PILLOLE DI FOLLIA - Luigi Pratesi · 1520 circa. La figura centrale è una mostruosa unione tra una...

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DISQUISIAMO DEL DESTINO Settembre 2012 - Novembre 2012 PILLOLE DI FOLLIA: Nel Michigan un uomo ha rubato sei coltelli da caccia. Fin qui nulla di male (o quasi). Quando però è stato scoperto è stato preso dal panico e si è dato alla fuga. Essen- do il novello Lupin e non il sosia di Bolt, nella foga del momento è inciampato e si è conficcato le la- me nello stomaco. Morale: Chi conduce una vita onesta, campa di più!! Che nel Nevada, ormai, la mania del gioco d’azzardo si fosse diffusa a “cani e porci” era risaputo, ades- so però ci si sono messi anche i felini. Le guardie del casinò di Ri- no hanno bloccato il giovane pu- ma impedendogli di entrare e così l’animale è dovuto ritornarsene a casa a mani vuote… si consoli pe- rò, ai suoi colleghi umani è andata peggio, loro quando sono usciti, di vuoto avevano anche le tasche!!

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D I S Q U I S I A M O D E L D E S T I N O

Settembre 2012 - Novembre 2012

P I L L O L E D I

F O L L I A :

Nel Michigan un uomo ha rubato sei coltelli da caccia. Fin qui nulla di male (o quasi). Quando però è stato scoperto è stato preso dal panico e si è dato alla fuga. Essen-do il novello Lupin e non il sosia di Bolt, nella foga del momento è inciampato e si è conficcato le la-me nello stomaco. Morale: Chi conduce una vita onesta, campa di più!!

Che nel Nevada, ormai, la mania del gioco d’azzardo si fosse diffusa a “cani e porci” era risaputo, ades-so però ci si sono messi anche i felini. Le guardie del casinò di Ri-no hanno bloccato il giovane pu-ma impedendogli di entrare e così l’animale è dovuto ritornarsene a casa a mani vuote… si consoli pe-rò, ai suoi colleghi umani è andata peggio, loro quando sono usciti, di vuoto avevano anche le tasche!!

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P a g i n a 2

N e w l o o k , o l d s t y l e

Per La Virgola questo numero rappresenta una vera e propria rivoluzione copernicana.

Immagino che non sia passata inosservata la nostra scelta di rifarci il look. L’estate è il peri-odo in cui le persone si ab-bronzano, si vestono di bianco o con colori accesi, si tagliano i capelli e si fanno belli per le feste più cool dell’anno.

Anche noi abbiamo deciso di

seguire l’esempio e così la no-stra Rivista è diventata colora-tissima. Ma non è finita qui; Roma non fu costruita in un

giorno e anche La Virgola ha intenzione di rinnovarsi anco-ra, fin dai prossimi numeri.

Per il momento, comunque, abbiamo deciso di dare mag-giore spazio alle immagini e di raccontare anche visivamente le nostre impressioni… senza però dimenticare i contenuti!

New look, quindi, ma old style.

La Virgola si è arricchita di nuovi articoli, nuove rubriche, nuovi punti di vista. Abbiamo raccontato del Destino come probabilità matematica, come

D e s t i n a z i o n e p r i m a p a g i n a . . .

L ’ E D I T O R I A L E D E L D I R E T T O R E

divinità, come simbolo artisti-co dell’inesorabilità della con-dizione umana, come Disegno divino e molto altro... Sempre ammesso poi che il fato esista davvero.

Sì, ci è venuto in mente anche di metterne in dubbio l’esistenza. Alzi la mano, infat-ti, chi non ha mai dubitato del fatto che tutto sia già stabilito e che noi, novelli Don Chisciot-te, si stia combattendo contro mulini a vento.

A voi, a noi, e a ciascuno l’ardua sentenza.

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P a g i n a 3 … s f i d a l a s o r t e , s c e g l i u n a r t i c o l o a c a s o

S o m m a r i o : Il destino in un gioco (di Paolo Ciacci)… pag. 4

Pillole d’arte — Ananke, Nemesi e le Parche: dee del destino umano (di Sara Pratesi)… pag. 6

Il Destino è solo un mito? (di Luisa Zam-bon)… pag. 8

Il 21 Dicembre 2012 (di Matteo Tasso)… pag. 11

Destinati ad essere liberi (di Luigi Pratesi)… pag. 13

Il crudele mondo del lavoro (di Pio Carfora)… pag. 15

Dillo con un film: Libero arbitrio o casualità? (di Stefano Padrini)… pag. 18

Appuntamento a Samarcanda (di Jenny Ma-lentacchi)… pag. 20

Mondi intrecciati: Esiste davvero la sfortuna

(scientificamente parlando)? (in collaborazio-ne con Omnes Onlus e la rivista “Il Locco”)… pag. 24

Il disegno su di me (di Patrizia Mariotti)… pag. 26

Le soluzioni del numero precedente (di autori vari)… pag. 27

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P a g i n a 4

I l d e s t i n o i n u n g i o c o . . .

Sempre più spesso mi capita, con mio estremo rincrescimento, di vedere file di persone in ri-cevitoria, piuttosto che in tabaccheria o altrove, in attesa di giocare ventagli di schedine o con una monetina fumante in mano, pronti all’ennesima “grattata”. I nostri bene-amati gover-nanti, vista la

grande afflu-enza di gio-catori sem-pre più in-calliti, sfor-nano giochi e giochetti di

ogni tipo. Ho visto che la novità di adesso è la lotteria EUROPEA… ci mancava!

Cosa dire? Indubbiamente giocare è un’attività affascinante. Immagino che tutti abbiano gioca-to, almeno una volta, per vincere qualcosa (dai su… non dite “io… mai!” con ostentata ritrosia, almeno una tombolina natalizia con gli spiccioli l’avete fatta!!!), ma dovremmo imparare a gioca-re con una certa dose di consapevolezza!

Sono certo che il 99% dei giocatori sa che la maggioranza dei giochi non è equa; se si punta un euro, è difficile trovare un gioco in cui c’è la

stessa probabilità di vincerne un altro o perder-lo (la definizione di gioco equo è più comples-sa, se volete, approfondite).

Bisognerebbe fare TESTA o CROCE giocan-do un euro per vincerne due se esce la faccia

scelta o per-derlo se esce l’altra.

E’ chiaro che dopo un con-gruo numero di lanci sotto

queste ipotesi tenderemmo a una vincita pari a 0… poggio e buca fa pari, direb-bero i nostri

vecchi!

Ma nonostante tutto, il fattore C, chiamato dai più chic speranza o aspettativa o uno qualsiasi dei sinonimi usati per stare in pace con la co-scienza, resta predominante.

Con poche nozioni di calcolo combinatorio si riesce a stabilire che il 6 al Superenalotto (limitiamoci a una schedina con una sestina sec-

ca) può uscire con una probabilità di 1 su 622.614.630 (mica tanto…) e non va molto me-glio per altri giochi come lotto, gratta e vinci ecc…

E q u i t à , e q u i t a z i o n e , e q u a z i o n e . . .

D I P A O L O C I A C C I

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P a g i n a 5 . . . i l p r i n c i p e a z z u r r o h a i l s a n g u e b l u ?

Senza moralismi, il mio consiglio è di giocare poco spesso, pochi soldi per volta e soprattutto con la consapevolezza che la probabilità di vitto-ria è molto bassa. E’ chiaro che la botta di C (il fattore sunno-minato) è possibile, ma la cronaca ci dice che l’atteso “cambio

di vita” a cui porta l’eccesso nel gioco è quasi sempre in bas-so… giocando si co-noscono più strozzi-ni che venditori di yacht…

Ci sono molte altre attività da fare, molto più piacevoli: la cuci-na, la lettura della

Virgola, l’amore (avrei dovuto scrive-re il sesso, lo so, ma non voglio offendere la moralità di alcu-no…) ecc. ecc. ecc.

Ah, a proposito, vorrei concludere con una massima che mi è venuta in mente l’altro giorno a col-loquio con il direttore (maremmaccia quanto sembro serio): “Preferite l’amore al gioco. E’ più probabile trovare il Principe azzurro che vincere al Superenalotto.”

Lo so, è al femminile, ma la Principessa azzurra ancora non l’hanno inventata!

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P a g i n a 6

A n a n k e , N e m e s i e l e p a r c h e : d e e d e l d e s t i n o u m a n o

Secondo gli Inni Orfici, testo di epoca tardo ellenistica, Ananke (la Necessità) è la potente reggen-te dei destini del mondo. Per i filosofi stoici, alla sua giurisdizio-ne non poteva sottrarsi neppure Zeus, signore dell’Olimpo. Spes-so la dea è raffigurata con in ma-no delle catene, simbolo dell’inesorabilità del destino, con

le quali imbriglia l’universo, im-ponendogli una durata determi-nata.

Nella tradizione classica Ananke

si scinde nelle figure di Nemesi (la vendetta) Heimarmene (il Fa-to) e Dike (la Giustizia). Nemesi tradizionalmente ha le sembianze di una donna alata che regge in una mano un giogo e nell’altra un vaso. Il suo scopo era quello di punire gli uomini che si erano

Z e u s t o n a n t e , f u l m i n e r a m p a n t e . . .

Pure Zeus deve sottostare al Destino… poverino!!

macchiati di superbia e di ricompensare i giusti.

Per gli antichi greci la durata della vita umana era regolata dalle Parche che filavano (Cloto) misura-

P i l l o l e d ’ a r t e

D I S A R A P R A T E S I

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vano (Lachesi) e reci-devano (Atropo) il filo della vita umana.

Come Ananke e Ne-mesi, queste terribili dee erano figlie della Notte e sorelle della Morte.

Nell’iconografia rina-scimentale e barocca figurano solitamente in allegorie a contenu-

to moraleggiante, ac-compagnate dalla per-sonificazione della Morte, degli dei ordi-natori del tempo (Saturno e Dermogor-gone) e dalle immagini

dei sovrani dell’aldilà (Ade e Persefone).

In epoca cristiana la Vergine Maria, come reggente del destino umano, riassume in sé

P a g i n a 7 L ’ i m m o r t a l i t à : s i r i s c h i a d i a n n o i a r s i a l u n g o

alcuni attributi e funzioni delle Parche.

Un esempio iconografico ci viene proposto nell’ Allegoria dell’Immortalità di Giulio Romano del 1520 circa. La figura centrale è una mostruosa unione tra una sfinge, un’arpia e una sirena. Le ca-tene che regge tra le mani rappresentano il giogo di Ananke sulla terra e sulla vita degli uomini. I piedi poggiano su un globo terrestre, la sfera sublunare degli aristotelici, dominato dalla morte e dalla caducità.

P i l l o l e d ’ a r t e

Allegoria dell’Immortalità di Giulio Romano

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P a g i n a 8

I l d e s t i n o è s o l o u n m i t o ?

Il destino è nelle stelle? E’ nelle nostre mani? E’ nelle mani di Dio? Ma esiste il destino oppure si usa questo termine per significare il Caso? E se sono credente, il mio credo accetta l’idea del desti-no come una serie di eventi “voluti da Dio”? E se è così, dove sta il “libero arbitrio”, la libera possi-bilità di scelta? Se, invece, sono ateo, sono più sciolto da vincoli di pensiero?

Mamma mia! Domande da perderci il sonno e … il senno!

Dondolo Oppure: Dono

Effervescente Esternazioni

Senza Scordando

Troppo Tante

Ignorare Inclinazioni

Nuovi Negate

Ondeggiamenti Ovunque

F i l a l a l a n a , f i l a i t u o i g i o r n i . . .

D I L U I S A Z A M B O N

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P a g i n a 9 . . . i l l u d i t i a n c o r a c h e l u i r i t o r n i . . .

Sinceramente non so cosa sia, solo un divertimento per alleg-gerire un argomento “tosto” e a tratti inquietante…, ma forse sono soltanto vuote elucubra-zioni per deviare l’attenzione verso domande meno impegna-tive.

La parola “destino” evoca un’immagine di mistero, alone nebuloso, spazio infinito, vuoto siderale illuminato da tremule luci chiare. Eh sì, io ci vedo le stelle e l’universo, un Super-quark alla “Piero Angela” che tenta di spiegare scientificamen-te, ma non riesce ad allontanare da me il fascino irresistibile

dell’ignoto.

Il destino attrae proprio perché sconosciuto, imponderabile; sfugge al controllo razionale,

provoca dibattiti e riflessioni costrette a cedere, ad un certo punto, di fronte all’impossibilità di determinarlo.

Chissà cosa ne pensa un mate-matico o un fisico! Che diverti-mento per un filosofo o un let-terato!

Come spesso accade nella nostra cultura occidentale, la mitologia greca ci viene in aiuto a com-prendere come certe associazioni fra parole e concetti siano, oserei dire, il frutto di una logica “stringente”. Infatti apprendiamo che perfino l’onnipotente (e donnaiolo…) Zeus non era in gra-do di opporsi al destino, al Fato, personificato nelle Moire, le tre divinità incaricate di presiedere alla vita degli uomini e raffigurate come intente a tessere il “filo” del destino ineluttabile: Cloto, in greco antico equivale a “io filo”, e appunto filava lo stame (filamento) della vita; Lachesi, significa

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P a g i n a 1 0

“destino”, lo avvolgeva sul fuso; Atropo, cioè “inevitabile”, lo recideva con lucide cesoie.

Sarà per questo retroterra mitologico; sarà perché anche l’altro filone culturale dell’Occidente, il

Cristianesimo, associa un quid tragico al termine destino, il fatto è che il fato ci affascina e ci spa-venta, ci provoca e ci interpella, tanto da tenerci col fiato sospeso e farci uscire spesso con la frase “… si vede che era destino !…”. Amen!

Laddove il nostro ragionamento non tiene o non arriva, ecco la scappatoia: era destino, il destino

ha voluto così! Ottimo alibi, non è vero?

Non per mescolare dèi e dèmoni, ma … era nel nostro destino l’ineluttabilità del governo Monti? O prima di lui, Berlusconi? O le sfuriate di Grillo? E che dire di Crozza/Bersani? (…la lista com-pleta sarebbe troppo lunga)

Manzonianamente concludo: “ai posteri l’ardua sentenza!”… chissà che non si presenti al nostro cospetto un Atropo a liberarci “fatalmente” (e finalmente) da questa situazione.

A i p o s t e r i l ’ a r d u a s e n t e n z a . . .

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P a g i n a 1 1 . . . P o t e t e i n c r o c i a r e l e d i t a … A h i a M a y a !

Trovo un po’ sinistro il fatto che, dopo averne parlato (anzi sparlato) tutti quanti a più non posso per almeno un lustro, adesso che la “scadenza fatale” del 21 dicembre 2012 è dietro l’angolo niente e nessuno si fili più la faccenda del calen-dario Maya e dell’imminente fine del mondo.

Ricordate quando su youtube pullulavano quei v ideo inqu ie tan t i su i non meg l io precisati/localizzati tunnel scavati nel sottosuolo della Scandinavia per farvi rifugiare i potenti (capi di Stato e ricchissimi magnati… di

scienziati ed altre eccellen-ze, ovviamen-te, non si sen-te mai troppo il bisogno nel-la società con-

temporanea) e salvarli dal disastro che, si dice, can-cellerà il 99% del genere

umano? Ne s o n o spariti molti. E che dire delle lunghe file ai botteghini del cinema per vedere “2012”, la pelli-cola di Roland Emmerich? Oggi sono un impal-pabile e sbiadito ricordo, a differenza, magari, di ciò che si potrebbe dire dei numeri che caratteriz-

zano il conto corrente del regista. E “Voyager”? No, non mi riferisco alla sonda spaziale lanciata in orbita dalla Nasa negli anni Settanta, “Voyager” è il programma culto (niente a vedere con il termi-

I l 2 1 d i c e m b r e 2 0 1 2 D I M A T T E O T A S S O

ne cultura) della Rai, quello che ogni setti-mana inizia col ripercorrere la leggenda del Sacro Graal e, passando attraverso il ritrova-mento dei resti del Chupacabra, le raffigura-zioni delle Pietre di Ica ed una nuova came-ra venuta alla luce nel ventre della Piramide di Cheope, trova il modo di giustificare la profezia Maya e scrivere la parola fine sul mondo fra circa tre mesi. Ebbene, “ V o y a g e r ” con questa

storia ha s b a n c a t o l’auditel ed il suo con-duttore ha pure scritto un libro,

poi divenu-to best-s e l l e r ,

sull’argomento 2012 ma, da un po’ di tempo, la questione pare caduta in disgrazia e giace incredibilmente nel dimenticatoio.

Scaramanzia, paura o semplice tentativo negazionista (lo so, ho usato un concetto forte) di coprire un’immensa buffonata gra-zie alla quale, peraltro, qualcuno si è anche arricchito? In attesa di scoprirlo (poi magari i Maya avevano ragione e non uscirà neppu-re il prossimo numero de “La Virgo-

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la”…mamma mia!!!), resta in piazza il tema di quanto e come, sin dall’antichità, il concetto di un destino già scritto accompagni l’esistenza umana (di predestinazione parla la Bibbia, che pure afferma al contempo la sovranità di Dio e la libertà umana, del destino ineluttabile sono intrise la mitologia e la tragedia greca e via di-scorrendo, fino ad arrivare ai giorni nostri) e di quanto certi luoghi comuni abbiano attecchito nel vivere quotidiano, oggi sempre più rappre-sentato sui media (dove la frase “era destino” è un must per tanti cronisti di

nera) e dal social network (su Fb esi-ste anche il gruppo “convincersi di esse-re segnati da un ine-luttabile destino fu-

nesto”: per favore non cliccate “mi piace”…). Senza scordare il colpo di grazia dato, negli anni, dal proliferare di oroscopi e cartomanzie varie.

Avrete notato che l’argomento, fin qui, mi ha stimolato solo riflessioni sarcastiche e/o negati-ve. Le verità rivelate, gli schemi precostituiti, i paletti già piantati sul cammino non fanno parte

del mio Dna: altrimenti che senso avrebbe sve-gliarsi ogni mattina e andare a dormire ogni se-

C o r n o r o s s o p e r c h i c r e d e a l d e s t i n o . . .

ra, che necessità ci sarebbe di emozionarsi, di arrabbiarsi, di ridere, di piangere, di conoscere gli altri e, magari (ardua impresa, lo so), di pro-vare a ogni giorno a migliorare noi stessi ed a far migliorare (ma anche peggiorarsi e far peg-giorare) tutto ciò che ci circonda? Esiste il dub-bio, esiste la libertà di scelta (oltre che di pen-siero), esiste la volontà. E, messe tutte assieme,

sono queste le compo-nenti che possono per-metterti di plasmare la tua esistenza quotidiana senza dover sottostare a nulla in più delle leggi, quelle sì ferree, del vivere civile all’interno di una comunità.

Mi piace citare la frase latina “homo faber fortu-nae suae” (la traduzione è facilmente intuibile e ve

la risparmio), perché questo ritengo sia il giu-sto approccio alla vita di tutti i giorni. Sapete chi la scrisse? Si dice tale Ap-pio Claudio Cieco, un

autore romano che dove-va il proprio soprannome

alla perdita della vista, inflittagli dagli Dei per aver cercato di unificare il pantheon grecoro-mano con quello celtico e quello germanico, insomma di aver violato qualcosa di già stabili-to. Ahi ahi ahi, mi sa che con questo dotto e-sempio di cultura umanistica mi sono cacciato in un vicolo…cieco davvero!

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P a g i n a 1 3 . . . 1 3 a t a v o l a d e s t i n o i n f a u s t o !

Scherzi a parte, ho scoperto giusto ieri che esiste anche un numero del destino. E’ una sorta di algoritmo calcolabile (non mi chiedete come, ho smesso di studiare matematica una volta impa-rate le quattro operazioni) attraverso i dati anagrafici di ciascun essere vivente. Il mio è il 9. Pare che mi accompagnerà per tutta la vita e che abbia influssi positivi su tante delle mie attività (per inciso, dubito fortemente che qualcuno ti dica, alla luce del sole, “è un numero sfigato, avrai una vita di cacca”) ma, se mi guardo indietro, è un numero, il 9, col quale non ho mai avuto nulla a che fare, soprattutto (ahimè) ai tempi della scuola. Insomma, un’altra buona ragione per confermare che qualche input, dall’Alto o dal basso (fate voi), possono anche averlo scritto sulla scheda personale della tua esistenza ma che in realtà ognuno, il destino, se lo costruisce con le proprie mani. Nel bene e nel male.

D e s t i n a t i a d e s s e r e l i b e r i D I L U I G I P R A T E S I

Non so se il nostro destino è già scritto in un taccuino impolverato di qualche divinità, quello che conta però è che la mattina, quando ci alziamo dal letto, ci sentiamo li-

beri di dare un senso alla nostra giornata: liberi di fare le scelte sba-gliate, liberi di arrabbiar-ci, di spreca-

re la nostra vita o di vi-verla appie-no. Ci sen-tiamo liberi di ricercare la verità, di

nasconderla a noi stessi, se così preferiamo; liberi di inseguire i nostri sogni o di abban-

donarli per strada; come si fa con le cartine delle caramelle dopo averle mangiate.

Quando alla mattina usciamo di casa, con indosso gli abiti freschi di bucato, possiamo intravedere davanti a noi milioni di possibi-

lità. Pos-s i a m o andare a

l a v o r o , fare una p a s s e g -giata in c e n t r o , possiamo

prendere q u e l l a strada o

quell’altra, possiamo comprarci il giornale o aiutare una persona anziana ad attraversare

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P a g i n a 1 4

la strada. P o s s i a m o regalare un sorriso, mettere il broncio, pagarci un caffè, fare jogging o, se lo vogliamo, possia-

mo anche starcene immobili a respirare l’aria fuligginosa. Forse è vero, esiste un’entità supe-riore che già conosce quali saranno le nostre scelte, ma questo non significa che, nel mo-mento in cui prendiamo una decisione, non si sia noi a farlo: liberi, indipendenti, responsabi-li.

Sarà banale, ma ciò che ci rende veramente liberi è la consapevolezza di prendere decisio-ni coscientemente. Alcune saranno pure folli

agli occhi degli altri, ma se le prendiamo con piena consapevolezza di quello che facciamo sono ciò che ci definiscono, che ci fanno esse-re noi stessi; e così ci sentiamo liberi di accet-tare un lavoro che non sognavamo da bambi-ni, di amare una donna anche se non potremo mai averla, di essere noi stessi, di provare a

cambiarci, di scegliere con quale amico confi-

L a v a t i i d e n t i , s e v u o i r e g a l a r e u n s o r r i s o . . .

d a r c i , q u a l e

invitare a cena e con quale passare il tempo libero. Ci sentiamo liberi di starcene da soli, di immergerci nella folla, di mentire a noi stessi, di ammettere di stare male, di gioire o disperarci per cose di poco conto. Siamo li-

beri di essere, e questo è ciò che conta.

Il destino, se esiste, ce lo creiamo noi giorno dopo giorno, scelta dopo scelta. Non ci sono scuse per i nostri errori, nessuna giustificazio-ne fatalista per tutte le occasioni che abbiamo perso. Non riavremo mai indietro il tempo che è andato, né le soddisfazioni che ci sia-mo conquistati; il passato è alle spalle e il suo unico scopo è stato quello di portarci davanti a nuove scelte. La vita è una sfida continua: stimolante, crudele, bellissima.

Non so voi, amici, ma io voglio assaporarla fino in fondo come se tutto dipendesse da me, se poi non è così ne sarà comunque val-sa la pena.

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P a g i n a 1 5 . . . g l i e r o i s o n t u t t i g i o v a n i e b e l l i

I l c r u d e l e m o n d o d e l l a v o r o D I P I O C A R F O R A

Homo faber fortunae suae”….ah, che geni questi latini. Ogni frase una massima…. due, tre, forse quattro parole: una sentenza irrevocabile. “l’uomo è artefice del proprio desti-no” dicevano i nostri nobili antenati. Concetto importante che racchiude

in sé tutta l’essenza dell’essere uma-no e della società moderna.

Il destino, insomma, ognuno lo crea con le proprie azioni e/o omissioni.

Paradossale dunque che molti, an-che ai giorni nostri, finiscano per appellarsi alle avverse fortune per giustificare il mancato raggiungimen-to di un obiettivo, un piccolo o gran-de fallimento, una banale caduta nel lungo e tortuosissimo percorso della

propria esistenza. Ed allora a chi bi-

sogna credere? Ai fatalisti che spiegano ogni evento con l’esistenza di un progetto superiore già scritto ed irreversibile, a coloro che credono nella Divina Provvidenza o a chi, pazzo, continua a nutrire fiducia in se stesso, pensando di poter cambiare questo suo fantomatico destino?

Certo, i tempi sono quel che sono. Prendiamo un giovane che si affaccia al mondo del lavoro, un tempo ricco di occasioni e di buoni auspici, oggi avverso, impenetrabile, dannatamente arcigno.

Ecco… il giovane inizia ad inviare curricula con ogni mezzo: mail, posta cartacea, raccomandata 1, 2, 3, posta certificata, scannerizzata, militarizzata, piccioni viaggiatori, finché non decide di presen-tarsi di persona all’irraggiungibile datore di lavoro. Parte l’elenco dei master, delle specializzazioni; ogni tipo di conoscenza, compreso il manuale delle giovani marmotte, viene passato in rassegna. Non basta. Il giovane non si perde d’animo: comincia a sciorinare un inglese in pieno stile Oxford, un francese da far invidia ai parigini di settima generazione ed un tedesco che costringerebbe la ca-

Passo numero 1: invio del curriculum

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P a g i n a 1 6 E s i s t e a n c o r a l a v e c c h i a p o s t a c a r t a c e a ?

ra vecchia Merkel a tornarsene sui teutonici banchi di scuola.

Insomma, dopo aver mostrato entusiasmo, arguzia, cultura ed enorme elasticità mentale, il giova-ne è consapevole e sicuro di aver dato del suo meglio, ha mostrato i suoi pregi e nascosto i difetti, si è dimostrato l’uomo giusto al momento giusto. Eppure quell’orco dagli occhi di brace del po-tenziale datore di lavoro non sa dire altro che… “sai c’è la crisi”….” vedi, sei troppo qualificato per il ruolo che possiamo offrirti”…. O peggio, usa quella frase che rappresenta da sempre la più gen-tile porta in faccia del mondo: “Le faremo sapere”.

A quel punto il giovane si scoraggia, esce dal palazzaccio della multinazionale senza cuore e senza scrupoli e si rifugia in un call center, dove per pochi spiccioli chiama la gente alle 9 e 30 di sera per proporle di cambiare tariffa telefonica e prova a mettere in atto le tecniche di persuasione ag-gressive che uno pseudomotivatore aziendale gli ha inculcato. Ma la gente dall’altra parte è sem-

pre più incazzata e più forte di lui, nono-stante abbia studiato e, assieme alle tante conoscenze, abbia acquisito anche un pregio: l’educazione.

Lui non riesce ad essere sfrontato, affa-bulatore, meschino quando serve. Lui un contratto truffa non lo farà firmare a nes-

suno. E finisce così anche l’avventura al call center.

A questo punto il giovane è stanco, av-

vinghiato dalle bollet-te e da un mondo che gli ha saputo solo dire: “Sei arrivato in

Passo numero 2: Un comune e alienante call center.. Immancabil-mente gli operatori sono tutti giovani !!

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rubata e colpita al cuore….

Possiamo fare qualcosa? Forse si e forse no. Dipende da quale lato si “vede” la questione e soprattutto da quanto si è in grado di reggerla. Di fatto, a modestissimo parere del sottoscritto, il destino lo si può creare e dal destino si può essere sopraffatti. Certo, aspettare gli eventi fa un po’ male ed è una tentazione cui in tanti fini-scono per cedere.

P a g i n a 1 7 … i l 1 7 p o r t a s f i g a , n o n l e g g e t e l a p a g i n a ! !

ritardo caro mio”. Ed ecco che l’unico appi-glio diventa il destino, beffardo, fatale, imbatti-bile. Ci si abbandona spesso al destino come ad una madre che non si può far dispiacere. “Era destino che andasse in questo modo”, “non te la prendere, evidentemente non era destino”. Insomma Lui, il fato, è sempre in

mezzo, da sempre, per sempre. Come nell’antica Roma, così nell’Italia del 2012, de-

Passo numero 3: abbandonare la ricerca del lavoro e cer-care di fare soldi in ogni altro modo possibile...

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P a g i n a 1 8

L I B E R O A R B I T R I O O C A S U A L I T À ?

L a m e t r o p u ò p e r c o r r e r e l e m i g l i a ?

Per presentarmi al mondo de “La Virgola”, ho deciso, grazie anche ai mille consigli mai banali del Nostro Direttore, di parlare di un film che ovviamente tratti il tema del destino.

Tema, che in un mondo vasto e vario come quello cinematografico, ti pone davanti miriadi di possibilità lasciandoti solo l’imbarazzo della scelta… per fortuna però ci ha pensato la mia

ignoranza in materia a fare una selezione natura-le e ridurmi il numero a poche possibilità!!

Così, dopo un’attenta analisi ai tre-quattro film che mi erano rimasti in elenco, decido che il mi-

gliore è “Sliding Doors” (film del 1998) dell’allora esordiente in regia Peter Howitt e con protagonista la sempre più bella e brava Gwyneth Paltrow.

La storia parla di Helen, una giovane donna che viene licenziata dal suo lavoro. Mentre si incam-mina verso la metropolitana per tornare a casa, la sua vita si sdoppia in due dimensioni parallele: una ci fa vedere cosa succederebbe se salisse sul-la metropolitana (molto probabilmente questa è la sua vera vita) e l’altra ci fa vedere cosa le suc-cederebbe perdendola.

Nonostante ci troviamo nella parte iniziale del

film, questo è il punto chiave: che cambia-mento porteranno alla sua vita quei pochi secondi di differenza che non le permetto-no di prendere la metropolitana?

Ecco che entra in gioco il tema del destino.

Destino che sarà completamente diverso nelle due vite di Helen, perché prendendo la metropolitana, ciò che al momento sem-brava la cosa migliore, la sua vita avrà un

D i l l o c o n u n f i l m

D I S T E F A N O P A D R I N I

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P a g i n a 1 9 P o r t e a p e r t e a c h i p o r t a , c h i n o n p o r t a p a r t a

finale triste, mentre nella dimensione in cui è costretta a tornare a casa con un taxi, la vita gli serberà un futuro sicuramente migliore.

Questo film dimostra molto bene come il desti-no non sia già scritto alla nascita, come molti di-cono, bensì sia legato al corso di singoli eventi (anche impercettibili) della nostra giornata.

Eventi che possono essere accidentali, come le porte della metropolitana che si chiudono davan-ti ad Helen, oppure decisi da noi.

In un giorno qualsiasi, di episodi casuali o di scelte che possono cambiarci il corso della vita, ce ne sono una miriade e altrettante sono le al-ternative ad aspettarci: sono convinto che basti modificare una nostra abitudine per avere un risultato completamente diverso da quello cui siamo abituati.

Anche se non potremo mai sapere cosa il futuro avrà in serbo per noi, perché la casualità gioca una parte importante nella nostra vita, possiamo però decidere su quale strada indirizzarlo.

Credo, infatti, che il destino, più che dalla casua-lità, sia influenzato dal nostro libero arbitrio: sia-mo noi gli artefici del nostro futuro.

Pensiero, questo, che mi trova in contrasto con

quello del regista che invece lega completamente la vita di Helen alla casualità: dal licenziamento troppo severo, alle famose porte della metropolitana, fino al modo in cui scopre varie notizie sul suo fidanzato (per non parlare della fine di “una delle sue vite”!).

Ciò che ci trasmette Howitt è un senso di impotenza di fronte ai vari episodi che riempiono le no-stre giornate, come se non fossimo nemmeno padroni della nostra vita. In realtà io credo che sia-mo al mondo per fare qualcosa di più che sopravvivere!

P.S. La mia divergenza con Howitt non vuole assolutamente sminuire l’idea cinematografica, tanto semplice quanto geniale, di legare la vita di una giovane donna a due porte di una metropolitana. Né intendo sminuire il lavoro da lui svolto: una commedia-drammatica piacevole, dai toni pacati e

con una irreprensibile Gwyneth in grado di rubare la scena a tutti.

Underground… letteralmente sotto ter-ra, come l’umore di Helen quando tor-

nerà a casa...

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P a g i n a 2 0

A p p u n t a m e n t o a S a m a r c a n d a

Rispetto alla notte precedente, la stanza gli sembrava diversa. Anzi, riflettendoci meglio, la stessa aria aveva un odore diverso. Non avreb-be saputo spiegare come, ma tutto aveva con-torni differenti se solo paragonati a poche ore prima. Quella mattina, aprendo gli occhi ap-pena sveglio, il signor Nemo aveva avuto la netta sensazione che qualcosa era cambiato… o, peggio ancora, che era in procinto di cam-biare. Ma non aveva idea di ‘quando’, né - e

questo era assai più sconcertante - di ‘che cosa’ sarebbe cambiato. Tale incresciosa situa-zione costituiva un bel problema per il nostro protagonista, un ometto estremamente meto-dico e abitudinario, da sempre ostile ad ogni benché minimo accenno di mutamento. Tutto in lui era fatto apposta perché passasse inos-

servato.

Persino il suo nome lo suggeriva chiaramente.

Nessuno. E nessuno, infatti, sembrava accor-gersi della sua esistenza: non disturbava mai nessuno, non litigava mai con nessuno. Nessu-na moglie, né fidanzata; nessun amico o pa-rente. Una vita, insomma, dalle dimensioni modeste, che rispecchiavano fedelmente il suo modo di essere, scevro da ogni passione o de-siderio e alieno da qualsiasi eccesso ed emo-zione.

Qualcuno potrebbe essere indotto a pensare che la sua fosse un’esistenza alquanto triste e solitaria; ma al signor Nemo andava bene così. Per questi motivi, la sera precedente rappre-sentava una stranezza, un evento a dir poco

eccezionale nella sua ormai consolidata e idil-liaca routine.

Tutto aveva avuto inizio il giorno prima in uffi-cio. Era in programma una festa a sorpresa, organizzata per salutare un collega che andava

C o r r i c a v a l l o c o r r i t i p r e g o . . .

D I J E N N Y M A L E N T A C C H I

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P a g i n a 2 1 . . . f i n o a S a m a r c a n d a t u m i p o r t e r a i !

coloratissimo costume da zingara e dispensa-va consigli a tutti sul loro futuro, leggendo i tarocchi:

- Avanti, coraggio… una sbirciatina sugli eventi che saranno con la strega Morgana! Avanti,

Nemo, accomodati! -.

Per una qualche oscura ragione, gli incitamen-ti degli altri sortirono l’effetto desiderato e il signor Nemo, dopo una, in effetti minima, reticenza iniziale, aveva finito per acconsenti-re di sedersi di fronte alla strega.

- Vediamo cosa riservano le carte per te… ve-do, vedo… una figura femminile si profila

all’orizzonte… molto alta e molto magra… sa-rà una modella?! -.

Il riservato signor Nemo si sentiva stranamen-te felice e inserito, forse per la prima volta, in un contesto ben preciso. Quella solita e pe-sante sensazione di ‘semplicemente attraversa-re la vita’ aveva ceduto il passo al nuovo desi-derio, che prepotentemente si era fatto strada in lui, di viverla davvero, fino in fondo. Im-

in pensio-ne. Natural-m e n t e , l’invito era stato esteso a tutto il per sona le dell’azienda e il signor Nemo, di fronte alle incessant i ins i s tenze di tutti, si era trovato, suo malgra-do, a garantire la sua presenza in quello che si preannunciava essere l’evento mondano dell’anno. Come è facile intuire, un secondo do-po aver accettato, si era già pentito di averlo fatto

e un leggero malessere aveva cominciato ad assa-lirlo. Ma poi il pensiero che il giorno seguente avrebbe dovuto trovare una scusa plausibile per giustificare la sua assenza, lo aveva convinto che, in un’ottica di economia, sarebbe stato assai più vantaggioso per lui partecipare… fra i due, quello era decisamente il male minore.

I ricordi dell’ultima festa alla quale aveva preso parte risalivano agli anni del liceo ed erano chia-ramente disastrosi. Socializzare. Relazionarsi.

Erano questi gli imperativi da seguire. Potete fa-cilmente immaginare quanto la cosa creasse im-barazzo nel nostro ometto, ma ormai il dado era tratto… era in ballo e cos’altro avrebbe potuto fare se non ballare?

Quanto meno non avrebbe attirato l’attenzione su di sé se fosse riuscito a confondersi con gli altri. Anna, la giovane ed estroversa collega del ‘recupero crediti’, indossava, per l’occasione, un

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P a g i n a 2 2

provvisamente un’ombra aveva attraversato l’espressione gioiosa negli occhi di Anna e anche il tono della voce era cambiato.

- La tattica, nella vita, è sapere cosa fare quando è possibile fare qualcosa; la strategia, invece, è sapere cosa fare quando non c’è nulla da fare… ma ricorda… la Signora non stringe accordi… -.

Un silenzio imbarazzato era sceso fra i presenti, ma fu ben presto sostituito dall’allegria contagio-sa dell’aria di festa ed ognuno era tornato a ride-re e scherzare. Tutti, eccetto uno. Era andato via poco dopo e, nel tragitto verso casa, un senso di ansia aveva iniziato a tormentarlo… dapprima in maniera subdola, solo accennata, per poi diveni-re sempre più insistente… fino a quando non era andato a dormire.

Uscire per recarsi in ufficio aveva già richiesto un

notevole dispendio di energia quella mattina. L’angoscia della sera prima era aumentata sensibilmente, a mo-menti sembrava togliergli il respiro. Continuavano a tornargli in mente le parole sibilline di Anna; in

fondo era stato solo un gioco, un modo per divertirsi. Perché, a-desso, ne era così ossessionato?

Mentre i pensieri si sovrappone-

vano l’uno all’altro confusamen-te, non si accorse del gatto nero che gli aveva attraversato la strada, né tantomeno della scala sotto cui era passato. Di solito, era un tipo piuttosto superstizioso e impressio-nabile; ma quel giorno era diverso. La mattina trascorse all’insegna della solita confusione. Il ma-

lessere, però, non accennava a diminuire e così il signor Nemo decise che, forse, fare la pausa pranzo all’aria aperta gli avrebbe schiari-to le idee. Avrebbe dovuto prendere la metro-politana per arrivare al parco, ma l’idea di al-lontanarsi dall’atmosfera opprimente di quella prigione che costituiva il suo ufficio e uscire un po’ sembrava essere la sua unica àncora di salvezza. L’ascensore lo portò velocemente verso il basso. L’aria era stagnante. Il signor Nemo si piazzò all’estremità del marciapiede; alla sua destra, c’era la bocca del tunnel, da cui sarebbe uscito il treno. Continuava a rimugina-re fra sé, scuotendo, di tanto in tanto, la testa… qualcuno avrebbe anche potuto pensare che fosse pazzo… poco male, accanto a lui non c’era nessuno a parte un giovane dall’aspetto

trasandato. In distanza si udì il ruggito del tre-no. Si avvicinò al bordo del marciapiede

e cominciò a scrutare il tunnel.

E poi accadde l’incredibile. Il ragaz-

zo perse l’equilibrio e cadde sui bina-ri. Mille pensieri, come un turbinio vorticoso e confuso, affollarono la

mente del signor Nemo… e solo pochi attimi per decidere. Ma come sempre accade, scegliere

di decidere comporta già di per sé una scelta; e, senza troppe esitazioni, nono-stante la paura folle che provava, saltò sui binari, prese il giovane fra le

braccia e lo spinse sul mar-

ciapiede. Il treno sbucò dal tunnel a tutta velocità. Dalla folla atterrita degli spettatori presenti si levarono grida di

F a t t u c c h i e r e , s t r e g h e e c i a r l a t a n i . . .

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P a g i n a 2 3 … o r o s c o p i , r a b d o m a n t i , l e t t u r a d e l l a m a n o

giovane che egli aveva salvato quello stesso pomeriggio…

Due giorni dopo, quando la padrona di casa, allarmata dalla sua prolunga-ta assenza, decise d i e n t r a r e nell’appartamento, lo trovò riverso a terra, senza vita. Accanto a lui, un libro aperto… le cui pagine recitava-no così: “Un servo sentì dire al merca-to che la Morte lo stava cercando. Si precipitò a casa e disse al suo padro-ne che doveva fug-gire nella vicina

città di Samarcanda, cosicché la Morte non lo trovasse.

Dopo cena, quella stessa notte, qualcuno bus-sò alla porta.

Il padrone aprì e si trovò di fronte una Signora alta e magra, con un lungo mantello nero e il cappuccio.

La Morte chiese notizie del servo.

- E’a letto malato - mentì il padrone. - Sta trop-po male per disturbarlo. -

- Davvero strano - disse la Morte.- In questo caso è sicuramente nel posto sbagliato. Perché avevo un appuntamento con lui, stanotte, a mezzanotte. A Samarcanda.-”

gioia e applausi; il nostro signor ‘nessuno’ era diventato un coraggio-so eroe in un battito d’ali.

Si sentiva libero e leg-gero come mai prima di allora quando, rien-trato a casa dopo l’avventurosa giornata, ripensava agli avveni-menti delle ultime o-re. Il giovane lo aveva ripetutamente ringra-ziato fra le lacrime, le persone presenti non avevano smesso un attimo di stringergli la mano, complimentan-

dosi per il suo corag-gio. Ne avrebbero par-lato in ufficio anche il giorno seguente… an-zi, quasi sicuramente sarebbe uscito un articolo sul giornale: in fondo, aveva salvato una vita!

Non aveva mai aspirato a diventare un eroe, ma doveva ammettere con se stesso che era una sensazione inebriante. Si sentiva stanchissimo, ma era ancora troppo agitato per riuscire ad addormentarsi; decise di leggere qualcosa. Do-veva ancora iniziare un libro acquistato pochi giorni prima su certe antiche leggende asiatiche. Ma dove lo aveva messo? Certo, sulla mensola, in alto.

E fu allora che accadde di nuovo. Nel tentativo di prendere il libro, il nostro eroe perse l’equilibrio e cadde rovinosamente, battendo la testa. Purtroppo, però, fu meno fortunato del

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P a g i n a 2 4

E s i s t e d a v v e r o l a s f o r t u n a ( s c i e n t i f i c a m e n t e p a r l a n d o ) ?

Che la sfortuna esista è un dato di fatto. Che ci perseguiti o che qualcuno possa attirarla è me-no sicuro. C’è poi chi è arrivato anche a dire che è una legge matematica… un po’ eccessivo a mio modo di vedere.

Il tutto nasce da una frase detta da un ingegne-re aereonautico americano, un tale di nome Edward Murphy. Il simpatico Eduardo

(perché detto in italiano ci piace di più) dove-va fare una serie di esperimenti sulla tolleran-za del corpo umano e per farlo aveva bisogno che i tecnici montassero ben 16 sensori. Ora il fatto è che c’erano due modi per montarli e,

L ’ a n g o l o d e l L o c c o . . .

dopo averci tanto studiato, i tecnici li montaro-no tutti al contrario!!

Il povero Eduardo era disperato e i presenti hanno giurato di avergli sentito dire questa frase: “Se ci sono due o più modi di fare una

cosa, e uno di questi modi può condurre ad una catastrofe, allora qualcuno la farà in quel modo!!”. A parte il linguaggio arzigogolato, ma si sa che gli ingegneri hanno un vocabolario tutto loro, il concetto è semplice “Se qualcosa può andare male, lo farà!!”. Ora, così come

detta, non è proprio una formula scientifica né si studia a scuola, ma questa frase rappresenta

Questo articolo è già stato pubblicato nella rivista Il Locco, il giornale bimestra-

le dell’Associazione Omnes.

D I L U I G I P R A T E S I

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“Omnes è un’associazione sociale e culturale di carattere Onlus nata a Ponte d’Arbia (Si) il primo luglio 2011. E’ stata fondata da un gruppo di giovani allo scopo di aiutare le persone e le famiglie che vivono situazioni di difficoltà e per realizzare iniziative culturali capaci di coinvolgere gli abitanti del posto.

Fin dalla sua costituzione Omnes si è, inoltre, impegnata concretamente per aiutare i Paesi del Terzo Mondo attraverso donazioni e adozioni a distanza.”

perfettamente ben due leggi statistico-matematiche reali: la legge dei grandi numeri e quella della mancanza di memoria della proba-bilità. Secondo queste leggi un evento qualsiasi,

seppure molto improbabile, finirà comunque per accadere se si ripresentano tante volte le stesse occasioni.

Badando al sodo questo vuol dire che è poco probabile vincere 10 milioni di euro all’Enalotto, ma che se non giochi non vincerai mai e che più giochi più è facile che prima o poi tu vinca. Quello in cui Eduardo si sbagliava,

P a g i n a 2 5 . . . v i t e p a r a l l e l e , q u a d r o d r i t t o

come ho già avuto modo di dire, è che il fatto che sia possibile non significa che debba acca-dere per forza. Quindi io posso anche giocare tutti i giorni all’Enalotto e non vincere mai!!

Nel caso della schedina è una vera sfortuna, ma

nel caso della sfortuna è una gran benedizione. Questo vuol dire che non esistono persone per-seguitate dalla iella, né persone che portano male… è tutto un fatto di probabilità. Ah scusa-te, adesso vi devo lasciare perché se non mi sbrigo ad attraversare la strada quel gatto nero

passa prima di me!!

M o n d i i n t r e c c i a t i . . .

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P a g i n a 2 6

I l D i s e g n o s u d i m e

Quando è arrivata la notizia che l’argomento del prossi-mo numero sarebbe stato il destino ho detto tra me: al destino non ci credo, non mi interessa, non ho niente da dire. Ogni tanto, però, mi risuonava nella testa que-sta parola e mi inquietava pensare che tante persone

fanno riferimento al destino attribuendogli colpe o meri-ti. Pensa e ripensa si è fatta strada una frase: “padrone del proprio destino”, forse si dice “artefice del proprio destino?”, ma chi l’ha detta?

Grazie a Google ho trovato che è stata attribuita ad Appio Claudio Cieco: homo faber fortunae suae. Ero più soddisfatta, perché pensare che posso sce-gliere il bene o il male, l’amore o l’odio, il perdono

o la vendetta, il lavoro o il riposo… mi faceva stare meglio, ma ancora non avevo la risposta.

Il destino (o la Provvidenza?) ha voluto che sabato pomeriggio, alla Messa prefestiva, uno dei canti fos-se IL DISEGNO. Ascoltando le ultime strofe mi si è accesa la famosa lampadina: qualcuno mi ha ama-to prima che nascessi, mi ha chiamata a realizzare un progetto d’amore pensato per me e che io sono libera di accettare o rifiutare. Da quella sera la frase che mi risuona in testa è… la mia libertà è il tuo di-segno su di me… Adesso so cosa penso del destino.

P e n n e l l i , p e n n a r e l l i , a c q u e r e l l i , m a t i t e . . .

Il disegno

Nel mare del silenzio una voce s'alzò

da una notte senza confini una luce brillò

dove non c'era niente quel gior-no.

RIT. Avevi scritto già il mio no-me lassù nel cielo,

avevi scritto già la mia vita in-sieme a te

avevi scritto già di me.

E quando la tua mente fece splendere le stelle

e quando le tue mani modella-rono la terra

dove non c'era niente quel giorno. RIT.

E quando hai calcolato le profondità del cielo

e quando hai colorato ogni fiore della ter-ra

dove non c'era niente quel giorno. RIT.

E quando hai disegnato le nubi e le mon-tagne

e quando hai disegnato il cammino di o-gni uomo

l'avevi fatto anche per me.

D I P A T R I Z I A M A R I O T T I

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P a g i n a 2 7 G i o c a n d o c i s i d i v e r t e … m a s o l o s e s i v i n c e

Salve a tutti. Vi sono debitore di una soluzione al problema del numero scorso. Sono certo che la maggioranza di voi avrà già risolto la questione. Ad ogni buon conto, la cosa non è così complessa.

Un grafo è percorribile solo se possiede al massimo due nodi dispari, cioè due vertici da cui partono un numero dispari di linee. Tutti gli altri, di conseguenza, saranno nodi pari. E, nel caso abbia due nodi dispari, si può percorrere solo partendo da uno dei due e arrivando nell’altro!

Adesso è banale capire perché la casetta è percorribile solo se ha “il tetto”! (nota del correttore di bozze: ah sì, non me ne ero accorto) Così ha solo 2 nodi dispari (i vertici in basso, da cui partono tre linee) e 4 nodi pari. Provate a percorrerla… vedrete che si può fare solo partendo da uno dei due e arrivando nell’altro! Paolo Ciacci

… l a s t r a d a d i K o e n i g s b e r g

L e s o l u z i o n i ( o a s s o l u z i o n i )

P A L E T T A F U A L A A U T O R E L I I L A R I A I S I D E I R T O O C E D O E R A M A R E N I A F A E N P A L S M O S C A T O A T E C A T A L A N A N H O O L I G A N O V I S E S I O

… i l c r u c i v i r g o l a

. . . i l r e b u s

Circolazione Stradale

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S I E S T D E S T I N U M C O N T R A N O S E S T !

C H E T R A D O T T A S I G N I F I C A :

S E E S I S T E U N D E S T I N O , A L L O R A È C O N T R O D I N O I ! !

E P E R F I N I R E … L A F R A S E P O L E M I C A D E L T R I M E S T R E d i G . B .

Il Direttore (si fa per dire): Luigi Pratesi

Hanno collaborato a questo numero (in rigoroso, doveroso e non oneroso ordine

alfabetico per nome):

Jenny Malentacchi Luisa Zambon Matteo Tasso

Ottavio Pistella Paolo Ciacci

Patrizia Mariotti Pio Carfora Sara Pratesi

Stefano Padrini

Se volete contattarci per informazioni, spiegazioni, critiche o per collaborare con noi,

potete farlo scrivendo all’indirizzo e-mail: [email protected]

“SEMBRA DUNQUE CHE PER QUESTO PARTICOLARE IO SIA PIU’ SAGGIO DI QUEST’UOMO, PERCHE’ NON MI ILLUDO DI SAPERE CIO’ CHE NON SO”

PLATONE, APOLOGIA DI SOCRATE