POLITICA DI COESIONE: QUALE FUTURO? - puntoEuropa · panoramica generale della situazione e qualche...

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Provincia Autonoma di Trento Servizio Rapporti Comunitari e Sviluppo locale POLITICA DI COESIONE: QUALE FUTURO? a cura di Teresa Dellagiacoma Tirocinio presso l'Ufficio per i Rapporti con l'Unione europea sede di Bruxelles Relazione di stage (5 aprile - 25 giugno 2010) 1

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Provincia Autonoma di Trento Servizio Rapporti Comunitari e Sviluppo locale

POLITICA DI COESIONE: QUALE FUTURO?

a cura di Teresa Dellagiacoma

Tirocinio presso

l'Ufficio per i Rapporti con l'Unione europea sede di Bruxelles

Relazione di stage (5 aprile - 25 giugno 2010)

1

INDICE INTRODUZIONE pg. 3 PARTE PRIMA 1. LA POLITICA DI COESIONE OGGI pg. 5 Capitolo I LA POLITICA DI COESIONE NELLE STRATEGIE DI LISBONA E UE 2020 pg. 6 Capitolo II IL RAPPORTO BARCA pg. 9 Capitolo III LAPOSIZIONE DELLA COMMISSIONE EUROPEA pg. 12 Capitolo IV LA POSIZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO pg. 16 Capitolo V LA POSIZIONE DEL COMITATO DELLE REGIONI pg. 19 PARTE SECONDA 2. DIBATTITO SUL FUTURO DELLA POLITICA DI COESIONE pg. 23 CONCLUSIONI pg. 32 BIBLIOGRAFIA pg. 34

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INTRODUZIONE

Scrivere oggi una relazione sul futuro della politica di coesione è un po’ un

azzardo, un salto nel vuoto. “Qualcosa che non andrebbe fatto”, secondo una

delle persone che ho intervistato nel corso delle mie ricerche. Il clima aleatorio, la

sensazione che tutto potrebbe succedere e che nessuna presa di posizione è

certa, inviterebbe ad essere prudenti, a lasciar passare un po’ di tempo per

vedere come si evolverà la situazione. La programmazione 2007-2013 è in corso

e non vedrà il suo compimento che tra tre anni; le principali Istituzioni europee

stanno prendendo tempo per avere in mano delle analisi quanto più chiare e

complete possibili, prima di esprimersi; gli Stati membri vogliono capire

l’andamento della crisi economica, prima di sbilanciarsi.

I territori, però, sono impazienti, vogliono conoscere le loro sorti, capire

cosa riserva per il futuro una politica che tanto peso ha nella loro

programmazione. Ognuno cerca di capire quali saranno gli scenari più probabili,

in quale direzione si stanno muovendo gli altri attori, di cogliere gli oscillamenti

d’interesse, carpire le informazioni più o meno ufficiose. Il dibattito, dunque, se

pur privo di certezze, è già molto animato e ognuno cerca di difendere la propria

posizione, di far prevalere le proprie esigenze.

Partendo dalla consapevolezza delle incertezze intrinseche al periodo in

cui ho lavorato a questa breve analisi e dell’interesse che comunque la tematica

suscita, ho cercato di delineare un quadro della situazione così come si presenta

a giugno del 2010 e di disegnare delle possibili evoluzioni per il prossimo futuro.

Il mio elaborato prende come punto di partenza i lavori svolti dai colleghi

che mi hanno preceduto, e che hanno tracciato una completa panoramica storica

dell’evoluzione della politica di coesione degli ultimi decenni. Senza ripetere temi

già trattati, sono partita dall’analisi degli ultimi documenti pubblicati, delle diverse

voci intervenute nel dibattito e dagli spunti colti durante alcune conferenze, alle

quali ho partecipato durante il periodo del mio tirocinio formativo a Bruxelles.

Nella seconda parte, in particolare, ho riportato la sintesi di alcune interviste

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condotte tra chi conosce la politica di coesione da vicino e segue la sua

evoluzione da tempo, per tentare di cogliere alcuni orientamenti, tracciare degli

scenari possibili. I risultati sono incerti, provvisori, non è stato fissato nessun

punto fermo. Ciò nondimeno, spero che questa sintesi possa offrire una

panoramica generale della situazione e qualche spunto di dibattito, che potrà

essere sviluppato nel corso dei prossimi mesi, quando la situazione si delineerà

in modo più chiaro.

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PARTE PRIMA

LA POLITICA DI COESIONE OGGI

“La politica di coesione è un elemento portante del processo di integrazione

europea, che deve rendere tutte le regioni in grado di realizzare il loro potenziale

di sviluppo economico e andare a beneficio di tutti i cittadini, ovunque risiedano.

Le riforme introdotte negli ultimi anni vanno nella direzione giusta”

Danuta Hübner

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I. LA POLITICA DI COESIONE NELLE STRATEGIE DI LISBONA E UE 2020

La politica europea di coesione si fonda sugli articoli 174-178 del Trattato

sul Funzionamento dell’Unione europea1, che prevedono che la Comunità, per

promuovere uno sviluppo armonioso, “persegua la propria azione intesa a

realizzare il rafforzamento della sua coesione economica e sociale”. Queste

disposizioni sono state integrate dal Trattato di Lisbona, che, all’articolo 2.2, ha

affiancato a questi due concetti quello di coesione territoriale2. Coesione

territoriale che viene vista, soprattutto dagli attori regionali, come un’opportunità

importante, oltre che una nuova sfida.

Il ruolo assegnato alla politica di coesione per il periodo 2007-2013 ha

dimostrato l'elevato grado di consenso politico per le sue capacità di rispondere

alle priorità comunitarie: con la riforma proposta dalla Commissione nel 2004, e

approvata dal Parlamento e dagli Stati membri nel 2006, è diventata, infatti, una

delle principali politiche comunitarie. Dal punto di vista finanziario ha assorbito il

35% del bilancio dell’Unione, e da quello delle strategie ha giocato un ruolo di

primo piano nel perseguire gli obiettivi della Strategia di Lisbona. Strategia che,

pur mantenendo i principi tradizionali della politica di coesione3, oltre a dare

nuovi obiettivi (che, come si sa, non sono stati interamente raggiunti) aveva

introdotto alcune novità:

I dieci regolamenti vigenti per il periodo 2000-2006 sono stati sostituiti

da un unico regolamento della Commissione per l’applicazione della normativa in

vigore per il periodo di programmazione 2007-2013. Gli Stati membri devono

tener conto di un'unica normativa anche per quanto riguarda l’ammissibilità delle

spese, potendo applicare pure per i progetti cofinanziati dall'Ue le norme sul 1 Versione consolidata del Trattato sull'Unione europea e del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Gazzetta ufficiale n. C 83 del 30.3.2010. 2 Trattato di Lisbona che modifica il Trattato sull'Unione europea e il Trattato che istituisce la Comunità europea, firmato a Lisbona il 13 dicembre 2007. Gazzetta ufficiale n. C 306 del 17 dicembre 2007. 3 Il capo IV del regolamento 1083/2006 del Consiglio, dell’11 luglio 2006, indica i principi di intervento della politica di coesione dell’UE: complementarità, coerenza, coordinamento, conformità, programmazione, partenariato, livello territoriale dell’attuazione, intervento proporzionale, gestione concorrente, addizionalità, parità tra uomini e donne e non discriminazione, sviluppo sostenibile.

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tema in vigore a livello nazionale. Questo consente una notevole semplificazione

nella gestione dei progetti.

La politica di coesione ha adottato un nucleo strategico più chiaro ed

esplicito, inserito, per la prima volta, nella cornice degli orientamenti strategici

comunitari in materia di coesione, adottati dal Consiglio il 6 ottobre 2006. Gli

orientamenti strategici comunitari definiscono i principi e le priorità della politica

di coesione e suggeriscono gli strumenti per permettere alle regioni europee di

sfruttare appieno la dotazione stanziata per i programmi di investimento nazionali

e regionali per il periodo di programmazione. Poiché gli obiettivi fissati nel 2000

rientravano quasi esclusivamente nelle competenze attribuite agli Stati membri,

le autorità nazionali sono state chiamate ad elaborare le rispettive priorità e i

cosiddetti Quadri strategici di riferimento nazionali (QSRN). Questo nuovo

sistema complessivo incoraggia gli Stati membri e le Regioni a concentrarsi sui

settori d’investimento che contribuiscono a realizzare i programmi nazionali di

riforma (PNR), tenendo conto della situazione e delle prerogative nazionali e

regionali.

I collegamenti tra la gestione dei Programmi Nazionali di Riforma e i

programmi della politica di coesione sono stati rafforzati dai nuovi meccanismi di

rendicontazione, introdotti sia nell’ambito della strategia di Lisbona che

nell’ambito della politica di coesione. Queste procedure parallele comportano che

venga riferito in modo regolare sul contributo della politica di coesione alla

realizzazione di crescita e occupazione e consentono un controllo incrociato tra i

due settori d’intervento, a garanzia della loro coerenza.

Nell’ambito della politica di coesione, e con cadenza annuale, gli Stati

membri dovranno riferire sugli investimenti da loro stanziati e sostenuti da

ciascun programma operativo.

E’ stato deciso un maggior decentramento delle responsabilità, a favore

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dei soggetti locali e regionali, in base alla convinzione che il livello locale sia

quello che meglio può farsi portavoce dei bisogni del territorio e allo stesso

tempo sfruttarne le potenzialità.

La nuova politica di coesione ha agevolato l'accesso all'informazione e

alla comunicazione sulle opportunità di finanziamento e sulle sovvenzioni e ha

contribuito a realizzare un sistema di e-governance che mira a favorire lo

scambio di documentazione tra Stati membri e Commissione.

Ma soprattutto, i programmi cofinanziati dall’Unione nell’ambito della

politica di coesione devono ora tendere al conseguimento di tre principali

obiettivi:

a) incrementare l’attrattiva degli Stati membri, delle regioni e delle città,

migliorandone l’accessibilità, garantendo una qualità e un livello di servizi

adeguati e tutelandone le potenzialità ambientali;

b) promuovere l’innovazione, l’imprenditorialità e la crescita dell’economia

basata sulla conoscenza, favorendo la ricerca e l’innovazione, incluse le nuove

tecnologie della comunicazione;

c) creare posti di lavoro più numerosi e qualitativamente migliori, attirando un

maggior numero di persone sul mercato del lavoro o verso la creazione di

imprese, migliorando l’adattabilità dei lavoratori e delle aziende e incrementando

gli investimenti in capitale umano.

Le autorità competenti per la pianificazione dei programmi hanno quindi

ricevuto l’incarico di destinare una determinata percentuale delle risorse agli

investimenti collegati a questi obiettivi. Ed effettivamente, in base ai documenti di

programmazione degli Stati membri, le risorse complessivamente assegnate ai

settori chiave della Strategia di Lisbona sono stati in media del 61,2% per

l’obiettivo "Convergenza" e del 76,7% per l’obiettivo "Competitività regionale e

occupazione".

Cosa ha comportato in concreto quest’ultima novità? Che significato

hanno avuto per le decisioni in materia di politica di coesione gli indirizzi stabiliti?

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Se paragoniamo la composizione degli investimenti per la coesione del periodo

2000-2006 con quella del 2007-2013, si nota un importante cambiamento delle

priorità degli Stati membri: gli investimenti a sostegno di R&S, dell’innovazione e

dell’informazione rappresentano oggi oltre il 16% dei fondi nelle regioni ad

obiettivo I e quasi il 25% nelle regioni ad obiettivo II. Nel periodo precedente si

trattava del 7% circa per entrambi i gruppi di regioni. Allo stesso modo, il

sostegno dato alle energie rinnovabili, all’efficienza energetica e ai processi

produttivi sostenibili è passato dall’1% in entrambi i gruppi ad oltre il 4% nel

primo e ad oltre il 6% nel secondo.

I cambiamenti, quindi, sono stati significativi. E il sostanziale fallimento

della Strategia di Lisbona4 non inficia affatto la validità delle migliorie apportate.

Così come non rende meno validi i suoi obiettivi, che sono stati infatti in qualche

modo ripresi nella Strategia Europa 2020. Il fatto è che complessivamente, a

fronte di obiettivi veramente ambiziosi come quelli di Lisbona, gli strumenti

mobilitati erano inadeguati, e il momento economico negativo non ha certo

agevolato la situazione.

II. IL RAPPORTO BARCA

Gli obiettivi di Lisbona, dunque, sono stati rivisti alla luce del loro

fallimento e in parte ripensati, o, forse meglio, ridimensionati. Nell’ambito

dell’ampia riflessione avviata in questo senso a partire dal 2007, un ruolo

importante ha avuto il Rapporto Barca5. Secondo tale rapporto, le motivazioni

economiche e politiche per destinare una quota del bilancio alla fornitura di beni

pubblici attraverso una strategia di sviluppo place-based, con obiettivi sia

economici che sociali, erano più che valide, e la politica di coesione forniva la

4 I progressi tra i vari Stati membri sono stati irregolari, gli obiettivi-chiave (Ricerca & Sviluppo, Occupazione) non completamente raggiunti, le regioni non sempre sufficientemente coinvolte. 5 An Agenda for a reformed cohesion policy. Rapporto indipendente del dott. Fabrizio Barca (Dirigente generale presso il ministero italiano dell'Economia e delle Finanze), aprile 2009.

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base appropriata per l’attuazione di questa strategia. Una riforma di questa

politica sarebbe stata però indispensabile, e resa ancora più urgente dalla

difficile situazione economica.

Il punto di partenza di qualsiasi cambiamento doveva essere il modello di

policy, dato l’impatto che può avere una strategia pensata e rivolta direttamente

ai territori, una strategia che renda esplicito e verificabile il focus territoriale. In

una politica place-based gli interventi pubblici si basano sulla conoscenza locale,

sono verificabili e sottoposti a controllo, e i collegamenti tra i diversi territori

assumono centralità. L’invito del Rapporto all’Unione era dunque quello di

lavorare ad una riforma globale della politica di coesione, la cui attuale

architettura rappresentava la base appropriata per l’auspicata attuazione della

strategia place-based. La riforma –secondo la proposta di Barca- si doveva

basare su dieci pilastri:

1) Concentrarsi sulle priorità fondamentali

L'Unione europea dovrebbe concentrare il 65% delle sue risorse su tre o

quattro priorità essenziali. Una o due priorità fondamentali devono avere un

obiettivo prevalente di inclusione sociale, mentre una o due priorità devono avere

un obiettivo prevalente di efficienza economica. I criteri di attribuzione dei

finanziamenti resterebbero sostanzialmente quelli attuali, che fanno riferimento al

prodotto interno lordo pro capite.

2) Un nuovo quadro strategico

Il dialogo strategico tra la Commissione e gli Stati membri (o in certi casi le

regioni) deve essere potenziato e basarsi su un quadro europeo per lo sviluppo,

che definisca con precisione principi, indicatori e obiettivi in base ai quali valutare

i risultati ottenuti.

3) Una nuova relazione contrattuale

E’ necessario un nuovo tipo di accordo tra la Commissione e gli Stati

membri (un Contratto strategico nazionale per lo sviluppo), che si concentri sui

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risultati e sulle prestazioni verificabili.

4) Una gestione più rigorosa delle priorità fondamentali

Occorre creare una serie di condizioni ex-ante al fine di perseguire ogni

priorità fondamentale e un sistema di valutazione dei progressi compiuti nel

conseguimento degli obiettivi.

5) Promuovere una spesa addizionale, innovativa e flessibile

La Commissione deve rafforzare il principio di addizionalità, secondo cui

la spesa comunitaria non sostituisce la spesa pubblica nazionale, ma viene ad

aggiungersi ad essa.

6) Promuovere la sperimentazione e mobilitare gli attori locali

La Commissione e gli Stati membri devono promuovere la

sperimentazione e la mobilitazione degli attori locali, mettendo, per esempio, una

piccola quota dei finanziamenti a disposizione della Commissione per azioni

territoriali innovative; accrescendo lo spazio di manovra della Commissione nella

mobilitazione diretta; sviluppando l’iniziativa di confronto fra esperienze diverse.

7) Promuovere il processo di apprendimento

Si dovrebbero promuovere tutte le metodologie che indagano su “quali

interventi funzionano", "per chi" e "perché "; promuovere la valutazione d’impatto

controfattuale.

8) Rafforzare il ruolo della Commissione come centro di competenza

La maggiore discrezionalità attribuita alla Commissione richiede un più

forte rapporto fiduciario con gli Stati membri; ciò a sua volta richiede un deciso

rafforzamento delle capacità e dell’organizzazione interna della Commissione. In

particolare, la Commissione deve sviluppare competenze più specialistiche e

rafforzare il coordinamento tra le direzioni generali per poter assumere più

estese funzioni e responsabilità nella politica di coesione.

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9) Migliorare la gestione e il controllo delle risorse finanziarie

Rendere più efficiente la gestione dei fondi strutturali, portando avanti la

semplificazione già in atto e studiando altri mezzi per ridurre i costi e gli oneri

gravanti sulla Commissione, gli Stati membri e i beneficiari.

10) Rafforzare il sistema di equilibrio dei poteri ad alto livello politico

Rafforzare l'equilibrio dei poteri tra la Commissione, il Parlamento europeo

e il Consiglio, con la creazione di un Consiglio per la politica di coesione.

Stimolare il dibattito sui contenuti, i risultati e gli effetti della politica di coesione.

Questi, dunque, in sintesi i suggerimenti del Rapporto Barca, che nel

complesso cercava di mettere in guardia l’Unione da alcuni fraintendimenti, ad

esempio quello di considerare la strategia basata sullo sviluppo locale come una

mera politica di redistribuzione finanziaria, così come l’idea che la soluzione dei

limiti legati alla politica di coesione si potesse trovare in una sua

rinazionalizzazione. Questa politica dovrebbe rimanere di competenza europea

per prendersi cura anche delle interdipendenze transnazionali e per assicurare

equità di trattamento a tutte le regioni, mantenendosi credibile.

Il rapporto, infine, ribadiva il bisogno di intervenire in tutte le regioni, non

solo in quelle meno sviluppate.

III. LA POSIZIONE DELLA COMMISSIONE EUROPEA

In una direzione simile a quella tracciata dal Rapporto Barca si è mossa,

per quanto riguarda la politica di coesione, la Comunicazione della Commissione

sulla Strategia Europa 2020, adottata nel marzo del 20106, che riconosce,

6 Comunicazione della Commissione EUROPA 2020 Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. Bruxelles, 3.3.2010 COM(2010) 2020 definitivo.

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almeno a parole, la centralità di questa politica7. Lo scenario in cui si è inserita la

comunicazione, in attesa di approvazione da parte del Consiglio, non è certo uno

scenario facile, visto che la crisi ha cancellato molti dei recenti progressi

economici: la crescita del PIL, che con il suo -4% del 2009, ha raggiunto il

peggior tasso dal 1930; la produzione industriale, che ha toccato un -20%,

tornando ai livelli del 1990; le altissime quote di disoccupazione (con 7 milioni di

disoccupati in più in 20 mesi, si è raggiunto il 10.3% nel 2010). Dati che devono

inoltre fare i conti con la nuova fragilità del sistema finanziario e con il

deterioramento delle finanze pubbliche. Questo mutato panorama, da un lato ha

sottolineato le debolezze strutturali dell’Unione, spingendo l’Europa a riflettere in

modo critico sulle proprie mancanze, sui propri limiti; dall’altro ha intensificato il

bagliore delle sfide globali, sollecitando una reazione forte e immediata. E’,

dunque, in una situazione di consapevolezza dei limiti riscontrati nelle strategie

precedenti e delle sfide future che si è lavorato sulla nuova strategia, che

presenta tre priorità che si rafforzano a vicenda:

Crescita intelligente: sviluppare un'economia basata sulla conoscenza

e sull'innovazione.

Crescita sostenibile: promuovere un'economia più efficiente sotto il

profilo delle risorse, più verde e più competitiva.

Crescita inclusiva: promuovere un'economia con un alto tasso di

occupazione che favorisca la coesione sociale e territoriale.

Le tre priorità trovano realizzazione tramite 5 OBIETTIVI PRINCIPALI, che dovranno a loro volta essere tradotti in target nazionali:

• il 75% delle persone di età compresa tra 20 e 64 anni deve avere

un lavoro;

• il 3% del PIL dell'Ue deve essere investito in R&S;

7 La comunicazione della Commissione, a pg 24: “La coesione economica, sociale e territoriale rimarrà al centro della strategia Europa 2020 per garantire che tutte le energie e tutte le capacità vengano mobilitate e orientate verso la realizzazione delle priorità della strategia. La politica di coesione e i fondi strutturali, già importanti di per sé, sono meccanismi fondamentali per realizzare le priorità di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva negli Stati membri e nelle regioni.”

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• i traguardi "20/20/20" in materia di clima e energia devono essere

raggiunti;

• il tasso di abbandono scolastico deve essere inferiore al 10% e

almeno il 40% dei giovani deve avere una laurea o un diploma;

• 20 milioni di persone in meno devono essere a rischio di povertà8.

Questi obiettivi sono tutti legati tra loro, e in tutti la politica di coesione

può, e dovrebbe, giocare un ruolo attivo, grazie al suo approccio decentrato e al

sistema della governance multilivello, in grado di mettere in relazione gli obiettivi

della strategia Europa 2020 e le nuove sfide degli enti territoriali.

La politica di coesione economica, sociale e territoriale sarebbe, dunque,

teoricamente al centro della strategia Europa 2020 e verrebbe riconosciuta come

fondamentale per realizzarne le priorità. Nella sostanza, però, se si va a leggere

il testo del documento, si scopre che la politica di coesione viene nominata una

sola volta, e solo con riferimento ai fondi che può mettere a disposizione per il

perseguimento degli obiettivi della nuova strategia. Non pare del tutto infondata

l’impressione di qualcuno che non venga riconosciuto alla politica di coesione il

giusto peso, che non venga tenuto conto del valore aggiunto che può apportare,

degli obiettivi che ha e dei suoi innegabili punti di forza. Insomma, il timore è che

la nuova strategia guardi alla politica di coesione come a una politica servente

più che come a una politica autonoma, con specifiche priorità.

Eppure, sull’importanza della politica di coesione come valido strumento

per affrontare e superare la crisi economica degli ultimi anni, insiste anche la

comunicazione della Commissione “Politica di coesione: relazione strategica

2010 sull'attuazione dei programmi 2007-2013”9, datata fine marzo 2010. La

comunicazione, che analizza e sintetizza, per la prima volta, le relazioni

strategiche nazionali inviate dai 27 Stati membri, ribadisce che la crisi economica

e finanziaria ha modificato notevolmente la situazione economica dell’Ue e

8 Gli ultimi due punti non sono ancora stati validati dal Consiglio europeo, che dovrà pronunciarsi il 17 giugno. 9 Comunicazione della Commissione, Politica di coesione: relazione strategica 2010 sull'attuazione dei programmi 2007-2013 Bruxelles, 31.3.2010 com(2010)110 definitivo.

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probabilmente ha anche aumentato le disparità regionali nel mercato del lavoro.

Investire nella politica di coesione significa, quindi, adoperarsi per frenare la

caduta e mantenere sotto controllo il divario. Nella comunicazione si puntualizza

anche che:

• La maggior parte dei paesi ribadisce nelle rispettive relazioni che le

strategie concordate continuano ad essere pertinenti, nonostante i

cambiamenti socio-economici. I Quadri di riferimento strategici nazionali

(QRSN), così come la maggior parte dei programmi, garantiscono

sufficiente flessibilità per adeguarsi alle nuove esigenze.

• Il volume finanziario dichiarato dei progetti selezionati nei Paesi

membri fino a questo momento è pari a 93,4 miliardi di euro, cioè oltre il

27% delle risorse Ue disponibili per il periodo di programmazione in corso.

Secondo le relazioni, un totale di 63 miliardi di euro è stato assegnato, in

particolare, a progetti che rientrano nelle priorità dell'agenda di Lisbona.

Del resto, le priorità dell'Ue stabilite nell'agenda di Lisbona già previste per

questo periodo sono –come abbiamo già detto- del tutto in linea con le

priorità della strategia Europa 2020.

• Una valutazione ex ante delle strategie nazionali condotta dalla

Commissione conclude che i fondi hanno un grande potenziale per

contribuire agli obiettivi di alto livello dell'Ue e dimostra la posizione

centrale occupata da questi obiettivi nella programmazione della politica di

coesione.

• Ma soprattutto, le relazioni nazionali sottolineano l'importanza

fondamentale delle strategie concordate nel 2007 e il valore della politica

di coesione, quale politica che mira ad uno sviluppo economico di lungo

termine.

In genere, il ritmo con cui sono realizzate le misure per attuare le strategie

e gli obiettivi concordati è buono, e tali misure sono state adattate al

cambiamento repentino della situazione economica. Dopo una media di

18 mesi di attuazione effettiva sul territorio, sono stati selezionati il 27,1%

dei progetti e l'accelerazione della spesa dimostra che si sta avanzando.

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La selezione dei progetti per l'attuazione delle priorità dell'UE stabilite

nell'agenda di Lisbona e delle altre priorità procede alla stessa velocità.

Questi progressi positivi sono in parte dovuti al fatto che gli Stati membri

stanno usando la flessibilità nei programmi per soddisfare le esigenze

mutevoli nel quadro delle priorità concordate. Il pacchetto di misure per la

ripresa della politica di coesione della fine del 2008, che prevedeva un

aumento dei prefinanziamenti, modifiche delle regole per velocizzare i

rimborsi e una serie di semplificazioni, è stato ampiamente sfruttato e gli

Stati membri hanno anche semplificato le proprie regole.

IV. LA POSIZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO

Nonostante le affermazioni della Commissione nei documenti ufficiali,

però, come ho già accennato, non tutti sono convinti dell’effettiva centralità della

politica di coesione nei futuri orientamenti politici dell’Unione. Faccio riferimento

in particolare alla risoluzione del Parlamento europeo sul contributo della politica

di coesione al raggiungimento degli obiettivi di Lisbona e di Ue 202010. In tale

documento il relatore Ricardo Cortés Lastra, da un lato esprime apprezzamento

per alcune iniziative della strategia Ue 2020 e i miglioramenti apportati rispetto

alla strategia di Lisbona, ma dall’altro non nasconde la preoccupazione per

quella che rischia di essere una mera visione utilitaristica della politica di

coesione.

Riguardo al primo punto, della strategia di Lisbona, basata soltanto sul

metodo aperto di coordinamento e su una governance multilivello piuttosto

debole, dice che non è stata in grado di raggiungere gli obiettivi prefissati da un

punto di vista strutturale e che è stato possibile ottenere dei risultati reali solo

quando è stata correlata alla politica di coesione; invita dunque a non ripetere tali

10 Relazione sul contributo della politica di coesione al raggiungimento degli obiettivi di Lisbona e di Ue 2020 2009/2235(INI) Commissione per lo sviluppo regionale, Relatore Ricardo Cortés Lastra.

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errori nella strategia Ue 2020, che dovrebbe riuscire a coinvolgere molto di più i

poteri locali e la società civile. Della strategia apprezza il carattere di lungo

termine, inteso a creare delle condizioni quadro per una crescita stabile, per la

creazione di posti di lavoro in Europa e una transizione a un'economia

sostenibile, e approva le priorità individuate. Si rammarica, però, che questa

strategia sia stata proposta ancor prima del completamento della revisione

dell'attuale strategia di Lisbona: è necessario valutare con spirito autocritico i

punti deboli della messa in atto della strategia di Lisbona prima di procedere

all’attuazione del nuovo programma. Tra i consigli di miglioramento più

interessanti, l’esortazione ad “adottare disposizioni specifiche e a prendere delle

azioni appropriate al fine di soddisfare le esigenze speciali delle regioni

caratterizzate da svantaggi naturali o demografici gravi o permanenti, come le

regioni costiere, insulari, montane, transfrontaliere e ultraperiferiche, tenendo

conto della base giuridica per la coesione territoriale fornita dal nuovo trattato di

Lisbona”.

Riguardo al secondo punto –il timore di un utilizzo servile della politica di

coesione- il relatore ribadisce con forza, in più passaggi, la centralità del ruolo

della politica di coesione: afferma che “la politica di coesione, grazie al suo

approccio strategico, alla forte condizionalità vincolante, agli interventi mirati, al

monitoraggio e all’assistenza tecnica, sia un meccanismo efficace ed efficiente

per raggiungere risultati nell’ambito della strategia Ue 2020”; ribadisce che “una

politica di coesione forte e dotata dei giusti finanziamenti, che abbracci tutte le

regioni europee, deve essere un elemento chiave della strategia Ue 2020”; “ che

tale politica, con il suo approccio orizzontale, sia una precondizione per l’effettivo

raggiungimento degli obiettivi dell’Ue 2020, nonché per raggiungere la coesione

sociale, economica e territoriale nell’Ue”.

E ancora, rifiuta con forza ogni ipotesi di rinazionalizzare la politica di

coesione e dichiara senza mezzi termini che “la politica di coesione non è solo la

fonte di assegnazioni finanziarie stabili, ma è anche un potente strumento di

sviluppo economico per tutte le regioni europee. I suoi obiettivi più importanti (il

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superamento delle disparità tra le regioni e l’introduzione di una reale coesione

economica, sociale e territoriale in Europa) e i suoi principi più importanti

(approccio integrato, governance multilivello e partenariato reale) sono gli

elementi complementari chiave per il successo della strategia e dovrebbero

essere coordinati con essa”; che “la politica di coesione non è subordinata alla

strategia Ue 2020; [perché], sebbene le priorità della politica di coesione

debbano essere allineate con gli obiettivi Ue 2020, occorre garantire una

sufficiente flessibilità per tener conto delle specificità regionali e per sostenere le

regioni più deboli e più svantaggiate affinché superino le loro difficoltà socio-

economiche e gli svantaggi naturali, riducendo così le disparità”.

Parlando di coesione territoriale, Cortés Lastra afferma che la strategia Ue

2020 dovrebbe “essere una parte integrante per il raggiungimento dell’obiettivo di

coesione territoriale, inserita come nuovo obiettivo nel trattato di Lisbona”; e che

“le iniziative locali per promuovere la cooperazione transfrontaliera

rappresentano un potenziale notevole per la coesione territoriale che non è stato

ancora sfruttato appieno”.

Infine, chiede che venga redatto un documento di lavoro della

Commissione che indichi esplicitamente la relazione tra la nuova strategia e la

politica di coesione. La sensazione, dunque, è proprio quella che per il

Parlamento, che ha approvato la relazione il 27 aprile, la posizione della

Commissione riguardo al rapporto tra la nuova strategia e la politica di coesione

non sia ancora abbastanza chiaro e che vada esplicitato quanto prima.

I timori del Parlamento e le richieste di chiarimenti non sono infondati, se

si pensa che nel Programma di lavoro della Commissione per il 201011, uscito a

fine marzo, la politica di coesione viene nominata solo due volte: quando viene

citata tra le politiche che incideranno sul futuro orientamento delle politiche di

spesa dell'Ue e quando la Commissione afferma che “preparerà la futura riforma

della politica di coesione onde promuovere la coesione economica, sociale e

11 Comunicazione della Commissione, Programma di lavoro della commissione per il 2010 È ora di agire COM(2010) 135 definitivo VOL. I.

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territoriale, in linea con Europa 2020, per modernizzare l'economia dell'Ue in

partenariato con i soggetti nazionali, regionali e locali”.

V. LA POSIZIONE DEL COMITATO DELLE REGIONI

Il Comitato delle Regioni, nella sua risoluzione relativa proprio al

programma di lavoro della Commissione12, sembra manifestare gli stessi timori

quando ricorda che le regioni sono state colpite in maniera non uniforme dalla

crisi, determinando un aumento delle disparità territoriali, e che “questa

situazione mette alla prova il concetto stesso di coesione sociale, economica e

territoriale all'interno dell'Unione europea e impone quindi di adottare misure

incisive per rafforzare il ruolo della politica di coesione”.

Con lo stesso tono si rammarica che, nonostante il peso finanziario e

politico della politica di coesione, che “apporta un contributo fondamentale allo

sviluppo dell'economia dell'Ue, oltre a rafforzarne il modello sociale”, essa non

sia sufficientemente riflessa nelle priorità degli orientamenti politici della

Commissione e auspica “un impegno forte e ambizioso a favore della politica di

coesione nell'ambito del processo di revisione del bilancio dell'Ue”. Rifiuta inoltre

con decisione ogni ipotesi di rinazionalizzazione, ricordando che l’obiettivo

fondamentale della politica di coesione è lo sviluppo armonioso dell'insieme di

tutti i territori dell'Ue.

E ancora, il documento sottolinea la “necessità di riconoscere la politica di

coesione come una politica di sviluppo a sé stante piuttosto che come un

aggregato di politiche settoriali. [Infatti] sebbene non vi sia alcun dubbio che la

politica di coesione debba contribuire e contribuirà al raggiungimento degli

obiettivi della strategia Europa 2020, essa è di fatto finalizzata a favorire lo

sfruttamento dei potenziali di sviluppo estremamente diversificati di tutte le

12 Risoluzione del Comitato delle regioni sul tema Le priorità del Comitato delle regioni per il 2010 sulla base del Programma legislativo e di lavoro della Commissione europea CdR 101/2010 EN/FR-STO/PET/cl/fb.

19

regioni, ed è quindi abbastanza flessibile da adattarsi a un ampio ventaglio di

sfide e circostanze diverse all'interno dei vari territori”.

In merito alla coesione territoriale, che con il Trattato di Lisbona diventa

uno degli obiettivi politici dell'Unione europea, ritiene che le politiche settoriali nel

loro insieme dovrebbero contribuire al suo perseguimento e chiede alla

Commissione di “essere coinvolto in maniera sistematica nelle valutazioni

d'impatto territoriale a monte delle sue proposte legislative”.

Dello stesso avviso i risultati raccolti dal CdR nell’ambito della

consultazione pubblica, avviata lo scorso aprile, sulla Strategia 2020 proposta

dalla Commissione. Nelle loro risposte gli stakeholder, le autorità regionali e

locali hanno espresso dubbi sulla strategia Ue 2020 per la sua mancanza di

flessibilità di adattamento alle diverse condizioni territoriali e per lo scarso

coinvolgimento dei vari livelli di potere e della società civile. La preoccupazione

maggiore è che la strategia non tenga conto delle disuguaglianze socio-

economiche e della disparità di accesso alle opportunità delle varie regioni e

città. Gli interventi ricordano alle Istituzioni dell'Ue la crucialità del coinvolgimento

di tutti i livelli di governo, senza il quale sarà difficile attuare la strategia e

determinarne il successo.

Tra i suggerimenti che i contributi avanzano per migliorare la strategia,

dunque, c’é una maggior apertura agli interventi dei poteri locali, ma anche il

perseguimento di una politica di coesione rafforzata, in grado di adattare gli

obiettivi di crescita alle attuali differenze socio-economiche e alle disparità tra

regioni e territori.

Il Comitato delle Regioni si è espresso in modo deciso a favore del

mantenimento di un ruolo centrale della politica di coesione anche nel suo parere

riguardo alla politica di coesione13, approvato durante la sessione plenaria del

14-15 aprile. La politica di coesione sarebbe indispensabile per colmare in modo

durevole i divari di sviluppo; per rafforzare la crescita sostenibile e l'occupazione

nelle regioni d'Europa, sostenere l'inclusione sociale e la competitività in tutti gli

13 Parere di prospettiva del Comitato delle Regioni, Il futuro della politica di coesione. Relatore Michael Schneider. CdR 210/2009 riv.e DE/EN-GIG/RES/Man/MAN/Res/cp/cl.

20

Stati membri e in tutte le regioni; per garantire la sussidiarietà e la sostenibilità

finanziaria e accrescere l'efficacia dell'azione dell'Ue14. Il parere si esprime

inoltre su:

• la capacità di adeguamento della politica di coesione, dote utile in caso

di crisi e di nuove sfide

• il bisogno della politica di coesione di essere una politica di lungo

periodo, indipendente dai cambiamenti contingenti

• la necessità di impiegare i fondi strutturali in tutte le regioni d’Europa,

comprese quelle a obiettivo competitività e occupazione

• il legame che deve esserci tra l’utilizzo degli strumenti della politica di

coesione e la valutazione dei risultati che produce

• la considerazione che l’efficacia dei fondi strutturali non è data solo dai

finanziamenti erogati, ma anche dal fatto che essi contribuiscono a

concentrare le strategie su obiettivi comuni

• la centralità dei principi di partenariato, di proporzionalità e di

sussidiarietà

• il valore dell’aspetto territoriale della politica di coesione

• i buoni risultati conseguiti nell’ambito dell’obiettivo III, cooperazione

territoriale, che andrebbe quindi mantenuto

• il deciso rifiuto dell’ipotesi di rinazionalizzare la politica di coesione

Nel corso della stessa sessione plenaria, anche il Commissario alla

politica regionale, Johannes Hahn, si è espresso sul futuro della politica di

coesione.

L’intervento è risultato particolarmente importante perché ha ribadito

alcuni temi alquanto rilevanti: innanzitutto il ruolo cruciale della politica di

coesione nel coinvolgere tutte le regioni, anche quelle più ricche, che non

devono essere penalizzate, diventando vittime del loro successo, ma aiutate a

mantenere quanto ottenuto. E poi la necessità di avere una dotazione finanziaria

14 Parere di prospettiva del Comitato delle Regioni, Il futuro della politica di coesione, punto 4.

21

adeguata per lo sviluppo delle politiche di coesione: è necessario avere un

margine di manovra sufficiente per poter portare avanti progetti rilevanti.

Dello stesso avviso anche l’ex Commissario alla politica regionale, oggi

membro della commissione per lo sviluppo regionale del Parlamento europeo,

Danuta Hübner. L’onorevole ha sempre difeso con convinzione l’importanza della

politica di coesione e opposto un netto rifiuto ad ogni tentativo di

rinazionalizzarla. Inoltre, esprimendosi in diverse sedi, ha ribadito che non ci

sono contraddizioni tra gli obiettivi della strategia Europa 2020 e il fine ultimo

della politica di coesione di ridurre le disparità tra le regioni: al contrario,

entrambe sostengono l’importanza di una crescita basata sulla ricerca e lo

sviluppo, su risposte dinamiche e innovative alle sfide internazionali.

22

PARTE SECONDA

DIBATTITO SUL FUTURO DELLA POLITICA DI COESIONE

“C’é la necessità per l'Unione europea di dotarsi di una politica di sviluppo

economico e sociale che risponda ai bisogni specifici di luoghi molto diversi.

L'Unione europea deve essere in grado di aprire nuove prospettive e di far fronte

alle sfide poste ai suoi cittadini dall'unificazione dei mercati. Una politica di

coesione rinnovata può contribuire al raggiungimento di questo obiettivo facendo

ricorso a metodi di avanguardia, accentuando l'importanza dei risultati e

adottando un moderno tipo di gestione a più livelli."

Fabrizio Barca

23

É quello descritto nella prima parte, dunque, lo stato delle cose al giugno del

2010, momento di transizione in cui tutto è sul punto di accadere. Le valutazioni

del periodo trascorso sono in fase di elaborazione e verranno presentate alla fine

dell’anno, le contrattazioni per la prossima programmazione stanno per aprirsi, e

nulla per ora sembra del tutto certo. Non sono certe le richieste dei vari Stati

membri, le cui esigenze stanno variando con l’evolversi della crisi economica.

Non sono certe le dichiarazioni delle Istituzioni, che dovranno fare i conti con le

variazioni del bilancio, prima di sapere se potranno mantenere le posizioni

assunte nel corso degli ultimi mesi. Non è certa la strategia dell’Unione, che sul

modo di gestire questo delicatissimo passaggio si sta giocando la credibilità.

Difficile, quindi, dire quale sarà il futuro della politica di coesione, la strada

che decideranno di seguire esperti e politici. Per cercare, se non di scoprire una

verità che nessuno conosce, ma almeno di intuire il possibile orientamento dei

diversi soggetti, ho svolto una serie di interviste per raccogliere il parere di chi di

politica di coesione si occupa da anni. I risultati sono stati contraddittori, i pareri

spesso divergenti, ma utilissimi per capire che il dibattito è complesso e il

risultato niente affatto scontato.

Tra gli intervistati: Lucio Gussetti, Direttore della Direzione Lavori

consultivi, Comitato delle Regioni; Andrea Pierucci, Capo gabinetto del

Presidente del Comitato economico e sociale europeo; Francesco Brocani, della

Direzione Generale Politica Regionale della Commissione Europea; Michele

D’Ercole, della Rappresentanza permanente italiana; Rodrigo Peduzzi,

funzionario Confindustria, delegazione presso Bruxelles; Gianluca Spinaci,

membro del gabinetto del Presidente del Comitato economico e sociale.

Le domande vertevano sulle principali incognite riguardanti il futuro della

politica di coesione e, in particolare, sui temi più importanti per la nostra

provincia. Innanzitutto, il peso, anche finanziario, della politica di coesione

rimarrà centrale nella politica dell’Unione o perderà importanza, subendo dei tagli

sostanziali a causa della crisi economica in corso? Ci sarà la tendenza a

concentrare le risorse sulle aree in situazioni più critiche, mettendo a rischio, di

conseguenza, le politiche per le regioni a obiettivo competitività e occupazione?

24

L’opzione legata alla rinazionalizzazione è reale o è stata accantonata?

L’obiettivo “coesione territoriale”, introdotto dal Trattato di Lisbona, rimane

confermato? E se sì in che modo verrà perseguito? Ci saranno delle politiche

pensate specificatamente per le zone di montagna?

Senza riportare le singole opinioni relative a ciascuna domanda, proverò

qui a fare un’analisi complessiva, un discorso generale, basandomi sulle risposte

date, sui confronti avuti con i vari interlocutori.

Il punto da cui è doveroso partire, per introdurre ogni altra considerazione,

è la presa d’atto che la crisi economica in corso ha cambiato le carte in tavola,

obbligando le parti a confrontarsi con una situazione problematica e per certi

versi paradossale: se, da un lato, le difficoltà nei bilanci pubblici degli Stati

membri impongono piani di contenimento del deficit e un nuovo rigore nella

gestione delle finanze pubbliche, dall’altro, si impone la necessità di investire

nello sviluppo, perché mettere da parte gli incentivi alla crescita potrebbe rivelarsi

alquanto pericoloso. Del resto, il Rapporto Barca ha parlato di politica di

coesione come politica di sviluppo, più ancora che di convergenza.

In ogni caso, prima di parlare di politica di coesione, sarà indispensabile

confrontarsi con i limiti del bilancio dell’Unione, che non potrà prescindere dai

problemi economici degli Stati membri. Qualcuno, in effetti, avrebbe proposto un

approccio diverso, affermando che se la scelta degli obiettivi dipenderà dalle

possibilità di bilancio sarà certamente poco ambiziosa e che, dunque, si

dovrebbe agire in modo contrario: prima stabilire quali sono le priorità della

politica e, solo in un secondo momento, verificare se i fondi disponibili sono

sufficienti per perseguirli tutti. In generale, però, non è questo approccio, che uno

degli intervistati ha definito naif, a prevalere: i limiti economici sono chiari e

imprescindibili, quindi bisogna tenerne conto fin dall’inizio.

La prima considerazione che possiamo fare, dunque, è questa:

qualunque discorso si voglia fare riguardo alla politica di coesione non si può prescindere da una valutazione dei fondi che verranno messi a disposizione, e quindi del bilancio, di cui non si sa ancora nulla, se non che avrà probabili riduzioni. E una delle prime voci a rischio, insieme alla

25

politica agricola comune, è proprio quella della politica di coesione.

Premessa questa valutazione, si può fare il passo successivo, cioè

chiedersi quale sarà la posizione della politica di coesione nella programmazione

2014-2020. Riguardo a questo punto le opinioni raccolte hanno rivelato diversi

gradi di ottimismo (o pessimismo), ma sono concordi su un punto: la risposta

dipende dagli interessi che prevarranno. Se si guarda la questione solo da una

prospettiva economico-finanziaria, la politica di coesione è difficilmente

difendibile: il momento è delicato e a molti non dispiacerebbe l’idea di tagliare i

fondi di questa politica per ridistribuirli su altre priorità (nella ricerca e lo sviluppo,

ad esempio), o direttamente per ridurre il contributo degli Stati membri al budget

comunitario. Ma la politica non può pensare solo agli aspetti economici, la

politica è anche altro, e se si guarda alla coesione nel suo insieme, in una

prospettiva più a lungo termine, tenendo conto dei suoi obiettivi, del valore

aggiunto che comporta, il ruolo che essa può giocare per lo sviluppo delle regioni

europee torna ad essere di primo piano. Del resto, nella fase contingente,

l’effetto leva che possono svolgere i fondi e le linee guida della politica di

coesione sull’utilizzo delle risorse statali e regionali è indispensabile: per uscire

dalla crisi si deve investire sulla crescita e lo sviluppo, sviluppare il potenziale di

tutte le aree, e la politica di coesione potrebbe certamente fare da traino.

La seconda considerazione, quindi, è questa: il futuro della politica di coesione dipenderà dal risultato dei negoziati, dal prevalere di un’ottica sull’altra: se a decidere saranno i ministeri delle finanze, tradizionalmente compatti e legati da una rete di interessi comuni molto forte, i tagli saranno probabilmente sostanziali, mentre se gli altri poli di interesse (purtroppo la politica di coesione non ha un suo specifico Consiglio dei Ministri!) riusciranno a far pesare il loro punto di vista, difendendo l’importanza cruciale della politica di coesione per lo sviluppo europeo, la sua centralità avrà più possibilità di sopravvivere. Decisivo poi sarà il formarsi di nuove alleanze tra gli Stati membri: se i Paesi maggiormente interessati alla politica di coesione sapranno creare un gruppo compatto per difendere il proprio punto di vista o se prevarrà la logica di quanti credono in un modo

26

di intervento più settoriale.

Abbiamo dunque constatato che l’interesse per una riduzione della

centralità della politica di coesione esiste ed è molto forte. Ma quali sono le

alternative proposte? Gli scenari possibili sono tre: uno spostamento dei fondi

dalle regioni a bassa performance alle zone più arretrate e spesso più efficienti,

come quelle dell’est-Europa; la settorializzazione dell’utilizzo dei fondi; la

rinazionalizzazione della politica di coesione. Mentre le prime due ipotesi sono

state relativamente prese poco in considerazione dagli intervistati, l’ultima ha

suscitato un certo dibattito. C’é chi ha definito l’ipotesi totalmente improbabile: far

passare i fondi tramite i Paesi membri, anziché rapportarsi direttamente con le

regioni, equivarrebbe a distribuire degli aiuti di stato e non è certo questo lo

scopo della politica di coesione. Secondo altri, però, questa possibilità non è

affatto irrealistica, e anzi ci sarà sicuramente chi si muoverà in questo senso. I

Paesi più inclini a questa opzione sono l’Olanda, la Danimarca, i cui territori non

sono interessati dagli interventi dell’obiettivo 1, e il Regno Unito, che vede nella

possibilità di utilizzare direttamente i fondi un mezzo per arginare i gravissimi

problemi di deficit di bilancio e di debito pubblico.

Tradizionalmente diversa la posizione di Italia, Germania, Spagna e

Francia (accanto a cui però mettiamo un punto di domanda, dovuto all’incognita

riguardo alle decisioni che verranno prese sulla riforma della PAC), favorevoli a

una struttura che coinvolga direttamente i poteri locali, che si dipani attraverso

un’effettiva governance multilivello. Secondo chi sostiene quest’ultima posizione,

sarebbe controproducente cercare di limitare le differenze tra le regioni

affidandosi all’intervento dei soli Stati, rinunciando così ad una politica che in

fondo fa gli interessi di tutti. È un aiuto irrinunciabile per le regioni più arretrate e

un’assicurazione per le regioni più ricche, che negli obiettivi della politica di

coesione trovano le linee guida per lo sviluppo di interventi in linea con le priorità

dell’Unione. Per spiegarmi, cito l’esempio di uno degli intervistati: la Lombardia è

di per sé una regione ricca, quindi non avrebbe senso aiutarla sulla base della

valutazione del PIL; eppure ha dei problemi, come quello dell’inquinamento, che

possono toccare i territori e i cittadini di altre regioni. Fissare dei target, e guidare

27

la Lombardia perché vengano rispettati, è un altro modo di sfruttare la politica di

coesione, un modo che non riguarda la riduzione delle differenze, ma il

miglioramento, lo sviluppo delle potenzialità dei territori. Questo esempio è una

dimostrazione di come la politica di coesione sia molto più di un meccanismo di

sussistenza, come viene invece considerata da qualcuno tra quelli che

vorrebbero rinazionalizzarla.

Nella discussione su un’eventuale evoluzione in questo senso, bisognerà

in ogni caso tener conto della posizione del Parlamento europeo, che

propenderà probabilmente per il mantenimento di un legame diretto della politica

di coesione con i poteri locali. Non è inverosimile, però, che prima di arrivare a

discutere di questo, il Parlamento userà il proprio peso politico per convincere i

Ventisette ad aprire una discussione sui loro bilanci pubblici. La sua influenza

diventa cioè un mezzo per aprire e guidare altre questioni.

Giungiamo così ad una terza conclusione: gli interessi in campo che premono per una rinazionalizzazione della politica di coesione sono molto forti. Altrettanto forti sono però le pressioni di alcuni Paesi importanti e di varie forze politiche che di rinazionalizzazione non vogliono sentir parlare. E c’é anche chi, senza prendere ancora chiaramente posizione, sul suo potere di far pendere la bilancia gioca le carte di più partite.

Facciamo un ulteriore passo. Ammesso che la politica di coesione

rimanga di competenza delle regioni, quale sarà il futuro di quelle a obiettivo

concorrenza e occupazione?

Secondo la maggior parte degli intervistati la percentuale di rischio per

queste regioni di veder tagliati i propri fondi non è alta. Innanzitutto perché la

maggior parte delle regioni di molti Stati membri economicamente e

politicamente forti fanno parte del secondo obiettivo e quindi questi Paesi non

hanno nessun interesse a veder tagliati i loro fondi. In secondo luogo, smettere di

investire su queste regioni potrebbe non solo impedire un loro ulteriore sviluppo,

ma anche rendere inutile l’impegno profuso fino a questo momento, e sprecate le

risorse utilizzate. Come già accennato, inoltre, il PIL non dovrebbe essere l’unico

termine di valutazione per stabilire l’allocazione delle risorse: ci sono regioni

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relativamente ricche che negli obiettivi e nel sostegno economico della politica di

coesione trovano un fattore di traino per lo sviluppo di politiche importanti sotto

molti aspetti. Infine, c’é chi ritiene profondamente sbagliata l’idea che le regioni

più ricche debbano trovare nel loro successo un motivo di discriminazione.

Riassumendo possiamo dire che: nonostante il 2013 sia ancora lontano e la situazione tutt’altro che definita, in questo momento l’ipotesi di tagli significativi per quanto riguardo le regioni a obiettivo 2 pare improbabile15. Più verosimile, secondo alcuni, potrebbe essere un’ulteriore suddivisione tra le regioni di questo gruppo, in regioni mediamente ricche e ricchissime, dove le seconde sarebbero sicuramente più a rischio di tagli.

In ogni caso, comunque, dovrà essere affrontato un problema di fondo

riguardo alla suddivisione delle regioni: sulla base di che cosa stabilire

l’appartenenza ai diversi gruppi? Si dovrà tenere conto solo del PIL come

riferimento, o anche di altri fattori? E nel caso del PIL, come dovrebbe essere

calcolato, in base a quale periodo di valutazione? La domanda potrebbe

sembrare oziosa, ma non lo é: negli ultimi anni il PIL di molti stati membri ha

conosciuto oscillazioni significative, quindi la scelta del periodo può decidere

l’inclusione o l’esclusione di alcune regioni dai rispettivi obiettivi.

Un punto su cui invece tutti gli intervistati sembrano concordare è la

necessità di legare maggiormente l’erogazione dei fondi ai risultati ottenuti: la

verifica dell’efficacia dell’utilizzo dei contributi e l’applicazione di sanzioni a chi

non rispetta obiettivi e scadenze dovrebbe essere una prerogativa fondamentale

nella gestione dei fondi. Un maggior orientamento al risultato, del resto,

presuppone anche un sistema di valutazione organizzato a priori, un metodo che

consenta di organizzare e seguire gli interventi con maggior puntualità, senza

però appesantire troppo il sistema, o eccedere in rigidità.

In sintesi, possiamo affermare che una tendenza più accentuata a legare i fondi ai risultati e agli obiettivi strategici non dispiacerebbe a

15 Ciό nondimeno il gruppo di queste regioni si sta mobilitando per difendere i propri interessi. Ci si riferisce in particolare all’iniziativa di lobbying in favore del mantenimento, nel prossimo periodo di programmazione, dell’obiettivo “competizione regionale e occupazione”, promossa dalla Bassa Austria e di cui la Provincia di Trento é co-iniziatrice.

29

nessuno, soprattutto se seguita mantenendo un po’ di flessibilità. Inoltre, fa notare qualcuno, il coincidere di parte degli obiettivi della politica di coesione e di quelli delle strategie di Lisbona prima, e di Europa 2020 poi, è stata e può essere un buon argomento a favore del mantenimento della politica di coesione, in sede di contrattazione: utilizzare i fondi per finalità che sarebbero comunque in agenda comporta un plus-valore importante.

Altro argomento discusso durante le interviste è stato quello della

coesione territoriale, concetto che va oltre la nozione di coesione economica e

sociale, in quanto ne integra e ne potenzia il significato. In termini di misure

politiche, il suo obiettivo è quello di raggiungere uno sviluppo più equilibrato,

riducendo le disparità esistenti, prevenendo gli squilibri territoriali e rendendo più

coerenti le politiche settoriali. Ciò significa garantire, nonostante le difficoltà

legate anche al territorio di alcune regioni, un accesso alle infrastrutture di base,

ai servizi essenziali e alla conoscenza, valido per tutti.

Secondo i più, il tema della coesione territoriale rimarrà importante nella

nuova programmazione, ma si dovrà prestare attenzione alla sua evoluzione. La

tentazione di costruire le basi di una posizione comune partendo dalle mere

caratteristiche geografiche è forte, ma ben più importante sarebbe riuscire a

trovare degli obiettivi comuni, delle finalità condivise indicate direttamente dai

territori.

Riguardo alla creazione di una politica specifica per le zone di montagna,

la risposta è unanime: non c’é nessuna politica ad hoc, ed è improbabile che ci

sarà in futuro. Innanzitutto perché non c’é stata nessuna campagna di interesse

che si muovesse in questa direzione, e poi perché, secondo gli intervistati, non

avrebbe molto senso: è difficile definire cosa si intenda per montagna,

impossibile trovare degli interessi comuni validi per tutti, troppo diverse le

esigenze delle differenti aree. Se poi si parla nello specifico di creare una zona alpina, la reazione è decisamente fredda: ragionare per piccole aree geografiche

rischia di balcanizzare la politica europea, piuttosto di portarla ad aprirsi a nuovi

orizzonti. Invece di basarsi sulla vicinanza geografica, i territori dovrebbero

individuare delle tematiche, degli obiettivi comuni, che possono influire sulle

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politiche di uno specifico territorio, che convergano con finalità di respiro

europeo, per unire le forze dei poteri locali e dell’Unione e perseguire insieme

obiettivi rilevanti per entrambi. Nel caso delle zone di montagna, i temi più

importanti potrebbero essere quelli del turismo sostenibile, dell’energia pulita, dei

trasporti.

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CONCLUSIONI

Queste, dunque, le tematiche toccate nelle interviste, condotte in una

situazione ancora in transizione. Il momento delicato non si presta certo a trarre

delle conclusioni: poche sono le certezze, molte le possibilità e ancora aperte a

numerose ipotesi le contrattazioni. Il dibattito è nelle sue fasi iniziali e anche se

alcuni pareri sono stati espressi, non c’é ancora nessuna posizione definitiva. La

Commissione si pronuncerà probabilmente alla fine del 2010, dopodiché si potrà

aprire il confronto con il Consiglio, presupposto per l’avvio della contrattazione,

che farà luce sulle inclinazioni dei vari attori.

Con questo breve lavoro ho cercato di chiarire i passi che hanno portato

alla situazione attuale e di dare qualche indicazione sui possibili scenari futuri. Il

compito è stato piuttosto arduo perché, a questo stadio del dibattito, nessuno si

sbilancia: troppe le forze in gioco per poter prevedere i risultati, troppo poco

ufficiali le notizie che circolano negli ambienti più informati.

Tento comunque di fare qualche considerazione finale, o meglio di

mettere sul piatto qualche domanda che possa stimolare la discussione.

Innanzitutto, il carattere incerto della forma che prenderà la politica di coesione:

si opterà per una rinazionalizzazione, un parziale cofinanziamento, o il suo

bilancio rimarrà interamente europeo? Il PIL rimarrà l’unico termine di

valutazione o verranno inseriti nuovi strumenti in base ai quali suddividere le

ragioni? La necessaria contrattualizzazione verrà rivista in un’ottica

Commissione-Stati membri o Commissione-Regioni? E poi, passando ai

contenuti: ci sarà una politica specificatamente urbana oppure no? La

concentrazione delle aree in macroregioni avrà seguito oppure no?

Indipendentemente dalle decisioni su queste questioni, però, rimarrà in

ogni caso centrale la necessità di migliorare la qualità degli investimenti e di

concentrare gli sforzi sulle nuove priorità tematiche della Strategia Europa 2020:

ricerca e innovazione, ambiente, energia e occupazione.

I possibili sviluppi, quindi, sono molteplici, la sola cosa certa è la

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consapevolezza che, al momento, i pareri espressi dalle Istituzioni hanno più

carattere politico, che tecnico-programmatico.

Importanti passi avanti sono però previsti per i prossimi mesi:

Settembre 2010: Documento di revisione del budget comunitario, fortemente

legato alla definizione della politica di coesione

Ottobre 2010: V Relazione sulla politica di coesione, che chiarirà la posizione

della DG Regio sul futuro

Proseguire del dibattito sulla politica di coesione aperto a tutti gli stakeholder

Prima metà del 2011: proposte concrete sulla programmazione dopo-2013

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BIBLIOGRAFIA

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