Polaris 47 (Luglio-Settembre 2011)

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LUGLIO - SETTEMBRE 2011 P P O O L L A A R R I I S S Organo ufficiale dell'Associazione Tuscolana di Astronomia "Livio Gratton" La Virgola della situazione n.4 Un racconto di Italo Mazzitelli Le assurde unità di misura anglosassoni Marghanna occulta una stella 4 Effemeride: Si apre l’anno sociale 2011-2012, con tante nuove sfide da affrontare Pillole: Appunti minimi, Spunti per Ricerche Foto di Enrico Moy

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Numero 47 della rivista Polaris, organo ufficiale dell'Associazione Tuscolana di Astronomia "Livio Gratton"

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PPOOLLAARRIISSOrgano ufficiale dell'Associazione Tuscolana di Astronomia "Livio Gratton"

La Virgola della situazione n.4

Un racconto di Italo MazzitelliLe assurde unità di misura anglosassoni

Marghanna occulta una stella

47

Effemeride: Si apre l’anno sociale 2011-2012, con tante nuove sfide da affrontarePillole: Appunti minimi, Spunti per Ricerche

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L’Osservatorio Astronomico “Franco Fuligni”

Sito a Rocca Di Papa (Rm) in località Vivaro, è dal 2001 uno dei principali centri per la didattica e la divulgazione scientifica del territorio dei Castelli Romani. E’ una struttura pubblica ora gestita dall’Associazione Tuscolana di Astronomia e dal Parco Regionale dei Castelli Romani, disponibile per chiunque (soci, astrofili, curiosi, gruppi e scolaresche) sia interessato a scoprire le bellezze dell’Universo. La cupola di 4 metri ospita un telescopio newtoniano da 41 cm di diametro automatizzato, altri telescopi minori e strumentazioni per la ripresa e l’osservazione. Dalla Meridiana dell'Osservatorio parte il “Sentiero delle Stelle”, un percorso attrezzato naturalistico-astronomico lungo il quale è possibile riscoprire “l’altra metà del panorama”.

Iscriversi all’Associazione

Essere Socio significa anzitutto condividere attività e scopi dell’Associazione e sostenerli, semplicemente con la quota annuale di iscrizione, oppure anche partecipando e contribuendo in modo attivo alle iniziative. In ogni caso essere Socio consente sempre di avere qualcosa in più.

Le quote annuali 2010-2011 di iscrizione all’Associazione sono: •Quota ORDINARIA (valida anche per enti e persone giuridiche): 35 euro•Quota RIDOTTA (per studenti, anche universitari): 20 euro •Quota PARTNER (comprende l’iscrizione all'Unione Astrofili Italiani): 75 euro •Quote GRUPPO (iscrizione contestuale di almeno 20 soci): 10 euro

L’iscrizione può essere effettuata:•in contanti, presso le sedi di attività sociali, durante gli orari di apertura, o in occasione di una qualsiasi delle iniziative proposte dall'Associazione; •tramite il sistema sicuro di pagamenti on-line Paypal (su www.ataonweb.it), ad esclusione della quota "gruppo";•con versamento su conto corrente Bancoposta n. 89512008 (oppure con bonifico - codice IBAN: IT 52 N 07601 03200 000089512008) intestato all’Associazione Tuscolana di Astronomia.E’ importante inviare il Modulo di iscrizione compilato corredato di copia dell'attestazione del pagamento effettuato, via e-mail a [email protected], via fax (06.94436469) o via posta ordinaria. Il modulo è reperibile sul nostro sito internet.

Consiglio Direttivo in carica fino al 10/04/2014

PresidenteLuca Orrú

VicePresidentiMarco Tadini

Rino CannavaleConsiglieri

Valeriano BottiniGiampaolo Gratton

Maria Antonietta GuerrieriGianni Lacaprara

Elisa NichelliEmilio Sassone Corsi (Past President)

Marco StangalinEnrico Ventura

Consiglio Scientificoin carica fino al 10/04/2014

Presidente Italo Mazzitelli, già INAF-IASF

ConsiglieriGiuseppe Bianco, ASI

Angelo Bodini, già ESA-ESRINPaolo De Bernardis, Univ. di Roma La Sapienza

Calvino Gasparini, INGVRaffaele Gratton, INAF-OAPD

Jonathan Lunine, Univ. di Roma Tor VergataNicola Menci, INAF-OAR

Roberto Orosei, INAF-IASFTommaso Parrinello, ESA-ESRINPaolo Saraceno, già INAF-IFSI

Collegio Sindacalein carica fino al 10/04/2014

PresidenteLeone Stefano Maria Rezia Loppio

ConsiglieriRenato AntonelliGiuseppe Mittiga

L’Osservatorio Astronomico “Claudio Del Sole”

Dal 2008, grazie ad una collaborazione con l’Associazione ASTRIS che lo ha in gestione, l’ATA può avvalersi anche di questa struttura, sita nel Comune di Cervara di Roma (ca. 1.200 m s.l.m.), in una località particolarmente buia, con scarso inquinamento luminoso e adatta ad osservazioni del profondo cielo. Adiacente all'Osservatorio si trova una locanda-ostello in grado di ospitare fino a 30 persone.Anche questo Osservatorio è aperto al pubblico su prenotazione.

Albano Laziale Giovanni lacaprara via Lavinio, 66 - 00041 Albano Laziale (RM) [email protected]

Frascati Giuseppe Mittiga via Luigi Zambarelli, 21 - 00044 Frascati (RM) [email protected]

Grottaferrata Maria Antonietta Guerrieri c/o CSC - Via dei Castani 1 - 00046 Grottaferrata (RM) [email protected]

Latina Paolo Ferretti c/o Agriturismo Prato di Coppola - via del lido km 4.2 - 04100 Latina [email protected]

Montecompatri Marco Meloni via Oberdan, 66-B - 00040 Montecompatri (RM) [email protected]

Palestrina Marco Rosicarelli via Colle di Mezzarone, 9 - 00036 Palestrina (RM) [email protected]

Rocca di Papa Marille Rispoli Via Lazio, 14 (località Vivaro) - 00040 Rocca di Papa (RM) [email protected]

Roma - VIII Municipio Giuseppe Cassarà via Tommaso Mercandetti, 38 - 00133 Roma [email protected]

Velletri Emma Scipioni c/o L'Elce - via Acqua Lucia, 74 - 00049 Velletri (RM) [email protected]

Associazione Tuscolana di Astronomia - Ass. di Promozione Sociale Determina Regione Lazio - Dip. Soc. n. D0403 del 6 Febbraio 2004codice fiscale 04971241007 - partita iva 09604761008Sede legale: viale della Galassia, 43 - 00040 Rocca PrioraWeb: www.ataonweb.it - E.mail: [email protected]

Segreteria Generale e Osservatorio Astronomico “F. Fuligni”via Lazio, 14 - località Pratoni del Vivaro - 00040 Rocca di Papa (RM)Tel./Fax 06.94436469 - Apertura Lun e Ven (9-13), Mer (16-20)email: [email protected] Service Pointc/o M42 Scienza e Natura - via Cavour, 54 - 00044 Frascati (RM)Tel 06.9419979 - Apertura da Lun a Ven (9-13 – 16-20), Gio (9-13)Osservatorio astronomico "Claudio Del Sole" (in co-gestione con ASTRIS)c/o Locanda dell’Orso - località Prataglia - 00020 Cervara di Roma (RM)

Recapiti e riferimenti delle nostre sedi locali

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A valle del XLIV Congresso UAI di Seni-gallia (15-18 Settembre – http://congres-so.uai.it), che da anni rappresenta il più importante momento di incontro e di confronto del mondo dell’astrofilia italiana, sono molto soddi-sfatto nel poter aprire questo ormai tradizionale spazio dedicato alla riflessione sull’attività della no-stra associazione, con un primo importante tra-guardo nel settore della ricerca amatoriale. Anzi, con tre importanti traguardi, uno per ciascuno de-gli interessantissimi lavori presentati dall’ATA pro-prio al congresso nazionale: si tratta della prima volta - a mia memoria - che l’ATA presenta contri-buti nel campo della ricerca amatoriale, e si tratta di una partenza alla grande.

Il primo lavoro prodotto riguarda lo “Studio della dinamica della cromosfera solare con un telescopio Coronado”, condotto da Alfredo Bertero.

Il secondo è un “Follow-up della SUPERNOVA SN2011dh in M51” realizzato principalmente da Maurizio Cervoni.Il terzo, ultimo cronologicamente ma con interes-santi prospettive davanti a sé, è attinente all’ambi-to occultazioni asteroidali e si intitola “1036 GANIMEDE occulta TYC 4264-01166-1”, gra-zie alle osservazioni realizzate da Gianni Laca-prara, Maurizio Scardella e Pier Luigi De Santi.Per tutti, è stato decisivo il contributo e l’azione di stimolo e coordinamento di Marco Stangalini, Referente del Settore Ricerca. I soci che volessero avvicinarsi e contribuire alle attività di ricerca, possono intanto informarsi sul blog apposita-mente creato all'indirizzohttp://ataricerca.wordpress.com/, raggiungibile anche dalla home page del sito ATA.

Ma i motivi di soddisfazione, in questa chiusura di anno sociale 2010-2011, sono rappresentati anche da altri due importantissimi traguardi che si stanno concretizzando proprio mentre sto scri-vendo.

Il nuovo strumento sociale, l’ACF da 14” su montatura GM2000, sta finalmente tro-vando la sua collocazione all’interno della bellissima cu-pola da 2 mt, donataci dalla fa-miglia Torsoli, montata su una struttura in legno apposita-mente realizzata nel giardino posteriore dell’Osservatorio F. Fuligni.Il nuovo strumento, la cui

completa operatività – a valle delle necessarie atti-vità di perfezionamento e testing - è prevista per fine Settembre, sarà utilizzato dai soci sotto-scrittori della raccolta fondi che hanno contribuito all’acquisto e dall’associazione stessa, prioritaria-mente per la ricerca amatoriale e l’imaging CCD.

Si apre l’anno sociale 2011-2012, con tante nuove sfide da affrontare

EFFEMERIDE

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Infine, dulcis in fundo, entro metà Settembre la no-stra associazione, grazie alla partnership con Giu-seppe Castagna e la sua attività “Futurottica” di Colleferro (con punti vendita presso il Centro Commerciale Ipercoop e in Corso F. Turati), potrà contare su uno stupendo Planetario digitale Digita-rium Zeta, con cupola gonfiabile da 7 mt di diametro, capace di ospitare fino a 50 persone e di sviluppare sullo schermo a 360° delle emozio-nanti simulazioni del cielo stellato, dinamiche e as-solutamente personalizzabili attraverso il software Nightshade fino a creare e proiettare veri e propri filmati multimediali.Si tratta di uno strumento che moltiplicherà le po-tenzialità dell’associazione nei settori della didatti-ca e della divulgazione, consentendoci di organizzare una programmazione di eventi pubbli-ci nel corso di tutto l’anno ed in tutte le località del territorio.

Tutti questi risultati, rappresentano anche importanti investimenti che l’Associazione sta compiendo in un periodo non certo positivo in termini di disponibilità di risorse, specie per le atti-vità culturali, didattiche e di promozione scientifi-ca. Difficoltà che stiamo toccando con mano, con un Bilancio economico che nel corso di quest’anno ed in particolare proprio durante il periodo estivo, si è andato via via assottigliando, anche a causa di una serie di sfortunati esiti di proposte di contri-buti su progetti fatti a Comuni, Provincia, Regione. Abbiamo tuttavia ben compreso, come evidenziato anche nella Effemeride del Polaris precedente a questo, che purtroppo non si tratterà di una circo-

stanza eccezionale, ma di una condizione perma-nente, quantomeno nel breve-medio termine, con cui fare i conti.

La prossima sfida diventa dunque quella di mo-dificare ed innovare abbastanza radicalmente il nostro modus operandi, in termini organizzativi e gestionali e quindi la nostra stessa organizzazio-ne, per riuscire a sfruttare appieno le opportunità che questi nuovi strumenti – in particolar modo il Planetario itinerante – sono in grado di generare.

Per discutere insieme di quanto sopra e raccoglie-re idee e proposte, chiudo invitandoVi a partecipa-re, il prossimo sabato 15 ottobre, all’evento che si svolgerà quest’anno a Frascati (Scuderie Aldobrandini) per la ricorrenza del “compleanno” dell’Associazione e l’apertura dell’anno sociale di attività 2011-2012: avre-mo bisogno del contributo di tutti, come sempre. Buon ritorno al lavoro !

Luca OrrùPresidente Associazione Tuscolana di Astronomia

POLARISGiornale dell'Associazione Tuscolana di Astronomia

Anno XVI - Numero 47 - Luglio - Settembre 2011Direttore ResponsabileFranco Foresta Martin

RedazioneRino Cannavale

Luca OrrúAurora Iannucelli

Contatto: [email protected]

Il Consiglio Scientifico non e' responsabile dei contenuti,

POLARIS e' un organo interno dell'ATAAutorizzazione del Trib.di Roma N.512/97 del 19/09/97

EFFEMERIDE

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DistanzaQuella più usata per oggetti piccoli è il pollice o inch (abbreviato “in”) oppure la doppia virgoletta "), pari a 25.4 mm (nota: l’Italia è l’unico paese al mondo dove il separatore decimale è la virgola; io userò, ostinatamente, il punto). Per misurare cose più grandi si usa preferentemente il piede o foot (abbreviato “ft” oppure la virgoletta singola ').

Il piede equivale a 12 pollici (0.3048 m). Meno male... 12 è un bel numero: infatti è divisibile per due, per tre e per quattro, rendendo alcuni calco-li, nesessari nella pratica costruttiva, più facili.

Quando il piede diventa troppo piccolo agli effeti pratici si usa la iarda o yard (abbreviato “yd”) pari a 3 piedi ossia 36 pollici ossia 0.9144 m. Poi si passa, per le grandi distanze, al miglio o mile

ARGOMENTI

Le assurde unità di misura anglosassoni

Cesare La Padula

In questo breve testo vi illustro la Babele delle unità di misura usate ormai praticamente solo negli USA. Una volta che ci si è impelagati in questo marasma risulterà molto difficile passare al sistema SI (International Units System; la sigla SI viene dal francese Système International d'unités).

Pensate, solo per es., all’enorme quantità di macchine utensile presenti in territorio nordamericano (torni, fresatrici, ecc.): esse hanno le manopole graduate in pollici, quarti, ottavi, sedicesimi, trentaduesimi, ecc. Quelle più moderne sono graduate in pollici e millesimi di pollice. Sostituire i meccanismi di queste macchine affinché “leggano” le misure nel sistema SI avrebbe dei costi spaventosi. E questo accade anche per tutto il resto delle cose quotidiane a cui la gente è assuefatta a questo praticamente ridicolo sistema di unità di misura.

E' un po’ come pretendere che nei paesi dove si guida a sinistra (per es., Gran Bretagna) si passi alla guida a destra... impossibile!

Vediamo adesso le unità di misura dette “anglosassoni”.

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(abbreviato “mi”), pari a 1609.344 m. L’origine del miglio è estremamente fantasioso: deriva dalla distanza camminata in pianura con mille pas-si completi (passo fatto con lo stesso piede) da una legione romana (!). Il miglio equivale a 1760 iarde ossia 5280 piedi. Quì eventuali calcoli di conversione alle altre misure di distanza diventa-no assai difficili.

Il miglio nautico o nautical mile (abbreviato “Nm”) ha una più ragionevole origine; infatti esso è la distanza che è necessario percorrere sulla su-perfice terrestre per cambiare di un primo (ossia di un sessantesimo di grado) la propria latitudine. Equivale a 1852 m. Non appartiene al sistema SI, beninteso.

Non si sa chi ringraziare se altre unità di misura so-no praticamente obsolete; per es., il phatom (che serviva a misurare le profondità in mare) equiva-lente a 6 piedi o il cubito o cubit (la lunghezza del avambraccio, usato soprattutto per vendere tessu-ti) pari a 18 pollici (0.4572 m).

Peso / massaEcco un altro grande motivo di confusione!Per peso si intende la forza verticale esercitata da una certa massa sottoposta all’accellerazione gravi-tazionale della Terra. Essendo dipendente dal pia-neta in cui viviamo esso non è assolutamente adatto a descrivere la spinta propulsiva di un razzo o la forza esercitata, per es., da una molla.

Nel sistema di misura anglosassone si usa la libbra o pound (abbreviato “lb”) o meglio, più pre-cisamente, “lbf” dove la “f” sta a indicare ch si tratta di una forza). Una libbra è divisa in 12 once o ounces abbreviato “oz”. Equivale a 4.448222 N (Newton) del sistema SI, circa 0.453437 kg-forza (ossia il peso di una massa di 1 kg –solo– sul no-stro pianeta).

Per fortuna ci hanno pensato gli scienziati (poco convinti di dover usare questo sistema assurdo) a definire l’unità di massa anglosassone con la libbra-massa o pound-mass (abbreviato “lbm”). Tuttavia nella letteratura scientifica spesso si omette o la “f” o la “m”) e così sta al lettore interpretare quello di cui si parla. Nella letteratura missilistica o aeronautica USA troverete (orrore!) dovunque le “libbre di spinta” di un razzo o di un reattore (ovviamente si tratta di lbf, una quantità non esportabile nello spazio).

VolumeSi misura usando il gallone o gallon (abbreviato

“gal”) equivalente a 3.785411784 l (1 litro = 1 dm cubico) da non confondere con quel gallone (ormai usato in Inghilterra solo per la vendita della birra, lo “Elizabethan beer and ale gallon”) equivalente a 4.621 litri.I galloni si dividono in 4 quarti o quarts che so-no a loro volta divisi in 2 pinte o pints (fonetica-mente: paints) cadauno ossia che un gallone è costituito da 8 pinte. (1 pinta = 0.473176473 li-tri).Per la misura dei volumi in campo petrolifero si usa il barile o barrel (abbreviato “brl” o “bbl” che corrisponde a 42 galloni ovvero a

158.987294928 litri. Quest’unità di misura deriva dalla capienza dei barili in quercia usati dai pro-duttori di Whiskey inglesi prima e nordamericani dopo.

Quì la questione si complica assai perché negli USA la definizione ufficiale di barile è di 31.5 gallo-ni ossia 119.24 litri. E non basta! Esistono galloni e barili “liquidi” e “asciutti” ovvero US Gallons (Li-quid) e US Gallons (Dry)!!! Ma per chi lo vuole proprio sapere:1 gal (US Liq) = 0.032738 bbl (US Dry);1 gal (US Liq) = 0.031746 bbl (US Liq);1 gal (US Liq) = 0.023809 bbl (US Oil);1 gal (US Liq) = 0.032258 bbl (US Fed –federa-le–) e, finalmente

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1 gal (US Liq) = 0.023129 bbl (UK)

Forse è per questo che il petrolio costa cosi tanto...

TemperaturaAh! Quì c'è da mettersi le mani nei capelli e strapparseli!Per definire la scala Celsius o Centigrado, adottata dal sistema SI, si usa l’elemento più abbondante nell’Universo: l’acqua. Quando l’acqua si congela si ottiene lo zero e quando bolle (a pres-sione standard al livello del mare ossia 1013.25 hPa) si ottengono i 100 gradi Celsius. Sic et simpli-citer...

Negli USA, per fare contenti quelli dello UCAS os-sia Ufficio Complicazione Affari Semplici (in ingle-

se la sigla sarebbe BCSM ovvero Bureau for the Complication of Simple Matters), si usa la scala Fahrenheit definita da questo eccentrico scienziato nel lontano 1724. Per rendere le cose ben bene complicate lui usò una soluzione di acqua, cloruro di ammonio (è un sale) e ghiaccio, la pensata dove-va essere sicuramente il frutto di una notte insonne e/o piena di incubi.Questa miscela diabolica si raffredda da sola (la so-luzione del cloruro di ammonio nell’acqua –già raffreddata a 0°C dal ghiaccio– è endotermica) e si stabilizza ad una temperatura di -32°C che vie-ne definita come lo Zero Fahrenheit; il secondo punto, ovvero i 100 gradi Fahrenheit, costui la ottiene (incredibile ma vero!!!) misurando la temperatura sotto l’ascella di sua moglie!!! Poi vennero fatte delle correzioni in quanto statistica-mente la temperatura media del corpo umano, nella scala Fahrenheit prima del “ritocco”, sarebbe stata di 98.6°F; con la correzione fu portata a 100°F (rendendola indipendente dalla temperatu-ra dell’ascella della moglie).

Per farla breve, per passare da °F a °C e vice-

versa si devono usare le formule seguenti:

C = (F - 32) . 5/9F = C . 9/5 + 32

Per fare le conversioni con una certa precisione non resta che usare delle tabelle o una calcolatri-ce.

Velocità, Accelerazione, Pressione, Densità, CoppiaEntriamo nel campo delle combinazioni delle unità di misura semplici (descritte precedentemente).

i- La velocità è il rapporto fra la distanza percorsa e il tempo impiegato:Nel sistema anglosassone v = miglie/ore o MPH (Miles Per Hour; 1 MPH 1.609344 km/h). Per quanto riguarda problemi balistici e roba del gene-re si usa il piede/s o FPS (feet –plurale di foot– per second); 1 ft/s = 0.3048 m/s.ii- L’accelerazione è l’espressione di quanto cambia la velocità nell’unità di tempo;la si può misurare in vari modi, per es., ft/s2, mi/s2, ecc. L’accelerazione non la vedrete mai espressa in mi/h2.iii- La pressione è la forza che agisce sulla unità di superfie (nel sistema SI è espressa in N/m2 ossia in Pascal). Nota 1: 1 Pa = 0.00001 bar.Nota 2: il bar (abbreviazione di baria) non fa parte del sistema SI bensì del sistema cgs.Nota 3: la pressione atmosferica standard è di 1013.25 hPa (etto o hecto Pascal uguale a un centesimo di Pascal = un millibar).Quella più usata negli USA è espressa in libbre-forza per pollice quadrato (1 lbf/in2 = 0.06894757 Pa). Nel gergo tecnico le lb/in2 vengono chiamate PSI (foneticamente: pi es ai).iv- La densità è il rapporto fra la massa e il volu-me, cioè lbm/ft3.Negli USA, tanto per confondere un altro po’ le idee, spesso la si confonde con il rapporto fra il peso e il volume; in questo caso lbf/ft3 (è più corretto chiamarlo peso specifico e non densità).v- La coppia (di torsione), detta torque in inglese, è una forza moltiplicata per la lunghezza della leva alla quale estremità è applicata (perpendicolarmente) la forza.Viene espressa in lbf.ft (1 lbf.ft = 1.35582 N.m).

PotenzaNel già abbastanza contorto sistema anglosasso-ne, che ostinatamente continua ad usare unità de-finite malamente, ecco un altro bel motivo di

ARGOMENTI

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confusione: il Cavallo Vapore o Horsepower (abbreviato HP). Questa è una vera e propria giungla!In origine il Cavallo Vapore venne definito in modo da potere comparare la resa delle machine a vapo-re con la “potenza” dei cavalli da tiro. (No comments! Forse trovarono dei cavalli standard!). Purtroppo si è continuato a usarlo anche per la po-tenza di motori elettrici, a combustione interna, turbine, ecc.

Nel sistema anglosassone esistono (tanto per cambiare) diverse definizioni:a- il “mechanical horsepower”, altrimenti cono-sciuto come imperial horsepower, di esattamente 550 libbre.piede per secondo (lb.ft/s); approssi-matamente uguale a 745.7 W.b- il “metric horsepower” uguale a 75 kgf.m per secondo che è approssimatamente 735.499 W. (No-tare che 1 N.m/s = 1 J/s = 1 W).c- il “boiler horsepower”, che viene usato per va-lutare i generatori di vapore (boilers) ed è equiva-lente alla potenza necessaria per fare evaporare 34.5 libbre di acqua (chissà perché proprio 34.5 lb?) per ora (hour) a 212°F (100°C), ossia 9809.5 W.d- il “electric horsepower”, usato per stimare la resa dei motori elettrici, uguale a 746 W.e- il “Continental European Electric Motors HP”) uguale a 0.735 kW.

f- Per i veicoli nella Europa continentale veniva usato, fino a poco tempo fa, il Cavallo Vapore Fi-scale poi (felicemente) abolito per adottatare una misura più seria: la potenza (vera) in kW.Finalmente, per definizione, l’ unità metrica del HP è 735.49875 W, visto che i valori anglosassoni vanno da 735 a 750 W e non si mai quali pesci prendere!

EnergiaQuì viene adottata la “British Thermal Unit” (BTU) che è una tradizionale unità di energia uguale a 1055.05585 J (Joule) del sistema SI. La sua definizione è simile a quella della caloria poi adottata nel sistema SI; ed è la quantità di energia necessaria a riscaldare una libbra di acqua di 1°F (0.556 C).Le BTU si usano principalmente per dare una sti-ma del contenuto energetico dei combustibili (BTU per libbra o per gallone, secondo i casi).Se da qulche parte trovate la sigla MBTU attenti! Non sono MegaBTU ossia milioni di BTU ma la M sta per il numero romano mille (!), quindi, mille BTU.

Altre unità di misura.Per fortuna le altre unità di misura usate in campo scientifico sono di più chiara definizione e non necessitano particolari commenti. Esse sono le misure di Tensione elettrica, Corrente elettrica, Resitenza elettrica, ecc.

Toccato il fondo o meglio le fondamenta di questa Torre di Babele si capisce subito quanto siano complicate ed eccetriche le unità di misura dette anglosassoni, soprattutto nell’uso scientifico. La graduale conversione al sistema metrico o per me-glio dire al sistema SI si farà sicuramente, ma la si vedrà in funzione nell’economia degli USA, con tutta probabilità, solo nel XXII secolo!

Il Sistema InternazionalePer finire, spezzerò una lancia in favore del siste-ma SI. Quì siamo nel campo della ragionevolezza nonché del rigore scientifico. Tanto per incominciare va precisato che le unità di misura, nel sistema SI, si scrivono con la minuscola a meno che non derivi-no dal nome dello scienziato che le ha storica-mente definite. Per esempio m, kg, l (litro), cal (caloria), ecc. si scrivono con la minuscola tranne che per alcune eccezioni nel caso dei multipli: M, Mega (unmilione di volte), si scrive così per non confondersi con m = milli (millesimo).

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Quelle che derivano da nomi propri si devono scri-vere con la maiuscola: V (Volt), A (Ampère), W (Watt), J (Joule), N (Newton), Pa (Pascal), ecc.E' sbagliatissimo scrivere Km/h invece di km/h, tanto come esempio.

DistanzaSi usa solamente il metro (m) e i sui multipli o sotto multipli. Il metro è nato come la dieci-milio-nesima parte della distanza fra l’equatore e uno qualunque dei poli. Siccome fare una misura accu-rata di tale distanza è pressoché impossibile venne ridefinito come la distanza fra due graffietti su di una barra avente sezione ad X in lega di plati-no e iridio (dal coefficiente di dilatazione presso-ché nullo) conservato a Sèvres, in Francia, nello Bureau International des Poids et Mesures ossia l’Ufficio Internazionale dei Pesi e delle Misure vici-no a Parigi.

Siccome è necessaria una migliore risoluzione (anche quei sottili graffietti hanno una dimensione non trascurabile) nel 1960 si ridefinisce il metro co-me uguale a 1650763.73 volte la lunghezza d’onda della riga di emissione (rosso-arancio, 605.78 nm, nanometri = 10-9 m) dell’atomo del Krypton 86 nel vuoto. Esportabile nello Spazio.Per una ancora migliore accuratezza nel 1983 si rimpiazza questa ultima definizione con la se-guente: il metro è la distanza percorsa dalla luce nel vuoto in 1 / 299792458 di secondo. Esportabi-le nello Spazio anche così.Una volta definito il metro si passa, in modo assai razionale, alle altre definizioni.

Peso/massaSi definisce l’unità di massa il kg (kilogrammo) co-me la massa di un decimetro cubo (1 litro) di acqua.distillata a temperatura e pressione standard. Esportabile nello Spazio.Si continua ad usare impropiamente il kg come misura di peso, ossia una massa di 1 kg moltipli-cata per il valore dell’accelerazione di gravità sulla Terra. Il peso, essendo una forza, andrebbe misu-rato in N (Newtons) ma va a farlo capire al pizzica-rolo o a chi va al supermercato! Sulla Terra, 1 kgf (ovvero peso) equivale a 9.81 N (precisamente 9.807 N).Il Newton, invece, è la forza che agisce su di una massa di 1 kg sottoposta a un’accelerazione di 1 m/s2. Adoperiamoci affinché il kgf non venga usato impropiamente, per es., per quantificare la spinta di un razzo o la forza di una molla o cose del genere. Questo sarebbe un tradimento al impeccabile sistema SI e lo si farebbe assomiglia-re al caotico sistema anglosassone!

VolumeSi usano solamente il litro (pari ad 1 dm3) o il metrocubo (m3) pari a 1000 l.

Altre unità di misuraLe restanti unità di misura del sistema SI non ri-chiedono ulteriori commenti. Con il sistema SI fa-re i calcoli è semplice e praticamente a prova di sbaglio. E' già capitato che, a causa dell’intricato sistema anglosassone, sono state sbagliate delle conversioni che (oltre ad aumentare il carico di calcolo dei computers) hanno, molto proba-bilmente, causato il fallimento di alcuni esperi-menti spaziali USA.

ARGOMENTI

Appunti minimi, Spunti per RicercheL’ Ossigeno

Circa 2000 Ma fa si verificò un evento molto importante per lo sviluppo della vita in una certa direzione: la composizione dell’atmosfera terrestre cambiò decisamente per l’apporto di ossigeno libero, prodotto da certe alghe in grado di espletare la fotosintesi clorofilliana. In natura l’ossigeno tende a combinarsi facilmente, come per esempio durante i processi di ossidazione. Fin quando sulla Terra ci saranno organismi in grado di produrlo, la vita sul Pianeta sarà garantita.

E’soprattutto nel nostro interesse proteggere e difendere il mondo vegetale.

a cura di Ugo Intini

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riuscire dove lo stesso Einstein aveva fallito malgrado quarant’anni di sforzi: l’unificazione della Relatività Generale con la Meccanica Quantistica, ovvero di tutte e quattro le forze della Natura in una sola. E qui bisogna sosta-re un attimo a riflettere.Il Modello Standard – sappiamo – unisce tre forze (Elettromagnetica, Nucleare debole e Nuclea-re forte) sotto il cappello della Meccanica Quantisti-ca; la Gravità se ne rimane sola soletta, avvinghiata alla Relatività Generale. Rivediamo le basi del dilemma che ha sempre frustrato ogni tentativo di far convolare a nozze questi due scena-ri, semplificando molto anche perché, più di così, io non riesco a capire.

1) La Meccanica Quantistica ha bisogno che lo spaziotempo, specie il tempo, sia un fonda-mento “stabile”, dove non ci sia posto per le curvature, le torsioni e le altre nefandezze (tutte ben sperimentate, intendiamoci) della Relatività.

2) Per la Relatività Generale, tutte le quanti-tà fisiche devono essere “continue”, e non so-no consentiti i “salti” più o meno esoterici (ma che in Natura si vedono benissimo) della Meccanica Quantistica.

Uno potrebbe dire: «Va bene: se le cose stanno così, ci sono due strategie che vale la pena di se-guire. La prima è “quantizzare la Relatività”, la seconda è “relativizzare la Quantistica”». Manco a farlo apposta, da qualche decennio a que-sta parte ci sono matti invasati che cercano di fa-re una cosa o l’altra. Anzi: ciascuno dei due campi di ricerca è arrivato tanto avanti, che si fanno la guerra tra loro.

Partiamo dalla prima delle due strategie: quantizzare la Relatività. Come si fa? Non lo so e non lo sa nessuno, ma un inizio ragionevole po-trebbe essere il seguente. Siccome non è vero che “Natura non facit saltus” come sosteneva Leibniz ma, al contrario, “Nihil nisi saltus natura facit”, proviamo a ipotizzare che perfino lo spazio e il tempo non siano continui, ma possa esistere qualcosa di analogo a un grumo di spazio e un grumo di tempo. E cioè: esaminati con microscopi e cronometri di potenza fantastica, spazio e tempo finirebbero per mostrare anche loro una struttura granulare. Al di sotto di certe quantità minime, entrambi cesserebbero di essere tali o,

Matuzalem

La virgola della situazione n.4

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se si preferisce, nel misurare spazio e tempo non si potrebbe individuare qualcosa di più piccolo di una “distanza minima” e di un “intervallo minimo”. Un po’ come succede con le quantità di materia: quando si giunge alle particelle elementari, si è arrivati alle matrioske più interne della serie di bambole; quelle formate di legno pieno, che non si possono aprire ulteriormente. Questa strategia viene definita: Gravità Quantistica a Loop (igno-rate i loop: ce li ho messi solo per evitare critiche dai saputelli che spuntano come funghi). «Tutto be-ne,» direte, «ma come si calcolano queste ipoteti-che quantità minime?» Lo vedremo tra qualche paragrafo.

La seconda strategia è relativizzare la Mecca-nica Quantistica, e qui si sono ormai accumulati quarant’anni di lavoro che hanno condotto a successi travolgenti … purtroppo solo teorici. Sia-mo infatti arrivati al Modello delle Su-perstringhe, secondo il quale le particelle elementari sono pezzettini di elastico (stringhe) vi-branti. Ogni modalità di vibrazione corrisponde a

un’energia diversa, e siccome energia e massa vanno assieme (E=mc2), alla fine noi vediamo particelle con masse differenti. Come dite? Di cosa è fatto l’elastico? Mah, non lo so! Forse di spaziotempo, forse no. Siamo nelle congetture, tanto vero che l’intero Modello è stato definito come «… una teoria del prossimo secolo, caduta per sbaglio in questo», e cioè: qualcosa di altamente speculativo e generico. In qual modo Relatività e Quantistica si fondano tra loro è ce-lato in risvolti matematici di cui non capisco un accidente, e perciò tanto basti: in migliaia ci hanno lavorato, decine di migliaia sono gli articoli pubblicati. Adesso pare che ci sia una fuga verso altri settori della Fisica, perché le Superstringhe

hanno imboccato – a quel che dicono alcuni – un binario morto. L’ultimo guizzo vitale si è avuto nel Maggio del 1994, quando Witten, lo stringarolo di maggior fama, ipotizzò la cosiddetta “Teoria M” co-me soluzione a ogni problema, senza però specifi-care cosa sia questa fantomatica Teoria del Tutto che sembra piacere tanto a Hawking.

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Adesso arriviamo a quanto sono lunghi que-sti laccetti che vibrano. Si pensa che coprano una distanza di qualche decina, forse un centinaio di grumi di spazio, gli stessi di cui parla la Gravità Quantistica. Così, le piccole stringhe di spa-zio(tempo) avrebbero agio di ballare secondo confi-gurazioni diverse, dando luogo all’intero spettro di particelle che osserviamo negli acceleratori. Carino, vero? Purtroppo ci sono alcuni problemini … il primo dei quali è che non si sa nemmeno co-me scrivere le equazioni giuste; altro che ri-solverle! E poi, il Lettore accorto già saprà che il modello richiede l’esistenza di nove dimensioni spa-ziali (dieci, nella Teoria M), non solo le tre che ve-diamo e sperimentiamo. Quelle nascoste dovrebbero essere arrotolate punto per punto, dando luogo a superfici vibranti a sei dimensioni, che si estendono anche loro per una piccola quanti-tà di grumi di spazio. E badate: Matusalem avrà pu-re l’Alzheimer a un livello che, se il povero Dr. Alzheimer se lo fosse mai sognato, avrebbe cambiato lavoro, ma le cose stanno – con le opportune semplificazioni – come vi ho raccontato.

Di riffa o di raffa, stiamo girando attorno a que-sta benedetta lunghezza minima, al di sotto della quale il concetto di “distanza” e addirittura di “spazio” perdono di significato. La calcolò Max Planck, nei primi anni XX secolo, combinando le co-stanti fondamentali della Natura. Il valore del quanto minimo di spazio così ricavato è all’incirca 10-33 centimetri, vale a dire che, volendolo scrive-

re in notazione normale, avremmo 33 zeri dopo la virgola. E il tempo minimo? Circa 10-44 s. Ora attenzione: numeri così piccoli fanno molto como-do ai fisici teorici, perché anche il grande accele-ratore LHC non può misurare oggetti più piccoli di 10-19 cm, ovvero centomila miliardi di volte più grandi! Quindi, ciascuno si può sbizzarrire a calco-lare le peggio baggianate che gli vengono in mente, e come sperimentarci sopra per capire se sono giuste o sbagliate? Così, al passare degli anni, Superstringhe e Gravità Quantistica si sono dotate di un terreno di gioco comune, e perfino i praticoni del Modello Standard sono riusciti – una porcata matematica in più non costa nulla – a imbastire qualche machiavello per stringere i fili tra la Gravità e le altre forze di natura. Ma …Ma, alla fine di Giugno 6015 del mio calendario (il 2011 di quello Gregoriano), un gruppo di astrofisi-ci europei ha annunciato una scoperta molto, moolto, mooolto interessante. Perché, vedete, LHC sarà pure la più grande macchina sperimenta-le mai costruita sulla Terra, ma si dà il caso che il nostro pianeta sia collocato all’interno di una cosi-na definita “Universo”, e quest’ultimo è un po’ più esteso di LHC. Nello spazio e nel tempo. Così, pu-re dove LHC non può arrivare, esperimenti esegui-ti nell’intero Universo ci possono giungere. Con buona pace di quei teorici che si divertono a caz*§##@€°§ (pardon: “fantasticare”) senza fre-ni. In soldoni: l’analisi di alcune caratteristiche di un fiotto di raggi gamma proveniente da una galas-sia lontana 300 milioni di anni-luce, ha dimostrato che, ammesso che esista davvero una granulazio-ne dello spazio, essa è almeno centomila miliardi di volte più piccola di quella calcolata da Planck, e finora utilizzata per fondarci sopra tutti i modelli più eleganti e cervellotici. Occorreranno altre conferme, è chiaro, ma sembra difficile demolire del tutto un risultato così imponente.Quali le ripercussioni su Gravità Quantistica, Su-perstringhe e Modello M? Non ne ho idea ma, se spazio e tempo fossero continui e fosse vero che Natura non facit saltus, potrebbe essere giunto il momento di tirare lo sciacquone su tutto, e riparti-re da zero. A proposito: mi ero dimenticato di spiegare cosa significa il prefisso “Super” nella

Ci rinunciamo, ormai non ci resta che aspettare la prossima puntata...

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STELLE NARRANTI

“…l'inspiegabile aura d’orrore promanante da que-gli inumani, assurdi, quasi osceni edifici, resi informi dalla grottesca follia del loro odioso archi-tetto, più ancora che dalla loro opprimente antichi-tà ...” Scaraventai il libro sul tavolo con un istintivo moto di disgusto. Esso mi ispirava un’arcana ripu-gnanza, tanto più viscerale in quanto dovevo rico-noscere al suo alieno autore una ben solida comprensione del mio stato d’animo proprio in quel momento, e ciò mi dava l’orribile sensazione che uno di quei mostri assurdi, ancorché morto e putrefatto da tempi immemorabili, si annidasse in qualche modo dentro di me, con tutto il suo abomi-nevole carico di corruzione, spiando i miei pensieri più reconditi, e intossicandomi con i suoi venefici umori. Forse si trattò di una reazione dettata dalla debolezza. Forse qualcuno più forte e volitivo di me avrebbe saputo vincere l’avversione e procede-re nella lettura, alla scoperta di quali tenebrosi se-greti non oso immaginare. Qualcun altro; non io. Il Lettore provi a calarsi nel mio essere di allora. La mia vita d’impiegato governativo, sino a quel momento ordinata e prevedibile nella concreta soli-dità della routine burocratica, veniva improvvisa-

mente sconvolta fino alle sue fondamenta dallo spaventevole avvenimento in seguito al quale ero stato sbalzato in quel luogo incognito e malvagio. Certo, non posso dire di non essere stato io mede-simo estraneo al corso di eventi che laggiù mi ave-va condotto. Tutt’altro, anzi! Con caparbietà e perversa diligenza, e malgrado l’amorevole e reite-rato consiglio contrario di quanti mi volevano be-ne, costruii con accanimento, giorno per giorno, mese per mese, la mia sventura. Se ero ormai in grado di scorrere con speditezza le maligne pagi-ne del libro blasfemo dinanzi ai miei occhi, tratto a caso dalla minacciosa scaffalatura incombente alle mie spalle, ciò avveniva solo perché mi ero lungamente applicato, per innumerevoli notti insonni trascorse nella soffitta della mia casa, al ri-paro da sguardi indiscreti – fossero anche (e so-prattutto) quelli della mia adorata moglie e dei miei figlioletti – a decodificare gli irti glifi in cui si esprime questa scrittura d’incubo, e apprendere il singhiozzante vocabolario, e le basi della perversa sintassi, ammesso che ne esista una, di questo idioma maledetto.Le prime pagine del libro, quelle appena sfogliate,

Omaggio a Lovecraft(degenere, gutturale biascichio)

Un racconto di Italo Mazzitelli

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STELLE NARRANTI

giacevano ancora aperte, un po’ sollevate in aria. Ciò mi causava un disagio indescrivibile; l’idea stes-sa di lasciare quegli scritti malevoli in piena vista, alla luce e, in un certo modo, liberi di espandersi nell’atmosfera gravida di miasmi tutta intorno a me, sovreccitava i miei nervi al punto avere quasi l’impressione d’intravedere tenui vapori giallo-verdognoli esalare come fuochi fatui tra i fogli. Sopraffatto dal senso di abbandono, solitudine, distacco e, soprattutto, terrore, mi risolsi a rove-sciare, con un gesto rapido e secco, il libro dall’altra parte, onde la gran massa di pagine non ancora lette, e che ovviamente mi sarei ben guardato dal tentare in futuro, gravasse sulle po-che già sfogliate, e il libro restasse chiuso. Più tardi, quando avessi radunato abbastanza i miei va-cillanti spiriti, avrei reinserito a forza quel volume nel luogo malefico a lui spettante, pigiato tra altri della sua medesima sorta, onde questi ultimi svolgessero almeno – a mio beneficio – il servizio di comprimersi a vicenda, negandosi l’un l’altro qualunque spiraglio per aprirsi. Maledissi una volta di più il giorno in cui, per cieca e sragionante bramosia di conoscenza e di avanza-mento di carriera, mi offrii volontario di fronte al concistoro dell’immonda setta che a tali abomina-zioni presiede. Smosso da potenze inimmaginabili, venni scaraventato attraverso un vortice di spazio e di tempo quale persino i più profondi cultori di queste occulte conoscenze sanno forse governare, ma non certo comprendere appieno, e mi trovai al limitare di questo luogo, dove ... dove ESSI mi attendevano!

Oh, non mi fecero del male in modo diretto. Per lo meno, non me ne fecero più di quanto la loro innata bestialità, e la loro sprezzante incuria di ogni sentimento d’umanità, non rendesse inevitabi-le e, ai loro bulbosi occhi, persino accettabile e ra-gionevole. Ma la più atroce sofferenza proveniva dalle stesse immagini distese dinanzi a me. Orde sterminate di demoni sibilanti e scomposti, spropo-sitatamente alti e sottili, ma solo inganne-volmente fragili. Teste, tronchi, arti rigidi e duri come il metallo, braccia e gambe nocchiute in pe-renne, lenta agitazione come se nuotassero in un fluido di melassa. La città, poi! In riva a uno stermi-nato oceano, graveolente di liquami e rigurgiti inno-minabili, un’altrettanto sterminata distesa di edifici a dir poco bizzarri e rivoltanti fin dove giungeva lo sguardo e, per quanto mi fu dato di sa-pere, molto, molto oltre, fin quasi a saldarsi agli estremi tentacoli di altre mostruosità simili, quasi la loro lenta espansione fosse il diffondersi di un morbo. In tanto arido squallore, gettate qua e là isolatamente e a fasci, torri smisurate, sgraziate, fredde, immonde, lanciate a squarciare il ventre del cielo con i loro denti acuminati. Alcune, addi-

rittura, si perdevano nella fetida cappa di nebbia che occulta quasi in permanenza quell’abisso di abominio. E a tratti, sulle cime di alcuni di quegli assurdi macigni squadrati, ossessivamente ripetu-ta e riprodotta in ogni scala di grandezza la loro ri-pugnante divinità, l’apoteosi al loro smisurato e perfido orgoglio, di cui intravidi il tempio all’aperto – non so cos’altro potesse essere – al mio arrivo, prima che un pietoso svenimento mi ri-sparmiasse di sondarne le vertigini dell’abiezione. Questo monumento, o statua, o comunque si pos-sa definire, campeggia alto di fronte alla città. Es-so raffigura uno di questi incombenti demoni; è scolpito in pietra verde, o forse fuso in metallo, da quale titanica forgia non oso neppure immagi-nare. È alto cento, forse duecento volte la mia statura, ed è irto di lame, pugnali, punte e altri simboli di distruzione; di notte, dalla sua sommi-tà, si irradia un bagliore sinistro che, anche a grande distanza, fa accapponare la pelle.

Era ormai passato il tramonto e in quei freddi, spogli, vasti e sepolcrali ambienti in cui mi custo-divano – e pensare! io stesso mi ero consegnato a loro! – si diffondeva una viscida luminosità gialla-stra, fungina. Attraverso la finestra sbarrata da una sovrumana grata di acciaio, forse messa lì per impedirmi ogni speranza di fuga (ma dove avrei potuto fuggire?) intravedevo, al di là di un massiccio panneggio che, per misericordia, intercettava la maggior parte della luce e delle

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STELLE NARRANTI

immagini provenienti dall’esterno, miriadi e miria-di di simili malsani bagliori, occhieggianti maligna-mente dalle più vicine tra le torri che mi circondavano. E questo, mentre il fetido miasma le-vitante dai viscidi vicoli intersecanti quella struttu-ra d’incubo non accennava a placarsi, anzi cresceva più graveolente e più spesso, insinuando il suo tanfo per ogni dove.

Dormire! Dormendo, forse avrei scordato per qualche istante dove mi trovavo, e avrei potuto so-gnare la mia lontanissima casa, le persone, le co-se a me tanto care.

Uno scricchiolio sinistro mi fece sobbalzare nel sonno, ed ecco: fui subito del tutto sveglio. Uno scatto secco seguito da un cigolio protratto per qualche istante, e poi un tonfo. La porta! Avevano aperto e richiuso la massiccia porta dalla quale si accedeva alle mie stanze! Qualcuno o qualcosa era entrato. Ma era notte fonda; cosa potevano vo-lere da me? Certo, niente di buono. Pretendevano forse che io prendessi parte a un altro dei loro occulti, incomprensibili, bestiali rituali vespertini, talora protratti sin quasi al limite del suicidio del designato dalla sorte? Impossibile; non a quell’ora, almeno. Eppure erano venuti per me. Fosse giunto il mio momento? Si fossero stancati di trastullarsi con

me e avessero deciso di farla finita a modo loro? Misericordia! Non accesi la luce ma, attraverso la fessura della porta, mi accorsi che nella stanza adiacente ne era stata accesa un’altra, molto de-bole. Balzai giù dal letto cercando di non far rumo-re e mi nascosi di precipizio dietro un gigantesco mobile. I miei lineamenti erano una maschera di terrore; prima di recarmi laggiù, ero stato istruito a non mostrare mai paura di fronte a loro, ma d’altronde ritenevo improbabile che quei mostri fossero così sensibili da saper leggere il mio stato d’animo dal mio linguaggio corporeo, così come sui loro volti io non riuscii mai a decifrare altro, se non il consueto odio e la feroce determinazione.

Finalmente la porta si aprì con lentezza, e una sa-goma nera, malvagia, si stagliò chiaramente contro il fioco bagliore. La riconobbi: era il demo-ne che avevo visto più spesso, assegnatomi come “custode” (ma come non cogliere l’ironia del termine, quando applicato a una di quelle orripi-lanti entità?), e mi sorvegliava da vicino fin da quando ero giunto tra loro. Ne avevo orrore, ma sapevo che farglielo comprendere sarebbe stato anche peggio.Il demone produceva rumori sordi, semi-soffocati; forse si arrotava i denti e ringhiava sottovoce. Con lentezza estrema, il livello d’illuminazione nella mia stanza saliva e saliva. Quando ormai mi resi conto di non poter rimanere celato più a lungo, presi la mia decisione: lo avrei affrontato direttamente. Uscii allo scoperto. Mi vide dove non si aspettava di trovarmi, e gracchiò di sorpre-sa. Poi si avvicinò lentamente, fino a incombere e chinarsi su di me. Le migliaia, decine di migliaia di fili translucidi giallicci spioventi dal suo cranio, e quelle due immonde protuberanze gelatinose ciondolanti nella parte anteriore del suo corpo, stavano quasi per toccarmi. Repressi a stento un conato di vomito. Malgrado fossi ormai circondato dai suoi arti nodo-si, quasi prigioniero, riuscii a restare immobile. L’oscena ferita carnosa sulla sua faccia, lo sfregio attraverso il quale ingurgitano brani di carne strappati ad altri esseri viventi, e da cui espurga-no i borborigmi di cui si compone il loro abomine-vole linguaggio, cominciò a dilatarsi. Non so ricordare se, al momento, provassi più terrore all’idea che volesse divorarmi, o parlarmi. Mi parlò. «Mi perdoni, signor ambasciatore; spero di non averLa disturbata nel sonno, ma mi pare che sia già in ... ehm ... in piedi. È stato appena attivato un canale iperspaziale da Vega, e desiderano mettersi immediatamente in contatto con Lei. Se ho ben capito, il Suo governo è attualmente riuni-to in seduta plenaria, e hanno bisogno di conferi-re con Lei prima di procedere alla ratifica dei

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STELLE NARRANTI

trattati sulla convertibilità monetaria.»

Tentai una povera, miserevole stratega di attacco: «Miss Waldron, perché non ha bussato?»

La sua espressione feroce si acuì. Chinò ancor più la testa come se volesse davvero mordermi, e i suoi artigli nocchiuti, quelle terrificanti, ossee, ra-paci tenaglie prensili che, nella loro abiezione fisi-ca, sostituiscono i tentacoli, si afferrarono l’un l’altro, si rigirarono, scricchiolarono sinistramente. «Mi dispiace», bofonchiò. «Vede, io ancora non ho ben chiaro ... non ho capito ... stasera, quando ho bussato per invitarLa alla nostra partitina a poker, Lei mi ha chiesto se avessi intenzione di sfondare la porta ... probabilmente devono esserci grosse differenze tra l’udito delle nostre due razze e ...»Avrebbe voluto uccidermi, lo sapevo, ma ormai sa-pevo anche con certezza che qualche arcidiavolo,

più in alto di lei nelle gerarchie tenebrose, le ave-va vietato di farmi del male e, volente o nolente, doveva ubbidire. Appena cominciai a rimbalzare in avanti, lei cercò di scansarsi, con la tipica lentezza degli esseri fluttuanti in una gravità ridotta. Mi seguì, cercando di allungare quelle impossibili braccia per spalancarmi le porte in anticipo. Oh, quanto rimpiansi e desiderai in quel momento la mia ado-rata moglie, il suo musicale gracidio, il tocco dei suoi vellutati, verdi pseudopodi! Sognai le morbi-de colline turchesi tutto attorno alla nostra casa in campagna, la bianca e brillante luce di Vega che fuga ogni pensiero torbido. Per quanto tempo il Dipartimento degli Esteri avrebbe seguitato a te-nermi relegato in quella fogna dal nome impro-nunciabile di New York? Per quanto ancora avrei dovuto subire quel degenere, gutturale biascichio che è la lingua Inglese?

Appunti minimi, Spunti per Ricerche

L’interno della Terra.

Possiamo rappresentare il nostro pianeta come un solido approssimativamente sferico. Conoscerne direttamente l’interno non è neppure immaginabile a causa delle enormi temperature e pressioni che vi si raggiungono. Però grazie allo studio e all’interpretazione del differente modo di propagazione nel suo interno delle onde sismiche, (sia quelle naturali sia quelle prodotte artificialmente), è stato possibile immaginare la Terra come un corpo formato da strati di materiali diversi, una specie di gusci concentrici. Pertanto si parla di un involucro esterno che costi-tuisce in genere la crosta terrestre, (distinta a sua volta in crosta continentale e in crosta oceanica), di un mantello e, infine, di un nucleo. Quest’ultimo è diviso in nucleo esterno (allo stato liquido) ed in nucleo interno che nonostante le elevate temperature, si trova allo stato solido a causa delle enormi pressioni a cui è sottoposto.

Litosfera e Astenosfera

Se consideriamo la struttura interna della Terra dal punto di vista della rigidità e della plasticità dei suoi materiali, si può distinguere una parte esterna che si estende fino ad una profondità di circa 100-120 chilometri, detta Litosfera, costi-tuita dalla crosta terrestre più la parte superiore del mantello. Ad essa fanno se-guito la parte restante del mantello con le rocce in uno stato meno rigido, detta Astenosfera ed infine il Nucleo, (esterno ed interno).

Il magma

Il magma è roccia fusa che si trova ad altissima temperatura, in genere compresa tra 650 °C e 1300 °C, in cui sono disciolti numerosi gas e vapori. Generalmente questa miscela complessa si forma a profondità comprese tra 15 e 100 km.

a cura di Ugo Intini

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ASTROCURIOSITY

Paolo Paliferi

IncredibiliComete!

Capita a volte che questi evanescenti corpi celesti presentino delle caratteristiche veramente uniche e insospettabili. Esaminiamone alcune.

La più luminosaSi tratta della cometa di Kirch, scoperta dall’astronomo Gottfried Kirch dell’Osservatorio di Berlino, la mattina del 4 novembre 1680. Egli fu senza dubbio il primo a scoprire una cometa con l’ausilio di un telescopio. La Kirch o “ Grande Cometa” come fu chiamata, è una cometa di lungo periodo con un perielio dal sole di 940 mila km ed un periodo orbitale di 9400 anni. Essa si rese visibile sugli orizzonti terrestri per oltre 80 giorni anche in pieno giorno. Le caratteristiche di questo corpo celeste destarono stupore in grandi astronomi del passato tra cui il grande Halley, lo scopritore nel 1682 della cometa che porta il suo nome, il quale intuì essere la stessa resasi visibile nel 1531 e 1607. Anche Newton la citò come esempio nella suo opera “Principia” pubblicata nel 1687. In essa si dimostrava che questo corpo celeste si muoveva con moto parabolico e non rettilineo come si era ritenuto fino ad allora. Una prova in più a conforto della sua teoria sulla gravitazione universale.La Grande Cometa fu osservata anche dal famoso astronomo polacco Johannes Hevelius dopo essere riuscito a riattivare, giusto in tempo, il suo osservatorio distrutto da un incendio.

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ASTROCURIOSITY

La cometa di EncKe scoperta dal francese Pierre Mechain il 17 gennaio 1786, ma da lui non prese il nome. In quel periodo infatti era d’uso che la cometa prendesse il nome da colui il quale ne calcolava l’orbita. Johann Franz Encke riuscì a calcolarne l’orbita ellittica solo dopo osservazioni ripetute per oltre un decennio. E’ il secondo corpo celeste di questo tipo riconosciuto in ordine di tempo come periodico dopo la cometa di Halley. Il tempo orbitale estremamente breve pari a 3,3 anni ne fa la cometa con il periodo di rivoluzione intorno al sole più corto tra quelle finora conosciute. Il corpo cometario ha un diametro compreso tra 1-3 km e si ritiene sia responsabile dello sciame meteoritico delle Tauridi di novembre. Dopo l’ultimo passaggio dell’estate 2010 la cometa si renderà di nuovo visibile nei nostri cieli nell’autunno 2013.

Quella con l'orbita più stretta

E' con tutta probabilità la cometa di Delevan scoperta nel 1914. Si suppone, da un calcolo approssimativo, che possa ritornare nei nostri cieli fra 24 milioni di anni. Misure accurate durate anni, effettuate presso l’Osservatorio di Yerkes, hanno accertato il carattere iperbolico dell’orbita della cometa. Ma le perturbazioni indotte dai due pianeti maggiori, Giove e Saturno, fanno ritenere probabile la trasformazione in un’orbita ellittica in cui l’asse maggiore misura 170.000 u.a. vale a dire 25.500 miliardi di km. o se si preferisce 2,7 anni luce.

Quella con l'orbita più lunga

La tradizione vuole che, nell’immaginario popola-re, il passaggio di una cometa sia sinonimo di grandi sventure. E allora fantastichiamo un po’. Sa-rà forse per limitare queste supposte sventure, che alcuni di questi corpi celesti decidono di transitare a intervalli di tempo così lunghi o addirittura di passa-re una sola volta nei pressi del pianeta Terra, per poi perdersi nell’infinità dello spazio? Chi lo può di-re! Ancora una volta l’Universo ci meraviglia con i suoi infiniti misteri.

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RICERCA AMATORIALE

Nella notte tra il 16 ed il 17 Settembre 2011 era previsto che l‘asteroide Marghanna 735 occultasse prospetticamente la stella USNO J0242223+005002 , da una fascia di visibilità che includeva gran parte del territorio italiano.

La previsione dava come molto prossime al centro di detta fascia le postazioni di osservazione degli astrofili del Settore Ricerca dell’ATA; in conse-guenza di ciò dette postazioni si sarebbero potute trovare in una condizione particolarmente favorevo-le (e relativamente rara) per massimizzare la pro-babilità di registrare l’evento. Ciò ci ha spinto a pianificare le osservazioni con molta cura al fine di non mancare l’opportunità se questa si fosse realmente presentata.

E così è stato! Le previsioni circa la fascia di visibili-tà si sono rivelate esatte e, tra le ore 03:20 le 04:20 (01:20UT 02:20UT) le nostre postazioni hanno registrato l’evento. Sono state acquisite centinaia di immagini, in formato .FIT, che docu-mentano il percorso dell’asteroide Marghanna mentre si avvicina alla stella, inizia a sovrapporsi

ad essa fino a che le due immagini si “fondono” l’una nell’altra; poi l’errante asteroide, conti-nuando la sua orbita, torna a “separare” la pro-pria immagine da quella della “impassibile“ stella.

Le immagini raccolte saranno analizzate dal Setto-re Ricerca dell’ATA al fine di estrarne, tramite le opportune elaborazioni, i numerosi dati che tali eventi sono in grado di fornire ai ricercatori; via via che saranno disponibili, pubblicheremo i ri-sultati.

M.R

Nelle pagine che seguono la sequenza della occultazione nelle prime foto scattate da Marco.

Marco Rosicarelli

Dopo anni di tentativi e diciamolo pure, di false partenze, il gruppo Ricerca della nostra Asso-ciazione è improvvisamente e letteralmente "esploso" con una serie di attvità e di risultati che lasciano ben sperare per il futuro. Le osservazioni - e relative curve di luce - delle ultime su-pernovae esplose in oggetti Messier, lo studio della dinamica della cromosfera solare e so-prattutto le attività legate alle occultazioni stellari da parte di asteroidi hanno mostrato che i nostri Soci non sono secondi a nessuno, siano essi "new entry" dell'Associazione o Soci ormai navigati: e su tutti spicca il lavoro di coordinamento del Referente Ricerca, Marco Stangalini, che e' riuscito in pochi mesi a mettere in grado l'intero Team di produrre risultati di tutto ri-spetto.

Ne e' la prova la nottata passata chi all'Osservatorio Fuligni al Vivaro, chi in quello personale, per seguire l'occultazione della stella USNO J0242223+005002 da parte dell'asteroide Marghanna 735. Il brano che segue è tratto dal post che Marco Rosicarelli, uno dei membri del team, ha scritto per il nuovo blog del gruppo, che si trova all'indirizzo

http://ataricerca.wordpress.com/ e che vi consigliamo di seguire: ne vedrete delle belle. (N.d.R.)

Marghanna occulta una stella

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RICERCA AMATORIALE

Marghanna

USNO J0242223+005002

Marghanna

USNO J0242223+005002

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Page 21: Polaris 47 (Luglio-Settembre 2011)

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Maurizio Cervoni

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