva del decreto ministeriale effettuata dai vettori.

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TRASPORTI

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uno dei vettori presentasse appello al Consiglio di Stato, ha ritenuto congruo comunicare alla Commissione europea la decisione di ritirare il decreto di imposizione degli oneri di servizio pubblico 8 novembre 2004, riservandosi di presentare un nuovo provvedimento di imposizione

Il 19 maggio 2005 il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha conferito al Presidente della regione Sardegna la delega ad indire la conferenza di servizi prevista dall'articolo 36 della legge 144/1999, per l'individuazione dei contenuti degli oneri di servizio pubblico finalizzati a garantire la continuità territoriale della regione stessa. La conferenza di servizi si è riunita in data 19 luglio, 28 luglio e 26 ottobre 2005, modificando sostanzialmente il contenuto della precedente imposizione effettuata con decreto ministeriale 8 novembre 2004, che è stato pertanto abrogato dal DM 15 novembre 2005 e sostituito da due DM emanati in data 29 dicembre 2005, il primo, relativo ai servizi aerei di linea per le rotte Alghero-Roma e vv., Alghero-Milano e vv., Cagliari-Roma e vv., Cagliari-Milano e vv., Olbia-Roma e vv., Olbia-Milano e vv., che ha imposto oneri obbligatori a partire dal 2 maggio 2006 e fino al 1° maggio 2009, il secondo, relativo ai servizi aerei di linea per altre rotte dalla Sardegna ad altri aeroporti nazionali, rispetto ai quali è stata demandata ad un successivo decreto la data dalla quale gli oneri divengono obbligatori.

I collegamenti aerei con la Sicilia

Per quel che riguarda la regione Sicilia, si ricorda che a seguito della conferenza di servizi, indetta ai sensi della legge n. 388 del 2000 dal Presidente della regione, su delega del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sono state individuate una serie di rotte su cui, con il decreto ministeriale dell'11 gennaio 2002, sono stati imposti gli oneri di servizio pubblico.

Le tratte interessate sono Trapani - Pantelleria, Trapani - Lampedusa, Trapani - Roma - Milano, Trapani - Bari - Venezia, Trapani - Catania, Pantelleria - Palermo, Lampedusa - Palermo, Lampedusa - Catania.

Per i predetti collegamenti aventi per origine o per destinazione l'aeroporto di Trapani, è stata stipulata tra il vettore Air One e l'ENAC una convenzione che prevede una compensazione, di cui i due terzi a carico dello Stato e un terzo a carico della regione: detta convenzione è scaduta il 1o giugno 2005.

Le convenzioni sottoscritte sono state prorogate dall'ENAC per un ulteriore anno, apportando all'operativo talune correzioni per tener conto della bassa affluenza di passeggeri che si era registrata sulla tratta Trapani - Catania. Su tale base, l'operativo sottratto alla predetta rotta Trapani - Catania è stato spostato sui collegamenti alle isole minori della Sicilia.

È stata, inoltre, sottoscritta tra la società Meridiana e l'ENAC una ulteriore convenzione per l'affidamento dei servizi onerati tra gli aeroporti di Palermo e Catania con le isole minori della Sicilia: anche in tale ipotesi la compensazione è

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TRASPORTI

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per i due terzi a carico dello Stato e per un terzo a carico della regione. Detta convenzione ha avuto la sua scadenza naturale il 26 marzo 2006, con possibilità di proroga per un ulteriore anno.

Il Presidente della regione Sicilia ha, inoltre, richiesto un’ulteriore delega - conferita dal Ministro in data 9 giugno 2005 - per indire una nuova conferenza di servizi, al fine di attuare quanto previsto dal citato articolo 1, comma 269, della legge 311/2004 (legge finanziaria per il 2005), che assegna – come precisato - un contributo annuo per il triennio 2005-2007 per garantire la prosecuzione degli interventi per la continuità territoriale per Trapani, Pantelleria e Lampedusa.

Le conferenze di servizi si sono tenute nei giorni del 26 luglio 2005, 10 ottobre 2005 e del 24 ottobre 2005. Nel verbale della conferenza di servizi del 26 luglio 2005, la regione Sicilia ha dichiarato di voler cofinanziare la continuità territoriale. Di conseguenza è stato emanato il decreto del Ministro delle infrastrutture e trasporti del 22 marzo 2006 che impone oneri di servizio pubblico per il collegamento aereo Trapani –Pantelleria..

Con decreto del Ministro delle infrastrutture e trasporti del 28 marzo 2006 sono stati imposti oneri di servizio pubblico, per i servizi aerei di linea Trapani –Roma, Trapani –Cagliari, Trapani –Bari, Trapani –Milano. Conseguentemente, è stata abrogata l’imposizione di oneri di servizio pubblico di cui al decreto ministeriale del 11 gennaio 2002 limitatamente alle rotte Trapani –Catania, Trapani-Roma-Milano, Trapani-Bari-Venezia, Trapani-Lampedusa.

L’indagine conoscitiva sulla continuità territoriale con la Sardegna e la Sicilia.

Il tema della continuità territoriale ha avuto un particolare rilievo nell’attività della IX Commissione (Trasporti, poste e telecomunicazioni) nella XIV legislatura.

In particolare, la Commissione ha svolto un'indagine conoscitiva sulla situazione dei collegamenti aerei per assicurare la continuità territoriale con la Sardegna e la Sicilia conclusasi con l’approvazione il 30 giugno 2005 di un documento conclusivo (DOC XVII, n. 14).

L’indagine ha preso avvio dalla necessità di approfondire in particolar modo, insieme ai soggetti ed operatori più direttamente competenti e tenuto conto del relativo contesto normativo e comunitario, le maggiori e più urgenti questioni attinenti alle misure da adottare per assicurare la continuità territoriale con la Sardegna e la Sicilia, anche alla luce della scadenza del 31 dicembre 2004 della disciplina dettata dal decreto ministeriale 1o agosto 2000 avente ad oggetto la «determinazione del contenuto degli oneri di servizio pubblico per i servizi aerei di linea da e per la Sardegna».

I maggiori spunti di riflessione ed elementi di più marcato rilievo ed urgenza che sono emersi nel corso delle audizioni hanno riguardato – come precisa il documento conclusivo – i seguenti profili:

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TRASPORTI

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le esigenze connesse al “timing” della pianificazione e della definizione dei nuovi regimi di continuità;

gli aspetti connessi al nuovo quadro definito per i collegamenti con la regione Sardegna a seguito della conferenza dei servizi che si è tenuta nel mese di ottobre 2004, con particolare riguardo ai profili emersi in sede comunitaria ed in sede giurisdizionale;

gli aspetti connessi al modello più congruo da adottare per assicurare effettivamente ed efficacemente la continuità territoriale e la relativa previsione di una compensazione economica e di oneri a carico del bilancio dello Stato;

l'esigenza di un sempre maggiore coinvolgimento degli enti locali nella definizione di tali percorsi, anche attraverso la previsione di tavoli concertativi e l'opportunità di un sempre più ampio riferimento a tutti i maggiori aeroporti nazionali nell'ambito di tale disciplina.

In ordine ai profili della compensazione finanziaria, nel corso dell’indagine conoscitiva è stato richiamato il regime «a costo zero» che si è avuto per il 2004 per la regione Sardegna (a seguito della disponibilità offerta dalle compagnie aeree).

In merito ai profili connessi al modello più congruo da adottare per assicurare effettivamente ed efficacemente la continuità territoriale, dal documento conclusivo è emerso come risultino percorribili tre opzioni: l'affidamento del servizio in convenzione per un ulteriore triennio, con relativa imposizione degli oneri di servizio pubblico (modello adottato dal nuovo quadro di riferimento); l'introduzione di aiuti sociali a determinate categorie di passeggeri in condizioni di oggettivo svantaggio; il puro e semplice affidamento del servizio al libero mercato, senza oneri di servizio pubblico.

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TRASPORTO STRADALE

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TRASPORTI

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LA SICUREZZA STRADALE

Il tema della sicurezza stradale è stato oggetto nella XIV legislatura di una particolare attenzione da parte del Parlamento e del Governo, anche in considerazione dello sviluppo di iniziative adottate dalla Unione europea per realizzare una politica comune della sicurezza stradale144, volta a prevenire l’incidentalità e in definitiva a ridurre drasticamente il numero delle vittime degli incidenti stradali145.

I principali interventi sulla sicurezza stradale si collocano nell’ambito del processo di riforma del codice della strada, già avviato nella XIII legislatura con la legge delega n. 85/2001, e sviluppato nella XIV legislatura, in primo luogo, attraverso il decreto legislativo attuativo della delega (d.lgs. 9/2002), e quindi, attraverso misure di decretazione di urgenza (DL 121/2002; DL 151/2003; DL 115/2005146).

La connessione tra le misure relative alla circolazione stradale – a cui si riferiscono le modiche al codice della strada - e il tema della sicurezza è evidenziata anche dalla Corte costituzionale che – chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale della competenza statale con riferimento ad alcune disposizioni del richiamato DL 151/2003 - nella sentenza 428 del 2004 ha chiarito come siano da ricomprendere nell’ambito della materia “ordine pubblico e sicurezza” le misure volte ad assicurare l’incolumità delle persone.

In particolare, tale sentenza evidenzia come considerazioni di carattere sistematico inducano a ritenere che la circolazione stradale sia riconducibile,

144 Si ricorda innanzitutto il Libro bianco sulla politica comune dei trasporti del 2001, il quale, in

sintonia con precedenti atti d’indirizzo, ha fissato l’obiettivo di dimezzare, entro il 2010, il numero delle vittime degli incidenti stradali in tutta l’Unione europea.

145 Sotto un profilo generale, occorre ricordare che le misure specifiche adottate per garantire la sicurezza stradale vanno comunque inserite nel contesto, oltre che di una più diffusa cultura della prevenzione, anche di una politica dei trasporti che riservi particolare attenzione alla razionalizzazione del trasporto urbano (nell’ambito del quale si registrano livelli molto elevati di incidentalità), al decongestionamento delle grandi reti di trasporto su strada, tramite il riequilibrio modale e il trasferimento di parte del trasporto merci dalla strada a modalità di trasporto più efficienti ed ecocompatibili (trasporto su ferro e via mare). Inoltre, la previsione di rigorose norme di comportamento nella circolazione stradale, e di un efficace sistema di controlli e di sanzioni, non può non essere sostenuta da una particolare attenzione per il sistema delle infrastrutture destinate al trasporto, per l’applicazione di tecnologie avanzate per la messa in sicurezza delle medesime infrastrutture e per le condizioni di manutenzione dell’infrastruttura stessa. Una particolare attenzione è stata dedicata infatti alle infrastrutture e alla viabilità stradale e autostradale (v. capitolo Viabilità stradale e autostradale nel dossier relativo alla Commissione Ambiente).

146 Sul codice della strada, relativamente al differimento dell’entrata in vigore di alcune modifiche, sono intervenuti ulteriori decreti legge (D.L. 236/2002; D.L. 355/2003, D.L. 266/2004, D.L. 273/2005). Occorre poi ricordare anche il DL 184/2005 – decaduto per mancata conversione - inizialmente composto di un solo articolo recante modifiche al comma 2 dell’articolo 126-bis del codice della strada in materia di patente a punti, al fine di adeguare la normativa alla sentenza della Corte costituzionale n. 27 del 2005 che ne aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale in una parte (v. scheda La patente a punti); durante l’esame del provvedimento al Senato erano state introdotte ulteriori disposizioni incidenti sul codice della strada.

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TRASPORTI

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sotto diversi aspetti, a competenze statali esclusive, ai sensi del citato art. 117, secondo comma. In primo luogo l’esigenza, connessa alla strutturale pericolosità dei veicoli a motore, di assicurare l’incolumità personale dei soggetti coinvolti nella loro circolazione (conducenti, trasportati, pedoni) certamente pone problemi di sicurezza, e così rimanda alla lettera h) del secondo comma dell’art. 117, che attribuisce alla competenza statale esclusiva la materia «ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale». Ulteriore argomento è individuato nel fatto che, “in quanto funzionale alla tutela dell’incolumità personale, la disciplina della circolazione stradale mira senza dubbio a prevenire una serie di reati ad essa collegati, come l’omicidio colposo e le lesioni colpose; e pertanto la sua collocazione, sotto questo profilo, nella citata materia non contrasta con la giurisprudenza della Corte che riferisce la «sicurezza» prevista dalla ricordata norma costituzionale all’adozione delle misure relative alla prevenzione dei reati ed al mantenimento dell’ordine pubblico (sentenze n. 407 del 2002, numeri 6 e 162 del 2004)”.

L’attuazione della legge delega per la revisione del codice della strada

La legge 22 marzo 2001, n. 85 – approvata nella XIII legislatura - ha recato una delega al Governo per la revisione del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 “Nuovo Codice della Strada”, da esercitarsi entro il 15 gennaio 2002. L’elaborato definitivo dello schema di decreto legislativo attuativo della legge n. 85 è stato reso dalla Commissione interministeriale incaricata il 31 dicembre 2001 ed è stato trasmesso alle Camere per il parere lo stesso 15 gennaio 2002. Anche in considerazione dell’impossibilità del Parlamento di esaminare il testo originale (composto da 150 articoli, e successivamente ridotto ad 85) in un così breve lasso temporale, il Governo ha ridotto il contenuto dello schema di decreto legislativo a soli 19 articoli; acquisito il parere delle Commissioni parlamentari, è stato così approvato il d.lgs. 9/2002147.

Tale decreto legislativo apporta modifiche al nuovo codice della strada, intervenendo in particolare sui seguenti profili: principi generali del codice, all’interno dei quali la sicurezza delle persone

nella circolazione stradale figura tra le finalità primarie di ordine sociale ed economico perseguite dallo Stato;

introduzione nell’ordinamento dell’istituto della patente a punti: la patente viene dotata di 20 punti iniziali, che vengono detratti a seguito di infrazione; qualora si raggiunga il punteggio zero, si prevede un esame di revisione; corsi di aggiornamento possono essere seguiti per riacquistare punti (v. scheda La patente a punti).

147 Decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9 recante Disposizioni integrative e correttive del nuovo

codice della strada, a norma dell'articolo 1, comma 1, della L. 22 marzo 2001, n. 85.

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TRASPORTI

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ciclomotori e motocicli: è consentito il trasporto del secondo passeggero se il conducente ha più di 18 anni e il ciclomotore è omologato; è previsto il cosiddetto "patentino" (certificato di idoneità per la guida dei ciclomotori) per i conducenti minori di età e per i maggiorenni che non siano già titolari di altra patente (esclusi coloro che abbiano conseguito la maggiore età alla data di entrata in vigore del decreto legislativo) (v. scheda La sicurezza stradale - Misure relative ai ciclomotori);

limiti di velocità: rimodulazione di tali limiti, diversificandola in relazione alle caratteristiche strutturali delle strade e alle condizioni meteorologiche (v. scheda Altre misure sulla sicurezza stradale);

revoca della patente per i conducenti di autobus e di veicoli di massa superiore a 3,5 tonnellate in caso di guida sotto l'influenza dell'alcool o di sostanze stupefacenti (v. scheda Altre misure sulla sicurezza stradale)

previsione della targa “personalizzata”; rimodulazione della destinazione dei proventi delle sanzioni amministrative

pecuniarie, prevedendo che il 7,5 del totale annuo vada al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca al fine di favorire l'impegno della scuola pubblica e privata nell'insegnamento dell'educazione stradale e per l'organizzazione dei corsi per conseguire il certificato di idoneità alla conduzione dei ciclomotori;

disciplina delle competizioni sportive su strada in relazione alla quale si prevede un inasprimento delle sanzioni in caso di inosservanza (disciplina la cui entrata in vigore è stata anticipata dal DL 121/2002 e che è stata poi ridefinita in senso ancora più restrittivo dal DL 151/2003);

ridefinizione della normativa relativa all’uso dei dispositivi luminosi dei veicoli, prevedendo l’obbligo di accensione degli anabbaglianti per i ciclomotori e per i motocicli in qualsiasi condizione di marcia.

Il disegno di legge per il rinnovo della delega alla revisione del codice della strada

La riduzione dell'articolato originario dello schema di decreto legislativo – poi divenuto D. Lgs. 9/2002 - da 150 a 19 articoli ha comportato la non piena attuazione della delega prevista dalla legge 85/2001148 e la conseguente necessità di predisporre un disegno di legge – il cui iter non si è concluso - presentato alla Camera149, che, nel testo risultante a seguito dell’esame degli

148 Legge 22 marzo 2001, n. 85 recante Delega al Governo per la revisione del nuovo codice della

strada. 149 Si tratta del disegno di legge A.C. 2851, recante Modifiche alla legge 22 marzo 2001, n. 85, e

disposizioni per la revisione del nuovo Codice della strada, presentato alla Camera, in data 12 giugno 2002.

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TRASPORTI

122

emendamenti presso la IX Commissione (Trasporti, poste e telecomunicazioni) della Camera150 prevedeva essenzialmente: il rinnovo, fino al nono mese successivo alla data di entrata in vigore della

legge151 delle deleghe per la revisione del nuovo codice della strada conferite al Governo dalla legge 85/2001, e solo parzialmente esercitate, nell’imminenza della scadenza del termine originario, con il d.lgs. 9/2002;

talune modifiche al procedimento per l’esercizio della delega (abrogazione della previsione del termine entro il quale devono essere trasmessi alle Camere per il parere gli schemi dei decreti e intesa con la Conferenza unificata);

ulteriori princìpi e criteri direttivi, fermi restando quelli previsti dalla legge n. 85, alcuni dei quali sono stati modificati;

la possibilità per il Governo di adottare decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive entro tre anni dalla data di entrata in vigore della legge, nonché la proroga del termine per l’adozione delle modifiche al regolamento di esecuzione del codice della strada conseguenti all’esercizio della delega (entro il nono mese dalla data di entrata in vigore della legge);

alcune puntuali novelle al codice della strada, tra le quali una all’art. 126, comma 7, del codice della strada, in materia di sanzioni nel caso di guida con patente scaduta;

l’autorizzazione all’adozione di un regolamento di delegificazione, in materia di classificazione, caratteristiche costruttive ed omologazione dei veicoli.

Il decreto legge n. 121 del 2002

Il DL 20 giugno 2002, n. 121152 è intervenuto sull'efficacia del d.lgs 9/2002, originariamente destinato ad entrare in vigore, nel suo complesso, il 1° gennaio 2003153. In particolare, il provvedimento d’urgenza ha anticipato alla data di entrata in vigore della legge di conversione (7 agosto 2002) l’entrata in vigore di alcune disposizioni del d.lgs. n. 9 del 2002, in particolare: le disposizioni relative alle competizioni sportive su strada e alle sanzioni

per i trasgressori;

150 Si tratta del testo pubblicato in allegato alla seduta della citata Commissione trasporti del 30

ottobre 2002. 151 Il disegno di legge C. 2851, nel testo presentato alla Camera, prevedeva il termine del 31

dicembre 2002 152 Recante Disposizioni urgenti per garantire la sicurezza nella circolazione stradale, convertito

con modificazioni dalla Legge 1° agosto 2002, n. 168 153 Il decreto-legge 25 ottobre 2002, n. 236 (convertito con modificazioni dalla legge 27 dicembre

2002, n. 284) ha differito il termine del 1° gennaio 2003, previsto per l'entrata in vigore della disciplina recata dal decreto legislativo n. 9 del 2002, al 30 giugno 2003.

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TRASPORTI

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l’obbligo dell’uso dei proiettori anabbaglianti e delle luci di posizione per i ciclomotori e per i motocicli, in qualsiasi condizione di marcia. Il DL 121/2002 ha previsto anche le seguenti ulteriori disposizioni di modifica

del codice della strada: introduzione della possibilità di usare durante la marcia – oltre agli apparecchi

a viva voce - apparecchiature telefoniche dotate di auricolare che non comportino per il loro funzionamento l’uso delle mani, fermo restando il divieto generale per il conducente di far uso durante la marcia di apparecchi radiotelefonici o di usare cuffie sonore;

individuazione di disabili sordociechi tramite bastone bianco-rosso; modifica del tasso alcoolemico consentito da 0,8 a 0,5 grammi per litro;. obbligo di uso delle luci di posizione, delle luci della targa, dei proiettori

anabbaglianti e, se prescritte, delle luci d'ingombro durante la marcia sulle autostrade e sulle strade extraurbane principali. Senza incidere direttamente sul codice della strada, è stato, poi, introdotto la

possibilità per gli organi di polizia stradale di impiegare o installare dispositivi o mezzi tecnici di controllo del traffico finalizzati al rilevamento a distanza delle violazioni ad alcune norme di comportamento stradale sulle autostrade, sulle strade extraurbane principali e su altre strade individuate dal prefetto con apposito decreto.

Il decreto legge n. 151 del 2003

Il decreto legge 27 giugno 2003, n. 151154 ha apportato modifiche al codice della strada, intervenendo anche sul d.lgs n. 9/2002, nonché sul DL n. 121/2002.

Tra le modifiche apportate dal decreto-legge si ricordano quelle inerenti: • patente a punti: nell’ambito della disciplina già prevista dal d.lgs. n.

9/2002, viene rivisto il sistema delle decurtazioni del punteggio in relazione alle violazioni previste;

• ciclomotori: possibilità di trasporto del secondo passeggero solo se espressamente previsto nel certificato di circolazione, il quale tuttavia sarebbe stato obbligatorio solo a partire dal 1° luglio 2004155, inasprimento delle sanzioni in caso di violazione delle disposizioni sul trasporto di persone e oggetti, obbligo di tenere una posizione corretta durante la guida, esenzione dall’obbligo del casco per ciclomotori a carrozzeria chiusa, inasprimento delle sanzioni per violazione delle disposizioni relative al casco156, obblighi relativi al possesso di documenti

154 Convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 1° agosto 2003, n. 214, recante Modifiche

ed integrazioni al codice della strada. 155 Termine prorogato dal DL 115/2005 (vedi infra). 156 Aumento della sanzione amministrativa pecuniaria e in ogni caso fermo amministrativo del

veicolo.

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TRASPORTI

124

durante la guida, proroga al 1° luglio 2004 dell’entrata in vigore delle norme relative alla targatura dei ciclomotori, dell’obbligo di essere muniti del certificato di idoneità alla guida dei ciclomotori, dell’applicazione della sanzione per la guida del ciclomotore senza patente né certificato di idoneità;

• regime sanzionatorio: si prevede complessivamente un inasprimento del regime sanzionatorio in relazione alle fattispecie considerate più pericolose in considerazione della incidenza sul fenomeno infortunistico stradale; in particolare vengono inasprite le sanzioni per la circolazione contromano, per la violazione di norme relative alla precedenza, per l’attraversamento dell’incrocio con il semaforo rosso, per la violazione delle norme sul sorpasso, per la sosta con motore acceso, per la violazione delle norme sul trasporto di persone e oggetti sui veicoli a due ruote e sull’uso del casco, per il mancato o cattivo uso delle cinture di sicurezza e dei sistemi di ritenuta, per la violazione dell’obbligo di usare lenti o apparecchi durante la guida, per la violazione di norme da parte degli autotrasportatori, nonché per la violazione delle norme di comportamento dei conducenti nei confronti dei pedoni; l’inasprimento delle sanzioni riguarda anche l’introduzione di nuovi casi di sospensione o di revoca della patente157.

• dispositivi di sicurezza e protezione individuale: è previsto un potenziamento dei dispositivi di sicurezza e protezione individuale, disponendo in particolare l’obbligo di utilizzare dispositivi retroriflettenti e luminosi per posizionare il triangolo e inasprendo le sanzioni derivanti dal mancato o non corretto uso della cintura di sicurezza;

• autotrasporto: il decreto legge prevede misure inerenti il settore dell’autotrasporto, sia per una maggiore visibilità dei mezzi di trasporto (tramite l’uso di strisce retroriflettenti da applicare sul veicolo), sia in relazione ai conducenti dei mezzi stessi, prevedendo anche in questo settore un inasprimento delle sanzioni in caso di inosservanza dei periodi di guida e di riposo o di violazione delle norme sui dispositivi di velocità (cronotachigrafo e limitatore di velocità);

157 In particolare, si segnala che l’articolo 3 comma 12 del decreto legge ha previsto, in caso di

violazione delle norme sull’uso delle cinture di sicurezza e dei sistemi di ritenuta, la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente da 15 giorni a due mesi in caso di violazione reiterata per almeno due volte in due anni. Tra le altre ipotesi si ricordano in particolare quelle di cui all’art. 3, commi 3 e 4 (reiterazione di violazioni relative alla segnaletica stradale e alle norme di comportamento relative al sorpasso dei veicoli), nonché dell’art. 3, comma 16 (sanzione accessoria della sospensione della patente di guida da 15 giorni a tre mesi anche nel caso di assenza, mancata rispondenza ai requisiti o mancato funzionamento del limitatore di velocità e, nel caso di alterazione di tale dispositivo, della sanzione accessoria della revoca della patente).

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TRASPORTI

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• dispositivi di segnalazione luminosa: si prevede un’estensione dell’utilizzo di tali dispositivi di segnalazione visiva e di illuminazione dei veicoli, disponendo in particolare l’obbligatorio utilizzo dei proiettori anabbaglianti su tutte le strade extraurbane anche durante il giorno e in caso di sosta o fermata del veicolo in condizioni avverse di luminosità esterna;

• guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di stupefacenti: viene prevista la possibilità di effettuare accertamenti preliminari volti ad accertare l’abuso di alcool o l’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope e vengono inasprite le sanzioni in caso di rifiuto del conducente di sottoporsi agli accertamenti (v. scheda Altre misure sulla sicurezza stradale);

servizi di polizia stradale: revisione delle competenze relative all’ l’espletamento dei servizi di polizia stradale, includendo tra i soggetti competenti la polizia provinciale, la polizia penitenziaria e il corpo forestale dello stato, in relazione alle rispettive competenze istituzionali;

strade: estensione della possibilità di derogare alle norme tecniche di costruzione delle strade anche per le strade di nuova costruzione - e non solo per gli adeguamenti di strade già costruite - in determinate situazioni che comunque preservino la sicurezza e la riduzione dell’inquinamento;

revoca e sospensione della patente: si dà carattere di definitività ai provvedimenti di revoca e sospensione della patente per difetto dei requisiti psicofisici;

veicoli non coperti da assicurazione: viene semplificata la procedura di confisca del veicolo non coperto da assicurazione; si prevede peraltro una fattispecie particolare di riduzione della sanzione pecuniaria da corrispondere in caso di circolazione senza copertura assicurativa;

notifica delle violazioni: revisione del procedimento di notifica e di accertamento delle violazioni, disciplinando la notifica per il proprietario del veicolo che abbia dichiarato il proprio domicilio legale presso una persona fisica residente in Italia e individuando i casi in cui non è necessaria la notifica immediata della violazione;

conferma della patente: viene semplificata la procedura di conferma della patente, per i cittadini italiani all’estero, effettuabile presso le autorità diplomatico consolari;

immatricolazione di veicoli: possibilità di immatricolare in Italia veicoli immatricolati in uno Stato estero ovvero acquistati in Italia e appartenenti a cittadini italiani residenti all’estero o a cittadini comunitari;

certificato di abilitazione professionale: viene estesa la possibilità di conseguire il certificato di abilitazione professionale anche a mutilati e minorati fisici riconosciuti idonei alla conduzione di taxi o autovetture.

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TRASPORTI

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Il decreto legge n. 115 del 2005

Gli articoli 5 e 5-bis del decreto legge 30 giugno 2005, n. 115158 hanno introdotto modifiche al codice della strada, in particolare sulla disciplina relativa alla guida dei ciclomotori e sul regime delle sanzioni accessorie conseguenti all’inosservanza di disposizioni del codice della strada.

L’articolo 5 ha disposto il differimento al 1° ottobre 2005 della data di decorrenza dell’obbligo del certificato di idoneità per la guida dei ciclomotori, per coloro che avessero compiuto la maggiore età a partire dallo stesso 1° ottobre 2005 e non fossero titolari di patente di guida; per coloro che al 30 settembre 2005 risultassero già maggiorenni si prevede la possibilità di conseguire il certificato di idoneità alla guida presentando domanda, corredata da una certificazione medica che attesti il possesso dei requisiti fisici e psichici, nonché dall’attestazione di frequenza ad un corso di formazione(v. scheda La sicurezza stradale - Misure relative ai ciclomotori).

L’articolo 5-bis reca un inasprimento delle sanzioni accessorie conseguenti all’inosservanza di specifici comportamenti durante la guida, prevedendo la confisca del mezzo per molte fattispecie comportamentali; in ultimo viene definita una particolare procedura nel caso in cui oggetto della sanzione accessoria del sequestro amministrativo o del fermo amministrativo sia un ciclomotore o un motoveicolo (v. scheda La sicurezza stradale - Misure relative ai ciclomotori).

L’articolo 5-bis ha poi introdotto nel codice della strada l’articolo 130-bis recante ulteriori condizioni per la revoca della patente di guida, ai sensi e con gli effetti di cui all’articolo 130, comma 1, lettera a)159. Si prevede, così, la revoca della patente nel caso in cui: il titolare sia incorso nella violazione di una delle norme di comportamento

indicate o richiamate nel Titolo V160; sia stata provocata la morte di altre persone; la violazione sia stata commessa o in stato di ubriachezza e

dall’accertamento risulti un valore corrispondente ad un tasso alcoolemico pari o superiore al doppio di 1,5 grammi per litro o sotto l’azione di sostanze stupefacenti.

158 Recante Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalità di settori della pubblica

amministrazione, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 17 agosto 2005, n. 168. 159 L’articolo 130 del codice prevede che la patente sia revocata dai competenti uffici del

Dipartimento per i trasporti terrestri: a) quando il titolare non sia in possesso, con carattere permanente, dei requisiti fisici e psichici prescritti; b) quando il titolare non abbia superato la revisione di cui all'art. 128 dello stesso codice (visita medica o dell'esame di idoneità);c) quando il titolare abbia ottenuto la sostituzione della propria patente con altra rilasciata da uno Stato estero.

160 Il Titolo V del nuovo codice della strada (articoli da 140 a 193) contiene le norme di comportamento della circolazione stradale.

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TRASPORTI

127

IL NOLEGGIO AUTOBUS CON CONDUCENTE

Il quadro normativo

La disciplina del noleggio degli autobus con conducente è stata introdotta nell’ordinamento nazionale dalla legge 218/2003161.

La legge - nata a seguito di un iter parlamentare che prendeva avvio dalla rielaborazione di alcune proposte esaminate dalla Camera nella XIII Legislatura e non giunte ad approvazione – reca, in una prospettiva di regolamentazione e di maggior qualificazione del settore, una serie di norme volte principalmente a: • definire con precisione l'attività considerata e i requisiti necessari per

l’esercizio della stessa; • superare la dimensione comunale della fase autorizzatoria, prevedendo un

ruolo centrale delle regioni, per quanto concerne il rilascio e il rinnovo delle autorizzazioni, l’accertamento periodico dei requisiti richiesti dalla legislazione comunitaria e nazionale, la tenuta dei registri regionali delle imprese;

• prevedere un adeguato sistema sanzionatorio, che coinvolga le regioni; • disciplinare il periodo transitorio, facendo salva la validità delle licenze

rilasciate dalle amministrazioni comunali – che tuttavia non possono essere cedute se non ad imprese che siano in possesso dei requisiti necessari per il rilascio delle nuove autorizzazioni - fino al momento in cui le regioni abbiano approvato le nuove disposizioni in materia che consentano il rilascio delle nuove autorizzazioni.

L’attività di noleggio di autobus con conducente non risultava oggetto di una

specifica regolamentazione nazionale prima dell’emanazione della legge n. 218. Infatti, l’articolo 113 del codice della strada del 1933162, che prevedeva la

facoltà dei comuni di dettare prescrizioni relativamente al numero, al tipo e alle caratteristiche degli autoveicoli, tra cui gli autobus destinati al servizio di noleggio, è stato abrogato dall’articolo 231 del nuovo codice della strada163 che, all’articolo 85, demanda la disciplina del servizio di noleggio con conducente per trasporto di persone a leggi specifiche. Di tale natura deve intendersi la regolamentazione per il noleggio di autovetture con conducente dettata dalla

161 Legge 11 agosto 2003, n. 218 recante Disciplina dell'attività di trasporto di viaggiatori effettuato

mediante noleggio di autobus con conducente. 162 L’articolo - approvato con R.D. 8 dicembre 1933, n. 1740 - era rimasto in vigore ai sensi

dell’articolo 145 del previgente codice della strada (D.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, anch’esso abrogato)

163 Decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 recante Nuovo codice della strada

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TRASPORTI

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legge 21/1992164, che riguarda solo il trasporto effettuato con autovetture, nulla disponendo in materia di attività di noleggio di autobus con conducente.

Nonostante fosse venuto a mancare l’impianto normativo dettato dall’articolo 113 del codice del 1933, nella fase antecedente alla legge 218/2003, l’esercizio dell’attività di noleggio di autobus con conducente risultava ancora subordinato al rilascio da parte del comune di una licenza per ogni singolo autobus da adibire al servizio di noleggio.

La legge 218/2003 inquadra l’esercizio dell’attività di trasporto di viaggiatori su

strada nella sfera della libertà di iniziativa economica ai sensi dell’articolo 41 della Costituzione. A tale attività possono essere imposti esclusivamente vincoli per esigenze di carattere sociale ovvero prescrizioni finalizzate alla tutela della concorrenza, secondo quanto previsto dalla legge 10 ottobre 1990, n. 287, recante norme per la tutela della concorrenza e del mercato. Oltre a fissare i principi e le norme generali a tutela della concorrenza165, la legge individua come finalità specifiche da perseguire la trasparenza del mercato, la concorrenza, la libertà di accesso delle imprese al mercato, il libero esercizio dell’attività in riferimento alla libera circolazione delle persone, la sicurezza dei viaggiatori trasportati, l’omogeneità dei requisiti professionali e la tutela delle condizioni di lavoro.

Il servizio di noleggio di autobus con conducente è definito come servizio di trasporto di viaggiatori effettuato da una impresa in possesso dei requisiti relativi all’accesso alla professione di trasportatore su strada di viaggiatori166 (v. capitolo La riforma dell’autotrasporto), con veicoli destinati al trasporto di persone equipaggiati con più di nove posti compreso quello del conducente167, per uno o più viaggi richiesti da terzi committenti o offerti direttamente a gruppi precostituiti. Il servizio deve quindi avvenire con la preventiva definizione sia del periodo di effettuazione sia della durata e dell’importo complessivo dovuto per l’impiego e l’impegno dell’autobus adibito al servizio.

Le imprese di trasporto di viaggiatori effettuato mediante noleggio di autobus con conducente, in qualsiasi forma costituite, si considerano abilitate all’esercizio anche dei servizi di noleggio con conducente di cui alla citata legge

164 Legge 15 gennaio 1992, n. 21: Legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi

pubblici non di linea. 165 La legge individua direttamente (art. 1, co. 3) una fattispecie di distorsione della concorrenza,

ossia l’utilizzo di autobus acquistati con sovvenzioni pubbliche di cui non possa beneficiare la totalità delle imprese nazionali.

166 I requisiti di accesso all’attività di trasporto di viaggiatori e le norme per l’accertamento della professionalità degli operatori sono dettati dal decreto legislativo 22 dicembre 2000 n. 395 che ha dato attuazione alla direttiva n. 98/76/CE – a sua volta modificativa della direttiva 96/26/CE, - per l’armonizzazione dell’accesso alla professione di trasportatore nel settore dei trasporti nazionali e internazionali, nonché per il reciproco riconoscimento di diplomi, certificati ed altri titoli allo scopo di favorire l'esercizio della libertà di stabilimento di detti trasportatori nel settore dei trasporti nazionali ed internazionali .

167 Così risultano definiti gli autobus dall’articolo 54, comma 1, lettera b), del nuovo codice della strada.

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TRASPORTI

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21/1992. Rimane comunque fermo il rispetto del regime di autorizzazioni contemplato dalla legge n. 21168, che prevede l’istituzione, presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, del ruolo dei conducenti di veicoli o natanti adibiti ad autoservizi pubblici non di linea e fissa quale requisito indispensabile per l'iscrizione nel ruolo il possesso dello speciale certificato di abilitazione professionale169: Pertanto, l’idoneità professionale degli addetti ad un'impresa per l'esercizio dell'attività di noleggio di autobus con conducente, unito agli altri requisiti già richiesti all'impresa, costituisce un presupposto organizzativo abilitante, di per sé, anche all'esercizio dell'attività di noleggio di veicoli con conducente da parte della medesima impresa, senza necessità di sottoporre i conducenti degli autobus o dei veicoli (peraltro, già in possesso del certificato di abilitazione professionale previsto dal codice della strada) ad ulteriori prove e requisiti di idoneità170.

L’esercizio dell’attività di noleggio autobus con conducente è subordinata al rilascio, da parte delle regioni o degli enti locali allo scopo delegati, di apposita autorizzazione alle imprese in possesso dei requisiti relativi alla professione di trasportatore su strada di viaggiatori. L’autorizzazione consente lo svolgimento professionale dell’attività di noleggio di autobus con conducente e l’immatricolazione degli autobus da destinare all’esercizio e non è soggetta a limiti territoriali.

A successivi atti legislativi e regolamentari regionali, che devono comunque essere rispondenti ai criteri di tutela della libertà di concorrenza, è demandata:

• la definizione dei contenuti e delle modalità delle prestazioni che le imprese professionali esercenti l’attività di noleggio di autobus con conducente sono tenute a fornire ai committenti o ai sottoscrittori delle relative offerte;

• il rispetto - nell’effettivo esercizio dell’attività - della regolamentazione comunitaria e nazionale in materia di rapporti di lavoro e di prestazioni di guida;

• la sussistenza di condizioni omogenee per l’inserimento sul mercato delle imprese nazionali e di quelle comunitarie.

In particolare, le fonti normative regionali devono provvedere a: a) stabilire i requisiti e le condizioni per il rilascio delle autorizzazioni;

168 Ai sensi dell’articolo 8, comma 1, della legge n. 21 del 1992, la licenza per l'esercizio del

servizio di taxi e l'autorizzazione per l'esercizio del servizio di noleggio con conducente sono rilasciate dalle amministrazioni comunali, attraverso bando di pubblico concorso, ai singoli che abbiano la proprietà o la disponibilità in leasing del veicolo o natante, che possono gestirle in forma singola o associata.

169 L'iscrizione nel ruolo costituisce, così, requisito indispensabile per il rilascio della licenza per l'esercizio del servizio di taxi e dell'autorizzazione per l'esercizio del servizio di noleggio con conducente.

170 A supporto di tale scelta, è stato tra l’altro segnalato che la prima abilitazione viene riconosciuta sulla base di un percorso formativo e professionale ben più complesso ed articolato rispetto a quello, in realtà assai semplice, previsto dalla legge numero 21 del 1992 per l'iscrizione al Ruolo dei conducenti della Camera di commercio (conoscenza geografica e toponomastica).

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TRASPORTI

130

b) fissare le modalità e le procedure per l’accertamento periodico della permanenza dei requisiti previsti dalle norme comunitarie e nazionali per lo svolgimento dell’attività di trasporto di viaggiatori su strada.

Le regioni sono tenute, poi, a istituire il registro regionale delle imprese esercenti l’attività di trasporto di viaggiatori mediante noleggio di autobus con conducente e ad inviare, con cadenza annuale, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti l’elenco delle imprese titolari delle autorizzazioni da ciascuna di esse rilasciate, con la specificazione del numero di autobus in dotazione, ai fini della predisposizione e dell’aggiornamento da parte dello stesso Ministero di un elenco nazionale delle imprese professionali di noleggio di autobus con conducente aventi sede sul territorio italiano.

La legge riconosce un ruolo centrale alle regioni anche in materia sanzionatoria. Peraltro, al fine di garantire condizioni omogenee di mercato per le imprese operanti nel settore e di evitare possibili distorsioni della concorrenza su base territoriale, essa demanda al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previa intesa con la Conferenza Stato-regioni, la definizione di “parametri di riferimento” per le determinazioni di carattere sanzionatorio rimesse alle regioni171.

Il DM 11 marzo 2004 ha definito i parametri di riferimento in base alle seguenti tipologie di infrazioni:

a) infrazioni riguardanti la mancata osservanza delle prescrizioni relative alla sicurezza del servizio, da intendersi come complesso di norme dirette a garantire l'incolumità delle persone trasportate, sia con riferimento ai veicoli utilizzati che al loro specifico impiego nel servizio ( sanzione pecuniaria da 500 a 3000 €);

b) infrazioni riguardanti la mancata osservanza delle prescrizioni relative alla regolarità del servizio, da intendersi come complesso di norme dirette a garantire il rispetto delle condizioni contenute nell'atto autorizzativo all'attività di noleggio di autobus con conducente ( sanzione pecuniaria da 500 a 2000 €, e, in caso di reiterazione, sospensione dell’autorizzazione da venti a quaranta giorni);

c) infrazioni riguardanti la mancata osservanza delle prescrizioni relative alla regolarità della documentazione inerente il servizio, da intendersi come complesso di norme dirette a consentire la verifica del possesso, da parte dell'impresa, sia dei requisiti che degli atti necessari al corretto svolgimento dell'attività di noleggio di autobus con conducente (sanzione pecuniaria compresa tra 200 e 1500 € e sospensione dell’autorizzazione, in caso di reiterate violazioni, da sette a trenta giorni);

E’ prevista, altresì, l’ipotesi di sanzioni amministrative pecuniarie per infrazioni riguardanti la mancata osservanza delle prescrizioni relative alla qualità del

171 Tali determinazioni concernono la misura delle sanzioni pecuniarie in relazione alla gravità delle

infrazioni commesse ed i casi in cui è consentito procedere alla sospensione o alla revoca dell’autorizzazione.

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TRASPORTI

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servizio, da intendere come complesso di norme dirette ad assicurare che i servizi di trasporto forniti all'utenza rispondano a criteri di confort, di igiene e di comunicazione con l'utenza adeguati (sanzione pecuniaria da 100 a 1000 €).

Il decreto ministeriale prevede, inoltre, che le regioni procedano alla revoca dell'autorizzazione quando un'impresa effettui il servizio con l'autorizzazione sospesa o incorra, nell'arco di cinque anni, in provvedimenti di sospensione per un periodo complessivamente superiore a centottanta giorni.

Si stabilisce, poi, che, nel caso in cui venga comminata una sanzione in violazione delle prescrizioni di cui alla legge n. 218, l’autorità che procede all’applicazione della sanzione è tenuta a segnalare la violazione alla regione che ha rilasciato l’autorizzazione in capo all’impresa contravventrice, per l’adozione degli eventuali, ulteriori provvedimenti previsti dalle disposizioni regionali.

La legge 218/2003 introduce, al fine di evitare soluzioni di continuità tra il precedente regime autorizzatorio e quello introdotto dalla legge, una disciplina transitoria, prevedendo che le licenze di noleggio di autobus con conducente rilasciate dalle amministrazioni comunali prima dell’intervento regionale disposto dalla nuova normativa, conservino la loro efficacia fino alla sostituzione delle autorizzazioni previste dalla stessa legge.

È inoltre previsto, a partire dalla data di entrata in vigore della legge, un divieto di cessione delle licenze di noleggio preesistenti, fatta eccezione per la cessione in favore di imprese in possesso dei requisiti e delle condizioni necessari per l’acquisizione delle nuove autorizzazioni.

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TRASPORTI

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LA RIFORMA DELL’AUTOTRASPORTO

L’autotrasporto – in precedenza disciplinato dalla legge 6 giugno 1974, n. 298172, in parte aggiornata dalle disposizioni della legge 23 dicembre 1997, n. 454173, che aveva posto le basi del processo di liberalizzazione del settore in campo nazionale (vedi infra) - è stato oggetto di un significativo processo di riforma che ha visto impegnato il Parlamento, dapprima, in sede di elaborazione della legge che ha delegato il Governo al riordino del settore (legge 1°marzo 2005, n. 32174), e, successivamente, in sede di parere sui decreti legislativi attuativi della stessa delega (d.lgs. 284, 285 e 286 del 2005175).

La legge delega e la forma del contratto di trasporto

La legge 1° marzo 2005, n. 32 ha delegato il Governo ad emanare uno o più decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di autotrasporto, ancorando la riforma del settore a principi come la libera contrattazione dei prezzi, la responsabilità condivisa tra tutti i soggetti coinvolti nella catena del trasporto, l’accentuazione dei controlli sulla sicurezza e sulla regolarità dei servizi, l’introduzione di criteri di qualità nel trasporto di merci, in particolare di quelle sensibili (prodotti farmaceutici, derrate alimentari, rifiuti industriali, merci pericolose).

Il Governo era stato delegato ad adottare uno o più decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni vigenti relative alle tre seguenti aree di intervento:

servizi automobilistici interregionali di competenza statale; liberalizzazione regolata dell’attività di autotrasporto, e contestuale

raccordo con la disciplina delle condizioni e dei prezzi dei servizi di autotrasporto merci per conto terzi;

organizzazione e funzioni delle strutture e degli organismi pubblici operanti nel settore dell’autotrasporto merci.

I princìpi e criteri direttivi generali della delega riguardavano: a) il riordino delle normative ed il loro adeguamento alla disciplina comunitaria, in un'ottica di mercato aperto e concorrenziale;

172 Recante Istituzione dell'albo nazionale degli autotrasportatori di cose per conto di terzi,

disciplina degli autotrasporti di cose e istituzione di un sistema di tariffe a forcella per i trasporti di merci su strada.

173 Recante Interventi per la ristrutturazione dell'autotrasporto e lo sviluppo dell'intermodalità. 174 Recante Delega al Governo per il riassetto normativo del settore dell'autotrasporto di persone e

cose. 175 Decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 284 recante Riordino della Consulta generale per

l'autotrasporto e del Comitato centrale per l'Albo nazionale degli autotrasportatori. Decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 285 recante Riordino dei servizi automobilistici

interregionali di competenza statale. Decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 286 recante Disposizioni per il riassetto normativo in

materia di liberalizzazione regolata dell'esercizio dell'attività di autotrasportatore.

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TRASPORTI

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b) la salvaguardia della concorrenza fra le imprese operanti nei settori dell'autotrasporto di merci e dell'autotrasporto di viaggiatori; c) tutela della sicurezza della circolazione e della sicurezza sociale; d) introduzione di una normativa di coordinamento fra i princìpi della

direttiva 2003/59/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 luglio 2003, sulla qualificazione iniziale e formazione periodica dei conducenti di taluni veicoli stradali adibiti al trasporto di merci o passeggeri, e l'apparato sanzionatorio previsto in relazione alla patente a punti (v. scheda La patente a punti).

Quanto ai princìpi e criteri direttivi specifici per il riordino delle disposizioni in materia di servizi automobilistici interregionali, la legge prevedeva, tra l’altro, l’eliminazione delle rendite e dei diritti di esclusività attraverso il graduale passaggio dal regime concessorio a quello autorizzativo senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, la riformulazione dell'apparato sanzionatorio, con riferimento, in particolare, alla previsione di sanzioni amministrative a carico delle imprese per la perdita dei requisiti necessari al rilascio dell'autorizzazione per l'esercizio dei servizi, per il mancato rispetto delle condizioni e prescrizioni contenute nell'autorizzazione, e per gli adempimenti formali di carattere documentale.

Con riferimento alla liberalizzazione regolata dell’attività di autotrasporto di merci per conto di terzi, la legge delega individuava, in particolare, quali princìpi e criteri direttivi specifici, il superamento del sistema delle tariffe obbligatorie a forcella per l'autotrasporto di merci; la responsabilità soggettiva del vettore e, ove accertata, del committente, del caricatore e del proprietario delle merci, i quali agiscono nell'esercizio di un'attività di impresa o di pubbliche funzioni, per la violazione delle disposizioni sulla sicurezza della circolazione, la previsione, di regola, della forma scritta per i contratti di trasporto (vedi infra), nonché dell’applicazione degli usi e delle consuetudini in caso di controversie legali relative a contratti non in forma scritta, lindividuazione di un sistema di certificazione di qualità per particolari tipologie di trasporti su strada, come quelle delle merci pericolose, delle derrate deperibili, dei rifiuti industriali e dei prodotti .

Quanto ai princìpi e criteri direttivi specifici per la delega all’organizzazione e alle funzioni delle strutture e degli organismi pubblici operanti nel settore dell’autotrasporto merci, la legge indicava il riordino e la razionalizzazione delle strutture e degli organismi pubblici operanti nel settore dell'autotrasporto, con attribuzione alla Consulta generale per l'autotrasporto delle funzioni di proposta di indirizzi e strategie di governo del settore, anche in materia di controlli, monitoraggio e studio, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, e la riforma del comitato centrale e dei comitati provinciali per l'Albo nazionale degli autotrasportatori di cose per conto di terzi, con attribuzione anche di compiti di gestione operativa.

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TRASPORTI

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L’articolo 3 della legge ha recato poi l’abrogazione – riconnessa al principio di delega relativo alla forma scritta del contratto di trasporto - della disposizione (art. 3) del decreto-legge 256/2001176, che aveva dettato una norma di interpretazione autentica della normativa allora vigente in ordine alla forma del contratto di trasporto.

In particolare, l’articolo 26, comma 4, della L. 298/1974 disponeva in materia di esercizio abusivo dell’autotrasporto e, indirettamente, in materia di nullità del contratto di autotrasporto e di tariffe per prestazioni di autotrasporto. La disposizione prevedeva che al momento della conclusione del contratto di autotrasporto fossero annotati nella copia del contratto stesso – da consegnare al committente a pena di nullità – gli estremi dell’attestazione di iscrizione all’albo degli autotrasportatori e dell’autorizzazione al trasporto di cose per conto terzi. La legge n. 298 del 1974 prevedeva un sistema tariffario, denominato “a forcella”, che impediva la pattuizione di compensi superiori al margine superiore della forcella medesima: ne derivava che la pattuizione di tali compensi non era riconosciuta dal committente, in quanto considerata contraria alla legge.

La disposizione dell’ articolo 26 era stata interpretata dalla giurisprudenza in modo controverso: secondo una tradizionale linea giurisprudenziale, il contratto non scritto tra autotrasportatore e committente non era considerato nullo, e dava all’autotrasportatore il diritto alla integrazione della eventuale differenza nel caso in cui la tariffa pattuita fosse inferiore a quella prevista per legge; secondo un altro orientamento, la disposizione andava interpretata nel senso di non riconoscere all’autotrasportatore la differenza tariffaria, considerando nulli gli accordi non scritti (con il conseguente obbligo di restituzione della somma incassata da parte dell’autotrasportatore), anche se la prestazione di autotrasporto fosse stata svolta da un operatore professionalmente abilitato.

L'art. 3 del DL 256/2001 ha dettato l’interpretazione autentica del citato comma 4, in base alla quale la prevista annotazione sulla copia del contratto di trasporto dei dati relativi agli estremi dell'iscrizione all'Albo e dell'autorizzazione possedute dal vettore, nonché la conseguente nullità del contratto privo di tali annotazioni, non comportavano l'obbligatorietà della forma scritta del contratto di trasporto, ma avevano rilievo soltanto nel caso in cui per la stipula del contratto le parti avessero scelto la forma scritta.

Tale interpretazione autentica dell’articolo 26 ha prodotto una serie di problemi interpretativi circa la forma del contratto di trasporto su cui la giurisprudenza si è più volte confrontata. Da ultimo, la Corte costituzionale con sentenza n. 7 del 2005 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma 4 dell’articolo 26, in combinato disposto con l'art. 3 del DL 256/2001, nella parte in cui prevede la nullità del contratto di autotrasporto, concluso per iscritto, quando nella copia del contratto da consegnare al committente non siano stati annotati gli estremi

176 Decreto legge 3 luglio 2001, n. 256 recante Interventi urgenti nel settore dei trasporti, convertito

in legge dall'articolo 1 della legge 20 agosto 2001, n. 334.

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TRASPORTI

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dell'iscrizione all'Albo e dell'autorizzazione al trasporto di cose per conto di terzi possedute dal vettore. Nella sentenza la Corte ha affermato che “l'irragionevolezza della norma è di tutta evidenza ove si consideri non soltanto che – a seguito del decreto-legge n. 256 del 2001, ed anche a prescindere dalla sua efficacia retroattiva – è privo di senso consentire alle parti di stipulare oralmente un contratto che, se stipulato in forma scritta, incorre in una radicale nullità per l'assenza (per giunta, in una copia) di certe, estrinseche annotazioni, ma anche che la sanzione della nullità prevista per l'assenza di quelle estrinseche annotazioni non è correlata ad alcun apprezzabile fine, ma costituisce «un eccesso del mezzo utilizzato rispetto al fine dichiarato della repressione dell'abusivismo»”. La Corte ha quindi precisato che l'intento di combattere l'abusivismo, e con esso gravi distorsioni della concorrenza in un vitale settore dell'economia nazionale, attraverso il “coinvolgimento” del committente, risulta vanificato da una disciplina che, di fatto, esenta sostanzialmente il committente da responsabilità e, anzi, gli consente, anche quando contrae con un autotrasportatore in possesso dei requisiti di legge, di sottrarsi agevolmente all'applicazione di quella tariffa a forcella che, viceversa, costituisce l'unico strumento idoneo ad assicurare, contestualmente, una adeguata remunerazione all'autotrasportatore e uniformi condizioni di mercato.

Si inserisce in tale contesto la richiamata disposizione di cui all’articolo 3 della legge 32/2005 che ha disposto l’abrogazione dell’articolo 3 del decreto-legge n. 256/2001, prevedendo altresì la decadenza, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge, delle azioni da esercitare sulla base della disposizione abrogata. Per le azioni già esercitate è data facoltà alle parti di ricorrere alla composizione in sede extragiudiziale (si intende per tale, ad es., la composizione presso i collegi arbitrali istituiti presso le camere di commercio).

L’attuazione della delega

I servizi automobilistici interregionali

Il decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 285 ha dato attuazione alla delega recata dalla legge n. 32/2005 relativamente al riordino dei servizi automobilistici interregionali di competenza statale, intendensosi per tali i servizi di trasporto di persone effettuati su strada mediante autobus, ad offerta indifferenziata, che si svolgono in modo continuativo o periodico su un percorso che interessa il territorio di almeno tre regioni ed aventi itinerari, orari, frequenze e prezzi prestabiliti, nonché i servizi integrativi aventi le predette caratteristiche .

L’obiettivo perseguito è quello del superamento, in conformità con la disciplina comunitaria, degli aspetti restrittivi della libera concorrenza ancora presenti nello svolgimento dei servizi di linea interregionali di competenza statale, pervenendo

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TRASPORTI

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ad un sistema autorizzatorio, attraverso una graduale fase di adattamento dal sistema della concessione amministrativa177. Il provvedimento è quindi finalizzato alla liberalizzazione, alla sicurezza dei viaggiatori, alla qualità dei servizi offerti, al rispetto della normativa in tema di sicurezza sociale e alla tutela della concorrenza e della trasparenza del mercato.

Per l’accesso al mercato, il decreto prevede il rilascio di un’autorizzazione, con validità massima di cinque anni, alle imprese iscritte nel registro delle imprese che soddisfino le condizioni richieste dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. A regime, non è più previsto alcun diritto di esclusività, per cui più imprese o gruppi di imprese riunite possono esercitare, in concorrenza tra di loro, i medesimi collegamenti automobilistici, a condizione che le stesse dimostrino di possedere i requisiti per l'accesso alla professione di trasportatore di persone su strada, nonché di operare nel pieno rispetto delle disposizioni nazionali in materia fiscale e sociale e di offrire servizi qualitativamente validi e sicuri per le persone trasportate. Il decreto legislativo, prevede, poi, oltre ad un articolato sistema sanzionatorio per le infrazioni che le imprese possono compiere, distinguendole in infrazioni relative all’esercizio di un servizio di linea e infrazioni che non riguardano specificatamente l’esercizio di un servizio di linea, una precisa disciplina per il periodo transitorio. In particolare, si prevede che: fino al 31 dicembre 2010:

continuano ad esse valide le concessioni dei servizi di linea rilasciate ai sensi della legge n. 1822 del 1939; alle imprese titolari di concessione, che soddisfano le condizioni per l’accesso al mercato previste dal decreto legislativo, viene rilasciato, su istanza, il corrispondente titolo autorizzativo, in luogo della concessione;

possono essere autorizzati nuovi servizi di linea o modifiche dirette a produrre nuove relazioni di traffico nei servizi di linea già esistenti alla data di entrata in vigore del decreto legislativo, a condizione che le relazioni di traffico proposte interessino località distanti più di 30 Km da quelle servite da relazioni di traffico comprese nei programmi di esercizio dei servizi di linea oggetto di concessione statale. Le domande per l’istituzione di nuovi servizi di linea o di modifica di quelli esistenti, presentate ai sensi della previgente normativa e per le quali non sia concluso il relativo procedimento alla data di entrata in vigore del decreto legislativo in esame, sono regolate dalle norme contenute nel decreto medesimo;

dal 1° gennaio 2011:

177 Disciplinato dalla Legge 28 settembre 1939, n. 1822 Disciplina degli autoservizi di linea

(autolinee per viaggiatori, bagagli e pacchi agricoli in regime di concessione all'industria privata).

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TRASPORTI

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le imprese titolari di concessione amministrativa che non soddisfano le condizioni previste per l’accesso al mercato o che non hanno presentato istanza per il rilascio del titolo autorizzativo in luogo della concessione, decadono dall’esercizio dell’attività;

per nuovi servizi di linea o per la modifica di quelli esistenti è richiesto il rilascio dell’autorizzazione, previo soddisfacimento delle condizioni richieste dalla nuova normativa per l’accesso al mercato.

La liberalizzazione regolata dell’attività di autotrasportatore

Il decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 286 ha dato attuazione alla delega di cui alla legge n. 32/2005 relativamente al riassetto normativo in materia di liberalizzazione regolata dell'esercizio dell'attività di autotrasportatore.

Il provvedimento - che si inserisce nel processo di ristrutturazione e di liberalizzazione del settore avviato nella precedente legislatura (vedi infra) – oltre ad incidere sul riassetto normativo in materia di liberalizzazione regolata dell’esercizio dell’attività di autotrasporto di cose per conto terzi con contestuale raccordo con la disciplina delle condizioni e dei prezzi dei servizi (capo I), ha recepito nell’ordinamento interno la direttiva 2003/59/CE sulla qualificazione iniziale e formazione dei conducenti professionali178.

Il riassetto normativo in materia di liberalizzazione regolata dell’attività di autotrasporto di merci si basa sostanzialmente sui seguenti cardini: superamento delle tariffe obbligatorie (cosiddette tariffe a forcella179) e

libera contrattazione dei prezzi tra committenti e vettori;

178 Il decreto legislativo n. 286/2005 risulta così emanato anche in attuazione dell’articolo 1 della

legge 62/2005 (legge comunitaria 2004) che ha delegato il Governo ad adottare i decreti legislativi recanti le norme occorrenti per dare attuazione, tra l’altro, alle direttive comprese nell’elenco di cui all’allegato B, all’interno del quale figura la direttiva 2003/59/CE .

179 Il sistema delle tariffe a forcella (vedi supra) era stato istituito dalla legge 298/1974, al fine di aumentare la forza contrattuale del maggior numero di imprese, per lo più di dimensioni molto ridotte e quindi con una scarsa capacità contrattuale. Si ricorda che in ordine al sistema di tariffe "a forcella", la Corte costituzionale, nella sentenza n. 386 del 1996, aveva affermato che la vincolatività di tale sistema - avente la funzione di "garantire alle imprese un margine di utile, evitando situazioni di concorrenza sleale che, deprimendo i noli, costringano le imprese ad operare in situazioni di difficoltà, sì da non procedere ad ammortamenti e da non garantire ai lavoratori il dovuto trattamento economico e normativo" - non era da ritenere in contrasto con i princìpi costituzionali. In particolare, la Corte aveva affermato che il sistema non poteva reputarsi "irragionevole ed ingiustificatamente discriminatorio" e che esso risultava giustificato dal carattere di servizio pubblico dell'attività di autotrasporto e dalla sua incidenza diretta sui bisogni della collettività; era stato altresì escluso che il sistema potesse considerarsi in contrasto con l'art. 41 della Costituzione, dovendo l'iniziativa economica privata svolgersi in conformità dell'utilità sociale. Peraltro, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato aveva ritenuto il settore dell'autotrasporto di cose per conto di terzi un "settore a concorrenza limitata" a causa "della limitazione all'accesso di nuovi operatori", "dell'artificiale limitazione dell'offerta" e "dell'artificiosa determinazione di un prezzo di autotrasporto slegato dai meccanismi di mercato ed originato invece dall'intervento di un'autorità amministrativa". Da qui la conclusione che il sistema delle tariffe a forcella "sembra comportare un'indebita limitazione del diritto di iniziativa economica

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TRASPORTI

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ricorso volontario agli accordi di settore, ossia accordi di diritto privato che le organizzazioni associative di vettori e di utenti possono stipulare per regolare i rapporti contrattuali, sulla base della normativa in materia di sicurezza della circolazione e di sicurezza sociale;

responsabilità soggettiva condivisa di tutti i soggetti della catena del trasporto in caso di esercizio abusivo dell’attività di autotrasporto o violazione delle norme sulla sicurezza della circolazione;

controllo della regolarità amministrativa della circolazione, attestata da una serie di documenti obbligatori tra i quali un certificato dal quale risulti la permanenza dell’iscrizione all’Albo nazionale degli autotrasportatori;

certificazione di qualità per specifiche categorie di trasporto (quali le merci pericolose, le derrate deperibili, i rifiuti industriali ed i prodotti farmaceutici);

forma “di regola” scritta del contratto, al fine di favorire la correttezza e la trasparenza dei rapporti tra contraenti180 Per quanto concerne la direttiva 2003/59/CE oggetto di recepimento nel d. lgs.

286/2005, essa reca nuove norme comunitarie tese a garantire che i conducenti, tramite la loro qualificazione, possiedano il livello necessario sia per l'accesso all’attività, sia per l'esercizio dell'attività di guida, a tal fine istituendo l'obbligo di una qualificazione iniziale e di una formazione periodica degli esercenti il servizio di autotrasporto attraverso un certificato di idoneità professionale («CAP») comprovante la qualificazione iniziale o la formazione periodica. Il decreto legislativo 286/2005 recepisce la direttiva, prevedendo che l’attività di guida di veicoli per i quali è richiesta la patente delle categorie C, C+E, D e D+E sia subordinata all’obbligo di qualificazione iniziale ed all’obbligo di formazione periodica per il conseguimento della carta di qualificazione del conducente181.

Riordino delle strutture operanti nel settore dell’autotrasporto Il decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 284 ha dato attuazione alla terza

area di intervento indicata dalla legge delega 32/2005, provvedendo a riordinare le strutture e gli organismi pubblici operanti nel settore dell’autotrasporto merci, in

privata sancito dalla Costituzione e riaffermato quale valore fondamentale dell'ordinamento dalla legge 287/90” (segnalazione del 20 maggio 1993).

180 Circa la forma del contratto di autotrasporto, vedi supra . 181 Ai sensi dell’articolo 116 del codice della strada (D.Lgs 285/1992) la patente di categoria C

abilita alla guida di autoveicoli, di massa complessiva a pieno carico superiore a 3,5 t, anche se trainanti un rimorchio leggero, esclusi quelli per la cui guida è richiesta la patente della categoria D; la patente C+E abilita alla guida degli stessi autoveicoli previsti per la patente C ma il rimorchio può essere di peso superiore a 750 Kg (il peso complessivo non deve comunque essere superiore a 7,5 t); la patente di categoria D abilita alla guida di autobus ed altri autoveicoli destinati al trasporto di persone il cui numero di posti a sedere, escluso quello del conducente, è superiore a otto, anche se trainanti un rimorchio leggero;la patente di categoria D+E abilita alla guida degli stessi autoveicoli previsti per la patente D, ma il rimorchio può superare i 750 Kg.

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TRASPORTI

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particolare la Consulta generale per l'autotrasporto e il Comitato centrale per l'Albo nazionale degli autotrasportatori.

Il provvedimento si muove nell’ottica della separazione delle funzioni dei due organi, pur nella consapevolezza del necessario collegamento fra gli stessi per il raggiungimento di obiettivi comuni, legati all'individuazione di politiche di settore in grado di realizzare la migliore mobilità delle merci e favorire la competitività delle imprese italiane di produzione e di servizi.

Viene così riconosciuto alla Consulta generale per l'autotrasporto un ruolo di proposta di indirizzi e strategie di governo del settore, riformando l'organizzazione e le competenze del Comitato centrale e degli organi periferici, a seguito del trasferimento alle province delle funzioni relative alla tenuta degli Albi provinciali degli autotrasportatori, prima espletate dai Comitati provinciali182.

La Consulta generale per l’autotrasporto183 - organo collegiale con rappresentati degli organismi pubblici e privati coinvolti nel settore - è collocata alla diretta dipendenza del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti – Dipartimento per i trasporti terrestri, in posizione di autonomia contabile e finanziaria: essa è chiamata a svolgere attività propositiva, di studio, di monitoraggio, di consulenza delle autorità politiche, per la definizione delle politiche di intervento e delle strategie di governo nel settore dell’autotrasporto e della logistica.

Il Comitato centrale per l’Albo nazionale degli autotrasportatori opera - nell'ambito del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – in posizione di autonomia contabile e finanziaria con compiti sostanzialmente di gestione operativa. Compito primario del Comitato centrale è proprio quello di provvedere alla formazione ed alla pubblicazione dell'Albo nazionale degli autotrasportatori, l'iscrizione al quale costituisce condizione essenziale per l'esercizio della professione di autotrasportatore.

Gli organi periferici del Comitato centrale sono individuati nei Comitati regionali per l’Albo degli autotrasportatori chiamati, in particolare, a dare esecuzione alle direttive del Comitato centrale, e a formulare proposte in ordine alla formazione ed alla tenuta degli Albi provinciali.

L'opportunità di mantenere in vita come organi periferici unicamente i Comitati regionali – rispetto agli organi periferici della precedente normativa (Comitati

182 Nella normativa previgente (legge 298/1978) al Comitato centrale istituito presso il Ministero dei

trasporti era affidato il compito di gestire l’albo nazionale degli autotrasportatori e ai Comitati provinciali e regionali, il compito di gestione degli albi locali. I Comitati provinciali erano istituiti presso gli uffici provinciali della motorizzazione civile; presso le direzioni compartimentali della motorizzazione civile aventi sede nelle regioni a statuto speciale e, per le regioni a statuto ordinario, presso gli uffici provinciali della motorizzazione civile già sede di direzione compartimentale erano istituiti i comitati regionali.

183 Tale organismo è stato istituito con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 6 febbraio 2003, n. 2284/TT con compiti di studio, proposta e supporto degli organi decisionali in ordine alle problematiche interne ed internazionali attinenti al settore dell’autotrasporto di merci; il successivo decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 29 luglio 2003 n. 2291 CONS ha provveduto alla nomina dei componenti.

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TRASPORTI

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regionali e Comitati provinciali)– nasceva, secondo quanto dichiarato in sede di relazione illustrativa dello schema del decreto legislativo in questione, dalla constatazione che l'entrata in vigore delle norme di cui al decreto legislativo 112/1998184 aveva fatto venir meno la quasi totalità dei compiti dei Comitati provinciali in materia di tenuta degli albi provinciali degli autotrasportatori, attribuendo alle province le connesse funzioni. Ai Comitati provinciali erano così rimasti compiti legati all'osservanza delle tariffe obbligatorie, peraltro anch'essi superati dalla liberalizzazione dell'attività di autotrasporto introdotta dal decreto legislativo 286/2005.

L’accesso alla professione di autotrasportatore

La disciplina dell’accesso alla professione di autotrasportatore è dettata dal d.lgs. 22 dicembre 2000, n. 395185, intervenuto in attuazione della delega recata dalla legge 23 dicembre 1997, n. 454. Tale legge aveva modificato la previgente disciplina della legge 298/1978, prevedendo interventi per lo sviluppo dell'intermodalità e la ristrutturazione dell'autotrasporto – in particolare attraverso forme di aggregazione tra imprese e la riduzione delle imprese monoveicolari – al fine di consentire al comparto dell'autotrasporto nazionale di evolvere verso forme e modalità di servizio più evolute e competitive e di incrementare il trasporto combinato.

Il d. lgs. 395/200 - poi novellato dal d.lgs. 28 dicembre 2001, n. 478186 – ha dato attuazione alla normativa comunitaria, rivedendo e integrando la previgente disciplina sull'accesso alla professione di autotrasportatore di cose per conto terzi. Il decreto – che è diretto a rendere effettiva la libertà di stabilimento anche per la professione di trasportatore su strada di viaggiatori, nonché ad adeguare l’ordinamento alle modifiche introdotte nel frattempo in sede comunitaria - ha precisato le condizioni in presenza delle quali può essere esercitata l’attività di autotrasporto per conto terzi dalle imprese iscritte all’Albo in possesso dei requisiti di onorabilità, capacità finanziaria e idoneità professionale, nonché di licenza o di diverso titolo previsto per l’esercizio dell’attività: sono altresì previste verifiche e sanzioni anche in relazione alla permanenza delle condizioni iniziali.

Il decreto ha poi dettato alcune disposizioni transitorie, in attesa dell’avvio della completa liberalizzazione dell’esercizio della professione, sulla quale sono intervenute diverse proroghe anche nel corso della XIV legislatura.

184 Recante Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti

locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59. 185 Il provvedimento è intervenuto in attuazione della direttiva n. 98/76/CE, sulla base dell’articolo 1

della legge comunitaria n. 526 del 1999 modificativa della direttiva n. 96/26/CE, riguardante l'accesso alla professione di trasportatore su strada di merci e di viaggiatori, nonché il riconoscimento reciproco di diplomi, certificati e altri titoli allo scopo di favorire l'esercizio della libertà di stabilimento nel settore dei trasporti nazionali ed internazionali.

186 Recante Disposizioni integrative e correttive del D.Lgs. 22 dicembre 2000, n. 395, in materia di accesso alla professione di trasportatore su strada di cose per conto terzi.

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TRASPORTI

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Il comma 1-bis dell’articolo 22 del d. lgs. 395/2000 – introdotto dal d. lgs. 478/2001 - reca una disposizione transitoria per l’accesso al mercato dell’autotrasporto nel periodo cha va dal 1° luglio 2001187 al 31 dicembre 2007188, prevedendo che, oltre al possesso dei requisiti di onorabilità, capacità finanziaria e capacità professionale (già previsti dal d.lgs. 95 in via generale, in attuazione della direttiva comunitaria), le imprese che intendono svolgere l’attività di autotrasporto dimostrino di avere acquisito per cessione d’azienda imprese di autotrasporto ovvero l’intero parco dei veicoli di altra impresa che cessi l’attività189.

187 L’articolo 1 comma 1, del D.Lgs. 14 marzo 1998 n. 85 recante Riordino della disciplina

concernente il rilascio delle autorizzazioni per l'esercizio dell'attività di autotrasporto di cose per conto di terzi, a norma dell'articolo 7, comma 2, della L. 23 dicembre 1997, n. 454 ha previsto che a far data dal 1° gennaio 2001 (termine successivamente differito – vedi infra) fossero autorizzate all'esercizio dell'attività di trasportatore su strada per conto di terzi le imprese iscritte all'albo degli autotrasportatori; successivamente l’articolo 22 del D.Lgs 395/2000 ha differito tale termine fino alla data di entrata in vigore del regolamento di attuazione del D.Lgs. medesimo –intervenuto con D.M. 28 aprile 2005 n. 161 - e comunque non oltre il 1° luglio 2001.

188 Cfr articolo 2 del decreto legge 24 giugno 2003 n. 147 recante Proroga di termini e disposizioni urgenti ordinamentali. (che ha disposto la proroga al 31 dicembre 2004): la proroga è intervenuta in seguito ad un accordo firmato in data 6 settembre 2002 tra Governo e autotrasportatori con il quale è stato previsto tra l’altro che il regime di blocco dell’accesso di nuove imprese al mercato fosse prorogato fino all’1° luglio 2004 (la versione originaria del decreto legge infatti prevedeva che la proroga fosse disposta fino al 1° luglio 2004, termine poi prorogato al 31 dicembre 2004 in sede di conversione del decreto) a seguito delle forti resistenze e preoccupazioni delle associazioni dei piccoli e medi imprenditori che temevano di essere estromessi a causa della nascita, in un mercato liberalizzato, di imprese di grandi dimensioni. La proroga avrebbe consentito quindi a tali soggetti di potersi organizzare in vista della completa liberalizzazione dl mercato ed era effettuata al fine di evitare immediate ricadute negative sull’occupazione e sulla situazione generale del settore. Successivamente sono intervenuti, dapprima, l’articolo 3 del D.L. 30-dicembre 2004 n. 314 recante Proroga di termini, che ha prorogato il termine del 31 dicembre 2004 al 30 giugno 2006, e, da ultimo, l’articolo 1, comma 111, della legge 23 dicembre 2005 n. 266 (legge finanziaria per il 2006) che ha disposto l’ulteriore proroga al 31 dicembre 2007.

189 Tale norma di fatto ha circoscritto il numero delle imprese destinate ad operare sul mercato, per il periodo indicato, in quanto ad ogni nuova impresa doveva corrispondere la cessazione di un’altra esistente.

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TRASPORTI

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IL TRASPORTO PUBBLICO LOCALE

Nella XIV legislatura la IX Commissione (Trasporti, poste e telecomunicazioni) della Camera ha avviato l’esame di diverse proposte di legge - presentate sia da esponenti dei gruppi di maggioranza sia da esponenti dei gruppi di opposizione - recanti modifiche e integrazioni alla disciplina prevista dal d.lgs. 422/1997190, in particolare relative al regime transitorio ivi previsto, in vista dell’affidamento dei relativi servizi mediante procedure concorrenziali. Nonostante l’iter parlamentare di tali proposte non si sia concluso, parte del contenuto del testo unificato licenziato per l’Assemblea191 è confluito nell’articolo 1, commi 393-394, della legge finanziaria per il 2006 (legge n. 266/2005).

Il quadro normativo

II settore dei trasporti pubblici locali (TPL) è stato oggetto di un rilevante processo di riforma, regolato dal d.lgs. 422/1997192, successivamente modificato ed integrato dal d.lgs 400/1999, nonché da ulteriori disposizioni di carattere puntuale. Alla revisione del settore il legislatore ha provveduto in occasione del riassetto generale dell’organizzazione amministrativa centrale, disposto dalla legge 15 marzo 1997, n. 59, che - per il settore dei trasporti - ha espressamente previsto che le regioni assumano la funzione programmatoria e definiscano il livello dei servizi minimi qualitativamente e quantitativamente sufficienti a soddisfare la domanda di mobilità dei cittadini, con costi a carico dei bilanci regionali e offrendo come strumento di garanzia la subordinazione del conferimento delle funzioni a preventivi accordi di programma da stipularsi tra il Ministero dei trasporti e le regioni.

Il d.lgs 422 ha quindi disciplinato il conferimento alle regioni ed agli enti locali delle funzioni e dei compiti in materia di servizi pubblici di trasporto di interesse regionale e locale con qualsiasi modalità effettuati ed in qualsiasi forma affidati, ed ha fissato i criteri di organizzazione dei servizi.

Sono stati definiti servizi pubblici di trasporto regionale e locale - esercitati da qualunque organo o amministrazione dello Stato, centrale e periferica, anche tramite enti o altri soggetti pubblici - quei servizi di trasporto di persone e merci (esclusi quelli di interesse nazionale, lasciati alla competenza dello Stato) che comprendono l'insieme dei sistemi di mobilità terrestri, marittimi, lagunari, lacuali, fluviali e aerei che operano in modo continuativo o periodico con itinerari, orari, frequenze e tariffe prestabilite, ad accesso

190 Recante Conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto

pubblico locale, a norma dell’articolo 4, comma 4, della L. 15 marzo 1997, n. 59 191 Testo unificato 3053-4358-4815-4957-5057-A 192 Decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422 recante Conferimento alle regioni ed agli enti

locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, a norma dell'articolo 4, comma 4, della L. 15 marzo 1997, n. 59.

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TRASPORTI

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generalizzato, nell'ambito di un territorio di dimensione normalmente regionale o infraregionale.

Per quanto concerne le funzioni delegate alle regioni, esse riguardano l'intero comparto del servizio di trasporto, comprese le ferrovie di interesse regionale e locale, e le competenze conferite sono essenzialmente di carattere programmatorio, nonchè di carattere amministrativo e finanziario. E’ stato previsto il conferimento e l’attribuzione delle relative risorse, previo accordo di programma tra Ministero dei trasporti e regione interessata, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, emanato sentiti i Ministri interessati ed il Ministro del tesoro e tale da prevedere un trasferimento di beni e risorse che sia comunque congruo rispetto alle competenze trasferite e che comporti la parallela soppressione dell'amministrazione statale periferica, ovvero il suo ridimensionamento in rapporto ad eventuali compiti residui.

Il d.lgs. 422/1997, disciplinando le forme di esercizio locale dei servizi di trasporto pubblico, ha stabilito, inoltre, in ossequio al principio di sussidiarietà, che le regioni conferiscano a province, comuni ed enti locali – pena l’intervento sostitutivo del Governo - le funzioni in materia di trasporto pubblico locale che non richiedano un unitario esercizio a livello regionale. Gli enti locali hanno inoltre competenza residuale, appartenendo ad essi i compiti e le funzioni che non sono di competenza dello Stato e delle regioni; in particolare sono ad essi espressamente conferiti i compiti amministrativi e le funzioni nei settori del trasporto lagunare e lacuale .

Al fine della effettiva realizzazione del trasferimento o della delega di funzioni agli enti locali, il d.lgs. n. 422 ha previsto l’intervento, entro sei mesi dalla data di emanazione dello stesso, di apposite leggi regionali che individuassero in modo puntuale le funzioni conferite193.

La regione quindi è stata individuata come unico soggetto regolatore di tutto il comparto, con la possibilità di definire un’integrazione tra i vari modi del trasporto, anche in virtù della doppia responsabilità – pianificatoria e finanziaria – che consente una migliore destinazione delle risorse disponibili e quindi un più reale rispetto dei due principi di economicità ed efficienza.

Se il decreto legislativo 422/1997 riconosce a livello di funzioni amministrative un ruolo centrale alle regioni nel trasporto pubblico locale, tale riconoscimento sembra confermato a livello di competenze legislative dalla revisione del titolo V della Costituzione che ha modificato i criteri di ripartizione delle competenze tra Stato, regioni e autonomie locali (v. scheda Trasporto pubblico locale – Il nuovo Titolo V).

Sul trasporto pubblico locale hanno, inoltre, inciso altre disposizioni relative alla gestione e all’affidamento dei servizi pubblici locali, che presentano anche

193 Le leggi regionali sono state emanate dalle quindici regioni a statuto ordinario, mentre alcune

delle regioni a statuto speciale hanno provveduto ad integrare la normativa vigente, anteriore al d.lgs. n. 422 .

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TRASPORTI

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rife-rimenti alle discipline di settore, ovvero direttamente al trasporto pubblico locale.

In primo luogo, l’art 14 del DL n. 269/2003194, modificando e integrando l’articolo 113 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali sui servizi pubblici locali, ha delineato una disciplina generale - recante, tra l’altro, la possibilità dell’affidamento “in house”195 - dal cui ambito di applicazione non veniva espressamente escluso il trasporto pubblico locale. Peraltro, l’art. 14 del richiamato DL, con espressione non del tutto univoca, precisava, al comma 1 dell’art. 113 del testo unico, che le disposizioni del medesimo articolo relative alle modalità di gestione ed affidamento dei servizi pubblici locali, “concernono la tutela della concorrenza e sono inderogabili ed integrative delle discipline di settore. Restano ferme le altre disposizioni di settore e quelle di attuazione di specifiche normative comunitarie” (v. capitolo Disciplina dei servizi pubblici locali nel dossier relativo alla Commissione Affari costituzionali)

La questione dell’applicabilità della disciplina generale sui servizi pubblici locali al trasporto pubblico locale è stata successivamente chiarita dall’articolo 1, comma 48, della legge 308/2004 (Delega al Governo per il riordino in materia ambientale) che ha inserito un comma 1-bis all’articolo 113 del testo unico, a norma del quale il trasporto pubblico locale è escluso dall’ambito di applicazione della disciplina generale sui servizi pubblici locali, dovendosi pertanto applicare in tale ambito la disciplina “speciale” di settore.

Il regime transitorio

Il testo originario dell’articolo 18, comma 3-bis, del d.lgs. 422/1997 prevedeva che le regioni fissassero un periodo transitorio, da concludersi comunque entro il 31 dicembre 2003, nel corso del quale vi fosse la possibilità di mantenere tutti gli affidamenti agli attuali concessionari e alle società derivanti dalla trasformazione delle aziende speciali e dei consorzi, pur con l’obbligo di affidamento di quote di servizio o di servizi speciali mediante procedure concorsuali. Trascorso il periodo

194 Decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, recante Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e

per la correzione dell'andamento dei conti pubblici 195 Ai sensi dell’articolo 113 del testo unico sull’ordinamento degli enti locali (d.lgs. 267/2000),

come modificato dal DL 269/2003, l'erogazione del servizio avviene secondo le discipline di settore e nel rispetto della normativa dell'Unione europea, con conferimento della titolarità del servizio: a) a società di capitali individuate attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica; b) a società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato venga scelto attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza secondo le linee di indirizzo emanate dalle autorità competenti attraverso provvedimenti o circolari specifiche; c) a società a capitale interamente pubblico a condizione che l'ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano (c.d. affidamento in house)

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TRASPORTI

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transitorio, tutti i servizi avrebbero dovuto essere affidati esclusivamente tramite le procedure concorsuali, come previste dal comma 2 del medesimo articolo 18196.

L’articolo 11, comma 3, della legge n. 166 del 2002 (cd. “collegato infrastrutture e trasporti”) ha stabilito la prorogabilità (da parte delle regioni), per un biennio, e quindi fino al 31 dicembre 2005, di tale periodo transitorio, decorso il quale, come già detto, tutti i servizi devono essere affidati esclusivamente tramite le procedure concorsuali197.

Sul termine del periodo transitorio sono intervenuti anche, con effetti più circoscritti, gli articoli 22 e 23 del decreto-legge n. 355/2003198. In particolare l’articolo 22 ha previsto il mantenimento in capo agli attuali concessionari dell’affidamento dei servizi ferroviari di interesse regionale e locale fino al 31 dicembre 2004 (prolungando di un anno la durata del regime transitorio di cui sopra) per i soli servizi ferroviari per i quali non risulti raggiunto almeno il rapporto del 35 per cento tra ricavi e costi del trasporto (al netto dei costi relativi all’infrastruttura), escludendo esplicitamente dall’applicazione della norma i servizi automobilistici integrativi. L’articolo 23, comma 3-bis ha stabilito la proroga fino al 31 dicembre 2005 del termine del periodo transitorio fissato dall’articolo 18, comma 3- bis, del d. lgs. 422/1997, per l’affidamento dello svolgimento dei soli servizi di trasporto automobilistici199.

196 Alle gare possono partecipare i soggetti in possesso dei requisiti di idoneità morale, finanziaria

e professionale richiesti, ai sensi della normativa vigente, per il conseguimento della prescritta abilitazione all'autotrasporto di viaggiatori su strada, con esclusione delle società che, in Italia o all'estero, gestiscono servizi in affidamento diretto o attraverso procedure non ad evidenza pubblica, e delle società dalle stesse controllate. Tale esclusione non opera limitatamente alle gare che hanno ad oggetto i servizi già espletati dai soggetti stessi. La gara è aggiudicata sulla base delle migliori condizioni economiche e di prestazione del servizio, nonché dei piani di sviluppo e potenziamento delle reti e degli impianti, oltre che della fissazione di un coefficiente minimo di utilizzazione per la istituzione o il mantenimento delle singole linee esercite.

197 Tale disposizione, recando un rinvio sic et simpliciter all’articolo 18 del d.lgs 422/1997 (relativo all’intero comparto del trasporto pubblico locale e regionale) sembrava prevedere la possibilità di un generale differimento del termine del periodo transitorio per tutte le modalità di trasporto. Tuttavia sono state sollevate alcune perplessità interpretative, in relazione alla collocazione della disposizione di modifica all’interno di un articolo interamente dedicato al decentramento dei servizi ferroviari, che induceva a ritenere legittima un’interpretazione restrittiva, limitata ai soli servizi ferroviari.

198 Recante Proroga di termini previsti da disposizioni legislative, convertito con modificazioni dalla legge 27 febbraio 2004, n. 47

199 Tale comma ha previsto inoltre che il Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentita la Conferenza unificata provveda annualmente alla ricognizione e alla individuazione delle risorse al fine di emanare provvedimenti per contribuire al risanamento e allo sviluppo del trasporto pubblico locale, al potenziamento del trasporto rapido di massa e al corretto svolgimento delle procedure di affidamento dei servizi

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TRASPORTI

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Il testo unificato in materia di tutela della concorrenza

Il testo unificato AA.CC. 3053 e abb., elaborato dalla IX Commissione della Camera a seguito dell’esame di diverse proposte di legge presentate - come già ricordato - sia da esponenti delle forze di maggioranza sia da esponenti delle forze di opposizione, reca disposizioni finalizzate ad assicurare la tutela della concorrenza nel settore del trasporto pubblico locale, favorendo in particolare un equilibrio di mercato nel processo di liberalizzazione del settore, il conseguimento degli obiettivi di riforma del settore, la sicurezza dei viaggiatori, l’omogeneità dei requisiti professionali, la tutela delle condizioni di lavoro.

Il testo incide principalmente sui seguenti aspetti: regime transitorio: novellando l’articolo 18 del d.lgs. 422/1997, si stabilisce

che, ferme restando le procedure di gara ad evidenza pubblica già avviate o concluse, le regioni possano prevedere – subordinatamente alla verifica dei requisiti indicati e in presenza di una delle condizioni ivi previste200 - proroghe di affidamento fino a un massimo di quattro anni. La possibilità della proroga dell’affidamento è estesa anche ai servizi automobilistici di competenza regionale, prevedendo che nel periodo di proroga le regioni e gli enti locali promuovano la razionalizzazione delle reti anche attraverso l’integrazione dei servizi su gomma e su ferro individuando sistemi di tariffazione unificata. Quanto, poi, ai soggetti titolari dell’affidamento dei servizi in house, secondo le disposizioni dell’articolo 113 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, si prevede che essi provvedano ad affidare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge, con procedure ad evidenza pubblica, almeno il 20 per cento dei servizi eserciti a soggetti privati o a società non partecipate dalle medesime regioni o dagli stessi enti locali affidatari, ovvero a cedere, con procedure ad evidenza pubblica, alle medesime società, almeno il 20 per cento del capitale sociale201.

criteri di affidamento dei servizi di trasporto regionale e locale cui devono uniformarsi le regioni e gli enti locali per incentivare il superamento degli assetti monopolistici ed introdurre regole di concorrenzialità (durata

200 Si tratta della: a) avvenuta cessione, mediante procedure ad evidenza pubblica, di una quota di

almeno il 20 per cento del capitale sociale ovvero di una quota di almeno il 20 per cento dei servizi eserciti a società di capitali, anche consortili, nonché a cooperative e consorzi, purché non partecipate dalle medesime regioni o dagli stessi enti locali affidanti i servizi; b) costituzione di un nuovo soggetto societario mediante fusione di almeno due società affidatarie di servizio di trasporto pubblico locale nel territorio nazionale ovvero alla costituzione di una società consortile, con predisposizione di un piano industriale unitario, di cui siano soci almeno due società affidatarie di servizio di trasporto pubblico locale nel territorio nazionale operanti all’interno della medesima regione ovvero in bacini di traffico uniti da contiguità territoriale in modo tale che tale nuovo soggetto unitario risulti affidatario di un maggiore livello di servizi di trasporto pubblico locale, secondo parametri di congruità definiti dalle regioni.

201 Si ricorda che gli affidamenti in house dei servizi di trasporto pubblico locale ai sensi del richiamato articolo 113, comma 5, lettera c) del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali sono stati disposti prima della introduzione della disposizione di cui al comma 1- bis dello stesso articolo 113 a norma del quale – come precisato sopra - il settore del trasporto pubblico locale è stato escluso dalla sfera di applicazione dello stesso articolo 113

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TRASPORTI

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minima del contratto di servizio pari a quattro anni, rimanendo la massima fissata in nove ani; affidamento al gestore aggiudicatario dei beni mobili per il cui acquisto si siano utilizzati, a qualunque titolo, fondi pubblici: ove ciò non risulti possibile, il bando di gara dovrà prevedere che il gestore si doti entro un determinato periodo di tali beni; modalità di trasferimento dal precedente gestore al nuovo del trattamento di fine rapporto maturato al momento del subentro);

istituzione presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti dell'Osservatorio nazionale del trasporto pubblico locale, con compiti di monitoraggio sull'erogazione dei servizi di trasporto pubblico locale, sull'andamento dei relativi costi di produzione e sulle tariffe praticate;

misure di ordine finanziario volte a garantire investimenti nel settore del trasporto pubblico locale, autorizzando le regioni ad effettuare operazioni finanziarie finalizzate ad investimenti diretti alla realizzazione, al miglioramento ed alla valorizzazione delle autostazioni, alla sostituzione di autobus destinati al trasporto pubblico locale in esercizio da oltre dieci anni, e all'acquisto di altri mezzi di trasporto pubblico di persone a trazione non convenzionale e a basso impatto ambientale.

La legge finanziaria per il 2006

Nonostante l’iter parlamentare del testo unificato non si sia concluso202, parte del contenuto dello stesso (essenzialmente la parte relativa al regime transitorio) risulta confluito nell’articolo 1, commi 393-394, della legge finanziaria per il 2006 (legge n. 266/2005).

Il comma 394 – modificando il comma 3-bis dell’articolo 18 del d.lgs. 422/1997 – ha prorogato al 31 dicembre 2006 il termine finale del periodo nel corso del quale vi è la possibilità di mantenere tutti gli affidamenti agli attuali concessionari e alle società derivanti dalla trasformazione delle aziende speciali e dei consorzi, pur con l’obbligo di affidamento di quote di servizio o di servizi speciali mediante procedure concorsuali: trascorso il periodo transitorio, tutti i servizi vengono affidati esclusivamente tramite le procedure concorsuali.

Sulla base delle ulteriori modifiche apportate dal comma 393 all’articolo 18 –- le regioni, ferme restando le procedure di gara ad evidenza pubblica già avviate o concluse, possono disporre un’eventuale proroga dell’affidamento, fino a un massimo di due anni203, in favore dei soggetti che soddisfino – entro il termine

202 Il testo unificato è stato licenziato per l’Assemblea in data 14 settembre 2005. In Assemblea si

sono svolte due sole sedute (16 settembre 2005 - discussione sulle linee generali e 29 settembre 2005)

203 Il termine di due anni è stato introdotto dall’articolo 3, comma 2-bis, del D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, recante Definizione e proroga di termini, nonché conseguenti disposizioni urgenti, convertito in legge, con modificazioni dall’art. 1, L. 23 febbraio 2006, n. 51. La legge finanziaria per il 2006 aveva previsto il termine di un anno.

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TRASPORTI

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del periodo transitorio del 31 dicembre 2006 - una delle seguenti condizioni (comma 3-ter): per le aziende partecipate da regioni o enti locali, la cessione, mediante

procedure ad evidenza pubblica, di una quota di almeno il 20 per cento del capitale sociale ovvero di una quota di almeno il 20 per cento dei servizi eserciti, a società di capitali, anche consortili, nonché a cooperative e consorzi, purché non partecipate da regioni o da enti locali;

creazione di un nuovo soggetto societario mediante fusione di almeno due società affidatarie di servizio di trasporto pubblico locale nel territorio nazionale ovvero costituzione di una società consortile, con predisposizione di un piano industriale unitario, di cui siano soci almeno due società affidatarie di servizio di trasporto pubblico locale nel territorio nazionale. Le società interessate dalle operazioni di fusione o costituzione di società consortile devono operare all'interno della medesima regione ovvero in bacini di traffico uniti da contiguità territoriale in modo tale che il nuovo soggetto unitario risulti affidatario di un maggiore livello di servizi di trasporto pubblico locale, secondo parametri di congruità definiti dalle regioni. Il comma 3-quater prevede che, durante i periodi di cui ai commi 3-bis e 3-

ter, i servizi di trasporto pubblico regionale e locale possono continuare ad essere prestati dagli attuali esercenti, comunque denominati. Gli enti locali affidanti possono integrare il contratto di servizio pubblico già in essere ai sensi dell'articolo 19 in modo da assicurare l'equilibrio economico e attraverso il sistema delle compensazioni economiche di cui al regolamento (CEE) n. 1191/69 del Consiglio, del 26 giugno 1969, e successive modificazioni, ai sensi e per gli effetti di quanto stabilito all'articolo 17. Nei medesimi periodi di cui ai commi 3-bis e 3-ter, gli affidatari dei servizi, sulla base degli indirizzi degli enti affidanti, provvedono, in particolare:

a) al miglioramento delle condizioni di sicurezza, economicità ed efficacia dei servizi offerti nonché della qualità dell'informazione resa all'utenza e dell'accessibilità ai servizi in termini di frequenza, velocità commerciale, puntualità ed affidabilità;

b) al miglioramento del servizio sul piano della sostenibilità ambientale; c) alla razionalizzazione dell'offerta dei servizi di trasporto, attraverso

l'integrazione modale in ottemperanza a quanto previsto al comma 3-quinquies.

Il comma 3-quinquies stabilisce che le disposizioni relative al periodo transitorio di cui ai commi 3-bis e 3-quater si applicano anche ai servizi automobilistici di competenza regionale. Durante tale periodo transitorio, le regioni e gli enti locali promuovono la razionalizzazione delle reti anche attraverso l’integrazione dei servizi su gomma e su ferro, individuando sistemi di tariffazione unificata volti ad integrare le diverse modalità di trasporto.

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TRASPORTI

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Il comma 3-sexies stabilisce che i soggetti titolari dell’affidamento dei servizi “in house”,ai sensi dell'articolo 113, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (vedi supra), provvedono ad affidare, con procedure ad evidenza pubblica, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della disposizione, una quota di almeno il 20 per cento dei servizi eserciti, a soggetti privati o a società, purché non partecipate dalle medesime regioni o dagli stessi enti locali affidatari dei servizi.

Il comma 3-septies precisa che le società che fruiscono dell’ulteriore proroga di cui ai commi 3-bis e 3-ter non possono partecipare a procedure ad evidenza pubblica attivate sul resto del territorio nazionale per l'affidamento di servizi.

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IL TRASPORTO MARITTIMO

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TRASPORTI

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IL SETTORE PORTUALE

Il quadro normativo

Nella XIV legislatura, il settore portuale è stato oggetto di particolare attenzione, in quanto settore produttivo coinvolto in un processo sempre più ampio di liberalizzazione e privatizzazione a livello nazionale ed internazionale.

La legge 28 gennaio 1994, n. 84, recante “Riordino della legislazione in materia portuale” - che reca la normativa tuttora vigente nel settore - ha innovato il precedente modello organizzativo, basato su porti interamente pubblici – non più rispondente alle esigenze dell'industria del trasporto marittimo e intermodale e della portualità in generale - introducendo al suo posto il modello denominato “landlord port authority”, caratterizzato dalla separazione tra le funzioni di programmazione e controllo del territorio e delle infrastrutture portuali - che sono affidate al soggetto pubblico, in particolare alle Autorità portuali (v. scheda Le Autorità portuali) - e le funzioni di gestione del traffico e dei terminali, che sono affidate a privati, fermo restando la proprietà pubblica dei suoli e delle infrastrutture.

Successivamente, la riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione ha significativamente mutato il quadro delle competenze istituzionali in materia portuale. In particolare, il nuovo dettato dell'articolo 117 della Costituzione ha incluso i “porti e le grandi reti di trasporto e di navigazione” tra le materie di legislazione concorrente dello Stato e delle regioni, nel contempo riservando alla legislazione esclusiva dello Stato la disciplina di materie oggettivamente connesse a queste ultime, quali la sicurezza, le dogane e la tutela dell'ambiente; sono altresì riservati alla competenza statale gli ambiti materiali dell'ordinamento e organizzazione degli enti pubblici nazionali, nel cui ambito vanno annoverate le Autorità portuali. Il nuovo articolo 118, a sua volta, ha sancito il principio di sussidiarietà (verticale ed orizzontale), conferendo nuovo rilievo alle autonomie territoriali e ai privati (v. capitolo Rapporti Stato – autonomie territoriali nel dossier relativo alla Commissione Affari costituzionali).

L’indagine conoscitiva sull’assetto del settore portuale

L’attenzione del Parlamento sul settore portuale si è concentrata essenzialmente sul ruolo delle Autorità portuali, sull’attuazione della legge 84/1994, sui finanziamenti al sistema portuale e alle autorità portuali. Tali problematiche sono state oggetto di approfondimento in varie sedi parlamentari (in particolare nell’ambito del disegno di legge S. 2757, di riforma della legislazione in materia portuale, di atti di sindacato ispettivo e di documenti di indirizzo) oltre a costituire i temi di un’articolata indagine conoscitiva sull'assetto

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TRASPORTI

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del settore portuale svolta dalla IX Commissione (Trasporti, poste e telecomunicazioni) della Camera dei deputati e conclusa con l’approvazione di un documento conclusivo (DOC XVII, n. 16).

L’indagine è nata dall’esigenza di conoscere meglio le problematiche connesse al settore portuale e di elaborare un quadro completo delle principali questioni e criticità emerse durante i dieci anni di attuazione della legge 28 gennaio 1994, n. 84.

Nel corso dell’indagine l’attenzione si è concentrata sui seguenti profili: natura “nodale” del porto, inteso come un nodo fondamentale della rete

dei trasporti in quanto interfaccia intermodale tra trasporto marittimo e trasporti stradali, ferroviari ed aerei, per il trasporto di persone e merci. Il documento conclusivo evidenzia come il porto non possa essere considerato in modo avulso dal sistema infrastrutturale e debba rispondere alle esigenze di traffico delle merci e di persone. Per evitare che le frizioni nei passaggi intermodali determinino rallentamenti nel trasporto, con conseguenze in termini di costi, e quindi di competitività complessiva è necessario che i porti siano adeguatamente collegati con il territorio circostante. I porti sono poi visti come un elemento essenziale in un progetto di riequilibrio intermodale nel trasporto delle merci: lo spostamento dei traffici dalla gomma al mare è indispensabile per non frenare la crescita economica e per garantire adeguati livelli di sicurezza stradale e di sostenibilità ambientale;

natura integrata del sistema di trasporto: in tale ambito si inseriscono le “autostrade del mare” ossia il trasporto effettuato su più percorsi, in parte “tracciati” (tratte terrestri) ed in parte “non tracciati” (tratte marittime), in una logica di trasporto in grado di offrire una maggiore competitività rispetto alla sola modalità terrestre congestionata e ormai vicina al punto di saturazione. Nel corso dell’indagine conoscitiva è emerso che tale modalità di trasporto risponde alla domanda di una moderna logistica in cui il flusso di trasporto si snodi senza soluzione di continuità per tutto il percorso. Il programma europeo “Autostrade del Mare” (Motorways of the Sea)204 infatti si fonda su una logica di sistema integrato di trasporti, attraverso il quale l’accrescimento dell'efficacia e della competitività della modalità di trasporto combinata strada-mare avviene compatibilmente alla tutela dell'ambiente

204 Si tratta di un programma inserito - durante il semestre di Presidente italiana dell'Unione

europea nel programma Quick start che è il cardine dell'Iniziativa europea per la crescita (adottata dal Consiglio europeo il 5 dicembre 2003) che si propone lo sviluppo delle reti transeuropee del trasporto, dell'energia e delle telecomunicazioni (Trans-European Networks, TEN). Nell'ambito dei trasporti il programma individua 29 progetti prioritari per la realizzazione di altrettante reti transeuropee destinate a costituire le fondamentali direttrici di traffico (cosiddetti corridoi) all'interno dell'Unione europea e in raccordo con gli Stati confinanti. Nell'ambito del programma Quick start è stato previsto il collegamento di alcuni dei grandi corridoi europei del trasporto ai principali porti del nostro Paese, ponendo le premesse per un recupero di centralità dei porti italiani e sud-europei.

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TRASPORTI

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ed al decongestionamento delle strade, in un'ottica di sviluppo eco-sostenibile. A livello nazionale sono state adottati diversi interventi per dare attuazione al progetto comunitario delle Motorways of the Sea. Tra questi vanno ricordati in particolare - oltre all'istituzione della società Rete Autostrade Mediterranee (RAM)205, - i finanziamenti per la riqualificazione e l’ammodernamento delle infrastrutture portuali disposti con le leggi n. 413 del 1998 e n. 166 del 2002 (v. scheda Le Autorità portuali), gli incentivi all'autotrasporto per il trasferimento di traffico dal tutto-strada al combinato strada-mare con l'introduzione del cosiddetto Ecobonus (legge n. 265 del 2002) ed il potenziamento degli impianti e della piattaforme logistiche portuali disposto con la legge obiettivo (v. capitolo La legge obiettivo nel dossier relativo alla Commissione Ambiente);

ruolo delle Autorità portuali e procedura di nomina dei presidenti delle Autorità (v. capitolo Le Autorità portuali);

autonomia finanziaria delle Autorità portuali, investimenti nel settore portuale e regime fiscale (v. capitolo Le Autorità portuali);

pianificazione portuale e aspetti connessi alla gestione del territorio nella direzione di un sempre maggiore snellimento nelle procedure, nella certezza dei tempi e nell’integrazione tra porti e città: secondo quanto emerso nell’indagine, la programmazione del sistema portuale, sulla base degli indirizzi e degli obiettivi nazionali, diventa centrale in una logica di pianificazione integrata territoriale e di programmazione negoziata con tutte le realtà produttive, del trasporto e della logistica, anche alla luce delle competenze concorrenti delle regioni dettate dall’articolo 117 della Costituzione;

disciplina del lavoro portuale: particolare attenzione è stata posta alle questioni inerenti la prestazione dei servizi portuali e la disciplina del lavoro, al fine di assicurare che siano garantiti adeguati standard di affidabilità ed efficienza delle prestazioni e delle maestranze ivi impiegate, garantendone la coerenza con la disciplina comunitaria in materia. La legge n. 84 del 1994 ha infatti fortemente innovato la disciplina e l'assetto del mercato, nella direzione di una maggiore liberalizzazione e privatizzazione dell'industria portuale;

interventi per assicurare un elevato livello sicurezza nei porti dal punto di vista della safety e della security. Nel coso dell’indagine è stato chiarito come per “sicurezza” in ambito portuale si intenda tradizionalmente la tutela dell'incolumità delle persone in caso di incidenti sul mare o nei porti,

205 Rete Autostrade Mediterranee S.p.A. è la società creata da Sviluppo Italia nel marzo 2004 che

opera in base a una convenzione con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti per attuare il programma Autostrade del Mare. Rete Autostrade Mediterranee pianifica e coordina gli interventi legati alle Autostrade del Mare, favorendo lo sviluppo di nuovi accordi bilaterali e multilaterali tra l’Italia e i paesi partner del Mediterraneo e individuando risorse finanziarie comunitarie da destinare ai progetti nazionali.

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nonché la prevenzione degli incidenti tipicamente connessi alle attività portuali e alla navigazione (safety). Dopo gli attentati dell'11 settembre 2001, la nozione di sicurezza si è estesa fino a comprendere anche la prevenzione contro gli atti terroristici (security), tanto più importante in quanto la progressiva apertura dei mercati internazionali e l'innovazione tecnologica hanno trasformato i porti in snodi fondamentali del sistema mondiale dei trasporti e dei traffici. In particolare, il tema della security in ambito portuale ha acquisito rilevanza concreta con l'emanazione del codice ISPS (International Ship and Port Facility Security) dell'IMO (International Marittime Organization), che stabilisce misure di security da adottarsi sulle navi in navigazione internazionale.

Dall’indagine conoscitiva è emersa l’esigenza di un aggiornamento e non di una modifica complessiva della legge 84/1994, vista la positiva impostazione generale della stessa e la necessità di adeguare il tessuto normativo alle nuove esigenze del settore con particolare riferimento alla crescente globalizzazione ed alla più marcata integrazione comunitaria dei traffici via mare: da qui l’opportunità di interventi volti ad un effettivo rilancio del settore - con il coinvolgimento di tutti i soggetti coinvolti - per riuscire a rispondere al meglio alle nuove sfide connesse al ruolo che l’economia marittima in generale - e in particolare lo sviluppo dei traffici portuali – possono svolgere nel contesto nazionale ed internazionale.

Presupposto fondamentale, da più parti evidenziato nel corso dell'indagine, è quello di considerare l'insieme dei porti italiani come ”sistema” per poter essere efficacemente competitivi su scala mondiale, individuando la struttura portuale quale rete e non quale singolo elemento di un complesso di realtà distribuite sul territorio. In tale contesto, quindi, occorre promuovere – sempre secondo le conclusioni del documento - ogni forma di sinergia e di cooperazione tra i diversi ruoli istituzionali, amministrativi, economici e sociali che concorrono allo sviluppo ed alla vita del porto, al suo interno ed all'esterno, ivi comprese le realtà locali, accanto alla definizione di procedure snelle, efficaci e competitive rispetto agli altri porti europei e mondiali.

Il documento conclusivo evidenzia inoltre l’esigenza di una maggiore specializzazione dei porti italiani, distinguendo quelli la cui attività è focalizzata in traffico merci da quelli la cui attività si concentra sul traffico passeggeri, e valutando la possibilità di una maggiore differenziazione dei modelli gestionali a fronte di una tripartizione di ruoli tra porti di transhipment206, porti a scalo diretto e porti feeder regionali. In tale modo, si potrebbe puntare sulle diverse peculiarità facendo in modo che tutte possano concorrere allo sviluppo del sistema portuale

206 Uno schema di trasporto che consiste in un complesso di procedure relative al trasferimento

(sbarco/reimbarco) di contenitori dalle grandi navi portacontainers (o navi madri) su battelli di dimensioni minori definiti navi feeder. Con questi sistemi, dai grandi porti internazionali (detti hub transhipment) caratterizzati da retroterra continentale (come i porti di Rotterdam, New York o Singapore) è possibile trasferire le merci o sui treni, mediante i percorsi dei landbridges, o sulle reti di navi feeder verso porti che servono retroterra o hinterland regionali.

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TRASPORTI

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italiano nell'ambito di una più complessiva strategia nazionale volta ad elevare il livello di competitività al fine di rispondere più efficacemente alle sempre maggiori sfide del mercato globalizzato.

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TRASPORTI

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LA NAUTICA DA DIPORTO

Il riordino della nautica da diporto

La nautica da diporto è stata oggetto, nella XIV legislatura, di un’ampia riforma nata anche dal riconoscimento del settore del diporto nautico come settore produttivo strategico per il sistema economico italiano e finalizzata a favorire l’incremento del turismo nautico.

La riforma, avviata dalla legge 8 luglio 2003, n. 172, che ha innovato la previgente disciplina dando impulso allo sviluppo del turismo nautico in Italia, è stata completata dal codice della nautica da diporto, adottato con decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171, sulla base della delega introdotta dalla stessa legge n. 172 (v. infra).

La legge 8 luglio 2003, n. 172 recante Disposizioni per il riordino e il rilancio

della nautica da diporto e del turismo nautico, ha modificato ed integrato la disciplina previgente sulla nautica da diporto207, recando contestualmente una serie di disposizioni non strettamente connesse al diporto, ma tali da avere comunque una ricaduta sul settore.

Lo spirito che ha informato le legge è stato quello di armonizzare la disciplina interna con quella europea, semplificare e snellire le procedure amministrative legate al diporto e alleggerire il carico fiscale; il legislatore ha inoltre voluto introdurre alcuni elementi di novità al fine di rendere il sistema nautico italiano più competitivo, e creando le premesse per uno sviluppo duraturo del mercato interno. Tra le modifiche volte in tale direzione assumono particolare rilievo la creazione del registro dei cosiddetti “super yacht”, la disciplina del noleggio per le imbarcazioni da diporto e la previsione di un codice della nautica da diporto.

La legge ha costituito, comunque, soltanto un primo passo in questa direzione: solo alcune delle disposizioni in essa contenute risultavano di immediata applicazione, considerato che per l’attuazione delle altre si rinviava ad altri provvedimenti o al codice della nautica da diporto per la cui emanazione veniva disposta la relativa delega.

Tra gli interventi di maggiore rilievo si segnalano le modifiche alla legge n. 50 del 1971 e alcuni altri interventi più direttamente inerenti il settore del diporto; si tratta in particolare di:

specialità della disciplina del diporto: la nuova normativa si spinge nella direzione di riconoscere una specificità alla navigazione da diporto, sia attraverso l’eliminazione del rinvio alle disposizioni del codice della navigazione contenuto nella previgente normativa sia attraverso la delega,

207 Disciplina recata in gran parte dalla legge 11 febbraio 1971, n, 50 recante Norme sulla

navigazione da diporto

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TRASPORTI

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disposta dall’articolo 6 della legge 172/2003, ad adottare un decreto legislativo recante un vero e proprio codice della navigazione da diporto;

definizione e classificazione delle unità da diporto: rispetto alla normativa previdente, viene ampliata la categoria dei natanti, includendo anche le unità a motore di lunghezza compresa tra 7,51 e 10 metri; scompare inoltre la distinzione delle unità da diporto in base al mezzo di propulsione e quindi scompaiono le categorie dei motovelieri e delle unità a vela con motore ausiliario, che ricadono nella classificazione generale (navi, imbarcazioni e natanti) a seconda della lunghezza; in ultimo, si sostituisce il concetto di “lunghezza fuori tutto” con quello di lunghezza, quest’ultima da misurarsi secondo gli opportuni standard armonizzati;

Noleggio e locazione delle unità da diporto: la norma prevede che le unità da diporto possano essere utilizzate mediante contratti di locazione e noleggio e per l’insegnamento della navigazione da diporto, nonché come unità di appoggio per le immersioni subacquee a scopo sportivo o ricreativo, eliminando ogni possibile dubbio sull’idoneità di tale naviglio ad essere utilizzato per queste funzioni; l’articolo 2 della legge interviene sulla disciplina generale del noleggio, modificando la definizione del noleggio stesso. In base a tale definizione, viene eliminato il riferimento al limite di dover compiere una determinata navigazione e istituita la qualifica professionale di comandante di nave da diporto adibita al noleggio, demandando a un decreto ministeriale la definizione dei relativi requisiti; in attuazione al disposto della legge è stato emanato, con D.M. 10 maggio 2005, n. 121, il regolamento recante l'istituzione e la disciplina dei titoli professionali del diporto;

iscrizione delle unità da diporto: la legge procede ad una razionalizzazione delle strutture attraverso un accentramento degli uffici detentori dei registri, sottraendo a questo compito gli uffici minori (uffici locali marittimi e delegazioni di spiaggia) e detta ulteriori disposizioni in merito all’iscrizione nei registri di unità da diporto da parte di stranieri o di cittadini italiani residenti all’estero; per le unità di prima iscrizione è prevista un’immatricolazione provvisoria e il rilascio del certificato di sicurezza – da regolarizzare nei successivi sei mesi – che consente la navigazione dell’unità prima del perfezionamento dell’atto di acquisto; è previsto infine un termine generale di 20 giorni per la conclusione dei procedimenti amministrativi relativi alle unità da diporto;

licenza di navigazione e certificato di sicurezza: la legge prevede il rilascio, insieme con la licenza di navigazione, di un certificato di sicurezza che attesti lo stato di navigabilità; la licenza inoltre, rispetto al passato, non va più rinnovata in caso di modifica della stazza. La legge rende inoltre possibile la navigazione tra porti dello Stato anche in caso di furto, smarrimento o distruzione dei documenti, prevedendo che la copia della denuncia, unitamente ad un documento che attesti la vigenza della copertura

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TRASPORTI

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assicurativa, e al possesso di un certificato di sicurezza in corso di validità, costituisca autorizzazione provvisoria alla navigazione per trenta giorni. Altra novità è costituita dal fatto che per lo svolgimento delle procedure amministrative i documenti di bordo possano essere inviati all’ufficio competente tramite mezzi elettronici o informatici;

disciplina dei natanti: oltre all’inclusione nella categoria dei natanti delle unità fino a 10 metri (vedi supra), la nuova normativa ha unificato il limite di lunghezza dei natanti a 10 metri anche quando le unità sono destinate alla sola navigazione in acque interne; viene infine eliminato il vincolo della distanza di 6 miglia dalla costa se la tipologia di imbarcazione consente di superarlo; per gli acquascooter, la nuova normativa prevede l’obbligo della maggiore età per la loro conduzione;

passeggeri ed equipaggio: ai sensi della nuova normativa, il numero massimo di persone trasportabili nei natanti è diversamente stabilito a seconda che essi siano e meno marcati a livello europeo; quanto alla composizione dell’equipaggio, la nuova normativa prevede che sia responsabilità del comandante o del conduttore verificare prima di ogni partenza la presenza di personale adeguato; la disciplina prevede inoltre la possibilità che nelle navi da diporto le persone imbarcate sulle navi da diporto in qualità di ospiti possano svolgere i servizi complementari di bordo (essendo gli altri attribuiti al personale iscritto nelle matricole della gente di mare);

disciplina sanzionatoria: la legge attua una rilevante depenalizzazione dei reati compiuti durante la navigazione da diporto che vengono trasformati in illeciti amministrativi; in particolare, viene depenalizzata la conduzione dell’unità da diporto senza patente, le infrazioni connesse all’uso dell’unità da diporto sono trasformate in illecito amministrativo e viene depenalizzata la navigazione a motore all’interno delle aree marine protette qualora queste non siano adeguatamente delimitate e il conducente non sia a conoscenza dei vincoli imposti all’area stessa; viene fortemente ridotta anche la sanzione a carico di diportisti che non osservino i divieti fissati dalla pubblica autorità con ordinanza in materia di uso del demanio marittimo;

impianti ricetrasmittenti: la nuova normativa consente l’utilizzo di apparecchi portatili oltre che fissi per le unità di lunghezza superiore a 24 metri ed esonera dal collaudo e dalle ispezioni ordinarie, oltre agli apparecchi palmari, anche gli apparecchi ricetrasmittenti fissi installati sulle unità da diporto;

riordino della normativa: la legge prevedeva, come già ricordato, l’adozione di un codice delle disposizioni legislative sulla nautica da diporto;

navi adibite al noleggio per finalità turistiche: la legge definisce per la prima volta lo status di queste navi prevedendo che esse possano essere iscritte nel registro delle navi adibite alla navigazione internazionale, in modo

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da costituire le premesse per la creazione di un registro dei grandi yacht; tali navi devono essere sottoposte alle norme tecniche e di conduzione previste dal regolamento di sicurezza, emanato con D.M. 4 aprile 2005 n. 95;

assicurazione obbligatoria di responsabilità civile: la nuova normativa estende l’obbligo di assicurazione alle navi da diporto e prevede l’obbligo di assicurazione anche per i piccoli motori installati sulle unità da diporto;

Semplificazione e razionalizzazione burocratica: rientrano in questa categoria sia gli interventi di accentramento degli uffici detentori dei registri di iscrizione, insieme alla fissazione del termine generale di 20 giorni per la conclusione dei procedimenti amministrativi relativi alle unità da diporto (vedi supra), sia l’accentramento presso gli uffici del compartimento marittimo sedi di direzione marittima delle matricole delle navi maggiori; ulteriori norme di razionalizzazione presenti nella legge sono relative alla determinazione - come uffici competenti a ricevere il rapporto sugli illeciti amministrativi in campo marittimo - delle capitanerie di porto anziché degli uffici circondariali marittimi e la disposizione che accentra nelle mani del capo del compartimento marittimo (anziché del circondario) la competenza ad emettere ordinanze che disciplinino i limiti di navigazione rispetto alla costa. In ultimo, va citato l’articolo 9 che attribuisce preminente competenza al corpo delle capitanerie di porto - guardia costiera per quanto concerne i controlli relativi alla sicurezza della navigazione, riducendo la possibilità che i diportisti siano controllati da più corpi;

gestione del demanio marittimo della regione Sicilia: la disposizione prevedeva che, a decorrere dal 1° luglio 2004, tale gestione fosse esercitata direttamente dall’amministrazione regionale e non dalle Capitanerie di porto ubicate nella medesima regione;

unità navali storiche: la normativa introduce nella legislazione la categoria delle unità navali storiche, che in presenza di determinati requisiti vengono considerate beni culturali, con le agevolazioni tributarie connesse;

abolizione della tassa di stazionamento: a partire dalla data di entrata in vigore della legge è abolita la tassa di stazionamento;

Il codice della nautica da diporto

Il codice della nautica da diporto (d.lgs. 171/2005) è stato adottato in attuazione della delega conferita al Governo dall’articolo 6208 della legge

208 L’ articolo 6 delegava Governo ad adottare, entro due anni dalla data di entrata in vigore della

legge (29 luglio 2005), su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con gli altri Ministri interessati, un decreto legislativo recante il codice delle disposizioni legislative sulla nautica da diporto. La delega avrebbe dovuto essere attuata secondo principi e criteri direttivi, quali il coordinamento e l’armonizzazione di tutte le normative nazionali e comunitarie comunque rilevanti nella materia della nautica da diporto; la semplificazione e lo snellimento delle procedure, l’eliminazione delle duplicazioni di competenza, la previsione di

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172/2003 e ha riunificato le previgenti leggi che regolavano il settore, prevedendo un corpus normativo unico che sottolinea la specificità di tale tipo di navigazione e la sottrae alle norme più generali del codice della navigazione.

Il provvedimento si ispira a criteri di semplificazione e snellimento di tutte le procedure, in particolare di quelle relative alla progettazione, costruzione e commercializzazione di imbarcazioni e unità da diporto, nel rispetto delle norme comunitarie e con particolare attenzione ai livelli di sicurezza.

Tra le principali novità del provvedimento si segnalano: il principio di esclusività di utilizzo, prevedendo che un’unità da diporto

utilizzata per locazione o noleggio non possa essere contemporaneamente utilizzata per diporto puro;

la possibilità dell’iscrizione provvisoria delle imbarcazioni da diporto nei registri;

la possibilità per il proprietario di richiedere all’ufficio d’iscrizione l’annotazione della perdita di possesso dell’unità medesima a seguito di furto;

una semplificazione amministrativa per l’utilizzo delle unità da diporto a titolo di locazione finanziaria;

semplificazione delle procedure in materia di pubblicità degli atti, prevedendo in particolare la possibilità di navigare con la sola ricevuta dell’avvenuta presentazione dei documenti della pubblicità al massimo per venti giorni;

introduzione dell’obbligo di una attestazione di idoneità a seguito di visita periodica di sicurezza per i natanti di lunghezza compresa tra 7,51 e 10 metri;

introduzione dell’obbligo di ordinanza della competente autorità marittima o della navigazione interna, d’intesa con gli enti locali, anche per la condotta e l’utilizzazione dei natanti in appoggio alle attività di immersione subacquea (il cosiddetto “diving”), oltre che per la condotta e l’utilizzazione dei natanti ai fini di locazione o di noleggio, come già previsto dalla disciplina previgente;

istituzione della figura professionale del mediatore per le unità da diporto, demandando alle regioni la disciplina dei requisiti e delle modalità di iscrizione nello specifico ruolo, nonché la formazione e conservazione del ruolo, le cause di cancellazione e le norme disciplinari

previsione di iniziative volte alla diffusione della cultura nautica, anche nelle scuole;

soluzioni organizzative tali da garantire una completa, efficace e tempestiva informazione a favore dell'utenza, la revisione della disciplina delle patenti nautiche nel contesto comunitario e in quello degli accordi internazionali stipulati dall'Italia, in modo da coordinare le competenze amministrative e definire nuovi criteri in materia di requisiti fisici per il conseguimento della patente nautica, in particolare per le persone disabili; la previsione dell'impegno della scuola pubblica e privata nell'insegnamento dell'educazione marinara anche prevedendo la creazione di specifici corsi di istruzione per il settore del turismo nautico.

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disposizioni per agevolare l’iscrizione nei registri delle imbarcazioni da diporto destinate esclusivamente alla navigazione nelle acque interne.

Il codice rimanda poi ad un regolamento – non ancora emanato - la disciplina dei seguenti ambiti:

modalità di iscrizione nei registri delle navi, delle imbarcazioni da diporto e delle imbarcazioni autocostruite, ivi compresa la disciplina relativa alla iscrizione provvisoria delle imbarcazioni e delle navi da diporto;

procedure relative al trasferimento ad altro ufficio dell'iscrizione di una unità da diporto e formalità relative alla cancellazione dai registri delle unità da diporto;

disciplina relativa ai casi di perdita di possesso delle unità da diporto; procedimento per il rinnovo della licenza di navigazione delle

imbarcazioni e delle navi da diporto e disciplina del rilascio della licenza provvisoria alle navi da diporto;

disciplina del regime amministrativo degli apparati ricetrasmittenti di bordo;

procedimento per il rilascio dell'autorizzazione alla navigazione temporanea;

disciplina relativa ai titoli abilitativi per il comando, la condotta e la direzione nautica delle unità da diporto, ivi compresa l'introduzione di nuovi criteri in materia di requisiti fisici per il conseguimento della patente nautica, in particolare per le persone disabili, e l'uso obbligatorio di dispositivi elettronici in grado di consentire, in caso di caduta in mare, oltre alla individuazione della persona, la disattivazione del pilota automatico e l'arresto dei motori;

sicurezza della navigazione e delle unità da diporto, ivi comprese quelle impiegate in attività di noleggio o come unità appoggio per le immersioni subacquee a scopo sportivo o ricreativo;

individuazione, in base alle esigenze del territorio su cui operano e alla distanza dagli uffici marittimi detentori dei registri di iscrizione, degli uffici provinciali del Dipartimento dei trasporti terrestri e per i sistemi informativi e statistici autorizzati a tenere i registri di iscrizione delle imbarcazioni da diporto;

snellimento delle pratiche amministrative attraverso l’organizzazione di uno sportello telematico del diportista.

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INTERVENTI PER LA SICUREZZA MARITTIMA

Il tema della tutela della sicurezza nel trasporto marittimo è stato oggetto di particolare attenzione a livello normativo, anche in virtù dell’impulso della normativa europea che ha determinato una serie di interventi tesi nel complesso ad accrescere il livello della sicurezza marittima al fine di prevenire incidenti con possibili conseguenze anche dal punto di vista ambientale.

Il sistema di monitoraggio del traffico navale

Il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 196, di recepimento della direttiva 2002/59/CE209, ha istituito un sistema di monitoraggio del traffico navale e di informazione; il decreto è intervenuto , in attuazione della delega conferita al Governo dall’articolo 1, commi 1 e 3, della legge comunitaria 2003210.

Un sistema europeo di monitoraggio e d’informazione risponde all’esigenza di una migliore sicurezza ed efficienza del traffico navale, di una migliore risposta delle autorità in caso di incidente o in presenza di situazioni potenzialmente pericolose in mare, comprese le operazioni di ricerca e di soccorso, nonché di un ausilio per migliorare la prevenzione e l’individuazione dell’inquinamento causato da navi211.

Il decreto legislativo – che presenta le medesime finalità della direttiva - ha recepito la normativa europea, prevedendo una serie di obblighi, in particolare l’obbligo:

per l’armatore, il comandante o l’agente, di comunicare in via preventiva l'ingresso di navi nei porti italiani, trasmettendo le necessarie informazioni alla competente autorità marittima (dati relativi alla identificazione della nave, al porto di destinazione e all’orario stimato di arrivo al porto di destinazione);

per l’amministrazione competente, di gestire i sistemi di monitoraggio e di rapportazione navale obbligatoria: i comandi delle navi forniscono le informazioni necessarie in osservanza di tali sistemi, nonchè le informazioni supplementari;

per le navi nazionali e le navi di bandiera straniera, che fanno scalo in un porto nazionale, di dotarsi di un sistema di identificazione automatica (AIS)212; parallelamente, si prevede l’obbligo per l’autorità marittima di

209 Relativa all’istituzione di un sistema comunitario di monitoraggio del traffico navale e di

informazione. 210 Legge 31 ottobre 2003, n. 306, recante Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti

dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee. 211 La direttiva si applica alle navi di stazza lorda pari o superiore a 300 tonnellate; fatte salve

alcune eccezioni espressamente individuate dalla direttiva medesima. 212 Il dispositivo di identificazione automatica AIS è un sistema di rivelazione istantanea da nave a

nave, da nave a terra, da terra a nave, e fornisce immediatamente e con grande accuratezza informazioni relative alla posizione della nave. Il decreto prevede l’obbligatorietà del sistema di

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TRASPORTI

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gestire tutti i sistemi e gli strumenti idonei per la ricezione e per l'utilizzo delle informazione AIS;

per l’autorità marittima, di monitorare il traffico navale e di adottare le necessarie misure affinché le navi che entrano in zone "coperte" da un sistema di rapportazione navale o in aree individuate quali sensibili per la protezione ambientale e delle coste nazionali, impieghino i relativi sistemi;

per particolari categorie di navi, di dotarsi del registratore dei dati di viaggio (Voyage Data Recorder - VDR) per assolvere alle necessità conoscitive dell'autorità ai vari livelli. E' stabilito altresì una deroga a tale obbligo – non prevista dalla direttiva - per le navi passeggeri adibite esclusivamente a viaggi nazionali nei tratti di mare coperte da altri sistemi di controllo. I dati rilevati con un sistema VDR sono messi a disposizione della richiedente amministrazione dello Stato interessato in caso di un'indagine effettuata a seguito di un sinistro avvenuto nelle acque sottoposte alla giurisdizione nazionale;

per le autorità nazionali, di collaborare nelle ipotesi di indagini su sinistri e su incidenti marittimi condotte all'estero, allorché sia coinvolta una nave italiana;

per l'armatore, l'agente e il comandante della nave, di effettuare specifiche comunicazioni nel caso di trasporto di merce pericolosa o inquinante;

di interscambio di informazioni tra le autorità degli altri Stati membri dell’Unione, per garantire l'interconnessione e l'interoperabilità dei sistemi nazionali utilizzati per la gestione delle informazioni;

per i comandanti delle navi che navigano all'interno di un'area di interesse nazionale, di comunicare all’autorità marittima competente qualsiasi incidente che pregiudichi la sicurezza della nave, che comprometta la sicurezza della navigazione o che possa provocare un inquinamento delle acque o del litorale;

per l’autorità marittima, di comunicare ai comandanti delle navi informazioni sulle condizioni meteomarine, in presenza di condizioni meteorologiche eccezionalmente avverse, tali da far ritenere sussistenti rischi gravi di inquinamento della zona marittima e costiera o di pericolo per la vita umana in mare;

di utilizzare sistemi telematici come strumenti per promuovere lo scambio dei dati d'interesse tra gli Stati membri dell’Unione.

identificazione automatica per le navi costruite a partire dal 1 ° luglio 2002 e definisce un calendario che le navi costruite prima del 1° luglio 2002 devono rispettare per dotarsi di tale sistema, con scadenze rapportate al tipo di nave e alla stazza.

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TRASPORTI

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L’uso di navi a doppio scafo

La legge 9 gennaio 2006, n. 13213 - nata da iniziative parlamentari provenienti da esponenti di quasi tutti i gruppi parlamentari214 e approvata a seguito di un lungo iter – prevede una serie di disposizioni volte ad incrementare la sicurezza marittima e la salvaguardia della vita umana. A tal fine, la legge promuove:

• il rinnovo del naviglio vetusto e l’ammodernamento della flotta, attraverso l’uso di navi cisterna ad alto livello di protezione, dotate dei più elevati standard di sicurezza della navigazione, anche a fini di tutela ambientale;

• la ricerca in campo navale. Le principali novità introdotte dalla legge riguardano:

il divieto di iscrizione (nei registri tenuti dalle autorità nazionali) per le navi cisterna a scafo singolo di portata lorda superiore a 600 tonnellate, abilitate al trasporto di petrolio greggio o di prodotti petroliferi e chimici, la cui età – intesa come numero di anni trascorso dalla data di consegna - risalga a oltre 15 anni;

il divieto di navigazione per le navi cisterna a scafo singolo, di qualsiasi nazionalità, che trasportano prodotti petroliferi, di accedere ai porti, ai terminali off-shore e alle zone di ancoraggio nazionali; si prevedono esenzioni per alcune tipologie di navi più piccole (tra 600 e 5000 tonnellate) che effettuano esclusivamente all’interno dei porti operazioni di bunkeraggio215;

l’istituzione, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di un fondo per la demolizione di navi cisterna obsolete di portata lorda superiore alle 600 tonnellate, la cui entrata in esercizio, al 31 dicembre 2004, risalga ad oltre 15 anni, con una dotazione pari a 12 milioni annui di euro per il triennio 2005-2007216;

l’istituzione, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di un fondo per favorire il potenziamento, la sostituzione e l'ammodernamento delle unità navali destinate al servizio di trasporto pubblico locale217 effettuato per via marittima, fluviale e

213 Concernente "Disposizioni per la sicurezza della navigazione, per favorire l’uso di navi a doppio

scafo e per l’ammodernamento della flotta". 214 Si tratta delle proposte di legge C. 4104, C. 3528, C. 4362, C. 4775 e C. 4816, poi confluite nel

testo unificato adottato dalla IX Commissione. 215 Per bunkeraggio si intende il rifornimento di combustibile per la propulsione della nave. 216 Tale fondo può essere integrato con finanziamenti da iscrivere annualmente nella legge

finanziaria. Ulteriori disposizioni dettagliate precisano i requisiti per la concessione del contributo alle imprese armatoriali, nonché i criteri per il computo e la corresponsione dello stesso.

217 Al comma 3 dell’articolo 4 si fa riferimento al servizio del trasporto pubblico locale come “servizio di trasporto pubblico di persone, di competenza regionale e locale”.

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TRASPORTI

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lacuale. La dotazione del fondo è pari a 10 milioni annui di euro per il triennio 2005-2007218;

la promozione della ricerca in campo navale, al fine del miglioramento della sicurezza e della competitività della flotta; il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è autorizzato a concedere - nel quadro della disciplina comunitaria in materia e nei limiti dello stanziamento di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007 - all’INSEAN (Istituto nazionale per studi ed esperienze di architettura navale) di Roma ed al CETENA (Centro per gli studi di tecnica navale) di Genova i contributi per i rispettivi programmi di ricerca relativi al periodo 1° gennaio 2005 - 31 dicembre 2007.

Altre misure in materia di sicurezza della navigazione

Incidono sul tema della sicurezza marittima anche le disposizioni introdotte dai seguenti decreti legislativi, emanati nel corso della XIV legislatura in recepimento di specifiche normative europee. Si tratta del: d.lgs 119/2005219, di attuazione della direttiva 2002/84/CE, volta a favorire il

tempestivo aggiornamento della legislazione marittima, comunitaria e nazionale, agli strumenti normativi internazionali ed alle relative integrazioni e modificazioni. Il decreto stabilisce che i richiami agli strumenti internazionali contenuti nei provvedimenti normativi e amministrativi di recepimento nell'ordinamento interno delle direttive comunitarie concernenti la legislazione marittima comunitaria si intendono effettuati anche a successivi eventuali emendamenti, modifiche ed integrazioni intervenuti, dal momento in cui questi entrano in vigore. Si intende così garantire l'immediata applicazione delle norme internazionali, dal momento della loro entrata in vigore a livello internazionale;

d.lgs. 65/2005220, in attuazione della direttiva 2003/25/CE, volto ad introdurre ulteriori requisiti specifici di stabilità per le navi ro/ro da

218 Tale fondo può essere integrato con finanziamenti da iscrivere annualmente nella legge

finanziaria. Il fondo è finalizzato alla concessione di un contributo in favore delle imprese che gestiscono direttamente o indirettamente servizi di trasporto pubblico e che effettuano nuove acquisizioni, vendono per la demolizione, o fanno demolire per proprio conto, unità navali aventi caratteristiche determinate L'ammontare del contributo non può tuttavia essere superiore all'importo del mancato introito presunto derivante, per l'impresa interessata, dall'anticipata demolizione dell'unità rispetto alla data di scadenza della vita commerciale dell’unità navale, come stabilita dalla normativa vigente in materia.

219 Decreto Legislativo 27 maggio 2005, n. 119 recante Attuazione della direttiva 2002/84/CE in materia di sicurezza marittima e di prevenzione dell'inquinamento provocato da navi.

220 Decreto legislativo 14 marzo 2005, n. 65 recante Attuazione della direttiva 2003/25/CE relativa ai requisiti specifici di stabilità per le navi ro-ro da passeggeri, emanato in attuazione dell’articolo 1, comma 1, della legge 306/2003 (legge comunitaria 2003)

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TRASPORTI

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passeggeri221 che effettuano viaggi internazionali e che toccano porti di Paesi membri della UE, al fine di accrescere la sicurezza del trasporto marittimo di passeggeri soprattutto in caso di avaria della nave;

d.lgs. 52/2005222, in attuazione della direttiva comunitaria 2003/24/CE, recante disposizioni e norme di sicurezza per le navi da passeggeri, volto ad integrare la normativa vigente con l’introduzione di ulteriori requisiti di sicurezza del trasporto marittimo di passeggeri.

221 Per nave Ro/Ro da passeggeri si intende una nave da passeggeri d'alto mare, dotata delle

strutture necessarie per permettere il caricamento e lo scaricamento (roll on/roll off) di veicoli stradali o ferroviari, che trasporti più di 12 passeggeri.

222 Decreto legislativo 8 marzo 2005, n. 52 recante Attuazione della direttiva 2003/24/CE relativa ai requisiti di sicurezza per le navi da passeggeri, emanato in attuazione dell’articolo 1, comma 1, della legge 306/2003 (legge comunitaria 2003).

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Schede

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COMUNICAZIONI

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COMUNICAZIONI ELETTRONICHE – LA CONCORRENZA NEI MERCATI RILEVANTI

Il quadro europeo

Il pacchetto di direttive in materia di comunicazioni elettroniche presenta – quale uno dei tratti salienti – una disciplina anticoncentrazione che riconosce un ruolo centrale alla Commissione europea e alle Autorità nazionali di regolamentazione, al fine di introdurre meccanismi di tutela del diritto alla concorrenza.

In particolare, ai sensi dell’articolo 15 della direttiva quadro (Dir. 2002/21/CE), previa consultazione pubblica e consultazione delle Autorità nazionali di regolamentazione, la Commissione è tenuta all’adozione di una Raccomandazione avente ad oggetto i mercati rilevanti dei servizi e dei prodotti, all'interno del settore delle comunicazioni elettroniche223 le cui caratteristiche siano tali da giustificare l'imposizione di obblighi di regolamentazione. La Commissione deve definire i mercati in base ai principi del diritto della concorrenza e riesaminare periodicamente la Raccomandazione, provvedendo a pubblicare orientamenti per l'analisi del mercato e la valutazione del significativo potere di mercato, conformi ai principi del diritto della concorrenza.

Le Autorità nazionali di regolamentazione, tenendo nel massimo conto la Raccomandazione e gli orientamenti per l’analisi di mercato, definiscono i mercati rilevanti corrispondenti alla situazione nazionale, in particolare mercati geografici rilevanti nel loro territorio, conformemente ai principi del diritto della concorrenza. Prima di definire mercati che differiscono da quelli contemplati nella raccomandazione, le Autorità nazionali di regolamentazione devono applicare una particolare procedura.

Il successivo articolo 16 della direttiva quadro stabilisce, infatti, che dopo l'adozione della Raccomandazione o dopo ogni suo successivo aggiornamento, le Autorità nazionali di regolamentazione effettuano tempestivamente un'analisi dei mercati rilevanti - da effettuare, se del caso, in collaborazione con le Autorità nazionali garanti della concorrenza - tenendo nel massimo conto gli orientamenti della Commissione.

Qualora l'Autorità nazionale di regolamentazione sia chiamata, ai sensi delle disposizioni delle direttive sulle comunicazioni elettroniche, a decidere in merito all'imposizione, al mantenimento, alla modifica o alla revoca di obblighi a carico

223 Tale Raccomandazione è stata adottata l’11 febbraio 2003 (vedi infra)

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delle imprese, essa determina, in base alla propria analisi di mercato, se uno dei mercati rilevanti sia effettivamente concorrenziale224.

Nel caso accerti che un mercato rilevante non è effettivamente concorrenziale, l'Autorità nazionale di regolamentazione individua le imprese che dispongono di un significativo potere di mercato e impone a tali imprese gli appropriati specifici obblighi di regolamentazione ovvero mantiene in vigore o modifica tali obblighi laddove già esistano225.

Ai sensi dell’articolo 14 della direttiva quadro, si presume che un'impresa disponga di un significativo potere di mercato se, individualmente o congiuntamente con altri, gode di una posizione equivalente ad una posizione dominante ossia una posizione di forza economica tale da consentirle di comportarsi in misura notevole in modo indipendente dai concorrenti, dai clienti e, in definitiva, dai consumatori. Le Autorità nazionali di regolamentazione, nel valutare se due o più imprese godono congiuntamente di una posizione dominante sul mercato, ottemperano alla normativa comunitaria e tengono nella massima considerazione gli orientamenti per l'analisi del mercato e la valutazione del rilevante potere di mercato pubblicati dalla Commissione a norma dell'articolo 15226. Inoltre, se un'impresa dispone di un significativo potere su un mercato specifico, può parimenti presumersi che essa abbia un significativo potere in un mercato strettamente connesso qualora le connessioni tra i due mercati siano tali da consentire al potere detenuto in un mercato di esser fatto valere nell'altro, rafforzando in tal modo il potere complessivo dell'impresa interessata.

In data 11 febbraio 2003 la Commissione europea ha emanato la “Raccomandazione 2003/311” relativa ai mercati rilevanti di prodotti e servizi del settore delle comunicazioni elettroniche suscettibili di una regolamentazione ex ante ai sensi della direttiva quadro. La Commissione ha individuato due tipi principali di mercati rilevanti: i mercati di servizi e prodotti forniti agli utenti finali (mercati al dettaglio) e i mercati di elementi necessari agli operatori per fornire a loro volta servizi e prodotti agli utenti finali (mercati all'ingrosso), all’interno dei quali ha operato ulteriori distinzioni in base alle caratteristiche della domanda e dell'offerta. Nell'identificare i mercati in base ai principi del diritto della concorrenza, la Commissione ha fatto riferimento a tre criteri, ossia accertamento dell’esistenza di significative barriere strutturali, giuridiche o normative,

224 Se conclude che tale mercato è effettivamente concorrenziale, l'Autorità nazionale di

regolamentazione non impone né mantiene nessuno degli obblighi di regolamentazione specifici , e qualora siano già in applicazione obblighi di regolamentazione settoriali, li revoca per le imprese operanti in tale mercato rilevante. La revoca degli obblighi è comunicata alle parti interessate con un congruo preavviso.

225 Nel caso dei mercati transnazionali paneuropei individuati, le Autorità nazionali di regolamentazione interessate effettuano congiuntamente l'analisi di mercato, tenendo nel massimo conto gli orientamenti in merito, e si pronunciano di concerto in merito all'imposizione, al mantenimento, alla modifica o alla revoca degli obblighi di regolamentazione.

226 I criteri cui attenersi nel procedere a tale valutazione sono elencati nell'allegato II della direttiva.

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all’accesso al mercato, verifica della mancata propensione del mercato a produrre naturalmente condizioni di concorrenza, ammissibilità esclusivamente di quei mercati la cui struttura non tenda a produrre condizioni di concorrenza effettiva nell'arco di tempo considerato, constatazione che l'applicazione del diritto della concorrenza non sarebbe di per sé sufficiente a correggere le carenze di mercato esistenti.

L’individuazione di mercati rilevanti in cui possa introdursi una regolamentazione non implica che tali mercati saranno comunque soggetti alla regolamentazione ex ante dettata dalle direttive: in effetti, la regolamentazione non trova applicazione in presenza di concorrenza effettiva227. L’individuazione dei mercati rilevanti da parte della Commissione europea non impedisce che in casi specifici di applicazione del diritto della concorrenza possano essere individuati dall Autorità nazionale di regolamentazione mercati diversi.

La disciplina nazionale

Il codice delle comunicazioni elettroniche (v. capitolo Le comunicazioni elettroniche) riprende – agli articoli 17, 18 e 19 - la disciplina europea sui presupposti per l’intervento regolatorio, prevedendo sostanzialmente:

- la necessità di individuazione dei mercati nazionali rilevanti, al fine della possibile introduzione di obblighi ex ante;

- la possibilità di sottoporre a regole ex ante solo il mercato non effettivamente concorrenziale;

- l’imposizione di misure regolatorie ad imprese dotate di significativo potere di mercato, ossia alle imprese che detengono una posizione equivalente ad una posizione dominante, sia singola che collettiva, nel mercato considerato o in un mercato così connesso al mercato in esame da costituire un potenziale di leva volto all’estensione della dominanza su entrambi i mercati;

- l’imposizione di obblighi appropriati ossia proporzionali al problema concorrenziale da risolvere.

L’articolo 18 del codice stabilisce che l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, tenendo in massima considerazione le Raccomandazioni relative ai mercati rilevanti di prodotti e servizi del settore delle comunicazioni elettroniche e le linee direttrici, definisce i mercati rilevanti conformemente ai princìpi del diritto della concorrenza e sulla base delle caratteristiche e della struttura del mercato nazionale delle comunicazioni elettroniche. In particolare,

227 Appare opportuno segnalare che la stessa direttiva mette in stretta relazione l’assenza di

un’effettiva concorrenza nel mercato di riferimento con la presenza in quel mercato di operatori con significativo potere di mercato, laddove nel considerando n. 27 alla direttiva quadro suggerisce che è “essenziale che gli obblighi ex ante vengano imposti esclusivamente quando non esista una concorrenza effettiva, vale a dire su mercati in cui una o più imprese detengono un significativo potere di mercato”.

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l’Autorità è chiamata a definire i mercati sulla base dei principi del diritto della concorrenza, che si sostanziano nella verifica della sostituibilità dei prodotti e servizi dal lato della domanda e, come criterio sussidiario, della sostituibilità dell’offerta, cioè della possibilità per altre imprese di realizzare e immettere rapidamente sul mercato tali prodotti e servizi.

Prima di definire mercati diversi da quelli individuati nelle raccomandazioni, l'Autorità deve applicare la procedura che prevede un vero e proprio potere di veto della Commissione. L’eventuale inclusione di un mercato ulteriore deve infatti essere giustificata con la dimostrazione che tale mercato non solo costituisce un mercato rilevante autonomo e diverso da quelli già individuati con la raccomandazione in sede europea ma, per le sue caratteristiche, è suscettibile di regolazione.

L’articolo 19 del codice stabilisce che l’Autorità effettua l’analisi dei mercati rilevanti sulla base delle Raccomandazioni e delle Linee direttrici europee e tra tali mercati individui quelli non effettivamente concorrenziali, ai fini della decisione in merito all'imposizione, al mantenimento, alla modifica o alla revoca di obblighi a carico delle imprese. Qualora accerti, anche mediante un'analisi dinamica, che un mercato rilevante non è effettivamente concorrenziale, l'Autorità individua le imprese che dispongono di un significativo potere di mercato e contestualmente impone loro gli appropriati obblighi di regolamentazione, ovvero mantiene in vigore o modifica tali obblighi laddove già esistano.

Ai sensi dell’articolo 17 del codice, che riprende la corrispondente disposizione europe, si presume che un'impresa disponga di un significativo potere di mercato se, individualmente o congiuntamente con altri, gode di una posizione equivalente ad una posizione dominante, e dunque di forza economica tale da consentirle di comportarsi in misura notevole in modo indipendente dai concorrenti, dai clienti e dai consumatori.

L’Autorità ha provveduto all’identificazione e all’analisi del mercato, alla valutazione di sussistenza di imprese con significativo potere di mercato, nonchè all’individuazione degli obblighi regolamentari, nei seguenti mercati:

- Mercato dell'accesso disaggregato all'ingrosso (ivi compreso l'accesso condiviso) alle reti e sottoreti metalliche, ai fini della fornitura di servizi a banda larga e vocali (mercato n. 11 fra quelli identificati dalla raccomandazione della Commissione europea n. 2003/311/CE) – delibera 12 gennaio 2006, n. 4/06/CONS;

- Mercato della terminazione di chiamate vocali su singole reti mobili (mercato n. 16 fra quelli identificati dalla raccomandazione della Commissione europea n. 2003/311/CE) - Delibera12 gennaio 2006, n. 3/06/CONS;

- Mercato dell'accesso a banda larga all'ingrosso (mercato n. 12 della raccomandazione della Commissione europea n. 2003/311/CE)Delibera 19 gennaio 2006, n. 34/06/CONS;

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- Mercati al dettaglio dell'accesso alla rete telefonica pubblica in postazione fissa per clienti residenziali e per clienti non residenziali (mercati n. 1 e n. 2 fra quelli identificati dalla raccomandazione della Commissione europea n. 2003/311/CE) - Delibera 19 gennaio 2006, n. 33/06/CONS

- Mercato dell'accesso e della raccolta delle chiamate nelle reti telefoniche pubbliche mobili (mercato n. 15 della raccomandazione della Commissione europea n. 2003/311/CE) – Delibera 25 gennaio 2006, n. 46/06/CONS

- Mercati dei segmenti terminali di linee affittate e dei segmenti di linee affittate su circuiti interurbani (mercati n. 13 e 14 fra quelli identificati dalla raccomandazione della Commissione europea n. 2003/311/CE) – delibera 25 gennaio 2006, n. 45/06/CONS.

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SISTEMA RADIOTELEVISIVO – GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE

La vasta giurisprudenza costituzionale in materia di radiotelediffusione è stata mossa dalla costante e primaria preoccupazione di assicurare, in tale settore, l'effettiva garanzia del valore fondamentale del pluralismo che trova il suo fondamento nell’articolo 21 della Costituzione sulla libertà di manifestazione del pensiero.

La giurisprudenza sviluppatasi in materia di pluralismo e di imparzialità dell'informazione – nell’ambito della quale un passaggio fondamentale è costituito dalla sentenza n. 826 del 1988228 - ha trovato la sua sintesi nella sentenza n. 420 del 1994, nella quale la Corte ha richiamato il vincolo, imposto dalla Costituzione al legislatore, di assicurare il pluralismo delle voci, espressione della libera manifestazione del pensiero, e di garantire, in tal modo, il fondamentale diritto del cittadino all'informazione229. Con tale sentenza la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 15, comma 4, della legge 223/1990230 (cd. legge Mammì), nella parte in cui prevedeva che le concessioni in ambito nazionale riguardanti la radiodiffusione televisiva rilasciate (o riconducibili) ad un medesimo soggetto non potessero superare il 25 per cento del numero di reti nazionali previste dal piano di assegnazione e comunque il numero di tre231. L’inadeguatezza di tale limite è stata valutata anche in considerazione del fatto che la disposizione prevedeva un limite meno rigoroso rispetto a quello del 20% stabilito dall’articolo 3, comma 1 della legge 67/1987232 per l’editoria, nonché in considerazione della non illimitatezza delle frequenze, e della particolare forza di penetrazione dello strumento televisivo, che contribuisce

228 In tale sentenza la Corte, ribadendo il valore centrale del pluralismo in un ordinamento

democratico, chiarisce che il pluralismo dell'informazione radiotelevisiva significa, innanzitutto, possibilità di ingresso, nell'ambito dell'emittenza pubblica e di quella privata, di quante più voci consentano i mezzi tecnici, con la concreta possibilità nell'emittenza privata - perchè il pluralismo esterno sia effettivo e non meramente fittizio - che i soggetti portatori di opinioni diverse possano esprimersi senza il pericolo di essere emarginati a causa dei processi di concentrazione delle risorse tecniche ed economiche nelle mani di uno o di pochi e senza essere menomati nella loro autonomia. Sotto altro profilo, il pluralismo si manifesta nella concreta possibilità di scelta, per tutti i cittadini, tra una molteplicità di fonti informative, scelta che non sarebbe effettiva se il pubblico al quale si rivolgono i mezzi di comunicazione audiovisiva non fosse in condizione di disporre, tanto nel quadro del settore pubblico che in quello privato, di programmi che garantiscono l'espressione di tendenze aventi caratteri eterogenei.

229 In tale quadro, la Corte ha ribadito, riprendendo principi ampiamente illustrati nella sentenza n. 826 del 1988, come l’esistenza dell’emittenza pubblica non valga a bilanciare la posizione dominante di un soggetto nel settore privato.

230 Legge 6 agosto 1990, n. 223 recante Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato. 231 In ottemperanza a quanto sancito da tale sentenza è stato individuato dalla legge n. 249/97 (cd.

legge “Maccanico”) il limite del 20% al cumulo rispettivamente delle reti analogiche e dei programmi numerici in ambito nazionale, trasmessi su frequenze terrestri (v. art. 2, comma 6, richiamato dall’art. 3, comma 6 e, indirettamente, dall’art. 3, comma 7 della legge n. 249). Le disposizioni citate, così come l’articolo 15, commi 1-7 della legge 223/1990, sono stati abrogati dalla legge n. 112 del 2004 (v. capitolo Il riassetto del sistema radiotelevisivo).

232 L. 25 febbraio 1987, n. 67 recante Rinnovo della L. 5 agosto 1981, n. 416, recante disciplina delle imprese editrici e provvidenze per l'editoria.

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a differenziarlo dalla carta stampata. In tale occasione la Corte ha anche precisato, nel rinviare al legislatore la scelta della definizione concreta dei limiti anticoncentrazione, l’inammissibilità di un limite percentuale pari ad 1/4 delle reti complessivamente disponibili (ovvero ad 1/3 di tutte le reti private in ambito nazionale).

Nella stessa occasione la Corte ha precisato che la dichiarazione di incostituzionalità non determinava un vuoto di disciplina, proprio per evitare un arretramento verso la mancanza di alcun limite alla titolarità di plurime concessioni, rimanendo pertanto efficace, “nel periodo di transizione - e limitatamente a tale periodo – la provvisoria legittimazione dei concessionari già assentiti …a proseguire nell’attività di trasmissione con gli impianti censiti”233.

I principi enunciati dalla sentenza n. 420 del 1994 hanno avuto conferma nella sentenza n. 155 del 2002 della stessa Corte la quale, richiamando i punti essenziali delle precedenti decisioni, ha ribadito l'imperativo costituzionale, secondo cui il diritto di informazione, garantito dall'articolo 21 della Costituzione, deve essere «qualificato e caratterizzato, tra l'altro, sia dal pluralismo delle fonti cui attingere conoscenze e notizie - così da porre il cittadino in condizione di compiere le proprie valutazioni avendo presenti punti di vista e orientamenti culturali e politici differenti - sia dall'obiettività e dall'imparzialità dei dati forniti, sia infine dalla completezza, dalla correttezza e dalla continuità dell'attività di informazione erogata». Tale sentenza pone in rilievo che la sola presenza dell'emittenza privata (cosiddetto pluralismo «esterno») non è sufficiente a garantire la completezza e l'obiettività della comunicazione politica, ove non concorrano ulteriori misure «sostanzialmente ispirate al principio della parità di accesso delle forze politiche» (cosiddetto pluralismo «interno»)234.

Da ultimo, va segnalato che in relazione alle disposizioni della legge n. 249/1997 che stabilivano sostanzialmente le modalità per la determinazione della fine del periodo transitorio (v. art. 3 commi 6 e 7 della legge n. 249/97235, che richiamano i limiti alla titolarità delle reti di cui all’art. 2, comma 6 della medesima legge) è stata sollevata questione di legittimità costituzionale - per supposta violazione degli artt. 3, 21, 41 e 136 della Costituzione236 - decisa con la sentenza della Corte costituzionale n. 466 del 2002: con tale sentenza è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale – rispetto agli artt. 3 e 21 Cost. - dell’articolo

233 Veniva fatta temporaneamente salva la disciplina di cui al decreto-legge n. 323 del 1993,

nonchè il DM 13 agosto 1992. 234 Si ricorda che i principi e i valori del pluralismo e dell'imparzialità dell'informazione nel settore

delle comunicazioni elettroniche sono stati richiamati e hanno trovato sistemazione organica nel pacchetto di direttive sulle comunicazioni elettroniche (v. capitolo Le comunicazioni elettroniche).

235 Legge 31 luglio 1997, n. 249 recante Istituzione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo.

236 I principi in questione sono nell’ordine quelli di eguaglianza e ragionevolezza, di libertà di manifestazione del pensiero e di pluralismo, di libertà di iniziativa economica, di rispetto del giudicato costituzionale.

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3, comma 7, della legge 249 nella parte in cui non prevede la fissazione di un termine finale certo, e non prorogabile, che comunque non oltrepassi il 31 dicembre 2003237 entro il quale i programmi irradiati dalle emittenti eccedenti i limiti di cui al comma 6 dello stesso art. 3 devono essere trasmessi esclusivamente via satellite o via cavo238. In relazione a tale data, la Corte ha precisato che essa “offre margini temporali all’intervento del legislatore per determinare le modalità della definitiva cessazione del regime transitorio di cui all’art. 3, comma 7, della legge n. 249 del 1997”.

Peraltro, la stessa sentenza della Corte – nella parte della motivazione – ha fatto presente che “la sorte del censurato comma 7 si riflette evidentemente sulle collegate previsioni di termine” di cui ai commi 9 e 11 del medesimo art. 3, riguardanti rispettivamente la realizzazione da parte della RAI della terza rete senza pubblicità e la disattivazione della rete eccedente che trasmette in forma codificata, c.d. televisione a pagamento”.

237 Termine già fissato dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (suscettibile comunque di

essere posticipato, in relazione alla verifica della quota di famiglie digitali effettivamente presenti alla data del 31 dicembre 2002) con la delibera n. 346/01/CONS e che la Corte ritiene congruo per gli adempimenti strettamente necessari al trasferimento su satellite delle reti eccedenti il limite antitrust.

238 Le questioni di legittimità costituzionale riferite alle altre disposizioni poc’anzi citate sono state dichiarate infondate con la medesima sentenza.

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SISTEMA RADIOTELEVISIVO – I MESSAGGI DEL CAPO DELLO STATO

Il messaggio del Capo dello Stato sul pluralismo dell’informazione

L’avvio dell’esame parlamentare delle proposte di legge sul riassetto del sistema radiotelevisivo – poi confluito nell’approvazione della legge n. 112 del 2004 (v. capitolo Il riassetto del sistema radiotelevisivo) è stato preceduto239 dal messaggio del Presidente della Repubblica – ai sensi dell’articolo 87 della Costituzione - in materia di pluralismo e libertà di informazione, trasmesso alle Camere il 23 luglio 2002240 (DOC I, n. 2).

Il messaggio ricorda come la garanzia del pluralismo e dell’imparzialità dell’informazione costituisca strumento essenziale per la realizzazione di una democrazia compiuta, e, nel richiamare l’evoluzione della giurisprudenza costituzionale in materia (v. scheda Sistema radiotelevisivo – Giurisprudenza costituzionale), sottolinea come il “pluralismo esterno” non sia sufficiente a garantire la completezza e l’obiettività della comunicazione politica, ove non concorrano ulteriori misure “sostanzialmente ispirate al principio della parità di accesso delle forze politiche (cd. “pluralismo interno”). Il messaggio evidenzia, inoltre, come i principi del pluralismo e dell’imparzialità dell’informazione abbiano trovato organico sviluppo nel pacchetto di direttive comunitarie sulle comunicazioni elettroniche (v. capitolo Le comunicazioni elettroniche), in sintonia con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (v. scheda Carta dei diritti fondamentali nel dossier relativo alla Commissione Politiche dell’Unione europea). Si sottolinea, poi, la rilevanza del processo di evoluzione tecnologica, destinato a produrre un ampliamento delle occasioni di mercato che di per sé costituiscono un freno alla costituzione o al rafforzamento di posizioni dominanti; peraltro, il messaggio precisa che il pluralismo e l’imparzialità dell’informazione non possono essere conseguenza automatica del progresso tecnologico, essendo a tal fine necessarie nuove politiche pubbliche.

In tale contesto (prospettiva della nuova realtà tecnologica, nuovo quadro normativo europeo, indicazioni della Corte costituzionale) nasce – secondo quanto indicato nel messaggio del Capo dello Stato - la necessità di una legge di sistema, che riservi particolare attenzione al ruolo centrale del servizio pubblico241, alla tutela dei minori, alla definizione dei principi fondamentali per

239 Il procedimento legislativo sul tema ha avuto inizio in particolare con la presentazione alla

Camera, il 25 settembre 2002, del disegno di legge del Governo (A.C. 3184). 240 I temi contenuti nel messaggio del Presidente della Repubblica sono stati oggetto di appositi

dibattiti parlamentari svoltisi alla Camera sia in Assemblea, in data 25 luglio 2002, sia presso le Commissioni riunite I, VII e IX, in data 2 ottobre e 9 ottobre 2002, nonché al Senato, in Aula, in data 25 luglio 2002 .

241 Sul punto, viene richiamato il Trattato di Amsterdam che muove dal presupposto del collegamento del sistema di radiodiffusione pubblica negli Stati membri con le esigenze

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l’attivazione della potestà concorrente delle regioni ai sensi della riforma dell’art. 117 della Costituzione (v. scheda Sistema radiotelevisivo – I rapporti Stato – regioni), essendo lo Stato chiamato a svolgere la sua funzione essenziale di salvaguardia dell’unità della nazione. Il messaggio sottolinea altresì come, nell’elaborare la legge di sistema, si debba tener presente che “il pluralismo e l’imparzialità dell’informazione così come lo spazio da riservare nei mezzi di comunicazione alla dialettica delle opinioni, sono fattori indispensabili di bilanciamento dei diritti della maggioranza e della opposizione”. Anche a tal fine, si suggerisce di estendere la vigilanza del Parlamento, in coordinamento con l’Autorità di garanzia, all’intero circuito mediatico, pubblico e privato, allo scopo di rendere omogeneo ed uniforme il principio della “par condicio”.

In conclusione, il messaggio individua – riassumendo le considerazioni formulate - alcuni obiettivi essenziali : specificazione normativa – nel nuovo contesto tecnologico – dei principi e

della giurisprudenza costituzionale; attuazione delle pacchetto di direttive sulle comunicazioni elettroniche; definizione del quadro normativo per l’attivazione della competenza

concorrente delle regioni; garanzia, attraverso il pluralismo e l’imparzialità dell’informazione, dei diritti

fondamentali dell’opposizione e delle minoranze.

Il messaggio di rinvio alle Camere sulla legge in materia di riassetto radiotelevisivo

A seguito di un complesso iter che ha visto l’approvazione, con due letture da parte di entrambe le Camere, del testo unificato (AC 310 e abb.-D) recante norme in materia di assetto del sistema radiotelevisivo, il testo è stato rinviato dal Presidente della Repubblica alle Camere, con messaggio motivato, a norma dell’art. 74 della Costituzione, in data 15 dicembre 2003.

Il messaggio di rinvio, dopo una breve ricostruzione dell’iter seguito dal testo unificato, nonché dei principali contenuti della sentenza della Corte costituzionale 20 novembre 2002, n. 466 (v. infra), intervenuta nel corso dell’iter, si sofferma principalmente sulle seguenti questioni:

cessazione del regime transitorio previsto dalla legge n. 249/97 e rapporto con la giurisprudenza costituzionale, con particolare riferimento alla sentenza 466/2002, il cui dispositivo stabilisce la necessaria fissazione di un termine certo e non prorogabile, che comunque non oltrepassi il 31 dicembre 2003, per la definitiva cessazione del “regime transitorio” (con gli effetti previsti dalla normativa vigente per le emittenti eccedenti i limiti “antitrust”, vale a dire, la trasmissione dei

democratiche, sociali e culturali di ogni società, nonché con l’esigenza di preservare il pluralismo dei mezzi di comunicazione.

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programmi irradiati da tali emittenti esclusivamente via satellite o via cavo, nonché la realizzazione da parte della RAI della terza rete senza pubblicità) (v. scheda Sistema radiotelevisivo – Giurisprudenza costituzionale). Il messaggio fa direttamente riferimento, a tal proposito, alla disciplina transitoria per la conversione dalla tecnica analogica alla tecnica digitale del sistema televisivo prevista dall’articolo 25 dell’AC 310 e abb.-D, richiamando in particolare i commi 1, 2 e 3 dell’articolo, che definivano i termini e le modalità per verificare l’ampliamento dell’offerta di programmi e del pluralismo (v. scheda Sistema radiotelevisivo – La disciplina transitoria);

concentrazione dei mezzi finanziari ed assunzione del sistema integrato delle comunicazioni (SIC) come base di riferimento per il calcolo dei ricavi dei singoli operatori della comunicazione, nonchè idoneità del limite del 20% calcolato su tale base (in considerazione delle sue dimensioni), ad evitare la formazione di posizioni dominanti242. Il messaggio fa direttamente riferimento, a tal proposito, all’articolo 15, comma 2, dell’AC 310 e abb. – D, che individuava il tetto del 20% del SIC, a sua volta strettamente correlato al comma 3, laddove venivano specificamente individuati i ricavi da considerare per il calcolo di tale quota (v. scheda Sistema radiotelevisivo – La disciplina anticoncentrazione);

questione del rapporto tra operatori della radiotelevisione e operatori della carta stampata nella raccolta pubblicitaria, riguardo alla necessità di evitare che gli operatori della radiotelevisione inaridiscano “una tradizionale fonte di finanziamento della libera stampa, recando grave pregiudizio ad una libertà che la Costituzione fa oggetto di energica tutela”243 e, in definitiva, della libertà di stampa costituzionalmente garantita;

necessità di espungere dal testo i riferimenti al decreto legislativo 4 settembre 2002, n. 198244, del quale la Corte costituzionale aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale, per eccesso di delega, con la sentenza n. 303 del 2003 (v. scheda Legge obiettivo – Giurisprudenza costituzionale nel dossier relativo alla Commissione Ambiente)

242 La disciplina della formazione delle posizioni dominanti in questa materia, come sottolineato

nello stesso messaggio del Capo dello Stato sul pluralismo dell’informazione (vedi supra), appare strettamente connesso alla garanzia del pluralismo e della concorrenza nel settore dei media.

243 Il messaggio cita testualmente per questa parte un passaggio della sentenza della Corte costituzionale n. 231 del 1985.

244 Tale decreto legislativo. disciplinava l’installazione e la modifica delle infrastrutture di telecomunicazioni dichiarate di interesse strategico secondo le procedure di cui alla legge n. 443 del 2001 (cd “legge obiettivo”). Gran parte delle norme recate dal decreto legislativo n. 198 del 2002 avevano ad oggetto le procedure autorizzative all’installazione degli impianti, pur includendo anche norme relative al miglioramento dell’efficienza delle opere di scavo, segnatamente attraverso la coubicazione dei cavi per telecomunicazioni.

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SISTEMA RADIOTELEVISIVO – I RAPPORTI STATO-REGIONI

Le competenze delle regioni

Il nuovo assetto costituzionale delineato dalla modifica del Titolo V della Costituzione ha attribuito la materia “ordinamento della comunicazione” alla competenza legislativa concorrente Stato-regioni. Nell’esame dell’articolazione dei rapporti Stato-regioni in tale materia occorre comunque considerare il profilo del pluralismo dell’informazione e più in generale della libertà di manifestazione del pensiero di cui all’articolo 21 della Costituzione (vedi capitolo L’ordinamento della comunicazione).

Per quanto concerne il rapporto tra competenze statali e competenze regionali in

materia di informazione, occorre evidenziare che, a seguito della modifica del Titolo V, la Corte costituzionale non ha mutato gli orientamenti già affermati in numerose sentenze antecedenti la riforma del Titolo V245 ed ha anzi riaffermato il principio secondo cui l’informazione sarebbe riconducibile non tanto ad una materia, quanto ad una “condizione per l’attuazione dei principi propri dello Stato democratico”; in tale ambito, tutti i soggetti o organi rappresentativi investiti di competenze di natura politica non possono, ad avviso della Corte, risultare estranei all’impiego dei mezzi di comunicazione di massa (sentenza n. 312 del 2003246). La Corte suggerisce quindi l’opportunità di seguire una “logica concertativa” nella definizione della disciplina della comunicazione.

Nella sentenza n. 318 del 2003 in materia di radiocomunicazioni la Corte ritorna sul “principio della leale cooperazione”, attraverso il quale sono efficacemente rappresentati tutti gli interessi e le posizioni costituzionalmente rilevanti.

I principi cui le regioni debbono conformarsi nell’esercizio della potestà

legislativa concorrente in materia di emittenza radiotelevisiva in ambito regionale o provinciale sono stati precisati dall’articolo 16, comma 1, della legge 3 maggio 2004, n. 112, che ha delegato il Governo ad adottare il testo unico delle disposizioni legislative in materia di radiotelevisione, nel rispetto della Costituzione, delle norme di diritto internazionale vigenti nell'ordinamento interno e degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea. Si tratta innanzitutto dei principi fondamentali contenuti nel Capo I della legge 112/2004 (vale a dire, la garanzia del pluralismo, la tutela della libertà di espressione, l’obiettività, l’imparzialità e la completezza dell’informazione, l’apertura alle diverse opinioni e tendenze, la salvaguardia del patrimonio culturale, artistico ed ambientale, il rispetto della dignità umana, della salute, dello sviluppo fisico,

245 Vedi, in particolare, le sentenze nn. 348 del 1990 e 29 del 1996 e, con riferimento alla questione

dell’individuazione delle sfere di competenza statale e regionale, la sentenza n. 21 del 1991, che aveva già individuato nel “principio di leale cooperazione” tra le istituzioni lo strumento per il contemperamento degli interessi costituzionali coinvolti.

246 Vedi anche le sentenze n. 308 e 324 del 2003

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psichico e morale dei minori) nonché di altri principi espressamente elencati dall’articolo 16 (rispetto degli accordi internazionali, della normativa dell'Unione europea e di quella nazionale, rispetto dei princìpi di non discriminazione, proporzionalità e obiettività, nonché rispetto delle disposizioni vigenti in materia di tutela della salute, di tutela del territorio, dell'ambiente e del paesaggio e delle bellezze naturali).

Tali principi sono stati integralmente riprodotti nel Testo unico sulla radiotelevisione (d. lgs 177/2005: cfr. articolo 12, che richiama in via generale le competenze delle regioni). Nel definire i compiti di pubblico servizio in ambito regionale e provinciale, il Testo unico richiama (articolo 46, commi 1 e 2) i principi di cui alle lett. e) ed f) della norma di delega247, inserendo peraltro una precisazione in ordine al rispetto - da parte delle leggi regionali - delle disposizioni sanzionatorie relative alla tutela dell’utente, contenute nel testo unico.

Alla competenza legislativa regionale è ricondotta la definizione degli specifici

compiti di pubblico servizio che la società concessionaria è tenuta ad adempiere nell’orario e nella rete di programmazione destinati alla diffusione di contenuti in ambito regionale o, per le province autonome di Trento e di Bolzano, in ambito provinciale; a tal fine, alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano è data la possibilità di stipulare, previa intesa con il Ministero delle comunicazioni, specifici contratti di servizio con la società concessionaria del servizio pubblico generale di radiodiffusione (articolo 46).

Con riferimento alle competenze amministrative, si ricorda che alle regioni e

alle province è attribuito, rispettivamente, il rilascio dell’autorizzazione per la fornitura di contenuti televisivi e dati destinati alla diffusione in tecnica digitale su frequenze terrestri in ambito regionale o provinciale (articolo 18).

Sono, infine, previsti specifici compiti del servizio pubblico generale

radiotelevisivo concernenti la diffusione di trasmissioni radiofoniche e televisive in lingua tedesca e ladina per la provincia autonoma di Bolzano, in lingua ladina per la provincia autonoma di Trento, in lingua francese per la regione autonoma Valle

247 Nell’ambito del comma 2, laddove si afferma che le regioni e le province autonome di Trento e

di Bolzano sono legittimate a stipulare, previa intesa con il Ministero delle comunicazioni, specifici contratti di servizio con la società concessionaria del servizio pubblico generale di radiodiffusione per la definizione degli obblighi di cui al comma 1, nel rispetto della libertà di iniziativa economica della società concessionaria, anche con riguardo alla determinazione dell’organizzazione dell’impresa, nonché nel rispetto dell’unità giuridica ed economica dello Stato e assicurando la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali e la tutela dell’incolumità e della sicurezza pubbliche”, viene peraltro omesso il passaggio, contenuto nella corrispondente lettera f) della norma di delega, in base al quale “ulteriori princìpi fondamentali relativi allo specifico settore dell'emittenza in ambito regionale o provinciale possono essere ricavati dalle disposizioni legislative vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge in materia di emittenza radiotelevisiva in ambito locale”

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d’Aosta e in lingua slovena per la regione autonoma Friuli Venezia Giulia; l’articolazione della società concessionaria in una o più sedi nazionali e in sedi in ciascuna regione e, per la regione Trentino-Alto Adige, nelle province autonome di Trento e di Bolzano; la valorizzazione e il potenziamento dei centri di produzione decentrati (articolo 45, lett. p), q) ed r)).

Merita, infine, segnalare che la legge n. 112 del 2004 (articolo 13) e il Testo

unico della radiotelevisione (articolo 13) hanno confermato l’articolazione su base territoriale dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che svolge le proprie competenze in materia radiotelevisiva attraverso i Comitati regionali per le comunicazioni (CORECOM), organi funzionali dell’Autorità.

Si ricorda che l’art. 1, comma 13, della legge n. 249 del 1997, ha previsto, “riconoscendo le esigenze di decentramento sul territorio al fine di assicurare le necessarie funzioni di governo, di garanzia e di controllo in tema di comunicazione” i Comitati regionali per le comunicazioni, da istituirsi con legge regionale entro sei mesi dall’insediamento dell’Autorità, ai quali sono altresì attribuite le competenze in precedenza svolte dai comitati regionali radiotelevisivi”248.

248 Allo stato i CORECOM risultano istituiti presso tutte le regioni, fatta eccezione per Trento dove

permane il precedente CORERAT (Comitato regionale per il servizio radiotelevisivo, istituito dall’art. 5 della legge n. 103 del 1975 quale organo di consulenza delle regioni in materia radiotelevisiva).

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SISTEMA RADIOTELEVISIVO - LA DISCIPLINA ANTICONCENTRAZIONE

Alla disciplina a tutela della concorrenza e del mercato, anche per gli aspetti che involgono il pluralismo dell’informazione, è dedicato il Capo II della legge n. 112 del 2004, sostanzialmente confluito nel Titolo VI del testo unico della radiotelevisione (d.lgs. 177/2005).

L’articolo 14 della legge assegna all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni compiti di verifica249 relativi alla individuazione del mercato rilevante, conformemente ai principi previsti dalla direttiva 2002/21/CE in materia di comunicazioni elettroniche (v. scheda Comunicazioni elettroniche – La concorrenza nei mercati rilevanti), nonchè alla formazione di posizioni dominanti250 nel sistema integrato delle comunicazioni e nei mercati che lo compongono, tenendo conto di un complesso di parametri251; nel caso in cui dall’accertamento emergano casi di violazione dei limiti imposti dalla legge, l’Autorità può operare con i poteri conferiti dalla legge 249/97, adottando anche provvedimenti “deconcentrativi”252.

L’articolo 15 reca una nuova disciplina antitrust, con la individuazione dei limiti al cumulo dei programmi e dei limiti al cumulo delle risorse, questi ultimi calcolati in rapporto ai ricavi relativi ai settori che compongono il “sistema integrato delle comunicazioni”, definito dall’articolo 2 della legge n. 112 del 2004 come “il settore economico che comprende le seguenti attività: stampa quotidiana e periodica; editoria annuaristica ed elettronica anche per il tramite di INTERNET; radio e televisione; cinema; pubblicità esterna; iniziative di comunicazione di prodotti e servizi; sponsorizzazioni”253.

249 La disposizione fa obbligo ai soggetti che effettuano intese o operazioni di concentrazioni di

notificarle all’Autorità, al fine di consentire la verifica del rispetto dei limiti imposti dalla legge. 250 Nel quadro dei principi della concorrenza, la nozione di mercato rilevante, ai fini dell’eventuale

individuazione di una posizione dominante, secondo la giurisprudenza comunitaria comprende quei prodotti o servizi tra loro intercambiabili sia sotto il profilo delle caratteristiche tecnologiche, sia per la loro idoneità a soddisfare egualmente le esigenze dei consumatori.

251 Oltre che dei ricavi, la disposizione prevede che si tenga conto del livello di concorrenza all’interno del sistema, delle barriere all’ingresso, delle dimensioni di efficienza economica dell’impresa, degli indici quantitativi di diffusione dei programmi radiotelevisivi e degli altri prodotti dei mercati che compongono il sistema (prodotti editoriali, opere fonografiche e cinematografiche).

252 Il testo rinvia espressamente all’art. 2, co. 7, della legge 31 luglio 1997, n. 249, il quale prevede il potere dell’Autorità di adottare provvedimenti necessari per eliminare o impedire il formarsi di posizioni dominanti o lesive del pluralismo, e prevede altresì procedure specifiche, che possono portare anche all’adozione di un provvedimento di dismissione di rami d’azienda.

253 Si ricorda che la definizione sopra riportata di “sistema integrato delle comunicazioni” consegue alle modifiche apportate dalle Commissioni di merito, rispetto al testo rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica (A.C. 310 e abb.-D), testo che recava una definizione del “sistema integrato delle comunicazioni” parzialmente diversa, riferita, tra l’altro, alle imprese, anziché ai settori di attività: il SIC risultava dunque essere “il settore economico che comprende le imprese radiotelevisive e quelle di produzione e distribuzione, qualunque ne sia la forma tecnica, di contenuti per programmi televisivi e radiofonici, imprese dell’editoria quotidiana, periodica, libraria ed elettronica, anche per il tramite di Internet; le imprese di produzione e distribuzione, anche al pubblico finale, delle opere cinematografiche; le imprese fonografiche; le imprese di pubblicità, quali che siano il mezzo o le modalità di diffusione”. La definizione vigente esclude,

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L’articolo contempla inoltre alcune disposizioni puntuali relative ai limiti di affollamento pubblicitario previsti dalla L. 223/1990254.

Per quanto concerne la disciplina dei nuovi limiti antitrust, si ricorda in particolare che: un medesimo fornitore di contenuti non può essere titolare di autorizzazioni

che consentano di diffondere più del 20% del totale dei programmi (rispettivamente, televisivi o radiofonici), irradiabili su frequenze terrestri in ambito nazionale, mediante le reti previste dal piano nazionale di assegnazione delle frequenze in tecnica digitale255. Quanto al “fornitore di contenuti”, la lettera d) dell’articolo 2, comma 1, del testo unico della radiotelevisione – in cui risulta confluito l’identica lettera d) dell’articolo 2, comma 1, della legge n. 112 del 2004 (vedi infra) –identifica il fornitore di contenuti nel soggetto che ha la responsabilità editoriale nella predisposizione dei programmi televisivi o radiofonici e dei relativi programmi-dati destinati alla diffusione anche ad accesso condizionato su frequenze terrestri in tecnica digitale, via cavo o via satellite o con ogni altro mezzo di comunicazione elettronica e che è legittimato a svolgere le attività commerciali ed editoriali connesse alla diffusione delle immagini o dei suoni e dei relativi dati. La successiva lettera h) dello stesso comma 1 dell’articolo 2 del testo unico definisce “fornitore di servizi interattivi associati o di servizi di accesso condizionato”256 il soggetto che “fornisce, attraverso l'operatore di rete, servizi al pubblico di accesso condizionato, compresa la pay per view, mediante distribuzione agli utenti di chiavi numeriche per l'abilitazione alla visione dei programmi, alla fatturazione dei servizi ed eventualmente alla fornitura di apparati, ovvero che fornisce servizi della società dell'informazione ovvero fornisce una guida elettronica ai programmi”257;

il limite alla raccolta delle risorse del sistema integrato delle comunicazioni è individuato nel 20% dei ricavi complessivi del “sistema integrato delle

pertanto, dal sistema integrato delle comunicazioni, l’editoria libraria e le imprese fonografiche dal sistema integrato delle comunicazioni”

254 Le modifiche sono dirette ad escludere le “telepromozioni” dall’applicazione di tali limiti di affollamento pubblicitario (con la sostituzione della parola “spot” pubblicitari alla parola “messaggi” pubblicitari).

255 L’operatività del limite è testualmente riferita all’“atto della completa attuazione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze radiofoniche e televisive in tecnica digitale”. ”. Nella fase transitoria il limite del 20% é calcolato sul numero complessivo dei programmi televisivi concessi o irradiati in ambito nazionale su frequenze terrestri indifferentemente in tecnica analogica o in tecnica digitale (v. scheda Sistema radiotelevisivo - La disciplina transitoria).

256 Ai sensi dello stesso testo unico (art. 2, co. 1, lett. i), è da intendere “accesso condizionato” ogni misura e sistema tecnico in base ai quali l’accesso in forma intelligibile al servizio protetto sia subordinato a preventiva e individuale autorizzazione da parte del fornitore del servizio di accesso condizionato.

257 Sul punto, si ricorda che la corrispondente lettera e) del comma 1 dell’articolo 2 della legge n. 112 del 2004 – abrogato dallo stesso testo unico della radiotelevisione - non contemplava l’inciso a norma del quale la pay per view è da ricomprendere nell’ambito dei servizi al pubblico di accesso condizionato.

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comunicazioni”: pertanto, un soggetto iscritto nel registro degli operatori di comunicazione non può conseguire ricavi superiori a tale percentuale. Il comma 3 dell’art. 15 individua le tipologie di ricavi da considerare ai fini del calcolo della percentuale. Tale comma, nel testo che era stato rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica (AC 310 e abb.– D) (DOC. I, n. 5), considerava i ricavi derivanti dal canone (testualmente, dal finanziamento del servizio pubblico radiotelevisivo al netto dei diritti dell’erario), da pubblicità nazionale e locale, da sponsorizzazioni, da televendite, dagli investimenti di enti o imprese finalizzate alla promozione dei propri prodotti o servizi, da convenzioni con soggetti pubblici, da provvidenze pubbliche, da offerte televisive a pagamento, da vendite di beni, servizi e abbonamenti relativi ai settori del sistema integrato delle comunicazioni come definito dal testo oggetto di rinvio. A seguito delle modifiche apportate successivamente nell’iter parlamentare, i ricavi sono ora individuati come “quelli derivanti dal finanziamento del servizio pubblico radiotelevisivo al netto dei diritti dell’erario, da pubblicità nazionale e locale anche in forma diretta, da televendite, da sponsorizzazioni, da attività di diffusione del prodotto realizzata al punto vendita con esclusione di azioni sui prezzi, da convenzioni con soggetti pubblici a carattere continuativo e da provvidenze pubbliche erogate direttamente ai soggetti indicati dall’art. 2, comma 1, lettera g), da offerte televisive a pagamento, dagli abbonamenti e dalla vendita di quotidiani e periodici inclusi i prodotti librari e fonografici commercializzati in allegato, nonché dalle agenzie di stampa a carattere nazionale, dall’editoria elettronica e annuaristica anche per il tramite di INTERNET e dalla utilizzazione delle opere cinematografiche nelle diverse forme di fruizione del pubblico”. Si tratta di modifiche risultate conseguenti al rinvio del testo approvato dalle due Camere. Il messaggio portava, infatti, all’attenzione del Parlamento la questione della disciplina antitrust, in particolare in rapporto alla possibile concentrazione delle risorse finanziarie in capo ad alcuni operatori. Tale rischio veniva posto in connessione con la scelta di assumere il sistema integrato delle comunicazioni (SIC) - individuato dall’A.C. 310 e abb.-D come sistema formato da imprese radiotelevisive, imprese dell’editoria anche elettronica, operatori pubblicitari, discografici, produttori e distributori cinematografici - come base di riferimento per il calcolo del limite delle risorse dei singoli operatori della comunicazione; infatti, il messaggio rilevava che, “a causa della sua dimensione” (del SIC), si poteva consentire a chi detenesse “il 20%, di disporre di strumenti di comunicazioni in misura tale da dar luogo alla formazione di posizioni dominanti” Il messaggio faceva direttamente riferimento, a tal proposito, all’articolo 15, comma 2, del testo oggetto di rinvio che individuava il tetto del 20% dei ricavi complessivi del SIC; disposizione che andava letta in combinato disposto con il successivo comma 3, relativo

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alla specifica individuazione dei ricavi che compongono il “paniere” sul quale va calcolato il “tetto” indicato;

gli organismi di telecomunicazioni i cui ricavi nel mercato dei servizi di telecomunicazioni siano superiori al 40% dei ricavi complessivi di quel mercato non possono conseguire ricavi superiori al 10% dei ricavi del settore integrato delle comunicazioni;

è fatto divieto ai soggetti esercenti attività televisiva nazionale attraverso più di una rete di acquisire partecipazioni in imprese editrici di giornali quotidiani258, nonché di partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di giornali quotidiani, fino al 31 dicembre 2010. In materia di posizioni dominanti e di sviluppo del digitale terrestre sono

intervenute diverse delibere dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, anche al fine della attuazione della nuova disciplina introdotta dalla legge n. 112 del 2004.259

258 Anche tramite imprese controllate, controllanti o collegate ex art. 2359 del codice civile. 259 Vedi in particolare Delibera n. 326/04/CONS recante Avvio del procedimento per l’accertamento

della sussistenza di posizioni dominanti ai sensi dell’art. 14 della legge 3 maggio 2004, n. 112; Delibera n. 67/05/CONS recante Proroga del termine di conclusione del procedimento per l’accertamento della sussistenza di posizioni dominanti ai sensi dell’art. 14 della legge 3 maggio 2004, n. 112, Delibera n. 90/05/CONS recante Chiusura dell’istruttoria finalizzata all’accertamento della sussistenza di posizioni dominanti ai sensi dell’art. 14, della legge 3 maggio 2004, n. 112, Delibera n. 91/05/CONS recante Fissazione dell’audizione conclusiva del procedimento finalizzato all’accertamento della sussistenza di posizioni dominanti ai sensi dell’art. 14 della legge 3 maggio 2004, n. 112, Delibera n. 102/05/CONS recante Modalità di attuazione dell’articolo 18, commi 1 e 2, della legge 3 maggio 2004, n. 112, Delibera n. 136/05/CONS recante Interventi a tutela del pluralismo ai sensi della legge 3 maggio 2004, n. 112, Delibera n. 149/05/CONS recante Approvazione del regolamento recante la disciplina della fase di avvio delle trasmissioni radiofoniche terrestri in tecnica digitale, Delibera n. 264/05/CONS recante Disposizioni attuative degli articoli 1, comma 1, lett. a), n. 2, e 2, comma 2, della delibera n. 136/05/CONS, Delibera n. 393/05/CONS recante Scelta della società di revisione della contabilità separata della Rai ai sensi dell’articolo 18, comma 1, della legge 3 maggio 2004, n. 112, Delibera n. 186/05/CONS recante Approvazione dello schema di contabilità separata della rai ai sensi dell’articolo 18, comma 1, della legge 3 maggio 2004, n. 112, Delibera n. 163/06/CONS recante Atto di indirizzo - Approvazione di un programma di interventi volto a favorire l’utilizzazione razionale delle frequenze destinate ai servizi radiotelevisivi nella prospettiva della conversione alla tecnica digitale.

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SISTEMA RADIOTELEVISIVO - LA CONVERSIONE IN TECNICA DIGITALE

L’articolo 19 del DL 273/2005260 - modificando il comma 5 dell’articolo 2-bis del DL 5/2001261 - è intervenuto sul termine di scadenza per la completa conversione del sistema televisivo su frequenze terrestri dalla tecnica analogica alla tecnica digitale (c.d. switch off).

A seguito della modifica introdotta, il termine originario del 31 dicembre 2006 è stato prorogato al 31 dicembre 2008 (testualmente: “entro l’anno 2008”).

La modifica è nata dall’esigenza di coerenza con quanto stabilito nelle due comunicazioni della Commissione europea (del 24 maggio e del 29 settembre 2005) sulla fase di transizione (switch-over), nonché nelle conclusioni approvate dal Consiglio dell’Unione europea il 1º dicembre 2005, secondo le quali alcuni Stati membri prevedevano di completare la migrazione dalla trasmissione radiotelevisiva analogica terrestre a quella digitale entro il 2012, mentre altri (fra cui l’Italia) vi sarebbero giunti a livello regionale o nazionale prima del 2008( vedi infra).

L’articolo 19 del DL 273/2005 inserisce poi nel citato comma 5 dell’articolo 2-bis, una nuova disposizione a norma della quale - al fine della completa conversione del sistema televisivo su frequenze terrestri dalla tecnica analogica alla tecnica digitale – sono individuate aree all digital nelle quali si possa accelerare la completa conversione.

Le aree all digital

Nell’ottica di un approccio allo switch off su base regionale e allo scopo di affrontare la complessità della transizione prendendo come riferimento territori con caratteristiche di isolamento geografico, in data 16 aprile 2005 sono stati sottoscritti – al fine della definitiva transizione alla televisione digitale terrestre nel territorio delle regioni autonome Valle d'Aosta e Sardegna - protocolli d’intesa dal Ministero delle comunicazioni, dalle predette regioni e dall'Associazione DGTVi (Associazione italiana per lo sviluppo del Digitale Televisivo Terrestre), con cui le parti si sono impegnate a mettere in atto tutte le attività necessarie per rendere possibile già entro il 31 gennaio 2006 la transizione al digitale terrestre nelle aree principali delle due regioni. Nei protocolli venivano individuate due fasi della transizione: entro il 31 gennaio 2006262 per i capoluoghi di provincia ed entro il 31 luglio 2006 per l’intera regione. 260 Decreto legge 30 dicembre 2005, n. 273 recante Definizione e proroga di termini, nonché

conseguenti disposizioni urgenti convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1 della legge 23 febbraio 2006, n. 51.

261 Decreto legge 23 gennaio 2001, n. 5 recante Disposizioni urgenti per il differimento di termini in materia di trasmissioni radiotelevisive analogiche e digitali, nonché per il risanamento di impianti radiotelevisivi, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 20 marzo 2001, n. 66.

262 Come dichiarato dal Ministro delle comunicazioni in sede di audizione - nell’ambito dell’indagine conoscitiva su “Lo stato della tecnologia digitale in Italia nel settore delle comunicazioni” -

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Il decreto ministeriale 1° settembre 2005 – proprio al fine di conseguire l’obiettivo sopra indicato (definitiva transizione delle trasmissioni televisive su frequenze terrestri dalla tecnologia analogica a quella digitale già entro il 31 gennaio 2006) – aveva riservato una quota dello stanziamento di cui all'art. 1, comma 211, della legge 30 dicembre 2004, n. 311263, in relazione alle erogazioni effettuate alla data del decreto, per i contributi finalizzati all’acquisto o al noleggio, anche con possibilità finale di acquisto, di apparecchi idonei a consentire la ricezione in chiaro e senza alcun costo per l'utente e per il fornitore di contenuti dei segnali televisivi in tecnica digitale terrestre (T-DVB/C-DVB) e la conseguente interattività, in favore di abbonati al servizio di radiodiffusione delle regioni Sardegna e Valle d'Aosta, in regola con il pagamento del canone di abbonamento per l'anno in corso.

Il decreto ministeriale 2 settembre 2005 ha poi riconosciuto agli abbonati al servizio di radiodiffusione televisiva, in regola con il pagamento del canone di abbonamento, delle regioni autonome della Sardegna e della Valle d'Aosta, un contributo di 20 euro per l'acquisto od il noleggio di un apparecchio idoneo a consentire la ricezione, in chiaro e senza alcun costo per l'utente e per il fornitore di contenuti, di segnali televisivi in tecnica digitale e una elevata interattività da remoto264.

Da ultimo, il comma 572 dell’articolo 1 della legge 266/2005 (legge finanziaria per il 2006) è intervenuto sulle aree all digital, prevedendo, per l’anno 2006 un contributo nei confronti degli abbonati al servizio di radiodiffusione delle aree all digital di Sardegna e Valle d’Aosta e di quattro ulteriori aree all digital da individuare con decreto del Ministro delle comunicazioni, nonché degli abbonati che dimostrino di essere titolari di abitazione nelle medesime aree attraverso il pagamento dell’imposta comunale sugli immobili, in regola per l’anno in corso con il pagamento del relativo canone di abbonamento, che non abbiano beneficiato del contributo previsto dall’articolo 4, comma 1, della legge finanziaria

presso la IX Commissione (Trasporti, poste e telecomunicazioni) della Camera il 24 gennaio 2006, il termine del 31 gennaio 2006 come termine della prima fase dello switch off in Sardegna e in Valle d’Aosta è stato spostato al 15 marzo 2006.

263 Sul punto, si ricorda che il comma 1 dell’articolo 4 della legge 350/2003 (legge finanziaria per il 2004) prevedeva, per l’anno 2004, un contributo statale pari a 150 euro da corrispondere a ciascun utente del servizio radiodiffusione, in regola, per l’anno in corso, con il pagamento del canone, che acquistasse o noleggiasse un apparato idoneo a ricevere i segnali televisivi in tecnica digitale terrestre e la conseguente interattività. Per la determinazione dei criteri e delle modalità di attribuzione del contributo statale è successivamente intervenuto, sulla base del medesimo articolo 4 (comma 4), il D.M. 30 dicembre 2003. Il comma 211 dell’articolo 1 della legge 311/2004 ha rifinanziato l’intervento per l’anno 2005, prevedendo un contributo statale pari a 70 euro rimandando, per le procedure di assegnazione dei contributi, a quanto stabilito per all’anno 2004 dal DM 30 dicembre 2003.

264 Alla erogazione del contributo suddetto si è provveduto attingendo, entro il limite di 6 milioni di euro, alle disponibilità del Fondo - istituito con il comma 250 dell'art. 1 della legge finanziaria 2005, per l’anno 2005, nell’ambito dello stato di previsione del Ministero delle comunicazioni - per la promozione e la realizzazione di aree all digital e servizi di T-Government sulla piattaforma della televisione digitale terrestre, con una dotazione finanziaria pari a 10 milioni di euro.

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per il 2004, e dall’articolo 1, comma 211, della legge finanziaria per il 2005, che acquistino o noleggino un apparato idoneo a consentire la ricezione, in chiaro e senza alcun costo per l’utente e per il fornitore di contenuti, di segnali televisivi in tecnica digitale. Il contributo pari a 90 euro per i casi di acquisto o noleggio effettuati dal 1º al 31 dicembre 2005 e di 70 euro per quelli effettuati dal 1º gennaio 2006 è riconosciuto a condizione che sia garantita la fruizione diretta e senza restrizione dei contenuti e servizi in chiaro e che siano fornite prestazioni di interattività, anche da remoto, attraverso interfacce di programmi (API) aperte e riconosciute tali, conformi alle norme pubblicate nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee ai sensi dell’articolo 18 della direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro), nonché a condizione che il canale di interazione, attivato su linea telefonica analogica commutata, sia supportato da un modem abilitato a sostenere, per tale tipo di accesso, la classe di velocità V90/V92, fino a 56 Kbits ovvero una velocità almeno equivalente per le altre tecnologie trasmissive di collegamento alle reti pubbliche di telecomunicazioni. Ai titolari di alberghi, strutture ricettive, campeggi ed esercizi pubblici situati nelle aree all digital, il contributo è riconosciuto per ogni apparecchio televisivo messo a disposizione del pubblico. La concessione del contributo è disposta entro il limite di 10 milioni di euro.

La televisione digitale nel contesto europeo

La promozione della televisione digitale costituisce uno dei settori di intervento previsti dalla strategia di Lisbona, essendo considerata uno strumento efficace ai fini dell’accesso generalizzato di tutti i cittadini ai nuovi servizi e applicazioni della società dell’informazione.

Il 24 maggio 2005 la Commissione ha adottato una comunicazione relativa all’accelerazione della transizione dalla radiodiffusione analogica a quella digitale delle emissioni televisive (COM(2005)204).

Nel documento la Commissione auspica che tale transizione possa consolidarsi per il 2010 ed essere definitivamente completata su tutto il territorio dell’Unione europea entro il 2012.

Il 29 settembre 2005 la Commissione ha adottato una comunicazione concernente “Priorità della politica dell'UE in materia di spettro radio per il passaggio al digitale nel contesto della prossima Conferenza regionale delle radiocomunicazioni dell'UIT del 2006 (RRC-06)” (COM(2005)461). La comunicazione intende contribuire agli obiettivi dell'iniziativa i-2010, avviata in relazione all'agenda di Lisbona, e sottolinea l'importanza di disporre dello spettro radio per stimolare l'innovazione nelle tecnologie dell’informazione e di gestire tale risorsa con maggiore flessibilità per utilizzarla in maniera più efficiente.

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I due documenti sono stati trasmessi al Parlamento europeo e al Consiglio, che li ha esaminati congiuntamente il 1° dicembre 2005. Il Consiglio, in particolare, ha invitato gli Stati membri a completare il passaggio al digitale, nella misura del possibile, entro il 2012, e a pubblicare, ove non l’avessero ancora fatto, entro il 2006, le loro proposte di migrazione; ha poi invitato la Commissione a tenere aggiornate sul sito Internet le informazioni sui piani nazionali, e a sostenere lo sviluppo di distribuzioni nuove e innovative nonché le tecnologie senza filo attraverso i programmi UE di ricerca e sviluppo tecnologico.

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SISTEMA RADIOTELEVISIVO – LA DISCIPLINA TRANSITORIA

Il Capo V della legge 112 /2004 - sostanzialmente confluito nel Titolo III, Capo IV, del testo unico della radiotelevisione, di cui al d. lgs. 177/2005 – individua il regime giuridico da applicare nella fase del passaggio dalla tecnica analogica a quella digitale sino alla definitiva cessazione delle trasmissioni analogiche (v. scheda Sistema radiotelevisivo – La conversione in tecnica digitale)265

Nell’ambito del Capo V, l’articolo 22 assegna all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni il compito di definire il programma di attuazione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze (radiofoniche e televisive) in tecnica digitale.

L’articolo 23 reca un’articolata disciplina relativa alla “fase transitoria”, volta all’avvio delle trasmissioni televisive in tecnica digitale, prevedendo in particolare che fino all’attuazione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze in tecnica digitale, i soggetti esercenti a qualunque titolo attività di radiodiffusione televisiva in ambito nazionale e locale, in possesso dei requisiti previsti dalla disciplina vigente per ottenere l’autorizzazione alla sperimentazione, possano effettuarla – anche attraverso la ripetizione simultanea dei programmi già diffusi in tecnica analogica – fino alla completa conversione delle reti; tale sperimentazione può essere effettuata sugli impianti legittimamente operanti in tecnica analogica; i medesimi soggetti possono altresì richiedere le licenze e le autorizzazioni per avviare le trasmissioni in tecnica digitale terrestre 266.

A tale proposito, occorre ricordare come la disposizione preveda che: - la licenza di operatore di rete televisiva può essere rilasciata, su domanda, ai

soggetti che esercitano legittimamente l’attività in virtù del titolo concessorio o “per il generale assentimento di cui al comma 1”, qualora dimostrino di aver raggiunto una copertura non inferiore al 50 per cento della popolazione o del bacino locale;

- tutte le frequenze destinate al servizio di radiodiffusione concorrono promiscuamente allo svolgimento dell’attività trasmissiva in tecnica analogica ed in tecnica digitale, e pertanto sono abrogate le norme vigenti che riservano tre canali alla sola sperimentazione digitale. L’articolo 24 prevede una specifica disciplina per l’avvio delle trasmissioni

radiofoniche in tecnica digitale, dettando princìpi e criteri direttivi per un successivo regolamento dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ed autorizzando il Ministro delle comunicazioni a stabilire un programma con cui sono individuate specifiche misure di sostegno.

265 La scadenza è individuata dalla normativa vigente nel 31 dicembre 2008. 266 Ciò, nei limiti e nei termini previsti dal regolamento relativo alla radiodiffusione terrestre in

tecnica digitale, adottato dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni con la delibera n. 435/01/CONS, che si fonda sulla legge n. 66/2001 (di conversione del DL n. 5/2001). Al fine della realizzazione delle reti digitali sono consentiti i trasferimenti di impianti e rami d’azienda tra soggetti che esercitano legittimamente l’attività televisiva in ambito nazionale e locale.

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L’articolo 25 disciplina le modalità per accelerare ed agevolare la conversione alla trasmissione in tecnica digitale. Nell’ambito di tale disciplina, si ricorda in particolare quanto segue: è stata prevista l’attivazione, a decorrere dal 31 dicembre 2003, di reti

televisive digitali terrestri, con un’offerta di programmi in chiaro accessibili mediante decoder o ricevitori digitali (comma 1);

in capo alla società concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo è stato posto l’obbligo di realizzare almeno due blocchi di diffusione su frequenze terrestri con una copertura del territorio nazionale che raggiunga il 50% della popolazione dal 1º gennaio 2004, ed il 70% entro il 1º gennaio 2005, nonché di individuare uno o più bacini di diffusione, di norma coincidenti con uno o più comuni situati in aree con difficoltà di ricezione del segnale analogico, nei quali avviare entro il 1º gennaio 2005 la completa conversione alla tecnica digitale267 (comma 2);

all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni è stato attribuito il compito di verificare l’effettivo sviluppo del digitale terrestre e della rispondenza di tale sviluppo ai tempi e alle modalità previste dalla legge (comma 3). In particolare, l’Autorità è stata chiamata ad effettuare un esame dell’offerta complessiva dei programmi televisivi digitali terrestri, entro il 30 aprile 2004, allo scopo di accertare: a) la quota di popolazione raggiunta dalle reti digitali terrestri (che non

doveva essere inferiore al 50%, come già accennato); b) la presenza sul mercato nazionale di decoder a prezzi accessibili; c) l’effettiva offerta al pubblico sulle reti digitali anche di programmi diversi da

quelli diffusi dalle reti analogiche. L’Autorità era tenuta ad inviare, entro trenta giorni dalla data di

completamento della verifica, una relazione al Governo e al Parlamento in merito all’accertamento effettuato (comma 4). Nel caso in cui, a seguito di tale accertamento, l’Autorità avesse verificato l’assenza delle condizioni previste per l’ampliamento del pluralismo, la legge autorizzava espressamente la medesima Autorità ad adottare i provvedimenti “deconcentrativi” indicati dal comma 7 dell’art. 2 della L. 249/1997268.

267 Nella fase di transizione al digitale la società concessionaria deve assicurare, comunque, la

trasmissione di tre programmi televisivi in tecnica analogica in chiaro e, nei tempi e nei modi sopradescritti, di tre programmi televisivi in tecnica digitale in chiaro. Il comma 5 è stato poi integrato con l’ulteriore compito per la concessionaria di attuare “condizioni di effettivo pluralismo territoriale, in particolare ripartendo in modo equilibrato, anche in proporzione al numero di abbonati, l’ideazione, la realizzazione e la produzione di programmi con diffusione in ambito nazionale tra i centri di produzione e le sedi regionali”.

268 Si ricorda che tale ultima disposizione attribuisce appunto all’Autorità il potere di adottare i provvedimenti necessari per eliminare o impedire il formarsi di posizioni dominanti (di cui al co. 1 dell’attuale art. 7) o comunque lesive del pluralismo, anche attraverso la dismissione di aziende o di rami d’azienda, da effettuarsi entro un termine congruo e comunque non superiore a dodici mesi.

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L’Autorità ha provveduto a tali adempimenti, presentando la relazione prevista entro i termini stabiliti (DOC. XXVII, n. 14). Con tale relazione si è dato conto dell’accertamento positivo relativo alle condizioni poste dalla legge. Al contempo, l’Autorità ha segnalato le azioni positive ancora necessarie affinché “l’avvio promettente della televisione digitale terrestre si tramuti in un reale cambiamento del grado di concorrenzialità del mercato televisivo ed in un effettivo ampliamento del pluralismo culturale, politico ed informativo”.

Per quanto concerne la diffusione della televisione digitale terrestre, si ricorda che

l’art. 25, co. 6, ha previsto l’intervento di un regolamento governativo, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge, per definire gli incentivi all’acquisto e alla locazione finanziaria necessari per favorire la diffusione nelle famiglie italiane di apparecchi utilizzabili per la ricezione di segnali televisivi in tecnica digitale.

Il regolamento in questione non è stato ancora adottato, in quanto strettamente connesso all’effettivo sviluppo del processo di privatizzazione della RAI. Infatti, il medesimo articolo 25 ha stabilito che il regolamento debba disporre nei limiti della copertura finanziaria prevista a tale scopo dalla legge e possa essere attuato ovvero modificato o integrato solo successivamente alla riscossione dei proventi derivanti dall’alienazione della partecipazione dello Stato nella RAI Spa. Si ricorda che l’art. 21, co. 7 della legge ha disposto che quota parte dei proventi derivanti dalle operazioni di collocamento sul mercato di azioni ordinarie della RAI siano destinanti per il 25% al finanziamento degli incentivi di cui all’articolo ora in esame (sullo stato del processo di privatizzazione della RAI, v. scheda Il servizio pubblico televisivo).

Ulteriori disposizioni dell’articolo 25 riguardano:

l’applicazione del limite antitrust relativo al numero complessivo di programmi irradiabili da uno stesso soggetto fino alla completa attuazione del piano di assegnazione delle frequenze televisive in tecnica digitale terrestre limite fissato al 20% e calcolato sul numero complessivo dei programmi televisivi concessi o irradiati in ambito nazionale su frequenze terrestri indifferentemente in tecnica analogica o in tecnica digitale (comma 8). I programmi televisivi irradiati in tecnica digitale possono concorrere a formare la base

di calcolo ove raggiungano una copertura pari al 50 per cento della popolazione. Al fine del rispetto del limite del 20 per cento non sono computati i programmi che costituiscono la replica simultanea di programmi irradiati in tecnica analogica (commi 8 e 9). Per la società concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo i programmi irradiati in tecnica digitale avvalendosi della riserva di blocchi di diffusione non concorrono al raggiungimento del limite antitrust sopra descritto (comma 10);

la possibilità di prolungare – da parte del Ministero delle comunicazioni – il

termine di validità delle concessioni e delle autorizzazioni per le trasmissioni in tecnica analogica sino alla scadenza del termine previsto dalla legge per la conversione definitiva delle trasmissioni in tecnica digitale (vedi scheda Sistema radiotelevisivo – La conversione in tecnica digitale),

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subordinatamente alla presenza delle condizioni di effettivo ampliamento dell’offerta e del pluralismo (comma 11).

una disciplina “transitoria”, che fa salvo il regime della licenza individuale (in luogo del regime dell’autorizzazione previsto dall’articolo 5 della legge) per l’attività di operatore di rete fino alla scadenza del termine previsto dalla legge per la conversione definitiva delle trasmissioni in tecnica digitale (comma 12).

Appare utile ricordare brevemente che il testo dell’articolo 25, e in particolare dei

commi 1-4 (che costituiscono anche il presupposto della disciplina recata dai successivi commi, in particolare 8-11), è stato oggetto di numerose modifiche e riformulazioni nel corso dell’iter parlamentare, specie dopo il rinvio alle Camere del testo originariamente approvato, ai sensi dell’art. 74 Cost., da parte del Presidente della Repubblica, avvenuto il 15 dicembre 2003 (DOC. I, n. 5). Una delle questioni segnalate con il messaggio che accompagnava tale rinvio269 riguardava la cessazione del regime transitorio previsto dalla legge n. 249/1997 ed il rapporto della nuova disciplina transitoria per la conversione dalla tecnica analogica alla tecnica digitale con la giurisprudenza costituzionale, in particolare con la sentenza n. 466/2002: tale sentenza stabiliva la necessaria fissazione di un termine finale certo e non prorogabile, che comunque non oltrepassasse il 31 dicembre 2003270, per la definitiva cessazione del “regime transitorio” (con gli effetti previsti dalla normativa allora vigente per le emittenti eccedenti i limiti anti-trust, vale a dire, la trasmissione dei programmi irradiati da tali emittenti esclusivamente via satellite o via cavo, nonché la realizzazione da parte della RAI della terza rete senza pubblicità) 271.

In relazione alla data indicata, la Corte costituzionale precisava, in motivazione, che essa “offre margini temporali all’intervento del legislatore per determinare le modalità della definitiva cessazione del regime transitorio di cui all’art. 3, comma 7 della legge n. 249 del 1997” e che “…la presente decisione, concernente le trasmissioni radiotelevisive

269 Il messaggio faceva direttamente riferimento alla disciplina transitoria prevista dall’articolo 25

dell’AC 310 e abb.-D, richiamando in particolare i commi 1, 2 e 3 dell’articolo, che definivano appunto termini e modalità per verificare l’ampliamento dell’offerta di programmi e del pluralismo nel sistema televisivo.

270 Tale termine, come evidenziato dalla medesima sentenza, è stato ricavato dalla valutazione di congruità tecnica dei tempi di passaggio al regime definitivo effettuata dalla Autorità per le garanzie nelle comunicazioni con la delibera n. 346/01/CONS (intervenuta sulla base dell’art. 3, commi 6 e 7 della legge n. 249). L'Autorità aveva indicato la data del 31 dicembre 2003 quale termine ritenuto sufficiente per le semplici operazioni di trasferimento delle reti analogiche eccedenti, tanto in chiaro che in forma codificata; la Corte ha ritenuto congruo tale termine “a prescindere dal raggiungimento della prevista quota di "famiglie digitali", che rimane indipendente dalle operazioni tecniche di trasferimento verso sistemi alternativi a quello analogico su frequenze terrestri”. In proposito si ricorda che la delibera citata prevedeva altresì la possibilità che il termine fosse posticipato dalla stessa Autorità (con decisione da adottare entro il 31 gennaio 2003), in relazione alla verifica della quota di famiglie digitali (che avrebbero dovuto essere almeno il 35%) effettivamente presenti alla data del 31 dicembre 2002. L’Autorità, nell’ambito della Relazione annuale sull’attività svolta presentata alle Camere nel luglio 2003 , ha precisato che, a seguito dell’intervento della sentenza della Corte costituzionale n. 466 del 2002, non si riteneva più necessario portare a termine la verifica dell’effettiva quota di famiglie digitali al 31 dicembre 2002, cui era subordinata la possibilità di anticipare, posticipare o confermare il termine già indicato dalla delibera n. 346/2001/CONS, e confermato dalla sentenza della Consulta.

271 Più specificamente, tali effetti erano dovuti alla L. 249/1997, i cui limiti “anticoncentrazione” erano stati stabiliti a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 420/94 (v. scheda Sistema radiotelevisivo – Giurisprudenza costituzionale)

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in ambito nazionale su frequenze terrestri analogiche, non pregiudica il diverso futuro assetto che potrebbe derivare dallo sviluppo della tecnica di trasmissione digitale terrestre, con conseguente aumento delle risorse tecniche disponibili”.

Il messaggio di rinvio del Capo dello Stato, nel richiamare i principali contenuti della sentenza n. 466 e del regime transitorio previsto dalla legge n. 249/97, evidenziava in particolare come la Corte avesse osservato da un lato che la situazione di fatto esistente “non garantisce l’attuazione del principio del pluralismo informativo esterno – che costituisce uno degli “imperativi” ineludibili emergenti dalla giurisprudenza costituzionale”, e come, dall’altro, l’ultima considerazione in diritto precisasse che la decisione, concernente le trasmissioni televisive in ambito nazionale su frequenze terrestri analogiche, “non pregiudica il diverso futuro assetto che potrebbe derivare dallo sviluppo della tecnica di trasmissione digitale terrestre, con conseguente aumento delle risorse tecniche disponibili”.

Pertanto, il messaggio concludeva, su questo punto, che “per poter giudicare superabile il limite temporale fissato nel dispositivo, deve necessariamente ricorrere la condizione che sia intervenuto un effettivo arricchimento del pluralismo derivante da tale espansione” (si intende, della tecnica di trasmissione digitale terrestre).

Sulla base di tali premesse, nel messaggio si lamentava, da un lato, che il termine assegnato all’Autorità per la verifica272 si traduceva, di fatto, nella proroga di un anno del termine fissato dalla Corte costituzionale e, dall’altro, si rilevava la mancanza di indicazioni precise in ordine al tipo ed agli effetti dei provvedimenti successivi all’eventuale esito negativo dell’accertamento (relativo alle condizioni “minime” che avrebbero dovuto garantire il pluralismo), e dunque, ai poteri dell’Autorità conseguenti all’accertamento273.

Ancora con specifico riferimento alla questione del termine, riprendendo un passaggio del considerato in diritto della sentenza n. 466/2002, il Capo dello Stato osservava che “il 1° gennaio 2004 può essere considerato come il dies a quo non di un nuovo regime transitorio, ma dell’attuazione delle predette modalità di cessazione del regime medesimo, che devono essere determinate dal Parlamento entro il 31 dicembre 2003. Si rende, inoltre, necessario indicare il dies ad quem e, cioè, il termine di tale fase di attuazione”. Tale osservazione appare connessa a quel passaggio introduttivo, di carattere più generale, nel quale si segnala che per poter giudicare superabile il limite temporale fissato nel dispositivo della sentenza, deve necessariamente ricorrere la condizione che sia intervenuto un effettivo arricchimento del pluralismo derivante dall’espansione della tecnica digitale terrestre.

Occorre infine ricordare che, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 466/2002, è stato adottato il decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 352, recante “Disposizioni urgenti concernenti modalità di definitiva cessazione del regime transitorio della legge 31 luglio 1997, n. 249” (convertito con modificazioni dalla legge 24 febbraio 2004, n. 43), il quale ha in parte ripreso, in parte anticipato alcune norme dell’art. 25 della legge n. 112.

272 Si ricorda che il testo oggetto di rinvio da parte del Presidente della Repubblica (v. AC 310-D)

prevedeva che l’Autorità procedesse alla verifica “entro i dodici mesi successivi al 31 dicembre 2003”.

273 Il testo oggetto di rinvio (AC 310-D) prevedeva che, a seguito dell’accertamento, l’Autorità invia una relazione al Governo e alle competenti Commissioni parlamentari ed “eventualmente formula proposte di interventi diretti a favorire l’ulteriore incremento dell’offerta di programmi televisivi digitali terrestri e dell’accesso ai medesimi”

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Con tale decreto sono stati infatti previsti adempimenti dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni finalizzati a verificare l’effettivo ampliamento delle offerte televisive e del pluralismo attraverso nuove reti digitali terrestri, sulla base di alcuni parametri ivi indicati (confluiti nell’art. 25 della legge n. 112 ); sono stati previsti termini più ravvicinati (rispetto al testo nella versione rinviata alle Camere dal Capo dello Stato), entro cui doveva intervenire l’accertamento; si è poi precisato quali provvedimenti poteva adottare l’Autorità al termine della verifica; è stata, infine, introdotta una disposizione che esplicitamente consentiva alle reti “eccedentarie” di proseguire nell’esercizio dell’attività, e alla RAI di avvalersi di risorse pubblicitarie su tutte le proprie reti “fino alla data di adozione delle deliberazioni dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni” 274.

Alla disciplina recata dall’art. 1, commi 1 e 2 del DL 352/2003, come risultante a seguito dell’approvazione della legge di conversione, è stata uniformata la formulazione dell’articolo 25 della legge n. 112, e in particolare, delle norme di cui ai commi 3 e 4, laddove sono stati previsti tempi e criteri dell’accertamento, da parte dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, sull’offerta dei programmi televisivi digitali terrestri .

274 In particolare l’articolo 1 del decreto legge ha previsto la scadenza del 30 aprile 2004 per lo

svolgimento da parte dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, dell’esame della complessiva offerta dei programmi televisivi digitali terrestri allo scopo di accertare contestualmente la sussistenza delle condizioni richieste, “anche tenendo conto delle tendenze in atto nel mercato”, nonché il termine di trenta giorni per l’invio, da parte dell’Autorità, della relazione al Governo ed alle competenti Commissioni parlamentari nella quale dar conto dell'accertamento effettuato; “ove l'Autorità accerti che non si siano verificate le predette condizioni, adotta i provvedimenti indicati dal comma 7 dell'articolo 2 della legge 31 luglio 1997, n. 249”. Il comma 3 ha poi previsto che “fino alla data di adozione delle deliberazioni dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, è consentito alle emittenti che superino i limiti di cui ai commi 6, 7 e 11 dell'articolo 3 della legge 31 luglio 1997, n. 249, di proseguire l'esercizio delle reti eccedenti tali limiti e alla società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo di avvalersi di risorse pubblicitarie su tutte le proprie reti televisive analogiche e digitali”.

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IL SERVIZIO PUBBLICO RADIOTELEVISIVO

Con riferimento al servizio pubblico radiotelevisivo, occorre preliminarmente ricordare che esso trova fondamento costituzionale nei principi della libertà di parola e nel diritto di informare e di essere informati (art. 21 Cost.). Nella sentenza n. 284 del 2002 la Corte costituzionale ha avuto modo di ribadire che il venir meno del monopolio statale non comporta il venire meno della giustificazione costituzionale del servizio pubblico radiotelevisivo, che risiede nella sua funzione specifica, volta a soddisfare il citato diritto all’informazione ed i connessi valori costituzionali, primo fra tutti il pluralismo, nonchè a diffondere la cultura “per concorrere allo sviluppo sociale e culturale del paese”. Riguardo al finanziamento del servizio pubblico, poi, la Corte, nella medesima sentenza, ha ribadito la natura di prestazione tributaria del canone (imposta di scopo). Ad avviso della Corte, proprio l’interesse generale che sorregge l’erogazione del servizio pubblico può richiedere una forma di finanziamento fondata sul ricorso allo strumento fiscale. Inoltre, “il finanziamento parziale mediante il canone consente, e per altro verso impone, al soggetto che svolge il servizio pubblico di adempiere agli obblighi particolari ad esso connessi, sostenendo i relativi oneri, e, più in generale, di adeguare la tipologia e la qualità della propria programmazione alle specifiche finalità di tale servizio, non piegandole alle sole esigenze quantitative dell’ascolto e della raccolta pubblicitaria, e non omologando le proprie scelte di programmazione a quelle proprie dei soggetti privati che operano nel ristretto e imperfetto "mercato" radiotelevisivo”.

La legge n. 112 del 2004 (cosiddetta Legge Gasparri) ha ridefinito i compiti

del servizio pubblico generale radiotelevisivo e della concessionaria, con la definizione dei tempi e dei modi di avvio del processo di privatizzazione della RAI, la modifica della durata della concessione, nonché della composizione e delle procedure di nomina degli organi della RAI. Tali norme sono quindi confluite nel Testo unico della radiotelevisione.

In particolare sono definiti i compiti del servizio pubblico generale radiotelevisivo e quelli di pubblico servizio in ambito regionale e provinciale. Il servizio pubblico generale radiotelevisivo deve garantire:

• la copertura integrale del territorio nazionale; • un numero adeguato di ore di trasmissioni televisive e radiofoniche

dedicate all'educazione, all'informazione, alla formazione, alla promozione culturale e la realizzazione di attività di insegnamento a distanza;

• l'accesso alla programmazione, in favore dei partiti e dei gruppi politici, delle organizzazioni associative delle autonomie locali, dei sindacati nazionali, delle confessioni religiose, dei gruppi etnici e linguistici e degli altri gruppi di rilevante interesse sociale che ne facciano richiesta e la trasmissione gratuita dei messaggi di utilità sociale;

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• la costituzione di una società per la produzione, la distribuzione e la trasmissione di programmi radiotelevisivi all'estero, finalizzati alla conoscenza e alla valorizzazione della lingua, della cultura e dell'impresa italiane;

• la diffusione di trasmissioni radiofoniche e televisive in lingua tedesca, ladina, francese e slovena per le regioni di confine e la valorizzazione e il potenziamento dei centri di produzione decentrati, per la promozione delle culture e degli strumenti linguistici locali;

• la trasmissione, in orari appropriati, di contenuti destinati specificamente ai minori;

• la conservazione degli archivi storici radiofonici e televisivi; • la destinazione di una quota non inferiore al 15 per cento dei ricavi

complessivi annui alla produzione di opere europee; • la tutela delle persone portatrici di handicap sensoriali. Viene inoltre dettata la disciplina del finanziamento del servizio pubblico

generale radiotelevisivo, garantendo che il finanziamento derivante dai proventi del canone di abbonamento alla radiotelevisione venga effettivamente ed esclusivamente impiegato per la realizzazione dei compiti di sevizio pubblico275. A tal fine si prevede che la società concessionaria predisponga il bilancio di esercizio indicando in una contabilità separata i ricavi derivanti dal canone e gli oneri sostenuti nell’anno solare precedente, in base ad uno schema approvato dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, alla quale è altresì affidato il compito di verificare l’adempimento degli obblighi di servizio pubblico276.

L'ammontare del canone di abbonamento è determinato annualmente con decreto del Ministro delle comunicazioni in misura tale da consentire alla società concessionaria di coprire i costi che prevedibilmente verranno sostenuti per adempiere gli specifici obblighi di servizio pubblico generale radiotelevisivo. La società concessionaria del servizio pubblico ha inoltre entrate pubblicitarie, seppure con limiti diversi rispetto ai concessionari privati. La trasmissione di messaggi pubblicitari da parte della concessionaria pubblica non può infatti

275 Si ricorda che la Corte costituzionale, con sentenza n. 284 del 2002 ha ribadito la natura di

prestazione tributaria del canone (imposta di scopo). Ad avviso della Corte, proprio l’interesse generale che sorregge l’erogazione del servizio pubblico può richiedere una forma di finanziamento fondata sul ricorso allo strumento fiscale. Inoltre, “il finanziamento parziale mediante il canone consente, e per altro verso impone, al soggetto che svolge il servizio pubblico di adempiere agli obblighi particolari ad esso connessi, sostenendo i relativi oneri, e, più in generale, di adeguare la tipologia e la qualità della propria programmazione alle specifiche finalità di tale servizio, non piegandole alle sole esigenze quantitative dell’ascolto e della raccolta pubblicitaria, e non omologando le proprie scelte di programmazione a quelle proprie dei soggetti privati che operano nel ristretto e imperfetto "mercato" radiotelevisivo”.

276 La certificazione della società di revisione incaricata di verificare la contabilità separata relativa al bilancio 2004 e predisposta secondo le modalità deliberate dall’Agcom evidenzia un disavanzo di 300 milioni tra le risorse e i costi del servizio pubblico. Il decreto del Ministro delle comunicazioni 30 novembre 2005 - che ha determinato la misura del canone per l’anno 2006 - ha peraltro confermato l’importo dell’anno precedente.

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eccedere il 4 per cento dell'orario settimanale di programmazione ed il 12 per cento di ogni ora; mentre per i concessionari privati per la radiodiffusione televisiva in ambito nazionale la trasmissione di spot pubblicitari non può eccedere il 15 per cento dell'orario giornaliero di programmazione ed il 18 per cento di ogni ora.

Il servizio pubblico generale radiotelevisivo è affidato per concessione ad una

società per azioni (la legge n. 223 del 1990277 prevedeva l’affidamento mediante concessione ad una società per azioni a totale partecipazione pubblica) ed è svolto sulla base di un contratto nazionale di servizio stipulato con il Ministero delle comunicazioni e di contratti di servizio regionali e, per le province autonome di Trento e di Bolzano, provinciali, con i quali sono individuati i diritti e gli obblighi della società concessionaria. Tali contratti sono rinnovati ogni tre anni. In tale ambito la legge 112/2004 ha attribuito all'Autorità il compito di fissare - d'intesa con il Ministro - prima di ciascun rinnovo triennale del contratto le linee-guida sul contenuto degli ulteriori obblighi del servizio pubblico generale radiotelevisivo. Si segnala peraltro che ulteriori obblighi per la concessionaria sono contenuti all’art. 19 della legge 14 aprile 1975, n. 103278, mentre il successivo articolo 20 definisce i relativi corrispettivi. Tali articoli non sono confluiti nel testo unico.

In via di prima applicazione, la concessione del servizio pubblico generale

radiotelevisivo è affidata, per la durata di dodici anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, alla RAI-Radiotelevisione italiana Spa. A tal fine, la legge detta disposizioni che adeguano la disciplina della società a quella generale delle società per azioni, nella prospettiva della dismissione della partecipazione dello Stato nella RAI-Holding, la cui disciplina, contenuta nella legge n. 112 del 2004, non è confluita nel Testo unico.

In applicazione della legge è stata in primo luogo disposta la fusione per incorporazione della società RAI-Radiotelevisione italiana Spa nella società RAI-Holding Spa. Il processo di privatizzazione dovrebbe avvenire attraverso una o più offerte pubbliche di acquisto. Attesa la previsione di un limite al possesso azionario dell’1%, all’esito del procedimento di dismissione la società concessionaria si configurerebbe come società ad azionariato diffuso (“public company”). Sono, inoltre, vietati i patti di sindacato di voto o di blocco, o comunque gli accordi relativi alle modalità di esercizio dei diritti inerenti alle azioni che intercorrano tra soggetti titolari di un pacchetto azionario superiore al 2%. Si segnala pertanto che il processo di privatizzazione della RAI sembra aver subito una battuta d’arresto.

277 Legge 6 agosto 1990, n. 223 recante Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato. 278 Recante Nuove norme in materia di diffusione radiofonica e televisiva.

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Le norme riguardanti la costituzione del consiglio di amministrazione, composto da nove membri279, viene completamente modificate dalla legge “Gasparri”280, che prevede una disciplina transitoria fino alla completa privatizzazione della RAI. Qualora il numero delle azioni alienato non superi la quota del 10 per cento del capitale della RAI, la Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi indica sette membri eleggendoli con il voto limitato a uno; i restanti due membri, tra cui il presidente, sono invece indicati dal Ministero dell’economia e delle finanze. Il presidente del consiglio di amministrazione è nominato previo parere favorevole espresso a maggioranza dei due terzi dei componenti della Commissione.

Fino alla completa alienazione della partecipazione dello Stato, il rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze presenta una autonoma lista di candidati, formulata sulla base delle delibere della Commissione di vigilanza e delle indicazioni del Ministero, in numero proporzionale al numero delle quote possedute. Infine, una volta completato il processo di privatizzazione, il consiglio di amministrazione è nominato dall'assemblea, mediante voto di lista.

La Commissione di vigilanza ha inoltre un ruolo rilevante con riguardo alla revoca ed alla promozione di azione di responsabilità nei confronti degli amministratori281. Sono, infine, definiti i compiti del direttore generale, già contenuti nella legge 206 del 1993282 e ribaditi dallo statuto della nuova RAI283.

Il 17 maggio 2005 la Commissione parlamentare di vigilanza ha eletto sette componenti del nuovo Consiglio d'Amministrazione sulla base delle nuove norme. A seguito della designazione degli ulteriori due membri da parte del Ministro dell’Economia, il Presidente è stato nominato il 31 luglio 2005 e il nuovo direttore generale il successivo 5 agosto.

Con riferimento alla Commissione parlamentare di vigilanza, si segnala che nel corso della XIV legislatura la Commissione, in considerazione dell’opportunità di rafforzare gli strumenti di vigilanza a sua disposizione, anche attraverso la

279 Il mandato dei membri del Consiglio di amministrazione dura tre anni ed è consentita la

rielezione per una sola volta. 280 La legge n. 206/1993 (in base alle quali è stato nominato l’attuale CDA) sostanzialmente

attribuiva la nomina dei cinque membri alla determinazione adottata d'intesa dai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, titolari anche del potere di revocare il mandato su proposta adottata a maggioranza di due terzi dei componenti la Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi. La legge n. 206 prevedeva inoltre l’elezione del presidente da parte del Consiglio, nell’ambito dei suoi membri, a maggioranza assoluta.

281 Infatti Il rappresentante del Ministero dell’economia e delle finanze, nelle assemblee della società concessionaria convocate per l’assunzione di deliberazioni di revoca o che comportino la revoca o la promozione di azione di responsabilità nei confronti degli amministratori, esprime il voto in conformità alla deliberazione della Commissione (comma 8).

282 Legge 25 giugno 1993, n. 206 recante Disposizioni sulla società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo

283 Tale statuto è stato approvato con decreto 8 ottobre 2004 del Ministro delle Comunicazioni recante Approvazione dello statuto della società incorporante all’esito della fusione di RAI – Radiotelevisione Italiana S.p.A. e RAI Holding S.p.A.

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possibilità di esercitare un’attività ispettiva finalizzata alla conoscenza ed alla valutazione non solo di problematiche di carattere generale, ma anche di questioni e vicende di natura più specifica, ha introdotto il question time, mediante un atto di indirizzo approvato il 25 ottobre 2005.

Merita, infine, richiamare la normativa europea in materia di servizio pubblico

radiotelevisivo. In tale ambito occorre innanzitutto ricordare i principi definiti nel Protocollo n. 23 sul sistema di radiodiffusione pubblica negli Stati membri allegato al Trattato di Amsterdam del 1997, ora allegato - quale Protocollo n. 27 - al testo del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa. Tale Protocollo riconosce la competenza degli Stati membri a provvedere al finanziamento e alla definizione del servizio pubblico di radiodiffusione, a condizione che tale finanziamento sia accordato agli organismi di radiodiffusione ai fini dell'adempimento della missione di servizio pubblico conferita, definita e organizzata da ciascuno Stato membro; tale finanziamento non perturbi le condizioni degli scambi e della concorrenza nell'Unione in misura contraria all'interesse comune, tenendo conto nel contempo dell'adempimento della missione di servizio pubblico. Nel considerando, il Protocollo precisa inoltre che “il sistema di radiodiffusione pubblica negli Stati membri è direttamente collegato alle esigenze democratiche, sociali e culturali di ogni società, nonché all'esigenza di preservare il pluralismo dei mezzi di comunicazione”.

Occorre poi segnalare che l’articolo 16 del Trattato CE (ripeso in parte

dall’articolo III-122 del citato Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa), riconosce l’importanza dei servizi di interesse economico generale, demandando all’Unione e agli Stati membri, secondo le rispettive competenze, il compito di assicurare che tali servizi funzionino in base a principi e condizioni economiche e finanziarie che consentano loro di assolvere i propri compiti.

Relativamente al servizio pubblico di radiodiffusione, inoltre, assumono rilievo

gli articoli 86, paragrafo 2, del Trattato CE, sull'applicazione delle regole di concorrenza ai servizi di interesse economico generale, nonché 87 e 88 sugli aiuti di Stato.

Al fine di precisare i criteri e le regole di applicazione di tali ultime disposizioni al servizio pubblico di radiodiffusione, anche alla luce del Protocollo sopra richiamato, la Commissione ha adottato una apposita comunicazione284 nel novembre 2001, in cui sono definite le condizioni alle quali le imprese che esercitano il servizio di radiodiffusione possono usufruire di una deroga parziale, ai sensi dell’art. 86, par. 2285 del Trattato CE, dall’applicazione delle regole di 284 Comunicazione (2001/C 320/04) pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee

serie C 320 del 15 novembre 2001. 285 Ai sensi dell’art. 86, par. 2, le imprese che gestiscono servizi di interesse economico generale

sono sottoposte alle disposizioni del TCE in materia di concorrenza a condizione che

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concorrenza, tra cui si ricordano la definizione ufficiale del servizio in questione da parte dello Stato membro come servizio di interesse economico generale nonché il fatto che la deroga non incida sulla concorrenza nel mercato in maniera sproporzionata e non comprometta in misura contraria agli interessi della Comunità lo sviluppo degli scambi286.

Si segnala poi che, sempre in attuazione dell’articolo 86 del trattato CE, la direttiva 80/723/CEE, come modificata dalla direttiva 2000/52/CE del 26 luglio 2000 (recepite dall’ordinamento italiano con D. lgs. 333 dell’11 dicembre 2003)287 prevede l’obbligo della trasparenza e della separazione contabile tra le attività di servizio pubblico e quelle commerciali, in relazione ai servizi di interesse economico generale.

l’applicazione di tali norme non sia di ostacolo all’adempimento della loro missione. Tale articolo stabilisce inoltre che lo sviluppo degli scambi non deve essere compromesso in misura contraria agli interessi della Comunità.

286 La Commissione, con decisione del 15 ottobre 2003, n. 2004/339/CE ha riconosciuto che la RAI svolge un servizio pubblico di interesse generale ed ha dichiarato le misure statali in favore della RAI compatibili con la normativa europea in materia di aiuti di Stato.

287 Attuazione della direttiva 2000/52/CE, che modifica la direttiva 80/723/CEE relativa alla trasparenza delle relazioni finanziarie tra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche, nonché alla trasparenza finanziaria all’interno di talune imprese.

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SISTEMA RADIOTELEVISIVO – LA TUTELA DEI MINORI

Con riferimento alle norme relative alla tutela dei minori nel sistema radiotelevisivo, appare utile ricordare che la Costituzione si occupa espressamente dei minori al Titolo II, dedicato ai rapporti etico-sociali. Oltre a fissare il diritto al mantenimento, all’istruzione e all’educazione dei bambini (articolo 30), la Carta stabilisce che la Repubblica protegge l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo (articolo 31). Con riferimento al lavoro, infine, l’articolo 37 (nel Titolo III, riguardante i rapporti economici) prevede che il lavoro dei minori sia tutelato con speciali norme e che ai minori lavoratori sia garantito il diritto alla parità di retribuzione.

La legge n. 112 del 2004 detta una serie di norme a tutela dei minori nella

programmazione televisiva, poi confluite nel Testo unico. La disposizione prevede, tra l’altro, il recepimento a livello legislativo del codice di autoregolamentazione “TV e minori”288, la rimodulazione, in un’ottica di sostanziale inasprimento delle pene, delle procedure sanzionatorie, nonché l’introduzione di specifici obblighi di tutela e garanzia dei minori a carico delle emittenti, con particolare riferimento alla programmazione in determinate fasce orarie, alle trasmissioni specificamente dedicate ai minori e ai contenuti dei messaggi pubblicitari.

L’armonico sviluppo fisico, psichico e morale del minore è considerato un principio fondamentale del sistema radiotelevisivo; è vietata la trasmissione di programmi che possano nuocere allo sviluppo fisico, psichico o morale dei minori; il servizio pubblico generale radiotelevisivo, garantisca, oltre alle trasmissioni di intrattenimento per i minori, un numero adeguato di ore di trasmissioni televisive e radiofoniche dedicate all’educazione, all’informazione, alla formazione, alla promozione culturale.

La legge aveva inoltre introdotto il divieto di utilizzare minori di quattordici anni per messaggi pubblicitari e spot, poi soppresso dalla legge 6 febbraio 2006, n. 38289; quest’ultima ha inoltre integrato la legge n. 112 del 2004 introducendo il parere delle competenti commissioni parlamentari e della commissione infanzia

288 Il Codice è stato firmato il 29 novembre 2002 come impegno al rispetto delle norme di

autodisciplina ed alla diffusione di spot settimanali sui contenuti del documento e di campagne di sensibilizzazione sul tema TV e minori. Si prevede l’articolazione della programmazione in due fasce orarie: la prima (dalle 7 alle 22, 30) modulata sulle esigenze dei telespettatori di tutte le età; la seconda (dalle 16 alle 19) più attenta alle esigenze dei minori, con un controllo particolare sulla programmazione. Si prescrivono inoltre norme in materia di ai messaggi pubblicitari e partecipazione dei minori alle trasmissioni radiotelevisive. Sull'applicazione del codice vigila un comitato di controllo con poteri di intervento nei confronti delle emittenti non in regola. Le sanzioni previste vanno dalla risoluzione, alla richiesta di modifica o sospensione del programma ovvero di adeguamento alle prescrizioni del Codice, fino alla denuncia all'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni.

289 Modifiche all' articolo 10 della legge 3 maggio 2004, n. 112, in materia di tutela dei minori nella programmazione televisiva

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nella procedura di adozione del regolamento volto a disciplinare l’impiego dei predetti minori nei programmi radiotelevisivi290.

Il compito di verificare il rispetto della normativa in collaborazione con il Comitato di applicazione del Codice di autoregolamentazione TV e minori è affidato all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Commissione servizi e prodotti) ed è svolto anche sulla base delle segnalazioni effettuate dal medesimo Comitato e tenendo conto degli indirizzi della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.

La legge 112 del 2004 ha inoltre previsto la realizzazione di campagne scolastiche per un uso corretto e consapevole del mezzo televisivo (articolo 10, comma 9). Con DM 13 aprile 2006291 è stata quindi promossa la campagna “Usiamo bene la TV”, con l’obiettivo di sensibilizzare gli studenti di ogni ordine e grado e i loro genitori, anche mediante il coinvolgimento delle emittenti radiotelevisive nazionali.

In linea generale, si ricorda che le disposizioni adottate in Italia per la tutela

dello sviluppo psico-fisico dei minori nella programmazione televisiva, anche con riguardo ai messaggi pubblicitari, discendono essenzialmente dalla disciplina contenuta nella direttiva 89/552/CEE del Consiglio dell’Unione europea, del 3 ottobre 1989 (c.d. Televisione senza frontiere), in seguito modificata dalla direttiva 97/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 giugno 1997292. In particolare, gli articoli 22 e 22-bis della direttiva prevedono che le trasmissioni televisive non contengano programmi che possano nuocere allo sviluppo fisico, mentale o morale dei minorenni ovvero incitamento all’odio basato su differenze di razza, sesso, religione o nazionalità. Tali principi sono quindi confluiti nel testo unico. Al riguardo, si segnala che è prevista una deroga esplicita, già inserita nella legge n. 112 del 2004, per le trasmissioni ad accesso condizionato.

Si ricorda inoltre che la direttiva 2000/31/CE del Parlamento europeo e del

Consiglio dell’8 giugno 2000 (c.d. direttiva sul commercio elettronico) ha richiamato, nei “considerando” la necessità di garantire - negli interventi a livello comunitario per la liberalizzazione del commercio elettronico - un alto livello di tutela degli obiettivi di interesse generale, come la protezione dei minori e della dignità umana; l’articolo 3 prevede una deroga al principio della libera

290 Il regolamento, sul quale le Commissioni parlamentari competenti hanno espresso il proprio

parere, on è ancora stato emanato. 291 Ministero delle comunicazioni, DM 13 aprile 2006 recante Realizzazione di campagne

scolastiche per un uso corretto e consapevole del mezzo televisivo 292 Si ricorda che il 23 aprile scorso la Commissione ha adottato una comunicazione interpretativa

(2004/C 102/2) intesa a definire l’ambito di applicazione della direttiva “televisione senza frontiere”, nella quale si precisa che le nuove tecniche di pubblicità interattiva e virtuale sono compatibili con la citata direttiva se tengono conto degli obiettivi di interesse generale ivi contenuti

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circolazione dei servizi dell'informazione in caso di tutela dei minori; all’articolo 16 è infine previsto che gli Stati membri e la Commissione incoraggino l'elaborazione di codici di condotta riguardanti la protezione dei minori e della dignità umana.

Si ricordano, di seguito, ulteriori provvedimenti che nel corso della legislatura

hanno inoltre dettato norme a tutela dei minori. Il Regolamento concernente l'erogazione di contributi a favore delle

emittenti televisive locali che trasmettano programmi autoprodotti (decreto del Ministero per i beni e le attività culturali 21 maggio 2002, n.147) - adottato in attuazione dell’art.146 della legge n.388/2000 (legge finanziaria per il 2001) che aveva previsto incentivi per la produzione televisiva delle emittenti locali destinata al mercato nazionale e internazionale - introduce come titolo di priorità per l’accesso ai contributi l’aver realizzato produzioni dirette alla valorizzazione del patrimonio artistico culturale ed ambientale, o produzioni destinate ai minori.

Il D.P.R. 14 febbraio 2003, recante l’Approvazione del Contratto di servizio

tra il Ministero delle comunicazioni e la RAI - Radiotelevisione italiana S.p.A. per il triennio 2003-2005, firmato il 23 gennaio 2003. In particolare, la RAI si impegna a dedicare ai minori trasmissioni che tengano conto delle loro specifiche esigenze e sensibilità, assicurando un rigoroso controllo sulla programmazione a tutela di bambini ed adolescenti. Nell’ambito poi dell’offerta televisiva, che deve rispondere a criteri di completezza, imparzialità, obiettività, qualità e pluralismo, la RAI è tenuta a destinare almeno il 65% della programmazione annuale (compresa nella fascia oraria 6-24), tra l’altro, alle trasmissioni dedicate a bambini e ragazzi, ivi compresi cartoni e programmi di animazione, giochi, programmi informativi e contenitori, volti anche a diffondere la prevenzione dell’uso di sostanze stupefacenti o dannose per la salute, nonché alle trasmissioni di carattere formativo, culturale, educativo ed etico.

La delibera dell’Autorità n. 278/04/CSP293 in materia di carte dei servizi e

qualità dei servizi di televisione a pagamento impone ai fornitori l’obbligo di specificare gli strumenti tecnici disponibili agli utenti per inibire ai minori la visione di contenuti destinati ad un pubblico adulto; la norma definisce inoltre le modalità di comunicazione del codice numerico necessario per la fruizione di programmi protetti da meccanismi di "parental control" (articolo 16).

293 Approvazione della direttiva in materia di carte dei servizi e qualità dei servizi di televisione a

pagamento ai sensi dell’art. 1, comma 6, lett. b), n. 2, della legge 31 luglio 1997, n. 249

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TRASPORTI

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LA RIFORMA DELL’AVIAZIONE CIVILE – ASSETTO DELLE COMPETENZE

Le strutture amministrative statali che sovrintendono al trasporto aereo sono state investite da un processo di riorganizzazione delle competenze operato con il decreto legislativo di revisione del codice della navigazione per la parte aeronautica (d. lgs. 96/2005), anche in base alle indicazioni emerse nel corso dell’indagine conoscitiva sulla sicurezza del trasporto aereo avviata a seguito dell’incidente di Linate nell’ottobre del 2001.

L’assetto del governo dell’aviazione civile, prima dell’intervento di revisione del codice della navigazione, appariva infatti caratterizzato – come emerso anche dall’indagine conoscitiva richiamata (v. capitolo La riforma dell’aviazione civile) - da una sovrapposizione e frammentazione di competenze e responsabilità.

Con la revisione della parte aeronautica del codice della navigazione si è inteso ridefinire sia alcuni compiti dell’ENAC (Ente nazionale per l’aviazione civile) e dell’ENAV (Ente nazionale assistenza al volo s.p.a.), nel quadro delle funzioni ad essi attribuiti dalle norme istitutive, statutarie e regolamentari, sia l’ambito di competenza dell’Agenzia nazionale per la sicurezza del volo in relazione alle inchieste aeronautiche, al fine di giungere ad una chiara separazione delle responsabilità tra i vari soggetti operanti nel settore.

Di seguito sono illustrate le competenze dei principali organismi operanti nel settore dell’aviazione civile.

Ente nazionale assistenza al volo (ENAV)

L’Ente nazionale assistenza al volo, società per azioni a totale partecipazione pubblica, nasce il 1° gennaio 2001 dalla trasformazione in ente pubblico economico – e, successivamente, in società per azioni - dell'Azienda autonoma di assistenza al volo per il traffico aereo generale (AAAVTAG)294.

La legge 665/1996, nel prevedere tale trasformazione, ha stabilito che l'ENAV fornisce i servizi di assistenza al volo in tutti gli spazi aerei di pertinenza italiana, come definiti dagli articoli 3 e 4 del decreto del Presidente della Repubblica 145/1981, relativo ai compiti e ai servizi attribuiti all’Azienda.

Pertanto all’ENAV compete: a) l'organizzazione e l'esercizio dei servizi di traffico aereo generale,

consistente nel servizio di controllo della circolazione aerea, nel servizio informazione di volo e nel servizio consultivo e di allarme, nonché lo svolgimento dei servizi di telecomunicazioni e informazioni aeronautiche, dei servizi meteorologici aeroportuali, dei servizi di radionavigazione e radiodiffusione,

294 La legge 21 dicembre 1996, n. 665, aveva disposto la trasformazione dell'AAAVTAG in ente

pubblico economico denominato Ente nazionale di assistenza al volo (ENAV) a decorrere dal 1° gennaio 1996, e la successiva trasformazione in società per azioni entro due anni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del comunicato ministeriale relativo all’approvazione dello statuto dell’ente e comunque non oltre il 31 dicembre 2000.

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nonché dei servizi del traffico aereo inerenti ai movimenti degli aeromobili sulle aree di manovra;

b) il potenziamento, l'ammodernamento, la costruzione, l'installazione e la manutenzione di impianti ed apparati di assistenza radio e visuale;

c) la ricerca e la produzione di studi di carattere tecnico-scientifico inerenti l'assistenza al volo;

d) il collegamento con altre amministrazioni pubbliche; e) i rapporti con enti, società, organizzazioni nazionali ed internazionali del

settore; f) la predisposizione degli elementi tecnico-economici delle tariffe dei propri

servizi; g) il reclutamento, la formazione e l'addestramento del personale impiegato

nei servizi di assistenza al volo; h) l'effettuazione di controlli, a terra e in volo, sulla rispondenza agli standard

delle radioassistenze e degli aiuti visivi luminosi; i) la pianificazione dell'assistenza al volo e la determinazione dei requisiti

tecnico-operativi connessi nel caso di costruzione o ristrutturazione di aeroporti civili;

j) l'accertamento delle infrazioni alla normativa sull'assistenza al volo; k) la compilazione e pubblicazione delle carte aeroportuali; l) l'emanazione della normativa tecnico-operativa dei servizi di competenza; A seguito della riforma della parte aeronautica del codice della navigazione, i

servizi della navigazione aerea, nonché la redazione delle carte ostacoli, sono espletati, per gli spazi aerei e gli aeroporti di competenza, dall’Enav. L’Ente nazionale assistenza al volo, soggetto certificato, è tenuto - sotto la vigilanza dell'ENAC e coordinandosi con il gestore aeroportuale - a disciplinare e controllare, per gli aeroporti di competenza, la movimentazione degli aeromobili, degli altri mezzi e del personale sull'area di manovra, ad assicurare l'ordinato movimento degli aeromobili sui piazzali, e a curare la gestione e la manutenzione degli impianti di assistenza visiva luminosa (AVL) di sua proprietà (articolo 691-bis c.n.).

Ente nazionale per l’aviazione civile (ENAC)

L'Ente nazionale per l'aviazione civile è stato istituito con il decreto legislativo 25 luglio 1997, n. 250295 quale soggetto regolatore delle attività di trasporto aereo in Italia; esso nasce dalla fusione di tre organizzazioni: la Direzione Generale dell’Aviazione Civile, il Registro Aeronautico Italiano e l’Ente Nazionale Gente dell’Aria.

295 Intervenuto sulla base dell'articolo 2, comma 48 della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (collegato

alla manovra di finanza pubblica 1996), che delegava il Governo ad emanare uno o più decreti legislativi finalizzati alla ristrutturazione del settore dell'aviazione civile.

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Ai sensi del decreto legislativo 250/97, l'ente provvede ai seguenti compiti: • regolamentazione tecnica ed attività ispettiva, sanzionatoria, di certificazione,

di autorizzazione, di coordinamento e di controllo, nonché tenuta dei registri e degli albi nelle materie di competenza;

• razionalizzazione e modifica delle procedure attinenti ai servizi aeroportuali, secondo la normativa vigente ed in relazione ai compiti di garanzia, di indirizzo e programmazione esercitati;

• attività di coordinamento con l'Ente nazionale di assistenza al volo e con l'Aeronautica militare, nell'ambito delle rispettive competenze per le attività di assistenza al volo;

• rapporti con enti, società ed organismi nazionali ed internazionali che operano nel settore dell'aviazione civile e rappresentanza presso gli organismi internazionali, anche su delega del Ministro dei trasporti;

• istruttoria degli atti concernenti tariffe, tasse e diritti aeroportuali per l'adozione dei conseguenti provvedimenti del Ministro dei Trasporti;

• definizione e controllo dei parametri di qualità dei servizi aeroportuali e di trasporto aereo nei limiti previsti dal regolamento di cui all'articolo 10, comma 13, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (su cui si fonda il processo di affidamento delle gestioni totali) (v. scheda Le gestioni aeroportuali);

• regolamentazione, esame e valutazione dei piani regolatori aeroportuali, dei programmi di intervento e dei piani di investimento aeroportuale, nonché eventuale partecipazione all'attività di gestione degli aeroporti di preminente interesse turistico e sociale, ovvero strategico-economico;

• attività di regolamentazione e controllo relativamente ai servizi di assistenza a terra negli aeroporti della Comunità;

• attività attuativa delle raccomandazioni adottate dall'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo.

Tali funzioni sono state fatte salve dal regolamento di organizzazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, emanato con il DPR n. 177 del 2001 a seguito della riforma dell'organizzazione del Governo prevista dal decreto legislativo n. 300 del 1999.

Con la revisione del codice della navigazione aerea è stato disposto che l’ENAC, nel rispetto dei poteri di indirizzo del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, nonché fatte salve le competenze specifiche degli altri enti aeronautici - attribuite loro dalle norme istitutive, statutarie e organizzative - agisce come unica autorità di regolazione tecnica, certificazione e vigilanza nel settore dell'aviazione civile, mediante le proprie strutture centrali e periferiche, e cura la presenza e l'applicazione di sistemi di qualità aeronautica rispondenti ai regolamenti comunitari (articolo 687 c.n.).

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Inoltre all’ENAC sono state attribuite alcune funzioni precedentemente di competenza del direttore d’aeroporto296, oltre al potere di ispezione e visita degli aeromobili, per l'accertamento delle condizioni di navigabilità e di impiego, prima attribuito al registro aeronautico italiano. Quanto al divieto di sorvolo per motivi di sicurezza ovvero per motivi militari o di ordine pubblico, la competenza è passata dal Ministro dei trasporti all’ENAC, mentre il Ministro mantiene ferma la competenza a vietare la navigazione aerea per eccezionali motivi di interesse pubblico (art. 793 c.n.). Anche le autorizzazioni per il sorvolo del territorio nazionale da parte degli aeromobili stranieri, ad eccezione di quelli militari, di dogana e di polizia, in precedenza affidata al Ministro, è trasferita all’ENAC (art. 794 c.n.) al pari dell’autorizzazione all’imbarco di armi e munizioni (art. 816 c.n.).

Il nuovo articolo 690 del codice della navigazione ha inoltre previsto che al recepimento degli annessi ICAO e delle eventuali modifiche degli annessi si provvede in via amministrativa anche mediante l'emanazione di regolamenti tecnici dell'ENAC.

Agenzia nazionale per la sicurezza del volo (ANSV)

L’Agenzia nazionale per la sicurezza del volo è stata istituita dal decreto legislativo 25 febbraio 1999, n. 66, in attuazione di una direttiva comunitaria 94/56/CE del 21 novembre 1994, che richiamava la necessità, da parte di tutti gli Stati membri dell'Unione, di uniformità sul piano concettuale ed operativo riguardo le inchieste tecniche relative agli incidenti aerei297.

Le inchieste svolte dall'Agenzia sono finalizzate esclusivamente a prevenire ulteriori incidenti o inconvenienti, e non ad accertare colpe o responsabilità. A tale riguardo appare utile ricordare che il decreto legislativo 66/99 affida all’Agenzia il compito di svolgere attività di studio e di indagine, formulando 296 Si tratta di funzioni relative a: esercizio delle funzioni di polizia degli aerodromi - art. 718 c.n.;

soccorso agli aeromobili in pericolo – art. 727 c.n.; rimozione di relitti in ambito aeroportuale – art. 729; funzioni di polizia e vigilanza dell navigazione – art. 792 c.n.; controllo degli aeromobili prima della partenza art. 801 e 802 c.n.; limitazione all’utilizzo d aerodromi e all’approdo di aeromobili per motivi di sicurezza per la navigazione o di ordine sanitario ovvero per altri gravi motivi di pubblico interesse). Nel corso dell’indagine conoscitiva è stata manifestata l'esigenza di procedere alla ricognizione e ridefinizione dei compiti del direttore dell'aeroporto, soprattutto in relazione ai controlli anteriori alla partenza e all'autorizzazione alla partenza, competenza in precedenza attribuite all’ENAC dal Dl 237/2004. Nel corso dell’indagine è stata altresì segnalata la necessità di chiarire il rapporto tra direttore dell'aeroporto ed ENAC, anche in considerazione del fatto che, pur risultando il primo incardinato nella struttura del secondo, esso risultava titolare di potestà pubbliche, potestà non spettanti all'ENAC nel suo complesso.

297 Si ricorda che il regolamento CE n. 1592/2002, al fine di costituire e mantenere un livello elevato ed uniforme di sicurezza dell’aviazione civile in Europa, ha istituito l’Agenzia europea per la sicurezza aerea; all’Agenzia sono stati attribuiti compiti specifici di carattere normativo ed esecutivo nel campo della sicurezza aerea, riconducibili essenzialmente a due funzioni: da un lato la consulenza tecnica all’Unione Europea nella stesura dei regolamenti e nella conclusione di accordi internazionali riguardanti la sicurezza aerea; dall'altro la competenza a svolgere funzioni operative prima affidate alle autorità aeronautiche dei Paesi membri, quali l’omologazione dei prodotti aeronautici e l’emissione delle prescrizioni di aeronavigabilità.

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raccomandazioni e proposte dirette a garantire la sicurezza della navigazione aerea e a prevenire incidenti ed inconvenienti aeronautici. Il decreto prevede inoltre compiti, facoltà e limiti degli investigatori incaricati di svolgere le inchieste.

L'Agenzia è chiamata a collaborare con l'autorità giudiziaria, quando ciò si renda necessario, e ad assicurare i rapporti con istituzioni ed operatori aeronautici nazionali ed esteri a fini di prevenzione: essa acquisisce informazioni, anche mediante sopralluoghi presso soggetti pubblici e privati in settori connessi alla sicurezza del volo.

Ai sensi del nuovo articolo 826 del codice della navigazione, l'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo conduce l'inchiesta tecnica su ogni incidente aereo e su ogni inconveniente grave accaduto nel territorio italiano. Qualora non sia effettuata da un altro Stato, l'Agenzia svolge l'inchiesta tecnica su incidenti e su inconvenienti gravi occorsi fuori dal territorio italiano ad aeromobili immatricolati in Italia o eserciti da una compagnia che ha sede legale in Italia.

L’articolo 828 prevede che il direttore dell'aeroporto, l'ente preposto ai servizi di assistenza al volo, l'autorità di pubblica sicurezza ed ogni altra pubblica autorità, quando abbiano notizia di un incidente aeronautico e quando valutino che sussistono ragionevoli motivi per ritenere che un aeromobile sia perduto o scomparso, hanno l’obbligo di darne immediata comunicazione all'autorità giudiziaria, all'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo e all'Ente nazionale per l'aviazione civile. In caso di inconveniente grave (art. 829 c.n.), il direttore dell'aeroporto e l'ente preposto ai servizi di assistenza al volo ne danno immediata comunicazione all'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo e all'ENAC.

Con riferimento alle raccomandazioni si fa presente che l’articolo 13 del D.Lgs. 66/99 attribuisce al Ministro dei trasporti il compito di adottare le misure necessarie a garantire che le raccomandazioni di sicurezza siano debitamente prese in considerazione.

Quanto ai rapporti dell'Agenzia con gli enti istituzionali del volo si ricorda che con l’ENAV è stato stipulato un protocollo d’intesa ferma restando la necessità dell'Agenzia di poter disporre di investigatori propri e specializzati nelle proprie indagini.

Gestori aeroportuali

Gli articoli 705 e 706 del codice della navigazione, come modificati dal d. lgs. 96/2005, stabiliscono le funzioni del gestore aeroportuale.

Più specificamente, l’articolo 705 reca, in primo luogo, una definizione di gestore aeroportuale, individuato come il soggetto cui è affidato, sotto il controllo e la vigilanza dell'ENAC, insieme ad altre attività o in via esclusiva, il compito di amministrare e di gestire, secondo criteri di trasparenza e non

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discriminazione, le infrastrutture aeroportuali e di coordinare e controllare le attività dei vari operatori privati presenti nell'aeroporto o nel sistema aeroportuale considerato. L'idoneità del gestore aeroportuale a espletare i propri compiti, nel rispetto degli standard tecnici di sicurezza, è attestata dalla certificazione rilasciata dall'ENAC.

Vengono poi individuati i compiti del gestore aeroportuale, facendo comunque salve le competenze attribuite agli organi statali in materia di ordine e sicurezza pubblica, difesa civile, prevenzione incendi e lotta agli incendi, soccorso e protezione civile. Il gestore aeroportuale dunque:

a) assicura il puntuale rispetto degli obblighì assunti con la convenzione ed il contratto di programma (v. scheda Le gestioni aeroportuali);

b) organizza l'attività aeroportuale, al fine di garantire l'efficiente utilizzo delle risorse per la fornitura di attività e di servizi di livello qualitativo adeguato, anche mediante la pianificazione degli interventi in relazione alla tipologia di traffico;

c) corrisponde il canone di concessione; d) assicura agli utenti la presenza in aeroporto dei necessari servizi di

assistenza a terra, fornendoli direttamente o coordinando l'attività dei soggetti idonei che forniscono i suddetti servizi a favore di terzi o in autoproduzione;

e) sotto la vigilanza dell'ENAC e coordinandosi con la società ENAV o con altro soggetto fornitore dei servizi della navigazione aerea, assegna le piazzole di sosta agli aeromobilì e assicura l'ordinato movimento degli altri mezzi e del personale sui piazzali, al fine di non interferire con l'attività di movimentazione degli aeromobili, verifica, in quanto titolare ai sensi dell’art. 718 del potere di coordinamento tecnico-operativo degli altri soggetti privati operanti in aeroporto, il rispetto delle prescrizioni del regolamento di scalo298;

e-bis) propone all'ENAC l'applicazione delle misure sanzionatorie previste per l'inosservanza delle condizioni d'uso degli aeroporti e delle disposizioni del regolamento di scalo da parte degli operatori privati fornitori di servizi aerei e aeroportuali;

e-ter) applica, in casi di necessità e urgenza e salva ratifica dell'ENAC, le misure interdittive di carattere temporaneo previste dal regolamento di scalo e dal manuale di aeroporto;

f) fornisce tempestivamente notizie all'ENAC, alla società ENAV, ai vettori e agli enti interessati in merito a riduzioni del livello del servizio e a interventi

298 Si ricorda che il regolamento di scalo è stato espressamente previsto dal DL 237/2004 (art. 2,

comma 2). Ai sensi di tale disposizione, l'E.N.A.C., sentiti il gestore aeroportuale ed ENAV s.p.a. per le materie di competenza, nonché gli altri enti e organismi pubblici che operano in aeroporto, adotta, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, il regolamento di scalo e il piano di emergenza aeroportuale. Il regolamento di scalo disciplina anche l'esercizio di attività quali la movimentazione degli aeromobili, degli altri mezzi e del personale sull'area di manovra e sui piazzali, nonché la segnalazione di ostacoli e di condizioni di rischio, e prevede le modalità e gli strumenti operativi necessari a garantire la loro effettuazione.

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sull'area di movimento dell'aeroporto, nonché alla presenza di ostacoli o di altre condizìoni di rischio per la navigazione aerea nell’ambito del sedime di concessione;

g) redige la Carta dei servizi in conformità delle direttive emanate dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dall'ENAC e garantisce il rispetto dei previsti livelli di qualità dei servizi offerti all'utenza.

h) assicura i controlli di sicurezza su passeggeri, bagagli e merci, ai sensi delle disposizioni vigenti, nonché la gestione degli oggetti smarriti.

Per quanto concerne più direttamente i servizi di assistenza a terra (handling), l’articolo 706 riafferma, con alcune precisazioni, la disciplina generale vigente, vale a dire che i servizi di assistenza a terra negli aeroporti aperti al traffico aereo commerciale sono espletati sia dal gestore aeroportuale che dagli operatori terzi o dagli utenti in autoassistenza ritenuti idonei dall'ENAC, e che tali servizi sono regolati dalle norme speciali in materia299.

299 La normativa speciale in materia è dettata dal decreto legislativo 13 gennaio 1999, n. 18

concernente l’accesso al mercato dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti della Comunità che ha dato attuazione alla direttiva 96/67/Ce in materia.

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LE GESTIONI AEROPORTUALI

La disciplina sull’affidamento delle gestioni aeroportuali

La disciplina relativa all’affidamento delle gestioni aeroportuali300 è prevista in via generale dall’articolo 704 del codice della navigazione come modificato dal d.lgs. 96/2005 e dal d.lgs. 151/2006.

Appare utile ricordare che il processo di riforma dell’assetto gestionale degli aeroporti è stato avviato dall’articolo 10, comma 13 della legge 537/1993, recante interventi correttivi di finanza pubblica, che ha previsto la costituzione di apposite società di capitale per la realizzazione delle infrastrutture e la gestione dei servizi negli aeroporti gestiti anche in parte dallo Stato; a tali società, regolate dalle disposizioni del codice civile, possono partecipare, senza il vincolo della proprietà maggioritaria, le regioni, le province, i comuni, gli enti locali e le camere di commercio interessati. La norma rinviava la previsione della disciplina di attuazione ad un successivo decreto del Ministro dei trasporti, da adottare di concerto con il Ministro del tesoro.

Nelle more dell’emanazione del regolamento di attuazione, il DL 67/1997301, ha previsto, all’articolo 17, in attesa dell’affidamento delle gestioni totali, che i soggetti titolari di gestioni parziali aeroportuali, anche in regime precario, potessero essere autorizzati all’occupazione e all’uso dei beni del sedime aeroportuale, per l’effettuazione di interventi indifferibili e urgenti necessari alla manutenzione ordinaria e straordinaria delle infrastrutture aeroportuali, nonché alla gestione dell’aeroporto, vincolando a tali fini i diritti aeroportuali che gli stessi soggetti erano autorizzati a percepire in aggiunta a quelli eventualmente già di loro spettanza. Ai sensi di tale norma, l’autorizzazione costituiva titolo per percepire i diritti aeroportuali di cui alla Legge 324/1976302, e decade nel caso di mancato affidamento al soggetto autorizzato della gestione totale.

Il regolamento di cui al D.M. 12 novembre 1997, n. 521 ha stabilito le norme di attuazione dell’articolo 10, comma 13 della legge n. 537 del 1993. In base a tali norme, e in particolare all’articolo 7, l’affidamento in concessione è disposto con decreto del Ministro dei trasporti, di concerto con i Ministri del tesoro, delle finanze e dei lavori pubblici nonché, nel caso degli aeroporti militari aperti al traffico civile, della difesa, su istanza delle società richiedenti, da integrare, entro termini definiti, con una domanda corredata da un programma di intervento, comprensivo del piano degli investimenti e del piano economico-finanziario. La concessione, che può avere una durata massima di quaranta anni (in relazione

300 Circa le competenze del gestore aeroportuale v. scheda Aviazione civile – Assetto delle

competenze 301 Decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, recante Disposizioni urgenti per favorire l’occupazione,

convertito con modificazioni dalla legge 23 maggio 1997, n. 135 302 Legge 5 maggio 1976, n. 324

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alle valutazioni formulate sui contenuti del programma di intervento), ha per oggetto la progettazione, lo sviluppo, la realizzazione, l'adeguamento, la gestione, la manutenzione e l'uso degli impianti e delle infrastrutture aeroportuali, comprensivi dei beni demaniali costituenti il sistema aeroportuale. La concessione è condizionata alla sottoscrizione del contratto di programma e delle convenzioni, che dovranno regolare, tra l'altro, i rapporti tra le società e le pubbliche amministrazioni relativamente alla disponibilità degli spazi inerenti l'espletamento dei compiti istituzionali, anche ai fini della determinazione dei relativi canoni di utilizzo.

Successivamente, l’articolo 1-bis del DL 237/2004303 ha introdotto una disciplina integrativa rispetto a quella già prevista per la concessione delle gestioni aeroportuali. La disposizione prevedeva, così, in relazione alle convenzioni approvate e rese esecutive dai decreti di concessione della gestione aeroportuale, una verifica, almeno quadriennale, della sussistenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi e delle altre condizioni che avevavno determinato il rilascio del titolo.

Da ultimo, l'articolo 704 del codice della navigazione come modificato dai D.Lgs 96/2005 e 151/2006 – riproducendo in gran parte la normativa già vigente (vedi supra) – ha dettato disposizioni in materia di concessioni della gestione totale aeroportuale degli aeroporti e dei sistemi aeroportuali di rilevanza nazionale304, definendo in particolare la procedura per il rilascio della concessione: essa viene rilasciata con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, adottato di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e, limitatamente agli aeroporti militari aperti al traffico civile, con il Ministro della difesa. La concessione è rilasciata su proposta dell’ENAC, nel limite massimo di quaranta anni, all’esito di una selezione effettuata tramite procedura di gara ad evidenza pubblica secondo la normativa comunitaria, con idonee forme di pubblicità, nel rispetto dei termini procedimentali fissati dall’ENAC, sentita, laddove competente, la regione o provincia autonoma nel cui territorio ricade l'aeroporto oggetto di concessione.

A tale disciplina va comunque correlata la disposizione transitoria contenuta nell’articolo 3, co. 2, del d.lgs. 96/2005, che sostanzialmente fa salve le concessioni già rilasciate e quelle il cui procedimento fosse in corso alla data di entrata in vigore del decreto legislativo.

In particolare, l’articolo 3, comma 2, del decreto legislativo stabilisce l’inapplicabilità delle disposizioni recate dal primo e dal secondo comma dell'articolo 704, relative alle concessioni già rilasciate, anche in base a legge speciale, nonché ai procedimenti di rilascio della concessione già iniziati (più

303 L. 8 settembre 2004, n. 237, recante Interventi urgenti nel settore dell'aviazione civile 304 Al riguardo si fa presente che all’articolo 704 del codice, come modificato, permane il

riferimento alla rilevanza nazionale degli aeroporti, nonostante all’articolo 698 relativo all’individuazione degli aeroporti si faccia riferimento agli “aeroporti e sistemi aeroportuali di interesse nazionale”.

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precisamente, originati da istanze presentate antecedentemente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo, ai sensi del DM 521/1997): detti procedimenti devono concludersi entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo.

L’inapplicabilità opera “indipendentemente dall'individuazione degli aeroporti di rilevanza nazionale, ai sensi dell'articolo 698, da effettuare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo”305. Si tratta di una disposizione che dà forma ad un’esigenza di certezza normativa, nonché di salvaguardia dei diritti acquisiti emersa nel corso del dibattito parlamentare sul DL 237/2004. Si è così ritenuto che, lasciando “impregiudicata” l’individuazione degli aeroporti di rilevanza nazionale, si consentisse di non mettere in discussione le procedure avviate da parte dei gestori titolari di concessione parziale o precari, a seguito della presentazione dell'istanza, ai sensi del decreto ministeriale n. 521 del 1997, anche nel caso in cui i rispettivi aeroporti non fossero rientrati nella individuazione degli «aeroporti di rilevanza nazionale».

Non viene prevista analoga inapplicabilità per il quarto e il quinto comma dell’art. 704306. Ai sensi del quarto comma, l'affidamento in concessione è subordinato alla sottoscrizione di una convenzione fra il gestore aeroportuale e l'ENAC, nel rispetto delle direttive emanate dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. L'ENAC e il gestore aeroportuale stipulano altresì, entro sei mesi dalla conclusione del primo esercizio finanziario successivo all'affidamento in concessione, un contratto di programma che recepisce la vigente disciplina di regolazione aeroportuale emanata dal CIPE in materia di investimenti, corrispettivi e qualità, e quella recata dall'articolo 11-nonies del DL 203/2005307 (v. capitolo Misure di sostegno al trasporto aereo).

Il quinto comma dell’articolo 704 riguarda i contenuti della convenzione, che deve recare il termine, almeno quadriennale, per la verifica della sussistenza dei requisiti soggettivi e oggettivi e delle altre condizioni che hanno determinato il rilascio del titolo, compresa la rispondenza dell'effettivo sviluppo e della qualità del servizio reso agli operatori e agli utenti alle previsioni contenute nei piani di investimento di cui all'atto di concessione. La convenzione deve inoltre contenere le modalità di definizione ed approvazione dei programmi quadriennali di intervento, le sanzioni e le altre cause di decadenza o revoca della concessione, nonché le disposizioni necessarie alla regolazione ed alla vigilanza e controllo del settore.

305 Cfr. nota Errore. Il segnalibro non è definito. 306 Il terzo comma dell’articolo 704 prevede la partecipazione alle gare anche di imprese straniere

non comunitarie, a condizione che istituiscano in Italia una sede secondaria e lo Stato in cui esse hanno la sede principale ammetta imprese italiane a condizioni di reciprocità.

307 Decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, recante Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248.

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Circa lo stato dell’affidamento delle gestioni aeroportuali, si fa presente che – secondo quanto risulta dal documento consegnato dall’ENAC durante l’audizione tenutasi presso la IX Commissione Trasporti della Camera in data 28 settembre 2005 - l’ente nazionale per l’aviazione civile ha sottoscritto negli anni 2001-2002 convenzioni di gestione totale di durata triennale con 16 società in possesso dei requisiti prescritti dal regolamento 521/1997.

Con DM 6 marzo 2003 sono state approvate le convenzioni per gli affidamenti in gestione totale, con estensione quarantennale, degli aeroporti pugliesi (affidati alla società GEAP s.p.a.), dell’aeroporto di Napoli (affidato alla Gesac s.p.a.) e dell’aeroporto di Firenze (affidato alla ADF s.p.a.).

In data 12 luglio è stata sottoscritta la convenzione di durata quarantennale con la società SAB s.p.a. per l’aeroporto di Bologna e in data 27 ottobre 2004 la medesima convenzione è stata stipulata con la GEASAR s.p.a. per l’aeroporto di Olbia.

Sono stati inoltre deliberati gli affidamenti delle gestioni totali quarantennali alla SAC s.p.a. per l’aeroporto di Catania, alla SOGER s.p.a. per l’aeroporto di Cagliari, alla GESAP s.p.a. per l’aeroporto di Palermo e alla SAT s.p.a. per l’aeroporto di Pisa.

Il consiglio di amministrazione dell’ente ha poi, in data 8 settembre 2005, deliberato la concessione della gestione totale agli aeroporti di Brescia, Lamezia Terme e Verona; alla medesima data risultava conclusa l’istruttoria per l’aeroporto di Alghero e in corso quella per l’aeroporto di Trieste - Ronchi dei Legionari.

Individuazione degli aeroporti di interesse nazionale

La disciplina sulle gestioni aeroportuali sopra descritta presenta una stretta correlazione con la disciplina relativa all’individuazione degli aeroporti e dei sistemi aeroportuali di interesse nazionale, di cui all’articolo 698 del codice, come modificato dai d.lgs 96/2005 e 151/2006.

Alla individuazione degli aeroporti e dei sistemi di interesse nazionale, “quali

nodi essenziali per l'esercizio delle competenze esclusive dello Stato”, si provvede con un decreto del Presidente della Repubblica, da adottare (previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti) d'intesa con la Conferenza permanente Stato-regioni e sentita l'Agenzia del demanio, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari da esprimere entro trenta giorni dall'assegnazione. Ai fini dell’individuazione, si tiene conto delle dimensioni e della tipologia del traffico, dell’ubicazione territoriale e del ruolo strategico degli aeroporti, nonché di quanto previsto nei progetti europei TEN (Reti Transeuropee dei trasporti) (art. 698 c.n.).

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In relazione alla individuazione degli aeroporti di interesse nazionale mediante

DPR, si ricorda che la materia “porti e aeroporti civili” è compresa dall’articolo 117, terzo comma, Cost. tra le materie di legislazione concorrente, mentre l’articolo 117, sesto comma, Cost. stabilisce che la potestà regolamentare spetta allo Stato nelle sole materie di legislazione esclusiva, salva delega alle regioni.

Peraltro, va sottolineato che l’adozione del DPR deve avvenire a seguito di un’articolata procedura, che comprende in particolare l’intesa con la Conferenza unificata Stato-regioni. Tale procedura sembra riconnettersi ad un indirizzo presente nella giurisprudenza costituzionale (sia pure affermato in relazione a fattispecie ed ambiti materiali parzialmente diversi – v. la sentenza della Corte costituzionale n. 303 del 2003) (v. scheda Titolo V e giurisprudenza costituzionale nel dossier relativo alla Commissione Affari costituzionali), laddove in applicazione del principio di sussidiarietà è stato considerato possibile il conferimento, con legge statale, di competenze amministrative a livello centrale, anche in materie non espressamente attribuite alla legislazione esclusiva statale, subordinatamente ad alcune condizioni, tra le quali un adeguato coinvolgimento delle regioni interessate al procedimento decisionale.

Ai sensi dell’articolo 3, comma 7, del d.lgs. 96/2005, le regioni esercitano le

proprie competenze in materia nel rispetto dei principi desumibili dalle disposizioni contenute nel Titolo III del libro I della parte II del codice della navigazione. Pertanto la disciplina sulla individuazione degli aeroporti di interesse nazionale è da considerarsi legislazione di principio.

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LA PATENTE A PUNTI

Il testo originario dell’articolo 126-bis del codice della strada

L’articolo 126-bis del codice della strada, inserito dall’articolo 7 del D.Lgs. 9/2002 e successivamente modificato per effetto del DL 151/2003 (v. capitolo La sicurezza stradale), ha introdotto nell’ordinamento giuridico italiano l’istituto della patente a punti, prevedendo che all’atto del rilascio della patente, ossia del titolo mediante il quale il cittadino viene abilitato alla guida di un veicolo a motore, venga attribuito un punteggio di venti punti.

Tale punteggio, annotato presso l’Anagrafe nazionale degli abilitati alla guida, è decurtato, nella misura indicata dalla tabella di cui al medesimo articolo 126-bis, a seguito della violazione di una delle norme per le quali è prevista la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente ovvero di una tra le norme di comportamento indicate al Titolo V del codice della strada.

Per più violazioni commesse contemporaneamente la decurtazione non può essere maggiore di quindici punti. La disposizione non si applica solo nel caso in cui per almeno una delle violazioni commesse sia prevista la sospensione o la revoca della patente: in questo caso i punti si sommano senza tener conto del limite di quindici.

Salvo il caso di perdita totale del punteggio, la mancanza, per il periodo di due anni, di violazioni di una norma di comportamento da cui derivi la decurtazione del punteggio, determina l'attribuzione del completo punteggio iniziale, entro il limite dei venti punti. Per i titolari di patente con almeno venti punti, la mancanza, per il periodo di due anni, della violazione di una norma di comportamento da cui derivi la decurtazione del punteggio, determina l'attribuzione, per ogni biennio successivo fino al quinto, di un credito di due punti, fino a un massimo di dieci punti in più sul punteggio iniziale e quindi di trenta punti complessivi sulla patente.

Nel caso di perdita totale del punteggio, il titolare della patente dovrà sottoporsi all'esame di idoneità tecnica, per ottenere la revisione della patente; a livello procedurale il codice prevede che al momento della perdita dei venti punti, l’ufficio territoriale del Dipartimento dei trasporti terrestri disponga la revisione della patente con apposito provvedimento notificato all’interessato.

Con la comunicazione l’ufficio invita l’interessato a sottoporsi agli accertamenti di idoneità entro il termine di trenta giorni. Il provvedimento è atto definitivo e contro di esso è ammesso ricorso giurisdizionale al TAR o ricorso straordinario al Capo dello Stato. Qualora il titolare della patente non si sottoponga ai predetti accertamenti entro trenta giorni dalla notifica del provvedimento di revisione, la patente di guida è sospesa a tempo indeterminato. Il provvedimento di sospensione è notificato all’interessato a cura di uno degli organi di polizia

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stradale, il quale provvede anche al ritiro della patente e alla conservazione della stessa presso il proprio ufficio. Solo dopo che l’interessato si sarà sottoposto all’esame di revisione, potrà riottenere la patente con la riassegnazione dei venti punti.

Nel caso di perdita parziale del punteggio è consentito dal codice il recupero dei punti: a condizione quindi che il punteggio non sia esaurito, la frequenza ai corsi di aggiornamento, organizzati dalle autoscuole ovvero da soggetti pubblici o privati autorizzati dal Dipartimento per i trasporti terrestri, consente di riacquistare sei punti. Per i titolari di certificato di abilitazione professionale e unitamente di patenti diverse dalla patente A, la frequenza a specifici corsi di aggiornamento consente di recuperare 9 punti. Al termine del corso viene rilasciato un attestato di frequenza che, a cura di chi ha tenuto il corso, deve essere trasmesso all’ufficio del Dipartimento per i trasporti terrestri competente per territorio, il quale provvederà ad aggiornare l’Anagrafe nazionale degli abilitati alla guida, relativamente al conducente che ha partecipato al corso.

Sotto il profilo procedimentale, l’articolo 126-bis prevede che l 'organo da cui dipende l'agente che ha accertato la violazione ne dà notizia, entro trenta giorni dalla definizione della contestazione effettuata, all'Anagrafe nazionale degli abilitati alla guida. La contestazione si intende definita quando sia avvenuto il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria o siano conclusi i procedimenti dei ricorsi amministrativi e giurisdizionali ammessi ovvero siano decorsi i termini per la proposizione dei medesimi. Il predetto termine di trenta giorni decorre dalla conoscenza da parte dell'organo di polizia dell'avvenuto pagamento della sanzione, della scadenza del termine per la proposizione dei ricorsi, ovvero dalla conoscenza dell'esito dei ricorsi medesimi.

La comunicazione deve essere effettuata a carico del conducente quale responsabile della violazione; nel caso di mancata identificazione di questi, la segnalazione deve essere effettuata a carico del proprietario del veicolo, salvo che lo stesso non comunichi, entro trenta giorni dalla richiesta, all'organo di polizia che procede, i dati personali e della patente del conducente al momento della commessa violazione. Se il proprietario del veicolo risulta una persona giuridica, il suo legale rappresentante o un suo delegato è tenuto a fornire gli stessi dati, entro lo stesso termine, all'organo di polizia che procede. Se il proprietario del veicolo omette di fornirli, si applica a suo carico.oltre la sanzione amministrativa pecuniaria relativa alla violazione, la sanzione prevista dall'art. 180, comma 8308. La comunicazione al Dipartimento per i trasporti terrestri avviene per via telematica309.

308 A norma del comma 8 dell’articolo 180, chiunque senza giustificato motivo non ottempera

all'invito dell'autorità di presentarsi, entro il termine stabilito nell'invito medesimo, ad uffici di polizia per fornire informazioni o esibire documenti ai fini dell'accertamento delle violazioni amministrative previste dalcodice, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 357 a euro 1.433. Alla violazione consegue l'applicazione, da parte dell'ufficio dal quale dipende l'organo accertatore, della sanzione prevista per la mancanza del

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Le disposizioni dell’articolo 126-bis hanno dato vita ad un ampio contenzioso, con particolare riferimento alla previsione della decurtazione - per il proprietario - del punteggio, nel caso in cui questi non avesse comunicato i dati necessari per l'identificazione del conducente, indipendentemente dalla circostanza se fosse o meno in grado di fornirli.

Le disposizioni hanno inoltre destato dubbi interpretativi con riferimento alla sanzione aggiuntiva di cui all’articolo 180, comma 8, non risultando chiaro se essa dovesse applicarsi, in caso di mancata comunicazione, sia al proprietario persona fisica sia al proprietario persona giuridica: si riteneva che, in caso affermativo, il proprietario persona fisica sarebbe stato assoggettato alla sanzione pecuniaria prevista per l'infrazione, alla sanzione aggiuntiva ex art. 180, nonché alla decurtazione del punteggio, mentre la persona giuridica sarebbe stata obbligata alla doppia sanzione pecuniaria.

La sentenza della Corte costituzionale n. 27 del 2005

La Corte costituzionale – con la sentenza n. 27 del 2005 - ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell'art. 126-bis, comma 2, del codice della strada, nella parte in cui dispone che: «nel caso di mancata identificazione del [conducente quale responsabile della violazione], la segnalazione deve essere effettuata a carico del proprietario del veicolo, salvo che lo stesso non comunichi, entro trenta giorni dalla richiesta, all'organo di polizia che procede, i dati personali e della patente del conducente al momento della commessa violazione», anziché «nel caso di mancata identificazione di questi, il proprietario del veicolo, entro trenta giorni dalla richiesta, deve fornire, all'organo di polizia che procede, i dati personali e della patente del conducente al momento della commessa violazione».

La Corte, dopo aver ricostruito l’evoluzione della normativa relativa alla mancata identificazione del responsabile della violazione (vedi supra), muove il proprio ragionamento dalla constatazione che l’applicazione della sanzione della decurtazione del punteggio prescinde da qualsivoglia accertamento della responsabilità personale del proprietario del veicolo in relazione alla violazione delle norme concernenti la circolazione stradale.

documento da presentare, con decorrenza dei termini per la notificazione dal giorno successivo a quello stabilito per la presentazione dei documenti.

309 Le disposizioni sopra riportate relative alla comunicazione del responsabile della violazione sono state introdotte dall’articolo 7 del DL 151/2003. Il testo originario prevedeva che “La comunicazione puo' essere effettuata solo se la persona del conducente, quale responsabile della violazione, sia stata identificata inequivocabilmente; tale comunicazione avviene per via telematica o mediante moduli cartacei predisposti dal Dipartimento per i trasporti terrestri”.

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La Corte esamina la disposizione contestata alla luce della disciplina generale delle sanzioni amministrative di cui alla legge 689/1991310 che fissa due principi fondamentali:

1) il principio della natura personale della responsabilità amministrativa (art. 3 "... ciascuno è responsabile della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa ...");

2) il principio della solidarietà passiva (tra “il proprietario della cosa che servì o fu destinata a commettere la violazione o, in sua vece, l'usufruttuario o, se trattasi di bene immobile, il titolare di un diritto personale di godimento» e «l'autore della violazione»: art. 6) per le sole sanzioni pecuniarie e non anche per le sanzioni personali; principio ripreso dal codice della strada all'art. 196 che riproduce quasi testualmente il citato art. 6 della legge 689/1991, disponendo, al comma 1, che «per le violazioni punibili con la sanzione amministrativa pecuniaria il proprietario del veicolo» (o, in sua vece, «l'usufruttuario, l'acquirente con patto di riservato dominio o l'utilizzatore a titolo di locazione finanziaria») è «obbligato in solido con l'autore della violazione al pagamento della somma da questi dovuta».

Sulla base di tali premesse, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della disposizione impugnata, fondandola sulle seguenti argomentazioni: l'art. 126-bis, comma 2, “intervenendo in materia diversa dalla responsabilità

per il pagamento di somme e in una ipotesi di sanzione di carattere schiettamente personale, pone a carico del proprietario del veicolo, solo perché tale, una autonoma sanzione, appunto, personale, prescindendo dalla violazione, al medesimo proprietario direttamente ascrivibile, di regole disciplinanti la circolazione stradale”;

la fattispecie di cui all’articolo 126-bis, comma 2, configura una ipotesi di illecito amministrativo che, per più aspetti, appare assimilabile a quella della sospensione della patente, la cui «natura afflittiva (…) – chiarisce la Corte riportando quanto affermato nell’ordinanza n. 74 del 2000 - incide sul profilo della legittimazione soggettiva alla conduzione di ogni veicolo, gravando sul relativo atto amministrativo di abilitazione, a seguito dell'accertata trasgressione di regole di comportamento afferenti alla sicurezza della circolazione» ;

la peculiare natura della sanzione prevista dall'art. 126-bis, al pari della sospensione della patente incidente anch'essa sulla «legittimazione soggettiva alla conduzione di ogni veicolo», fa emergere l'irragionevolezza della scelta legislativa di porre la stessa a carico del proprietario del veicolo che non sia anche il responsabile dell'infrazione stradale. La Corte aggiunge, infine, che l'accoglimento della questione di legittimità

costituzionale per violazione del principio di ragionevolezza – “ferma restando la 310 Legge 24 novembre 1981 n. 689 recante Modifiche al sistema penale.

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possibilità per il legislatore, nell'esercizio della sua discrezionalità, di conferire alla materia un nuovo e diverso assetto” - “rende, tuttavia, necessario precisare che nel caso in cui il proprietario ometta di comunicare i dati personali e della patente del conducente, trova applicazione la sanzione pecuniaria di cui all'articolo 180, comma 8, del codice della strada”, anche al fine di fugare il dubbio – avanzato da taluni dei rimettenti – in ordine ad una “ingiustificata disparità di trattamento realizzata tra i proprietari di veicoli, discriminati a seconda della loro natura di persone giuridiche o fisiche, ovvero, quanto a queste ultime, in base alla circostanza meramente accidentale che le stesse siano munite o meno di patente”.

A seguito della sentenza della Corte costituzionale sopra riportata, il

Ministero dell’interno in data 4 febbraio 2005 ha emanato la circolare n. 300/A/1/41236/109/16/1 con la quale - al fine di garantire il corretto funzionamento del meccanismo della patente a punti – venivano apportati i seguenti correttivi alla procedura già in essere:

a) in tutti i verbali notificati a partire dalla data di pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale, se il conducente non fosse stato identificato, al proprietario del veicolo ovvero al locatario, all’usufruttuario, all’acquirente con patto di riservato dominio, doveva essere richiesto di fornire, all’organo di polizia che procedeva, entro 30 giorni, le generalità della persona che era alla guida al momento del fatto;

b) a partire dalla stessa data, in tutti i verbali notificati all’obbligato in solido, doveva essere precisato che, se i dati non fossero stati forniti entro 30 giorni, sarebbe stato notificato un altro verbale, con cui si sarebbe applicata a suo carico la sanzione prevista dall’art 180, comma 8, del codice della strada (pagamento di una somma da euro 357 a euro 1433).

c) come già previsto per il legale rappresentante della persona giuridica, la sanzione di cui al comma 8, dell’art 180 si sarebbe applicata a carico della persona fisica responsabile in solido anche nel caso in cui avesse fornito all’organo di polizia indicazioni che, comunque, non avessero consentito di risalire all’identità della persona alla guida al momento della commessa violazione.

Con riferimento agli effetti della sentenza sulle procedure pendenti relative ad illeciti già accertati, la suddetta circolare prevedeva che: dalla data della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, gli effetti della

sentenza si estendevano a tutti i verbali di contestazione di illeciti amministrativi per i quali non fosse ancora stata effettuata la comunicazione all’Anagrafe Nazionale degli Abilitati alla Guida;

per tali procedimenti, dalla data di pubblicazione della citata sentenza, non avrebbero dovuto più essere effettuate le comunicazioni relative alle violazioni per le quali il conducente non fosse stato compiutamente identificato.

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Il decreto legge n. 184 del 2005

Con il decreto-legge 21 settembre 2005, n. 184311 – poi decaduto per mancata conversione - il Governo intendeva fare chiarezza nella disciplina della patente a punti successivamente all’intervento della Corte costituzionale.

Nell’ottica di adeguare la normativa vigente alla sentenza della Corte, l’articolo 1, comma 1, del decreto legge ha modificato il comma 2 dell’articolo 126-bis del codice della strada.

In particolare, a seguito delle modifiche introdotte dal decreto-legge, si prevedeva:

la comunicazione, ai fini della decurtazione dei punti dalla patente, a carico del conducente identificato quale responsabile della violazione (analogamente a quanto già previsto);

nel caso di mancata identificazione del responsabile, l’obbligo per il proprietario, od altro obbligato in solido, di fornire all’organo di polizia che procede, entro sessanta giorni (in luogo dei trenta giorni, previsti dal testo originario) dalla data di notifica del verbale di contestazione, i dati personali e della patente del conducente al momento della commessa violazione. Risultava, così, soppressa – in adeguamento alle prescrizioni della sentenza n. 27 del 2005 – la previsione della decurtazione del punteggio a carico del proprietario del veicolo, qualora questi non avesse comunicato i dati del conducente al momento della commessa violazione. Inoltre, l'obbligo di fornire i dati relativi alla persona che si trovava alla guida al momento della violazione (generalità personali e dati della patente) veniva esteso, nei casi indicati dall'art. 196 C.d.S. (contratto di locazione o leasing, vendita con patto di riservato dominio, usufrutto, ecc) all'obbligato in solido per il pagamento della sanzione pecuniaria;

in luogo del richiamo alla sanzione di cui all’articolo 180, comma 8 (pagamento di una somma da euro 357 a euro 1433) per il caso di mancata comunicazione da parte del proprietario del veicolo, la sanzione pecuniaria da euro 250 a euro 1000;

l’applicazione della sanzione per la mancata comunicazione, al proprietario o all’obbligato in solido “sia esso persona fisica o giuridica”;

la possibilità di esonero dal pagamento della sanzione pecuniaria in presenza di “giustificato e documentato motivo”

Il comma 2 dell’articolo 1 del decreto legge recava, poi, disposizioni relative alla “sanatoria” delle fattispecie integratesi sotto la vigenza del comma 2 dell’articolo 126-bis del codice della strada, prima della pronuncia della Corte costituzionale. In particolare, si prevedeva:

311 Decreto-legge 21 settembre 2005, n. 184 Misure urgenti in materia di guida dei veicoli e patente

a punti.

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a seguito di istanza dell’interessato, la riattribuzione al proprietario del veicolo dei punti della patente decurtati per la mancata identificazione del conducente;

la determinazione delle procedure di riattribuzione con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’interno, da adottarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge;

il mantenimento degli effetti degli esami di revisione eventualmente già sostenuti in seguito all’esaurimento dei punti della patente;

la perdita di efficacia dei provvedimenti adottati a seguito di perdita totale del punteggio, cui avesse contribuito la decurtazione dei punti da riattribuire a norma dello stesso decreto-legge. Con circolare n. 300/A/1/44661/109/16/1 emanata in data 13 settembre 2005

il Ministero dell’interno ha fornito direttive operative per uniformare la gestione delle fasi procedurali per l'accertamento degli illeciti definiti dalla nuova norma del comma 2 dell’articolo 126- bis introdotta dal decreto legge 184/2005. In particolare, la circolare prevedeva che: la nuova fattispecie trovava applicazione per tutti i comportamenti omissivi dei

proprietari o degli obbligati in solido commessi dopo l'entrata in vigore del DL 184/2005 (anche nel caso di invito a fornire i dati richiesti, formulato ai sensi dell'art. 180, comma 8, del codice della strada con un verbale notificato o redatto prima dell'entrata in vigore dello stesso DL 184/2005);

essendo stato portato a 60 giorni il termine entro il quale il proprietario o l'obbligato in solido è tenuto a fornire le informazioni richieste, per i verbali già redatti o notificati con l'indicazione del termine più ridotto di 30 giorni, precedentemente previsto dall'art. 126-bis, comma 2, la nuova sanzione dell'art. 126-bis avrebbe potuto essere applicata solo dopo che fossero trascorsi inutilmente 60 giorni dalla notifica del verbale di accertamento;

in relazione al “giustificato e documentato motivo” previsto dal decreto-legge ai fini dell’esonero, per il proprietario e per l’obbligato in solido, dalla sanzione per l’omessa comunicazione del trasgressore, la valutazione di tale motivo fosse rimessa al prudente apprezzamento del responsabile dell'Ufficio di polizia sulla base della documentazione fornita dall'interessato a sostegno della sua giustificazione (atti, dichiarazioni, certificazioni, ecc.).

Le modifiche introdotte in sede di conversione

Nel corso dell’esame del DL 184/2005 al Senato, sono state apportate alcune modifiche – non entrate in vigore per la mancata conversione del decreto-legge - all’articolo 1 del decreto stesso. In particolare:

• veniva innalzata la somma che il proprietario o altro obbligato in solido, persona fisica o giuridica, avrebbe dovuto pagare quale sanzione amministrativa pecuniaria in caso di omissione, senza giustificato e

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documentato motivo, della comunicazione dei dati relativi al conducente quale responsabile della violazione (da euro 500 a euro 2000);

si prevedeva che la riattribuzione al titolare della patente dei punti decurtati sotto la vigenza del comma 2 dell’articolo 126-bis prima della sentenza della Corte costituzionale, dovesse avvenire, previa verifica e comunicazione in via telematica al CED del Dipartimento per i trasporti terrestri, da parte dell’organo di polizia alle cui dipendenze avesse operato l’agente accertatore, e su domanda dell’interessato;

si disponeva la registrazione – a fini di monitoraggio e valutazione dell’efficacia riabilitativa dei corsi - dei dati, comprendendo in essi i nominativi delle autoscuole e degli altri soggetti pubblici o privati autorizzati, relativi alle riattribuzioni dei punti e delle patenti, nonché la registrazione degli accertamenti previsti dal codice e dei relativi accertatori.

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LA SICUREZZA STRADALE - MISURE RELATIVE AI CICLOMOTORI

Gran parte delle misure di sicurezza introdotte nell’ambito del processo di riforma del codice della strada (v. capitolo La sicurezza stradale) concernono la circolazione dei ciclomotori, definiti dall’articolo 52 del codice come veicoli a motore a due o tre ruote che hanno per costruzione un motore di cilindrata non superiore a 50 cc, se termico, e la capacità di sviluppare su strada orizzontale una velocità fino a 45 km/h.

Certificato di circolazione e targa

Il d.lgs. 9/2002312, modificando l’articolo 97 del codice della strada, ha previsto che i ciclomotori, per circolare, debbano essere muniti del certificato di circolazione e della targa, in luogo, rispettivamente, del certificato di idoneità tecnica e del contrassegno di identificazione precedentemente previsti.

Il certificato di circolazione deve contenere i dati identificativi e costruttivi del veicolo, nonché quelli relativi alla targa e all’intestatario. Il certificato è rilasciato dal Dipartimento trasporti terrestri ovvero da uno dei soggetti autorizzati all’esercizio di attività di consulenza per la circolazione dei mezzi di trasporto, con le modalità stabilite con decreto dirigenziale.

La targa identifica l’intestatario del certificato di circolazione, è personale, abbinata ad un solo veicolo313 ed è trattenuta dal titolare in caso di vendita. È riservata allo Stato la fabbricazione e la vendita delle targhe, salva la possibilità di affidamento a terzi.

Ciascun ciclomotore deve essere individuato nell’Archivio nazionale dei veicoli314 da una scheda elettronica dalla quale risulti il numero di targa, il nominativo del titolare, i dati di tutti i veicoli di cui il titolare della targa sia stato intestatario, con l’indicazione delle variazioni dell’intestatario.

Le procedure per il rilascio del certificato di circolazione e per la produzione delle targhe sono disciplinate con decreto dirigenziale, secondo criteri di economicità e di massima semplificazione.

312 Decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9 recante Disposizioni integrative e correttive del nuovo

codice della strada, a norma dell'articolo 1, comma 1, della L. 22 marzo 2001, n. 85. 313 A seguito della modifica apportata dall’articolo 2 del DL 115/2005. 314 L’Archivio nazionale dei veicoli è istituito presso il Dipartimento trasporti terrestri ai sensi

dell’articolo 225, comma 1, lettera b) del codice della strada. Nell'archivio nazionale per ogni veicolo devono essere indicati i dati relativi alle caratteristiche di costruzione e di identificazione, all'emanazione della carta di circolazione e del certificato di proprietà, a tutte le successive vicende tecniche e giuridiche del veicolo, agli incidenti in cui il veicolo sia stato coinvolto (art. 226, comma 6). Si tratta di disposizioni che si applicano, ai sensi dell’art. 226, comma 5, ai seguenti veicoli: ciclomotori; motoveicoli; autoveicoli; filoveicoli; rimorchi; macchine agricole; macchine operatrici; veicoli con cartteristiche atipiche. L'archivio è completamente informatizzato ed è aggiornato con i dati raccolti dal Dipartimento, dal P.R.A., dagli organi di polizia stradale e dalle compagnie di assicurazione (art. 226, comma 7).

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SCHEDE

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Il d.lgs. 9/2002 è intervenuto inoltre sulle sanzioni amministrative pecuniarie relative alla mancata osservanza delle disposizioni sopra riportate, in particolare sulle sanzioni relative alla:

• circolazione con un ciclomotore per il quale non è stato rilasciato il certificato di circolazione (da 137,55 a 550,20 euro e confisca del mezzo);

• circolazione con un ciclomotore sprovvisto di targa (da 68,25 a 275,10 euro e fermo del mezzo per un mese ovvero, nel caso di reiterazione della violazione, confisca);

• circolazione con un ciclomotore munito di targa non propria (da 1.626,45 a 6.506,85 euro e fermo del mezzo per un mese ovvero, nel caso di reiterazione della violazione, confisca);

• circolazione con un ciclomotore munito di targa non chiaramente visibile (da 21,00 a 85,00 euro);

• fabbricazione e vendita di targhe difformi da quelle previste ovvero circolazione con le stesse (da1.626,45 a 6.506,85 euro);

• omessa richiesta di aggiornamento del certificato di circolazione per trasferimento della proprietà (da 343,35 a 1376,55 euro);

• omessa denuncia dello smarrimento, furto o distruzione del certificato di circolazione (da 68,25 a euro 275,10).

L’articolo 7, comma 1 del DL 151/2003315 ha prorogato al 1° luglio 2004 la data di entrata in vigore delle disposizioni concernenti il certificato di circolazione e la targa dei ciclomotori, originariamente fissata al 30 giugno 2003.

L’articolo 3, comma 17 del medesimo DL ha modificato, di conseguenza, anche l’articolo 180 del codice, relativo al possesso dei documenti di circolazione e di guida. A seguito della modifica, è previsto che il conducente del ciclomotore debba avere con sé il certificato di circolazione del veicolo (in luogo del certificato di idoneità tecnica del veicolo), un documento di riconoscimento e, ove previsto, il certificato di idoneità alla guida.

Certificato di idoneità alla guida

L’articolo 6 del d.lgs 9/2002 ha introdotto il certificato di idoneità tecnica per la guida dei ciclomotori (c.d. patentino)..

Il comma 1-bis del dell’art. 116 del codice della strada - introdotto dall’articolo 6 citato - prevede che il minore di età che abbia compiuto gli anni quattordici, per poter guidare un ciclomotore, debba conseguire un certificato di idoneità rilasciato, a seguito di specifico corso con esame finale, dal Dipartimento per i trasporti terrestri. Le modalità di conseguimento del certificato sono regolate dal comma 11-bis, a norma del quale i corsi possono essere organizzati sia dalle autoscuole che dagli istituti scolastici statali e non statali di istruzione secondaria,

315 Decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 recante Modifiche ed integrazioni al codice della strada.

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sulla base di programmi definiti con decreto ministeriale. In ogni caso la prova finale viene espletata da un funzionario esaminatore del Dipartimento per i trasporti terrestri. Sono previste, ai fini dell’organizzazione dei corsi e nell’ambito di intese sottoscritte dalle province e dal Dipartimento per i trasporti terrestri, convenzioni tra gli istituti scolastici, da un lato, e comuni, autoscuole e istituzioni e associazioni pubbliche e private, dall’altro.

Il comma 13-bis dell’articolo 116 assoggetta ad una sanzione amministrativa pecuniaria chiunque, non essendo titolare di patente, guidi ciclomotori senza aver conseguito il certificato di idoneità.

Successivamente, l’articolo 2 del DL 151/2003, inserendo il comma 1-ter all’articolo 116, ha previsto che, a decorrere dal 1° luglio 2005, l'obbligo di conseguire il certificato di idoneità per la guida di ciclomotori fosse esteso anche ai maggiorenni non titolari di patente di guida.

A seguito delle modifiche apportate dal DL 115/2005316, è stata differita al 1° ottobre 2005 la data di decorrenza dell’obbligo di conseguire il certificato di idoneità per la guida dei ciclomotori, per coloro che compiano la maggiore età a partire dallo stesso 1° ottobre 2005 e non siano titolari di patente di guida; contestualmente, è stato previsto che coloro che alla data 30 settembre 2005 avessero già compiuto la maggiore età, avrebbero potuto conseguire il certificato di idoneità alla guida presentando una domanda al competente ufficio del Dipartimento dei trasporti terrestri, corredata da una certificazione medica attestante il possesso dei requisiti fisici e psichici, nonché dall’attestazione di frequenza ad un corso di formazione presso un’autoscuola, tenuto secondo le disposizioni del comma 11-bis dello stesso articolo 116.

Quanto al possesso dei requisiti psichici e fisici che abilitano alla guida del ciclomotore, il DL 115/2005 ha introdotto una nuova disposizione all’articolo 116 (il comma 1-quater), in base alla quale i requisiti fisici e psichici richiesti per la guida dei ciclomotori devono essere quelli previsti dalla normativa vigente per il conseguimento della patente A, compresa quella speciale317.

Il decreto legge ha stabilito, inoltre, che fino alla data del 1° gennaio 2008, la certificazione potrà essere limitata all’esistenza di condizioni psico-fisiche di principio non ostative all’uso del ciclomotore, eseguita dal medico di medicina generale.

316 Decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115 recante Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalità

di settori della pubblica amministrazione. 317 L’articolo 119 del codice della strada ha subordinato il conseguimento della patente di guida

all’accertamento di requisiti fisici e psichici; in particolare l’articolo stabilisce in via generale che non può ottenere la patente di guida chi sia affetto da malattia fisica o psichica, deficienza organica o minorazione psichica, anatomica o funzionale tale da impedire di condurre con sicurezza veicoli a motore. I singoli requisiti necessari al conseguimento della patente sono stabiliti dal regolamento di esecuzione del codice della strada (DPR 16 dicembre 1992, n. 495) che disciplina dettagliatamente i requisiti necessari al conseguimento delle patenti e delle patenti speciali di categoria A, B, C e D.

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SCHEDE

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A completare il quadro normativo, l’articolo 5 del D.L. 115/2005 ha inserito all’articolo 116 un’ulteriore disposizione (comma 1-quinquies), che prevede, al fine di evitare raggiri del divieto di circolazione nei casi di sospensione e revoca della patente a seguito di violazioni delle norme di circolazione: il divieto per coloro che già posseggono la patente di guida, di conseguire il

certificato di idoneità alla guida dei ciclomotori; l’obbligo, per i titolari di certificato di idoneità alla guida di ciclomotori, di

riconsegnarlo ai competenti uffici del Dipartimento dei trasporti terrestri all’atto del conseguimento di una patente.

Requisiti per la guida dei ciclomotori e trasporto del secondo passeggero

Il d.lgs. 9/2002 ha modificato il requisito dell’età minima necessaria per la guida dei ciclomotori, prevista dall’articolo 115 del codice della strada, stabilendo che essa resti ferma a quattordici anni qualora non siano trasportate altre persone oltre al conducente, e che sia elevata ad anni diciotto negli altri casi.

L’articolo 3, comma 10, del DL 151/2003 è intervenuto a modificare l’articolo 170 del codice della strada, relativo al trasporto di persone e di oggetti sui veicoli a motore a due ruote, coerentemente con quanto disposto all’articolo 115, come modificato.

Infatti è stato espressamente ammessa la possibilità di portare un passeggero sui ciclomotori, nel caso in cui ciò sia espressamente previsto nel certificato di circolazione e purché il conducente abbia un'età superiore a diciotto anni. La disposizione prevede, inoltre, che il passeggero trasportato debba stare seduto in modo stabile ed equilibrato, nella posizione determinata dalle apposite attrezzature del veicolo.

Dispositivi di segnalazione visiva

L’articolo 11 del d.lgs. 9/2002, modificando l’art. 152 del codice della strada, ha introdotto l’obbligo di accensione degli anabbaglianti per i ciclomotori e per i motocicli in qualsiasi condizione di marcia.

Il DL 121/2002 ha anticipato la data di entrata in vigore della disposizione richiamata, dal 1° gennaio 2003 (termine previsto per l’entrata in vigore del d.lgs. 9/2002) al 21 giugno 2002 (data di entrata in vigore del D.L. 121/2002).

Infine, l’articolo 3, comma 6, del DL 151/2003, abrogando la disposizione introdotta dal d.lgs. 9/2002, ha precisato che, per i ciclomotori e i motocicli, l’obbligo dell’uso delle luci di posizione, dei proiettori anabbaglianti e, se prescritte, delle luci della targa e delle luci d’ingombro sussiste, durante la marcia, anche nei centri abitati (diversamente da quanto previsto per gli altri

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SCHEDE

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veicoli a motore per i quali l’obbligo di utilizzo dei dispositivi di segnalazione visiva è prescritto solo fuori dai centro abitati).

Uso del casco protettivo

L’articolo 3, comma 11, del DL 151/2003 è intervenuto sull’articolo 171 del codice della strada, relativo all’uso del casco protettivo per gli utenti di veicoli a due ruote. Per effetto delle modifiche, la nuova disciplina prevede:

- l’obbligo, sia per il conducente sia per l’eventuale passeggero del ciclomotore e del motoveicolo, di portare durante la marcia un casco allacciato che risulti conforme alla normativa;

- l’esenzione dall’obbligo del casco anche per conducenti e passeggeri di ciclomotori e motoclicli a tre o quattro ruote dotati di carrozzeria chiusa (oltre che, come già previsto, di ciclomotori e motocicli, anche a tre ruote, purché dotati di cellula di sicurezza a prova di crash, nonché di sistemi di ritenuta e di dispositivi atti a garantire l'utilizzo del veicolo in condizioni di sicurezza);

- l’inasprimento della sanzione amministrativa pecuniaria in caso di violazione delle norme sull’uso del casco di protezione e la previsione del fermo amministrativo del veicolo per trenta giorni, precedentemente previsto solo nel caso in cui le suddette infrazioni fossero state compiute da conducenti minorenni.

Sequestro amministrativo

Il DL 115/2005 ha introdotto all’articolo 213 del codice della strada una particolare procedura nel caso in cui oggetto della misura cautelare del sequestro amministrativo del veicolo sia un ciclomotore o un motociclo.

In tale caso, l'organo di polizia che procede, dispone la rimozione del veicolo e il trasporto in un apposito luogo di custodia, dove lo stesso è custodito per trenta giorni. Della rimozione è fatta menzione nel verbale di contestazione della violazione. Decorsi i suddetti trenta giorni, il proprietario del veicolo può chiederne l'affidamento in custodia, secondo quanto previsto dal comma 2 dell’articolo 213. E’ inoltre previsto che si applichino, in quanto compatibili, le disposizioni dei commi 2-bis, mentre le disposizioni del comma 2-quater trovano applicazione decorsi trenta giorni dal momento in cui il veicolo è sottoposto a sequestro amministrativo318.

318 Il comma 2 dell’articolo 213 consente al proprietario o al conducente del veicolo di ottenere

l’affidamento in custodia del veicolo sequestrato, con l'obbligo di depositarlo in un luogo di cui abbia la disponibilità o di custodirlo, a proprie spese, in un luogo non sottoposto a pubblico passaggio. I commi 2-bis e 2-quater vertono rispettivamente sulle procedure relative alla

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SCHEDE

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Confisca amministrativa

Il DL 115/2005 ha fortemente inasprito la sanzione comminata in conseguenza di infrazioni al codice della strada commesse con ciclomotori e motocicli.

In particolare, il decreto legge ha introdotto all’articolo 213 del codice della strada il comma 2-sexies, ai sensi del quale la confisca amministrativa è sempre disposta nei casi in cui: un ciclomotore o un motoveicolo sia stato adoperato per commettere una

delle seguenti violazioni amministrative: - trasporto di un numero di persone o di un carico complessivo superiore a

quello indicato nella carta di circolazione; - guida senza avere libero uso delle braccia, delle mani e delle gambe,

ovvero in posizione scorretta, ovvero senza tenere il manubrio con ambedue le mani (a meno di casi di necessità per le opportune manovre o segnalazioni, in cui si può sorreggere il manubrio con una sola mano);

- guida effettuata sollevando la ruota anteriore; - posizione scorretta del passeggero trasportato ossia tale da non renderlo

in stabile o non equilibrato, o diversa da quanto determinata dalle apposite attrezzature del veicolo;

- guida effettuata trainando e facendosi trainare da altri veicoli; - trasporto di oggetti che non siano solidamente assicurati, che sporgano

lateralmente rispetto all'asse del veicolo o longitudinalmente rispetto alla sagoma di esso oltre i cinquanta centimetri, ovvero impediscano o limitino la visibilità al conducente;

- guida senza uso del casco protettivo o con il casco non regolarmente allacciato o non conforme al tipo omologato;

un ciclomotore o un motoveicolo sia stato adoperato per commettere un reato.

Nei casi sopra elencati: la confisca è disposta sia che la violazione amministrativa o il reato siano

stati commessi da un detentore maggiorenne, sia che siano stati commessi da un detentore minorenne;

l’autorità di polizia che accerta la violazione deve disporre il sequestro del veicolo, nonché la sua rimozione e il trasporto in apposito luogo di custodia, in cui sia custodito a spese del possessore, anche se proprietario, secondo quanto previsti dallo stesso articolo 213 e in quanto compatibile319.

definitività del provvedimento di confisca e sul trasferimento della proprietà al custode anche ai soli fini della rottamazione.

319 L’articolo 213 prevede che nei casi di applicazione della sanzione accessoria della confisca amministrativa, l'organo di polizia che accerta la violazione provvede al sequestro del veicolo o delle altre cose oggetto della violazione facendone menzione nel verbale di contestazione

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SCHEDE

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ALTRE MISURE SULLA SICUREZZA STRADALE

Oltre alle misure relative alla patente a punti (v. scheda La patente a punti)e alla guida dei ciclomotori (v. scheda La sicurezza stradale - Misure relative ai ciclomotori), sono state introdotte in diversi ambiti del codice della strada una serie di ulteriori modifiche finalizzatead una maggiore tutela della sicurezza stradale.

Guida sotto l’influenza dell’alcool

Sulla disciplina relativa al divieto di guida sotto l’influenza dell’alcool, dettata dall’articolo 186 del codice della strada, si sono registrati diversi interventi.

Il d.lgs. 9/2002320 ha modificato sia le disposizioni concernenti il reato di guida in stato di ebbrezza sia le modalità di accertamento del tasso alcoolemico. Quanto al primo, il decreto legislativo ha previsto la revoca della patente qualora la violazione sia commessa dal conducente di un autobus o di un veicolo di massa complessiva a pieno carico superiore a 3,5 t ovvero di complessi di veicoli: la revoca consegue alla sentenza di condanna.

Quanto all’accertamento del tasso alcoolemico, è stata scissa l’ipotesi dell’accertamento compiuto in caso di incidente che non provochi il ricorso a cure mediche - o qualora si abbia fondato motivo per ritenere che il conducente versi in stato di ebbrezza o in caso di esito positivo degli accertamenti qualitativi preventivi (vedi infra) - dall’ipotesi di accertamento conseguente a incidenti che hanno provocato il ricorso alle cure mediche . Nel primo caso, resta ferma la facoltà degli organi di polizia stradale di procedere all’accertamento con strumenti e procedure stabiliti dal regolamento di attuazione, eventualmente previo accompagnamento, presso il più vicino ufficio o comando, della persona da sottoporre agli accertamenti. Nel caso di conducenti coinvolti in incidenti stradali e sottoposti alle cure mediche, la modifica introdotta prevede che l’accertamento venga effettuato, su richiesta dei medesimi organi di polizia stradale, dalle strutture sanitarie di base o accreditate o equiparate.

L’articolo 3 del DL 121/2002321 ha abbassato a 0,5 grammi per litro (in luogo dei precedenti 0,8 grammi per litro) il tasso alcoolemico determinante ai fini della verifica dello stato di ebbrezza del conducente, e quindi ai fini dell’applicazione delle sanzioni previste.

Il DL 151/2003322 è intervenuto sulla materia, apportando le seguenti modifiche:

320 Decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9 recante Disposizioni integrative e correttive del nuovo

codice della strada, a norma dell'articolo 1, comma 1, della L. 22 marzo 2001, n. 85. 321 Decreto-legge 20 giugno 2002, n. 121 recante Disposizioni urgenti per garantire la sicurezza

nella circolazione stradale. 322 Decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 recante Modifiche ed integrazioni al codice della strada.

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SCHEDE

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• diminuzione dell’importo dell’ammenda da corrispondere in caso di guida in stato di ebbrezza (dalla previgente somma da 328 a 1312 euro alla somma che va da 258 a 1032 euro), mantenendo fermi l’arresto fino ad un mese e la sospensione della patente da 15 giorni a tre mesi (ovvero da un mese a sei mesi in caso di più violazioni nello stesso anno) e la revoca della patente nel caso di conducenti di autobus o veicoli di massa superiore a 3,5 t;

• nei casi di revoca della patente per guida in stato di ebbrezza per i conducenti di autobus o di veicoli di massa superiore a 3,5 t, applicazione della procedura di cui all’articolo 223 per il ritiro della patente323;

• possibilità - per i soggetti che svolgono servizi di polizia stradale - di effettuare accertamenti preventivi, ossia accertamenti qualitativi non invasivi o prove, da svolgere anche attraverso apparecchi portatili nel rispetto della riservatezza personale e senza pregiudizio per l’integrità fisica e il cui esito determina l’obbligo di sottoposizione agli accertamenti successivi; in caso di rifiuto del conducente di sottoporsi a tali accertamenti si applica il regime sanzionatorio previsto per la guida in stato di ebbrezza;

• obbligo per il conducente cui è stata sospesa la patente per guida in stato di ebbrezza di sottoporsi a visita medica presso una commissione medica locale324 entro il termine di 60 giorni: nel caso in cui il conducente non ottemperi a tale obbligo, il prefetto può disporre, in via cautelare, la sospensione della patente fino all’esito della visita medica.

Guida sotto l’uso di sostanze stupefacenti

L’articolo187 del codice della strada, recante il divieto di guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti con le conseguenti sanzioni, è stato novellato, dapprima, dal d.lgs 9/2002 e, poi, dal DL151/2003.

Le modifiche apportate alla disposizione hanno introdotto una disciplina sostanzialmente analoga a quella prevista per la guida sotto l’influenza dell’alcool; in particolare:

323 L’articolo 223 disciplina i casi di ritiro della patente in conseguenza a ipotesi di reato. In

particolare rispetto alle ipotesi di reato per le quali è prevista la sanzione amministrativa accessoria della sospensione o della revoca della patente di guida, l'agente od organo accertatore della violazione ritira immediatamente la patente e la trasmette, unitamente al rapporto, entro dieci giorni, tramite il proprio comando o ufficio, alla prefettura del luogo della commessa violazione. Il prefetto, ricevuti gli atti, dispone la sospensione provvisoria della validità della patente di guida, fino ad un massimo di un anno. Il provvedimento è iscritto sulla patente e comunicato all'ufficio competente del Dipartimento per i trasporti terrestri. Se il ritiro immediato non è possibile, per qualsiasi motivo, il verbale di contestazione è trasmesso, senza indugio, al prefetto che ordina all'autore della violazione di consegnare la patente entro cinque giorni dalla comunicazione dell'ordinanza, presso il proprio ufficio.

324 Le commissioni mediche locali sono costituite in ogni provincia presso la azienda sanitaria locale.

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SCHEDE

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gli organi di polizia stradale hanno l’obbligo di procedere all’accompagnamento del conducente presso le strutture che effettuano l’accertamento; gli accertamenti possono essere effettuati, oltre che presso le strutture sanitarie pubbliche o accreditate o equiparate, anche presso strutture sanitarie fisse o mobili afferenti agli organi di polizia stradale;

è prevista la possibilità - per i soggetti adibiti ai servizi di polizia stradale - di effettuare accertamenti preventivi, ossia accertamenti qualitativi non invasivi o prove, da svolgere anche attraverso apparecchi portatili nel rispetto della riservatezza personale e senza pregiudizio per l’integrità fisica e il cui esito determina l’obbligo di sottoposizione agli accertamenti successivi;

nel caso in cui gli accertamenti preventivi forniscano esito positivo, o nel caso in cui vi sia ragionevole motivo di ritenere che il conducente del veicolo si trovi sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, o in caso di incidente, gli agenti di polizia stradale accompagnano il conducente presso le strutture sanitarie fisse o mobili afferenti agli organi di polizia stradale ovvero presso le strutture sanitarie pubbliche o accreditate o comunque a tali fini equiparate, che eseguono gli accertamenti (prelievo di campioni di liquidi biologici) sulla presenza di sostanze stupefacenti; a richiesta degli organi di polizia stradale, e in caso di incidente, tali strutture sanitarie, possono contestualmente effettuare gli accertamenti anche con riguardo al tasso alcoolemico;

è previsto l’obbligo (in luogo della possibilità) in capo al prefetto, di sospensione in via cautelare della patente fino all’esito dell’esame della visita medica cui il conducente deve essere sottoposto sulla base della certificazione emessa dalle strutture sanitarie che hanno effettuato l’accertamento;

è diminuito l’importo dell’ammenda da corrispondere fissata in una somma da 258 a 1032 euro (precedentemente la somma variava da 328 a 1312 euro), mantenendo fermi l’arresto fino ad un mese e la sospensione della patente da 15 giorni a tre mesi (ovvero da un mese a sei mesi in caso di più violazioni nello stesso anno) e la revoca della patente nel caso di conducenti di autobus o veicoli di massa superiore a 3,5 t.

Limiti di velocità

Il d.lgs. 9/2002 ha modificato l’articolo 142 del codice della strada, relativo ai limiti di velocità consentiti sulle autostrade e sulle strade extraurbane principali325, 325 La classificazione delle strade è recata dall’articolo 2 del codice, che individua le seguenti

categorie di strade, con riferimento alle caratteristiche costruttive, tecniche e funzionali:

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SCHEDE

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prevedendo una modulazione delle velocità in relazione alle diverse condizioni atmosferiche.

Le modifiche prevedono: • la possibilità di elevare – previa installazione di appositi segnali - fino a

150 km/h il limite di velocità sulle autostrade a tre corsie più corsia di emergenza, sulla base di specifico provvedimento dell’ente proprietario o concessionario, adottato tenendo conto delle caratteristiche progettuali ed effettive del tracciato, dell’intensità del traffico, delle condizioni atmosferiche prevalenti e dei dati relativi all’incidentalità dell’ultimo quinquennio;

• la diminuzione del limite di velocità a 110 km/h e a 90km/h, rispettivamente per le autostrade e per le strade extraurbane principali, nel caso di precipitazioni atmosferiche di qualsiasi natura326;

• la possibilità di elevare il limite di velocità nei centri abitati da 50 km/h a 70 km/h per le strade urbane le cui caratteristiche costruttive e funzionali lo consentano, previa installazione di appositi segnali.

Il quadro complessivo vigente dei limiti di velocità per effetto delle modifiche introdotte dalla disposizione in esame risulta pertanto il seguente:

autostrade a tre corsie: 130 km/h con possibilità di elevazione a 150 km/h; 110 km/h nel caso di precipitazioni;

autostrade a due corsie: 130 km/h; 110 km/h nel caso di precipitazioni; strade extraurbane principali: 110 km/h; 90 km/h nel caso di

precipitazioni; altre strade extraurbane: 90 km/h; centri abitati: 50 km/h con posilità di elevazione a 70 km/h per le strade le

cui caratteristiche lo consentano. Entro i limiti massimi suddetti, gli enti proprietari della strada possono fissare –

in base alle direttive impartite dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti - limiti di velocità minimi e limiti di velocità massimi, diversi da quelli sopra indicati, in determinate strade e tratti di strada quando l'applicazione al caso concreto dei criteri suddetti renda opportuna la determinazione di limiti diversi, provvedendo, comunque, alla relativa segnalazione. Gli enti proprietari della strada hanno l'obbligo di adeguare tempestivamente i limiti di velocità al venir meno delle cause che hanno indotto a disporre limiti particolari. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti può modificare i provvedimenti presi dagli enti proprietari della strada, quando siano contrari alle proprie direttive e comunque contrastanti con i criteri dettati in via generale. Lo stesso Ministro può anche disporre l'imposizione di limiti, ove non vi abbia provveduto l'ente proprietario; in caso di mancato adempimento, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti può procedere

autostrada; strada extraurbana principale; strada extraurbana secondaria; strada urbana di scorrimento; strada urbana di quartiere; strada locale.

326 La norma riguarda tutte le autostrade e dunque anche quelle a tre corsie per le quali sia intervenuto il provvedimento di elevazione del limite a 150 km/h.

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SCHEDE

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direttamente alla esecuzione delle opere necessarie, con diritto di rivalsa nei confronti dell'ente proprietario.

Dispositivi di controllo del traffico

Il DL 121/2002, successivamente modificato dal DL 151/2003, ha introdotto la possibilità, per gli organi di polizia stradale, di impiegare o installare dispositivi o mezzi tecnici di controllo del traffico, finalizzati al rilevamento a distanza delle violazioni di specifiche norme di comportamento, delle norme sui limiti di velocità e in materia di sorpasso; di tali dispositivi deve essere data informazione agli automobilisti.

I dispositivi possono essere usati: • in autostrada; • sulle strade extraurbane principali; • sulle strade extraurbane secondarie; • sulle strade urbane di scorrimento.

Nei due ultimi casi le strade, o i singoli tratti di esse, devono essere individuati con apposito decreto del prefetto, tenendo conto del tasso di incidentalità, delle condizioni strutturali, plano-altimetriche e di traffico per le quali non è possibile il fermo di un veicolo senza recare pregiudizio alla sicurezza della circolazione, alla fluidità del traffico o all'incolumità degli agenti operanti e dei soggetti controllati. La violazione deve essere documentata con sistemi fotografici, di ripresa video o con analoghi dispositivi che, nel rispetto delle esigenze correlate alla tutela della riservatezza personale, consentano di accertare, anche in tempi successivi, le modalità di svolgimento dei fatti costituenti illecito amministrativo, nonché i dati di immatricolazione del veicolo ovvero il responsabile della circolazione. Se vengono utilizzati dispositivi che consentono di accertare in modo automatico la violazione, senza la presenza o il diretto intervento degli agenti preposti, gli stessi devono essere approvati od omologati. Nel caso di utilizzo dei dispositivi di controllo del traffico finalizzati al rilevamento a distanza, non vi è l’obbligo di contestazione immediata della violazione.

Uso di apparecchi durante la guida

L’articolo 2 del DL 121/2002 , attraverso un’integrazione all’articolo 173 del codice della strada, ha introdotto la possibilità di usare durante la marcia – oltre agli apparecchi a viva voce - apparecchiature telefoniche dotate di auricolare che non comportino per il loro funzionamento l’uso delle mani, purché il conducente abbia adeguata capacità uditiva ad entrambe le orecchie, fermo restando il divieto generale per il conducente di far uso durante la marcia di apparecchi radiotelefonici o di usare cuffie sonore. Tale divieto non opera per i conducenti

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dei veicoli delle Forze armate e del Corpo di polizia, nonché per i conducenti dei veicoli adibiti ai servizi delle strade, delle autostrade ed al trasporto di persone in conto terzi.

Dispositivi di illuminazione dei veicoli

La disciplina vigente sui dispositivi di segnalazione visiva (art. 152 del codice della strada) - frutto di diversi interventi (d.lgs. 9/2002, DL 121/2002 e DL 151/2003) - prevede l’obbligo per i veicoli a motore, di usare, fuori dai centri abitati e durante la marcia, luci di posizione, proiettori anabbaglianti e, se prescritte, luci della targa e luci d'ingombro.

A tale obbligo possono derogare i veicoli di interesse storico o collezionistico iscritti nei registri ASI, Storico Lancia, Italiano FIAT, Italiano Alfa Romeo, Storico FMI.

In via generale, l’obbligo di tenere accesi tali dispositivi (luci di posizione, luci della targa, anabbaglianti e se prescritte le luci d’ingombro) vige:

• da mezz'ora dopo il tramonto del sole a mezz'ora prima del suo sorgere; • durante il giorno nelle seguenti circostanze:

o nelle gallerie; o in caso di nebbia; o in caso di caduta di neve, di forte pioggia; o in ogni caso di scarsa visibilità;

Salvo i casi appena citati in cui l’obbligo di utilizzo dei dispositivi è prescritto in via generale, in luogo di questi dispositivi, se il veicolo ne è dotato, possono essere utilizzate le luci di marcia diurna.

IL 151/2003 ha poi abrogato la disposizione che prevedeva l’obbligo di dispositivi di segnalazione visiva anche durante la fermata o la sosta, a meno che il veicolo fosse reso pienamente visibile dall'illuminazione pubblica o venisse collocato fuori dalla carreggiata e si trovasse sulle corsie di emergenza.

I proiettori di profondità possono essere usati fuori dei centri abitati quando l'illuminazione esterna manchi o sia insufficiente. Di giorno, in caso di nebbia, fumo, foschia, nevicata in atto, pioggia intensa, i proiettori anabbaglianti e quelli di profondità possono essere sostituiti da proiettori fendinebbia anteriori.

Dispositivi di segnalazione a veicolo fermo

L’articolo 3, comma 9, del DL 151/2003 – intervenendo sull’articolo 162 del codice della strada - ha introdotto l’obbligo, per il conducente, qualora debba scendere dal veicolo, di circolare sulla strada provvisto di giubbotto o bretelle retroriflettenti ad alta visibilità. L’obbligo sussiste anche se il veicolo si trova sulle corsie di emergenza o sulle piazzole di sosta

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La disposizione è entrata in vigore dal 1° luglio 2004327. Il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 30 dicembre 2003 ha disposto in merito alle caratteristiche tecniche dei giubbotti e delle bretelle retro-riflettenti ad alta visibilità.

Dispositivi di sicurezza per i TIR

Il DL 151/2003, intervenendo sull’articolo 72 del codice della strada, ha introdotto una disposizione - successivamente differita e modificata328 - che prescrive l’obbligo, per gli autoveicoli, i rimorchi ed i semirimorchi adibiti al trasporto di cose, nonché classificati per uso speciale o per trasporti speciali o per trasporti specifici, immatricolati in Italia con massa complessiva a pieno carico superiore a 3,5 t, di essere equipaggiati, durante la circolazione, con strisce posteriori e laterali retroriflettenti. I veicoli di nuova immatricolazione devono essere equipaggiati con tali dispositivi dal 1° aprile 2005 ed i veicoli in circolazione entro il 30 giugno 2006.

Le norme di omologazione e di installazione degli evidenziatori retroriflettenti per la segnalazione dei veicoli pesanti e lunghi e dei loro rimorchi sono state approvate con D.M. 27 dicembre 2004

Una analoga norma, sempre introdotta dal DL 151/2003 all’articolo 72 del codice della strada e anch’essa successivamente modificata e differita, ha introdotto l’obbligo, per gli autoveicoli, i rimorchi ed i semirimorchi, abilitati al trasporto di cose, di massa complessiva a pieno carico superiore a 7,5 t, di essere equipaggiati con dispositivi, di tipo omologato, atti a ridurre la nebulizzazione dell'acqua in caso di precipitazioni. La prescrizione si applica ai veicoli nuovi immatricolati in Italia a decorrere dal 1° gennaio 2007.

Cinture di sicurezza e sistemi di ritenuta

Il d.lgs. 150/2006329 ha modificato il codice della strada ampliando la platea di soggetti obbligati all’utilizzo delle cinture di sicurezza e dei sistemi di ritenuta per bambini.

In particolare, la norma intervenendo, sull’articolo 172 del codice della strada, ha introdotto l'obbligatorietà dell'uso dei sistemi di ritenuta anche per alcune categorie di utenti finora escluse, ossia conducenti e passeggeri di minibus e

327 L’originaria data di entrata in vigore, fissata dal DL 151 al 1° gennaio 2004, è stata

successivamente prorogata per effetto dell’articolo 5 del DL 355/2003. 328 La norma è stata introdotta dal DL 151/2003, successivamente modificata dalla relativa legge di

conversione, differita dall’articolo 5, comma 2, del DL 355/2003, poi sostituita dall’art. 7, D.L. 266/2004, come modificato dalla relativa legge di conversione, ed infine modificato dall’articolo 17 del D.L. 273/2005.

329 Recante attuazione della direttiva 2003/20/CE che modifica la direttiva 91/671/CEE relativa all'uso obbligatorio delle cinture di sicurezza e dei sistemi di ritenuta per i bambini nei veicoli.

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di autobus, autotrasportatori e conducenti di taxi. La norma inoltre dedica particolare attenzione alla sicurezza dei bambini, prevedendo il divieto del trasporto di minori di tre anni sui veicoli sprovvisti di un sistema di ritenuta, e la possibilità per i bambini di età superiore a tre anni di occupare un sedile anteriore solo se la statura superi il metro e mezzo. I bambini non possono essere trasportati utilizzando un seggiolino di sicurezza rivolto all'indietro su un sedile passeggeri protetto da airbag frontale, a meno che l'airbag medesimo non sia stato disattivato anche in maniera automatica adeguata.

Le nuove disposizioni prevedono, tuttavia, eccezioni all'utilizzo, per i bambini, degli idonei sistemi di ritenuta (trasporto su taxi e su autoveicoli adibiti al noleggio con conducente); inoltre è previsto un periodo transitorio nel quale è consentito il trasporto in soprannumero330.

330 La norma prevede infatti che fino all'8 maggio 2009 siano esentati dall'obbligo di utilizzare

sistemi di ritenuta i minori di dieci anni trasportati in soprannumero sui posti posteriori delle autovetture e degli autoveicoli adibiti al trasporto promiscuo di persone e cose, a condizione che siano accompagnati da almeno un passeggero di età non inferiore a sedici anni.

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TRASPORTO PUBBLICO LOCALE – IL NUOVO TITOLO V

Il nuovo quadro costituzionale

La materia del trasporto pubblico locale non risulta espressamente considerata dal nuovo articolo 117 della Costituzione che ha profondamente modificato i criteri di ripartizione delle competenze tra Stato, regioni e autonomie locali (v. scheda Titolo V e norme di attuazione nel dossier relativo alla Commissione Affari costituzionali): essa non figura né tra le materie rimesse alla competenza esclusiva dello Stato, di cui al secondo comma dell’articolo 117, né tra quelle di legislazione concorrente, di cui al terzo comma della disposizione costituzionale.

Per quanto concerne la disciplina dei trasporti, il nuovo art. 117 individua tra le materie di legislazione concorrente l’ambito materiale delle “grandi reti di trasporto e di navigazione” e “porti ed aeroporti civili”, non risultando altri riferimenti diretti ai trasporti, e specificamente al trasporto pubblico locale. La materia sembrerebbe, pertanto, rientrare nell’ambito della competenza residuale delle regioni richiamata dall’articolo 117, quarto comma, in virtù del quale “spetta alle Regioni la potestà legislativa con riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato”.

Peraltro, va segnalato che la materia dei trasporti presenta connessioni, sotto vari profili, con discipline che appaiono riconducibili a materie attribuite alla legislazione esclusiva dello Stato, tra le quali si ricordano in particolare “tutela della concorrenza”, per quanto attiene alle modalità di gestione e di affidamento del trasporto pubblico locale, “ordine pubblico e sicurezza”, “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”, “tutela dell’ambiente” (cfr. art. 117, secondo comma, lett. h), m), s) Cost.).

La giurisprudenza costituzionale

La Corte costituzionale con sentenza n. 222 del 2005, pronunciandosi sulla legittimità costituzionale di una disposizione della legge finanziaria 2004 recante l’istituzione di un fondo per il conseguimento dei risultati di maggiore efficienza e produttività nel settore del trasporto pubblico locale, ha precisato che la materia del trasporto pubblico locale rientra nell’ambito delle competenze residuali delle Regioni di cui al quarto comma dell’art. 117 Cost., “come reso evidente anche dal fatto che, ancor prima della riforma del Titolo V della Costituzione, il decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422 […] aveva ridisciplinato l'intero settore, conferendo alle Regioni ed agli enti locali funzioni e compiti relativi a tutti i «servizi pubblici di trasporto di interesse regionale e locale con qualsiasi modalità

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effettuati ed in qualsiasi forma affidati» ed escludendo solo i trasporti pubblici di interesse nazionale”.

Il riconoscimento espresso dell’appartenenza della materia del trasporto pubblico locale alla competenza generale delle Regioni costituisce la base da cui la Corte fa discendere una serie di argomentazioni che si muovono nell’ambito di precedenti orientamenti, in base ai quali il legislatore statale non può porsi «in contrasto con i criteri e i limiti che presiedono all’attuale sistema di autonomia finanziaria regionale, delineato dal nuovo art. 119 della Costituzione, che non consentono finanziamenti di scopo per finalità non riconducibili a funzioni di spettanza statale» (sentenza n. 423 del 2004): le eccezioni a tale divieto sono possibili solo nell’ambito e negli stretti limiti di quanto previsto negli artt. 118, primo comma, 119, quinto comma, e 117, secondo comma, lettera e), Cost. 331 (v. scheda Titolo V e giurisprudenza costituzionale nel dossier relativo alla Commissione Affari costituzionali), In secondo luogo, la Corte precisa che la disposizione della legge finanziaria oggetto di impugnazione – non potendosi ricondurre alla tipologia di intervento a sostegno della finanza regionale o locale previsto dal quinto comma dell’articolo 119, non essendo predeterminato alcun intervento speciale, né individuato alcun particolare ente destinatario332 – trova giustificazione in quanto “nella perdurante situazione di mancata attuazione delle prescrizioni costituzionali in tema di garanzia dell’autonomia finanziaria di entrata e di spesa delle Regioni e degli enti locali, e del vigente finanziamento statale nel settore del trasporto pubblico locale, la disciplina di riferimento è contenuta nel citato art. 20 del D.Lgs. n. 422 del 1997, il cui comma 5 stabilisce le modalità di trasferimento delle risorse erogate dallo Stato.”, con il quale presenta analogie il meccanismo di finanziamento del fondo oggetto di giudizio.

La Corte, in sostanza, partendo dall’assunto dell’impossibilità di sopprimere semplicemente, senza sostituirli, gli spazi di autonomia già riconosciuti dalle leggi statali in vigore alle Regioni e agli enti locali, giustifica la disposizione della legge finanziaria, che dichiara illegittima sul piano costituzionale solo nella parte in cui prevede che la dotazione del fondo venga ripartita «con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281», anziché stabilire che tale decreto sia adottato previa intesa con la Conferenza stessa: trattandosi di

331 Su tale profilo la Corte costituzionale si è pronunciata in più occasioni (cfr sentenze numeri 160

e 77 del 2005, 320 e 49 del 2004, nonché n. 16 del 2004 e n. 370 del 2003). 332 Il quinto comma dell’art. 119 Cost. autorizza – sempre secondo la costante giurisprudenza della

Corte costituzionale richiamata nella sentenza sopra citata - lo Stato, per conseguire le molteplici finalità ivi espressamente indicate, ad attuare due specifiche e tipizzate forme di intervento finanziario nelle materie di competenza delle Regioni e degli enti locali: o l’erogazione di risorse aggiuntive rispetto alla ordinaria autonomia finanziaria regionale o locale (modalità questa, però, che presuppone che lo Stato abbia dato previa attuazione legislativa a quanto previsto dai primi quattro commi dell’art. 119, così garantendo a Regioni, Province e Comuni che le loro entrate finanzino «integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite»); oppure la realizzazione di «interventi speciali» «in favore di: determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni» (cfr. sentenza n. 16 del 2004).

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finanziamento che interviene in un ambito di competenza regionale, la necessità di assicurare il rispetto delle attribuzioni costituzionalmente riconosciute alle Regioni impone di prevedere che queste ultime siano pienamente coinvolte nei processi decisionali concernenti il riparto dei fondi333.

Peraltro, se la Corte costituzionale nella sentenza n. 222 del 2005 riconosce espressamente la competenza generale delle Regioni in materia di trasporto pubblico locale, nella sentenza n. 272 del 2004 - pronunciandosi, tra l’altro, sulla legittimità costituzionale dell’articolo 14 del DL 269/2003 che ha modificato l’articolo 113 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, relativo ai servizi pubblici locali334 (v. capitoli Il Trasporto pubblico locale e Disciplina dei servizi pubblici locali nel dossier relativo alla Commissione Affari costituzionali) – ha ricondotto l’ambito delle modalità di gestione delle gare e di affidamento dei servizi pubblici locali, nonché della disciplina transitoria, all’ambito materiale della “tutela della concorrenza” affidato alla competenza esclusiva dello Stato. Nella sentenza la Corte precisa che “non appaiono censurabili tutte quelle norme impugnate che garantiscono, in forme adeguate e proporzionate, la più ampia libertà di concorrenza nell'ambito di rapporti - come quelli relativi al regime delle gare o delle modalità di gestione e conferimento dei servizi - i quali per la loro diretta incidenza sul mercato appaiono più meritevoli di essere preservati da pratiche anticoncorrenziali. Alle stesse finalità garantistiche della concorrenza appare ispirata anche la disciplina transitoria, che, in modo non irragionevole, stabilisce i casi di cessazione delle concessioni già assentite in relazione all'effettuazione di procedure ad evidenza pubblica e al tipo di società affidataria del servizio”.

Secondo la Corte, non risulta condivisibile la prospettazione, secondo cui la disciplina dei servizi pubblici locali, incidendo su situazioni di non concorrenzialità del mercato per la presenza di diffuse condizioni di monopolio naturale e riguardando interventi propriamente di “promozione” e non già di “tutela” della concorrenza, sarebbe estraneo, in quanto tale, all'ambito della potestà legislativa esclusiva dello Stato e pertinente invece alla competenza regionale in tema di servizi pubblici locali. La tutela della concorrenza – secondo quanto dichiarato dalla stessa Corte costituzionale nella sentenza n. 14 del 2004 e ripreso nella sentenza in questione - “non può essere intesa soltanto in senso statico, come garanzia di interventi di regolazione e ripristino di un equilibrio perduto, ma anche in quell'accezione dinamica, ben nota al diritto comunitario, che giustifica misure pubbliche volte a ridurre squilibri, a favorire le condizioni di un sufficiente sviluppo del mercato o ad instaurare assetti concorrenziali” (sentenza n. 14 del 2004). In altri termini, la tutela della concorrenza riguarda nel loro complesso i rapporti

333 Sul punto la Corte costituzionale richiama nella sentenza sopra illustrata le sentenze numeri 49

e 16 del 2004. 334 Categoria all’interno della quale sicuramente è ricompreso il trasporto pubblico locale.

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concorrenziali sul mercato e non esclude perciò anche interventi promozionali dello Stato.

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LE AUTORITÀ PORTUALI

Le Autorità portuali, istituite dalla legge n. 84 del 1994335 sono chiamate, ai sensi dell'articolo 6 della legge medesima, a svolgere attività di indirizzo, programmazione, coordinamento e controllo delle operazioni portuali e delle altre attività commerciali e industriali esercitate nei porti, con poteri di regolamentazione e ordinanza anche in riferimento alla sicurezza; spettano alle autorità inoltre la manutenzione ordinaria e straordinaria delle parti comuni, l'affidamento e il controllo delle attività dirette alla fornitura a titolo oneroso agli utenti di servizi di interesse generale.

Nella XIV legislatura il dibattito relativo al settore portuale si è concentrato sulla problematica relativa alla nomina dei presidenti e degli organi delle Autorità portuali e su quella concernente l’autonomia finanziaria delle stesse e gli investimenti nel settore portuale (v. capitolo Il settore portuale)336.

La nomina dei presidenti delle Autorità portuali

La disciplina del procedimento di nomina dei presidenti delle Autorità portuali337 è dettata dall’articolo 8 della legge 84/94, modificato dall'articolo 6 del decreto-legge n. 136/2004.

Il comma 1 dell’articolo 8 prevede che il presidente dell’Autorità portuale debba essere nominato, previa intesa con la regione interessata, con decreto ministeriale, nell’ambito di una terna di esperti di massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell’economia dei trasporti e portuale, designati rispettivamente dalla provincia, dai comuni e dalle camere di

335 Recante Riordino della legislazione in materia portuale. La legge ha previsto l'istituzione delle

Autorità portuali negli scali già sede di ente o consorzio portuale (Bari, Brindisi, Civitavecchia, Genova, Napoli, Palermo, Savona, Trieste e Venezia), nonché nei porti di Ancona, Cagliari, Catania, La Spezia, Livorno, Marina di Carrara, Messina, Ravenna e Taranto. La legge ha inoltre previsto la possibilità di istituire nuove Autorità in porti con un significativo traffico di merci, nonché nei porti di Olbia, Piombino e Salerno (a decorrere dal 1° gennaio 1995). Successivamente sono state istituite le autorità portuali di Piombino (DPR 20 marzo 1996), di Gioia Tauro (D.P.R. 18 luglio 1998), di Salerno (DPR 23 giugno 2000), di Olbia e Golfo Aranci (D.P.R. 29 dicembre 2000), di Augusta (D.P.R. 12 aprile 2001), di Trapani (D.P.R. 2 aprile 2003), di Manfredonia (articolo 4, comma 65 della legge 350/2003). Circa l’impostazione generale della legge n. 84 del 1994, v. capitolo Il settore portuale

336 La IX Commissione (Trasporti, poste e telecomunicazioni) della Camera è intervenuta – in sede di parere al Governo - sulla nomina dei presidenti delle Autorità portuali di Bari, Civitavecchia, Gioia Tauro, Brindisi, Cagliari, Messina, Augusta, Marina di Carrara, Ravenna, Genova, Catania, Venezia, Trieste, Savona, Palermo, Ancona, Napoli, La Spezia, Salerno, Taranto, Olbia e Golfo Aranci, Piombino, Livorno, Trapani. Tra tali Autorità, risultano commissariate quelle di Bari, Civitavecchia, Livorno e Taranto. Sull’autorità portuale di Trieste, vedi infra.

337 Il presidente dell'Autorità portuale – ai sensi dei commi 2, 2-bis e 3 dell'articolo 8 – è titolare di funzioni quali la predisposizione del piano operativo triennale, del piano regolatore portuale, il coordinamento delle attività svolte nel porto dalle pubbliche amministrazioni, nonché il coordinamento e il controllo delle attività soggette ad autorizzazione e concessione, e dei servizi portuali; l’amministrazione delle aree e dei beni del demanio marittimo compresi nell'ambito della circoscrizione territoriale, sulla base delle disposizioni di legge in materia.

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commercio competenti sul territorio. La terna è comunicata al Ministro dei trasporti tre mesi prima della scadenza del mandato. Il Ministro, con atto motivato, può chiedere di comunicare entro trenta giorni dalla richiesta una seconda terna di candidati nell’ambito della quale effettuare la nomina. Qualora non pervenga nei termini alcuna designazione, il Ministro nomina il presidente, previa intesa con la regione interessata, comunque tra personalità che risultano esperte e di massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell'economia dei trasporti e portuale.

Prima dell’emanazione del DL 136/2004338 che ha introdotto il comma 1-bis

(vedi infra), la regione Friuli-Venezia Giulia ha approvato una legge (legge regionale 24 maggio 2004, n. 17, recante Riordino normativo dell'anno 2004 per il settore degli affari istituzionali, entrata in vigore in data 26 maggio 2004) inserendo in essa una disposizione che ha ridefinito la procedura di nomina del presidente dell’Autorità portuale di Trieste, attribuendo sostanzialmente al presidente della regione, che tra l’altro promuove l’intesa con il Ministro, il potere di nomina del Presidente dell'Autorità portuale (sia pure a seguito di una procedura di concertazione più ampia, che coinvolge anche gli enti locali)339.

Il comma 1-bis dell’articolo 8 della legge n. 84/94 – introdotto dall’articolo 6 del DL 136/2004 - prevede espressamente una procedura volta a superare il mancato raggiungimento dell’intesa con la regione interessata attraverso una disposizione volta ad evitare il ricorso alla nomina di commissari straordinari nel caso in cui l’intesa non venga raggiunta. La disposizione è stata oggetto di approfondito esame da parte delle Commissioni parlamentari, che hanno proposto modifiche al testo originario dell’articolo 6 del decreto-legge n. 136, in particolare affidando un ruolo rilevante al presidente della Giunta regionale.

Secondo il testo originario del decreto legge, una volta esperite le procedure già stabilite dall’articolo 8, comma 1, della legge n. 84 del 94 “qualora entro trenta giorni non si raggiunga l'intesa con la regione interessata, il ministro può chiedere al Presidente del Consiglio dei ministri di sottoporre la questione al Consiglio dei ministri, che provvede con deliberazione motivata”.

338 Decreto legge 28 maggio 2004, n. 136 recante Disposizioni urgenti per garantire la funzionalità

di taluni settori della pubblica amministrazione, convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1 della legge 27 luglio 2004, n. 186.

339 Contro la legge regionale del Friuli-Venezia Giulia è stato deliberato un ricorso per legittimità costituzionale dal Consiglio dei ministri in data 3 giugno 2004, con il quale si lamentava che la disposizione di cui all’art. 9, co. 2 e 3 della legge eccedesse la competenza legislativa regionale, poiché la materia dei porti non è attribuita dallo Statuto alla potestà legislativa regionale e l’articolo 117, terzo comma, della Costituzione - applicabile alla Regione Friuli-Venezia Giulia in base all’articolo 10 della legge costituzionale n. 3/2001 (v. capitolo Rapporti Stato-autonomie territoriali nel dossier relativo alla Commissione Affari costituzionalil) - attribuisce alla regione la competenza legislativa concorrente; pertanto, in tale contesto l’art. 8 della legge 84/1994 doveva considerarsi norma di principio, non derogabile dalla regione. Su tale ricorso, la Corte costituzionale ha deciso con sentenza n. 378 del 2005 (vedi infra).

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La formulazione infine approvata del comma 1-bis dell'articolo 8 prevede che esperite “le procedure di cui al comma 1, qualora entro trenta giorni non si raggiunga l'intesa con la regione interessata, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti indica il prescelto nell'àmbito di una terna formulata a tale fine dal presidente della giunta regionale, tenendo conto anche delle indicazioni degli enti locali e delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura interessati. Ove il presidente della giunta regionale non provveda alla indicazione della terna entro trenta giorni dalla richiesta allo scopo indirizzatagli dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, questi chiede al Presidente del Consiglio dei Ministri di sottoporre la questione al Consiglio dei Ministri, che provvede con deliberazione motivata”340.

Il testo originario del decreto legge 136/2004 sopra riportato ha trovato concreta applicazione unicamente per la nomina del presidente dell'Autorità portuale di Trieste, avvenuta nel corso dei lavori parlamentari di conversione dello stesso decreto legge.

Al riguardo, la regione Friuli Venezia Giulia ha presentato alla Corte costituzionale sia un ricorso in via principale avverso l'art. 6 del decreto-legge n. 136 del 2004 e la legge di conversione n. 186 del 2004 sia un ricorso per conflitto di attribuzioni avverso il decreto 15 luglio 2004 di nomina del Presidente dell'Autorità portuale di Trieste, adottato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti con deliberazione 3 giugno 2004 del Consiglio dei ministri.

340 Nella fase successiva all’approvazione del decreto-legge, la riflessione si è concentrata per lo

più sulla corretta applicazione della nuova disciplina, e su eventuali elementi di ambiguità che ancora possono presentare le relative norme. A tale riguardo, si ricorda che il Consiglio di Stato – con parere n. 89/2005 - ha segnalato che, sia nel caso in cui la regione sia rimasta silente, sia nel caso in cui la stessa regione abbia provveduto ad esternare la propria terna, il Ministro, nell'esercizio del suo potere di nomina, potrà discrezionalmente avvalersi anche («tenendo conto») delle proposte degli enti locali; nel caso di terna regionale le indicazioni degli enti locali potranno costituire parametro, seppure non vincolante, di scelta ministeriale. Il Consiglio di Stato ha altresì precisato, in primo luogo, che dall’evidente finalità acceleratoria perseguita dalla novella del 2004 sembra potersi desumere la preclusione della facoltà di chiedere una seconda terna di candidati, anche laddove il Ministro non ritenga alcuno dei tre designati dalla regione idoneo a ricoprire l'incarico, in secondo luogo, che il potere di investire della “questione” il Consiglio dei ministri presuppone solo l'ipotesi omissiva, non anche quella di dissenso tra Ministro e regione. Peraltro, con riferimento all’ipotesi in cui alcuni dei soggetti della terna indicati dal Presidente della Giunta regionale risultino soggetti a situazioni di incompatibilità “non rimovibili”, il Consiglio di Stato nel parere n. 302 espresso nell’adunanza della II sezione del 16 marzo 2005 ha precisato che la questione della possibilità di integrazione della terna mediante la sostituzione dei nominativi ritenuti incompatibili dal Ministero con altri candidati deve essere risolta alla stregua del superiore principio di leale collaborazione. Il Consiglio di Stato ha così chiarito che “In presenza di tale adempimento (comunicazione della terna da parte del Presidente della Giunta regionale) ben potrebbe il Ministro, ispirandosi al principio di leale collaborazione (nonché a quello della conservazione degli atti solo parzialmente invalidi), scegliere all’interno degli altri due nomi della terna che non presentino preclusioni, ovvero richiedere egli stesso modificazioni della terna per motivate ragioni di evidente e non rimovibile incompatibilità” e che “In caso di assenza di richieste da parte del Ministro, ove l’irregolarità dovesse essere riscontrata dalla Regione proponente, l’attuazione del principio di leale collaborazione dovrebbe poter giustificare, dietro ampia e in presenza di circostanze oggettive, anche un intervento correttivo diretto da parte della Regione”.

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Sul ricorso in via principale341 – riunito all’analogo ricorso presentato dal Consiglio dei ministri avverso la citata legge regionale del Friuli Venezia Giulia n. 17/2004 (vedi supra) – la Corte costituzionale si è pronunciata con sentenza n. 378 del 28 settembre - 7ottobre 2005. In tale pronuncia la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della sopra citata legge regionale del Friuli Venezia Giulia nonché dell’articolo 6 del decreto-legge n. 136 del 2004 nel testo precedente alle modifiche intervenute in sede di conversione, nonché dell’articolo 1, comma 2, della relativa legge di conversione (n. 186 del 2004) che ha fatto salvi gli atti compiuti ai sensi dell’articolo 6 del decreto-legge (tra i quali la nomina del Presidente dell’Autorità portuale di Trieste, disposta – come evidenziato - in pendenza di conversione del decreto-legge).

Nella motivazione della sentenza, la Corte Costituzionale evidenzia, in particolare, come nella fattispecie contemplata dall’articolo 6 del decreto-legge “il meccanismo escogitato per superare la situazione di paralisi determinata dal mancato raggiungimento dell’intesa è tale da svilire il potere di codeterminazione riconosciuto alla Regione, dal momento che la mera previsione della possibilità per il Ministro di far prevalere il suo punto di vista, ottenendone l’avallo dal Consiglio dei Ministri, è tale da rendere quanto mai debole, fin dall’inizio del procedimento, la posizione della Regione che non condivide l’opinione del Ministro e da incidere sull’effettività del potere di codeterminazione”.

Occorre, comunque, precisare che la Corte nella stessa sentenza n. 378 del 2005 ha inoltre dichiarato “non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 6 del decreto-legge n. 136 del 2004, come modificato dalla legge n. 186 del 2004, sollevata in riferimento agli articoli 117, comma terzo, e 118 della Costituzione dalla regione Friuli Venezia Giulia con proprio ricorso”. Sul punto, la Consulta – richiamando le argomentazioni addotte per dichiarare l’illegittimità costituzionale della sopra citata legge regionale del Friuli Venezia Giulia - ha in primo luogo precisato che “l'esigenza di leale cooperazione, insita nell'intesa, non esclude a priori la possibilità di meccanismi idonei a superare l'ostacolo che, alla conclusione del procedimento, oppone il mancato raggiungimento di un accordo sul contenuto del provvedimento da adottare; […..] Tali meccanismi, quale che ne sia la concreta configurazione, debbono in ogni caso essere rispettosi delle esigenze insite nella scelta, operata dal legislatore costituzionale, con il disciplinare la competenza legislativa in quella data materia: e pertanto deve

341 Sul ricorso per conflitto di attribuzione avverso il decreto di nomina del Presidente dell’Autorità

portuale di Trieste, la Corte costituzionale si è pronunciata con sentenza n. 386 del 2005, dichiarandone l’inammissibilità. La Corte muove dal presupposto oggettivo che le modalità di esercizio del potere di nomina, ritenute lesive delle attribuzioni regionali, sono prescritte dalla norma censurata di illegittimità costituzionale, in via principale, e pertanto, a tale norma – e non già, autonomamente, al provvedimento di nomina – è imputabile, come effetto derivato dalla sua illegittimità costituzionale, la lamentata menomazione delle attribuzioni regionali: donde l'inammissibilità del conflitto in quanto sollevato nei confronti di provvedimento meramente attuativo di una norma assoggettabile, e di fatto assoggettata, a giudizio di legittimità costituzionale in via principale.

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trattarsi di meccanismi che non stravolgano il criterio per cui alla legge statale compete fissare i principî fondamentali della materia; che non declassino l'attività di codeterminazione connessa all'intesa in una mera attività consultiva; che prevedano l'allocazione delle funzioni amministrative nel rispetto dei principî di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza di cui all'art. 118 Cost”. Sulla base di tali premesse la Corte ha specificato che “la scelta, operata dal legislatore statale nel 1994, di coinvolgere la Regione nel procedimento di nomina del Presidente costituisce riconoscimento del ruolo del porto nell'economia regionale e, prima ancora, locale (…..)” e che “ la scelta del legislatore costituente del 2001 - di inserire la materia "porti e aeroporti civili" nel terzo comma dell'art. 117 Cost. - non può essere intesa quale "declassamento" degli interessi dell'intera comunità nazionale connessi all'attività dei più importanti porti: interessi, anche questi, la cui cura è, con la vastità dei compiti assegnatigli ed il ruolo riconosciutogli, affidata in primo luogo al Presidente, e pertanto la sua nomina, come era attribuita al Ministro dalla legge generale del 1994, così resta a lui attribuita dalla medesima legge-quadro che ancora oggi governa la materia”. La Corte conclude precisando che “l'originaria previsione in tema di potere di nomina si coordina con l'insieme della legge contribuendo, quale sua organica articolazione, all'equilibrio che essa realizza tra istanze centrali, regionali e locali; sicché tale previsione continua a costituire principio fondamentale della materia, alla pari delle altre sulla composizione degli organi e sui loro compiti e poteri”.

Sulla procedura di nomina dei presidenti delle autorità portuali è intervenuto, da ultimo, l’articolo 24 del DL 4/2006342 - successivamente soppresso dalla legge di conversione del decreto medesimo – che ha introdotto all’articolo 8 della legge 84/94 un comma prima del comma 1-bis, a norma del quale il Governo promuove, in sede di Conferenza unificata, un’intesa con le regioni, le province autonome e le autonomie locali, finalizzata a definire le procedure di individuazione dei candidati da inserire nella terna degli esperti prevista al comma 1, nonché ad individuare un iter procedimentale per il raggiungimento dell’intesa tra il Ministro e la regione interessata necessaria per la nomina del Presidente, in un ottica di leale collaborazione tra organi dello Stato.

Autonomia finanziaria e investimenti

Nel dibattito parlamentare ha avuto particolare attenzione anche il tema del riconoscimento in capo alle autorità portuali di una piena ed effettiva autonomia finanziaria.

Attualmente, le autorità portuali hanno entrate proprie costituite dalle tasse portuali (corrispettivo dei servizi generali prestati all'utenza), nonché dai canoni

342 Decreto legge 10 gennaio 2006 n. 4 recante Misure urgenti in materia di organizzazione e

funzionamento della pubblica amministrazione, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 9 marzo 2006, n. 80 (

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dovuti dalle imprese per le autorizzazioni e le concessioni demaniali loro rilasciate (le autorità hanno piena discrezionalità nel graduare e stabilire l'entità di questi canoni).

A tale disponibilità le Autorità chiedono di poter aggiungere una piena, diretta ed effettiva partecipazione alle entrate tributarie di ogni natura (diritti doganali, IVA, eccetera) che maturano in ciascun porto, considerando tale forma di autonomia finanziaria come il solo strumento adeguato per completare il processo di riforma avviato con la legge n. 84 del 1994.343.

Ampia attenzione è stata dedicata al tema dell'autonomia finanziaria delle Autorità portuali anche nel corso dell’indagine conoscitiva sull’assetto del settore portuale svolta dalla IX Commissione (Trasporti, poste e telecomunicazioni) (vedi capitolo Il settore portuale) da cui è emerso come la piena responsabilizzazione per la gestione delle risorse sia da ritenere elemento determinante per una più rapida realizzazione degli interventi infrastrutturali: l'autonomia finanziaria consentirebbe a ciascuna autorità portuale, anche nel medio-lungo periodo, di contare sulla certezza e sulla continuità dei flussi finanziari e, quindi, di calibrare la programmazione degli investimenti infrastrutturali.

Quanto a quest’ultimi, si ricorda che l'articolo 9 della legge n. 413 del 1998, al fine di una concreta riqualificazione del sistema portuale italiano, aveva previsto la predisposizione da parte del Ministro dei trasporti e della navigazione (ora Ministro delle infrastrutture e dei trasporti) di un programma straordinario di investimenti344, attuato dalle autorità portuali che hanno provveduto alla progettazione ed all'affidamento dei relativi lavori definiti prioritari con decreto del Ministro dei trasporti sulla base delle indicazioni fornite da un'apposita commissione interministeriale formata da rappresentati dei ministeri dei Trasporti e della navigazione, dei Lavori pubblici, del Tesoro, nonché da rappresentanti delle regioni.

Il programma è stato successivamente rifinanziato dalle leggi finanziarie per il 2000 e per il 2001345 e, da ultimo, dall’articolo 36 della legge 166/2002 (collegato infrastrutture)346. 343 Si ricorda che il tema era stato affrontato del Parlamento già con l'articolo 100 della legge 21

novembre 2000, n. 342 – peraltro mai attuato – con cui si autorizzava il Governo ad emanare un regolamento volto a riformare il sistema delle tasse e dei diritti marittimi, sulla base di criteri direttivi tra cui la definizione della quota da attribuire al bilancio delle autorità portuali anche al fine di fare fronte ai compiti di manutenzione ordinaria e straordinaria delle parti comuni nell'àmbito portuale, ivi compresa quella per il mantenimento dei fondali e l’individuazione di un sistema di autonomia finanziaria delle autorità portuali, fermi restando i controlli contabili e amministrativi previsti dall'ordinamento vigente per il finanziamento delle opere infrastrutturali contenute nei piani regolatori e nei piani operativi triennali approvati dai Ministri vigilanti.

344 Il citato articolo 9 della legge n. 413 del 1998 ha previsto per le predette finalità uno stanziamento di 1.500 miliardi (cento miliardi in limiti di impegno quindicennali)

345 Leggi 23 dicembre 1999, n. 488 (legge finanziaria per il 2000) e 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria per il 2001). Le due leggi hanno rifinanziato l’ articolo 9 della legge n. 413 del 1998, rispettivamente per 1.290 miliardi di lire (86 miliardi in limiti di impegno quindicennali di cui quota parte da riservare alle autostrade del mare) e per 1.125 miliardi di lire (75 miliardi sempre in limiti di impegno quindicennali). La ripartizione dei fondi è avvenuta (DM 2 maggio 2001) sotto forma di finanziamento da parte del Ministero dei piani triennali delle opere da

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Un impatto di rilievo sulle investimenti delle Autorità portuali hanno avuto da ultimo le previsioni dell'articolo 1, comma 57 ,della legge finanziaria per il 2005347, che hanno introdotto specifici limiti di spesa per tutti gli enti pubblici non territoriali, ivi incluse le Autorità portuali. La disposizione ha previsto infatti che gli enti pubblici non territoriali possano incrementare per l'anno 2005 le proprie spese, al netto delle spese di personale, in misura non superiore all'ammontare delle spese dell'anno 2003 incrementato del 4,5 per cento; per gli anni 2006 e 2007 è stata prevista la percentuale di incremento del 2 per cento alle corrispondenti spese determinate per l'anno precedente.

A parziale revisione della disposizione introdotta dalla legge finanziaria per il 2005, sono intervenute due disposizioni. L'articolo 14-ter del DL 115/2005348 ha disposto - per l’anno 2005 - l'esclusione dalla citata limitazione dell’incremento di spesa, delle spese di investimento effettuate dalle Autorità portuali istituite a decorrere dall'anno 2001 e i cui organi rappresentativi siano stati nominati a decorrere dall'anno 2003. Successivamente, l’articolo 34-septies del DL 4/2006349 ha esteso agli anni 2006 e 2007 – nei limiti di 30 milioni di euro per ciascun anno - la deroga alla limitazione dell’incremento di spesa per le Autorità portuali istituite ai sensi della legge 84/94.

realizzare a cura delle autorità portuali, previsti dalla legge quadro sui lavori pubblici (v. capitolo La riforma della “legge Merloni”), e non già con la indicazione delle singole opere.

346 L’ articolo 36, comma 2. ha autorizzato ulteriori limiti di impegno quindicennali di 34.000.000 di euro per l'anno 2003 e di 64.000.000 di euro per l'anno 2004 finalizzate prevalentemente al proseguimento del programma di ammodernamento e riqualificazione delle infrastrutture portuali di cui all'articolo 9, comma 1, della legge 413/1998.

347 Legge 30 dicembre 2004, n. 311 348 D.L. 30 giugno 2005, n. 115 recante Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalità di settori

della pubblica amministrazione 349 D.L. 10 gennaio 2006, n. 4 recante Misure urgenti in materia di organizzazione e funzionamento

della pubblica amministrazione , convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 9 marzo 2006, n. 80.

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Questioni all’esame dell’Unione europea (a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea)

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QUESTIONI ALL’ESAME DELLE ISTITUZIONI DELL’UNIONE EUROPEA

Il Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa

Il Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, firmato a Roma il 29 ottobre 2004, riunisce tutte le disposizioni contenute nei differenti Trattati e protocolli vigenti in un unico testo composto da:

• Preambolo; • Parte I, che contiene le norme propriamente costituzionali, nonché le

disposizioni generali per la politica estera, di sicurezza e di difesa e per lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia;

• Parte II, che contiene la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea;

• Parte III, relativa alle politiche dell'Unione; • Parte IV, recante le disposizioni generali e finali, • Protocolli e dichiarazioni allegati al Trattato.

Il Trattato è stato fino ad ora ratificato da 14 Stati membri: Austria, Belgio, Cipro, Germania, Grecia, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Slovacchia, Slovenia, Spagna ed Ungheria.

A seguito dell’esito negativo dei referendum sulla ratifica del Trattato costituzionale in Francia e nei Paesi Bassi, i Capi di Stato e di governo hanno adottato, al Consiglio europeo del 16 e 17 giugno 2005, una dichiarazione che prende atto dei risultati dei referendum in Francia e nei Paesi Bassi e, pur sottolineando che tali risultati non rimettono in discussione l’interesse dei cittadini per la costruzione dell’Europa, riconosce la necessità di svolgere una riflessione comune. Si invita a promuovere in questo periodo di riflessione un ampio dibattito che coinvolga cittadini, parti sociali, Parlamenti nazionali e partiti politici.

La dichiarazione ribadisce la validità della prosecuzione dei processi di ratifica, prevedendo altresì un eventuale adeguamento del loro calendario in relazione agli sviluppi nei vari Stati membri. Il Consiglio europeo del 15 e 16 giugno 2006 dovrebbe procedere ad una valutazione globale dei dibattiti nazionali e decidere sul seguito del processo.

Tra le novità introdotte dal Trattato si segnala in particolare: • l’inserimento della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,

proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000, nel testo del Trattato come sua Parte II;

• il conferimento della personalità giuridica all’Unione europea e l’eliminazione della struttura a “pilastri” (Comunità europea; politica estera e di sicurezza comune; cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale) in cui si articola attualmente l’Unione;

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QUESTIONI ALL’ESAME DELLE ISTITUZIONI DELL’UNIONE EUROPEA

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• la generalizzazione della procedura legislativa ordinaria, modellata sull’attuale procedura di codecisione di Parlamento europeo e Consiglio;

• l’elezione di un Presidente del Consiglio europeo con un mandato di due anni e mezzo rinnovabile, con il compito in particolare di assicurare la rappresentanza esterna dell’Unione;

• la modifica (a partire dal 2014) del numero dei membri della Commissione europea, fissato ai due terzi degli Stati membri;

• l’istituzione del Ministro per gli affari esteri dell’Unione, con il compito di guidare la politica estera e di sicurezza comune dell’Unione;

• il superamento (a partire dal 2009) dell’attuale sistema di voto ponderato, con un sistema che si fonda sul principio della doppia maggioranza del 55% degli Stati membri dell’Unione – con un minimo di 15 - che rappresentino almeno il 65% della popolazione;

• la ripartizione delle competenze tra Unione europea e Stati membri in competenze esclusive, per le quali l'Unione è l'unica a poter legiferare e adottare atti giuridicamente obbligatori; competenze concorrenti, per le quali sia l'Unione, sia gli Stati membri hanno la facoltà di legiferare; e azioni di sostegno, di coordinamento o di completamento, per le quali l’Unione può condurre azioni che completano l’azione degli Stati membri;

• la semplificazione (da quindici a sei) degli atti giuridici dell’Unione, con una distinzione tra atti legislativi, atti non legislativi ed atti esecutivi e l’introduzione del nuovo strumento dei regolamenti delegati;

• il rafforzamento del ruolo dei Parlamenti nazionali, in particolare attraverso la possibilità per ciascun Parlamento nazionale di sollevare obiezioni sulla corretta applicazione del principio di sussidiarietà in relazione alle proposte legislative della Commissione;

• l’introduzione dell’iniziativa legislativa popolare: un milione di cittadini europei, provenienti da un rilevante numero di Stati membri possono invitare la Commissione a presentare una proposta legislativa.

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QUESTIONI ALL’ESAME DELLE ISTITUZIONI DELL’UNIONE EUROPEA

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Lo stato delle ratifiche del Trattato

STATO MEMBRO

PROCEDURA DI RATIFICA DATA DI SVOLGIMENTO

DELL’EVENTUALE REFERENDUM

AUSTRIA Il Trattato è stato approvato dal Nationalrat l’11 maggio 2005 e dal Bundesrat il 25 maggio 2005.

BELGIO Il Trattato è stato ratificato sia dal Parlamento nazionale sia dalle sette Assemblee regionali. La procedura si è conclusa con la pronuncia della Comunità fiamminga l’8 febbraio 2006.

CIPRO Il Parlamento della Repubblica di Cipro ha ratificato il Trattato il 30 giugno 2005.

DANIMARCA La ratifica è prevista con referendum popolare giuridicamente vincolante. Il Governo danese e i partiti favorevoli alla Costituzione europea hanno deciso il 23 giugno 2005 la sospensione del processo di ratifica, rinviando a data da definire il referendum.

Il referendum è stato sospeso

ESTONIA La ratifica avverrà per via parlamentare. L’esame è stato avviato ai primi di febbraio 2006.

FINLANDIA La ratifica dovrebbe avvenire per via parlamentare. E’ richiesta la maggioranza semplice del Parlamento monocamerale, o la maggioranza di 2/3 qualora si ritenga che il Trattato implica modifiche alla Costituzione (tale valutazione non risulta ancora effettuata). Il Governo ha deciso di sospendere il processo di ratifica.

FRANCIA La ratifica del Trattato costituzionale è stata sottoposta referendum popolare il 29 maggio 2005. Su un totale di partecipanti pari al 69,34% degli aventi diritto al voto, il 54,68% ha votato no ed il 45,32% ha votato sì.

29 maggio 2005

GERMANIA Il disegno di legge di ratifica è stato approvato dal Bundestag il 12 maggio 2005. Il 27 maggio 2005 è stato approvato dal Bundesrat.

GRECIA Il Parlamento greco ha ratificato il Trattato il 19 aprile 2005

IRLANDA La Costituzione prevede due fasi: il referendum popolare e, a seguire, la ratifica parlamentare. Il Governo ha deciso di sospendere il processo di ratifica.

Il referendum è stato sospeso

ITALIA La Camera dei deputati ha approvato il disegno di legge di ratifica del Trattato il 25 gennaio 2005 (436 voti favorevoli, 28 voti contrari e 5 astensioni). Il Senato della Repubblica ha approvato definitivamente il disegno di legge di ratifica il 6 aprile 2005 (217 voti favorevoli, 16 contrari e nessun astenuto).

LETTONIA Il Parlamento lettone ha ratificato il Trattato il 2 giugno 2005.

Paesi che hanno ratificato il Trattato Paesi che non hanno ancora ratificato il Trattato Paesi che hanno respinto la ratifica del Trattato

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QUESTIONI ALL’ESAME DELLE ISTITUZIONI DELL’UNIONE EUROPEA

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STATO MEMBRO

PROCEDURA DI RATIFICA DATA DI SVOLGIMENTO

DELL’EVENTUALE REFERENDUM

LITUANIA Il Parlamento ha ratificato il Trattato l’11 novembre 2004.

LUSSEMBURGO Il Parlamento ha ratificato il Trattato in prima lettura il 29 giugno 2005 e in seconda il 25 ottobre 2005. Il 10 luglio 2005 si è svolto un referendum popolare consultivo. I voti favorevoli sono stati il 56,52%, i voti contrari il 43,48%. L'affluenza è stata pari all’87,7% degli aventi diritto.

10 luglio 2005

MALTA Il Parlamento di Malta ha ratificato il Trattato il 6 luglio 2005 .

PAESI BASSI La ratifica del Trattato costituzionale è stata sottoposta a referendum popolare il 1° giugno 2005. Su un totale di partecipanti pari al 69% degli aventi diritto al voto, il 61,70% ha votato no ed il 38,30% ha votato sì.

1° giugno 2005

POLONIA Il Governo polacco era inizialmente orientato a procedere alla ratifica del Trattato costituzionale attraverso una consultazione referendaria (l’alternativa è l’approvazione da parte delle due Camere a maggioranza di 2/3). Il 21 giugno 2005 il Presidente Kwasniewski ha annunciato la sospensione del referendum sul Trattato costituzionale.

Il referendum è stato sospeso

PORTOGALLO Il Governo ha rinviato il referendum sulla Costituzione europea, precedentemente previsto nell’autunno 2005.

Il referendum è stato rinviato

REGNO UNITO Era prevista una procedura di ratifica a doppio livello, con il voto popolare a conferma e completamento del processo parlamentare di ratifica. Il progetto di legge di ratifica è stato approvato in seconda lettura dalla House of Commons il 9 febbraio 2005. L'iter parlamentare del disegno di legge sul referendum di ratifica è stato sospeso il 6 giugno 2005.

La decisione sullo

svolgimento del referendum è stata sospesa

REPUBBLICA

CECA

Il Primo Ministro ha annunciato l’intenzione di modificare la Costituzione al fine di sottoporre la ratifica del Trattato a referendum. Tale modifica richiede la maggioranza di 3/5 dei componenti di ciascuna delle due Camere.

Il referendum è stato rinviato alla fine del

2006

SLOVACCHIA Il Parlamento ha ratificato il Trattato l’11 maggio 2005.

SLOVENIA Il Parlamento ha ratificato il Trattato il 1° febbraio 2005.

SPAGNA Il Trattato è stato sottoposto a referendum consultivo il 20 febbraio 2005: i voti favorevoli sono stati il 76%, i voti contrari il 17% e le schede bianche sono state il 6%. Il Trattato è stato poi ratificato dalla Camera dei deputati il 28 aprile e dal Senato il 18 maggio 2005.

20 febbraio 2005

SVEZIA Il Governo ha dichiarato che non intende indire un referendum sul Trattato costituzionale. Il processo di ratifica parlamentare è al momento sospeso.

UNGHERIA Il Parlamento ha ratificato il Trattato il 20 dicembre 2004.

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QUESTIONI ALL’ESAME DELLE ISTITUZIONI DELL’UNIONE EUROPEA

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L’allargamento e i Balcani occidentali

Grazie al processo di allargamento, che costituisce da sempre un elemento chiave del progetto europeo, l’Unione europea è passata dagli originali 6 membri (Belgio, Germania, Francia, Italia, Lussemburgo e Paesi bassi) agli attuali 25. L’ultimo allargamento risale al 1° maggio 2004, quando Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Repubblica ceca, Repubblica slovacca, Slovenia e Ungheria sono divenuti a pieno titolo Stati membri dell’Unione Europea.

Le fasi del processo di adesione - In base all’articolo 49 del Trattato sull’Unione europea, ogni paese europeo può presentare richiesta di adesione se rispetta i principi di libertà, democrazia, Stato di diritto, tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali, principi che sono comuni agli Stati membri. Il medesimo articolo stabilisce che sulla richiesta di adesione il Consiglio si esprime all’unanimità, previa consultazione della Commissione e previo parere conforme del Parlamento europeo. A conclusione di tale procedura, è il Consiglio europeo ad attribuire lo status di paese candidato.

L’apertura formale dei negoziati tra gli Stati membri e lo Stato candidato avviene sulla base di una decisione in tal senso del Consiglio europeo e dopo l’approvazione del mandato negoziale da parte del Consiglio.

Una volta che, a seguito dei negoziati, tutti i capitoli siano stati positivamente esaminati, il risultato dei negoziati confluisce nel testo del Trattato di adesione, che è concordato tra gli Stati membri e il paese candidato e successivamente sottoposto alla Commissione per il parere. Sul testo del Trattato di adesione è richiesto il parere conforme del Parlamento europeo. Dopo la firma, il Trattato di adesione è sottoposto alla ratifica da parte di tutti gli Stati membri, nonché del paese interessato, conformemente allo rispettive norme costituzionali.

L’adesione può essere conseguita soltanto se il paese soddisfa i cosiddetti criteri di Copenaghen, stabiliti dal Consiglio europeo di Copenaghen del giugno 1993 e rafforzati dal Consiglio europeo di Madrid del 1995:

• criteri politici: istituzioni stabili in grado di garantire democrazia, Stato di diritto, diritti umani e protezione delle minoranze;

• criteri economici: economia di mercato funzionante e capacità di far fronte alle pressioni concorrenziali e alle forze di mercato all’interno dell’Unione;

• capacità di fare fronte agli obblighi derivanti dall’adesione, ivi compresi gli obiettivi dell’unione politica, economica e monetaria;

• adozione dell’acquis comunitario e sua effettiva attuazione attraverso adeguate strutture amministrative e giudiziarie.

In aggiunta, come ribadito in particolare in occasione dell’apertura dei negoziati di adesione della Turchia, nei futuri allargamenti si terrà conto anche della capacità di assorbimento dell’Unione europea.

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QUESTIONI ALL’ESAME DELLE ISTITUZIONI DELL’UNIONE EUROPEA

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Nel corso del processo di adesione, l’Unione europea sostiene gli sforzi di ciascun paese attraverso una strategia di pre-adesione che si compone di diversi strumenti e meccanismi, tra i quali la partecipazione ai programmi, ai comitati e alle agenzie dell’UE, il dialogo politico, il programma nazionale di adozione dell’acquis comunitario, il cofinanziamento da parte di istituzioni internazionali, l’assistenza di preadesione, attraverso specifici strumenti finanziari. Inoltre, il livello di preparazione di ciascun paese è costantemente monitorato dalla Commissione europea. I risultati dell’attività di monitoraggio e lo stato di attuazione delle riforme vengono resi pubblici attraverso relazioni periodiche.

Le prospettive future

I paesi aderenti sono attualmente due, Bulgaria e Romania, la cui adesione è prevista per il 1° gennaio 2007.

La Turchia e la Croazia hanno avviato formalmente, il 3 ottobre 2005, i negoziati per l’adesione.

La ex Repubblica iugoslava di Macedonia ha ottenuto lo status di paese candidato nel dicembre 2005.

Bulgaria e Romania

Il processo di adesione della Bulgaria e della Romania è quasi concluso. Il Trattato di adesione è stato firmato il 25 aprile 2005, dopo l’espressione del parere da parte del Parlamento europeo, il 13 aprile 2005. Al momento, il trattato risulta ratificato, oltre che dall’Italia (legge n. 16 del 9 gennaio 2006), da quattordici paesi. Con la firma del Trattato, la Bulgaria e la Romania sono considerati paesi aderenti e partecipano come osservatori attivi a tutti i comitati e organi dell’UE.

Va segnalato che nel Trattato di adesione è stata inserita una clausola di salvaguardia addizionale che prevede che il Consiglio, su proposta della Commissione, possa decidere a maggioranza qualificata di rinviare l’adesione di un anno se non dovessero essere rispettati gli impegni assunti in materia di preparazione all’adesione, soprattutto per quanto riguarda i settori della giustizia e affari interni e della concorrenza.

ll 25 ottobre 2005 la Commissione ha pubblicato le relazione globali di verifica del grado di preparazione della Bulgaria e della Romania in vista dell’adesione all’Unione europea. Le relazioni segnalano che entrambi i paesi hanno compiuto buoni progressi e dovrebbero essere in grado di rispettare i criteri previsti dall’Unione europea per il 1° gennaio 2007, a condizione che concentrino tutti i loro sforzi sulle riforme, in particolare sulla loro reale

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QUESTIONI ALL’ESAME DELLE ISTITUZIONI DELL’UNIONE EUROPEA

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attuazione. La prossima revisione del processo di preparazione di Bulgaria e Romania è prevista per il mese di maggio 2006.

Croazia

La Croazia, dichiarata paese candidato dal Consiglio europeo del 17 e 18 giugno 2004, ha avviato formalmente i negoziati per l’adesione il 3 ottobre 2005.

L’apertura dei negoziati di adesione con la Croazia era stata fissata dal Consiglio europeo di dicembre 2004 per il 17 marzo 2005, a condizione che il paese collaborasse pienamente con il Tribunale penale internazionale per la ex Iugoslavia. Solo il 3 ottobre 2005, una volta constatata la piena collaborazione del paese con il Tribunale penale internazionale per l’ex Iugoslavia, il Consiglio ha dato il via libera all’apertura dei negoziati.

In quanto paese candidato la Croazia usufruisce, a partire dal 1° gennaio 2005, degli attuali strumenti finanziari di preadesione.

Turchia

La Turchia ha ottenuto lo status di paese candidato dal Consiglio europeo di Helsinki del dicembre 1999.

Sulla base della relazione periodica e della raccomandazione presentate dalla Commissione il 6 ottobre 2004, il Consiglio europeo del 16 e 17 dicembre 2004 ha deciso che la Turchia soddisfa sufficientemente i criteri politici di Copenaghen, fissando per il 3 ottobre 2005 la data di avvio dei negoziati di adesione, a condizione che entrassero in vigore alcuni specifici atti legislativi (legge sulle associazioni; nuovo codice penale; giurisdizione d’appello; codice di procedura penale; istituzione della polizia giudiziaria; esecuzione delle pene). Tale condizione è stata soddisfatta dalla Turchia il 1° giugno 2005.

Determinante per la decisione favorevole del Consiglio europeo di dicembre 2004 è stata la disponibilità manifestata dal Governo turco a firmare, prima dell’avvio dei negoziati, il protocollo che estende ai dieci nuovi Stati membri, compresa la Repubblica di Cipro, l’Accordo di associazione stipulato nel 1963 con la Comunità europea (cosiddetto Accordo di Ankara).

Il 3 ottobre 2005 il Consiglio ha approvato il quadro negoziale con la Turchia, consentendo l’apertura formale dei negoziati per l’adesione del paese all’Unione europea, nella data stabilita dal Consiglio europeo del dicembre 2004.

Alla decisione del Consiglio si è arrivati dopo una lunga e delicata trattativa. Il principale ostacolo è stato rappresentato dalla richiesta austriaca di prevedere, quale sbocco alternativo dei negoziati con la Turchia, l’ipotesi di un partenariato privilegiato che questa non era disposta ad accettare. L’approvazione del quadro negoziale è stata resa possibile dalla rinuncia dell’Austria a tale ipotesi, a fronte

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QUESTIONI ALL’ESAME DELLE ISTITUZIONI DELL’UNIONE EUROPEA

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di un rafforzamento nel testo dell’importanza della capacità di assorbimento dell’UE quale criterio di valutazione per le future adesioni.

Anche in considerazione delle diffuse preoccupazioni manifestate in alcuni Stati membri rispetto all’adesione della Turchia all’Unione europea nonché dell’esperienza acquisita nel corso dei precedenti allargamenti, il quadro negoziale approvato per la Turchia è per alcuni aspetti più stringente rispetto al passato.

Facendo seguito alle conclusioni del Consiglio europeo di Helsinki del 1999, l’8 marzo 2001 il Consiglio ha adottato un Partenariato per l’adesione della Turchia, aggiornato da ultimo il 23 gennaio 2006, che riunisce in un unico strumento-quadro le priorità per la preparazione all’adesione e le risorse finanziarie disponibili.

Ex Repubblica iugoslava di Macedonia

La ex Repubblica iugoslava di Macedonia, che ha avanzato domanda di adesione all’Unione europea il 22 marzo 2004, ha ottenuto lo status di paese candidato dal Consiglio europeo del 15 e 16 dicembre 2005. Sulla base del parere favorevole espresso dalla Commissione, il Consiglio europeo ha tenuto conto in particolare dei progressi compiuti dal paese nell’attuazione dell’accordo di stabilizzazione ed associazione, entrato in vigore il 1° aprile 2004. Il Consiglio europeo ha precisato che ulteriori misure dovranno tenere conto delle discussioni sulla strategia per l’allargamento, del rispetto dei criteri e dei requisiti richiesti per l’adesione da parte dell’ex Repubblica iugoslava di Macedonia nonché della capacità di assorbimento dell’Unione europea.

Al momento non è prevista l’apertura dei negoziati di adesione.

La strategia della Commissione

Il 9 novembre 2005, congiuntamente alle relazioni sullo stato di preparazione dei singoli paesi, la Commissione ha presentato il documento di strategia 2005 sull’ampliamento (COM (2005) 561), in cui ha esposto i tre principi su cui si basa la strategia futura della Commissione in materia di allargamento:

• consolidamento degli impegni che i Capi di Stato e di governo dell’Unione europea hanno assunto nei confronti della Turchia e dei Balcani, tenendo in considerazione la capacità di assorbimento dell’UE e salvaguardando il buon funzionamento delle proprie istituzioni;

• rispetto delle condizioni per l’adesione, manifestando rigore nell’esigere dai paesi il rispetto dei criteri richiesti ed equità nel riconoscere e ricompensare i progressi compiuti;

• miglioramento della comunicazione per fugare le preoccupazioni e rendere più chiari i vantaggi dei futuri allargamenti, inaugurando un reale dialogo con i cittadini.

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QUESTIONI ALL’ESAME DELLE ISTITUZIONI DELL’UNIONE EUROPEA

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Il 16 marzo 2006, il Parlamento europeo ha adottato a larga maggioranza una risoluzione (397 voti a favore, 95 contrari e 37 astensioni) sul documento di strategia della Commissione.

Rapporti tra l’Unione europea e i Balcani occidentali

Come ribadito in più occasioni dalle istituzioni europee, la prossima fase del processo di allargamento riguarderà i paesi dei Balcani occidentali (Albania, Bosnia-Erzegovina, Serbia-Montenegro e Kosovo) che, già in occasione del Consiglio europeo tenutosi a Feira il 19 e 20 giugno 2000, sono stati definiti “candidati potenziali all’adesione all’Unione europea”. Tale approccio è stato ribadito da ultimo il 10 e 11 marzo 2006, nel corso del Consiglio affari esteri informale che si è tenuto a Salisburgo e al quale hanno partecipato anche i paesi candidati e potenziali candidati dei Balcani occidentali.

L’impegno dell’Unione europea nei confronti dei Balcani è confermato anche nella citata strategia per l’allargamento presentata il 9 novembre 2005, in cui la Commissione segnala l’importanza di una prospettiva europea convincente per il proseguimento del processo di riforma in atto in questi paesi.

Peraltro, nell’ambito delle riforma dell’assistenza esterna, proposta dalla Commissione nel quadro delle nuove prospettive finanziarie 2007-2013, è previsto che i Balcani occidentali beneficino dei finanziamenti dell’UE attraverso lo strumento dedicato all’assistenza preadesione.

Il Processo di stabilizzazione ed associazione

Attualmente le relazioni tra l’Unione europea e i cinque paesi dei Balcani occidentali si svolgono prevalentemente nel quadro del Processo di stabilizzazione ed associazione (PSA), istituito nel 1999.

Su proposta della Commissione (COM (1999) 235), il PSA è stato approvato dal Consiglio il 21 giugno 1999. Gli strumenti che compongono il PSA, formalizzati al Vertice UE-Balcani di Zagabria del 2000, sono stati arricchiti da elementi ispirati al processo di allargamento nel giugno 2003, con l’approvazione da parte del Consiglio europeo della cosiddetta “Agenda di Salonicco”.

Il processo è la cornice entro cui diversi strumenti sostengono gli sforzi compiuti da questi paesi nella fase di transizione verso democrazie ed economie di mercato stabili; come già anticipato, nel lungo periodo la prospettiva è quella della piena integrazione nell’Unione europea, sulla base delle previsioni del Trattato sull’Unione europea e dei criteri di Copenaghen.

Lo stato di avanzamento del processo viene costantemente seguito dalla Commissione che, attraverso la pubblicazione di una relazione annuale, fornisce indicazioni sui progressi realizzati dai paesi dei Balcani occidentali rispetto alla situazione dell’anno precedente. Tale relazione rappresenta l’indicatore

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QUESTIONI ALL’ESAME DELLE ISTITUZIONI DELL’UNIONE EUROPEA

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principale per valutare se ciascun paese sia pronto per una relazione più stretta con l’UE.

Le componenti principali del PSA sono quattro: accordi di stabilizzazione ed associazione, elevato livello di assistenza finanziaria, misure commerciali e dimensione regionale.

La strategia futura

Il 27 gennaio 2006, la Commissione ha adottato la comunicazione “I Balcani occidentali sulla strada verso l’UE: consolidare la stabilità e rafforzare la prosperità” (COM (2006) 27), in cui propone di promuovere commercio, sviluppo economico, movimento di persone, istruzione e ricerca, cooperazione regionale e dialogo con la società civile nel Balcani occidentali come parte della strategia europea di integrazione dei popoli della regione. La comunicazione definisce misure concrete per rafforzare la politica dell’UE e gli strumenti a sua disposizione. L’obiettivo è quello di aiutare questi paesi a rafforzare la prospettiva europea, che rappresenta un forte incentivo ad attuare riforme politiche ed economiche e ha favorito la riconciliazione tra i popoli della regione. Nella comunicazione la Commissione sottolinea infatti i progressi compiuti dai paesi della regione negli ultimi tre anni, in particolare in termini di stabilizzazione e riconciliazione, riforma interna e cooperazione regionale.

La politica europea di vicinato

La “politica europea di vicinato” (PEV) si rivolge ai nuovi Stati indipendenti (Bielorussia, Moldova, Ucraina), ai paesi del Mediterraneo meridionale (Algeria, Autorità palestinese, Egitto, Giordania, Israele, Libano, Libia, Marocco, Siria, Tunisia) e agli Stati del Caucaso (Armenia, Azerbaigian e Georgia). L’obiettivo è quello di prevenire l’emergere di nuove linee di divisione tra l’Unione europea allargata e i suoi vicini, condividendo con questi ultimi i benefici dell’allargamento e consentendo loro di partecipare alle diverse attività dell’UE, attraverso una cooperazione politica, economica e culturale rafforzata.

La politica europea di vicinato, nettamente distinta dalla questione della potenziale adesione all’UE, propone un nuovo approccio nei confronti dei paesi interessati: in cambio dei progressi concreti compiuti in termini di riconoscimento dei valori comuni e di attuazione effettiva di riforme politiche, economiche e istituzionali, si riconosce loro una partecipazione al mercato interno dell’UE, nonché un’ulteriore integrazione e liberalizzazione per favorire la libera circolazione di persone, merci, servizi e capitali.

Tra le azioni concrete che l’UE intende mettere in campo per realizzare la politica di vicinato, si segnalano in particolare:

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QUESTIONI ALL’ESAME DELLE ISTITUZIONI DELL’UNIONE EUROPEA

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• l’istituzione, per il periodo 2004-2006, di programmi di vicinato volti a garantire la sicurezza delle frontiere esterne, a rafforzare la cooperazione transfrontaliera su temi comuni (ambiente, salute pubblica, lotta alla criminalità organizzata) e a favorire l’integrazione nello spazio europeo della ricerca e nei settori delle reti di trasporto, delle telecomunicazioni e dell’energia. Tali programmi saranno finanziati con un importo globale di 955 milioni di euro, nell’ambito degli strumenti finanziari esistenti;

• a partire dal 2007, nel quadro delle prospettive finanziarie 2007-2013, l’istituzione di un unico strumento finanziario (Strumento europeo di vicinato e partenariato);

• la pubblicazione di country reports che danno conto dei progressi compiuti da ciascun paese nell’attuazione degli accordi bilaterali e delle relative riforme;

• la predisposizione di piani d’azione per ciascuno dei paesi interessati. Si tratta di strumenti considerati cruciali dalla Commissione nel processo di avvicinamento all’Unione, che non sostituiscono gli accordi di associazione o di cooperazione vigenti ma si avvalgono dell’esperienza acquisita nella loro attuazione. I piani d’azione saranno differenziati, per riflettere lo stato delle relazioni di ciascun paese con l’UE, le sue necessità e capacità, nonché gli interessi comuni, e definiranno il percorso da seguire nei prossimi 3-5 anni. I primi sette piani d’azione (Autorità palestinese, Giordania, Israele, Marocco, Moldova, Tunisia e Ucraina), presentati dalla Commissione il 9 dicembre 2004, sono stati approvati dal Consiglio nella riunione del 13 e 14 dicembre 2004. Per quanto riguarda gli altri paesi (Egitto, Libano, Armenia, Azerbaigian e Georgia), il 25 aprile 2005 il Consiglio, su proposta della Commissione, ha deciso di intensificare le relazioni reciproche. Per Egitto e Libano si tratta di predisporre al più presto i piani d’azione (la decisione di negoziare i piani d’azione è stata già presa dal Consiglio nel dicembre 2004); per i paesi del Caucaso meridionale il Consiglio ha invitato la Commissione ad avviare i lavori congiunti per allestire i piani d’azione.

Aiuto ai Paesi terzi

Il 29 settembre 2004, nel quadro delle prospettive finanziarie 2007-2013, la Commissione ha presentato proposte volte a sostituire l'attuale insieme di strumenti finanziari destinati all’erogazione dell'aiuto ai Paesi terzi (“assistenza esterna”) con un quadro più semplice ed efficace. La Commissione propone:

• uno strumento per l’assistenza preadesione (anche detto IPA) dedicato ai paesi candidati (Turchia e Croazia) e ai paesi candidati potenziali (Balcani occidentali), che dovrebbe sostituire gli strumenti esistenti

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QUESTIONI ALL’ESAME DELLE ISTITUZIONI DELL’UNIONE EUROPEA

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PHARE, ISPA, SAPARD, CARDS, come pure una serie di specifici regolamenti (COM (2004) 627);

• uno strumento europeo di vicinato e partenariato (anche detto ENPI) dedicato ai Paesi terzi che partecipano alla politica europea di vicinato, (COM (2004) 628). Dovrebbe sostituire il programma MEDA e, in parte, il programma TACIS. Lo strumento fornirà sostegno anche al partenariato strategico dell’Unione europea con la Russia. Una componente specifica e innovativa di questo strumento consiste nella cooperazione transfrontaliera, la quale interesserà regioni degli Stati membri e dei paesi vicini che condividono una frontiera comune;

• uno strumento per la cooperazione allo sviluppo e la cooperazione economica dedicato a tutti quei paesi, territori e regioni che non possono beneficiare dell’assistenza erogata dai due precedenti strumenti (COM (2004) 629);

• uno strumento per la stabilità, finalizzato a reagire alle situazioni di crisi e di instabilità nei paesi terzi e ad affrontare i problemi di carattere transfrontaliero, con particolare riguardo alla sicurezza e alla non proliferazione nucleare nonché alla lotta contro i traffici illegali, la criminalità organizzata e il terrorismo (COM (2004) 630).

Le proposte avanzate dalla Commissione sono in attesa di essere esaminate dal Consiglio e dal Parlamento europeo, ad eccezione di quella relativa allo strumento di cooperazione allo sviluppo e cooperazione economica, che è stata respinta dal Parlamento europeo in prima lettura e ritirata dalla Commissione il 15 marzo 2006.

Nel quadro della riforma dell’assistenza esterna proposta dalla Commissione, i nuovi strumenti forniranno gli atti giuridici di base per le spese comunitarie a sostegno dei programmi di cooperazione esterna, compresi i programmi tematici, vale a dire i programmi di natura orizzontale, specializzati per tema. In questo contesto, il 25 gennaio 2006 la Commissione ha adottato sette nuovi programmi tematici (diritti umani e democratizzazione; Investire nelle persone; ambiente e gestione sostenibile delle risorse naturali, compresa l’energia; sicurezza alimentare; organizzazioni non governative e autorità locali; migrazione e asilo; cooperazione con i paesi industrializzati), destinati a sostituire i 15 attualmente esistenti. Tali programmi si propongono di corrispondere ad obiettivi politici che non sono geograficamente delimitati e che non possono essere raggiunti attraverso programmi a carattere nazionale e regionale.

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QUESTIONI ALL’ESAME DELLE ISTITUZIONI DELL’UNIONE EUROPEA

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Prospettive finanziarie dell’UE 2007-2013

Le prospettive finanziarie stabiliscono, in relazione alle priorità politiche da esse individuate, il quadro delle grandi categorie di spesa del bilancio dell’Unione europea, indicando il massimale e la composizione delle spese prevedibili per ogni categoria nell’intero periodo di riferimento e in ciascuno degli anni in esso ricompresi. L’adozione delle prospettive finanziarie, che non è espressamente prevista dal Trattato CE, è operata - a partire dal 1988 - mediante la conclusione di un accordo interistituzionale tra Parlamento europeo, Consiglio e Commissione.

Le risorse proprie sono i mezzi di finanziamento dell’Unione. Il Consiglio, deliberando all’unanimità su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, stabilisce le disposizioni relative al sistema delle risorse proprie della Comunità di cui raccomanda l’adozione da parte degli Stati membri, in conformità delle loro rispettive norme costituzionali.

L'accordo sulle prospettive finanziarie e la decisione sulle risorse proprie in vigore sono state adottate per il periodo 2000-2006 e scadono il 31 dicembre 2006.

Il 4 aprile 2006 Parlamento europeo, Consiglio dell'UE e Commissione europea hanno raggiunto un accordo sulle prospettive finanziarie e sulle risorse proprie 2007-2013, al termine di un negoziato complesso, caratterizzato da forti divergenze tra istituzioni europee e soprattutto tra Stati membri in merito al volume complessivo del bilancio dell’UE, nonché alle priorità politiche e ai relativi stanziamenti. L’intesa dovrà ora essere trasfusa in un accordo interistituzionale approvato formalmente dalle tre istituzioni.

L’accordo prevede un massimale complessivo di spesa dell’1,048% del reddito nazionale lordo (RNL) europeo in stanziamenti di impegno (pari a 864,316 miliardi di euro) e dell' 1% in stanziamenti di pagamento (pari a 820,780 miliardi di euro).

Il Consiglio europeo del 15-16 dicembre 2005 aveva concordato un massimale in stanziamenti di impegno dello 1,045% del RNL europeo (pari a 862,4 miliardi di euro), rispetto all'1,24 (pari a 1025 miliardi di euro) proposto originariamente dalla Commissione e all'1,18% (pari a 974,8 miliardi di euro) richiesto dal Parlamento europeo.

L'accordo del 4 aprile 2006 prevede inoltre, alla fine del 2009, una verifica

intermedia del funzionamento delle prospettive finanziarie da parte della Commissione europea, cui dovrà essere associato il Parlamento europeo.

La Camera dei deputati ha seguito attivamente e costantemente il negoziato sulle prospettive finanziarie 2007-2013, attraverso diversi strumenti e procedure.

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QUESTIONI ALL’ESAME DELLE ISTITUZIONI DELL’UNIONE EUROPEA

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In particolare, le Commissioni V e XIV hanno svolto a partire da marzo 2004 un’indagine conoscitiva sulle prospettive finanziarie e sulla politica di coesione.

Specifici impegni al Governo in merito al negoziato sulle prospettive finanziarie sono inoltre contenuti nelle risoluzioni approvate dalla Camera in esito all’esame delle relazioni sulla partecipazione dell’Italia all’Unione europea per l’anno 2003 e per l’anno 2004, nonché nella risoluzione approvata a conclusione dell’esame del programma di lavoro per il 2005 della Commissione europea e del programma operativo annuale per il 2005 del Consiglio.

Le questioni relative alle prospettive finanziarie 2007-2013 hanno inoltre costituito oggetto di approfondimento nell’ambito di riunioni ed incontri interparlamentari cui hanno partecipato delegazioni della Camera dei deputati.

La strategia di Lisbona

Gli obiettivi

Il Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000 ha definito una serie di azioni volte a far sì che entro il 2010 l’Unione europea consegua l’obiettivo di diventare l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale.

Gli obiettivi della strategia - rilanciati nella revisione intermedia della primavera 2005, che ha riorientato le priorità verso la crescita e l’occupazione - consistono in:

• migliorare le politiche in materia di società dell’informazione e di ricerca e sviluppo tecnologico;

• modernizzare il modello sociale europeo; • promuovere un contesto economico sano e prospettive di crescita

favorevoli applicando un’adeguata combinazione di politiche macroeconomiche;

• integrare pienamente la dimensione ambientale nelle politiche per lo sviluppo.

Il Consiglio europeo di Lisbona, inoltre, ha previsto che il Consiglio europeo si riunisca ogni primavera, sulla base di una relazione annuale della Commissione, per valutare lo stato di attuazione della strategia.

Con la revisione intermedia si è inteso anche coinvolgere tutte le forze interessate (Parlamenti, autorità locali, parti sociali e società civile) nella migliore realizzazione della strategia, che è stata orientata in un ciclo triennale.

La Commissione ha presentato le linee direttrici integrate per la crescita e l’occupazione per il periodo 2005-2008, approvate dal Consiglio europeo di giugno 2005.

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QUESTIONI ALL’ESAME DELLE ISTITUZIONI DELL’UNIONE EUROPEA

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Sulla base delle linee direttrici, gli Stati membri hanno definito programmi di riforma nazionali, che sono stati oggetto di consultazione con le parti interessate e successivamente esaminati dalla Commissione europea.

Come complemento dei programmi nazionali di riforma, a luglio 2005 la Commissione ha presentato una comunicazione sul programma comunitario di Lisbona 2005-2008 relativo alle azioni da intraprendere a livello comunitario a favore della crescita e dell’occupazione.

Il Consiglio europeo di primavera 2006

Il Consiglio europeo di primavera del 23 e 24 marzo 2006, accogliendo favorevolmente la relazione annuale presentata dalla Commissione sui progressi nell’attuazione della strategia di Lisbona rinnovata, ha convenuto quanto segue:

• definizione di settori specifici per azioni prioritarie da attuare entro la fine del 2007: - aumentare gli investimenti nella ricerca e nell’innovazione; - liberare il potenziale delle imprese, in particolare delle piccole e medie imprese; - accrescere le opportunità di lavoro per le categorie prioritarie (giovani, donne, lavoratori anziani, immigrati legali e minoranze etniche);

• definizione di una nuova politica energetica per l’Europa • misure che devono essere assunte a tutti i livelli per mantenere lo slancio

in tutti i pilastri del partenariato per la crescita e l’occupazione.

La proposta di direttiva sui servizi nel mercato interno

Il 16 febbraio 2006 il Parlamento europeo ha approvato in prima lettura – con 394 voti favorevoli, 215 contrari e 33 astensioni – la relazione predisposta dall’on. Evelyne Gebhardt (Partito socialista europeo) sulla proposta di direttiva relativa ai servizi nel mercato interno (COM(2004)2) (cosiddetta “direttiva Bolkenstein”).

La proposta, che segue la procedura di codecisione, è stata presentata dalla Commissione il 13 gennaio 2004 e si inserisce nel processo di riforme economiche varato dal Consiglio europeo di Lisbona (23-24 marzo 2000) al fine di fare dell’Unione europea, entro il 2010, l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e più dinamica del mondo.

L’obiettivo della proposta è quello di stabilire un quadro giuridico che elimini gli ostacoli alla libertà di stabilimento dei prestatori di servizi ed alla libera circolazione dei servizi tra Stati membri.

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QUESTIONI ALL’ESAME DELLE ISTITUZIONI DELL’UNIONE EUROPEA

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La proposta iniziale della Commissione – che aveva sollevato in tutti i gruppi politici del Parlamento europeo preoccupazioni sui possibili rischi di riduzione dell’acquis comunitario nel settore sociale – è stata sostanzialmente modificata dall’esame parlamentare.

Il testo approvato dal Parlamento europeo ribadisce l’obiettivo della proposta iniziale relativamente alla liberalizzazione dei servizi, sottolineando al contempo la necessità di assicurare un elevato livello di qualità dei servizi stessi. E’ stabilito, inoltre, che la direttiva non pregiudica le disposizioni comunitarie in materia di concorrenza e aiuti di Stato.

L’esame del Parlamento europeo si è focalizzato, in particolare, su alcuni punti controversi:

• campo di applicazione (art. 2): relativamente a questo aspetto, il testo adottato dal Parlamento europeo ribadisce quanto previsto nella proposta della Commissione, ovvero l’esclusione dei servizi di interesse generale. A questo riguardo gli Stati membri restano liberi di definire, conformemente al diritto comunitario, quelli che essi considerano servizi d'interesse generale, nonché di determinare le modalità di organizzazione e di finanziamento di tali servizi e gli obblighi specifici cui essi devono sottostare. La direttiva si applica, tuttavia, ai servizi di interesse economico generale, ovvero ai servizi che corrispondono ad un’attività economica e sono aperti alla concorrenza quali i servizi postali, i servizi di trasmissione, distribuzione e fornitura di energia elettrica e di gas o i servizi di distribuzione e di fornitura idrica. Oltre a tutta una serie di settori indicati espressamente nel testo adottato dal Parlamento europeo, sono inoltre escluse dal campo di applicazione della direttiva le materie disciplinate da disposizioni comunitarie specifiche come quelle sul distacco dei lavoratori, l’esercizio delle attività televisive o le qualifiche professionali;

• principio del Paese di origine (art. 16): la formulazione iniziale prevedeva la possibilità per un prestatore di fornire i propri servizi in uno Stato membro diverso da quello di appartenenza unicamente in base alla legislazione dello Stato membro di origine. Il Parlamento europeo ha sostituito questo principio con quello della “libera circolazione dei servizi” in base al quale per la fornitura dei servizi si applica la legislazione del paese in cui essi vengono effettivamente prestati. Inoltre, si fa obbligo agli Stati membri di rispettare il diritto del prestatore di fornire i propri servizi liberamente sul suo territorio senza imporre requisiti discriminatori, ingiustificati e sproporzionati tranne che per motivi di pubblica sicurezza, protezione dell'ambiente e sanità pubblica;

• distacco dei lavoratori (artt. 24 e 25): il Parlamento europeo ha soppresso le disposizioni relative al distacco dei lavoratori, ritenendo che questa questione ricada nel campo di applicazione della direttiva

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QUESTIONI ALL’ESAME DELLE ISTITUZIONI DELL’UNIONE EUROPEA

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96/71/CE relativa al distacco di lavoratori nell’ambito di una disciplina di servizi.

Il 4 aprile 2006 la Commissione ha presentato una proposta modificata che riprende in larga misura il testo adottato in prima lettura dal PE, in particolare per quanto riguarda la soppressione del principio del Paese di origine e la sua sostituzione con quello relativo alla libera circolazione dei servizi, nonché l’inclusione dei servizi di interesse economico generale nel campo di applicazione della direttiva proposta. La Commissione ha, inoltre, deciso di escludere dal campo di applicazione della direttiva proposta una serie di servizi, fra cui i servizi sanitari, alcuni dei quali saranno oggetto di iniziative specifiche.

Nella stessa data la Commissione ha presentato una comunicazione relativa agli “Orientamenti riguardanti il distacco dei lavoratori effettuato nell’ambito di una prestazione di servizi” al fine di facilitare l’applicazione della citata direttiva 96/71/CE.

Il testo modificato della proposta sarà ora trasmesso al Consiglio che, nelle intenzioni della Presidenza austriaca, dovrebbe raggiungere un accordo politico nel mese di giugno.

Esame presso la Camera dei deputati La Camera dei deputati ha promosso una serie di iniziative dedicate

all’esame della proposta di direttiva, anche al fine di definire una posizione italiana da difendere nelle opportune sedi europee.

La proposta è stata esaminata dalle Commissioni riunite X (Attività produttive) e XIV (Politiche dell’Unione europea) che hanno anche proceduto all’audizione congiunta di eurodeputati italiani e rappresentanti del Governo.

In conclusione dei lavori, il 25 gennaio 2006, le Commissioni hanno adottato un documento finale con il quale si invita il Governo ad adoperarsi nelle competenti sedi decisionali comunitarie affinché la proposta di direttiva si configuri come un atto giuridico “quadro” senza la previsione di norme di dettaglio, preveda l’elencazione puntuale dei settori a cui si applica, definisca meglio il principio del paese di origine per scongiurare forme di dumping sociale ed eviti il rischio di intaccare i sistemi nazionali volti ad assicurare un’alta qualità dei servizi e la tutela dei consumatori.

Reti TEN

Il 20 luglio 2005 la Commissione ha presentato una serie di misure intese a favorire lo sviluppo delle reti transeuropee di trasporto:

• una comunicazione (SEC(2005)965) che traccia un quadro dell’attuazione delle reti TEN e prospetta una serie di misure volte a dare un nuovo impulso alla realizzazione delle infrastrutture TEN tra cui

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QUESTIONI ALL’ESAME DELLE ISTITUZIONI DELL’UNIONE EUROPEA

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l’istituzione di un gruppo di pilotaggio per favorire la coerenza delle politiche per lo sviluppo delle reti transeuropee;

• un progetto di decisione per il conferimento a 6 coordinatori europei di un mandato per facilitare l’attuazione di 5 progetti prioritari e di un progetto orizzontale a tutte le reti TEN (C 2754) con cui la Commissione intende assicurare l’avanzamento dei lavori di importanti progetti per la cui realizzazione si sono registrate forti difficoltà;

• un progetto di decisione per l’istituzione dell’Agenzia esecutiva europea per la Rete transeuropea dei trasporti (COM(2005)1011), incaricata dell’esecuzione dei progetti e della concessione dei contributi comunitari.

Servizi pubblici di trasporto

Il 20 luglio 2005 la Commissione ha presentato una proposta riveduta di regolamento riguardante i servizi pubblici di trasporto viaggiatori per strada e per ferrovia (COM(2005)319) che mira, tra l’altro, a precisare e rendere più trasparenti le condizioni per il versamento di compensazioni agli operatori per gli oneri di servizio pubblico connessi ai servizi di trasporto da essi effettuati.

Con la proposta, che riformula quella originaria del 2000 (COM(2000)7), la Commissione cerca, anche alla luce degli ultimi sviluppi giurisprudenziali (sentenza Altmark) e del Libro bianco sui servizi d’interesse generale (COM(2004)374), di riconciliare le posizioni del Parlamento europeo, espresse in prima lettura nel 2001, e del Consiglio, che ha bloccato la discussione del dossier per cinque anni, a causa dei forti contrasti sorti al suo interno. La proposta, che segue la procedura di codecisione, sarà esaminata dal Consiglio Trasporti nella prossima riunione del 8-9 giugno 2006.

Terzo pacchetto ferroviario

Il “terzo pacchetto ferroviario”, presentato dalla Commissione il 3 marzo 2004 con lo scopo di completare il quadro legislativo comunitario in materia, intende creare, nel più breve tempo possibile, uno spazio ferroviario europeo integrato, con l’obiettivo di rendere i trasporti per ferrovia più competitivi e attraenti.

Il pacchetto comprende una comunicazione (COM(2004)140), che presenta le nuove azioni proposte dalla Commissione, e quattro proposte relative ad alcuni settori specifici di intervento: una proposta di direttiva in materia di accesso al mercato al mercato ferroviario (COM(2004)139, una proposta di regolamento relativa ai diritti e agli obblighi dei passeggeri nel trasporto ferroviario internazionale (COM(2004)143), una proposta di direttiva relativa alla certificazione del personale viaggiante addetto alla guida di locomotori e treni

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QUESTIONI ALL’ESAME DELLE ISTITUZIONI DELL’UNIONE EUROPEA

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sulla rete ferroviaria della Comunità (COM(2004)142), una proposta di regolamento relativa alle compensazioni in caso di mancato rispetto dei requisiti di qualità contrattuale applicabili ai servizi di trasporto merci per ferrovia (COM(2004)144).

Il 25 ottobre 2005 il Parlamento europeo ha rigettato quest’ultima proposta nell’ambito della procedura di codecisione. Sulle tre precedenti, che seguono anch’esse la procedura di codecisione, il Consiglio ha raggiunto, nella riunione del 5 dicembre 2005, un accordo politico in vista dell’adozione di una posizione comune in prima lettura.

Sicurezza stradale

La Commissione ha presentato il 10 febbraio 2006 una comunicazione (COM(2006)74) con cui ha tracciato un bilancio intermedio del programma di azione sulla sicurezza stradale, valido per il periodo 2003-2010 (COM(2003)311).

Sicurezza dell’aviazione civile

Il 22 settembre 2005 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento (COM2005)429) che istituisce norme comuni per la sicurezza dell’aviazione civile, finalizzata alla sostituzione del regolamento (CE) n. 2320/2002, attualmente in vigore e adottato dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, con un nuovo strumento normativo ispirato ai criteri di semplificazione, armonizzazione e chiarezza.

La proposta, che segue la procedura di codecisione, è stata esaminata il 27 marzo dal Consiglio che ha concordato un orientamento generale in vista di un accordo politico. Il Parlamento europeo potrebbe esaminare la proposta in prima lettura nella sessione plenaria del 14 giugno 2006.

Terzo pacchetto “Sicurezza marittima”

Il 23 novembre 2005 la Commissione ha presentato il terzo pacchetto di misure legislative per la sicurezza marittima dell’Unione europea (COM2005)585), recante sette proposte legislative intese al conseguimento di due obiettivi principali: una migliore prevenzione degli incidenti e dell’inquinamento e un più efficiente trattamento delle conseguenze degli incidenti.

Il “pacchetto” comprende una proposta di regolamento sulla responsabilità dei vettori che trasportano passeggeri via mare e per vie navigabili interne in caso di incidente (COM(2005)592) e proposte di direttiva relative al rispetto degli obblighi dello Stato di bandiera (COM(2005)586), agli organi che effettuano le ispezioni e

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QUESTIONI ALL’ESAME DELLE ISTITUZIONI DELL’UNIONE EUROPEA

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le visite di controllo delle navi (COM(2005)587), al controllo da parte dello Stato di approdo (COM(2005)588), all’istituzione di un sistema comunitario di monitoraggio del traffico navale e d’informazione (COM(2005)589), alle inchieste sugli incidenti nel settore del trasporto marittimo (COM(2005)590) e alla responsabilità civile degli armatori (COM(2005)593).

Le proposte, che seguono la procedura di codecisione, potrebbero essere esaminate in prima lettura dal Parlamento europeo nella sessione del 14 novembre 2006. Il Consiglio potrebbe esaminare la proposta di direttiva relativa all’istituzione di un sistema comunitario di monitoraggio del traffico navale e d’informazione (COM(2005)589) nella riunione dell’8 giugno 2006.

Tv senza frontiere

Il 13 dicembre 2005 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva che modifica la direttiva 89/552/CE (“TV senza frontiere”) (COM(2005)646), allo scopo di adeguarla allo sviluppo tecnologico e agli sviluppi del mercato nel settore audiovisivo in Europa. Tale modernizzazione rientra nella strategia “i-2010: una società dell’informazione per la crescita e l’occupazione” (COM(2005)229), adottata dalla Commissione il 1° giugno 2005.

In particolare, la proposta mira ad alleggerire la normativa concernente le forniture di servizi televisivi e a renderne agevole il finanziamento con nuove forme di pubblicità, ad introdurre pari condizioni di concorrenza per tutte le società che forniscono servizi televisivi, indipendentemente dalla tecnologia usata per distribuirli (radiodiffusione, banda larga ad alta velocità, telefoni cellulari di terza generazione).

I servizi non lineari (cioè i servizi audiovisivi a richiesta) saranno soggetti all’osservanza di alcuni principi minimi di base, tra i quali quelli relativi alla tutela dei minori, al divieto di incitamento all’odio, alle limitazioni delle comunicazioni commerciali concernenti gli alcolici.

In tema di pubblicità le emittenti, fermo restando il limite complessivo su base oraria del 20%, non risulteranno più obbligate, come adesso, a lasciare trascorrere almeno 20 minuti di tempo tra le interruzioni pubblicitarie. Tuttavia sarà possibile solo una interruzione ogni 35 minuti per le opere cinematografiche, per i programmi per bambini, per i notiziari, per i film realizzati per la televisione (ad eccezione delle serie televisive, dei programmi a puntate, dei documentari e dei programmi di intrattenimento). Telepromozioni e televendite saranno escluse dall’attuale limite del 20% di pubblicità per ogni ora.