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Piergiorgio Odifreddi Storia dell'infinito 30 aprile 2001 Puntata realizzata con gli studenti del Liceo Scientifico "Giordano Bruno" di Torino STUDENTESSA: Benvenuti al liceo "Giordano Bruno" di Torino. Siamo qui con Piergiorgio Odifreddi, che ringraziamo per aver accettato il nostro invito, per parlare dell'infinito. Prima di iniziare la discussione, guardiamo insieme una scheda filmata per meglio introdurre il tema. Già i filosofi greci posero l'infinito, che essi chiamavano "apeiron", come principio della realtà. Ma l'infinito matematico appariva qualcosa di più temibile, inclassificabile, di in-definito. I Pitagorici scacciarono dalla loro setta Ippaso di Metaponto, colpevole di aver rivelato l'esistenza dei numeri irrazionali. Nell'800, il matematico Georg Cantor consacrò i propri studi al tentativo di rendere definito e operativo in matematica un concetto come quello di infinito. Mosso anche da interessi filosofici e addirittura teologici, Cantor formulò una nuova categoria di numeri, i numeri "transfiniti". Un insieme infinito, secondo la definizione di Cantor, è un insieme che possiede almeno un sottoinsieme con cui è in corrispondenza biunivoca. Insomma, per gli insiemi infiniti il tutto non è sempre maggiore delle parti. Le conseguenze di questa scoperta furono enormi. Oggi l'infinito è un oggetto familiare per gli scienziati, uno strumento che pone alcuni problemi e permette di risolverne molti altri. Ma al profano, e forse anche allo scienziato, il salto dal finito all'infinito continua a dare come una vertigine. Per l'uso che ne fanno le scienze, l'infinito è un rapporto e non un'idea, uno strumento e non una essenza. Possiamo allora dire che è possibile conoscere attraverso l'infinito, ma non conoscere l'infinito? E i nostri sforzi in questa direzione saranno sempre inutili, frustrati e destinati allo scacco, come sosteneva Kant? ODIFREDDI: Non so se avete sentito parlare di Nicola Cusano, che non a caso era un cardinale . Perché c'è un collegamento tra l'infinito e Dio. È stato per lo meno così proposto. Ebbene Cusano verso il 1450 nelle sue opere - La dotta ignoranza e Le congetture - fu il primo a introdurre il concetto d'infinito. Oggi in matematica l'infinito è qualche cosa di abbastanza naturale, lo si usa quotidianamente, però il concetto d'infinito matematico è più recente. Verso la fine dell'Ottocento, con questo signore, di cui abbiamo sentito per lo meno il nome nel filmato: Cantor, che è colui che ha iniziato la teoria matematica dell'infinito. Quindi queste sono un po' le tre tappe; i Greci che lo rimuovevano, Cusano che in realtà l'ha introdotto in maniera filosofica teologica, e poi Cantor, che invece lo ha introdotto in maniera matematica. STUDENTESSA: Si parla di infinito matematico e di infinito filosofico. Esistono dunque diversi tipi di infinito o è lo stesso preso in considerazione sotto diversi punti di vista? ODIFREDDI: Ma guarda questo è vero per molti concetti che sono filosofici, ma che poi vengono usati nella scienza. Pensa alla "causalità", al rapporto tra causa ed effetto. L'infinito è uno di questi.

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PiergiorgioOdifreddi

Storia dell'infinito

30 aprile 2001Puntata realizzata con gli studenti del Liceo Scientifico "Giordano Bruno" di Torino

STUDENTESSA: Benvenuti al liceo "Giordano Bruno" di Torino. Siamo qui con PiergiorgioOdifreddi, che ringraziamo per aver accettato il nostro invito, per parlare dell'infinito. Primadi iniziare la discussione, guardiamo insieme una scheda filmata per meglio introdurre iltema.

Già i filosofi greci posero l'infinito, che essi chiamavano "apeiron", come principiodella realtà. Ma l'infinito matematico appariva qualcosa di più temibile,inclassificabile, di in-definito. I Pitagorici scacciarono dalla loro setta Ippaso diMetaponto, colpevole di aver rivelato l'esistenza dei numeri irrazionali.Nell'800, il matematico Georg Cantor consacrò i propri studi al tentativo di renderedefinito e operativo in matematica un concetto come quello di infinito. Mosso anche dainteressi filosofici e addirittura teologici, Cantor formulò una nuova categoria dinumeri, i numeri "transfiniti". Un insieme infinito, secondo la definizione di Cantor, èun insieme che possiede almeno un sottoinsieme con cui è in corrispondenza biunivoca.Insomma, per gli insiemi infiniti il tutto non è sempre maggiore delle parti. Leconseguenze di questa scoperta furono enormi. Oggi l'infinito è un oggetto familiareper gli scienziati, uno strumento che pone alcuni problemi e permette di risolvernemolti altri. Ma al profano, e forse anche allo scienziato, il salto dal finito all'infinitocontinua a dare come una vertigine. Per l'uso che ne fanno le scienze, l'infinito è unrapporto e non un'idea, uno strumento e non una essenza. Possiamo allora dire che èpossibile conoscere attraverso l'infinito, ma non conoscere l'infinito? E i nostri sforzi inquesta direzione saranno sempre inutili, frustrati e destinati allo scacco, comesosteneva Kant?

ODIFREDDI: Non so se avete sentito parlare di Nicola Cusano, che non a caso era un cardinale .Perché c'è un collegamento tra l'infinito e Dio. È stato per lo meno così proposto. Ebbene Cusanoverso il 1450 nelle sue opere - La dotta ignoranza e Le congetture - fu il primo a introdurre ilconcetto d'infinito. Oggi in matematica l'infinito è qualche cosa di abbastanza naturale, lo si usaquotidianamente, però il concetto d'infinito matematico è più recente. Verso la fine dell'Ottocento,con questo signore, di cui abbiamo sentito per lo meno il nome nel filmato: Cantor, che è colui cheha iniziato la teoria matematica dell'infinito. Quindi queste sono un po' le tre tappe; i Greci che lorimuovevano, Cusano che in realtà l'ha introdotto in maniera filosofica teologica, e poi Cantor, cheinvece lo ha introdotto in maniera matematica.

STUDENTESSA: Si parla di infinito matematico e di infinito filosofico. Esistono dunquediversi tipi di infinito o è lo stesso preso in considerazione sotto diversi punti di vista?

ODIFREDDI: Ma guarda questo è vero per molti concetti che sono filosofici, ma che poi vengonousati nella scienza. Pensa alla "causalità", al rapporto tra causa ed effetto. L'infinito è uno di questi.

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Ma il modo in cui i filosofi considerano l'infinito forse non è quello che usano i matematici e gliscienziati. Gli scienziati lo usano effettivamente come infinito dei numeri. Dico "dei" al pluraleperché, la cosa può sembrare strana, ci sono tanti infiniti. I matematici hanno scoperto che di infinitice ne sono infiniti, che è una specie di circolarità. E il primo che si è accorto che forse più di uninfinito poteva esistere è stato Giordano Bruno. Siamo qui in una scuola, che è intitolata perl'appunto a Giordano Bruno. Se Voi, probabilmente avete letto le opere di Giordano Bruno, ebbenene La cena delle ceneri, fa uno strano ragionamento. Dice: supponiamo di avere una palla, come laterra. La terra viene illuminata dal sole, ma soltanto una parte della terra viene illuminata dal sole.Man mano che ci si allontana, il sole è più lontano dalla terra, una parte sempre maggiore della sferaviene illuminata. Ora, domanda: quant'è la parte della sfera che al massimo può venire illuminata?Se il sole fosse all'infinito, allora illuminerebbe esattamente metà della sfera. Ora Giordano Brunosi chiede: ma poverina l'altra metà della sfera che cosa fa? Rimane in ombra? Allora l'idea diGiordano Bruno è: quando arriviamo all'infinito, facciamo un passo in più, incominciamo ad andareoltre questo primo infinito e il sole comincerà a illuminare la parte di dietro della sfera. Quandos'arriva all'infinito per la seconda volta tutta la sfera è illuminata. Non c'è bisogno di dire che questaè, ovviamente, è un'idea semplicemente metaforica, non ha nessun senso. Però è la prima volta nellastoria in cui qualcuno pensa che ci sia effettivamente la possibilità di avere due o più infiniti. Imatematici oggi sono arrivati ad averne addirittura infiniti. E chi scoprì che ci sono infiniti infinitifu proprio quel Cantor ( Georg Cantor 1845 - 1918) di cui abbiamo già citato il nome prima. STUDENTESSA: In che modo un'entità superiore, quale Dio, dovrebbe essere infinita? Esisteun rapporto tra religione e scienza? ODIFREDDI: Qui ci sono due domande. Naturalmente il rapporto tra religione e scienza certamenteesiste, non fosse il fatto che, tanto per citare appunto Giordano Bruno, nel momento in cui le sueteorie cominciano a postulare infiniti mondi che esistono nell'infinito spazio per un infinito tempo,Giordano Bruno finisce al rogo. Quindi effettivamente rapporti ci sono, ma non sono sempre statirapporti ottimali. Però il problema dell'infinito in teologia è un problema interessante, perché fino aquando l'infinito non c'era, o meglio, fino a quando l'infinito veniva rimosso - abbiamo detto primache i Greci in qualche modo lo rimuovevano - si pensava che Dio non esistesse perché non c'eral'infinito. Tutte le dimostrazioni dell'esistenza di Dio di San Tommaso nella Summa theologiae: lecinque vie che portano a Dio, sono tutte basate sul rifiuto dell'infinito. Nel momento in cui Cusano,un cardinale come dicevo prima, riconduce il concetto di infinito, ecco che si fa un voltafaccia.Prima Dio c'era perché l'infinito non c'era, nel momento in cui arriva l'infinito Dio c'è perché c'èl'infinito. Quindi quello mi sembra un po' un modo di risistemare sempre le cose a propriovantaggio. Però appunto dal 1450 fino alla fine dell'Ottocento, l'infinito fu identificato per l'appuntocome qualche cosa che sta oltre il finito, qualche cosa che sta oltre il nostro mondo e dunque con iltrascendente, con Dio. C'è una storiella interessante, che Vi posso raccontare: quando Cantor scoprìche c'erano più infiniti, Cantor, nonostante il suo nome, che è ovviamente di origine ebraica, eracristiano, battezzato, quindi se ne preoccupò. Ovviamente era la fine dell'Ottocento, non c'era piùpericolo di andare al rogo, però volle sapere che cosa la Chiesa pensava di questo fatto, la Chiesacattolica. Andò in Vaticano, portò i suoi lavori e disse al Santo Uffizio, che era governato allora daun cardinale tedesco: "Ma Eminenza io ho qui lavori di matematica che mi dicono che ci sono piùinfiniti, in realtà tanti infiniti". Il cardinale disse: "Ma, insomma io la matematica non la conoscoquindi do ai miei segretari i suoi lavori perché se li studino". I segretari erano dei domenicani - Voisapete che il Santo Uffizio si è basato spesso sui domenicani per fare i suoi affari -, e i domenicanisi presero due anni, perché ovviamente hanno dovuto cominciare a studiare la matematica la teoriadegli insiemi eccetera. Dopo due anni dissero al cardinale: "Guardi, secondo noi, non c'è problema,non c'è pericolo per la fede". Allora Cantor venne convocato in Vaticano e il cardinale del SantoUffizio gli disse: "Guardi lei può parlare di questi infiniti, purché non li chiami infiniti, perchéeffettivamente questo darebbe una brutta idea teologica, cioè farebbe una connessione con ladivinità". Allora , Cantor scelse un nome, che oggi non sarebbe tanto corretto politicamente perchéha delle implicazioni un po' diverse, li chiamò "transfiniti" e, per il colmo dell'ironia, oggi i

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matematici chiamano questi transfiniti "cardinali". Quindi, insomma il cerchio. L'idea del cardinaledel Santo Uffizio era che oltre tutti questi transfiniti là, alla fine, c'è il vero infinito assoluto.Chiesero a Cantor cosa ne pensava : "Ma per noi matematici quello non c'è. Non esiste un infinitoassoluto per i matematici, perché è contraddittorio" e il Santo Uffizio disse: "Va bene quello lì ènostro". Quindi in qualche modo ci sono delle relazioni. La chiesa si è sempre preoccupata , sempredal momento in cui l'infinito è stato in qualche modo identificato con la divinità. Oggi però imatematici non credono che l'infinito matematico sia in qualche modo un'immagine dell'infinitometafisico. Pensano semplicemente che siano oggetti matematici e quindi li tengono abbastanzadistinti. STUDENTESSA: Quali innovazioni ha avuto il pensiero di Giordano Bruno sull'idea diinfinito che si era avuta fino allora? ODIFREDDI: Giordano Bruno era un seguace di Cusano. Cusano era vescovo di Bressanone dovesi parla il tedesco. Però Cusano aveva fatto un sacco di pasticci dal punto di vista filosofico. Se Voileggete: Le congetture e soprattutto: La dotta ignoranza, non a caso l'ignoranza arriva già nel titolo.Cusano credeva che nell'infinito tutto diventasse uguale. Lui credeva che un triangolo infinito fosseuguale a una retta, fosse uguale a un cerchio infinito, e così via. Giordano Bruno, che era unseguace per l'appunto di Cusano, però in tempi diversi, non più nel 1450, ma nel 1600, introdusse,come ho detto prima, l'idea di due infiniti. La sua idea dell'infinito era molto moderna. Lui avevaquesta idea dello spazio infinito, che l'universo non fosse soltanto una porzione finita in qualchemodo, ma che si estendesse in tutte le direzioni senza limiti. È la stessa cosa per il "tempo": anche iltempo doveva essere infinito e soprattutto - questo certamente non avrebbe dato gran fastidio allachiesa - però quello che diede fastidio alla chiesa fu che Giordano Bruno usò il concetto di infinitoanche per i mondi. Lui sosteneva che ci fossero infiniti mondi, che il sistema solare fosse solo unesempio di sistema in cui potesse esserci la vita e che in giro per l'universo ci fossero infiniti diquesti altri sistemi, in cui probabilmente ci fossero infiniti altri esseri, specie viventi, che avesserol'intelligenza. Questo naturalmente provocò dei grandi problemi teologici. Sant'Agostino già lodiceva, pensava che non fosse possibile che ci fosse vita in altri pianeti, perché se ci fosse vita inaltri pianeti, allora Dio avrebbe dovuto incarnarsi anche negli altri pianeti, salire e scendere sullacroce, sarebbe diventato un saltimbanco della croce. E questo non si può dire. Gesù Cristo non eraun saltimbanco per lo meno per Sant'Agostino. E invece Giordano Bruno introduce quest'idea, perl'appunto la possibilità che ci siano infiniti altri luoghi nell'universo, in cui la vita si è evoluta. Giàanche Cusano lo faceva, però Cusano era appunto un cardinale, vicario tra l'altro, cioè il secondo incomando, diciamo così. Quindi aveva un alto potere ed erano altri tempi. Con Giordano Brunoquesta idea non andò bene e unodei crimini, diciamo così, che gli furono imputati e che poi loportarono al rogo, fu proprio questo, cioè il fatto di aver creduto che ci fossero infiniti mondi einfinite altre specie. Quindi questo è un momento in cui l'infinito effettivamente lascia la filosofia eincomincia ad entrare nella scienza e quindi comincia a parlare di ciò che effettivamente succedenell'universo. E questo evidentemente la Chiesa non poteva accettarlo.

STUDENTESSA: In che cosa differisce la nostra idea di infinito da quella delle civiltàorientali o politeiste?

ODIFREDDI: Le civiltà orientali hanno concezioni abbastanza diverse. Il problema è che noi nonabbiamo accettato l'infinito fin dal principio, noi occidentali intendo, che ci rifacciamo alla culturagreca. Per esempio se si va in India - potremo forse poi un giorno fare una trasmissione de Il Grillo,andare tutti in India e vedere, per esempio, i Giainisti sono una antichissima religione, sonoaddirittura precedenti all'Induismo, che oggi è la religione di maggioranza in India. Ebbene questigiainisti, già credo verso il mille avanti Cristo, pensavano che l'universo avesse una durata infinita,esattamente come dicevamo prima con Giordano Bruno, cioè che non ci fosse stato un inizio e nonci fosse stata una fine. Il problema del monoteismo è che ci sono tanti tipi di monoteismo, almenoquattro nella storia. Uno è finito male, nel senso che è il monoteismo di Akhenaton in Egitto, che èdurato pochissimi anni e poi, con la morte di Akhenaton, del faraone, che tra l'altro era il papà diTutankhamon, che tutti conoscete probabilmente. Ebbene quel tipo di monoteismo è durato molto

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poco. Ma le cosiddette grandi religioni rivelate: l'ebraismo, il cristianesimo e l'Islam arrivano tutteda una concezione in cui c'è una creazione dell'universo. Se Voi prendete la Bibbia e l'aprite allaprima pagina, al Primo capitolo, la Genesi, inizia proprio così: "In principio Dio creò il cielo e laterra". Allora l'idea che ci sia stata una creazione significa che in realtà l'universo quando si vaall'indietro nel tempo, ovviamente può andare soltanto fino a un certo punto, cioè fino agli inizi.Cioè il tempo non va all'infinito all'indietro. La stessa cosa per la fine; Se Voi chiudete la Bibbia,saltando magari quello che c'è in mezzo e andate a vedere L'apocalisse, ebbene L'apocalisse, che èl'ultimo libro della Bibbia cristiana, il Nuovo Testamento, ci raccontano che ci sarà la finedell'universo, la fine del mondo e il Giudizio Universale. Dunque il tempo in realtà è limitato, èlimitato tra un inizio, che è l'inizio della creazione, e la fine, che sarà il momento del giudizio.Invece, in religione appunto come il "Giainismo", questo non lo accettavano. Per loro era possibileche l'universo fosse sempre esistito e che esisterà sempre. Quindi non c'era bisogno per loro di unconcetto di creazione, non c'era bisogno del creatore, non c'era nemmeno bisogno del distruttore.Altre religioni, per esempio l'induismo a cui abbiamo accennato, hanno un approccio verso ilmondo, che è molto simile invece a quello delle religioni di cui ho appena parlato. Per esempiol'induismo ha tre dei, che sono Brama, Visnù e Shiva. E Brama è l'analogo di Dio Padre, cioè ilcreatore, Visnù è colui che sostiene l'universo in essere, e poi c'è Shiva, che è il distruttore, che loporta alla fine. Ecco che qui sembrerebbe che ci fosse una concezione finita del tempo, cioèl'universo cresce, nasce cresce e finisce. Solo che lì in realtà c'è questa danza che si ripete. Shivadistrugge l'universo, ma poi questo universo rinasce. C'è questa idea, questa metafora, chel'universo è semplicemente il battito di ciglia di Visnù. Ed ecco che allora l'infinito ritorna in unamaniera un po' diversa, che è l'idea dell'illimitato, del ciclico, del periodico, cioè il tempo circolare.L'universo nasce, cresce, si distrugge, ma poi rinasce e così via, e allora si entra in circolo. Mentreinvece dal nostro punto di vista occidentale, nelle nostre religioni, c'è un inizio e una fine, ma unafine che sia definitiva. Dopo di che ci sarà l'eternità, ma è un altro tipo di eternità. Quindieffettivamente, a seconda del tipo di religione, ci sono concetti poi che arrivano nel pensierofilosofico e scientifico dell'infinito. Questo è interessante perché è la domanda che facevi Tu prima,cioè: qual è il legame religione e la scienza. Molto spesso le idee scientifiche nascono come miti,nascono come mitologia. In particolare una delle versioni della mitologia, per coloro che noncredono, è proprio la religione. La religione presenta dei miti, un pensiero che è ancora mitologico,certamente non scientifico. Poi questi miti vengono in qualche modo utilizzati e trasformati dallascienza. Credo che oggi, per esempio l'idea della nascita dell'universo, la creazione della Genesi,viene tradotta scientificamente nell'idea del big bang, questa grande esplosione con cui l'universo hainizio. Quindi non è stupefacente che religioni che hanno concezioni diverse della divinità odell'infinito, poi producano delle scienze, diciamo così, che hanno delle idee diverse, anche dalpunto di vista dell'infinito.

STUDENTESSA: È possibile definire il concetto di infinito senza ricorrere ad un'eccezionenegativa, quindi definendolo per ciò che è. ODIFREDDI: Ma dunque, ovviamente la parola "infinito" contiene il negativo già agli inizi.Infinito appunto, come dicevamo prima, significa "non finito". Però oggi in matematica questocertamente è possibile. Abbiamo visto nel filmato - non so se ve ne siete accorti -, che in realtà si èdata una definizione matematica dell'infinito. Naturalmente non l'avrete capita. Adesso cerchiamo dispiegarla meglio. L'idea è questa, viene da Galileo. Galileo è un altro di quelli che hanno avutoproblemi come Giordano Bruno, quando hanno cercato di introdurre nella scienza idee cheandassero contro la teologia. Ebbene Galileo ne I discorsi, nella sua ultima opera, scritta perl'appunto quando era, oggi diremmo agli arresti domiciliari, dopo la sentenza del Santo Uffizio,Galileo fa questo ragionamento. Dice: quanti sono i numeri interi? Lo chiedo a Voi, ma potreteimmaginare, se siamo in una trasmissione che parla dell'infinito, i numeri interi sono infiniti: lozero, uno due, tre, eccetera. Quanti sono i numeri pari, secondo Voi? STUDENTI: Infiniti. ODIFREDDI: Infiniti. Però ce ne sono certamente meno di quanti siano i numeri interi, perché di

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numeri pari ce ne sono uno ogni due. L'idea sarebbe che i numeri pari sono metà dei numeri interi.Eppure, tutti avete detto: i numeri pari sono anche loro infiniti. Galileo fu il primo a scoprire questo.Il fatto che a ogni numero corrisponde il suo doppio, quindi a zero corrisponde zero, a unocorrisponde due, a due corrisponde quattro, tre, sei, e così via, e che a ogni numero pari corrispondela sua metà, nel caso di due uno, nel caso di quattro due, eccetera. Questo è quello che inmatematica si chiama una "corrispondenza biunivoca", che alla Vostra età forse fa pensare più asentimenti di natura diversa, però "corrispondenza biunivoca" significa: ogni numero intero ha ilsuo doppio, ogni numero pari ha la sua metà. Vedete che la corrispondenza poi è di quel genere lì. Equesta fu una scoperta: il fatto che nell'infinito è possibile avere una parte, cioè per esempio inumeri pari, che hanno lo stesso numero di elementi del tutto. Questo oggi è stato rivoltato. Non èpiù un paradosso dell'infinito, come invece veniva presentato da Galileo, e da altri dopo di lui, bensìè diventato la definizione dell'infinito. Ed è una definizione positiva, cioè non è più negativa. Checos'è infinito? Infinito è qualche cosa tale che c'è una sua parte, che ha in realtà lo stesso numero dielementi del tutto. E come si fa però a sapere qual'è il numero? Sono tutte e due infiniti. Il numerosi fa in questo modo: cioè si mette in corrispondenza ciascun elemento della parte con un elementodel tutto e viceversa. E quando questa "corrispondenza biunivoca" esiste, si dice che i numeri sonouguali. E se c'è una parte che ha lo stesso numero di elementi del tutto, questo si dice che allora èl'infinito. Ed è la definizione che ancora oggi viene usata in matematica.

STUDENTESSA: Ma quindi che senso ha parlare di infinitesimo e infinito? Oppure qualisono le differenze che ci sono tra infinitamente piccolo e infinitamente grande?

ODIFREDDI: Matematicamente si potrebbe dire così: se Tu prendi un numero intero - due, tre,quattro, eccetera - questo man mano che cresce va verso l'infinito. Ma se Tu dividi uno per questinumeri - un mezzo, un terzo, un quarto, eccetera - man mano che il denominatore cresce la frazionediminuisce. Allora il rapporto fra l'infinito e l'infinitesimo è che l'infinito è una quantità che crescee, quando questa quantità cresce se tu dividi uno per quella quantità il risultato diminuisce. Ora peròquesto sempre nell'ambito dei numeri interi o razionali: cioè due, tre, quattro, un mezzo, un terzo,un quarto. Questi sono numeri ancora finiti, in qualche senso. L'infinito sarebbe in qualche modo illimite a cui tu arrivi quando continui a far crescere qualche cosa, e l'infinitesimo è qualche cosa acui tu arrivi quando continui a far decrescere questa cosa. Però è una concezione talmenteparadossale che per lungo tempo fu considerata addirittura contraddittoria. Newton e Leibniz, di cuiforse avrete almeno sentito parlare, sono i due grandi matematici del Seicento e del Settecento, -coloro che inventarono l'analisi matematica e il calcolo infinitesimale - ebbene questi due signoribasarono il calcolo infinitesimale, come dice la parola, sugli infinitesimi. Pensavano che questiinfinitesimi esistessero, che ci fossero delle quantità che fossero diverse da zero, ma più piccole diun mezzo, di un terzo, di un quarto, eccetera. E naturalmente ci fu subito qualcuno che si ribellò. Unvescovo, che si chiamava Berkeley scrisse un libro, con un titolo tra l'altro lunghissimo, che nonstava certamente sulla costa del libro, e il titolo era ovviamente una reazione dell'arcivescovo alfatto che questi signori, Leibniz e Newton, erano tanto schizzinosi, quando si trattava di parlare diconcetti teologici - la divinità, eccetera - poi però quando parlavano di matematica usavano questiconcetti abbastanza strani, come l'infinitesimo e l'infinito. Quindi il vescovo li bacchettò duramente.Ed effettivamente i matematici in qualche modo rimossero questi concetti, tipo l'infinitesimo, e cosìvia, e anche l'infinito. È solo nella modernità, dall'Ottocento in avanti, che queste cose sono entratea far parte ormai del nostro bagaglio. Gli infiniti molto prima. Sembra molto più facile pensareall'infinito che non all'infinitesimo. Però mentre gli infiniti entrarono appunto nella storia conCantor, di cui Vi ho parlato prima, quello che andò al Santo Uffizio - quindi verso la finedell'Ottocento, gli infinitesimi sono stati riabilitati, se così vogliamo dire, in termini politici,soltanto molto recentemente, nel 1960. Sono solo quarant'anni che i matematici hanno capito comeusare gli infinitesimi in una maniera che non fosse contraddittoria. Però oggi possiamo direeffettivamente che ci sono delle teorie, dei concetti che permettono di parlare sia dell'infinito chedell'infinitesimo in maniera attuale, come se queste cose esistessero veramente. Certo questo con lavita quotidiana ha poco a che fare, intendiamoci, però per lo meno dal punto di vista matematico ci

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permette di fare calcoli in maniera molto semplificata. STUDENTESSA: Come facciamo, noi che abbiamo una mente finita, a pensare all'infinito?

ODIFREDDI: Questa è, ovviamente, una delle obiezioni che venivano fatte, per esempio, da Pascale anche da Cartesio. Era anzi una delle dimostrazioni dell'esistenza di Dio. Il fatto di sapere o dicredere che la nostra mente sia finita è che però, nonostante il fatto che sia finita, abbia la possibilitàdi pensare l'infinito. E allora sia Cartesio che Pascal consideravano questo come la dimostrazionedel fatto che ci fosse qualcosa di fuori e che questo qualche cosa esterno riflettesse la sua infinità inquesta nozione, che ci veniva messa dentro la zucca, per così dire. Oggi ovviamente non pensiamopiù questo. Come dicevo prima, una volta l'infinito era considerato come un limite del pensiero.Oggi invece viene considerato - se posso usare uno di questi trucchi dialettici che usano spesso ifilosofi - come "un pensiero del limite". L'infinito noi lo pensiamo, nonostante la nostra mente siafinita, perché possiamo immaginarci quali sono i limiti, e costruire una teoria su quali sono i nostrilimiti. L'idea è che effettivamente si possa pensare ai nostri limiti e che di questi limiti si possa fareuna teoria. Non so se si è capito, ma comunque questa è la sostanza.

STUDENTESSA: In che modo l'arte contemporanea e la letteratura hanno cercato dirappresentare l'idea di infinito e come questa ha influenzato il nostro pensiero?

ODIFREDDI: L'infinito è usato moltissimo in letteratura, a volte anche in modi un pochettinostrani. Non si vedono, sono nascosti. Ma pensate al paradosso di Zenone. Forse molti di Voi loconoscono, cioè Achille e la tartaruga: Achille che dà un vantaggio, dieci metri alla tartaruga, e poidice: "Corri pure che adesso ti prendo subito " e poi si scopre, nel paradosso, che in realtà non lapotrà mai più raggiungere, perché nel momento in cui Achille percorre dieci metri che ha dato divantaggio alla tartaruga, la tartaruga si è mossa di un metro, lui percorre il metro, lei si è mossa didieci centimetri, lui percorre dieci centimetri, lei si è mossa di un millimetro, e così via. Questo è unparadosso, ovviamente. Ma questo paradosso è basato sul concetto di infinito. È paradossale proprioperché c'è questa idea che lo spazio venga diviso fino all'infinito, e che quindi non si possapercorrere in un tempo finito una infinità di passi. Cosa c'entra questo con la letteratura? Beh,moltissima letteratura si è basata ad esempio sul paradosso dell'infinito. Uno dei grandi romanzi delSettecento che è Tristam Shandy non so se lo avete mai letto, che, tra l'altro, inizia in una manierabellissima, è l'autobiografia di questo signore, Tristam Shandy. E l'autobiografia cominciaovviamente secondo Voi quando? Quando deve cominciare un'autobiografia?

STUDENTI: Dalla nascita. ODIFREDDI: In realtà Voi siete esistiti per un certo periodo prima della nascita, dal momento delconcepimento. E quindi la prima scena di questo romanzo meraviglioso del Settecento inglese, è lascena in cui papà e mamma fanno delle cose che non si possono dire in televisione. Tra l'altro è unascena molto interessante, perché mentre stanno facendo queste cose, la mamma dice al papà: "Haicaricato l'orologio?" e il papà dice: "Ma insomma questo forse non è il momento più adatto perparlare dell'orologio. Questo povero bambino che nascerà, perché abbiamo fatto queste cose avràdei problemi per tutta la vita perché noi ci siamo distratti nel momento cruciale, parlandodell'orologio". Ebbene Voi capite che se un'autobiografia incomincia in questo modo, prima che siarrivi al dunque passerà un po' di tempo. Dopo quattro volumi di questa autobiografia, lo scrittorescopre di avere impiegato due anni della propria vita per scrivere quattro volumi e per raccontare iprimi due giorni della propria vita. Ed ecco che allora dice: "Ma nel frattempo son passati due anni,però. Il che vuol dire che io continuo a scrivere al ritmo di due volumi all'anno e ogni volta faccioun giorno in più e però è passato un altro anno. Questo è il paradosso di Zenone al contrario. IlTristam Shandy scopre che non è possibile scrivere la propria biografia in maniera dettagliata,perché questo ci porterebbe per l'appunto verso l'infinito. Un altro uso che invece forse tutticonoscete è Kafka. Avrete letto: Il castello, per esempio. In realtà i romanzi di Kafka sono tutti unarappresentazione dell'infinito, al punto che, se Vi accorgete, sono tutti incompiuti. Come mai sonoincompiuti? Perché l'idea che Kafka ci vuole dare è che, quando ci si scontra con gli ostacoli dellaburocrazia non si finisce mai. Voi siete troppo giovani e non lo sapete, ma noi che abbiamo un po' di

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anni in più lo sappiamo benissimo: gli ostacoli che la burocrazia ci frappone sono infiniti. Alloracosa può fare uno scrittore? Può soltanto suggerire quest'idea di infinità. Racconta tre, quattro,cinque episodi, ma poi è esattamente come nel caso di Achille e la tartaruga. Io non sono stato adirVi: "E poi dopo un millimetro percorre un decimo di millimetro e Achille gli corre dietro, e poi faun centesimo di millimetro" faccio i puntini e dico "e così via". Gli ostacoli sono infiniti e non siarriverà mai alla fine. Quindi questo è un altro dei modi in cui l'infinito arriva nella letteratura.Borges, non so se lo conoscete, è uno scrittore moderno, morto quindici anni fa, uno scrittore dilingua spagnola, argentino. Ebbene moltissimi dei suoi racconti sono basati proprio su questa ideadi infinito. Lui stesso un giorno ha detto che gli sarebbe piaciuto scrivere la storia dell'infinito equesta storia avrebbe avuto tra i suoi protagonisti molti di quelli che abbiamo citato oggi: GiordanoBruno, Cusano, Cantor e così via. Molti dei suoi racconti sono per l'appunto basati su questoconcetto dell'infinito. Quindi per lo meno in letteratura l'infinito è qualche cosa che viene suggeritoda tutti questi romanzi che ci raccontano d'infiniti ostacoli nella nostra vita o infiniti episodi dellanostra vita. Nell'arte è chiaramente più difficile rappresentare l'infinito direttamente, però c'èqualcuno che ci ha provato. Escher, per esempio, un grafico molto bravo, ha fatto delle immagini, incui una figura, si ripete più piccola intorno, poi più piccola ancora intorno ed è tutta iscritta in unquadrato e chiaramente questo è un tentativo di rappresentare il paradosso di Zenone sotto formapittorica, cioè non si arriverà mai al bordo perché ogni volta le figure sono più piccole, ma l'idea èche non si annullano mai. Oppure un altro modo di rappresentare l'infinito nell'arte è quelloattraverso l'illimitato. Abbiamo parlato prima del tempo ciclico, che è anche quella una versione deltempo infinito. Ebbene in arte si può rappresentare qualcosa di ciclico. Ad esempio, il nastro diMoebius, non so se lo conoscete.Se Voi prendete un pezzo di carta e lo incollate, quello che otteneteè un cilindro. Questo cilindro ha un dentro e un fuori, ovviamente. Se Voi questo pezzo di cartalungo lo prendete e invece di incollarlo così gli fate fare mezzo giro soltanto, ecco che ottenete unastriscia che è una specie di giostra e si chiama nastro di Moebius. E la cosa interessante è che questonastro ha soltanto una faccia, cioè ha un dentro e, sembrerebbe, un fuori. Però se Voi continuate apercorrerlo scoprite che non c'è differenza tra il dentro e il fuori. Ha solo una faccia. Questo è unmodo di rappresentare l'infinito ed è stato usato veramente tanto, per esempio dagli scultori. Laletteratura, pittura, la musica, per esempio, rappresenta l'infinito di nuovo con questa ciclicità. Cisono questi canoni perpetui, ad esempio, nella musica barocca, che incominciano in un certo modoe arrivano alla fine nello stesso modo, cioè si possono in qualche modo incollare e si possonosuonare tante volte quante si vogliono di seguito. Questo è un modo di rappresentare l'infinito con lamusica. Quindi, anche senza accorgercene, a volte ci sono nelle rappresentazioni artisticherappresentazioni dell'infinito.

STUDENTESSA: Spostando l'attenzione invece su un piano temporale, è possibile parlare ditempo senza inizio e quindi senza fine?

ODIFREDDI: Dunque questo dipende dal punto di vista. Ho accennato prima al big bang. Oggi ilbig bang viene considerato, nella maggior parte delle interpretazioni, come il momento in cui nonsoltanto nasce l'universo, cioè la materia, ma addirittura nasce lo spazio e il tempo. Allora se iltempo nasce col big bang è chiaro che non ha senso chiedersi che cosa è successo prima, perché ènato in quel momento. Però non tutti sono d'accordo su questo fatto. Qualcuno sostiene che il bigbang è solo l'esplosione iniziale di qualche cosa che in realtà c'era già prima. E una delle possibilitàè per l'appunto questa: che il tempo sia infinito, all'indietro e in avanti, cioè che prima del big bangci sia stato qualche cosa. Qualcuno sostiene, andando a rivedere Giordano Bruno, che il big bang siasolo una delle possibili esplosioni di universi che ci sono al mondo e che in realtà queste esplosionisiano tante, siano molteplici, siano in realtà addirittura infinite, e che il nostro universo sia comeuna bolla in una schiuma. Si parla spesso delle religioni orientali, una delle immagini delle religioniorientali per l'infinito e l'illimitato è l'oceano. Noi siamo semplicemente delle increspaturesull'oceano, come delle piccole onde, ma la vera realtà è l'oceano che ci sta sotto. Ebbene,addirittura nella fisica, oggi si pensa che questa possa essere un'immagine veritiera di ciò che è ilnostro universo. Cioè il nostro universo sarebbe solo una bolla di una enorme schiuma in cui ci

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sono tante, tantissime, probabilmente infinite, altre bolle, ciascuna delle quali è un universo a sestante, che non è più quello che diceva Giordano Bruno, cioè infiniti mondi nel senso di infinitisistemi solari, cioè tante stelle tanti pianeti in questo universo, ma sono infiniti mondi nel sensoletterale, cioè infiniti universi, nei quali magari possono valere altre leggi della fisica, in cuisuccedono cose che ovviamente non possiamo sapere. Noi siamo confinati forse in questo universo,però possiamo sognare o temere - non si sa se sia un sogno o un incubo - che fuori di questouniverso ce ne siano infiniti altri, magari diversi, altri simili al nostro. Quindi questa è un'idea in cuidi nuovo l'infinito interviene, sia dal punto di vista spazio-temporale, come chiedevi Tu, che dalpunto di vista proprio di proliferazione dell'universo. STUDENTESSA: Le scienze naturali o applicate hanno bisogno di utilizzare il concetto diinfinito?ODIFREDDI: Ne hanno bisogno in questo senso, molto preciso, che se Tu usi soltanto i numerirazionali, che immagino conoscerete, Beh, i numeri razionali ovviamente sono l'analogo del finitonella matematica, cioè hanno uno sviluppo decimale finito, o, se non è finito, è periodico, quindi inqualche modo si riesce a descrivere finitamente. Però sapete anche che quasi tutti i numeri realisono irrazionali. La scoperta del primo irrazionale fu quella dei pitagorici: radice di due. La radicedi due è irrazionale. Cosa vuol dire questo? Vuol dire che, se noi vogliamo scrivere lo sviluppodecimale di radice di due, cioè scrivere radice di due come uno virgola quattro, uno e così via,dobbiamo andare fino all'infinito. Quindi ogni volta che Voi parlate, quando fate "analisi" - chehanno inventato Newton e Leibniz, a cui accennavamo prima - ogni volta che Voi parlate di numerireali, in realtà state parlando di infinito per ciascun numero, eccetto per quei pochi che sonorazionali, perché lo sviluppo decimale di questi numeri è infinito. Ed ecco che allora, poiché inumeri reali sono usati dovunque, non solo nella matematica, ma nella scienza, nelle applicazionifisiche, chimiche, biologiche, eccetera, ogni volta che si usano i numeri reali, in realtà si sta usandol'infinito in maniera magari nascosta, però diretta. È vero che si può anche rivoltar la frittata, comesempre, e cioè dire che è vero che per esempio radice di due ha uno sviluppo infinito, però nelleapplicazioni non si va oltre una certa cifra. Però il fatto di non andare oltre una certa cifra significasolo che ci fermiamo ad una certa approssimazione. Se noi vogliamo essere più precisi dovremmoandare oltre, più precisi ancora oltre e l'idea è che, se la precisione dovesse essere infinita, noidovremmo arrivare fino alla fine. Quindi sì, nella scienza la risposta è: sì, nella scienza l'infinitoviene usato ogni volta che si usano i numeri reali, cioè: sempre. E più di così ovviamente non sipuò.

STUDENTESSA: Al giorno d'oggi a che serve parlare di infinito? Crea problemi o li risolve? ODIFREDDI: Anzi tutto ci ha permesso di venire qui, il che non è poco: abbiamo fatto unatrasmissione. In realtà, come dicevo poco fa, questa è una soluzione di problemi. Cioè il fatto dipoter parlare oggi di infinito in matematica significa poter fare, per esempio, un'analisi matematica,poter parlare di numeri reali senza paradosso e sapendo di che cosa si parla. È chiaro che ogni voltache si scopre qualche cosa c'è sempre un problema. C'è un'immagine che è una metafora cheparagona la conoscenza a un'isola. E l'idea è: man mano che l'isola della conoscenza si allarga,ovviamente s'allarga anche il bordo, che sarebbe il confine con l'incognito, cioè la nostra ignoranza.Quindi, potrebbe sembrare che non vale la pena di aumentar la propria conoscenza, perché intantoman mano che aumentiamo la conoscenza, cresce nello stesso modo l'ignoranza, la nostralimitatezza. Però in realtà non è così, perché - proprio perché siete un liceo scientifico potete capirequello che sto per dire -, cioè, mentre cresce l'isola della conoscenza, cresce la sua area, mentreinvece il bordo è in realtà soltanto una lunghezza. E allora la conoscenza cresce in manierapraticamente quadratica, mentre invece il bordo, l'ignoranza, cresce in maniera lineare. Quindi laconoscenza è molto meglio che l'ignoranza. Quindi, in qualche modo, sapere dell'infinito,conoscerlo, certo provoca dei problemi, perché la matematica poi li deve risolvere e c'è tutta unateoria che cerca di risolver questo, però cresce anche la nostra conoscenza e si può applicare questaconoscenza alla fisica, alla chimica, ma non soltanto a quello, anche semplicemente al pensieropuro. E quindi, secondo me, c'è certamente qualche cosa di positivo.