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Pierre Bourdieu e la questione del popolare Corso di Antropologia culturale «Popolo, popolare, populismo» Università di Pisa a.a. 2017-18

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Pierre Bourdieu e la questione del popolare

Corso di Antropologia culturale «Popolo, popolare, populismo»

Università di Pisa a.a. 2017-18

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Bourdieu e La distinzione • Un contributo cruciale allo studio antropologico del consumo è

quello proposto da Pierre Bourdieu, in particolare in quel suo libro ormai classico che è La distinzione. Critica sociale del gusto (1979).

• Si tratta di una ricerca centrata sul rapporto tra differenze sociali o di classe e differenze culturali. Ma qui (diversamente dalla demologia gramsciana in Italia), il problema non è quello di identificare repertori di gruppi subalterni relativamente autonomi e isolati rispetto alla cultura dominante (come la tradizione orale contadina o l’artigianato precapitalistico). Bourdieu studia piuttosto la circolazione dei beni (materiali e immateriali) nella società di massa, e i modi in cui le classi e i gruppi li usano come risorse nelle loro strategie di posizionamento sociale. La base del libro è un’ampia ricerca sui gusti e le preferenze di consumo di vari ceti sociali nella Francia degli anni ’60: dal cibo alle automobili, dalla musica al cinema, dall’arredamento domestico alle arti visive.

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Estetica sociale • Ma l’obiettivo di Bourdieu è più generale: è l’elaborazione di

una teoria generale del consumo, che è al tempo stesso anche una teoria sociale dell’estetica. Per certi versi, Bourdieu (come Mary Douglas) è un coerente erede della scuola di pensiero inaugurata a cavallo tra ‘800 e ‘900 da Durkheim e Mauss, il cui programma era ricondurre a variabili storico-sociologiche le categorie kantiane. Come le nostre percezioni dello spazio, del tempo o della autonomia della persona sono socialmente condizionate, così lo sono i nostri giudizi su ciò che è bello o brutto, raffinato o volgare, interessante o banale. Anzi, tali giudizi sono la materia prima con la quale i gruppi sociali rappresentano e plasmano la loro differenziazione.

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Capitale economico e culturale • Se i ceti sociali mostrano scelte di consumo e preferenze estetiche o

di stili di vita peculiari e distintive, queste non dipendono solo dal reddito e dalla possibilità economica di acquisto. Accanto al “capitale economico” vi è un “capitale culturale”, acquisito sia per eredità (nella inculturazione familiare) sia nei percorsi educativi e scolastici. I due tipi di capitale non procedono necessariamente di pari passo, ma si intrecciano in una tipologia quadripartita:

• un settore con alto capitale economico ed alto capitale culturale (ad esempio la grande borghesia con antiche tradizioni storiche)

• un settore con alto capitale economico e basso capitale culturale (ad esempio i parvenu e gli industriali arricchitisi di recente, che non hanno fatto in tempo a “convertire” il denaro in cultura o prestigio);

• un settore con basso capitale economico e basso capitale culturale (la classe operaia e altri ceti popolari);

• un settore con basso capitale economico ed alto capitale culturale (insegnanti, studenti e rappresentanti di professioni intellettuali poco pagate).

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Sociogrammi • Il sistema dei consumi di una società, come quella francese

degli anni ’60, si distribuisce in uno spazio sociale strutturato secondo tale partizione, che Bourdieu rappresenta graficamente attraverso “sociogrammi” – spazi cartesiani definiti dagli assi del capitale economico e di quello culturale. Determinati ambiti di beni - il cibo, poniamo, oppure il cinema e la musica – si presentano dunque come sistemi di differenze socialmente connotate.

• Ma attenzione: ciò non significa tanto (o almeno non solo) che si acquista o si consuma per “mettere in mostra” la propria posizione sociale. Questo fenomeno – detto del “consumo vistoso” – era stato notato già alla fine dell’Ottocento dal sociologo americano Thornstein Veblen: la tendenza delle classi dominanti a distinguersi tramite l’ostensione di consumi lussuosi e initili.

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Habitus • La riflessione di Bourdieu è più complessa. Le preferenze e i gusti

non sono per lui scelte consapevolmente mirate a produrre status: sono invece profondamente incorporate nei soggetti sociali, fino a diventare quasi una seconda natura. Ciò avviene attraverso quel meccanismo culturale che Bourdieu chiama habitus:

« gli schemi dell’habitus, che sono forme di classificazione originaria, […] funzionano prima di giungere alla coscienza e all’ordine del discorso […] essi nascondono, sotto i gesti più automatici o nelle tecniche del corpo apparentemente più insignificanti – come le abilità pratiche, o il modo di incedere, o di sedersi, o di soffiarsi il naso, la maniera di tenere la bocca quando si mangia o si parla – quelli che solo impropriamente potremmo chiamare dei valori, mettendo all’opera i principi più di fondo di costruzione e di valutazione del mondo sociale, quelli cioè che esprimono in modo più diretto la divisione del lavoro» (Bourdieu 1979, p. 455).

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Gusti e disgusti • L’habitus non è scelto dal soggetto ma costituisce il soggetto

(per questo è difficile se non impossibile cambiarlo volontariamente): è fatto, come afferma ancora Bourdieu (Ibid., p. 457), da “schemi incorporati, costituitisi nel corso della storia collettiva, che vengono poi acquisiti nel corso della storia individuale”.

• Le scelte di gusto non sono dunque mai meramente strumentali. Inoltre per il sociologo francese ogni gusto è sempre, al tempo stesso, un disgusto; ogni giudizio di bellezza o raffinatezza si accompagna a uno corrispondente di “cattivo gusto” o volgarità. Non si sceglie di consumare un bene per imitare chi sta più in alto nella gerarchia sociale (comportarsi così sarebbe in sé volgare). Piuttosto, la scelta implica un sistema di valori che demarca negativamente ciò che sta più in basso; costituisce, si può dire, ceti inferiori come portatori di “cattivo gusto”.

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Un esempio: il cibo Un esempio riguardante il cibo: la ricerca sulla Francia degli anni ’60 rileva che gli industriali e i commercianti si differenziano nettamente dai liberi professionisti e dagli insegnanti. I primi utilizzano per l’alimentazione una quota percentuale più alta del loro reddito, e privilegiano la quantità (la “scorpacciata) e i cibi pesanti e ricchi (in senso sia calorico che economico); un gusto simile a quello degli operai, fatte salve le disponibilità economiche e l’accessibilità ai prodotti più cari. Il ceto medio ad alto capitale culturale (professionisti e professori) si definisce in contrapposizione strutturale a questo tipo di gusto: “costituisce in termini negativi il gusto popolare come gusto per le cose pesanti, grasse, grossolane, e si indirizza verso le cose leggere, fini, raffinate” (Ibid., p. 196). I professori (ma la riflessione potrebbe venir estesa ad altri gruppi come gli studenti universitari), in particolare,

« …più ricchi di capitale culturale che di capitale economico, e per questo portati ai consumi ascetici in tutti gli ambiti, si contrappongono in modo quasi consapevole, con una ricerca dell’originalità al minor costo economico, che rende inclini all’esotismo (cucina italiana, cinese, ecc.) e al populismo gastronomico (piatti contadini) – a (nuovi) ricchi ed ai loro cibi ricchi, propinatori e consumatori di «grandi mangiate», corpulenti e grossolani…» (Ibid. ).

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Riflessività • Occorre sottolineare un aspetto della teoria bourdieusiana: il

suo carattere riflessivo. La conoscenza pratica (le forme di pensiero classificatorio, ad esempio) con cui gli attori costituiscono la realtà sociale è dello stesso tipo di quella impiegata dal sociologo o dall’antropologo per studiare quella realtà. “Parlare dell’habitus significa includere nell’oggetto anche la conoscenza che i soggetto sociali, che fanno parte di questo oggetto, si fanno di questo stesso oggetto” (Ibid., p. 456). Ma sociologo e antropologo (e museografo) partecipano delle pratiche che oggettivano nel loro sapere. Non parlano da una prospettiva neutrale e, per così dire, extraterritoriale: non possono dunque fare a meno di oggettivare costantemente se stessi, di porsi nella rappresentazione che cercano di offrire.

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Pierre Bourdieu e la cultura popolare

Corso di Antropologia culturale «Popolo, popolare, populismo»

a.a. 2017-2018

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I consumi familiari

Capitale economico

Capitale culturale

G U S T I (strategie della distinzione)

C O N S U M I

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I sociogrammi di Bourdieu

Pierre Bourdieu, La distinzione. Critica sociale del gusto, 1979.

I consumi come sistema comunicativo: arena delle strategie della distinzione sociale

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Il consumo estetico p. 28: l’atteggiamento estetico: Regole di fruizione interne al campo dell’arte (in

cui è definita una gerarchia di oggetti legittimi di fruizione estetica).

Lo sguardo “puro” sull’opera d’arte si distingue da un gusto “barbarico”: esso presuppone una rottura con l’atteggiamento ordinario nei confronti del mondo – questa è al tempo stesso una rottura sociale.

Il rapporto di distinzione è una componente della disposizione estetica (p. 33)

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Estetica popolare Lo sguardo puro è difficilmente definibile senza definire al

tempo vstesso lo sguardo ingenuo, incolto, “popolare”. L’estetica popolare si definisce in relazione a quella colta, e

viceversa : p. 34 L’ estetica popolare presuppone la continuità tra arte e vita,

subordina la forma alla funzione, rifiuta la ricerca formale e il “taglio” rispetto alla vita ordinaria

Le avanguardie contro l’estetica popolare: smascheramento dell’illusione, del piacere, della partecipazione: criteri di valutazione tutti interni al “campo” specifico dell’arte. Fruizione discorsiva.

L’arte moderna come non popolare, mossa elitista. (pp. 36-7). La domanda sugli oggetti “belli” con cui fare una foto.

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Estetica antikantiana Kant: “Il gusto resta sempre barbarico, quando

abbia bisogno di unire al piacere le attrattive o le emozioni, e di queste faccia anche il criterio del suo consenso”.

Giudizi funzionali sulle fotografie: a cosa servono, cosa comunicano. La necessità della didascalia.

L’estetica pura e distintiva respinge il rapporto diretto con la cosa raffigurata, con la bellezza del mondo

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Distanza dal bisogno Nesso fra l’esperienza estetica e l’esperienza

sociale ed economica (cfr. Mary Douglas). Il “distacco dal mondo” presuppone condizioni

particolari di esistenza, soprattutto la distanza da esigenze pratiche (pp. 52-3). Giochi culturali, serietà ludica. Condizione borghese. Azioni disinteressate: tenere in ordine la casa, la passeggiata quotidiana, il turismo, le cerimonie e i ricevimenti.

L’esperienza degli adolescenti borghesi.

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La separazione borghese

Laddove l’aristocrazia faceva dell’intera vita una parata, la borghesia separa due ambiti:

ciò che si paga interessato

lavoro esterno (maschile)

affari industria necessità

gratuito disinteressato

tempo libero, festivo residenza

interno (femminile) sentimento

arte libertà

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Gusti e disgusti “in materia di gusti…ogni determinazione è negazione: ed

indubbiamente i gusti sono innanzi tutto dei disgusti, fatti di orrore o di intolleranza viscerale (‘fa vomitare’) per gli altri gusti, cioè per i gusti degli altri”.

Ogni gusto si sente fondato per natura, e praticamente lo è, dal

momento che è habitus (il che porta a respingere gli altri nello stato scandaloso di ciò che è contro natura” (p. 56)

Intolleranza estetica, avversione per diversi stili di vita. “Le prese di posizione oggettivamente e soggettivamente estetiche, ad

esempio la cosmesi del corpo, l’abbigliamento o l’arredamento della casa, costituiscono altrettante occasioni di provare o di affermare la posizione che si occupa nello spazio sociale come rango da conservare o distanza da mantenere” (p. 57)

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Populismo

Spettacolo del “popolo”, vicinanza distante (neo) realismo estetico Nostalgia populista come dimensione

fondamentale del rapporto che la piccola borghesia ha con le classi popolari e con le loro tradizioni (p. 60)

I giudizi “fa tanto..:”

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Segnare la distinzione verso il basso

• Le scelte estetiche esplicite si costituiscono spesso per contrapposizione alle scelte dei gruppi più vicini nello spazio sociale.

• P. 60: la canzone suscita una vigilanza grandissima in coloro che vogliono segnare la propria differenza

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Il rifiuto del rifiuto

• La riabilitazione del kitsch popolare: possibile una volta che gli oggetti si siano allontanati tanto da non risultare più «compromettenti»

(es. le collezioni di snowball, di nani da giardino)

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Capitale scolastico e capitale sociale

“Nobiltà culturale”: due modalità di acquisizione della competenza culturale (p. 66). L’acquisizione “di classe”: familiarità, sicurezza di sé del connaisseur, padronanza inconsapevole, arte di vivere.

Proust: “arte infinitamente variegata di segnare le distanze”.

Ideologia del gusto naturale: naturalizza le differenze di classe, che si manifestano nelle modalità di acquisizione della cultura

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Scolastico vs. mondano Anticipo culturale: acquisizione spontanea di

modelli incorporati nella cultura familiare. Possedere “quarti di nobiltà”: avere cose “antiche”,

storia tesaurizzata. Inserimento precoce in un mondo di persone, di

pratiche e di oggetti colti. Es. della musica: “adesione immediata, inscritta

nelle profondità dell’habitus, ai gusti e ai disgusti, alle simpatie e alle avversioni, ai fantasmi ed alle fobie su cui si fonda (nell’inconscio ben più che nelle opinioni dichiarate) l’unità di una classe” (p. 75)

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Rapporti sociali oggettivati negli oggetti familiari

p. 76: esperienze corporee del rapporto con gli oggetti. Culture domestiche

Formazione dell’habitus, che produce un modo duraturo di rapportarsi al mondo e alla vita (cfr. i due corpi di M. Douglas e il codice ristretto-elaborato di Bernstein).

Scelte della quotidianità: particolarmente rivelatrici di atteggiamenti profondi e radicati perché si trovano al di fuori del campo dell’istruzione scolastica, e dunque avvengono al di fuori di prescrizioni e proscrizioni esplicite, da azioni pedagogiche esplicite

ABBIGLIAMENTO MOBILIO CUCINA

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Contro la scuola

p. 90: eredità culturale vs. capitale scolastico

Imposizione di legittimità