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108 II.4.2 Anonimo Globo celeste II secolo a.C.-I secolo d.C. Argento; diametro 6,3 cm Parigi, Collezione Kugel Sulla superficie del globo, di provenienza sconosciuta, sono raffigurate le personificazioni di costellazioni distribuite con qualche imprecisione rispetto alle conoscenze dell’epoca. Nonostante ciò, la collocazione delle costellazioni suggerisce la conoscenza, da parte dell’artista, tanto dei Catasterismi di Eratostene e della loro tradizione iconografica in Hygino, quanto dell’opera di Ipparco. È da osservare, inoltre, che le costellazioni non sono raffigurate secondo la prospettiva di un osservatore esterno alla sfera celeste, come di norma, ma viste dall’interno della sfera. Piccole sfere in bronzo e argento erano considerati regali preziosi, come indica un passo dell’Antologia Palatina (9, 355) in cui si menziona il dono di un ouranion mimèma, “un’imitazione dei cieli”, ricevuto da Poppea per il suo compleanno. (G.D.P.) Bibliografia: Cuvigny 2002; Cuvigny 2004. GALILEO 1_07_02:Layout 1 13-02-2009 16:29 Pagina 108

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II.4.2AnonimoGlobo celesteII secolo a.C.-I secolo d.C.Argento; diametro 6,3 cmParigi, Collezione Kugel

Sulla superficie del globo, di provenienzasconosciuta, sono raffigurate le personificazioni dicostellazioni distribuite con qualche imprecisionerispetto alle conoscenze dell’epoca. Nonostanteciò, la collocazione delle costellazioni suggerisce laconoscenza, da parte dell’artista, tanto deiCatasterismi di Eratostene e della loro tradizioneiconografica in Hygino, quanto dell’opera diIpparco. È da osservare, inoltre, che lecostellazioni non sono raffigurate secondo laprospettiva di un osservatore esterno alla sferaceleste, come di norma, ma viste dall’interno dellasfera.Piccole sfere in bronzo e argento erano consideratiregali preziosi, come indica un passo dell’Antologia

Palatina (9, 355) in cui si menziona il dono di unouranion mimèma, “un’imitazione dei cieli”,ricevuto da Poppea per il suo compleanno.(G.D.P.)

Bibliografia: Cuvigny 2002; Cuvigny 2004.

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II.4.3Il meccanismo di Antikythera2008Bronzo, legno d’acero; 33,3x22,5x12,4 cmModello di M.T. Wright, Londra

Il manufatto ellenistico originale incompletorecuperato dal relitto di un naufragio databileintorno al 70 a.C. e probabilmente fabbricatoalcuni decenni prima è lo strumento astronomicodi notevole complessità più antico del mondo checi sia pervenuto. Era stato concepito per il calcolo eper finalità dimostrative. Questa ricostruzione èbasata sull’esame eseguito da Wright dellostrumento originale (Wright 2007), ma utilizzaanche i risultati delle ricerche realizzate da altri(Freeth et al. 2006, 2008).L’anello interno del quadrante anteriorerappresenta lo Zodiaco, diviso in 360 gradi, e reca inomi delle costellazioni zodiacali. Le letterepiccole corrispondono a un elenco di eventiastronomici annuali, sopravvissuto solo in parte suuna placca distaccata impossibile da restaurare.L’anello esterno rappresenta un anno di 365giorni: dodici mesi, con i loro nomi, di 30 giorni, e5 giorni in più. Nel calendario egizio le date degliequinozi e dei solstizi sono stimate con un giornoin più ogni quattro anni, corrispondente a un annodi 365 giorni e ¼; perciò l’anello del calendario èmobile.Le lancette mostrano la data e la posizione dellaLuna e del Sole, mentre una piccola sfera rotanteall’interno della lancetta della Luna, metà bianca emetà nera, mostra la fase lunare. La lancetta delladata mostra la posizione del Sole medio, ma dalmomento che il moto della lancetta lunare venivamodificato da una sola anomalia, come nella teorialunare di Ipparco, probabilmente esisteva unalancetta solare distinta con un moto modificato inmodo simile, come si osserva nel modello. Ilmeccanismo epiciclico, in gran parte perduto,realizzava la teoria della singola anomalia dellaposizione di almeno un pianeta. Il modello illustraun’ipotesi di restauro, con lancette per i cinquepianeti allora noti (Wright 2003).Sul retro due quadranti a spirale, entrambi divisi

in lunghe sequenze di lunazioni, offrono ulterioriinformazioni. Indicatori scorrevoli sulle lancette,guidati da flange che si muovono in scanalature aspirale, mostrano quale parte di ogni scala leggere.Il quadrante superiore rappresenta il periodo delcalendario metonico: 235 mesi identificati con inomi, per un totale di 19 anni, sono disposti incinque cerchi così da mostrare quali mesi devonoavere 29 giorni invece di 30 e quali anni devonoavere 13 mesi anziché 12. Un quadrante ausiliario adestra mostra un ciclo quadriennale di vari giochipanellenici. Un secondo quadrante ausiliario asinistra, ripristinato congetturalmente, mostra ilperiodo Callippico di 76 anni citato su unframmento staccato.La spirale inferiore rappresenta il periodo Saros di223 lunazioni, dopo le quali si ripete lo schemadelle possibilità di eclissi. Sono individuatepossibili eclissi di Luna e di Sole, insieme alleprobabili ore del giorno (questa sequenza èimpossibile da ripristinare in maniera completa).L’intero schema cade circa un terzo di giorno piùtardi a ogni ciclo successivo, e il quadranteausiliario indica le correzioni in ore da aggiungereai tempi dell’eclissi in ogni ciclo.Placche di bronzo separate (non in mostra)coprivano entrambi i quadranti. I frammentisuperstiti suggeriscono che fosserocompletamente coperte da iscrizioni coninformazioni e, forse, istruzioni su come farfunzionare lo strumento.(M.T.W.)

Bibliografia: Wright 2007; Freeth et al. 2006,Freeth et al. 2008; Wright 2003.

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III.1.1CignoI secolo d.C.Affresco; 39 x 27,5 cmSoprintendenza Speciale per i Beni Archeologicidi Napoli e Pompei, inv. 8560

La costellazione del Cigno raffigura il solo animalein cui si trasformò Giove per sedurre Leda, mogliedel re Tindareo di Sparta. In seguito Leda deposeun uovo dal quale nacquero Elena di Troia e igemelli Castore e Polluce. Igino, che pure conoscequesto celebre episodio, preferisce inveceabbinare la costellazione del Cigno alla vicenda,analoga, dell’amore di Zeus per Nemesi (2,8). Ilcigno è raffigurato, su fondo rosso scuro, ad alispiegate e collo ricurvo su un tralcio floreale. Ilframmento di affresco, di provenienza ignota (areavesuviana), faceva parte di una più ampiadecorazione pittorica parietale di Quarto Stile.(E.D.C.)

Bibliografia: Inedito.

III.1. IL “DE ASTRONOMIA” DI IGINO

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III.1.2Europa sul toroI secolo d.C.Affresco; 69 x 76 cmSoprintendenza Speciale per i Beni Archeologicidi Napoli e Pompei, inv. 9900

“Il Toro è stato messo in cielo, si dice, perchétrasportò indenne Europa a Creta”, così cominciaIgino il racconto della vicenda all’origine di questacostellazione (2, 21). Questo pannello è compostoda più frammenti di affreschi, facenti parte diun’unica decorazione parietale su fondo nero diQuarto Stile rinvenuti nel 1749 probabilmente aPompei nella cosiddetta Villa di Cicerone. Ilframmento centrale raffigura proprio l’episodiodel rapimento di Europa da parte di Giove sotto lesembianze di un toro, mentre la trasporta a Cretatra le onde del mare. In questo caso laraffigurazione del toro differisce dall’iconografiatradizionale per la forma a coda di pesce cheassume la parte posteriore del suo corpo. Lacostellazione è costituita dalla sola parte anterioredell’animale; Igino infatti, riferendo che la vicendache ha dato origine al tutto potrebbe anche esserequella, quasi analoga, del rapimento di Io da partedi Zeus afferma (2, 21): “Giove cercò di ripagare Io,quando la trasformò in giovenca, collocando il suocorpo tra le stelle in modo tale che la parteanteriore restasse visibile come quella di un toro eil resto rimanesse nell’ombra”.(E.D.C.)

Bibliografia: Inedito.

In questo affresco ritrovato a Ercolano, il giovaneCentauro è raffigurato nell’atto di effettuare unalibagione con una coppa in un largo catino posto suun’ara a forma di colonna. Con il braccio destroimpugna una coppa mentre con il sinistro reggeuna cornucopia. La rappresentazione, tipica delQuarto Stile, costituisce un motivo moltofrequente nella pittura romana, in particolarecome vignetta nelle partizioni decorativearchitettoniche della zona mediana e superioredella parete.(E.D.C.)

Bibliografia: Inedito.

III.1.3CentauroI secolo d.C.Affresco; 23 x 26 cmSoprintendenza Speciale per i Beni Archeologicidi Napoli e Pompei, inv. 9132

Secondo Igino la costellazione del Sagittario (2, 27)è rappresentata da un centauro, che egli identificacon il satiro Croto, nutrice delle Muse sul monteElicona, trasformato da Giove e posto tra le stellein modo da riunire tutte le sue attività in un’unicaimmagine: oltre alla coda del Satiro, le gambe delcavallo per l’abilità di cavalcare e la freccia per laprecisione nella caccia alla selvaggina.

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III.1.4CapricornoI secolo d.C.Affresco; 53 x 104,5 cmSoprintendenza Speciale per i Beni Archeologicidi Napoli e Pompei, inv. 8868

Il Capricorno, caratterizzato dalle corna, dallabarba e dalla coda di pesce, è raffigurato fra dueCentauri marini su fondo nero e facevaprobabilmente parte dello zoccolo di unadecorazione parietale di Quarto Stile (Ercolano,provenienza sconosciuta). Anche in questo caso,come per il Delfino, il Cigno, la Corona e Pegaso, larappresentazione della costellazione nella pitturaparietale di I secolo d.C. si ritrova non comecomposizione che illustra il momento saliente delmito, bensì come semplice motivo decorativosecondario. Il Capricorno si identifica con Pan e ilparticolare aspetto della costellazione, con la parteanteriore del corpo a forma di caprone e laposteriore di pesce con coda sinuosa, è legato a unepisodio della lotta fra Titani e Dei: per sfuggireall’improvviso arrivo di Tifone durante unariunione, gli dei si trasformarono in animali e Pansi gettò in un fiume assumendo con la parteposteriore del corpo la forma di un pesce.(E.D.C.)

Bibliografia: Inedito.

cavallo invece proseguì il suo volo e vennetrasformato da Giove in costellazione. Il suo corponon appare completo fra le stelle, dove figura solola parte anteriore fino alle ali. Questo pannellodipinto (Ercolano, provenienza sconosciuta) èformato da due frammenti di affresco ciascuno deiquali raffigura Pegaso, il cavallo alato, in volo. Lefigure sono state staccate da decorazioni parietalidi Quarto Stile su fondo bianco e costituisconoprobabilmente la vignetta centrale di due pannellipertinenti alla zona mediana della parete.(E.D.C.)

Bibliografia: Inedito.

III.1.5PegasoI secolo d.C.Affresco; 41 x 19 cmSoprintendenza Speciale per i Beni Archeologicidi Napoli e Pompei, inv. 8781

Igino riferisce la versione secondo la quale lacostellazione del Cavallo “per Arato e per moltialtri è Pegaso, figlio di Nettuno e della GorgoneMedusa” (2, 18). Pegaso è legato al mito diBellerofonte che, dopo aver ucciso la mostruosaChimera, nel tentativo di volare sempre più in altonel cielo, rivolse lo sguardo in direzione dellaterra, ma spaventatosi per l’altezza cadde e morì. Il

questa imm è capovolta. ruotare di 180°

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III.1.6Cerere come Servo dapiferoPrimo quarto del IV secolo d.C.Affresco; 53 x 73 cmSoprintendenza Speciale per i Beni Archeologicidi Napoli e Pompei, inv. 84286

Con il I secolo d.C. la passione per l’astrologiadilaga tanto a Roma quanto in periferia. Essa trovaespressione anche nell’arte, che riecheggia lostraordinario successo della versione latina delgenere dei catasterismi, la letteratura di originealessandrina che, diffusa a Roma soprattutto grazie

L’offerta dei fasci di spighe si può interpretarecome un riferimento augurale all’abbondanza che,associata agli evidenti tratti femminili del volto,identifica il dipinto come lontano ricordo di unaraffigurazione simbolica di Cerere personificatanella figura del servo. L’affresco venne rinvenutonel 1783, insieme ad altri sei, in un’aristocraticadomus tardo antica nei pressi del Laterano a Roma.(E.D.C.)

Bibliografia: Roma 2000, pp. 454-455.

all’opera di Igino, raccontava le vicende dei miticelesti.In questo affresco è raffigurata Cerere, che Igino,pur ammettendo una diversità di interpretazioni,propone di identificare con la costellazione dellaVergine descrivendola in movimento, coperta dauna lunga veste e recante nella mano sinistra unmazzo di spighe (2, 25). La figura, di cui restaconservata solo la parte superiore, sostiene unvassoio sul quale è poggiato un contenitore conintorno fasci di spighe. In origine, il ciclo pittoricoera costituito da una processione di sette servirecanti cibi e bevande al dominus per un convivio.

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III.1.7Globo celeste romanoReplica dell’originale, inv. O.41339Gesso; diametro 11 cmMainz, Römisch-Germanisches Zentralmuseum,inv. 42695D

Il globo celeste mostra le 48 costellazioni note agliantichi: di grande rilievo è la raffigurazione, la piùantica, della Via Lattea. Nonostante le ridottedimensioni, la sfera presenta i circoli dei solstizi edegli equinozi e la posizione delle costellazioni èassai meticolosa. Benché non si conosca il contestodel rinvenimento, sulla base di confronti con lealtre sfere note questo globo è attribuito all’etàimperiale, in un’epoca compresa tra il 150 e il 220d.C. Fabbricato presumibilmente in Egitto oppurenella parte orientale dell’Impero, è presenta unforo: doveva quindi coronare un orologio solareoppure, date le modeste dimensioni, uno scettroimperiale. Tra le costellazioni non è raffigurata laLibra, che chiudeva lo zodiaco.(G.D.P.)

Bibliografia: Künzl 1998.

III.1.8aAnonimoAtlante FarneseII secolo d.C. circaMarmo bianco; altezza 164 cmNapoli, Museo ArcheologicoNazionale, inv. 6374

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III.1.8bCalco della sfera dell’Atlante Farnese1930 circaGesso alabastrino; altezza 75 cm,diametro 65 cmRoma, Museo della Civiltà Romanainv. M.C.R. 2896

La statua, presumibilmente portata a Roma altempo di Antonino Pio (II secolo d.C.), è undocumento di eccezionale importanza peravvicinarci alle conoscenze astronomichedell’antichità. Si tratta, infatti, della più anticaed esaustiva raffigurazione antica del cielo,perfetta sintesi delle relazioni tra arte e scienza.Entrata nella collezione dei Farnese nel 1562, lascultura raffigura Atlante quasi inginocchiato peril peso che deve sostenere, il grande globoceleste sul quale sono rappresentati i principalicircoli e le personificazioni delle costellazioni.In leggero rilievo sono infatti raffiguratil’equatore celeste, l’eclittica con la fascia dellozodiaco, i circoli artico e antartico, i coluri e lecostellazioni (19 boreali, 14 australi) e i 12 segnidello zodiaco. Rispetto al catalogo delle stelle diClaudio Tolomeo mancano, su questa sfera, lecostellazioni del Piccolo Cavallo e del Triangolo.La parte superiore del globo, danneggiata,impedisce la visione del Piccolo Carro e di partedel Grande Carro. La posizione dellecostellazioni sulla sfera rende conto dellaconoscenza, da parte dell’autore della scultura,del fenomeno della precessione degli equinoziscoperto da Ipparco di Nicea verso la metà del Isecolo a.C. e in seguito descritto e misurato daClaudio Tolomeo nel II secolo d.C. È dunquelecito vedere proprio in Ipparco la fonte che haguidato il lavoro di questo ignoto scultore,presumibilmente attenutosi al catalogo stellaredell’astronomo di Nicea. Infine, la posizionedelle costellazioni rende conto anche della zonadi esecuzione dell’opera, posizionata tra i 33° e i34° di latitudine nord, corrispondente alla mediaFenicia.Al centro di notevoli interessi anche da parte dinaturalisti, astronomi e matematici, la sfera

della British Library alla quale si sono ispirati gliautori del calco del Museo della Civiltà Romana.(G.D.P.)

Bibliografia: Passeri 1750; Bianchini 1752; Museo

Civiltà Romana 1982, p. 570, n. 7; De Caro 1994,p. 330; Valerio 2005, pp. 233-239.

dell’Atlante Farnese venne descritta da UlisseAldrovandi nel 1550, da Francesco Bianchini edal Cassini sul finire del ‘600, e da MartinFolkes, membro della Royal Society, nella primametà del ‘700. Proprio Folkes fece realizzare nel1733 una copia in gesso della sfera. Da questa,oggi perduta, venne ricavata la Sloane Sphere

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III.1.8cGiovanni Francesco Barbieri detto il Guercino(1591-1666)Atlante1646Olio su tela; 127 x 101 cmFirenze, Museo Mozzi Bardini

Il mito del titano Atlante condannato da Zeus asorreggere la volta celeste per l’eternità ebbe unacerta fortuna iconografica nel corso del Seicento.Tra le opere più famose è da annoverare questaversione dipinta da Guercino per don Lorenzo de’Medici nel 1646. Una commissione dunque cheattesta gli interessi dei Medici per l’astronomia.La tela, in passato erroneamente consideratapendant dell’Ercole proveniente sempre dallaCollezione Capponi, anch’essa transitata in quelladell’antiquario Stefano Bardini, raffigura Atlanteche sostiene la sfera delle stelle, contraddistintadall’eclittica con le costellazioni zodiacali dellaLibra e dello Scorpione. Se si eccettua Antares, ilcuore dello Scorpione, le altre stelle presenti sullasfera sembrano distribuite casualmente.(F.T.)

Bibliografia: Salerno 1988, pp. 304-305, n. 230;Bologna 1991, pp. 280-282, n. 103; Carofano inForte di Bard 2007, pp. 197-199 (con bibliografiaprecedente).

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III.1.9Miscellanea astronomicaSeconda metà XV secoloMs. membranaceo, cc. III, 169, I’; 25,5 x 17,5 cmFirenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Plut.89 sup. 43, cc. 85v-86r

Caio Giulio Igino (I secolo d.C.) fu bibliotecariodell’imperatore Augusto. Amico di letterati e poeti,compose un’opera di astronomia con lo scopo,dichiarato, di rendere più comprensibili iFenomeni di Arato. Il trattato, dedicato a lettori nonesperti, tratta gli elementi di base dell’astronomiaantica. Nei capitoli dell’opera che incontraronomaggior fortuna, il secondo e il terzo, rifacendosial genere letterario dei catasterismi, la letteraturaalessandrina dei miti astrali che tanta fortuna stavaincontrando anche a Roma, Igino narra le leggendecelesti che spiegano l’ascesa al cielo dei loroprotagonisti. Seguendo l’ordine tradizionale, apartire dal circolo artico fino a quello antartico,l’autore descrive nel terzo libro il numero degliastri in ogni singola costellazione, giustificandonela forma e facilitandone il riconoscimento anchesu una sfera che riproduce la volta celeste, che egliconsidera fondamentale strumento per precisarela struttura degli asterismi e per tracciarne lafisionomia.Nelle immagini esposte sono raffigurati i segni delSagittario e del Capricorno.Il manoscritto laurenziano, che tra l’altro contienela Poetica astronomica di Igino (non completa),rende conto della fortuna di questo testo nellaposterità. Un’abbondante tradizione di codici, apartire dal IX secolo, la conferma; importanteanche la presenza del trattato negli incunaboli ededizioni a stampa, a partire da quella ferrarese delCarnerius del 1475.(G.D.P.)

Bibliografia: Catalogus codicum Latinorum 1774-78,vol. III, coll. 310-311; Animali fantastici 2007, pp.18-19, n. 5.

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III.1.10AnonimoSfera celestedataMarmo bianco; 71 x 65 cmCittà del Vaticano, Musei Vaticani, inv. 784

Di provenienza sconosciuta, la grande sfera èattraversata dalla fascia dello zodiaco, scolpita inleggero rilievo, all’interno della quale sonoraffigurati i segni relativi alle dodici costellazioni.Sulla sua superficie, sparse senza alcun ordineapparente, una serie di stelle. Probabilmentequesto globo era destinato a essere osservato solodalla parte anteriore.(G.D.P.)

Bibliografia: Visconti 1835; Denza 1894; Tabarroni1955.

responsabile del movimento degli astri e cuore delcosmo, arbitro dei destini umani e modello diregalità (LIMC IV, 1, pp. 592-595, 599-601; IV, 2,pp. 366-385, nn. 47-460, in particolare p. 369, n.90). A Pompei vi sono alcune significativeimmagini di Apollo-Helios, non a figura intera madel solo busto, nel cubicolo della Casa della CacciaAntica e nell’Officina coactilaria IX,7,1-2 di viadell’Abbondanza, dove è raffigurato sulla facciatainsieme ai busti di Giove, Mercurio e Artemide(Pompei 1997, VII, p. 16, n. 14; Pompei 1999, IX, p.770, n. 2). Insieme alla vignetta con Apollo-Helios

ne venne rinvenuta un’altra raffigurante lapersonificazione dell’Autunno, ora non piùconservata, permettendoci così di ipotizzare chenello stesso ambiente fossero raffigurate anche laPrimavera, l’Estate e l’Inverno, creando un unicociclo pittorico che trovava ispirazione nel brano diOvidio con la descrizione della reggia celeste doveil dio sedeva in trono tra le Stagioni (Met. II, 1-30).(E.D.C.)

Bibliografia: Collezioni Napoli 1986, p. 158, n. 257;Pompei 1993, IV, p. 450, n. 2.

III.1.11Apollo-Helios con sferaI secolo d.C.Affresco; 81 x 58 cmSoprintendenza Speciale per i Beni Archeologicidi Napoli e Pompei, inv. 8819

L’affresco, rinvenuto nel 1830 a Pompei (Casadell’Argenteria, VI,7,20.22, atrio, parete sud),raffigura Apollo-Helios con il manto legato intornoal collo, la testa radiata e circondata da una aureola.Con il braccio sinistro regge una sfera, mentre conil destro impugna uno scudiscio, riferimento allasua attività di guardiano della mandria di Admetoricordata dalle testimonianze letterarie. Fin dal Vsecolo a.C. Apollo venne anche identificato con ildio del Sole, soppiantando così Helios comeportatore di luce ed auriga della quadriga chetrainava giornalmente il Sole nel cielo. Nella primaetà imperiale questa assimilazione si accentuò conl’istituzione del culto di Apollo Palatino, per poifondersi dalla seconda metà del II secolo d.C. conle divinità solari di origine orientale, come Mitraed Elagabal di Emesa. La presenza della sferarimanda all’aspetto di Apollo-Helios come

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III.2.1AnonimoPlanisfero BianchiniII secolo d.C.Marmo; 00 x 00 cmParigi, Musée du Louvre, inv. Ma 540

Rinvenuta in stato già frammentario nel 1705sull’Aventino, questa lastra venne donatadall’astronomo Francesco Bianchini all’Accademiadi Francia a Roma. Si tratta di una tavolaastrologica composta da pochi frammentidell’originale planisfero risalente al II o III secolod.C. che incorpora la cosiddetta “Sfera Barbarica”,la raffigurazione cioè delle costellazioni greche,egizie e mesopotamiche. Il centro del sistema è sulpolo dell’eclittica, conseguenza della conoscenzadel fenomeno della precessione degli equinozi. Vi

Con la definizione di “Sfera Barbarica” si indicavauna mappa del cielo straniera rispetto all’ambienteculturale ellenico. Essa è contrapposta alla sferagrecanica, ovvero ai globi celesti con lecostellazioni note in ambiente culturale greco,ellenistico e romano, conseguenti alla diffusionedei testi di Eudosso e Arato. È possibile chel’erudito latino Nigidio Figulo (I secolo a.C.) abbiadedicato un’opera a entrambe queste sfere; ancheil babilonese Teucro scrisse un testo dedicato allaSfera Barbarica (I secolo a.C.): la sua opera fudeterminante, in particolare, per la diffusionedella conoscenza del sistema dei decani (ladivisione dello zodiaco e della volta celeste in 36decani, tre per ogni segno dello zodiaco).(G.D.P.)

Bibliografia: Dupuis 1795; Boll 1903.

si osservano quattro fasce concentriche e un anelloesterno con figure, al centro di tutto lecostellazioni dell’Orsa Maggiore e Minore e ilDrago. Nel primo circolo si trovano le immaginidello zodiaco caldeo; nella seconda e terza fascia visono due zodiaci greci identici raffiguranti,presumibilmente, l’eclittica fissa e quella mobilesecondo la distinzione di Tolomeo. Segue una partecon numeri che indicano le influenze planetariesui singoli segni dello zodiaco, mentre le figurenella quarta fascia raffigurano i decani egizi,ognuno col proprio nome. Sul circolo esterno visono i volti dei decani greci o, come alcuniritengono, delle personificazioni delle settedivinità planetarie. Le linee che vanno dal centro almargine esterno del cerchio dividono la superficiein dodici settori, mentre ai quattro angoli sono leteste dei principali venti.

III.2. IL PLANISFERO BIANCHINI

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III.3.1Strumento parallattico di TolomeoModello dimostrativo in scalaOpera Laboratori Fiorentini

Per eseguire misure di precisione, ClaudioTolomeo (II secolo d.C.) concepì uno strumento digrandi dimensioni dalla struttura semplice esolida. Nella Composizione Matematica, o Almagesto,lo descrisse come composto da tre regoli di legnolunghi quattro cubiti (circa 150 cm) e mutuamenteincernierati. Il regolo verticale recava una scalagraduata divisa in 60 parti e relative frazioni. Ilregolo girevole superiore portava due mire forateper traguardare la Luna. Infine, il regolo girevoleinferiore serviva a stabilire l’inclinazione delregolo superiore rispetto alla verticale. Tolomeousò lo strumento per trovare, attraverso duemisurazioni di distanza angolare dallo zenitcompiute in occasioni particolari, la parallasselunare, in modo da ricavarne la distanza della Lunadalla Terra. Già i primi commentatori di Tolomeo,Pappo (IV secolo) e Teone (IV secolo) diAlessandria, trovarono più pratico trasferire lascala graduata dello strumento dal regolo verticaleal regolo girevole inferiore.(G.S.)

Bibliografia: Tolomeo, Almagesto, V, 14; Del Santo-Strano 2004, p. 95; Strano 2007b, pp. 87-88.

III.3.3Claudio TolomeoTetrabyblosXV secoloMs. cartaceo, cc. II, 72, I’; 28,5 x 21 cmFirenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Plut.28.43, c. 16v

Uno dei principali scopi dell’astronomia antica eracostituito dalla previsione delle configurazioniastrali, ritenute utili per formulare pronostici.Claudio Tolomeo operò tuttavia una precisadistinzione fra gli aspetti matematici riguardanti laprevisione delle posizioni degli astri, demandataalla Composizione Matematica (cfr. scheda III.3.2), ele regole dell’astrologia giudiziaria, incluse neiTetrabyblos (Quattro libri). La seconda operaconteneva tavole di calcolo di uso elementare,notizie sui tipi di influssi derivanti da ciascunpianeta in relazione alla sua posizione nelloZodiaco, e la differente azione di tali influssi sullevarie regioni della Terra. Questo manoscritto grecoabbina ai Tetrabyblos il testo della Hypotyposis

astronomicarum positionum di Proclo Licio Diadoco(410-circa 485), oltre a tavole astronomiche. Forseappartenne alla biblioteca di Lorenzo de’ Medici.Alla carta 16v, tavola della levata dei pianeti.(S.B. e G.S.)

Bibliografia: Baldini 1764-1770, v. II, col. 66;Müller 1884, p. 376; Feraboli,1985, pp. x-xviii;Tolomeo 1998, p. xii.

III.3.2Claudio TolomeoAlmagestoInizio XIV secoloMs. membranaceo, cc. IV, 337, III’; 41 x 29 cmFirenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Plut.28.1, cc. 74v-75r

La Composizione Matematica di Claudio Tolomeo (IIsecolo d.C.) – meglio nota come Almagesto,dall’appellativo Al-Megisti (= La Grande) datoledagli astronomi islamici – riassume le concezioniastronomiche geocentriche elaborate in areaellenistica. L’opera, in tredici libri, presentainfatti il perfezionamento dei modelli geometriciconcepiti da Apollonio di Perga (III secolo a.C.) eda Ipparco di Nicea (II secolo a.C.), basatiessenzialmente su una circonferenza eccentrica eun epiciclo, in grado di riprodurre con esattezza leposizioni dei pianeti lungo lo Zodiaco. Oltreall’Almagesto, questo manoscritto greco contieneun’introduzione al primo libro attribuita a Eutociodi Ascalona (V secolo d.C.) e il commentario diTeone di Alessandria (IV secolo d.C.) ai libri I e II.Include inoltre alcune opere minori di Tolomeo edestratti dagli Elementi di Euclide (IV secolo a.C.). Ilmanoscritto, appartenuto allo statista bizantinoDemetrio Cidone – che probabilmente lo annotò –faceva parte della biblioteca dei Medici.Alle carte 74v-75r, epicicli e eccentrici.(S.B. e G.S.)

Bibliografia: Baldini 1764-1770, v. II, coll. 9-12;Toomer 1984, pp. 1-6; Fryde 1996, v. II, pp. 436-439, 773-774; Jackson 1998, pp. 199-204.

III.3. TOLOMEO: LA GEOMETRIA DELLE SFERE

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III.3.4Piero del Massaio (attr.)Ptolemei Cosmographie1455-1462 circaManoscritto membranaceo, cc. 117; legatura incuoio, con stemma mediceo e cantonali inbronzo (1570 circa); 66x42 cmFirenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Pl.30.2, cc. 68v-69r

Il codice contiene gli 8 libri della Geografia diTolomeo nella traduzione latina di Jacopo Angelida Scarperia. Appartenne a Lorenzo di PierFrancesco de’ Medici (c. 117r) e, successivamente,a Cosimo I (c. 1r). Il testo è corredato di 27 tavole

Thule, a 16° latitudine sud, in corrispondenza dellacittà di Meroe; e dal meridiano 0, passante per leIsole Fortunate (le attuali Canarie), al meridianoche segna i 180° in corrispondenza della cittàasiatica di Cattigara.I sistemi di proiezione illustrati da Tolomeoavranno grande importanza anche nella cartografiaceleste.(F.C.)

Bibliografia: Bandini 1774-78, II, col. 68; Fischer1932, I, pp. 219, 409-414; II, tavv. IV.51-52;Gentile 1992, pp. 202-207, n. 101; Aujac 1994, pp.187-204; Valerio 1995, pp. 63-82; Berggren 2000;Gautier Dalché 2007, pp. 321-322; Cattaneo 2008.

attribuite a Piero del Massaio (n. 1425),comprendenti un planisfero, 12 tavole dell’Europa,4 tavole dell’Africa e 10 tavole dell’Asia. Ilplanisfero è disegnato secondo la prima proiezionedi Tolomeo (lib. I, cap. 23), che contempla un casogeometrico analogo a quello delle mappe del cielo,ovvero la rappresentazione piana di una superficiesferica. Il globo terrestre è sviluppato in pianoall’interno di una griglia formata da archi dicerchio concentrici, raffiguranti i paralleli, e lineerette radiali, raffiguranti i meridiani. Questagriglia, che mantiene inalterate le distanze tra iluoghi, delimita la classica ecumene tolemaica,ovvero la parte conosciuta e abitata del mondo: da63° latitudine nord, in prossimità dell’isola di

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III.3.5Niccolò GermanoGeographiaSeconda metà XV secoloManoscritto membranaceo, cc. 134; legaturamedicea con catena; 43,5x39 cmFirenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Pl.30.3, cc. 75v-76r

Dedicato a Borso d’Este, il codice contiene laseconda redazione di “Nicholaus Germanus” degli8 libri della Geografia di Tolomeo. Rispetto allaprecedente redazione, che aveva 27 tavole, qui sonostate aggiunte le carte moderne della Spagna,

centro, unico meridiano rettilineo, alle estremità.Secondo Tolomeo, questa proiezione erapreferibile alla prima (cfr. scheda 00.00), perchépiù adatta ad esprimere la sfericità della Terra.I sistemi di proiezione illustrati da Tolomeoavranno grande importanza anche nella cartografiaceleste.(F.C.)

Bibliografia: Bandini 1774-78, II, col. 69-70;Fischer 1932, I, pp. 215-216, 351-356; II, tav.IV.24; Gentile 1992, pp. 207-212.

dell’Italia e dell’Europa del Nord. Il testo è quindicorredato di 30 tavole che comprendono unplanisfero, 13 tavole dell’Europa, 4 tavoledell’Africa, 12 tavole dell’Asia. Il planisfero èdisegnato in base alla seconda proiezione diTolomeo, nota anche come proiezione omeotera

(lib. I, cap. 24), che contempla un caso geometricoanalogo a quello delle mappe del cielo, ovvero larappresentazione piana di una superficie sferica. Ilglobo terrestre sviluppato in piano all’interno diuna griglia formata da archi di cerchio concentrici,raffiguranti i paralleli, e linee curve ‘radiali’,raffiguranti i meridiani. Queste ultime risultanoprogressivamente più incurvate procedendo dal

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III.3.6La teoria epiciclicaModello dimostrativoITI-IPIA “Leonardo da Vinci”, Firenze

Claudio Tolomeo (II secolo d.C.) riferisce nellaComposizione Matematica, o Almagesto, che fuApollonio di Perga (III secolo a.C.) a ideare unmodello geometrico a due circonferenze in gradodi spiegare il moto di un pianeta lungo lo Zodiaco.Questo planetario meccanico evidenza il motodelle due circonferenze per Giove. Il pianeta ruotauniformemente lungo una piccola circonferenza,l’epiciclo, la quale ruota a sua volta uniformementelungo una circonferenza più grande concentricaalla Terra. Inoltre, il segmento che unisce ilpianeta al centro dell’epiciclo si mantiene sempreparallelo al segmento che unisce il Sole alla Terra.La combinazione di questi movimenti fa sì che ilpianeta appare periodicamente fermarsi rispettoallo Zodiaco, tornare indietro (con un massimo divelocità retrograda nel momento in cui tocca laminima distanza dalla Terra), fermarsi di nuovo, einfine riprendere il moto diretto iniziale.(G.S.)

Bibliografia: Tolomeo, Almagesto, IX, 5 e XII, 1;Hoskin 1999, pp. 35-37; Del Santo-Strano 2004,p. 95; North 2008, pp. 92-94.

III.4.1Amorino con sferaI secolo d.C.Affresco; 37 x 24 cmSoprintendenza Speciale per i Beni Archeologicidi Napoli e Pompei, inv. 9237

L’affresco, rinvenuto nel 1762 a Pompei nella CasaVII, 6, 28, rappresenta un Amorino con faretra,arco e, nella mano sinistra, una sfera. Sulla basedelle testimonianze pittoriche vesuviane si trattadi un unicum. Dal momento che, in genere, nella

III.4. STRUMENTI, MISURA DEL TEMPO, CALENDARI

pittura romana gli Amorini sono divinitàsecondarie raffigurate nell’atto di recare gli oggettipropri delle divinità, questo affresco si può forsespiegare, vista l’importanza del significato dellasfera rispetto al carattere secondario delpersonaggio, ipotizzando la presenza nello stessoambiente di una raffigurazione centrale di Apollo-Helios con ai lati le figure degli Eroti come portatoridegli attributi del dio.(E.D.C.)

Bibliografia: Collezioni Napoli 1986, p. 154, n. 223.

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III.4.2Sfera armillareI secolo d.C.Affresco; 197 x 210 cmSoprintendenza Speciale per i Beni Archeologicidi Napoli e Pompei, invv. 62525, 62464, 63718

Il pannello, che faceva parte della decorazione delsoffitto del porticato della Villa San Marco aCastellammare di Stabia, raffigura al centro unasfera armillare, con ben evidente la strutturacomposta da cerchi che si intersecano fra di loroentro una cornice quadrata. Sulla sinistra è unafigura femminile con accanto un Amorino cheporta un ampio fascio di spighe, mentre al centrorestano la testa cinta di pampini e parte del corpodi una seconda figura femminile. Sulla destra è unaltro Amorino con in braccio una lepre chepresenta sulla spalla la mano di una terza figurafemminile, di cui resta solo il braccio e parte delmanto. Le figure conservate, grazie alla presenzadegli attributi, si identificano rispettivamente conla personificazione dell’Estate, dell’Autunno edell’Inverno, mentre risulta mancante laPrimavera, che doveva essere posizionata sul latoinferiore della sfera. Elemento centraledell’affresco, un unicum nella pittura vesuviana, èla sfera armillare, introdotta da Eudosso sia comestrumento didattico che per l’osservazione delcielo. Il nome deriva dal latino armilla (cerchio,braccialetto), in quanto lo strumento presenta unaserie di cerchi che collegano i poli e rappresentanol’equatore, l’eclittica, i meridiani e i paralleli. Inquesto affresco i due grandi cerchi che siintersecano rappresentano il coluro equinoziale el’equatore.(E.D.C.)

Bibliografia: Elia 1957, pp. 26-29, grafico B;Castellammare 2000, p. 116, n. 213.

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III.4.3MeridianaI secolo d.C.Marmo; 34,5 x 19,5 cmSoprintendenza Speciale per i Beni Archeologicidi Napoli e Pompei, inv. 71257

La meridiana, rinvenuta nel giardino della Villa Adi Oplontis, è costituita da uno stilo in bronzo cheproietta la sua ombra su un quadrante emisfericocon linee orarie incise. La base presenta unamodanatura decorata da un crescente lunare fradue rosette. Di questo comune strumento utilizzatonel mondo antico per indicare le ore diurne sonostati rinvenuti in area vesuviana, in giardini diabitazioni e di edifici pubblici, circa trentaesemplari in marmo o in tufo ricoperto da stucco.Di particolare interesse risulta una meridiana inosso a forma di piccola cassettina scoperta nellacosiddetta Bottega di Verus (I, 6, 3), insieme a unagroma in ferro, che testimonia l’esistenza di unaversione portatile di questo strumento (Napoli1999, p. 243, n. 299). Le meridiane venivanoutilizzate per misurare il tempo durante le ore diluce, variabili a seconda dei luoghi e dei periodidell’anno. Infatti, la lunghezza e la direzionedell’ombra solare proiettata dallo gnomonedipendono da tre fattori: latitudine del luogo,giorno dell’anno e ora dell’osservazione.(E.D.C.)

Bibliografia: Ferrara 1996, p. 269, n. 604.

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III.4.4Lastra con segni zodiacali e pianeti1930 circaCalco in gesso alabastrino; 26 x 28,5 cmRoma, Museo della Civiltà Romana, inv. M.C.R.n. 2898

La lastra costituisce un interessante esemplare dicalendario astrologico lunare.Presenta nella parte superiore sette bustiraffiguranti i corpi celesti connessi ai giorni dellasettimana: Saturno, Sole, Luna, Marte, Mercurio,Giove e Venere. Sotto ogni busto è posto un piccoloforo. La parte centrale della lastra è occupata dauna circonferenza divisa in 12 spicchi checonvergono in più cerchi inscritti delimitanti ilcentro forato della circonferenza. All’interno diogni spicchio campeggia la raffigurazione di unsimbolo zodiacale, caratterizzato dall’iniziale delnome latino. Lungo la grande circonferenza sonopresenti 24 forellini, due ai margini e uno al centrodi ogni spicchio. Ai lati della lastra si trovano dueserie di numeri, rispettivamente da 1 a 15 e da 16 a30, che presentano lungo il bordo esternoaltrettanti piccoli fori. Essi indicano un lunario,come sembra confermare la numerazione ai latidella lastra che segna il trascorrere dei giornisecondo il movimento sinodico da una Luna nuovaalla successiva (circa 29 giorni e mezzo). Questamisurazione del tempo deriva dal sistema usato daiGreci, che alternava un mese di 30 giorni a uno di29. La grande circonferenza centrale indica perciòil passaggio della Luna attraverso i segni delloZodiaco e i 24 fori il movimento siderale che sisvolge in 27 giorni e 1/3.L’utilizzo di due distinti segnacoli evidenziava talecomputo mediante i 24 fori: il primo segnacoloindicava l’ingresso della Luna nella costellazionedel momento, il secondo, inserito nel sesto foro aseguire, segnalava un quarto di rotazione lunare. Ilprimo segnacolo veniva quindi spostatogiornalmente fino ad incontrare il secondo,allorché poteva essere inserito nel foro al centrodella circonferenza. Qui veniva fatto rimanere ungiorno, dopo il quale prendeva il posto del secondosegnacolo, che veniva quindi spostato in avanti di

secolo d.C.La lastra è il calco di una copia in terracottaconservata presso il Museo von Wagnerdell’Università di Würzburg, desunta da un graffitod’età imperiale rinvenuto a Roma sulla parete diuna domus dell’Esquilino.(A.M.L.)

Bibliografia: Catalogo M.C.R. 1982, p. 570, n. 9;Mancioli 1984, pp. 18-22.

altri sei fori fino al compimento di un altro quartoe così via.Di controverso utilizzo appaiono i fori posti a latodei numeri progressivi da I a XXX riferiti alcomputo dei giorni del mese, mentre quelli situatisotto i busti raffiguranti il corpo celeste venivanousati per indicare il giorno della settimana.Probabilmente la procedura descritta era utilizzataanche al fine di valutare gli influssi astrali nei variavvenimenti della vita umana. Le fontitestimoniano l’uso di tali calendari a partire dal I

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III.4.5Anonimo di epoca romanaMeridiana verticale portatile250 circaBronzo; diametro 6 cmOxford, Museum of the History of Science, inv.51358

Raro esempio di un esiguo numero di meridianeportatili di epoca romana pervenute fino a noi.Presenta due dischi, il più piccolo dei quali ruotasu una rientranza al centro del disco più grande.Questa soluzione consente di tarare lo strumentosu varie latitudini seguendo la scala sul disco piùgrande che va da “XXX” a “LX”. Il pezzo curvo cheruota sopra il disco più piccolo è una combinazionetra scala oraria e gnomone (la parte dell’orologiosolare che proietta l’ombra). Questo è regolato perindicare la data (declinazione solare) su una scalasopra il disco più piccolo, che va da “VIII K IAN”(=25 dicembre) per il solstizio d’inverno al “VIII KIVL” (=24 giugno) per il solstizio d’estate delcalendario giuliano. Una volta tarato, l’orologiosolare può essere sospeso in verticale e giratofinché l’ombra dello gnomone non cade sulla scalaoraria curva, indicando l’ora. Sul retro del discopiù grande sono incise le latitudini, espresse ingradi, di trenta province dell’Impero Romano. Perquasi tutte le province, la latitudine riportata è lamedia tra le varie latitudini date per quellaprovincia da Tolomeo.(J.B.)

Bibliografia: Turner 1994.

III.4.6Orologio solare1929 circaCalco in gesso alabastrino; altezza 44 cm,diametro 27 cmRoma, Museo della Civiltà Romana, inv. M.C.R.n. 2897

Orologio solare a forma di disco, ornato lungo ilbordo da una fascia con i segni zodiacali.La parte centrale dell’orologio è costituita dalquadrante emisferico, la cui superficie risultasuddivisa in 12 parti uguali. Mediante l’uso di unostilo – gnomone – eretto su di un piccolo podio eche registrava la lunghezza dell’ombra equinoziale,era possibile determinare le 12 ore diurne, aseconda delle latitudini e dei diversi periodidell’anno.L’uso dei quadranti solari ha origini molto antichee risale a Vitruvio (De architectura IX, 7) lacodificazione del disegno degli analemmi, delcerchio dei mesi e la giusta disposizione delle lineeorarie, a seconda della latitudine. L’esempio piùimponente e significativo di orologio solare fuquello di Augusto in Campo Marzio.L’esemplare esposto, calco di un originale databileal I secolo d.C. e conservato al Museo NazionaleRomano, è stato eseguito in occasione della IEsposizione Nazionale di Storia della Scienza,tenutasi a Firenze nel 1929.(A.M.L.)

Bibliografia: Catalogo M.C.R. 1982, p. 570, n. 8;Dosi-Schnell 1992, pp. 70 ss.

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III.4.7Calendario rustico1930 circaCalco in gesso alabastrino; 65,5 x 41 cmRoma, Museo della Civiltà Romana,inv. M.C.R. n. 3485

Questo menologium rusticum è costituto da un’araparallelepipeda che, lungo ognuno dei quattro latidi cui è composta, elenca tre mesi dell’anno. L’arareca sulla sommità un rilievo con la raffigurazionedei 12 simboli zodiacali propri delle costellazioniche presiedono i mesi dell’anno. Ogni mese ècontrassegnato, a partire dall’alto, dal nome e dalnumero dei giorni di cui è composto. Segue poil’indicazione del giorno delle none,corrispondente al primo quarto di Luna, la duratain ore del giorno e della notte, il segno zodiacale, ladivinità protettrice, i lavori da eseguire nei campi ele principali festività. Il mese di gennaio adesempio, è così descritto: giorni 31; none al V;durata del giorno ore 9 e ¾; durata della notte ore14 e ¼; sole nel Capricorno; protezione diGiunone; affilatura dei pali; taglio dei salici e dellecanne; sacrificio agli dei Penati.Tali calendari, in uso già nel mondo greco, furonolargamente adoperati anche dai Romani con ilnome di menologia. Fornivano precise indicazionisui lavori agricoli da eseguire in base alle diversefasi lunari e, secondo Varrone (De lingua latina, I,36), in ogni villa doveva essere a disposizione delfattore un calendario di tal genere.L’esemplare esposto è il calco dell’originale,databile al I secolo d.C., rinvenuto a Roma, inCampo Marzio, nel giardino Colocci, da cuil’appellativo Colotianum.(A.M.L.)

Bibliografia: Catalogo M.C.R. 1982, p. 633, n. 38;C.I.L. VI, 2305; Invernizzi 1994.

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III.5.1Marziano CapellaDe nuptiis Philologiae et MercuriiXI secoloMs. membranaceo, cc. I, 116, I’; 27x18,5 cmFirenze, Biblioteca Medicea Laurenziana,San Marco 190, c. 102r

Appartenuto a Niccolò Niccoli, glossato da PietroCrinito e utilizzato dal Poliziano per la stesura deisuoi Miscellanea, il codice, proveniente dalConvento di San Marco, passò nel 1808 allaBiblioteca Laurenziana.Marziano Capella, giurista cartaginese vissuto nelV secolo, pagano, neoplatonico non esente dasuggestioni stoiche, costruì il suo trattato comeun’enciclopedia in nove libri che ripercorrevano ilsapere classico secondo l’itinerario del trivio e delquadrivio, nella cornice farsesca della vicendanuziale del più veloce fra gli dei e della più dotta frale aspiranti spose.Nel libro VIII l’astronomia in persona illustrava lastruttura dell’universo, spiegando agli dei “i loropropri moti”, perché il cielo, e non l’Olimpo, era laloro sede. Il sistema dei pianeti si ispirava a quellodi Eraclide Pontico. La Terra teneva, stabile, ilpunto più basso, centrale rispetto al moto lunare,ma eccentrica rispetto alle rotazioni del Sole edegli altri pianeti. Uniche eccezioni, Venere eMercurio, orbitanti invece intorno al Sole.(S.B.)

Bibliografia: Firenze 1955, pp. 48-49, n. 38;Leonardi 1960; Björnbo 1976, pp. 50, 120-121;Boccuto 1985; Biblioteca medicea 1986, p. 104, tav.LVI; Firenze 1992, pp. 31-32, n. 4; Capella 2001.

III.5. UN’ALTERNATIVA A TOLOMEO

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III.5.2Andreas CellariusAtlas coelestis seu Harmonia MacrocosmicaAmsterdam, Johannes Janssonius, 1660Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Magl.5._.81, tav. 9 (Planisphaerium Arateum)

Opera cosmografica, monumentale per dimensionie ricchissima di tavole di altissima qualità artistica.Era stata concepita dall’editore olandeseJanssonius come settimo volume di un’ambiziosaenciclopedia (per larga parte realizzata), il Novus

Atlas Absolutissimus, che avrebbe descrittovisivamente la geografia della Terra e dei cieli.Poco sappiamo di Cellarius (1596-1665). Rettoredella Scuola Latina di Hoorn nel Patinato Renano,si occupò di architettura militare e di cartografia.La preparazione dell’Atlas iniziò fin dal 1647. Ilprogetto prevedeva un secondo volume nel quale

attraente, destinata a soddisfare la curiosità dinobili e di ricchi mercanti, piuttosto che perfornire un quadro aggiornato delle conoscenzeastronomiche dopo la rivoluzione galileiana ekepleriana.Nella tavola esposta l’iscrizione del cartiglioornamentale attribuisce al poeta greco Arato diSoli (III secolo a.C.) la paternità del planisferogeo-eliocentrico raffigurato, nel quale tutti ipianeti compiono le loro rivoluzioni intorno allaTerra immobile al centro del mondo (Solecompreso), mentre Venere e Mercurio ruotanointorno al Sole. In realtà, il sistema raffigurato èquello del filosofo romano Marziano Capella (cfr.scheda III.5.1).(P.G.)

Bibliografia: Cellarius 2006, pp. 71-76.

sarebbe stata descritta in dettaglio l’astronomiacopernicana (il primo le riserva solo accennimarginali, concentrandosi sui sistemi di Tolomeoe Tycho), che però non vide mai la luce.L’Harmonia consiste di 29 tavole a pagina doppia,realizzate da diversi incisori e colorate a mano inantico. Particolarmente spettacolari appaionoquelle che mostrano la Terra dall’esterno di unasfera trasparente, sulla quale sono visibili lecostellazioni.Le tavole sono corredate da ampio commentolatino dell’autore, che fornisce informazioniastronomiche non sempre aggiornate. Balza agliocchi la quasi totale assenza di riferimenti altelescopio e la mancanza di documentazione visivadelle principali scoperte ottenute grazie al nuovostrumento (con l’eccezione dei satelliti di Giove).L’Atlas coelestis era stato probabilmenteconfezionato come pubblicazione esteticamente

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III.5.3Andreas CellariusAtlas coelestis seu Harmonia MacrocosmicaAmsterdam, Johannes Janssonius, 1660Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Magl.5._.81, tav. 2 (Planisphaerium Ptolemaicum)

V. scheda III.5.2.Veduta planimetrica del sistema tolemaicosemplificato (senza deferenti, epicicli, ecc., chevengono illustrati nelle tavole successive),circondato dalle stelle fisse, con indicazione, alcentro, della regione degli elementi (insuccessione: terra, acqua, aria, fuoco). In basso adestra, è probabilmente raffigurato Tolomeo,mentre il personaggio con lunga barba bianca sulmargine opposto va identificato con Aristotele.(P.G.)

Bibliografia: Cellarius 2006, pp. 29-34.

III.5.4Andreas CellariusAtlas coelestis seu Harmonia MacrocosmicaAmsterdam, Johannes Janssonius, 1660Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Magl.5._.81, tav. 15 (Hypotesis ptolemaica … sivecommunis planetarum motus per eccentricos etepicyclos demonstrans)

V. scheda III.5.2.Cellarius illustra le soluzioni geometricheescogitate da Tolomeo per spiegare i motiretrogradi dei pianeti. L’immagine mostra la Terracircondata dall’orbita di un unico pianeta che,trascinato dal deferente, avanza lungo l’epiciclo. Loschema in basso a destra mostra la diversasoluzione, basata sulla posizione eccentrica dellaTerra e sul moto del pianeta lungo l’epiciclo, usatada Tolomeo per dare conto del moto apparente deipianeti. Lo schema in basso a sinistra propone lastessa soluzione per il moto del Sole.(P.G.)

Bibliografia: Cellarius 2006, pp. 107-112.

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III.5.5Andreas CellariusAtlas coelestis seu Harmonia MacrocosmicaAmsterdam, Johannes Janssonius, 1660Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Magl.5._.81, tav. 11 (Corporum coelestiummagnitudines)

V. scheda III.5.2.Con questa bellissima illustrazione policromaCellarius indica le grandezze relative dei pianetirispetto alla Terra secondo i calcoli di Tolomeonelle Ipotesi planetarie.(P.G.)

Bibliografia: Cellarius 2006, pp. 83-87.

III.5.6Andreas CellariusAtlas coelestis seu Harmonia MacrocosmicaAmsterdam, Johannes Janssonius, 1660Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Magl.5._.81, tav. 20 (Typus selenographicus Lunaephases)

V. scheda III.5.2.Bellissima illustrazione delle fasi lunari. Oltre algrande diagramma centrale, Cellarius ripete ladimostrazione delle fasi lunari nei due marginiinferiori opposti. Quello di destra illustra con 12dischi le fasi crescenti e decrescenti, mentrequello a sinistra presenta ben 36 posizionisuccessive della Luna nel corso del ciclo.(P.G.)

Bibliografia: Cellarius 2006, pp. 137-141.

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III.5.7Proiezioni piane della sfera celeste2009Forex e Plexiglas; ???x??? cmCostruzione: G. Miglietta, Firenze

Il modello dimostra tre casi di proiezione pianadella sfera celeste attraverso la proiezionedell’ombra di una sfera armillare. Nel primo caso(a. proiezione stereografica polare), la fonte luminosaè collocata in corrispondenza del Polo Sud, el’ombra prodotta dalla sfera armillare corrispondeal disegno della rete di un astrolabio, il discotraforato che in quell’antico strumento riproduce ilmovimento circumpolare delle stelle fisse. Nelsecondo caso (b. proiezione stereografica

equatoriale), la fonte luminosa è collocatasull’Equatore in corrispondenza del coluroequinoziale; l’ombra riproduce il disegno adottatonel Medioevo nella cosiddetta saphaea azarchielis

(lastra di Azarquiel), l’astrolabio universale chepoteva essere usato a tutte le latitudini. Nel terzocaso (c. proiezione gnomonica) la fonte luminosa ècollocata al centro della sfera armillare e l’ombrariproduce il tracciato del quadrante di un orologiosolare.(F.C.)

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