Pillola sulla giustizia in italia

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PILLOLA MEDICO-LEGALE E CRIMINOLOGICA SULLA GIUSTIZIA CIVILE IN ITALIA Elementi basilari per umane vertenze…

Al fine di poter appropriatamente affrontare ogni forma di contenzioso comprensiva anche delle varie forme di tentativo di conciliazione, mediazione, transazione è necessario muoversi avendo ben presenti alcuni punti e passaggi fondamentali, che giova richiamare, dato che, pur essendo di assoluta evidenza, sicura ricorrenza e grande rilevanza, in genere ai più sfuggono con i disastrosi effetti di illusorie immaginazioni, seguite quindi inesorabilmente da dolorose delusioni.

Innanzitutto bisogna ben chiarire in che cosa consiste effettivamente il gioco delle parti nelle vicende dei cittadini italiani che, essendo insoddisfatti delle prestazioni sanitarie e ritenendosi pertanto danneggiati, aspirano ai corrispondenti risarcimenti od anche a giustizia in sede penale.

Sotto il profilo civilistico la norma e la prassi mostrano che, se il danneggiato (o meglio colui che tale si ritiene, posto che il processo si può concludere anche senza il riconoscimento della sussistenza del danno con la sconfitta della parte attrice che non solo non ottiene nulla ma si vede condannata a pagare) vuole evitare le lungaggini processuali ed i rischi connessi al processo, che è notoriamente una lotteria dove si vince o si perde indipendentemente dalle verità fattuali e storiche, ricorre alla via stragiudiziale dove incontra un medico fiduciario dell’istituto assicuratore.

Se invece chi si ritiene danneggiato (soggetto cui il processo civile si interessa solo per stabilire l’eventuale diritto a un risarcimento, che rimane “presunto” fino a sentenza definitiva cioè passata in giudicato per decisione della suprema corte di cassazione, cioè del terzo grado di giudizio, come dopo anni avviene soprattutto nell’interesse di chi eventualmente è condannato a risarcire ma ovviamente vuol farlo il più tardi possibile) rinuncia a tale fase o la conclude con esito negativo e decide di andare in causa, il giudice incarica un suo esperto della materia medica – ma non necessariamente dotato della appropriata specializzazione – attribuendogli la veste di “consulente tecnico di ufficio” e affidandogli l’incarico di rispondere in genere entro giorni sessanta (che in genere si prolungano talora anche per anni, senza che ai cosiddetti ctu succeda niente…) ai rituali quesiti sulla sussistenza di eventuali colpe e danni e, in caso affermativo, sulla loro definizione qualitativa e quantitativa con particolare riferimento al quantum del “danno biologico”.

Il consulente tecnico di ufficio incaricato, che spesso è scandalosamente scelto non con seri criteri di pertinenza e competenza (tanto che non è raro il riscontro ad esempio di indagini odontoiatriche affidate a ginecologi e viceversa…) è poi autorizzato anche ad avvalersi di ausiliari scelti con potere discrezionale: si è di nuovo sottoposti a visite mediche ed esami strumentali come avviene con il medico della compagnia. Il rifiuto della parte attrice di sottoporsi agli accertamenti o di completarli indurrà il giudice ad applicare l’art. 118 del codice di procedura civile o l’art. 116.1 1 Nel processo civile sono formalmente e logicamente distinguibili tre tipi di sentenza: - dichiarativa: accertamento dell'esistenza o meno di un diritto senza creare, modificare, estinguere una situazione giuridica, es.: la sentenza che

accerta l'avvenuta risoluzione del contratto, che accerta la nullità, - costitutiva: la sentenza crea, modifica, estingue una situazione giuridica, es.: la sentenza che risolve un contratto, che annulla un contratto per

errore, violenza o dolo, - di condanna: la sentenza apre la via all'esecuzione, es.: la sentenza di condanna alla restituzione di una somma, al risarcimento dei danni, etc. Per capire le differenze si pensi alla risoluzione del contratto. Se al contratto è apposto un termine essenziale (es.: ho bisogno dell'abito da sposa entro il 2 giugno in quanto in quella data mi devo sposare) e vi è inadempimento (l'abito viene confezionato in un tempo successivo), il contratto si risolve di diritto il giorno stesso dello scadere del termine: in tal caso il giudice, rilevato l'inadempimento, accerta l'intervenuta risoluzione del contratto a partire dal 2 giugno, nel nostro caso (sentenza dichiarativa o di mero accertamento). Se invece non è apposto alcun termine (es.: affido ad una impresa il restauro della mia casa in campagna), e vi è inadempimento (la casa non viene restaurata e decido, così, di cambiare l'impresa appaltatrice), il contratto, per poter essere risolto, avrà bisogno dell'intervento del giudice: in tal caso il giudice, rilevato l'inadempimento, risolverà il contratto con effetti a partire dalla domanda giudiziale (sentenza costitutiva). Se, accanto alle sopradescritte situazioni, viene chiesta la condanna alla restituzione di quanto pagato (anticipo, caparra) il giudice condanna al pagamento di tale somma (sentenza di condanna). La sentenza è pronunciata in nome del popolo italiano e reca l’intestazione Repubblica Italiana e deve contenere: 1) l’indicazione del giudice che l’ha pronunciata, 2) l’indicazione delle parti e dei loro difensori, 3) le conclusioni del pubblico ministero e quelle delle parti, 4) la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, 5) il dispositivo, la data della deliberazione e la sottoscrizione del giudice. La sentenza emessa dal giudice collegiale è sottoscritta soltanto dal presidente e dal giudice estensore. Se il presidente non può sottoscrivere per morte o per altro impedimento, la sentenza viene sottoscritta dal componente più anziano del collegio, purché prima della sottoscrizione sia menzionato l’impedimento; se l’estensore non può sottoscrivere la sentenza per morte o altro impedimento è sufficiente la sottoscrizione del solo presidente, purché prima della sottoscrizione sia menzionato l’impedimento.

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Va puntualmente precisato – per chiarire quel che i non addetti ai lavori intendono in maniera del tutto avulsa dalla realtà processuale – che in ambito di cause civili per fatti di sanità il processo mira a definire con una condanna od una assoluzione un passaggio di denaro e non il riconoscimento di uno status, come ben emerge facendo riferimento alle diverse sentenze previste dal codice italiano di procedura civile distinguibili in dichiarative, costitutive e di condanna.2

Nel caso del medico dell’assicurazione il rifiuto o la interruzione degli accertamenti comporterà una relazione al committente limitata ai dati allo stato disponibili per la valutazione.

Le “assicurazioni”: troppe volte sono un modo di proporsi di banchieri e finanzieri cioè di privati avventurieri senza scrupoli (famiglia Ligresti docet) dediti alla speculazione spinta all’usura legalmente autorizzata http://www.adusbefpuglia.it/web/media/images/attachments/2usura.pdf...

Si sa bene che banchieri e finanzieri hanno sottomesso i politici per farsi scrivere leggi grazie a cui possono “legalmente” depredare la parte maggioritaria ma debole della umanità: per tutti si veda http://www.hoepli.it/libro/banchieri-storie-dal-nuovo-banditismo-globale/9788804633501.html ed anche http://www.ibs.it/code/9788868300241/lannutti-elio/cleptocrazia-ladri-futuro.html (IBS).

La “giustizia”: tra le “caste” che imperversano a danno di ogni aspettativa legittima e naturale di rispetto dei diritti umani fondamentali va annoverata e posta al vertice quella dei magistrati, come ben si può desumere dagli studi più accreditati e dalle testimonianze dei più illustri esponenti della scienza e della cultura italiana: per tutti Leonardo Sciascia che riteneva la questione giustizia essere la più grave della società italiana. Si veda “Magistrati. L’ultracasta” di Stefano Liviadotti (Bompiani ed.): http://bompiani.rcslibri.corriere.it/libro/6286_magistrati_l_ultracasta_livadiotti.html.

Quanto alla sede penale andrebbe ricordato alle vittime di “malasanità” (come pochi professionisti legali nella realtà fanno…) che solo una su cento iniziative giudiziarie si conclude con una condanna dei professionisti sanitari (dati 2012 della Commissione parlamentare sull’errore in sanità: http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2012/07/26/news/errori_medici-37726889/) e che da tempo si lavora perché vada in porto l’iniziativa legislativa fortemente voluta dalla casta dei camici bianchi volta a garantire anche a loro, come ai politici e magistrati, l’immunità e l’impunità.

L’esperienza insegna che osservazioni di quotidiana e immediata rilevazione si scontrano e soccombono nel contatto con i sogni e i sentimenti cui l’animo umano è perdutamente incline…

Prof. Cosimo Loré, Medico Legale Criminologo http://www.scienzemedicolegali.it/curriculum/cvloremini.html

2 Dispositivo dell’art. 116 del Codice di Procedura Civile Fonti → Codice di Procedura Civile → LIBRO PRIMO - DISPOSIZIONI GENERALI → Titolo V - Dei poteri del giudice (articoli 112-120) Il giudice deve valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento (1), salvo che la legge disponga altrimenti. Il giudice può desumere argomenti di prova dalle risposte che le parti gli danno a norma dell'articolo seguente, dal loro rifiuto ingiustificato a consentire le ispezioni che egli ha ordinate e, in generale, dal contegno delle parti stesse nel processo. Per «prudente apprezzamento» si intende il compito del giudice tenuto a valutare la attendibilità di ogni circostanza posta alla sua attenzione, ma non necessariamente ad utilizzarla e che può poi anche considerare tutti gli elementi con efficacia probatoria emersi nel corso del giudizio. Il riferimento è quello alle c.d. prove legali, quali le prove documentali (atto pubblico e scrittura privata autenticata o riconosciuta) o quelle assunte nel processo come la confessione (v. 228 e ss.), il giuramento (v. 233 e ss.) e la testimonianza (v. 244 e ss.). Si tratta di prove la cui efficacia è predeterminata dalla legge e di fronte alle quali al giudice è impedita ogni valutazione sul contenuto della stessa, dovendosi semplicemente attenere alle risultanze della prova offerta, così come legalmente stabilito. Il contegno a cui la norma si riferisce è da intendersi come condotta qualificata delle parti, come nel caso di mancata comparizione delle parti o di mancata conoscenza dei fatti di causa da parte del difensore ex articoli 183 o 420. Non rileva pertanto né la contumacia, né la mancata costituzione. Inoltre, la norma si può considerare riferita anche all'ipotesi in cui il giudice possa valutare, per la formazione del suo convincimento, anche prove formate in un diverso processo. Tali prove possono essere utilizzate dal giudice come semplici indizi idonei a fornire utili e concorrenti elementi di giudizio oppure possono avere valore di prova esclusiva come accade nel caso di perizia svolta in sede penale o di una consulenza tecnica svolta in altra sede civile. Dispositivo dell’art. 118 del Codice di Procedura Civile Fonti → Codice di Procedura Civile → LIBRO PRIMO - DISPOSIZIONI GENERALI → Titolo V - Dei poteri del giudice (articoli 112-120) Il giudice può ordinare alle parti e ai terzi di consentire sulla loro persona o sulle cose in loro possesso le ispezioni che appaiono indispensabili per conoscere i fatti della causa [disp. att. 93], purché ciò possa compiersi senza grave danno per la parte o per il terzo, e senza costringerli a violare uno dei segreti previsti negli articoli 351 e 352 del codice di procedura penale. Se la parte rifiuta di eseguire tale ordine senza giusto motivo il giudice può da questo rifiuto desumere argomenti di prova a norma dell’articolo 116 secondo comma. Se rifiuta il terzo il giudice lo condanna a pena pecuniaria non superiore da euro 250 ad euro 1.500. L’ispezione viene disposta discrezionalmente dal giudice con ordinanza revocabile e modificabile ex 177. L’ordinanza deve essere comunicata alle parti costituite solamente se viene pronunciata fuori udienza e deve essere motivata in maniera adeguata, indicando i presupposti di ammissibilità, del tempo, del luogo e delle modalità di esecuzione dell'ispezione (per le concrete modalità di attuazione art. 258 del c.p.c. e ss.). L’ispezione viene disposta solo se è indispensabile per la conoscenza dei fatti di causa, quando non è suscettibile di arrecare un danno grave alla parte o al terzo e quando non comporti la violazione del segreto professionale, d’ufficio o di Stato. Se l’ispezione può essere fonte di grave danno alla riservatezza o si concretizzi nella violazione di segreti penalmente tutelati il soggetto è legittimato a impedirla adducendo quindi un "giusto motivo". L’ultimo comma della norma in esame è stato modificato ad opera della legge 69/2009 con il chiaro intento di rendere efficace il deterrente rappresentato dalla pena pecuniaria a carico del terzo renitente.

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Appendice sull’ultracasta dei magistrati.

Vostro Onore lavora 1.560 ore l’anno, che fanno 4,2 ore al giorno. Ma, quando arriva al vertice della carriera, guadagna quasi il quintuplo degli italiani normali. Gli esami per le promozioni sono una farsa: li supera il 99,6 per cento dei candidati. Il Consiglio ha assolto persino il giudice sorpreso con un minorenne nei bagni di un cinema. Secondo la sentenza, costata allo Stato 70 miliardi di lire, era innocente perché tre anni prima aveva sbattuto la testa. Quella dei giudici e dei pubblici ministeri è la madre di tutte le caste. Uno stato nello stato, governato da fazioni che si spartiscono le poltrone in base a una ferrea logica lottizzatoria e riescono a dettare l’agenda alla politica. Un formidabile apparato di potere che, sventolando spesso a sproposito il sacrosanto vessillo dell’indipendenza, e facendo leva sull’immagine dei tanti magistrati-eroi, è riuscito a blindare la cittadella della giustizia, bandendo ogni forma di meritocrazia e conquistando per i propri associati un carnevale di privilegi. Per la prima volta, cifra per cifra, tutta la scomoda verità sui 9.116 uomini che controllano l’Italia: gli scandalosi meccanismi di carriera, gli stipendi fino all’ultimo centesimo, i ricchi incarichi extragiudiziari, le pensioni d’oro, la scala mobile su misura, gli orari di lavoro, l’incredibile monte-ferie, i benefit dei consiglieri del Csm. E, parola per parola, le segretissime sentenze-burla della Sezione disciplinare, capace di assolvere perfino una toga pedofila.

Stefano Liviadotti, Magistrati. L'ultracasta, Bompiani Editore http://bompiani.rcslibri.corriere.it/libro/6286_magistrati_l_ultracasta_livadiotti.html

… L’attività dei seri ricercatori, la formazione dei giovani studenti, la memoria dei grandi

maestri sarebbero meglio garantite se si provvedesse ad una più seria verifica (i concorsi sarebbero pubblici…) della idoneità oltre che della capacità di chi aspira ad indossare una toga. Non meno coraggiosa la denuncia dell’avvocato Pierpaolo Berardi nata nel 1992, anno in cui consegnò i propri scritti al concorso per magistrato, grazie alla legge 241 del 1990 che gli ha consentito di verificare con quale fraudolenti trucchi e impudichi marchingegni arraffarono la toga molti candidati (gli scritti sarebbero da pubblicare e studiare per far comprendere le ragioni reali di alcune disfunzioni della giustizia…). Su tale indagine vi sarebbe stato il silenzio-stampa (di fronte a fatti simili non c’è destra o sinistra che tenga…) se non avessero ritenuto di rendere pubblica questa vicenda – che a ragione si può definire storica – due giornalisti che onorano la professione e che riteniamo doveroso citare: Massimo Numa (La Stampa del 9 settembre 2004 a pag. 12, Lo strano concorso che fa tremare trecento magistrati) e Anna Maria Greco (Il Giornale del 10 settembre 2004 a pag. 10, Dopo dodici anni, concorso «sospetto», 275 toghe rischiano il posto).

Cosimo Loré, Medicina Diritto Comunicazione, Giuffrè Editore http://www.adusbefpuglia.it/web/media/images/attachments/2usura.pdf

Se si entra in una bisca non si può pretendere che si giochi pulito! E le selezioni pubbliche si

presumono truccate ma si confermano tali appena i controlli verificano i tempi di un concorso. Come ben risulta fin da quelli per magistrato. Da chi si ricorre poi se iudex si diventa in tal modo? Si legga Le toghe ignoranti (L’Espresso 9.9.2010) dove l’avvocato penalista di Asti Pierpaolo Berardi ricorda il calvario per la ricerca della verità su imbrogli a catena per commettere prima e occultare poi la serie di illeciti fatti da magistrati e politici che lo bocciarono nel concorso in magistratura svoltosi nel maggio 1992; lo boicottarono intralciandone i ricorsi per ben 16 anni; il 30 aprile del 2008, però, il plenum del CSM riconobbe che gli elaborati dell’avvocato Berardi non furono mai esaminati dalla commissione: l’organo di controllo dei giudici dei futuri giudici, il Csm, riconobbe il falso ideologico presente nel verbale, che invece affermava esservi stato l’esame delle prove scritte. Conseguenza in relazione a questo deliberato: nessuna. Intanto gli elaborati di un candidato vincitore, certamente esaminati, sono spariti dagli archivi del ministero: il padre è un magistrato ora in pensione, la mamma e il fratello magistrati in servizio; i cugini sono anch’essi magistrati; uno aveva superato il concorso del ’92, l’altro fuori ruolo al ministero ebbe l’incarico di esaminare un esposto dell’avvocato Berardi sul concorso, intanto vinto dal fratello e dal cugino…

Cosimo Loré, Toga vinta ‘un si rigioca, Il Fatto Quotidiano http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/10/11/toga-vinta-un-si-rigioca/71047/