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periodico di comunicazione sociale - culturale - istituzionale DISTRIBUZIONE GRATUITA Anno VIII - n. 3 maggio - giugno 2010 ph Luca Policastri

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Foto in copertina: LUCA POLICASTRIModella CINZIA POLICASTRI

Mondiversi

per l’inclusione sociale

di Antonio Gioiello

“Suoni di Primavera” per l’Animo

di Luisa Sangregorio

Corigliano festeggia la Fotografia

di Anna Lauria

Orto o varranca

di Luisa Sangregorio

Quando Valente

incontrava Carducci

di Enzo Cumino

Il caso di Mimmo

di Luigi Petrone

Piove, la Calabria trema

di Carmine Calabrese

I progetti per il futuro

della neonata Auser

di Cosimo Esposito

Vent’anni a Corigliano

tra politica e cultura

di Franco Liguori

Senso, solidarietà e soldi

di Carmen Emiliana Fusaro

Appunti per una storia politica di Corigliano dal 1943 ai giorni nostri/3 E le donne finalmente

ebbero diritto al voto

di Enzo Viteritti

Viaggio Poetico

di Stefania Buonofiglio

Interculture

Report su una tragedia evitata

di Giulia Spanò Secco

Premio Troccoli al professore Arena

di Luisa Sangregorio

L’ora legale Donne e mondo del lavoro:

lo stato dell’arte

di Raffaella Amato

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Aldobranda Rambaldi

‘ndrinketa

Autorizz. Tribunale di RossanoReg. Periodici N. 02/03 - 25 marzo 2003

Sede: Via Machiavelli (Centro Eccellenza) - Tel. 0983.885582CORIGLIANO SCALO (Cs)

www.mondiversi.it — e-mail: [email protected]

Direttore Responsabile: CARMINE CALABRESEDirettore Editoriale: LUISA SANGREGORIO

Redazione:RAFFAELLA AMATO,

STEFANIA BUONOFIGLIOMARIA CALOROSO, ENZO CUMINO,

DEBORAH FURLANO, ANTONIO GIOIELLOMARCO LAUDONE, ANNA LAURIA,

ISACCO NUNA, EMILIA PISANI,GIOVANNI PISTOIA, FABIO PISTOIALUCA POLICASTRI, GAIA REALE,ADALGISA REDA, MARIO REDA,

FRANCESCO SOMMARIO GIULIA SPANO’, ENZO VITERITTI

Grafica: GIOVANNI ORLANDO

Stampa: TECNOSTAMPALargo Deledda - Tel. 0983.885307 - Corigliano Scalo

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L’inclusione sociale dei sog-getti svantaggiati è una delle priorità riconosciute dall’Unio-ne Europea per la crescita del-le aree sottosviluppate, come

il Meridione d’Italia.Si ritiene, infatti, che uno sviluppo economi-co solido e durevole è reso possibile solo in situazioni di bassa conflittualità sociale e a condizioni che ai soggetti deboli siano ga-

Mondiversiper l’inclusione sociale

Sono tre i progetti

presentati per un totale

di circa 580mila euro

di Antonio Gioiello

rantite pari opportunità ed accesso al mondo del lavoro.Per tali motivi sono previsti nel Programma Operativo Regionale della Calabria – Fondo Sociale 2007/2013 – finanziamenti per la rea-lizzazione di work-experience a favore di di-verse categorie disagiate. L’obiettivo globale dell’intervento è di “Aumentare l’adattabilità

e la produttività dei lavoratori e delle impre-

se, potenziare il capitale umano e migliorare

l’accesso all’occupazione e la partecipazio-

ne al mercato del lavoro, rafforzare l’inclu-

sione sociale delle persone svantaggiate e

combattere la discriminazione, incentivare le

persone inattive ad inserirsi nel mercato del

lavoro, migliorare la capacità e l’efficienza

amministrativa della Pubblica Amministra-

zione regionale e locale”.

Gli interventi di work-expe-rience consistono in azioni di formazione e tirocinio la-vorativo da eseguirsi presso enti, aziende e luoghi di la-voro del territorio. L’obietti-vo degli interventi è, da una parte, di fornire alle catego-rie svantaggiate occasioni per acquisire abilità e com-petenze da poter spendere nel mondo del lavoro; dal-l’altra parte, di promuovere una cultura dell’accoglienza per evitare forme di emar-ginazione di persone trop-po facilmente discriminate per la loro condizione fisica e/o sociale. Le azioni sono quindi volte allo sviluppo “dell’inserimento lavorativo

delle categorie in condizio-

ni di svantaggio occupazio-

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nale e di marginalità sociale, rafforzando la

cultura delle pari opportunità per prevenire

e combattere ogni forma di discriminazione

nella società e nei posti di lavoro (Obiettivo

Operativo G1)”.

L’associazione Mondiversi Onlus ha finora partecipato a 3 avvisi pubblici di work-expe-rience della Regione Calabria: per disabili mentali, per detenuti ed ex-detenuti e per disabili uditivi. In totale sono stati presentati progetti per l’inclusione sociale di 40 soggetti in condizione di svantaggio, per un totale di 582.271euro di finanziamenti richiesti. Inol-tre nei progetti sono coinvolti circa 25 sog-getti tra enti ed aziende e circa 30 persone tra tutor ed operatori sociali.Ringraziamo sin da ora quanti (enti, scuole, aziende del territorio) ci hanno supportato e dichiarato la loro disponibilità a ospitare i ti-rocinanti.Ognuno si rende conto che l’occasione è im-portante, che va colta ed utilizzata al meglio. Innanzitutto accedendo ai finanziamenti. E poi,evitando che finiscano per ridursi a mo-mentanei ammortizzatori sociali; sfruttando invece tutte le opportunità affinché si riesca ad offrire vera formazione e reale inserimen-to lavorativo. Sono interventi complessi, che coinvolgono una pluralità di soggetti. Che mirano a rimuo-vere condizioni di svantaggio di cittadini del territorio che soffrono anche per una margi-nalità lavorativa. E che hanno anche ricadu-

te positive sul piano prettamente economico, relativamente al volume generale del finan-ziamento (oltre 1 miliardo delle vecchie lire).Ci sarebbe piaciuto, e ci piacerebbe, che le amministrazioni comunali, a cominciare da quella di Corigliano, fossero protagoniste at-tive di questi percorsi di integrazione. Convin-ti come siamo che il governo delle politiche Sociali spetti alle pubbliche amministrazioni. Ogni singola organizzazione o istituzione, da sola, di fronte a fenomeni sociali complessi, non può produrre effetti positivi di vero cam-biamento.L’inserimento lavorativo delle persone svan-taggiate, l’inclusione sociale delle categorie deboli necessitano di politiche condivise, di partecipazione istituzionale, di disponibilità del mondo del lavoro. Senza queste siner-gie, se le Amministrazioni Locali trascurano e si disinteressano di questi processi di inte-grazione, ben poco potrà rimanere anche dei migliori progetti.

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“Suoni di Primavera”

per l’Animo

Al Centro di Eccellenza

di scena giovani

e talentuosi musicisti

di Luisa Sangregorio

Lo scorso 23 maggio nella sala conferenze del Centro di Eccel-lenza si è tenuto il primo concerto “Suoni di Primavera” organizzato dall’Associazione “Animo Cala-

bria Onlus”, durante il quale hanno suonato molti dei giovani musicisti della scena coriglianese. Suoni di Primavera è solo uno dei numerosi eventi che è stato ospitato nel mese di maggio dal Centro di Eccellenza, una struttura pubblica gestita dall’Associazione Mondiversi Onlus che, grazie all’impegno dei numerosi volontari che vi operano, riesce a offrire ai cittadini un valido supporto organizzativo per svolgere diverse at-tività: riunioni, mostre, convegni o, come in que-sto caso, concerti. La scorsa domenica a esibirsi sono stati gli studenti di musica delle scuole della nostra città, coordinati dal professore Francesco

Verardi. I ragazzi hanno suonato brani classici e composizioni dei loro insegnanti. La platea, attenta ed emozionata, ha seguito ogni inter-pretazione tributando ai giovani interpreti caldi applausi. “All’incontro musicale – riferisce una nota dell’Associazione Animo - hanno partecipa-to grandi nomi del mondo musicale della nostra città: il professore Piergiorgio Garasto con il figlio Gianmarco, capace di virtuosismi di altissimo li-vello e già noto a palcoscenici illustri; il Maestro Vincenzo Greco vincitore, con la sua orchestra di trombe e tromboni, della dodicesima edizione del Gef “il Festival Mondiale di creatività nella scuo-la” svoltosi a Sanremo; gli insegnanti Vincenzo Diodati con i suoi flauti, e Pietro Conte con l’en-semble della scuola media Tieri. Si sono inoltre esibiti i solisti Francesca Salamone, giovane e sensibile pianista, e Ivan Di Bello, già diplomato al conservatorio di Cosenza e valentissimo suo-natore di oboe.” L‘Associazione Animo ringrazia tutti coloro, pro-fessori, alunni, maestri di musica e giovani talen-ti, per la passione, l’impegno e i sacrifici profusi per raggiungere così alti obiettivi. “Da apprezzare – concludono le responsabili dell’Animo Calabria – in particolar modo l’interesse dei giovani per la musica che li tiene lontano da poli di attrazione di pericolosa natura”. Come ha scritto Miguel de Cervantes: “Dove c’è musica non ci può essere nulla di cattivo.”

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7Grande attesa per l’ottava edizione del Festival organizzato dall’associazione “Corigliano per la

Corigliano festeggia

la Fotografia

Inizia il 28 giugno

l’ottava edizione

dell’evento organizzato

dall’associazione

cittadina

di Anna Lauria

fotografia”. L’evento durerà dal 28 giugno al 4 lu-glio 2010, con esposizione delle mostre relative, fino a settembre nel Castello ducale della città. La direzione del Festival fotografico è affidata come ogni anno al presidente dell’associazione, affiliata Fiaf, Gaetano Gianzi e a Cosmo Laera. Dietro questo grande evento c’è tanto lavoro con-diviso con i soci, che si concentra poi nella setti-mana ricca di workshop, mostre, tavole rotonde, dialoghi con autori di fama internazionale che incontreranno fotografi, fotoamatori, gente vicina

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alla fotografia, pubblico variegato, ospiti giunti da lontano per godere della magnifica occasione, ma anche semplicemente cittadini curiosi di sco-prire e avvicinarsi al mondo della fotografia. Gli incontri avverranno nel Castello ducale di Co-rigliano, luogo ospitale ed elegante. Come ogni anno, un autore visitata la città, ne coglie sfuma-ture e aspetti che lo colpiscono, per poi tradurre e interpretare attraverso un lavoro fotografico le suggestioni vissute. L’ospite illustre della manife-stazione è Franco Fontana, fotografo italiano fra i più importanti al mondo, il quale ha dimostra-to entusiasmo osservando le bellezze dei nostri luoghi. Il 2 luglio il maestro incontra il pubblico, mentre Il 3 luglio, nell’inaugurazione della serata avremo modo di visitare la mostra che ritrae i suoi scatti. Il 3 e 4 luglio, all’interno del Festival della Foto-grafia, ci sarà anche il concorso “Portfolio Italia” al quale chiunque potrà iscriversi e partecipare per sottoporre i propri ‘scatti’ a un folto gruppo di lettori di prestigio come: Fulvio Merlak, Giancarlo Torresani. Pippo Pappalardo, Cinzia Busi Thom-pson, Cristina Paglionico, Attilio Lauria (dalla Fiaf), e ancora Denis Curti (Contrasto), Paola Brivio (Geo), Tiziana Jelo (Gioia), Arianna Rinal-

do (Repubblica delle Donne), Marco Pinna (Na-tional Geographic), Carmelo Nicosia (fotografo direttore Acc.Belle Arti Catania), Cosmo Laera (fotografo, docente fotografia Brera), Antonella Pierno (docente di fotografia Brera). Al termine del quale saranno “letti” tutti i lavori dei parteci-panti e fra questi sarà selezionato il migliore. Il vincitore di “Portfolio Italia - Gran Premio Epson Italia – Premio Kiwanis”, organizzato dalla Fiaf (Federazione Italiana Associazioni Fotografi) ol-tre a partecipare di diritto alla manifestazione na-zionale, vincerà immediatamente una Nikon D90 con obiettivo 16-85 VR e scheda di memoria da 4Gb. Per gli amanti del ritratto sarà interessante l’in-contro con Joe Oppedisano che terrà il suo workshop dal 29 giugno al 1 luglio. Nell’occasio-ne si potrà visitare la sua mostra ‘’De-con-struc-tion’’ 20 anni di Collage. Una settimana intensa e fervida di esperienze da condividere, come il workshop di Giancarlo Tor-resani “Ideazione e Produzione di un Portfolio’’ nei giorni 1e 2 Luglio. Le mostre, esposte fino a settembre, saranno una bella occasione per visi-tare il castello e il centro storico, nella stagione più calda che vede i numerosi turisti soggiornare

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nel comprensorio. L’associazione Corigliano Calabro Fotografia va-lorizza i suoi soci attraverso una personale che si terrà sempre nelle sale del castello, quest’anno esporrà Francesco Vitali Salatino, con il lavoro ‘Occhi di scena’. Il 30 giugno alle 19,00 appuntamento, invece, sotto il castello al “Dulcamara lettere e caffè” con la presentazione di un libro poetico e relativa mo-stra dedicata alla poesia visiva, contaminazioni tra parola, arte e fotografia a cura di Anna Lauria, in collaborazione con Ferrari Editore. Negli spazi adibiti del maniero, esporranno, an-cora, Giancarlo Ceraudo con un’inedita mostra sulla Patagonia “Cruz del Sur”.Antonio Manta presenta un lavoro realizzato nel Parco Nazionale della Sila, e terrà un workshop sulla fine-art e postproduzione. Antonino Sgrò e Filippo Romano presentano uno straordinario lavoro sulla temuta strada statale 106. Poi, anco-ra ci sarà Paola Fiorini, vincitrice Portfolio 2009, con la mostra Elisa Fashion District. ‘’ Emilia Ro-magna, il nostro territorio e la sua gente’’ è la mostra prodotta dal circolo Fiaf di Bagnacavallo “Amici della Fotografia”. In questi anni si sono susseguiti a Corigliano grandi nomi della fotogra-fia mondiale, fra questi Gianni Berengo Gardin, (autore dello splendido volume “Viaggio a Co-rigliano”, Ed. Contrasto), Ken Damy, Tony Tho-rimbert, Maurizio Galimberti, Gabriele Basilico, Mario Dondero, Letizia Battaglia, Claude Nori, Bernard Plossu, Mario Cresci, Guy Le Querrec e tanti altri. Il Festival che richiede grossi investimenti di ener-gie personali ed economiche è realizzato grazie al Por Calabria 2007-2013 contributo Fers, agli enti locali e all’impegno dei soci che credono nel-la validità di una manifestazione che continua a mietere successi, ed a esportare il nome di Co-rigliano altrove. Tra mille difficoltà tipiche della nostra terra, c’è lo sforzo di quanti credono che attraverso l’arte e la cultura si possa crescere e dialogare. L’augurio è che ogni cittadino si avvicini sempre più a questa realtà che ci appartiene e ci proietta oltre le consuetudini, ma soprattutto ci mette in

relazione con visitatori attenti ai nostri luoghi, ca-paci di apprezzarli, da qui l’esigenza dei soci or-ganizzatori di presentare un calendario dedicato al comprensorio jonico, dodici scatti che raccon-tano itinerari e bellezze locali disegnati dalla luce del cielo terso, l’anima di uno scorcio di Calabria capace di far scaturire emozioni.

Anna Lauria, durante i lavori della sesta edizio-ne del Festival Corigliano Calabro Fotografia, ha raccolto le impressioni dei fotografi presenti.

La fotografia è...• “... l’arte dell’incontro.” (Mario Cresci)• “... mangiare la vita con i miei occhi e poi rac-

contarla con il mio stomaco dietro/dentro la materia del Polaroid... Per emozionarmi sem-pre.” (Maurizio Galimberti)

• “... un’immagine che pensa.” (Claude Nori)• “... mettre en images des sentiments dans le

théâtre où ils se jouent.” (Martine Voyeux)• “... emozionare essendo emozionati.” (Elena

Givone)• “... en meu caso, respirar, amar, andar, sonen-

te se por para fotografar a verdade nosso tem-po.” (Flavio Oliveira)

• “... un modo di vivere, è uno stile di vita.” (Ful-vio Merlak)

• “... Cuore, Amore, Passione.” (Marina Misiti)• “... un invito a contenere l’irrequietezza e guar-

dare meglio.” (Massimo Morelli)• “... uno sguardo nell’anima.” (Ezio Bertino)• ”... mostrare agli altri quello che hai dentro”

(Gaetano Gianzi)• “... fluttuare nel Festival 2008 per respirare la

fotografia e l’essenza di grandi fotografi. Ne abbiamo colto l’anima, l’esperienza attraverso le immagini, i pensieri, le parole che qui pren-dono forma. (Anna Lauria)

A gianni Berengo Gardin nella seduta consiliare del 22 giugno 2010 è stata conferita la cittadinanza onoraria della Città di Corigliano Calabro. Il 3 luglio gli verrà consegnata dal Sindaco la per-gamena con le motivazioni.

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Orto o varranca?

La lenta e incerta

riqualificazione

di uno spazio verde

di Luisa Sangregorio

C’è a Corigliano, nel centro sto-rico, uno spazio verde, pubblico, piccolo e nascosto. Quest’area è sconosciuta ai più, anche perché fino a poco tempo fa non era che un burrone pieno di immondizie

di vario genere. Insomma era ciò che un cori-glianese definisce “varranca”. Ora, questa ex-varranca, grazie ad alcuni finanziamenti europei, sarebbe dovuta diventare, secondo il progetto, un orto civico, tra l’altro già dedicato a un illustre personaggio della storia politica coriglianese.Il condizionale è d’obbligo perché, come spesso accade, i fondi stanziati non sono stati sufficienti a portare a termine l’opera che quindi è rimasta a metà della sua metamorfosi. Così, a chi dovesse curiosare fino a sbucare in questo luogo ameno, apparirà un’area verde che di orto civico ha vialetti in pietre e mattoni, cor-rimano in legno e aiuole, ma fa tanto venire in mente una varranca quando lo sguardo va alla quantità di immondizia tuttora presente, oppure si sofferma sulla seconda via d’accesso, impercor-ribile e invasa dalle erbacce e dalla onnipresente

spazzatura. L’esistenza di un’area verde non è segnalata da nessuno, delle due entrate, tanto è vero che in pochissimi ne conoscono l’esistenza; una volta giunti sul posto, però, c’è una grande targa con tanto di simboli europeo, regionale e comunale attestanti l’origine dei finanziamenti. È davvero un peccato che uno dei rarissimi spazi verdi del centro storico e di tutta la città di Cori-gliano rimanga abbandonato, pieno di erbacce e soprattutto di spazzatura. È lecito chiedersi per-ché? Questo luogo è ormai qualcosa di diverso da un burrone, e benché non sia ancora un orto vero e proprio, è, comunque, un’area pubblica, allora perché nessuno se ne cura? Perché non vi si effettua almeno una pulizia generale, dalla spazzatura e dalle erbacce, che con l’imminen-za dell’estate potrebbero essere anche causa di incendio per le abitazioni circostanti? Perché gli abitanti di questa zona non si attivano affinché venga effettuata una sanificazione generale? Ma il peggio è che, probabilmente, nemmeno se questo luogo diventasse un orto civico, frequen-tabile e pulito basterebbe a far percepire il valore di un’area verde a disposizione di tutti i cittadini, grandi, ma soprattutto piccoli.Sappiamo come vanno queste cose qui da noi, lo abbiamo già visto accadere tante e tante vol-te nella nostra città, abbiamo davanti agli occhi innumerevoli esempi di riqualificazioni non finite o di cui nessuno mai ha percepito l’utilità. Sen-za cultura anche questo posto sarà sempre una varranca.È un vero peccato che qui a Corigliano, pur avendo a disposizione veramente tutto quello che la natura può offrire, rimaniamo così fuori dal

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tempo. La quotidianità di città e paesi più civili del nostro è piena di persone che parlano, che scrivono, che documentano, e che godono del-la ricchezza che gli spazi verdi portano con sé in termini di miglioramento di qualità della vita, benessere individuale e sociale. Un rapporto ri-spettoso e armonioso con la natura, come dire, fa bene alla salute.C’è chi dalla natura trae ispirazione per sognare, immaginare e realizzare una favola ecologica da incassi record, come ha fatto James Cameron con il film “Avatar”.C’è, poi, chi ha teorizzato il “disturbo da deficit di natura”, una patologia che colpisce bambini e adolescenti. Si tratta dello studioso Richard Louv che ha esposto la sua teoria nel libro “L’ultimo bambino nei boschi”. Louv sostiene che ci sono almeno due componenti a far scaturire l’allonta-namento dalla vita all’aperto: da una parte i ti-mori che provengono dall’esterno e che portano genitori e bambini a preferire i videogame davan-ti al pc di casa propria; dall’altra la progressiva erosione degli spazi verdi dalle città: dove, quan-do esistono, non sono accessibili o sono aree ristette, protette, riservate. La natura, sostiene il ricercatore, non va solo protetta, va vissuta e il problema non è solo dei singoli, ma dell’intero pianeta che in un futuro potrebbe pagare il prez-zo di questo disinteresse crescente. Insomma, è probabile che la sindrome da deficit di natura sia oggi una malattia che, in senso lato, affligge tutto il mondo occidentale o gran parte di esso. E, infine, un’altra prova di quanto venga presa sul serio la natura della cultura contemporanea lo dimostra il tema del prossimo Expo di Milano: “Nutrire il Pianeta, energia per la vita”. Il proget-to, tra le svariate ripercussioni, porterà alla gri-gia città lombarda 11 chilometri quadrati di orti, serre e verde, attraverso i quali verrà proposto un nuovo modello di alimentazione, che abbrac-ci l’argomento dalla mancanza di cibo per al-cune zone del mondo, a quello dell’educazione alimentare, fino alle tematiche legate agli ogm. Questi sono alcuni esempi della sensibilità verde che affermandosi a livello globale, ma si potreb-bero citare le tante correnti di pensiero che af-fermano la necessità di un equilibrio più naturale e sano tra uomini e natura, si pensi al successo della new age. Insomma, a Corigliano, che sem-bra un arcipelago in mezzo agli ulivi, agli agru-mi, alle ginestre, ai castagni, del verde non ci si cura; nella grigia capitale economica d’Italia ver-rà proposto un nuovo modello di vita per il futuro basato sull’armonia con la terra. Lo dicevo, non siamo connessi con la cultura contemporanea, e internet e la comunicazione e la globalizzazione ancora non riescono a scardinare e fare entrare aria nuova nella nostra anacronistica zucca.

P.S. Il nome del luogo descritto è stato voluta-mente omesso. Forse è meglio che nessuno si accorga mai di questo orto, magari a qualcuno potrebbe venire in mente di farci un “bel par-cheggio!”

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12 Giosuè Carducci

“Un episodio che fa bene

all’anima e inorgoglisce

i coriglianesi”

La storia dell’uomo è piena di incontri tra artisti di differente appartenenza culturale. Spes-so la diversità non attiene solo al campo specifico di attività, ma si sostanzia in una molte-plicità di elementi che eviden-

ziano due “mondi” completamente distanti e contrapposti. A volte, invece, l’incontro avviene tra artisti le cui affinità risultano davvero straordi-narie. È il caso di cui si andrà a parlare nel pre-sente studio. Tante, infatti, sono le affinità tra il “genio” musi-cale calabro-napoletano (Vincenzo Valente) ed il “genio” poetico tosco-nazionale (Giosuè Carduc-ci). Ambedue mostrano carattere forte e deciso. Credono fermamente in ciò che pensano e fan-no e portano avanti il loro “iter” di vita e la loro “lezione” artistica, puntando sempre, ed in ogni circostanza, sui valori etici di matrice laica. Di tempra robusta, entrambi gli artisti non scen-dono mai a compromessi: il loro “credo” va so-stenuto e “vissuto” fino in fondo. Anche fisicamente (pur tenendo conto della dif-ferenza d’età: il Carducci nasce 20 anni prima del Valente) il musicista somiglia tanto al poeta: bassi e tarchiati, i due non rappresentano certo il “massimo” della bellezza maschile, ma hanno un forte ascendente sul gentil sesso, al punto che riusciranno a conquistare, in periodi e contesti di-versi, alcune delle protagoniste della vita italiana di fine Ottocento. Vincenzo Valente nasce a Corigliano nel 1855 e, ancor prima dell’adolescenza, si sposta con la famiglia a Napoli, una delle “capitali” europee della cultura, per dedicarsi agli studi musicali, da cui si sente naturalmente attratto. Già a quattordici anni è autore di una canzo-ne, regolarmente stampata da un editore napo-letano. È l’inizio di una lunga e fortunata (a vol-te, fortunosa) carriera di musicista, che vede il Valente più volte primeggiare non solo a Napoli

Quando Valente

incontrava Carducci

di Enzo Cumino

(tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecen-to si diceva comunemente che a Napoli la festa di Piedigrotta c’era, perché c’erano le canzoni di Valente; d’altra parte, Valente esisteva come compositore, perché c’era Piedigrotta), ma in ambito nazionale e, a volte, anche fuori dai con-fini nazionali.Difficile di carattere, a volte aggressivo, Valen-te persegue un “suo” itinerario musicale, sotto la guida del siciliano Salvatore Pappalardo. Per tut-ta la vita, Valente cerca di mettere a frutto la sua dote naturale: il talento musicale. Studia, s’impe-gna, alla musica affida tutte le sue energie. Non si risparmia e...i risultati arrivano. Guarda con interesse alla Natura e da essa attinge ispirazione per le sue canzoni. Napoli, la genuinità del suo popolo, le sue manifestazione sacre e profane, i valori della sua cultura millena-ria, Napoli e la sua lingua saranno gli elementi, anzi la linfa vitale, da cui il musicista coriglianese attingerà a piene mani, per lasciare alla storia un patrimonio musicale di indubbio valore. Per oltre 50 anni (dal 1870 al 1921), le note mu-

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sicali del Valente si alzeranno alte, per illuminare la scena sempre attenta e vogliosa di novità del mondo culturale napoletano ed italiano, a cavallo tra la fine dell’Ottocento ed i primi decenni del Novecento. Sempre ispirato, il genio musicale del Valente sarà capace di rinnovare il suo linguaggio, at-tingendo perennemente nuovo slancio e nuova linfa dall’ambiente effervescente della Napoli di Salvatore Di Giacomo, Matilde Serao, Ferdinan-do Russo, e dal clima culturale nazionale, in cui primeggiano Carducci, Pascoli e l’ancora giova-ne D’Annunzio. E proprio il Carducci ispirerà il musicista cala-bro-napoletano, con un testo poetico, un rispetto o strambotto, scritto nel 1882, inserito nella sillo-ge Rime Nuove nel 1887, musicato dal Valente nel 1903. Che dire del Carducci? Ogni puntualizzazio-ne su di lui sarebbe superflua. Basterà appena accennare, in questa sede, che il poeta-vate ita-liano di fine Ottocento è il personaggio più noto, stimato ed influente d’Italia (come è diverso quel clima civico e culturale da quello odierno!) e che nel 1906, un anno prima della morte, gli viene assegnato il premio Nobel per la Letteratura. La composizione carducciana, formata da tre

strofe, per un totale di 24 versi ende-casillabi, è intitolata Mattinata. Molto bella ed aerea, viene musicata da ben 29 artisti coevi, tra cui il Valente. Ma questi è l’unico che, nel pubblicarla, ne cambia il titolo: Amate!. Evento eccezionale, perché, dinanzi ad una personalità come il Carducci, nessuno si sarebbe mai sognato di cambiare il titolo di una sua lirica! Se il Valente viene autorizzato a musicare una poesia del più grande poeta italiano vivente dell’epoca e, addirittura, a mutare il titolo della com-posizione, ciò significa che ci si trova davanti ad un personaggio che gode di una stima profondissima non solo in campo musicale, ma soprattutto nel panorama culturale dell’Italia di quegli anni. Sul piano squisitamente musicale, il brano, definito “una piacevolissima composizione, è frutto di un’abilità compositiva che utilizza la semplici-tà come mezzo per raggiungere una grande efficacia comunicativa” (Davi-de Da Ros). Ricordare tale incontro fa bene al-l’anima ed inorgoglisce chi si dice e si sente coriglianese o calabrese. Merito di aver investigato per far conoscere momenti esaltanti come quello oggi descritto va dato al Centro Studi “V.

Valente”, sorto a Corigliano Calabro nel 2007, che opera per far conoscere e divulgare la figura e l’opera del più grande musicista coriglianese, Vincenzo Valente (Corigliano, 21-2-1855 // Na-poli, 6-9-1921), prestigioso compositore di can-zoni napoletane e, dai maggiori critici musicali, riconosciuto come l’inventore e l’iniziatore del-l’Operetta italiana (a lui si devono ben 13 com-posizioni teatrali di tale forma lirica). A Luigi De Bartolo e a Liliana Misurelli, già au-tori di due interessanti volumi sul Valente (I suo-

ni dell’anima – Vincenzo Valente, interprete del

sentimento popolare napoletano, 2005; Un ra-

gazzo prodigio dalla Calabria a Napoli, 2007) e infaticabili animatori del Centro Studi “V. Valente” (oggi ubicato nell’ex-Garopoli), va il pubblico e dovuto riconoscimento per quanto finora “portato alla luce” sul Valente e su quanto ancora, giorno per giorno, riescono a “scovare” nelle biblioteche e negli archivi napoletani e di altre parti d’Italia. Doverosa tale riflessione, ma, d’altro canto, ne-cessaria, nel momento in cui a Vincenzo Valen-te (gloria coriglianese, napoletana e nazionale) verrà fra non molto (tra giugno e luglio) intitolato l’intero complesso architettonico ancora oggi de-nominato della Riforma.

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“Qualsiasi patologia

studiasse, ne sentiva

i sintomi addosso”

Mimmo sognava di diventare medico, ma ad un certo punto si è accorto che qualsiasi patologia studiasse, ne sentiva i sintomi addosso, era co-stretto ad interminabili accertamenti sanitari ras-sicuranti che gli riducevano l’ansia; ogni esame era diventato una tortura, aveva paura di essere ammalato di tutte le malattie che studiava, ogni piccolo sintomo veniva ingigantito, si diagnosti-cava le patologie più gravi ed impensabili.Lui è sempre stato un ansioso, uno che ha ingi-gantito i problemi…Nonostante, qualsiasi problema ci fosse lui se ne faceva carico, se n’ occupava in prima perso-na, chiunque avesse bisogno d’aiuto chiamava Mimmo e Mimmo compariva, sempre presente, coinvolto ai massimi livelli, faceva di tutto per risolvere e per aiutare anche persone che non erano troppo vicine a lui, altrimenti l’ansia s’ in-gigantiva….Proprio non se l’aspettava di dover rinunciare al corso di laurea… lui che ha risolto i problemi di tutti, adesso non riesce a risolvere i suoi….Ma è più forte di lui, proprio non riesce a stare sui libri, studiare è diventato una tortura, una fa-tica…; com’è indescrivibile la sensazione di chi sta sempre sulla stessa pagina senza riuscire ad andare avanti, con il capo che alla fine ricade sul tavolo, quasi a riposarsi sul volume che diventa un cuscino, bagnato…, bagnato da grosse lacri-me che cadono dagli occhi, scivolano sul viso e inzuppano le pagine, ed ogni lacrima è un pen-siero, ogni lacrima è una perdita, ogni lacrima è un dispiacere, una dolce malinconica sofferenza di cui nessuno sa niente…e che lui ormai ha spe-rimentato tante volte, infinite volte…Ormai ha trentanove anni, i suoi trentanove anni e la laurea ancora tanto lontana…che figura ci va a fare con i genitori (il padre realmente lo offen-de, lo accusa, gli fa pesare i soldi che ha dovuto spendere per mantenerlo senza risultati, la con-vivenza con i genitori è diventata insostenibile) che tanto hanno creduto e investito in lui, con la sua fidanzata, con i famigliari di lei , con i parenti, con tutto il paese, lui conosce tutti, lui il più bra-vo, il migliore, è amico di tutti, si sente un fallito,

Il caso di Mimmo

di Luigi Petrone

ha sbagliato tutto, non ha centrato uno solo dei suoi obiettivi; la fidanzata lo ama , ma anche lei è stanca…..Il suo problema è proprio questo, quello di es-sere ormai un ex studente di medicina, un man-cato medico… E’ nervoso, ha paura di tutto….la notte non dorme, gli trema tutto il corpo….Gli da fastidio parlare con la gente…. Sta piangendo molto…Non riesce a pubblicizzare la sua rinuncia, la sua sconfitta, ha paura di tornare in paese, a cammi-nare per le strade dove tutti lo vedono, lo cono-scono, lo salutano: ciao dottore, come va…La prima volta che lo vedo piange a dirotto per quasi un’ora, se era per lui neppure veniva a curarsi, è stato un amico comune ad insistere perché venisse da me, con fatica riesco a farmi raccontare i sintomi e la sua storia.Lui è fidanzato da una vita, si sarebbero dovuti sposare alla laurea, ma la laurea non arriva mai, non arriverà mai…Ha sempre preteso che i genitori di lei gli des-sero la giusta considerazione, lo tenessero più presente, per qualsiasi cosa, e invece è sempre la cognata ed il marito ad essere i privilegiati, lui in periferia, un po’ snobbato e la fidanzata sempre a difendere sorella e genitori,non ricor-da una volta che gli avesse dato ragione, si ri-trova sempre da solo, nessuno lo capisce né lo difende, nessuno lo aiuta, neppure l’eredità della fidanzata arriverà, non può fare affidamento su nulla, non ha nulla, i suoi genitori non lo possono aiutare, non ha speranza per il futuro, tutti i suoi sogni sono crollati, non ha un lavoro, ha un muro nero davanti a sé, forse sarebbe il caso di farla finita…Sta precipitando, vorticosamente in un buco nero, nessuno vedrà mai quello che lui avreb-be dovuto e voluto realizzare, quello che tutti si aspettavano da lui.Però adesso basta, Mimmo è in fondo al pozzo, più giù di lì non può andare, può solo risalire, se vuole, se ha unghie per aggrapparsi, se ha ener-gie per soffrire, se ha umiltà per lasciare vedere il suo sudore…Basta con quello che gli altri possono pensare di lui, nessuno gli ha presentato il conto, non è più il momento di pensare agli altri, a cominciare dai suoi genitori e dalla sua fidanzata, Marinel-la…E’ il momento di essere egoista, di pensare a sé stesso, di essere consapevole di tutto, di non elemosinare niente a nessuno, di imporre la sua presenza , la sua esistenza anche con le sue sconfitte, con le sue debolezze, non dovrà

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più dimostrare niente a nessuno, se lo vogliono è così…Specie Marinella dovrà accettarlo così, pregi e difetti, le sue due facce, quelle di una stessa persona. Comunica a tutti la sua decisione irre-vocabile, ha deciso di interrompere gli studi, di lasciare la sua casa di Roma, finalmente i suoi genitori non sprecheranno più i loro pochi soldi per mantenerlo all’università…I suoi genitori e la fidanzata, le persone alle quali tiene di più, inaspettatamente e almeno in quel momento, rispettano la sua scelta, quasi non commentano e lo lasciano solo e alleggerito in questo cambiamento, nessuno commenta e nes-suno fa pesare…E’ stato bene fino a domenica, da lunedì è nervo-so…nessuno gli fa pesare niente, però a lui non va bene così, è il momento di trovare soluzioni, alternative, speranze, progetti, gratificazioni, ri-sultati.Sta meglio. Gli sembra di affrontare le cose in maniera diversa… gli interessa di non perdere la testa, di non lasciare prevalere il pessimismo….Va bene. Adesso è preoccupato per il padre, gli hanno dia-gnosticato un focolaio neoplastico in fase iniziale alla prostata. Ha sognato che gli davano dei nu-meri da giocare, li gioca ma non vince niente. Con la fidanzata va bene, con i suoceri meglio. Tecnica di rilassamento della pozza sporca che si purifica: il paziente partecipa totalmente.Problemi con il padre, dalla prostata forse sono partite delle metastasi ossee… In altri momenti avrebbe vissuto la malattia del padre con dispe-razione, con un terrore tale che lo avrebbe im-mobilizzato, atterrito…Adesso invece si stupisce lui stesso, sta facendo quello che deve fare, ha

organizzato la visita specialistica a Roma, gli esami di sangue, ha portato il papà dallo specia-lista quasi con freddezza…lo specialista gli spie-ga che la prognosi di questo tipo di tumore non è eccessivamente maligna e che con la chemiote-rapia la sopravvivenza di solito è molto prolunga-ta, lui oltre a mantenere la sua serenità riesce a parlare al padre ed ai familiari di questa malattia trasmettendo anche positività ed ottimismo.Sta veramente bene adesso Mimmo, ha tanti pro-blemi, ma si sta dando da fare con tanta umiltà nella ricerca di un lavoro, anche modesto che gli permetta finalmente di sposare la sua Marinel-la, è alla ricerca di una autonomia concreta dalla sua famiglia di origine e da quella della fidanza-ta, si guarda anche attorno e vede possibilità che prima non vedeva…la casa ancora non finita che i suoi gli regaleranno, il pezzo di terra che i suo-ceri daranno a Marinella, lei già qualcosa la gua-dagna e poi potrebbe avviare anche una piccola attività commerciale, e se lui riuscirà a trovare un lavoro…allora…

La storia di Mimmo è comune a molte per-sone. La depressione, infatti, è una malattia che, con forma e gravità diverse da individuo a individuo, attraversa la vita di una persona su cinque. In determinate circostanze chiun-que può giungere a elevati livelli di sofferen-za che sono radicati nella propria e perso-nalissima storia vitae, ma per tutti, racconta Petrone in maniera semplice e non scientifi-ca, esiste un percorso di rinascita, basta solo cercarlo e perseguirlo. E quando la malattia diventa grave, chiedere aiuto è la strada per combattere e vincere.

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La Calabria trema. Una regione piagata dalle frane che spaccano la terra, le strade, le case, la vita degli uomini del sud. Il maltempo che ha imperversato negli ultimi mesi sulla punta d’Italia ha lacerato e distrutto tutto ciò che ha intacca-to. Un codice rosso a cui far fronte chiamando a raccolta gli uomini della protezione civile, dei vigili del fuoco, delle associazioni di volontariato, le amministrazioni provinciali e comunali, le for-ze dell’ordine tutte. Ma l’acqua ha continuato a scavare nel terreno come un tunnel. Una pioggia che non ha smesso di cadere superando anche i 300 mm di quantitativo caduti nell’alluvione dello scorso primo ottobre nel messinese jonico. Que-sta è la Calabria che Bertolaso ha osservato in elicottero: un territorio fradicio e cedevole. “Nei primi due mesi dell’anno – ha spiegato al quoti-diano ‘Terra’ Franco Ortolani, direttore del dipar-timento di Pianificazione e Scienza del territorio all’Università di Napoli Federico II – mediamente e storicamente a Catanzaro cadono 244 millime-tri di pioggia. Quest’anno in un mese e mezzo ne sono caduti 470. A Vibo, nei primi due mesi dell’anno cadono 221 mm di pioggia. Quest’anno

di Carmine Calabrese

Sgomento fra i cittadini

che hanno subito

ingenti danni

in un mese e mezzo ne sono caduti 364. Reg-gio ha già superato i 200 a fronte di medie che oscillano intorno ai 150”. La Regione Calabria ha varato un programma di 800 milioni di euro indi-viduando una serie di priorità. Una cifra enorme che però non è sufficiente per la realtà del territo-rio. Ed il capo della protezione civile Guido Ber-tolaso, scende nella terra martoriata dalla furia del tempo per cercare di salvarla, sorvolandola a bordo degli elicotteri del dipartimento regionale della protezione civile, scendendo tra la gente, parlando con gli amministratori locali e regionali. Il sottosegretario parla di liquefazione dell’argilla, un evento rarissimo, una manifestazione geolo-gica tipica dei paesi scandinavi. Ogni provincia riporta danni ingenti. Nel cosentino sono stimati oltre 50 milioni di euro per gli interventi di som-ma urgenza in continuo aggiornamento dagli uffici e dalle strutture tecniche riunite per que-sta emergenza, in una unità di crisi, per tenere sotto controllo la complessiva situazione e pro-grammare gli interventi. Oltre 300 frane, più di 50 strade chiuse, molte delle quali si circola a senso alternato, cedimenti di ponti e ferrovie, esonda-zioni di fiumi. Interi paesi tagliati fuori dalle vie di comunicazione, comunità di persone allontana-te dalle proprie abitazioni senza sapere quando potranno fare rientro. Si è sgretolata anche una parte del reggino, con crolli nelle zone aspro-montane, da San Luca a Roccaforte del Greco. A Maierato, nel vibonese, come in un film apo-

Piove,la Calabria trema

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calittico, un intero costone collinare della lunghezza totale di circa 1,4 km per un volume di ordine di 2 milioni di metri cubi è franato scendendo a valle. Sgomento e terrore per i citta-dini che, impotenti, hanno assistito ad un disastro della natura. Nove-cento persone evacuate e migliaia di metri cubi che sono scivolati a valle rappresentano la più visibile testimo-nianza di quanto sia concreto il peri-colo di crolli e smottamenti. Maierato è suo malgrado diventata il simbolo di una regione che crolla a pezzi. “La Calabria è tra le regioni d’Europa a maggiore rischio di dissesto e sismi-co”, sottolinea il presidente dell’ordi-ne regionale dei geologi, Francesco Violo. Il 100 per cento dei comuni è a rischio idrogeologico, aggiunge il dossier Sud 2010 di Legambiente. E l’Irpi, l’istituto del Cnr per la protezione idro-geologica, spiega: “La complessa storia geolo-gica della Calabria e le tormentate vicissitudini tettoniche hanno prodotto un territorio fragile e propenso al dissesto idrogeologico. Quasi tutti i comuni montani sono interessati da frane che, in occasione di precipitazioni intense, si riattivano fino a giungere in alcuni casi al collasso”. Questo territorio che, come fa notare la Protezione civile, presenta “forti dislivelli (si passa in pochi chilome-

tri dal mare alla montagna)”, è “geologicamente ‘giovane’, per cui la sua conformazione è spesso soggetta a modifiche naturali”. Si cerca di corre-re ai ripari, ma il dissesto idrogeomorfologico è bello che servito. Agli incendi dolosi che, in al-meno venti anni, hanno provocato l’indebolimen-to delle colline e delle montagna, si è affiancato anche un abusivismo incontrollato costruendo dove non si sarebbe potuto. E Guido Bertola-so ha perfettamente intuito che il momento per questa regione non è dei più facili. il problema è quello di un territorio ormai sul punto di sbricio-larsi, un disastro che non è affrontabile in pochi giorni. Servono interventi adeguati e program-mati nel tempo. In Regione, intanto, è arrivata la conferma dello stato di calamità. Il consiglio dei ministri ha accolto la richiesta supportata dalla delibera della giunta regionale. Guido Bertolaso lo aveva garantito al governatore Agazio Loiero. Questo rappresenta un iniziale, ma importan-te punto, per dare avvio al consolidamento del territorio regionale. Serviranno soldi, tanti soldi, ma soprattutto anni per riportare la regione fuori dal pericolo. Parallelamente si dovrà colpire chi, con la sua dissennatezza, ferocia e disonestà, provoca da anni danni irreparabili al territorio. Ri-suonano come un appello inascoltato le parole dell’ex vescovo di Locri-Gerace, Giancarlo Maria Bregantini, oggi arcivescovo di Benevento. L’alto prelato, di fronte all’ennesima e incontrollata at-tività incendiaria, pronunciò più o meno queste parole: «Tolgono alla montagna le radici, senza sapere che un giorno gli effetti della loro arro-ganza potrebbero essere gravissimi». E i danni si vedono.

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Un centro anziani di Corigliano

A Corigliano il 15 gennaio 2010 è nata la sezio-ne Auser, ne è presidente Giovanni Gammetta. L’Auser è una associazione nazionale di volon-tariato nata nel 1989, su iniziativa della Cgil e dei pensionati Spi-Cgil, per contrastare ogni forma di esclusione sociale e diffondere la cultura e la pratica della solidarietà, nella convinzione che ogni persona, a qualunque età, può diventare una risorsa per sé e per gli altri. L’Auser lavora perché ognuno possa dare e trovare aiuto, pos-sa incontrarsi con altri soggetti, arricchire le pro-prie competenze, contribuire alla crescita della comunità in cui vive. Per portare avanti le finalità statutarie l’Auser ha bisogno della partecipazio-ne di quanti, riconoscendosi in esse, ritengono gratificante contribuire alla loro realizzazione. La sezione Auser di Corigliano, che attualmente ge-stisce insieme ad altre due associazioni l’attività dei nonni vigili, vuole allargare le sue attività so-ciali verso gruppi più vasti di persone; per questo sta preparando un insieme di progetti sociali per la cui realizzazione chiederà a breve un tavolo di negoziazione all’Amministrazione comunale e agli enti territoriali interessati. I progetti sono rivolti per lo più ad attivare la socializzazione e l’inclusione di larghe fasce di popolazione an-ziana (a Corigliano gli ultrasessantacinquenni di entrambi i sessi sono oltre 5200 e tanti vivono in uno stato di solitudine o di scarsi rapporti so-ciali).I progetti a cui si intende lavorare, oltre la conti-nuazione dell’attività dei nonni vigili, sono: 1) Il Filo d’argento; 2) La rivitalizzazione dei centri anziani; 3) L’orto sociale. Il filo d’argento è un servizio di telefonia sociale dell’Auser, impegnato a contrastare la solitudine e l’emarginazione sociale degli anziani; si basa sull’azione di volontari iscritti all’Auser; il servizio potrà successivamente allargarsi fino al trasporto

protetto per visite e controlli medici, all’aiuto per piccoli interventi domiciliari, al fornire informazio-ni sui servizi attivi in città e sulla programmazio-ne di attività ludico-culturali dell’associazione.La rivitalizzazione dei centri anziani è oggi non rinviabile; essi sono spesso luoghi di esclusione del genere femminile e di scarsa crescita socio-culturale; occorre dotare i circoli di un minimo di attrezzatura per favorire attività di cultura, di so-cializzazione, attività ludiche, navigazione inter-net, attività di informazione. L’Auser, sulla base di un accordo con il comune, può contribuire a gestire questo tipo di programma.L’orto sociale, per la cui realizzazione si chiede-rà l’intervento delle istituzioni locali, potrà essere occasione di messa a coltura di micro appezza-menti di terreno da assegnare in comodato gra-tuito agli anziani che ne faranno richiesta, al fine di rinsaldare i legami con la natura e i suoi frutti, di fornire occasione di una sana e leggera attivi-tà fisica e di incontro e di socializzazione all’aria aperta. Nel contesto dei micro-orti individuali po-trà nascere un’area, da adibire a giardino pubbli-co, gestita dagli assegnatari medesimi.Per la realizzazione di questi progetti sarà neces-sario l’iscrizione alla sezione Auser di Corigliano di quanti vogliono partecipare; ciò si potrà fare presso la sede Spi-Cgil di via Lucania 4 (presso Giovanni Gammetta).La partecipazione degli enti istituzionali locali, in primis il Comune, alla buona riuscita dei progetti potrà essere una buona base di partenza.Corigliano maggio 2010

I progetti per il futuro della neonata Auser

di Cosimo Esposito

Sono oltre 5200

i coriglianesi che

superano i 65 anni.

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“Testimone consapevole.

Vent’anni a Corigliano tra po-

litica e cultura (1988-2008)”:

questo il titolo del saggio di Enzo Viteritti dedicato ai principali avvenimenti della

città negli ultimi due decenni. Un titolo indovinato ma riduttivo per l’autore, perchè Enzo Viteritti in tante occasioni più che testimone è stato prota-gonista grazie al suo ruolo di animatore culturale e al suo impegno politico. Oltre che fondatore e direttore della rivista “Il Serratore”, il nostro ha pubblicato opere importanti di storia locale ed è stato il promotore del movimento civico “Centro storico per Corigliano” che ha svolto una signifi-cativa azione politica dal 2001 al 2008.Il volume (216 pagine, costo 10,00 euro) racco-glie gli articoli di politica e cultura più significativi apparsi sul Serratore, preceduti da una densa nota introduttiva e accompagnati da un corredo fotografico che rende bene l’atmosfera di quegli anni. “Ho scelto di analizzare le vicende di quei vent’anni – spiega l’autore – attraverso una forma giornalistica che riesce a vivacizzare le cronache che si raccontano e le opinioni che si esprimono, permettendo inoltre di accompagnare il lettore in una rivisitazione degli avvenimenti per così dire in corso d’opera, prima che essi abbiano trovato una cristallizzazione definitiva. In tal modo la mia testimonianza ha il pregio di non nascondere in-successi, entusiasmi talora mal riposti, valuta-zioni sbagliate, risultando quindi credibile e utile

per la discussione che vorrei favorire sullo stato attuale della nostra città. Discussione che, per avere un minimo di serietà, non può fare a meno di una valutazione serena ed obiettiva su quello che è stato realizzato nei decenni che sono alle nostre spalle, nel bene e nel male”. L’autore parte da una citazione di Antonio Gua-rasci, l’indimenticato primo presidente della Regione Calabria, secondo il quale non vi può essere vero sviluppo economico se esso non è accompagnato da un analogo processo di cre-scita culturale. L’attenzione alle “pratiche cultu-rali” allora diventa un dovere, soprattutto quando esse esprimono bisogni reali e sono condivise da fasce consistenti di cittadini, studenti, giovani entusiasti. Nel volume questo aspetto è ampiamente svi-luppato, partendo da un avvenimento del 1989: la celebrazione a Corigliano dei 50 anni di atti-vità teatrale di Aroldo Tieri, organizzata dall’am-

di Franco Liguori

Vent’anni a Corigliano

tra politica e cultura

Enzo Viteritti in un

saggio appena

pubblicato racconta

le principali vicende

politiche e culturali

della città dal 1988

al 2008

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ministrazione comunale del tempo con sobrietà ma con la capacità di divulgare l’evento a livello nazionale. Vengono poi ripercorse le tappe prin-cipali di un percorso che l’autore giudica com-plessivamente più che positivo, grazie all’impe-gno corale di donne ed uomini di buona volontà che si sono messi a disposizione della collettività mentre altri, sempre secondo l’autore, si “face-vano i fatti loro” ed oggi si “ergono ad accusatori” di un presunto irreversibile degrado della città.Pagina dopo pagina scorrono fatti e personag-gi che hanno segnato due decenni: l’esperienza di due sindaci come Giuseppe Geraci e Giovan Battista Genova; l’azione del movimento “Centro Storico per Corigliano” in difesa della parte anti-ca della città; le iniziative e i progetti di forte im-patto culturale, dalla “Grande festa di Via Roma” al progetto “La scuola adotta un monumento”, da “Corigliano chiese aperte” al Festival della foto-grafia che ha fatto conoscere Corigliano a livello europeo; le vicende urbanistiche culminate nel-l’adozione di una variante al PRG poi sperduta nei meandri della burocrazia regionale; il recu-pero di alcuni dei più importanti manufatti storici della città, a cominciare dal castello ducale.

Sono solo alcuni esempi, ma l’intero libro è come una specie di diario che permette al lettore più anziano di riflettere su avvenimenti che sembra-no lontani ma che hanno ancora oggi concrete ripercussioni, mentre ai lettori più giovani offre elementi di conoscenza indispensabili per orien-tarsi nella vita sociale e politica della città, senza farsi travolgere dagli slogan di quanti, come dice l’autore, “sono solo capaci di gridare più forte de-gli altri”. Sullo sfondo domina l’esperienza del Serrato-re, una rivista che ha saputo coniugare il rigore documentario con la scelta di adottare un taglio divulgativo che ne permettesse un’ampia diffu-sione. Il Serratore è stato definito “specchio della vita civile coriglianese” per l’attenzione che i nu-merosi e qualificati collaboratori hanno dedica-to alla storia e alle tradizioni senza indulgenze nostalgiche; per l’accuratezza della soluzione grafica; per la pubblicazione di documenti rari ed inediti che ne hanno fatto una fonte preziosa per gli storici; ed infine, ma non per ultimo, per la cura riservata al racconto delle vicende quotidia-ne della comunità coriglianese e di tante realtà della Sibaritide.

Manifestazione per la“consegna” dei monumenti alle scuole cittadine nel “Garopoli” (30 mar-zo 1996). Da sinistra, Vittorio Capacchione, Valeria Pappalardo, Rosanna Caputo (storica dell’arte, in rappresentanza della Sovrintendenza cosentina), Renate Siebert, (docente Uni-cal, assessore alla Cultura della Provincia di Cosenza), don Angelo Pisani, mons. Andrea Cassone (vescovo di Rossano), Giuseppe Marrazzo.

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Ernst Fehr

“E’ meno pesante sapere che non lavori solo per il tuo profitto ma per qualcosa di cui potrebbe trarne beneficio l’intera umanità”. Si potrebbe partire da questa riflessione, del tutto persona-le, per riscrivere tutto, dai sistemi economici alle regole finanziarie e bancarie, fino ad arrivare alla scienza economica stessa. Un interessan-te aiuto in questo senso arriva dalle ricerche di Ernst Fehr, uno dei maggiori economisti speri-mentali al mondo, il quale ritiene che le persone “non sono esclusivamente motivate dal proprio interesse materiale”. Con Fehr è nata la neuro-economia, un tentativo di fondere i metodi della neuro-scienza e dell’economia per capire meglio in che modo si sviluppa, nel cervello umano, il processo decisionale individuale all’interno di di-versi contesti sociali. L’intento è anche quello di approfondire il nesso tra la fiducia delle perso-ne e il sistema nel quale vivono, tra meccanismi di gratificazione e processi decisionali. L’azione umana, secondo Fehr, è motivata da fattori di-versi dall’egoismo: altruismo, equità, reciprocità e razionalità limitata. Le ricerche del neuro-eco-nomista e del suo gruppo si sono concentrate sul ruolo delle istituzioni nel mantenere regole sociali stabili. Le persone traggono soddisfazio-ne nel punire la violazione delle norme e si sen-tono rassicurate dalla sanzione sociale collettiva nei confronti di chi non le rispetta. Il personalismo economico di Fehr si sintetiz-za in un’unica affermazione: “Se non si riescono a disciplinare i furbi, nessuno contribuirà più al bene pubblico”. Questa affermazione è stret-tamente collegata alle problematiche dei nostri giorni e alle nostre perplessità rispetto al futuro. Si può sostenere, secondo Fehr, che l’interes-se personale sia solo un tipo di fine che l’essere umano può perseguire nelle azioni economiche, e che si possa ragionevolmente credere nell’im-portanza dell’inclusione, all’interno dei modelli economici, dei valori morali e delle motivazioni intrinseche. Le politiche economiche che igno-rano motivazioni umane differenti dall’interesse personale inducono ad azioni immorali ed egoi-

stiche, le quali diventano, infine, antieconomi-che. I cosiddetti “economisti della felicità” inse-gnano che gli esseri umani che si dedicano ad attività economiche quali il lavoro, il consumo o lo scambio commerciale sono influenzati dal loro stato di appagamento o di insoddisfazione, piuttosto che dalla ricerca di un’utilità soggettiva diretta. Una sana politica economica deve atten-tamente badare, nelle azioni della gente, alla re-lazione che queste hanno con il miglioramento della società. L’uomo più di tanto non può fare. Eppure è im-portante capire quanto sia importante crescere culturalmente anche per imparare a difender-si dalle cose che non vanno, comprese le crisi economiche ricorrenti come quella che ancora stiamo attraversando. Dovremmo imparare a non essere più semplici spettatori ma menti at-tive, persone che cercano di cambiare qualcosa nel loro piccolo. Questo deve valere anche nella politica dove, ad oggi, ci ritroviamo con le fac-ce dei soliti noti, forse più per inerzia che per convinzione. Probabilmente dobbiamo imparare a pensare al futuro, anche cercando di dare fi-ducia alla scienza e al sapere. In questo è uti-le avere una mente aperta e non troppo rigida. È sicuramente difficile fare una pianificazione a lungo termine del nostro futuro, finiamo con il vi-vere giorno per giorno la realtà che, per molti, è quello della precarietà, sul lavoro e magari an-che nei sentimenti.La speranza, rinsaldata dalle ricerche di Ernst Fehr, è che si ritrovi una buona quantità di ener-gia mentale che si impari a guardare ai fatti di ogni giorno con una luce diversa. Non più uomini e donne che pensano “in serie” ma che cercano un “fare” autonomo, nel pensare e nell’agire, a mente fredda e non spinti da una fugace infor-mazione televisiva.

Senso,solidarietàe soldi

di Carmen Emiliana Fusaro

Con Ernst Fehr

la neuro-scienza incon-

tra l’economia

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La prima giunta comunale di Co-rigliano dopo la seconda guerra mondiale, guidata da Giovan Battista Policastri, amministrò

la città dal 24 ottobre 1944 fino al 22 novembre del 1945. Fu un periodo difficile e travagliato, per le difficoltà economiche e per i problemi ereditati da una guerra che era du-rata (per le regioni meridionali) più di tre anni, ma che continuava in forme durissime nel resto d’Italia. I combattenti e i reduci che riuscivano a tornare a Corigliano non trovavano lavoro e tan-te volte neanche case decenti. Il loro malessere si esprimeva spesso in forme violente, rendendo la situazione generale della comunità ancora più pesante. Un episodio rende bene l’atmosfera ec-citata di quei mesi. Nell’agosto del 1945 Pasquale Cimino e Peppino

Appunti per una storia politica di Corigliano dal 1943 ai giorni nostri / 3

Il 17 marzo 1946 si votò per l’elezione del nuovo consiglio

comunale. Per la prima volta nella storia d’Italia partecipavano

anche le donne. Vinse nettamente la coalizione di

centrodestra e sindaco fu eletto Giovan Battista Policastri.

E le donne finalmente ebbero diritto al voto

di Enzo ViterittiCardamone ebbero l’idea di organizzare una “fe-sta” proprio in favore dei reduci. Come sede del “veglione” utilizzarono la sala consiliare, conces-sa dal sindaco Policastri. I giovani accorsero nu-merosi. Fra essi c’era anche Alfonso Caravetta, il figlio di “mastro” Ciccio Caravetta, un artigiano conosciuto e stimato da tutti. Alfonso, 23 anni, aveva alle spalle due anni di guerra in Grecia e, dopo l’8 settembre ‘43, un anno e mezzo di cam-po di concentramento tedesco. Era allegro per il ritorno a casa, euforico, aveva voglia di cambia-re il mondo. Appena entrò nel palazzo munici-pale e vide nell’atrio i ritratti del re e della regina non riuscì a trattenersi ed esclamò ad alta voce: “Questi ci hanno rovinati per cinque anni, anche stasera dobbiamo averli con noi?”. Senza stare a pensarci troppo corse con un compagno verso la sede del partito socialista, prese due ritratti di Matteotti e Garibaldi e si precipitò a sostituirli a quelli dei due sovrani, tra l’entusiasmo di tutti i presenti. Il fatto venne subito riferito al sindaco e così quando alcuni giorni dopo il giovane redu-

ce si recò in comune per il rinnovo di una tessera che dava diritto ad un supple-mento di razioni, si sentì rispondere che “per ordine del sin-daco” il rinnovo non veniva più concesso. Alfonso Caravetta non ebbe esitazioni: stracciò la tessera, spiegò ai dipenden-ti comunali cosa il sindaco doveva farci con quei pezzi di car-ta e decise di partire per Roma. A Cori-gliano non voleva ri-manere un giorno di

Un comizio in Piazza del Popolo nei primi anni Cinquanta.

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Una “quadriglia” posa per la tradizionale foto ricordo davanti allo studio di Domenico Candia, in via Luigi Palma.

più. In questo clima si verificarono i fatti dell’11 no-vembre ‘45, quando dopo un comizio monarchi-co si verificò un “assalto” di gruppi della destra estrema ai locali dell’ex “dopolavoro”, in Piazza del Popolo, occupati dalla sezione del PCI e dal-la Camera del Lavoro. Solo per caso non ne sca-turì una strage. Il sindaco Giovan Battista Polica-stri ed il maresciallo dei carabinieri dopo alcuni giorni furono destituiti e in città rimase un lungo strascico di aspre polemiche, con episodi di ba-stonature che la destra non esitava ad attribuire a “mazzieri” della sinistra. Al comune fu inviato come commissario prefettizio Eugenio Cerulo, mentre il dottor Francesco Dima (che, ricordia-molo, era assessore nella giunta Policastri) fu nominato sub-commissario.Passarono alcuni mesi e finalmente il Governo decise la data per le elezioni amministrative. Il 17 marzo del 1946 anche a Corigliano si sareb-be votato democraticamente, dopo che il regime fascista nel 1926 aveva soppresso le rappresen-tanze elette sostituendole con la figura del “po-destà” nominato dall’alto. L’ultima libera elezione a Corigliano era stata quella del 9 aprile 1922, in seguito alla quale era stato eletto sindaco l’avv. Giuseppe Tricarico, che si dimetteva dopo pochi mesi e veniva sostituito dall’avv. Giuseppe Ca-racciolo. La grande novità fu che avrebbero potuto votare - per la prima volta nella storia dell’Italia unita - anche le donne. Ed a Corigliano le donne elettrici risultarono subito in maggioranza rispetto agli uo-mini. Infatti su 9451 elettori (che dovevano avere 21 anni per poter votare) le donne erano 5126. Le sezioni elettorali erano 10, tutte collocate nel centro storico. Gli elettori di Schiavonea e della Stazione votavano nella nona sezione, situata nel ginnasio Garopoli, insieme agli abitanti di via e vicoli Margherita: in tutto 975 elettori. A Corigliano, comune sotto i 30.000 abitanti, si votava con il sistema maggioritario: chi prendeva più voti conquistava 24 dei 30 seggi disponibili in consiglio comunale. Questo sistema imponeva i raggruppamenti elettorali e cosi, il 14 febbraio, termine ultimo per la presentazione, furono solo due le liste in lotta. La prima, con il simbolo della croce, era guidata da Giovan Battista Policastri e raggruppava democristiani, liberali, monarchi-ci, qualunquisti e unionisti. La seconda aveva per simbolo la sveglia e vedeva alleati socialisti, comunisti, repubblicani e azionisti; capolista era l’avv. Cesare De Novellis. L’ex sindaco Policastri, esponente di punta del Partito Liberale, grazie ai suoi ottimi rapporti con Francesco Dima, uno dei fondatori della Demo-

crazia Cristiana locale, era riuscito a “chiudere” l’accordo che raggruppava tutti i moderati sen-za eccessive difficoltà, puntando sulla paura del comunismo e sulla difesa della proprietà priva-ta minacciata dall’eventuale vittoria dei “rossi”. La sinistra, irritata per quello che considerò un tradimento della vocazione popolare della de-mocrazia cristiana, definì l’accordo un “osceno connubio”.La campagna elettorale fu violentissima. Comizi, manifestazioni pubbliche e cortei si susseguiva-no senza tregua. Il l0 marzo arrivò a Corigliano Rita Montagnana, la moglie di Palmiro Togliatti. Fu quello il momento principale della campagna elettorale delle forze di sinistra. L’esponente co-munista girò per i quartieri popolari in un tripudio di bandiere rosse, canti e slogans contro fascisti e reazionari. Sul Cor Bonum così l’avvenimento venne sbeffeggiato in rima: Ccu tammurri e ccu clarini,

ccu bandieri e cartilluni,

ronna Rita ccu Sturini

ha girat’u Mailluni.

S’è firmata a S. Francischi

ccu ra mandria ch’i siguia,

picchi l’aria apert’e frischi

ni purtava i fissaria.

Quattri tavuli ammintati

ccu na zich’i ciralacca,

ccu pizzulli cummigghiati

nani fatti ‘na barracca.

Supa’ a chista c’è nchianata

nturnuiata ri bandieri

ronna Rita e ra Magnata

e Sturini cchu bicchieri.

Non sono i primi versi e non saranno gli ultimi. In quella campagna elettorale - come nelle succes-sive - la satira e la presa in giro degli avversari politici si servirono dell’arma della poesia satiri-ca, grazie alla presenza nei due opposti schie-

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ramenti di alcuni ottimi “verseggiatori” che dalle colonne della stampa locale si punzecchiavano senza tregua. Un ruolo importante fu svolto infatti dai periodici nati in quel periodo. Dal novembre del 1945 si pubblicava il Cor Bonum, fondato da Policastri e diretto da Francesco Dima. Un mese dopo, il 16 dicembre, aveva ripreso ad uscire con cadenza settimanale il PopoIano, il periodico fondato nel 1882 da Francesco Dragosei che aveva cessato le pubblicazioni nel 1931.Il nuovo Popolano non si schierò apertamente con uno dei due schieramenti, ma apparve evi-dente il suo appoggio ai moderati. La sinistra ri-spose con la Sveglia, quattro numeri unici pubbli-cati dal 24 febbraio al 12 marzo, ognuno curato da uno dei partiti dell’alleanza elettorale. Il duello in punta di fioretto fu ben presto supera-to e si passò alle sciabolate e ai colpi bassi. Il Cor Bonum non esitò a pubblicare in prima pagina un vecchio esposto dei partiti della sinistra contro il “compagno” Mimmo Storino, accusato di lucrare illecitamente sulla gestione degli “ammassi” dei prodotti agricoli. La risposta della Sveglia prese a bersaglio il Policastri: “Perché il policastro N. uno si è deciso per la Monarchia e non per la Re-pubblica? Perché con la Repubblica nessuno gli potrebbe dare l’ambito titolo di Duca di Coriglia-no e quindi l’orto non sarebbe più del Duca ma del popolo per le case del popolo”, alludendo ad una presunta occupazione abusiva dei Policastri dell’Orto del Duca, un terreno situato sotto il con-vento dei Riformati. Vennero inoltre denunciate “intimidazioni, minacce, violenze, coartazioni in danno degli elettori, ingiurie e calunne contro i nostri uomini. Gli agrari e i loro emissari regalano vino e formaggi, promettono carne e farina”. Al di là delle schermaglie verbali il grande dub-bio che attanaglia tutti era: andranno a votare le donne? E come voteranno? In teoria non c’erano essere dubbi, visto che uno dei simboli in lotta era rappresentato da una “croce”. Ma nei quar-tieri popolari le donne davano inattesi segnali di combattiva presenza a fianco dello schieramen-to di sinistra. Gli appelli così si moltiplicavano. Il Cor Bonum ammoniva: “Le donne dovranno compiere il loro dovere, non solo civico ma an-che morale, per debellare completamente i partiti dell’anticristo”. “Donne, state in guardia, - ribatteva sulla Sveglia Erminia Quintieri - quel segno non è altro che un richiamo di cardellini, ossia un po’ di miele per attirare le mosche, le quali, con false promesse e minacce, vengono obbligate a votare per i nemici dei poveri e della vera croce cristiana”. Un momento di pausa si ebbe nei primi giorni di

marzo in occasione del carnevale. Per la prima volta dopo molti anni ricomparvero nelle strade le “quadriglie”, gruppi mascherati con i caratteristici costumi variopinti dai colori vivaci. Si distingueva per brio e fantasia la “quadriglia” organizzata da Giovanni Laudonio. E venne anche ripresa la tra-dizionale “papera”, un gioco carnevalesco che, disputato tra parecchi avversari, consisteva nel decapitare, galoppando a tutta velocità sopra un cavallo, un montone pendente in aria. Il vincito-re, colui che riesciva a far cadere la testa della bestia, veniva accompagnato in trionfo dagli altri cavalieri per le vie della città, recando come tro-feo la testa infissa sulla propria sciabola. Ma si trattò solo di una breve parentesi di sere-nità. Il clima restava incandescente, tanto che in città, per prevenire possibili disordini, affluirono reparti di carabinieri e truppe scelte. Finalmente la mattina del 17 marzo, domenica, si andò alle urne. Fin dalle primissime ore Cori-gliano assunse l’aspetto delle grandi occasioni.“Si nota - raccontava il cronista del Popolano - ovunque, nelle piazze, per le vie, nei caffè, nei negozi, dappertutto, un’agitazione insolita, un via vai eccezionale di gente che ricordava le gran-di feste ... Le dieci sezioni elettorali nelle prime ore sono già gremite di folla. Gente che affluiva dalla montagna, dalla marina, dai quartieri pe-riferici di Ponte Margherita, Carmine, Stazione, andava sparpagliandosi per riversarsi nelle va-rie sale delle urne ... Macchine piene di elettori che si incrociano vuotando e rifacendo il proprio carico, autocarri provenienti dalle zone più lon-tane che vomitano uomini e donne a non finire; era tutto uno spettacolo veramente interessante e suggestivo ... Di tanto in tanto erompono dalla folla grida di viva la croce, a cui fanno eco altre di viva la sveglia”. Alle dieci di sera le urne furono chiuse. Lo scru-tinio, effettuato il giorno dopo, confermò quello che si era già capito fin dai giorni precedenti, an-che senza sondaggi: aveva vinto nettamente il centro-destra, con 4306 voti contro 2485. Dopo pochi giorni si insediò il Consiglio Comunale. Ce-sare De Novellis chiese che le elezioni venisse-ro invalidate per i troppi episodi di corruzione e di coartazione del voto che si erano registrati in città, ma la proposta non ebbe seguito. Giovan Battista Policastri fu eletto sindaco con 23 voti sui 24 disponibili per la maggioranza. L’esigua minoranza, sei consiglieri, si accinse ad una strenua opposizione e cominciò a prepararsi per la rivincita. L’occasione era vicina. Il 2 giugno si sarebbe svolto il referendum costituzionale e sa-rebbero stati eletti i membri dell’Assemblea Co-stituente.

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«La poesia scrive e riscrive la sua storia».

Questa frase appartiene a uno dei più importanti poeti italiani del secondo dopoguerra, Rodolfo Di Biasio, un poeta che ha lavorato alacremente per cinquant’anni in una terra carica di memorie e di eventi storici, il Sud Pontino e il nord della Campania, martoriato dalle piaghe della guerra, della povertà e dell’immigrazione. Di Biasio è nato nel 1937 a Ventosa, e nel corso della sua lunga carriera di scrittore ha conden-sato in sei volumi di versi tutto il suo universo poetico, fatto di rammemorazioni, trascendenza, quesiti sul mondo e sulla Storia, calati mirabil-

mente in ambienti e situazioni quotidiane: nel-la contemplazione della campagna e della sua civiltà in estinzione; così come nella sua micro-storia di uomo partecipe dei destini di un’epoca che ha trasformato le persone e le cose, ma non ha cancellato l’umiltà e la dignità autentiche di popoli secolari che hanno abitato la strada per-corsa dai suoi versi. Il titolo del suo primo volume, Nulla è mutato, uscito per Rebellato nel 1962, è già indicativo di questo corpo a corpo che Di Biasio compie non contro il proprio tempo, ma a favore di una sua purificazione, che impedisca alla memoria collettiva di perdere le tracce delle proprie ra-dici. Ma sarebbe riduttivo parlare di Biasio solo come “poeta della terra”. Come il suo tenace compagno di viaggio Giuseppe Bonaviri, l’oriz-zonte temporale e il territorio impenetrabile dei suoi Aurunci sono la sede per una continua, sof-ferta esplorazione del cosmo, ricca di un empi-to certamente non confessionale, ma altamente religioso, visionario, sempre prossimo a quella nuda verità che il poeta insegue. E lo fa con un verso rigorosissimo, essenziale, scarnificato da ogni stilema superfluo, come han-no riconosciuto critici come Giuliano Manacorda, Francesco De Nicola e il grande Alvaro Valenti-ni, tre numi tutelari di questa voce così assoluta quanto appartata e severa, oltre a quattrocento e più titoli di bibliografia, svariate traduzioni antolo-giche in lingue straniere, e una quantità persino imbarazzante di premi nazionali e internazionali. In attesa della – si spera prossima – pubblicazio-ne della sua opera in versi, proponiamo ai lettori di Mondiversi uno dei suoi testi più intensi, tratti dalla raccolta Patmos, del 1995: opera e testo che rappresentano una pietra miliare del suo percorso poetico:

Pare, ho scritto

– con l’amaro dentro

ed è sorso di cicuta –

Avverto di aver disimparato la sua voce:

vuole altri ascolti

la voce di questo mare

vuole i silenzi dell’anima

anche quando come stasera

si fa rombo sulla scogliera,

vuole solitudini che più non abbiamo

e che forse toccherà ritrovare

al marinaio delle stelle.

Viaggio poetico

di Stefania Buonofiglio

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Il fatto. Nel pomeriggio del 30 aprile scorso, in località Bosca-rello, nella frazione di Marina di Schiavonea, nel comune di Co-rigliano Calabro, uno sconosciu-to si è introdotto negli spogliatoi

ormai dismessi, pertinenza d’un campo di cal-cetto.Dopo aver ordinato d’andar via a due cittadini senegalesi, che ne avevano fatto loro dimora, ha dato fuoco alla struttura. Le fiamme, hanno rapidamente investito e deva-stato l’intera struttura, in lamiera, di circa 40 me-tri quadri, nonché materassi, stoviglie, vaschet-te in plastica e vari capi d’abbigliamento degli stranieri. L’incendio è stato domato dai Vigili del Fuoco del distaccamento di Rossano.Uno dei due cittadini senegalesi, trattenutosi al-l’interno della struttura per prelevare documenti ed effetti personali, a causa delle inalazioni dei fumi ha accusato problemi respiratori tanto da ricorrere alle cure dei sanitari del locale Pronto Soccorso che l’hanno giudicato guaribile in dieci giorni.A seguito delle indagini condotte dai Carabinie-ri della Compagnia cittadina è stato tratto in ar-resto con le accuse d’incendio doloso e tentato omicidio un 39enne del luogo già noto negli am-bienti investigativi.Il presunto autore dell’incendio è stato infatti bloccato in serata presso la propria abitazione e tratto in arresto dopo una serie d’accertamenti e riscontri che hanno evidenziato anche l’idoneità della sua condotta a mettere in pericolo la vita di una delle due vittime. Espletate le formalità di rito, è stato tradotto in carcere a Rossano su disposizione del magistrato di turno .Commenti e silenzi. Il fatto sopra riportato, ve-niva reso noto dal quotidiano la Gazzetta del

Sud, nello stesso giorno in cui a Rosarno sinda-cati e società civile si erano dati appuntamento per la manifestazione Nazionale del Primo Mag-gio, in solidarietà con i migranti, contro la mafia, e il racket dei “ Caporali ”, in seguito ai gravi fatti di stampo razzista, avvenuti a Rosarno l’inverno scorso.Anch’io mi trovavo nella piazza principale di Ro-sarno, in quella splendida mattina, insieme a tantissime persone, che, come me avevano vo-luto manifestare solidarietà in un momento fon-damentale per la vita democratica della nostra Nazione. Ho ancora impresse nella mente le no-stre espressioni e considerazioni, attonite e sgo-mente al tempo stesso, nell’apprendere quanto riportato dal giornale.Faceva male pensare che un così grave episo-dio fosse potuto accadere nella nostra città, così profondamente segnata dalla tragedia lacerante e dolorosa dell’emigrazione. Volevamo sapere, avere notizie dei due ragazzi e al tempo stesso ci interrogavamo sulla dinamica dei fatti.A distanza di un mese circa da quel 30 aprile, soltanto alcune sono state le forze politiche e le associazioni che hanno espresso apertamente la propria solidarietà alle vittime del grave atto di razzismo (lavoratori con regolare permesso di soggiorno, presenti per motivi di lavoro sul no-stro territorio). Ciò che preoccupa profondamen-te chi scrive è, secondo le parole di Primo Levi nel suo libro “ La Tregua”, il pesante “rumore” del silenzio su questi gravissimi avvenimenti.Alla luce dei numerosi fatti di cronaca che da questo inverno si sono verificati sul nostro ter-ritorio, appare sempre più evidente la necessità di costruire reti sinergiche tra istituzioni, associa-zioni, in modo da sradicare in concreto la mala pianta dell’intolleranza e dell’illegalità sul nostro territorio, abbandonando definitivamente retori-ca e strumentalizzazioni.

Report su una

tragedia evitataIncendiato il ricovero di due

migranti a Schiavonea

di Giulia Spanò Secco

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Lo scorso 28 maggio nel teatro comunale di Cassano Ionio è stato assegnato al professore Salvatore Arena, giornalista e scrittore, il premio “Troccoli – Magna Grecia” per la sezione Ricer-ca. Il riconoscimento è stato assegnato ex aequo anche a Pier Emilio Acri, autore con Arena, del volume Il porto di Corigliano Calabro tra storia e memoria (Tecnostampa 2009).

Premio Troccolial professore Arena

di Luisa Sangregorio

Riconoscimento per

la Ricerca sul porto

di Corigliano

Per la sezione Saggi-stica il riconoscimen-to è stato consegna-to a Fortunato Aloi; quello alla Carriera giornalistica al diret-tore della Gazzetta del sud, Nino Calar-co; per la sezione Scuola il primo clas-sificato è stato l’Isti-tuto comprensivo di Rocca Imperiale; per la sezione fotografia sono stati premiati Mimmo Aloise per la categoria dei professionisti e Gianni Termine per i dilettanti. Il premio letterario intitolato al cassanese Giusep-pe Troccoli, romanziere, drammaturgo e poeta, oltre a approfondire e divulgare il pensiero e le opere di Giuseppe Troccoli, promuove la ricerca letteraria su autori del ‘900, anche per proporre ai giovani modelli d’impegno etico e intellettua-le. Quest’anno, per la 24° edizione del premio nazionale, il tema discusso è stato “Da Alvaro a Troccoli, il ’900 letterario calabrese”. L’attività culturale di Salvatore Arena, ancora una volta segnalata alla collettività grazie al premio Troccoli, è ormai cinquantennale. Giornalista dal 1961. Già corrispondente della Gazzetta del Sud, del Corriere della Sera e dell’Ansa. Co-fondatore e direttore dell’Agenzia di Stampa Periodica “Jo-nipress” dal 1965. Continua a collaborare a gior-nali, quotidiani, periodici e riviste specializzate di storia contemporanea.Ha ottenuto il Premio “Fedeltà” da “Cronache Ita-liane” di Salerno (1984); e il primo premio giorna-listico “Civitas-Pollino” (2000).Fiduciario dell’Associazione Nazionale Famiglie Caduti e Dispersi in Guerra.Benemerito dell’Associazione Nazionale “I Ra-gazzi del ‘99”.Ha curato le seguenti pubblicazioni di France-sco Antonio Arena: Fortunato Bruno (Ed. Auro-ra - Corigliano, 1989); Francesco Dragosei (Ed. Aurora - Corigliano, 2000); Italo Dragosei (Ed. Aurora - Corigliano 2000).

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Ricorre quest’anno il cin-quantesimo anniversario della sentenza della Corte Costituzionale n. 33/1960 che dichiarò costituzional-mente illegittima la legge n. 1176/1919 per contrasto

con gli art.3 e 51 Cost. che sanciscono, il pri-mo, l’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge, senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni persona-li e sociali, e il secondo il diritto dei cittadini di entrambi i sessi ad accedere agli uffici pubbli-ci e alle cariche elettive in condizioni di ugua-glianza. La legge del 1919 sebbene prevedesse l’ammissione delle donne “…a esercitare tutte le

professioni e a coprire tutti i pubblici impieghi” di fatto prevedeva una serie di ipotesi tassative di esclusione successivamente elencate nel R.D. del 4 gennaio del 1920 agli art. da 2 a 5 in base ai quali veniva preclusa alle donne “ogni funzio-ne direttiva, così come la carriera diplomatica, dell’esercito, della magistratura”. La sentenza n. 33/1960 nel dichiarare la legge del 1919 costi-tuzionalmente illegittima pose finalmente fine a questa discriminazione aprendo alle donne tutte le carriere pubbliche. Si trattò di una sentenza storica, i cui protagonisti furono una giovane sa-lernitana neo-laureata in Scienze Politiche, Rosa Oliva e il grande costituzionalista Costantino Mortati, nato a Corigliano Calabro il 27 dicembre 1891 e morto a Roma il 25 ottobre del 1985. Fu il grande giurista coriglianese a rappresentare la Oliva e a preparare il ricorso nel processo in-tentato contro l’esclusione prevista dalle sopra

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di Raffaella Amato*

Donne e mondo del lavoro:

lo stato dell’arte50 anni fa il giurista coriglianese Costantino Mortati

otteneva una sentenza storica

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richiamate norme e ad avviare in tal modo il procedimento dal quale venne fuori la più impor-tante sentenza in materia di parità tra i sessi negli ultimi cinquanta anni. La ricorrenza di questo importante anniver-sario offre l’occasione per fare il punto sulla reale situazione delle donne nel mondo del la-voro. A questo proposito i dati statistici mostrano un quadro purtroppo davvero allarman-te. Da una recente statistica dell’ISTAT emerge un divario fortissimo tra nord e sud del Paese. Al sud le donne sono fortemente svantaggiate non solo dalla minor offerta di la-voro ma anche dalla carenza di servizi sociali e dalla più rigida ripartizione dei ruoli. Essendo loro tradizionalmente delegata la funzione di assistenza di figli, in assenza di validi supporti sociali, non riescono ad usufruire delle già scarse possibilità di lavoro esistenti.In generale l’Italia con il 46,6% di occupazione femminile è penultima in Europa contro le per-centuali svedese (71,8%), olandese (69,9%) e finlandese (68,5%); la condizione italiana risulta migliore solo rispetto a quella di Malta (60,1%) e Grecia (47,9%). La disoccupazione media in Italia è del 7,9% con il primato di donne inatti-ve (49,3%) insieme a Malta (60,1%). Un Paese come la Spagna, molto simile al nostro per cul-tura e livello di sviluppo, pur con un tasso di inat-tività al 10,9%, ha visto però crescere dal 1994 il tasso di occupazione femminile dal 30,7% al 54,7% nel 2007, con un incremento totale dell’80% contro il 25% dell’Italia.Quali i possibili rimedi a una situazione così drammatica?Sicuramente una strada percorribile è quella di utilizzare al meglio gli strumenti normativi a tute-la delle donne nel mondo del lavoro quali i cosid-detti. organi di parità.Nel 1984, in concomitanza agli altri Paesi eu-ropei, veniva istituita la Commissione Naziona-le per la Parità e la pari opportunità tra uomo e donna presso la Presidenza del Consiglio che si affiancava al già esistente Comitato Nazionale parità presso il Ministero del Lavoro creato nel 1983 quale organismo consultivo a supporto dell’ azione del Presidente del Consiglio al fine di raggiungere una parità sostanziale. Nel 1995, sulla scia della Conferenza Mondiale sulle don-

ne di Pechino, nasceva il Ministero per le Pari Opportunità a cui ha fatto seguito il Dipartimen-to per le pari opportunità che assiste il relativo Ministro e il Consigliere Nazionale di parità. Altri organi di parità sono la Commissione Nazionale per le pari opportunità, formata da 30 donne in rappresentanza di associazioni e movimenti e il Comitato Nazionale di parità presso il Ministe-ro del Lavoro che ha il compito di rimuovere le discriminazioni e gli ostacoli alla parità. E’ sulla base di tali organismi che sono state create le Commissioni Regionali di parità, costituite con leggi regionali, e le commissioni di parità provin-ciali e comunali. Nel corso di questi ultimi dieci anni le commissioni hanno svolto una importan-te funzione di rappresentanza e di promozione delle politiche di genere sul territorio ottenendo importanti risultati quali ad es. la legge sull’im-prenditoria femminile. Di sicuro tali commissioni (soprattutto perché formate da donne e per le altre donne) rappre-sentano laboratori fervidi di idee e progetti che possono tentare di infrangere quella invisibile ma ostinata barriera sociale e culturale che frena l’ascesa delle donne nel mondo del lavoro e fa sì che, all’alba del terzo millennio solo il 10% delle posizioni di potere sono in mano alle donne e che le donne leader nella politica, nella scienza, nell’arte ecc siano una eccezione.Investire qualititativamente e quantitativamente in tali organismi può essere una via per portare a compimento l’opera di quanti, donne e uomini, hanno lavorato per eliminare le discriminazioni e assicurare una vera parità.Per aspera ad astra.

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