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and Integrated Medicine

HIMHOMEOPATHY

d

Organo ufficiale dellaSocietà Italiana di Omeopatiae Medicina Integrata

Anno 2 - Numero 1, Maggio 2011

In copertina: una esplosione solare.Per�gentile�conc.�NASA�and�the�Hubble�Heritage�Team�(AURA/STScI).

Direttore�Responsabile:�Gino SantiniDirettore�Scientifico:�Simonetta BernardiniRegistrazione�al�Tribunale�di�Roma�n.�61�del�24�febbraio�2010Periodicità:�Semestrale

©�2010-2011�SIOMI�-�Tutti�i�diritti�riservati.�Nessuna�partedi�questa�pubblicazione�può�essere�riprodotta�o�trasmessain�alcuna�forma,�senza�il�permesso�scritto�della�SIOMI.Le�copie�arretrate�possono�essere�richieste�alla�SIOMI.

Direzione:�c/o�ISMO�-�Via�Adolfo�Venturi,�24�-�00162�RomaAmministrazione,�Pubblicità:�c/o�FIMO�-�Via�Kyoto,�51�-�50126�FirenzeTel.:�055.6800.389�-�Fax:�055.683.355�-�E-mail:�[email protected]

Finito�di�stampare�nel�mese�di�maggio�2011presso�Grafica�Di�Marcotullio�s.a.s.Via�di�Cervara,�139�-�00155�Roma

COMITATO SCIENTIFICO

Area di omeopatia e medicina integrataSimonetta�Bernardini,�Francesco�Bottaccioli,�Tiziana�Di�Giampietro,Carlo�Di�Stanislao,�Peter�Fisher,�Italo�Grassi,�Francesco�Macrì,Ennio�Masciello,�Emilio�Minelli,�Roberto�Pulcri,�Gino�Santini,Massimo�Saruggia,�Gabriele�Saudelli,�Luisella�Zanino

Area accademica e medicina convenzionaleIvan�Cavicchi,�Andrea�Dei,�Giuseppe�Del�Barone,Claudio�Fabris,�Luciano�Fonzi,�Antonio�Panti,Roberto�Romizi,�Mauro�Serafini,�Umberto�Solimene

Editoriale2 L’omeopatia, un pensiero plurale

di Simonetta Bernardini

In�primo�piano4 “In puero homeo”

di Francesco Macrì

Contributi�originali6 Dolore temporo-mandibolare: comparazione tra fitoterapia tradizionale

e farmacoterapia convenzionaledi F. Deodato, S. Cristiano, C. Di Stanislao, C. Di Paolo e R. Giorgetti

10 Possibilità, limiti e prospettive future del trattamento omeopatico in oncologiadi Franco Desiderio

14 Prevenzione e cura degli effetti collaterali indotti da RT nelle neoplasie mammariedi Alberto Laffranchi

22 L’ADHD e lo sguardo singolare della psicanalisidi Massimo Saruggia

30 Mente e cancro: l’approccio PNEIdi Francesco Bottaccioli

36 Il bambino e il male di vivere: l’ADHDdi Tiziana Di Giampietro

I�grandi�personaggi�dell’omeopatia25 Stephan N. Willich

Le�risorse�per�la�Medicina�Integrata,�tra�ospedali�e�realtà�editoriali

Spotlight27 a cura di Gino Santini

Diminuzione�della�flogosi�nei�ratti�con�medicinali�omeopatici�•�Omeopatia�efficace�nell’insonnia�•�Trattamento�integrato�conmedicinali�omeopatici�nelle�mastiti�bovine�•�Nux�vomica�e�Calendula�stimolano�la�produzione�di�EGF�•�Efficacia�di�alte�dina-mizzazioni�omeopatiche�in�modelli�animali

Quaderni�di�Medicina�IntegrataL’ansia

40 Il contributo della MTCdi Carlo Di Stanislao e Rosa Brotzu

43 Il contributo dell’omeopatiadi Luigi Turinese

45 Il contributo della fitoterapiadi Gabriele Saudelli

L’omeopatia�raccontata19 L’eredità assassina

di Italo Grassi

HOMEOPATY AND INTEGRATED MEDICINE | marzo 2010 | vol. 1 | n. 1 1

SOMMARIO

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EDITORIALE

Il dibattito intorno all’omeopatia è cominciatoquando Hahnemann era ancora in vita e non si è maispento. E’ dai tempi di Hahnemann infatti che

l’omeopatia cosiddetta “classica hahnemanniana” si con-fronta con aspetti culturali da essa evolventisi e definiticome omeopatia scientifica, costituzionalista, pluralista,clinica. Per citare le parole di Linn J. Boyd (1895-1975),omeopata e professore di Medicina Interna e Farmaco-logia al New York Homeopathic Medical College andFlower Hospital negli anni venti del secolo scorso, non-chè autore di numerosi esperimenti omeopatici oggi in-quadrabili nell’ambito del fenomeno dell’ormesi:“Attorno al 1835 l’omeopatia era cambiata, cosicchèHartlaub, uno dei più fedeli discepoli di Hahnemann,arrivò a dichiarare: ‘L’omeopatia non è più quella diHahnemann. E’ finito il tempo in cui chiunque volesseinteressarsi a questa disciplina doveva accettare le paroledel suo fondatore come vangelo. Si sono formati duepartiti: uno che aderisce strettamente ai dogmi hahne-manniani, l’altro che alza la voce contro di essi, minac-ciandone la repentina caduta’. Cosicchè, quandoHahnemann era ancora in vita cominciarono a confron-tarsi due fazioni dell’omeopatia, coloro che avrebberoimmolato se stessi sull’altare dell’omeopatia classica hah-nemanniana e coloro che desideravano riconoscersi inun nuovo movimento dell’omeopatia scientifica”.

A noi non preoccupa affatto il persistere di questa dia-lettica. La consideriamo una grande risorsa, piuttosto cheun limite o un intoppo come ad alcuni sembra apparire.Non esiste infatti un’epoca in cui la medicina non abbiamesso in discussione i propri contenuti. Ci preoccupa,piuttosto, l’immobilismo istituzionale conseguente allelotte di alcuni che in Italia hanno trasformato la dialet-tica in diatriba, le diversità in opposizione che sa di ideo-logia, e ci preoccupa l’immagine di litigiosità apparente-mente irresolvibile che la comunità omeopatica italianaha offerto al resto della comunità omeopatica europea.

Negli ultimi dodici anni, a far data dalla fondazione dellaSIOMI avvenuta nel 1999, infatti, tutti gli omeopati ita-liani sia di fede unicista che pluralista hanno potuto tro-

vare una collocazione culturale in un movimento cheprevedeva l’alleanza con la medicina convenzionale.Questa comunità si è impegnata nel ripensamento deiprincipi fondanti dell’omeopatia con l’intento di pro-muovere lo sviluppo di questa disciplina nell’attuale con-testo scientifico dando origine al movimento della“medicina integrata”. Dall’altra parte i medici omeopatiche hanno preferito continuare a definirsi omeopati clas-sici hahnemanniani si sono adoperati in più occasioni inazioni finalizzate ad affermare una presunta superioritàculturale dell’omeopatia classica unicista. Dall’attivitàdegli omeopati unicisti sono scaturiti documenti per leIstituzioni (Parlamento, FNOMCeO, Ordini dei Me-dici, FISM, siti internet, etc.) nei quali sono state pro-poste definizioni non condivise, come la classificazioneche dividerebbe l’omeopatia dalle “omeoterapie”. Ci pre-occupa l’esultanza scritta nero su bianco da qualche espo-nente di spicco di quella comunità per qualche rico-noscimento istituzionale ottenuto su temi minori, mapur sempre espressione di compiacimento per una frat-tura all’interno della comunità. La gioia, in parole brevi,per qualche risoluzione adottata ad escludendum piutto-sto che ad intengrandum, come spiegheremo più sotto.Senza considerare che le “vittorie” interne hanno smar-rito le Istituzioni, frenandone più volte le scelte che sierano maturate nell’ambito dei diversi governi politicigrazie alla rappresentanza di temi equilibrati come quellidella complementarietà in medicina, dell’approccio in-terdisciplinare alla cura, del confronto culturale tra me-dicina classica e complementare uniti ai temi sempre piùcondivisi in Europa e Usa della integrazione delle cure.Ne è nata una lotta interna che nei nostri contributisiamo soliti definire la “guerra dei nomi”. Vediamonequalche esempio.

L’adozione del termine medicina integrata, contrastatoda coloro che propongono piuttosto una semplice “in-terazione” anzichè l’integrazione tra medicine; la lottaalla definizione medicina complementare adottata oramaisia in un legge operativa, la 9/07 della regione Toscana,che in ambito universitario e in molti servizi sanitaripubblici che integrano le medicine complementari e lastrenua difesa del termine non convenzionale evocatoredi contrapposizione tra medicine piuttosto che di alle-anza. Infine la recente “battaglia” della FIAMO perescludere i medicinali complessi dagli strumenti di curadell’omeopatia. Il medico omeopata infatti, a parere dellaFIAMO, prescriverebbe medicinali omeopatici soloquando utilizza gli unitari. Utilizzerebbe pur sempre me-dicinali omeopatici quando prescriverebbe un complessoin formulazione magistrale mentre non gli sarebbe rico-

2 HOMEOPATHY AND INTEGRATED MEDICINE | marzo 2010 | vol. 1 | n. 1

L’omeopatia, un pensiero plurale

Simonetta Bernardini

Presidente SIOMI, Società Italiana di Omeopatia e Medicina IntegrataE-mail: [email protected]

“Prova tutto e trattieni ciò che è buono: questo è e rimaneil primo comandamento della scienza. La medicina èscienza dell’esperienza, è pratica, è continuo esperimentoe l’esperimento non si è mai concluso. Solo l’esperimento,la discussione e la contro-discussione, il continuo e liberostudio e il tempo potranno separare il vero dal falso, l’utiledall’inutile”.

C. W. Hufeland, 1830

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EDITORIALE

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nosciuto di avvalersi di uno strumento dell’omeopatiaqualora prescriva un complesso di medicinali omeopaticipreparato da un’azienda omeopatica.

Riteniamo che la pagina più suggestiva di questa batta-glia combattuta dall’omeopatia classica hahnemannianasia stata scritta con la levata di scudi tra “fratelli” cui ab-biamo assistito dopo il settembre scorso, a far data dalmomento in cui il Royal London Hospital for Homeo-pathy ha scelto di cambiare nome, definendosi più ap-propriatamente (tenuto conto dell’attuale contestosocio-sanitario e politico britannico) Royal Hospital forIntegrated Medicine. La difesa del pensiero classico hah-nemanniano ha fatto sì che la più prestigiosa strutturaintegrata del servizio sanitario britannico sia stata attac-cata dal past president della Liga Medicorum Homeopa-thica Internationalis, Ulrich D. Fischer. Il perchè diquesta presa di posizione ce l’ha chiarito il rappresentanteper l’Italia della Liga, Pietro Federico, rispondendo aduna nostra richiesta. Secondo la Liga, l’ospedale londi-nese è “l’istituzione storica degli omeopati classici cherappresenta storicamente l’omeopatia anglosassone chesi rifà direttamente ad Hahnemann. Il fatto che il RLHH(oggi RLIM, ndr) possa diventare il centro della medi-cina integrata è sorprendente, prosegue Pietro Federico,così come lo sarebbe immaginare l’Organon come iltesto base di varie terapie non convenzionali”. E prose-gue: “Allo stato attuale la maggioranza degli omeopatimembri della Liga ritiene inconciliabile l’integrazione traomeopatia e altre medicine (...) per l’omeopatia hahne-manniana non è conveniente curare un malato con unrimedio omeopatico e nello stesso tempo somministragliun farmaco che svolge un’azione contro i sintomi dellasua malattia”. E dire che al RLMI convivono da decennisenza problemi e a beneficio dei cittadini utenti l’omeo-patia, l’agopuntura, la fitoterapia, la psicoterapia e ov-viamente la medicina convenzionale, a conferma chel’Organon si è già integrato da molto tempo. In questocontesto restava da chiarire quale fosse la posizione uffi-ciale dell’European Committee for Homeopathy, che riu-nisce in una federazione le principali sigle dell’omeopatiaeuropea. Così SIOMI ha invitato in Italia il suo presi-dente Ton Nicolai e il suo segretario, Patricia Le Roux.L’incontro era finalizzato a discutere la situazione italiana(l’Italia infatti partecipa all’ECH nella disarmonia di in-tenti delle sue sigle rappresentanti) e a valutare l’orien-tamento dell’ECH rispetto ai temi della complemen-tarietà in medicina, della medicina integrata e del rico-noscimento delle diverse correnti di cui si compone ilpensiero omeopatico. L’incontro si è tenuto a Milanonel febbraio scorso e vi hanno partecipato per l’Italia

SIOMI, ISMO, OMOIOS, Edoardo Felisi in rappre-sentanza delle migliaia di medici italiani formati nellescuole di omeopatia clinica del CISDO e per la Franciail CEDH promotore delle scuole di omeopatia clinicapresenti in più nazioni europee. Il meeting ha anticipatola riunione dell’ECH tenutasi a Roma nell’aprile passatodove i risultati dell’agreement sono stati comunicati atutte le sigle federate. Dall’incontro di Milano è emersoun accordo tra le sigle convenute e l’ECH per promuo-vere il riconoscimento di tutte le correnti del pensieroomeopatico e per sottolineare il rispetto di tutte le tec-niche terapeutiche omeopatiche, a prescindere dalla loroispirazione di matrice unicista, pluralista o complessista.SIOMI ha convenuto con il presidente Nicolai sulla ne-cessità che le sigle dell’omeopatia italiana si incontrinocon l’intento di abbandonare la storica contrapposizioneche non sembra avere eguali in Europa.

Auspicando che i tempi siano maturi per il riconosci-mento da parte di tutti di una pluralità di pensiero inomeopatia, riteniamo che proprio Pitigliano, terra dovesono sedimentate l’una sull’altra più civiltà, dove più co-munità di opposta fede hanno raggiunto in passato l’in-tegrazione e dove, soprattutto, si sperimenta la sfida piùdifficile, ovvero l’alleanza tra medici convenzionali eomeopati in una corsia di ospedale potrebbe essere in unprossimo futuro la cornice ideale per un incontro traomeopati classici e clinici che vorranno adoperarsi perl’integrazione delle omeopatie nell’omeopatia plurale.SIOMI si impegnerà per questo incontro.

Le ultime news, l’elenco dei medici SIOMI,le FAQ sull’omeopatia, più di 400 abstract,motore di ricerca interno e molto altro su:

www.siomi.it

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IN PRIMO PIANO

Posto in alto, tracciato sul frontespizio dell’anticoportone d’ingresso al Dipartimento di Pediatriadel Policlinico Umberto I di Roma, troneggia il

motto “ In puero homo”. Questa frase dice molto, chenel bambino esistono i presupposti del buono e del cat-tivo adulto, che il risultato finale dipende da come ci siprende carico dell’individuo già dai primi anni di vita,sia in termini di allevamento affettivo che di attenzioneragionevole ai suoi bisogni di salute.La pediatria sta cambiando, forse è già cambiata, l’av-vento degli antibiotici, delle vaccinazioni, della praticadegli screening neonatali ha modificato profondamentei compiti professionali del pediatra: nel 1910 le malattieinfettive rappresentavano il 35% delle cause di morte, lebronchiti e le polmoniti il 20%; oggi tali percentuali sistanno avvicinando allo zero.Nell’età pediatrica è stata a ragione inserita l’adolescenzain modo da rendere possibile in modo armonico un pas-saggio assistenziale dal bambino all’adulto, senza fasi diinterruzione. Ma il pediatra, proprio in questa fase sto-rica, corre il rischio del disimpegno; tempo fa, un edito-riale su Area Pediatrica, una rivista di pediatria moltodiffusa a livello nazionale, titolava un articolo in questomodo: “Il pediatra perde pezzi”, proprio a voler descri-vere il pericolo di una pediatria che si defila. E’ vero chel’eccesso di informazione che scaturisce dall’affermarsiinarrestabile della tecnologia rende difficile conservare laconnaissance. Paul Verlaine aveva la fortuna di poter dire“la carne è triste, ho letto tutti i libri”; noi siamo inun’epoca diversa nel campo della scienza medica, chevorrei rappresentare con una battuta di Massimo Troisi,tratta dal film “Le vie del Signore sono finite”, dove ilprotagonista giustificava la sua difficoltà alla cultura iro-nizzando “…io sono uno a leggere, loro sono milioni ascrivere…”.Quando Daniel Bell, sociologo di Harvard scomparsorecentemente, coordinò la commissione voluta dall’Ac-cademia Americana delle Scienze per predire che tipo divita ci sarebbe stato nel XXI secolo, nell’esporre i risultatidei lavori della commissione, indicò fatti che si sarebberoimmancabilmente verificati, dall’effetto serra per gli altilivelli di CO2 nell’atmosfera, alla supremazia economicadella Cina, all’affermazione della tecnologia in ogni set-tore della vita sociale, anche nell’ambito della medicina,dove avrebbe comportato un incremento spropositatodelle conoscenze. Diceva Nietzsche che l’eccesso di co-noscenza comporta il pericolo di bloccare l’ immagina-zione; ma il progresso andrebbe avanti senza imma-gina zione? Certo, si potrebbe azzerare tutto e riportarela coscienza medica al passato, nella picture che i medici

cosiddetti alternativi a volte auspicano. Ma c’è anche lapossibilità di utilizzare le enormi acquisizioni della me-dicina moderna, implementandole con quanto di para-dossalmente innovativo le medicine complementari sonoin grado di offrire. E’ il sinolo aristotelico? Probabil-mente no, ma è una strada che vale la pena di percorrere:il paziente, forse, troverà una risposta migliore alla ri-chiesta di comprensione del suo bisogno.Vorremmo un pediatra che si prenda cura del pazientecon la stessa attenzione che, secondo gli epicurei, era ri-chiesta ai filosofi nei confronti degli uomini: “E’ vano ildiscorso di quel filosofo che non curi qualche male del-l’animo umano”. Vorremmo un pediatra che non dica“Prenda un qualunque sciroppo per la tosse”, oppure che“Qualunque tipo di latte va bene”; un pediatra che sap-pia anche dare, se non una prescrizione, almeno una in-dicazione, un parere, sul possibile uso di MedicineComplementari quando i genitori si mostrassero apertia ciò. E’ certo che i problemi per la pediatria restano an-cora molti e impegnativi, perché i bisogni non sono piùo, comunque, non soltanto, quelli dei bambini cheaspettano in sala d’attesa o sono ricoverati in ospedale;esistono anche altri bisogni, non tanto sconosciutiquanto inespressi. E un pediatra attento, nel momentoin cui sfila dall’orecchio il fonendoscopio, inizierebbe asentire un nuovo brusìo, che via via prende forma e di-venta comunicazione: è vero che gran parte dei farmacivengono utilizzati nel bambino estrapolando i dati di far-macodinamica e farmacocinetica ottenuti nell'adulto,come è vero che le città ricostruite nella seconda metàdel secolo scorso, dopo le distruzioni della guerra, sonostate ricostruite in base ai bisogni dell’adulto.Il cartello segnaletico stradale che raccomanda attenzioneall’automobilista perché è possibile incrociare bambinisimboleggia pericolo come quello che segnala rischio difrane e da tempo si resta sorpresi vedendo bambini chesi recano a scuola da soli, non accompagnati dai genitori.Giocare per strada è un evento che una Società Assicu-rativa non si sentirebbe più di coprire, quindi soltantoun’ ora di attività due volte a settimana dovrebbe bastarea scongiurare il rischio dilagante di obesità. Le gravidanzesono sempre più disdette, la mancanza di sostegno so-ciale induce la mamma a rinunciare o, nelle miglioredelle ipotesi, a rinviare. L’OMS, nello stilare la classificadei sistemi sanitari, adotta tre criteri: risultati in terminidi salute, equità, capacità di rispondere alle esigenze deipazienti; questo ultimo punto non può non indurre a ri-flessione, con- siderato che anche i nuovi modelli di ela-borazione di Linee Guida Terapeutiche (vedi il GRADEad esempio) introducono tra i vari parametri necessari

4 HOMEOPATHY AND INTEGRATED MEDICINE | maggio 2011 | vol. 2 | n. 1

“In puero homeo”

Francesco Macrì

Professore Aggregato Università di Roma "Sapienza", Vicepresidente SIOMIE-mail: [email protected]

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IN PRIMO PIANO

5HOMEOPATHY AND INTEGRATED MEDICINE | maggio 2011 | vol. 2 | n. 1

alla raccomandazione anche l’orientamento del paziente.Le Medicine Complementari, l’omeopatia in particolare,hanno sempre rispettato questo principio, ponendo alpaziente un’attenzione particolare, per rispettarne sì leesigenze, ma soprattutto per sviluppare un piano di te-rapia tanto più efficace, quanto più adatto alle caratteri-stiche stesse di quel paziente affetto da quella malattia,anticipando di secoli quanto la farmacogenomica si ap-presta a ottenere. Il prossimo obiettivo dell’industria far-macologica infatti sarà mettere a disposizione farmaciindividualizzati, allestiti tenendo conto delle caratteristi-che genetiche e quindi con una risposta terapeutica effi-cace e priva di effetti collaterali.Da sottolineare la frequenza con cui i bambini vengonocurati con farmaci omeopatici: mediamente il 9-10%,ma con percentuali anche più alte nella fascia di età 3-5anni: ecco il perché della trasformazione di “In PueroHomo” in “In Puero Homeo”. Ecco perché due anni fa,a Bologna, in occasione di un congresso in cui l’organiz-zatore, il prof. Salvioli, aveva voluto inserire una sessionededicata alle Medicine Complementari, venne fuoril’idea di istituire un gruppo di studio all’interno dellaSIP, la Società Italiana di Pediatria. Dopo una prima fasedi preparazione, con una commissione formata dal prof.Gianpaolo Salvioli (coordinatore), il prof. FrancescoMacrì (segretario), il dott. Gianfranco Trapani, la dott.ssaLuisella Zanino, il dott. Gianfranco Temporin, la dott.ssa Simonetta Bernardini, il dott Ennio Masciello, in cuisi e’ acquisito e superato il numero necessario di sociiscritti per formare il gruppo di studio, il 19 gennaio diquesto anno il Consiglio Direttivo della Società Italianadi Pediatria ha approvato la costituzione del Gruppo diStudio in Medicine Complementari in Pediatria, che pro-prio in questi giorni ha tenuto la sua prima assemblea.Il direttivo è formato da: Francesco Macrì, Luisella Zan-nino, Gianfranco Trapani, Guido Cocchi, Luciano An-dreoli, Domenico Careddu.Il prof. Gianpaolo Salvioli è stato eletto segretario delgruppo e a lui abbiamo rivolto alcune domande.

Prof. Salvioli, come mai in occasione del Convegno di Bo-logna di due anni fa, ebbe l'idea di dedicare una sessionealle Medicine Complementari?

In considerazione del numero, sempre in aumento, digenitori che mi segnalavano da una parte il desiderio didiminuire il bombardamento di farmaci di tutti i tipi suipropri figli e dall'altra parte la constatazione di impiegodelle medicine allora definite alternative sempre più dif-fuso, ritenni utile aprire un confronto con i colleghi pe-diatri che impiegano tali terapie. E' stato forse uno deiprimi colloqui a livello congressuale nel nostro paeseteso, nelle mie intenzioni, a fare emergere una realtà che,forse, sino ad oggi non si è voluta considerare. Dal con-vegno tenutosi a Bologna con il titolo "Nuove tendenzein diagnostica e terapia pediatrica" nel 2008 è nata laCommissione di studio, approvata dalla SIP, che si è poicostituita nel neoformato Gruppo di Studio in MedicineComplementari in Pediatria.

E' possibile secondo Lei integrare la medicina convenzio-nale con le medicine complementari?

Nel termine stesso di Medicine Complementari è com-preso il concetto di complementarietà nei riguardi delleterapie convenzionali. Ritengo quindi insostituibile ilruolo del medico, nel nostro caso del pediatra, nella pre-scrizione di tali terapie e ciò con l'intendimento di tute-lare primariamente il piccolo paziente. E' indubbio cheda tempo si assiste ad un abuso di prescrizioni di farmaciper i quali purtroppo in campo pediatrico mancano cor-rette indicazioni di posologia e soprattutto, evidenzescientifiche di possibili effetti collaterali se non addirit-tura controindicazioni.

Lei, da Universitario, riterrebbe opportuno inserire nel-l'ordinamento didattico della Facoltà di Medicina un in-segnamento dedicato alle medicine Complementari?

Ritengo utile che nel corso di laurea in Medicina e Chi-rurgia, e specificatamente nelle discipline di farmacologiaclinica, vengano date nozioni tali da permettere la cono-scenze delle Medicine Complementari soprattutto perquanto attiene l'omeopatia, la fitoterapia e l'agopuntura.Anche nelle Scuole di Specializzazione in Pediatria do-vrebbe essere data più enfasi ai problemi della farmaco-cinetica in campo pediatrico, approfondendo anche iltema delle medicine complementari sottolineando i ri-schi di terapie "fai da te", senza cioè il diretto controllodel pediatra.

Quali progetti prevede per il nascente gruppo di studiodella SIP?

Sulla base delle motivazioni che hanno portato alla co-stituzione di un Gruppo di studio sulle Medicine Comple-mentari nella Società Italiana di Pediatria si è ritenutoormai indifferibile porre le dovuta attenzione a tali pra-tiche terapeutiche adottate da molti pediatri ed uno deiprimi obbiettivi del gruppo è proprio quello di rilevare,con l'ausilio di un questionario inviato ai soci della SIP,l'entità del fenomeno aprendo un dialogo che mi auspicoil più costruttivo possibile, rimuovendo preconcetti e dif-fidenze tra i sostenitori di diverse opinioni in campo te-rapeutico. Altri progetti riguardano la istituzione di unregistro nazionale dove raccogliere le segnalazioni dieventuali effetti collaterali e la messa in atto, grazie allacollaborazione dei colleghi iscritti al gruppo, di proto-colli di verifica della efficacia di tali terapie nella praticaclinica.

OmeopatiaOnlineIl�Forum�virtuale�dei�soci�SIOMI

Riservata ai soci SIOMI in regolacon il pagamento della quotaassociativa per l’anno in corso

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Il dolore cranio-cervico-mandibolare è uno dei piùfrequenti motivi di richiesta di visita odontoiatrica ognatologica. Sebbene il sintomo caratterizzi quadri

più o meno gravi di patologie intra o extra articolari ri-chiedendo una attenta valutazione diagnostico differen-ziale, a volte non risulta associato ad alcuna alterazionebiomeccanico-strutturale dei distretti in questione. Inquesti casi si rende necessario propendere verso una te-rapia sintomatica con farmaci antalgici, antiinfiamma-tori e miorilassanti.Quasi vent’anni di attenta considerazione e studio diquesti disturbi ci hanno portato ad osservare come mol-tissimi soggetti “sintomatici” riferiscano in sede anam-nestica disturbi concomitanti quali quadri ansioso-depressivi, difficoltà digestive, turbe del sonno e del-l’alvo, spesso caratterizzate da acutizzazioni climatiche oalimentari. La più alta percentuale di questi sintomi chepotremmo definire “accessori” alla patologia cranio-cer-vico-mandibolare, si riscontra proprio in quei quadriprivi di danno organico/strutturale degno di nota.Quando le evidenze diagnostiche cliniche e strumentalinon giustificano segni, sintomi e disagi riferiti dal pa-ziente, da molti anni ormai siamo soliti rifarci ad un in-quadramento della problematica integrato con elementidi Medicina Tradizionale Cinese, disciplina che ci forni-sce interessanti chiavi di lettura per un approccio piùampio ed individualizzato.Talvolta infatti abbiamo assistito a regressioni sintoma-tologiche apparentemente inspiegabili in sede cranio-fac-ciale (senza peraltro attuare alcuna procedura terapeuticalocale) in concomitanza con regolarizzazioni dell’alvo,del ciclo o dell’umore piuttosto che del sonno o dellacondizione ansiosa, quasi come se i primi fossero solo unsegno a distanza di questi ultimi. Così con estrema fre-quenza, prima di procedere a trattamenti gnatologicinon supportati da adeguata convinzione, nei casi prividi evidenza clinico-strumentale, abbiamo spostato l’at-tenzione sullo stato “generale” del paziente, cercando dimigliorarlo e valutando quanto questi miglioramenti in-fluissero sui sintomi riferiti in sede locale.La terapia elettiva sul sintomo locale (dolore articolaletemporo-mandibolare e muscolare cranio-cervicale) èrappresentata da quella farmacologica. Secondo quantodescritto in letteratura, i farmaci più frequentemente uti-lizzati sono i FANS o cortisonici, atti a ridurre la flogosi,causa principale del dolore articolare, e i miorilassanti,indicati in tutti i casi in cui sia presente dolore miogenoe più in generale la tensione muscolare ed il carico intra-articolare conseguente. Molti possono essere gli ausilidiagnostici e terapeutici che la Medicina Tradizionale Ci-

nese può offrire1; rimandiamo a nostri precedenti lavoricirca il loro utilizzo in ambito gnatologico2,3.Uno dei più interessanti (e maggiormente studiati) pre-sidi terapeutici utilizzati in quest’ambito è rappresentatodalla fitoterapia, certamente una delle più antiche me-dicine impiegate dall’uomo; molti farmaci, comune-mente adoperati, sono estratti da principi vegetali o loroderivati4-6.La fitoterapia tradizionale o energetica, per come è con-cepita in Medicina Cinese, si basa sull’utilizzo dellepiante secondo le qualità che caratterizzano il fitocom-plesso: sapore, natura, azione, signatura, ma anche coloree consistenza, diversamente dall’uso occidentale che in-vece si fonda esclusivamente sulle caratteristiche farma-cocinetiche del singolo principio attivo7.Abbiamo già espresso la nostra opinione in merito al do-lore riferito ed alle relazioni che questo può avere conaltri disturbi funzionali2,8-10. Lo scopo di questo studio èquello di comparare l’efficacia della terapia farmacologicaconvenzionale alla fitoterapia basata su criteri Tradizio-nale, in soggetti con sintomatologia algica cranio- man-dibolare.

Materiali e metodiIl campione è stato selezionato tra i pazienti giunti con-secutivamente a visita presso il Centro ATM dell’Uni-versità degli Studi di Siena negli anni 2006-2007. Tuttisono stati valutati clinicamente secondo analisi gnatolo-gica classica e, ove necessario, è stato prescritto l’esamestrumentale più specifico per uno screening diagnosticoapprofondito. Sono stati selezionati per lo studio i primi200 pazienti che rispettassero i seguenti criteri di inclu-sione principali e secondari.Criteri principali: a) presenza di dolore spontaneo cra-nio-cervico-mandibolare presente da almeno 2 mesi(gruppo I a/b e gruppo III a dell’asse I e grado II, III asseII degli RDC/TMD); b) assoluta assenza di patologiaintra-articolare biomeccanico-strutturale (esclusa me-diante esame clinico-strumentale); c) assenza di positivitàanamnestica a reazioni avverse allergiche o pseudo-aller-giche ai FANS e/o note di ipersensibilità respiratoria.Criteri secondari. Sono stati inseriti nel campione inesame i pazienti che oltre a rispettare i criteri di inclu-sione principali riferissero almeno due dei seguenti sin-tomi secondari: a) disturbi del sonno; b) disturbidigestivi; c) disturbi dell’alvo; d) ipersensibilità ad agentiatmosferici; e) alterazioni del ciclo mestruale; f ) lievecondizione ansiosa o depressiva (riscontrata da visite spe-cialistiche e non in trattamento).

6 HOMEOPATHY AND INTEGRATED MEDICINE | maggio 2011 | vol. 2 | n. 1

Dolore e DTM: farmacoterapia convenzionalee fitoterapia tradizionale a confrontoF. Deodato1, S. Cristiano1, C. Di Stanislao2, C. Di Paolo3, R. Giorgetti11Centro ATM, Università degli Studi di Siena2Ambulatorio di Agopuntura e Moxa, Dipartimento di Medicina - UO di Dermatologia, ASL 04, L'Aquila3Università degli Studi “Sapienza”, Roma - SIDA, Società Italiana Disfunzioni e Algie temporo-mandibolariE-mail: [email protected]

CONTRIBUTI ORIGINALI

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7HOMEOPATHY AND INTEGRATED MEDICINE | maggio 2011 | vol. 2 | n. 1

Nello studio sono stati coinvolti tre operatori. Un primospecialista ha diviso in modo casuale i pazienti selezionatiin 2 gruppi: 100 pazienti sono stati sottoposti a terapiafarmacologica (gruppo “Farmacoterapia”) e gli altri 100ad un trattamento con un fitocomplesso selezionato se-condo utilizzo Tradizionale (MTC) e non strettamentefitofarmacologico (gruppo “Fitoterapia”).Un altro operatore ha prescritto ai pazienti di entrambii gruppi la terapia da intraprendere come segue. Gruppofarmacoterapia: terapia con nimesulide 100 mg/die11, indue dosi refratte e 2 mg di lorazepam12, sempre in duesomministrazioni orali per 21 giorni13,14. Gruppo fitote-rapia: trattamento individualizzato secondo le caratteri-stiche convenzionali ed “energetiche“ del disturbo e lacostituzione individuale2,9,15,16 con estratti secchi titolatio tinture madri di prodotti fitoterapici, dopo colazione,pranzo e cena, somministrati per 2 mesi consecutivi 9,17-

19. Il terzo operatore, non a conoscenza della terapia pro-posta ai singoli pazienti, ha monitorato tutti i soggettidel campione con scala VAS ai seguenti tempi: a) inizioterapia; b) 21° giorno (fine terapia farmacologica); c) 2°mese (solo per i pazienti del gruppo fitoterapia).I risultati ottenuti sono stati analizzati statisticamente ele terapie sono state confrontate tra loro. Più precisa-mente è stata valutato: a) efficacia delle singole terapie(test di Wilcoxon sui gruppi trattati indipendente-mente); b) confronto dell’efficacia dei due trattamenti al21° giorno (test Mann-Whitney), al fine di paragonarele due terapie dopo uno stesso periodo di somministra-zione; c) confronto dell’efficacia delle due terapie a finetrattamento (test Mann-Whitney), ovvero confronto deirisultati ottenuti al 21° giorno per il gruppo Farmacolo-gia e quelli al 2° mese per il gruppo Fitoterapia.

RisultatiEfficacia delle singole terapieAl termine della terapia farmacologica, nel gruppo Far-macoterapia il dolore si è ridotto in media del 68,82%(figura 1). Il test di Wilcoxon (tabella 1) evidenzia un si-gnificativo funzionamento della terapia con probabilitàdi errore dello 0,00% dopo 21 giorni (termine terapia).Nei soggetti del gruppo Fitoterapia la sintomatologia al-gica si è ridotta in media del 71,97% dopo 21 gg e del86,45% dopo 2 mesi (termine trattamento) (figura 1).Il test di Wilcoxon (tabella 1) evidenzia un significativofunzionamento della fitoterapia con una probabilità dierrore dello 0,00% dopo 21 giorni e dopo 2 mesi (ter-mine terapia).

Confronto tra le due terapieL’efficacia delle due terapie è stata messa a confronto coltest di Mann- Whitney (tabella 2). La prima compara-zione è stata effettuata tra i risultati ottenuti al terminedella terapia farmacologica (durata 21 giorni) e quelli ot-tenuti al 21° giorno di fitoterapia. Il test non evidenziadifferenze significative nell’efficacia dei due trattamenti(tabella 2) che possono, per questo, essere considerati so-vrapponibili. Il secondo confronto è stato effettuato trai risultati ottenuti al termine della terapia farmacologica(21° giorno) e quelli al termine della fitoterapia (2°

mese). Il test di Mann-Whitney indica che al terminedel secondo mese di cura (60 gg. circa) il trattamentocon fitoterapia è risultato più efficace rispetto alla far-macoterapia, con una probabilità di errore dello 0,00%.

CONTRIBUTI ORIGINALI

Figura 1Andamento medio deldolore nei due gruppi.

Tabella 1Test di Wilcoxon

Tabella 2Test di Mann-Whitney

DiscussioneL’analisi statistica dei dati raccolti evidenzia come en-trambe le terapie in esame risultino statisticamente effi-caci. La comparazione dei risultati ottenuti al 21° giornodi trattamento (al termine della farmacoterapia) dimo-stra l’assenza di differenze statisticamente significativetra le due terapie in esame. Altro dato interessanteemerso è che al termine della fitoterapia (2 mesi) il do-lore risulta ulteriormente ridotto. Il miglioramento pro-gressivo del gruppo trattato con estratti fitoterapici el’assenza di effetti collaterali riferiti dimostra che tale te-rapia è prolungabile senza rischio di tachifilassi o disturbigastroinestinali, emuntoriali o ematici.Tutto questo conferma statisticamente quanto da noi os-servato in 10 anni di utilizzo di questo modello diagno-stico-terapeutico integrato in ambito clinico. Se adegua-tamente selezionato attraverso criteri scientifici (intera-zioni, avversità, effetti collaterali, dosaggi, etc.) e tradi-zionali ( scelta del rimedio per azione, natura, sapore,etc.) il fitocomplesso può costituire un valido ausilio te-rapeutico nei disordini cranio-cervico-mandibolari.

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Nei casi in cui non si evidenzi una seria alterazione bio-meccanica o una patologia organica, il sintomo localedeve essere quindi riconsiderato, attraverso una visionepiù ampia, quale espressione locale di una disarmoniagenerale, di cui rappresenta solo una “manife- stazionea distanza”.Per poter beneficiare della serie di azioni che la fitoterapiapuò produrre, ribadiamo come a nostro avviso sia neces-sario rifarsi a modelli che non considerino esclusiva-mente il principio attivo della pianta (estrazione estrema-mente specifica isolata, titolata e standardizzata in ter-mini farmacologici e farmacodinamici) piuttosto al fito-complesso, un “complesso” più ampio e bilanciato, riccodi sostanze che da una parte facilitano l’assorbimento edaumentano la biodisponibilità dei principi attivi e dal-l’altro ne limitano l’eventuale tossicità.Vogliamo a questo punto fare un piccolo cenno al do-saggio dei fitoterapici utilizzati. Come sopra specificato,la scelta del rimedio utilizzato si è basata sui criteri dellaMTC che considera, nell’approccio alla problematica, lacondizione generale dell’assistito, la sua tipologia indi-viduale (pertanto la patergia e reattività costituzionale),la stagionalità del disturbo e dell’epoca di trattamento,la risposta a fattori climatici, dietetici e molto altro an-cora, oltre che al sintomo specifico per cui è richiesta lavisita.Secondo questo approccio le “ virtù “ e le modalità diazione di un principio, sia esso alimentare che fitotera-pico, si estrinsecano attraverso natura, sapore, colore edaltro (20, 21). Inoltre alte dosi di principio attivo inibi-scono e paralizzano il sistema per saturazione recettorialementre basse dosi stimolano l’organismo a produrrequanto necessario per la guarigione. A tal proposito è ne-cessario sottolineare l’importanza della scelta del dosag-gio degli agenti chimici in base alla risposta biologica chesi vuole ottenere.Studi comparsi già a fine ‘800 evidenziano che, in lineagenerale, tra le possibili risposte biologiche ad una so-stanza chimica ci sia quella di tipo ormetico per la qualea basse dosi una stessa sostanza induce una risposta bio-logica opposta a quella osservabile per somministrazionipiù elevate22-25.Esempi a tal proposito possono essere gli antibiotici eri-tromicina e streptomicina che, a basse dosi, stimolano lacrescita batterica invece di inibirla o la diossina che abasse concentrazioni nei ratti può rallentare lo sviluppodi tumori invece di incrementarli26-28.Nello studio descritto le dosi utilizzate sono state di 1-2g/die in caso di estratto secco titolato (equivalente a 2-4cp da 500 mg/die), 30-50 gtt/3vv/die in caso di tinturamadre, 15-30 gtt/3vv/die in caso di estratto fluido, tuttidosaggi assolutamente inferiori a quelli proposti nei re-pertori. Il Refit (repertorio fitoterapico) indica ad esem-pio quale dosaggio medio consigliato nell’utilizzo dellaPassiflora (una delle piante maggiormente impiegate inquesto studio) 4-8 gr di droga/ die, pari a 8-16 cp da500 mg/ die, o la dose equivalente per le altre prepara-zioni, quantità notevolmente più alte rispetto a quelli danoi adoperati.

ConclusioniE’ inevitabile, quantomeno attraverso le nostre espe-rienze pluriennali in merito, segnalare che l’approccioalla problematica con ausili di fitoterapia possa costituire,in casi specifici, un mezzo utile e di pronto utilizzo cheper trovare la sua efficacia deve però essere accuratamenteselezionato e prescritto. Il “farmaco” fitoterapico, se ade-guatamente conosciuto, può essere utilizzato in sostitu-zione e/o in concomitanza di altri farmaci di sintesi(purché se ne conoscano interazioni ed effetti indeside-rati), di terapie occlusali, biomeccaniche, fisioterapichee conservative di altro genere.Appare quindi assolutamente necessario ampliare ilpunto di osservazione alla disfunzione valutando il di-sturbo insieme alla condizione generale dell’assistito.Questo studio non vuole essere motivo di separazionetra la medicina scientifica e quella tradizionale promo-vendone l’utilizzo o indirizzando all’uso di un modelloin sostituzione di un altro, bensì costituire un momentodi integrazione e confronto tra le due29.E’ quindi opportuno sottolineare la necessità di consi-derare, in fase diagnostica, anche segni e sintomi appa-rentemente distanti e non direttamente correlati con ladisfunzione di base, non sempre considerati dall’opera-tore perché difficili da incasellare nei modelli diagnosticiconvenzionali. Attraverso un inquadramento globale del-l’assistito, derivante tanto dalla sua storia anamnesticaquanto da un approfondito esame clinico e strumentale,che segue sempre un rigoroso protocollo scientifico in-tegrato, si propone l’efficacia di una metodica che siprende cura dell’uomo considerandolo nella sua globa-lità.L’obiettivo ultimo del trattamento diviene non la sem-plice remissione del sintomo ma la considerazione glo-bale dell’individuo (30) in cui il sintomo specifico simanifesta.

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CONTRIBUTI ORIGINALI

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30. AAVV: Storie di cura. Medicina narrativa e medicinadelle evidenze: l'integrazione possibile, Ed. FrancoAngeli, Milano, 2005.

CONTRIBUTI ORIGINALI

Tiziana Di Giampietro -�L'amigdala�è�la�parte�del�cervello�dove�leemozioni�si�collegano�alle�sensazioni.�La�vista�del�cibo�influenza�il�ri-cordo�di�esperienze�passate�che�si�collegano�al�presente�senso�di�gra-dimento�e�lo�giustificano.�Se�i�colori�influenzano�il�rifiuto�o�l'accet-tazione�di�esso�convolgimento�non�solo�l'apparato�gastroenterico�ma�addirittura�i�ricordi�e�gli�eventi�collegati�al�colore�del�primo�alimentoassunto�(il�bianco),�quali�i�rapporti�(madre-neonato?)�e�le�cause�di�questa�possibile�ipotesi�del�rifiuto?�Rivolgo�questa�domanda�agli�espertidel�gruppo�PSI�e�a�tutti�per�ipotesi�di�terapie�omeopatiche:�Ignatia?�Staphysagria?�Pulsatlla?

Massimo Saruggia -�In�questo�campo�oggi�siamo�tutti�figli�di�una�unica�Grande�Madre:�la�neuroscienza�che�con�il�suo�pensiero�rotondo�ebenpensante�orienta,�protegge,�normalizza,�adatta.�Tutto�deve�essere�misurabile�e�radicalmente�obbiettivo.�Il�soggetto�della�"nostra"�rivoluzionescientifica�preferisce�ficcare�il�dolore�e�la�sofferenza�nel�contenitore�della�malattia�piuttosto�che�interrogarsi�o�interrogare�le�vicissitudini.�L’on-nitecnologia�punta�ad�uccidere�il�soggetto�sofferente�dando�soluzioni�liofilizzate�e�pronte�per�essere�ingurgitate�(SSRI,�fiori�di�Bach�,�rimediomeo�-�si,�anche�rimedi�omeo).�La�questione�in�realtà�è�molto�più�complessa.�Ma�provo�lo�stesso�a�condensare�quello�che�penso�in�questocampo.�Oggi�siamo�immersi�nelle�pratiche�del�godimento�perverso�con�i�suoi�tentativi�incessanti�di�oltrepassare�i�confini�del�principio�di�piacerelasciando�via�libera�alla�pulsione�di�morte.�Il�godimento�è�privo�di�limite,�legge�o�mancanza�ed�il�soggetto�moderno�sfida�tutto�questo�e�godefondamentalmente�di�un�godimento�non�sessuale.�Il�dilagare�di�anoressia,�bulimia,�tossicodipendenze�obesità�mostra�che�il�godimento�sessualenon�è�più�dominante.�Il�godimento�sessuale�era�una�vera�tutela�per�il�soggetto.�Lo�proteggeva�dalle�devastazioni�di�un�godimento�senza�limiti.Ma�oggi�la�rimozione�è�in�grave�crisi�e�ci�si�arrampica�sugli�specchi�per�negare�ogni�mancanza.�Nulla�di�meglio�per�far�esplodere�l'angoscia�econ�essa�le�varie�psicopatologie�della�modernità,�tra�le�quali,�principe,�l'anoressia.�Penso�dunque�che�la�questione�della�pratica�omeo�nellaanoressia�sia�molto�più�complessa�di�quanto�si�mostra�in�questo�studiolo�neuroscientifico�e�che�l'anoressia,�unica�malattia�psichiatrica�mortalein�sè,�meriti�una�visione�più�da�medici�integrati�che�da�medici�integralisti.�����������������������������������������������������������������������������������������������(segue a pagina 13)

Dalle pagine di OmeopatiaOnline...

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L’oncologia, nell’ultimo decennio, ha fatto passida gigante nel campo della diagnostica e dellaterapia medica dei tumori, migliorando note-

volmente, soprattutto in alcune malattie, la sopravvi-venza e la qualità della vita delle persone affette daneoplasia. Nonostante ciò, la comunicazione di una dia-gnosi di tumore è un evento molto traumatico per la per-sona che la riceve, perchè ancora oggi la parola cancro,nell’immaginario comune, corrisponde a una mortecerta o, se va bene, alla perdita definitiva ed irreversibiledel proprio ruolo sociale e familiare, a causa del paven-tato peggioramento della qualità di vita. Inoltre spessola diagnosi viene preceduta da un periodo più o menolungo di sofferenze fisiche e/o psichiche, che il pazientemolte volte considera causa piuttosto che conseguenzadella malattia.Ognuno, comunque, risponde a questo evento sulla basedel proprio temperamento, dello stato socio-economicoe culturale e del proprio vissuto. Gli stessi fattori che de-terminano il tipo di reazione nel singolo paziente sonoquelli che spingono molti di loro a rivolgersi ad altri si-stemi di cura, come numerosi lavori scientifici in lette-ratura confermano. Recenti stime, infatti, affermano chedal 30 al 60% degli adulti affetti da tumore usano qual-che forma di medicina complementare o alternativa(CAM) durante o subito dopo il trattamento oncologicostandard. Le CAM sono utilizzate prevalentemente dapazienti di sesso femminile e, in particolare, da donneaffette da neoplasia mammaria, la più frequente neopla-sia delle donne adulte.2

A confermare il dato è uno studio conoscitivo sull’usodelle CAM durante il trattamento chemioterapico effet-tuato presso il DH oncologico di Rimini nel 1996, me-diante questionario anonimo, dal quale è emerso checirca il 50% dei pazienti - in maggioranza di sesso fem-minile e di classe culturale medio-alta - risultava ricorrerea un qualche tipo di medicina complementare. La CAMpiù utilizzata era l’omeopatia, e le motivazioni addotteper la scelta del trattamento complementare erano fon-damentalmente tre: perché si rivolge alla persona insenso olistico, perché senza effetti collaterali e perché ingrado di minimizzare gli effetti collaterali delle terapieconvenzionali. Per quanto riguardava il risultato, circal’80% dei pazienti si considerava soddisfatto o moltosoddisfatto delle cure complementari soprattutto per ilmiglioramento della qualità della vita in rapporto all’an-sia e alle paure determinate dalla neoplasia e dal suo trat-tamento.

Terapie complementari e oncologia:studi clinici

Una domanda che molti medici omeopati, ricercatori estudiosi di questo settore della medicina si pongono è sei sistemi scientifici ed i metodi statistici attuali sono ingrado di dimostrare l’efficacia terapeutica dell’omeopatiacome metodo di cura dei pazienti oncologici nelle variefasi della malattia.Nonostante gli scritti dei maestri dell’omeopatia comeBurnett ed altri3 e le pubblicazioni di alcuni omeopatimoderni soprattutto della scuola indiana4, che hanno en-fatizzato il ruolo della metodica omeopatica nella cura eguarigione di neoplasie anche in stadio avanzato utiliz-zando solo rimedi omeopatici, allo stato attuale non visono studi pubblicati su riviste specializzate che dimo-strino l’efficacia dell’omeopatia, da sola, nel modificarela storia naturale della malattia; in letteratura a questoproposito esistono solo case report5-6 il cui valore stati-stico appare piuttosto limitato. Più numerose sono, in-vece, le pubblicazioni sul trattamento degli eventi avversicausati da terapie oncologiche convenzionali; studi pro-gettati, per la maggior parte, seguendo le regole scienti-fiche condivise dal mondo accademico i cui risultati,anche se non brillanti, mostrano una certa efficacia inquesto senso.Su questo argomento è stata edita di recente una reviewdal titolo “Homeopathic medicines for adverse effects ofcancer treatments” (Cochrane Library, 2010), che hapreso in esame otto studi controllati di cui sette controplacebo e uno contro trattamento convenzionale. I risul-tati emersi da questi studi sono contraddittori e il com-mento finale nella review è che al momento attuale nonvi è evidenza conclusiva dell’efficacia della medicinaomeopatica tranne che per uno studio sulla terapia dellastomatite con un preparato omotossicologico e nella pro-filassi della dermatite da raggi con pomata locale a basedi calendula.Tali dati per un medico omeopata esperto sono inevita-bilmente deludenti, sia a causa dei risultati non brillanti,sia per la consapevolezza che la scarsa efficacia del trat-tamento spesso dipende dal disegno dello studio, chenella maggioranza dei casi prevede un trattamento stan-dard uguale per tutti i pazienti. Il non poter applicarecorrettamente la metodica omeopatica dopo accurataanamnesi di tutti i sintomi fisici, psichici e sensazioninon permette l’identificazione e quindi la somministra-zione dei rimedi più adatti per il singolo paziente affettoda quella malattia.

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Possibilità, limiti e prospettive futuredel trattamento omeopatico in oncologiaFranco Desiderio

Specialista in Oncologia ed Endocrinologia - Responsabile Prevenzione Oncologica, Rimini - Medico esperto in omeopatiaE-mail: [email protected]

CONTRIBUTI ORIGINALI

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11HOMEOPATHY AND INTEGRATED MEDICINE | maggio 2011 | vol. 2 | n. 1

Medicina omeopatica e oncologia:il trattamento dei disturbi da menopausaI sintomi da menopausa condizionano in modo signifi-cativo la qualità della vita delle giovani donne con storiadi cancro mammario, per le quali il trattamento ormo-nale sostitutivo è assolutamente controindicato e nonesistono nella medicina ufficiale altre terapie efficacicomprovate.Sebbene nella revisione sistematica della Cochrane Col-laboration gli studi sui disturbi da menopausa nelledonne con tumore della mammella siano negativi, moltedelle pazienti seguite in follow-up negli ambulatori me-dici utilizzano rimedi omeopatici sia in forma unitariache in complessi e riferiscono risultati soddisfacenti, inparticolare sulle vampate di calore e sull’insonnia.Ancora una volta gli studi proposti e pubblicati in lette-ratura risentono del limite del non aver potuto sommi-nistrare rimedi omeopatici individuati dopo accurataanamnesi, secondo i principi della legge dei simili.Nonostante ciò, pur consapevoli dei limiti metodologici,anche a Rimini presso il DH di oncologia stiamo effet-tuando uno studio clinico randomizzato che prevede lasomministrazione di un complesso omeopatico controplacebo per valutarne efficacia e sicurezza. Lo studio cli-nico viene effettuato attraverso la somministrazione indosi decimali di quattro dei rimedi più comuni per iltrattamento dei disturbi da menopausa: Ignatia, Sepia,Sanguinaria e Actea racemosa.Per la valutazione dei disturbi abbiamo utilizzato la scaladel NCI-TCT che considera una serie di sintomi qualivampate, sudorazioni notturne, perdite vaginali, perditeematiche atipiche, secchezza/prurito vaginale, dispaure-nia, disturbi gastrici, alterazioni dermatologiche, cefalea,ritenzione idrica, ansia/depressione e altro.I dati preliminari, a circa 2/3 dell’arruolamento, sem-brano essere positivi nel senso di un miglioramento si-gnificativo delle vampate di calore e dei disturbi gastricimentre altri disturbi, come la secchezza vaginale e l’in-sonnia, non appaiono modificati. Alle donne che nonhanno risposto al trattamento omeopatico è stata offertala possibilità di eseguire terapia omeopatica personaliz-zata dopo accurata anamnesi. Con molto piacere ab-biamo notato che i rimedi costituzionali somministratimigliorano in modo netto la maggior parte dei disturbi,aumentando sensibilmente la qualità della vita.Abbiamo comunque osservato una differenza di risposteda parte delle donne che assumono gli inibitori dell’aro-matasi, che migliorano più nettamente, rispetto alledonne che assumono il tamoxifene, che invece sembranorispondere poco o non rispondere affatto al trattamento.Se questo dato venisse confermato potrebbe dare indi-cazioni per effettuare studi scientifici mirati, soprattuttostudiando quelle donne che maggiormente possonoaverne giovamento. Per trarre le giuste considerazioni fi-nali aspettiamo comunque la conclusione dello studio.

Medicina omeopatica e oncologia:potenzialità e limiti nella prevenzioneIl sogno di molti omeopati è quello di dimostrare cheun trattamento omeopatico ben individuato è in grado

di impedire l’insorgenza di neoplasie, anche in presenzadi una familiarità importante o di altri fattori predispo-nenti. In verità, come è noto, la trasformazione delle cel-lule sane in neoplastiche avviene passo dopo passo, conuna serie di successive modificazioni che inizialmentesono reversibili e solo dopo molto tempo divengono sta-bili e irreversibili. Un esempio è il tumore del collo del-l’utero, di cui si riconosce come causa un’infezione viraleda HPV che determina modificazioni cellulari che pos-sono sfociare nel fenotipo neoplastico a distanza di moltianni dall’inizio dell’infezione, anche se nella maggiorparte dei casi l’organismo è in grado di eliminare le cel-lule malate e di guarire definitivamente. Altri esempi distati precancerosi - come la colite ulcerosa, la papilloma-tosi vescicale, la poliposi intestinale, la craurosi vulvare,la leucoplachia ed altri - sono riconosciuti come precur-sori neoplastici che possono portare alla manifestazioneclinica del fenotipo tumorale, così come possono addi-rittura regredire.Questi esempi ci permettono di affermare che il pro-blema non è limitato alle cellule affette e che la causadella trasformazione dipende anche dall’ambiente extra-cellulare e dal sistema immunitario che, come sappiamo,risente in modo importante di fattori ormonali, neuro-trasmettitori, linfocitari ed altro. In più è noto comeun’alimentazione adeguata riesca, attraverso alcuni nu-trienti come gli antiossidanti, a riparare quelle inizialimodificazioni che sono all’origine della trasformazionemaligna della cellula.In quest’ottica la medicina omeopatica è da considerarsiuna vera e propria medicina preventiva, in alternativaalla moderna farmaco-prevenzione che utilizza farmaciallopatici con potenziali effetti collaterali di una certagravità, in quanto trattando il malato e non la malattiacon i rimedi costituzionali potrebbe essere in grado diinibire la progressione delle lesioni favorendo la normaledifferenziazione cellulare e normalizzando il processo diapoptosi con successiva riparazione del tessuto affetto.Se volessero rendere un utile servizio alla causa omeopa-tica, i medici omeopati dovrebbero documentare detta-gliatamente tutti i casi di guarigione di questi statiprecancerosi in modo che, una volta raccolti i dati, pos-sano essere pubblicabili su riviste scientifiche ad alto im-pact factor. Il problema, però, è che i medici omeopatitendono a lavorare isolatamente: perciò, anche se i sin-goli medici hanno molti casi personali di guarigione, idati di ognuno non sono utilizzabili - da soli - a scoposcientifico. In letteratura, inoltre, sono stati pubblicatialcuni studi che mostrano come trattamenti omeopaticipossano essere efficaci nell’impedire la formazione di tu-mori provocati mediante la somministrazione di carci-nogeni chimici in animali di laboratorio7-8. Un altrostudio riporta alcuni casi clinici in cui la somministra-zione di una sostanza carcinogena omeopatizzata, cioèdiluita e dinamizzata secondo il metodo hanhemma-niano, è stata efficace nel controllo della malattia neo-plastica nell’uomo.Queste pubblicazioni fanno prevedere un possibile uti-lizzo dei rimedi omeopatici nella prevenzione di tumorinelle persone ad alto rischio e/o nella prevenzione dellerecidive dopo guarigione in chi ne è stato affetto.

CONTRIBUTI ORIGINALI

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Medicina omeopatica e oncologia:il trattamento nella fase avanzataIl trattamento della fase terminale di un paziente onco-logico viene definito palliativo perché l’obiettivo princi-pale è contenere i disagi psicofisici e permettere unabuona morte, senza dolore e se possibile senza ansia epaura, mentre l’aumento della sopravvivenza globaleresta obiettivo secondario.Per questo la malattia oncologica nella sua fase avanzatae terminale deve essere considerata come una patologiaacuta in cui è opportuno somministrare il o i rimediomeopatici cosiddetti sintomatici.Questi vengono prescritti generalmente a basse dilui-zioni, decimali, centesimali o cinquantamillesimali, se-guendone giorno per giorno l’evoluzione per evitare uninutile o persino dannoso aggravamento, rispettando ildetto di primum non nocere.Uno dei farmaci non convenzionali più efficace in questafase della malattia sembrerebbe essere il Viscum albumsecondo la preparazione antroposofica. Questo rimedio,non omeopatico, ha una serie di effetti positivi quali ilmiglioramento delle condizioni generali, l’aumentodell’appetito e il guadagno di peso, una migliore qualitàdel sonno, il sollievo dalla stanchezza eccessiva e dalladepressione e probabilmente un rallentamento della cre-scita tumorale. Anche altri fitoterapici e farmaci allopa-tici possono essere utilizzati in questa fase, ma se si esegueuna buona repertorizzazione dei sintomi acuti e si som-ministra il rimedio omeopatico nella diluizione corretta,quasi sempre si assiste a un miglioramento tale da nondover utilizzare molti altri farmaci per la palliazione deisintomi.

Medicina omeopatica e oncologia:i rimedi omeopaticiPiù che in altre malattie cronico-degenerative, il tratta-mento dei pazienti oncologici prevede un’attenta som-ministrazione dei rimedi.Fermo restando che la buona pratica clinica omeopaticaprevede, sempre, un’accurata anamnesi per la scelta deirimedi, in questi pazienti l’attenzione deve essere ancorapiù forte perché occorre evitare un eventuale aggrava-mento che rappresenta in questi casi un’evenienza moltodeleteria, in quanto il paziente non ha forza vitale suffi-ciente per il successivo miglioramento. Occorre dunqueutilizzare diluizioni e potenze adeguate alle condizionigenerali, seguendo giornalmente l’andamento della sin-tomatologia.Bisogna trattare il paziente come fosse affetto da una ma-lattia acuta e solo quando sono migliorati i sintomi piùfastidiosi e il paziente sembra essersi ripreso si intervienecon molta cautela con il rimedio costituzionale.Nel trattamento del malato oncologico quindi bisognadistinguere tra rimedi costituzionali, sintomatici e acuti,organotropi e infine miasmatici.Rimedi costituzionali. Molto importanti, riguardano latotalità dei sintomi e sono gli unici in grado di guarire ilpaziente. Generalmente i rimedi costituzionali sono i piùcomuni policresti, quali Arsenicum album, Thuja, La-chesis, Phoshorus, Silicea, Lycopodium e molti altri.

Questi rimedi devono essere utilizzati a diluizioni ini-zialmente basse, possibilmente in LM, e solo quandonon vi è pericolo di aggravamento possono essere utiliz-zati in diluizioni centesimali. Non è generalmente maiconsigliata la loro somministrazione quando sono pre-senti sintomi acuti da malattia, da chemioterapia o daaltri trattamenti allopatici a meno che non coincidanocon il rimedio acuto necessario in quel momento.I rimedi organotropici sono i rimedi organo-specifici,che coprono la sintomatologia locale e si possono utiliz-zare in tutte le fasi della malattia e durante la chemiote-rapia. Di seguito, una serie di rimedi, non esaustiva, conil loro tropismo. Questi rimedi si somministrano semprea basse diluizioni o addirittura in TM e si possono pre-scrivere senza doversi preoccupare della totalità dei sin-tomi, anche in concomitanza con altri rimediomeopatici, con farmaci allopatici e fitoterapici. I piùutilizzati sono:< Aloe: colon e retto< Ars. brom: cancro della cute< Asteria rubens: mammella ulcerata< Aurum muriat. : cavità orale< Aur. mur. nat. : cervice uterina< Bar. carb. : cervello< Bar. iod: linfonodi e sistema endocrino< Cadmium sulf: stomaco, pancreas< Carbo an. : mammella< Ceanothus a. : milza, pancreas, fegato, leucemia< Chelidonium: fegato, cistifellea< Heckla lava: ossa e leucemia< Symphytum: periostio e metastasi ossee< Hydrastis: stomaco, pancreas, ghiandole mesenteriche,

mucose (polmoni ed esofago)< Lach.: mammella, utero, ovaio, cervice (lateralità sx)< Lilium tigr.: utero e ovaio (lateralità dx)< Lycopodium: polmoni, fegato, colon e prostata< Nitric ac.: retto/ano< Ornithogallum: stomaco< Phosphorus: tumori emorragici (sanguinaria)< Phytolacca: mammella e parotidi< Plumbum iodatum: cervello< Sabal serrulata: prostata< Sanguinaria: mammella, t. sanguinanti, K broncogeno< Terebinthina: vescica< Conium, Thuja e Ars. album sono i cosiddetti “orga-

notropici ad ampio spettro”.

I rimedi sintomatici o acuti si utilizzano sia nella faseacuta della malattia, dove compaiano sintomi disturbantiin grado di peggiorare la qualità della vita, sia nella pre-venzione e cura degli eventi avversi da chemio o radio-terapia. I principali eventi acuti e relativi rimedi sono:< Shock psichici: Acon. Gels. Ign.< Dolori: Aconitum, Bell. Bryonia, Colocynthis, Mag.

phosph, Aurum metallicum (metast. ossa), Cham.< Diarrea: Ars. alb., Ver. alb, Merc. corr. (con tenesmo).< Nausea/vomito: Cadmium sulf., Nux vom. (il paziente

non riesce a vomitare), Ipeca (nausea non alleviata dalvomito) Ignatia e Carc. (vomito anticipatorio).

< Costipazione: Hydrastis c., Lyc. Mag mur.< Emorragie: Phosph., Millefolium, Nitric ac., China,

Kreosotum.

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CONTRIBUTI ORIGINALI

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< Parestesie/vertigini: Phosp., Lyc., Kali carb., Sepia,Cocc., Caust.

< Esiti di RT: X-ray, Radium brom.

I rimedi miasmatici o meglio antimiasmatici sono i ri-medi del terreno del paziente, e vengono utilizzatiquando il rimedio costituzionale sembra non essere piùefficace. I rimedi di più frequente uso sono:

< Miasma sicotico: Thuja, Med., Nit. ac.< Miasma sifilitico: Syph., Merc.< Miasma psorico: Sulf., Psorinum< Miasma tubercolinico: Tub.,

ConclusioniIl trattamento omeopatico dovrebbe essere proposto atutti i pazienti, in ogni fase della malattia, in quantomedicina dolce e nello stesso tempo efficace in parti-colare nel migliorare i sintomi da chemioterapia e nellapalliazione dei sintomi nella fase terminale. Non vi sonodati che dimostrino l’efficacia dell’omeopatia sulla storianaturale della malattia riguardo alla sopravvivenzaglobale, ma l’utilizzo da parte dei pazienti è ulterior-mente aumentato negli ultimi anni come segno difiducia in questa metodica terapeutica. Molto si potrebbefare anche nella prevenzione delle ricadute di malattiautilizzando i trattamenti omeopatici come terapie adiu-vanti, ma si dovranno cercare anche nuovi metodi divalutazione della risposta che non siano esclusivamentestudi clinici randomizzati che poco si addicono allavalutazione di terapie personalizzate come l’omeopatia.

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CONTRIBUTI ORIGINALI

Marialucia Semizzi -�Anche�se�non�sono�Psy�vorrei�dire�anche�io�qualcosa.�Il�fattodi�vedere�attivate�delle�aree�cerebrali�in�correlazione�con�determinate�attività�oemozioni�non�significa�che�quelle�attivazioni�sono�le�CAUSE�del�comportamento,bensi�potrebbero�esserne�l'EFFETTO.�in�questo�senso�l'impostazione�delle�neuro-scienze�è�organicista�e�miope.�Pero'�ha�il�vantaggio�i�rendere�concreta�la�mente�eper�questo�mi�piace...�Ha�ragione�il�grande�Massimo�che�l'oralita'�e'�pervertita�versoabusi�e�dipendenze�da�cibo,�tabacco,�alcol�(cui�si�aggiunge�Internet)�per�cui�guar-diamo�il�mondo�con�cupidigia�e�lo�assumiamo�in�modo�irrazionale.�Pero'�non�con-cordo� con� lui� che� sia� dovuto� solo� a�mancanza� di� sesso� sano� (c'e'� tanto� sessopervertito�o�insano�e�poco�sesso�sano,�questo�concordo�con�lui)�e�penso�sia�dovutoanche�alla�perdita�della�dimensione�spirituale�che�aiuta�la�persona�a�"oltrepassare"se�stessa�per�farlo�suggerisce�la�via�della�sobrieta'�in�praticamente�tutte�le�tradizionireligiose.�Ci�sono�studi�molto�interessanti�sul�rimodellamento�della�reattivita'�ce-rebrale�indotto�dall'esperienza�di�trascendenza�che�induce�comportamenti�piu'�ma-turi� e� controllati� e�meno� tendenza� ad� abusi� e� dipendenze.� percio'� pregare� emeditare,�il�che�conduce�oltre�che�a�uno�stile�di�vita�anche�verso�un�nucleo�di�sensoe�un�orientamento�esistenziale�che�toglie�legna�al�fuoco�dell'angoscia�e�del�diso-rientamento�esistenziale�che�poi�i�comportamenti�fobici�esprimono�e�quelli�dipen-denti�cercano�di�risolvere...�Non�ho�avuto�molti�risultati�duraturi�in�casi�di�anoressiacon�omeopatia,�ma�non�faccio�testo�perche'�ho�ancora�troppo�da�imparare...�Un�sa-luto�a�tutti�e�grazie�sempre�per�gli�spunti!

Luca Biasci -�Sono�molto�d'accordo�sia�con�Massimo�che�con�Marialucia�però�vorreiaggiungere�una�precisazione.�Guarda�caso�sono�proprio�l'amigdala�e�le�vie�dopa-minergiche�le�strutture�nervose�che�per�prime�ed�in�maniera�permanente�e�proba-bilmente� persino� trasmissibile� (epigenetica)� vengono� danneggiate� da� traumi� emicrotraumi�ripetuti�vissuti�in�età�peri�e�neonatale�e�poi�ci�si�meraviglia�se�nei�drug ad-dicts o�nei�bindge eating disorders risulta�una�iper/disattività�di�queste�stesse�strutture?Potenza�del�diniego�organicista-innatista!�Ma�la�cosa�più�importante�che�si�desume�datale�considerazione�è�che�l'economia�libidica�dell'individuo�e�quindi�il�suo�assetto�in-trapsichico�non�possono�da�soli�spiegare�tali�comportamenti�aberranti�che�dipendononecessariamente�anche�dall'interiorizzazione�reiterata�di�modelli�di�comportamentodisfunzionali�(che�a�seconda�del�sistema�teorico�prescelto�potremmo�chiamare:�relazionioggettuali,�convinzioni�patogene,�sistemi�motivazionali,�reti�complessuali�ed�immaginiarchetipiche)�che�si�attivano�nell'interazione�con�i�care-givers.�Quindi�una�cura�reale�ditali�disturbi�è�pensabile�solamente�se�il�terapeuta�tiene�debitamente�conto�in�primisdi�queste�premesse�ed�in�seguito�allora�si�potranno�prendere�in�considerazione�anchela�sessualità�e�la�spiritualità,�entrambe�dimensioni�importantissime�e�che�non�mi�sen-tirei�certo�di�sottovalutare.�A�tale�proposito�mi�viene�in�mente�che�le�“mie”�tossicodi-pendenti�diventano�spesso�mamme�(contrariamente�a�quello�che�si�penserebbe�a�causadell'inibizione�provocata�dagli�oppiodi�sull'asse�ipotalamo-ipofoisi-gonadi)�e�mi�rac-contano�che�fanno�tanto�sesso�anche�soddisfacente�(almeno�a�loro�dire),�e�che,�d'altrocanto,�ho�incontrato�molto�spesso�delle�"sante�anoressiche",�proprio�come�recitava�iltitolo�di�un�libro�di�diversi�anni�fa.�Sono�anche�d'accordo�che�con�l'omeopatia�si�possafare�ben�poco�ma�se�devo�dire�il�rimedio�che�mi�viene�in�mente�più�spesso,�in�linea�conla�nostra�recente�discussione�sull'oncologia,�è�proprio�Carcinosinum,�il�rimedio�di�chiha�sofferto�traumi�ed�abusi�spesso�anche�transgenerazionali�e�che�non�è�capace�di�rie-laborare,�in�quanto�la�necessità�di�salvare�di�fronte�al�Se’�l'imago�del�care-giver mal-trattante/abusante�comporta�l'interiorizzazione�della�coppia�vittima/carnefice�e�lasuccessiva�condanna�alla�recita�continua�ed�alternata�nella�propria�vita,�in�tutte�le�pos-sibile�combinazioni,�di�uno�dei�due�ruoli,�e�consequenzialmente�la�crescita�imponenteed�agghiacciante�di�un�senso�di�colpa�terrifico,�autodistruttivo�e�capace�di�autoreplicarsiimplementandosi�potenzialmente�ad infinitum,�proprio�come�un�tumore.

Luciano D’Auria -�In�un�vecchio�(1978)�libro�di�Jacob�Needleman,�“Uomo�cosmo�e�mi-crocosmo”,�c'è�un�capitolo�dal�titolo:�"La�guerra�dell'io�contro�il�corpo:�dalla�mortifica-zione�del�puritanesimo�all'esaltazione�dell'edonismo”.�Non�c'è�molta�differenza.

Dalle pagine di O

meopatiaO

nline...

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Attraverso la presentazione di una casistica di oltre120 pazienti raccolta in 18 anni di esperienza,con questa relazione si intendono dimostrare

concrete e ripetibili possibilità di prevenzione e cura dellelesioni acute e croniche da radioterapia attraverso l’usodi campi elettromagnetici, ossigenoterapia in cameraiperbarica, ultrasuono terapia, farmaci omeopatici, vita-mina A e D, difosfonati.I campi magnetici sono utilizzati, principalmente per illoro effetto anti-infiammatorio, angiogenico e per l’ef-fetto ossigeno. Ad essi si possono associare altre terapiedi derivazione omeopatica, specifiche per il determinatotipo di danno riscontrato. I difosfogluconati bloccanol’azione degli osteoclasti. Gli ultrasuoni favoriscono lariduzione delle flogosi e il riassorbimento dei tessuti ne-crotici.I criteri guida che consentono di proporre, quali scelteterapeutiche per lesioni da Raggi X quelle sopra citate,sono strettamente legati alla fisiopatologia delle lesionistesse, ovvero al danno vascolare. La relazione forniràanche informazioni pratiche sul possibile trattamentodelle lesioni cutanee da raggi, indipendentemente dallagravità della lesione e sulla loro prevenzione.In conclusione, alla luce della letteratura e di quanto pre-sentato in questo lavoro, si ritiene che nel futuro pros-simo gli approcci terapeutici sopra descritti, di semplice

realizzazione, ma di sicuro risultato, considerando laquasi totale assenza di effetti collaterali, potranno fornireuna rapida risposta e buoni risultati clinici nel tratta-mento delle lesioni acute e croniche indotte dalla radio-terapia. Inoltre, tali procedure, utilizzandole opportuna-mente durante la radioterapia, potranno utilmente essereapplicate nella prevenzione dei danni.

IntroduzioneLa radioterapia, come unica soluzione o in associazionealla chemioterapia e/o alla chirurgia, rappresenta un’im-portante ed al momento insostituibile metodica nel trat-tamento delle neoplasie1-3. Nel corso degli ultimi trentaanni, il miglioramento tecnologico e la più accurata im-postazione del trattamento radiante hanno minimizzatol’incidenza delle complicanze4-5. Resta tuttavia una pic-cola quota di pazienti, non prevedibile prima del cicloterapeutico, che andrà incontro ad un danno acuto, sub-acuto o cronico dei tessuti sani compresi nel campo ra-diante5.Per sintetizzare brevemente la fisiopatologia delle lesionida raggi ricordiamo che la tossicità delle radiazioni io-nizzanti utilizzate in terapia radiante, è determinata dallaqualità del fascio radiante, dal tipo dei tessuti inclusi nelcampo di radioterapia, dalla dose per frazione, dalla dosetotale e dalla sensibilità alla radioterapia dei singoli tes-suti coinvolti4-6. Gli effetti acuti6 della radioterapia sucute e mucose consistono generalmente nella risposta in-fiammatoria, eritema cutaneo, edema, pigmentazionee/o mucosite. Queste lesioni sono più frequenti nella ra-dioterapia palliativa, dove spesso vengono richieste altedosi giornaliere da somministrare in 1 o 2 settimane.Di seguito riportiamo le descrizioni delle lesioni acuteda raggi X sulla pelle, presenti nel trattato del prof. FelicePerussia6. Pur scritte oltre cinquant’anni fa, mantengonointatta tutta la loro forza descrittiva e attinenza alla realtàclinica. La differenza rispetto ad oggi, peraltro non tra-scurabile, consiste nel fatto che allora le lesioni erano laregola (si parlava di “dose eritema” considerandola, inop-portunamente, come il segno clinico di un trattamentoradiante adeguato). Oggi, rappresentano l’eccezione, maquando presenti concordano con le precise descrizionidi allora, così come si può ben verificare attraverso le fi-gure 2 e 3 allegate.

“Nell’ambito dei fenomeni determinati dalle reazioni sullacute, il primo posto, almeno in ordine cronologico, spettaalle modificazioni vasali4-6. E’ fuor di dubbio che le altera-zioni dei vasi dominino il quadro clinico e anatomo-pato-logico della radiolesione cutanea sin dal suo inizio,

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Prevenzione e cura degli effetti collateraliindotti dalla RT nelle neoplasie mammarieAlberto Laffranchi

Presidente ME.TE.CO., Medicine e Terapie Complementari in OncologiaE-mail: [email protected]

CONTRIBUTI ORIGINALI

Gli autori con questo lavoro, attraverso una casisticadi 20 pazienti, raccolti tra il maggio 1999 e l'ottobre2002, intendono presentare una nuova modalità ditrattamento dell'eritema bolloso. Le lesioni, per tuttii pazienti, sono insorte durante le ultime sedute o altermine della radioterapia eseguita per il trattamentodi forme neoplastiche. La terapia proposta in questostudio è stata messa a punto presso l'Unità Operativadi Riabilitazione e Cure Palliative dell'Istituto Nazio-nale per lo Studio e la Cura dei Tumori di Milano.Consiste nell'uso di risciacqui con citrato di sodio esaccarosio al 6% e sedute quotidiane di magnetotera-pia. I risultati terapeutici sia sul dolore, sia sulle mo-dalità di guarigione delle lesioni sono stati convincentie rapidi. Gli autori la propongono perché questa me-todica possa essere ripresa da altri centri ed estesa, oltreche agli eritemi da raggi, anche alle lesioni cutanee si-mili, quali le ustioni di II grado e le piaghe da decu-bito, affinché si possa rapidamente aumentarne lacasistica e procedere a studi randomizzati che possanoconfermarne l'efficacia ed eventualmente la superio-rità rispetto ad altre pratiche già in uso.

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qualunque ne sia il tipo e l’entità, e che persistano poi anchea lungo, come stanno a dimostrare la loro lenta regressionee la loro non completa scomparsa a distanza di tempo (te-leangectasie)6.Radiodermite eritematosa: caratterizzata dalla comparsa dichiazze eritematose che confluiscono fino ad invadere tuttoil campo cutaneo irradiato. La cute si presenta intensamentearrossata, leggermente edematosa, spesso pruriginosa. Suc-cessivamente il colorito si fa più intenso, rosso-rameico,l’edema si attenua, a distanza sopravvengono caduta di pelie desquamazione furfuracea dell’epidermide, ne residua unapigmentazione cutanea variabile nei singoli soggetti. Fre-quente il riscontro di fatti edematosi diffusi, sia al connet-tivo perivasale che ai vari strati della cute e del derma.Questi fenomeni distruttivi sono più accentuati allo stratobasale germinativo, più radiosensibile, e segnatamente diquei suoi elementi che si trovano nella fase di cariocinesi.Radiodermite eritemato bollosa: istologicamente l’altera-zione più caratteristica che la differenzia dal quadro del-l’eritema, è data dallo strato basale germinativo, i cuielementi scompaiono quasi totalmente per citolisi già alladistanza di pochi giorni dall’irradiazione. La formazionedi bolle è dovuta alla comparsa di un versamento sierosoche si viene a formare tra derma ed epidermide nella stessasede occupata dallo strato germinativo distrutto. Alla peri-feria la lesione si pigmenta intensamente a seconda dei sog-getti, in maniera da formare un alone bruno che contrastanettamente con la cute sana circostante. In seguito alla scom-parsa delle cellule madri dello strato germinativo basale, larigenerazione dell’epidermide non può aver luogo che perproliferazione dei bordi della lesione. E’ necessaria una ven-tina di giorni e più se la disepitelizzazione è molto estesa,perché abbia luogo la completa riparazione epiteliale dellapelle irradiata.” (prof. Felice Perussia)6

Col tempo i progressi negli studi della radiobiologia, tec-nologici ed il miglioramento della metodologia del trat-tamento radiante, hanno minimizzato questi effetti,limitandoli ad una percentuale bassissima di pazienti,che però cresce se eseguita contemporaneamente ad al-cuni modalità di chemioterapia4-5.Come parametro di valutazione delle lesioni cutanee eri-tematose vengono utilizzati i criteri di Pathak7 et al., cheriportiamo nella tabella 1.

Materiali e metodiTra il maggio 1999 e l’ottobre 2002, presso l’U. O. diRiabilitazione e Cure Palliative dell’Istituto Nazionaleper lo Studio e la Cura dei Tumori di Milano, sono statitrattati 20 pazienti consecutivi affetti da lesioni cutaneeacute e sub-acute da raggi, insorte durante o al terminedella radioterapia. I pazienti erano stati irradiati secondogli standard tecnici del Dipartimento di Radioterapiadell’Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumoridi Milano, con frazionamento convenzionale per le sin-gole patologie trattate, che prevedono dosi totali variabilitra i 45 ed i 60 Gy, a seconda delle sedi e della patologia.Tutti i pazienti erano stati pre-trattati con creme corti-soniche durante la radioterapia, allo scopo di prevenireo curare l’eritema da raggi. Quattro pazienti presenta-vano edema ed epiteliolisi (fig. 1); dodici con eritemabolloso (fig. 2); quattro eritema con aree necrotiche (fig.3). 17 donne erano in trattamento locale per neoplasiamammaria di cui una, con lesione a stampo della paretetoracica, era stata trattata per 4 settimane con terapialaser elioneon, senza esito (fig. 3). Inoltre, sono stati trat-tati un uomo anziano con lesione al mento dopo Roen-tgenterapia per basalioma, un ragazzo irradiato al gomitodopo intervento chirurgico per sinovialsarcoma ed intrattamento chemioterapico e, infine, una signora irra-diata alla coscia dopo intervento chirurgico per rabdo-miosarcoma.In tutti i pazienti i trattamenti in corso sono stati inter-rotti e sostituiti con un nuovo regime terapeutico, iden-tico per 18 dei 20 pazienti: risciacqui con una soluzionedi citrato di sodio e saccarosio al 6%, seguita immedia-tamente da una seduta di 30’ con magnetoterapia a so-lenoide, 50 Hz e 45 Gauss, per 5 giorni la settimana.Differente il trattamento per due pazienti: l’uomo affettoda lesione al mento ed una donna con eritema trattataper due settimane con fitostimoline, avevano utilizzato,per tre-quattro giorni, risciacqui d’acqua borica al 3%prima della seduta di magnetoterapia, al posto dei ri-sciacqui con citrato di sodio.

DiscussioneLa terapia principale a cui i pazienti sono stati sottopostiè la magnetoterapia, utilizzata per le caratteristiche e pe-culiari azioni terapeutiche che di seguito sintetizziamo.

CONTRIBUTI ORIGINALI

Tabella 1Criteri di Pathak et al.

per la valutazionedelle lesioni cutanee

eritematose.

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Il campo magnetico cellulare è strettamente legato allamassa-forma della cellula in esame. Una dimostrazionepratica di tale realtà è la RNM (Risonanza MagneticaNucleare) che riesce a creare immagini dei tessuti inesame discriminando il diverso campo magnetico endo-geno di ogni cellula8. In magnetoterapia di risonanza9 lecellule del tessuto bersaglio vengono sollecitate concampi magnetici esterni che hanno le stesse caratteristi-che fisiche dei campi magnetici endogeni alle cellulestesse, in grado di spingere il tessuto biologico bersaglioverso lo stato di equilibrio biodinamico opportuno checorrisponde allo stato di omeostasi energetica/biochi-mica compatibile con lo stato di salute del paziente.Le apparecchiature presenti in commercio e da noi uti-lizzate sono costituite da una centralina di comando eda un’antenna periferica che emette campi elettroma-gnetici pulsati a bassa intensità e frequenza. Gli effettidei Campi Magnetici pulsati9-17 che abbiamo giudicatoparticolarmente importanti per i nostri scopi sono: l’ef-fetto anti-infiammatorio, l’effetto ossigeno, lo stimoloriparativo indotto dai campi elettromagnetici sui tessutipatologici, l’azione angiogenetica.Se confrontiamo gli effetti biologici della magnetoterapiacon la fisiopatologia delle lesioni da raggi, non possiamoche constatarne la corrispondenza. Infatti, siamo difronte ad una lesione acuta da raggi che presenta comecaratteristiche peculiari uno stato di sofferenza vascolareacuta con ipossia tissutale, edema, reazione infiammato-ria, perdita di tessuto epiteliale da esfoliazione dovuta acitolisi, per lo più indotta dalla diretta azione dei raggiX. Riteniamo per contro inutile, se non dannosa, la pre-ventiva applicazione di pomate cortisoniche, perché, purpossedendo innegabili ed importanti azioni antiinfiam-matorie, interviene con meccanismi d’azione che con-trastano con la peculiare fisiopatologia delle lesioni acuteda raggi, ed in particolare non tiene adeguatamenteconto dal danno principale, quello vascolare.Le azioni principali di una terapia cortisonica20: a) un ef-fetto antinfiammatorio, il cui meccanismo d’azione nonè del tutto noto e si esplica principalmente per un’azionevasocostrittrice, determinando inoltre l’inibizione dellaproliferazione dei fibroblasti e la migrazione dei leucocitipolimorfonucleati; b) un effetto favorente l’involuzionedel tessuto linfatico, la deposizione di collagene e la sop-pressione dei processi riparativi, con riduzione della pro-duzione di anticorpi.Se la terapia viene protratta nel tempo, possono manife-starsi i ben noti effetti sistemici: influenza sul metaboli-smo dei carboidrati, delle proteine e dei grassi; effettomineralcorticoide.

Dalla fisiopatologia, all’atteggiamento terapeutico cor-retto dell’eritema bolloso - Trattandosi di una lesioneinfiammatoria eritematosa con disepitelizzazione, scom-parsa parziale delle cellule dello strato basale germina-tivo, edematosa, dunque con evidenti segni di ipossiatissutale, l’atteggiamento terapeutico deve mirare a evi-tare la sovrainfezione, risolvere lo stato infiammatorio,ridurre lo stato edematoso, ridurre l’ipossia locale, ripri-stinare l’ossigenazione tessutale e indurre la rigenerazionedei tessuti vascolari ed epiteliali lesi.

Per la detersione delle lesioni abbiamo optato per unasoluzione di citrato di sodio e saccarosio al 6% che pre-senta peculiari proprietà anticoagulanti e si è rivelataun’eccellente soluzione detergente delle ferite aperte consecrezione sierosa. Il saccarosio è noto nella medicina po-polare per la propria capacità di favorire la cicatrizzazionedelle ferite. Abbiamo escluso ogni tipo di medicazioneocclusiva o di sostanze farmacologiche utili alla preven-zione ed al trattamento delle ustioni e delle lesioni daraggi21 per non creare confusioni valutative del tratta-mento da noi impostato. Abbiamo escluso anche l’usodi sostanze oleose (fitostimoline, pomate di connettivinaetc.)22 con la precisa finalità di favorire il più possibile ilcontatto diretto della lesione con l’ossigeno atmosferico.L’eritema bolloso, infatti, come sopra riportato, è unalesione gravemente ipossica conseguente ad un dannovascolare diretto subito dai tessuti coinvolti nel processolesivo.Altre soluzioni detergenti ci sono sembrate meno oppor-tune o addirittura controindicate, ad esempio i lavaggicon acqua borica al 3%, che pur avendo proprietà de-tergente, decongestionante, blandamente micostatica,batteriostatica e anticoagulante, pertanto auspicabili peril trattamento di lesioni come quelle dell’eritema bolloso,non possono essere utilizzati su cute e mucose lesionate,per evitare l’assorbimento del boro, la cui intossicazionepotrebbe portare a reazioni sistemiche gravissime, a voltemortali. Questi effetti sono naturalmente dose dipen-denti e due dei nostri pazienti sono stati trattati, senzaconseguenza alcuna, proprio con acqua borica 3% me-diante due brevi risciacqui al giorno, per quattro/cinquegiorni. Altrettanto inopportuni i risciacqui con acqua os-sigenata che provocherebbe una violenta reazione ossi-dativa locale, con conseguente peggioramento del dannocellulare. Inoltre, valutata la rapidissima risposta ottenutacon l’associazione di risciacqui di citrato di sodio e sac-carosio al 6%, tre/quattro volte al giorno, magnetotera-pia ed esposizione della ferita all’aria, non appenapossibile, abbiamo ritenuto inutile utilizzare altre moda-lità terapeutiche. In particolare in nessuno dei pazientipresentati in questo lavoro sono stati usati farmaci anti-microbici, come ad esempio antibiotici, o più semplice-mente betadine. I farmaci antidolorifici (FANS) in usodai pazienti prima dell’inizio dell’associazione terapeu-tica da noi introdotta, sono stati sospesi spontaneamentedai pazienti stessi per la rapidissima riduzione del dolore,che per tutti è iniziata al termine della prima seduta dimagnetoterapia.

RisultatiNessuno dei 20 pazienti ha dovuto sospendere il tratta-mento e tutti ne hanno tratto beneficio. Tutti i pazientihanno riferito spontaneamente di aver constatato la ra-pidissima riduzione del dolore, fin dalla prima seduta,con risoluzione completa entro sette giorni dall’iniziodella cura. Nei 4 casi di semplice epiteliolisi (fig. 1) la ri-soluzione con “retitutio ad integrum” della cute si è ot-tenuta entro i 5 giorni. Nei 12 pazienti con eritemabolloso (fig. 2) e nei 4 con eritema ed aree necrotiche(fig. 3), si è osservata una visibile risposta iniziale già nei

(segue a pagina 18)

16 HOMEOPATHY AND INTEGRATED MEDICINE | maggio 2011 | vol. 2 | n. 1

CONTRIBUTI ORIGINALI

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17HOMEOPATHY AND INTEGRATED MEDICINE | maggio 2011 | vol. 2 | n. 1

CONTRIBUTI ORIGINALI

Figura 1Un caso di epiteliolisi.A: iniziodel trattamento.B: risultato dopo tregiorni di terapia.

Figura 2Un casodi eritema bolloso.A: iniziodel trattamento.B: risultato dopo settegiorni di terapia.C: a distanzadi 14 giorni.D: risultato dopo40 giorni.

A

A B

C D

B

Figura 3Un caso di eritemacon aree di necrosi.A: risultato dopo quasi 2mesi di trattamentoconvenzionale.B: risultato dopo 9giorni dall’iniziodella nuova terapia.

A B

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18 HOMEOPATHY AND INTEGRATED MEDICINE | maggio 2011 | vol. 2 | n. 1

CONTRIBUTI ORIGINALI

primi tre giorni di trattamento, e la completa guarigione,con “restitutio ad integrum” della cute, in un lasso ditempo variabile fra i 7 ed i 30 giorni, dall’inizio dellacura.Nella maggioranza dei pazienti la guarigione è avvenutacontemporaneamente in tutti i punti delle lesioni, pas-sando direttamente dall’erosione dello strato epidermicosuperficiale, alla formazione completa del tessuto cuta-neo sano, senza passare attraverso la fase di crosta e, so-prattutto, senza lasciare segni o cicatrici. Inoltre, adistanza di due mesi, quasi sempre, si è potuta osservarela risoluzione della pigmentazione cutanea che abitual-mente, invece, tende a persistere a lungo, se non addi-rittura permanentemente.La guarigione delle ampie ferite cutanee, così come dellelesioni eritemato-bollose da raggi X, segue, invece, l’evo-luzione descritta da Ranvier nella seconda metà del XIXsecolo: il processo di guarigione inizia dalla periferia perinteressare, successivamente, il centro delle lesioni, pas-sando attraverso la fase della crosta, alla cui caduta si os-serva la sottostante comparsa di tessuto cutaneo sottile edi colorito roseo6. I criteri guida che ci hanno spinto allescelte terapeutiche proposte in questo studio, mai tentateprima in queste combinazioni da nessun gruppo di ri-cerca, sono primariamente legate alla fisiopatologia dellelesioni da raggi ed in particolare al danno che è comunea tutte le lesioni, cioè al danno vascolare.

ConclusioneQuesto lavoro, pur nell’esiguità della casistica, ci ha datoimportanti informazioni sul trattamento delle lesioni cu-tanee acute da raggi X, quando caratterizzate da marcatesofferenze vascolari con ipossia tessutale.I campi magnetici sono stati utilizzati, secondo le mo-dalità sopra riportate, principalmente per gli effetti anti-infiammatorio, angiogenico e per l’effetto ossigeno. Perla detersione è stato scelta una soluzione acquosa di ci-trato di sodio e saccarosio al 6% per la sua azione anti-coagulante (citrato di sodio) e di stimolo alla guarigione(saccarosio). Si è imposto alle pazienti di coprire il menopossibile le lesioni e vietato l’uso di medicamenti topicioleosi, affinché l’aria potesse liberamente entrare in con-tatto con la lesione cutanea. Questa terapia, confrontatacon quanto eseguito nel recente passato in casi analoghi(laser, fitostimoline, bendaggi occlusivi con gel, pomatecortisoniche, connettivina, farmaci sistemici antidolori-fici e antinfiammatori19-21 si è rivelata la terapia principeper rapidità di risposta, assenza di effetti collaterali egrado di soddisfazione del paziente, in molti casi luistesso sorpreso dalla rapidità e dall’efficacia dei risultatiottenuti. Riteniamo pertanto che per la sua semplicità,sicurezza ed efficacia, l’associazione terapeutica descrittain questo lavoro, costituita da risciacqui quotidiani consoluzione acquosa di citrato di sodio e saccarosio al 6%e una seduta di magnetoterapia della durata di trenta mi-nuti circa, rappresenti una valida soluzione terapeuticada consigliare vivamente in casi analoghi e da estendere,almeno sperimentalmente, al trattamento delle ustionidi II grado e delle piaghe da decubito che presentano ca-ratteristiche cliniche per molti aspetti paragonabili al-l’eritema bolloso da raggi X. g

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L’OMEOPATIA RACCONTATA

19HOMEOPATHY AND INTEGRATED MEDICINE | maggio 2011 | vol. 2 | n. 1

Era estate e faceva parecchio caldo all’interno dellasala della biblioteca. In quella stessa stanza, l’in-gegner Cariati, proprietario della villa e uno dei

più ricchi industriali della regione, era stato pugnalato amorte due giorni prima.L’assassino aveva colpito Cariati alla nuca con un pesanteportacenere di cristallo; gli aveva legato le mani con unfoulard azzurro; infine gli aveva piantato un lungo col-tello nel petto. Cariati, nei brevi istanti che gli erano ri-masti da vivere, era riuscito a raggiungere la cassettieradove teneva i tubuli omeopatici, rimedi dei quali l’inge-gnere era un profondo conoscitore, l’aveva aperta con labocca e, sempre allo stesso modo, aveva tolto il rimedioCausticum. Con il tubulo omeopatico stretto tra i denti,l’ingegnere era andato verso la finestra e si era lasciatocadere, ormai morente, su una fotografia racchiusa in unportaritratti d’argento. Da ciò si era dedotto che l’inge-gnere, non potendo scrivere a causa delle mani legate,avesse cercato di rivelare il nome del suo assassino.A questo pensava il dottor Giretti, medico omeopata,mentre analizzava con la lente d’ingrandimento la foto-grafia, scattata due mesi prima, nella piscina di quellavilla. Vi erano fotografate cinque persone.Il primo, da destra, era l’ingegner Cariati, anziano set-tantacinquenne, gnomo rugoso dalle labbra pendule e ilnaso schiacciato; la medaglietta che portava al collo lofaceva assomigliare ad un ringhioso bulldog. Accanto alui la futura moglie Irina, venticinquenne ucraina alta ebionda, il viso di un angelo e il corpo mozzafiato dellamodella, fisico perfetto, nonostante la prominenza delventre indice di una gravidanza avanzata; unico difetto,tra tanta bellezza, una vistosa verruca sul naso.Poi vi erano altre tre persone. Lungo, allampanato, salutecagionevole e un fazzoletto sempre pigiato sul naso atamponare un’epistassi che lo affliggeva fin dall’infanzia,Gabriele era il nipote più vecchio dell’ingegnere, l’unicoche lavorava con lui nella fabbrica di motori. Era stato,da ragazzo, un boy scout e continuava a portare, infilatonella cinta dei pantaloni, un coltello. Maria, unica nipotefemmina, poteva essere considerata una bella donna, senon fosse stato per due pesanti difetti: una brutta acneche le aveva lasciato segni devastanti sul viso e una vistosacicatrice, provocata da un intervento chirurgico perasportazione della tiroide, deturpazione sempre copertada un foulard azzurro.Era lei, Maria, la prediletta dell’ingegner Cariati, almenofino alla comparsa della bella Irina. L’ingegnere avevaperso la testa per la giovane ucraina e, inaspettatamente,

quella sera stessa, poco prima di essere ucciso, aveva in-formato i due nipoti di avere annullato il vecchio testa-mento, quello che li vedeva unici eredi della suaimmensa proprietà. Ne avrebbe fatto scrivere uno nuovodal notaio subito dopo la nascita del figlio, lasciando alui ed Irina tutto il patrimonio; ne era nato un violentodiverbio, con minacce di morte da parte dei due nipotinei confronti dello zio, fatto avvenuto realmente qualcheora dopo. Pelle nerissima, la madre era originaria del Se-negal, fisico muscoloso, sguardo sprezzante e sorriso sar-castico, Amedeo, ultimo a sinistra nella foto, era il nipotepiù giovane, lo sciagurato della famiglia Cariati.Ribelle ad ogni regola fin da bambino, era divenuto unadulto avido e sempre alla caccia di soldi a causa dellapassione per il gioco d’azzardo. Per questo motivo l’in-gegnere lo aveva escluso dal suo testamento. Amedeo,per vendetta, aveva diffamato lo zio, accusandolo di es-sere un industriale pieno di debiti.Amedeo era l’unico, dei cinque fotografati, a non esserepresente alla villa la sera del delitto, infatti si trovava acasa della madre in Senegal. Ortensia Pecca, magistrato,fece oscillare la folta chioma di capelli rossi e, accarez-zando la fronte del medico, disse: - Il rimedio Causticume la fotografia a me non dicono nulla. Io ho bisogno, aquesto punto, di uno dei colpi di genio del grande me-dico omeopata.Giretti, confuso, arrossì. Poi segnò con un dito la foto-grafia. Disse: - Ecco il colpevole.Ortensia Pecca, allibita: - E’ impossibile!Giretti, sicuro di sé: - Adesso ti spiego e capirai che horagione.Ortensia Pecca, alcune settimane dopo, entrò nello stu-dio del dottor Giretti. Il magistrato aveva stampato sulvolto la felicità della bambina in partenza per Disney-land. Disse: - Tu avevi ragione: chi ha ucciso l’ingegnereha confessato. Adesso mi spieghi come hai fatto a capirebasandoti sulla fotografia e sul tubulo omeopatico.Il dottor Giretti: - Mi sono messo nei panni dell’inge-gnere. Gli restavano pochi secondi ancora di vita. L’as-sassino, dopo averlo pugnalato, per schernirlo gli avevaraccontato perché l’aveva ucciso. Cariati, a quel punto,sapeva ma non poteva raccontarlo a nessuno e, pergiunta, aveva le mani legate. Allora ebbe, come soluzioneestrema, l’idea del rimedio omeopatico e della fotografia.Con Causticum ci voleva informare di più cose. Innan-zitutto questo rimedio richiama la verruca sul naso,quella che ha Irina: lei ha ucciso l’ingegnere.

Eredità assassina

Italo Grassi

Specialista in Igiene e Medicina Preventiva - Consigliere SIOMI - Medico esperto in omeopatiaE-mail: [email protected]

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Ortensia Pecca: - Una teoria, la tua, che sembrava nonavere senso, dal momento che, senza un nuovo testa-mento lei, non essendo ancora sposata con l’ingegnere,non avrebbe ereditato nulla.Giretti: - Causticum richiama anche un individuo ri-belle, un diffamatore, uno che ha l’insana passione peril gioco d’azzardo, tutti difetti presenti in Amedeo. Luiera l’unico a trarre vantaggio dall’annullamento del te-stamento. Poiché un altro testamento non era stato fatto,lui ereditava almeno quanto gli altri due nipoti.Il magistrato: - Come hai fatto a capire che lui ed Irinaerano d’accordo? Giretti: - Perchè Causticum significa anche persona adul-tera: tra i due c’era una relazione, probabilmente iniziata

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ben prima che l’ingegnere conoscesse la donna ucraina,legame che rischiava di essere scoperto alla nascita delbambino.Il magistrato: - E’nato due giorni fa: sano, vivace ma conuna pelle molto scura, da fare escludere che il vero padrefosse l’ingegnere.Giretti: - Un figlio mulatto avrebbe rivelato la relazionetra Amedeo e Irina. Quindi l’assassinio dell’ingegneredoveva avvenire esattamente dopo l’annullamento del te-stamento ma prima della nascita del figlio, quando Ame-deo si trovava molto distante dal luogo del delitto edIrina, per ovvi motivi, non poteva essere accusata. Lacolpa sarebbe ricaduta sugli altri due nipoti. g

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1) Granata G.: Omeopatia in pediatria. Cortina Editore 1989. 2) Boericke W.: Pocket Manual of Materia Medica & Repertory. B. Jain Publishers PVT, India 2000. 3) Clarke J.H.: A Dictionary of Pratical Materia Medica (3 Vols.). B. Jain Publishers PVT, India 2005. 4) Guermonprez M., Pinkas M., Torck M.: Matière Médicale Homéopathique. Ed. Boiron 1989. 5) Demarque D., Jouanny J., Poitevin B., Saint-Jean V.: Farmacologia e materia medicaomeopatica. Ed. Tecniche Nuove 2004. 6) Camilia. Riassunto delle caratteristiche di prodotto.

Da sempre la dentizione trova nell’omeopatia una soluzione completa e sicura sulla sintomatologia locale e generale.1

Chamomilla vulgaris 9 CH, Ferrum phosphoricum 5 CHe Belladonna 5 CH, componenti di Camilia*, sono tradizionalmente utilizzati in omeopatia per i sintomi o combinazione di sintomi, generali e locali, tipici della dentizione.2-5 La forma farmaceutica è una soluzione orale acquosa, sterile, insapore e senza conservanti.6 Camilia si presenta in contenitori monodose pratici e particolarmente adatti alla somministrazione nel piccolo paziente: il contenuto della monodose va versato direttamente nella bocca del bambino (in posizione seduta), 2-3 volte al giorno.6

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Un dentino: e se stavolta provassi l’omeopatia?

* D. Lgs. 219/2006 art.85: “Medicinale omeopatico senza indicazioni terapeutiche approvate”. D. Lgs. 219/2006 art.120 1 bis: “Trattasi di indicazioni per cui non vi è, allo stato, evidenza scientifi camente provata dell’effi cacia del medicinale omeopatico”. Medicinale non a carico del SSN.

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22 HOMEOPATHY AND INTEGRATED MEDICINE | maggio 2011 | vol. 2 | n. 1

CONTRIBUTI ORIGINALI

In principio era lʼazione, dal Vangelo secondo Faust.In tedesco Tat significa fatto, atto nel senso di attocompiuto o atto che inaugura unʼazione, come lʼatto

giudiziario o il calcio dʼinizio di una partita di pallone.

Lʼatto iniziale ha valore simbolico. Avvia lʼazione e neprefigura il fine come lʼatto di nascita o lʼatto sessuale.Anticipa il risultato implicito nelle premesse, è il pro-getto che apre. Lʼatto differenzia le azioni dellʼuomo daquelle degli altri viventi. Ci sono azioni che non richie-dono atti: sono le azioni naturali o meccaniche, non pre-cedute o seguite da un atto. Le azioni dellʼuomo invece,in quanto tipicamente umane, sono precedute o seguiteda un atto. Sono esse stesse atto o catena di atti.

Allʼinizio era lʼatto significa dunque che lʼatto fissalʼazione dellʼuomo. Sostenere al contrario, come intendofare, che, nel bambino iperattivo, in principio era lʼazionemette in scena quella mancanza ad essere che nel suo“teatro privato” permette al soggetto, con lʼincessanteavvicendarsi dei ruoli, di non assumerne alcuno.

Questa premessa ci è utile per entrare nella grande casadellʼADHD dalla porta di servizio, assicurandoci tutta-via un approccio solido e definitivo, mentre al contrariole varie teorie psichiatriche esplicative dellʼADHD sem-brano mostrarci lʼuna i limiti dellʼaltra, senza fornire unavisione soddisfacente e definitiva. Il Disturbo da Deficitdi Attenzione/Iperattività è infatti oggetto di notevolicontroversie ed ha una storia lunga e interessante. Nonvi è infatti un ampio consenso riguardo al confine traquesto disturbo e la distraibilità o l'iperattività adeguateall'età.

“Una malattia molto diffusa è la diagnosi”. Questo afo-risma di Karl Kraus ci pare ancora, a distanza di centoanni, pervasivo e suggestivo nel descrivere una tendenzadiffusa nella nostra società nella quale epidemiche ri-schiano di essere non le malattie ma le diagnosi. Il DSM-IV° contiene infatti un elenco di 374 cosiddetti disturbimentali, 262 in più rispetto a quelli elencati nella primaedizione del 1952. Nellʼelenco dei disturbi troviamo: ildisturbo di calcolo (315.1), la brutta calligrafia (315.2),il bere troppo caffè (305.90), lʼincapacità di dormiredopo aver bevuto troppo caffè (292.89), la timidezza (V.62.81), il disturbo da jet lag (308.45), lʼaver piacere delfumo di tabacco (305.10) ma anche lo smettere di colpodi fumare (292.0). L.J. Davis, nel suo Encyclopedia of In-sanity, sottolinea come le diagnosi psichiatriche rischianodi stigmatizzare e di trasformare in patologia la vita nor-male di ogni giorno, creando la falsa impressione che ledifficoltà di una persona o la sua incapacità a far frontealle cose gravose da sopportare siano una malattia noso-

logicamente definibile. Sono al contrario numerosi gliautori che ancora oggi mettono in dubbio l'unicitàdellʼADHD (Clemens, Sechi, Holborow e Berry, Can-twell e Baker) e si preoccupano del fatto che stabilire unasoglia eccessivamente bassa possa causare una prevalenzaartificialmente alta del disturbo, con il risultato di averebambini che hanno una diagnosi falsamente positiva eche ricevono di conseguenza trattamenti non necessari epotenzialmente pericolosi.

In ogni modo, osservato dal punto di vista fenomenolo-gico, il disturbo dellʼattenzione/ iperattività si riferiscead una “patologia” evolutiva presente prima dei 5 anni,caratterizzata da un comportamento motorio eccessiva-mente agitato o poco appropriato per raggiungere unoscopo. Si tratta di bambini con livelli alti di attività, iquali si muovono troppo, non possono stare fermi, sonoirrequieti e spericolati, parlano incessantemente e sonotroppo curiosi. Il cosiddetto disturbo ADHD è moltopiù frequente nei maschi che nelle femmine (con un rap-porto da 4:1 sino a 9:1), la sua prevalenza è stimata dal3 al 5% dei bambini in età scolare. Il disturbo viene dia-gnosticato per la prima volta usualmente durante lescuole elementari quando lʼandamento scolastico apparecompromesso. Tuttavia la maggior parte dei genitori os-serva una eccessiva attività motoria quando i bambinimuovono i primi passi. Il disturbo è relativamente stabiledurante la prima adolescenza. Nella maggior parte deisoggetti i sintomi si attenuano durante la tarda adole-scenza e lʼetà adulta, sebbene una minoranza mantengai sintomi anche nellʼetà adulta. Le varie teorie esplicativedella sindrome sono insoddisfacenti. Le ipotesi delle le-sioni cerebrali minime, quella genetica e la congettura diun ipofunzionamento dei lobi frontali, per un anormalefunzionamento dopaminergico, non trovano un con-senso unanime. Tuttavia in parallelo a queste difficoltàesplicative non si consolida una riflessione sulla possibi-lità che i fenomeni descritti nel grande quadrodellʼADHD possano essere squisitamente non neurali.Infatti nel nostro tempo, nel trionfo dellʼetà della tec-nica, “del monoteismo tecnologico”, il disagio soggettivonon può essere tollerato se non unicamente come ma-lattia, in una civiltà - quella attuale tecnologica e tecno-cratica – che si pone come scopo e come fine unaesasperata ideologia del benessere. La sofferenza che in-vece inevitabilmente continua ad emergere deve essereeliminata, perlomeno neutralizzata. La medicina è delresto sempre pronta a collaborare con il potere. Per il di-scorso medico ogni sintomo, compreso il sintomo psi-chico, anche quando si configura come una risorsa, restacomunque una insorgenza da eliminare oppure da spe-

L’ADHD e lo sguardo singolaredella psicanalisiMassimo Saruggia

Medico omeopata, psicoterapeutaE-mail: [email protected]

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CONTRIBUTI ORIGINALI

gnere e da piegare a un adattamento più congruo e com-piacente nei confronti degli ideali di salute e di benessereegemoni in ogni civiltà. Quanto allʼuso del sapere, lʼattomedico, tra tecnologia, tecnica e strategie dʼintervento,fa del paziente lʼoggetto di un sapere specialistico e di-stante. La psicoanalisi, pur nascendo nellʼambito del di-scorso medico, è lʼinverso di questa logica.

Diversa e addirittura opposta è lʼaccezione che questi di-scorsi hanno sviluppato del concetto di sintomo edellʼesercizio del sapere. Per la psicoanalisi il sintomo èsempre una risorsa del soggetto, è il suo tiranno ma èanche la sua identità. Quindi lʼidea di liberare il soggettodal suo sintomo non solo è un abbaglio ma è addiritturaun esproprio. Solo lungo una sua esplorazione ed arti-colazione è possibile giungere a modificare quella strut-tura psichica che gli ha causato la sofferenza ed il disagio.Quindi il sintomo traccia in psicoanalisi il percorso chepuò consentire di giungere alla guarigione. Guarigionecome cambiamento che permette di rinunciare al ver-sante più ottuso del sintomo stesso, lungo la via di unadifferente formazione dellʼinconscio, in una ricomposi-zione dellʼeconomia libidica.

Non avere fretta di curare i sintomi e rispettare il valoreauto-protettivo ed auto-terapeutico della patologia cipermette, sebbene questo sia spossante e rischioso, di co-gliere la complessa processualità del rapporto madre-bambino, dove il bambino è sostenuto dalla madre inuna posizione che tiene senza trattenere. LʼIo del bam-bino dipende infatti da un sistema molto complesso edelaborato di adattamento al bisogno, un sistema forni-togli dalla madre o dalla figura materna. A ciò si accom-pagna una attenzione speciale ai meccanismi con cui ilbambino emerge da uno stato di simbiosi con la madre,processo che esige dalla madre una capacità di amare edi odiare. Secondo Winnicott sino circa ad un anno, inmodo approssimativo, il bambino quasi non ha esi-stenza, se non quando è accudito e protetto in un am-biente adeguato, di solito chiamato ambiente materno omadre. Se tutto si svolge mediamente bene allora il bam-bino può cominciare ad interiorizzare le tecniche di pro-iettività dellʼambiente che lo contiene. Il processocontinua in modo silenzioso, portando il bambino allacapacità di fruire delle funzioni dellʼIo innate ed auto-nome.

Questo processo è molto delicato e molte cose possononon andare mediamente bene. Ci può essere una inti-mità eccessiva non solo con la madre, ma anche una in-timità proveniente dalla madre. Il bambino diventadestinatario, agito e non agente. Questa intimità usurpalo spazio privato del sé. Il bambino viene coinvolto cosìprecocemente in una richiesta di attenzione e di solleci-tudine, rivoltagli dalla madre, che in seguito egli non rie-sce a costruire con il mondo una vera intesa epartecipazione. Per lui essere quieto potrebbe essere in-quietante. Il primo passo di ogni lavoro clinico con l'ipe-rattività infantile è dunque quello di mostrare quanto,dietro al paravento dell'iperattività, si celino questioni edomande che il bambino pone all'Altro, a partire dalcontesto familiare. In questo senso la diagnosi di ADHDnon esiste: dietro a questo termine si nasconde la do-manda del soggetto ed, insieme, il bisogno di insegnanti

e genitori di “dare un senso” ad un comportamento enig-matico. Iperattività e disturbo dell'attenzione sono feno-meni che si riferiscono alla categoria degli ”eccessi”: dimovimento, di aggressività, di provocazione, di incapa-cità dell'uso del linguaggio. Si tratta dunque di declinarequesta dimensione dell'eccesso in funzione della strut-tura soggettiva del bambino.

Eccesso di amore - L'atteggiamento del bambino puòrappresentare la misura della sua esigenza di essere amatodall'altro, la sua incapacità di tollerare la frustrazionedella relazione d'amore e di riconoscimento. Il bambinofatica ad accettare di spartire l'attenzione e l'amore del-l'adulto con gli altri e rivendica per sé uno statuto di ec-cezionalità e di superiorità. Egli riconosce la dimensionedella regola ma non vi si assoggetta. Spesso questo accadese il bambino è preso nella rete del sintomo genitoriale.Si tratta sovente di famiglie monoparentali o con coniugiseparati nelle quali il bambino è posto in una posizioneconsolatoria rispetto alla delusione affettiva.

Eccesso di corpo - Il sintomo iperattività si configuracome un tentativo di soluzione quando il bambino sitrova confrontato con unʼAltro non normato dalla leggee dalla regola. L'iperattività è una difesa da un godi-mento in eccesso, che non trova un limite nella legge.Qui non è in gioco una dialettica tra il soggetto e il de-siderio dell'Altro, ma l'agitazione psicomotoria è meto-nimica dell'assenza della legge. Sovente il padre è unuomo sregolato ed incapace di significazione fallica.

Eccesso di domanda - In questi casi l'agitazione psico-motoria testimonia un carattere di radicale chiusura delsoggetto nei confronti dell'Altro. Il bambino si mantienein una posizione di rifiuto radicale di dialogo e di con-fronto con il resto del mondo: agisce da padrone e nonentra negli scambi sociali. Il suo comportamento è di ri-fiuto totale verso il dialogo. Il bambino rovescia la usualelogica per la quale è l'Altro ad avere la potenza e le deci-sioni; con il suo comportamento fa in modo di porre lapotenza sul suo lato, gettando l'Altro nell'angoscia.

Nelle sue varie forme dunque l’iperattività mette in scenauna “mancanza ad essere” del soggetto che al sintomo ri-corre come tentativo di compromesso per non frantu-marsi. A noi è necessario un ascolto autentico e privo diintenti educativi per poter accogliere il bambino noncome un “oggetto” malfunzionante e da aggiustare, por-tato in visita dai genitori, ma come soggetto che si so-stiene su una identità rigida e monolitica che tuttavia glipermette di declinare la propria soggettività in relazioneall'Altro. Lʼomeopatia in questa prospettiva può occu-parsi di una materia della quale la scienza non vuole enon può prendere atto: i sintomi sono infatti gli scartidel discorso scientifico che mostrano invece in opera lasoggettività irrinunciabile del malato. Il discorsodellʼomeopatia, al contrario, fa irrompere i grandi quadridelle tipologie sensibili, assertivi ed imponenti, fatti dipochi tratti incisivi, concentrati sui volti e sui paesaggipsichici. Allora la figura del “tipo omeopatico” come sog-getto, come luogo e come messaggio, diventa imperativae domina chi la guarda. Osserviamola: è come una stellanova che, pur essendo ridotta a piccole dimensioni, hauna massa enorme. g [Bibliografia su www.siomi.it]

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OMEOPATIAPASSWORD PER LA SALUTE

IMO SPA - VIA FIRENZE 3420060 TREZZANO ROSA (MI)TEL. 02 90 93 13 250FAX 02 90 93 13 211

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Tutto ha inizio nel 1926 quando il Dott. Heinrich Reckeweg registrò, in Germania, il suo studioOmeopatico. La sua casa diventa il suo luogo di lavoro. Da allora sono passate 3 generazioni,tutto è cambiato, lo studio è diventato una vera e propria fabbrica (Dr. Reckeweg & Co. GmbH-1947), le linee di prodotti cresciute in maniera esponenziale, i rapporti commerciali si sono am-pliati in tutto il mondo. Una cosa resta la stessa dal 1926: l’entusiasmo e la continua ricerca incampo omeopatico. La commercializzazione in Italia è stata e continua ad essere possibile, daoltre sessant’anni, grazie a un partner come IMO, la Società più importante e rappresentativadell’Omeopatia in Italia.

I M O . D A O LT R E 6 0 A N N I I L C U O R E D E L L’ O M E O PAT I A I N I TA L I A

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I GRANDI PERSONAGGI DELL’OMEOPATIA

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Prof. Willich, ci racconti: da quando si occupa di CAM,qual è stata la sua formazione in medicina complemen-tare? Quale è stato il suo percorso professionale?

Sono stato formato alla medicina interna secondo i ca-noni tradizionali, senza una preparazione formale in Me-dicina Complementare, pertanto il mio interessepersonale è principalmente guidato dalla ricerca.

Cosa l’ha portata ad integrare le sue competenze medi-che, lei che è specialista in medicina interna, cardiologia,epidemiologia, direi il top delle specializzazioni della me-dicina?

Durante le mia pratica clinica ho sperimentato la forzadella medicina convenzionale ma ne ho imparato anchei limiti soprattutto nel trattamento di molte malattie cro-niche. La medicina cardiovascolare ad esempio haun‘ampia gamma di medicinali e metodi di trattamentoa disposizione. Inoltre, oggi sembra che quasi tutto siapossibile, specialmente nell’area della cardiologia d’in-tervento. Ciononostante l’invecchiamento demograficocoincide in genere con un aumento delle malattie car-diovascolari nella popolazione. Alimentazione, attivitàfisica ed altri fattori relativi allo stile di vita, sono pietremiliari nella cardiologia preventiva e nella terapia ed èprecisamente in queste aree che i metodi complementaripossono avere un ruolo importante. Con l’approccio in-tegrato tra medicina convenzionale e complementare, sipossono ottimizzare gli effetti preventivi e terapeutici almassimo, come pure si possono elaborare terapie perso-nalizzate alle possibilità individuali secondo le necessitàe le risorse di ogni singolo paziente. Riassumendo, la me-dicina convenzionale è eccellente per molte malattieacute, mentre la medicina complementare può fornireulteriori opzioni nelle malattie croniche.

Quale occasione l’ha portata ad occuparsi di MedicineComplementari?

La medicina moderna occidentale, con i suoi grandi suc-cessi nella tecnologia e nella diagnostica, ha contribuitoenormemente a migliorare il trattamento di molte ma-lattie. Ciononostante sarebbe poco lungimirante limi-tarci esclusivamente alle terapie convenzionali. Unnumero sempre maggiore di pazienti esige attualmenteun sistema medico con un approccio olistico più forte,dove la centralità del tema non sia più circoscritta al trat-tamento del sintomo, ma consenta alle persone di avereun ruolo più attivo. Questa è una delle ragioni per cuil’uso della medicina complementare sta diventando sem-pre più diffuso.

Sebbene questa tendenza non sia la prova dell’efficaciadella medicina complementare, essa dimostra che esisteun notevole bisogno nei pazienti e nei medici di ampliareil raggio d’azione relativo alle scelte terapeutiche, in par-ticolar modo nei casi di malattie croniche o terminali.

Cosa ne pensa delle CAM?

Il termine “Medicina Complementare” descrive una va-rietà di approcci teorici e pratici che non vengono con-siderati parte della pratica medica tradizionale istituitascientificamente. La maggior parte delle terapie comple-mentari condivide un concetto del genere umano estesooltre il livello somatico e deriva dai reperti antroposoficie da tradizioni culturali di lunghissima data. Diversa-mente dalla medicina convenzionale, la metodica com-plementare si concentra nel sostenere processi che ilnostro stesso corpo mette in movimento per combatterela malattia. Guarire in tale contesto significa non soloeliminare il sintomo, ma apprendere dalla malattia stessa.

Di recente abbiamo assistito ad un dibattito internazio-nale promosso dal prof Edward Calabrese e relativo allapossibilità, già indicata dalla SIOMI nel 2006, che il me-dicinale omeopatico molecolare possa utilizzare un mec-canismo ormetico. Ovvero Ormesi come moderna chiavedi lettura del principio di similitudine omeopatica. Leicosa ne pensa?

Esiste un dibattito molto sostenuto sul modello dell’or-mesi. La nozione che l’ormesi sia un fenomeno diffusoo importante nei sistemi biologici non viene largamenteaccolta. I meccanismi biochimici secondo cui l’ormesifunziona non sono ben compresi. Si pensa che basse dosidi tossine o di altri fattori di stress possano attivare i mec-canismi di riparazione del corpo. Il processo di ripara-zione potrebbe rimettere a posto non solo il dannoprovocato dalla tossina, ma anche altri danni di livellobasso che potrebbero essersi accumulati in precedenza.Il modello dell’ormesi dovrebbe definitivamente avereun peso su come gli scienziati progettano e conduconogli studi e necessita di ulteriore ricerca.

Cosa pensa delle ipotesi del meccanismo di azione del-l'ultralow?

Questa ipotesi sembra essere inconsistente secondo lateoria scientifica moderna, tuttavia, forse future ricerchedaranno chiarimenti sui meccanismi potenziali.

Le risorse per la Medicina Integrata,tra ospedali e realtà editorialia cura di Tiziana Di Giampietro

STEFANWILLICH

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I GRANDI PERSONAGGI DELL’OMEOPATIA

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La letteratura purtroppo è ancora piuttosto povera didati che abbiano una plausibilità scientifica, secondo leconoscenze oggi disponibili, riguardo il meccanismod’azione del medicinale omeopatico ultralow. Secondolei quali possono essere le strade per migliorare le cono-scenze in questo ambito?

E’ fondamentale introdurre metodi profondi di ricercascientifica anche in omeopatia. Abbiamo definitivamentebisogno di analizzare gli effetti con gli stessi metodiscientifici che applichiamo da secoli nella medicina con-venzionale. D’altro canto i ricercatori in medicina con-venzionale devono mostrare di essere aperti e privi dipregiudizi nell’approccio di fenomeni quali i possibili ef-fetti di farmaci omeopatici a dosi basse.

In Italia una parte dei medici omeopati, di estrazione es-senzialmente unicista, non desidera qualificare l’omeo-patia come medicina complementare e integrata epreferisce il termine medicina non convenzionale. Lei cosapensa della definizione non convenzionale o complemen-tare?

Questo è un vecchio dibattito che a mio avviso dovrebbeessere abbandonato. Questo tipo di discussione tra levarie scuole nell’ambito dell’omeopatia provoca oggiconfusione per i medici praticanti. Sappiamo che la mag-gior parte dei pazienti usa l’omeopatia come terapiacomplementare, ossia unitamente ad altro trattamento,sia esso di medicina convenzionale o di naturopatia. Dalpunto di vista del paziente tale dibattito è ancor più con-troproducente in quanto spinge i pazienti stessi a schie-rarsi da una parte o dall’altra, promuovendo un usosegreto parallelo dei diversi approcci.

Pensa che la Medicina Integrata potrà essere la Medicinadel futuro?

La richiesta da parte dei pazienti per le terapie integrateè in aumento ormai da molti anni. Specialmente queipazienti che presentano malattie croniche sono alla ri-cerca di un approccio più olistico. Ma la domanda ele-vata su una terapia non significa chiaramente la provadella sua efficacia. Ecco perché noi sosteniamo forte-mente ulteriori ricerche in questo campo, non solo perscoprire il potenziale della medicina integrata, ma ancheper identificare possibili effetti collaterali e stabilire seesiste un senso dal punto di vista economico. A parte itrial clinici controllati e randomizzati, noi diamo gran-dissima importanza ai risultati della ricerca in quantoquest’ultima ci permette di valutare le terapie nella pra-tica clinica quotidiana e non solo sotto condizioni di la-boratorio altamente artificiali. Il nostro obiettivoprimario è quello di superare il dualismo prevalente econtroproduttivo nella cura del paziente che ci dice chedobbiamo scegliere tra l’una o l’altra: medicina conven-zionale o complementare. Noi vogliamo migliorare edottimizzare la terapia per ogni singolo paziente.

Ci parla del suo centro di Medicina Integrata di Berlino?

Abbiamo aperto nel 2007 una Clinica di medicina inte-grata e prevenzione delle malattie (CHAMP) per pa-

zienti esterni. Lo scopo primario della Clinica è quellodi tradurre i risultati della ricerca scientifica nella praticaclinica quotidiana che ci conducono verso un sistema diMedical care più avanzato e omnicomprensivo oggi di-sponibile. In questa clinica, le terapie occidentali con-venzionali sono associate ad altri approcci quali lanaturopatia, la Medicina Tradizionale Cinese e l’omeo-patia. Si applicano i metodi scientifici per trovare i mi-gliori trattamenti possibili con il numero minimo dieffetti collaterali per ogni singolo paziente.

Quali i suoi progetti nell’immediato e quali gli obiettiviche vorrebbe raggiungere nel campo delle CAM?

L’istituto di Medicina Sociale, Epidemiologia ed Econo-mia della Salute presso il Medical Center della CharitèUniversity a Berlino, è diventato un leader nel campodella medicina integrata, avendo effettuato una vastagamma di studi sui metodi di terapia complementarenegli anni passati. Stiamo aiutando a fissare gli standardinternazionali per il progetto di trial clinici metodologi-camente sofisticati nelle terapie di medicina complemen-tare. Ci stiamo anche impegnando a formare legenerazioni successive di scienziati e medici. Come partedel loro regolare corso di studi presso l’Istituto, gli stu-denti possono integrare le teorie scegliendo da una of-ferta di indirizzi, inclusa la medicina complementare.

Ci parla del progetto CAMbrella e se pensa di trovareostacoli nella sua realizzazione?

Il progetto CAMbrella è condotto da 16 partners in 12paesi europei. L’obiettivo di tale collaborazione è quellodi sviluppare una roadmap per la ricerca futura europeanella CAM che è adeguata per le necessità dei cittadinieuropei, in materia di salute, ed è accettabile per il Par-lamento Europeo e altrettanto per coloro che sponsoriz-zano le ricerche unitamente ai fornitori del sistemasanitario. Altri pacchetti operativi comprendono la ri-cerca in base a condizioni e definizioni, aspetti legalidella terapia complementare e recensione della lettera-tura. Il progetto CAMbrella si concentra su gruppi di ri-cerca accademici che non si riferiscono a terapiespecifiche ed è finanziato dalla Unione Europea per circa1,5 milioni di euro. Mentre la collaborazione nella ri-cerca europea è ben definita nei vari campi della medi-cina convenzionale, la medicina complementarerappresenta un campo molto frazionato, con interessi di-versi e speciali e un background. Questo in particolarepotrebbe impedire l’andamento del progetto stesso.

Infine, come combina la sua passione per la musica (lei èDirettore di un’orchestra mondiale di medici fondata nel2007), la sua famiglia e il suo impegno medico professio-nale?

La medicina, la musica e la famiglia rappresentano trecampi importantissimi ed appaganti della mia vita. g

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SPOTLIGHT

Diminuzione della flogosi nei ratticon medicinali omeopaticiAnita�Conforti,�Paolo�Bellavite,�Simone�Bertani,�Flavia�Chiarotti,�Fran-cesca�Menniti-Ippolito,�and�Roberto�Raschetti�-�Rat�models�of�acute�in-flammation:� a� randomized� controlled� study� on� the� effects� ofhomeopathic�remedies�-�BMC�Compl�Alt�Med,�2007,�7�(1),�1472-6882.

In diversi studi preclinici (in vitro e su animali) è statavalutata in condizioni riproducibili l’efficacia o l’at-tività farmacologica di alcuni diversi rimedi omeo-

patici (Arnica, Belladonna, Lachesis, Phosphorus, Apismellifica e Hamamelis virginiana). Lo studio è stato con-dotto su un modello di infiammazione acuta indotta neiratti, rispetto al placebo e all’indometacina, in duebracci: il primo effettuato in singolo cieco e ripetuto trevolte, il secondo in doppio cieco. I rimedi sopracitatisomministrati per os alle diluizioni D4 (Lachesis e Pho-sphorus anche in D6) non hanno mostrato effetti signi-ficativi rispetto alla soluzione fisiologica sull’edemaindotto da iniezione di sangue autologo, mentre l’inie-zione sottoplantare degli stessi ha mostrato una diminu-zione significativa dell’edema, anche indotto dacarragenina, dopo un’ora (Arnica, Apis, Hamamelis,Phosphorus), 3 ore (Belladonna, Phosphorus) e 5 ore(Hamamelis) dalla somministrazione. Nel secondo brac-cio è stata rivalutata in doppio cieco l’efficacia di Apis,Lachesis e Phosphorus somministrati per os anche in di-luizioni D30, ma non è stata riconfermata l’azione an-tinfiammatoria.

Omeopatia efficace nell’insonniaKaty�L�Cooper�and�C�Relton�-�Homeopathy�for�insomnia:�A�systematicreview�of�research�evidence�-�Sleep�Med�Rev,�2010,�14�(5),�329-337.

Per la revisione sono stati valutati lavori clinici incui è stata utilizzata l’omeopatia nella terapia del-l’insonnia, facendo riferimento ai database di Me-

dline, EmBase, CinaHL, DARE e AMED. Delle 296citazioni complessive, 39 sono state ritenute utili e sonostate divise in studi di medicina omopatica (4 trial clinicirandomizzati e uno studio di coorte) e studi di terapiada parte di omeopati (uno studio di coorte, tre studi suserie di casi e 30 studi su casi singoli). Per il primogruppo di studi, in particolare per i trial clinici rando-mizzati, si segnala una metodologia insufficiente e la esi-guità del campione. Per il secondo gruppo di studi, unbias rilevante è dovuto alla mancanza del gruppo di con-trollo e, negli studi di coorte, al raggruppamento dei pa-zienti affetti da insonnia con pazienti affetti da altre

patologie. Si sottolinea infine la assenza di segnalazionidi effetti indesiderati a conferma della safety della terapiacon farmaci omeopatici.

Trattamento integrato con medicinaliomeopatici nelle mastiti bovineWerner�C,�Sobiraj�A,�Sundrum�A.�-�Efficacy�of�homeopathic�and�antibio-tic�treatment�strategies�in�cases�of�mild�and�moderate�bovine�clinicalmastitis�-�J�Dairy�Res,�2010,�1-8.

Ricercatori tedeschi hanno condotto lo studio inquattro allevamenti di bovine da latte (tre con-venzionali ed uno biologico), in casi di mastite

clinica causata da patogeni ambientali e casi clinici conesami batteriologici negativi nei controlli precedenti aitrattamenti. Il lavoro è stato eseguito in RCT in accordocon i criteri dell’agenzia EMEA e sono state incluse nellasperimentazione bovine che presentavano segni di in-fiammazione alla mammella e/o alterazioni nella qualitàdel latte, mentre sono state escluse bovine con tempera-tura rettale superiore a 39,5°C, depressione del sensorio,presenza di latte “acquoso” oppure lesioni evidenti al ca-pezzolo. Sono stati trattati e confrontati complessiva-mente 147 quarti appartenenti a 136 bovine da latte,suddivise con criterio randomizzato in tre gruppi:gruppo omeopatico, gruppo antibiotico e gruppo pla-cebo. I risultati, hanno mostrato che non sono presentidifferenze significative, al tempo 28 e 56, rispetto ai ri-sultati clinici ed alla percentuale di guarigione nei casidi mastite con reperto batteriologico negativo (n=56).Nei casi di mastiti, con patogeni isolati (n=91), la per-centuale di guarigione era simile nel gruppo omeopaticoed nel gruppo antibiotico, mentre risultava significativa,al tempo 56, tra il gruppo omeopatico ed il gruppo pla-cebo.

Nux vomica e Calendula stimolanola produzione di EGFRoland�Hofbauer,�Eva�Pasching,�Doris�Moser�and�Michael�Frass�-�Hepa-rin-binding�epidermal�growth�factor�expression�in�KATO-III�cells�afterHelicobacter�pylori�stimulation�under�the�influence�of�strychnos�Nuxvomica�and�Calendula�officinalis�-�Homeopathy,�2010,�99�(3),�177-182.

Lo studio ha dimostrato che sia la Calendula che laNux Vomica (due medicinali molto utilizzati inomeopatia per trattare pazienti che soffrono di ga-

strite e ulcere gastriche) sono capaci di ridurre l’effettostimolante dell’H. pylori a infettare il tessuto sul gene

Spotlight

a cura di Gino Santini

Segretario Nazionale SIOMIDirettore Scientifico ISMO, Istituto di Studi di Medicina OmeopaticaE-mail: [email protected]

In collaborazione con:

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espressione di HB-EGF come fattore di crescita in tes-suto gastrointestinale. L’espressione genica sembra esseremodulata dalle preparazioni omeopatiche, anche se ilmeccanismo di azione rimane ignoto. Tra i due, Nux vo-mica ha dimostrato possedere una azione maggiore ri-spetto alla Calendula. Il modello usato è un metodomolto conosciuto per investigare l’espressione HB-EGF,il cui ruolo come fattore di crescita in processi infiam-matori è ben documentato. Poichè l’HB-EGF gioca unruolo cruciale nella riparazione della mucosa dello sto-maco, i risultati ottenuti sostengono l'ipotesi che i rimediomeopatici utilizzati agiscano attraverso la regolamenta-zione di un’espressione genica.

Efficacia di alte dinamizzazioniomeopatiche in modelli animaliAdrian�Alecu,�Romeo�Brezeanu,�Gabriela�Marcus,�Adriana�Cojocaru,�Ma-riana�Alecu�-�Designs�for�research�of�the�High�Dilutions�in�animals�mo-dels:�an�update�-�Int�J�High�Dil�Res,�2010,�9�(30),�5-15.

L’articolo analizza una serie di modelli animali se-lezionati da un gruppo di lavoro dell'Università diTargu-Mures in Romania a partire dal 2004 per

fare valutazioni teoriche e metodologiche sull'azione di

preparati omeopatici prescritti seguendo i criteri tradi-zionali della similitudine omeopatica, confrontati con ifarmaci convenzionali e il placebo. Il trattamento è statoassegnato in modo randomizzato, con placebo o con undeterminato rimedio omeopatico, a selezionati gruppiomogenei di 10-15 animali maschi. La complessità deldisegno dei singoli studi era in relazione agli obiettivistabiliti: l’esperimento più semplice mirava a stabilire leproprietà dell'Arnica in diluizioni omeopatiche, per gua-rire le ferite. A tal fine venivano prodotti traumi mecca-nici nei topi poi trattati con Arnica 7CH o con placebo.Uno studio più complesso ha valutato gli effetti di Apismellifica 7CH e 15CH confrontati con placebo e confarmaci antinfiammatori steroidei (idrocortisone emi-succinato) e non steroidei (Diclofenac) su lesioni pro-dotta sull'arto posteriore mediante iniezione di formal-deide. I risultati hanno dimostrato riduzione dell'infiam-mazione sia per Apis in combinazione con idrocortisoneche in soluzione con menta. Nel secondo gruppo la som-ministrazione secondaria di pilocarpina non suscitava sa-livazione. Il test veniva modificato con l'aggiunta diBelladonna 7CH immediatamente dopo l'iniezione diatropina: la salivazione stimolata da pilocarpina riapparecon l'uso di Belladonna 7CH, in grado di inibire l'azionedell'atropina somministrata in dosi ponderali. g

SPOTLIGHT

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Nel rispetto della tradizione omeopatica,con la forza dell’esperienza e il coraggio dell’innovazione

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La PNEI, un po’ di storiaLa psiconeuroendocrinoimmunologia è il risultato delconvergere di cambiamenti e avanzamenti nel campodelle scienze del cervello e del sistema immunitario, chesi sviluppano lungo tutto l’arco del Novecento, a partiredai fondamentali lavori di Hans Selye sullo stress neglianni ’30. Sul finire del Novecento, novità rilevanti nelcampo delle neuroscienze e conferme delle ipotesi piùinnovative nel campo dell’immunologia, consentonosistematizzazioni e avanzamenti, sul piano del modelloteorico e su quello pratico terapeutico, al di là delle piùrosee aspettative. Vediamo in sintesi

Il cervello è plastico ed è capace di rinnovarsi in strettarelazione con l’ambiente

Dalla nascita alla morte, il cervello umano subisce con-tinui rimaneggiamenti. I cambiamenti legati allo svi-luppo di un nuovo essere sono intuibili e da tempodocumentati. Quelli legati al normale funzionamentodel cervello creano, invece, molte difficoltà di compren-sione. Nel nostro modello scientifico tradizionale, infatti,il cervello è un tessuto perenne, come si legge nei testidi anatomia e istologia; una volta completata la crescita,i rapporti tra le parti che lo costituiscono sono dati unavolta per sempre. In realtà, studi a cavallo del secolohanno dimostrato che l’assetto anatomico (cioè la rela-zione tra le parti) è variabile per la presenza di almenotre fenomeni.

1.Si possono modificare, in maniera reversibile, i rapportitra cellule per rispondere a stimoli diversi.

2.Si possono formare (e continuamente si formano) nuoveconnessioni che modificano la mappa cerebrale diun’area. È del 1995 il primo studio sugli umani chedimostra che la ripetizione di un esercizio di movi-mento rapido delle dita, per quattro settimane, causaun allargamento dell’area corticale motoria primaria,deputata all’organizzazione del movimento delle dita.In questo studio, realizzato con la risonanza magne-tica, si dimostrò che l’allargamento dell’area corticalemotoria persisteva per mesi, fin quando l’esercizio po-teva essere richiamato alla mente. Ciò vuol dire chel’esercizio ripetuto aveva creato nuovi circuiti stabili.

3.Si possono formare (e continuamente si formano) nuovecellule: neuroni e cellule gliali. Questo fenomeno sichiama neurogenesi e segna la fine del dogma centena-rio sulla fissità del tessuto nervoso. Fino al 2001, però,non era chiaro a cosa servissero questi neuroni neonati,rintracciati nell’ippocampo delle scimmie e degliumani o nel bulbo olfattivo dei topi. Un gruppo dineurobiologi del New Jersey, guidato da due donne,

Tracey J. Shors ed Elizabeth Gould, con un lavoro spe-rimentale sui topi, ha dimostrato che i neuroni appenagenerati vanno a integrarsi nei circuiti dell’ippocampoe che la loro presenza è essenziale per la fissazione dinuove informazioni. Quindi, il cervello produce nuovecellule nervose nel corso dell’apprendimento soprat-tutto di nuove cose. Ma sappiamo anche che la neu-rogenesi è fortemente influenzata dagli stimoliambientali e segnatamente dallo stress, che è in gradodi bloccare la produzione di nuove cellule nervose.

La rete nervosa periferica è al centro del network PNEI

Gli studi di Walter Cannon e Hans Selye sul simpaticoe sull’asse endocrino dello stress hanno aperto la possi-bilità di dare una rappresentazione scientifica al rapportotra emozioni, salute e malattie. Al tempo stesso, una in-terpretazione troppo schematica e antagonista dei duereparti del neurovegetativo rischia di non farci vedere lacomplessità della fisiologia umana. In realtà, gli studi piùrecenti documentano che simpatico e parasimpatico la-vorano in modo più integrato e meno antagonista diquello si supponeva. Ma c’è di più.

Si moltiplicano gli studi che assegnano al neurovegeta-tivo anche funzioni sensoriali, partendo per esempiodalla constatazione che il nervo vago, che è il più grandesistema di trasmissione del parasimpatico è anche la piùimponente via afferente e cioè che porta informazionisensoriali, dolore incluso, dagli organi interni al cervello.Ma, al di là se effettivamente le fibre neurovegetative sipossano o meno classificare come sensoriali, è un datodi fatto che esse lavorano all’interno di una rete orizzon-tale, dove incontrano altri attori: le fibre nervose senso-riali, le cellule immunitarie, i vasi sanguigni.

È qui che si realizza un dialogo stretto, fatto di neuro-peptidi citochine e altre sostanze attive, che regola l’atti-vità delle fibre simpatiche e parasimpatiche e cheinfluenza potentemente l’attività del sistema immunita-rio, al punto che è ampiamente documentato il ruolo in-fiammatorio che le fibre nervose periferiche possonosvolgere in determinati contesti (cosiddetta infiamma-zione neurogenica).

I cardini della rivoluzione scientifica in immunologia

Accanto alla infiammazione neurogenica, appena men-zionata, i punti di svolta nella ricerca, che costituisconoi pilastri di una nuova visione del sistema immunitario,possono essere così riassunti:

1 Il sistema, pur composto da diverse classi di cellule eda un numero sterminato di elementi, è capace di au-toregolarsi ed è in continuo movimento.

30 HOMEOPATHY AND INTEGRATED MEDICINE | maggio 2011 | vol. 2 | n. 1

Mente e cancro:l’approccio della PNEIFrancesco Bottaccioli

Fondatore e presidente onorario della Società Italiana di PsiconeuroendocrinoimmunologiaDocente responsabile del modulo PNEI nel Master di Medicina Integrata, Università di SienaE-mail: [email protected]

CONTRIBUTI ORIGINALI

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2 Non c’è nessun organo che non venga “monitorato”dal sistema immunitario.

3 Il sistema funziona come organo di senso interno equindi partecipa attivamente alla regolazione dell’equi-librio dinamico dell’organismo umano: si comportacioè da grande sistema di regolazione fisiologica che èinfluenzato e influenza gli altri sistemi regolatori (ilnervoso e il neuroendocrino).

4 Le normali modalità di risposta immunitaria attivanocircuiti che hanno una doppia polarità oscillante, de-nominati sistema Th1 e sistema Th2, provvista di so-fisticati sistemi di controllo, tra cui i più importantisono i cosiddetti Th3 e T regolatori.

5 Nella costruzione e nel mantenimento dell’equilibriodel sistema, centrale è la tolleranza acquisita dal si-stema immunitario delle mucose e segnatamente dallasua porzione intestinale.

6 Nella specie umana, il sistema ha una forte improntasessuale: la diversità maschio\femmina ne influenzapotentemente le modalità di risposta e quindi la nostrasuscettibilità alle malattie

Emozioni e coscienza sono impastate, nel bene e nelmale

Studi dei gruppi di ricerca diretti da Antonio Damasio,della Iowa University, e da Joseph LeDoux, della NewYork University, hanno ripetutamente dimostrato che iprocessi decisionali e quelli di memorizzazione, stretta-mente collegati tra loro, dipendono in modo determi-nante dal circuito limbico e cioè dalle aree cerebrali cheelaborano le emozioni fondamentali. I primi anni delnuovo secolo sono stati ricchi di studi sulla neurobiologiadelle emozioni. Anche con l’esteso uso delle immaginicerebrali si è riusciti a identificare le vie nervose che se-guono le emozioni. Si può così apprezzare il significatoprofondo dei meccanismi emozionali, la loro universa-lità, il loro essere innati e la loro diffusione ad altre specieanimali, confermando così la sostanza del bellissimo, mi-sconosciuto e spesso travisato, lavoro di Charles Darwinsull’espressione delle emozioni nell’uomo e negli altrianimali.

Le emozioni fondamentali incarnano la nostra storiaevolutiva come mammiferi sociali, forniscono schemi an-cestrali di risposta alle sfide ambientali, entrando nei pro-cessi decisionali che producono comportamenti. Inquesto senso, è scientificamente assodato che siamo unimpasto di emozioni e coscienza. Nel bene e nel male.Questo dato di fatto apre molti interrogativi non solo ditipo medico e cioè relativi alla salute individuale, maanche di tipo sociale e politico, e cioè relativi alle sceltedelle nazioni e dei governi in merito alle relazioni tra ipopoli e tra la nostra specie e gli ecosistemi terrestri.

Non possiamo prescindere dal fatto che siamo animalisociali

E’ ormai assodato che il livello di compattezza della com-pagine sociale ha un’influenza diretta sulla mortalità. Piùla società è competitiva, più aumentano i delitti e la mor-talità. Alcuni studi hanno documentato un rapporto di-retto tra vari gradi di ostilità e violenza degli ambientiurbani e mortalità cardiovascolare. Maggiore è il livello

di ostilità urbana e maggiore è la mortalità cardiovasco-lare. Di questa relazione tra ambiente sociale e salute,evidenziata dagli studi epidemiologici, conosciamoormai anche i meccanismi patogenetici che la sostan-ziano, riferibili al sistema dello stress, studiati e oggetti-vati, con un modello di grande interesse, da BruceMcEwen e collaboratori della Rockefeller University. Daquesta nuova visione dell’essere umano che non può es-sere studiato se non nel suo contesto, e cioè nel sistemadelle relazioni che lo riguardano, emerge una linea di ri-cerca di straordinario interesse relativa all’evoluzionedell’individuo.

E’ ormai evidente, infatti, che i fattori ambientali pos-sono influenzare lo sviluppo prenatale e produrre effettifunzionali e strutturali che durano tutta la vita. Nellapancia della mamma, si realizza in sostanza una sorta diprogrammazione, di imprinting prenatale dei principalisistemi di regolazione fisiologica dell’organismo: innan-zitutto, dell’asse dello stress. Una situazione di stress cro-nico in gravidanza oppure un trauma possonoprogrammare il sistema dello stress del nascituro inmodo da favorire, da adulto, l’insorgenza di disordini indiversi ambiti: da quello psichico a quello immunitario.La spiegazione di questi fenomeni è possibile facendo ri-ferimento a un nuovo settore disciplinare emergente,all’epigenetica.

Epigenetica e trasmissione transgenerazionale delle mo-dificazioni ambientali acquisite

Tanto grandi sono le differenze tra le cellule, anche pu-ramente morfologiche, che è difficile pensare che con-tengano lo stesso patrimonio genetico. Per questo, permolto tempo si è pensato che, una volta differenziata, lacellula perdesse selettivamente alcuni geni. Oggi, sap-piamo che la differenziazione cellulare dipende da cambi,che si realizzano nello sviluppo, nella espressione dei genipiuttosto che da modificazioni nella sequenza dei nu-cleotidi. Il riarrangiamento del genoma è infatti unevento raro: l’unico caso rilevante che si conosce, nellecellule umane, è quello che presiede alla formazione delladiversità anticorpale dei linfociti B. Il mantenimento sta-bile di queste differenze tra le cellule (nel senso che vieneconservato e trasmesso con la mitosi) è sotto il controlloepigenetico, che si realizza modificando l’espressione ge-nica, senza modificare la sequenza del DNA. L’impegnosempre più massiccio che la ricerca ha prodotto negli ul-timi cinquanta anni mentre ci ha consentito una buonacomprensione del genotipo, non è riuscita a spiegare ledifferenze fenotipiche che, in alcuni casi, sono incom-prensibili se si ragiona solo in termini di genoma.

È noto che i gemelli omozigoti hanno lo stesso patrimo-nio genetico, si può dire che siano dei cloni sotto il pro-filo genetico, eppure è documentata una discordanza siasotto il profilo fenotipico macroscopico, per esempio l’al-tezza, sia dal punto di vista della incidenza di malattieche si pensa abbiamo una solida base genetica come laschizofrenia. Tradizionalmente, per superare queste dif-ficoltà, si fa riferimento all’interazione genotipo-am-biente, ma senza, per lo più, essere in grado di chiarirele caratteristiche delle influenze ambientali sul genotipoe sul fenotipo.

CONTRIBUTI ORIGINALI

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Oggi, diversi ricercatori pensano che i meccanismi epi-genetici possano fornire una chiave interpretativa dellevariazioni fenotipiche. Infine, evidenze crescenti dimo-strano che è possibile una ereditarietà epigenetica nonsemplicemente di tipo mitotico, ma anche di tipo me-iotico e quindi transgenerazionale. Queste evidenze sonoforti nelle piante, mentre cominciano ad essere consi-stenti anche nei mammiferi, uomo compreso.

È evidente che ci troviamo di fronte a un cambiamentosignificativo del modello scientifico classico definito dallaSintesi neo-darwiniana negli anni ’40 del secolo scorsoe dalla genetica incardinata sul “dogma centrale”, cheponeva il gene come “motore immobile” della vita.

32 HOMEOPATHY AND INTEGRATED MEDICINE | maggio 2011 | vol. 2 | n. 1

Figura 2Morti per tumori

negli individui femminedegli Stati Uniti

nel periodo compresotra il 1930 e il 2005

(fonte: US MortalityData 1960-2005;

US Mortality Volume1930-1959; National

Center for HealthStatistics, CCD, 2008).

Figura 3Come può influire lo stress nella genesi del cancro?

Figura 1Morti per tumori

negli individui maschidegli Stati Uniti

nel periodo compresotra il 1930 e il 2005

(fonte: US MortalityData 1960-2005;

US Mortality Volume1930-1959; National

Center for HealthStatistics, CCD, 2008).

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ARCANGEA s.r.l. - Via Gessi 18, 47030 Borghi FC - Tel. / Fax 0541 786536 - www.arcangea.it - [email protected] Gessi 18, 47030 Bor.l. - V.l. - Via Gessi 18, 47030 BorARCANGEA s.rARCANGEA s.r.l. - V ghi FC - Tia Gessi 18, 47030 Boria Gessi 18, 47030 Borghi FC - Tel. / Fax 0541 786536 - wwwghi FC - Tghi FC - Tel. / Fax 0541 786536 - www cangea.itcangea.it - [email protected] - [email protected] - info@arel. / Fax 0541 786536 - wwwel. / Fax 0541 786536 - www.ar cangea.it

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33HOMEOPATHY AND INTEGRATED MEDICINE | maggio 2011 | vol. 2 | n. 1

La PNEI come modello teoricoe la Medicina Integrata come nuovasintesi terapeutica: l’esempio del cancroMi pare quindi che l’ultimo decennio sia stato crucialenella maturazione della PNEI come nuovo modello teo-rico, capace di leggere in modo nuovo vecchie e nuovemalattie. Vediamo l’esempio del cancro, iniziando conun’operazione verità. Quanto si muore di cancro? Qualè il contributo delle terapie oncologiche alla sopravvi-venza dei malati? Le figure 1 e 2 mostrano l’andamentodella mortalità nei maschi e nelle femmine negli USAnel periodo 1930-2005. Il “Rapporto annuale alla na-zione sullo Stato del cancro”, pubblicato il 3 dicembre2008 su J Natl Cancer Inst, documenta una diminu-zione della mortalità negli USA dovuta alla diminuzionedella mortalità nei maschi per polmone, colonretto eprostata e, nelle femmine, per seno e colonretto.

Risultati ottenuti in larga misura dalla prevenzione: ab-battimento del numero dei maschi che fumano, scree-ning e per le donne abbattimento della terapia ormonalesostitutiva. Quindi possiamo dire che i principali fattoriche hanno determinato l’abbassamento della mortalitàper alcuni tumori sono da riferirsi non tanto a progressinelle terapie quanto a progressi negli stili di vita e nellaprevenzione. Al riguardo, rilevante è la lezione che vienedalla terapia ormonale sostitutiva. Ecco cosa scrive il ci-tato Rapporto del Governo americano “Si è registrato unbrusco declino nell’incidenza del cancro al seno neglianni 2002-2003 in conseguenza della riduzione dell’usodella terapia ormonale sostitutiva. Il declino del cancroal seno attribuito all’uso della terapia ormonale è parti-colarmente significativo a causa del breve lasso di tempotra i cambiamenti nell’esposizione e i correlati cambia-menti nell’incidenza del cancro. Un simile rapido cam-biamento in un cancro endocrino-correlato era statovisto negli anni ’70 quando l’incidenza del cancro all’endometrio era prima aumentata e poi diminuita conl’aumento e la diminuzione dell’uso delle formulazioneormonali sostitutive contenenti estrogeni” (JNCI 2008;23, p. 1684).Per quanto riguarda l’Europa, abbiamoavuto recenti conferme di un analogo andamento sia ri-guardo al declino della mortalità sia riguardo alle suecause (La Vecchia C e al. 2009).

La patogenesi del cancroIl cancro è una patologia che può dipendere da piùfattori e la sua genesi (carcinogenesi) attraversa più stadiOltre a geni, ambiente, alimentazione, stili di vita, tra lecause vanno annoverati anche gli eventi delle vita e lanostra capacità di gestirli al meglio. Tra i fattoriindividuali che determinano la risposta ai carcinogeni(suscettibilità individuale) va quindi anche annoveratolo stress. La figura 3 indica le strade che può seguire larisposta di stress per favorire la carcinogenesi e laprogressione neoplastica.

Un incremento della produzione di neurotrasmettitori eormoni dello stress, da un lato, può causare un aumentodella segnalazione di proliferazione cellulare, mediatadall’incremento dei fattori di crescita indotto in partico-lare dalle catecolamine (noradrenalina e adrenalina), e ,

dall’altro lato, con l’aumento del cortisolo, può provo-care una disregolazione della risposta immunitaria conaumento delle attività TH2 e TH17 che risultano essereinadatti a distruggere le cellule maligne. Anzi, lo sbilan-ciamento della risposta immunitaria verso il TH2-TH17causa un’infiammazione inefficace che porta allo svi-luppo delle metastasi, che, come è noto, di regola sono(esse, non il tumore primitivo) la causa della morte.

Stress, immunità e cancro:lo stato delle evidenzeLa questione delle evidenze cliniche sul rapporto trastress e cancro va divisa in due: la relazione tra stress einsorgenza del cancro e quella tra stress post-diagnosi emortalità per cancro. Sul rapporto tra stress e insorgenzadel cancro abbiamo forti evidenze dalla sperimentazioneanimale, (Thaker, Nature Medicine, 2006; 12: 939) piùdeboli anche se in rafforzamento dagli studi su umani.Le ricerche con l’animale dimostrano un coinvolgimentodel sistema immunitario nel controllare l’inizio, la cre-scita e la metastatizzazione del tumore coinvolgendo inparticolare l’immunità cellulo mediata e NK che com-pongono il cosiddetto circuito TH1, l’unico capace diuna risposta antitumorale efficace. Per quanto riguardagli umani fino a qualche tempo fa le evidenze erano de-boli. Un certo grado di evidenza era rintracciabile in unametanalisi solo per lutti che coinvolgono il coniuge(Duijts, 2003). Altre evidenze riguardavano donne concancro al seno, dove uno studio finlandese su oltre10.000 donne ha messo in luce che divorzio\separazionee morte del coniuge raddoppiano il rischio di tumore alseno (Lillberg, 2003). Adesso, una metanalisi del gruppodi psicobiologia dell’Università di Londra (Chida et al.,2008), realizzata su 165 studi controllati, pur con tuttele cautele del caso, conclude che lo stress psico-sociale ècorrelato a un aumento dell’incidenza di cancro, a unapeggiore prognosi e a un aumento della mortalità.

In particolare, la depressione sembra essere un fattorechiave nell’aprire le porte alla malattia. Evidenze più fortile abbiamo invece nella fase post-diagnosi. Una recenterassegna degli studi (Lutgendorf, S, Costanza, ES., Sie-gel, SD, in Ader, Psychoneuroimmunology, IV ed.,2007, cap. 41) ha concluso che il distress psicologico infase peri e post-diagnostica deprime l’immunità cellulo-mediata (TH1), che invece viene sostenuta da misure disupporto psicologico e sociale. Di particolare rilievo duerecenti lavori: uno dell’Università di Amburgo (Kuchleret al., 2007) e l’altro dell’Università dell’Ohio (AndersenB., 2008). Lo studio tedesco valuta gli effetti del sostegnopsicosociale su un gruppo di malati oncologici congruppo di controllo. A dieci anni tra i due gruppi c’è unadifferenza nella sopravvivenza statisticamente significa-tiva: il 21,3%, del gruppo in trattamento sopravvive con-tro il 9,6%. del gruppo di controllo. La differenzarimane anche quando dal calcolo vengono tolte le per-sone che poi sono risultate o non affette da tumore o dauna forma benigna. Lo studio americano, se è possibile,è ancora più significativo, ma per apprezzarne appienola portata consentitemi una premessa di inquadramentostorico.

CONTRIBUTI ORIGINALI

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Una storia pluridecennaleSono decenni che nella comunità scientifica si discutesulla relazione mente-cancro. Per molti anni, i “negazio-nisti” (del ruolo della psiche nella genesi ma anche nellacura del cancro) hanno avuto buon gioco nel contrastareposizioni naif o pseudoscientifiche secondo le quali ilcancro è tutto nella testa ed è da qui che bisogna cac-ciarlo per guarire.

Una stupidaggine o, se volete una mezza verità, che pe-riodicamente riappare, che ha prestato il fianco a chiconcepisce il cancro come un semplice fenomeno di ge-netica molecolare per sferrare il suo attacco contro chiinvece vede la malattia collocata in una persona e quindiin una rete psicofisica. Poi sono comparsi gli studi diDavid Spiegel, psichiatra della Stanford University (Usa)che hanno rimesso la questione del ruolo della psiche suigiusti binari. Lo scienziato, alla fine degli anni ottantadel Novecento, per la prima volta dimostrò che un pro-gramma integrato di gestione dello stress, in donne trat-tate per cancro al seno, era in grado non solo di dare unabuona qualità di vita alle pazienti, ma ne miglioravaanche la sopravvivenza.

Qualche anno dopo, un altro psichiatra americano,Fawzy I. Fawzy, dimostrò che un trattamento psicologicobreve aveva l’effetto di ridurre le recidive e aumentare lasopravvivenza di persone operate per melanoma.

Successivamente, negli anni novanta, sono stati realizzatialtri studi per rispondere alla domanda cruciale: la psi-coterapia e la gestione dello stress in generale possono

le proprie emozioni, ridurre l’ansia e ricevere un aiuto,sia dagli operatori ,sia dagli altri membri. In secondoluogo, il gruppo deve essere omogeneo e cioè compostoda persone con la stessa malattia, allo stesso stadio di evo-luzione. Inoltre è fondamentale abbinare la percezioneesatta della malattia, tramite una corretta e soddisfacenteinformazione scientifica, all’apprendimento di tecnichedi gestione dello stress.

Spiegel e collaboratori insegnano ai pazienti tecniche diautoipnosi e di rilassamento, che consentono una ridu-zione dello stress, la qual cosa permette anche una mag-giore disponibilità a cambiare abitudini che possonoinfluire sull’andamento della malattia, come il sonno,l’alimentazione e l’attività fisica.

La psiche che cura:uno studio clinico controllatoLo studio di Barbara L. Andersen (Andersen 2008) è inlinea con questi criteri. 227 persone operate per cancroal seno, prima di iniziare chemio, radio e le altre terapiepreviste, sono state divise casualmente in due gruppi:uno di controllo medico e l’altro di controllo medicocon aggiunta la partecipazione a un programma di ge-stione dello stress, realizzato in piccoli gruppi (8-12 per-sone a gruppo) e condotto da due psicologi. Il pro-gramma ha previsto una seduta a settimana di un’ora emezza per i primi quattro mesi e poi una seduta mensileper i successivi otto mesi. In totale 26 sedute per 39 oredi lavoro.

34 HOMEOPATHY AND INTEGRATED MEDICINE | maggio 2011 | vol. 2 | n. 1

CONTRIBUTI ORIGINALI

Figura 4Il grafico mostra la

differenza in termini disopravvivenza tra

persone operatedi cancro al seno che

hanno partecipato a uncorso di gestione dello

stress (linea continua) epersone che non lohanno fatto (lineatratteggiata). Da

Andersen B. L. et al.Psychological

intervention improvessurvival for breast cancer

patients, Cancer 2008;113:3450-8.

aumentare la sopravvivenza dei malati di tumore? Leconclusioni non furono univoche, anzi, possiamo direche la ricerca si spaccò in due come una mela: su diecistudi realizzati, cinque favorevoli e cinque contrari.

Nel 2002, Spiegel su Nature Reviews Cancer (Spiegel2002) ha provato a fare un bilancio e a tracciare lineeguida per le future sperimentazioni. Perché la ricerca hadato risultati così contraddittori, si è chiesto lo scien-ziato? Perché gli studi erano molto disomogenei tra loro:alcuni avevano usato la psicoterapia individuale altriquella di gruppo, altri ancora avevano messo insiemepersone con tumori diversi e a diverso stadio della ma-lattia. Occorrevano dei criteri omogenei.

Innanzitutto è importante il gruppo, che funge da co-struttore di solidarietà, da luogo sicuro dove esprimere

Figura 5MBSR e Non-MBSR, indicano il gruppo dei meditanti e dei non meditanti.T1, T2, T3, T4, segnano il tempo del prelievo, che è, rispettivamente: 10giorni dopo diagnosi; a 4 settimane; a fine corso; 1 mese dopo la finecorso. Fonte: Witek-Janusek L. et al, Effect of mindfulness based stressreduction on immune function, quality of life and coping in womennewly diagnosed with early stage breast cancer, Brain Behavior andImmunity 2008; 22: 969-981.

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35HOMEOPATHY AND INTEGRATED MEDICINE | maggio 2011 | vol. 2 | n. 1

In ogni seduta venivano praticate tecniche di rilassa-mento profondo, venivano discusse strategie di soluzionedei problemi, sia di natura psicologica sia di natura pra-tica (dolore, fatica). Gli operatori hanno dato molto pesoal cambiamento degli stili di vita delle persone solleci-tando l’inserimento nella quotidianità dell’attività fisica,della buona alimentazione, dell’uso delle tecniche anti-stress.

La verifica è stata fatta a distanza di 13 anni dalla terapia.I risultati si possono vedere dal grafico esposto in figura4: le persone che avevano frequentato il programma digestione dello stress hanno avuto una minore frequenzadi recidive e una maggiore sopravvivenza rispetto algruppo che aveva fatto solo i classici controlli medici. Lagestione dello stress riduce le recidive e aumenta la so-pravvivenza

A 13 anni di distanza, circa l’85% del gruppo che avevaimparato a gestire lo stress non era morto di tumore con-tro il 70% dell’altro gruppo.

Risultati rilevanti che vengono da uno studio molto ac-curato: tutti i partecipanti allo studio infatti sono statisottoposti a esami del sangue, mammografia e visite me-diche ogni sei mesi per i primi cinque anni e poi ognianno. Ciò ha consentito ad Andersen e colleghi di mo-nitorare passo passo l’evoluzione di ogni singolo caso everificare, per esempio, che, già parecchi mesi primadella comparsa della recidiva, era possibile notare un’al-terazione in senso infiammatorio del sistema immunita-rio. Il sistema immunitario, il suo assetto, infatti è ilfattore chiave dell’evoluzione della malattia tumorale.

Le tecniche antistresscambiano il sistema immunitarioE qui veniamo all’ultimo studio che voglio segnalare. Èdella Loyola University of Chicago realizzato con 75donne a cui era stato diagnosticato un tumore al seno eche erano state operate (Witek-Janusek L. e al. 2008) Ilcampione è stato diviso in due gruppi: uno ha seguitoun corso di 8 settimane, con una seduta settimanale didue ore e mezza ciascuna, di apprendimento di tecnicheantistress e meditative; l’altro invece ha agito da con-trollo. Dopo l’intervento chirurgico e prima di iniziarel’esperimento, tutte le donne sono state studiate con varistrumenti per valutare la qualità della vita, il loro livellodi stress (tramite l’analisi del cortisolo, principale or-mone dello stress) e il livello del loro sistema immunita-rio (misurando alcune citochine e l’attività di alcunecellule). In questa fase tutte le partecipanti avevano unbasso punteggio relativo alla qualità della vita, alti livellidi stress e un sistema immunitario complessivamente de-presso. A metà del corso di meditazione erano già visibilicambiamenti importanti che si sono poi consolidati allafine del corso e nel successivo controllo a tre mesi.

Come la meditazione migliorail sistema immunitario dei malati di cancroFigura 5: nella parte superiore (a) viene indicata l’attivitàdelle natural killer, fondamentali cellule anticancro, checresce nel gruppo delle meditanti fino a diventare simile

a quella di persone non ammalate di cancro, mentre nelgruppo di controllo tende a calare. Nella parte inferiore(b) viene misurata la concentrazione di Interferone-gamma, principale segnale del circuito anticancro dettoTh1, che cresce nel corso dello studio fino ad equipararsial livello delle persone libere da cancro, mentre nelgruppo di controllo diminuisce.

Le donne che avevano imparato a meditare avevano unpunteggio più alto relativamente alla qualità della vitamentre i livelli di cortisolo erano nettamente più bassidelle altre. Di notevole interesse è poi lo studio sull’im-munità che ha mostrato nelle “meditanti” una rapidis-sima capacità di recupero di un profilo immunitario dapersona sana. O, meglio, di una persona che è in gradodi tenere a bada, tramite il circuito immunitario TH1,la spontanea formazione delle cellule neoplastiche.

Quando è attiva questa immunità protettiva, nel sangueci sono alcune molecole alte (interferone-g) e altre basse(IL-10 e IL-4). Ebbene le donne che partecipavano algruppo della meditazione avevano esattamente questoprofilo, a differenza delle altre che invece avevano queivalori capovolti. La psiche quindi influenza in modo po-tente l’assetto del sistema immunitario, nel bene e nelmale. g

Articoli citati nel testo Andersen B. L. et al. (2008) Psychological interventionimproves survival for breast cancer patients, Cancer113:3450-8.

Chida Y, Hamer M., Wardle J., Steptoe A., (2008) Dostress-related psychosocial factors contribute to cancer in-cidence and survival? Nature Clin Pract Oncol 5:466-75.

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CONTRIBUTI ORIGINALI

Una più ampia documentazionegenerale e di riferimento sulla PNEI

è riportata a p. 47 di questo numero

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Nel 1844, uno psichiatra di Francoforte, il dott.H. Hoffmann raccontava a suo figlio, nella fa-vola “Pierino Porcospino”, la storia di perso-

naggi il cui comportamento verrebbe oggi definito“Disturbo da Deficit d’Attenzione e Iperattività”(ADHD: acronimo per l’inglese Attention Deficit Hy-peractivity Disorder) o ADD (senza iperattività). Venivasuccessivamente descritto da Still, nel 1902, su venti sog-getti, come forma di incapacità a stare fermi, sostenerel’attenzione, frenare l’impulsività, regolare l’emotività.

I disturbi si presentavano isolati o associati ad anomaliefisiche o deficit di altro tipo ma, per la prima volta, undisturbo dell’impulsività e dell’attenzione veniva consi-derato come una patologia a sé, non come conseguenzadi un trauma cerebrale o di un ritardo mentale.

Verso il 1920 si cominciò a pensare ad un disturbo dinatura prevalentemente organica e nel 1947 Strauss eLehtinen parlarono di sindrome da danno cerebrale mi-nimo per quei bambini iperattivi, impulsivi, inattentivie con deficit cognitivo. Non sempre era dimostrabile undanno dei neuroni per cui si ipotizzò una etiologia legataall’ambiente. Nel 1962 Clements e Peters definirono Mi-nimal Brain Damage (MBD) soggetti appartenenti adun gruppo eterogeneo, sia riguardo l’etiologia (dannoipossico corticale alla nascita?) che la sintomatologia, icorrelati biochimici, le pertinenze neuro anatomiche,tutte di difficile diagnosi clinica.

La ricerca di un metodo che permettesse di formulareuna classificazione valida e scientifica iniziò con il Si-stema ICD9 (OMS 1963) e il DMS II (1968). Solo 15anni più tardi, nel 1983, Douglas pubblicò un lavoro di-rimente per la distinzione tra i disturbi specifici dell’ap-prendimento da un lato e il Disturbo da DeficitAttentivo con Iperattività (ADHD) dall’altro. Quest’ul-timo e’ un disordine dello sviluppo neuropsichico delbambino e dell’adolescente, caratterizzato, secondo i cri-teri del Diagnostic and Statistical Manual Of Mental Di-sorders (DSM-III; DSM-IIIR; DSM-IV), da inatten-zione e impulsività/iperattività. In particolare, il DSM-IV distingue tre forme cliniche: una inattentiva, una ipe-rattiva, una terza combinata.

Nei bambini con prevalenza dell’inattentività i problemipiù importanti in età scolare, adolescenziale e poi adulta,si evidenziano soprattutto sotto forma di scarso rendi-mento scolastico. Sono bambini costantemente in ri-tardo rispetto agli altri, distratti, smemorati, perdono lecose, sono disorganizzati, demotivati, faticano a portarea termine le attività. Attualmente la valutazione dell’at-tenzione si basa sui nove items previsti dal DMS IV.

L’iperattività viene invece intesa come attività finalizzata,frenetica, inappropriata per il compito che si vuole svol-gere. La sua assenza nei più grandi non deve far escluderela diagnosi di ADHD poiché essa può scomparire in ado-lescenza e età adulta lasciando comunque un senso di ir-requietezza interiore che può essere esteriormente nonpalese. L’impulsività è la difficoltà a controllare gli im-pulsi. In età prescolare predispone agli incidenti in gene-rale mentre in età scolastica si manifesta con la tendenzaa interrompere, a rispondere prima che la domanda siafinita, con la difficoltà ad attendere il proprio turno, asaper perdere. I bambini con ADHD infatti faticano acollaborare con gli altri, a rispettare le gerarchie sociali,ad attenersi alle regole.

In età prescolare è più frequente l’iperattività con diffi-coltà a seguire le regole e le attività didattiche, nellascuola elementare si evidenziano di più i segni dell’inat-tenzione, della relazione e dell’andamento scolastico de-ficitario ma anche atteggiamenti ansiosi, oppositivi,depressivi. Il disturbo può presentarsi con differenti ma-nifestazioni cliniche, dall’età prescolare all’età adulta, epuò coinvolgere e compromettere numerose tappe dellosviluppo e dell’integrazione sociale del bambino e predi-sporlo ad altra patologia psichiatrica e/o disagio socialenelle successive età della vita. L’ADHD può dunque es-sere definito un disturbo neurobiologico che si manifestacome alterazione nell’elaborazione delle risposte agli sti-moli ambientali.

L’espressione sintomatologica è spesso in relazione allaqualità dell’integrazione scolastica e familiare. Molte dif-ficoltà nei rapporti si mantengono in adolescenza aumen-tando il rischio di comportamenti disadattativi compresol’uso di sostanze stupefacenti e bevande alcoliche. E’ pos-sibile l’evoluzione, in uno stesso soggetto, nel corso dellosviluppo, dall’una all’altra delle tre differenti dimensionipsicopatologiche. Non è un deficit cognitivo (ritardomentale) a provocare questo com por tamento ma diffi-coltà oggettive nell'autocontrollo e nella capacità di pia-nificazione che influenzano tutti i contesti e le situazionidi vita, causando limitazioni significative delle attivitàquotidiane. Il deficit del controllo inibitorio è la difficoltàprincipale di questi bambini nei quali l’impulsività èstrettamente legata all’iperattività. Sia la disattenzioneche la disinibizione sono dimensioni importanti del-l’ADHD, pur appartenendo a sottotipi diversi.

Si stima una prevalenza dell’ADHD nel 3-5% della po-polazione in età scolare, mentre le forme particolarmentegravi (Disturbo Ipercinetico della classificazione ICD-10dell’OMS) colpirebbero circa l’1% con un ampio inter-

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Il bambino e il male di vivere: l’ADHD

Tiziana Di Giampietro

Medico pediatra, esperta in omeopatiaE-mail: [email protected]

CONTRIBUTI ORIGINALI

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vallo dei valori riportati nella letteratura scientifica, a se-conda dei criteri diagnostici utilizzati e del setting osser-vato.

L’individuazione precoce del disturbo è molto impor-tante. Non esistono test diagnostici specifici perl’ADHD. L’osservazione clinica e la raccolta di informa-zioni fornite da fonti multiple quali i genitori, gli inse-gnanti, il pediatra, possono suggerire il sospetto che saràconfermato con osservazione e colloquio col bambino,con valutazione delle capacità cognitive, dell’apprendi-mento scolastico, con un esame medico e neurologicoche valuti eventuali terapie in atto e patologie associateanche attraverso successive indagini strumentali.

La diagnosi si basa sulla classificazione del Manuale Dia-gnostico dei Disturbi Mentali (DMS-IV) elaboratodall’Associazione Americana degli Psichiatri. I sintomidevono essere presenti da almeno 6 mesi ed aver fattocomparsa prima dei 7 anni con una intensità che provocadisadattamento e contrasta col livello di sviluppo.

I questionari e le interviste semistrutturate sono i mezzicui si ricorre per mettere a fuoco possibili disturbi asso-ciati dell’umore, della condotta, dell’ansia (Child Beha-vior Checklist, scale di Connors, ADHD-RS, SDAI,SDAG, Kiddie-SADS-PL, PICS-IV, etc.). I test richie-dono un’adeguata esperienza clinica e una preparazionespecifica da parte dell’intervistatore per cui l’accerta-mento diagnostico, la trattazione terapeutica e il followup sono legalmente delegati al Neuropsichiatra Infan-tile.

La patogenesi dell’ADHD è complessa e ancora discussapoiché fattori genetici e ambientali interagiscono du-rante le fasi precoci dello sviluppo creando una vulnera-bilità neurologica. Si pensa che non si tratti di eredità ditipo mendeliano, ma studi di linkage hanno identificatoregioni cromosomiche contenenti loci coinvolti nella re-golazione del rilascio dei neurotrasmettitori, potenzialiper la predisposizione all’ADHD. Una recentissima sco-perta dei ricercatori britannici dell’Università di Cardiff,pubblicata sulla prestigiosa rivista Lancet, attribuisce ildisturbo da deficit di attenzione e iperattività ad anoma-lie genetiche, provocate da segmenti di DNA duplicatio mancanti, che sarebbero responsabili di differenze nelcervello dei bambini colpiti. La sovrapposizione princi-pale è stata identificata in una regione sul cromosoma16, già implicata nella Schizofrenia e in altri disturbi psi-chiatrici.

Dai dati dello studio condotto su 366 bambini e adole-scenti fra i 5 e i 17 anni d’età, confrontati con quelli di1.047 bambini sani, emerge che le mutazioni e le dupli-cazioni cromosomiche devono essere considerate priori-tarie nella ricerca etiologica del disturbo. “Questa origineneurobiologica, afferma Paolo Curatolo, primario dellaclinica degli studi di Tor Vergata, è un passo avanti nellaricerca di farmaci e nel riconoscimento dell’ADHDcome vero e proprio disturbo, contro il quale siamo co-stretti a confrontarci quotidianamente”. Se l’origine ge-netica dell’ADHD trovasse conferma, contrasterebbel’ipotesi che il disturbo sia solo un problema di tipo so-ciale. Tale teoria parte dalla considerazione che nel bam-bino le abitudini e i ritmi siano elementi importanti che

devono potersi integrare nell’organismo già dalle primeepoche della sua vita di lattante per dare un ordine fun-zionale alle sequenze cronologiche che regolano il suoaccrescimento. I ritmi ordinati e regolari, come il susse-guirsi del sonno e della veglia, della tensione e del rilas-samento, dei pasti, del lavoro e del riposo, fanno sì chel’individuo acquisisca le certezze che lo collocano nelflusso dei problemi della vita quotidiana consentendoglidi acquisire quella elasticità che, in natura, è alla base deiprocessi adattativi. Nell’uomo le attività condotte conregolarità e ritmicità portano alla formazione di perso-nalità in equilibrio con sé e col suo habitat e le ripetizionioperate consapevolmente aumentano la volontà e l’effi-cienza. Questo dovrebbe indurre ad incoraggiare lo svi-luppo di una nuova cultura familiare. Si è evidenziatainfatti una stretta correlazione tra lo stile di vita mo-derna, in cui i ritmi sono completamente alterati, e lacomparsa di nuovi quadri di somatizzazione psicopato-logica.

A conferma è noto che l’ADHD è del tutto assente inPaesi tecnologicamente poco sviluppati dove predominauno sviluppo agricolo e uno stile di vita più a contattocon la natura e più adatto alle attività infantili. Sonodunque i bambini ad avere problemi o è l’ambiente dellanostra società a determinare la comparsa dei disturbi cor-relati a questa sindrome? In un organismo in crescita,con una personalità che sta maturando e prendendo con-fidenza con i propri processi sensoriali, motori e meta-bolici, sono necessari l’alternanza tra movimento epercezione affinché possa compiersi il processo esperien-ziale di apprendimento corporeo, animico, individualeo sociale. Secondo la teoria che vede nell’ambiente dellasocietà industriale la causa dell’ADHD, la limitazionedel movimento fisiologico e di percezione potrebbe in-durre, in un organismo in crescita, l’alterazione dei ritmisonno-veglia, con iperattività reattiva, disturbi di con-centrazione e di comportamento.

Il Prof. Sechi, Direttore della Cattedra di Neuropsichia-tria dell’Università de L’Aquila, a tale riguardo afferma:“Per discutere il protocollo terapeutico per il bambinocon ADHD è assolutamente necessario focalizzare alcunipunti. Intanto i tre sintomi alla base del disturbo: Ipe-rattività, Disattenzione, Impulsività possono essere pre-senti in tutti i bambini, in particolari situazioni e indiverse fasi dello sviluppo.

Questi sintomi sono in relazione sia con quadri alteratidi ordine neurocognitivo, in circa il 60% dei casi, sia conquadri di ordine psicopatologico in circa il 40% dei casi.In circa l'80% dei casi entrambi le problematiche sonopresenti, per questo motivo un trattamento necessita diuna preliminare diagnosi attraverso una valutazione neu-rocognitiva, psicopatologica e familiare.

Molto spesso invece si arriva ad una diagnosi attraversola rilevazione di alcuni sintomi isolati, un trattamentofarmacologico non mirato e non inserito in un pro-gramma psicoaffettivo (l'intervento sull'appoggio dellamente del bambino) e riabilitativo (l'intervento sullefunzioni deficitarie). Da molti anni sono disponibili inambito internazionale (soprattutto negli Stati Uniti) deifarmaci che aiutano realmente il controllo di alcuni sin-

CONTRIBUTI ORIGINALI

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tomi (in Italia da poco più di due anni). Anche la nostraesperienza ci dimostra: a) che questi farmaci sono effi-cienti (se usati in un protocollo terapeutico globale); b)che i farmaci hanno degli effetti diversi (e per questo mo-tivo devono essere scelti in base al quadro clinico); c) cheè necessario valutare sia gli effetti farmacologici a lungotermine, sia dal punto di vista psichiatrico, sia dal puntodi vista dell'inserimento psicosociale; d) che è necessariolavorare sia con il bambino sia con la famiglia sul signi-ficato mentale e sulle fantasie inespresse, inconsapevolie inconsce della prescrizione psicofarmacologica.

Da questi punti schematici si evidenzia la necessita di unlavoro con lo specialista pediatra a più livelli, tutti chiaritie integrati”. Dunque l’espressione clinica può essere solotransitoria e parafisiologica e la diagnosi di ADHD ri-chiede attenzione e prudenza nella fase preliminare, esuccessivamente, nel controllo dell’evoluzione e dellecomplicanze terapeutiche che possono presentarsi. I datiinvece mostrano che il consumo degli antidepressivi aldi sotto dei 18 anni è più che triplicato dal 2000 e chepiù di 30.000 bambini italiani assumono farmaci il cuiuso l’Emea ha interdetto poiché inducono potenzial-mente al suicidio.

Sono stati selezionati e approvati negli ultimi anni 3 far-maci: il Metilfenidato (Ritalin) e l’Atomoxetina (Strat-tera) che sono psicostimolanti e la Fluoxetina (Prozac)che è antidepressiva. I primi due sono usati nell’ADHD,il terzo (Prozac) è un antidepressivo usato nei disturbiossessivo-compulsivi, negli attacchi di panico, nella bu-limia nervosa. Il Metilfenidato, derivato piperidinicocorrelato strutturalmente all’Anfetamina, che è un far-maco stimolante l’attenzione, divide con essa anche il ri-schio di abuso. Rapidamente assorbito dopo sommini-strazione orale, raggiunge il picco ematico dopo due orecon emivita di 1-3 ore e necessità di 2-3 somministra-zioni al giorno. Poiché le concentrazioni nel cervello su-perano quelle plasmatiche, aumenta il rischio diaccumulo e stimolazione generalizzata del SNC che puòportare anche a convulsioni, tanto è che il percorso diautorizzazione è durato 7 anni con istituzione di un Re-gistro Nazionale da parte dell’Istituto Superiore di Sa-nità.

Dunque la decisione di intraprendere la cura compete alCentro di Neuropsichiatria infantile e la tollerabilità el’efficacia dovranno essere verificate ad intervalli codifi-cati e con interruzione una volta l’anno per valutare se èpossibile proseguire con la sola psicoterapia. L’Atomo-xetina (Strattera) è un inibitore del reuptake della Nora-drenalina per la terapia dell’ADHD al di sopra dei 6anni. Raggiunge la concentrazione plasmatica dopo 1-2ore ed ha un’emivita di 5 ore. L’effetto si protrae per 24ore per cui è possibile la mono somministrazione gior-naliera. L’EMEA e la FDA hanno allertato sull’aumentodei pensieri suicidi nei bambini/adolescenti (0,4%) interapia e il rischio viene segnalato nella scheda tecnicadel prodotto che raccomanda anche il monitoraggio dimanifestazioni anomale del comportamento o del peg-gioramento del quadro psichiatrico nonché degli effetticardiovascolari e il rischio di morte improvvisa. La Fluo-xetina (Prozac) è indicata nella depressione, nei disturbiossessivo compulsivi, nella bulimia e negli attacchi di pa-

nico. Ne era sconsigliato l’uso sotto i 18 anni ma, nono-stante manchino studi di tollerabilità/tossicità, recente-mente l’EMEA ha aggiunto una indicazione terapeuticaper i bambini sopra gli 8 anni con depressione mode-rata-grave e su diagnosi e piano terapeutico degli specia-listi Neuropsichiatri infantili. La terapia deve essereassociata a psicoterapia e il Prozac potrà essere preso inconsiderazione solo se la depressione non migliora dopo4-6 sedute.

L’attenzione all’uso scorretto e all’abuso è giustificata dalfatto che la sua azione interferisce con meccanismi chi-mici importanti per l’accrescimento del cervello che nelbambino è in fase di sviluppo (Garattini). La FDA negliUSA ha rilevato un peggioramento della depressione erischi di suicidio nei bambini trattati coi nuovi antide-pressivi in percentuale doppia rispetto a quelli trattaticon placebo.

Le terapie farmacologiche selezionate per la cura dellemanifestazioni cliniche che inducono il disagio del-l’ADHD sono terapie spesso prive di adeguata sperimen-tazione, non esenti da rilevanti eventi avversi soprattuttonei pazienti con co-morbilità. Le difficoltà comporta-mentali rendono difficile l’accettazione da parte dei coe-tanei che sviluppano atteggiamenti reattivi diinsensibilità o rifiuto. Molte difficoltà si mantengononell’adolescenza con rischio di comportamenti disadat-tativi e abuso di sostanze stupefacenti e alcool.

La necessità di diminuire il disagio del bambino e dellafamiglia in ambito sociale e scolastico entra dunque incontrasto con l’esigenza di evitare la somministrazionedei farmaci tossici. Uno studio su “Pediatrics” sottolineacome la terapia con farmaci psicostimolanti aumenti irischi di allucinazioni e sintomi psicotici. Lo studio delmeccanismo d’azione dei diversi agenti psicofarmacolo-gici mostra che le sostanze efficaci nel Disturbo da deficitdi attenzione e iperattività tendono ad avere un’attivitàdi tipo adrenergico/dopaminergico. Si pensa che gli psi-costimolanti, bloccando il reuptake della dopamina edella noradrenalina a livello del neurone presinaptico,aumentino il rilascio di queste monoamine nello spazioextraneurale, alterando la trasmissione monoaminergica.

Sia il Metilfenidato, che aumenta la concentrazione didopamina e noradrenalina nello spazio sinaptico, sial’Atomoxetina, che è uno specifico agonista noradrener-gico, hanno mostrato effetti positivi sia negli adulti sianei bambini affetti da ADHD. Meno efficaci sembranoessere gli agenti serotoninergici rispetto agli stimolanti,forse per ruolo meno significativo.

In questo senso si inserisce il tentativo di “omeoterapia”effettuato dalla dottoressa Courthaliac su una decina dibambini con ADHD, con diluizioni di Dopamina 5CHe Serotoninum muriaticum 5CH, di entrambi 5 gra-nuli/die, associati o meno al Metilfenidato.

Sia i bimbi trattati con la terapia integrata in cui il far-maco psicostimolante veniva gradualmente scalato finoalla eliminazione, sia quelli trattati esclusivamente conterapia omeopatica perché i genitori si erano rifiutati disomministrare il farmaco o l’età, inferiore a 6 anni, necontroindicava l’uso, dopo un follow up di due anni,erano diventati bambini dal comportamento normale.

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CONTRIBUTI ORIGINALI

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L’esame dei risultati di questa piccola casistica positivaspinse il prof. De Villard ad avviare una sperimentazionecon un gruppo più ampio di bambini per valutare se laterapia omeopatica, prescritta secondo una metodica“dei contrari”, era efficace da sola nei casi meno gravi o,integrata nei casi più difficili, di diminuire le dosi del Ri-talin, onde ridurne la tossicità.

Il principio omeopatico di similitudine rende ai disturbidel comportamento il servigio olistico del riequilibriointeriore di quelle turbe della personalità e dell’affettivitàche traducono la sofferenza, il disagio dell’individuo inrisposta ad una situazione conflittuale, qualunque sial’origine, ambientale o genetica, che la scienza riconoscealla base del comportamento inattentivo o iperattivo.

Grandi policresti e medicinali ad azione più limitata po-tranno alternarsi nel tentativo di riequilibrare, indipen-dentemente dalla causa etiologica, l’instabilità motoria,l’esuberanza, l’agitazione fisica, l’ansia, la labilità atten-tiva, l’insicurezza, la collera, l’ipersensibilità di volta involta emergenti o inespresse.

Omeopatia e ADHDIl malato Argentum nitricum che inquieto e precipitososi agita con un’ansia che lo rende inefficace mentre, feb-brilmente, vede il tempo passare troppo in fretta. Hal’ansia di anticipazione, paura dell’avvenire, della diffi-coltà, della contrarietà, della solitudine. Da tutto tendea fuggire, a tutto tende ad opporsi in modo esasperato ecollerico.

Staphysagria: soggetto sensibile e suscettibile, rimediodelle indignazioni trattenute e dominate, delle collerenon esteriorizzate per vessazioni ripetute, umiliazioni edispiaceri che cerca di nascondere per negare la propriadifficoltà. La somatizzazione si esprime con localizzazionicutanee, urinarie, gastrointestinali fino all’anoressia, uni-che maniere di esprimere le contrarietà subite.

Medorrhinum è agitato, affannato, precipitoso, il tempopassa troppo lentamente. Sensibile, trasale al minimo ru-more, brusco, triste e scontroso al mattino, diviene alle-gro alla sera. Inconcludente, disinteressato alle attivitàche inizia e mai porta a termine.

Iodum è un soggetto magro pelle secca, occhi e capelliscuri. Costantemente agitato e ansioso, cerca di occu-parsi in attività che lo tengano impegnato e paventa chegli accada qualcosa di grave. Non sta mai fermo ed è su-bito stanco. La bulimia, nonostante la magrezza, accom-pagna i suoi sintomi di agitazione.

Rhus toxicodendron è ansioso e sente il bisogno di usciree stare all’aperto, di cambiare posizione. Il movimentolo migliora.

Mercurius solubilis si manifesta clinicamente in unaforma stenica e una astenica. Il tipo stenico da bambinoè ipercinetico, mai fermo al suo banco, parla in fretta,balbetta, tocca tutto. Da grande diventerà un capo bandaautoritario che non permette d’esser contraddetto mafarà il contrario di quello che dovrebbe. Violento, cru-dele, reagisce impulsivamente contro tutto e tutti. Il tipoastenico è timoroso, ansioso, disgustato dalla vita, indif-ferente.

Actaea racemosa ha una loquacità straordinaria, parla ditutto con volubilità e in modo incoerente e confuso

Arsenicum album soffre di agitazione incontrollabilementale e fisica con un movimento continuo e risveglinotturni bruschi tra l’una e le tre di notte con senso diangoscia e timore di morire. Passa dall’agitazione allaprostrazione.

Tarentula hispanica è agitato e ansioso con tendenza allaviolenza, salta balla, corre e muove in modo incessantele mani e le dita. Passa da comportamenti di calma e dol-cezza a collere violente e manesche. E’ aggravato dai di-spiaceri, dalla consolazione, dalle emozioni. Tende allatricotillomania.

Zincum metallicum: l’agitazione coinvolge soprattuttoi piedi e le gambe con tremori delle estremità anche du-rante il sonno. Sussulti al minimo rumore. Grande len-tezza, debolezza della memoria e fisica.

Cina: agitazione motoria soprattutto degli arti con tre-mori delle dita, sussulti violenti nel sonno, bruxismo, ri-fiuto ad addormentarsi per capricci. E’un bimboinsopportabile, imbronciato, di cattivo umore, che nonvuole lo si tocchi o lo si guardi.

In Chamomilla si registra agitazione psichica e fisica daiprimi giorni di vita. E’ suscettibile, di malumore, colle-rico e capriccioso, vuole una cosa e appena ottenuta, lagetta violentemente.

Kalium bromatum non riesce a stare tranquillo e provail desiderio incessante di muovere dita e mani. Difficoltàdi concentrazione e d’attenzione rendono difficile ap-prendere e povertà di memoria, lentezza delle parole, bal-buzie e dislessia si associano con turbe del sonno, terrorinotturni e sonnambulismo.

Nux vomica: precipitoso e ipereccitabile, impaziente, ir-ritabile e intollerante alla contraddizione, agli odori forti,alla luce forte e ai rumori. E’ irascibile e attaccabrighe.Insonne con risvegli dopo le prime ore di sonno.

Hyoscyamus niger: agitazione psichica come tratto pre-dominante con tendenza a ingiuriare i suoi interlocutori.Presenta tic, tremori, spasmi, turbe del sonno, esibizio-nismo, masturbazione, senso di persecuzione, gelosia,supponenze.

Lycopodium: opposizione passiva in un soggetto dall’in-telligenza viva e rapida ma con insufficienza fisica, magroe con problemi di salute. Ricerca della solitudine, diffi-coltà ad adattarsi prima nella famiglia, poi nella scuola.E’ autoritario, dispotico fino alla tirannia, non sopportaessere contrariato. Nervoso e irritabile al mattino, nonha coraggio e rifugge le responsabilità. Ha tic, terrorinotturni, insonnia, enuresi, con disturbi della parola, dellinguaggio, dislessia, confonde le sillabe, le salta, le in-verte. Ha paura a parlare in pubblico per mancanza distima di sé sebbene a scuola vada bene, per un radicatospirito competitivo. g

CONTRIBUTI ORIGINALI

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QUADERNI DI MEDICINA INTEGRATA

Definire “lo psichismo” in Medicina Cinese può apparireun’operazione poco lecita perché isolare un aspetto del-l’individuo, quello psichico, in una medicina che indagain modo privilegiato le interrelazioni tra mente, corpo espirito sembra essere un controsenso. D’altra parte trat-tandosi di una medicina psico-somatica, nel senso piùcompleto del termine, lo psichismo è presente ovunque,costituendo l’altra faccia dei fenomeni fisici, ed entrambidovendo essere considerati aspetti parziali di una stessarealtà. La genesi del disagio psichico in MTC può essereconseguente sia alla difficoltà che l’individuo incontranel percorrere la sua “strada” (il Tao), ma può anche de-rivare dal cattivo funzionamento di un organo o appa-rato in seguito ad un’intossicazione, per esempio, daalcool, droghe, fumo, cattiva alimentazione, o dovutoalla penetrazione di energie patogene esterne (vento,freddo, umidità, calore, secchezza), surmenage, od anchea traumi fisici. In particolare, per quanto riguardal’aspetto mentale, questo si delinea grazie all’apparizionedello Shen, tradotto in “spirito divino” o “spirito vitale”.

Durante l’atto sessuale, visto come una danza rituale,s’invitano sulla terra i vari Shen, gli spiriti universali. LoShen che decide di incarnarsi sceglie i genitori del nasci-turo ed è invitato durante l’atto sessuale, dà così luogoad una nuova esistenza, partecipa allo sviluppo del fetodiffondendosi in tutto il corpo, in ogni cellula. Quandoarriva agli organi lo Shen lascia un’impronta particolarein ognuno, uno spirito, un’animazione, un aspetto delmentale, per poi prender dimora nel cuore e così guidarel’orientamento profondo dell’individuo nel corso dellavita.

Di particolare interesse è l’idea che sia lo Shen a sceglierei genitori, e non il contrario; è come se ognuno di noiscegliesse in quale contesto improntare la propria esi-stenza. Lo Shen dell’universo quando si radica nell’indi-viduo lo colora e lo guida, esprimendo tutte le istanzepsichiche, emozionali e spirituali. Per questa ragione se-condo la Medicina Cinese l’intelligenza profonda del-l’uomo risiede nel cuore (dimora dello Shen) e da qui sidiffonde a tutto l’organismo attraverso il sangue, veicolodello Shen. La convinzione che l’unità corpo-spirito siala base della vita è fondamentale nella Medicina Tradi-zionale Cinese; questa fusione si instaura all’inizio dellavita che nasce e ne permette così la generazione e lo svi-luppo e rappresenta inoltre l’incarnazione e la rappresen-tazione dello spirito universale nella materia. “Ciò che ilcielo dà all’uomo è la potenza, virtù-de, ciò che la terradà all’uomo è il qi, de e qi si muovono uno verso l’altro,allora c’è vita; l’origine della vita è detta jing. Quando idue jing si afferrano mutuamente è detto shen” [Lin-

gshu, cap. 54]: i due principi universali (rispettivamenteyang e yin) generano vita fondendosi uno nell’altro edoriginando così l’essenza vitale jing, solo l’unirsi dei duejing (l’essenza del padre e della madre) permette l’incar-nazione dello Shen che aderisce così ad un punto speci-fico del tempo e dello spazio dando inizio all’esistenzaumana completa. Shen in questa caso è il “sovrano”, lospirito che riunisce ed integra i singoli aspetti psichici diciascun organo, ma nel microcosmo uomo esiste ancheun livello psichico paritetico situato a livello di ciascunorgano nei quali dimorano le cinque anime vegetative,ciascuna dotata di propria individualità e valore e che èfondamentale per l’espressione integrata del tutto. “Hun,shen, po, yi e zhi prendono shen come loro sovrano, per-ciò sono chiamati shen” [Neijing Suwen]. Shen, Hun,Po, Yi e Zhi sono gli aspetti psichici specifici, le animevegetative dei singoli organi: “il cuore conserva lo shen,il polmone po, il fegato hun, la milza yi, il rene zhi”[Suwen, cap. 23].

Hun e PoAbbiamo visto come l’uomo sia generato dall’unionedelle energie del Cielo e della Terra e come queste si ri-flettano nella sua struttura costituita da anima e corpo.“Per vivere l’uomo attinge ai soffi del Cielo e della Terrache sono vie dello Yang-Yin. A partire dall’Uno vengonoprodotti i due principi, lo Yang e lo Yin; da questi dueprincipi sono prodotti i diecimila esseri” [Lei Jing]. Ap-partenenti agli aspetti psichici Shen, gli Hun rappresen-tano gli aspetti del Cielo, i Po quelli della Terra. Gli Hun,o Anime Spirituali, che hanno la loro dimora nel fegato,sono entità sottili, leggere, yang, permettono nell’uomol’espressione dell’energia spirituale eterea del Cielo edalla sua morte lì fanno ritorno; i Po, o Anime Corporee,che alloggiano nel polmone, coordinano gli aspetti psi-chici della vita vegetativa, le emozioni più istintive edautomatiche, i riflessi vitali istintivi, sono legati alla Terradove, dopo la morte, lì si dissolvono.

Gli ideogrammi di Hun e Po sono costituiti da un radi-cale destro uguale ad entrambi, Gui, che significa spirito,fantasma; il pittogramma Hun ha inoltre, a sinistra, unaltro radicale che rappresenta le nubi e quindi ne indical’aspetto etereo legato al cielo mentre il radicale di sini-stra di Po significa bianco, il colore legato alle ossa ed almovimento Metallo quindi espressioni yin, strettamentelegate alla Terra. Po è legato quindi all’aspetto materico,corporeo ed il suo normale vigore permette di mantenerebuone condizioni di salute e forza dell’organismo; è le-gato al corpo ma non si identifica con questo, ma è piut-

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Il contributodella Medicina Tradizionale CineseCarlo Di Stanislao1, Rosa Brotzu2

1Presidente Associazione Medica per lo Studio dell'Agopuntura2Presidente Centro Studi Xinshu, RomaE-mail: [email protected]

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tosto la “coscienza corporea” che permette l’estrinsecarsidelle essenziali funzioni vitali. Hun è invece espressioneyang, ed è definito come la “luce, la fiamma “ di Po chene è la sua radice. Mentre Po è identificabile con l’intel-ligenza corporea, Hun corrisponde all’immaginazione,all’aspetto onirico, alla trance.

Come per tutte le coppie yin-yang, lo stato naturale con-siste nell’armonia dei due aspetti, quando yin e yang flui-scono, si integrano e si trasformano uno nell’altro mentreogni alterazione dell’equilibrio dinamico dei due poliproduce patologia. Se Po perde il legame di interazionee scambio con Hun rimane privo degli aspetti dinamicidel pensiero, impoverito e chiuso su sé stesso, fissato suipropri aspetti patologici corporei, pensiero primitivo,privo di accesso al simbolico.

D’altra parte se Hun perde il legame con il suo corrispet-tivo corporeo ne deriva invece uno squilibrio in cui hun,slegato dalla coscienza corporea, produce attività mentalereferente solo a se stessa, senza alcun legame con la realtàconcreta, pensiero isolato che può addirittura creare pro-prie percezioni allucinate. Ci piace ricordare però che lepotenzialità di Cielo e Terra possono permettere anchestati di coscienza alterati che non sono da additare comepatologia. La separazione tra yin e yang che normal-mente si identifica con la morte si può avere anche inraffinate pratiche meditative o nel sogno, quando il pre-supposto è il “vuoto del cuore”, per raggiungere livelli dicoscienza molto elevati dove ogni separazione è annul-lata. “Nel sogno ci si può trasformare ma nella veglia nonsi può: ciò è la separazione e l’unione di yin-yang, la se-parazione viene dal vuoto, mentre l’unione viene dalpieno. Questo è segno di Hun e Po, e in realtà costituisceanche la fine distinzione tra la vita e la morte. Se si riescea far sì che il cuore sia completamente vuoto, allora sarànecessariamente limpido e tranquillo e in sogno si rag-giungerà il punto critico tra la vita e la morte e la cono-scenza giungerà a grandi profondità” [Leijing, 1624,libro III, cap. 9].

Yi e ZhiNel complesso sistema delle corrispondenze contemplatodalla Teoria dei Cinque Movimenti Yi e Zhi sono rispet-tivamente collerati alla milza ed al rene che li ospitanoma, come per le altre anime vegetative, anche queste nonsono aspetti di sola pertinenza medica ma, come perShen, Hun e Po, sottendono anche concetti filosofici eduniversali oltre che gli specifici aspetti psichici corrispon-denti e quindi semplificarne il significato non è facile.Yi si può tradurre come proposito, intenzione, aspira-zione mentre Zhi indica la volontà, la determinazione aportare a termine i progetti.

Entrambi questi aspetti psichici sono strettamente legatial cuore: è il cuore che, se correttamente orientato, per-mette a desideri, e determinazione nel realizzarli, di di-rigere e condurre l’uomo lungo l’asse della propriaesistenza ma se tale imperatore è disorientato da passionio emozioni eccessive o fuorvianti, proposito e volere sidissociano e disorganizzano e si è preda di turbamenti esquilibri psico-emotivi. La centralità del cuore in taliaspetti psichici è indicata dai rispettivi ideogrammi:

quello che definisce Yi è formato nella parte inferiore dalsegno del cuore mentre la parte soprastante rappresentauna nota musicale volendo così rappresentare l’armonicaespressione del cuore che si manifesta in pensieri, aspi-razioni, azioni armoniosamente coordinati da un respon-sabile direttore d’orchestra. “Quando il cuore si applicasi parla di proposito” [Ling Shu, cap. VIII]. E’ il “motodel cuore” che diventa cosciente, manifesto, anche soloa sé stessi ma comunque espresso in un suono interiore,in un proposito.

Lo Yi alloggia nella milza che corrisponde all’elementoTerra e quindi al movimento che accoglie, elabora e tra-sforma non solo i metaboliti e l’energia da questi estrattama anche i pensieri, le emozioni che così elaborate di-vengono riflessioni indispensabili al cuore per formularei propri propositi ed intenzioni. Se l’organo milza è indeficit ci può essere una insufficiente od alterata elabo-razione psichica che porta ad un disordine mentale edincapacità di analisi.

Molte sono le emozioni che possono ledere il qi dellamilza: la preoccupazione, la depressione, le rimugina-zione eccessive attaccano l’energia dell’organo Terra e neimpediscono la normale attività bloccando tutte le tra-sformazioni. Si avrà così una incapacità a elaborare pen-sieri e propositi. Perché il proposito si realizzi è necessariol’intervento di Zhi, della volontà, espressione dello shendi rene: l’aspetto psichico del rene determina la capacitàdell’uomo di realizzare quanto ha progettato. Zhi iden-tifica la forza di carattere, la determinazione, la fermezzanel realizzare i propri intenti. Anche Zhi è una ulterioremanifestazione del cuore, che convinto nel suo propo-sito, persiste nella volontà e nel progetto per realizzarlo.

L’ideogramma di Zhi infatti è costituito sempre dalsegno del cuore inferiormente e nella parte superiore daun radicale che indica una pianta che inizia al elevarsidal suolo ad indicare qualcosa che cresce “appoggian-dosi” ad un’attività del cuore, dello Shen, che avvalen-dosi dell’energia innata conservata nel rene, si concretizzaverso un fine. Così l’intenzione, consolidata dalla rifles-sione e realizzata dalla volontà, può arrivare all’agire.

Secondo la filosofia taoista l’azione del saggio si adeguasempre al Tao ed è quindi prima di tutto consapevolezzadel proprio Essere, capacità di saper adeguare e mante-nere la propria essenza, i propri desideri ed azioni in ar-monia con l’interno e l’esterno, rispettandoli ed evitandosprechi e dispersioni di energia. La volontà Zhi è quindialloggiata nel rene poiché questo organo conserva l’es-senza vitale innata, Jing, di tutto l’organismo ed un at-tacco a tale organo è perciò molto grave poiché lede lebasi stesse l’essere.

Un danno al rene determinato anche da fattori emozio-nali come la paura o la collera intense e protratte, por-tano non solo ad un indebolimento fisico generale maanche un decadimento psichico e mentale con smarri-mento e depressione, venendo a mancare lo scopo, il de-siderio di vivere spinto dal moto del cuore e radicatograzie all’energia del rene. L’insieme delle animazionipsicospirituali dell’uomo, le varie impronte che lo Shenlascia negli organi, sono denominate “Ben Shen” e tra-dotte in diversi modi: “anime vegetative”, “spiriti vitali”,

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“radici dello Shen”. Ognuna delle “Ben Shen” può essereconsiderata come una forma particolare di psichismoinerente ad ogni organo. Sono cinque.

Lo Shen, che alberga nel cuore, che è considerato il so-vrano degli altri organi, e rappresenta il centro del-l’uomo, lo spirito vitale, l’intelligenza globale, la capacitàdi sintetizzare le informazioni ricevute ed accedere ad unlivello più elevato di comprensione.

Lo Shen è la capacità di giudizio, la facoltà di percepirela realtà fondamentale delle cose, la conoscenza diretta,non distintiva. In MTC la conoscenza razionale, mediataè invece attribuita al cervello che fa parte di un gruppodi visceri denominato “Visceri Straordinari”, che descri-veremo in seguito.

Lo Zhi, che alberga nei Reni e che rappresenta la vo-lontà, la capacità di agire, la buona condotta di vita.

Lo Yi che alberga nella milza e che rappresenta il propo-sito, l’intento, l’aspetto razionale del pensiero.

Lo Hun, che alberga nel fegato e che rappresenta la crea-tività, l’ideazione, la capacitàdi espressione, l’immagina-zione.

Il Po, che alberga nel polmone, che rappresenta l’istinto,l’aspetto inconscio dellapsiche.

E' noto che secondo la Medicina Tradizionale Cinese(MTC) la malattia è sempre provocata da uno squilibriotra le due polarità Yin e Yang, squilibrio che può esseredovuto a cause interne, esterne e varie. Ciascuna alterale funzioni degli organi e dei meridiani secondo specifi-che modalità.

Tra le cause interne la MTC ricorda le 7 emozioni (gioia,tristezza o dolore, preoccupazione, pensosità, paura, ter-rore, rabbia ), una alimentazione inadeguata, nonchèl'eccesso di lavoro, che in linguaggio moderno po-tremmo chiamare stress. Ogni organo è collegato a unaparticolare emozione ma gli organi che sostengono l'at-tacco di tutte le difficoltà emotive sono due: il Cuore eil Fegato. Trattare gli organi adeguati attraverso i rispet-tivi meridiani può servire a sostenere le persone che vi-vono un momento emotivamente stressante,contribuendo a ristabilire gli equilibri e a prevenire ulte-riori crisi. Vediamo lo schema riassuntivo e sinottico sot-tostante (tabella 1), segnalando che, nelle formeprotratte, si crea un esaurimento del Jing che comportasomatizzazioni gravi e spiega, in chiave energetica, comeuna disagio psichico, dopo uno stato solo disfunzionale,possa indurre anche patologie organiche severe e persinosviluppo di cancro.

Circa le piante da usare in chiave energetica invece si use-ranno:

• Stasi di Qi di Fegato: Tarassaco, Cynara, Cardo Ma-riano;

• Fuoco di Fegato: Lavanda, Passiflora e Biancospino;

• Iperattività dello Yang di Cuore: Valeriana e Passiflora;

• I Catarri ostruiscono il Cuore: Fumaria e Biancospino;

• Vuoto di Jing: Equiseto, Solidago e Achillea.

Sono utilizzati di preferenza Estratti Fluidi, a stomacopieno, 15-30 gtt da una a tre volte al dì, per periodi di1-3 mesi. g

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Tabella 1Tavola sinottica

generale di diagnosi e terapia.

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L’ansia è definibile come un penoso sentimentodi minaccia imminente, che deriva dall’attesadi un pericolo di cui non si conoscono natura e

provenienza. Ne consegue una momentanea disorganiz-zazione del comportamento e delle funzioni cognitivo-volitive. Si tratta del disturbo psichiatrico più comune:colpisce infatti il 20% della popolazione. Raramente sipresenta come un disturbo “puro”: la depressione, adesempio, comprende sempre elementi di ansia.

Dal punto di vita fisiopatologico, l’ansia si presenta sottola forma di sindromi funzionali diverse legate a disordiniautonomici, il cui correlato psicopatologico è uno statopermanente di allarme e di paura. L’ansia è uno stato af-fettivo puro; quando vi si accompagnano sintomi soma-tici, si parla propriamente di angoscia. Sotto il profiloclinico, la sintomatologia ansiosa si sostanzia in tre ele-menti: immagine peggiorativa dell’esistenza; attesa di unpericolo; disperazione. Il quadro clinico dell’angoscia èpiù variegato. Esso può comprendere sintomi respiratori(dispnea), sintomi cardiovascolari (tachicardia, extrasi-stolia), sintomi digestivi (dalla pirosi ai dolori crampiformi), sintomi urinari (disuria, “false cistiti”), sintomineuromuscolari (contratture dolorose, fino alla fibro-mialgia), sintomi cutanei (non dimentichiamo che la co-mune origine embriologica di cute e sistema nervosorende conto di numerose somatizzazioni cutanee).

La nevrosi d’ansia è un quadro psicopatologico di baseche può evolvere verso quadri particolari come la nevrosifobica, l’ipocondria, la depressione o le psicosomatosi.

La nevrosi fobica si distingue dalla paura perché nonscompare di fronte all’esame di realtà e si distingue daldelirio perché il fobico è consapevole dell’irrazionalitàdei suoi timori. Le fobie si associano spesso alle ossessionidando luogo a un quadro di nevrosi ossessivo-fobica. Lanevrosi ossessiva riguarda la condizione di un pazientespinto incoercibilmente a compiere atti o ad astenersene;a formulare pensieri coatti, estranei e invasivi. La reite-razione delle ossessioni conduce all’attuazione di ritualiripetitivi. Si distinguono quattro tipologie di ossessioni:semplici, interrogative, inibitrici, impulsive.

Si distinguono cinque forme cliniche dell’ansia: il di-sturbo da attacco di panico (DAP), gli stati di stress po-sttraumatico (PTDS), gli stati ansiosi generalizzati, lefobie sociali e gli stati ossessivo-compulsivi (OCD).

Il DAP consiste in attacchi di panico ricorrenti e impre-vedibili, seguiti da almeno un mese dal persistente ti-more di un nuovo attacco. Esso esordisce in genere dopoi 20 anni e può essere scatenato da situazioni stressanti,abuso di farmaci o di sostanze. Il suo quadro clinico si

sostanzia in una crisi simpatica comprendente difficoltàrespiratorie, instabilità, paura di morire e/o di impazzire,sensazione di irrealtà, alterazione della termoregolazione,disturbi digestivi, parestesie, tachicardia, sudorazioni,tremori. In un’alta percentuale di pazienti con il DAPviene riconosciuta una predisposizione genetica. Il 50%dei soggetti in questione è anche affetto da depressione,il che è in accordo con la buona risposta terapeutica -oltre che alla psicoterapia - ai farmaci antidepressivi.

I PTDS si manifestano come un disturbo ansioso checolpisce soggetti che sono stati testimoni di eventi parti-colarmente stressanti. La sintomatologia consiste in epi-sodi ricorrenti di terrore collegati ad attivazione delsistema adrenergico, disorientamento emotivo e senso diprostrazione. Il 50% di questi pazienti presenta ancheDAP. La terapia prevede l’uso di propanololo o cloni-dina. Gli stati ansiosi generalizzati si manifestano comepreoccupazioni sproporzionate della durata di almenosei mesi che si accompagnano a tensione motoria, ipe-rattività neurovegetativa, aumento dello stato di vigi-lanza, difficoltà di concentrazione. La terapia prevedel’uso di benzodiazepine, SSRI, antidepressivi triciclici(come la amitriptilina, l’imipramina e la clomipramina).

Si denominano fobie sociali le conseguenze di una timi-dezza esagerata, che si caratterizzano per un’ansia persi-stente ad affrontare determinate situazioni sociali(parlare o firmare in pubblico, incontrare altre persone,effettuare telefonate e così via). In tali condizioni coesi-stono sintomi fisici (per es. l’ereutofobia, il cosiddetto“arrossire”) e sintomi cognitivi. Il trattamento prevedela psicoterapia e l’uso di SSRI.

Il disturbo ossessivo-compulsivo (OCD) è una condi-zione cronica caratterizzata da ossessioni (dubbi o paure)e pulsioni incontrollabili. Per alleviare lo stato d’ansiache ne deriva, il paziente esegue atti ripetitivi (compul-sioni). In questa condizione si osserva un’alterazione deinuclei della base (in particolare, un’esaltazione dell’atti-vità del nucleo caudato). Anche in questi casi, la psico-terapia può essere affiancata dall’uso di inibitori selettividella ricaptazione della serotonina (SSRI), il cui “capo-stipite” è la fluoxetina (Prozac). Entrambi i trattamentiprovocano una diminuzione di attività del nucleo cau-dato (ci sono evidenze di brain imaging), in accordo conil dato fisiopatologico sopra ricordato.

Affrontare l’ansia con un approccio omeopatico è sicu-ramente possibile, fatte alcune premesse. Se il fenomenoè acuto o subacuto, come si verifica nel caso di prove oesami o in attesa che normali situazioni della vita trovinouna definizione, l’aspettativa di un rapido miglioramento

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Il contributo dell’omeopatia

Luigi Turinese

Medico, psicoterapeuta, esperto in omeopatiaE-mail: [email protected]

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QUADERNI DI MEDICINA INTEGRATA

è realistica. Nei casi cronici, nei quali la struttura dellapersonalità si è formata su imprinting remoti o qualorail soggetto sia sottoposto a stress ripetuti o di lunga du-rata, il trattamento sarà più complesso: oltre a prevederel’uso di medicinali di fondo ( o di terreno) e/o costitu-zionali, non di rado sarà opportuno indirizzare il pa-ziente verso una qualche forma di psicoterapia.

Descriverò di seguito le patogenesi sperimentali di alcunimedicinali per quanto attiene alla presenza in esse di unasintomatologia ansiosa. La posologia risponde alle regoleconsuete: la scelta della diluizione più appropriata tieneconto del livello di similitudine, sebbene - trattandosi didisturbi nervosi - le diluzioni medio-alte siano comun-que preferibili; la frequenza di somministrazione seguel’andamento clinico, nel senso che nei casi acuti può es-sere pluriquotidiana, mentre nei casi cronici va da unavolta al dì sino a una volta alla settimana; la durata deltrattamento, infine, è estremamente variabile, per cui ilpaziente va periodicamente monitorato, evitando tutta-via di sollecitarlo a troppo frequenti autovalutazioni,pena il rischio di sollecitare il tratto ansioso della perso-nalità.

Aconitum napellus - Crisi di angoscia ad aggravamentonotturno, con parestesie, sintomi pseudocardiaci, pauradella morte. Sebbene Aconitum sia noto soprattutto neltrattamento di certi tipi di febbre a insorgenza rapida, sirivela una buona soluzione anche in caso di DAP, di cuiriproduce la subitaneità e la sintomatologia di eretismocardiaco.

Argentum nitricum - È il medicinale elettivo quando visia ansia di anticipazione in pazienti fobici, concitati eangosciati, con diarrea, gastralgie, pollachiuria, vertigini,disfonia, paura del vuoto. Merita anche un posto diprimo piano nella terapia del DAP cronico.

Gelsemium sempervirens - Noto semplicisticamentecome “il rimedio degli esami”, descrive in effetti un’ansiadi anticipazione con inibizione psicomotoria, fino quasiallo stato stuporoso. Possono coesistere diarrea, tremoree cefalea. Anche Gelsemium può vantaggiosamente im-piegarsi nel DAP, in particolare nella variante “paraliz-zante”.

Ignatia amara - Appartenente alla famiglia delle Loga-niacee, come il medicinale precedente e il successivo,Ignatia corrisponde a stati ansiosi generalizzati scatenatida cause affettive, con estrema variabilità dell’umore esintomi contraddittori e paradossali migliorati dalla di-strazione.

Nux vomica - La sintomatologia evocata da questo me-dicinale è figlia dei nostri tempi, per cui potremmo direche se sapessimo gestire meglio lo stress le prescrizionidi Nux vomica crollerebbero. Siamo di fronte a uno statoansioso generalizzato in pazienti iperattivi, impazienti,irritabili, con stile di vita poco salutare e spesso affetti dadispepsia non ulcerosa.

Come canta Battiato: “Sulle strade al mattino il troppotraffico mi sfianca; mi innervosiscono i semafori e glistop, e la sera ritorno con malesseri speciali. Non servonotranquillanti o terapie, ci vuole un'altra vita [...] Nonservono più eccitanti o ideologie, ci vuole un'altra vita”.

Arsenicum album - Terreno ansioso con OCD in pa-zienti con carattere anale (meticolosità, precisione, ava-rizia).

Arnica montana - PTDS.

Calcarea carbonica - A dispetto del carattere lento eflemmatico, il tipo sensibile presenta note ansiose sin dal-l’infanzia, con frequenti sintomi di spasmofilia normo-calcemica.

Lycopodium clavatum - L’ansia è prodotta dal senso diinadeguatezza del tipo sensibile, legato a un “ideale del-l’io” molto alto e pertanto irraggiungibile (perfezioni-smo, temperamento autocritico e ipercritico).

Lachesis mutus - Stati di ansia generalizzata in pazientisuscettibili, gelosi, ciclotimici. Si tratta di un correlatofrequente della sindrome climaterica.

Phosphorus - Rappresenta una tipologia sensibile carat-terizzata da morfologia longilinea, amabilità, socievo-lezza, desiderio di relazioni. Al crepuscolo appare soventeuno stato ansioso.

Iodum - Nella sua patogenesi è riprodotto il correlatoneuropsichico dell’ipertiroidismo.

Medorrhinum - Bioterapico del modello reattivo sico-tico, sul piano psichico presenta stati di ansia generaliz-zata: frettolosità febbrile e inefficace, incapacità dieseguire attività fini e di precisione, agitazione delle estre-mità. g

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Nella tradizione occidentale mediterranea sonodiverse le droghe vegetali cui viene attribuitaazione ansiolitica, a partire dalla classica Camo-

milla per anni fonte di vessazione nei confronti di poveried ignari genitori che la somministravano ai propri figli,tentando invano di placarli; difatti, a parte Camomillaromana, usata in infusione in acqua bollente per non piùdi due minuti primi, Matricaria chamomilla flos, la ca-momilla volgare ha forse più un effetto eccitante ed irri-tante (dovuto al camazulene, l’azulene proprio dellapianta) che non sedativo.Ho visto bambini pestiferi accompagnati da genitori conocchiaie da zio Fester della famiglia Addams, che menodormivano, più camomilla gli veniva data e più eccitatierano. Tanto per confondere un po’ le idee, la Camo-milla romana non è camomilla, ma Anthemis nobilis1 o,meglio, Chamaemelum2, della famiglia delle Compositae(o Asteraceae), e non è nemmeno romana, ma di originefrancese, germanica, ungherese, svizzera od inglese, tantoche un sinonimo è Falsa camomilla (Svizzera)3. E’ questala varietà che si utilizza maggiormente in cosmesi (bisa-bololo) per conferire ai capelli un colore più chiaro.Venne trovata (miracolosamente) da tale GiovacchinoCamerario nel 1588, del tutto casualmente, nei dintornidella capitale e così nacque l’equivoco. Ed io mi sonotolto un peso: erano anni che volevo diffondere questidati.Un’altra droga vegetale cui viene attribuita attività seda-tiva è Biancospino, Crataegus oxyacantha, folium cumflore4. Farmaco fantastico per il cuore, proponendogliaumento della circolazione coronarica, attività antiarit-mica (inibente i canali di K+) ed inotropa e batmotropapositiva, ma, secondo il mio modestissimo parere, chileggeva le proprietà di biancospino o era pigro, o avevafretta, fatto sta che lesse sedativo, ma non il lemma suc-cessivo, cioè cardiaco. Almeno, in questo caso, la improv-vida somministrazione - a meno che non sia sommini-strata contestualmente digitale, che ne viene potenziata- non può causare effetti collaterali degni di questonome, visto che anche a dosi generose non sono ancorastati registrati effetti dannosi: poche sono le droghe ve-getali che possono vantarlo.La più classica Valeriana, Valeriana officinalis, radix è, in-vece, di antica tradizione nella medicina mediterranea,dato che l’effetto ipnoinducente venne già descritto daIppocrate. I principi attivi sono acido valerenico, bor-neolo, sesquiterpeni. La somministrazione è semplice,come infuso: grammi 3 per tazza, anche più volte al

giorno. Si trova spesso in forma estratta e va sommini-strata in relazione alla dose già esposta: quindi un estrattosecco D:E 5:1, ne comporterà una dose di circa mg 600,una o più volte al giorno. Come tintura, da mezzo ad uncucchiaino da una a tre volte al dì. Il meccanismo diazione coinvolge il sistema dell'acido gamma-aminobu-tirrico (GABA) ed il recettore per le benzodiazepine,tanto che occorre attenzione, alle dosi predette, in casodi contemporanea somministrazione di diazepine oanche di anticonvulsivanti, specie barbiturici; addiritturaè stato descritto il caso di un paziente che, in vicinanzadi un intervento chirurgico, sospese l’assunzione delladroga, con comparsa di tachicardia, agitazione psicomo-toria e oliguria; una vera e propria sindrome da asti-nenza, corretta con la somministrazione di benzodiaze-pine.Raramente può dare sonnolenza diurna o cefalea, sin-tomi dose-dipendenti ed in correlazione allo stato di sen-sibilità individuale. La dose è sempre molto importante:spesso le droghe vegetali sono misconosciute e vengonotrattate quali rimedi di poca entità; così nascono i pro-blemi derivanti dal sotto - o, al contrario, dal sovra-do-saggio.La droga vegetale è un farmaco, a tutti gli effetti e nevanno conosciuti dosi, indicazioni, controindicazioni edeffetti collaterali, alla stregua di qualsiasi altro farmacodi sintesi; è anche vero, per contro, che la somministra-zione per os, la peculiarità del rimedio (veramente) na-turale, fa sì che gli effetti indesiderati siano nettamenteinferiori a quelli segnalati in letteratura per quanto con-cerne i farmaci di sintesi. Però ci sono e non vanno sot-tovalutati5.Spesso si associa a Valeriana la Passiflora, Passiflora incar-nata, di cui si usano fiori e foglie. Mutua il suo nomedalla peculiare conformazione del fiore, ove spiccano trestili, circondati da una sorta di corona che appare comela corona di spine apposta sul capo di Cristo dai milizianiromani prima della crocifissione. Pare che la corona dispine fosse costituita dai rami di Ziziphus jujuba, varietàspinosa, di cui tratterò più avanti.Tornando al nostro fiore, i tre stili simboleggerebberoper alcuni la Trinità, per altri i chiodi; la pianta, origina-ria del Sud America venne così chiamata dai missionarial seguito dei conquistadores. Quindi fiore della Pas-sione, intesa questa come patimento prima della ucci-sione del “Re dei giudei”, così come il frutto che nenasce, il Frutto della Passione, dotato di apprezzabili ca-pacità remineralizzanti (Fe, K) e revitaminizzanti (A e

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Il contributo della fitoterapia

Gabriele Saudelli

Medico, esperto in fitoterapiaE-mail: [email protected]

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C), noto anche come maracuja o grenadilla, non deveindurre ad interpretazioni di altro genere, come spessoaccade.Tornando al fiore/parti aeree, esso contiene flavonoidi,cumarine ed alcaloidi armanici che su sezioni di muscololiscio di animale giustificò la presunta azione spasmoli-tica. alcaloidi indolici: armano (passiflorina), armolo, ar-mina, armalna, armalolo. flavonoidi: apigenina, vitexina,querctina, isovitexina, luteolina, orientina, isoorientina,saponaretina, kempferolo, schaftoside, lucenina, rutina.steroli: sitosterolo, stigmasterolo. olio essenziale; pectine;maltolo; etilmaltolo; tannini; acidi polifenolici6. L’effettoè per lo più imputabile ai flavonoidi (apigenina, vitexina,quercetina, isovitexina, kempferolo, rutina e crisina, ago-nista parziale recettore benzodiazepine, etc.) che ne giu-stificano l’impiego in ansia, insonnia, irritabilità e nellesindromi peri- e post-menopausali.La dose come infuso è di circa 2 grammi da mantenerein acqua bollente per quindici minuti, poi filtrare ed as-sumere fino a tre volte al dì. La tintura prevede un cuc-chiaino da tea da due a tre volte al dì. Come Valeriana,anche Passiflora può elicitare gli effetti delle benzodiaze-pine. In letteratura è stato segnalato un caso di vasculitecutanea e orticaria, cinque di stato confusionale ed unodi nausea, vomito, sonnolenza, alterazioni elettrocardio-grafiche (aumento dell’intervallo QT e aritmia ventrico-lare). Data la frequente diffusione ed utilizzo di taledroga, oserei affermare che l’impiego, anche pediatrico,possa ritenersi abbastanza sicuro.Ho precedentemente fatto cenno a Ziziphus jujuba, va-rietà spinosa8: è una varietà di giuggiola di cui si utilizzail seme. Frequente è l’utilizzo in medicina tradizionalecinese, in cui la denominazione botanico-medica è SuanZao Ren. I principi attivi conosciuti sono flavonoidi, tri-terpeni, acidi organici, acidi grassi, β-carotene, AMP ci-clico e GMP ciclico.La sua attività è diretta al cuore, che in Cina è la sede deisentimenti e delle passioni: l’impiego che se ne fa è comesedativo, tonico nervino (eufemismo per l’apoftegma“Ma perché non sei andato/a da un altro medico” che ilterapeuta vorrebbe rivolgere al/alla paziente), ossitocico(per cui è meglio astenersi dal prescriverlo in gravidanza),indicato nelle aritmie cardiache, cardiopalmo, ipersudo-razione e, ovviamente, insonnia.Esperimenti farmacologici effettuati su animali trattaticon i semi di Zizyphus jujuba hanno evidenziato effettimiorilassanti ed ipnoinducenti. I flavonoidi e le saponinecontenute nei semi di Zizyphus jujuba sono state ampia-mente testate per l’attività ansiolitica ed ipnoinducente,sia da sole che in associazione con ansiolitici classici. Ge-neralmente, agiscono diminuendo i livelli di neurotra-smettitori monoaminici cerebrali e producendo uneffetto miorilassante. Se impiegate in associazione, pro-ducono un sinergismo d’azione nell’ipnosi indotta da an-siolitici di origine sintetica e assunti abitualmente interapia, come barbiturici o benzodiazepine. L’effetto èdovuto ad un potenziamento dell’interazione farmaco-recettore a livello cerebrale. In medicina cinese è il rime-dio principe nelle insonnie.

Vanta, inoltre, un interessante effetto ipotermizzante,estremamente utile nel trattamento dei sintomi relati allasindrome menopausale. La dose in decotto è di grammi10-15; reperibile in estratto secco 5:1 (quindi capsula-bile), se ne possono somministrare - in questa forma far-maceutica - grammi due o tre al dì, anche in dosi refrattenell’arco della giornata, in modo da preparare il pazienteall’orario notturno.In associazione ad altre droghe come Anemarrhena aspho-deloides, Ligusticum chuanxiong, Poria cocos e Glycyrrhizauralensis costituisce il principale ingrediente della formu-lazione Suan Zao Ren Tang9, ove Tang significa sempli-cemente decotto, quindi decotto di seme di giuggiolaspinosa. Come tale (in commercio in compresse diestratto secco) si utilizza nelle sindromi ansiose, con in-sonnia, palpitazioni, tachicardia.Molto maneggevole e sicura. La paziente più giovane cuiho somministrato la ricetta, ovviamente tenendo benpresente il peso corporeo ed il dosaggio conseguente,aveva appena due mesi di vita: non aveva mai dormitodopo il parto; sono state sufficienti tre dosi serali per ri-pristinare o, meglio, indurre un decente ritmo sonno/ve-glia. Ovviamente le interazioni sono di potenziamentodei rimedi di sintesi, ipnotici o sedativi che siano.Un altro rimedio della farmacopea cinese, ben presenteanche in quella dell’Europa orientale, sempre più stu-diato ed utilizzato, è Scutellaria baicalensis, radice, in ci-nese Huang Qin10. Chi legge ne condividerà il mioentusiasmo: è droga decisamente polivalente, dato che sipassa dalla azione antibiotica: streptococchi, stafilococ-chi, diplococco pneumoniae, pseudomonas, b. Koch,leptospire, a quella antistaminica, all’azione antipiretica,a quella ipotensiva e diuretica, per passare all’azioneazione coleretica e ipocolesterolemizzante, ovviamentenon trascurando l’azione sedativa sul SNC.Aggiungo la sua azione significativamente inibente la ri-duzione della sintesi di PGE2 su due linee cellulari di caprostatico una androgeno-dipendente, l’altra non andro-geno-dipendente; uno studio su cavie animali dimostròriduzione del 50% della massa tumorale dopo un tratta-mento di appena 7 settimane. Sembra pertanto che sistia profilando un chemioterapico molto promettente11

per il futuro. Non solo per noi maschietti: sono da pococomparsi promettenti studi su ca. mammella, fegato ecolon12. Ma sto uscendo dall’argomento: la baicaleina,uno dei suoi principi attivi, agisce sul neurone GABA-ergico13, come le benzodiazepine, promuovendo un au-mento dell’ingresso di ioni Cl, rendendo più difficile ladepolarizzazione e quindi riducendo l’eccitabilità neu-ronale, comportandosi, di conseguenza, come un classicoansiolitico14.Un altro principio attivo reperito nel 1997 è la melato-nina: attualmente è la pianta a più alto tasso di melato-nina conosciuta15. Il che aiuta a comprendere ancormeglio il suo ruolo nel trattamento dell’insonnia. Ladose per decotto è di 3-12 grammi/die; esiste in estrattosecco 5:1, per cui verranno prescritti, secondo caso, pesoed età mg. 600, fino al massimo di g. 2,4 al dì, diluitoin acqua o capsulato.

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Gravidanza: si usa nella minaccia d’aborto, specie se ac-compagnato da Atractylodes macrocephala, anche comeprevenzione, nelle pazienti predisposte.Classicamente è controindicato nelle diarree dovute alfreddo (così come nella minaccia d’aborto, se provocatada esposizione al freddo: ha infatti azione antipiretica,nel pieno senso letterale che il termine comporta). Inquesto esempio di droga vegetale, si può evincere l’im-portanza della ricerca in fitoterapia. Interagisce, poten-ziando, con warfarin e in genere con anticoagulanti(eparinoidi, dabigatran).Concluderei con una droga molto comune: Melissa offi-cinalis, folia16. Un classico ipnotico/sedativo, ma è anchegentile spasmolitico del tratto digerente e carminativo. Iprincipi attivi sono numerosi. Olio essenziale: citrale(miscela delle due aldeidi diasteroisomere geraniale e ne-rale), citronellale, geraniolo, eugenilacetato, cis e transbeta ocimene, linalolo, citronellolo, beta cariofillene, alfacubebene, copaene, beta bourbonene, germacrene D. Ilcitronellale e altre molecole contenute nell'olio essenzialeintervengono sui recettori per il TSH.Flavonoidi: letueolin 7 glucoside, ramnazina, cosmo-siina, ramnocitrina, isoquercitrina. Acidi polifenolici le-gati con legame glicosidico: acido rosmarinico, acidocaffeico, acido clorogenico, acido ferulico, acido proto-catechico. Triterpeni: acido ursolico, acido oleanolico,acido pomolico. Mucillagini costituite da glucosio, xilo-sio, ramnosio, acido galatturonico. zuccheri: planteosio,saccarosio. Polisaccaridi, tannino, canfora, acido succi-nico17.Utilizzata in infusione alla dose per tazza di 1,5-4,5grammi, anche più volte al giorno. E’ questa forse laforma di assunzione più idonea in corso di problemi di-gerenti con spasmi. Si può reperire la tintura alcoolicadi pianta e, in tale caso, da trenta a quaranta gocce trevolte al dì o, come estratto fluido 1:1: 15 gocce TID, inpoca acqua tiepida. L’azione emmenagoga ne sconsiglial’impiego in gravidanza. Inoltre, con meccanismo ancoranon chiaro, interferisce sui siti ricettoriali di TSH dellatiroide, determinando, nella lunga somministrazione,ipotiroidismo. Non nota, invece, è la eventuale interfe-renza con trattamento mediante tiamazolo/metimazolo.Più tranquilli? g [Bibliografia su www.siomi.it]

DOCUMENTAZIONE GENERALE

E DI RIFERIMENTO SULLA PNEIAder, R., Psychoneuroimmunology, IV edizione,vol. 1 e 2, Academic Press, Amsterdam, 2007. Sitratta del testo classico sulla materia, pubblicato perla prima volta nel 1981.

Berci, I., Szentivanyi, A., New foundation of bio-logy, Elsevier, Amsterdam, 2001. Un testo tecnicopieno di suggestioni di ricerca.

Bottaccioli, F., Il sistema immunitario, la bilanciadella vita, II ed., Tecniche Nuove, Milano, 2008.Uno studio approfondito sul sistema immunitario,con un capitolo finale su comportamenti e immu-nità.

Bottaccioli, F. Psiconeuroendocrinoimmunologia,II ed., Milano, 2005. Un testo ormai classico che èadottato nelle Università italiane. Questa edizioneè stata riscritta, ampliata e aggiornata.

Carosella, A. Bottaccioli, F., Meditazione, psiche ecervello, Milano, 2003. Una sintesi degli studiscientifici sugli effetti della meditazione sul cervelloe sulla salute.

Chrousos G., Neuroendocrine and immune cros-stalk, Annales of New York Academy of Sciences,New York, 2006. Atti del recente congresso dellaSocietà internazionale di neuroimmunomodula-zione.

Jablonka, E., Lamb, M., Evoluzione in quattro di-mensioni, UTET, Torino, 2007. Testo di notevoleinteresse, scritto da due biologhe e filosofe dellascienza, che demolisce la Sintesi neo-darwiniana.

Marmot, M., The status syndrome. How socialstanding affects our health and longevity, TimesBooks, H. Holt & Co., New York, 2004. Un testodivulgativo di epidemiologia sociale scritto da unodei maggiori studiosi, che documenta le influenzeche l’ambiente sociale ha sulla salute e sulla longe-vità.

McEwen, B., Handbook of physiology. Copingwith environment: neural and endocrine mecha-nisms, vol. IV, sec. VII, Oxford University Press,Oxford 2001. Un testo tecnico curato da uno deimaggiori neuroendocrinologi internazionali, che faparte della famosa serie del Manuale di Fisiologiache dal 1987 viene pubblicato dalla Società ameri-cana di fisiologia. Decisamente importante per chiha interessi di ricerca.

McEwen, B., The end of stress as we know it, DanaPress, Washington D. C., 2002. Si tratta di un librodivulgativo molto bello, dove lo scienziato illustrala sua visione innovativa della biologia dello stress.

Selye, H., The stress of life, II edizione, McGraw-Hill, New York 1976. È il testo più famoso delpadre dello stress. In questa edizione, l’ultima, Selyepresenta un aggiornamento di grande interesse edefficacia.

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Esempio di libro: Blumberg BS. The nature of Australiaantigen: infectious and genetic characteristics. In: PopperH, Schaffner F, editors. Progress in liver disease. Vol. IV.New York and London: Grune and Stratton; 1972. p.367-79.

Tabelle e figureTabelle e figure vanno richiamate nel testo e numerateconsecutivamente. Le figure devono essere presentatesotto forma di file JPG (anche in PowerPoint o PDF)oppure di stampe professionali in bianco e nero, nitide,di dimensioni non superiori a 18x24 cm, riportando aparte le relative didascalie, definendo tutti i simboli e leabbreviazioni usate. Ogni illustrazione deve portare sulretro, su un’etichetta adesiva, il numero progressivo, ilnome del primo Autore e l’indicazione dell’orienta-mento. Eventuali illustrazioni a colori saranno pubbli-cate a spese degli Autori.

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Esempio di articolo di giornale: Lebel MH, Freij BJ, Sy-rogiannopoulos GA, McCracken GS. Dexamethasonetherapy for bacterial meningitis. N Engl J Med 1988;15: 964-71.

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