Piani e politiche delle città italiane ed europee - N° 9 febbraio 2008

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Il rapporto è stato redatto da Luca Trepiedi con la supervisione di Carlo Carminucci. Per ulteriori informazioni sull’attività dell’Osservatorio vedi il sito internet www.isfort.it (Sezione OPMUS).

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INDICE

Presentazione Pag. 1 Prima parte IL MONITORAGGIO SULLE CITTÀ ITALIANE “ 3

1. Non basta fermare i vecchi mezzi “ 5

2. Misure antitraffico: molti studi, poche azioni concrete “ 9

3. Lo spazio ristretto dei pedoni “ 12

4. Gestione della domanda: buoni esempi da ampliare “ 15

5. L’alternativa possibile delle biciclette “ 19

6. I segnali controversi del TPL di linea “ 21

7. Tempo di bilanci “ 28

8. Per concludere (un riepilogo) “ 33 Seconda parte ESEMPI ESTERI. OVVERO L’IMPORTANZA DI “COME” SI FANNO LE COSE “ 35

1. Il fronte aperto in Europa “ 37

2. Piani di azione delle città contro l’inquinamento “ 41

3. Piani urbani per la mobilità sostenibile “ 47

4. Risposte durature e nuovi modi di abitare il territorio “ 52

5. Referendum e partecipazione popolare “ 60

6. Un promemoria “ 63

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Presentazione

Con l’attuale testo riprende il confronto sulle politiche di scala urbana per un aggiornamento dello stato di fatto e per una parziale verifica dei risultati raggiunti negli anni più recenti in tema di mobilità sostenibile e governo dei fenomeni critici connessi al traffico.

Nella prima parte si ripercorrono le iniziative in corso in 10 città italiane di media e grande dimensione facenti parte del campione abitualmente monitorato da OPMUS1.

Come in passato interessa per prima cosa documentare l’agenda dei programmi e il complesso delle azioni promosse in questi centri al fine di aumentare la qualità dei trasporti urbani e garantire migliori occasioni di mobilità ai cittadini. Lo studio da questo punto di vista coinvolge ambiti e approcci d’interveneto molto diversi, i quali impongono una certa articolazione degli output di monitoraggio, rispetto ai tempi e ai contenuti. Sondare l’andamento degli interventi infrastrutturali complessi è diverso ovviamente dal “trattare” gli investimenti nei servizi o le politiche di riorganizzazione della sosta e degli accessi, per fare un esempio; pertanto, pur ricercando uno stesso livello di aggiornamento (fine 2007), nel caso delle infrastrutture per il trasporto pubblico ci si è dovuti accontentare di riscontri meno recenti (mediamente le informazioni risalgono a inizio 2007), mentre per alcuni interventi di regolazione e organizzativi si è ritenuto utile arrivare con l’analisi ai primi mesi del 2008.

Seguire l’avanzamento dei progetti infine è anche l’occasione per arricchire l’analisi con le novità del dibattito. Pertanto rispetto al passato trovano maggior spazio nel testo indicazioni sulle misure di miglioramento della qualità dell’aria di cui si parla con crescente insistenza un po’ ovunque: istituzione di zone ambientali, pedaggi antismog, limitazioni ai veicoli più inquinanti. E più in generale si ricercano gli ingredienti di una nuova politica di impulso alla mobilità ciclopedonale e ai trasporti collettivi (migliori standard ecologici del trasporto pubblico, innovazioni come taxi collettivi e car sharing, progressi nell’intermodalità...) avviata negli ultimi anni, impiegando come metri valutativi precisi riferimenti anche fuori dal campione indagato, ad esempio nel confronto con l’esperienza di altre realtà nazionali ed estere significative.

In attesa di affinare l’indagine (altri studi di caso, messa a punto di appositi schemi e indicatori di valutazione delle politiche), tale insieme di confronti e spunti di lettura trasversale (tematica), uniti alla ripresa di alcuni dati ambientali ufficiali o derivati da fonti locali, aiutano a stilare un primo bilancio di efficacia di quanto proposto negli ultimi anni e a riflettere sul “da farsi” per costruire risposte all’altezza della gravità dei problemi.

Nella seconda parte si tenta di indirizzare meglio lo sguardo ai contesti europei che si pongono come punti di riferimento per la qualità delle iniziative promosse, andando alla ricerca di ragguagli e comparazioni utili a ponderare meglio l’entità di quanto fin qui realizzato o messo a progetto nel nostro Paese. L’attenzione ricade in particolare su quattro strategie di programmazione che sembrano tra le più promettenti dal punto di vista dei metodi di intervento e delle ricadute finali:

1. l’elaborazione e l’attuazione dei Piani d’azione per la qualità dell’aria, come approccio organico e intersettoriale al problema dell’inquinamento atmosferico nelle grandi aree urbane;

2. le esperienze di pianificazione direttamente inerenti i trasporti e la mobilità urbana sostenibile - a volte strettamente collegate ai Piani per la qualità dell’aria appena citati - attuate al fine di dotare i centri urbani di una strategia di sviluppo di medio-lungo periodo;

3. la predisposizione di misure “strutturali” contro le auto, come modo di decidere e far passare in loco iniziative di recupero degli spazi di vivibilità, e che si pongono l’obiettivo di fornire risposte durature ai problemi agendo sulle abitudini quotidiane di accessibilità e spostamento;

4. le pratiche di dialogo sociale messe in atto, come scelta di innovazione dei metodi di governo mirati al coinvolgimento dei cittadini e ad ottenere il consenso necessario ad aumentare l’efficacia delle soluzioni tentate.

1 Le politiche promosse in 10 città italiane, Quaderno n. 3, Isfort, Roma, giugno 2005 (vedi www.isfort.it alla sezione

OPMUS). Le iniziative documentate riguardavano: Roma, Milano, Napoli, Torino, Palermo, Genova, Parma, Padova, Cesena (Forlì) e Bolzano.

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Prima parte

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1. Non basta fermare i vecchi mezzi

I “rimedi per l’inverno”

Non c’è quasi ormai città italiana che in vista dei mesi freddi non adotti provvedimenti di limitazione del traffico con l’intento di prevenire le situazioni più critiche dal punto di vista dell’inquinamento atmosferico. Per evitare in particolare l’eccessiva presenza di polveri nell’aria, ma non solo quelle, la Regione Lombardia ad esempio ha deciso il fermo di 8 ore al girono, dal lunedì al venerdì, dei veicoli con bassi standard emissivi (benzina pre-Euro e diesel Euro1) nelle aree di Milano2, Como, Bergamo e Brescia, rimandando altri provvedimenti più drastici, come il fermo totale del traffico, a iniziative da concordarsi con le altre regioni del bacino padano: Emilia Romagna, Piemonte, Veneto e Trentino-Alto Adige.

In effetti lo scorso 25 febbraio 2007 le auto sono rimaste in garage nell’intera area Padana, ad eccezione dei mezzi a trazione alternativa (in gran parte vetture a gas naturale) e dei più recenti veicoli Euro 4; immessi sul mercato dal 2006. Una chiara testimonianza della gravità della situazione e forse anche un segnale di crescita della sensibilità istituzionale circa la necessità di risposte concordate.

E’ certo tuttavia che uno stop così “episodico”, benché applicato su larga scala, non può essere risolutivo. Né in genere poche ore di fermo dei mezzi con alte emissioni possono bastare a ripulire l'aria di città che figurano in assoluto tra le più esposte in Europa. Come a Milano, anche in altre realtà si è cambiato strada dopo aver testato per anni le “targhe alterne” infrasettimanali. Nei giorni feriali si preferisce il blocco delle “vecchie” auto: a Torino per 6 ore, a Firenze per 24 ore, a Bologna e nei principali centri emiliani per 10, a Genova per 11 e così via. Il problema è che tali provvedimenti, forse più “digeribili” per gli automobilisti, risultano essere poco efficaci. Specie al Centro-Nord dove il parco auto è più giovane, complici le molte eccezioni e i controlli blandi dei vigili, i veicoli coinvolti dai nuovi limiti è ben modesto.

Ad esempio stando ai rilievi su strada svolti nel capoluogo lombardo, il blocco del traffico pre-Euro equivaleva nel 2005 a solo il 3% di accessi in meno nell’area urbana (vedi Fig. 1). Considerati gli alti tassi di ricambio dei mezzi, a pochi anni di distanza la portata di tali provvedimenti è forse anche più ridotta.

Fig. 1 - Impatto sul traffico di alcuni eventi a Milano

Rilievi al confine comunale di Milano (febbraio 2004-gennaio 2005). La percentuale è calcolata rispetto ai flussi della stessa giornata in condizioni normali Fonte: Isfort su dati AMA-Comune di Milano, Rapporto sulla mobilità urbana 2003-2005

Altrove i rimedi adottati sono più che altro simbolici. Per stare alle altre città del campione OPMUS, Padova ha deciso il fermo per sole 5 ore dal lunedì fino al giovedì nei mesi da novembre ad aprile; esentando per giunta, come d’abitudine, il periodo di Natale che paradossalmente è il più critico quanto ai i livelli di traffico.

Roma è praticamente l’unico grande centro ad insistere sulla viabilità alternata3, in aggiunta ad altre azioni riguardanti l’area centrale di cui si dirà, e ad eventuali misure inerenti le fasi più critiche. In tutto il provvedimento interessa 12 giovedì pomeriggio da gennaio a marzo 2 Il fermo è stato poi esteso a 12 ore dai primi di febbraio 2007 (misura confermata per l’anno in corso). 3 Anche nel comune di Venezia-Mestre, in aggiunta al blocco dei veicoli non catalizzati (10 ore dal lunedì al venerdì), scatta

la circolazione alternata il giovedì e venerdì dei mesi invernali.

Effetti sui conteggi giornalieri di traffico a Milano

-50%-40%-30%-20%-10%0%10%

Blocco totale del traffico

Giorni festivi

Periodo delle ferie

Targhe alterne

Sciopero dei mezzi pubblici

Blocco del traffico pre-Euro

Giornate con pioggia

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all’interno della “Fascia Verde” (150 kmq) ad eccezione dei mezzi ad alimentazione alternativa e a basso impatto (dal 2008 auto a benzina Euro 4 e diesel Euro 4 con filtro antiparticolato). Nell’immediato sono diverse tonnellate di polveri e di CO2 “risparmiate” (circa il 15% in meno di auto rispetto alla norma4), che non bastano però per uscire dall’emergenza e conformarsi agli obiettivi di qualità dell’aria.

A chi servono i blocchi del traffico?

L’insufficienza di questi rimedi è di ampia evidenza. Al punto che viene da chiedersi a chi giovi tale approccio di intervento (e in parte la risposta è scontata, se si pensa alla spinta che complessivamente ne deriva al rinnovo del parco auto).

Restrizioni così saltuarie incidono poco sui livelli medi di traffico già in un arco settimanale5. Senza contare che anche il messaggio offerto ai cittadini è discutibile, sia perché il ripetersi di misure di emergenza alla lunga genera sfiducia sulle possibilità di risposta alle difficoltà6, sia - e soprattutto - perchè un sacrificio una tantum, o l’accusa di inquinare mossa solo ai “non catalizzati”, distoglie dall’obiettivo principale di favorire abitudini di trasporto davvero ecologiche.

I provvedimenti temporanei infatti sarebbero comunque utili, benché non risolutivi, se aziende pubbliche, enti locali e governo nazionale prendessero i blocchi del traffico come l’occasione per aggiungere nuovi servizi pubblici - che potrebbero muoversi più velocemente con fermi numericamente consistenti -, promuovere le biciclette, incentivare le persone a camminare e dunque sperimentare, un po’ alla volta, un diverso funzionamento della città.

Le migliori esperienze europee e internazionali hanno sposato in pieno questa logica, organizzando all’interno di manifestazioni ed eventi pubblici di promozione della mobilità sostenibile (European Mobility Week, Car Free Days ecc.) iniziative qualitativamente rilevanti (chiusura di intere vie e quartieri alle auto, lancio di nuovi sistemi informativi, presentazione di proposte e piani della mobilità...) e destinate a rimanere nel tempo (Box 1). Al contrario, l’idea assai di moda e ormai prevalente tra gli amministratori italiani di fermare solo le auto appartenenti a una categoria bassa delle diverse classi “Euro” (Euro 1, 2...) ha il difetto di ridurre sensibilmente questa possibilità.

Box 1 - Città partecipanti a European Mobility Week nel 2007

Fonte: www.mobilityweek.eu

4 Stima del Comune riferita al 2006, che era il primo anno di applicazione dell’ordinanza. Dal 2008 nei giovedì a targhe

alterne si fermano sempre i veicoli Euro 0, comprese le moto, e i mezzi diesel con standard fino all’Euro 2. 5 Secondo lo studio citato le “targhe alterne” applicate un solo giorno e il blocco dei veicoli Euro 0 (lunedì-venerdì) portano

la stessa riduzione di flussi (-2,3%) in confronto alla settimana senza provvedimenti. Il blocco totale di domenica invece riduce del 43% il traffico festivo, con un calo del 4,2% sui conteggi settimanali.

6 Per constatare il generale calo della fiducia riposta dai cittadini su queste misure, si rimanda ai risultati dell’indagine Audimob commentati nel 4° Rapporto Isfort-ASSTRA sulla mobilità urbana in Italia, Firenze, 12 aprile 2007 (consultabile al sito www.isfort.it alla sezione OPMUS).

Austria: 39Spagna: 30Francia: 143 Olanda: 310

Romania: 100Ungheria: 63Regno Unito: 59Italia: 43

Qualità delle adesioni

Alcune esperienze segnalate negli anni: • Londra (Camden): misure pedonali e attività connesse

alla “Clear Zone area” • Budapest: Festival con oltre 110mila nella giornata

senz’auto (bus gratuito) • Copenhagen: test pubblico ci alcune misure del Piano di

limitazione del traffico e sicurezza di zona (Mimer-gade) • Glasgow: apertura di circa 5 km ciclabili di raccordo alla

rete esistente Dal 2002 solo Bologna ha avuto una menzione per gli eventi di partecipazione dei cittadini al piano del traffico urbano (anno 2007). Nessuna città italiana è tra i candidati al premio per il 2008.

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Crescono le aree di tutela ambientale di Roma e Torino

Oltre a queste misure transitorie, alcuni piani di azione in tema di lotta allo smog arrivano a proporre interventi molto localizzati, riguardanti porzioni del centro storico, ma permanenti e dunque più legittimi (e utili) in una logica di emergenza. Come esposto nella tavola successiva (Tav. 1) ad esempio a Roma, in parallelo alle limitazioni invernali e di emergenza, vale sempre il divieto di transito di 24h per i veicoli non catalizzati dentro l’anello ferroviario (44 kmq).

Tav. 1 – Limitazioni antismog proposte in ambito comunale (inverno 2006-2007)7

Città Limitazioni temporanee - mesi freddi Misure permanenti

Roma Targhe alterne in vigore (6 ore) per 12 giovedì dentro la Fascia Verde (previste misure emergenziali dal 2° giorno consecutivo di superamento dei limiti di PM10)

Anello ferroviario escluso nei giorni feriali (24h) ad automezzi pre-Euro e moto (1)

Milano Fermo di 12 ore (lunedì-venerdì) degli autoveicoli Euro 0 (benzina) e pre-Euro 2 (diesel)

Torino Fermo degli autoveicoli Euro 0 (benzina) e pre-Euro 2 (diesel) per 6 ore (lunedì-venerdì)

“ZTL ambientale” (2,4 kmq) vietata alle 4 ruote pre-Euro 3(1) e alle moto pre-Euro

Napoli 10 ore di stop per automezzi pre-Euro (lunedì-venerdì)

(misure in vigore da luglio 2007) (2)

Genova Divieto di 11 ore per i veicoli non catalizzati (lunedì-venerdì)

Palermo --- (programmata nel 2008 con la riforma della ZTL)

Padova Fermo di 5 ore (lunedì-giovedì) dei veicoli pre-Euro

Parma/

Cesena

Fermo di 10 ore dei mezzi (comprese le moto) Euro 0 (benzina) e pre-Euro 2 (diesel) (lunedì-venerdì) Blocco totale del traffico di10 ore (giovedì)

Bolzano Stop di 6 ore di auto e moto pre-Euro (lunedì-venerdì) e tutti i gironi (24h) nella ZTL

(!) In una prima fase escluse le moto dei residenti. Dal 2008 l’esclusione è estesa agli autoveicoli diesel con standard Euro1 (2) Fermo permanente degli autoveicoli Euro 0 (lunedì-venerdì); da settembre si fermano gli Euro 1 per 4 ore (lun-mer-ven);

dal 2008 divieto (lunedì-venerdì) esteso anche per le moto a 2 tempi Euro 0 Fonte: Isfort su documenti comunali

Dal 1 gennaio 2007 il limite è esteso ai motocicli Euro 0, che sono tra i principali imputati della crescita delle emissioni di PM10 e CO2 (per i quali il divieto era già valido nei giorni di picco) e dal 2008 si prevedono novità anche per i mezzi diesel Euro 1 (stop ai mezzi registrati prima del 1996).

La direzione sembra in teoria corretta, anche se tutta da verificare nella pratica. Da valutare è l’effettiva determinazione nel far rispettare la misura, obiettivo per cui servirebbe forse potenziare l’informazione al pubblico (messaggi di avvertimento nei principali punti di accesso, campagne stampa ripetute) e soprattutto intensificare il controllo su strada da parte dei vigili. Da rivedere inoltre è anche l’eccesso di regole ed eccezioni al traffico (tra azioni programmate, interventi nelle fasi critiche, misure strutturali) che non solo può generare confusione tra i cittadini ma di norma rende difficile anche valutare l’efficacia diretta di ciascun provvedimento.

Sul solco tracciato dalla Capitale anche a Torino nel 2005 si è istituita una prima area di tutela ambientale nel centro storico (2,4 kmq) in cui vigono precise restrizioni alle auto meno ecologiche dei non residenti. Dall’inizio del 2007 i limiti sono più selettivi (si fermano le vetture fino ad Euro 2) e inerenti altre categorie: veicoli commerciali, mezzi di servizio, veicoli dei residenti o abilitati alla ZTL centrale. E’ un altro segnale positivo benché, come si può osservare dalla Tav. 2, anche qui il panorama molto frastagliato dei dispositivi, spesso sovrapposti con altri permessi di circolazione e sosta (ZTL ordinarie), non rende certamente semplice la comprensione e dunque il rispetto del provvedimento.

7 Al momento di scrivere (dicembre 2007) solo poche realtà hanno pubblicato i nuovi provvedimenti per l’anno 2007-2008.

Da un primo rapido monitoraggio si riscontra una sostanziale conferma delle misure adottate l’anno precedente con parziali eccezioni a Roma e Napoli (vedi quanto citato nella tavola 1), Torino (blocco dei mezzi portato a 11 ore), Padova e Milano (estensione del fermo alle moto Euro 0).

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Tav. 2 – Caratteristiche della “ZTL ambientale” di Torino

Soggetti e tipo di veicoli Limitazioni in vigore (inizio 2007) Limitazioni previste

Autoveicoli dei non residenti Divieto nei giorni feriali (dalle 7,30 alle 19,00) ai veicoli pre-Euro 3 (benzina e diesel)

Moto e ciclomotori Divieto (sempre dalle 7,30 alle 19,00) per omologazioni precedenti alla direttiva Euro 1

Veicoli commerciali (sopra 3,5 ton)

Divieto nei giorni feriali (dalle 9,00 alle 13,00) per veicoli pre-Euro 1

Veicoli commerciali (sotto 3,5 ton) Divieto nei giorni feriali (dalle 9,00 alle 13,00) per i mezzi pre-Euro (benzina) e pre-Euro 1 (diesel)

Da settembre 2007 il divieto è esteso ai veicoli pre-Euro 3

Veicoli speciali (pronto intervento, Enti locali, ospedali, Poste)

Possono circolare in deroga alle nuove limitazioni se almeno Euro 2 (benzina o diesel)

Rilascio/Rinnovo dei permessi per la ZTL centrale

Il rilascio di nuovi permessi è subordinato all'abbinamento con veicolo almeno Euro 3

Da settembre 2008 scatta il rinnovo dei permessi (persone e merci) solo per gli Euro 3

Residenti e titolari di posto auto nella ZTL ambientale

Il rinnovo dei permessi scatta per i veicoli con omologazione almeno Euro 1 (benzina) o Euro 2 (diesel)

Per i residenti l’obbligo di abbinamento con veicoli almeno Euro 3 scatta dal gennaio 2009

Fonte: Isfort su documenti del Comune di Torino

Più controverso il percorso tentato a Napoli, dove già da tempo come detto i divieti agli automezzi pre-Euro interessano l’intero territorio comunale, fatta eccezione per la tangenziale. Proprio nella città partenopea il parziale dietro front all’ipotesi di estendere la misura ai mesi estivi denota tutta la difficoltà a fare di più esponendosi al rischio di forti proteste da parte di automobilisti e categorie produttive (il caso simbolo in questo senso è Palermo8).

Uno sguardo al ruolo delle Regioni

L’esempio di Roma e Torino sembra potersi ripetere altrove e coinvolgere sempre più anche la scala regionale. In questo senso si muovono i divieti permanenti in vigore nei principali comuni toscani9. Restrizioni all’uso dei vecchi mezzi in città (moto a due tempi non catalizzate) si profilano in Lombardia. Inoltre diverse Regioni del Nord pensano all’obbligo del filtro antiparticolato (FAP) per i diesel pesanti10 sulla scia delle misure adottate nei grandi agglomerati europei (cfr. seconda parte del testo), anche se è difficile al momento leggere nel modo di procedere delle istituzioni la spia di una reale svolta in direzione di una maggiore sistematicità e coerenza delle azioni proposte. Poche realtà regionali - cui spetta per legge il ruolo cardine di indirizzo in materia di qualità dell’aria – hanno deciso di attrezzare Piani di azione effettivamente operativi. In diversi casi analizzati (documenti di coordinamento o indirizzo programmatico)11 le iniziative da prendere sono spesso solo enunciate (Tav. 3).

Nel merito le soluzioni tecnologiche (rinnovo dei mezzi, incentivi alla conversione) hanno sovente la preferenza su strategie più strutturate. Rari i documenti che propongono approcci integrati con altre pianificazioni (urbana, trasporti, sviluppo produttivo ecc.) oppure finanziano l’adozione di misure continuative nel tempo, capaci di promuovere nuove regole di accessibilità (sviluppo delle aree pedonali, interventi organici sulla mobilità con bici e TPL, servizi di auto in condivisione...).

8 Nella città siciliana il previsto stop ai mezzi pre-Euro 3 nella ZTL A (storica) e ai pre-Euro nella ZTL B non è mai diventato

operativo avendo l’Amministrazione comunale revocato a fine 2006 tutte le misure di limitazione del traffico sotto la pressione delle critiche. Per l’anno in corso (2008) si è decisa la viabilità a targhe alterne da lunedì al sabato nel solo perimetro della ZTL storica (3,6 kmq).

9 A seguito di uno specifico accordo regionale (2007-2010), l’area urbana è vietata stabilmente ad auto e ciclomotori pre-Euro e ai diesel pre-Euro 2. I motocicli Euro 0 si fermano solo nei giorni di martedì, mercoledì e giovedì (per 10 ore).

10 Il provvedimento della Lombardia (inerente le moto) è stato bloccato dal ricorso del Governo sulla legge regionale (n. 24/206) d’intervento sulla qualità dell’aria. Motivo di scontro tra Regioni e Governo è anche la mancata firma del decreto di omologazione da parte dei ministeri competenti (Trasporti, Ambiente, Sanità) per rendere effettivo l’obbligo di filtro antiparticolato per i vecchi camion in Italia.

11 Si tratta dei Piani regionali di risanamento dell’atmosfera (Campania, Abruzzo e Veneto); delle linee di indirizzo per la pianificazione (Lazio) e dei piano di azione 2006-2007 (Lombardia, Piemonte, Liguria); dei protocolli di intesa o accordi di programma tra Regione ed Enti locali per la qualità dell’aria (Provincia di Bolzano, Emilia Romagna, Umbria, Toscana) elaborati sempre tra il 2006 e il 2007.

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Tav. 3 - Le misure dei programmi di azione regionali antismog (2006-2007)

Regione Campagne informative

Fermi programmati del traffico

Rinnovo del parco mezzi

Incentivi alla

conversione

Sviluppo del TPL

Mobilità ciclopedonale

Accordo Regioni del Nord √ √ √ √

Piemonte √ √ √ √ √

Lazio √ √ √ (r)

Umbria √ √ (e) (e) (e) (e) Veneto √ √ (r) √ Provincia di Bolzano √ √ √ √ (r) (r) Emilia Romagna √ √ √ √ √

Liguria √ √ (r)

Campania √ √ (e) Lombardia √ √ (e)

Toscana √ √ √

(r)=rimandi ai piani di settore (e)=iniziative solo enunciate Fonte: Isfort su documenti regionali

Come eccezioni si può citare l’esperienza emiliana o il Piemonte dove peraltro, specie nel primo caso, si è innescata da anni una proficua cooperazione anche con le Province nella definizione di “pacchetti” di interventi ai quali destinare l’intera disponibilità di spesa (in genere non enorme).

Pur considerata la carenza di risorse investibili, i segnali provenienti dalle Regioni sono in ogni caso mediamente deboli e forse inadatti alla situazione di gravità da molti sottolineata. Il ruolo di impulso esercitato su pochi interventi, l’innalzamento dello standard ecologico del parco veicolare come scelta strategica prevalente e la linea di autonomia lasciata a Province e Comuni rafforzano il rischio di disperdere gli effetti in piccole misure di scarso impatto e mal coordinate.

Solo in casi limitati l’attività di sensibilizzazione pubblica e il livello di informazione istituzionale sul tema si può ritenere soddisfacente.

2. Misure antitraffico: molti studi, poche azioni concrete12

No ai pedaggi urbani (o forse sì)

Un discorso a parte meritano le attuazioni che coinvolgono le realtà del campione sul fronte delle misure più strutturali, dirette almeno in teoria a frenare in misura sensibile il ricorso all’auto e i km percorsi su motore, a cominciare dalle ipotesi di applicazione di pedaggi stradali.

Come rilevato da molti sondaggi13, l’idea dei ticket sull’uso del motore privato in città o nelle vie più trafficate raccoglie una tale e diffusa avversità tra gli italiani, che spiega in gran parte la prudenza con cui i Comuni si inoltrano su questa strada, nonostante l’eco dei successi stranieri e gli studi di fattibilità ordinati un pò ovunque.

L’esperienza recente di Milano di introduzione di un ticket antismog (“Ecopass”), con i continui rinvii e la continua riformulazione dello schema applicativo prima dell’attuale sperimentazione, è solo l’ultima prova della difficoltà a procedere su questo terreno. Nel caso specifico sembra aver pesato anche la scelta “solitaria” del Comune di imporre il ticket antismog a tariffa piena per i non milanesi, che ha causato l’opposizione degli Enti confinanti e l’intervento della Regione a fianco dei residenti dell’hinterland. Tuttavia la contrarietà dei cittadini ha almeno in parte amplificato resistenze ben annidate nelle istituzioni verso il tipo di soluzione proposta14.

12 Il paragrafo riprende in larga parte i risultati di un recente studio sui sistemi di gestione degli accessi delle città italiane,

condotto da Isfort insieme a Federmobilità, a cui si rimanda per maggiori dati e informazioni sulla singola realtà. Vedi Gli strumenti dissuasivi della mobilità privata nelle città italiane: un approfondimento sulle limitazioni alla circolazione e alla sosta, Quaderno n. 7, Isfort, Roma, novembre 2007 (www.isfort.it alla sezione OPMUS).

13 Vedi ancora il 4° Rapporto Isfort-ASSTRA sulla mobilità urbana in Italia, op. cit. 14 Proprio a Milano, in attesa di valutare l’efficacia del ticket di ingresso, riprende quota il progetto di realizzare la

tangenziale sotterranea contro il traffico (tunnel tra San Siro e Linate). Un’idea della precedente Amministrazione comunale, ora di nuovo all’esame di fattibilità tecnica ed economica (è prevista la realizzazione in project financing).

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Il risultato è una nuova formula applicativa in fase di collaudo (Box 2), ridotta nella portata (livelli modesti delle tariffe, ampie esenzioni) e dunque di dubbia efficacia rispetto agli obiettivi antismog. I dati delle prime settimane di attuazione segnalano tuttavia un discreto calo del traffico: tra il 16-20% di auto entranti (-48% di vetture delle classi più inquinanti), e tra il 5-7% di vetture in meno fuori dall’area Ecopass.

Box 2 – Ecopass di Milano: principali caratteristiche (ultima versione)

Fonte: Isfort su fonti varie (Comune di Milano)

Se la storia della pollution charge milanese sembra segnata dal tentativo di non scontentare troppo gli automobilisti, l’unica effettiva sperimentazione svoltasi in Italia, a Genova, è stata del resto abbandonata proprio a causa della cattiva accoglienza pubblica. Nonostante il Sindaco avesse giudicato interessante l'esito del primo test (risalente al 2004), l'area di applicazione molto contenuta veniva ritenuta inadatta a fornire benefici tali da compensare gli impatti negativi dell'iniziativa dal punto di vista sociale e politico: i commercianti del centro e i media locali si erano schierati nettamente contro la misura.

Va anche detto che non si tratta per Genova di un vero stop all’idea dei ticket stradali, come dimostra la scelta di far pagare la sosta dei non residenti in una vasta area del centro (Area Blu)15. Proviene inoltre sempre da Genova una proposta operativa diversa che sembra ottenere una migliore accoglienza collettiva: un sistema di “crediti di mobilità” individuali da spendere per circolare in auto, e gestire secondo le proprie esigenze e facoltà16; il tutto è però attualmente in fase di studio e in attesa di decisioni politiche sul da farsi (il sistema dei crediti andrà comunque incardinato al Piano Urbano della Mobilità in fase di elaborazione).

Insieme agli studi di Milano e Genova si sono fatte ipotesi anche per altre città (Torino, Venezia, Bari), benché di fatto le regole di pagamento della ZTL sul tipo previsto a Roma (e Bologna) sono quelle che si avvicinano di più ad un sistema di pedaggio e dunque dovrebbero risultare un riferimento da cogliere per una politica graduale, mediante la quale provare a risolvere il problema del basso grado di adesione dei cittadini alle limitazioni basate sul prezzo17. 15 Circa 3 kmq, quasi 40mila residenti e 38mila accessi nelle ore di punta. Fonte: Ing. Antonio Rossa del Comune di

Genova, con sui si è avuto modo di chiarire alcuni aspetti della misura. 16 In breve l’ipotesi prevede l’attribuzione di un monte crediti pro-capite da spendere per viaggiare in auto, terminato il

quale si può decidere di acquistarne di nuovi; chi non esaurisce i crediti può invece cedere quelli in eccesso o ricevere in cambio dal Comune altri servizi o biglietti per il TPL. La definizione dei crediti da erogare e le regole di consumo degli stessi crediti sono funzione della tecnologia e degli obiettivi stabiliti dall’Amministrazione: tipo di veicolo, orario di spostamento, alternative disponibili sul territorio (servizi pubblici). Per i dati sull’iniziativa e per le prime ipotesi applicative riferite alla consegna merci nel centro si rimanda al Quaderno n. 7, Isfort, Op. cit.

17 A Bologna il ticket temporaneo d’accesso alla ZTL si paga 5 € al giorno (replicabile max 3 volte al mese) o 12 € per 4 giorni. A Roma da gennaio 2007, l’esborso annuale per i non residenti è di 550 € a veicolo (1,80 € circa per giorno feriale) e i permessi giornalieri sono concessi a 20 € (max 28 volte l’anno).

Il ticket antismog (denominato “Ecopass”) attualmente in fase di sperimentazione è ristretto alla cerchia dei Bastioni, in pratica la parte più interna di Milano (8,2 kmq). Nelle ipotesi precedenti si era parlato di limiti tariffari coincidenti con la cerchia ferroviaria a Nord-Est e con la circonvallazione esterna a Sud-Ovest, pari a 60 kmq di territorio e 770mila abitanti. La fascia di vigenza è dalle ore 7.30 alle 19.30 dei giorni feriali (sabato e domenica dunque l’accesso è libero). L’attuale schema applicativo è a maglie più larghe anche dal punto di vista dei soggetti coinvolti, con costo “pieno” limitato ai non residenti e solo alle auto più inquinanti a partire dai diesel, mentre sono esclusi moto e nuovi veicoli commerciali leggeri anche senza filtro antiparticolato. Nessun ticket è poi dovuto per chi si sposta dentro l’area. Le tariffe seguono gli standard di omologazione dei mezzi: ad es. pagano 2 euro le auto a benzina Euro 1 e 2, e da 5 a 10 euro i diesel pre-Euro 4. Possibilità di abbonamento annuale (da 100 a 500 euro), scontato per i residenti dell’area (da 50 a 250 euro). Gli obiettivi dichiarati della misura sono: -10% di traffico in entrata nell’area; -30% di polveri prodotte; velocizzare il rinnovo dei circa 89mila mezzi stimati giornalmente in entrata; reperire risorse per finanziare lo sviluppo dei trasporti pubblici . Si paga in modo facilitato (via SMS, Internet, con abbonamento) e il controllo è garantito da 43 varchi con telecamere.

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Puntare sul miglioramento delle alternative storiche: ZTL e ZSL

Da rimarcare in breve il percorso in atto a Roma, dove di giorno il centro storico (5 kmq) è da tempo chiuso ai veicoli non autorizzati ma, a causa soprattutto dell’ampio ventaglio di eccezioni e permessi, la misura assicura effetti più modesti di quelli attesi. Si consideri che tra “auto blu”, residenti, commercianti, veicoli di pubblica utilità e altro i contrassegni accordati per la ZTL ammontano a oltre 64mila (dato 2006) per circa 86mila targhe e, in media, si rilevano oltre 70mila passaggi a varchi elettronici funzionanti (dalle 6,30 alle 18,00). Nell’ultimo anno però la disciplina della ZTL è cambiata, prima con l’estensione notturna (venerdì e sabato) e, da gennaio 2007, con l’introduzione di nuove regole di pagamento. La scelta fatta sembra determinare un calo delle pressioni automobilistiche: l’affluenza serale risulta più gestibile, mentre sarebbero oltre il 25% in meno le targhe abilitate (circa 21mila auto) dopo il rincaro dei permessi annuali e il taglio alle autorizzazioni (uno dei tagli più drastici riguarda le “auto blu”). Esiti ancora più robusti sarebbero possibili con nuove scremature ai soggetti abilitati, rivedendo gli orari di carico/scarcio della merci18 e applicando meccanismi selettivi per il rinnovo dei permessi per alcune categorie di veicoli di grossa cilindrata, come i SUV (Sport Utility Vehicle)19. Nel caso specifico, il prosieguo del confronto con le comunità insediate potrà apportare ulteriori aggiustamenti della misura, ad esempio bilanciando le maggiori restrizioni con nuovi servizi di accessibilità ciclopedonali e di trasporto pubblico. Quanto oggi rilevato a Roma sembra comunque evidenziare una strada efficace di intervento, basata sull’inasprimento di regole che già esistono, senza bisogno di particolari “invenzioni” o copiature di schemi applicati all’estero.

Insieme alla ZTL la gestione della sosta su strada è l’altro modo per razionalizzare l’uso dei mezzi privati, e in molti centri storici delle città italiane si trovano già oggi a tal fine divieti (ZSL) e sistemi di pagamento con parcometri, titoli pre-pagati o anche servizi via sms. Anzi i dati indicano un chiaro percorso comune fatto in pochi anni: 90mila stalli a Roma (erano meno di 15mila nel 1996), 55mila a Torino, 23mila a Napoli e Milano - che annuncia un forte impegno in proposito -, 20mila a Palermo ecc.. Tuttavia, basterebbe anche in questo caso apportare alcuni correttivi ai sistemi di gestione attuale per ottenere effetti più sostenuti. Intanto, ampliare l’area di applicazione e i mezzi coinvolti accrescerebbe l’effetto dissuasivo, evitando di spostare i problemi verso altre zone (intasamento dei quartieri limitrofi) o da una modalità privata all’altra (es. dalle auto ai motorini). Le restrizioni inoltre assumono spesso la forma del “disincentivo debole”, come il pagamento di tariffe indistinte e tutto sommato modeste (1 € l’ora a Roma, Palermo e Torino) per la sosta nella maggior pare delle strisce blu; mentre una certa combinazione di regole e prezzi in funzione delle zone e delle categorie di utenze (si paga di più la seconda ora, si penalizza la fermata operativa nelle vie commerciali...) - come esiste seppure in misura minima a Napoli (e Firenze) - aiuterebbe sia l’efficacia finale dell’intervento, sia la sua accettazione pubblica20. Imporre un prezzo poi non significa di per sé incidere sull’uso dell’automobile in città. Sono importanti i controlli e il livello delle eventuali sanzioni, anche dal punto di vista delle risorse incamerabili, così come sono importanti le politiche verso i pendolari o per chi transita a vario titolo da un quartiere all’altro. In questo senso sarebbe utile circoscrivere sia i permessi illimitati per le attività economiche, sia i posteggi aziendali gratuiti o le tariffe speciali riconosciute ai dipendenti di grandi enti e imprese.

A quando nuove regole di accesso?

Dati gli alti tassi di motorizzazione esistenti, chiusure ben calcolate alle auto sono comunque decisive per una politica di pianificazione strutturale della mobilità che tenti di ottenere effetti duraturi. Non mancano peraltro le esperienze di riferimento. Per frenare la mobilità tra i quartieri Bolzano a metà anni ’90 ha adottato una divisione originale della città in “zone colorate” vietate

18 Nell’area oggi è possibile per gli autocarri fino a 35 q effettuare il carico/scarico in un’ampia fascia dalle 20,00 alle 10,00

del mattino seguente e dalle 14,00 alle 16,00. 19 Regola vigente a Firenze. 20 A Roma nell’ultimo anno si è avviato un percorso analogo che, oltre ad aggiungere nuove aree a sosta tariffata (I, II e

XVII Municipio), ha puntato ad alzare le tariffe nelle zone di intrattenimento notturno (Testaccio, Trastevere, presso l’Auditorium) e a ridurle (a 0,50 €) nelle vie limitrofe ai grandi complessi ospedalieri (Policlinico Umberto I, San Giovanni, Santo Spirito, Bambino Gesù).

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alla sosta dei non residenti che ha dato importanti risultati. Altre iniziative ben congegnate si sono riscontrate in varie parti (Cesena, Parma) per una descrizione delle quali si rimanda a precedenti analisi di Isfort (sempre Quaderno n. 3).

Nel Paese varie città medie (es. Bergamo, Pisa, Siena, Terni) sono giunte a liberare ampie porzioni di abitato dalle auto, tramite misure di ZTL o Isole pedonali; altre (Ferrara) hanno introdotto tariffe di accesso per gli operatori commerciali modulate sulle caratteristiche ecologiche dei veicoli. E si è verificato in tali casi una minore congestione stradale che dà spazio alle alternative come bici e mezzi pubblici.

Il bilancio dei progressi è tuttavia meno positivo nei grandi centri. In linea di massima non solo si è mancato di rafforzare la qualità delle iniziative nel tempo estendendo ad esempio i servizi di supporto all’accessibilità (solo Padova, con il progetto sulle merci di cui si dirà, rompe il quadro di sostanziale inerzia). Si è fatto poco negli ultimi anni anche per estendere le misure fuori dai nuclei storici. Roma rappresenta uno dei pochi casi in cui si è proceduto ad aggiungere aree a traffico limitato nei quartieri, seppure con applicazioni tuttora limitate alla notte e al week-end (da settembre 2007 con orario unico 21,00-3,00)21.

Altre esperienze annunciate non si sono invece realizzate come previsto. A Milano, ad esempio, l’idea delle “isole ambientali” decise dal PGTU stenta a prendere corpo. Diversamente da quanto previsto dai piani - attuare rioni con ridotti movimenti veicolari, zone 30 km/h ecc. -, ci si è limitati a produrre interventi di arredo urbano che non intaccano la centralità dell'auto e non recuperano spazi per pedoni, ciclisti e TPL. E’ tuttavia notizia degli ultimi mesi la decisione di frenare l’ingresso alle auto dei non residenti nell’area dei Navigli, noto luogo di ritrovo serale dei giovani milanesi, da cui ci si attendono indubbi benefici in minore affollamento e rumore notturno.

A Palermo il progetto di due ampie isole ambientali nel cuore della città è legato alla necessità di avviare il sistema di controllo elettronico della ZTL22, per cui è stato di recente ottenuto un apposito co-finanziamento dal Ministero dell’Ambiente, insieme ad altri interventi a vantaggio della mobilità sostenibile (percorsi pedonali, bici, car sharing, ecc.)23; in passato nel rinvio della misura ha influito come ovunque la priorità di evitare lo scontro con interessi contrari (attività commerciali insediate). Lo stesso problema esiste a Napoli dove negli ultimi anni, complici i numerosi cantieri aperti in città, si è addirittura ridotta l’area interessata dalle limitazioni del traffico (es. la ZTL a Chiaia è stata in parte revocata), oltre a perdurare un problema accertato di scarsa efficacia dei controlli che limita molto la qualità dei provvedimenti vigenti nel centro antico.

Torino, pur meditando in prospettiva di revisione del PUT un nuovo perimetro delle aree ad accesso limitato (visto anche l’impulso regionale di arrivare al 20% della superficie stradale come maniera per abbattere l’inquinamento), ha ad oggi una ZTL ordinaria dall’estensione molto modesta (1 kmq) e con restrizioni in vigore per una finestra oraria di sole 3 ore la mattina24.

3. Lo spazio ristretto dei pedoni

Le incertezze della programmazione locale sul fronte della sicurezza

Come noto gli incidenti stradali sono una delle prime cause di morte tra i 15 e i 40 anni di età e l’insicurezza legata al traffico veicolare è uno dei grandi temi irrisolti che ovunque nel mondo le città si trovano ad affrontare.

Specifici programmi europei25 in effetti indicano che un problema di protezione esiste non solo per chi guida o usa in generale l’auto o i motocicli, ma anche per i soggetti non motorizzati

21 A Roma si riscontra oggi la più ampia superficie di ZTL d’Italia (6,2 kmq totali). Bologna, Firenze e Napoli detengono

ugualmente da 3 a 4 kmq di ZTL. Milano, Ecopass a parte, beneficia di un’area assai più ridotta e pari circa a 0,2 kmq. 22 Con la stessa motivazione si è spiegato il provvedimento di revoca a fine 2006 delle chiusure programmate del transito ai

mezzi più inquinanti, come accennato al precedente paragrafo 1 (Fonte: bozza di Piano Strategico della mobilità sostenibile, febbraio 2007).

23 Programma di finanziamenti per il miglioramento della qualità dell’aria nelle aree urbane e per il potenziamento del trasporto pubblico (www.minambiente.it).

24 I macro indirizzi di politica della sosta e le ipotesi di restrizione alla circolazione sono stati discussi con l’Arch. Faragiana, coordinatore Area mobilità e trasporti del Comune di Torino.

25 In particolare, si vedano i dati e i commenti espressi nella Comunicazione della Commissione “Programma di azione europeo per la sicurezza stradale. Bilancio intermedio” (Bruxelles 10.2.2006).

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come i ciclisti e per chi intende raggiungere a piedi le mete quotidiane. Mentre però altri Paesi (Francia, Germania, Spagna) hanno imboccato una strada di cambiamento che sta dando dei frutti, l’assoggettamento all’auto nelle città italiane continua senza limiti, sollecitando una riflessione sulle cause che impediscono l’assunzione di risposte davvero influenti.

In senso generale va indicata la mancata attuazione in molti punti del Piano Nazionale della Sicurezza Stradale del 2002, e dunque la necessità di elaborare specifici Piani comunali e regionali capaci di intervenire allo scopo di migliorare i comportamenti di guida, tutelare la funzionalità delle infrastrutture (manutenzione, segnaletica ecc.) e accrescere la protezione degli utenti deboli. Tra le poche eccezioni esistenti va menzionato il Piano per la sicurezza stradale del Piemonte con cui si è formalizzato l’impegno della Regione sui punti della comunicazione, del monitoraggio e della conoscenza dei fenomeni e, a livello pratico, si è adottata una strategia di azione e si è decisa l’istituzione di un fondo per gli interventi da realizzare nelle aree urbane26. Senza dubbio si tratta di un’iniziativa seguire negli sviluppi e casomai provare a ripetere altrove.

Altri limiti riguardano invece l’organizzazione viaria e l’azione del singolo comune finalizzata al recupero di spazi sociali di prossimità, ed è da rimarcare in tal senso l’assenza in Italia di un’effettiva pianificazione di dettaglio, o il suo mancato aggiornamento, che è la prima condizione per puntare a sottrarre stabilmente nuove porzioni di abitato alle auto e programmare interventi per la sicurezza di anziani, disabili, scolari, donne con bambini ecc..

Il panorama di inadempienze al riguardo sembra più chiaro rispetto al precedente monitoraggio. In diversi centri del Sud (circa il 37,5% dei capoluoghi di provincia) manca del tutto un Piano Urbano dei Trasporti (PUT) e il dato nazionale è solo moderatamente più basso (25,5%)27. Dallo spaccato delle città analizzate colpisce anche la ridotta utilità pratica dello strumento (Tav. 5). Si rammenta che da codice della strada per il PUT è prevista una validità biennale, dunque solo in pochi casi (Milano e Roma stando al campione indagato) si può parlare di piani in vigore ai sensi della legge28.

Quel che più conta sottolineare è però la tendenza delle Amministrazioni ad elaborare PUT come strumenti di lunga efficacia, troppo corposi e onnicomprensivi, dunque macchinosi sia da gestire che da aggiornare. L’auspicabile diffusione dei Piani Urbani della Mobilità (PUM) o di altri documenti strategici appositamente previsti per la programmazione di interventi complessi (organizzativi e infrastrutturali) potrebbe servire dunque a restituire il PUT al suo compito primario, contribuendo in tal maniera alla codifica di specifiche linee di intervento di manutenzione e adeguamento viario da realizzare a livello locale.

Tav. 4 – Adozione Piani Urbani del Traffico (PUT) e percorsi della programmazione strategica ad inizio 2007

Comune Anno di approvazione /aggiornamento del

PUT

Piano urbano della mobilità

(si/no)

Piano intercomunale

(/si/no)

Piano strategico (si/no)

Torino 1995/2001 si si

Milano 2000/2003 si

Bolzano 2000 si

Parma (2007) In corso

Padova 2002 si

Cesena (Forlì ) 1998 (1998) In corso

Roma 1999/2005

Napoli 1997/2003 In corso

Palermo 1998 In corso (1)

Genova 1995/2000 In corso si (1) Piano specificatamente indirizzato sul tema della mobilità sostenibile Fonte: Istat, Osservatorio sulle città e Isfort su indagini locali

26 Nel luglio 2007 la Giunta Regionale ha approvato il bando per la presentazione di proposte progettuali relative alla

realizzazione di zone 30km/h all'interno dei centri abitati con più di 10mila ab., prevedendo, per l’anno in corso, un investimento di quasi 3 milioni di euro.

27 Gli Strumenti per la Programmazione, Quaderno n. 5, Isfort, Roma, Settembre 2006 (www.isfort.it alla sezione OPMUS). 28 Proprio a Milano e Roma, in accordo con le linee guida del Ministero dei Trasporti per la redazione dei Piani per la

sicurezza stradale urbana (PSSU), al PGTU si allega il Piano Direttore della Sicurezza Stradale, in cui sono raccolti i dati sugli incidenti e sono codificati i principali indirizzi di intervento.

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Cesena in controtendenza

Il PRIM (Piano Regolatore Integrato della Mobilità) di Cesena attualmente in fase di definitiva messa a punto presenta diversi elementi di pregio che possono essere evidenziati, pur non risolvendo in apparenza il problema della sovrapposizione tra gli strumenti. La presente disamina fa riferimento ad una proposta preliminare disponibile sotto forma di tavole grafiche di sintesi, che attende di essere sviluppata nei particolari per la conclusiva approvazione29.

L’originalità del PRIM consiste nella regolazione su scale territoriali diverse (sul modello del PRG), dall’intero territorio comunale allo stretto ambito urbano fino alla scala di quartiere, e nel concentrarsi prevalentemente su obiettivi di decongestione e sicurezza. In cifre si punta a ridurre del 50% il numero di morti e feriti per sinistri, e a contenere del 10% le auto circolanti entro il 2010; questi obiettivi dovrebbero peraltro servire a rispettare vincoli e target nazionali ed europei partendo da livelli di incidentalità stradale e motorizzazione molto elevati come in genere quelli dei centri emiliani.

Il Piano (Box 3) propone inoltre indirizzi su cui si sta già lavorando e che si tenta di sviluppare ricercando un’utile partecipazione pubblica, già avviata con i lavori dell’Agenda 21 e proseguita con la consultazione degli attori locali (dal luglio 2006) per la prima stesura dello schema di PRIM. Risultano in particolare strategici, rispetto alle linee di azione individuate, non solo il riordino della sosta su strada e la manutenzione (il rifacimento di marciapiedi e segnaletica), ma anche interventi sulle principali alternative all’auto con progetti di breve, medio e lungo periodo, quali: a) la riorganizzazione della rete di TPL e la realizzazione di diversi km di corsie riservate, possibili a

seguito dalla conclusione dei lavori per la ”Secante” da cui ci si attende un forte effetto decongestionante30;

b) un nuovo impegno per la realizzazione di vie ciclabili protette in ambito urbano (fino a 74 km) (vedi anche il successivo par. 5);

c) il potenziamento più generale della sicurezza di ciclisti e pedoni tramite l’attuazione di un programma particolareggiato di interventi che prevede: zone 30 km/h in ambito residenziale, limitazioni al traffico merci, ampliamento della ZTL esistente entro le mura antiche.

Box 3 - Relazione tra obiettivi e azioni del PRIM di Cesena

Specifica attenzione è riservata infine nel documento agli aspetti comunicativi e alla diffusione tra i cittadini di conoscenze sulle connessioni esistenti tra scelte di mobilità, comportamenti di guida, salute e riduzione dell’inquinamento (rientro nei valori previsti al 2010 di PM10 e NO2).

29 Fonti utilizzate: documentazione disponibile sul sito internet www.comune.cesena.fc.it e colloquio telefonico con l’Arch.

G. Baronio del Servizio mobilità del Comune di Cesena. 30 Sulla “Secante” cittadina, attesa da anni, dovrebbe confluire la maggior parte del traffico di attraversamento, liberando

specie il tratto urbano della Via Emilia (e della E-45) dal transito di mezzi pesanti.

SCELTE STRATEGICHE SULLA RETE STRADALE ESISTENTE

1) Indirizzare il traffico di attraversamento sulla “Secante”-E45

2) Ridurre i flussi di traffico su a) circonvallazione sud b) viali urbani

3) Aumentare le corsie bus

4) Completare la rete ciclabile

5) Marciapiedi e percorsi pedonali

Fonte: Comune di Cesena

Ridurre la domanda di mobilità privata (-10% di autovetture)

Aumentare gli utenti del TPL (+ 80% rispetto al 2005)

Aumentare la velocità commerciale (+ 15% rispetto al 2005)

Aumentare la frequenza delle linee (7-10 minuti nelle ore di punta)

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4. Gestione della domanda: buoni esempi da ampliare

Gli interventi sulla mobilità di tutti i giorni (percorsi casa-lavoro)

In molte grandi imprese la figura del Mobility Manager (MM) è già una realtà con cui si cerca di indirizzare dipendenti singoli o a gruppi verso la bici e il TPL, oppure si spingono le persone a condividere l'auto nel tragitto verso la sede di lavoro (car pooling)31.

Sono ormai diverse decine anche le figure pubbliche (MM di area) incaricate di coordinare gli interventi sul territorio e di pianificare la mobilità cosiddetta “sistematica”, che avviene cioè in orari di punta e coinvolge le sedi abituali di attività: uffici, scuole, aree commerciali, ospedali. Si contano per la precisione 57 strutture attive a fine 2006, di cui 51 comunali e 6 di province (tra le quali Milano) o aggregati vasti (Piana Fiorentina). Alcuni di questi solo da poco hanno ufficializzato la nomina, per cui non si hanno notizie sull’effettivo operato32. Tra i vari progetti che possono invece valere di riferimento per successive e più diffuse attuazioni nel campo della mobilità per lavoro, si segnala soprattutto l’applicazione di sconti o “Ticket Trasporto” per i dipendenti delle imprese: una buona idea forse frenata dalla mancanza di risorse nazionali, anche se qualcosa si potrebbe già avviare su base locale come dimostrano i casi citati nella tavola sottostante (Tav. 5).

Tav. 5 – Razionalizzazione degli spostamenti per lavoro: alcuni progetti in corso

Città Descrizione delle iniziative

Torino Tra le azioni del Piano qualità dell’aria, la Regione Piemonte concede per l’anno 2007-2008 un contributo pari al 33% del costo di abbonamento al trasporto pubblico di studenti universitari. Lo stesso vale per i lavoratori di enti e imprese che aderiranno al bando regionale aggiungendo il 20% di contributo proprio.

Roma

Come supporto ai MM delle aziende romane, oltre al software di gestione degli equipaggi di car pooling del personale diretto verso le grandi sedi (Policlinico Umberto I, Università, Campidoglio ecc.), l’ATAC riconosce lo sconto di 100 € sull’abbonamento annuale al TPL romano per chi sceglie l’”auto in comune”. Incentivate le navette aziendali; grazie al fondo di 2,5 milioni di € destinato a cofinanziare i piani di spostamento casa-lavoro sono già attive in diverse realtà (Enel, Enea, Inpdap, Sviluppo Italia ecc.) e altri progetti sono in via di valutazione (Inps, Policlinico Sant’Andrea, Fiorucci ecc.).

Milano

L’intervento della Provincia di Milano presso le aziende del Vimercatese (servizi di navette, TPL, auto in condivisione) coinvolge fino a 64 imprese e 37mila addetti. Il monitoraggio dei risultati conseguiti ha registrato nell’area una crescita del 20% nell’uso dei mezzi pubblici e un calo forse non accidentale dei valori inquinanti (27% in meno di polveri e NO2, meno 15% di CO2). Come misura è da citare lo sconto del 30% sull’abbonamento annuale al TPL riconosciuto dal 2003 da Comune e ATM ai dipendenti di imprese in cui sia avvenuta la nomina del MM (contributo del Ministero dell’Ambiente).

Bolzano

Il Comune di Bolzano fa di più e riconosce l’abbonamento gratuito annuale a tutti gli addetti delle imprese con sede nella zona produttiva Sud. L’iniziativa è nata all’interno del “Patto per la Mobilità di BZ-Sud” che da anni si propone di trovare nuove soluzioni ai problemi di mobilità dell’area. Diverse le azioni promosse in favore dell’accessibilità ciclabile e del trasporto di linea. Da segnalare la campagna “In Bici al lavoro”, già ideata con successo in Germania e Svizzera, con cui il Comune premia chi si iscrive presso il referente aziendale e va al lavoro in bici almeno per 30 volte formando un “bici team” di almeno due persone.

Fonte: Isfort su fonti varie33

A proposito del car pooling, sempre per restare al gruppo di città considerate nell’attuale studio, è da segnalare l’esperienza di Bolzano, dove il consorzio dei Comuni della Provincia dal 2004 mette a disposizione un servizio via internet, che sembra fornire un effettivo contributo alla diminuzione del traffico intercomunale (raccolte delle domande/offerte di equipaggi). Un progetto simile è stato tentato anni fa a Padova, ad opera del locale Ufficio di MM d’area, ed è ripreso oggi anche a Roma.

Il MM coinvolge in più casi le scuole con il proposito di testare nuovi orari di entrata e uscita dalle lezioni (Bolzano) o servizi di trasporto ecologici gratuiti per studenti e personale docente (in vari atenei come La Sapienza, l’Università Roma Tre34, o il Campus universitario Milano-Bicocca). 31 Sono 764 i MM aziendali incaricati a fine 2007 (circa il 20% di quelli attesi), molto concentrati nelle grandi realtà

metropolitane del Centro-Nord. Roma è il comune con il maggior numero di responsabili aziendali incaricati (187), seguito da Milano (106+43 in provincia) e Torino (41). Fonte: L. Bertuccio, E. Cafarelli, III e IV Rapporto APAT sull’ambiente urbano (www.apat.gov.it).

32 Diverse città medio-grandi (Bari, Trieste, Perugia, Catania, solo per fare qualche esempio) hanno nominato un referente territoriale dopo il 2004.

33 www.padovanet.it, www.gvcc.net, www.euromobility.org, www.provincia.milano.it. 34 Offerta di “navette”, bici e moto elettriche per spostarsi da un istituto all’altro.

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Diverse anche le attività educative svolte con le classi (in positivo si segnala Parma35); specialmente l’idea dei “percorsi sicuri” ciclabili o pedonali casa-scuola, sul modello del Bicibus ideato a Reggio Emilia36, è replicata in varie parti (Padova e intorno torinese) con un buona partecipazione dei ragazzi più piccoli d’età.

Sono invece tuttora poche le attuazioni inerenti i poli produttivi. Il piano per le imprese del Vimercatese citato nella tavola è uno dei rari esempi. Iniziative in fase di start up si segnalano anche a Genova, con il progetto di trasporto flessibile per l’Area Campi e con il Piano di mobilità della fiera di Genova in elaborazione37. Il “Patto per la mobilità” di Bolzano-Sud (già descritto nel 1° Quaderno OPMUS) resta tuttavia l’unica esperienza di intervento organico su una porzione di territorio urbano, non solo per quanto riguarda il campione indagato, ma in generale nel panorama italiano (insieme alle iniziative in atto nella zona industriale di Prato38).

Anche da questo punto di vista si può parlare di una limitata diffusione delle strategie di MM, che andrebbe forse meglio compresa nelle possibili cause. Oltre all’influenza di fattori contingenti (es. difficoltà economiche degli operatori e delle istituzioni che dovrebbe finanziare le misure), va forse richiamata l’esistenza di problemi più di fondo dovuti all’atteggiamento dei soggetti implicati: scarsa capacità di progetto delle istituzioni, incerta adesione all’idea delle singole realtà aziendali, delle aggregazioni di imprese, dei sindacati ecc.

I progetti di Logistica urbana (Eco-logistica)

I progetti di logistica urbana volti a ridurre l’enorme numero di camion e furgoni diesel, in genere di vecchia generazione e quasi mai pieni, che occupano le strade cittadine per rifornire i negozi di beni e prodotti di consumo, si scontrano con la difficoltà di superare la fase sperimentale e durare nel tempo. Emblematico è il caso di Genova, dove il progetto pilota “Merci” (distribuzione ecologica di colli nel centro storico) partito nel 2003 grazie ad un contributo del Ministero dell'Ambiente di 1,5 milioni di euro, dopo 19 mesi di attività è terminato a causa dell'esaurimento dei fondi, nonostante i risultati raggiunti e la buona risonanza in varie analisi e studi di settore.

Il caso genovese segue quello di molte grandi città che, da metà anni ’90, hanno cercato di istituire i CDU (centri di distribuzione urbana) non andando però mai oltre la fase di studio: Firenze, Bologna, Roma, Milano ecc.. Il riordino del trasporto merci non è ovviamente abbandonato; restano in campo intanto restrizioni al carico/scarico nelle vie più interne e pregiate, in determinati orari di punta e per particolari tipologie di mezzi più pesanti. Le novità più interessanti vengono però dalle città medie (ma anche Torino si sta muovendo su questa linea39), diverse delle quali stanno allestendo servizi pubblici degni di nota. Il caso più interessante tra le città del campione è quello di Padova (Cityporto) sintetizzato nel Box 4.

A Parma è ormai prossima al via la piattaforma ecologica di smistamento delle merci nel centro storico (Ecocity) allo studio da anni (primo esempio di coinvolgimento esteso alla filiera agro alimentare), e altre realtà propongono esempi promettenti dal punto di vista sia degli effetti sociali e ambientali, sia della tenuta economica dell’attività testata,40 considerato anche che i benefici 35 I risultati del Progetto il Mobilita-ti realizzato con gli Istituti superiori sono stati presentati al seminario ECOMM 2005

"Nuovi stili di vita urbani: la sfida per una mobilità responsabile" (Parma, 27-28 Ottobre 2005). 36 Il Bicibus in estrema sintesi consente agli alunni delle scuole elementari e medie di Reggio Emilia di spostarsi in gruppo,

in bicicletta, accompagnati da adulti (volontari del quartiere o genitori a turno) lungo un percorso segnalato da cartelli; è sufficiente quindi per i bambini recarsi al mattino con la propria bici alle fermate di raccolta per proseguire in compagnia verso la scuola. Alcune di queste prassi di intervento sono raccolte in K. L. Shibel e S. Zamboni, Le città contro l’effetto serra. Centro buoni esempi da imitare, Feltrinelli, Milano, 2005.

37 All’interno dell’iniziativa europea Caravel-Civitas (www.caravel-genova.it). 38 L’iniziativa, di cui Isfort si è occupata nelle fasi d’avvio, è promossa dal consorzio delle 300 aziende presenti nell’area

industriale del Macrolotto 1 (oltre 3.000 addetti). Le soluzioni cui si sta lavorando sono nuovi servizi di trasporto persone (auto in condivisione), distribuzione centralizzata delle merci, riconversione ecologica dei mezzi in dote agli spedizionieri (www.conser-prato.com).

39 Si tratta di un progetto di “van sharing”: condivisione dei furgoni merci per i piccoli negozianti del centro storico che da settembre 2007 non possono più transitare nella ZTL con mezzi pre-Euro 3 (in fase di avvio sono stati stanziati circa 450mila euro). L’iniziativa, insieme ad altri progetti sperimentali di Palermo e Venezia può godere dei fondi resi disponibili da due recenti decreti del Ministero dell’Ambiente (www.minambiente.it).

40 Ad inizio 2005 il Comune di Vicenza ha deliberato il divieto del trasporto merci con mezzi propri dentro la ZTL (esclusi i prodotti deperibili) e contemporaneamente ha avviato il progetto di centro logistico (“Veloce eco-logistic-center”), che funziona da punto di raccolta delle merci ed effettua la distribuzione agli esercizi dell’area storica con 5 automezzi elettrici (Fonte: www.velocelogistic.it). Interessanti iniziative con veicoli ecologici sono in fase di sperimentazione anche a Ferrara (ZTL con divieto di circolazione dalle 0.00 alle 24.00) e si annunciano a Modena e Lucca.

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collettivi di meno congestione ed emissioni inquinanti possono giustificare, in una certa misura, il riconoscimento di sostegni pubblici di incentivo al servizio.

Il pregio di queste iniziative è di procedere nella direzione delle “politiche integrate”: a nuove infrastrutture e servizi si sommano scelte di supporto istituzionali, limiti alla distribuzione con mezzi convenzionali, regole di pagamento o forme di interdizione al traffico nelle ore di punta ecc. Altro carattere distintivo è poi, secondo quanto rilevato, il clima “concertativo” (coinvolgimento di commercianti, autotrasportatori e operatori logistici nello sviluppo dell’idea) senza il quale i progetti sembrano destinati ovunque a fallire.

Box 4 - Merci in città: il progetto-guida di Padova (Cityporto) A Padova dal 2004 è attivo un sevizio di logistica nel centro storico. Ai 19 operatori aderenti è offerta la possibilità di depositare le merci in una piattaforma situata a ridosso della città (Interporto), da dove partono i mezzi adibiti alla distribuzione di varie tipologie di beni, esclusa la merce deperibile. Tali mezzi, alimentati a metano, hanno libero accesso alla ZTL e alle corsie preferenziali per tutte le 24 h. Cityporto è nato su iniziativa del Comune e dell’Interporto di Padova, e opera sulla base di un’intesa con la Provincia, la Camera di Commercio e la locale azienda di trasporto pubblico (APS) che ha garantito, fra l'altro, contributi per un periodo di quattro anni (parte dei quali derivano da un’apposita legge della Regione Veneto). Le statistiche di monitoraggio delineano un buona potenzialità della piattaforma: sono oltre 6.700 le consegne mensili effettuate a settembre 2006, contro le 4.800 del settembre 2005 ed erano 1.300 nello stesso mese del 2004. Per il 60% circa si tratta di ordini che rientrano in una fascia di peso sotto i 25 kg (il 70% sotto i 50 kg). L'entrata in funzione delle telecamere ai varchi della ZTL (inizio 2006), riducendo i flussi abusivi nelle fasce non consentite, ha ulteriormente accresciuto l’appeal del servizio, come dimostrano i dati disponibili: 50% in più di colli recapitati e +30% di consegne complessive nel 2006 rispetto all’anno precedente. Rilevanti anche i risparmi stimati per la collettività (studio dell’Università Bocconi). Nei primi 16 mesi di servizio, si sono calcolati oltre 174mila euro di risparmi su base annua, dovuti al calo di polveri ed emissioni nocive nell’aria, nonché alla riduzione di incidenti e del costo energetico dei veicoli. Riportando il solo valore delle emissioni risparmiate su un arco di 5 anni, si stimano benefici per la società pari ad almeno 1,6 volte il costo dell’attivazione iniziale.

Fonte: Comune e Interporto di Padova (www.interportopd.it)

Il lento consolidamento dei servizi di trasporto flessibili

La rinuncia all’auto passa anche per un’adeguata diversificazione dei servizi di trasporto tradizionali in funzione delle specifiche esigenze della domanda: collegamenti in orari non di punta e in aree disperse (“bus a prenotazione”, navette dedicate), servizi specializzati e caratterizzati da elevati standard di dinamismo, comfort e praticità (es. taxi collettivi). Nella tavola sottostante (Tav. 6) è riportata l’offerta di linee “non convenzionali” in Italia (alcune riguardano le città al vaglio di OPMUS), rispetto alle quali va anche detto che sono allo studio interventi normativi rivolti a fornire maggiori possibilità di sviluppo (facilità di accesso alle licenze per nuovi operatori, incentivi ai Comuni che investono su questi servizi) ad un settore che già da anni nei Paesi europei del Centro-Nord ha un ruolo non marginale all’interno del trasporto urbano.

Tav. 6 – L’offerta di sistemi di trasporto a chiamata in alcune città

Servizio Tipologia Utenti/anno (dati 2005)

Genova “Drin Bus” Bus a chiamata diurno attivo in alcune zone e su percorsi prestabiliti 31.058

Firenze “Personal bus” Servizio diurno “porta a porta” (limitato ad alcune zone dell’area fiorentina) e corse su itinerari fissi in città 127.150

Milano “Radiobus” Servizio notturno a prenotazione, in aree predefinite della città 170.000(1)

Modena “Pronto bus” Bus a chiamata (linea diurna) attivo nel nord città e in alcuni comuni di montagna limitrofi 20.119

Parma “Pronto bus” Servizio notturno (fermate fisse e variabili) 117.615 (1) Stima riferita al 2004 Fonte: Isfort su dati APAT-ASSTRA e fonti locali

Qualche ragguaglio sulle esperienze permette di cogliere la portata delle novità e i passi in avanti rispetto al primo monitoraggio.

Il servizio a prenotazione notturno Radiobus, sperimentato a partire dall’anno 2000 nel centro di Milano, é stato progressivamente esteso ad altre parti del territorio comunale (si calcola un raggio di azione effettivo di 120 km in media al giorno). Non si hanno notizie certe sui risultati economici del

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servizio, implementato grazie all’apporto di contributi pubblici; degli ultimi mesi è invece la notizia di un potenziamento della flotta, composta attualmente da 88 mezzi, tramite l’acquisto di 22 nuovi veicoli ecologici (Fonte: ATM).

Delle molte applicazioni esistenti, tra cui si segnala quella in corso nelle aree a domanda debole della Provincia di Napoli41, rara esperienza in atto al Sud, il bus a chiamata di Parma (Pronto bus) si pone come importante esempio di successo per le medie città. Il meccanismo di funzionamento prevede l’abbinamento di fermate prestabilite (stazione ferroviaria, teatri, cinema, discoteche) a percorsi variabili in relazione alle chiamate degli utenti; con circa 1.200 fermate è facilmente raggiungibile ed è ormai un punto di riferimento per i pendolari serali e per chi frequenta il centro di notte42.

Altra iniziativa interessante riguarda Genova dove si sta tentando di dare vita ad un’apposita “Agenzia per i servizi flessibili” con cui sviluppare in maniera coordinata i diversi sistemi di trasporto innovativi43, tra i quali rientra il taxi collettivo testato senza troppo successo già qualche anno fa. Una forma di servizio collettivo, il“multi taxi”, esisteva fino all’inizio del 2006 anche a Roma su 8 percorsi fissi nell’area Nord; le linee sono state poi sospese a causa del contenzioso del Comune con la società che si era aggiudicata l’appalto per la gestione.

Infine anche in Italia, sebbene di nuovo solo nel Centro-Nord, esiste un “drappello” di cittadini disposti a lasciare l’auto propria e servirsi di mezzi condivisi (car sharing), per ampliare i quali servirebbe forse fare maggiore pubblicità al sistema44 e investire in tecnologie (informatiche, di gestione satellitare) capaci di accrescerne l’affidabilità. Non manca però uno spazio di sostegno locale, in cui far rientrare ad esempio: a) una politica dei parcheggi coerente (compresa la difesa della sosta legale e il controllo degli

spazi su strada riservati al servizio); b) l’inserimento del car sharing nella progettazione edilizia (come avviene in alcuni quartieri

tedeschi pensati per un uso ridotto dell’auto individuale); c) una maggiore integrazione con l’offerta di TPL sul territorio; d) puntare sugli Enti pubblici, con i propri organici, come primo cliente.

Per citare qualche dato concreto, Torino e Genova sono ad oggi le prime realtà per km mensili percorsi dalle “auto in condivisione” in un anno (rispettivamente 91mila e 66mila), con un numero di utenti inferiore solo a quello di Venezia dove l’associazione al servizio è però gratuita (Tav. 7).

Tra le altre città del campione, Milano ha irrobustito il servizio nel corso del 2005 ed esiste un piano di Provincia e Legambiente per lo sviluppo dell’iniziativa nell’hinterland (si attendono 22 nuove aree di sosta in 11 comuni del milanese).

41 L’iniziativa di Napoli coinvolge la società di trasporto CTP ed è realizzata all’interno del Progetto AGATA (Programma

comunitario INTERREG IIIB MEDOCC). Oltre all’esperienza “Pilota” realizzata dall’ATAF di Firenze nel comune di Campi Bisenzio (Personal bus), altre applicazioni si segnalano nelle aree a bassa domanda di Bologna e Modena (Pronto bus), Cremona (Stradi bus), Trento (Elasti bus).

42 Dal catalogo di “buone pratiche” per la mobilità sostenibile della Regione Emilia Romagna, www.ruotepuliter.it. Nel 2003 si è aggiunto un Pronto Bus Extra diurno (sempre a prenotazione) alle aree di montagna della provincia. Il “modello” si è poi riprodotto a Fidenza (Pronto bus) con un buon impatto sui numeri generali: + 118% di passeggeri del TPL nel 2004 (vedi www.tep.pr.it.)

43 L’idea, sviluppata all’interno dell’iniziativa europea Caravel-Civitas, prevede l’istituzione da parte dell’AMI (Agenzia Mobilità e Infrastrutture del Comune di Genova) di una struttura con ruolo di coordinamento e gestione integrata delle diverse forme di trasporto “a domanda”: dal car sharing, al bus a chiamata Drinbus (già attivo in 3 aree del capoluogo), allo sviluppo di un nuovo servizio per i passeggeri con ridotta mobilità, fino al rilancio del taxi collettivo.

44 Di recente le politiche nazionali si sono poste il problema. Si può infatti usare l’incentivo statale per la rottamazione delle auto euro 1 e 2 per iscriversi al car sharing: abbonamento gratuito il primo anno e sconto del 50% sul secondo; 800,00 € di bonus a valere sui costi di utilizzo per un periodo di 2 anni.

Città Data di avvio Utenti Auto ParcheggiTorino Novembre 2002 1.293 94 56 Genova Luglio 2004 1.240 49 33 Roma Marzo 2005 305 10 5 Milano (1) Settembre 2001 1.017 36 16 Milano (2) Aprile 2005 nd. 66 20 Bolzano* Ottobre 2002 40 2 1 Modena Aprile 2003 223 17 13 Rimini Marzo 2003 37 5 4 Palermo* Inizio 2003 40 20 2 Venezia Agosto 2002 1.916 41 9 Bologna Agosto 2002 1.350 36 19 Firenze Aprile 2005 606 22 18 Parma Febbraio 2007 In programma 10 5

Tav. 7 - Il quadro di riepilogo del car sharing ad inizio 2007

* Servizio dimostrativo Fonte: Isfort su dati ICS e indagini locali

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A Palermo invece l’auto in comune è tuttora in fase dimostrativa; da tempo è annunciato un potenziamento del servizio, ma si è ancora in attesa di novità45.

Resta infine modesto il servizio di Roma avviato dall’ATAC nel 2005 (a partire dal III Municipio) in collaborazione con Legambiente, e composto al momento da una flotta di sole dieci vetture. In fase embrionale anche il car sharing di Parma, che ha inaugurato l’attività a febbraio 2007 con una flotta di 10 auto e 5 parcheggi.

5. L’alternativa possibile delle biciclette

I Piani di sviluppo della rete dedicata al pedale e in generale le iniziative portate avanti dagli uffici della mobilità ciclabile, fioriti in molte località della Penisola, costituiscono il principale segnale di novità degli ultimi anni. Volendo richiamare brevemente alcuni dei percorsi seguiti, tra le città monitorate importanti iniziative sono in svolgimento da tempo a Parma e Cesena, e sono parte del generale potenziamento in atto in tutta l’Emilia Romagna che, si stima, abbia portato in pochi anni al raddoppio della rete ciclabile in uso nei 12 centri sopra 50mila abitanti.

Nel caso specifico di Cesena si è partiti nel 1999 con 15 km di piste e al 2006 sono diventati 54 i km realizzati o in corso d’opera46. Già oggi circa il 18% degli spostamenti in ambito urbano avviene su pedale e sono pianificati ulteriori lavori di completamento e messa in sicurezza della rete (fino a 74 km). A Parma i collegamenti si sono sviluppati in connessione alla decisione del Comune (anno 2003) di estendere la zona centrale interdetta al traffico, accompagnando una già spiccata vocazione dei parmensi per la mobilità ciclopedonale nei movimenti per il tempo libero e per l’accesso ai luoghi di relazione47. La rete dedicata alle due ruote in cifre è passata nel medesimo tempo da 51 km a 71,5 km, e sono programmati interventi fino a raggiungere i 90 km di sviluppo totale, rendendo più sicura e fruibile la viabilità su pedale. Un apposito piano provinciale stanzia inoltre 1,3 milioni di € in aggiunta a quelli comunali per finanziare 6 percorsi di valenza turistica.

Sempre a Parma, l’introduzione del servizio di “bici in condivisione” (vedi Box 3) rappresenta oggi un’esperienza interessante nel senso dell’intermodalità sviluppata da tempo in molte città estere, e che sembra poter evolvere in prospettiva anche nel nostro Paese. L’idea di replicare tale iniziativa sembra attrarre diverse amministrazioni monitorate, ma è vero anche che varie forme di noleggio delle bici esistono già da anni nei principali parchi urbani a Torino, che forse tra i grandi centri è il più orientato al potenziamento della viabilità ciclistica48, a Bolzano (area della Stazione) e ancora a Cesena e Forlì (servizio “C’entro in Bici”)49.

A partire da queste realtà, adattare i mezzi pubblici al trasporto di bici può incoraggiare sempre di più i percorsi combinati: treno pendolare, autobus e bici per una fetta importante di cittadini della periferia che mantiene una constante relazione con il centro storico sia nel tempo libero, sia per le funzioni essenziali di studio o lavoro50. Dopo Torino, tra le grandi città consistenti investimenti comunali si segnalano anche a Roma dove è stato redatto il “Piano della ciclabilità”, anche se i risultati visibili devono ancora arrivare51. Stessa considerazione vale per Milano, dove 45 Si presenta molto simile ad un servizio di auto a nolo: anche i non iscritti possono affittare i 20 mezzi elettrici disponibili

nelle 2 aree di sosta della locale azienda di TPL (AMAT). 46 Di questi fanno parte le tratte ciclabili lungo il fiume Savio verso Cervia e quella Cesena-Cesenatico molto frequentate

durante l’estate da turisti e villeggianti. 47 Tra il 40% e il 42% dei cittadini di Parma utilizza la bici o va a piedi tutti i giorni (il 44% nel tempo libero). Sempre nei

giorni feriali in media usa la bici il 22% dei residenti (Fonti: indagine Isfort 2005, sondaggi SIMP del settembre 2005 e ISPO del maggio-giugno 2004).

48 Un robusto “Piano degli interventi ciclabili” prevede il passaggio dai 77 km di rete esistente ai 360 km nel 2011, di cui 290 su strada e 70 nei parchi.

49 “C’entro in bici” consente l’utilizzo dello stesso sistema di prestito in 30 comuni italiani tra i quali proprio Cesena e Forlì, ma anche Roma (Università Roma Tre), Modena, Ravenna, Verona, Trento.

50 Tale opzione potrebbe ricevere un forte impulso dalla ratifica della “Carta dei diritti dei passeggeri internazionali” promossa dal Parlamento europeo, con sui si è stabilito a inizio 2007 che tutti i treni devono essere provvisti di un’area dedicata al trasporto di bici e che le compagnie ferroviarie sono obbligate ad eliminare qualsiasi ostacolo all’accesso delle bici nelle stazioni.

51 Ad oggi solo lo 0,3% degli spostamenti urbani avviene su bicicletta. Per aumentarne l’uso nel 2005 il Comune ha redatto un “Piano quadro” con cui sono state progettate 22 km di nuove piste e realizzati 370 posti bici nei principali nodi di scambio (fermate metro e ferroviarie), oltre ad attivare il trasporto della bici sui mezzi pubblici (il fine settimana sulla Metro B e sulla ferrovia Roma-Lido di Ostia).

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il recente Piano comunale punta per il 2011 al raddoppio della rete (fino a 131 km), scommettendo su un ampio potenziale di crescita della mobilità ciclabile sul corto raggio.52

Se Milano rilancia sostanzialmente quanto previsto in precedenti documenti di programmazione con scarse realizzazioni, a Padova l’ufficio biciclette ha già avviato importanti iniziative di supporto tra cui l’installazione di aree di sosta protette presso uffici pubblici e scuole, oltre alla messa in sicurezza dei principali tratti ciclabili urbani.

E’ però Bolzano, tra le città del campione, che negli ultimi anni ha dato maggiore impulso all’uso quotidiano della bicicletta. All’incirca il 17% degli spostamenti nel capoluogo avvengono su due ruote, percentuale che sale al 20% nei giorni feriali (24% nei mesi estivi). Un dato che premia il lavoro svolto da metà anni ’9053 per dar vita a un vero e proprio “sistema” di rete ciclabile (25 km totali) organizzato su 8 assi portanti (ciascuna con un suo colore identificativo) e diverse vie secondarie di penetrazione nei quartieri (Fig. 2), a cui si è aggiunta una strategia di marketing delle due ruote: diffusione di mappe tascabili dei percorsi, rifacimento della segnaletica, eventi di sensibilizzazione delle giovani generazioni ecc.

Fig. 2 - La diffusione della bicicletta a Bolzano

Fonte: Comune di Bolzano

Evidenziate le buone pratiche promosse (altri esempi toccano vari centri medi del Nord come Ferrara, Mantova, Ravenna...) l’impressione è che, seppure rilevanti, le iniziative citate non mutano un quadro di interventi complessivamente insufficienti, che vede rafforzare le risposte specie nelle realtà già attrezzate o ben disposte verso il pedale, mentre molti grandi centri, al Sud come al Nord (Milano, Palermo, Roma, Napoli), restano assai poco ospitali per i mezzi a pedale.

In parte esiste anche un problema oggettivo di scarsa “pedalabilità” di molti centri di collina o con netti dislivelli “verticali” (Genova e in parte Napoli e Roma). Ma è indubbio che, a prescindere da questa inadeguatezza strutturale tipica dell’ambiente urbano italiano, molto di più può essere fatto per incentivare l’uso della bici in quelle realtà non proprio inaccessibili fisicamente, supportando con una “politica nazionale” quanto già sperimentato e organizzato in forma spontanea dai singoli centri, e che peraltro appartiene alla storia sociale ed economica del Paese.

52 Il programma prevede a partire dal 2008, oltre alla manutenzione e alla messa a sistema delle tratte esistenti, interventi

sulla sosta, forme di bici in comune, investimenti in comunicazione, ipotesi di certificazione della qualità degli itinerari ciclabili.

53 Il piano per la mobilità ciclistica risale al 2000, con l’incarico affidato all’Ecoistituto Alto Adige di riprogettare la rete esistente e sostenere le già forti attitudini pro bici degli abitanti di Bolzano e provincia.

1) Centro Storico-Ospedale 2) Tribunale-Palasport 3) Lido-Palasport 4) Cardano-Bivio 5) Centro Storico-Oltrisarco 6) Ospedale-Maso della Pieve 7) Gires-Fiera 8) Accademia Europea-Castel Roncolo ---- Percorsi di collegamento

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Al momento non esiste in Italia un apposito Master Plan (o un Servizio Nazionale per la Mobilità ciclistica) come quello adottato in altri Paesi europei (Paesi Bassi, Regno Unito, Germania, Danimarca), tramite il quale individuare una strategia diffusa e pluriennale d’investimento in servizi e infrastrutture ciclabili.

Al contrario, i problemi di finanza pubblica hanno per anni ostacolato il ri-finanziamento delle leggi di spesa approvate negli anni ’90 (366/1998), togliendo in pratica il tema dello sviluppo della mobilità su pedali dall’agenda nazionale54. Sia arriva così al livello veramente basso di 5 € annui spesi in media per abitante, calcolato prendendo a riferimento 10 tra i maggiori comuni italiani (survey promossa dall’APAT).

Box 5 – “Bici in comune” e intermodalità (casi italiani e internazionali) Per molto tempo si è creduto che il noleggio delle bici potesse interessare sopratutto i turisti e chi pedala nel tempo libero, mentre in più parti d’Europa il prestito di bici concorre a soddisfare le esigenze di movimento anche di pendolari e residenti. In questo caso è il Comune che mette a disposizione, gratuitamente o a prezzi “politici”, i mezzi nei punti nodali di origine e destinazione (stazione di treni o metro, terminal bus, università, grandi parcheggi). A Copenaghen è comparsa a metà degli anni ’90 una delle prime esperienze (circa 2.200 mezzi disponibili inserendo una moneta come per il carrello al supermercato) poi estesa ad altre città del Nord: Berlino e Monaco (il servizio è gestito dalle ferrovie), Stoccolma, Vienna, Bruxelles. Varie realtà come Lione, dal 2005, e oggi Parigi e Barcellona, hanno replicato l’esperienza, e Londra si appresta a farlo nei maggiori scali ferroviari pendolari. A Lione (3.000 bici) e Barcellona (1.500 bici che saranno 6.000 entro metà 2008) in particolare il servizio è gestito da imprese di pubblicità che recuperano parte dei costi tramite la vendita di spazi commerciali. Per avere un’idea delle auto “risparmiate” si può ricordare che per Lione si parla di oltre 30mila utenti al giorno; il neo-nato servizio a Parigi ha prodotto 4 milioni di noleggi in due mesi (50-70mila per giorno). Sono inoltre già 80mila gli abbonati e 20mila gli utenti giornalieri del nuovo servizio a Barcellona. Più modeste le esperienze avviate in Italia. Un servizio di bike sharing è attivo a Parma da dicembre 2005 e funziona anche qui semplicemente prelevando la bici da una delle 10 stazioni di distribuzione automatica, dietro il pagamento di una minima cauzione (10 €) e della quota d’iscrizione annuale (25 €): la 1^mezz’ora è gratis e poi si paga 0,80 € ogni mezz’ora (oltre la 3^ora 1 €). I mezzi offerti sono in totale 100. Molte città vorrebbero seguire l’esempio (Bari, Prato, Milano, Roma). Un servizio analogo sarà istituito nel centro di Torino e in altri comuni di cintura, con progetti pilota finanziati dalla Regione. Interessante il proposito di arrivare ad unica card per bici e TPL piemontese, formula promozionale già presente limitatamente al centro storico di Parma (Mobility card). A proposito ancora dei percorsi autobus-bici a Roma l’assessorato all’Ambiente ha promosso un “Tavolo sull’intermodalità” al quale siedono tutti i soggetti interessati: istituzioni, associazioni di ciclisti, gestori del TPL e proprietà delle reti. Fonte: Isfort su documentazione varia

6. I segnali controversi del TPL di linea

Migliora localmente la qualità e il profilo ambientale dei mezzi

Il percorso di qualificazione dei trasporti pubblici urbani sembra procedere in maniera sufficientemente spedita per quanto riguarda alcuni aspetti del servizio erogato, come l’età media degli autobus di linea: un miglioramento che gli utenti ovviamente “godono” in maggiore comfort e affidabilità delle corse, anche se i dati reali indicano il persistere di differenziali territoriali molto forti. Grandi aziende come ATM di Milano o ATAC di Roma hanno messo su strada numerosi autobus nuovi e hanno oggi flotte molto giovani (4-6 anni). Anche ANM e CTP di Napoli hanno rinnovato il parco (per il 12% negli ultimi 3 anni) grazie ai consistenti investimenti della Regione. Lo stesso dicasi per la GTT a Torino, che si segnala per un forte indice di investimento in nuovi mezzi e tecnologie55. Le imprese di minori dimensioni o attive nel Sud d’Italia (Palermo, Messina, Sassari) invece risultano mediamente più indietro nel percorso di rinnovo dei mezzi di linea (l’anzianità sale a oltre 12 anni).

Insieme al miglioramento della funzionalità e del comfort connessi al ricambio del parco autobus56, è da notare l’impegno per accrescere il profilo ambientale dei mezzi che, localmente (es. Torino, Bolzano, Parma tra le realtà al centro della presente disamina) sembra produrre

54 La legge 336/98 impone agli Enti proprietari delle strade di realizzare percorsi ciclabili, sia in adiacenza di nuove

costruzioni viarie, sia nel caso manutenzione straordinaria di quelle esistenti. In aggiunta l’art. 18 della legge 472/99 impone ai comuni l’impiego del 10% almeno delle infrazioni al Codice della Strada per azioni in favore dell’utenza debole.

55 Mediobanca-Civicum, Le società controllate dai maggiori comuni italiani, 2007. 56 I mezzi climatizzati sono oltre il 60% a Milano e Roma e su percentuali di poco inferiori a Torino e Napoli (ANM) e

Genova. Nel capoluogo lombardo oltre il 68% di autobus di linea è a pianale ribassato, quota che è molto alta anche a Torino (57%), Roma e Genova (oltre il 50%).

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effetti sostanziali e non di facciata57, sebbene i nuovi investimenti riguardino in percentuali tuttora molto alte il diesel; si consideri che la principale alternativa, il metano, riguarda oggi solo circa il 10% degli autobus di linea dei centri con oltre 100mila abitanti.

Fig. 3 – La conversione del parco pubblico. Una panoramica

Fonte: elaborazione Isfort su dati ASSTRA-APAT (anno 2005)

Passi in avanti si notano su altri aspetti di servizio, anche se di nuovo l’innovazione non procede dappertutto ai ritmi sperati e i progressi in tema di informazione all’utenza, incentivi all’intermodalità (biglietto unico sosta e metro) e facilitazioni di pagamento (sistemi elettronici e forme di abbonamento a zone) sono percepibili soprattutto nelle grandi città58.

Riguardo in particolare all’integrazione tariffaria, in aggiunta ai casi di eccellenza di Napoli (13 operatori regionali, un solo biglietto di viaggio sulla rete metropolitana) e di Bolzano (sistema integrato provinciale basato sull’acquisto di tessera a scalare chilometrica e sconto del 50% per i residenti), si segnala l’impegno di arrivare rapidamente al sistema integrato della Provincia di Padova per tutti i servizi su gomma e ferro. La tariffa unica regionale è anche un progetto della Regione Emilia Romagna, anticipato dall’ATR (Agenzia per la mobilità di Forlì e Cesena) che ha reso disponibile lo stesso biglietto per muoversi in entrambi i centri.

Il quadro è in movimento anche sulle proposte commerciali: a Roma il TPL è gratis per gli over 70 come per i bambini fino a 10 anni (anche a Milano); riduzioni significative per gli studenti si hanno a Bolzano, mentre a Parma e Cesena si sostengono particolarmente i pensionati. Tutti segnali positivi che non soddisfano però interamente l’esigenza di ulteriori innovazioni per allineare le città italiane agli standard di molte capitali europee dove promozioni sociali (es. a Londra anziani e disabili non pagano il ticket, il viaggio casa-scuola è gratis per gli under 18) e vantaggi nell’uso di soluzioni tecnologiche (carta magnetica ricaricabile, city card ecc.) sono ormai la regola.

Infrastrutture urbane e TPL, un rapporto ancora complicato

Nonostante i progressi citati, nell’insieme le condizioni operative del TPL permangono molto critiche e, salvo alcune eccezioni, poco si è fatto finora per fornire priorità e “brio” ai mezzi di linea. Si stima in effetti che nell’insieme solo il 7,5% de 40mila km di rete di TP urbano viaggi in sede propria. Rispetto ai servizi in superficie, a Roma ad esempio i km protetti sono 103 su 2.180 km di rete, pari circa al 4,7%. Valori superiori al 6% si riscontrano Milano, Torino e Palermo (Fonte: APAT). E’ evidente, tuttavia, che una seria politica a vantaggio dei trasporti pubblici esige un forte incremento di questo dato specie nelle grandi città molto congestionate dal traffico, che pure per difficoltà oggettive (insufficiente spazio stradale) o scarso impegno (capacità) politica non si riesce a realizzare. L’esempio di Roma (con Napoli, Padova e Palermo una delle realtà in cui gli autobus viaggiano più lentamente) è emblematico.

57 La conversione a metano degli autobus di linea avanza specie nei capoluoghi del nord est, tra i quali Bolzano (37% della

flotta), Parma (26%) e in genere nei centri emiliani. In talune realtà del centro Italia (Perugia, Terni, Ancona) circa il 30% del parco funziona a metano. Da notare in positivo il dato di Ravenna e Cosenza, che possono vantare oltre il 60% di veicoli a metano e due tra le flotte più giovani d’Italia. Tra le grandi città Firenze, Bologna e Torino sono quelle che hanno effettuato gli investimenti maggiori su queste tecnologie. Biodisel: di recente, dopo varie sperimentazioni a Ravenna, Pesaro, Padova, anche Roma ha annunciato l’introduzione del Biodiesel nel TPL (Accordo di programma tra Regione, Comune, Organizzazioni professionali dell’agricoltura e aziende di TPL).

58 Vedi il sistema “Unico” nel napoletano, “Formula” nell’area metropolitana di Torino, “Bit” Metrobus nel Lazio. Valide integrazioni con l’hinterland si hanno anche a Genova, Trieste, Firenze e Palermo.

Alimentazione dei mezzi di superficie TP urbano

0,0

10,0

20,0

30,0

40,0

50,0

60,0

70,0

80,0

90,0

100,0

Torino Padova Genova Parma Roma Napoli Palermo

GasolioMetanoElettriciIbridiFilobusTram

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I ”corridoi della mobilità” indicati a ragione come l’elemento qualificante della politica di rilancio del TPL nella Capitale (PROIMO, nuovo PRG), dovevano essere realizzati diffusamente entro il 2003, mentre ad oggi si aspetta ancora l’ultimazione di un primo asse (Viale Togliatti)59 e altri percorsi riservati in prossimità dei capolinea attuali o futuri della metro sono solo in fase di inizio dei lavori (Anagnina-Tor Vergata60) o progettazione (Rebibbia, Portunese, Laurentina ecc.).

Al riguardo è di questi mesi l’annuncio di un lunga corsia per il filobus nella zona Eur-Laurentina (38 km), che dovrebbe concludersi nel 2010 e sarà dunque il banco di prova delle procedure rapide consentite dai poteri commissariali del Sindaco. Ad ogni modo proprio l’esperienza recente del filobus - previsto su dieci tratte e funzionante per ora solo sulla linea 90 express da Termini a L.go Labia, peraltro in modo ridotto61 - offre significative indicazioni più generali sulle difficoltà oggettive che comporta intervenire in ambienti molto costruiti e di pregio storico-artistico. Sullo stesso punto la nota diatriba riguardante il tram di Firenze (Box 6) offre importanti elementi di riscontro che vanno richiamati nonostante si tratti di una realtà esterna al gruppo-base di città analizzate: sia i contrasti locali sul tracciato, con il Comune che solo oggi annuncia l’avvio di un vero percorso di partecipazione, sia l’attesa dei permessi definitivi del Ministero hanno fatto accumulare forti ritardi rispetto ai programmi previsti per l’esecuzione di un’opera decisiva per la mobilità cittadina.

Box 6 - Difficoltà realizzative: il tram di Firenze

Fonte: Comune e sito ufficiale della tranvia di Firenze (www.tramvia.fi.it)

Comunque sia le linee ad alta velocità, riguardino tram di nuova generazione o assi privilegiati del TPL su gomma, specie se concepite dentro un progetto organico di interventi e affiancate a misure estese di “park and ride” (Box 7) sono l’ideale per spingere i cittadini a lasciare l’auto e a usufruire dei servizi collettivi.

Al riguardo, dall’analisi condotta emergono anche intenti positivi. Il PRIM di Cesena già richiamato prevede un forte impegno in merito. Progetti ambiziosi di sviluppo delle performance del TPL tramite nuove corsie dedicate si registrano a Genova. In passato anche Parma si è mossa sulla stessa linea. Non c’è dubbio tuttavia che su questo fronte andrebbero concentrati i maggiori sforzi di progettazione e realizzativi delle Amministrazioni, anche al fine di evitare 59 Nel nuovo PRG della Capitale i “corridoi” sono indicati come opera fondamentale per la mobilità di raccordo con le linee

radiali su ferro. Dei 200 km previsti (14 linee) è pronto un tratto di circa 8 km a doppio binario su cui viaggia la linea 541 Express: l’asse doveva dapprima essere dedicato al tram, poi si è deciso di realizzare una corsia per autobus. Nel frattempo la Provincia ha adottato il piano di bacino che prevede la realizzazione di 10 corridoi (157 km) tra la rete dei trasporti romani (capolinea di metro, nodi ferroviari) e i comuni più esterni. A breve dovrebbero essere definiti i progetti dei primi cinque assi ed entro il 2008 avviati i bandi per l'apertura dei cantieri.

60 Il progetto definitivo prevede 8 km dalla fermata della Metro Anagnina alla Città dello Sport (passando appunto per l’Università Tor Vergata), da realizzare per i Mondiali di nuoto del 2009. Investimento previsto di 22M di euro.

61 A causa della proibizione da parte della Sovrintendenza alle Belle Arti di usare il bifilare oltre Porta Pia, in pieno centro. Opposizione in seguito alla quale il filobus n. 90, nella tratta più centrale fino alla stazione Termini è costretto a effettuare la “curiosa” manovra di sollevare le aste e proseguire con trazione elettrica: esercizio evidentemente non privo di inconvenienti e disagi per i passeggeri.

A Firenze, dopo una lunga fase istruttoria, a fine 2004 sono partiti i lavori di costruzione della linea tranviaria veloce (7,5 km e 15 fermate) dalla stazione di Firenze S.M. Novella a Scandicci (fine lavori prevista al 2009). È questo solo il primo ramo di un sistema più articolato di tratte che il Comune ha in progetto di realizzare entro il 2011: la linea 2 e il primo lotto della linea 3 (rispettivamente di 7,5 e 4 km), su cui a causa delle ripetute dispute sul percorso è stato promosso un referendum consultivo (39% di partecipanti; 53% contrario all’opera). Punto di discordia riguarda la scelta di portare il tram nel cuore della città (i binari dovrebbero transitare lungo e dietro il Duomo, anche se in una soluzione senza pali né fili aerei), con i problemi di impatto visivo, rumore, vibrazioni, ingombro delle barriere di protezione, taglio di alberi ecc... costi che, secondo i critici, sovrastano i benefici possibili dal punto di vista trasportistico (4% di traffico in meno nell’intera area fiorentina, 50% in meno lungo il tracciato). Il contratto tra Comune e società Tram di Firenze per l’esecuzione delle linee 2 e 3 è il primo esempio in Italia di project financing nel settore. L’intera rete tranviaria (Linea 1, Linea 2 e primo lotto Linea 3) costa circa 520 milioni di euro. La sola parte in project financing vale 292 milioni di euro, per il 52% coperti da finanziamento pubblico (Ministero delle Infrastrutture e RFI).

L. 1= in costruzioneL. 2= in progetto L. 3= in progetto

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Fonte: elaborazione Isfort su dati EMTA e fonti locali (dati 2004)

5

4

9

28,9

52,0

62,0

74,6

90,0

108,0

113,0

228,012

2

3

2

3

3

3

8

7

9

16

12

12

2118,0

108,0

408,0

218,0

144,0

36,6

61,0

124,0

278,3

0 100 200 300 400

Napoli

Roma

Atene

Vienna

Budapest

Milano

Monaco

Barcellona

Stoccolma

Stoccarda

Valencia

Bucarest

Berlino

Parigi

Madrid

Mosca

Londra

km di rete

linee

Fig. 4 - I sistemi di metropolitana nelle principali città europee

chiare antinomie tra le diverse linee di politica locale (es. tra indirizzi di governo della mobilità e scelte di politica per la sosta)62.

Box 7 – Il “metrò su autobus”: un’idea per le città medie Pistoia ha annunciato un “metrò gratuito” entro il 2008. Si tratta in verità di un progetto che mira alla realizzazione di alcune linee veloci di bus, in marcia su corsie protette, ad integrazione dell’attuale sistema di park&bus. Le LAM (“Linee ad Alta Mobilità”) secondo il Piano del Comune saranno accessibili a tariffa agevolata (50 centesimi al giorno) e dovrebbero fornire un grosso contributo al rilancio del TPL. Si tratta di un modello di intervento alternativo e più economico rispetto alla realizzazione di nuove tramvie o metropolitane leggere sperimentate in altre città medie (Brescia, Perugia, Mestre, Sassari...). Dal 2003 il PUM di Prato ha previsto l’introduzione di linee ad elevata frequenza (circa 7 minuti), circolanti su percorsi preferenziali e collegate ai parcheggi scambiatori localizzati nei poli attrattori della città. Un provvedimento che ha comportato la riorganizzazione dell’intera rete di TP urbano, rilevatasi nel tempo poco funzionale e mal integrata alle esigenze della città: oggi le 3 LAM urbane sono le uniche, peraltro servite con veicoli ecologici (ibridi), a transitare per il centro storico. A metà 2006 si è progettata l’introduzione di due linee LAM di tipo metropolitano (capolinea nei comuni di Montemurlo e Poggio a Caiano) e l’intera rete veloce è capace di coprire oggi circa il 65% della popolazione residente a Prato.

Fonte: Cap Autolinee, Comune di Prato e Comune di Pistoia

Tornano i binari in città? 63

L’aumento della disponibilità di servizi di trasporto su ferro di tipo urbano e metropolitano è considerato da molti punti di vista decisivo per realizzare un sistema di mobilità pubblica funzionale e competitivo rispetto all’auto, specie in Italia dove storici ritardi nelle programmazione e difficoltà dovute alla particolare geografia hanno di fatto impedito di seguire lo stesso equilibrio tra crescita e trasporti realizzato nell’ultimo secolo in altre parti d’Europa (Centro-Nord ed Est).

La figura seguente (Fig. 4) rimarca il forte differenziale riguardante i sistemi di metropolitana: i km presenti nell'insieme delle città italiane eguagliano quelli della sola Berlino e sono assai inferiori all’estensione del network di Parigi, Londra, Madrid o Mosca. Il dato peraltro è generalizzabile al complesso dei sistemi su rotaia. Solo Torino e Milano come noto possano vantare sistemi tranviari sufficientemente sviluppati, mentre le ferrovie locali hanno svolto in Italia per anni funzioni più di collegamento tra i vari centri del territorio regionale che non di servizio alle conurbazioni. Tutto ciò motiva complessivamente gli importanti tentativi di potenziamento delle reti in corso, anche se va subito detto che il panorama molto vivo di ipotesi progettuali e attuazioni avviate nei centri italiani rimanda segnali in “chiaroscuro”.

Avanzano infatti le opere definite e ammesse a finanziamento a metà degli anni ’90 e dirette ai prolungamenti delle linee già esistenti: metropolitane di Milano, Roma, Genova e Napoli. Così come procedono, anche se non sempre alla velocità sperata, i lavori sulle linee “Passanti” di Trenitalia (Milano e Torino) o volti ad assegnare al traffico locale e metropolitano le linee liberate dai treni di

62 Critiche alla scelte di potenziare i parcheggi in struttura e sotterranei hanno coinvolto un po’ tutti: in passato Milano,

Padova, Torino e oggi Roma. Pur essendo utili a liberare la sede stradale dalle auto in sosta, tali opere sembrano in palese contrasto con le politiche di riduzione del traffico verso il centro urbano perseguite dalle Amministrazioni.

63 Il paragrafo costituisce un aggiornamento ad inizio 2007 dell’indagine più ampia Isfort-ASSTRA-Hermes, Il trasporto urbano su rotaia in Italia. L’offerta di reti e servizi, il confronto in Europa, gli scenari futuri delle principali città italiane, Rapporto finale, Roma, ottobre 2006 (consultabile in www.isfort.it alla sezione OPMUS).

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lunga percorrenza dell’Alta Velocità. La riconversione inizia a prendere forma specialmente a Milano, con l’attivazione a fine 2004 delle linee 8 “S”, gestite da Trenitalia e Ferrovie Nord sul modello di servizio delle città nord europee (20-25 km di collegamento con la periferia, materiale rotabile dedicato, corse molto cadenzate).

Prospettive concrete di raccordo tra ferrovie suburbane e servizi Trenitalia, per quanto concerne in particolare le realtà qui considerate, si hanno a Napoli con l’ambizioso progetto di Metro Campania (Fig. 5) e più sullo sfondo a Roma, dov’è programmata da tempo una migliore integrazione delle tratte regionali per l’accessibilità alla Capitale (linee FR e in concessione: Roma-Lido e Roma-Nord)64. Un importante progetto di ristrutturazione interessa anche Genova, e prevede la specializzazione per i treni urbani della linea costiera FS. L’inizio di una prima parte dei lavori è indicato per il 2009.

Fig. 5 - Il futuro sistema del “ferro” di Napoli (da progetto)

Fonte: Comune di Napoli e Regione Campania

D’altro canto tolta l’eccezione di Torino, dove ad inizio 2006 è entrata in funzione una prima tratta di metro leggera (7,8 km e 11 stazioni) poi ulteriormente estesa (2 km aperti ad ottobre 2007), vari interventi su nuove linee sono tuttora allo stato progettuale o evidenziano notevoli difficoltà attuative. Solo qualche dettaglio sugli ultimi sviluppi aiuta a precisare meglio le circostanze indicate.

L’espansione della metro leggera a Genova procede per piccoli lotti. Dopo l’aggiunta nel 2005 di un nuovo tratto (da San Giorgio alla stazione De Ferrari), si sono avviati e subito fermati causa ritrovamenti nel sottosuolo i lavori per l’estensione di poco più di 1 km fino a Brignole (fine prevista per il 2010), mentre altri sviluppi sono ancora in fase di approvazione, in particolare l’ipotesi di prolungamento fino a Marassi. Anche ammettendo una vicina definizione del nuovo tracciato, con i ritmi attuali l’intera opera (in costruzione dagli anni ’80) non dovrebbe essere pronta prima del 2020.

La città di Napoli come detto è tra le più impegnate nel rilancio delle suburbane storiche e per l’integrazione di queste con le linee di forza del TP urbano: l’anello della metropolitana “collinare” in costruzione (Linea 1). Un disegno davvero corposo (previste a cose fatte 9 linee e 100 stazioni riqualificate tra città e hinterland), che sconta tuttavia inevitabili ritardi (vari ritrovamenti archeologici hanno bloccato più volte le operazioni di scavo) e incertezze per quanto riguarda le risorse finanziare disponibili. Incertezze che oggi sembrano in invia di superamento sia per la Linea 1, sia per la nuova Linea 6 di cui nei mesi scorsi è stato aperto al pubblico un primo troncone65. Diverse nuove opere previste sul quadrante Nord ed Est (es. linee 9 e 10, nuove tratte regionali FS) sono invece per ora solo indicate sulla carta.

64 Le linee FR attuali, nonostante quanto previsto nel nuovo PRG di Roma e in vari accordi tra Regione, Comune e FS, non

hanno tuttora le caratteristiche dei percorsi “passanti” per frequenza dei convogli, numero di stazioni, possibilità di parcheggi di scambio, ecc., tranne forse la linea Orte-Fiumicino (FR1) che è già attiva secondo gli standard funzionali previsti. Altri importanti collegamenti come la Viterbo-Castelli/Frosinone (FR3 e FR4) o Civitavecchia-Tivoli (FR2 e FR5) scontano ritardi nell’ammodernamento delle infrastrutture e nel completamento dell’anello ferroviario.

65 Si tratta in realtà del recupero della linea tranviaria prevista tra il centro e l’area Est della Riviera di Chiaia, parzialmente edificata nel 1990, e mai entrata in funzione. Dopo la realizzazione di 1,5 km e la spesa di 300 miliardi di lire (fondi dei Mondiali di calcio del 1990) il progetto è stato rivisitato nel 1997 (Piano dei trasporti di Napoli) e attualmente è in esecuzione per tappe come metro leggera, con conseguente interramento delle tracce.

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Nel corso del 2006, dopo almeno dieci anni di incertezze e rinvii, il Comune di Roma ha affidato i lavori per la terza metropolitana (Linea C): una percorso ridotto (25,5 km) rispetto al previsto ma ritenuto in ogni modo basilare per la viabilità della Capitale66. Assegnato l’appalto, nonostante le incognite poste dai rilievi archeologici (Piazza Venezia e Largo Argentina), sono in partenza i lavori su un segmento centrale del tracciato (7,2 km)67. L’intera opera finanziata dovrebbe essere pronta per il 2015 e costare circa 3 miliardi di euro (il 70% a carico dello Stato). Si andrà invece almeno al 2020 per la realizzazione di un primo tratto di linea D (11 km) di cui è in atto l’iter di gara per la progettazione definitiva e l’attribuzione dei lavori sul segmento centrale. Diversi elementi fondamentali dell’opera sono ancora da definire (tracciato68, meccanismi remunerativi dei privati); non mancano tuttavia dubbi sulla qualità finale di un’opera così costosa (oltre 2,8 miliardi di €) pensata oltre 15 anni prima della sua entrata in funzione (quale sarà la città al 2020?).

E’ previsto invece per il 2010 il completamento della Linea B1, 4 km di nuovo innesto sulla rete già esistente, i cui lavori sono iniziati nell’ottobre 2005. A riprova della difficoltà insite nello scavare in aree costruite, è arrivata la revisione del progetto in corso d’opera, per cui si temono oggi altri ritardi e aumenti dei costi (483 milioni di euro previsti)69.

Tav. 8 - Le linee di metropolitana in corso d’opera o progettate

Città Tipo di impianto Percorso Stato di realizzazione ad inizio 2007

Milano

- Metropolitana (estensione Linea 2)

- Metropolitana (estensione Linea 3)

- Metropolitana leggera automatica (Linea 5)

- Metropolitana leggera automatica (Linea 4 )

- Famagosta-Milanofiori Forum (4,8 km)

- Maciachini-Comasina (3,9 km)

- 1^ tratta: Garibaldi-Bignami (5,6 km)

- 1^ tratta: Lorenteggio-Sforza Policlinico(7,0 km)

- Opera in corso (prevista per fine 2008-inizio 2009)

- Opera in corso (conclusione prevista entro il 2010)

- Atteso l’avvio dei lavori

- In corso le procedure di gara per la progettazione

Genova Metropolitana leggera - De Ferrari-Brignole (1,5 km)

- Brin-Canepari (in definizione)

- Opera in corso (apertura al pubblico prevista per il 2010)

- Progetto approvato

Napoli

- Metropolitana (estensione Linea 1)

- Metropolitana (estensione Linea 1)

- Metropolitana (estensione Linea 1)/Ferrovia

- Metropolitana leggera (Linea 6)

- Dante-Garibaldi (5,3 km)

- Tratta Piscinola-Capodichino aeroporto (4,4 km)

- Tratta Capodichino Aeroporto-Garibaldi (4,0 km)

- Mostra-Municipio (5,5 km)

- Opera in corso (ultima previsione al 2010-2011)

- Opera in corso (conclusione prevista al 2010)

- In progetto (conclusione indicata entro fine 2011)

- In esercizio 2,5 km fino Mergellina (fine lavori 2012)

Roma

- Metropolitana (diramazione della Linea B)

- Metropolitana ad automazione (Linea C)

- Metropolitana ad automazione (Linea D

- Bologna-P.le Jonio (4,0 km)

- 1^ tratta: Alesandrino-S.Giovanni (7,2 km)

- Eur-Montesacro (in definizione)

- Opera in corso (esercizio previsto al 2010)

- Scavi archeologici e iter definitivo del progetto (al 2011)

- Procedure di gara per la progettazione definitiva

Torino Metropolitana sistema VAL Collegno-P.Nuova-Lingotto (14,0 km) In fase di ultimazione fino a Porta Nuova (prolungamento al Lingotto previsto per il 2010)

Fonte: Isfort

Anche a Milano i lavori in corso coinvolgono solo le vecchie infrastrutture. Nel settembre 2005 è stata aperta la tratta della linea M1 (rossa) verso il nuovo Polo Fieristico, sono aperti invece i cantieri sulla M2 (linea verde) a Sud e M3 (linea gialla) a Nord. Problemi realizzativi di vario genere e mancato rispetto della tempistica del PUM, invece, si rilevano per quanto riguarda le nuove linee. In particolare per la M5 (metro leggera), solo di recente si è svolta la gara per la selezione dei soggetti privati ed è stato assegnato l’appalto di una prima parte di percorso (7 km), dopo un lungo iter per ottenere l’approvazione e gli apporti statali. Altre opere strategiche

66 Il progetto presentato, in esecuzione già nel settembre 2004, prevede in totale 42 km e 42 stazioni, fino a raddoppiare

dunque l’attuale sviluppo della rete di metro della Capitale. 67 Ad aprile 2007 sono partiti i cantieri per le opere civili (stazioni) sul primo tratto da San Giovanni ad Alessandrino (da

progetto: T4 e T5). 68 Sempre ad automazione integrale, come la linea C. Il tracciato in tutto prevede 20 km e 22 fermate e dovrebbe coprire

un ampio territorio nell’area Ovest della Capitale, dall’Eur a Montesacro, attraversando più volte il Tevere. Nel marzo scorso è stato approvato il project financing, che andrà alla Conferenza dei servizi con l’intento di arrivare alla concessione per la costruzione entro il 2008.

69 Inizialmente prevista fino a Conca d'oro, nei primi giorni del 2007 la Giunta comunale ha deciso di prolungare la linea fino a Piazzale Jonio (futura Linea D) per compensare la sospensione dei lavori della stazione Nomentana di difficile realizzazione tecnica (costi imprevisti necessari al rinforzo del terreno).

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sono state invece solo finanziate (estensione della Linea 1 verso Nord) oppure sono ancora in fase di studio (la M6 oggi indicata come prolungamento ad Ovest della linea M5) e prima pianificazione (la M4, con scorrimento da Est a Ovest, per cui è in atto una particolare procedura di coinvolgimento dei privati nelle fase progettuale di un primo stralcio di opera).

In compenso negli anni recenti a Milano (Box 8) si sono materializzate alcune nuove tranvie, il che dimostra di fatto una maggiore riuscita degli investimenti in sistemi meno complessi e invasivi, sebbene proprio nel città lombarda da anni sono aperti i cantieri per due nuove linee nell’area Nord, mentre per altre opere individuate dal PUM non si è andati oltre la fase di studio.

Box 8 - Le opere tranviarie previste dal PUM di Milano: lo stato di fatto Tra le linee di nuova realizzazione (“metro-tranvie” o Light Rail systems) si può citare la tranvia Nord (7,1 km) e quella Sud (4,2 km), realizzate utilizzando parte della rete esistente. A queste si somma la linea Testi-Precotto-Assagora (di recente sono entrati in funzione 3 nuovi km), parte di una linea interperiferica più lunga (prevista da Certosa FS a Gobba M2) che, oltre a migliorare l’accessibilità della zona Nord, rientra in una strategia più ampia di riqualificazione delle ex aree industriali (area Marelli). Sono tuttora in costruzione invece gli 8,7 km di interurbana per Cinisello Balzamo: per metà si prevede la realizzazione di nuovi impianti e per il resto il riuso di tratte esistenti. Sono ferme o in fase di ripensamento altre opere tranviarie individuate dal PUM, come: a) le linea Ovest verso i poli espositivi urbani e l’hinterland di Settimo Milanese, oggi compresa nel progetto della M5; b) la Maciachini-Bovisa-Certosa FS posta al limite Nord-Ovest; c) gli interventi di sviluppo e ammodernamento della tranvia extraurbana Milano-Limbiate e Milano-Desio; d) i prolungamenti a Sud delle linee 24 e 15 (metro-tranvia Sud); e) la nuova linea circolare dei bastioni; f) l’ipotesi di passante tranviario.

Fonte: Agenzia Milanese Mobilità e Ambiente, Comune di Milano

Sempre riguardo al tram, a Padova si è inaugurato un sistema innovativo su cui sembra crescere il consenso pubblico rispetto ad una prima fase di esercizio più problematica (deragliamenti del convoglio). Tuttavia neanche quest’opera può essere considerata d’esempio per la qualità progettuale, vista la complessità dell’iter di realizzazione e le incognite sul completamento futuro (Box 9).

Box 9 – Il “quasi tram” di Padova (prima tratta)

Per completare il quadro è da notare come non sia bastata la spinta degli Enti locali a far partire altre opere per cui si era stata fatta la progettazione preliminare e richiesti i finanziamenti allo Stato, come nel caso della metro leggera di Parma: opera allo studio da molti anni, di cui il CIPE

Nel marzo 2007 sono stai inaugurati 6,7 km di tranvia, identificata con la sigla SIR1, di connessione i quartieri a Nord e Sud di Padova (10,7 km totali). Si chiude così per ora una lunga vicenda progettuale che ha visto numerose revisioni e adattamenti nel tempo. L’opera presenta una tecnologia molto innovativa, ma anche tutta da sperimentare, chiamata oggi Metrotram (e prima Metrobus): un sistema misto, che corre su ruote ed è munito di monorotaia. Si aspetta di risolvere il nodo della stazione ferroviaria per poter completare la linea a Nord (sotto-passare i binari), dove è prevista la realizzazione di un grande parcheggio di scambio (540 posti). Nonostante la frequenza elevata di passaggio (5 minuti) punto di dibattito per anni è stata la ridotta capienza di passeggeri (il veicolo è largo solo 2,20 m) rispetto ai tram in uso in varie città europee, visti anche gli elevati costi di realizzazione e l’alto impatto dell’opera nelle zone di pregio del centro storico. Dopo i problemi di stabilità dimostrati nella fase di sperimentazione, i sondaggi effettuati stimano 13mila passeggeri al giorno, circa 50 per corsa, e un buon gradimento specie tra i più giovani e nelle popolazione anziana (il 71% degli intervistati ritiene però pericolose le rotaie, e il 40% reputa che il tram non aiuti a diminuire il traffico). Circa le altre tratte previste dal PUM: per la direttrice Est-Ovest (SIR2) e la direttrice Stazione-Ospedale (SIR3) sono in corso gli iter di approvazione. Il costo previsto dell’opera è di 235 milioni di €, per il 70% messi a disposizione dal Ministero dei trasporti.

Fonte: Isfort su dati Comune di Padova e [email protected]

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ha approvato un primo stralcio e attualmente è stato pubblicato il bando di gara per l’affidamento al contraente generale 70.

La metro leggera automatica a Palermo (17,6 Km) è stata invece finora sviluppata soltanto in uno studio di fattibilità; il finanziamento per l’attività di progettazione proviene dal Governo nazionale, che ha inserito l’opera nell’elenco della Legge Obiettivo. Revisioni di progetto e laboriosità delle procedure di affidamento contrassegnano però un po’ tutti gli interventi previsti in questi anni: dal tram al Passante FS e alla chiusura dell’anello ferroviario (il Piano Integrato del Trasporto Pubblico di Palermo risale al 2002). Interventi che comunque restano in campo e continuano ad essere rilanciati dalle Istituzioni locali.

7. Tempo di bilanci

Qualità dei progetti

In conclusione nel campione di città monitorate esiste un vasto panorama di idee e progettazioni infrastrutturali al quale si fa fatica a dare concretezza, probabilmente anche perché non si è stabilito un valido criterio di priorità: troppi gli interventi concomitanti e molti di questi altamente onerosi. Sta di fatto che i fondi (anche privati) e la capacità di realizzazione, specie delle attese linee di metropolitana “pesante” che comportano cantieri e scavi in ambienti di pregio e molto urbanizzati, non sembrano all’altezza delle esigenze.

I tempi di realizzazione sono ovunque molto lunghi. Spesso passano anni dalla fase di presentazione del progetto preliminare alla fase di progettazione definitiva e poi all’avvio dei lavori, e in proposito da molte parti si chiede di snellire i complessi iter imposti dalle leggi di finanziamento71: troppe fasi di valutazione e approvazione dagli organi centrali, vincoli e complessità di regole da rispettare, faticosa elargizione delle somme stanziate ecc..

E’ chiaro che un’opera mai del tutto definita si presta a critiche, revisioni e adattamenti che fanno salire enormemente il costo chilometrico (ad es., si viaggia oltre i 120 milioni di €/km sulle nuove linee di Roma e Genova). Ritardare inoltre il momento della progettazione definitiva determina un’incertezza complessiva sul sistema delle imprese, sui cittadini e su chi deve programmare investimenti e organizzare quei servizi (edilizia, negozi, trasporti complementari...) necessari per dare maggiore coerenza ed efficacia reale all’opera una volta in funzione.

Accanto al riesame degli strumenti nazionali va anche sollecitata una riflessione sui percorsi locali scelti per condurre la “cura del ferro”. Diversi i punti più critici rilevati: istruzione del progetto poco accurata, studi di fattibilità e valutazione di impatto spesso mancanti, scarso coinvolgimento preventivo di cittadini ed esperti sull’opera.... Ed è anche l’impostazione di fondo seguita a denotare forti limiti di razionalità: scarsa coerenza tra decisioni di investimento e politiche complessive della mobilità (solo a Milano e Padova si è redatto il PUM prima di realizzare le opere, poi solo parzialmente attuato), poche le scelte di potenziamento dei servizi sulle linee esistenti (ferrovie suburbane e tratte regionali) a fronte di annunci “a effetto” e tendenza a replicare progetti di nuove reti, spesso metropolitane, molto costose e talvolta a bassa redditività.

Qualità dei processi

I limiti evidenziati sul fronte delle opere infrastrutturali (vedi il riferimento al percorso di Madrid o di varie città francesi, dove si è proceduto in maniera spedita e non contraddittoria alla realizzazione di nuove reti di trasporto urbano, cfr. Box 10 e 11) offrono spunti per valutazioni più generali sulla qualità delle risposte adottate per la promozione della mobilità sostenibile.

70 Con l’approvazione, tra fine 2004 e metà 2005, prima del progetto preliminare e poi del finanziamento CIPE (172 milioni

di € ribaditi in via definitiva nel marzo 2006), si è completato l’iter per l’avvio del nuovo sistema: circa 12 km, prevalentemente in sotterranea, per la linea A, a cui si dovrebbe aggiungere il riutilizzo dei binari ferroviari esistenti per una seconda tratta (linea C) di collegamento tra stazione ed aeroporto (costo totale stimato circa 307 milioni di €). Il programma dei lavori riguarda per ora solo la prima tratta. L’apertura dei cantieri, una volta ultimata la progettazione esecutiva, è prevista entro il 2008.

71 Legge 211/92 e Legge Obiettivo (n. 443/2001). Per una verifica dello stato di attuazione fisica ed economica dei due provvedimenti a fine 2005 si rimanda ad Isfort-ASSTRA-Hermes, Op. cit.

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Box 10 - Un caso di riferimento europeo: Madrid

Fonte: Isfort su fonti varie 72

Box 11 - Principali linee di trasporti su ferro di superficie in Francia (escluso Parigi Ile-de-France)

Fonte: Isfort su fonti varie73

72 Siti internet istituzionali (www.metromardid.es e www.ctm-madrid.es) e report di ricerca come: European commission,

Transecon, Final Report 2003; European commission, Progetto proSpects, Guida Per I Decisori, gennaio 2003. 73 Strutture associative Gart (www.gart.org) ed Errac (www.errac.org) e siti italiani di settore (www.mondotram.it;

www.cittaelettriche.it).

Linee in eserc izio

L inee in p rogetto

Fon te: G AR T 2007

L inee in eserc izio

L inee in p rogetto

Fon te: G AR T 2007

In Francia - come un po’ ovunque in Europa - nel secondo dopoguerra si rinunciò al tram, ritenendolo un ostacolo al normale scorrimento del traffico urbano. Soltanto tre centri mantennero pochi chilometri di rete: Lille, Marsiglia e St-Etienne. Dal 1985 diverse città sono tornate sulla scelta e in molte di queste i sistemi sono oggi funzionanti: es. Strasburgo e Rouen (1994), Montpellier (2000), Orléans (2000), Lione (2001), Bordeaux (2003), Le Mans e Nizza (2006). Già al 2004 appositi studi di raffronto europei indicavano in Francia la presenza di 11 sistemi tranviari e 20 linee totali in esercizio nelle città, più 135 km di binari in costruzione e oltre 300 km progettati (fonte: Erracc).

Per il 2008-2009 sono previsti 85 km aggiuntivi di binari come estensione di tratte già funzionanti (ad es. a Marsiglia, Bordeaux, Lione, Montpellier).

Diverse altre città hanno inoltre pianificato investimenti per nuove tratte che dovrebbero entrare in funzione entro il 2013 (ad es. Tolosa, Reims, Brest, Le Havre). Tra queste occorre ricordare le scelte a favore della tecnologia tram-treno in importanti tracce ferroviarie locali (Pays-de-la-Loire, Strasburgo, Rhone-Alpes). Gli investimenti disposti per i soli progetti di tramvia, pari a 135 km di nuove linee totali, si aggirano sui 2.800Mln di euro totali (21Mln di euro per km).

La metropolitana di Madrid (286 km a fine 2007) per più di metà è stata realizzata nell’ultimo decennio, con fondi statali e risorse del Fondo di coesione UE. Dal 1995 al 1999 la rete è cresciuta (56,3 km e 38 nuove stazioni) verso i sobborghi Nord e Nord-Est. Dal 1999 al 2003 sono stati aperti altri 54,6 km e 36 stazioni, in gran parte su un nuovo percorso circolare di collegamento con i sobborghi meridionali: linea 12 (MetroSur). In quest’ultimo caso i lavori, iniziati nel 2000, sono stati portati a termine dopo soli 3 anni realizzando oltre 40 km di tunnel e 28 nuove stazioni, compreso l’interscambio con la linea 10 di collegamento con il centro città. Un nuovo programma 2003-2007 ha esteso il servizio nella parte nord-orientale della Capitale, e unito alla metro anche 28 km di nuova tranvia veloce (LRT) nel quadrante Ovest. La responsabilità del progetto appartiene al Consorcio Regional de Trasportes de Madrid (CRTM), agenzia del Governo Regionale istituita nel 1986, cui 176 municipalità dell’area hanno trasferito i pieni poteri. L’adesione al Consorcio dei sindacati di lavoratori e imprese, associazioni dei consumatori assicura la diversità degli interessi rappresentati e un consenso utile all’attuazione in tempi rapidi. L’investimento concentrato ha abbattuto in modo significativo i costi dell’opera portandoli a soli 32 milioni di per km. Diversi anche gli interventi complementari: integrazione tariffaria, nuovi servizi ferroviari pendolari, sviluppo delle forme di park and ride ecc., che hanno migliorato l’accessibilità del network; dal 1993 al 2001 gli utenti del sistema su ferro sono aumentati di oltre il 60% e l’utilizzo della metro è in continua crescita (+16% di passeggeri nel confronto 2002-2006).

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Non mancano singole applicazioni da additare come buoni esempi di intervento. Alcuni passi in avanti si sono registrati su specifici aspetti: impegno sulla mobilità ciclabile, progetti di innovazione dei sistemi di consegna merci, realizzazione di spezzoni di tranvie, miglioramento di alcun aspetti di servizio del TPL, definizione di zone ecologiche ecc.. Gli impegni ribaditi per un rafforzamento di quanto realizzato in molte delle realtà osservate invitano inoltre a proseguire nel monitoraggio ed anche ad indagare più a fondo le concrete prospettive esistenti per un recupero a breve termine di slancio e idee progettuali.

Tuttavia il quadro di attuazioni denota di base timidezze e impacci fortemente connessi all’incapacità di avviare processi politici soddisfacenti. Tentando un rapido elenco per punti, gli elementi su cui merita focalizzare l’attenzione possono essere i seguenti:

1) è difficile in concreto trovare una piena coerenza tra la successione di scelte (nei tempi e nei contenuti);

2) spesso manca una visione che superi l’ambito della singola città e una strategia di intervento di area metropolitana;

3) il dibattito sulle politiche di scala urbana resta materia per “addetti ai lavori” e stenta a coinvolgere realmente la città;

4) poco coinvolgimento degli stakeholders e degli interlocutori sociali ed economici sui progetti (grandi aziende, associazioni, esperti, enti di ricerca...);

5) l’informazione pubblica sui progetti resta nell’insieme incompleta e faticosa; 6) gli studi di monitoraggio credibili sulle iniziative adottate (e sui cambiamenti in corso

d’opera) sono tuttora un’eccezione.

Uno sguardo ai dati ambientali recenti

Una controprova del bilancio non esaltante delle politiche di questi anni deriva dall’esame di alcuni indicatori e dati statistici più direttamente implicati dal punto di vista del profilo ambientale della mobilità. I passi in avanti in merito al riequilibrio modale e ai risultati delle altre misure ideate per contenere gli impatti del traffico non sembrano essere molti. Nonostante i progetti sviluppati, continua a crescere la quantità di mezzi a motore in circolazione sulle strade delle città italiane. I numeri sono noti. Soltanto a Roma si computano 878 veicoli (auto e motocicli) per ogni 1.000 abitanti, quasi uno per persona.

Box 12 - L’”involuzione” del parco auto nelle aree urbane italiane

Fonte: Isfort su dati APAT e ACI 2007

L’insufficienza delle risposte tentate al fine di qualificare la gamma dei veicoli prodotti e orientare il mercato delle vendite emerge nettamente dall’analisi del parco circolante nei comuni urbani d’Italia (2000-2006). Ecco i punti di maggiore preoccupazione. Forte incremento delle auto diesel, mediamente più inquinanti di quelle a benzina; in tutte le città la crescita è superiore al 50% (con picchi oltre il 100% a Trieste, Roma, Firenze e Prato). Le vetture alimentate a metano rappresentano una quota ancora molto piccola del parco nazionale e insieme al Gpl non superano in media il 5% del traffico urbano. Solo nelle città emiliane e adriatiche, regioni con una buona presenza di distributori, la percentuale di veicoli a metano supera il 5%.

Notevole crescita delle auto sopra i 2000 cc. di cilindrata: in molte città del Centro-Nord l’aumento è superiore al 50%. Avanzano anche le auto di media cilindrata (da pochi punti percentuali a oltre il 20%), mentre si ha un calo diffuso delle vetture fino a 1.400 cc. notoriamente più adatte a circolare in città (utilizzo per pochi chilometri e con un sola persona a bordo). Continua senza freni l’acquisto di motocicli, arrivati a oltre 5,2 milioni) il 77% dei quali è sopra i 125 cc. di cilindrata (a Roma il parco moto è aumentato del 175% rispetto al 2000).

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Tav. 10 - Valore medi annuali 2006 (e obiettivi al 2010)

(*) Valore massimo (come media annuale) registrato tra le diverse centraline.(**) Limite di 120 µg/m3 sulle 8 ore. (1) Anno 2005. Fonte: Isfort su dati Legambiente

Tav. 9 - Bollettino del PM10 aggiornato a dicembre 2007

In rosso sono riportate le città (centraline) con più di 35 superamenti consentiti (1) Il dato si riferisce alla centralina peggiore: Milano (Juvara-Pascal)

Fonte: Isfort su dati Legambiente

Valori di poco inferiori si registrano tra i grandi centri a Torino e Milano (ma anche Padova e Parma sono su livelli molto alti) dove il calo delle immatricolazioni di auto nel comune capoluogo – pure esistente - è ampiamente azzerato dalla crescita degli spostamenti motorizzati provenienti dalla periferia, mentre è nuovo motivo di apprensione la tendenza all’acquisto di auto di grossa cilindrata poco adatte alla città (4×4), l’invadenza senza limiti del trasporto merci nelle aree urbane e il numero crescente di motorini in circolazione (il 35% circa di quelli prodotti in tutta Europa è venduto in Italia).

I dati recenti sulla qualità dell’aria (Tav. 9) confermano in effetti una difficoltà permanente delle città italiane, con gli indicatori di produzione giornaliera in particolare delle polveri che superano largamente i livelli consentiti pure in una congiuntura favorevole dal punto di vista climatico. Infatti, l’inverno assai mite e l’uso contenuto dei riscaldamenti nelle abitazioni certamente hanno contribuito al freno delle emissioni aeree totali rilevato nell’anno in corso.

Sui 63 capoluogo monitorati da Legambiente nel 2007, ben 51 (l’80%) hanno sforato i 35 giorni di superamento dei valori di PM10 (50 µg/m³) ammessi per un intero anno.

Tra le metropoli Torino, Milano e Roma sono dai primi mesi dell’anno oltre i 35 superamenti rilevati nelle centraline peggiori (hot spot). Più a Sud anche Palermo e Napoli sono oltre la soglia specie nei punti altamente trafficati, mentre è migliore la situazione nei valori di “fondo” (rilievi effettuati lontano dal traffico). In evidente difficoltà sono poi diverse città medie del bacino padano (es. Padova e Cesena-Forlì per quanto concerne il campione esaminato) generalmente penalizzate, com’è facile comprendere, anche da specifici fattori geografici e climatici: collocazione in pianura, umidità, scarsa ventilazione ecc.

Quello dei “picchi” di PM10 nell’aria è tuttavia solo uno dei problemi posti dall’inquinamento veicolare, e forse neanche il principale. I progressi della conoscenza, e in particolare l’esperienza epidemiologica, tendono in effetti a manifestare preoccupazioni soprattutto per gli impatti sanitari connessi all’esposizione di lungo periodo alle sostanze nocive74.

Si può dire al riguardo che le quantità medie registrate nell’ultimo anno con dati significativi non lasciano molti dubbi sui rischi esistenti per i cittadini italiani (Tav. 10). Riguardo alle polveri (PM10) molti centri sono fuori legge e rischiano in prospettiva di esserlo rispetto a livelli più bassi previsti dall’UE a tutela della salute umana (20 µg/m3 per il 2010). Già oggi infatti in diverse città si rilevano valori medi annui di oltre il 50% più alti del consentito (al 2005), e in 33 comuni capoluogo su 80 si hanno in tutte le

74 Vedi gli studi OMS riportati nel Portale del Centro Nazionale di Epidemiologia dell’Istituto Superiore di Sanità

(www.epicentro.iss.it).

Giorni di superamento del limite di 50 µg/m³ Città

a giugno a dicembre

Torino (Grassi) 96 190

Padova (Mandria) 90 117

Roma (Tiburtina) 69 116

Milano (Verziere) 68 132 (1)

Cesena (Via Marconi) 58 106

Palermo (Di Blasi) 49 104

Parma (Montebello) 39 86

Forlì (Beccaria) 42 62

Napoli 39 71

Bolzano (via C. Augusta) 17 22

Città PM10

Media annuale(*)

(limite di 20 µg/m3)

NO2 Media annuale(*) (limite di 40 µg/m3)

O3 Superamenti(**) (limite max 25 volte)

Torino 71 94 56 Palermo 58 78 16 Genova 57 91 22 Milano 56 77 31 Padova 55 56 69 Roma 49 87 27 Parma 42 71 58 Forlì 39 52 45 Bolzano 35 50 47 Napoli 32(1) 70(1) 26(1)

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postazioni concentrazioni medie superiori al limite normativo che dovrebbe essere rispettato da ogni singola centralina75. I valori sono nel complesso molto critici anche per un inquinante come il biossido di azoto (NO2), la cui principale sorgente è costituite dal settore dei trasporti, in particolare dai motori diesel. Specie nei mesi caldi preoccupa infine la presenza al suolo di ozono (O3), dovuto alla reazione foto-chimica di vari rilasci dei gas di scarico (ossidi e particelle sospese) e rispetto al quale (causa la forte esposizione solare) gli agglomerati italiani si rilevano tra i più colpiti in Europa. Da sottolineare al riguardo che l’OMS nelle proprie linee-guida raccomanda addirittura limiti più bassi di quelli stabili su scala continentale al fine di evitare conseguenze diffuse76 per l’esposizione dei gruppi più vulnerabili: popolazione infantile, anziani, asmatici, malati cardio-vascolari.

Passare dai progetti alla realizzazione di politiche

Nel complesso si è dunque ancora lontani dal trovare soluzioni di contrasto efficaci allo smog e ai problemi più acuti di vivibilità urbana. Le città continuano a crescere fuori progetto, edificando tutti gli spazi disponibili, senza preoccuparsi troppo dell’esistenza di collegamenti pubblici adeguati tra il centro, da sempre luogo di attrazione, e un circondario ormai sempre più vasto. Questo di per sé spiega il paradosso di un uso abnorme del motore privato abbinato al malcontento diffuso per le condizioni di viabilità e accessibilità perdute. E spiega come nonostante i tempi medi spesi nel traffico a Roma, Napoli o Milano si aggirino ormai sull’ora, la gran parte dei cittadini (oltre il 75%) la mattina continua a scartare l’idea di lasciare l’auto in garage e servirsi del tram o della bicicletta per recarsi al lavoro (+3,7% rispetto al 2000) a causa della mancanza reale o percepita di valide alternative (Tav. 11).

Indubbiamente il traffico e la congestione rispecchiano tendenze della società da cui è difficile sottrarsi a livello di singolo comune. Di certo tocca al Paese nel suo insieme il compito di intervenire in maniera organica e assumere responsabilità politiche nette sul tema, in modo da superare il carattere frammentario e ristretto degli interventi attuati sul territorio77. La difficoltà di un po’ tutte le città medio-grandi italiane al rispetto degli impegni verso i propri cittadini evidenzia tuttavia probabilmente specifiche responsabilità anche della politica locale, incapace di quel cambio di rotta più volte auspicato anche in sede OPMUS.

L’analisi condotta conferma che è possibile utilizzare al meglio le opportunità esistenti e orientare in tempi ragionevoli i sistemi di mobilità verso obiettivi di qualità urbana e ambientale: meno motori, meno km percorsi con l’auto, riconversione ecologica dei sistemi e politiche per la qualità dell’aria riconoscibili. Per farlo occorre senza dubbio ripensare le priorità e porre la questione del cambiamento dei modelli di accessibilità e trasporto tra gli obiettivi principali del governo urbano.

In tal senso serve una profonda innovazione amministrativa capace di costruire le decisioni, di delineare strategie e stimolare l’adesione dei cittadini (e di tutti i soggetti generatori di traffico come imprese, scuole, negozi, uffici ecc.) su progetti credibili e realmente attuabili. Serve indubbiamente anche la possibilità di accompagnare l’iniziativa locale da un quadro più certo di risorse impiegabili (finanziare un vero “piano nazionale straordinario” per gli investimenti in reti

75 Fonte: Legambiente-Ambiente Italia, Ecosistema Urbano 2008. 76 WHO, Air quality guidelines-global update 2005 (http://www.who.int). 77 Le implicazioni a livello di Paese sono dimostrate anche dalle continue sollecitazioni al rispetto dei vincoli assunti in sede

internazionale (Kyoto), per cui è richiesto all’Italia di ridurre di un terzo le emissioni dei trasporti entro il 2010 e fare altrettanto nel decennio successivo. Fonte: Transport end environment: on the way to a new common transport policy, Report EEA, No 1/2007.

Mezzi di trasporto 2007 (val%)

2000 (val%)

Differenza 2007-2000

Auto 73,8 70,8 +3,0 Tram e bus 5,4 5,8 -0,4 Moto e ciclomotori 6,4 5,5 +0,9 A piedi 5,4 8,6 -3,2 Bicicletta 3,0 2,9 +0,1 Treno e metro 1,3 2,2 -0,9 Combinati pubblici/privati 6,1 2,7 +3,4

Fonte: Isfort, indagine Audimob

Tav. 11 - I mezzi utilizzati dagli italiani per andare al lavoro

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e servizi delle città medio-grandi). Molte cose concrete però possono essere fatte sulla piccola scala anche senza necessità di enormi spese, a partire da piccoli interventi o accorgimenti quotidiani ben coordinati.

I topics d’altro canto sono noti: a) attenzione alla programmazione strategica; b) manutenzione e cura dei legami fisici e sociali di quartiere; c) interventi disseminati di riorganizzazione ecologica dell’accessibilità di prossimità (preferenza a bici e pedoni); d) piani di sviluppo qualitativo del TPL e innovazioni riguardanti la vita di tutti i giorni (orari pubblici flessibili, accesso telematico ai servizi, semplificazione amministrativa...). In proposito i modelli di intervento sperimentati all’estero possono fornire stimoli e apprendimenti utili per le linee di condotta da seguire nei contesti urbani italiani.

8. Per concludere (un riepilogo)

Limiti delle azioni locali e possibili cause da approfondire

Di seguito si provano a semplificare i risultati dell’indagine, iniziando dall’elenco delle criticità rilevate nella fase di implementazione delle iniziative e, più in generale, nella programmazione e conduzione delle politiche relativamente ai tre principali campi di azione.

Tavola delle criticità rilevate per ambito di intervento

Azioni antismog

Prevalenza di iniziative tampone (fermi del traffico una tantum, azioni limitate ai mesi freddi, restrizioni basate sull’età e non sugli standard emissivi dei veicoli ecc.) spesso sovrapposte tra loro e di difficile comprensione e valutazione pubblica. I Piani elaborati hanno una portata di azione molto limitata (il centro dell’area urbana), non sono integrati con altre esperienze di pianificazione (urbana, trasporti, sviluppo produttivo...) e mancano di indirizzi sistematici per ridurre il numero dei mezzi e sviluppare sistemi alternativi.

Pianificazione urbana e mobilità sostenibile

Forte spinta progettuale ma prevalenza di iniziative occasionali (molte le sperimentazioni senza esito e abbandonate) con conseguente dispersione di risorse, clima di sfiducia e disaffezione dei cittadini. Poche le misure incisive sulle dimensioni strutturali, eccetto i segnali positivi inerenti alcune ZTL (es. Roma) e misure di gestione degli accessi (Torino e in parte forse Milano), il riassetto della consegna merci (Padova) e le iniziative per la mobilità ciclabile (medie città di pianura come Bolzano, Parma, Cesena). L’auto (il motore privato) resta il soggetto dominante delle strade e continua ad assorbire la maggior parte delle attenzioni pubbliche, anche finanziarie (opere viarie e parcheggi, incentivi al rinnovo dei mezzi).

Sviluppo dei trasporti collettivi

Investimenti nelle innovazioni di servizio sul TPL: i passi in avanti esistono (politiche di marketing e tariffarie, rinnovo parco autobus...) ma sembrano insufficienti per cambiare in tempi accettabili il modello di mobilità prevalente delle città. Scarso rilievo della Programmazione strategica riguardante gli investimenti infrastrutturali (PUM e Piani strategici) e forte clima di incertezza rispetto della tempistica delle opere annunciate o in corso di realizzazione (metro, tram, corridoi della mobilità, nodi ferroviari urbani ecc.).

Pur riconoscendo la necessità di proseguire l’indagine, i difetti individuati rimandano a grandi linee ai punti sottoindicati. Tali elementi evidenziati tra le possibili cause d’inefficacia delle risposte adottate rappresentano, in sintesi, le linee di approfondimento o i temi generali su cui s’intende concentrare la successiva analisi di OPMUS, e rispetto alle quali si intende migliorare la comprensione valutativa rifacendosi ai casi emblematici di applicazione in ambito europeo:

- scarsità di risorse disponibili (competenze tecniche e mezzi finanziari);

- incapacità di elaborazione strategica e programmazione a livello di città/area vasta;

- mancanza nella PA di una logica valutativa e incrementale utili a consolidare i risultati ottenuti con i singoli progetti e azioni sperimentali;

- insufficiente strumentazione politico-amministrativa (poteri di intervento frammentati);

- difetti di sostegno nazionale e regionale (es. di tipo normativo, di indirizzo e coordinamento politico);

- deficit di comunicazione e difficoltà nella costruzione del consenso sulle misure più energiche.

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Apprendimenti dalle esperienze in corso

Dal novero delle singole iniziative analizzate sono emerse tuttavia anche diverse indicazioni e accorgimenti utili per le future scelte da effettuare sulla scala locale. Prendendo spunto dall’esperienza fatta e procedendo secondo una logica incrementale e migliorativa di quanto già sperimentato, si possono considerare in breve le seguenti designazioni pratiche. - ZTL ambientali: puntare a una progressiva rigidità delle regolamentazioni per gli autoveicoli

considerando soprattutto gli standard emissivi (modelli diesel) e quindi la cilindrata dei mezzi abilitati a circolare in città (camion e fuoristrada); norme estese anche alle moto.

- Aree produttive e city logistics: promuovere partenariati (patti per la mobilità tra enti pubblici e aziende) per risolvere i problemi delle zone a forte frequentazione di pendolari e ripensare l’assetto dei servizi logistici. Collaudare piattaforme pubbliche per la distribuzione delle merci in città (autocarri e furgoni diesel sono tra i maggiori responsabili dell’inquinamento urbano).

- ZSL e Sosta tariffata: utilizzare la leva della domanda di sosta come effettivo disincentivo all’auto; esigenza di maggiori controlli al rispetto delle regole e diversificazione delle tariffe in funzione delle zone e delle categorie di utenze.

- Trasporti pubblici urbani puliti: coalizione tra Municipio e aziende concessionarie per accurati ed estesi investimenti ecologici (veicoli di servizio ad alimentazione alternativa, obbligo dei filtri antiparticolato per i bus convenzionali...).

- Città e infrastrutture: riguardo alle difficoltà attuative per interventi di media dimensione (reti ciclabili, vie guidate per filobus, corridoi preferenziali ecc.) valutare l’utilità dei poteri speciali al Sindaco ed eventualmente estendere il rimedio a tutte le città. Adottare una generale linea di realismo circa le decisioni di investimento nelle grandi opere (metropolitane).

- ZTL ordinarie: graduale estensione territoriale (quartieri periferici), intensificazione delle norme e attenzione alla qualità dei provvedimenti: controlli, esenzioni, prezzo dei permessi, potenziamento dei servizi di accessibilità alternativa ecc.

- Mobility management: serve realizzare effettivamente i Piani di spostamento casa-lavoro e attuare iniziative di promozione realmente utili sui grandi numeri come il “Ticket trasporto”.

- Servizi non convenzionali e car sharing: maggiore pubblicità e convenienza ai sistemi (esigenza di sviluppo specie al Sud); puntare al coordinamento tra le varie categorie di servizi non convenzionali: bus a chiamata, linee dedicate, servizi di auto in comune ecc.

- Piste ciclabili: estensione della rete dedicata e forte strategia di promozione: protezione degli spazi di marcia, istallazione diffusa di aree di sosta, sviluppo dell’intermodalità con i mezzi pubblici (spostamenti pendolari).

Politica nazionale

L’esigenza di “riequilibrio modale” nei sistemi di mobilità delle città esige però anche misure di portata generale e macroorientamenti di proposta su scala nazionale, alcuni dei quali sono stati citati anche nel corso dell’analisi e meritano un’ulteriore sottolineatura.

Supporti nazionali - Maggiori finanziamenti nazionali al TPL e continuità delle risorse disposte secondo le indicazioni delle principali associazioni

di impresa, ambientaliste e di rappresentanza degli utenti: strumenti fiscali mirati, accorpamento dei troppi fondi esistenti… - Piano di investimenti credibile sui sistemi ferro-tranviari delle città (con particolare attenzione alle linee pendolari e

suburbane)

- Masterplan e sostegno agli investimenti nella mobilità ciclistica, con regime premiale per l’assegnazione dei fondi (es. applicazione art. 10 legge366/98)

- Obbligatorietà dei PUM e dei Piani di azione per la qualità dell’aria, come condizione di accesso agli investimenti pubblici (statali o comunitari)

- Piena attuazione delle norme riguardanti i PUT (il loro aggiornamento) con specifico riferimento al settore della sicurezza stradale (rivitalizzazione del Piano Nazionale della Sicurezza Stradale e incentivo ai Piani comunali e regionali)

- Interventi normativi sui servizi integrativi di TPL (oggi in via di definizione)

- Interventi normativi su ZTL e sosta: uniformità di regole e semplificazione delle tante modalità applicative (spesso diverse da un comune all’altro, addirittura dentro la stessa area urbana)

- Ridefinizione dei programmi statali (contributi e incentivi all’acquisto) e attuazione di una vera politica industriale per l’evoluzione ecologica del parco auto (dare corso al Programma Strategico Nazionale Veicoli previsto nel PGTL del 2001)

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Seconda parte

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1. Il fronte aperto in Europa

Considerazioni introduttive

Traffico e inquinamento sono problemi comuni a tutte le grandi aree urbane continentali, nessuna delle quali ha trovato rimedi certi e può considerarsi al riparo dalla tendenza degli abitanti ad un uso sempre più intenso di veicoli a motore. Basta considerare che il numero di auto circolanti in tutta Europa è aumentato del 40% in meno di 15 anni, dal 1990 al 2004 (Fonte: Eurostat), per avere immediatamente un’idea dell’entità del problema. Significa un esercito di nuovi mezzi in movimento, in buona parte ammassati nelle zone di aggregazione per eccellenza che sono le città, orami arrivate a comprendere circa il 70% della popolazione europea e più di un quarto del territorio continentale78.

Per inciso, proprio la crescita urbana, o meglio la sua dispersione sul territorio, è un formidabile fattore di aggravamento della situazione, poiché popola aree prive di servizi pubblici da cui bisogna poi spostarsi quasi solo con l’auto. Allungandosi le distanze si incentiva inoltre quella corsa registrata un po’ ovunque all’acquisto di veicoli sempre più potenti, che è in parte figlia anche del bisogno di sicurezza e comfort con cui affrontare code estenuanti e viaggi quotidiani sempre più prolungati.

In ogni modo intervenire sulle variabili dello sviluppo e sulle storture impresse da queste al sistema dei trasporti, è necessario per arrestare un enorme degrado funzionale delle città che gli abitanti pagano in termini di congestione, perdita di tempo, stress. Si tratta inoltre come noto di un declino delle condizioni di vita e dei luoghi in grado di ripercuotersi sulla salute dell’uomo e del pianeta. Non mancano i richiami nell’agenda politica continentale. I grandi poli urbani sono i primi attori ad essere chiamati in causa quando si parla di mutamento climatico e di ridurre le emissioni di gas serra79. Le stesse stime sulla popolazione esposta agli alti valori di inquinanti rimarcano un quadro di criticità diffusa, che spinge a rivedere molte scelte istituzionali e pianificatorie di questi anni (Fig. 1).

Fig. 1 - % di popolazione urbana residente in aree con inquinamento sopra i valori limite giornalieri (PM10, O3) o annuali (NO2)80

Fonte: European Environment Agency 2006 (dati anno 2004)

78 Vedi i dati contenuti in Urban Sprawl in Europe. The ignored challenge, EEA Report No 10/2006. 79 Secondo l’Agenzia Europea per l’Ambiente, che ha trattato i dati storici degli ultimi 15 anni, le emissioni di gas serra sono

diminuite in quasi tutti i settori ad eccezione dei trasporti stradali, in cui crescono di oltre il 32% tra il 1990 e il 2004 e sempre dai trasporti proviene il maggiore contributo alla crescita recente di CO2. Il nucleo storico dei Paesi Europei (UE-15) causa l’83% di questi rilasci. L’aumento maggiore nel periodo sondato si ha in Paesi di recente crescita come Irlanda, Spagna, Portogallo e in alcune nazioni dell’ex blocco sovietico (Repubblica Ceca, Romania). Vedi Transport end environment: on the way to a new common transport policy, Report EEA, No 1/2007.

80 Le stime ufficiali danno in crescita da 34 a 117 milioni gli europei esposti a valori giornalieri eccedenti di PM10 tra il 1997 e il 2004; crescita dovuta in parte anche all’incremento numerico delle stazioni di monitoraggio (Report EEA, Exeecedance of air quality limit values in urban areas, July 2006).

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Ogni anno in Europa sono diverse decine di migliaia i decessi da inquinamento atmosferico (stime EEA) e la bassa qualità dell’aria si associa a molte patologie dell’apparato respiratorio e circolatorio umano. La comunità scientifica deve ancora approfondire la ricerca sulle condizioni specifiche di nocività dello smog cittadino e su come agisce sull’uomo la miscela di inquinanti sviluppati dal traffico veicolare. L’impressione è tuttavia che proprio l’espansione urbana citata aggravi in prospettiva l’entità dei problemi81.

Ad esempio è ovvio che i livelli di particelle sospese (nitrati, solfati, metalli e altre sostanze assorbite in superficie) siano maggiori nelle zone densamente abitate dove all’intenso traffico si assommano i rilasci degli impianti di riscaldamento e raffreddamento negli edifici o le emissioni dei processi industriali. Ma le polveri in città sono anche più pericolose perché prodotte in gran parte dai gas di scarico e liberate all’altezza delle vie respiratorie; perché i fabbricati ne limitano la dispersione nell’aria; perché esiste una quota depositata nel manto stradale che viene continuamente rimessa in circolo.

Non è tutto. La formazione di sostante tossiche secondarie, frutto di reazioni a catena i vari agenti, rafforza molto i rischi di un degrado cronico esteso ad altre componenti ambientali. Cosicché ad essere minacciate (dalle piogge acide) in molte parti del Sud e dell’Est europeo82 sono anche le aree boschive, i raccolti e la bio-diversità delle zone rurali e umide con cui le città (i loro abitanti) sono in continuo scambio vitale, economico ed ecologico insieme.

Ad una primo sguardo, dunque, è certo che specie nelle grandi città, dove si raccolgono tante presenze umane e attività (imprese, turismo, commercio, ecc..) si avvertono le condizioni di gran lunga più critiche di vivibilità e traffico. Al tempo stesso i grandi agglomerati, anche per una più alta disponibilità di risorse, e maggiori opportunità di autoprodurne, sono non di meno il campo di sperimentazione di soluzioni innovative e dove la consapevolezza strategica dell’intervento dà luogo a interessanti percorsi di rientro sugli obiettivi di qualità raccomandati da precise normative europee, di cui di seguito si prova a fornire qualche ragguaglio.

L’intento è quello di raccogliere dalla sequenza di attuazioni programmate o in corso di svolgimento alcuni spunti per innalzare il livello delle risposte e tracciare i possibili elementi di una nuova politica urbana da attuare in ambito nazionale.

Le città straniere si stanno attrezzando

Per far fronte alla comune situazione di gravità dell’inquinamento veicolare molte città europee si stanno attrezzando con specifici Piani di qualità dell’aria che cercano di affrontare in modo organico il problema e prospettare un rientro dei valori entro soglie tollerabili, secondo le prescrizioni europee, in alcuni casi facendo intravedere anche significativi progressi sui valori di fondo (Tav. 1).

Da quanto si desume in recenti studi di benchmark, solo 8 su 26 centri medio-grandi europei censiti hanno approvato uno specifico piano di risanamento. In altre 6 città invece il documento è in fase di adozione83. Come è evidente nell’elenco non rientrano centri italiani, essendo i piani nel nostro Paese di stretta competenza delle Regioni, anche se è in atto qualche tentativo di intervento a livello comunale o di area vasta (provinciale)84.

81 Vedi l’accurato studio a cura di A. Maccarelli, S. M. Giacobini, P.A. Bertazzi, Inquinamento ambientale e salute umana:

acquisizioni scientifiche e priorità della ricerca internazionale e italiana, Università di Milano, Clinica del lavoro, Milano, maggio 2005.

82 Report EEA, Air polllution by ozone in Europe summer 2006, No 5-2007. 83 Vedi il Rapporto Legambiente-Ambiente Italia, Ecosistema Urbano Europa, Milano, Giugno 2006. 84 In Toscana le città che intendono usufruire delle risorse del Piani di azione regionale devono predisporre un rapporto

sulla qualità dell’aria ed un PAC (Piano di Azione Comunale) che individui le misure da attivare. In Emilia Romagna invece, come precedentemente detto, la pianificazione della qualità dell’aria è svolta dalle Province su delega della Regione (e i Comuni interessati possono definire piani operativi per le zone più critiche, poi integrati e resi compatibili dalle Province).

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Tav. 1 - Le città che hanno adottato i Piani per la qualità dell’aria e la situazione delle concentrazioni di NO2 e PM10 (confronto con gli obiettivi UE al 2010)

Città Piano di qualità dell’aria

Situazione NO2 e obiettivo 2010 A=valore max; B=valore medio

Situazione PM10 e obiettivo 2010 A=valore max; B=valore medio

Anversa SI Vicino all’obiettivo (A) Barcellona Da approvare Berlino SI Vicino all’obiettivo (B) Bristol Da approvare In linea con l’obiettivo (A e B) Bruxelles SI Dresda Da approvare Vicino all’obiettivo (A e B) Vicino all’obiettivo (A) Goteborg SI In linea con l’obiettivo (A) In linea con l’obiettivo (A) Heidelberg SI Helsinki Da approvare Vicino all’obiettivo (A) e in linea (B) In linea con l’obiettivo (A e B) Londra SI Vicino all’obiettivo (B) Lione SI Vicino all’obiettivo (B) Nicosia Da approvare In linea con l’obiettivo (A) Parigi SI Vicino all’obiettivo (B) Praga Da approvare Vicino all’obiettivo (B)

Fonte: elaborazione Isfort su dati Legambiente-Ambiente Italia 2006

Un altro aspetto degno di menzione è il protagonismo delle città sul fronte delle politiche energetiche e della lotta al cambiamento climatico, con diverse grandi realtà che hanno definito piani di riduzione delle emissioni di CO2 o hanno quantificato gli obiettivi da raggiungere (Tav. 2).

Tav. 2 – Gli obiettivi di riduzione della CO2 in alcune città

Città Obiettivo (%) Periodo di riferimento Anversa 8 1990-2012 Barcellona 20 1999-2010 Berlino 25 1990-2010 Bristol 12 2000-2010 Copenaghen 35 1990-2010 Dresda 50 1987-2010 Heidelberg 20 1987-2015 Londra 20 1990-2010 Stoccolma 25 2000-2005 Turku 20 1990-2020 Vienna 14 1990-2010 Saragozza 10 1990-2010

Fonte: Legambiente-Ambiente Italia 2006

Lo scenario degli obblighi relativi alla programmazione urbana nei vari Stati evidenza l’ulteriore variabile da considerare.

In termini di priorità politiche espresse, solo Francia e Inghilterra (cfr. Tavv. 3/a e 3/b) sembrano aver compiuto scelte rigorose in tema di pianificazione strategica dei trasporti dal punto di vista della sostenibilità (con gli effetti che si andrà a vedere per quanto riguarda le Capitali). In altri casi, tuttavia, è il normale governo del territorio a stabilire i criteri d’uso dei suoli coerenti con una corretta politica della mobilità (vedi alcune esperienze richiamate al par. 4).

Per inciso in Italia la redazione del PUM introdotto dalla legislazione nel 2000 per le città sopra i 100mila abitanti, non ha carattere vincolante e costituisce in sostanza solo un prerequisito (esistente peraltro sulla carta) per l’accesso ai fondi nazionali in caso di investimenti. Di fatto l’adozione di un piano strategico di intervento sulla mobilità è tuttora circoscritta a poche eccezioni: 14 Comuni, secondo i dati del 2005, su 103 capoluogo di Provincia85. I PRG – anche quelli più innovativi – raramente presentano step di sviluppo dell’edificazione coerenti con migliori sistemi di accessibilità.

85 Cfr. Gli Strumenti per la Programmazione, Quaderno n. 5, Isfort, Roma, Settembre 2006 (consultabile in www.isfort.it

alla sezione OPMUS).

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Tav. 3/a – Il sommario della pianificazione urbana in alcuni Stati europei

Paese Obblighi nazionali o regionali Programmi volontari sopportati da campagne nazionali o regionali

EMP EMS SUTP EMP EMS SUTP Belgio si no no si si si Danimarca si no no - no no Francia si no si si si - Italia no no no si si si Regno Unito si no si si no si Germania no no no no no no Spagna no no no no si no

EMP= Piani di gestione ambientale EMS= Sistemi di gestione ambientale SUTP= Piani del trasporto urbano sostenibile Fonte: Commissione europea, Direzione Generale Ambiente 2005

Tav. 3/b - Obiettivi dei Piani Urbani per i Trasporti Sostenibili

Paese Regioni o Autorità implicate

Cres

cita

uso

de

l TP

Aum

ento

dei

ci

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Aum

ento

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Acce

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Pian

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asa-

scuo

la

Francia Città con oltre 100.000 abitanti √ √ √ √ √ √ √ √ √ √

Regno Unito Autorità di trasporto locali √ √ √ √ √ √ √ √ √ √ √

Fonte: Commissione europea, DG Ambiente 2005

Come si evince infine dalla Tav. 4 lo sviluppo della mobilità e dei trasporti urbani sostenibili sono obiettivi fondamentali di altri strumenti di gestione ambientale, delineati in vari Stati europei (Danimarca, Francia, Belgio, ecc.), i quali tentano di incidere direttamente sull’innovazione e il potenziamento dei sistemi di offerta di livello municipale, nonché sulle determinanti urbanistiche e sulla qualità del territorio dei principali centri abitati.

Tav. 4 - Obiettivi dei Piani di Gestione Ambientale

Paese Regioni o Autorità implicate

Qua

lità

dell’

aria

Uso

de

ll’ac

qua

Gas

ser

ra

Rum

ore

Bio-

dive

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Qua

lità

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port

i e

mob

ilità

Cost

ruzi

oni

sost

enib

ili

Belgio (Fiandre) Livello municipale √ √ √ √

Danimarca Livello municipale √ √ √ √ √ √

Francia Arre urbane + comunità situate a meno di 15 km dall’area urbana e città con più di 50.000 abitanti

√ √ √ √

Ungheria Livello municipale √ √ √ √

Polonia Livello municipale √ √ √ √ √ √ √ √ √

Slovenia Livello municipale √ √ √ √ √ √

Fonte: Commissione europea, DG Ambiente 2005

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2. Piani di azione delle città contro l’inquinamento

Prime esperienze a confronto

Al di là del dato numerico relativo alla diffusione di questi strumenti di programmazione, cosa significa l’elaborazione di un piano di intervento dal punto di vista delle strategie di lotta allo smog? Qual è in altri termini il contributo richiesto dal piano al settore dei trasporti per l’abbattimento dell’inquinamento atmosferico (e delle emissioni influenti sul cambiamento climatico)? Quali obiettivi operativi può perseguire e cosa riesce a proporre in termini di azioni concrete nelle realtà dove è oggi applicato? Quali effetti produce?

E’ possibile ottenere una risposta a questi interrogativi dando uno sguardo ad alcune delle esperienze avviate in importanti Capitali europee.

Nello specchietto che segue (Tav. 5) è riportata una prima descrizione sintetica della natura dei piano di azione (data di elaborazione, periodo e ambito di validità) e delle sue caratteristiche rilevanti (target previsti, modalità di implementazione a livello territoriale), mentre alcune indicazioni più stringenti sui contenuti delle azioni saranno fornite anche in riferimento ai casi di altre grandi città (Monaco, Barcellona, Praga, Stoccolma ecc.) che si stanno muovendo con maggiore prontezza e sistematicità.

Tav. 5 - I principali elementi dei piani/strategie di azione per la qualità dell’aria

Londra

The Mayor Air Quality Startegy

Parigi PPA (Plan de protection de

l’Atmosfere)

Berlino Berlin action plan

2005-2010

Bruxelles Plan Air Climat

2002-2010

ANNO DI APPROVAZIONE (prima proposta)

2006 (2002) 2006 2005 (1994) 2002

SOGGETTO ATTUATORE (ambito di applicazione)

Sindaco di Londra (Greater London)

Prefetto e Regione Paris Ile-de-France

Land Berlin (città stato di Berlino)

Regione di Bruxelles-Capitale

POPOLAZIONE COINVOLTA (milioni di abitanti)

7,4 11,0 3,4 1,0

PERIODO DI VALIDITÀ (definizione dei target)

2010-2012 Fino al 2010 2008-2010 Fino al 2010

VALORI OBIETTIVO PM10 e NO2 NO2 e O3 PM10 e NO2 PM10, COV e NOx, CO2 RIFERIMENTO AL LIVELLO TERRITORIALE SUPERIORE Strategia nazionale Di tipo normativo (*) Leggi federali di settore Leggi federali di settore

CONNESSIONE CON IL LIVELLO INFERIORE Local Air Quality Management Solo di tipo consultivo Progetti di mobilità locale Progetti di mobilità locale

PRINCIPALI AZIONI SUI TRASPORTI

- LEZ (Low Emission Zone) - Flotta pubblica ecologica (bus,

taxi, mezzi della PA) - Incentivi a TPL e bici - Piani di viaggio casa-lavoro

- Stop al traffico (fasi acute) - Contenimento vapori delle

stazioni di servizio - Standard emissivi del TPL - Gestione impatti aeroporto

- Sviluppo mobilità ciclistica - Sosta e consegna merci - Moderazione traffico (Zone 30

km/h) - Potenziamento del TPL - LEZ (Low Emission Zone)

- Rinnovo parco auto - Miglioramento del TPL - Sviluppo aree verdi/ciclo - Spostamenti casa-lavoro- Gestione della sosta

INTEGRAZIONE CON ALTRI STRUMENTI O INIZIATIVE

- Congestion Charging - Piano dei trasporti di Londra - London Plan (piano urbanistico) - Climate Change Action Plan

- Piano della mobilità urbana - Piano di mobilità regionale - (Plan climat)

- Piano di sviluppo del traffico - Piano di tutela qualità dell’aria

- Piano mobilità regionale - PRD (piano urbanistico) - Plan climat

(*) La legge nazionale sull’aria del 1996 fissa le modalità di elaborazione del PPA per tutti gli agglomerati sopra 250mila abitanti Fonte: Isfort su fonti locali86

Da segnalare rispetto alle realtà citate nella tavola l’approccio integrato che caratterizza specialmente l’esperienza di Londra e consistente, in primo luogo, nel coordinamento di varie strategie e soggetti influenti sulle componenti di traffico locale/urbano/di scala regionale. Un requisito almeno in parte richiesto dalla normativa nazionale del 1995, che attribuisce ai boroughs (municipi) l’obbligo giuridico di intervento nella propria zone per l’applicazione degli indirizzi concertati con il Sindaco e da cui discende, come si vedrà meglio in seguito, una

86 www.london.gov.uk (Londra); www. paris.fr (Parigi); www.Berlin.de (Berlino) e www.ibgebim.be (Bruxelles).

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continua revisione e valutazione dei programmi della città. In concreto inoltre l’approccio assicura un effetto di rinforzo delle diverse azioni sul territorio. Le scelte in materia di qualità dell’aria locale si avvalgono delle misure di decongestionamento e pricing del centro di Londra; infatti, l’associazione tra queste misure e le strategie di miglioramento climatico o riduzione delle emissioni di gas serra (-60% di CO2 al 2025)87 tende a limitare drasticamente la circolazione dei mezzi più inquinanti (tariffazione elevata per l’accesso nell’area metropolitana).

Di rilievo inoltre, sempre a Londra, la scelta di realizzare un ampio confronto sui progetti prima di dare seguito alle iniziative. Un aspetto che colpisce anche a proposito del percorso seguito a Parigi, dove l’elaborazione del Piano di protezione atmosferica su scala regionale ha preso il via nel 2001 ed è stato portato a conclusione dopo di 5 anni durante i quali le tappe fondamentali hanno riguardato la consultazione di cittadini e comunità locali (inverno 2004-2005) da un lato, e la conduzione di un’indagine pubblica sul progetto (nel 2005) dall’altro. Sempre a proposito di Parigi è da sottolineare la richiesta espressa da parte del Comune, tramite parere pubblico, di un rafforzamento delle misure proposte a livello di regione Ile-de-France (lo stesso avverrà a Monaco di Baviera). In particolare, gli studi condotti da AIRPARIF indicano l’esigenza di una riduzione molto forte degli NOx in specifici assi di traffico dell’area urbana e suburbana, rispetto alla quale le misure proposte e gli obiettivi indicati sul fronte dei trasporti si ritengono inadeguati a riportare la situazione entro i limiti UE.

Le città tedesche in genere e Bruxelles hanno definito piani operativi in materia di qualità dell’aria già dai primi anni 2000 (il primo piano a Berlino risale addirittura al 1994) ispirando soluzioni mediamente più organiche e tese a proporre e poi calibrare nel corso degli anni obiettivi particolarmente ambiziosi. Le strategie adottate si basano non solo su opzioni appositamente orientate al ricambio dei mezzi e alla promozione di migliori standard di efficienza dei veicoli, né su politiche locali di breve durata e legate all’emergenza. Nelle 16 azioni del piano di Berlino influenti sul settore trasporti, ad esempio, si fa una scelta netta di riduzione dei volumi di traffico. Le iniziative a favore della bicicletta e del TPL sono mixate a restrizioni graduali della velocità, al governo degli accessi e della sosta stradale, agli investimenti nei centri di traffico delle merci e così via, in modo da raffigurare un vero e proprio nuovo assetto tecnologico e organizzativo dei trasporti in ambito urbano. Lo stesso può dirsi per Bruxelles, città in cui il medesimo obiettivo è sostanziato da incentivi a lasciare l’auto e da decise politiche di sviluppo dei trasporti nell’area metropolitana, peraltro con cospicui investimenti ipotizzati nel tempo. La riproduzione a lato evidenzia invece in sintesi gli esiti attesi della combinazione di misure scelta a Berlino (Tav. 6).

Il caso Monaco di Baviera e gli altri progetti di Low Emission Zone (LEZ)

Come si è accennato, criteri di intervento emergono dal tentativo di contenere l’impatto del traffico di accesso o tangenziale ai grandi agglomerati. Uno dei progetti più significativi interessa in prospettiva Monaco di Baviera, dove il primo Piano per la qualità dell’aria risale al 2004, ma dal Comune è partita la richiesto al governo dell’Alta Baviera (autorità competente per legge) di un ulteriore aggiornamento delle misure riferite ai trasporti.

La richiesta è segnatamente quella di sviluppare il Piano in tre direzioni:

1) puntare alla deviazione dei camion oltre le 3,5 t sul raccordo autostradale esterno alla città e istituire il divieto di circolazione per i mezzi pesanti nel territorio comunale (Fig. 2). L’obiettivo è di contenere in questo modo il traffico sulle strade interne nella misura di circa il 10%;

87 The Mayor’s Climate Change Action Plan. Action Today to Protect Tomorrow , febbraio 2007.

Tav. 6 - Riduzione % delle emissioni prevista a Berlino (val. %)

Fonte: SUTP & urban environment 2005

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2) istituire una “zona ambientale” centrale (44 kmq) con limiti di accesso per i veicoli più inquinanti (divieto per tutti i veicoli sotto l’Euro 2 e non catalizzati);

3) rivedere in generale il territorio di pianificazione e integrare la periferia metropolitana (8 comprensori e 84 comuni) alle strategie di governo della mobilità del capoluogo (1 milione di veicoli entrano ogni giorno a Monaco dall’hinterland).

Fig. 2 - Le limitazioni al traffico in discussione a Monaco di Baviera

Fonte: Alleanza per il clima (intervento di J.Lorenz al convegno di Verona del 28/01/2007)

Per dire qualcosa sul percorso di attuazione, i divieti di circolazione per i mezzi pesanti sono attualmente in fase di accordi finali con il governo provinciale e con i comuni limitrofi. E’ invece prevista per ottobre 2008 l’entrata in vigore della LEZ, secondo un percorso nazionale che interessa molte grandi città tedesche (Berlino, Colonia, Hannover, Stoccarda...).

La sequenza di azioni mirate sul tema è peraltro già avviata da anni con la regolamentazione della sosta su strada e con gli investimenti diffusi sulla mobilità ciclabile – l’obiettivo è di arrivare a 1400 km di piste nell’intero agglomerato di Monaco - e ferroviaria. Così come la costituzione delle amministrazioni locali in “associazione volontaria intercomunale” ha già impresso un segnale forte circa la reale volontà di gestire l’aumento del traffico sulla scala territoriale pertinente. Altre novità dal punto di vista dei processi politici pongono inoltre Monaco tra le realtà europee più interessanti da monitorare: coinvolgimento di cittadini e associazioni ambientaliste, adesione a reti internazionali di città su vari obiettivi di ecologia urbana (ad es., da ultimo l’adesione al “Patto dei sindaci” impegnati a ridurre del 20% le emissioni di CO2 entro il 2020) aventi l’obiettivo di operare cambiamenti diffusi negli stili di vita collettivi88.

Al di là della città bavarese, il divieto di accesso per particolari categorie di veicoli è adottato in diverse grandi realtà europee con discreto successo e relativi costi di adattamento per gli operatori, ai quali in ogni caso possono essere rivolte misure di sostegno per finanziare l’efficienza tecnologica. Nel 2001 i dati riferiti a Stoccolma indicavano un calo delle polveri prodotte dai camion del 40% e del NO2 del 10% grazie ai primi provvedimenti di metà anni 1990, da cui l’impulso per andare avanti nella scelta. Nella Capitale e nelle maggiori città svedesi (Malmo, Goteborg, Lund) oggi non sono ammessi dentro l’area urbana i camion diesel >3,5 t più vecchi di 6 anni89, mentre a Copenaghen (Danimarca) è programmato l’obbligo di adattare autotreni e autobus con filtri antipolveri (FAP). Praga ha adottato da anni lo stesso provvedimento e analoghe iniziative sono appena partite (settembre 2007) a Rotterdam e nei maggiori centri olandesi come Eindhoven, Maastricht e Utrecht.

Nel riquadro sottostante (Fig. 3) è raffigurata invece la misura partita il 1 gennaio 2008 a Berlino: zona ambientale di circa 88 kmq interni all’anello ferroviario (linee suburbane) nella quale potranno circolare solo i mezzi di trasporto passeggeri e merci che soddisfano almeno la classe di omologazione Euro 2 (dal 2010 sono previsti come obbligatori gli standard Euro 4). 88 Per questi aspetti si veda l’intervista con J. Lorenz, assessore all’ambiente e alla sanità del Comune di Monaco di Baviera,

riportata nella Newsletter dell’Alleanza per il Clima (www.climatealliance.it). Al “Patto dei sindaci” partecipano i rappresentanti eletti di altri grandi centri come Berlino, Helsinky, Londra, Lubiana, Milano, Varsavia ecc.

89 Secondo una norma nazionale del 1996, rivista nel 2006, i grandi mezzi diesel possono circolare al massimo per 6 anni. Autocarri e autobus Euro 4 con FAP possono usare la zona ambientale fino al 2016, gli Euro 5 fino al 2020.

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Fig. 3 - La zona ambientale di Berlino

Un percorso alternativo riguarda Londra, dove come sviluppo della Mayor’s Air Quality Strategy formulata nel 2002 si sta tentando di trasformare l’intera città metropolitana in una Low Emission Zone, regolando l’accesso per i grandi veicoli: dal febbraio 2008 si parte dagli autocarri e poi i limiti saranno progressivamente estese a furgoni, autobus e pulmini diesel (Fig. 4). Il provvedimento punta a migliorare il profilo ambientale dei mezzi idonei a transitare dentro Londra e, concretamente, comporta il pagamento di un pedaggio per gli operatori non conformi agli standard LEZ90. La somma prevista è di £200 al giorno per autocarri e autobus e £100 per furgoni e pulmini. Sono immaginate multe molto elevate in caso di infrazione (1.000 sterline o 500 se si paga entro 14 giorni); mancando sistemi di controllo capillare sull’intera rete viaria della Grande Londra, l’alto importo secondo le intenzioni dovrebbe funzionare da deterrente e spronare gli operatori al rispetto della norma.

Da tempo la misura è auspicata dai londinesi, nonostante il timore di subire indirettamente i maggiori costi esistenti per le imprese (stimati fino a £ 313 milioni per lo scenario LEZ 2010). Secondo un’indagine attitudinale condotta ad inizio 2007, il 75% dei cittadini si è dichiarato a favore della creazione della LEZ. Più in generale il favore riscontrato sottolinea la possibilità di consenso esistente per un modello di governo ambientale della circolazione basato sui pedaggi (contrapposto a quello tedesco o svedese incentrato sui divieti) e sul principio di “chi più inquina e più ingombra paga di più”.

E’ da considerare che la strada dei pedaggi si spiega in parte con l’impossibilità “legale” del Sindaco di vietare la circolazione dei veicoli più inquinanti (es. fino agli Euro 2) e dunque che la questione dei poteri di intervento sulla circolazione in questo caso ha contribuito alla scelta dello strumento. Il tema merita ulteriori approfondimenti. La prospettiva londinese è comunque di avviare proprio tramite la sperimentazione della LEZ un percorso di pedaggio stradale unico esteso alle auto e a tutta la città), benché differenziato secondo le dimensioni e i coefficienti di rilascio dei veicoli. Le novità annunciate sul ticket di accesso al centro (cifr. par. 4) vanno

90 E’ prevista la possibilità di installare un FAP e sottoporre il mezzo adattato a test e verifiche di conformità, incrementando

lo standard di emissione di 1 livello (da Euro 2 a Euro 3, da Euro 3 a Euro 4...).

Fonte: www. Berlin.de

Fig. 4 – Area e veicoli interessati dalla LEZ di Londra

Fonte: Transport for London

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proprio nella direzione indicata: inasprire la tassa per auto di lusso e sportive superpotenziate, con emissioni di CO2 superiori ai 225g/km, concedendo dall’altro lato da ottobre 2008 libera circolazione nella zona tariffata a quelli più piccoli e con fuoriuscite di CO2 sotto i 120g/km.

Le iniziative strutturali di Bruxelles: quanto valgono gli interventi

Il Plan Air Climat (Piano di miglioramento strutturale della qualità dell’aria e di lotta contro il riscaldamento globale al 2010) elaborato a Bruxelles, dal punto di vista degli schemi di intervento e delle ricette proposte somiglia molto ad un piano della mobilità sostenibile, al quale è peraltro concretamente connesso sul versante degli obiettivi e dei soggetti competenti. Tra le misure stabilite dal governo della Regione-Capitale, insieme ad interventi nei settori dell’energia rinnovabile e degli impatti industriali, rientra un forte impegno mirato sui trasporti e per il contenimento dei volumi di traffico (-20% in rapporto ai livelli del 2000), con in sintesi: a) incentivi alla riduzione dell’uso dell’auto (con restrizioni alla sosta e ipotesi di tassare gli

accessi per accompagnare un uso più razionale dell’auto privata); b) interventi di estensione della rete ciclabile (obiettivo al 2010 è raggiungere il 10% di

spostamenti su pedali dall’1% stimato nel 2002) e di strade pedonali; c) incremento qualitativo dell’offerta di servizi di trasporto collettivi, in particolare con

investimenti e promozione di politiche di trasferimento modale verso il ferro. Di seguito (Tav. 7) sono raffigurati parte dei risparmi attesi nel medio e lungo periodo, per alcuni inquinanti, come frutto delle politiche di mobilità applicate al contesto di Bruxelles.

Tav. 7 – Scenario volontaristico di riduzione del 20,1% il traffico nella regione di Bruxelles al 2010. Alcuni inquinanti

Total reduction to reach in 2010

compared to 1990

Reduction except transport to be reached in 2010 compared

to 1990

Reduction of transport to be reached in 2010

compared to 1990

Total reduction to reach in 2010

compared to 1999

Reduction except

transport to be reached in 2010

compared to 1999

Total reduction to reach in 2010

compared to 1999

Pollutants

Tons % Tons % Tons % Tons % Tons % Tons %

CO2 -300.679 -7,5 -243.354 -7,5 -57.325 -7,5 656.976 -15,0 -550.970 -15,5 -106.006 -13,0

SOx -3.124 -68,0 -2.669 -65,6 -455 -86,7 -570 -27,9 -458 -24,7 -112 -61,5

NOx -4.321 -44,6 -791 -20,9 -3.530 -59,8 -2.610 -32,7 -405 -11,9 -2.205 -48,2

COV -7.307 -58,2 -2.533 -38,8 -4.774 -79,4 -5.199 -49,8 -1.833 -31,4 -3.366 -73,1

Fonte: Plan Air Climat 2002-2010

L’impatto delle misure è in effetti alto. Il punto da capire è tuttavia se il Piano sia commisurato alla capacità di spesa, agli obiettivi da perseguire e alla velocità con cui si intende farlo. E’ evidente infatti che le soluzioni scelte possono essere più o meno economiche ed elaborate rispetto ai tempi di implementazione, e in ogni caso un’attenta analisi costi/benefici è fondamentale per decidere tra le opzioni possibili e formulare “pacchetti” di interventi sostenibili ed adeguati alle necessità. In proposito, al fine di approfondire i possibili metri di giudizio si rimanda ai dati e alle analisi contenute in diversi manuali e guide tecniche91.

Altre azioni proposte: Barcellona riduce la velocità

Un’ultima novità significativa per quanto riguarda gli interventi proviene dal piano che la Giunta regionale catalana (Generalitat de Catalunya) ha concordato nel maggio 2007. Secondo le indicazioni raccolte questo si concentra su alcune zone più inquinate dell’agglomerato di Barcellona, cd. “zone di protezione speciale” (ZPE), con l’idea di ridurre al 2010 fino al 30% gli inquinanti più nocivi come polveri fini e biossido di azoto. Le numerose misure contenute nel documento (in totale 73) interessano ambiti molto diversi: mobilità pubblica e traffico, porto e aeroporto di Barcellona, settore energetico e industriale. 91 Vedi specie lo studio Air Quality Managemet Guidebook, progetto europeo CITEAIR (Common Information to European

Air), con i riferimenti alla selezione di misure e strumenti di Leicester, Praga, Londra, Bruxelles, Berlino ecc.

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Per quanto riguarda in particolare i trasporti urbani (Fig. 5), insieme a scelte di continuità con le politiche degli anni passati e con gli obiettivi di mobilità sostenibile previsti per il territorio metropolitano92, il Piano prevede la riduzione della velocità massima degli autoveicoli a 80 km/h su tangenziali, autostrade urbane e strade di grande scorrimento (tutte le grandi vie di accesso a Barcellona)93. In base agli studi condotti, portando la velocità media da 120 km/h a 80 km/h, le emissioni di biossido di azoto dei singoli autoveicoli potranno ridursi di una percentuale che oscilla tra il 27% e il 50% (secondo la cilindrata del mezzo). Nel complesso, si presume una riduzione pari a 17% per il NO2 e del 7% di PM10 a seguito della misura, senza considerare altre componenti delle polveri come l’usura di freni, gomme e catrame che crescono con l’aumento della velocità.

Oltre che per la qualità dell’aria, si hanno evidenti benefici dal punto di vista del rumore e molti studi condotti sui rendimenti energetici concordano nel ritenere conveniente in termini di minori consumi attestarsi, per un motore di media cilindrata, su velocità comprese tra i 70 e i 90 km/h. Più in generale, si spera che l’esperienza di riduzione delle velocità offra spunti per migliori comportamenti di guida tra i cittadini. Per questo la misura a Barcellona sarà accompagnata da un aumento dei controlli: oggi si stima che in Catalogna le infrazioni del limite di velocità siano oltre il 32% e sulle autostrade raggiungano il 60% di quelle inflitte in totale.

La ripresa del provvedimento in altre realtà e su scala ben più larga (nazionale, di macroregioni) potrebbe inoltre cominciare ad orientare l’offerta e il consumo verso modelli di autoveicoli meno aggressivi e di minore cilindrata (Tav. 8).

Tav. 8 – Altre realtà che puntano alla riduzione della velocità di circolazione

Francia (Stati generali per l’ambiente)

In Francia si sta procedendo ad un accordo strategico tra Stato, collettività locali e rappresentanti della società civile su alcune linee di politica in favore dell’ecologia e dello sviluppo durevole (“Le Grenelle Environnement”). Il tavolo ambientale è chiamato a formulare un piano di 15-20 azioni concrete. Nel gruppo di lavoro sui cambiamenti climatici si discutono misure di razionalizzazione dell’uso delle auto, di abbassamento delle emissioni medie di CO2 per i nuovi veicoli (fino a 120g di CO2 per km nel 2012), di riduzione immediata della velocità di 10 km/h su strade e autostrade, di educazione agli stili di guida virtuosi (eco-conduìte).

Cantoni svizzeri Fiandre

I cantoni romandi nell’intento di coordinarsi nella lotta contro le polveri fini (PM10) hanno elaborato un piano d'azione che limita a 80 km/h la velocità sulle autostrade quando il livello di PM10 raggiunge i 100 µg/m3. Il provvedimento si somma a misure di più lungo termine (politiche cantonali dei trasporti, tasse locali di scopo, legge sull’energia...). Non è passata invece al Consiglio di stato del dicembre 2006 un’altra misura d’urgenza come il divieto di circolazione dei camion pesanti in caso di valori delle polveri sopra i 100 µg/m3.

I limiti di velocità antismog sono un rimedio adottato anche in Belgio. L’ufficio interregionale dell’ambiente delle Fiandre ha deciso a maggio 2007 di applicare misure severe: dai 120 km/h di velocità massima imposta sulle autostrade, si è passati a 90 km. Il nuovo limite scatterà però solo in presenza di situazioni critiche.

Rotterdam I limiti a 80 km/h sono sperimentati dal 2002 nella parte urbana dell’autostrada A13 che attraversa l’area di Rotterdam (Overschie district). Stando ai dati di monitoraggi la riduzione dei limiti da 100 km/h a 80 km/h e il controllo elettronico dei 3,5 km di percorso consente un calo del 25-35% dei picchi di PM10 e NO2 fino a 200m; mentre il miglioramento totale della qualità dell’aria sempre dentro brevi e medie distanze è stimabile tra il 7% (NO2) e il 4% (PM10) per effetto dei minori sforzi dei motori in marcia. All’implementazione della misura hanno contribuito vari Ministeri (Traffico, Pianificazione e Ambiente, Giustizia) sostenendone anche i costi iniziali (1,5 milioni di € per l’infrastruttura e 0,2 milioni di manutenzione). Il piano di interventi al 2010 si completa con azioni di specializzare viaria, limitazioni al traffico in centro e sui rami secondari, tele-lavoro allo scopo di contenere i flussi pendolari ecc.

Fonte: Isfort su fonti locali

92 Si definiscono gli obiettivi di riduzione della mobilità a motore dei singolo municipi dell’area metropolitana, si prevede

l’istituzione dei piani della mobilità aziendale entro la fine del 2009, l’applicazione di misure volte a ridurre le emissioni degli autobus con l’installazione di filtri antiparticolato sui mezzi Euro 3 e la sostituzione dei mezzi pre-Euro 3 con nuovi veicoli alimentati a gas (obiettivi attesi: - 1254 tonnellate di biossido di azoto e -60 tonnellate di PM10).

93 Dal 1 dicembre 2007 è in vigore la velocità massima di 80 km/h nelle vie di scorrimento della “prima corona metropolitana” e la raccomandazione a non superare i 90 km/h nella “seconda corona”.

Fig. 5 – Zona ambientale di Barcellona

(Fonte: www.gencat.net)

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Prime evidenze emerse

In attesa di ulteriori approfondimenti sulle risposte in atto nelle grandi aree urbane d’Europa, si propone di seguito una sintesi complessiva delle indicazioni emerse fino a questo punto dell’analisi.

Senza considerare l’efficacia effettiva di disegni che solo in minima parte hanno iniziato ad essere operativi - e tralasciando in parte l’aspetto delle dimensioni sovra regionali del problema che meriterà successivi supplementi di conoscenza -, dai piani e dalle strategie di intervento esaminate si può rilevare in positivo quanto segue.

o I Piani di azione per la qualità dell’aria hanno un vasto ambito di validità spaziale (gli interventi proposti coinvolgono in gran parte la scala metropolitana) e toccano un ampio spettro di misure riferite ai trasporti

o Si punta in primo luogo su soluzioni tecniche: standard ecologici gradualmente elevati per alcune tipologie di mezzi abilitati a circolare nelle strade urbane (mezzi commerciali, grandi veicoli di trasporto passeggeri, motori diesel in genere)

o In proposito si profilano due modelli di intervento: applicazione di limiti ai veicoli ritenuti inadatti all’ambiente urbano (modello tedesco) e introduzione di sistemi di pagamento (modello inglese). Questo secondo si presta ad ulteriori varianti applicative (tariffe modulate per standard emissivi/esenzioni per i mezzi “puliti”)

o Le altre misure previste sono di carattere più strutturale e necessitano di tempi di attuazione più lunghi: es. sviluppo di reti ciclabili e del TPL. La riduzione della velocità è un criterio di intervento più immediato su cui sembra crescere l’attenzione

o L’integrazione con altri Piani (trasporti, energia, sviluppo urbano) sembra un principio largamente acquisito, insieme ad una complessiva innovazione e dinamicità degli schemi di intervento: ricerca del concorso tra più e settori del governo locale, definizione di target precisi, obbligo di verifica dei risultati ecc.

o Le migliori esperienze assumono di una logica “adattiva” (aggiustamenti in itinere delle azioni e degli obiettivi). Si pongono il tema delle risorse e delle collaborazioni da attivare per realizzare il disegno proposto

o Primi accenni di strategie più ampie (reti di città internazionali) e collegamento con le dimensioni sovra regionali del problema inquinamento veicolare (da rivedere)

o Previste ampie attività di comunicazione utili a rafforzare la consapevolezza pubblica delle criticità e diffondere culture ecologiche tra i cittadini

3. Piani urbani per la mobilità sostenibile

Le iniziative proposte in sede comunitaria

Nel prosieguo dell’analisi l’attenzione si sposta inevitabilmente sugli orientamenti di politica urbana più generali elaborati a livello comunitario per favorire un cambiamento qualitativo della mobilità e sostenere una visione di lungo termine nella lotta al traffico e ai costi sociali connessi.

I nodi critici evidenziati fin qui hanno portano nel tempo ad adottare strategie e obiettivi particolarmente rilevanti per l’attuale analisi, a cominciare dai tre temi politici immessi nel Libro bianco sulla politica comune dei trasporti (Commissione Europea 2001): l’internalizzazione dei costi esterni, il “disaccoppiamento” tra crescita dei trasporti e crescita economica e soprattutto il riequilibrio tra le modalità di trasporto (tra pubblico e privato, e rispetto al primo in particolare a favore della ferrovia).

La revisione intermedia del Libro bianco pubblicata a luglio 2006 prevede l’inserimento di un punto specifico sulla mobilità urbana sostenibile, argomento verso cui è propriamente orientata la stesura del Libro verde pubblicato nel settembre 2007 e oggi sottoposto a consultazione per arrivare a un vero e proprio Piano d’Azione. Il Libro vede dell’UE identifica le misure già in atto in varie città europee meritevoli di essere generalizzate. Gli esempi di cui si

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parla come “buone pratiche” interessano ambiti diversi: infrastrutture urbane, estensione dei pedaggi urbani, limitazioni dell’accesso ai centri storici, utilizzo di veicoli a basso impatto sull’ambiente. Il riferimento ai Piani di Trasporto Urbano Sostenibile (PTUS) appare giustamente tra gli strumenti proposti e degni di attenzione per la costruzione di strategie d’azione coerenti, sostenute da fondi necessari e attuate dai livelli amministrativi idonei.

Del resto, di questi approcci d’intervento aveva già parlato in maniera più compiuta l’apposta comunicazione sulla Strategia tematica sull’ambiente urbano, pubblicata dalla Commissione nel gennaio 2006, sollecitando l’adempimento dei Piani e il riconoscimento di priorità, nell’attribuzione dei fondi, per quelle realtà che dotandosi di un Piano integrato non disperdono gli sforzi economici in tanti rivoli di finanziamenti a misure modeste e mal coordinate. Nel Libro verde si ricorda l’impegno della Commissione a elaborare apposite linee guida per l’elaborazione dei PTUS, e su come arrivare ad accordare varie leve con cui puntare a promuovere alternative all’auto qualitative ed efficienti:

o potenziamento dei trasporti pubblici in quantità e qualità (incremento dell’offerta, investimenti in servizi innovativi);

o miglioramento delle performance dei trasporti ed efficienza delle infrastrutture (es. corsie protette, preferenziazione, Bus Rapid Transit);

o marketing e incentivi al cambiamento dei comportamenti (strumenti economici promozionali e misure di Transport Demand Management);

o politiche urbane orientate al contenimento della domanda di mobilità e allo sviluppo degli spostamenti non motorizzati (regolazione del traffico passeggeri e merci, programmazione degli insediamenti e uso degli spazi pubblici, pianificazione della mobilità ciclopedonale)94.

Un nuovo approccio per contrastare il dominio dell’auto

La pianificazione dei sistemi di trasporto urbani è pertanto fortemente investita dai nuovi compiti di intervento con lo sviluppo di uno specifico approccio che ha distintivi caratteri, soggetti e obiettivi. In primo luogo – puntualizzando quanto già esposto – si possono considerare vari indirizzi di politica coperti da un unico piano finalizzato allo sviluppo dei trasporti urbani sostenibili. In sintesi:

1. riduzione del bisogno di trasporto motorizzato; 2. riequilibrio modale; 3. sviluppo di trasporti puliti e silenziosi; 4. aumento dell’efficienza dei trasporti.

L’ulteriore innovazione rilevante riguarda invece l’importanza attribuita al “processo” di pianificazione. Secondo alcune recenti riflessioni condotte in merito, la novità metodologica consisterebbe nell’acquisizione delle seguenti caratteristiche di massima95:

- approccio partecipativo; - integrazione tra misure e tra stadi delle politiche; - realizzazione di un ciclo di politiche e implementazioni di medio-lungo periodo; - attenzione ai risultati e indicazione di obiettivi misurabili; - impegno per la sostenibilità (assunzione delle specifiche problematiche ambientali).

Rispetto alle prospettive qui molto schematicamente delineate si possono iniziare ad evidenziare anche i principali elementi strategici che connotano i Piani e relativi all’organizzazione delle attività: • timing del processo di pianificazione; • coordinamento tra gli attori; • ambito geografico di applicazione; 94 Una rassegna molto ricca di indicazioni strategiche, raccomandazioni operative e valutazioni al riguardo, in gran parte

riferiti a risultati di progetti e gruppi di ricerca europei, è nel Report Sustainable Urban Transport Plans (SUTP) and urban environment: Policies, effects, and simulations curato dalla Rupprecht Consult per la Commissione UE, Direzione Ambiente, Colonia, ottobre 2005.

95 Dalla presentazione di Sylvian Haon, direttore esecutivo del Progetto europeo Polis, tenuta alla Conferenza delle città sostenibili di Siviglia, 22 marzo 2007 (www.pilot-transport.org).

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• partecipazione dei cittadini; • coinvolgimento degli stakeholders; • informazione e comunicazione pubblica; • competenze di gestione; • management e organizzazione.

Indicazioni più precise sugli schemi di intervento possono derivare dall’esame di alcune esperienze concrete recenti, vedi in prima battuta il riquadro riferito a Bruxelles (tratto dal portale apposito “MObil 2015”, creato per informare i cittadini e le associazioni del processo di elaborazione comune del nuovo Piano regionale della mobilità).

Altri importanti aspetti di strategia sono poi evidenziati nel box sottostante (Box 2), in cui si accenna ai criteri di assegnazione delle risorse finanziarie utili allo sviluppo del piano (chi finanzia le politiche in un orizzonte di circa 20-30 anni), alle competenze e ai tempi necessari per la messa a punto degli interventi sulle diverse modalità di trasporto: pubblico e privato, passeggeri e merci, a motore e non...

Box 2 - Risorse, tempi e ambiti di elaborazione

Fonte: Pilot Manual (www.pilot-transport.org)

Plan de Déplacements Urbains (PDU) in Francia Le basi normative in Francia sono già state poste nei primi anni 80 dalla legge sui Plan de Déplacements Urbains (PDU). Le caratteristiche di questi piani locali e la loro preparazione sono state di nuovo specificate nel 1996 e nel 2000, introducendo il concetto di sviluppo sostenibile e rafforzandone l’integrazione con altre politiche, a partire dall pianificazione spaziale. Allo stesso tempo il PDU è diventato obbligatorio per tutti i 72 perimetri di trasporto urbano, che coprono più di 100.000 abitanti (58 agglomerati urbani in totale). Responsabili della preparazione e finanziamento del PDU sono le autorità per il trasporto urbano (AOTU), associazioni volontarie tra comuni confinanti. Fino al 2003 sono anche stati stanziati alcuni incentivi finanziari dal governo nazionale per facilitare la richiesta e gli investimenti nel TPL (soprattutto tram e ferrovia leggera). Attualmente, Regioni e Dipartimenti cofinanziano i piani, mentre i fondi UE partecipano a volte agli investimenti nel trasporto pubblico relativi al PDU. Una prima generazione di piani è stata elaborata nel 2001: la maggior parte è ancora in fase di valutazione (richiesta dopo cinque anni).

Local Transport Plans (LTP) nel Regno Unito Nel Regno Unito l’approccio attuale all’elaborazione dei piani locali è stato definito nel 1998 e nel 2000. Con questa normativa è stata rimarcata l’esigenza di politiche transettoriali e definite strategie di risoluzione dei problemi e di attuazione guidata di queste nell’ambito di obiettivi politici nazionali di alto livello. L’esigenza di Local Transport Plans copre l’intero Paese, basandosi sulla struttura amministrativa esistente. Le autorità locali responsabili dell’elaborazione sono pertanto i Consigli di Contea e le Autorità Unitarie. In aree con importanti rapporti di scambio, sono incoraggiati a collaborare per piani congiunti. Nei sei principali agglomerati diversi da Londra, il compito resta dell’Autorità Trasporto Passeggeri, insieme alle Autorità Unitarie interessate. Con l’introduzione dei LTP il finanziamento nazionale complessivo per le infrastrutture del trasporto locale è stato più che raddoppiato. Questi fondi aggiuntivi utili alla preparazione e all’attuazione dei piani da parte delle autorità locali, sono attribuiti sulla base di rapporti di valutazione e su una certificazione indipendente dei risultati conseguiti. Inoltre per i programmi LTP più importanti, al di sopra dei £5 milioni, è offerto un fondo protetto dopo una procedura di gara. Anche nel Regno Unito è attualmente in preparazione una nuova generazione di LTP, diretta a rinnovare l’esperienza del primo periodo di attuazione.

Tempi di elaborazione e durata delle fasi di un Piano per il Trasportoo Urbano Sostenibile

Fonte: www.mobil2015.irisnet.be

Box 1 - Il percorso di Bruxelles (MOBIL2015) La prima delle condizioni (ndr. organizzative) risiede nella messa in coerenza delle politiche di mobilità dei vari livelli di potere e di decisioni (Stato federale, regioni, comuni, amministrazioni, organi di polizia...). senza perdere tuttavia di vista che spetta agli abitanti di Bruxelles il giudizio finale. Siamo fermamente convinti che l'attuale organizzazione delle strutture politiche e amministrative di Bruxelles non sia tale da favorire tale coerenza. Siamo ad esempio di parere che alcune competenze comunali, come la gestione del parcheggio in tutti i suoi aspetti, dovrebbero essere coordinate dal livello regionale, considerando le specificità locali. Inoltre, l'attuazione di questo piano deve passare per un insieme di azioni progettate nel tempo e gerarchizzate in termini di priorità "di buon senso pratico", ed in uno spirito di continuità con le disposizioni già applicate. L'applicazione concreta di queste misure deve essere sostenuta da una volontà reale degli attori di territorio, una sensibilizzazione dell'insieme dei cittadini ed un sistema di controllo efficace (norme chiare, davvero applicate, sanzioni realmente dissuasive, polizia efficace...), la totalità sostenuta con mezzi finanziari ed umani all'altezza delle sfide. Reputiamo infatti molto importante de-congestionare Bruxelles. Questo richiede una politica a lungo termine che si basa a volte su misure il cui impatto non è sempre percettibile a breve termine. Infine, pensiamo che una valutazione rigorosa dovrà imperativamente essere garantita nei confronti degli obiettivi fissati attorno a tutte le azioni evocate in questo parere. »

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A parte tuttavia le indicazioni di principio, come si costruisce operativamente una strategia come quella delineata? Quali informazioni di base sono necessarie? Come si avvia il processo e come si supporta la costruzione pratica del medesimo? E, ancora, dai primi riscontri esistenti le misure adottate stanno producendo effetti oppure sono immaginabili a breve miglioramenti sostanziali sui punti indicati? Una risposta ai quesiti appena pronunciati sembra derivare dall’esperienza in atto nella Capitale francese di seguito brevemente documentata.

Il Piano della mobilità di Parigi al 2020

L’antefatto. Fin dal 2001 la città di Parigi ha messo in atto una strategia progressiva di rafforzamento delle alternative all’auto privata che ha permesso di raggiungere alcuni risultati tangibili. Tra i principali effetti conseguiti in 5 anni (2001-2005) si possono citare in primo luogo la stima di un -17% di auto circolanti dentro la città, risultato che si accompagna ad una sensibile crescita dei passeggeri dei trasporti collettivi specie su rotaia (mentre l’autobus ha avuto una battuta di arresto dovuta all’impatto dei cantieri su alcuni assi che interessano le linee ad alta frequentazione). In numeri concreti la crescita registrata in viaggiatori è la seguente:

+10% per quanto riguarda la metropolitana; +10% nelle ferrovie suburbane (RER, linee A e B); +20% nei treni locali e pendolari (Transilien SNCF)96.

Peraltro la prospettiva a breve termine è quella di un ulteriore sviluppo del TPL grazie al rafforzamento dell’offerta di servizi decisa dall’Autorità di trasporto locale (STIF) per gli anni 2006-2007 e a seguito dell’entrata in servizio del nuovo tram Maréchaux Sud (T3)97. Nello stesso periodo l’uso della bicicletta è cresciuto del 48% e quello delle due ruote a motore (fatto più controverso dal punto di vista dei rilasci inquinati) del 5% per anno. L’insieme di questa evoluzione, associata al miglioramento dei motori e al rinnovo del parco veicoli si sono tradotti in risultati tangibili anche sul fronte della qualità dell’aria. Si è già detto del percorso di rientro riguardante le polveri sottili (par. 2.1). Uno studio dell’Airparif valuta nel -32% il calo delle emissioni di ossido di azoto nella fase 2002-2007. Contemporaneamente risulta anche una diminuzione delle concentrazioni di biossidi di azoto (NO2) nella maggior pare delle strade parigine (730 km su 900 km esaminati), anche se il livello di inquinamento resta elevato e giustifica nuovi sforzi in materia. In tema di gas serra, il calo del -9% registrato nella stessa fase (2002-2007) sarebbe stato impossibile senza il contenimento del traffico, a causa della presenza sempre più massiccia dei veicoli inadatti alla città (le “4x4”) o della diffusione di apparecchiature “energivore” (impianti di climatizzazione).

La nuova strategia. Il Piano della mobilità approvato ad inizio 2007 (Plan de Déplacements de Paris, in sigla PDP)98 intende ulteriormente sviluppare il percorso fatto e puntare su obiettivi precisi (e misurabili), che sono quelli schematicamente riportati nel successivo box (Box 3) i quali si rifanno a 5 “sfide” fondamentali per la mobilità e lo sviluppo della Capitale francese, individuati sulla base della diagnosi compiuta in riferimento alle esigenze della città e ai bisogni dei residenti nell’agglomerato urbano: 1) migliorare la qualità dell’aria e ridurre in generale gli impatti nocivi dei trasporti; 2) assicurare a tutti il diritto di accesso alla città (interventi per le categorie sociali deboli); 3) accrescere la vivibilità e la sicurezza degli spazi fruibili da pedoni, ciclisti, utenti del TPL; 4) incrementare la vitalità economica e lo sviluppo di Parigi tramite sistemi di trasporto più

funzionali e di qualità; 5) rinforzare i legami tra città e territorio più vasto (banlieue e comuni periferici della regione).

96 Fonte: Osservatoire des Déplacements de la Ville de Paris. 97 Una prima tratta del T3 (quasi 8 km e 17 stazioni) è in servizio dal dicembre 2006. Grazie alla coincidenza con le linee B

e C della RER, con 5 linee della metropolitana e una trentina di bus il tram ha raggiunto più di 5 milioni di utenti in tre mesi (la frequentazione quotidiana è di 80mila viaggiatori, 30mila in più della vecchia linea di bus sullo stesso percorso).

98 Projet de Plan de Deplacements de Paris “pour un droit à la mobilité durable pour tous”, deliberato dal Consiglio comunale di Parigi 12-13 febbraio 2007(www.paris.fr).

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Box 3 - Gli obiettivi del PDP in cifre (rispetto al 2001)

Il primo obiettivo del PDP è RIEQUILIBRARE IL PESO MODALE degli spostamenti urbani a vantaggio delle alternative al motore privato (TPL, taxi, bici, a piedi). Si prevede di raggiungere per queste modalità complessivamente: • l’80% degli spostamenti che interessano Parigi città al 2013 • l’83% degli stessi spostamenti interni all’area urbana al 2020 (dall’attuale 78%)

In termini di SVILUPPO DELL’OFFERTA DAI TRASPORTI PUBBLICI i target attesi sono: • +20% di viaggi offerti al 2013 (+1,9 milioni) • +30% di viaggi offerti al 2020 (+2,8 milioni)

La DISCESA DEL TRAFFICO MOTORIZZATO punta ai seguenti risultati: • Riduzione del 26% entro 2013 (in veicoli-km) • Riduzione del 40% entro 2020 (in veicoli-km)

La QUALITÀ DELL’ARIA e l’abbattimento dell’inquinamento in generale prevedono: Per il biossido di azoto (NO2), l’inquinante più rischioso per la salute dei parigini • al 2013, il 50% delle vie trafficate sotto la soglia di 40µg/m3 di concentrazione • al 2020, 100% delle vie sotto la soglia prevista a protezione della salute Per le emissioni di gas serra (CO2) • -25% delle emissioni dovute alla circolazione dentro Parigi al 2013 • -60% delle emissioni dovute alla circolazione dentro Parigi al 2020

Per l’aumento della SICUREZZA degli spostament si punta a: • -55% di incidentati e -65% di morti a Parigi nel 2013 rispetto ai numeri del 2001 • -70% di incidentati e -70% di morti nel 2020 sempre rispetto ai livelli del 2001 (11.200 vittime di incidenti

stradali e 114 morti).

Fonte: Isfort su dati PDP

Il percorso di elaborazione. Tra gli elementi significativi del percorso di elaborazione del PDP va evidenziato specialmente l’approccio orientato alla concertazione seguito nelle diverse fasi di preparazione dell’iniziativa, la quale si presenta grosso modo articolata nei seguenti momenti: a) l’elaborazione propriamente detta, terminata con la delibera di una proposta di PDP da

parte del Consiglio di Parigi; b) la realizzazione di un’inchiesta pubblica tramite consultazione di attori e personalità di

pubblico interesse; c) l’approvazione del PDP da parte del Consiglio di Parigi, modificato a seguito dell’inchiesta

pubblica. La vasta discussione del progetto ha avuto luogo dall’ottobre 2005 al dicembre 2006 e ha visto i contributi di un gran numero di cittadini (Consigli di quartiere e di associazioni, sondaggi pubblici nei punti di passaggio e scambio del TPL). Si è inoltre avvalsa del confronto con gli attori istituzionali e territoriali associati, tramite il comitato di partenariato che riunisce le associazioni di impresa dei trasporti, il Consiglio Regionale, i rappresentanti di tutti i più importanti servizi pubblici (compresa la prefettura e le forze di polizia) e le varie consulte della mobilità, alcune delle quali istituite ad hoc (commissione extra comunale della mobilità) e altre già presenti (consulta delle famiglie, degli studenti, dei cittadini di Parigi non comunitari, dei commercianti e artigiani, ecc.). Infine, la conferenza metropolitana istituita nel luglio 2006 ha permesso di ascoltare le esigenze delle collettività presenti nell’agglomerato più vasto di Parigi e dell’Ile-de-France.

Schema di intervento e ambito di applicazione. Lo schema di funzionamento (ambito di validità territoriale e spaziale) e l’integrazione con gli altri strumenti di programmazione sono altri requisiti qualitativi molto importanti in grado di assicurare un ampio raggio di azione e significativa coerenza alla strategia. In primo luogo l’orizzonte del Piano è stato fissato al 2020, prevedendo però un primo step di attuazioni al 2013. In secondo luogo la continuità del PDP con gli strumenti di programmazione regionale (Piano della mobilità o PDUIF, Piano di sviluppo territoriale o Schema Directeur, Piano di Protezione dell’Atmosfera o PPA de la Region Ile-de-France), assicurano la coerenza dei progetti futuri nella scala vasta. Nell’ambito più locale di pianificazione invece sono inclusi nel PDP gli aspetti della mobilità previsti dal Progetto di sviluppo sostenibile (PADD) e dal Piano urbanistico 2006.

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Azioni proposte. Procedendo per sommi capi, con l’enunciazione delle azioni decise dal Pian, si prevedono interventi articolati sulla scala urbana, di quartiere e di agglomerato più vasto: • l’istituzione di 20.600 biciclette pubbliche (oltre 14.500 stazioni) per lo spostamento in città

(iniziativa già partita come si vede dal successivo riquadro, cfr. Box 4); • nuove corsie prioritarie per autobus e bici (fino a raggiungere il totale di 500 km nel 2010); • la chiusura del lungo-Senna alle auto; • quartieri verdi e zone con limiti di velocità a 30 km/h (secondo le linee del PDUIF e in

continuità con i progetti già avviati dal 2002); • prolungamento delle linee di autobus, metropolitane e tram verso le banlieues. La valutazione. Da notare infine l’indicazione molto dettagliata dell’attività di verifica degli effetti conseguiti, che sarà svolta in parte da due strutture già esistenti: l’Osservatorio (già attivo dal 1989), responsabile di pubblicazioni trimestrali e di un rapporto annuale di analisi in materia di mobilità sostenibile; il Servizio della sicurezza stradale (SISER) le cui survey sui flussi di traffico, incidentalità, tempi di percorrenza ecc., già promosse sulla rete nazionale, saranno rese sistematiche per i progetti che interessano Parigi e le collettività limitrofe. A queste si aggiunge un Comitato scientifico composto da esperti in valutazioni e statistiche che dovrà affiancare l’Osservatorio nella creazione di indicatori pertinenti per le specifiche azioni proposte. Il Comitato avrà anche un ruolo di garante e controllo dell’attuazione del PDP. Da ultimo è proposto un piano di ricerche e approfondimenti delle conoscenze su alcuni dei punti più incerti in sospeso: o nuove pratiche di sviluppo urbanistico di cui favorire la sperimentazione; o influenza a livello planetario (CO2) e impatto sulla salute dei cittadini dei principali agenti

inquinanti (PM10); o scambio di esperienze e soluzioni di successo con le metropoli straniere; o innovazione tecnologica e migliore profilo ecologico dei trasporti.

Box 4 - Il Vélo a Parigi: servizio di bici in comune

Grazie al servizio “Vélib” attivato dal luglio 2007 i parigini possono lasciare l’auto e prendere in prestito una bicicletta in comune per percorrere gli oltre 310 km di piste ciclabili e corsie preferenziali della città a costi molto contenuti. Il servizio è gratis la prima mezz’ora e a costo di 1 euro la prima ora (5 euro per l’abbonamento settimanale; 29 euro per quello annuale). L’offerta di mezzi e stazioni è destinata a raddoppiare entro breve tempo (prevista a regime una stazione ogni 300 m). A due mesi dall’avvio del servizio si contano in totale circa 4 milioni di noleggi e tra i 50 e 70mila viaggi al giorno.

4. Risposte durature e nuovi modi di abitare il territorio

Il nuovo credo: pagare per circolare

Tra gli strumenti di politica della mobilità urbana, il road pricing di recente è quello che sembra suscitare l’interesse maggiore da parte delle Autorità di governo delle città un po’ in tutta Europa. Come indicato nella prima parte dell’analisi, il tema ha preso piede ultimamente anche in Italia, dove gli inviti ad applicare lo strumento accomunano studiosi e commentatori di varia estrazione, ricevendo la considerazione (per ora spesso solo teorica) di molte amministratori locali.

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In effetti l’idea di applicare appositi pedaggi stradali muove da reali esigenze di disincentivare socialmente l’uso dell’auto nei tragitti urbani (penalizzare chi inquina e scarica sulla collettività i costi delle proprie scelte di trasporto). Essa interpreta una strategia d’azione e obiettivi di de-congestione e lotta all’inquinamento su cui è difficile in linea di principio non concordare. Peraltro non si tratta di una trovata così recente. A Singapore, ad esempio il road pricing esiste da oltre 25 anni; le città Nord europee hanno iniziato ad applicare il principio della tassazione stradale da metà anni ’90 (Oslo, Bergen, Trondheim...), sviluppando varianti attuative che costituiscono un valido riferimento per le iniziative da prendere.

Gli schemi di applicazione possibili sono in effetti diversi e adattabili alle circostanze e agli obiettivi che si vogliono raggiungere. Il pedaggio può riguardare singole infrastrutture come tangenziali e tunnel, o al contrario un intero ambito di territorio (es. città, centro storico, zone sensibili, ecc.); può prevedere forme di esazione manuale (tipo casello autostradale) o basate su sistemi a varchi elettronici99.La formula più diffusa oggi è il pagamento di un ticket di ingresso dei mezzi a motore in città o in porzioni di questa. Ma anche qui non c’è un unicum da seguire. Esistono più versioni possibili, ad esempio sulla validità del provvedimento: si paga per il singolo passaggio, si paga il tempo di durata del permesso di circolazione, oppure per i km percorsi. O ancora sulla platea dei veicoli coinvolti: auto, moto e mezzi pesanti, sull’esenzione o meno dei residenti dal pagamento della tariffa. E a ciascuna variante si legano effetti e conseguenze diverse, da valutare volta per volta nelle molte implicazioni di ordine urbanistico, socio-economico, oltre che per le connessioni tra opzioni fondamentali di accessibilità, ritmi di vita e orari di apertura della città, profilo ecologico dei veicoli. Di tutto ciò si trova scarso riscontro specie nel dibattito italiano, dove nell’atto di elaborare proposte e prendere decisioni il contrasto tra interessi e le schematizzazioni di principio100 prevalgono sui ragionamenti di opportunità pratica o sull’analisi delle modalità di applicazione nel singolo contesto e per specifici obiettivi. Il che significa approfondire, tra le altre cose, la fase di studio e preparazione della misura, i criteri comunicativi che vanno tenuti verso la comunità, le misure di supporto essenziali per arrivare a qualche soluzione efficace. Tutti temi questi su cui si cercherà di dirigere l’attenzione nel prossimo paragrafo, in riferimento all’esperienza di Londra.

Il road pricing di Londra. Un caso più citato che compreso

Il caso più eclatante e che ha fortemente contribuito a richiamare l’interesse sul tema è rappresentata dall’esperienza di Londra, dove un sistema di tariffazione denominato Congestion Charging è stato attivo a partire dal febbraio 2003.

L’iniziativa presenta senz'altro risvolti interessanti, in primo luogo perché coinvolge una delle più importanti Capitali europee e ha per campo di sperimentazione una porzione molto vasta di territorio: circa 41 kmq, dove risiedono oltre 400mila persone e sopratutto dove lavorano oltre 1,3 milioni di individui. Richiama l’attenzione poi anche il profilo del Sindaco Livingstone, il quale nel 2000 si è imposto con un programma fortemente orientato al contenimento della mobilità privata (e alla “presa in carico delle questioni ambientali”...) ponendo, volutamente o no, l’iniziativa come banco di prova per le politiche “radicali” di sostenibilità in Europa. A pochi anni di distanza i risultati sembrano effettivamente confermare l’efficacia dell’iniziativa, con benefici

99 Per una sintesi dei temi di dibattito si veda la rivista telematica Irpet-Idee sulla Toscana, numero 53

(http://idee.irpet.it). Un valido contributo di conoscenza sul pricing e sulle diverse “tesi a favore” della misura è in M. Zambrini, Road pricing: uno strumento di gestione del traffico urbano. Ipotesi per una congestion charge amilano, AmbienteItalia, Febbraio 2006. Per descrizione di varie applicazioni vedi P. Malgieri, L. Trepiedi, P. De Pirro, Mobilità urbana. Rassegna delle esperienze italiane ed europee, Quaderno n. 9 RT-Isfort,milano, maggio 2006.

100 Riassumendo all’eccesso, lo strumento piace molto ad alcuni in effetti perché promette più benefici insieme: meno congestione degli spazi urbani, regolazione del regime di traffico (data la prevedibile rinuncia di chi non è disposto o non può pagare il ticket di ingresso) e abbattimento delle emissioni inquinanti. Il pedaggio inoltre assicura risorse aggiuntive per il Comune, risolvendo uno dei “punti critici” del settore: quello della mancanza di risorse per finanziare decisivi investimenti pubblici. I contrari invece puntano il dito, non senza ragioni, soprattutto sull’ingiustizia di selezionare i cittadini in base al reddito. O discutono il neo credo “monetarista” per cui il disincentivo economico diventa la risposta efficiente in ogni caso, mentre proprio la leva dei “prezzi” dimostra una validità relativa in materia di cambiamento delle attitudini sociali di mobilità (ad esempio l’aumento del prezzo di carburanti, delle spese per assicurazioni o della tasse di circolazione.... sembrano influire poco nel convincere i cittadini a lasciare l’auto).

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dichiarati dalle fonti istituzionali che vanno dal minore affollamento di mezzi sulle strade, alle migliori condizioni d’uso del TPL e delle modalità di trasporto ecologico (bici in testa) e da ultimo – con l’aggiustamento tariffario del 2005 – sembrano soddisfare perfino le entrate economiche della misura che in un primo momento erano state inferiori alle attese (Box 5).

Box 5 – Area pricing di Londra e schema di applicazione (versione 2007)

Fonte: Transport for London

Tra gli obiettivi raggiunti non va sottovalutata la crescita del consenso sociale sul provvedimento. Ne è una prova il fatto che l’ampliamento dell’area di provvedimento, fissata per febbraio 2007, registra un forte favore tra i londinesi. Per inciso, la nuova area di estensione si trova ad Ovest della City (distretti di Kensinton, Chelsea e Wenstminster). Il perimetro misura 20 kmq e coinvolge 230mila persone residenti, oltre ai dipendenti delle 18mila attività economiche101. Proprio la tipicità e il risalto dato alla misura, generalmente additata come esempio di successo - con più o meno ragioni effettive e dati comprovanti l’efficacia del provvedimento sull’intero arco della mobilità londinese -, stimola qualche riflessione utile sul percorso decisionale e attuativo che è stato seguito per dare forza e credibilità alla proposta.

Al fine di trarre dei possibili insegnamenti sul modo più opportuno di gestire le vicende merita in particolare focalizzare alcuni punti nodali.

1) La lunga fase di gestazione e di preparazione del provvedimento Un aspetto qualificante dell’esperienza londinese poco notato dai vari osservatori è stata l’accurata fase di istruzione del provvedimento, in cui si possono far rientrare analisi di fattibilità, previsioni tecniche sugli effetti della misura e sulle integrazione di questa in un disegno complessivo di strategia. In questo l’attività di studio e raccolta di osservazioni della TFL ha svolto un ruolo di supporto molto importante. Inoltre l’approccio ha evidenziato una volontà politico-istituzionale molto chiara, sorretta da un quadro normativo favorevole alla predisposizione di appositi strumenti di ascolto degli stakeholders (accordi con le categorie produttive) e della società civile (associazioni di utenti e semplici cittadini).

Si possono citare le fasi più significative di questo percorso: - risale a metà 1995 la pubblicazione della ricerca del Government Office for London (ente che

rappresenta il governo centrale presso la capitale) in cui si prefigurano opzioni e benefici dello schema tariffario da applicare nel centro di Londra;

- nel 1999 come parte delle proposte per la Greater London Autority (GLA) sono assegnati al Sindaco i poteri di introduzione della Congestion Charge. Per informare i candidati a Sindaco delle implicazioni della misura, nel marzo 2000 il Government Office for London pubblica una valutazione tecnica elaborata insieme ad un istituto di ricerca indipendente (ROCOL);

101 Per i dettali sul progetto si vedano i siti internet del Sindaco di Londra (www.london.gov.uk/mayor/congest/index.jsp) e

dell’Autorità di trasporto metropolitano (www.tfl.gov.uk/tfl/cclondon/cc_intro.shtml).

L’accesso a pagamento è in vigore nei giorni feriali dalle 7,00 alle 18,30. Il ticket d’ingresso è fissato a £8 (la tariffa era di £5 nella prima versione del 2003). Sono previste esenzioni, totali o parziali, per diverse categorie di veicoli come taxi, pulmini a 9 o più posti a emissioni ridotte, motocicli, veicoli ad alimentazione elettrica, auto per disabili e anziani… I residenti nell’area tariffata e nei quartieri limitrofi usufruiscono di un forte sconto sul prezzo (circa il 90%) potendo pagare £4 alla settimana contro l’intero importo di £40.

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- il Sindaco Ken Livingstone inserisce la proposta nel suo programma elettorale e avvia una consultazione con i consigli locali, le imprese e i cittadini;

- una prima bozza di strategia (Mayor’s Transport Startegy) è presentata ad inizio 2001 e si apre una consultazione pubblica in cui ai cittadini è concesso di commentare e integrare le proposte. La versione finale è pubblicata a giugno 2001;

- lo schema di proposta della Congestion Charge è presentata in pubblico da giugno a settembre 2001. In questa fase sono presi in considerazione suggerimenti di modifica con particolare riferimento alla politica di sconti ed esenzioni dal pedaggio; questi accorgimenti sono discussi di nuovo pubblicamente a gennaio del 2002;

- TFL indica le sue raccomandazioni al Sindaco in un apposito report, dopodichè la decisione definitiva di procedere con il provvedimento arriva nel febbraio 2002.

Box 6 – I dati di monitoraggio sull’impatto della misura Il 4° e 5° rapporto annuale di monitoraggio (giugno 2006 e luglio 2007), redatti dall’Agenzia dei trasporti londinese (TFL) evidenziano i seguenti benefici dovuti all’introduzione della Congestion Charge.

Riduzione della congestione nella zona Il calo degli automezzi è stimabile in media sul -26%; considerati i flussi di crescita “in condizioni normali” (senza la misura) si stima un -30% di congestione (tempi di scorrimento migliorati del 15-20%). Da metà 2005 la revisione delle tariffe giornaliere ha intensificato l’efficacia del provvedimento con un ulteriore calo del -6% della presenza di mezzi a quattro ruote. I pagamenti registrati nel 2006 sono stati 96mila (-11% di quelli riscontrati prima delle nuove tariffe).

La discesa complessiva del traffico motorizzato (e degli incidenti) Forte calo dei viaggi su quattro ruote dentro la zona tariffata rispetto al 2002: +25% di veicoli-km percorsi su bus, +12% su taxi, -37% di km su auto e -11% con veicoli merci. Sono in forte crescita (+83%) gli spostamenti interni su bicicletta. Anche il traffico del fine settimana e notturno evidenzia segnali di riduzione, a riprova di un vero impatto sulle scelte complessive di mobilità dei londinesi (il volume di traffico è in calo nelle principali strade radiali di accesso all’area, tra il 5% e il 12%, e in tutta Londra tra l’1% e il 2%). Il numero di incidenti è sceso del -13% dentro la charging zone (-7% nel complesso). Sono -29% gli scontri con feriti rilevati nelle ore di applicazione (-22% nel raccordo anulare interno e -19% nel resto della città). Il calo maggiore riguarda auto (circa 42% in meno), motori a due ruote (-39%) e pedoni (-22%).

L’uso del trasporti pubblico I passeggeri degli autobus nell’area centrale di Londra sono cresciuti del 18% e 12% nei primi due anni di applicazione. Gli eventi terroristici dell’estate 2005 che hanno riguardato la metropolitana londinese rendono impossibile un calcolo realistico sul totale del TPL. Sono però 523mila i passeggeri odierni in transito nelle stazioni dentro o attorno alla zona tariffaria nelle ore di punta del mattino (erano 516mila nel 2002). Nella stessa ora sono 116mila i viaggiatori che accedono con il bus (erano 77mila nel 2002), attratti da una migliore qualità del servizio (comfort e puntualità dei mezzi) grazie al reinvestimento nel trasporto pubblico dei ricavi del ticket di ingresso (vedi anche Box 5). Nel periodo 2006-2007 tali entrate ammontano a 123 milioni di £ (stima provvisoria) a fronte di circa 90 milioni di £ annue raccolte fino al 2004-2005.

L’inquinamento atmosferico La combinazione tra effetti della tassa e rinnovo del parco bus ha assicurato nel 2006 una diminuzione pari al –13% di NOx, al -15% di PM10 e al -16% di CO2 rispetto alle emissioni medie stimate in precedenza nella zona. Sul complesso dell’area urbana di Londra i dati sono più articolati. Migliorano i valori medi di fondo, mentre rimangono su livelli critici specie le concentrazioni di PM10 e NO2 rilevate a bordo strada (es. Inner Ring Road).

Fonte: Isfort su dati Transport for London

2) L’adozione di una strategia a livello di area metropolitana Nel caso londinese è l’Autorità metropolitana (GLA e TFL) a prendere le decisioni e ad approntare una strategia che intende essere efficace rispetto alle dimensioni della mobilità e ai problemi che vanno colti su scala ampia. Non si tratta dunque dell’iniziativa di un singolo municipio o solo del comune capoluogo coinvolto. La vastità geografica e l’entità degli attori implicati (società di trasporto, cittadini e comunità locali) si spiega particolarmente alla luce dei processi di espansione residenziale delle periferie. Va tenuto conto che nell’area tariffata accede quasi il 30% di tutti i lavoratori dell’area metropolitana di Londra distribuiti in 68mila siti produttivi e commerciali, i quali sono chiamati a subire gli schemi tariffari elevati o sono indotti dai prezzi a utilizzare servizi di trasporto alternativi (che vanno appunto predisposti e riorganizzati, insieme ai parcheggi di scambio da e per l’hinterland, all’offerta di taxi, ecc. come parte integrante della strategia).

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3) Una corretta modalità di affrontare alcune questioni cruciali Alcuni temi condizionano molto l’atteggiamento dei cittadini e l’accettabilità sociale del provvedimento e nell’esperienza della Congestion Charge londinese sono stati affrontati efficacemente. Tra questi rientrano soprattutto: • la percezione pubblica della gravità dei problemi di traffico, cui hanno contribuito campagne

informative a monte e a valle del provvedimento. Parte del merito va alla fase di preparazione molto elaborata che costituisce come detto uno dei punti qualificanti dell’iniziativa, ma anche la puntuale attività di monitoraggio e analisi pubblica sugli effetti hanno contribuito a rafforzare l’informazione sul tema;

• la comprensibilità degli schemi di road pricing per gli utenti. Si potrebbe aggiungere anche la chiarezza dei messaggi e la certezza sui controlli e la “tenuta” del provvedimento nel tempo (per inciso, esattamente l’opposto di ciò che accade in Italia con la politica degli annunci);

• la disponibilità di modi alternativi di trasporto (in primis trasporti pubblici sostitutivi dell’accessibilità automobilistica);

• l’equità dello schema e la coerenza rispetto ai criteri di allocazione delle risorse, che ha portato ad esempio a finanziare la gratuità del trasporto pubblico per i giovani in età scolare, al potenziamento del network e agli incrementi di qualità dei servizi di superficie, agli investimenti sulla bicicletta di cui peraltro si parla oggi con nuova decisione (vedi Box 7).

Box 7 – Bilancio delle entrate e degli investimenti Per legge le entrate della Congestion Charge vanno a finanziare le misure della Mayor’s Transport Strategy e TFL è obbligata a trasmettere ogni 4 anni al Secretary of State for Transport (Ministero dei Trasporti britannico) un rapporto sulle spese. In dettaglio lo schema delle entrate/uscite previste per l’anno finanziario 2006/2007 è il seguente (in milioni di £).

I contributi alla mobilità sostenibile sono evidenti. In primo luogo nel rafforzare una politica di miglioramento del TPL su gomma avviata da tempo; i proventi del ticket hanno assicurato almeno 400 nuovi automezzi, 23 nuove corsie preferenziali per oltre 500 km lineari. Al di là dei ricavi del pedaggio, il budget TFL per le biciclette è passato da 5,5 milioni di sterline nel 2000 ai 24 milioni del 2006-2007, utilizzati per accrescere la rete dedicata (+72 km) e le aree di sosta. Per il futuro inoltre è annunciato un investimento di 500 milioni di sterline destinato a creare dodici "corridoi ciclabili" e diverse stazioni del bike-sharing, modello Parigi. L’obiettivo esposto nel programma elettorale del Sindaco è di quadruplicare il numero di ciclisti londinesi per abbattere al 2025 le emissioni di CO2 del 60%.

Fonte: Isfort su dati Transport for London

L’alternativa concreta delle “città senz’auto”

Tra i possibili strumenti in grado di correggere nel tempo il modo di consumare e produrre trasporto, non c’è ovviamente solo il road pricing. Contenere il numero di veicoli in circolazione in effetti è l’obiettivo anche di molte iniziative più tradizionali e sperimentate, come l’istituzione di aree a traffico limitato e vie pedonali, non solo nei centro storici a protezione dei quali tali misure sono state dapprima applicate (in Italia da metà anni ’80) ma in spazi commerciali, scuole, parchi urbani, aree residenziali da rivitalizzare ecc., con la caratteristica comune di introdurre divieti generalizzati e “chiusure” strutturali alle auto. In molti centri abitati tedeschi, belgi e olandesi per esempio effetti di portata generale derivano dall’applicazione sistematica di misure di moderazione del traffico nelle aree maggiormente abitate. In particolare l’istituzione di limiti di velocità a 30 km/h nei quartieri, ma con restrizioni che arrivano e fino a 5 km/h di marcia nelle vie più interne, offre un tangibile contributo alla diffusione di forme di movimento meno “aggressive” e inclini a una maggiore sicurezza e qualità degli spazi di vita.

Impieghi

Rete e servizi di autobus pubblici 101

Infrastrutture viarie 14

Sicurezza stradale 5

Mobilità ciclo-pedonale 3

Totale 123

Veicoli a tariffa standard (£8 al giorno) 125

Veicoli pubblici (£7 al giorno) 27

Veicoli residenti (£4 per settimana) 6

Reddito di applicazione (sanzioni) 55

Ricavi totali 213

Totale costi operativi e di gestione -90

Reddito netto 123

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Un punto decisivo da risolvere riguarda la capacità di superare spinte e interessi contrari a queste ipotesi di intervento (automobilisti irriducibili, operatori economici insediati...). In tal senso è certamente utile spostare l’attenzione sull’offerta di alternative capaci di assicurare la necessaria accessibilità delle zone: strutture per le biciclette, servizi di trasporto pubblico potenziati, vie pedonali ramificate e protette offrono un vasto contributo alla riforma in senso “ecologico” degli schemi di accessibilità. Innovazioni recenti come i servizi di “auto in comune” o le nuove soluzioni organizzative del trasporto di linea (bus a chiamata, navette verdi), rappresentano altrettante valide risposte all’egemonia dell’auto privata.

Parte dell’impegno è poi di tipo comunicativo e mirato a stimolare il consenso necessario su progetti di alleggerimento della mobilità, aprendo diverse strade e applicazioni sorprendenti per qualità e intensità delle risposte dei cittadini. Ad esempio, in molte città del Nord si stanno sviluppando i percorsi ciclabili verso i centri commerciali, dopo aver promosso per anni l’uso della bicicletta nei tragitti casa-scuola o casa-lavoro; oppure è stata fatta la scelta di incrementare rastrelliere e aree di sosta non solo in superficie, ma in appositi spazi pubblici sottoterra (la più grande è a Münster, in Germania, dove sotto la locale stazione ferroviaria sono disposti oltre 3.300 posti per le bici).

La lista delle strumentazioni adottabili è dunque articolata e può variare da un contesto all’altro. D’altro canto diversi manuali si occupano di descrivere le esperienze di pianificazione integrata della mobilità locale, da cui poter apprendere ulteriori dettagli sui percorsi da seguire nei casi di nuova edificazione o negli interventi di riassetto dell’abitato storico (Box 8).

Box 8 – Esperienze significative di pianificazione della mobilità locale

I piani per biciclette e pedoni In molte città danesi e olandesi l’uso della bici è centrale nei percorsi di quartiere. A parte le Capitali come Copenaghen (20% dei trasporti e un terzo dei viaggi casa-lavoro) e Amsterdam (50% di bici nei percorsi del centro città, 28% sul totale), Odense (DK) ha ricevuto il titolo di “città delle biciclette” per la vastità della sua rete ciclabile (circa 350 km completamente attrezzati). A Groningen (NL) si sono realizzati collegamenti ciclabili veloci tra abitato e centri commerciali, con il risultato che la metà degli spostamenti entro 5 km si effettua oggi con bici. A Gent (BE) in 300 negozi del centro è prevista una raccolta punti a premi per chi fa la spesa in bicicletta. Stessa idea è seguita a PraestØ (DK) dove dai primi anni 2000 si testano con successo speciali shopping bike munite di cestini pieghevoli o rimorchi per compiere in sicurezza le brevi distanze tra abitazioni e negozi (in media 3 km). Il caso di Aalborg (DK) citato nella figura è tra i più interessanti per il connubio tra interventi fisici (rete) e campagne di promozione della bici nei posti di lavoro: offerta di bici pubbliche in luoghi come scuole, amministrazione comunale, ospedale, poste. Il 9% dei impiegati ha cambiato mezzo di trasporto nella prima fase di sperimentazione (1995-1999).

Percorsi ciclabili su strade di grande traffico (verde)Itinerari su vie residenziali (blu) Principali posti di lavoro (in rosso)

Aalborg. Percorso ciclabile di scavalcamento del Lim Fiord Bridge (Fonte: Comune di Aalborg)

Rete urbana di Zone 30 km/h (Germania e Belgio) In Germania esistono oltre 17-18.000 “Zone 30 km/h” che riguardano spesso interi quartieri, e si stima che oltre il 70% della popolazione dei grandi centri viva in aree a velocità ridotta (molto diffuse anche in Belgio, Francia e Svizzera). Per es. a Monaco queste rappresentano circa l’80-85% del sistema viario e almeno 450 km di rete ciclabile è in zona 30 km/h (il 38% considerati anche parchi e percorsi rurali), con un ampio contributo al controllo del traffico. L’introduzione diffusa di queste Zone infatti (incentivata dai finanziamenti del Governo Centrale già da metà 1980) indica un criterio ordinatore forte (l’utente debole come soggetto privilegiato della mobilità urbana) e al tempo stesso costituisce un modo realistico di riorganizzare il traffico in città. Si può ritenere una soluzione “matura” poiché non punta in modo esclusivo sulla separazione fisica degli spazi tra le diverse utenze stradali. Implica però un serio adeguamento dei comportamenti di guida degli automobilisti. La regione di Bruxelles Capitale conta circa il 18% delle strade locali ordinate come vie pedonali o residenziali (si sale al 30-40% in molti sobborghi di prima e seconda corona). In ragione degli incrementi del scambi da e per l’hinterland, è programmata un’ulteriore crescita nei prossimi anni.

Bruxelles (Fonte: AED)

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Per esplicitare meglio la cornice concettuale di riferimento, va invece detto che tale politica in sostanza parte dal presupposto di recuperare la dimensione di “bene pubblico” dello spazio urbano, e quindi dell’esistenza di un interesse prevalente dei cittadini ad ambienti più vivibili e curati anche esteticamente (nell’arredo urano, nel verde, negli spazi di socialità). Un interesse in sostanza alla qualità del vivere che è prevalente rispetto alla libertà soggettiva, puramente teorica, di guidare ed arrivare prima e più agevolmente ovunque con la macchina. Ma non c’è nessun intento punitivo o proposta di “austerità” in questo discorso. Al contrario l’utilità pratica di quanto fin qui introdotto si rivela nella tendenza ad allargare la gamma delle offerte inerenti i servizi trasporto, le forme di accessibilità e - come si va meglio a vedere – le opportunità abitative fornite ai cittadini.

Un interessante percorso di “revisione” dei rapporti tra territorio e trasporti passa infatti anche per la nuova edilizia di tipo ecologico (Tav. 9)102.

E’ questa una forma particolare di intervento consistente nella panificazione di singoli quartieri o parti anche estese di nuovo abitato urbano come zone “car-free” (libere dall’auto) in cui l’obiettivo del risparmio energetico e di una maggiore efficienza nei consumi di tutti i giorni, compresi quelli di mobilità, vengono assunti addirittura nei regolamenti edilizi per incoraggiare scelte diverse dei cittadini.

102 Una breve guida alle buone pratiche è in K.L. Schibel e S. Zamboni, Le città contro l’effetto serra. Centro buoni esempi

da imitare, Feltrinelli, Milano, 2005.

Pianificazione e trasporti (Copenaghen, Bruxelles) Da metà del ‘900 Copenhagen è un esempio riconosciuto di pianificazione integrata trasporti e territorio (sviluppo lungo le radiali della ferrovia). L’esperienza si è rinnovata nel tempo. Ad esempio, prima di costruire il quartiere Orestand (zona Sud verso l’aeroporto), si è pensato alle infrastrutture ed è stata realizzata un’apposita linea della metropolitana (5 km e 6 stazioni) destinata a servire da spina dorsale per la mobilità dell’area. Ultimati oggi la metropolitana e alcuni edifici pubblici lungo il tracciato, la città sta vendendo i lotti già urbanizzati realizzando i proventi spesi per le opere. Il Piano regionale di sviluppo dell’area di Bruxelles (1995) ha imposto l’obbligo di insediare uffici e attività terziarie ad alta densità in aree accessibili mediante TP. Alcune zone valutate non idonee sono state definite come “zone di protezione dall’alta densità”, e difese dal traffico di attraversamento (è proibito il transito interquartiere con l’auto).

Regione metropolitana di Barcellona (Piano Direttore della Mobilità) Un esempio più recente è il Piano della regione metropolitana di Barcellona 2007, che al primo punto prevede proprio un nuovo coordinamento tra mobilità e politiche urbane. L’elenco delle misure comprende in sintesi: 1. Potenziare le polarità, dirigere lo sviluppo urbano per ridurre le

necessità di spostamento motorizzato 2. Predisporre una nuova normativa territoriale sulla localizzazione

delle attività in funzione dell’accessibilità infrastrutturale 3. Promuovere la creazione di spazi di sviluppo economico (aree

produttive e industriali) 4. Nuova normativa di regolazione della mobilità delle merci 5. Riserva di una % di suolo destinato ad attività logistiche 6. Spazi pubblici dedicati al park and ride 7. Attuazione dei piani di mobilità urbana (municipi appartenenti

alla zona di 1 e 2 di protezione ambientale) Spostamenti dei residenti per settore(Fonte: ATM 2005)

Metro Copenaghen (Fonte: www.m.dk)

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Tav. 9 - Esempi di quartieri car free

Città Nome Progetto N. unità abitative Caratteristiche

Friburgo Vauban 2.000

Integrazione trasporti pubblici e rete ciclabile Servizi di car sharing Limiti di velocità all’interno (30 km/h e 5 km/h) 50% di residenti con auto propria; ma è richiesto

per l’acquisto il parcheggio ai limiti dell’area Energia solare

Tubingen Stuttgarter S. Franzosisches V.

2.000 (n. residenti)

Conversione base militare Posti auto non costruiti Solo 40% di famiglie con auto in rapporto all’80%

riscontrate nei quartieri circostanti

Nurnberg Langwasser 900 Integrazione con il trasporto pubblico Larga area pedonale Aree di sosta solo nella fascia esterna

Edimburgo Stateford Green 251

Progetto di rigenerazione urbana Solo il 12% di famiglie possiede l’auto Vie dedicate alle biciclette e zone verdi Servizi di car sharing

Londra BedZED (Quartiere a zero emissioni)

100

100% energia rinnovabile Integrazione tra uffici e spazi residenziali Punto di ricarica per veicoli elettrici Shopping via internet

Amsterdam GWL-terrein 600

Rigenerazione degli impianti idrici precedenti Costruzione del centro della comunità Servizio di car sharing Integrazione trasporti pubblici e rete ciclabile 110 spazi si sosta al limite esterno dell’area

Fonte: GTZ-Sutp103

Per esempio, mentre spesso i Comuni richiedono almeno un garage per unità abitativa104 le città car-free ammettono di poter costruire nuove aree in deroga all’obbligo del numero minimo di posti auto per abitazione. In cambio, agli abitanti che rinunciano al possesso dell’automobile possono essere risparmiati i costi di costruzione e manutenzione dei posti auto (idem per i costruttori che affittano agli inquilini privi di autovettura). In testa alle attenzioni dei programmatori in questi casi c’è l’idea di rivolgersi a quella fette di popolazione “sensibile” come le giovani coppie o i nuclei familiari con figli in età scolare, cui si chiede di consumare meno auto e addirittura rinunciare al rinnovo del mezzo o all’acquisto di un garage (dipende dalle varianti applicative) per godere di adeguati standard di abitabilità degli spazi collettivi e di una maggiore vivibilità delle strade.

La partecipazione della comunità è un altro elemento riscontrato in molte iniziative disseminate nel Nord Europa. Un ruolo fondamentale di stimolo ad avviare progetti “pilota” deriva da associazioni e gruppi di attivisti spontanei, che puntano a diffondere un modello di intervento tuttora marginale ma anche assai promettente nei casi più sviluppati. Tra questi va citata l’esperienza di Friburgo (GE) dove un intero quartiere edificato sul terreno di una ex caserma (Vauban), dai primi anni 1990 è organizzato secondo criteri ecologici e regole car-free105.

103 GTZ-Federal Ministry for Economic Cooperation and Development, Car-Free Development, A sourcebook for Policy-

makers in Developing Cities, 2005 (www.sutp.org). 104 Norma sorta al fine di superare la mancata disponibilità di aree di sosta che affligge specie i quartieri urbani, ma il cui

effetto finale è di incoraggiare l’uso dell’auto, dovendo in ogni caso anche chi è privo del mezzo o chi rinuncia alla guida sopportare il costo di posteggi e garage.

105 Secondo alcuni la ripresa di tale esperienza da parte dei programmatori italiani troverebbe condizioni di attuazione moto favorevoli, per via dell’enorme numero di ex aree industriali dentro i confini delle città, della possibilità di sviluppo dell’energia solare, delle costruzioni biologiche ecc.. Per ulteriori approfondimenti in materia si veda la sezione italiana del World Carfree Network (www.worldcarfree.net).

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Fig. 6 – La crescita di consenso durante il periodo di prova

Fonte: Città di Stoccolma

5. Referendum e partecipazione popolare

Il voto sulla “Congetion tax” a Stoccolma

Proprio l’adozione di misure restrittive o le decisioni da prendere in materia di investimenti in infrastrutture di mobilità ha generato in diversi paesi europei l’adozione di forme di consultazione e momenti di decisione collettiva su scala locale. Si tratta di un fronte interessante da esaminare, come rimarcato da vari autori che si sono da tempo soffermati sul ruolo del cambiamento istituzionale nel favorire la stabilizzazione di nuovi valori e orientamenti in tema di mobilità. Si intende pertanto concludere questa descrizione delle iniziative adottate nello scenario europeo con alcuni brevi richiami ai casi in cui tale approccio è sembrato più utile, nella speranza di diffondere analoghe iniziative nelle città italiane.

A parte il riferimento storico a Zurigo106 e in generale il rimando possibile alla tradizione di consultazione pubblica vigente in Svizzera, la richiesta di parere ai cittadini sulle iniziative che interessano la mobilità e i sistemi di trasporto è pratica diffusa in altre importanti realtà europee del Nord, come Francia e Regno Unito, che le attuano in forma volontaria o obbligatoria. Altro esempio da citare riguarda Amsterdam, dove nel 1992 i cittadini hanno deciso con referendum una vigorosa politica dei parcheggi (riduzione degli spazi, permessi limitati alla sosta lunga e alle attività economiche, prezzo di 4 € per ora di sosta per i visitatori) per ridurre l’accesso delle vie centrali alle auto (Inner city), raggiungendo in effetti in pochi anni l’obiettivo anche grazie ad una robusta politica di incoraggiamento delle biciclette.

Il caso più recente e significativo è però quello di Stoccolma, dove la maggioranza dei cittadini, nel settembre del 2006, ha approvato l’istituzione dell’accesso a pagamento all’area centrale (47 kmq e 280mila abitanti). Complessivamente il 51,3% dei partecipanti al referendum consultivo si è espresso favorevolmente. Nelle 14 municipalità dell’hinterland il 60,2% ha invece votato in modo contrario alla misura.

L’ipotesi di introdurre il ticket ha preso corpo a seguito di una prima proposta del Consiglio comunale di Stoccolma (giugno 2003) e con la legge adottata l’anno successivo dal Parlamento svedese (The Congestion Charge Act del giugno 2004).

Decisivo ai fini del consenso ottenuto sulla scelta il periodo di sperimentazione di 6 mesi (Fig. 6) durante il quale residenti, pendolari e automobilisti hanno potuto “saggiare” direttamente gli schemi di applicazione e l’utilità pratica della misura poi introdotta in via definitiva con riconosciuto successo.

Ma l’insieme delle applicazioni che hanno preceduto e accompagnato la discussione della Congestion tax a Stoccolma ha aiutato l’accettazione sociale del provvedimento con cui l’amministrazione ha inteso puntare a ridurre il traffico (10-15% in meno nelle vie più frequentate del centro) e i relativi impatti inquinanti (specie emissioni di polveri e CO2). Tali azioni sono andate dallo sviluppo dei trasporti pubblici nell’area (da agosto 2005), alla facilitazione al Park&Ride al monitoraggio in tempo reale del programma, che ha riguardato ambiti e operazioni molto diverse connessi all’entrata in vigore della misura: o stime del traffico automobilistico e indagini sull’utilizzo del TPL nell’area di Stoccolma e provincia; 106 A metà degli anni ’70, la popolazione di Zurigo ha detto no al progetto di costruzione di un sistema di metropolitane in

ambito urbano. In effetti il voto era relativo agli investimenti da compiere, che si sarebbero dovuti finanziare tramite l’imposizione di tasse a carico dei cittadini. A seguito del referendum, sono state sviluppate alternative meno costose e di minor impatto complessivo. L’attuale mobilità pubblica cittadina presenta un invidiabile sistema di TPL di superficie, principalmente fondato sul tram, integrato da un’efficiente rete di ferrovie suburbane (S-Bahn) che svolge una funzione di raccordo e collegamento in ambito cantonale.

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o impatto economico ed effetti sull’economia regionale; o ripercussioni dirette su vendite al dettaglio, taxi, servizi di trasporto; o analisi costi/benefici; o impatti ambientali dei provvedimenti; o altri studi su effetti come sicurezza da traffico, survey delle attitudini dei cittadini, influenza

degli eventi di informazione...

Fig. 7 - Schema di applicazione e primi effetti sul traffico della Congestion tax di Stoccolma

Per riepilogare e trarre in conclusione alcuni insegnamenti dall’esperienza a di Stoccolma, si può dire che la ricerca della partecipazione pubblica, di norma accusata di complicare e allungare le fasi decisionali, ha invece fornito un utile supporto all’Amministrazione comunale. I benefici rilevati riguardano i seguenti aspetti.

Qualità della decisione. L’intera comunità, abitanti della periferia inclusi, è stata interpellata su una proposta fondamentale per la vita pratica e gli interessi diffusi. La maturità del voto offerto indica una possibile modalità di risposta alla difficile accettabilità sociale di provvedimenti molto drastici e di forte impatto107.

I tempi. La scelta di arrivare al referendum e di preparare tutto il percorso di sperimentazione ha in fin dei conti abbreviato i tempi di attuazione finale del percorso (il passaggio dalla fase di prova alla messa a regime).

Legittimità del provvedimento. Come in tanti casi analoghi, il dibattito attorno alla misura è stato acceso specie a causa della contrarietà dei residenti più esterni dell’area metropolitana. Il processo di costruzione politica e la decisione di sottoporre il tutto a referendum ha prodotto però evidenti benefici in termini di trasparenza e legittimazione della scelta, che è stata poi difatti portata avanti e confermata, nonostante il cambio di maggioranza al governo centrale (titolare ultimo della scelta stessa).

Informazione pubblica. Senza scomodare i principi del governo democratico, stimolare la partecipazione è servito dal punto di vista della presa d’atto dei problemi comuni. A dimostrarlo è proprio l’esito del referendum, oltre a successivi sondaggi che rilevano un crescente consenso sulle politiche promosse.

107 La sperimentazione del road pricing e le connesse misure promozionali del TPL hanno determinato un -15% di

percorrenze nell’area tariffata e una riduzione ancora più marcata degli accessi veicolari (-22% nella zona di pedaggio e -16% nell’intera Inner city); contemporaneamente i passeggeri dei mezzi pubblici sono cresciuti di un considerevole 6% nell’intera città di Stoccolma (i maggiori progressi hanno riguardato la metropolitana). Le valutazioni complete sui risultati del provvedimento sono nel Report Facts and Results from Stockholm Trias, Versione finale, dicembre 2006, City of Stockholm (www.stockholmsforsoket.se).

-10%

-12%

-22%

-5%

1%

-25% -20% -15% -10% -5% 0% 5%

Strade del centro

Vie di acceso al centro

Zona tariffata

Altre strade urbane

Altre strade di accesso

Riduzione del traffico durante il periodo di sperimentazione(gennaio-luglio 2006)

-10%

-12%

-22%

-5%

1%

-25% -20% -15% -10% -5% 0% 5%

Strade del centro

Vie di acceso al centro

Zona tariffata

Altre strade urbane

Altre strade di accesso

Riduzione del traffico durante il periodo di sperimentazione(gennaio-luglio 2006)

Fonte: Città di Stoccolma

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Il “Patto per la Mobilità” di Barcellona

Una conferma di quanto appena sostenuto deriva dall’esame dell’esperienza promossa dal 1998 a Barcellona con il “Patto della mobilità”: un forum di consultazione periodico tra governo, associazioni, esperti e rappresentanti del tessuto sociale108 sulle prospettive dei trasporti urbani, che ha dato esiti importanti.

Concretamente ciascun soggetto sottoscrivente il Patto compone anche la task force responsabile di definire le azioni concrete. Qualità dei trasporti pubblici, incremento delle aree pedonali, sicurezza stradale (il primo forum pubblico risale in tal caso perfino al 1994), regolazione della circolazione e della sosta, promozione della bicicletta ecc. sono alcuni degli indirizzi seguiti dal Patto.

L’elaborazione del Piano della mobilità urbana può essere considerato uno dei prodotti più rilevanti del Patto nella fase 2005-2006. Altri progetti sviluppati hanno riguardato un mix di attività di sensibilizzazione (i piani della mobilità di varie zone scolastiche industriali cittadine, facilitazioni all’uso della metropolitana e della nuova rete di tram entrata in vigore nel 2004) insieme a misure concrete legate al piano strategico per le biciclette (2006), e ancora insieme alla regolamentazione integrale della sosta nell’Area Verde (I e II corona) o ai percorsi pedonali.

Iniziative che hanno portato complessivamente a un calo del 10% del traffico nell’area centrale e contribuito ad altri risultati positivi che possono essere evidenziati come bilancio di attuazione del periodo 2003-2006109.

Box 9 – Dati della mobilità a Barcellona % di spostamenti interni a Barcellona

% di spostamenti di connessione con l’hinterland

Fonte: Isfort su dati Comune di Barcellona

L’esperienza di Barcellona sembra in sostanza rinverdire uno strumento testato negli anni ’90 anche in Italia e di cui ultimamente si sono tuttavia perse un po’ le tracce. Rispetto al quale va in ogni modo rimarcato il forte ruolo di impulso e pianificazione dei lavori esercitato dall’Autorità dei trasporti metropolitano, creata a Barcellona nel 1996; di nuovo, l’esistenza di tale soggetto nei contesti urbani europei sembra costituire uno dei punti qualificanti di differenza con l’Italia sul piano complessivo della governance di settore.

108 Comune, autorità municipali dell’hinterland, associazioni ambientaliste, imprese e sindacati dei trasporti, grandi aziende

vincolate alla gestione della mobilità dei dipendenti, camera di commercio, collegi professionali sono i principali firmatari del Patto.

109 Per approfondimenti vedi al sito www.bcn.es le pagine web dedicate al “Patto della mobilità”.

Spostamenti per modo di trasporto. Confronto % periodo 2003-2006

A piedi +1,0 Taxi -0,1 Autobus +0,5 Auto conducente -4,0 Metro +5,5 Auto passeggero -5,0 FGC (ferrovia) +7,8 Moto conducente +19,4 RENFE (ferrovia) +11,3 Moto passeggero +8,7 Tranvia +121,1 Furgone/camion +8,2 Bicicletta +13,7 Totale +7,8

Spostamenti per modo di trasporto. Confronto % periodo 2003-2006

A piedi +4,6 Taxi +7,0 Autobus +2,7 Auto conducente -3,9 Metro +7,2 Auto passeggero -4,9 FGC (ferrovia) +9,6 Moto conducente +38,9 RENFE (ferrovia) +6,8 Moto passeggero +53,8 Tranvia +141,5 Furgone/camion +9,3 Bicicletta +55,9 Totale +6,6

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6. Un promemoria

In conclusione si riportano molto schematicamente le acquisizioni provenienti dal primo step d’indagine sulle politiche delle grandi città europee, in alcune delle quali, come appositamente rendicontato nel testo, si iniziano ad intravedere realmente gli effetti positivi delle strategie adottate negli ultimi anni.

Sono diverse infatti le città analizzate (Parigi, Barcellona, Londra) in cui è accertata ad esempio una riduzione dell’uso dell’auto negli spostamenti quotidiani e un parallelo ricorso ad alternative come il TPL (soprattutto su ferro) e le biciclette. Ma anche altri indicatori statistici volgono al meglio e avvicinano agli obiettivi di una maggiore vivibilità urbana e sostenibilità delle funzioni di trasporto.

In primo luogo migliorano, sebbene non dappertutto in misura sufficiente, alcuni aspetti della qualità dell’aria: i valori di fondo, le emissioni totali e i superamenti delle soglie critiche in specifiche aree di progetto (es. il centro di Londra e Stoccolma). Progressi sostanziali si notano inoltre nella presa d’atto pubblica e nelle politiche concrete adottate sui temi della sicurezza in molte delle realtà osservate, e continua per di più a crescere specie nei Paesi Centro-Nord europei la quota di spazio pubblico urbano sottratto stabilmente all’invadenza dei mezzi a motore (comprese specifiche interdizioni al traffico dei veicoli commerciali).

I dati disponibili sul profilo dei mezzi (alternative ecologiche) e sulle percorrenze (diminuzione della velocità di corsa, crescita dei movimenti ferroviari pendolari...), compreso il cambiamento dei modi di agire di specifici gruppi di popolazione come i giovani (massiccio ricorso a bici e mezzi pubblici nei tragitti casa-scuola), indicano tendenze comuni a vari agglomerati urbani europei, che vanno nella giusta direzione di ridurre i costi collettivi della mobilità (economici e ambientali).

Si tratta ovviamente di tendenze da consolidare nel tempo. Tuttavia, in rapporto alla situazione italiana, e considerato il bilancio assai meno positivo degli interventi promossi nello spaccato nazionale indagato nella prima parte del testo, si possono segnalare diversi ambiti di riflessione riconducibili in sostanza al seguente criterio generale (vedi per ulteriori e più utili dettagli le indicazioni riportate nelle tavole si sintesi finale): “al fine di affrontare efficacemente il problema della mobilità e delle sue tendenze più critiche non serve solo investire e potenziare i sistemi di trasporto, ma è anche necessario cambiare il ‘modo’ di programmare il potenziamento”.

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TTaavvoollaa ddeeggllii aapppprreennddiimmeennttii ddaaii ccaassii eesstteerrii

Una politica (locale) è...

Seguire nel tempo gli effetti dei Piani di azione per la qualità dell’aria e proseguire l’analisi delle strategie proposte nei Piani per i trasporti urbani sostenibili

Estendere lo sguardo agli altri strumenti di governo urbano adottati (PRG, Piano strategico di sviluppo, linee di programmazione dei servizi pubblici, orari del commercio ecc.).

Continuare l’analisi comparativa sulle competenze delle città in materia di mobilità e pensare a come rafforzare i poteri di risposta locale (approfondire i casi di studio sulle funzioni attribuite ai comuni urbani/aree metropolitane nei diversi Paesi)

Valutare più a fondo il grado di coordinamento (sul piano normativo, degli indirizzi di policy, degli strumenti finanziari) tra politiche locali/di Paese/comunitarie

Ulteriore analisi dei processi decisionali e delle buone pratiche amministrative: sistemi di confronto istituzionale, investimenti in comunicazione e informazione, adozione di momenti di verifica pubblica...

L’importanza dei “deterrenti” (sistemi di controllo e sanzioni) ai fini dell’efficacia dei progetti e come incentivo al cambiamento dei comportamenti di guida

Approfondire il problema della risorse in riferimento ai casi di successo esteri (auto-finanziamento del sistema)

Indagare i sistemi di monitoraggio e i risultati di fatto ottenuti in termini di riduzione dei veicoli in transito, delle percorrenze con l’auto, degli incidenti, delle emissioni ecc..

CCoommee mmiigglliioorraarree ll’’aazziioonnee llooccaallee.. SSuucccceessssiivvii tteemmii ddii aapppprrooffoonnddiimmeennttoo

II rreeqquuiissiittii ggeenneerraallii ddeellllee ppoolliittiicchhee ddii ccoonntteenniimmeennttoo ddeellllaa mmoobbiilliittàà pprriivvaattaa

Una successione di misure

Adottare scenari di intervento di medio-lungo periodo serve a consolidare quanto realizzato come primo approccio ai problemi (come intervento in fase di emergenza o come sperimentazione innovativa). Consente inoltre di prendere in considerazione non solo le politiche di offerta (azioni su servizi e infrastrutture di mobilità) ma anche gli indirizzi di domanda (tendenze di lungo periodo inerenti l’assetto del territorio, la distribuzione degli insediamenti, le abitudini e gli stili di vita, i bisogni dei cittadini ecc.).

Un insieme coordinato di interventi (e una regia)

Le diverse soluzioni proposte devono essere anche il più possibile integrate e rese coerenti: offerta di servizi di mobilità con nuove regole di sosta e accessibilità/standard tecnologici più elevati con efficaci politiche comunicative... Per questo serve rafforzare i poteri locali di regolazione e definire una “cabina di regia” (Autorità metropolitana) dei diversi processi, in grado di affrontare i fattori di squilibrio posti dallo sviluppo territoriale: l’uso massiccio dell’automobile nei collegamenti interperiferici, il peso crescente degli spostamenti dall’hinterland verso il centro ecc.

Definizione di una strategia e obiettivi da raggiungere

La pianificazione (mobilità e qualità dell’aria) è utile alla definizione di un quadro strategico che orienti il resto delle politiche urbane e a finalizzare queste verso obiettivi misurabili. Particolare attenzione va posto al monitoraggio e alle verifiche del percorso di attuazione dei piani, in modo da segnalare gli scostamenti rispetto alle linee previste ed eventualmente adeguare queste alle novità incorse.

Disponibilità di risorse commisurate

Oltre ai trasferimenti nazionali è importante prevedere un serio budget di risorse locali e sviluppare la capacità di autoprodurne (mediante tasse di scopo, tariffe stradali, reimpiego di proventi da multe e sanzioni...) per fornire un quadro di certezze nella programmazione di servizi di qualità e nella realizzazione di opere pubbliche indispensabili.

Diversi attori che partecipano a vari livelli

Coalizzare gli sforzi aiuta ad accorciare i tempi di azione e aumenta l’efficacia delle iniziative sia sulla microscala (singola azienda o quartiere), sia a livello di regione metropolitana. Più in generale serve incrementare la collaborazione tra i settori e i soggetti del governo della città. L’esperienza dei patti per la mobilità o le consultazioni e i forum istituzionali diffuse con successo nella pratica di molte amministrazioni locali europee valgono a tal proposito di riferimento.

Un’attività per… (un fine, dei bisogni) ma anche con…(i destinatari e gli attori delle misure: persone, imprese, gruppi di riferimento ecc.). La partecipazione pubblica – ben costruita e supportata - può costituire una risorsa e aiutare a compiere scelte difficili e “intelligenti”: legittima e rafforza l’accettabilità sociale di un provvedimento anche scomodo.

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