Poggio Bracciolini La riscoperta dei classici - · PDF filere di Senofonte, Diodoro Siculo e...

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1 G. Langella, P. Frare, P. Gresti, U. Motta Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori Tutti i diritti riservati © Pearson Italia S.p.A. letteratura it VOLUME 1 L’Umanesimo e il Rinascimento Lezione profilo 3 Il rapporto con i classici Epistola a Guarino da Verona, La riscoperta dei classici III Poggio fiorentino segretario apostolico saluta il suo Guarino veronese. So che nonostante le tue molte occupazioni quotidiane, per la tua gentilezza e benevolen- za verso tutti, ricevi sempre con piacere le mie lettere; e tuttavia ti prego nel modo più vi- vo di prestare a questa una particolare attenzione, non perché la mia persona possa destar l’interesse anche di chi ha molto tempo da perdere, ma per l’importanza di quanto sto per scriverti. So infatti con assoluta certezza che tu, colto come sei, e gli altri uomini di studio, avrete una grandissima gioia. Infatti, o Dio immortale, che cosa può esservi di più piace- vole, caro, gradito a te e agli altri uomini dotti che la conoscenza di quelle cose per la cui familiarità diventiamo più colti e, ciò che più conta, più raffinati? La natura, madre di tut- te le cose, ha dato al genere umano intelletto e ragione, quali ottime guide a vivere bene e felicemente, e tali che nulla possa pensarsi di più egregio. Ma non so se non siano vera- mente eccellentissimi, fra tutti i beni che a noi ha concesso, la capacità e l’ordine del di- re 1 senza cui la ragione stessa e l’intelletto nulla potrebbero valere. Infatti è solo il discor- so quello per cui perveniamo ad esprimere la virtù dell’animo, distinguendoci dagli altri animali. Bisogna quindi essere sommamente grati sia agli inventori delle altre arti libera- li, sia soprattutto a coloro che, con le loro ricerche e con la loro cura, ci tramandarono i pre- cetti del dire e una norma per esprimerci con perfezione. Fecero infatti in modo che, pro- prio in ciò in cui gli uomini sovrastano specialmente gli altri esseri animati, noi fossimo capaci di oltrepassare gli stessi limiti umani. E, molti essendo stati gli autori latini, come sai, egregi nell’arte di perfezionare e adornare il discorso, fra tutti illustre ed eccellente fu M. Fabio Quintiliano, il quale così chiaramente e compiutamente, con diligenza somma, espone le doti necessarie a formare un oratore perfetto, che non mi sembra gli manchi co- sa alcuna, a mio giudizio, per raggiungere una somma dottrina o una singolare eloquen- 5 10 15 20 S coprire un manoscritto antico, per gli umanisti, significa accedere alla testimonianza di un mon- do di invidiabile perfezione: significa leggere opere universali, tenere tra le mani cimeli di una civiltà che essi intendono imitare, facendo rivivere nel loro ori- ginario splendore i testi e i valori della classicità. La lettera a Guarino Veronese (1374-1460), di segui- to antologizzata, ruota proprio intorno a questa emo- zione: Poggio racconta a Guarino di aver rinvenu- to nel monastero di San Gallo in Svizzera un manoscritto contenente l’Institutio oratoria di Quintiliano, che per tutto il Medioevo e fino ad al- lora era stata conosciuta e disponibile solo parzial- mente. Grazie a questo manoscritto – afferma Pog- gio – è possibile riportare alla luce la voce del suo autore e, con essa, la voce di un mondo. L’opera di Quintiliano diventa perciò, nella lettera, quasi la tes- sera di un mosaico: scopo di Poggio, come di tanti umanisti, è infatti ricostruire la cultura classica nella sua totalità, quale esempio di valori civili pe- rennemente attuali. La lettera, scritta a Costanza, porta la data del 15 dicembre 1416. Poggio Bracciolini La riscoperta dei classici Opera: Epistola a Guarino da Verona Punti chiave: La passione per i classici La funzione educativa della letteratura La gioia di una scoperta inattesa 1. la capacità e l’ordine del dire: la reto- rica.

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1G. Langella, P. Frare, P. Gresti, U. Motta

Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori Tutti i diritti riservati © Pearson Italia S.p.A. letteratura it

VOLUME 1

L’Umanesimo e il Rinascimento

Lezione profilo 3 • Il rapporto con i classiciEpistola a Guarino da Verona, La riscoperta dei classici

IIIPoggio fiorentino segretario apostolico

saluta il suo Guarino veronese.

So che nonostante le tue molte occupazioni quotidiane, per la tua gentilezza e benevolen-za verso tutti, ricevi sempre con piacere le mie lettere; e tuttavia ti prego nel modo più vi-vo di prestare a questa una particolare attenzione, non perché la mia persona possa destarl’interesse anche di chi ha molto tempo da perdere, ma per l’importanza di quanto sto perscriverti. So infatti con assoluta certezza che tu, colto come sei, e gli altri uomini di studio,avrete una grandissima gioia. Infatti, o Dio immortale, che cosa può esservi di più piace-vole, caro, gradito a te e agli altri uomini dotti che la conoscenza di quelle cose per la cuifamiliarità diventiamo più colti e, ciò che più conta, più raffinati? La natura, madre di tut-te le cose, ha dato al genere umano intelletto e ragione, quali ottime guide a vivere benee felicemente, e tali che nulla possa pensarsi di più egregio. Ma non so se non siano vera-mente eccellentissimi, fra tutti i beni che a noi ha concesso, la capacità e l’ordine del di-re1 senza cui la ragione stessa e l’intelletto nulla potrebbero valere. Infatti è solo il discor-so quello per cui perveniamo ad esprimere la virtù dell’animo, distinguendoci dagli altrianimali. Bisogna quindi essere sommamente grati sia agli inventori delle altre arti libera-li, sia soprattutto a coloro che, con le loro ricerche e con la loro cura, ci tramandarono i pre-cetti del dire e una norma per esprimerci con perfezione. Fecero infatti in modo che, pro-prio in ciò in cui gli uomini sovrastano specialmente gli altri esseri animati, noi fossimocapaci di oltrepassare gli stessi limiti umani. E, molti essendo stati gli autori latini, comesai, egregi nell’arte di perfezionare e adornare il discorso, fra tutti illustre ed eccellente fuM. Fabio Quintiliano, il quale così chiaramente e compiutamente, con diligenza somma,espone le doti necessarie a formare un oratore perfetto, che non mi sembra gli manchi co-sa alcuna, a mio giudizio, per raggiungere una somma dottrina o una singolare eloquen-

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Scoprire un manoscritto antico, per gli umanisti,significa accedere alla testimonianza di un mon-

do di invidiabile perfezione: significa leggere opereuniversali, tenere tra le mani cimeli di una civiltà cheessi intendono imitare, facendo rivivere nel loro ori-ginario splendore i testi e i valori della classicità. Lalettera a Guarino Veronese (1374-1460), di segui-to antologizzata, ruota proprio intorno a questa emo-zione: Poggio racconta a Guarino di aver rinvenu-to nel monastero di San Gallo in Svizzera unmanoscritto contenente l’Institutio oratoria di

Quintiliano, che per tutto il Medioevo e fino ad al-lora era stata conosciuta e disponibile solo parzial-mente. Grazie a questo manoscritto – afferma Pog-gio – è possibile riportare alla luce la voce del suoautore e, con essa, la voce di un mondo. L’opera diQuintiliano diventa perciò, nella lettera, quasi la tes-sera di un mosaico: scopo di Poggio, come di tantiumanisti, è infatti ricostruire la cultura classicanella sua totalità, quale esempio di valori civili pe-rennemente attuali. La lettera, scritta a Costanza,porta la data del 15 dicembre 1416.

Poggio BraccioliniLa riscoperta dei classici

Opera: Epistola a Guarino da Verona

Punti chiave: La passione per i classiciLa funzione educativa della letteraturaLa gioia di una scoperta inattesa

1. la capacità e l’ordine del dire: la reto-rica.

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L’Umanesimo e il Rinascimento

Lezione profilo 3 • Il rapporto con i classiciEpistola a Guarino da Verona, La riscoperta dei classici

L’AUTOREPoggio Bracciolini (1380-1459) fu cancelliere di Firenze (co-me già Coluccio Salutati e Leonardo Bruni) e, soprattutto, unodei padri dell’Umanesimo italiano. Allievo di Salutati, nel1403 si recò a Roma dove divenne segretario apostolico: eproprio grazie a tale incarico ebbe la possibilità di visitare nu-merose città europee. In occasione del concilio di Costanza,al seguito del pontefice, esplorò alcune importanti bibliote-che monastiche, dove tra il 1415 e il 1418 riscoprì manoscrit-

ti dei maggiori autori della letteratura classica, tra cui Cicero-ne, Quintiliano, Lucrezio, Stazio, Silio Italico. Scrisse dialoghiin latino, come il De avaritia, il De infelicitate principum, il Denobilitate, il De varietate fortunae, sui temi fondamentali del-la riflessione morale antica. Tradusse dal greco in latino ope-re di Senofonte, Diodoro Siculo e Luciano. Nel suo vastissimoepistolario si riflettono le ricche e variegate esperienze di unavita intensa e affascinante.

za. Se egli solo rimanesse, anche se mancasse il padre dell’eloquenza Cicerone, raggiunge-remmo una scienza perfetta nell’arte del dire. Ma egli presso di noi italiani era così lace-rato, così mutilato, per colpa, io credo, dei tempi, che in lui non si riconosceva più aspet-to alcuno, abito alcuno d’uomo. Finora avevamo dinanzi un uomo «con la boccacrudelmente dilacerata, il volto e le mani devastati, le orecchie strappate, le nari sfregiateda orrende ferite2».Era penoso, e a mala pena sopportabile, che noi avessimo, nella mutilazione di un uomosì grande3, tanta rovina dell’arte oratoria; ma quanto più grave era il dolore e la pena di sa-perlo mutilato, tanto più grande è ora la gioia, poiché la nostra diligenza gli ha restituitol’antico abito e l’antica dignità, l’antica bellezza e la perfetta salute. Ché se Marco Tullio sirallegrava tanto per il ritorno di Marcello dall’esilio4, e in un tempo in cui a Roma di Mar-celli ce n’erano tanti, ugualmente egregi ed eccellenti in pace e in guerra, che devono farei dotti, e soprattutto gli studiosi di eloquenza, ora che noi abbiamo richiamato, non dal-l’esilio, ma quasi dalla morte stessa, tanto era lacero e irriconoscibile, questo singolare edunico splendore del nome romano, estinto il quale restava solo Cicerone? E infatti, per Er-cole, se non gli avessi recato aiuto, era ormai necessariamente vicino al giorno della mor-te. Poiché non c’è dubbio che quell’uomo splendido, accurato, elegante, pieno di qualità,pieno di arguzia, non avrebbe più potuto sopportare quel turpe carcere, lo squallore delluogo, la crudeltà dei custodi. Era infatti triste e sordido come solevano essere i condan-nati a morte, con la barba squallida e i capelli pieni di polvere5, sicché con l’aspetto me-desimo e con l’abito mostrava di essere destinato a un’ingiusta condanna. Sembrava ten-dere le mani, implorare la fede dei Quiriti6 che lo proteggessero da un ingiusto giudizio;e indegnamente colui che una volta col suo soccorso, con la sua eloquenza, aveva salvatotanti, soffriva ora, senza trovare neppur un difensore che avesse pietà della sua sventura,che si adoperasse per la sua salvezza, che gli impedisse di venire trascinato a un ingiustosupplizio. Ma, come dice il nostro Terenzio, quanto inopinatamente avvengono spesso lecose che non oseresti sperare7!Un caso fortunato per lui, e soprattutto per noi, volle che, mentre ero ozioso a Costanza,mi venisse il desiderio di andar a visitare il luogo dove egli era tenuto recluso. V’è infatti,vicino a quella città, il monastero di S. Gallo, a circa venti miglia. Perciò mi recai là per di-strarmi, ed insieme per vedere i libri di cui si diceva vi fosse un gran numero. Ivi, in mez-zo a una gran massa di codici che sarebbe lungo enumerare, ho trovato Quintiliano ancorsalvo ed incolume, ancorché tutto pieno di muffa e di polvere. Quei libri infatti non sta-

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2. con la bocca crudelmente... da orren-de ferite: sono versi di Virgilio tratti dal VIlibro dell’Eneide (VI, vv. 496-498).3. nella mutilazione di un uomo sì gran-de: a causa della impossibilità di conosce-re con esattezza e completezza il pensie-ro e l’opera di Quintiliano.4. Ché se Marco… esilio: nel 46 a.C. Cice-

rone tenne un discorso davanti al Senatoromano per ringraziare Cesare di avereconcesso a Marco Claudio Marcello, espo-nente di spicco della nobiltà, la grazia di ri-tornare a Roma dall’esilio di Mitilene.5. con la barba... pieni di polvere: si trat-ta di una citazione tratta dall’Eneide diVirgilio (II, v. 277), in cui appare a Enea il

fantasma di Ettore, che porta ancora su disé i segni della battaglia.6. la fede dei Quiriti: la fiducia dei cittadi-ni di Roma.7. Ma, come dice… sperare!: si tratta diuna citazione dalla prima scena del V at-to della commedia di Terenzio che si inti-tola Phormio.

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L’Umanesimo e il Rinascimento

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vano nella biblioteca, come richiedeva la loro dignità, ma quasi in un tristissimo edoscuro carcere, nel fondo di una torre, in cui non si caccerebbero neppure dei condanna-ti a morte. Ed io son certo che chi per amore dei padri andasse esplorando con cura gli er-gastoli8 in cui questi grandi son chiusi, troverebbe che una sorte uguale è capitata a mol-ti dei quali ormai si dispera.Trovai inoltre i tre primi libri e metà del quarto delle Argonautiche di Caio Valerio Flacco,ed i commenti a otto orazioni di Cicerone, di Quinto Asconio Pediano, uomo eloquentis-simo, opera ricordata dallo stesso Quintiliano. Questi libri ho copiato io stesso, ed anchein fretta, per mandarli a Leonardo Bruni e a Niccolò Niccoli9, che avendo saputo da me lascoperta di questo tesoro, insistentemente mi sollecitarono per lettera a mandar loro al piùpresto Quintiliano. Accogli, dolcissimo Guarino, ciò che può darti un uomo a te tanto de-voto. Vorrei poterti mandare anche il libro, ma dovevo contentare il nostro Leonardo. Co-munque sai dov’è, e se desideri averlo, e credo che lo vorrai molto presto, facilmente po-trai ottenerlo. Addio e voglimi bene, ché l’affetto è ricambiato. Costanza, 15 dicembre 1416.

Prosatori latini del Quattrocento, a cura di E. Garin, Ricciardi, Milano-Napoli 1952.

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8. gli ergastoli: nell’antica Roma, conquesto termine si designavano le abitazio-

ni degli schiavi e di quanti avevano subitouna condanna.

9. mandarli a Leonardo Bruni e a Nicco-lò Niccoli: i due umanisti, a Firenze.

La sostanza concettuale della lettera Due sono i nuclei te-matici fondamentali nella lettera:1. l’importanza dell’arte della retorica (è solo il discorsoquello... distinguendoci dagli altri animali, rr. 13-15);2. il valore morale, non solo letterario, della riscoperta deitesti della classicità.I due motivi sono fra loro strettamente connessi, come dimo-stra la prima parte del brano, in cui Poggio insiste su alcuni con-cetti essenziali per tutta la cultura umanistica. Da un lato, in ba-se a un assunto già diffuso nella filosofia antica e medievale,egli afferma che la ragione (ossia, la conoscenza di tipo spe-culativo) è lo strumento concesso all’umanità, e dunque a ogniindividuo, come guida alla felicità. E però a ciò immediata-mente si collega l’importanza della parola: se gli uomini nonpotessero parlare, scrivere e comunicare, le loro virtù morali eintellettuali sarebbero paralizzate; a nulla servirebbe raggiun-gere la verità, se ciò che è stato scoperto non potesse esserecondiviso. Pertanto – ed è la prima conclusione formulata daPoggio – sapere scrivere e parlare è indispensabile per viverebene ed essere felici. Tale assunto costituisce la premessa del-la riflessione seguente: se le facoltà espressive sono necessa-rie per una vita autentica e piena, allora somma gratitudine evenerazione si devono a quegli uomini del passato che più emeglio hanno contribuito a insegnare ai propri simili la capa-cità e l’ordine del dire.Spicca così l’importanza di Quintiliano e della sua opera fon-damentale, l’Institutio Oratoria, che rappresenta il più ampio eorganico trattato di retorica dell’antichità. In questo libro, infat-ti, Quintiliano tratteggia il profilo del cittadino ideale, ossia diun uomo giusto e impegnato nella vita pubblica, che attraver-so l’arte della parola persegue la pace e la verità. Quintiliano –come scrive Poggio – dimostra nella sua opera quale sia l’obiet-tivo principale di ogni esperienza educativa e formativa: inse-gnare ai giovani a unire “somma dottrina” e perfetta “elo-

quenza”. Per questo Poggio esulta all’indomani della suascoperta nella biblioteca di San Gallo, che gli ha permesso di ri-portare alla luce l’opera di Quintiliano nella sua interezza.

La scoperta di un libro, la scoperta di un uomo Poggio nonparla di un manoscritto, di un libro, di un’opera: parla di un uo-mo. Il codice rinvenuto a San Gallo è immediatamente percepi-to non come un cimelio fine a se stesso, ma come lo strumen-to materiale che consente di accedere a una più completa eapprofondita conoscenza di un’opera e, attraverso di essa, delpensiero del suo autore. Si comprende, in questa prospettiva, lalogica che suggerisce l’impiego delle allusioni a Virgilio e a Ci-cerone. Da un lato viene stabilita un’analogia: come Ciceronesi rallegrò per il ritorno a Roma di un uomo nobile e colto qua-le Marcello, così gli umanisti si devono rallegrare per il ritorno dal-l’esilio – un esilio, in questo caso, non spaziale ma temporale –di Quintiliano, poiché, come si dice nella prima parte della let-tera, frequentare uomini dotti (o leggere le loro opere) aiuta adiventare più colti e più raffinati. Quindi dal II e dal VI libro del-l’Eneide di Virgilio, Poggio desume una serie di immagini e diespressioni con cui la conoscenza imperfetta e parziale dell’In-stitutio Oratoria è rappresentata come equivalente all’uccisio-ne del suo autore. Lo si vede bene nelle metafore utilizzate:era così lacerato, così mutilato... che in lui non si riconosceva piùaspetto alcuno, abito alcuno d’uomo (rr. 24-26); nella mutilazio-ne di un uomo sì grande; quanto più grave era il dolore e la pe-na di saperlo mutilato, tanto più grande è ora la gioia (rr. 29-31).Riscoprire un manoscritto completo e autorevole equivale dunquealla resurrezione di Quintiliano, che, attraverso la sua opera,può tornare a far udire la propria voce e a trasmettere il proprioinsegnamento. Il manoscritto si identifica persino col suo autore:Era infatti triste e sordido... con la barba squallida e i capelli pie-ni di polvere (rr. 41-42); ho trovato Quintiliano ancor salvo ed in-colume, ancorché tutto pieno di muffa e di polvere (rr. 54-55).

ANALISI DEL TESTO I temi e la visione del mondoIN PRIMO PIANO

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L’Umanesimo e il Rinascimento

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Comprensione e analisi1. Dividi la lettera in sequenze e attribuisci a ciascuna di esse un titolo.2. Quali sono le altre opere che Poggio afferma di aver rinvenuto a San Gallo?3. Perché Poggio scrive che Quintiliano era con la barba squallida e i capelli pieni di polvere (r. 42)? Sottolinea, se

presenti, altre espressioni simili utilizzate nella lettera.4. Qual è il significato “profondo” della scoperta del manoscritto di Quintiliano?

Approfondimenti5. Qual è stato il valore dei ritrovamenti dei testi antichi nell’ambito dello sviluppo dell’Umanesimo?

Per tornare al testo SPAZIOCOMPETENZE