Piattaforma UdS verso lo Sciopero Generale

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Unione degli Studenti – Rete della Conoscenza Piattaforma verso e oltre lo sciopero generale Una ribellione generazionale che parla di diritti, dignità e democrazia

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La piattaforma elaborata dall'Unione degli Studenti verso ed oltre lo sciopero generale del 6 maggio 2011

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Unione  degli  Studenti  –  Rete  della  Conoscenza  

 

Piattaforma  verso  e  oltre  lo  sciopero  generale  

 

Una  ribellione  generazionale  che  parla  di  diritti,  dignità  e  democrazia  

 

 

 

 

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Piattaforma  verso  e  oltre  lo  sciopero  generale  

Una  ribellione  generazionale  che  parla  di  diritti,  dignità  e  democrazia.  

Dall’Autunno ad oggi abbiamo visto mobilitarsi una generazione che non voleva essere destinata ad un futuro di precarietà. Posti ai margini dei processi decisionali e politici ed ai margini dei meccanismi economici e sociali, come studenti abbiamo alzato la testa prendendo parola e facendo capire in tutta Europa e nel Mediterraneo che questa generazione ha la capacità di porre un conflitto tale in Europa, e non solo, da porre al centro la propria questione sociale. In questo sistema in crisi, la precarietà diventa anche un sinonimo di crisi democratica. Non c’è ribellione, infatti, contro questo sistema sociale, che non sia anche contro un sistema fittizio di regole democratiche ormai saltate. Il caso italiano, dove si finisce nel trasformare il Parlamento nel mercato dei parlamentari per reggere questa o quella maggioranza è la palese evidenza di questa crisi. Alla crisi della politica e della società vogliamo rispondere con una nuova Primavera, fatta di mobilitazioni capaci di costruire tasselli di cambiamento reale nel Paese.

La distruzione della scuola pubblica avanza.

Dall’insediamento del Governo Berlusconi, nel 2008, le studentesse e gli studenti, i docenti e il personale Ata, in particolare i precari della scuola, non hanno avuto un attimo di tregua. L’attacco frontale del Governo ha avuto una forma inedita rispetto a quella dei Governi precedenti. Nelle passate legislature, dalla Moratti fino a Fioroni, si proponeva un modello di scuola che limitava i diritti degli studenti, che li selezionava in percorsi sempre più accentuati di serie A (licei), di serie B (tecnici e professionali) e quelli di serie Z (formazione professionale), delineando un modello legato alla competizioni e alle aziende. Ovviamente il Ministro Gelmini ha continuato sulla linea che la Moratti aveva intrapreso creando una scuola individualista e schiava della logiche del mercato. Inoltre quello che avviene dal 2008 risulta nient’altro che una cinica strategia di distruzione della scuola pubblica, accompagnata da un corposo finanziamento alle scuole paritarie. I tagli, quasi 8 miliardi in 3 anni non sono solo una semplice cifra, ma un progetto politico chiaro: dequalificare tutto il comparto pubblico della formazione per valorizzare i percorsi di formazione privata. Tutto ciò ovviamente in linea con i processi di mercificazione e privatizzazione del sapere che in Europa portano all’aumento delle tasse, alla privatizzazione di scuole e università.

Quali conseguenze nelle scuole, dopo due anni di tagli?

Le conseguenze nelle scuole hanno una ripercussione quotidiana sulla pelle degli studenti e dei docenti. A pagarne sono i precari, ma anche gli studenti. I migliaia di docenti precari, infatti, costretti a bassi salari e ad una continua interruzione della continuità didattica non riescono a costruire né una formazione continua, né una valutazione reale degli studenti ai quali insegnano. Cambiare docente di anno, in anno, provoca per lo studente un cambio di libri di testo, di metodo di insegnamento e quindi di metodo di apprendimento, provocando una confusione che pochi studenti riescono a comprendere e a reggere, mentre la stragrande maggioranza si affida a ripetizioni private ad altissimo costo. L’assenza poi di fondi per il diritto allo studio sta provocando sempre di più, soprattutto al Sud, ma anche in regioni come il Veneto, un tasso elevatissimo di dispersione scolastica, soprattutto nei tecnici e professionali legati maggiormente al fenomeno degli studenti migranti. L’assenza di politiche reali per gli studenti che hanno un reddito basso e vivono una condizione sociale e culturale difficile provoca l’abbandono dalle aule con conseguente aumento di braccia per il lavoro nero, le criminalità organizzate, il precariato oppure alla disoccupazione diffusa. Non esiste una forma “quadro” nazionale che regoli il diritto allo studio, creando in alcune regioni il “mostro” del buono scuola che premia gli studenti che si iscrivono alle private e con alti redditi anziché le studentesse e gli studenti delle scuole statali con basso reddito. E si permettono anche di parlarci di merito! Il mancato investimento, poi, in strutture scolastiche a norma di legge dequalifica ulteriormente le nostre scuole, senza palestre, laboratori, con aule troppo strette e

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strutture igieniche inesistenti o inadeguate per il numero degli studenti. La riduzione infine delle ore laboratoriali negli istituti tecnici e professionali provoca un ulteriore svuotamento di valore e di qualifica che questi istituti dovrebbero garantire agli studenti.

Altro capitolo. La didattica e la repressione.

Non solo viviamo una scuola senza strutture adeguate, risorse per il diritto allo studio e riduzione del personale docente e tecnico amministrativo, ma i problemi delle nostre scuole sono legate ad un’assenza di rinnovamento delle metodologie didattiche ed ad un’impostazione che va indietro di 40 anni e rispolvera le peggiori misure repressive. La scuola quindi, secondo il progetto della Gelmini, non è più il luogo composto da una comunità scolastica con diritti e doveri che compartecipa alla costruzione della scuola, ma è il luogo ottocentesco della trasmissione delle nozioni, dell’ubbidienza a prescindere al docente, all’assenza di diritti. Non si concepisce, infatti, ogni forma di dissenso e pertanto deve essere repressa. E’ questo lo schema che presidi, sempre più manager delle scuole aziende, hanno cercato di applicare contro il diritto al dissenso che gli studenti hanno manifestato in questo autunno, partendo dal conteggio del limite delle 50 assenze con i giorni di autogestione o occupazioni, giornate in cui gli studenti erano presenti nelle scuole svolgendo attività alternative a quelle tipiche della scuola. Non si può di certo continuare a vivere in una scuola incapace di rispettare i minimi diritti democratici delle studentesse e degli studenti. La repressione del dissenso è lo strumento politico per reprimere le mobilitazioni, ma anche per formare studentesse e studenti senza spina dorsale, incuranti dei propri diritti, pronti a farsi schiacciare in prima battuta dall’autoritarismo dei presidi e in seconda battuta dai padroni nei luoghi del lavoro. L’incuranza poi di sviluppare pratiche didattiche alternative e di accompagnamento alla lezione frontale, sono il segno di una scuola conservatrice, la cui innovazione è solo uno spot elettorale, che nasconde o privatizzazioni o inutili provvedimenti da regime. La scuola italiana resta ancora legata alla trasmissione delle nozioni e continua a non indagare il metodo con cui si apprende lasciando sprofondare gli studenti italiani agli ultimi posti in Europa e con tantissime difficoltà nell’approcciare al mondo del lavoro o degli studi universitari.

Mobilitarsi è necessario per costruire l’alternativa: la nostra AltraRiforma

Quest’autunno il movimento studentesco ha giocato d’anticipo, ponendo una novità: Non solo l’affermazione che non siamo un movimento di conservazione, bensì di trasformazione della scuola e della società, ma anche la pratica quotidiana dal basso della capacità di costruire quest’alternativa. Abbiamo costruito in questi mesi un percorso, come l’AltraRiforma della scuola che ha posto come rivendicazioni nazionali e locali in maniera centrale: Risorse alla scuola pubblica. Pretendiamo l’immediato ritiro dei tagli e investimenti per la stabilizzazione dei precari, per il diritto allo studio, l’edilizia scolastica e l’offerta formativa, partendo da un fondo per il protagonismo studentesco. Bisognerà quindi tagliare le spese militari, tassare le rendite, togliere i fondi alle scuole paritarie, investire i soldi dell’evasione fiscale nell’istruzione. Diritto allo Studio Riteniamo necessario una legge ”quadro” nazionale sul diritto allo studio, una legge che abbia la capacità di inquadrare un unico modello di diritto allo studio, che parta da borse di studio per gli studenti con redditi bassi e medio bassi, gratuità dei trasporti per tutti, comodato d’uso sui libri di testo, agevolazioni sui consumi culturali. Una legge non basta. Occorre aumentare i fondi sul diritto allo studio per rendere reali queste leggi che spesso restano carta morta. Edilizia Scolastica.

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Le nostre scuole cadono a pezzi. La politica è responsabile di troppe morti bianche, nonché di un numero elevatissimo di infortuni nelle scuole. Chiediamo un fondo quinquiennale straordinario di 14 miliardi di euro capace di mettere a norma tutte le scuole del Paese. Cambiare un’altra scuola dal basso Costruire nuovi collettivi, sperimentare lo strumento del referendum ha dato in molte scuole nuova linfa alla partecipazione. Abbiamo poi provato a costruire proposte di merito, anche a costo zero, nelle scuole: La valutazione narrativa: Intendiamo smontare il sistema di valutazione come giudizio o sentenza. Vogliamo essere valutati e non schedati! Per fare ciò è necessario creare un sistema che parta dalla valutazione della scuola e del docente da parte dello studente. Lo studente valuta e si autovaluta e non è solo quindi valutato. La valutazione poi non deve essere fatta esclusivamente sulla base delle nozioni imparate e trasmesse, ma sulla capacità di rielaborare e sul metodo di studio. Ogni mese lo studente e il docente si confronteranno singolarmente sulle mancanze di questo genere. Vogliamo quindi dismettere il sistema del colloquio scuola famiglia ogni 3-4 mesi dove i docenti si lamentano delle mancanze degli studenti e prima intervenire sulle carenze. Didattica alternativa Pensiamo di dover ripartire da una nuova didattica per costruire una formazione di qualità. E’ impensabile pensare che nel 2011 le conoscenze possano soltanto essere trasmesse tramite il semplice approccio frontale che favorisce la distrazione degli studenti nelle lezioni che durano ore, senza alcun tipo di pausa. Bisogna favorire invece un apprendimento partecipato, attivo e dunque più soddisfacente. Ciò è possibile solo utilizzando metodi differenti di didattica come la lezione dialogata, il dibattito, i lavori di gruppo, l’american debate, i giochi di ruolo, la tempesta di idee e tutte le altre buone pratiche a costo zero che allontano lo studente dall’inattività e più facilmente lo conducono ad un reale apprendimento. è inoltre opportuno ricercare forme di didattica legate alla tecnologia o all’arte con presentazioni, video, musiche e collegamenti funzionali a superare le barriere che dividono la scuola dal mondo che gli studenti vivono ogni giorno, sfruttando dunque le particolari attitudini di ogni ragazzo. è necessario ampliare i programmi, stabilire percorsi e collegamenti interdisciplinari ed inserire maggiori riferimenti all’attualità. Le classi, inoltre, non possono essere più disposte con una cattedra a cui tutti devono guardare, ma impostare, come nel resto d’Europa, forme circolari di disposizione dei banchi che predispongono lo studente all’ascolto ed alla partecipazione attiva. Statuto per le studentesse e gli studenti in stages. La volontaria confusione in Italia sulla regolamentazione inerente l’Istruzione professionale, determina sempre più la tendenza di privilegiare percorsi di Formazione che allontanano lo studente dalla vita scolastica, per indirizzarlo verso un percorso formativo gestito da soggetti privati e settorializzati. Questo processo non può che portare ad un’ulteriore avvilimento dei percorsi formativi di natura professionale. E’ evidente che bisogni impostare una seria riflessione su questa situazione, che può essere arginata solo dalla costruzione di una regolamentazione regionale dei percorsi di Istruzione professionale. Situazione similare si ripete nei percorsi di alternanza scuola lavoro, sintomatica la totale assenza di regolamentazione degli stage formativi. In queste settimane all’Istituto Bergese di Genova si è approvato il primo statuto delle studentesse e degli studenti in stages. Una grande vittoria contro lo sfruttamento che ogni giorno gli studenti vivono nei percorsi di alternanza scuola-lavoro. Dobbiamo quindi moltiplicare nelle scuole gli statuti degli studenti in stages per migliorare le condizioni con cui ci si forma negli istituti tecnici e professionali. è necessario uno statuto che tuteli gli studenti sui luoghi del lavoro, che rimborsi trasporti, che verifichi la gratuità degli stages.

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Referendum e Commissioni paritetiche Bisogna implementare la possibilità degli studenti di pesare nelle decisioni all’interno delle scuole. Per questo riteniamo necessario lo strumento del referendum, previsto già dallo statuto, nel caso in cui non ci siano decisioni ampiamente condivise tra studenti e componente docenti nei consigli d’istituto. In questo caso dobbiamo richiedere la consultazione di tutta la comunità scolastica come strumento reale di democrazia per far esprimere tutti sulle istanze che si sono presentate. Le commissioni paritetiche, di pari numero tra studenti e docenti, avranno il ruolo invece di ragionare e redigere assieme il piano dell’offerta formativa in modo da riuscire ad incidere con tutte le nostre proposte nella formazione e nell’apprendimento di tutti i giorni. La scuola come prototipo della società: lo studente-cittadino Modificare il modo di intendere la scuola è necessario per garantire un futuro a questo Paese. Essa non deve essere intesa dagli studenti come un’istituzione lontana, come una prigione o una costrizione, ma anzi come un grande trampolino di lancio verso il mondo. Vivere la scuola, infatti, dovrebbe significare possedere le competenze necessarie per interpretare il presente e non certo, come invece accade oggi, possedere nozioni sconnesse e considerate dalla maggior parte degli studenti inutili. Cambiare la scuola dal basso, attraverso una maggiore partecipazione dello studente nelle scelte, spingendolo all’apprendimento, creando collegamenti tra materie e volgendo i programmi all’attualità, significa insegnare fin dall’età scolare ai ragazzi cos’è la democrazia, restituire allo studente il proprio diritto di cittadinanza ed insegnargli quanto vale. Dunque il cambiamento non può che partire dalla scuola, microcosmo della società, puntando alla creazione non più di alunni sudditi, necessari per il mantenimento dell’ordine, ma di studenti cittadini, capaci di interpretare, modificare e agire sulla società di oggi costantemente in evoluzione. Indirizzare lo studente verso i valori della giustizia, della solidarietà, dell’accettazione del diverso, intendendo la scuola come focolaio di sogni comuni e consapevolezza diffusa, è il passo necessario per rialzare la testa e restituire al sapere il suo valore rivoluzionario. Cambiare la scuola non ci basta: Welfare e democrazia in piazza il 14 verso lo sciopero generale

Dobbiamo costruire un’ampia alleanza, un’opposizione sociale capace di unire le lotte del mondo della formazione a quelle del lavoro. Per questo non è più sufficiente mobilitarsi solo per chiedere un’altra scuola, ma partendo da questo dobbiamo pretendere un cambiamento generale della società. Il 14 Aprile per questo non possiamo che parlare quindi di democrazia, di spazi democratici nuovi. Il Parlamento italiano e questo Governo attestano la loro crisi più profonda. Gli spazi praticamente annullati di contrattazione sociale e la classe dirigente più vecchia e sorda degli ultimi 50 anni ci impongono di scendere in piazza per chiedere un’Altra Democrazia, che sia reale e pronta ad ascoltare le istanze dei soggetti sociali. Scenderemo in piazza quindi anche contro questo Governo autoritario perché di zone rosse nei nostri cortei e di zone rosse poste di fronte alle nostre richieste ne stiamo vivendo fin troppe. Scendere in piazza con tutti il mondo della formazione vuol dire scendere in piazza per un nuovo modello di Welfare. Rilanciamo per questo l’idea di un reddito per i soggetti in formazione, capace di costruire e garantire una vera autonomia sociale ed economica dal proprio nucleo familiare che troppo spesso influisce nella continuazione dei propri studi, nella possibilità di strutturare e scegliere liberamente il nostro percorso di formazione.

Pensiamo che una data come il 14 Aprile sia centrale per preparare un percorso partecipato e di massa verso lo sciopero generale del 6 Maggio, giornata in cui tutte le istanze e tutte le lotte si devono riunire per bloccare il Paese e sbloccare il futuro.