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Pino Roveredo Andrea Picco con la collaborazione di Eleonora e Matteo

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Progetto

libertà di parola

PINO ROVEREDOandrea picco

con la collaborazione di eleonora e matteo

2013

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TestiPino RoveredoAndrea Piccocon la collaborazione di Eleonora e Matteo

Progetto grafico Chiara MoretuzzoLa Collina Soc. Coop. Sociale

Fotografie Andrea Picco

StampaPixartprinting Srl

Progetto realizzato in collaborazione con l’Azienda Sanitaria n. 2 “Isontina”, la Cooperativa Sociale Reset e l’Istituto Compren-sivo “Leonardo da Vinci” di Ronchi dei Legionari, nel contesto della progettazione del PIANO DI ZONA, Ambito Basso Isontino, Servizio Sociale dei Comuni.

Servizio Sociale dei Comuni Ambito Distrettuale 2.2 Basso Isontino

Comune di Ronchi dei Legionari

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Libertà di parola

Pino Roveredo Pag. 7

Premessa

Introduzione

Alessandro Metz Presidente della Cooperativa Sociale Reset Pag. 11

Nicoletta Stradi Responsabile del Servizio Sociale dei Comuni Pag. 12

Claudio Riavis Dirigente scolastico Pag. 14

Matteo e Eleonora Educatori di strada Cooperativa Duemilauno Agenzia Sociale Pag. 15

Riflessioni su “Libertà di parola” alla scuola media di Ronchi dei Legionari Pag. 16

Risposte in libertà Pag. 21

Libertà di parola ai genitori Pag. 40

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PREMESSA

“La nostra è una generazione morta”. È una frase lasciata su un post-it da uno studen-te (o studentessa… chissà?) di una Scuola Superiore. Una sentenza senza appello, che con stupore ho sentito sulle bocche di molti suoi coetanei, di altri Istituti, di altre località. Una sentenza che mi ha fatto crescere l’ur-genza di doverla raccontare, quest’assenza di speranza, proprio attraverso le parole di chi invece ha ancora tutto da vivere.

Ho provato ad affrontare la scuola con la di-screzione di chi si annuncia bussando sem-pre due volte, e di chi non ha la presunzione di portarsi dietro l’imposizione di una ragio-ne, ma che con il desiderio dell’ascolto, prova a saltare oltre a quei concetti e preconcetti che spesso danno forma alla staticità (o co-modità) di un pensiero comune, quello che vede girare i ragazzi nella superficialità e ba-nalità di chi non ha nessun interesse verso quelle tematiche sociali che attraversano la nostra quotidianità.

Ora, io credo di conoscere discretamente bene quel mondo e i suoi protagonisti, aven-do negli ultimi anni, da Aosta a Mazara del Vallo, effettuato più di cinquecento incontri in Istituti Scolastici e in Centri di Aggrega-zione Giovanile. Incontri che mi hanno per-messo di incrociare, incontrare e conoscere parecchi aspetti della nuova generazione, e a memoria non rammento un episodio o un

passaggio vissuto con la leggerezza della futilità: tutti sono stati importanti e tutti sono entrati nel piacere della curiosità.

In quegli incontri ho raccolto testimonianze, posizioni, confessioni, rabbie, delusioni, eu-forie, pensieri, parole, e talvolta… anche lo specchio muto del silenzio. Ecco, pensando a quei silenzi mi è sempre venuto sponta-neo pensare a quello che don Luigi Ciotti (fondatore del Gruppo “Abele”) diceva una quindicina di anni fa, quando all’interno di un convegno sottolineò:

- I nostri ragazzi e il mondo della scuola è profondamente cambiato. Ieri ci si preoccu-pava per i ragazzi agitati e si lodava anche con un “10” in condotta quelli che non face-vano “casino”, rumore. Oggi invece, i ragazzi “vivi” sono una risorsa, mentre quelli che gi-rano nell’apparente quiete del silenzio devo-no accendere una preoccupazione, perché spesso hanno delle rivoluzioni in corpo che non riescono a far esplodere! –

Probabilmente è da quella volta che i ragazzi “buoni”, quelli che non rompono le scatole e non disturbano con la parola, sono diventati un motivo di profondo interesse, e spesso, quando siamo riusciti (anche a fatica) ad accendere un dialogo, quasi sempre sono usciti storie di tormenti, problemi d’anaf-fettività e svariati accenni che toccavano il male di vivere.

Pino Roveredo

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INTRODUZIONE

Dobbiamo sicuramente ringraziare la cara ospitalità dell’Istituto Comprensivo “Leo-nardo Da Vinci” di Ronchi dei Legionari, e il prezioso assenso del Preside Dottor Ri-avis, se siamo riusciti a portare per la pri-ma volta, dopo anni di attività negli Istituti Superiori, il progetto “Libertà di Parola” all’interno di una scuola media. Dobbia-mo ringraziare anche gli insegnanti delle classi 2° “A”, “B”, “C” e “D” che, per evi-tare di procurare qualche imbarazzo nelle risposte e nella voglia di parola degli stu-denti, sono usciti dall’aula lasciandoci la gestione e la piena libertà di un confronto.Noi siamo entrati in quelle aule innan-zitutto con la tensione e prudenza di un esordio e, vista l’età dei ragazzi, anche con l’accortezza di smussare e addolcire gli argomenti da trattare, dando così agli incontri l’ipotesi di un gioco.

Con la procedura della domanda scritta sulla lavagna, e le risposte rigorosamente anonime riportate su delle strisce di carta, abbiamo proposto temi quali: l’affettivi-

tà, la responsabilità, il sogno, il ricordo e altro. Dietro le nostre domande sono se-guite le risposte scritte che a volte hanno giocato con la fantasia e il disincanto che appartiene a quell’età, altre invece, con la meravigliosa sorpresa di verdetti e verità che spesso hanno toccato (e anche supe-rato) il pensiero dell’adulto.Risposte che sono state lette, spiegate e discusse, diventando così anche il motivo di grandi accordi e disaccordi, parole e libertà che hanno stimolato una vivacità di pensiero, e l’uso (per i ragazzi incon-sueto) autonomo e personale delle idee espresse senza il timore del giudizio, acquisendo anche la forza straordinaria del protagonista.

In questo volume, per esigenze di spazio, con la necessità ansiosa della sintesi, abbiamo riportato solo una parte delle ri-sposte ricevute, risposte che sicuramente illustrano gli stati d’animo di un gruppo di ragazzi che frequentano la 2° media, e che presto abbandoneranno i passi allegri del gioco per infilarsi nel cammino impor-tante della vita.

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Alessandro MetzPresidente dellaCooperativa Sociale Reset

La parola è importante è quella che ti per-mette di trasmettere pensieri, sogni e pro-getti ma anche paure e richieste di aiuto. La parola è verbale, scritta e gestuale ma bisogna sforzarsi sempre di creare conte-sti in cui si è liberi di poterla usare.A partire da questi concetti come Coope-rativa Sociale Reset portiamo avanti da alcuni anni questo progetto, lo portiamo nelle scuole dando una ulteriore possi-bilità ai più giovani di usare questo stru-mento immenso che è la parola. Troppe volte abbiamo partecipato a convegni in cui l’oggetto della discussione erano i gio-vani, di volta in volta visti come problema o risorsa, quasi sempre però gli assenti, o presenti e silenti, erano i giovani stessi; e noi ci parlavamo addosso.Per questo andiamo avanti, continuiamo a proporre questo progetto alle scuole agli enti locali e alle istituzioni, sapendo che le risor-se sono poche e che diventa sempre più dif-ficile sviluppare progettualità che non stiano nel “programma”; ma siamo anche con-sapevoli che non investire risorse nel dare spazio, luogo fisico e virtuale, a chi oggi vive la difficilissima condizione di essere giovane domani può costarci tantissimo.Proprio per questo voglio ringraziare chi ha saputo cogliere questa progettualità valorizzandola e supportandola: il Servi-zio Sociale dei Comuni dell’Ambito Basso Isontino, l’I.C. “Leonardo da Vinci” di Ron-chi dei Legionari e l’Azienda Sanitaria n° 2 “Isontina”.

Ma anche e soprattutto chi ha ancora la voglia di raccontarsi e ascoltare, stimolare e provocare discussioni e parole, in que-sto caso Pino Roveredo e Andrea Picco.Il merito di tutto come al solito va ai ra-gazzi e alle ragazze che hanno dimostrato ancora una volta di sapersi mettere in gio-co, stupendo sempre chi pensa che non abbiano niente da dire, dimostrando che le parole non mancano, a volte quello che rischia di venir meno è la libertà di poterle esprimere.

Alessandro MetzPresidente Cooperativa Sociale Reset

P.S. Quasi dimenticavo i genitori, quelli che hanno deciso di spendere alcune ore di un tardo pomeriggio a Ronchi a parla-re e ascoltare le cose dette e scritte dai loro figli. Volevo ringraziarli perché mi hanno permesso in quelle due ore di es-sere semplicemente genitore tra genitori e confrontarmi assieme a loro su quanto è complicato, ma bellissimo, oggi esserlo.

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Nicoletta StradiResponsabile del Servizio Sociale dei Comuni

Il Servizio Sociale dei Comuni, Ambito 2.2 Distretto Basso Isontino, da anni è impe-gnato, attraverso l’attività professionale ed in collaborazione con i singoli Comuni, Scuole, Azienda Sanitaria ed associazioni locali, nella realizzazione di interventi edu-cativi che hanno, come obiettivo cardine, quello della costruzione di relazioni con funzione inclusiva rispetto ai contesti in cui i ragazzi vivono: la famiglia, la scuola, le associazioni, i gruppi dei pari, l’oratorio, ed ogni realtà aggregativa che il giovane può incontrare nella propria quotidianità.

I progetti afferenti ai Piani di Zona degli ultimi anni, hanno implementato l’offerta sul territorio di varie esperienze ed oppor-tunità per la prima infanzia, la disabilità e l’adolescenza.Sappiamo bene infatti che le relazioni positive caratterizzano una crescita armo-nica dell’individuo e cementano la perce-zione del sé e l’autostima in un processo di crescita e di evoluzione.

Per un Servizio Pubblico, lavorare sul ter-ritorio significa proporsi con diverse stra-tegie, due delle quali possono essere 1) li-mitarsi a valorizzarlo come interlocutore e risorsa per lo sviluppo del proprio progetto (quando l’intervento è focalizzato sulla ri-qualificazione di qualcosa che già esiste); 2) Lavorare in modo specifico con il terri-torio per migliorare la qualità del tessuto sociale anche al fine di sostenere la na-

scita di nuove iniziative o per progetti di più ampio respiro.

L’obiettivo principale quindi è quello di fa-vorire la costruzione di comunità compe-tenti, intese come sistemi sociali capaci di utilizzare le proprie risorse e di prendere decisioni sui problemi che li riguardano. Fare prevenzione, in quest’ottica, significa “migliorare il tessuto di convivenza di una comunità ed essere in grado di offrire ai propri membri occasioni di socialità posi-tive ed aggregazioni evolutive e nutritive”.

Il Servizio Sociale dei Comuni, alla luce dei dati in possesso riguardo la realtà giovanile del territorio desunti sia dall’ esperienza di educativa di strada che dai punti di ascolto del Segretariato Sociale, capillarmente presenti in tutti i Comuni, ha ritenuto importante sperimentare una attività di promozione ed ascolto della re-altà giovanile, promuovendo occasioni di confronto su temi di riflessione significa-tivi per i ragazzi.

Con la collaborazione dell’Azienda Sanita-ria ed in particolare del Dipartimento per le Dipendenze, Distretto Basso Isontino, è emersa l’idea di sviluppare una collabora-zione con lo scrittore, giornalista ed edu-catore di strada Pino Roveredo, che già aveva operato recentemente sul territorio Isontino .

Attraverso l’esperienza educativa mes-sa in atto già da anni da Pino Roveredo, impegnato nella costruzione di un dialogo con i giovani nel contesto scolastico at-traverso gli incontri chiamati “Libertà di Parola” dove proprio la parola è strumen-to per “provare a riempire la solitudine di

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un niente da fare con la compagnia di un qualcosa da dire”, ci si è proposti di fare emergere quelle voci che, all’interno di alcune comunità locali, potrebbero forse accorciare la distanza delle generazioni.

L’esperienza di Ronchi dei Legionari è stata importante e ci ha dato modo di

raccogliere messaggi utili alla comunità locale, alle famiglie e a noi operatori. Un caloroso ringraziamento a tutti per la collaborazione ed in particolare all’Istituto Comprensivo “Leonardo da Vinci” di Ron-chi dei Legionari e ai ragazzi che hanno voluto raccontarci il loro punto di vista.

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Claudio RiavisDirigente scolastico

Libertà di parola: la voce al telefono aveva pronunciato quelle parole in modo convin-to e convincente. Era il nome di un proget-to, uno dei tanti, che ogni giorno vengono proposti al nostro come a tutti gli altri isti-tuti del Paese. Quelle tre parole, perentorie come un proclama libertario, mi attiravano. E il nome di Pino Roveredo, le cui pagine avevo apprezzato, mi rassicurava sulla se-rietà della proposta. Così decisi di aderire all’invito, fissando un incontro per capire come, se e quanto il progetto potesse in-serirsi in quella che con un tecnicismo nor-malmente chiamiamo “offerta formativa” dell’Istituto.

Ora posso dire che la decisione, inizialmente quasi istintiva, fu particolarmente indovinata. La scuola vive oggi una situazione contrad-dittoria: pur chiamata a dare risposte che sempre più si allontanano dalla mission tipica di un’agenzia formativa, si trova a poter contare su risorse sempre più scar-se. Peraltro in una società in cui la rete di protezione sociale si assottiglia pericolosa-mente e la sicurezza di una famiglia non è più un fatto scontato, la scuola, uno dei pochi punti di riferimento ormai rimasti, deve esercitare forzatamente una funzione di supplenza. Da qui la necessità di colla-borazione con altre Agenzie del Territorio operanti nel sociale per creare sinergie e ottenere quelle professionalità che la scuo-la stessa istituzionalmente non può avere. Solo in questo modo è possibile tentare di comprendere realmente il vissuto, le ne-cessità, le aspirazioni, i disagi degli ado-

lescenti, in particolare quelli con situazioni socio-familiari difficili. Non sempre siamo poi in grado di dare risposte a tali richie-ste d’aiuto che spesso giungono in forma implicita, talvolta con modalità irritanti e distorte. Tuttavia, semplicemente riuscire a soddisfare il grande bisogno d’ascolto dei ragazzi, in una società che corre maledet-tamente troppo veloce, è, se non una ri-sposta, sicuramente un primo e importante passo. Ed è qui che la collaborazione di figure esterne all’istituzione scolastica può risultare preziosa per superare la diffidenza e la paura di essere giudicati. L’intervento di Pino Roveredo e Andrea Picco ha saputo creare il clima di fiducia necessario: una sorta di zona franca in cui i ragazzi, forse per la prima volta, hanno potuto libera-mente esprimersi e mettersi in gioco. Ne è nata un’esperienza intensa che ha fornito riflessioni importanti per i ragazzi ma ancor di più per noi adulti, spesso troppo presi dai problemi quotidiani per poter realmente ascoltare e capire.

Un grazie quindi all’ Azienda Sanitaria n. 2 “Isontina”, alla Cooperativa Sociale Reset, al Servizio Sociale dei Comuni dell’Ambito Basso Isontino e soprattutto a Pino Rovere-do e ad Andrea Picco la cui collaborazione ha permesso la realizzazione presso l’I.C. di Ronchi dei Legionari del progetto “Liber-tà di parola”.

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matteo ed eleonoraEducatori di strada Cooperativa DuemilaunoAgenzia Sociale

Conoscevamo di vista già alcuni ragazzi di quelli che abbiamo incontrato a scuola du-rante il progetto “Libertà di parola”; eravamo in particolare abituati a vederli quasi sempre nello stesso parco, spesso con la stessa compagnia, impegnati a far passare il tempo nei giardini vicino la scuola che frequentano; durante i nostri giri da quelle parti avevamo percepito l’apparente chiusura di quei grup-pi così coesi tra di loro e così distanti dall’e-sterno, la difficoltà di trovare il momento e la maniera migliore per avvicinarci, la loro diffidenza nei confronti dello sconosciuto.E’ stato interessante ritrovarli a scuola: gli stessi ragazzi fuori diffidenti e un po’ chiusi presentarsi ora più spensierati, sognatori, propositivi; le iniziali difficoltà comunica-tive incontrate per strada hanno lasciato facilmente spazio alla voglia di parlare e di esprimere le proprie idee, il fatto di esserci presentati come operatori di strada all’inter-no di un contesto scolastico ha facilmente abbassato i muri della diffidenza, lasciando spazio alla voglia di esprimersi e di sentirsi protagonisti liberi di dire e di non dire ciò che si vuole.

Due facce della stessa medaglia, il sentirsi più grandi e forse meno protetti dello stare con gli amici per strada e l’essere ancora studenti sotto la guida dell’insegnante di turno nella propria scuola, il sentirsi gran-di ma non esserlo ancora abbastanza. Due aspetti diversi così fortemente accomunati

dalla voglia di comunicare: perché di fronte alla difficoltà che noi per strada possiamo percepire nell’entrare in contatto con loro, abbiamo in queste giornate soprattutto os-servato che ciò che rende positivo e propo-sitivo il nostro lavoro sia a scuola che per strada è sempre l’ascolto incondizionato, le porte aperte, l’assenza di giudizio. In strada come a scuola il filo comune resta il deside-rio di parlare, il sentirsi liberi di dire ciò che si vuole, con il piacere dell’essere ascoltati, incondizionatamente.

Queste giornate sono state davvero una bel-la esperienza sia per i ragazzi che per noi che ci siamo sentiti, a nostra volta, accolti e ascoltati da Pino e Andrea, che approfit-tiamo per ringraziare qui su questo foglio, sperando di avere in futuro altre occasioni per poter condividere questa preziosa idea comune di ascolto come chiave “vincente”. Grazie!.

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RIFLESSIONI SU “LIBERTÀ DI PAROLA” ALLA SCUOLA MEDIA DI RONCHI DEI LEGIONARI

“Chi è lo straniero?”Tema, questo, molto delicato. Il ventaglio di risposte qui è molto ampio, si va dalla conside-razione più immediata (una persona che viene da un altro paese) a quella più sorprendente (“uno può sentirsi straniero anche in un gruppo di amici”: sorprende, che a 12/13 anni, si riesca ad associare al concetto di straniero quello di estraneo, cioè di portatore di qualcosa di diverso che il gruppo non accetta perché pericoloso per la propria identità e perciò emar-gina), passando attraverso gli stadi della descrizione dello straniero come persona portatrice di usi, abitudini, culture diverse. La ormai comune presenza di compagni di classe nati all’estero, o nati in Italia da genitori provenienti da ogni parte del mondo, ha permesso poi di condividere in classe sentimenti quali la nostalgia (“sono tornato in Argentina una volta sola, mi mancano i miei nonni”) e sensazioni provate sulla propria pelle: la diffidenza, ad esempio, percepita in famiglia e poi quasi interiorizzata come un dato di fatto. Rare, ma presenti, le risposte a sfondo razzista, che hanno dato vita a un confronto a tratti anche acceso. “Per me lo straniero è l’uomo nero che puzza. Cioè bangladesh.”: stimolati a riflettere se la frase in questione facesse ridere o facesse pensare, i ragazzi hanno lasciato da parte le risate.

“Libertà di parola” in una scuola media: esperienza nuova, anche per noi. Rispet-to alle precedenti esperienze nelle scuole superiori, abbiamo pensato di mantenere intatte le caratteristiche del progetto (le principali: anonimato negli scritti, assenza degli insegnanti) e la struttura degli incon-tri (una presentazione iniziale, distribuzione dei post it, domanda scritta alla lavagna, compilazione dei post it, raccolta e lettura da parte di uno o più ragazzi, intervento da parte nostra che stimoli la discussione sul tema, discussione) variando le domande e i contenuti della discussione.

Il clima creato nelle quattro classi è stato da subito molto buono: silenzio e atten-zione, collaborazione, interesse, voglia di “giocare” attraverso i biglietti, manifestata in ogni classe lungo tutti e tre gli incontri. Pur avendo a disposizione solo un’ora ad incontro, le discussioni successive alle do-mande sono state ricche di spunti. Eccone alcuni, suddivisi per domanda/argomento.

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“Com’è la vostra scuola?”Non avendo dato indicazioni su cosa si intendesse per scuola, è curiosamente emerso l’aspetto della scuola come edificio scolastico. Curioso per noi adulti, che sottovalutiamo l’aspetto del luogo, cioè l’aspetto concreto, concentrandoci più sulla scuola intesa come la trasmissione del sapere. Invece, a mio parere dandoci un messaggio che è tutto fuorchè banale, la scuola è innanzitutto l’edificio. E quel “vostra” nella domanda è profondamente sentito dai ragazzi, ed è quasi esclusivamente riferito allo spazio che loro abitano per tante ore della giornata. “Schifo”, “brutta”, “una discarica”, “decadente”: ne consegue che un luogo brutto, un luogo che è descritto così, è vissuto come il primo ostacolo alla trasmissione del sapere. Perchè dobbiamo stare in un luogo brutto?, è questa la domanda che si na-sconde dietro alle descrizioni di tutto ciò che non va nell’edificio scolastico. Parallelamente, c’è l’affetto per le persone che lo animano, compagni e insegnanti. C’è un forte senso di appartenenza, che si esprime sì attraverso le critiche, ma anche capendone l’importanza: “La nostra scuola secondo me, lasciando stare la vera e propria struttura che comunque non è delle migliori, è un luogo d’incontro, dove ogni persona che vi si trova ha un motivo per essere lì”. Cosa si apprende a scuola, è lasciato in secondo piano. Viene prima come ci si sente, a stare lì.

“Chi è il tuo eroe?”Il tema dell’eroe, ma ancor di più del supereroe, cela sottotraccia il tema della morte e dell’immaginario che si trascina dietro un mistero così grande. In un post qualcuno ha scritto che un personaggio dei fumetti era il suo eroe perché moriva e poi rinasceva sempre… Partendo da queste parole si può intuire che all’eroe si affida un qualcosa di inspiegabile, che tuttavia comincia ad assumere una forma e a porre una domanda scomoda, perchè non ha risposta. Complementare a questo tema, quello del sentirsi in pericolo: “ Il mio eroe è Superman, perché salva la terra”. Abbiamo chiesto se si sentissero in pericolo, se sentis-sero “la terra minacciata”. In effetti, una certa minaccia dovuta alla natura e alla poca cura dell’uomo è percepita. E su questo si innesta un altro tema, interiorizzato in casa o attraverso la televisione: la crisi, che è riuscita a far breccia anche nell’immaginario dei 13enni. Crisi che toglie sicurezze. Sembra incredibile, ma è così.

“Una cosa che vorresti dire agli adulti”Qui il sentire è ambivalente: da un lato iniziano a manifestarsi i primi slanci di ribellione e di autonomia, dall’altro c’è il desiderio di manifestare il bene attraverso le parole. Interessante è a questo proposito vedere come certe parole siano difficili da pronunciare ad alta voce, nella quotidianità familiare. Alla domanda: ma queste cose le hai dette ai tuoi genitori? la risposta è: no, perché non ho trovato il momento, il coraggio, il tempo… Inizia a farsi largo anche il desiderio di libertà, e avere il cellulare diventa il vero discrimine, ciò che fa di un bambino un adolescente: “è più facile dire mi piaci con un messaggio che con la voce”. Ne

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consegue che togliere il cellulare è la punizione peggiore. A margine, gran parte dei ragazzi ha un proprio profilo facebook e due classi su quattro hanno un loro gruppo su facebook, da cui sono esclusi ovviamente gli insegnanti . Le relazioni “dei grandi” sono viste come compli-cate, tanto che non ci si riesce a spiegare come mai ad esempio un matrimonio finisca. E il punto di vista è diametralmente opposto rispetto al nostro di adulti, che “anche se hanno più esperienza nella vita non possono comandarci a bacchetta e che comunque devono avere rispetto nei nostri confronti.” Forse ha proprio ragione chi ha scritto: “Agli adulti non si può dire proprio niente. Per esempio se rompi qualcosa loro si incacchiano e ti tirano un due piedate. Se loro spaccano qualcosa dicono “oh, mi è caduto..”

“Che cosa faresti se fossi Sindaco per un giorno?”La domanda è spiazzante alle superiori, figuriamoci alle medie. Moltissimi rispondono che farebbero pulizia nei parchi e darebbero case a chi non le ha, ma poi se si va a fondo si scopre che in realtà non c’è tutta questa “povertà visibile” a Ronchi. Eppure è percepita una sorta di ingiustizia sociale, di emarginazione, tanto che qualcuno userebbe il suo giorno da primo cittadino per fare una festa in cui fossero invitati veramente tutti. C’è un’idea di cosa pubblica da rispettare perché di tutti, un bisogno di socialità a cui mancano gli spazi per realizzarsi, messe accanto alle parole che il mondo adulto veicola: le tasse, per esempio, che molti abbasserebbero o toglierebbero proprio. In sintesi, ecco il programma elettorale: “Mi-gliorerei i negozi, i parchi e abbasserei il prezzo di tutte le cose che si mangiano perché tutti hanno il diritto e il dovere di mangiare bene senza spendere troppo. Per questi tempi…”. Già, per questi tempi.

“Come vorreste la vostra famiglia?”Questa domanda, che chiede di immaginare se e come costituiranno la loro famiglia, e la successiva (Come ti vedi tra dieci anni?) cercano di aprire un dialogo sul futuro, che, diversa-mente dai ragazzi di qualche anno più grandi, a 13 anni è sì confuso ma non buio, cupo. Gran parte delle risposte contempla nel proprio futuro una famiglia, con due, tre figli. Tante risposte aggiungono, anche, non come la mia famiglia, in cui si litiga sempre. L’immaginario descrive un po’ le famiglie ricche dei telefilm o delle soap opera: moglie o marito sorridenti, con due figli e la villa con la piscina. C’è chi tuttavia riesce a discernere nella finzione la realtà delle cose: “Allora, con molti figli, mi piacciono i bambini, vorrei stare bene economicamente, non divorziata e non come le famiglie dei film o delle pubblicità belle fuori, appariscenti e alla fine sotto sotto sono distrutte.” Personalmente, sul tema della famiglia, questo è infine il post it più toccante, quello che ha trovato le parole giuste per descrivere ciò che prova chi l’ha scritto: “Io vorrei che mia mamma stesse ancora con mio papà. Che mio fratello sia gentile con me e che non si arrabbi-no sempre con me. Mi manca tanto il mio papà. Mi manca l’affetto maschile.” C’è una lucidità nel dolore, in queste quattro frasi, che noi adulti ci sogniamo.

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“Come vi vedete tra dieci anni?”In una delle classi, forse per imitazione, tre o quattro post it mettevano in dubbio di esserci, tra dieci anni. È un dato comunque da non sottovalutare, a mio parere, anche alla luce di ciò che è accaduto in provincia quest’anno: troppi suicidi, già uno è troppo in realtà, tra gli adolescenti. È un dato di fatto di fronte al quale anche una frase in un gioco come questo dei post it è meglio che non sia lasciata cadere. Non è allarmismo: si percepisce un diso-rientamento nei ragazzi che frequentano le superiori, per i quali la difficoltà di intercettare i drammi da parte del mondo adulto è sempre più evidente. Ora, che qualcosa emerga già a tredici anni deve a mio avviso essere tenuto in considerazione. Perché uno a tredici anni dovrebbe scrivere: “spero di morire prima”? Certo, si può dire che è decontestualizzata, che è uno scherzo, che che che.. Intanto, però, quella frase c’è.

“Racconta il tuo ultimo abbraccio”Tra le domande, questa è quella che suscitato più reazioni di stupore e imbarazzo quando è stata scritta alla lavagna. “In che senso, l’ultimo abbraccio?” è la “contro domanda” che molti hanno fatto subito dopo. E una decina almeno sono stati i post it rimasti senza abbracci. Gli altri sono spartiti più o meno equamente tra la famiglia e i migliori amici. Questa domanda ha permesso poi di parlare della fisicità, del contatto con gli altri, in un’età in cui il corpo sta cambiando e, di conseguenza, anche le relazioni con gli altri. L’abbraccio che fa stare bene, che mi dice che qualcuno mi vuole bene, che per lui sono importante: la dimensione dell’altro diventa importante, per il proprio star bene. E attraverso l’altro si inizia a costruire la propria identità. “Il mio ultimo abbraccio è stato a ricreazione con la mia migliore amica. Mi fa stare felice perché vuol dire che almeno qualcuno mi vuole bene.”

A conclusione, l’esperienza di “Libertà di parola” a Ronchi è stata molto positiva, anche se il tempo è stato un po’ tiranno: sarebbe servita mezzora in più a incontro. In relazione alle precedenti esperienze fatte alle superiori, si può dire che l’età non è stata limitante. Certi messaggi, forse, passano di più a 13 anni che non dopo, e mi riferisco per esempio a temi quali il razzismo o le relazioni con il mondo adulto. La sensazione è che in un breve lasso di tempo, due massimo tre anni, ci si giochi tutto dal punto di vista della comunicazione, ossia del mettere in comune, adolescenti e adulti, esperienze e opinioni: prima, per certi temi, è forse troppo presto; dopo, è troppo tardi. Nel passaggio tra le medie e le superiori qualcosa succede che rende le parole che usiamo, i discorsi che facciamo, improvvisamente “vecchi”: sta a noi cercare il perché.

Andrea Picco

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RISPOSTE in libertà

“COME TI VEDI TRA DIECI ANNI?”- Farò il notaio e suonerò concerti in giro per il mondo.

- Allo specchio...

- All’università per laurearmi in medicina.

- Spero di morire prima!

- Tra dieci anni mi vedo in cielo…secondo me mi investono!! Uhuhuhuh ahahah.

- Tra dieci anni mi vedo alto.

- Sarò a lavorare (spero).

- Nel mio corpo… Ahaha! Battuta :) Sinceramente non lo so… la vita non si può pro-grammare.

- Con una famiglia. Avrò tre figli: Jonathan Justin e Jennifer.

- Giocatore della serie A.

- Tra dieci anni mi vedo con la barba.

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- Con 23 anni. Con la Ferrari, la villa, l’armatura di Iron Man!

- Io tra dieci anni mi vedo come ora, ma saprò più cose.

- Più gnocca di adesso! <3 u.u.

- Mi vedo in strada a chiedere la carità.

- Superfigo da paura, muscoloso ma soprattutto super atletico.

- Tra dieci anni mi vedo lavorare in una scuola di danza a Londra famosissima in tutto il mondo.

- Mi vedo a casa a dormire dopo essere tornato dall’università.

- Tra dieci anni io mi vedo mora, alta, magra e con scarpe col tacco.

- Mi immagino di vivere con la mia migliore amica in un appartamento mantenendoci con un lavoro part time.

- Mi vedo a lavorare da qualche parte ma non in Italia.

- Spiegare come mi vedrò tra 10 anni è un po’ difficile… comunque o penso ke sarò una quasi-donna sicura di me, con molta più autostima in me stessa. Decisa delle scelte che farò.

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“COME VORRESTE LA VOSTRA FAMIGLIA”- Famiglia di gnocchi di patate.

- Vorrei avere la persona più speciale del mondo con me, e vorrei creare con lui una famiglia. Una bella famiglia.

- Io la vorrei felice con dei figli ma però senza crisi e aumento di tasse… magari ritornare alla lira.

- Vorrei che nella mia famiglia non ci fossero litigi né divorzi e senza doversi preoccupare dei soldi per arrivare a fine mese.

- Io la vorrei serena e felice. Anke se guardando quella che ho non credo che questo sogno sia realizzabile. I miei genitori si stanno separando e ho paura ke questo possa succedere anke a me.

- La vorrei unita, non come quella che ho io ora, che è impossibile parlare con i miei, siccome mi dicono sempre qualcosa ke sbaglio, errori… la mia famiglia DEVE essere felice, in modo che se avrò figli saranno felici e potranno vivere in allegria. Inoltre la mia famiglia sarà mia.

- La vorrei unita perché ci sono molte famiglie ricche che x esempio a tavola non mangiano insieme e magari quelli un po’ più poveri stanno insieme anche non avendo da mangiare.

- Vorrei qualcuno che ami me, come io amo lei ( sempre che riesca a trovare qualcuno) e vorrei almeno due figli perché se si è da soli non si sa mai cosa fare.

- Più rilassata, gentile, cortese che non mi sgridi ma mi aiuti a vedere dove ho sbagliato e mi dia il buon esempio.

- Vorrei essere un genitore migliore, e avere dei figli diversi da me a scuola e avere il mio carattere.

- Io vorrei ritornare a casa dopo una lunga giornata lavorativa e ritrovarmi i miei figli con una bella notizia

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- Intanto con figli rispettosi ma che non siano tuoi “schiavi”. Figli che vadano bene a scuola ma anche qualche errore va bene.

- Mio marito che sia sportivo ma disponibile per me e i figli. Vorrei avere due figli maschi, o un figlio maschio che protegga la figlia più piccola. Peace and love :-D

- Sì, vorrei una famiglia numerosa. E che i figli facciano sport, così incassano soldi.

- Sì, la vorrei gentile. Dovrà essere un luogo di felicità dove si comunica.

- Io vorrei che mia mamma stesse ancora con mio papà. Che mio fratello sia gentile con me e che non si arrabbino sempre con me. Mi manca tanto il mio papà. Mi manca l’affetto maschile.

- Ricca, con un marito dolce, bello, simpatico, che non tradisce, due figli, uno maschio e l’altra femmina (forse)

- Vorrei una famiglia normale che non litiga.

- Ricca-super ricca- straricca… con due figli addottati: uno brasiliano perché sono fighi e una bambina svedese perché mi piacciono i biondi con gli occhi azzurri.

- Non sono sicura di volere una famiglia.

- Io la mia famiglia mi piacerebbe simile a quella che ho io. Una famiglia singolare e unica. Sì, certo, con tutte le sue piccole incomprensioni.

- Allora, con molti figli, mi piacciono i bambini, vorrei stare bene economicamente, non di-vorziata e non come le famiglie dei film o delle pubblicità belle fuori, appariscenti e alla fine sotto sotto sono “distrutte”.

- Io la mia famiglia la vorrei normale

- Io sono molto ottimista, e vorrei una famiglia con tanti, tanti figli...

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“COSA VORRESTI DIRE AGLI ADULTI?”- Vorrei dire ai miei genitori: che quando diventerò una campionessa del mondo o europea non si dovranno preoccupare, anzi devono essere felici di avere una figlia come me perché se divento campionessa europea o del mondo vinco 250.000 euro e questi soldi li darò ai miei genitori che ne avranno bisogno in futuro.

- Cos’è per voi la felicità?

- Grazie!!!

- Io, prima di tutto, chiederei di essere + comprensivi: anche i genitori sono stati ragazzi e quindi dovrebbero lasciarci più in pace e lasciarci i nostri spazi. Comunque anch’io, quando sarò più grande, dovrò essere comprensiva.

- Direi il mio stato d’animo, che la maggior parte delle volte è negativo, ma sono così brava a fingere che tutti pensano che sono felice.

- Dato che con i miei genitori non mi esprimo molto vorrei tanto sfogarmi con loro.

- Niente.

- Una cosa che vorrei dire a mio padre è che ritorni presto dall’America.

- Vorrei dirgli di trattarci con più serietà e non dire sei troppo piccolo per fare una cosa divertente, e poi dire sei abbastanza grande per fare una cosa noiosa.

- Ai miei genitori direi: “Ma perché non vi fate un po’ gli affari vostri? Possibile che per ogni cosa che faccio dovete dirmi qualcosa che non va?!”. E poi, mamma, non arrabbiarti come una iena come al solito se prendo un 8 invece di un 9!!!”.

- Io vorrei domandargli il xkè molte volte si comincia con un buon matrimonio e si finisce con il divorzio, poi ci vanno sempre di mezzo i figli.

- Dammi 100 euro!

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- Bu!?!

- Smettetela di alzare la voce e insultarci se facciamo qualche errore! E… basta tanti compiti prof!!!!

- Compratemi videogiochi! SIETE AL MIO COMANDO! Io sono il vostro sovrano!.

- Agli adulti non si può dire proprio niente. Per esempio se rompi qualcosa loro si incacchiano e ti tirano un due pedate. Se loro spaccano qualcosa dicono “oh, mi è caduto..”.

- Sono una marionetta! IAIAHOH! Ma soprattutto direi ai miei genitori che gli voglio bene.

- Io sono più intelligente di te, e che per una volta sia io a dire: “fai i compiti nullafacente”

- Lasciateci liberi e non recludeteci in casa.

- ...siete noiosi

- Con cosa fate colazione? Con l’acido muriatico?

- Vorrei dire che non siamo troppo “piccoli” per capire delle cose che vogliamo sapere. E anche che ogni tanto abbiamo bisogno di aiuto.

- Che… secondo me non dovrebbero intromettersi nella nostra vita privata o cercare di capirci… perché non capiscono xD

- Grazie per tutte le cose che ci state insegnando. Voi siete la luce che illumina il mio buio. A volte ci fate arrabbiare ma resterete sempre i miei idoli.

- A mia madre le direi che non voglio andare all’università e fare danza come lei spera.

- Sì, ok non mi rompere xd

- Lasciateci stare, respirare e…. grazie per tutto!

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“COM’é LA VOSTRA SCUOLA?”- Brutta e puzzolente, cade a pezzi e dovrebbero pitturare la nostra “scqhola” come quella elementare.

- La nostra scuola è una schifezza: sta crollando a pezzi. Mio nonno che ha 60 anni era nella stessa scuola.

- La nostra scuola è bella per un conto, ma per un altro secondo me ci vorrebbe una ripa-razione perché nella nostra classe guardando in alto mi accorgo che sono rotte un po’ di tegole. Invece è bella perché è un luogo in cui puoi imparare molte cose che ci serviranno per il nostro futuro.

- La nostra scuola non è molto ben mantenuta perché non la mantengono bene e molte cose sono rotte.

- In senso concreto può caderci in testa a momenti; in senso astratto è noiosa, anche se ci insegna tutto quello che sappiamo, perché gli insegnanti non sanno insegnare.

- La nostra scuola è instabile.

- La nostra scuola secondo me, lasciando stare la vera e propria struttura che comunque non è delle migliori, è un buon luogo dove ogni persona che vi si trova ha un motivo per essere lì e quindi è un centro d’incontro.

- Io sono contento della mia scuola. C’è solo un problema: i ragazzi dovrebbero essere contenti di venire a scuola a imparare nuove cose, ma certe professoresse ti fanno venire la voglia di stare a casa. Dico solo che dovremmo essere più liberi con i compiti.

- La nostra scuola è vecchia, le tapparelle sono pessime, i banchi sono rotti, anche le sedie e le porte. IO FAREI UNA RESTAURAZIONE!

- La scuola secondo me è un posto in cui gli alunni stanno insieme e non ci sono litigi. La mia scuola è un posto in cui agli insegnanti piace il proprio lavoro.

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- La scuola mia in generale non mi piace tanto, sia per il comportamento dei professori, ma soprattutto degli alunni che disturbano. Un’altra cosa negativa della scuola sono le vacanze. Come si fanno a chiamare vacanze dei giorni festivi in cui i professori ci stracaricano di compiti?? Un po’ di esercizi fanno bene, MA QUANDO È TROPPO È TROPPO!!

- La mia scuola è abb. Ok, ma perde pezzi, nel senso che alcune cose hanno il “bisogno” di essere aggiustate; non è dotata di molti strumenti ed è un po’ piccola (le aule) e dovrebbe essere un po’ più pulita.

- Che dire della scuola.. Ci dovrebbero essere meno insegnanti severi, più ore di pausa e meno verifiche, ma soprattutto cercare di andarsene, nel senso di passare la terza.

- Popopo na cacca.

- La mia scuola non mi piace molto, certi prof. sono troppo severi, non ci sono le macchinette per noi, ma almeno ho conosciuto belle persone.

- Per me la mia scuola è un po’ un luogo magico. Magari i professori possono essere visti come streghe cattive ma a volte fanno anche ridere e sono simpatici. Le fate, i folletti, tutti loro sono i nostri amici. A me piace la scuola, la mia scuola. Mi trovo a mio agio lì.

- La nostra scuola è proprio una brutta scuola perché c’è certa gente fastidiosa. Non ab-biamo fatto quasi nessuna gita, a parte quella di domani. Visto che il nostro comune non ha abbastanza soldi, abbiamo pagato 35 euro per Venezia. Cioè, vi rendete conto?... 35 euro mio dio.

- La mia scuola è un po’ come un luogo strano, perché è uno di quei pochi posti dove alle persone piace e non andare, dove qualcuno pensa sia una festa, oppure una galera. Ma in fondo se ci pensiamo bene senza la scuola noi ora cosa faremmo?

- La mia scuola fa un po’ schifo. Non si fa quasi niente e quando sento tutti i programmi che fanno nelle altre penso “che schifo”. Dovrebbero fare più attività come queste, oppure di musica o teatro. Dovremmo “colorare” un po’ questo foglio bianco.

- Per me la mia scuola è la peggiore che ci sia, soprattutto per i prof.

- Beh… la nostra scuola è esteriormente bruttina però non bisogna vederla dall’aspetto esterno quindi gli insegnanti sono bravi a parte certi elementi! Però io qui ci sto bene. Tanti parlano della nostra scuola male, ma secondo me non è vero! :-)

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- Un’emozione, un luogo dove si imparano molte cose.

- Secondo me la scuola purtroppo è importante ma se non ci fosse si starebbe bene, anche se senza avere l’intelligenza per portarsi avanti non diventeresti ricco e famoso. Comunque è noiosa.

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“CHI è LO STRANIERO?”- Per me lo straniero non ha una vera e propria identità, perché a mio giudizio tutte le persone sono simili e anche coloro che non conosciamo sono comunque persone sicuramente non diverse da noi.

- Gli stranieri per me sono tutte le persone che fanno del male ad altri. Questi stranieri che fanno del male possono essere anche dei miei amici; ma dopo una brutta azione io consi-dero loro degli stranieri.

- È una persona che viene da un altro paese, ma sempre con gli stessi diritti nostri.

- È una persona che non conosco, una persona che posso imparare a conoscere.

- È una persona di cui non ci si deve fidare.

- È una persona estera che viene da un altro paese e altre culture; secondo me bisognereb-be conoscersi meglio per imparare le diverse culture. Anche sul fatto del razzismo non sono d’accordo, perché secondo me bisognerebbe accettarsi l’un l’altro.

- Sono persone non per forza di altri Stati ma anche persone che vivendo in una comunità non hanno cose comuni rispetto agli altri. Oppure persone che vanno in altri Stati e che portano caos, distruggendo la società.

- Lo straniero è colui che ha bisogno di protezione da un altro Stato, perché nel suo, magari non è considerato o magari c’è la guerra. Io lo aiuterei e gli darei una calda accoglienza.

- Lo straniero è una persona che viene da un altro stato. A volte non viene “accettato” per il colore della pelle o a volte solo per la religione o il posto da cui proviene.

- Lo straniero è quella persona che viene da un altro paese e certe volte non è ben voluta dagli altri perché le altre persone lo vedono diverso.

- X me uno straniero è una persona ke non sa parlare l’italiano e i marocchini ke rompono quando insistono a vendere i tappeti

- Nessuno è “lo straniero” perché siamo tutti uguali.

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- X me è uno che viene da un altro paese e che è diverso da noi, tipo i bangla..

- Per me lo straniero è l’uomo nero che puzza. Cioè bangladesh.

- Lo straniero è un Uomo.

- Per me lo straniero è una persona proveniente da un altro paese che ha bisogno di essere aiutato dai cittadini dello stato.

- Quello che vedi per le strade e ti dice “vuoi tu braccialetto” oppure qualcuno che è scappato dal proprio stato per venire in Italia e avere una vita migliore.

- Chi è lo straniero?... Io, voi, tutti…

- Una persona che parla un’altra lingua, e con idee diverse che la fanno ragionare in un altro modo.

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“CHI è IL VOSTRO EROE?”- Il mio eroe è il mio bisnonno che è morto 3 anni fa… mi ha tenuto molto tempo e gli voglio un mondo di bene. Mi manca molto e non vedo l’ora di rivederlo in Paradiso. Sono sicura che sia andato lì.

- Il mio eroe è Superman perché protegge gli innocenti e non fa sapere la sua identità. Non lo fa per la gloria ma perché è giusto.

- Il mio eroe è… me stesso.

- Il mio eroe è mio papà perché da quando sono nata mi ha sempre aiutato: quando sono in difficoltà, quando sono triste, quando sto male ecc…

- Il mio eroe preferito è Giulio Cesare perché è stato un grande imperatore.

- I miei eroi sono tutte quelle persone che hanno dato la vita per altri in pericolo, perché sono esempi da imitare anche se dopo ciò non si può ripensare all’azione fatta.

- Superman perché salva il mondo e perché mi piacerebbe avere i suoi poteri.

- Justin Bieber perché con la sua musica mi tira sempre su di morale. Yoshi di Supermario perché è così carino e impacciato.

- Il mio “eroe” preferito è mio fratello, anche se mi tormenta gli voglio bene lo stesso e per me è come un modello da seguire.

- Il mio eroe è Berlusconi

- Nessuno!

- Il mio eroe è il mio cervello perché senza di lui non riuscirei a vivere.

- I miei eroi sono gli One Direction perché quando ho qualche problema basta che penso a loro e li ascolto e sto già bene.

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- Il mio eroe è Harry Styles perché è mooooolto figo <3 <3 <3

- I miei genitori quando riescono ad arrivare a fine mese…

- Robin Hood perché toglieva ai ricchi per darlo ai poveri!

- Mio bisnonno che mi raccontava sempre le storie della guerra, e di tutti i suoi amici soldati che sono morti in battaglia.

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“RACCONTA IL TUO ULTIMO ABBRACCIO”- È dallo scorso mercoledì che non abbraccio qualcuno con tanto affetto…mi dispiace che d’ora in poi non abbraccerò più questa persona, è stato bellissimo stringere qualcuno tra le braccia e sentirsi amati.

- Il mio ultimo abbraccio è stato prima che il mio secondo cugino andasse in cielo.

- Alla mia ragazza prima di salutarci.

- A mia madre perché mi ha dato sempre quello che volevo e quindi la ricambio così

- Foglietto bianco

- Foglietto bianco

- L’emozione più bella della mia vita. Un momento pieno d’affetto che non dimenticherò mai, in un giorno triste dove sai ke quelle persone non le vedrai più, ma grazie a questo abbraccio riesci a capire tutto il bene che loro hanno attraverso di te.

- È stato qualche giorno fa… è stato come sempre, quindi normale. Per me una cosa nor-male è la cosa più semplice e bella.

- Non me lo ricordo molto bene, ma forse potrebbe essere meno di un’ora fa, con un amico/a, con un familiare. Di sicuro l’ho fatto con affetto, perché voglio bene a tutti!!!

- È stato bellissimo, l’ho dato a mia madre.

- Foglietto bianco

- Il mio ultimo abbraccio l’ho dato a una mia amica come facciamo ogni giorno e mi piace perché gli abbracci danno energia positiva.

- Il mio ultimo abbraccio l’ho dato al mio cagnolino.

- Il mio ultimo abbraccio è stato bello, soprattutto perché era mia madre! LOL

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- Il mio ultimo abbraccio è stato a ricreazione con la mia migliore amica. Mi fa stare felice perché vuol dire che almeno qualcuno mi vuole bene.

- Con mia mamma prima di andare a dormire

- Un abbraccio dopo una lite per sciocchezze…. Un abbraccio per trasmettere tutto l’affetto (rivolto a un bambino)

- È stato in un sogno. C’era un ragazzo dai capelli biondi. Si chiamava Tom. Piangeva, e così io l’ho abbracciato, perché non volevo che stesse male. Una cosa che ricordo è che aveva un buon profumo.

- Alla mia migliore amica. Io penso che l’abbraccio possa esprimere molto di più delle parole.

- Io gli abbracci li do e li ricevo ogni giorno sia tra compagni di classe che a casa e questo mi piace molto perché so che c’è sempre qualcuno che mi vuole bene. Ma sapere che ci sono certe persone che non li ricevono e non li danno mi dispiace. Vorrei che tutti li ricevessero.

- Sinceramente non ricordo l’ultimo abbraccio che ho dato e ricevuto, ma devo dire che quando io mi abbraccio con qualcuno non lo faccio così per fare, ma per gioia, per cercare di trasmettere qualcosa che non ho ancora trovato. Perché è una cosa talmente forte che non arrivo a percepire ancora.

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“COSA FARESTI SE FOSSI SINDACO PER UN GIORNO?...”- Libererei le strade dalle persone povere, dandogli una casa da abitare.

- Rifarei tutta la politica. Vorrei togliere chi fa cose brutte.

- Io farei costruire un parco dove puoi andare con lo skateboard e divertirsi assieme agli amici e far demolire gli edifici non usati.

- La prima cosa, farei pulire alcuni parchi e donerei alcuni soldi ai poveri.

- Se fossi sindaco di Ronchi per un giorno vorrei far costruire più giardini pubblici e scuole più sicure.

- Farei costruire 2 3 discoteche per i ragazzi e un museo.

- Vorrei che a Ronchi ci fossero più posti per ragazzi a cui piace divertirsi. Farei licenziare le prof. cattive e lascerei quelle buone.

- Se fossi sindaco per un giorno darei molti finanziamenti alla cultura, cioè alla crescita della mia cittadina. Ma soprattutto alla scuola così i “miei” cittadini diventerebbero colti e sapreb-bero fare scelte con la propria testa.

- Toglierei alla mia città tutte le tasse da pagare.

- Migliorerei i negozi, i parchi e abbasserei il prezzo di tutte le cose che si mangiano perché tutti hanno il diritto e il dovere di mangiare bene senza spendere troppo. Per questi tempi…

- Darei la possibilità ai bambini che non possono fare sport di farglielo fare gratis e di mi-gliorare gli ospedali e le scuole.

- Vorrei promuovere un giorno di vacanza dalla scuola perché è stancante starci e vorrei anche promuovere un giorno di sconti dell’80% a tutti i negozi dell’Emisfero.

- Io organizzerei una giornata di festa per tutta la città dove tutto è gratis, organizzata dalla comunità.

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- 1. Farei costruire un campo da calcio. 2. Non vorrei che ci fossero tante persone stupide e maleducate verso il prossimo.

- Metto una sala giochi.

- Mi farei dare tutto il cioccolato dei cittadini.

- Metterei qualche posto per ragazzi in più, come discoteche.

- Cerco di governare nel modo più giusto la mia città e se le cose sono messe male cerco di rimetterle a posto e di far vivere in una vita sana me e le persone che ci vivono nella mia città.

- Farei in modo di aggiustare le strade, renderei più semplice il trasporto, facendo usare di più le bici, dato che Ronchi è una città abbastanza piccola.

- Cercherei di aiutare tutta la città, soprattutto i più bisognosi. Forse sarebbe il giorno più bello ma più faticoso. Farei delle cose assieme a tutti i cittadini senza però essere superiore agli altri.

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“COSA PORTERESTI IN UN’ISOLA DESERTA?”- Porterei il coraggio, che ne ho sempre poco, e lascerei a casa la paura, che ne ho sempre troppa.

- Un amico o un’amica, perché è meglio morire insieme (di fame e di sete) che da soli, battendo il cuore per le ultime volte in compagnia.

- Porterei la mia chitarra, per mettermi in riva al mare, la sera e suonare, disperdendomi nel suono delle sue corde e abbandonando i brutti pensieri.

- Io porterei in un’isola deserta le prof e le lascerei lì.

- Porterei il mio cane perché lei è l’unica mia migliore amica. E nel resto mi farebbe com-pagnia. Non mi sentirei mai sola con lei. Nel resto mi potrei procurare le cose da mangiare.

- Se sarei (sigh!) in un isola deserta porterei la mia mamma.

- L’i-pod per la musica.

- La mia migliore amica.

- Porterei un’amica con cui sto sempre. <3 LoL

- Una pecora così bevo il latte, uso la lana come cuscino e letto e quando avrò tanta fame la uccido.

- Io mi porterei il cellulare.

- La mia migliore amica, perché non avendo nessun altro con cui parlare sarebbe costretta a perdonarmi. <3

- Il letto con i cuscini

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- Il mio cane.

- La playstation 3 con un gioco se ci fosse elettricità. Invece se non ci fosse porterei il telefono.

- Una capra. Posso mangiarla o fare formaggi e latte. In più mi terrebbe compagnia. La chiamerei Mary, o Betty. :-D

- Cibo, cibo, cibo. Io non porterei i miei amici/famigliari e/o animali perchè penso che deve essere brutto stare lontani dal “mondo” e non vorrei che soffrissero di nostalgia.

- Acqua.

- Porterei 1 amico xkè l’amico vero ti dà tutto e ti completa.

- Porterei i genitori e del cibo per sopravvivere

- La lapide così quando morirò avrò la tomba.

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Il progetto ha avuto anche un’appendice “adulta”…

Libertà di parola ai genitori

Incontrare i genitori: è una cosa che si fa raramente, nei progetti scolastici. Eppure siamo tutti concordi nel dire che gli adulti giocano un ruolo fondamentale nel percorso di crescita dei ragazzi. Si preferisce aggirare l’ostacolo, adducendo a corredo la famo-sa frase: chi vuoi che venga… i genitori non hanno tempo! Invece qualcuno di loro il tempo l’ha trovato, nonostante una gior-nata pessima dal punto di vista del meteo: secchiate d’acqua su Ronchi proprio poco prima di iniziare. Forse la curiosità, forse le “velate”minacce fatte in classe ai loro figli, fatto sta che troviamo al nostro arrivo un nu-trito gruppo di adulti, pronti a sentire di tutto e di più sui propri ragazzi. Quale occasione migliore per giocare anche con loro? Carta e penna e via con le domande! Le stesse, ov-viamente, fatte ai loro figli durante gli incon-tri a scuola. Le risposte sono state poi uno spunto per una sorta di confronto a distanza,

“generazionale”, senza la pretesa di indivi-duare la risposta giusta. Credo che, sen-tendo alcune delle risposte dei ragazzi, più di un genitore abbia strabuzzato gli occhi, perché le loro riflessioni ci hanno permesso di parlare di temi anche molto delicati (ricor-do ad esempio, a proposito dell’eroe, il tema della morte legato all’immortalità degli eroi dei fumetti). Vorrei qui ringraziare chi ha sfidato quel giorno l’acquazzone. Quanto a me, devo dire che l’incontro mi ha dato molto. Era la prima volta che avevo opportunità di un confronto con chi ti affida, se pur per poche ore, il pro-prio figlio. E devo dire che mi è dispiaciuto che l’occasione fosse una sola. Forse veder-si una volta in più non sarebbe guastato: una sorta di percorso parallelo, motivo di cresci-ta per tutti, noi per primi.Adesso che sappiamo che i genitori un po’ di tempo ce l’hanno…

Andrea Picco

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A ricordo della giornata, ecco le risposte alla domanda:

“Una cosa che vorreste sentirvi dire dai vostri figli”- Mamma sono fiera di te.- Mamma sarai sempre al mio fianco.- “Sono felice”.- Di pensare sempre con la propria testa.- “Ho deciso di perseguire questa passione nella vita e lavorare per raggiungerla e realizzarla.”- Di ritornare qualche volta bambini con l’ingenuità, la sincerità e la passione per le cose.- Cerchiamo di essere autentici, coerenti con noi stessi: siamo “cresciuti” ma cerchiamo di

ritrovare dentro di noi i sogni e i traguardi che ci siamo prefissi in gioventù.- Vorrei che mi parlasse sempre.- Mi aspetterei che mi dica di volermi amare come mi ama adesso.- Non dimenticatevi mai di noi figli.- Mamma, sono felice della mia vita.- Amatevi senza condizioni.- Grazie.- Vorrei sentirmi dire che in noi genitori hanno trovato la fiducia per affrontare le difficoltà.- Basta essere pessimisti, guardare e pensare cose positive.- 1. È una cosa che cerco di dire ogni giorno: cerca di capire, sapere, vivi con curiosità. 2. Voglio partire per vedere cose nuove.- Che le abbiamo dato tanto amore.- Vorrei sentirmi dire grazie per quei valori che hai saputo trasmettermi.- Essere un punto di riferimento positivo.

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Servizio Sociale dei Comuni Ambito Distrettuale 2.2 Basso Isontino

Comune di Ronchi dei Legionari