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1 ANNO 7, NUMERO 84, AGOSTO 2013 Newsletter per l’aggiornamento e la formazione professionale continua degli oculisti Corso accreditato presso il Ministero della Salute con il codice N. 5-50473 MALPOSIZIONI E NEOFORMAZIONI PALPEBRALI: CORSO BASE DI SEMEIOTICA Dr. Mauro Cassinerio ANNO SETTIMO, NUMERO 85, AGOSTO 2013 RESPONSABILE SCIENTIFICO PROFESSIONE OCULISTA PERCORSO FORMATIVO PROFESSIONE OCULISTA 2013 800 198 966 www.professioneoculista.it

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Lesioni palpebrali

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ANNO 7, NUMERO 84, AGOSTO 2013

Newsletter per l’aggiornamento e la formazione professionale

continua degli oculisti

Corso accreditato presso il Ministero

della Salute con il codice N. 5-50473

MALPOSIZIONI E

NEOFORMAZIONI PALPEBRALI:

CORSO BASE DI SEMEIOTICA

Dr. Mauro Cassinerio

ANNO SETTIMO, NUMERO 85, AGOSTO 2013

RESPONSABILE SCIENTIFICO PROFESSIONE OCULISTA

PERCORSO FORMATIVO PROFESSIONE OCULISTA 2013

800 198 966

www.professioneoculista.it

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MALPOSIZIONI E NEOFORMAZIONI

PALPEBRALI: CORSO BASE DI

SEMEIOTICA

Dr. Fausto Trivella, Direttore U.O. Oculistica U.S.L.2

L e palpebre sono due pliche muscolo-membranose a contatto con il globo oculare che si continuano, in periferia, con i tegumenti del viso.

ANATOMIA DELLE PALPEBRE La palpebra superiore e la palpebra inferiore delimitano la rima palpebrale e si uniscono a livello cantale mediale e laterale. La rima palpebrale misura medialmente 30 mm in senso orizzontale e 10 mm in senso verticale. Nelle palpebre distinguiamo: una faccia anteriore formata da due parti: porzione tarsale situata tra il bordo libero e la

piega palpebrale porzione settale o orbitaria che corrisponde al

grasso orbitario una faccia posteriore ricoperta dalla congiuntiva bordi liberi lunghi 30 mm con uno spessore di 2-3

mm divisi a loro volta in due porzioni dai punti lacrimali: porzione interna o lacrimale lunga 6 mm priva di

ciglia porzione esterna o ciliare lunga 24 mm che parte

dal punto lacrimale fino all’angolo esterno Il canto esterno è formato dalla riunione dei due bordi liberi palpebrali ed è fissato al tubercolo orbitario tramite il legamento laterale. Il canto interno corrisponde alla riunione dei due bordi liberi palpebrali nella loro porzione lacrimale ed è fissato al bordo dell’orbita dal legamento laterale interno; in questa zona si ritrovano due strutture ben definite: la plica semilunare e la caruncola. Da un punto di vista chirurgico conviene dividere la palpebra in due lamelle: anteriore o muscolo cutaneo, dove ritroviamo l’impianto delle ciglia e posteriore o tarso congiuntivale, dove ritroviamo gli sbocchi delle ghiandole di Meibomio; le due lamelle nel loro piano

sagittale sono unite da una struttura detta linea grigia, e tra di loro sono presenti strati di tessuto connettivo. Descriviamo i vari piani che formano la palpebra: la cute: la più sottile di tutto il corpo umano aderisce lassamente al muscolo orbicolare sottostante eccetto nella zona dei tendini cantali. Vi ritroviamo la piega palpebrale superiore a circa 10 mm dal bordo libero; tale piega sottolinea il margine superiore del tarso ed è formata da sfioccature del muscolo elevatore della palpebra superiore che vanno ad aderire al muscolo orbicolare; la plica palpebrale inferiore a circa 6 mm dal bordo libero evidenzia la fine del tarso della palpebra inferiore; il muscolo orbicolare: diviso in due porzioni: la porzione orbitaria, la porzione palpebrale, a sua volta divisa in presettale e pretarsale. La porzione orbitaria si dispone lungo tutto il contorno osseo dell’orbita prendendo origine dalla parte superiore della cresta lacrimale anteriore e terminando alla porzione inferiore della stessa cresta portandosi fino al frontale, alla porzione anteriore della fossa temporale, all’osso malare e alla branca montante del mascellare. L’orbicolare palpebrale propriamente detto si divide in due parti: 1) orbicolare presettale, costituito da fasci di fibre muscolari che formano il rafe laterale. L’origine e il termine di tale porzione di muscolo si trova a livello del canto interno, del legamento laterale interno del diaframma lacrimale e della cresta lacrimale posteriore; 2) orbicolare pretarsale, molto aderente al tarso e terminante lateralmente al tubercolo orbitario tramite il legamento palpebrale esterno. Nella porzione mediale il muscolo si divide in due fasci, uno superficiale detto muscolo di Riolano che costituisce il legamento laterale interno, un fascio profondo detto muscolo di Horner, molto aderente ai canalini lacrimali, che si inserisce alla cresta lacrimale posteriore. I tarsi di una lunghezza di 29-30 mm con uno spessore di 1 mm, differiscono in altezza essendo nella palpebra superiore di 10 mm e in quella inferiore di 5 mm. Si estendono dalla commisura laterale fino alla porzione lacrimale del bordo libero e contengono, nel loro spessore, le ghiandole di Meibomio. La faccia profonda del tarso è ricoperta dalla congiuntiva. Il setto costituito da tessuto fibroso, separa la palpebra dal contenuto orbitario e si estende dal bordo orbitario fino ai tarsi.

I legamenti palpebrali Il legamento palpebrale interno, perfettamente individualizzabile sotto la cute per il suo colore bianco, riunisce i due tarsi al bordo orbitario ed è costituito da un

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tendine diretto e da uno riflesso; il primo si inserisce alla cresta lacrimale anteriore, il secondo, dopo aver contornato il sacco lacrimale, si inserisce alla cresta lacrimale posteriore. Il legamento palpebrale esterno non è individuabile con sicurezza (alcuni autori ne negano l’esistenza) si inserisce al tubercolo orbitario di Withnall situato a 6 mm all’interno del bordo orbitario e 10 mm al di sotto della sutura fronto-malare.

I muscoli retrattori delle palpebre Nella palpebra superiore ritroviamo l’elevatore che prende origine dall’apice orbitario che accompagna il muscolo retto superiore e termina sfioccandosi in due porzioni: aponeurotico e tarsale (m. di Muller). Il fascio aponeurotico è aderente alla cute e al muscolo di Muller e termina sulla faccia anteriore del tarso. Importante repere chirurgico è lo spazio comprendente le due logge di grasso e la porzione palpebrale della ghiandola lacrimale posti dietro al setto orbitario. Il Muscolo di Muller termina sul bordo superiore del tarso ed assume rapporti molto stretti con la congiuntiva palpebrale. Nella palpebra inferiore si ritrova la stessa disposizione della muscolatura, in particolare dal muscolo retto inferiore si sfiocca il muscolo di Muller e il retrattore della palpebra inferiore, ambedue si inseriscono al bordo inferiore del tarso ma sono tra loro indistinguibili.

Vascolarizzazione

Sistema arterioso Sistema Profondo Orbitario: le branche terminali, palpebrale superiore, frontale, sotto orbitaria e lacrimale derivano dall’arteria oftalmica. L’arteria palpebrale superiore, dopo aver perforato il setto orbitario a livello della puleggia del grande obliquo va a costituire due arcate: arcata sopra tarsale che si anastomizza con la branca

temporo-palpebrale dell’arteria lacrimale, formando numerosi vasi discendenti, ascendenti e perforanti che irrorano tutta la palpebra;

arcata per il bordo ciliare situata a 2-3 mm dal bordo libero sulla faccia anteriore del tarso, anch’essa anastomizzata con la branca temporo palpebrale dell’arteria lacrimale.

Sistema Arterioso Facciale: è costituito dalle arterie facciali, dall’arteria temporale superficiale e dalla sotto orbitaria. L’arteria facciale deriva dalla carotide esterna,

diventa arteria angolare quando raggiungendo il canto interno si anastomizza con l’arteria palpebrale superiore. Il territorio irrorato da tale arteria comprende il sacco lacrimale, il canto interno, e parte della palpebra inferiore.

Arteria temporale superficiale deriva dalla carotide esterna e si divide in tre branche: Arteria trasversale della faccia che vascolarizza la

parte esterna della palpebra inferiore Arteria orbito-zigomatica che vascolarizza le parti

esterne delle palpebre e l’orbita Arteria frontale che vascolarizza il musolo

orbicolare orbitario nella sua parte esterna

Arterie sottoorbitarie: rami terminali che irrorano la palpebra inferiore e il sacco lacrimale.

Sistema venoso: il sistema venoso è formato da due circoli, uno superficiale sottocutaneo e uno profondo retro tarsale.

Sistema linfatico: il sistema linfatico è formato da due

reti, una superficiale sottocutanea e una profonda

sottocongiuntivale drenanti ai gangli sottomascellari e

parotidei.

Innervazione L’innervazione dell’elevatore palpebrale è assicurata dal III nervo cranico, l’orbicolare è innervato dal nervo facciale, il muscolo di Muller dal simpatico cervicale. L’innervazione sensitiva è assicurata dal trigemino tramite i suoi rami nasale, frontale, sottoorbitario, lacrimale.

Patologia palpebrale Tra le più comuni lesioni palpebrali riconosciamo il calazio (Fig. 1a) e l’orzaiolo; la loro eziologia è totalmente differente pur avendo una manifestazione esteriore molto simile.

L’orzaiolo è un’infezione di una ghiandola di Zeiss, il calazio è un granuloma di una ghiandola di Meibomio (dovuto all’occlusione del dotto escretore della ghiandola stessa).

Figura 1b - Tumore neuroendocrino di Merkel

Figura 1a - Calazio

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Nella fase acuta entrambe le lesioni provocano un edema palpebrale, un arrossamento nella sede di manifestazione patologica, ma mentre l’orzaiolo guarisce con trattamento antibiotico, il calazio pur risentendo positivamente di un trattamento antibiotico e cortisonico, tende a cronicizzare e a recidivare nel tempo. Esiste una sola terapia per il calazio in fase cronica ed è quella chirurgica che permette la rimozione della ghiandola affetta. Di importanza vitale la diagnosi differenziale con il calazio, due lesioni tumorali la cui prognosi “quod vitam” è minore di 5 anni: il Tumore Neuroendocrino di Merkel e l’Adenocarcinoma Meibomiano (Figg. 1b, 1c).

Queste neoplasie, essendo in tutto simili al calazio come manifestazione primaria, vengono spesso misconosciute. La diagnosi si pone solo con un esame bioptico. Una rapida recidiva, un aumento importante della lesione dopo l’escissione chirurgica, deve richiamare l’attenzione del medico oftalmologo e imporre una nuova rimozione chirurgica molto ampia della lesione con esame istologico estemporaneo ed eventuale ricostruzione palpebrale. La palpebra è soggetta inoltre a lesioni pigmentarie, tra queste riconosciamo: Le verruche (Fig. 2a) I nevi (Fig. 2c) Il melanoma (Fig. 2b).

La verruca è un’infezione virale dovuta al Papilloma Virus. A livello palpebrale si manifesta come un’escrescenza bianco grigiastra friabile, più raramente come una lesione piatta di colorito marrone con un aspetto moruliforme. Importante la diagnosi differenziale tra nevo e melanoma palpebrale: il nevo solitamente occupa il bordo palpebrale, può avere anche dimensioni importanti (un terzo della lunghezza palpebrale) e può interessare simmetricamente le due palpebre. Si tratta di una lesione pigmentata che non aumenta nel tempo e all’esame con

biomicroscopio non presenta neovasi. Il melanoma, raramente primitivo, è solitamente la degenerazione di un nevo palpebrale sia spontanea o a seguito di traumatismi ripetuti. Il nevo aumenta di volume, cambia di colore e consistenza, sulla superificie si osservano neovasi, nelle fasi tardive si evidenzia ulcerazione e sanguinamento; la prognosi è riservata, nonostante l’escissione chirurgica precoce, a causa della rapida metastatizzazione.

Tumori Epiteliali La cheratosi senile si manifesta come una lesione piana di colorito giallastro. Solitamente colpisce soggetti

Figura 1c - Adenocarcinoma

Figura 2a - Verruca

Figura 2b - Melanoma

Figura 2c - Nevo

Figura 3 - Epitelioma basocellulare

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anziani e coinvolge con maggiore frequenza la palpebra inferiore. L’epitelioma basocellulare (Fig. 3) è il tumore di più frequente riscontro a livello palpebrale, si riconoscono una forma solida (terebrante) che porta a distruzione dei piani profondi palpebrali e una forma cistica ad andamento più lento ma ugualmente destruente i piani palpebrali. Le lesioni interessano in maggior percentuale la palpebra inferiore, il canto interno e, nel caso di interessamento del canto esterno, per contiguità, la palpebra superiore. Non metastatizzano e la loro terapia è escissionale ampia, cui segue ricostruzione. L’epitelioma spinocelllare (Fig. 4) si presenta come una neoformazione rotondeggiante subito al di sotto della cute palpebrale, dopo un periodo di quiescenza tende ad ulcerarsi e da questo momento diventa rapidamente invasivo per continuità sia verso la cute palpebrale sia verso la congiuntiva, le vie lacrimali e l’orbita.

Non dolente, la comparsa di dolore è la manifestazione dell’infiltrazione dei nervi sovra orbitario e infraorbitario; la presenza di impegno linfonodale a carico delle stazioni linfatiche preauricolari e sottomandibolari sottende una prognosi infausta, anche se rare sono le metastasi a distanza.

Patologia della congiuntiva Le patologie di più frequente riscontro durante la visita oculistica sono: Pinguecola: piccola lesione solitamente posizionata tra

il limbus e caruncola, di colorito giallastro translucido; l’eziologia di tale lesione è sconosciuta ma si pensa che fattori ambientali quali polveri, fumi, radiazioni solari, possano essere la causa della sua insorgenza.

Solitamente asintomatica può in alcuni casi provocare sensazione di corpo estraneo. La terapia è chirurgica solo per motivi estetici, oppure medica con instillazione di lacrime artificiali.

Pterigio (Fig.5): lesione di tipo carnoso, di forma triangolare, situata nello spazio intrapalpebrale; la testa della lesione si estende verso il centro della cornea, mentre il corpo trapassa nella congiuntiva bulbare. Eziologicamente riconosce le stesse cause della pinguecola, in particolare sembrano essere molto importanti le radiazioni solari. In effetti lo pterigio è una patologia più frequente nella razza nera africana piuttosto che nella razza bianca. Fondamentale riconoscere le fasi di accrescimento dello pterigio, tale patologia è stabile ma all’esame con biomicroscopio se si osservano alterazioni della testa, in particolare aree di irregolarità corneali con presenza di infiltrati corneali grigiastri a livello della membrana di Bowmann, si è di fronte alla fase attiva della malattia. Lo pterigio difficilmente arriva sino a coprire l’asse ottico, può comunque provocare calo del visus per l’astigmatismo indotto dall’infiltrazione corneale. La terapia è chirurgica anche se possono presentarsi recidive post escissionali con gravi complicanze, tra cui ricordiamo la più importante che è la diplopia da interessamento cicatriziale del muscolo retto interno.

Tumori maligni congiuntivali I tumori della congiuntiva sono lesioni altamente maligne sia per la prognosi visiva (mantenimento del bulbo oculare) sia per la prognosi quod vitam. Si riconoscono vari tipi di lesioni tumorali derivanti dalle cellule congiuntivali; si manifestano clinicamente come placche leucoplasiche o piccole escrescenze carnose: Carcinoma intraepiteliale: è il carcinoma in situ di

derivazione dalle cellule spinose della congiuntiva; Carcinoma spino cellulare: altamente aggressivo che

può espandersi sia verso l’esterno con invasione di tutta la congiuntiva e delle palpebre ma, al tempo stesso infiltra il bulbo e l’orbita; può dare metastasi a distanza ed ha una prognosi quoad vitam infausta;

Carcinoma derivato dalle cellule basali della congiuntiva; è un tumore raro

Carcinoma muciparo: di derivazione dalle cellule mucipare, molto raro ma altamente aggressivo localmente e può dare metastasi a distanza.

L’escissione chirurgica di tali lesioni è obbligatoriamente molto ampia, data la malignità e si consigliano frequenti controlli. Le lesioni pigmentate sono solitamente benigne: nevo giunzionale, nevo composto, nevo blu, melanosi congenita e melanosi acquisita. Importante è la melanosi acquisita che si manifesta come una pigmentazione monolaterale diffusa della congiuntiva nella quarta\quinta decade d’età. La lesione può regredire o ingrandirsi ma resta sempre una lesione benigna (melanosi precancerosa). Una degenerazione maligna si deve sempre sospettare in caso di rapido accrescimento, variazione del colore, crescita di neovasi, invasione del limbus e degli strati superficiali della cornea.

Malposizioni palpebrali L’anamnesi patologica è di fondamentale importanza dato che malattie quali l’ipertiroidismo possono instaurare una grave malposizione palpebrale: retrazione palpebrale, associata ad esoftalmo con deficit dell’oculomozione e condurre alla cecità per danno sia

Figura 5 - Pterigio

Figura 4 - Epitelioma Spinocellulare

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sul nervo ottico sia, più frequentemente, a ulcere e perforazione corneale da lagoftalmo. In presenza di pazienti con una malposizione palpebrale si dovranno, inoltre, eseguire manovre per capire quale sia l’eziologia che ha portato al manifestarsi della patologia, al tempo stesso l’osservazione del volto e dei movimenti delle palpebre e del bulbo oculare ci permetteranno di capire se vi siano state lesioni neurologiche a carico del nervo facciale o dell’oculomotore. Divideremo le mal posizioni palpebrali in due grandi quadri: Malposizioni statiche Malposizioni dinamiche

Malposizioni statiche Si distinguono in Ectropion\entropion congenito e acquisito. Escludendo le malposizioni cicatriziali, tre sono le manovre a carico delle palpebre che ci permetteranno di capire l’eziologia della patologia.

Test di lassità orizzontale

Afferrando delicatamente la cute stireremo la palpebra verso l’esterno: la possibilità di distaccare la palpebra di oltre 10 mm dal bulbo oculare ci dimostra una lassità di tutta la palpebra.

Test di lassità cantale mediale

Esercitando una trazione verso l’esterno si osserva il movimento del canto interno e del punto lacrimale. In assenza di lassità, osserveremo uno spostamento delle

due strutture di soli 2 mm, in caso contrario è presente lassità mediale.

Test di lassità cantale laterale

Esercitando una trazione mediale non si dovrebbe notare nessuno spostamento del canto esterno, al contrario un arrotondamento del canto, normalmente acuto, sottende una lassità laterale. In caso di Floppy Eylids Syndrome, la trazione del canto esterno, esercitata sulle due palpebre in contemporanea, permette di distaccare di oltre 20 mm le due palpebre dal bulbo oculare; nell’anamnesi di questi pazienti si ritrova anche l’obesità e la BPCO con russamento notturno.

Malposizioni dinamiche Entropion Nell’infraversione la palpebra fisiologicamente segue il movimento in basso del bulbo oculare, in caso di lassità del retrattore della palpebra inferiore questa tenderà a ruotare verso l’interno posizionandosi in entropion.

Ectropion

Ectropion palpebrale generalizzato congenito: risulta essere una patologia di raro riscontro, riguarda ambedue le palpebre ed è causato da uno spasmo dell’orbicolare durante il pianto, che provoca il rovesciamento all’esterno delle due palpebre; si associa a sindromi malformative tra cui la più importante è la Trisomia 21 Euriblefaron (Fig.8): la mal posizione palpebrale riguarda il terzo esterno della palpebra inferiore. Eziologicamente è dovuto ad un’inserzione anomala del tendine cantale laterale che si posiziona più in basso e più anteriormente al legamento di Witnall. Nei casi più gravi si associa ad una sofferenza corneale da esposizione.

Ectropion acquisito

Distingueremo: ectropion involuzionale: la cui eziologia è da cercarsi

nei vari aspetti della lassità cantale o palpebrale; ectropion cicatriziale: generalizzato o lineare.

L’eziologia di questa forma particolare di ectropion risiede nel danno che le lacrime e l’esposizione cronica del bordo palpebrale causano sulla cute palpebrale e sul sottostante muscolo orbicolare pretarsale. La malposizione crea a lungo andare, danno sul bordo, causando una ipercheratinizzazione dello stesso e un danno a carico delle fibre muscolari dell’orbicolare con loro fibrosi e retrazione cicatriziale;

Figura 6 - Test di lassità cantale mediale

Figura 7 - Test di lassità cantale laterale

Figura 8 - Euriblefaron

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ectropion paralitico: si osserva nella paralisi del VII nervo cranico. La palpebra paralitica perde tono e si rovescia all’esterno;

ectropion meccanico: è causato da cicatrici coinvolgenti le palpebre o i tessuti periorbitari.

Entropion Distinguiamo tre tipi di entropion: congenito involuzionale (Fig.9) cicatriziale.

L’entropion congenito è molto raro, si associa a patologia mal formativa cranio facciale, più frequente risulta essere l’epiblefaron. Tale patologia non necessita di trattamento chirurgico ed è dovuta alla presenza di un muscolo orbicolare ipertonico che provoca l’introflessione del tarso al momento della chiusura palpebrale. L’entropion involuzionale, come l’ectropion, etiologicamente è legato alle lassità palpebrali o cantali, in tale tipo di malposizione va ricercata anche la lassità dei retrattori palpebrali che può essere da sola l’unica causa di entropion involuzionale. L’entropion Cicatriziale, generalizzato o localizzato, etiologicamente è dovuto a una contrazione della lamella posteriore palpebrale. Ricordiamo varie patologie che possono dar luogo a questa mal posizione: le causticazioni corneo congiuntivali, il penfigo e le lesioni da tracoma.

Ptosi congenita\acquisita Per valutare una ptosi non è sufficiente calcolare la distanza della rima palpebrale superiore dal bordo pupillare, ma si dovranno osservare anche: la presenza della plica palpebrale, l’epicanto, la posizione del sopracciglio, la presenza di sincinesia oculomandibolare, l’ipotropia di un bulbo oculare, la funzionalità del muscolo elevatore e il fenomeno di Bell. L’insieme di tutte le informazioni ci permetterà di stabilire il piano chirurgico.

Valutazione della funzionalità dell’elevatore

In posizione primaria, dopo aver bloccato con una lieve pressione il muscolo frontale, misurare l’ampiezza della rima palpebrale, ripetere la misurazione nello sguardo in alto e nello sguardo in basso sempre mantenendo bloccato il frontale. La differenza tra la misurazione eseguita nello sguardo in alto e quella nello sguardo in basso ci indica la funzione del m. elevatore.

Potremo quindi trovarci davanti a varie misurazioni: funzionalità normale: tra 12 e 15 mm funzionalità assente: tra 2 e 4mm Funzionalità scarsa: tra 4 e 8mm Funzionalità buona: oltre 8 mm.

Studio della sincinesia oculo mandibolare

In posizione primaria di sguardo si chieda al paziente di traslare la mandibola o di spalancare la bocca, in caso di sincinesia all’apertura delle fauci corrisponderà la scomparsa della ptosi (Fenomeno di Marcus Gunn). Nel neonato l’indicazione ci verrà fornita dalla madre del piccolo che avrà notato la scomparsa della patologia palpebrale alla suzione del capezzolo durante l’allattamento al seno.

Classificazione delle Ptosi palpebrali

Ptosi miogena: Distrofia congenita dell’elevatore Blefarofimosi Oftalmoplegia esterna progressiva Miastenia grave. Ptosi Neurogena: Paralisi del III nervo cranico Paralisi del simpatico cervicale (sindrome di Horner) Asincinesia oculo mandibolare. Ptosi aponeurotica: Difetto dell’aponeurosi dell’elevatore Patologia a carico del M.Elevatore Ptosi meccanica: Dermatocalasi.

SEMEIOTICA DELL’ORBITA Quando si studia un paziente affetto da esoftalmo la prima domanda che ci dobbiamo porre è se siamo realmente di fronte ad un esoftalmo o piuttosto davanti ad un pseudoesoftalmo. La retrazione palpebrale del paziente tiroideo, il buftalmo, l’occhio affetto da un miopia degenerativa, sono pseudoesoftalmi e possono trarre in inganno. Un esoftalmo può essere: monolaterale o bilaterale assile o lateralizzato riducibile o irriducibile. Il nostro esame clinico, oltre alla visita oculistica classica, dovrà quindi comprendere altre indagini specifiche alcune delle quali molto semplici.

Figura 10 - Ptosi

Figura 9 - Entropion involuzionale

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L’ispezione con visione di una cute arrossata e dolente con ptosi palpebrale, ci indirizzerà verso una patologia di tipo infettivo: cellulite orbitaria (Fig.11), dacrioadenite acuta (Fig. 12). La palpazione ci indicherà la riducibilità dell’esoftalmo o la sua irriducibilità, ad esempio nei tumori infiltranti l’orbita. L’auscultazione con un fonendoscopio ci permetterà di sentire il classico rumore di soffio, sincrono con il ritmo cardiaco, caratteristico della fistola carotido cavernosa. La motilità e la dolorabilità nei movimenti oculari associata ad arrossamento congiuntivale ci può indirizzare verso la diagnosi di miosite. Altro esame eseguibile in ambulatorio è l’esoftalmometria con esoftalmometro di Hertel. L’esecuzione è semplice: appoggiando l’apparecchio all’arcata orbitaria si traguarda l’apice corneale che si posizionerà, nel soggetto normale, a 21 mm sulla scala graduata dell’esoftalmometro, variazioni di oltre 3 mm indicano la presenza di esoftalmo. Naturalmente non bastano queste prime indagini per indirizzare la diagnosi, in particolare, non sono sufficienti per diagnosticare quale tipo di malattia sia alla base dell’esoftalmo. Tra le indagini più comuni ricordiamo anche gli esami ematochimici: l’emocromo che può essere alterato nelle leucemie e nei linfomi, gli anticorpi antitiroide (TSH, T3, T4) che sono alterati nell’ipertiroidismo, gli

anticorpi specifici delle malattie su base autoimmune che spesso sono causa di esoftalmo monolaterale da dacrioadenite cronica. Gli esami strumentali che ci permettono di fare diagnosi e stabilire un piano terapeutico medico o chirurgico che devono essere sempre eseguiti sono: l’ecografia orbitaria: ci fornisce informazioni sulla

presenza di lesioni extra o intraconiche, ci permette di valutare la muscolatura estrinseca in corso di Morbo di Basedow;

la T.C, che evidenziando la struttura ossea dell’orbita fa risaltare se una lesione orbitaria ha eroso l’osso (lesione maligna a rapido accrescimento) o ha deformato l’osso improntandolo (lesione solitamente benigna a lento accrescimento: cisti orbitarie congenite, dermoide orbitario);

la R.M, che studia i tessuti molli ed è fondamentale, grazie anche all’utilizzo del mezzo di contrasto, nella diagnosi tissutale di una neoformazione orbitaria e dei rapporti che la stessa assume con la muscolatura estrinseca;

l’angiografia studia tutto il circolo vascolare orbito palpebrale e permette di fare diagnosi differenziale tra fistola carotido-cavernosa e varici orbitarie, o di emangioma cavernoso o pilocitico.

BIBLIOGRAFIA

1. G.Tyers,J.R.O.Collin Atlante di chirurgia plastica

ocular . Fogliazza Editore

2. J.J.J.Kanski; B. Bowling Clinical Opthalmology .

Saunders Editore

Figura 11 - Cellulite Orbitaria

Figura 12 - Dacrioadenite

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QUESTIONARIO DI AGGIORNAMENTO

1. Esiste il tessuto sottocutaneo: a. No b. Solo nella porzione lacrimale c. Sì d. Solo sulla caruncola 2. In quali porzioni è diviso il muscolo orbicolare:

a. Orbitaria

b. Orbitaria e presettale

c. Presettale

d. Nessuna porzione

3. Nel tarso si trovano :

a. Ghiandole di Meibomio

b. Ghiandole di Krause

c. Ghiandole fusiformi

d. Ghiandole di Kolbe

4. L’innervazione del muscolo

oculomotore è data da:

a. Nervo facciale

b. Nervo oculomotore

c. Nessuna risposta è corretta d. Nervo simpatico cervicale 5. La terapia dell’orzaiolo è:

a. Laser

b. Medica

c. Chirurgica

d. Nessuna risposta è corretta

6. La verruca è una lesione:

a. Virale

b. Batterica

c. Mitotica

d. Tubercolare

7. Il carcinoma basocellulare

metastatizza a distanza:

a. Sì

b. No

c. Solo se supera i 3 cm

d. Solo se supera i 5 cm

8. La pinguecola è una lesione:

a. Metastatica

b. Maligna

c. Benigna

d. Infettiva

9. L’escissione di uno pterigio può

provocare:

a. Ipertono oculare

b. Astigmatismo

c. Diplopia

d. Astigmatismo e diplopia

10. Come si valuta una lassità

mediale palpebrale:

a. Stirando verso l’esterno la

palpebra

b. Stirando verso l’alto la palpebra

c. Facendo aprire la bocca

d. Trazionando la palpebra verso

l’esterno

11. La funzionalità dell’elevatore si

dice scarsa se l’escissione palpebrale

è compresa tra:

a. 2-4 mm

b. 4-8 mm

c. 8-10 mm

d. 1-2 mm

12. I pazienti affetti da Floppy

Eylids Syndrome associano al

difetto palpebrale:

a. BPCO

b. Obesità

c. BPCO e obesità

d. Insufficienza renale

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Anno 7, Numero 85, Agosto 2013. Periodico mensile . Editore Medical Evidence Div. M&T. Strada della Moia, 1 Arese (MI) Tel. 02380731 Fax 0238073208

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La compilazione va fatta on-line selezionando la voce “Questionario - Malformazioni e neoformazioni palpebrali: corso base di semeiotica”