Picari, monaci e furfanti Ri-scatti nel bel mondo di...

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P ARIGI Picari, monaci e furfanti nel bel mondo di Magnasco Alla Galerie Canesso l’artista secentesco definito il Paganini della pittura A febbraio le sue tele approderanno ai Musei di Strada Nuova di Genova E ra il periodo in Italia dei pomposi ritratti impar- ruccati di Pompeo Ba- toni o degli angioletti vaporo- si, svolazzanti dei Tiepolo. In Francia c’erano le arcadiche Feste Galanti di Watteau, che avrebbero suggestionato Ver- laine, le silenti nature morte, già morandiane, di Chardin, o i chiavistelli libertini di Frago- nard (pittore profumato, cui il parigino Musée de Luxem- burg dedica una fastosa, sci- roppante retrospettiva). Ma ecco lo choc: se d’incanto si balza, in rue Lafitte 26, nella valorosa Galerie Canesso, tut- to miracolosamente si spegne ed arde, i colori si svenano, co- me per una rabbuiata e cospi- rante messa nera, dalle tombe zampillano cadaveri, quasi fossero putrescenti grilli ma- lefici, e si finisce regalmente soggiogati, impantanati in an- tri scuri e muscosi. Tra tan- gheri che cospirano nel buio, gitani che brandiscono armi affilate ed arzigogolate, come riccioli ribelli e sinistri, e mo- naci scalcagnati. Eccolo qui, il malmostoso artista Magna- sco, che con un camicione usurato e tremante da febbre malarica, sotto un cappellac- cio da brigante, si rappresen- ta come Pittor pitocco, in un misero contesto slabbrato. Tra una zingara sbrecciata, che sotto una finestra cara- vaggesca offre sfrontatamen- te le poppe ad un bimbo ignu- do, ed un «birbo» cencioso, un Sette giorni Bologna Si apre giovedì alla Galleria Ono di Bologna la mostra con 35 scatti su Frida Kahlo realizzati dal fotografo colombiano Leo Matiz Milano Si apre venerdì al Pac la mostra Ri-scatti multietnici con oltre 70 foto realizzate da 18 immigrati a Milano di nove nazionalità Milano Martedì 12 alle 19 serata Mazorca alla Prometeo Gallery con Regina José Galindo in occasione del finissage della sua mostra ©FAUSTA FRANCHINI GUELFI Il furto sacrilego Un particolare dall’opera conservata al Museo diocesano di Milano © MUSEO DIOCESANO MILANO della Guerra di Callot e ascolta- re il Trillo del Diavolo di Tartini. O i virtuosismi barocchi del suo cortigiano Corelli. È lo stesso mondo del bergamasco Ceruti, detto non a caso Pitocchetto, che però era di trent’anni più giovane di lui, ma che pone lo stesso problema: quale nobile magione di committenti poteva accogliere in casa e richiedere iconografie così scomode e per- sonaggi così cenciosi e ricatta- tori? Certo, una classe avverti- ta ed anti-conformista, che da spagnola si fa austriacante ed avverte precoce i venti dell’al- beggiante rivolta illuminista. Il gallerista italiano Canesso, che ha avuto quest’ardimento museale di far conoscere alla Francia un pittore così negletto come il Magnasco, che ha ri- chiamato visitatori illustri co- me Rosenberg, Fumaroli, o il pittore Barcelò, con una mostra curata da Fausta Guelfi, che avrà una tappa anche al Palaz- © MUSEI DI STRADA NUOVA tare di vuotare il mare con un cucchiaino. È il mondo da romanzo nero e gotico, che la Spagna retro- grada ed inquisitoria lascia al- l’Italia occupata, andandosene: la Spagna dei romanzi picare- schi di Quevedo, di Mateo Alè- man e del Lazarillo de Tormes, che Magnasco ben conosceva, frequentando le colte famiglie aristocratiche di Milano: i Bor- romeo, gli Archinto, i Durini. Ma anche il Granduca di Firen- ze, Ferdinando, che probabil- mente gli fa conoscere le stam- pe miserabiliste delle Miserie furfanti, di pitocchi, di «moine- ries», ovvero di fraterie gremite e cenciose. Persino la natura al- lucinata pare partecipare surri- scaldandosi, come nella rapino- sa onda scarmigliata del San- t’Agostino e l’angelo, che è una sorta di parabola allegorica vi- sualizzata. «Nessuno mai prima aveva fatto sibilare il vento e muggire le onde così», scrive il Sambon. Sant’Agostino dispie- ga (tra alberi che paiono accen- dersi come zolfanelli e l’ondata, che tutto pare travolgere) ch’è vano cercare di afferrare le troppe nature di Dio, come ten- MARCO VALLORA PARIGI Sant’Agostino L’opera è nelle collezioni dei musei di Strada Nuova La Cioccolata Anche le monache si deliziano con la bevanda di moda La dissipazione e l’ignoranza Una tela dal carattere allegorico di impronta illuministica zo Bianco di Genova, con opere diversificate, ricorda come fu l’italianista Dante Isella a spie- gargli la Milano di Magnasco e di un grande commediografo satirico come il Maggi. È la Mi- lano riformista e dotta, che con Magnasco accoglie pure il liber- tario Muratori e di Scipione Maffei, dei quali il pittore pare mettere in immagine i testi, contro la superstizione religio- sa e l’oscurantismo. A Milano arrivano i Quaccheri, e lui li rac- conta con minuziosità, così co- me fa con le lezioni dei monaci fratacchioni e catechisti, che son tenuti ad acculturarsi, e hanno ruoli specifici, pittore- schi. Il Pescatore che va a ricer- care i ritardatari, il Silenziere con brubero campanello, per rimbrottare i renitenti ed il Cancelliere, che insegna a com- pitare e far il segno della Croce. Ma c’è anche malizia mozartia- na, quando Magnasco «pizzica» le monache mondane, che si fanno acconciare vezzose dalle novizie i veli maliziosi, sorbisco- no la demonica bevanda del Cioccolatte, col mignolo ritto, e hanno appena deposto il sen- suale violoncello, riflettendosi in proibite, vanitose specchiere rococò. Così che nell’allegorico salotto delle Arti irrompono i simbolici cinghialetti della lus- suria, specchiandosi anche lo- ro, vanitosi, e travolgendo goffi cavalletti e mappamondi. Ma Magnasco è anche un magistra- le tele-cronista ante-litteram, quando descrive con flash rac- capriccianti il furto sacrilego, in una chiesa vicino a Pavia. c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI ciarlatano da strada, accar- tocciato come una bestia, che bercia a bocca sguaiata. Alessandro Magnasco, ven- ne definito dal Bonzi «il Paga- nini del pennello», perché era genovese come il sulfureo e virtuoso «mago delle Streghe e del Moto Perpetuo» e perché «la sua scrittura inimitabile ha caratteri musicali più che grafici, con pizzicati, crescen- di, fortissimi e pianissimi». Di- pingeva in effetti capricci, toc- cate lambiccate, invenzioni macabre, che all’epoca veniva- no demonizzate, come «arte della forfanteria» stregonesca e minacciosa. Disprezzata per le tematiche «basse, abjectes, pas noble», come testimonia un intenditore raffinato quale il Mariette. Nato nel 1667 figlio di un modesto pittore, allievo però del movimentato, baroc- co Valerio Castello, il Lissan- drino, soprannominato così perché era mingherlino di co- stituzione e dagli «occhi can- zonatori», lo racconta il suo biografo Ratti, molto prima di Goya e di Füssli o di John Mar- tin, incomincia a inzuppare la sua fosca pittura di gitani, di ALESSANDRO MAGNASCO PARIGI, GALERIE CANESSO. FINO AL 31 GENNAIO. GENOVA. MUSEI DI STRADA NUOVA. DAL 25 FEBBRAIO © GALERIE CANESSO Il pittore pitocco Il singolare autoritratto di Magnasco al lavoro 28 . LA STAMPA SABATO 9 GENNAIO 2016 © GALERIE CANESSO

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PARIGI

Picari, monaci e furfantinel bel mondo di Magnasco

Alla Galerie Canesso l’artista secentesco definito il Paganini della pitturaA febbraio le sue tele approderanno ai Musei di Strada Nuova di Genova

Era il periodo in Italia deipomposi ritratti impar-ruccati di Pompeo Ba-

toni o degli angioletti vaporo-si, svolazzanti dei Tiepolo. InFrancia c’erano le arcadicheFeste Galanti di Watteau, cheavrebbero suggestionato Ver-laine, le silenti nature morte,già morandiane, di Chardin, oi chiavistelli libertini di Frago-nard (pittore profumato, cui ilparigino Musée de Luxem-burg dedica una fastosa, sci-roppante retrospettiva). Ma ecco lo choc: se d’incanto sibalza, in rue Lafitte 26, nellavalorosa Galerie Canesso, tut-to miracolosamente si spegneed arde, i colori si svenano, co-me per una rabbuiata e cospi-rante messa nera, dalle tombezampillano cadaveri, quasifossero putrescenti grilli ma-lefici, e si finisce regalmentesoggiogati, impantanati in an-tri scuri e muscosi. Tra tan-gheri che cospirano nel buio,gitani che brandiscono armiaffilate ed arzigogolate, comericcioli ribelli e sinistri, e mo-naci scalcagnati. Eccolo qui, ilmalmostoso artista Magna-sco, che con un camicioneusurato e tremante da febbremalarica, sotto un cappellac-cio da brigante, si rappresen-ta come Pittor pitocco, in unmisero contesto slabbrato.Tra una zingara sbrecciata,che sotto una finestra cara-vaggesca offre sfrontatamen-te le poppe ad un bimbo ignu-do, ed un «birbo» cencioso, un

Settegiorni

BolognaSi apre giovedì

alla Galleria Onodi Bologna la

mostra con 35scatti su Frida

Kahlo realizzatidal fotografo

colombianoLeo Matiz

MilanoSi apre venerdì

al Pac la mostraRi-scatti

multietnici conoltre 70 foto

realizzate da 18immigrati

a Milano di novenazionalità

MilanoMartedì 12 alle 19

serata Mazorcaalla Prometeo

Gallery conRegina

José Galindoin occasionedel finissage

della sua mostra

©FAUSTA FRANCHINI GUELFI

Il furto sacrilegoUn particolare dall’opera conservata al Museo diocesano di Milano

© MUSEO DIOCESANO MILANO

della Guerra di Callot e ascolta-re il Trillo del Diavolo di Tartini.O i virtuosismi barocchi del suocortigiano Corelli. È lo stessomondo del bergamasco Ceruti,detto non a caso Pitocchetto,che però era di trent’anni piùgiovane di lui, ma che pone lostesso problema: quale nobilemagione di committenti potevaaccogliere in casa e richiedereiconografie così scomode e per-sonaggi così cenciosi e ricatta-tori? Certo, una classe avverti-ta ed anti-conformista, che daspagnola si fa austriacante edavverte precoce i venti dell’al-beggiante rivolta illuminista.

Il gallerista italiano Canesso,che ha avuto quest’ardimentomuseale di far conoscere allaFrancia un pittore così neglettocome il Magnasco, che ha ri-chiamato visitatori illustri co-me Rosenberg, Fumaroli, o ilpittore Barcelò, con una mostracurata da Fausta Guelfi, cheavrà una tappa anche al Palaz-

© MUSEI DI STRADA NUOVA

tare di vuotare il mare con uncucchiaino.

È il mondo da romanzo neroe gotico, che la Spagna retro-grada ed inquisitoria lascia al-l’Italia occupata, andandosene:la Spagna dei romanzi picare-schi di Quevedo, di Mateo Alè-man e del Lazarillo de Tormes,che Magnasco ben conosceva,frequentando le colte famigliearistocratiche di Milano: i Bor-romeo, gli Archinto, i Durini. Ma anche il Granduca di Firen-ze, Ferdinando, che probabil-mente gli fa conoscere le stam-pe miserabiliste delle Miserie

furfanti, di pitocchi, di «moine-ries», ovvero di fraterie gremitee cenciose. Persino la natura al-lucinata pare partecipare surri-scaldandosi, come nella rapino-sa onda scarmigliata del San-t’Agostino e l’angelo, che è unasorta di parabola allegorica vi-sualizzata. «Nessuno mai primaaveva fatto sibilare il vento emuggire le onde così», scrive ilSambon. Sant’Agostino dispie-ga (tra alberi che paiono accen-dersi come zolfanelli e l’ondata,che tutto pare travolgere) ch’èvano cercare di afferrare letroppe nature di Dio, come ten-

MARCO VALLORAPARIGI

Sant’AgostinoL’opera è nelle collezioni dei musei di Strada Nuova

La CioccolataAnche le monache si deliziano

con la bevanda di moda

La dissipazione e l’ignoranzaUna tela dal carattere allegoricodi impronta illuministica

zo Bianco di Genova, con operediversificate, ricorda come fu l’italianista Dante Isella a spie-gargli la Milano di Magnasco edi un grande commediografosatirico come il Maggi. È la Mi-lano riformista e dotta, che conMagnasco accoglie pure il liber-tario Muratori e di ScipioneMaffei, dei quali il pittore paremettere in immagine i testi,contro la superstizione religio-sa e l’oscurantismo. A Milanoarrivano i Quaccheri, e lui li rac-conta con minuziosità, così co-me fa con le lezioni dei monacifratacchioni e catechisti, cheson tenuti ad acculturarsi, ehanno ruoli specifici, pittore-schi. Il Pescatore che va a ricer-care i ritardatari, il Silenzierecon brubero campanello, perrimbrottare i renitenti ed ilCancelliere, che insegna a com-pitare e far il segno della Croce.Ma c’è anche malizia mozartia-na, quando Magnasco «pizzica»le monache mondane, che sifanno acconciare vezzose dallenovizie i veli maliziosi, sorbisco-no la demonica bevanda delCioccolatte, col mignolo ritto, ehanno appena deposto il sen-suale violoncello, riflettendosiin proibite, vanitose specchiererococò. Così che nell’allegoricosalotto delle Arti irrompono isimbolici cinghialetti della lus-suria, specchiandosi anche lo-ro, vanitosi, e travolgendo gofficavalletti e mappamondi. MaMagnasco è anche un magistra-le tele-cronista ante-litteram,quando descrive con flash rac-capriccianti il furto sacrilego, inuna chiesa vicino a Pavia.

c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

ciarlatano da strada, accar-tocciato come una bestia, chebercia a bocca sguaiata.

Alessandro Magnasco, ven-ne definito dal Bonzi «il Paga-nini del pennello», perché eragenovese come il sulfureo evirtuoso «mago delle Streghee del Moto Perpetuo» e perché«la sua scrittura inimitabile ha caratteri musicali più che grafici, con pizzicati, crescen-di, fortissimi e pianissimi». Di-pingeva in effetti capricci, toc-cate lambiccate, invenzionimacabre, che all’epoca veniva-no demonizzate, come «artedella forfanteria» stregonescae minacciosa. Disprezzata perle tematiche «basse, abjectes,pas noble», come testimoniaun intenditore raffinato qualeil Mariette. Nato nel 1667 figliodi un modesto pittore, allievoperò del movimentato, baroc-co Valerio Castello, il Lissan-drino, soprannominato così perché era mingherlino di co-stituzione e dagli «occhi can-zonatori», lo racconta il suobiografo Ratti, molto prima diGoya e di Füssli o di John Mar-tin, incomincia a inzuppare lasua fosca pittura di gitani, di

ALESSANDRO MAGNASCO PARIGI, GALERIE CANESSO. FINO AL 31 GENNAIO. GENOVA. MUSEI DI STRADA NUOVA.DAL 25 FEBBRAIO 

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Il pittore pitoccoIl singolare autoritratto di Magnasco al lavoro

28 .LA STAMPASABATO 9 GENNAIO 2016

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