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periodico di idee, informazione e cultura del Collegio Ipasvi di Roma

“Infermiere Oggi” pubblica articoli inediti di interesseinfermieristico, previa approvazione del Comitato diRedazione. L’articolo è sotto la responsabilitàdell’Autore o degli Autori, che devono dichiarare:nome, cognome, qualifica professionale, ente diappartenenza, recapito postale e telefonico. Il conte-nuto non riflette necessariamente le opinioni delComitato di Redazione e dei Consigli Direttivi.Quando il contenuto esprime o può coinvolgere laresponsabilità di un Ente, o quando gli Autori parlanoa suo nome, dovrà essere fornita anche l’autorizzazio-ne dei rispettivi responsabili.Il testo deve essere il più conciso possibile, compatibil-mente con la chiarezza di esposizione. Le bozze ver-ranno corrette in redazione. I lavori non richiesti enon pubblicati non verranno restituiti.Le citazioni bibliografiche devono essere strettamen-te pertinenti e riferirsi a tutti gli Autori citati nel testo.Le citazioni da periodici devono comprendere: ilcognome e l’iniziale del nome dell’Autore o dei primidue Autori, nel caso di più di due Autori, verrà indica-to il nome del primo, seguito da “et al”; il titolo origi-nale dell’articolo, il titolo del periodico; l’anno di pub-blicazione, il numero del volume, il numero dellapagina iniziale.Le citazioni di libri comprendono: il cognome e l’ini-ziale del nome degli Autori, il titolo del libro (even-tualmente il numero del volume e della pagina, se lacitazione si riferisce ad un passo particolare), l’editore,il luogo e l’anno di pubblicazione. Gli Autori che desi-derano la riserva di un certo numero di copie delnumero contenente il loro articolo, devono farnerichiesta esplicita al momento dell’invio del testo.Tutto il materiale deve essere spedito o recapitatoal Collegio IPASVI di Roma, Viale Giulio Cesare, 78- 00192 Roma.

Rubriche

Organo Ufficiale di Stampadel Collegio IPASVI di Roma

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DIRETTORE RESPONSABILE

Gennaro Rocco

SEGRETERIA DI REDAZIONE

Nicola Barbato, Stefano Casciato, Mario Esposito, Matilde Napolano, Carlo Turci

COMITATO DI REDAZIONE

Bertilla Cipolloni, Rodolfo Cotichini, Maurizio Fiorda, Maria Vittoria Pepe, Francesca Premoselli,

Maria Grazia Proietti, Ausilia M.L. Pulimeno, Emanuela Tiozzo, Marco Tosini.

Rivista trimestrale ottobre/dicembre 2006Tariffa Associazioni Senza Fini di Lucro: Poste Italiane S.p.A.

- Spedizione in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in. L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2, DCB Roma

Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 90del 09/02/1990

FOTO: MARIO ESPOSITO

STAMPA: GEMMAGRAF EDITORE00171 Roma - Via Tor de’ Schiavi, 227Tel. 06 24416888 - Fax 06 24408006e-mail: [email protected]

Finito di stampare: Marzo 2007

Tiratura: 26.000 copie

1 EDITORIALEdi Gennaro Rocco

3 IL PAZIENTE DIABETICO IN VIAGGIOdi Serena Guerriero

11 Valutazione della condizione di emergenza-urgenza:Il triagedi Anna Ricci

17 L’ASSISTENZA AL PAZIENTE NEL PREOPERATORIO: NORME DI ASEPSIdi Fabrizio Di Gregorio

21 LE COMPETENZE DELCOORDINATORE INFERMIERISTICOdi Massimo Menchella

26 Valutazione dell’insorgenza delle lesioni da decubito regione calcagno rispetto al rifacimento lettodi Massimo Giordani e Francesco Celletti

32 Il prelievo arterioso radiale per emogasanalisi: protocollo operativo per l’infermieredi S. Lancianesi, A.Coltellaro, G. Andreozzi

38 Gestione intraospedaliera della frattura di femore in pazienti ultrasessantacinquennidi Marco Tosini

46 RIFORMULAZIONE DELL’ART. 5.4DEL CODICE DEONTOLOGICODELL’INFERMIERE

47 LETTERA APERTA A…

49 COMMISSIONE RAPPORTIINTERNAZIONALI

50 GLI INFERMIERI ITALIANI AL VERTICE DELLA FEPI

52 Linea diretta con il Presidente

54 L’angolo dei media

59 RAPPORTO MEDICO-PAZIENTE:QUALE “STATO DI SALUTE”?IL PARERE DI UN ESPERTOdi Mariarita Barberis

64 Infermieri in rete

Cui prodest?

di Gennaro Rocco

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Un tormento mediaticosenza precedenti. Intol-lerabile perfino per chi,

come gli infermieri, è pur-troppo avvezzo al malcostumedell’irriconoscenza. Non ècerto la prima volta che lanostra professione viene fattaoggetto di assurdi strali e at-tacchi ingiustificati. Ma quantonelle ultime settimane, i media hannoscritto sui professionisti sanitari e sugliinfermieri in particolare, è veramentetroppo ed inaccettabile.Il caso del Policlinico Umberto I di Romaha fatto da detonatore di una mina cheè costantemente innescata sotto ladivisa degli infermieri. Da qui un’esplo-sione mediatica in uno stile censurabile,all’insegna dello “sparo nel mucchio”.Che tristezza!Ne parliamo diffusamente in questonumero, segnalando l’atteggiamentoottuso oltre che irresponsabile di certastampa. E non solo di questa. E la stampa purtroppo influenza l’opi-nione pubblica. Lo abbiamo visto con inostri occhi e sentito con le nostreorecchie, sui luoghi di lavoro come neibar, in metro o al supermercato. I mali della sanità sono tanti e noi infer-mieri li conosciamo e li denunciamo daanni. Sono anche però tante le testimo-nianze di buona sanità: professionistipreparati, seri e rigorosi che si formanoin lunghi e sempre più complessi corsidi studio. Professionisti che fre-quentano Master, corsi di Laurea spe-cialistica, Dottorati di ricerca con un at-

teggiamento ed uno spirito diabnegazione non proprio cosìdiffusi e comuni ai giorninostri. Infermieri che si barca-menano tra mille difficoltà,sempre pronti a farsi carico deidisagi dei pazienti e dei lorofamiliari 24 ore al giorno etutti i giorni dell’anno, perchésono sempre lì, comunque lì,

dove si erogano i servizi e le presta-zioni. E non c’è tempo di lamentarsiperché i carichi di lavoro sono este-nuanti. Non lo diciamo noi. Lo dicono leinnumerevoli lettere dei cittadini che cipervengono e che sono sempre pronti atestimoniare episodi e storie di profes-sionalità che li riguardano. Turni di lavoro raddoppiati, orari im-possibili perché mancano risorse. Sonoanni che lo diciamo. Siamo un Paese chea parità di popolazione ha la metà (dicola metà) degli infermieri che ha la GranBretagna che, pensate un po’, denunciache i suoi infermieri sono assoluta-mente insufficienti. Si, perché si para-metra con i Paesi del Nord Europa dovegli infermieri sono, in rapporto alla po-polazione, addirittura il triplo di quantine abbiamo in Italia. Di questo igiornali parlano poco e poco dicono delblocco delle assunzioni che coinvolgeanche gli infermieri. Così, nonostante lacarenza, rimangono disoccupati cen-tinaia di giovani che si sono laureatinelle nostre università negli scorsi mesidi novembre e dicembre. Ed a marzo cisarà la nuova sessione di laurea. Ma cherazza di Paese è questo? E’ possibile che

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nessuno abbia il coraggio di affrontareseriamente una volta per tutte questasituazione? Si, perché i mali endemicidel sistema sanità non vengono assolu-tamente scalfiti. I veri buchi della sanitàsono frutto di sprechi sotto gli occhi ditutti, di modelli organizzativi anti-storici, obsoleti, determinati e decisi dauna classe dirigente che (fatte le dovuteeccezioni), è scelta non tanto per le ca-pacità e per i curricula posseduti, maperché rispondente a logiche di sparti-zione delle poltrone perpetuate dallapolitica. Alla quale poi essa è tenuta arispondere.Ma qualcuno avrà il coraggio di denun-ciare una volta per tutte queste nefan-dezze? E alle denunce potrà finalmenteseguire qualche provvedimento che siain grado di determinare un cambia-mento di rotta? Noi ci crediamo, oalmeno lo speriamo. Così non puòandare avanti a lungo! Per tornare ai giornalisti, ai quali va ri-conosciuto un ruolo sociale importan-tissimo, anzi direi fondamentale, ri-tengo che essi debbano essere più co-raggiosi ed andare oltre la notizia dicronaca, quella che fa audience o fa au-mentare le tirature. Devono fare moltopiù “approfondimento”, devono pro-durre dossier in grado di esaminare condovizia di particolari il perché dellecose e renderne consapevole la gentecomune. Invitassero in trasmissioni diprima serata e di grande audience nonla Orlowski, ma infermieri che possanodiscutere seriamente di sanità!Qui non si tratta di difendere l’indifen-dibile. Qualche pecora nera ce l’ab-biamo pure noi. E allora? Può bastareciò per infangare da capo a piediun’intera categoria? Non siamo noi adare scandalo, certamente non più dichi decide e gestisce gli ambienti ospe-dalieri, di chi dovrebbe controllare e

non lo fa, di chi dovrebbe prevenire ese ne disinteressa. La nostra è una cate-goria che lavora sodo e con professio-nalità. Salvo eccezioni, d’accordo.Quelle eccezioni che, per primi, censu-riamo e condanniamo.Un episodio mi ha fatto riflettere ulte-riormente su questo tema. Mentre,dopo l’ennesimo scandalo di mala-sanità, dai media piovevano improperisugli infermieri, proprio nei giorni bol-lenti del caso Policlinico, a Cesenaandava in scena ciò che per noi è panequotidiano, o quasi. Un collega assi-steva, da spettatore, a una partita dicalcio del campionato juniores quandoun giovane calciatore è caduto a terraper un contrasto duro con un avver-sario; ha perso i sensi; non respirava.Era in arresto cardiaco e aveva i se-condi contati. Il collega si è precipitatosul terreno di gioco, ha capito subito lagravità del caso e ha preso in mano lasituazione: ha praticato un massaggiocardiaco e ha assistito e ventilato ilgiovane. Il quale, dopo qualche minuto,ha riaperto gli occhi. Era salvo. Tantoche è stato visitato in ospedale e di-messo poco dopo.Bella storia no? Eppure sui giornalineanche un riga, né in tv o alla radio,con la sola eccezione di un quotidianolocale (il “Corriere di Romagna”) che ri-ferisce di quanto accaduto. Pensate ache cosa sarebbe successo per un epi-sodio di segno opposto, magari con uninfermiere che sbaglia un soccorso.Apriti cielo! Sarebbe cascato il mondo,naturalmente sulla testa degli infer-mieri.Storture che si ripetono a ritmo for-sennato. Non un caso isolato, dunque.Ecco allora la domanda che tutti noidobbiamo porci. Perché? E soprattutto:cui prodest?

Il paziente diabetico in viaggio

di Serena Guerriero

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La patologia diabetica mostra, so-prattutto nei paesi industria-lizzati, un’elevata tendenza ad un

aumento sia dell’incidenza che dellaprevalenza. In particolar modo l’elevataprevalenza del diabete di tipo 2, haportato l’OMS a parlare di una vera epropria epidemia. Alla luce di questidati la mia attenzione si è soffermata suun aspetto non trascurabile della vitaquotidiana di questi pazienti: il viaggio,la vacanza. Lo scopo del mio lavoro èstato quello di reperire informazioni dapoter fornire al paziente diabetico chedecide di partire. Dare indicazioni, chiarire dubbi,ascoltare le richieste e le perplessità diun paziente rientra nella definizione dieducazione sanitaria, un aspetto pecu-liare della professione infermieristica,avvalorato dal Profilo professionale al-l’articolo 1, punto 2 dove si afferma:“L’assistenza infermieristica preventiva,curativa, palliativa e riabilitativa è dinatura tecnica, relazionale, educativa.Le principali funzioni sono la preven-zione delle malattie, l’assistenza deimalati e dei disabili di tutte le età e l’e-ducazione sanitaria”. Ruolo dell’infer-miere è valutare i bisogni del paziente ele richieste da egli avanzate; seguirlonell’attuazione dei consigli forniti, va-lutare il soddisfacimento al ritorno delviaggio e mettere in evidenza ciò che siè discostato dai piani, al fine di tenerlopresente in un’ esperienza successiva.Ogni paziente ha la sua personalità, lasua cultura ed il suo modo di fare: l’in-fermiere deve essere conscio che le sue

priorità potrebbero non coincidere conquelle del paziente e dei suoi familiari,che vanno assecondati dove abbianodelle richieste ed edotti dove abbianodelle conoscenze errate. A tal fine l’edu-cazione sanitaria deve essere prestatadopo un’approfondita valutazione delleabitudini, delle attitudini, delle convin-zioni, del modo e della capacità di ap-prendere del paziente, di quali siano leconoscenze sui rischi ai quali può andareincontro e se sappia come tutelarsi e achi riferirsi in caso di necessità. Daquesto consegue che l’educazione al pa-ziente diabetico che si reca in viaggiodeve essere personalizzata, in base aimezzi che si hanno a disposizione. Viaggiare è un’attività salutare per tutti,soprattutto per chi non gode di ottimasalute. Per chi soffre di malattie cro-niche, come il diabete, sarà il modo mi-gliore per acquisire maggiore dimesti-chezza nella gestione della propria pa-tologia, per rafforzare la fiducia in sestessi e sentirsi meno isolati, imparare acondividere la stessa esperienza conaltri.Indipendentemente che si tratti di lavoroo di piacere, un viaggio ben riuscito è unviaggio senza pensieri.

PRIMA DI PARTIRE

Prima di partire il paziente deve essere aconoscenza del proprio stato pato-logico, in tutti i segni ed i sintomi, edeve essere stato educato con doviziaall’autocura da parte di un professio-

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nista come l’infer-miere. Deve, inoltre,aver cura di procurarsiquanto indispensabileper la migliore ge-stione della glicemia equanto potrebbe rive-larsi utile per superare

eventuali emergenze che si presen-tassero lontano da casa e dal propriomedico di fiducia. Il viaggiatore affettoda diabete deve accertarsi che il luogo,meta del viaggio, possa assisterlo in casodi emergenza. E’ opportuno che si rechipresso il centro diabetologico di riferi-mento, per ricevere informazioni inmerito alla presenza di strutture at-trezzate e di facile reperibilità nella lo-calità prescelta. Il paziente con diabetedi tipo 1 (oggi anche i pazienti affetti dadiabete di tipo 2, ma più raramente) chevolesse abbandonare la routine di do-versi somministrare insulina nel sot-tocute tramite siringhe, può concertarecon il proprio team care diabetologicola possibilità di indossare un microin-fusore. E’utile per chi vuole recarsi inspiaggia e fare una nuotata, per chivuole passeggiare in montagna o per chidecide di accettare un inaspettato invitoal ristorante, ma anche per chi nonvuole far sapere di essere affetto dadiabete, perché le piccole dimensioni glipermettono di essere nascosto al disotto dei vestiti. Richiede da parte delpaziente una buona conoscenza dellapatologia, una buon rapporto con latecnologia perché deve saper pro-grammare sul computerino il bolo dibase, i boli preprandiali e quelli di corre-zione ed infine buona capacità e ma-nualità per gestire l’agocannula. E’indi-spensabile che si faccia rilasciare dalproprio diabetologo un certificato, re-datto in lingua inglese che attesti lostato diabetico (insulino o non-insulinodipendente) con specificata terapia ipo-glicemizzante assunta (dosi quotidianee correzioni in caso di eccessivi sbalzi)nonché altre terapie, usualmente pra-ticate, e se indossi un microinfusore (inquesto caso deve allegarne una foto). Sideve attestare la necessità di trasportaresiringhe monouso, per prevenire pro-blemi che potrebbero sorgere al pas-saggio attraverso i metal detector del-

l’aereoporto. Un consiglio importante èquello di eseguire gli esami per gli-cemia, chetonuria, acetonuria; visita car-diovascolare, controllo elettrocardio-grafico, visita neurologica con controllodelle lesioni a carico dei piedi, e sotto-posti i risultati al medico. Educare il pa-ziente, e la famiglia, ad eseguire perio-dicamente questi esami, significa conse-gnargli gli strumenti adatti al fine di:conseguire un buon equilibrio meta-bolico; prevenire e posticipare l’in-sorgere di complicanze acute (cheto-nuria e ipoglicemia), e croniche (retino-patia, nefropatia, micro e macro angio-patia). Qualora la meta del viaggio lo ri-chiedesse è opportuno provvedere adeffettuare vaccinazioni al fine di proteg-gersi contro particolari rischi patologici.Il paziente deve informarsi sulla ne-cessità di ricevere assistenza sanitaria inconvenzione ed, in mancanza di questa,provvedere alla stipula di un’assicura-zione che lo tuteli in caso di necessità.

COSA METTERE IN VALIGIA

Nella fase di preparazione della valigia,il viaggiatore diabetico deve sempredare la precedenza alla patologia, dedi-cando due astucci con su scritto “mate-riale per il diabete” per agevolarne l’i-dentificazione da parte di terzi. Una laporterà sempre con se, l’altra la metterànella valigia, per eventuali smarrimentie difficoltà nella reperibilità dei bagagli.Non deve assolutamente dimenticare dimettere un rifornimento di tutto ciò cheoccorre per la gestione ed il controllodel diabete. In caso di viaggio in aereo,per chi è in terapia insulinica, è op-portuno trasportare l’insulina nel ba-gaglio a mano perché le stive degli aereipossono raggiungere temperaturemolto basse, seppure oggi l’insulinariesce a tollerare una temperatura cheva dai 4° ai 30°C. Trasportare su unaereo aghi e lancette pungidito è con-sentito, non più solo dalla lettera di ac-compagnamento che attesta lo stato didiabetico, ma anche dalla presenza dietichette ufficiali con riportato uncodice internazionale che identifica lapreparazione e la casa farmaceutica.Inoltre le lancette devono essere tra-

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sportate con apposito cappuccio ed in-sieme all’apparecchio per l’autocon-trollo con il nome ben in evidenza. Perchi fa uso di ipoglicemizzanti orali, nondeve rimuoverli mai dalla confezioneper inserirli in un portapillole, in quantoquesta accortezza permette di identifi-carli facilmente e di poterne controllarela data di scadenza. Il viaggiatore af-fetto da diabete deve avere delle fialedi glucagone, per fronteggiare even-tuali crisi ipoglicemiche gravi che nonregrediscono con la normale assunzionedi carboidrati. In aeroporto, quando sideve far passare il bagaglio a manosotto i metal detector, rimuovere il ma-teriale per il controllo e la gestione deldiabete. Alcuni tipi di insuline, al con-tatto con i raggi-x, potrebbero subiredelle modificazioni e precipitare.Quindi, muniti dei documenti necessaritenuti tutti insieme, il paziente può pro-porre un controllo manuale della borsain questione.

IL MEZZO MIGLIORE PER PARTIRE

Al momento della partenza il pazientedeve essere certo di avere un buon equi-librio glicemico. Per questo è consigliatonon cambiare tipologia di terapia o difarmaco prima di partire e continuare arispettare l’orario della somministra-zione di insulina o degli ipoglicemiz-zanti orali. I disturbi che i pazientipossono prenderlo alla sprovvista etalora sono di difficile identificazione.Un problema frequente è quello del gui-datore che viene colpito da lampi o dariflessi di sole o più comunemente daifari abbaglianti. Egli lamenta una im-provvisa perdita e riduzione del visus.Particolare attenzione devono prestare ipazienti diabetici con retinopatia, chepuò essere peggiorata da brusche illu-minazioni. Al tramonto, potrebbe in-sorgere emeralopia, un difetto di acco-modazione nel passaggio dalla lucesolare a quella notturna. E’ sconsigliatala guida notturna perché richiede mag-giore vigilanza e allerta, condizione checomporta un maggiore consumo di zuc-cheri da parte delle cellule nervose delcervello, aumentando il rischio di crisi

ipoglicemiche. Due consigli importantisono: l’evitare di viaggiare da soli e l’in-formare il compagno di viaggio delproprio stato diabetico. Quest’ultimopuò accorgersi facilmente, se edotto inmaniera corretta, dei “segnali di al-larme” di una crisi ipoglicemica quali:volto pallido e sudato, crisi di riso e dipianto, stanchezza, confusione, brividi,sguardo fisso, ansietà e nervosismo. Sipossono avere due casi: se la persona èancora cosciente il compagno di viaggiola deve costringere a fermarsi, devefargli assumere dello zucchero ad assor-bimento rapido, invitarlo al riposo,fargli assumere, infine, dello zuccheroad assorbimento lento; se, una voltafermato, il paziente dovesse perdere co-scienza o non fosse nella condizione dideglutire, deve somministrare glu-cagone. Una volta che si intraprende una cro-ciera, sarà più il tempo che si passa inmezzo al mare di quello sulla terraferma. Anche quando si sbarca, moltevolte si è in posti bellissimi ma isolati,per questo motivo bisogna essere prontia far fronte a tutte le situazioni che po-trebbero verificarsi. Uno dei problemiche il paziente potrebbe avere è la ci-netosi. In alcune persone molto sensibilisi manifesta con pallore, sudorazionealgida, nausea e vomito, fino ad arrivarea fenomeni ipotensivi con presenza ditachicardia compensatoria. Questisintomi possono essere confusi conquelli di una crisi ipoglicemica che soli-tamente si manifesta con sudorazioneeccessiva, tremori alle estremità e brivididi freddo, improvvisa fame, visione offu-scata, improvvisa stanchezza e irrita-bilità, giramenti di testa, fiacchezza, de-bolezza, comportamento anomalo, dif-ficoltà motoria, palpitazioni, mal ditesta, nausea, sonnolenza, ansia. Percontrastare la cinetosi è sconsigliatomangiare a ridosso della partenza, ma èpreferibile fare uno spuntino ognitanto, previa controllo della glicemia. E’opportuno, poi, che il paziente scelga ilposto più stabile sulla nave, al centro, ecerchi delle distrazioni.Un problema che devono affrontare ipazienti diabetici insulino-trattati vo-lando attraverso vari fusi orari, è quellodi dover adattare i tempi di sommini-

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strazione e la quantità di insulina inmodo da evitare di trovarsi “non in sin-cronia” con l’orario locale all’arrivo Benscarsa informazione è disponibile sullestrategie di adattamento dell’insulina aifusi orari. E’ importante che i pazienti siprocurino un itinerario di viaggio in cuisiano specificati gli orari di partenza e diarrivo, la durata dei voli e le differenzedi ora fra i punti di imbarco e quelli disbarco. Con queste informazioni, imedici dovrebbero essere in grado difare una stima approssimativa degliadattamenti necessari durante ilviaggio. I pazienti con restrizioni diete-tiche dovrebbero contattare in anticipole loro linee aeree per ottenere pastispeciali. La gestione del diabete è gene-ralmente basata su un normale pro-gramma di somministrazione nelle 24ore. Viaggiando verso nord o verso sud,non sono necessari cambiamenti nelprogramma giornaliero. Generalmente,non sono necessari adattamenti delledosi di insulina se il paziente attraversameno di cinque fusi orari. Il viaggiareverso est accorcia la durata del giorno e,in generale, può rendere necessaria unariduzione dell’insulina, poiché la sommi-nistrazione dell’insulina sarà più ravvi-cinata del solito e potrebbe quindicausare ipoglicemia. Al contrario, ilviaggiare verso ovest comporta un al-lungamento della giornata equindi potrebbe essere neces-sario aumentare le dosi di in-sulina. Tuttavia, questa regolaapparentemente semplice daseguire “ verso ovest-più in-sulina; verso est- meno in-sulina” può non sempre rive-larsi giusta. Orari diversi di par-tenza e voli prolungati po-trebbero richiedere un ap-proccio più complesso. I pa-zienti che non usano un mi-croinfusore dovrebberopassare ad un regime insulinico“basale” prima del viaggio, senon lo seguono già, poiché,con l’esclusione del microin-fusore, questo è il sistemaideale per affrontare tutte lesituazioni in un viaggio attra-verso molti fusi orari. In ge-nerale, i pazienti dovrebbero

essere consigliati di non cambiare l’oradei loro orologi da polso, mantenendoquella del luogo d’imbarco. Ciò renderàpiù facile determinare l’ora giusta per leloro iniezioni di insulina e per i pasti. Ipazienti che usano un microinfusorepossono continuare la loro routinenormale di dosi basale e di bolo, cam-biando l’ora sul loro microinfusore unavolta arrivati a destinazione. Può daremaggior sicurezza lasciar salire legger-mente più del normale i propri valoriglicemici per i primi uno o due giorni,piuttosto che rischiare un’ipoglicemia.Se il paziente ha un’insulina ultralenta,la dose totale (ancora una volta equiva-lente all’intera quantità basale) do-vrebbe essere divisa fra mattina e sera.Tutte le dosi di insulina ad azione rapidadovrebbero rimanere uguali e devonoessere somministrate prima di ognipasto, come al solito. La sincronizza-zione degli antidiabetici orali non è cosìimportante come quella dell’insulina. Seil paziente deve assumere due volte algiorno metformina (Glucophage), untiazolidinedione, o una sulfonilurea, peresempio, può essere più semplice saltareuna dose e avere una leggera ipergli-cemia per 6-8 ore piuttosto cheprendere due dosi troppo ravvicinate, ri-schiando un’ipoglicemia.

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FINALMENTE IN VACANZA

Quando il paziente si espone al sole sideve assicurare che il corpo resti ade-guatamente rinfrescato ed idratato edeve alternare sempre momentid’ombra per evitare ustioni serie, te-nendo anche in considerazione che laneuropatia, una delle complicanze deldiabete, non permette di percepire ade-guatamente il dolore. Inoltre alcunepersone affette da diabete hanno diffi-coltà di sudorazione, essendo così piùfacilmente esposte al rischio di un colpodi sole. Quindi uno dei consigli è quellodi evitare di bere alcoolici e caffè, che ri-ducono la sudorazione e la sensazionedi calore contribuendo alla disidrata-zione. Alcuni studi hanno documentatoche l’aumento di temperatura corporeapuò interferire con l’assorbimento di in-sulina, altri che l’estesa infiammazionedella pelle dovuta ad una prolungataesposizione al sole rappresenti unaforma di stress, che aumenta il fabbi-sogno di insulina. Questo è correlatoalla vasodilatazione con conseguenteaumentata velocità di assorbimento del-l’insulina dal sito di iniezione sottocu-taneo, secondario al caldo dei raggisolari.Prendendo il sole, il paziente deve in-dossare sempre gli occhiali da sole, perridurre il rischio di retinopatia. Prima difare il bagno in mare, è necessario cheindossi scarpine o pinne e faccia atten-zione alle punture di ricci o meduse chepopolano il Mediterraneo. Questo con-siglio diviene un invito quando si reca inpaesi tropicali, dove i mari sono po-polati di varie specie di pesci velenosi edove le spiagge sono invase di parassitiche penetrano facilmente nella cuteumana. Coloro che indossano un microinfusore,dopo un bagno, una nuotata o unacaduta accidentale in acqua, è bene checontrollino che funzioni correttamenteo se si fossero attivati degli allarmi.Molti microinfusori sono costruiti per re-sistere a lungo sott’acqua, anche aqualche metro di profondità. Invecealcune case produttrici raccomandonodi limitare a trenta minuti la durata del-l’immersione e a un metro la profonditàmassima raggiungibile. Si consiglia poi

di pulirlo ed asciugarlo bene per ri-muovere la salsedine. Nulla impedisce distaccare il microinfusore e il cateteredall’agocannula che rimarrà inserito nelsottocute. E’ sconsigliato tuffarsi perchéquesto aumenta il rischio che l’ago-cannula si dislochi. Non è sconsigliata, invece, l’attività sub-acquea, ma è importante tenere pre-sente dei numerosi rischi che questacomporta: l’aumento di pressione deglispazi aerei, l’aumento della pressionedell’azoto in profondità ed i connessidisturbi gastrointestinali e la malattiada decompressione. Il problema piùgrave è l’ipoglicemia che interferiscecon la sensibilità, i livelli di vigilanza,con i riflessi e il coordinamento dei mo-vimenti. Esiste anche un problema di ri-conoscimento in superficie in quanto isintomi possono essere confusi conquelli della narcosi da azoto che si mani-festa con attività mentale rallentata, in-torpidimento delle labbra, del viso e deipiedi, amnesia e perdita della coscienza.Quindi è bene seguire dei corsi per pro-fessionisti, non immergersi mai da soli elimitare i tempi di immersione. E’ neces-sario conoscere e saper ben controllarele reazioni del proprio organismo, primadi avventurarsi in questa pratica.In alta quota la temperatura si abbassagenerando una vasocostrizione peri-ferica con attivazione ormonale di com-penso e con conseguente innalzamentodei valori della glicemia. Le rigide condi-zioni climatiche che si trovano oltre i4000 metri costringono a tenere i misu-ratori di glicemia e il flacone dell’in-sulina a contatto con il corpo. Deveporre attenzione, anche, alla forma-zione di bolle d’aria all’interno dei ser-batoi dei microinfusori, o delle cartuccedella penna per la riduzione della pres-sione atmosferica.Se il paziente avesse deciso di svolgereesercizio fisico, come una passeggiata ouna scalata, deve aspettare almenoun’ora dalla somministrazione dell’in-sulina. Soprattutto deve fare attenzioneal sito di inoculazione, escludendo lesedi in corrispondenza di masse mu-scolari interessate nell’esercizio fisico,perché ciò aumenta l’assorbimento del-l’insulina. E’ consigliato misurare la gli-cemia anche durante l’esercizio e fer-

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marsi se i valori fossero inferiori a 100mg/dl o superiori ai 200 mg/dl.L’esercizio fisico regolare si somma all’a-zione dell’insulina, aumentando l’utiliz-zazione periferica del glucosio; miglioraalcuni fattori di rischio aterogeni qualil’assetto lipidico, valori pressori, perfor-mance cardiaca e iperaggregabilità pia-strinica. Inoltre contribuisce al manteni-mento del peso corporeo ideale, mi-gliora il senso di benessere e le intera-zioni sociali. Un intenso allenamento diresistenza, però, può causare un au-mento della pressione capillare retinicacon emorragia. Per prevenire l’ipogli-cemia è consigliato assumere un pasto 2ore prima dell’esercizio fisico ed as-sumere carboidrati durante, cosa chenon è necessaria per i pazienti trattaticon la dieta. E’ buona norma evitare disvolgere esercizio fisico nei picchi di as-sorbimento dell’insulina 1-2 ore dallasomministrazione dell’insulina rapida e2-3 ore dalla somministrazione dell’in-sulina intermedia. Il rischio di ipogli-cemia non si riduce al termine dell’eser-cizio. Se l’esercizio fisico è fatto tra le 15e le 20 è maggiore il rischio di incorrerein ipoglicemie notturne. Per prevenirequesto il paziente deve ridurre la dosedi insulina post esercizio, soprattutto diquella che agisce per tutta la notte, in-gerire uno spuntino prima di andare adormire e controllare la glicemia prima.Per ricevere tutte le informazioni è benerivolgersi agli “alpinisti diabetici inquota”. E’ un’associazione che si vuoleinserire nel progetto della prevenzionee promozione di azioni che migliorino lostile e la qualità della vita dei pazientidiabetici. Nasce dall’idea di creare unconnubio tra diabete ed esercizio fisicoattraverso l’alpinismo. E’ possibile ancheiscriversi all’associazione e parteciparealle gite educative organizzate, al finedi gestire al meglio la glicemia. Per chi si reca nei paesi tropicali il pro-blema senza dubbio più diffuso è quellodei disturbi gastrointestinali legati all’a-limentazione. Il nostro organismo, in-fatti, si è abituato a livelli di potabilizza-zione dell’acqua e di qualità igienicadegli alimenti tali da renderlo, facil-mente, vittima di tossinfezioni ali-mentari in presenza di condizioni igie-niche non ottimali. Il disturbo più ricor-

rente è rappresentato dalla diarrea delviaggiatore che si manifesta con la com-parsa di dolori intestinali, associati tal-volta a nausea, vomito e febbre lieve. Ilrimedio è quello di bere acqua confe-zionata, per ripristinare la perdita di li-quidi, conseguente la diarrea. Il pa-ziente diabetico o chi lo accompagnadeve tenere presente se l’insulina è giàstata somministrata; a questo punto ènecessario controllare spesso la gli-cemia. Se fosse inferiore ai 100mg/dl ilpaziente deve assumere piccole dosi dibevande zuccherate; se il vomito o ladiarrea persistessero l’unico rimedio èquello di recarsi al più vicino ospedale.Se invece l’insulina non è stata ancorasomministrata, bisogna provvedere allasomministrazione di quella ad azionelenta e controllare i valori della gli-cemia. Se questi non dovessero stabiliz-zarsi nel giro di un paio d’ore e la situa-zione non accennasse a migliorare, èmeglio recarsi in ospedale. La sindromeiperglicemica iperosmolare non-che-tonica è un modo complicato di de-scrivere la conseguenza di una grave dis-idratazione nei pazienti con diabete. Ilglucosio nel sangue supera abbondante-mente la cosiddetta soglia renale di 170mg/dl. I reni tentano di eliminare il glu-cosio con l’urina, ma per ottenerequesto risultato si deve perdere anchemolta acqua. I vari tessuti dell’orga-nismo si privano di acqua per tentare dicompensare questa pericolosa situa-zione: si genera pertanto una diffusasofferenza, anche a livello cerebrale,con spossatezza, sopore, disorienta-mento fino al coma vero e proprio. Tale condizione è assai rara ma puòmettere a repentaglio la vita portandoad insufficienza renale, coma e perfinomorte del paziente. Per bere, ma anche per lavarsi i denti èpreferibile usare acqua gassata, vendutain bottigliette sigillate. Allo stesso modobisogna diffidare dall’aggiunta dighiaccio nelle bevande. E’ meglioevitare, anche, frutta senza buccia everdura non cotta. Bisogna prestare par-ticolare attenzione ai gelati, alle creme,alla maionese e ai latticini. Il latte puòessere consumato se pastorizzato, e vabollito per almeno 15 minuti. Una delle presenze più fastidiose in

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questi paesi è quella degli insetti, re-sponsabili in molti casi della trasmis-sione di malattie infettive e parassitosi.La migliore prevenzione è quella di nonfarsi pungere. Al calare della sera, dopoil tramonto diventa necessario indossareabiti a trama fitta, di colore chiaro elunghi, proteggendo anche caviglie epiedi (i colori sgargianti attirano moschee zanzare). E’consigliabile usare repel-lenti capaci di tenere lontani gli insetti,la cui efficacia dura per due e tre ore. Ilpaziente diabetico deve evitare didormire in abitazioni non murate e deveaccertarsi che il letto abbia delle zanza-riere; deve tenere accese l’impianto diclimatizzazione, perché l’abbassamentodella temperatura crea un ambiente sfa-vorevole alla diffusione degli insetti. E’-sconsigliato utilizzare pomate con alteconcentrazioni di cortisone per il suo ef-fetto iperglicemizzante, in quantoaltera il metabolismo dell’insulina, ral-lentandolo. Il paziente diabetico nondeve privarsi del piacere di mangiarefuori, soprattutto in quanto questi postioffrono buffet molto assortiti, deve solofare attenzione a ciò che mangia. E’facile perdere il controllo della quantitàdi cibo. Meglio quindi ordinare ricchicontorni di verdura e ridurre invece igrassi. Si consiglia di evitare cibi di cuinon si sanno gli ingredienti e cercarequanto più possibile di fare il conteggiodei carboidrati. Se la prospettiva èquella di aspettare molto prima diessere serviti, iniettarsi un’insulina adazione rapida subito dopo aver or-dinato.

CONCLUSIONI

L’educazione sanitaria al paziente dia-betico che decide di affrontare unviaggio è incentrata sul paziente e sullasua quotidianità; egli è il protagonista,non il ricettore passivo di prescrizioni econsigli. Questo tipo di educazione sifonda su una collaborazione tra pa-ziente e il team-care in cui l’infermiereriveste un ruolo importante. Attual-mente si riscontrano numerose difficoltàa tradurre questo nella pratica profes-sionale. Infatti si continua a sottolinearel’importanza di una corretta di una cor-

retta adesione al trattamento farmaco-logico per tenere nei parametri i valoridel diabete e prevenire il rischio di com-plicanze. Questa mancanza ha le sueradici in quelle che sono le convinzioni,prima di tutto, che spingono il pazientea ritenere molto più importanti i con-sigli sulle attività da svolgere solo dalpunto di vista clinico e terapeutico. Diconseguenza la ridotta richiesta del pa-ziente ha portato, a mio avviso, a sotto-valutare l’importanza dell’educazionesanitaria su tematiche come il viaggio,nella pratica infermieristica.Infatti, in Italia il rapporto con il pa-ziente si esaurisce nel mandarlo dall’in-fermiere per imparare ad iniettarsi l’in-sulina o a controllare la glicemia e dalladietista per ricevere consigli sulla dietapriva di zuccheri.Invece il ruolo dell’infermiere deveessere quello di individuare i bisogni delpaziente, prefiggere degli obiettivi daraggiungere per risolverli e favorire iprocessi di apprendimento, suppor-tandolo dal punto di vista emotivo.Deve provvedere, quindi, all’educazioneiniziale, all’insegnamento delle abilitànecessarie per l’autocontrollo e deve in-segnare al paziente a vivere bene con ildiabete. Per ottenere tutto questo civorrebbe, da parte di tutti i membri delteam care, la consapevolezza di qualisono le competenze professionali di cia-scuno e quale ruolo si è chiamati asvolgere all’interno dell’equipe.Le motivazioni che vengono avanzatedai professionisti in merito al fallimentodell’educazione sanitaria per quanto ri-guarda alcuni aspetti della patologiasono: il sovraffollamento delle strutturee la parallela mancanza di personale, dacui consegue la mancanza di tempodegli infermieri di dedicarsi all’educa-zione sanitaria fatta di momenti for-mativi e momenti informativi, volti adindurre il paziente ad attivare quellemodificazioni nello stile di vita indispen-sabili al controllo del diabete; c’è da ag-giungere, poi, la confusione dei ruoli al-l’interno del team dove l’infermieretende a fare esclusivamente ciò che ilmedico delega al fine di ottimizzare itempi, con il rischio di incentrare l’at-tenzione più sulla patologia che sulmalato. Dal punto di vista del paziente

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c’è la cattiva convinzione che “si va dalmedico per essere curati, non per essereeducati”. Trascinato dagli eventi dellaroutine quotidiana il paziente ha pocotempo per porsi in ascolto e per leggere.Per quanto riguarda l’argomento dellevacanze e dei viaggi, poi, c’è un’evi-dente difficoltà a reperire documenti,testi, linee guida e articoli che non sianoprolissi e che siano scritti da personalenon medico. Poco spazio viene dato alleinformazioni (centri, indirizzi, siti in-ternet, numeri di telefono…) in merito a

chi riferirsi per ovviare a questo o a quelproblema che si pone prima di partire odurante il viaggio stesso. Una buonaeducazione deve basarsi su concretezze,sfruttando tutti i mezzi che si hanno adisposizione, anche la fantasia di ognisingolo professionista.

AUTORE

Serena GuerrieroInfermiera Policlinico A. Gemelli

-- Brunner, Suddarth “ Nursing medico-chirurgico”, Milano, Casa editrice am-brosiana, 2005

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- M.Cox , D. Nelson “Introduzionealla biochimica di Leninger “, Bo-logna, Ed.Zanichelli, 2003

- R.W. Shillitoe “Psychology and dia-betes” ed. Chapman and Hall, Londra,1988

- M.Chandran, S. Edelman, “ Far l’in-sulina e volare: la gestione deldiabete durante i viaggi aerei e lastrategia di adattamento ai fusi”, Cli-nical Diabetes, vol.21, n°2, aprile-marzo 2003

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AALLTTRREE FFOONNTTII

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- S.Zazzetta, Conferenza stampaSIMVIM, Società italiana dei viaggi edelle migrazioni, Milano, 24 giugno2005.

Valutazione della condizione di emergenza-urgenza:

Il triagedi Anna Ricci

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I l triage non nacque in origine pergestire il sovraffollamento delPronto Soccorso, ciò semmai, è av-

venuto successivamente. Nasce dallasanità militare ed ha una storia com-plessa interessante, per tante sue pecu-liarità. E’ un termine che deriva dallatino “cernere” e successivamentepreso dal francese “trier” e significa“sscceellttaa--sseelleezziioonnee”.E’ una terminologia propria della me-dicina che serve a classificare lepersone che afferiscono alle strutturedi emergenza in relazione al problemaprincipale evidenziato, per predispornecon un processo decisionale dinamico,l’accesso in sala visita.

EELLEEMMEENNTTII SSTTOORRIICCII: la paternità deltriage viene attribuita al barone JeanDominique Larrey, chirurgo capo dell’e-sercito napoleonico, il quale per primopredispose l’evacuazione organizzatadei feriti dal campo di battaglia. Daallora il triage fu applicato sui campi dibattaglia di tutto il mondo e solo in unsecondo tempo fu introdotto nel-l’ambito delle maxi-emergenze dove ilsuo impiego è mirato all’approccio ini-ziale alle vittime sul luogo dell’inter-vento.L’evoluzione del soccorso extraospeda-liero che porta il triage organizzato èl’evoluzione di cinque elementi:il primo è quello appunto ideato dalbarone Larrey, ii ll ttrraassppoorrttoo ee iill ssooll--lleecciittoo ssooccccoorrssoo, che già allora avevaportato ad un aumento della sopravvi-venza;

il secondo documentato in molti campi dibattaglia, iill ddoovveerree eettiiccoo ddii ccuurraarree iiffeerriittii, anche quelli della parte avversa;il possibile verificarsi di rraappppoorrttii ddiiccoollllaabboorraazziioonnee aanncchhee ffrraa ii mmeeddiicciiddii ppaarrttii aavvvveerrssee;llaa sseelleezziioonnee,, quella che noi oggi chia-miamo triage, veniva effettuata conmodalità simili e con un appropriatotermine in lingua italiana già durante ilprimo conflitto mondiale. Era la fasedella cernita dei feriti che veniva effet-tuata al posto di medicazione, che erala prima stazione di smistamento, quivenivano usate le tabelline cosiddettediagnostiche (tabelline bianche condue tagliandi, uno rosso e uno verdeche indicavano se il ferito era traspor-tabile o no).iill ttrraassppoossttoo pprrootteettttoo ddooppoo ssttaabbiilliizz--zzaazziioonnee.

LLAA NNOORRMMAATTIIVVAA:: Da alcuni anni iltriage si è posto all’attenzione dicoloro che operano nell’emergenza sa-nitaria, sia sul territorio, sia nell’ambitodel pronto soccorso e DEA al fine di ot-timizzare gli interventi e diminuire so-prattutto i tempi di attesa dei pazientiche presentano situazione di gravità.La normativa relativa al sistema diemergenza-urgenza territoriale è ilD.P.R. 27/03/1992, che ha istituziona-lizzato le attività di soccorso che ve-nivano svolte fino ad allora in manieradifforme su tutto il territorio na-zionale. Secondo la normativa, l’emer-genza è suddivisa in una fase di al-larme territoriale, e una fase di risposta

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durante la quale il paziente vieneportato al presidio ospedaliero piùidoneo al tipo di patologia di cui èvittima, entrambi le fasi sono gestitedalla Centrale Operativa del 118. Ledue fasi apparentemente divise, rap-presentano in effetti un unico sistemadove professionalità diverse sipongono a disposizione dell’utenza findal primo momento del soccorsoovunque si sia verificato l’evento, finoal trasporto in ospedale e alle cure ade-guate.Successivamente, le linee guida sultriage dell’atto di intesa stato-regionidel gennaio 2001, stabiliscono i re-quisiti base per gli infermieri chesvolgono attività di triage.Nell’ambito del sistema di emergenza-urgenza, il triage può essere applicatonei differenti settori e a vari livelli, conmetodologia diversificata, ma con l’o-biettivo comune di fornire la migliorerisposta possibile in rapporto alle ri-sorse disponibili.

LA FUNZIONE DI TRIAGE DI PRONTO SOCCORSO.

Le prime esperienze di triage infermie-ristico in Italia sono iniziate nei primianni Novanta in Pronto Soccorso aelevato volume di utenza; in carenza diindicazioni consolidate dall’esperienzao di precise disposizioni legislative,hanno fatto inizialmente riferimentoalle esperienze di altri paesi.La funzione del triage costituisce unostrumento operativo cruciale nella ge-stione di un Dipartimento di Emer-genza.L’opportunità o la necessità di attivare

nelle strutture di Pronto Soccorso lafunzione del triage, selezionando cioèli utenti che affluiscono ed attribuendouna priorità di accesso in base alle con-dizioni di maggiore urgenza, nasce es-senzialmente dal sovraffollamento: intutti i paesi industrializzati si registraun incremento progressivo di coloroche scelgono di rivolgersi al Pronto Soc-corso e la previsione futura è quella diun ulteriore aggravamento.Perché i Pronto Soccorso sono oberati

da richieste di prestazioni non sempre

proprie? I motivi vengono fatti risalirea una serie congiunta di fattori, qualila crisi della figura del medico di me-dicina generale, l’insufficiente rispostache può dare la sanità extra-ospeda-liera, la possibilità di esentare la pre-stazione dalla compartecipazione allaspesa (ticket). Questo fa si che i tempidi attesa di una prestazione au-mentino, facendo correre il rischio al-l’utenza di non avere la prestazioneerogata in tempi utili con gravi danni.La funzione del triage nasce per ov-viare a questi problemi e si pone degliobiettivi che sono quelli di:rriidduurrrree aall mmiinniimmoo ppoossssiibbiillee iill rrii--ttaarrddoo nneellll’’iinntteerrvveennttoo ssuull ppaazziieenntteeuurrggeennttee ee aattttrriibbuuiirree aa ttuuttttii ii ppaa--zziieennttii uunn ccooddiiccee ddii pprriioorriittàà cchheeggrraadduuii ll’’aacccceessssoo aallllee ccuurree mmeeddiicchheeiinn rreellaazziioonnee aallllaa lloorroo ppootteennzziiaalleeggrraavviittàà ee uurrggeennzzaa;;rreeggoollaarree iill fflluussssoo ddeeii ppaazziieennttii eemmaanntteenneerree ll’’eeffffiicciieennzzaa ccoommpplleessssiivvaaddeellllaa ssttrruuttttuurraa ddii PPrroonnttoo SSooccccoorrssoo..Esistono diversi tipi di triage:il triage non professionale, effettuatodal personale (ausiliari – OTA) che ac-coglie il paziente;il triage di base, eseguito da un infer-miere che lavora da almeno 6 mesi inun servizio di Pronto Soccorso;il triage avanzato, eseguito da un in-fermiere che ha conseguito conoscenzeteoriche e una esperienza clinica inPronto Soccorso;il triage fatto dal medico;il triage d’equipe, in cui un infermieree un medico assumono insieme la re-sponsabilità del caso.

RRUUOOLLOO DDEELLLL’’IINNFFEERRMMIIEERREE DDII TTRRIIAAGGEE..Per anni il triage è stato gestito da in-fermieri che si sono preparati sulcampo, poiché c’era scarsità di nor-mative che riguardavano tali funzioni,successivamente l’introduzione delleprime linee guida sul triage - G.U. 17maggio 1996, in attuazione a quantoprevisto da D.P.R. 27 marzo 1992 per ilsistema emergenza urgenza – af-fermano che all’interno dei DEA deveessere prevista la funzione del triage,il provvedimento di legge recita: ““ttaalleeffuunnzziioonnee èè ssvvoollttaa ddaa ppeerrssoonnaallee iinn--ffeerrmmiieerriissttiiccoo aaddeegguuaattaammeennttee ffoorr--

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mmaattoo,, cchhee ooppeerraa sseeccoonnddoo pprroottooccoolllliipprreessttaabbiill iittii ddaall ddiirriiggeennttee ddii sseerr--vviizziioo””.. Che cosa significa “adeguatamenteformati”?Le linee guida sul triage dell’Atto diIntesa Stato Regioni 2001 (G.U. 285 del7 dicembre 2001) stabiliscono alcuni re-quisiti di base per gli infermieri chesvolgono attività di triage:Diploma di infermiere professionale,che secondo la normativa attuale corri-sponde alla laurea di 1° livello in infer-mieristica o in titoli a essa equipollenti(diploma universitario in scienze infer-mieristiche, diploma di infermiere pro-fessionale) e nell’abilitazione profes-sionale alla professione di infermiere;Almeno 6 mesi di esperienza lavorativaal Pronto Soccorso;Corso di addestramento nel supportovitale di base, anche pediatrico;Conoscenza delle procedure del si-stema organizzativo del servizio;Corsi di psicologia comportamentale,di organizzazione del lavoro e di cono-scenza di tecniche relazionali:

Tuttavia per creare un buon rapportocon le persone assistite e mantenere unopportuno controllo su un’attivitàtanto caotica e complessa, sono indi-spensabili anche:Un’ottima preparazione professionale;Un controllo dell’emotività propria ealtrui;Una capacità di adattamento;Una capacità decisionale;Una capacità comunicativa e disponi-bilità;Curiosità.

I principali compiti dell’infermiere ditriage sono:VVaalluuttaazziioonnee della criticità della condi-zione della persona assistita e del ri-schio evolutivo definendo la priorità diaccesso alle aree di trattamento;IInnddiivviidduuaazziioonnee delle necessità di trat-tamento dei pazienti e aattttuuaazziioonneedegli interventi assistenziali, volti allagestione della fase di accoglienza e diattesa;CCoonndduuzziioonnee delle attività previste perla valutazione oggettiva e soggettiva;GGeesstt iioonnee delle relazioni con la

persona assistita, i suoi accompa-gnatori e gli altri membri dell’equipe;UUttii ll iizzzzoo della documentazione ditriage, ovvero impiego contestua-lizzato dei protocolli di valutazione ecompilazione della scheda di triage.

La normativa vigente (linee guida ot-tobre 2001) definisce alcuni criteri sul-l’organizzazione del lavoro, riassu-mendo le principali attività svolte dal-l’infermiere in triage e sono:- raccolta dati;- stabilire la priorità di accesso (codice

colore);- registrare i dati anagrafici del pa-

ziente e quanto rilevato durante lavalutazione iniziale (scheda Triage);

- attuare i primi interventi assistenziali;- sorvegliare il paziente in attesa della

visita medica e rivalutarlo periodica-mente;

- informare e gestire il paziente e i pa-renti;

- tenere i contatti con il 118, le forzedell’ordine, altre unità operative in-terne ed esterne della struttura (L.A. –Radiologia);

- coordinare il personale che collaboracon il triage (figure di supporto, per-sonale amministrativo, volontari, ecc.)

LLEE FFAASSII DDEELL TTRRIIAAGGEE I criteri basati perstabilire la priorità di accesso all’area ditrattamento sono: VVaalluuttaazziioonnee ssuull llaa ppoorrttaa:: o colpod’occhio deve essere eseguita rapida-mente, in quanto l’infermiere deveidentificare i pazienti le cui condizionirichiedono interventi immediati.Gli aspetti generali della valutazionesulla porta sono:AA = pervietà delle vie aeree;

BB = respiro;

CC = circolo;

DD = deficit neurologici o alterazionidello stato di coscienza.

LLaa vvaalluuttaazziioonnee ssooggggeetttt iivvaa ooaannaammnneess ii mmii rraattaa consiste in unabreve raccolta di informazioni sulmotivo dell’accesso in Pronto Soccorsoattraverso una breve intervista rivolta

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al paziente, ai familiari, agli accompa-gnatori. La conduzione dell’intervista èstrategica perché contempla aspettitecnici, comunicativi e relazionali. L’in-fermiere deve comportarsi come unasorta di “investigatore”, ma facendodomande aperte, evitare perciò di co-minciare a fare domande con “perché”.E’ necessario individuare il sin-tomo/problema principale, la presenzadi sintomi associati, patologie concomi-tanti e/o pregresse, allergie, vaccina-zioni, farmaci assunti ecc.Molto importante è la raccolta di infor-mazioni riguardo a:Circostanze dell’evento e inizio insor-genza sintomi;Descrizione del problema e localizza-zione;

Dinamica del trauma;Progressione dei sintomi di insorgenzafino all’arrivo del Pronto Soccorso;Trattamento effettuato prima del-l’arrivo al Pronto Soccorso ed esito.

Il dolore è la ragione più comune percui ci si rivolge al Pronto Soccorso ed ècompito dell’infermiere inseguire e in-dagare il sintomo dolore in ogni suaforma e localizzazione. Per effettuareuna valutazione veloce può essere uti-lizzata la scala “P-Q-R-S-T”, che è unmetodo sistematico i cui componentisono: la causa che ha scatenato ildolore, la qualità, la regione inte-ressata, la gravità, il tempo.

LLaa vvaalluuttaazziioonnee ooggggeettttiivvaa si compone

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dell’esame fisico sul paziente, inte-grato attraverso:L’osservazione (guardare come appareil paziente);La misurazione dei dati (per es. la rile-vazione dei parametri vitali);La ricerca specifica di informazioni chepossono derivare da un esame loca-lizzato sul distretto corporeo inte-ressato dal sintomo principale.

LLaa ddeecciissiioonnee ddeell ttrriiaaggee è l’assegna-zione del codice colore: rappresentaquindi il risultato del processo di triageche inizia con l’ingresso del paziente alPronto Soccorso. Questo non significafare una diagnosi, ma individuare i pa-zienti che hanno bisogno di cure imme-diate e quelli che invece possono at-tendere la valutazione del medicosenza correre alcun rischio, assegnandoun codice colore. L’assegnazione di uncodice colore di priorità al terminedella decisione del triage, determinaquale utente deve essere preso incarico dal personale della sala visita;pazienti con problematiche urgentiverranno soccorsi prima di utenti concodice di priorità inferiore anche se ar-rivati in Pronto Soccorso prima dei casipiù gravi.

CCOODDIICCEE RROOSSSSOO: il paziente è in gravepericolo di vita con compromissionedelle funzioni vitali. Stato di emer-genza: entrata in sala visita immediata.CCOODDIICCEE GGIIAALLLLOO: potenziale pericolodi vita con possibile compromissionedelle funzioni vitali a breve tempo.Stato di urgenza: entrata in sala visitaentro 8 minuti.CCOODDIICCEE VVEERRDDEE: prestazione sanitariadifferibile; problema acuto con fun-zioni vitali valide e conservate. Stato diurgenza non differibile: entrata in salavisita entro 30-60 minuti.CCOODDIICCEE BBIIAANNCCOO: problematiche risol-vibili in altre strutture, indirizzabile inambulatori per assenza di urgenza diprestazione: stato di non urgenza: en-trata in sala visita dopo accesso deglialtri codici.

LLAA RRIIVVAALLUUTTAAZZIIOONNEE DDEELL TTRRIIAAGGEE:: èimportante ricordare ed evidenziareche l’infermiere non deve effettuare

una diagnosi ma stabilire una prioritàdi accesso alle cure attraverso un pro-cesso decisionale che tenga conto dellecondizioni del paziente che accede inPronto Soccorso, senza mai lasciarsi in-fluenzare dai pregiudizi verso i pa-zienti basati sulla loro apparenza e/oatteggiamento. E’ importante ri-cordare inoltre che le condizioni cli-niche del paziente possono variare,ossia migliorare o peggiorare; pertantola rivalutazione del triage è parte inte-grante di questo processo, la cui tempi-stica è in funzione del codice colore as-segnato, processo che possiamo de-finire NON STATICO, bensì DINAMICO.La rivalutazione è un momento fonda-mentale perché dopo la decisione deltriage la maggior parte dei pazientiviene indirizzata verso la sala d’attesa,dove i tempi debbono essere anchemolto lunghi. Per evitare spiacevoli sor-prese, i pazienti debbono essere riva-lutati a intervalli predefiniti o in rela-zione al codice colore assegnato o allecondizioni di salute o alla patologiapresente.L’infermiere rivaluta il paziente sullabase della sua precedente e recentevalutazione. Occorre valutare se si sonoverificati cambiamenti per ognisintomo significativo verso un migliora-mento o peggioramento, tali da modi-ficare il codice colore. La fase di rivalu-tazione richiede abilità e grandeapertura mentale, in quanto gli even-tuali cambiamenti nelle condizioni disalute del paziente possono esseremolto subdoli o motivati solo dal bi-sogno soggettivo del paziente di ri-chiamare l’attenzione o di accelerare itempi di visita. Questo comunque nonsignifica che si debba sottovalutare lerichieste dell’utenza rispetto a unacontinua presenza dell’infermiere ac-canto a sé, anzi, può essere vero il con-trario, cioè che il frenetico ritmo dilavoro cui l’infermiere è sottopostopossa portare a ignorare i bisogni deipazienti che si hanno in attesa rispettoalle persone che in continuazione affe-riscono al Pronto Soccorso. Si può inaltri termini affermare che l’infermieredeve fare anche triage su se stesso, ra-zionalizzando i propri tempi e lapropria attenzione nei confronti di

1616

tutti i pazienti che si trova ad assistere.

Codice rosso: nessuna rivalutazione,poiché l’accesso deve essere imme-diato.Codice giallo: ogni 5-15 minuti.Codice verde: ogni 30-60 minutiCodice bianco: a richiesta oppure ogni90-120 minuti.

L’INFERMIERE dunque, che esercita ilruolo di triage è veramente “IL RE-GISTA” dei flussi e delle modalità dilavoro al Pronto Soccorso; tale ruolonon viene ricoperto certo per un deliriodi onnipotenza, né per desiderio di

protagonismo, ma perché è l’unico pro-fessionista dell’equipe che si trova adavere tutte le informazioni e gli stru-menti per governare i critici ed artico-latissimi processi del Pronto Soccorso.E’ un ruolo difficile, strategico, com-plesso ed estremamente articolato, eper questo da sostenere e da ricono-scere.

AUTORE

Anna RicciCoordinatore Area InfermieristicaOspedale “Cristo Re” – Roma

Atti del III congresso Nazionale Fede-razione Italiana di Medicina d’Ur-genza e Pronto Soccorso, Torino, 25-28 novembre1996.

Atto di Intesa Ministero della SaluteConferenza Stato-Regioni, G.U. n.285,7/12/2001 Baldi G., Braglia D., Regnani S., “Iltriage (opinioni a confronto)” in Attidel 3° congressoNazionale FIMUPUS, Torino, 25-28/11/1996: 297-301.

GFT (Gruppo Formazione Triage)Triage Infermieristico, McGraw-Hill,Milano, 2000.

Linee Guida sul Sistema di EmergenzaSanitaria, Atto di Intesa Stato-Regioni,G.U. 17/5/1996, punto 3 funzione ditriage.

Marchisio D., Boni D., Morichetti A.,Regnani S., “Triage Infermieristico in

P.S.: realtà e Prospettive”, in Atti del 1Congresso Regionale SIMEU, Cam-pania, Caserta, 2203, 89-95.

Baldi G. “Il Pronto Soccorso come ac-cesso all’Ospedale, tempi e percorsi”,NAM, 10/1991.

Baldi G., Girelli L., “Triage e lineeguida in Pronto Soccorso”, in OttoneG., Pronto SoccorsoServizi di emergenza – 118, CentroScientifico Editore, Torino, 1996.

Baldi G., Girelli L., “Triage e lineeguida in Pronto Soccorso”, in OttoneG., Pronto Soccorso, Servizi di Emer-genza 118, Il Pensiero ScientificoEditore, Roma,1996.

Benci L., “Manuale giuridico profes-sionale per l’esercizio del nursing”,McGraw-Hill, Milano 1996.

Costa M., “Il Triage”, McGraw-Hill,Milano, 1997.

L’assistenza al paziente nel preoperatorio: norme di asepsi

di Fabrizio Di Gregorio

1717

La corretta preparazione del pa-ziente all’intervento chirurgico èuna delle basi e pietra angolare

per il successo finale del trattamento.Con l’aggiornamento trattato si vuole di-mostrare quanto sia utile rivedere siste-maticamente le proprie pratiche, con-frontare le differenze , valutare quelloche si fa rispetto alle indicazioni della let-teratura. Certo è che la modifica di pra-tiche consolidate non dipende solo dal-l’infermiere; per modificare alcune prassioccorre l’accordo del chirurgo, dell’ane-stesista , del personale della sala opera-toria. Conoscere però cosa sia effettiva-mente rilevante, cosa di documentata ef-

ficacia, cosa incerto o addiritturadannoso fornisce gli elementi per dis-cutere, riflettere, proporre cambiamenti.Situazioni tipo come quella descrittanella tabella 1 sono frequenti; si tratta dipreparazioni preoperatorie di routine (ri-portate tout-court dai protocolli scritti direparto), per lo stesso tipo di intervento,di due reparti diversi all’interno dellostesso ospedale. Qualche volta le diffe-renze possono essere giustificate dalladiversa casistica, spesso sono legate allepreferenze personali del chirurgo, odalle abitudini del reparto; molto spessonon sono giustificabili né si basano su unrazionale scientifico.

TTaabbeellllaa 11-- PREPARAZIONE CUI VIENE SOTTOPOSTO UN PAZIENTE OPERATO DI COLECISTECTOMIA RADICALE, IN DUE REPARTI DELLO STESSO OSPEDALE

CCOOLLEECCIISSTTEECCTTOOMMIIAA TTOOTTAALLEE RREEPPAARRTTOO 11 RREEPPAARRTTOO 22TTrree ggiioorrnnii pprriimmaa Dieta idrica

Dieta priva di scorie

DDuuee ggiioorrnnii pprriimmaa Dieta idrica + 4 buste Dieta priva di scoriedi PEG (isocolan)

GGiioorrnnoo pprriimmaa Dieta idrica Dieta liquida priva di scorieTricotomia ampia Tricotomia xifopubicaClistere nel pomeriggio Preparazione intestinaleDoccia con iodio povidione Doccia con iodio povidioneDigiuno dalla mezzanotte Digiuno dalla mezzanotteEV 2000 ml di soluz. elettrolitica Prenotazione della

nutrizione parenterale totaleCalze anti embolo

GGiioorrnnoo ddeellll’’iinntteerrvveennttoo Digiuno totaleClisma ore 6.00Doccia con iodio povidioneAntibiotico profilassi

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La tabella di cui sopra dimostra l’impor-tanza di protocolli relativi alle attività dibase, che consentono di snellire le pro-cedure facendole diventare automatiche;i protocolli delle UO si devono adattarealle caratteristiche dell’ospedale e alla ti-pologia della branca chirurgica.

LA TRICOTOMIA PRIMA DELL’INTERVENTOÈ ormai documentato che la rasatura deipeli nella zona di incisione, eseguita es-senzialmente per migliorare la visionedel campo operatorio da parte del chi-rurgo, aumenta il rischio di infezione delsito chirurgico, indipendentemente dalmetodo eseguito, ne viene sconsigliatoquindi l’attuazione.CCoommee vvaa eesseegguuiittaa.. La tricotomia preo-peratoria con rasoio, è associata ad un ri-schio di infezioni del sito chirurgico supe-riore rispetto l’uso di creme depilatorie oalla mancata rimozione dei peli.Sebbene l’uso di creme depilatorie sia as-sociato ad un minore rischio di infezione,tali prodotti sono talvolta causa di rea-zioni da ipersensibilità.L’aumentato rischio di infezione asso-ciato all’uso del rasoio manuale è statoassociato a microlesioni cutanee ingrado di fungere da nicchie ecologichealla replicazione batterica; degli studihanno dimostrato che questa pratica au-menta del 5% la percentuale di infe-zione del SSI.Anche l’uso di rasoio elettrico o clipperriduce la possibilità di infezione inquanto evita la possibilità di microtraumio lesioni e tagli a livello della cute; il pelo

infatti viene tagliato vicino alla cutesenza venire a contatto con la stessa.In uno studio, l’introduzione del clipperper la tricotomia in un reparto di cardio-chirurgia ha ridotto le infezioni pro-fonde del SSI dell’1%.QQuuaannddoo vvaa eesseegguuiittaa.. La rasatura im-mediatamente precedente l’intervento èassociata ad un minor tasso di infezionidel SSI quando confrontata con quellaeseguita nelle precedenti 24 ore (3% vs.7%); se eseguita oltre le 24 ore dall’inter-vento, il tasso di infezione può superareil 20%.Le stesse raccomandazioni valgonoanche per il taglio del pelo con clipper.QQuuaallii ccoossttii.. Il clipper ha apparente-mente un costo più elevato rispetto adaltri metodi. In realtà a medio/lungotermine , la riduzione delle infezioni dalSSI produce comunque una diminuzionedei costi causati dall’infezione e alla ri-ospedalizzazione.LLiinneeee gguuiiddaa ee mmooddaalliittàà ddii ccllaassssiiffiiccaa--zziioonnee. Nonostante le ripetute raccoman-dazioni, la tricotomia continua a farparte dei trattamenti standard a cuivengono sottoposti i pazienti. Lo stessoCDC e altre associazioni scientifiche a li-vello internazionale, pur suggerendonela sospensione , continuano a dare racco-mandazioni su come eseguirla. Evidente-mente è indicata per i pazienti villosi, odove esiste una peluria abbondante, nonè necessaria su una peluria superficiale.

Nella tabella sotto indicata vengono pre-sentate le raccomandazioni del CDC diAtlanta e le modalità di classificazione.

CCLLAASSSSIIFFIICCAAZZIIOONNEE DDEELLLLEE RRAACCCCOOMMAANNDDAAZZIIOONNII

CCaatteeggoorriiaa II AA Fortemente raccomandata perché supportata da studisperimentali clinici o epidemiologici ben disegnati

CCaatteeggoorriiaa II BB Fortemente raccomandata da alcuni studi e sottesa adun forte razionale teorico

CCaatteeggoorriiaa IIII Suggerita perché supportata da studi clinici ed epide-miologici suggestivi e sottesa ad un razionale teorico

NNeessssuunnaa rraaccccoommaannddaazziioonnee;; Pratiche per le quali non vi sono evidenze sufficienti qquueessttiioonnee iirrrriissoollttaa o per le quali non c’è consenso unanime circa la loro

efficacia

1919

Preparazione del pazienteCCaatteeggoorriiaa II AA. Non depilare il pazientea meno che i peli del sito in prossimitàdell’incisione non interferiscano con laprocedura chirurgica.CCaatteeggoorriiaa II AA. Nel caso in cui si decida diprocedere alla depilazione , questa deveessere effettuata immediatamente primadell’operazione mediante rasoi elettrici.CCaatteeggoorriiaa II BB. far eseguire al pazienteuna doccia con soluzione antisetticaalmeno la notte antecedente il giornodell’intervento.CCaatteeggoorriiaa II BB. lavare scrupolosamente epulire la cute attorno al sito chirurgicoper rimuovere le macrocontaminazioni,prima di applicare le preparazioni anti-settiche cutanee.CCaatteeggoorriiaa IIII. Applicare la preparazioneantisettica sulla cute con movimenti cir-colari; l’area così preparata deve esseresufficientemente ampia da permetterel’eventuale estensione dell’incisione o, senecessario, nuove incisioni posiziona-menti di drenaggi.

LA DOCCIA PREOPERATORIALa cute del paziente è una fonte impor-tante di infezione endogene, in parti-colare per gli interventi chirurgici puliti. Degli studi americani hanno dimostratoche una doccia o un bagno antisettico ri-ducono la carica microbica della cute. Nello studio di Cruise e Ford è’ stato di-mostrato che una doccia con esaclo-forene riduceva le infezioni delle feritechirurgiche pulite dal 2,3 al 1,3%.In uno studio riguardante oltre 700 pa-zienti sottoposti nel periodo preopera-torio a due docce antisettiche, la clore-xidina riduceva la conta di colonie batte-riche di 9 volte, mentre saponi a base diiodio o triclorocarbano riducevano laconta di 1,3 e 1,9 rispettivamente.Altri studi sostengono questi risultati(Paulson, Infective control 1993) ma altridanno risultati contrastanti (Ayliffe GAJ,hosp infect 1987). Una sperimentazione multicentrica eu-ropea, che ha confrontato il lavaggiocon due docce con sapone normale ri-spetto alla clorexidina, non ha dimo-strato nessuna differenza per le infe-zioni delle ferite pulite (Rotter eLarsen, the European Control of Ho-

spital Infection, 1988).I prodotti contenenti clorexidina glu-conato richiedono più applicazioni perottenere il massimo effetto antimi-crobico, per cui sono generalmente in-dicate ripetute docce antisettiche.Sebbene le docce preoperatorie riducanol’entità della colonizzazione cutanea,non è ancora dimostrato il loro ruolonella riduzione dell’incidenza di infezionichirurgiche, pertanto fare una doccia conantisettico non influisce necessariamentesulla riduzione del tasso di infezioni delSSI e si deve valutare se continuare a rac-comandare docce con clorexidina diroutine, antisettico che si è dimostratopiù efficace, o selezionare in quali casifarvi ricorso.

IMPACCHI PREOPERATORI CON DISINFETTANTECruse e Ford negli Stati uniti, hanno di-mostrato con uno studio, una riduzionedelle infezioni dal 2% al 1,5% con un la-vaggio con iodio povidione e l’applica-zione sulla cute di clorexidina in alcoolper tre minuti prima dell’intervento;questi risultati sono confermati da studibatteriologici.Il lavaggio con iodio povidione primadell’applicazione del disinfettante nonsembra essere necessario.

CONCLUSIONILa corretta preparazione del paziente al-l’intervento chirurgico è una delle basi epilastro per il successo finale del tratta-mento.Diventa quindi necessario al fine di ri-durre le infezioni del sito chirurgico (SSI)mettere in atto le principali norme diasepsi preoperatoria; oltre alle pro-cedure precedentemente descritte, sipossono adottare le seguenti misure evalutare i fattori concomitanti chepossano favorire l’insorgenza di infezionidel SSI:

• Ridurre al massimo la durata della de-genza preoperatoria, essendo questacorrelata alla colonizzazione della cutee delle mucose da parte dei ceppi noso-comiali resistenti agli antibiotici.

• La valutazione del paziente dal punto

2020

di vista generale con particolare atten-zione alle infezioni batteriche presentie alle malattie concomitanti (es.diabete)

• La gestione del personale infetto o co-lonizzato

• Adesione alle campagne vaccinali daparte del personale sanitario

• Adottare dei protocolli relativi alle at-tività di base per il controllo delle infe-zioni (lavaggio delle mani, tricotomia,doccia antisettica, medicazione feritachirurgica)

• Il confort alberghiero delle stanze didegenza, ovvero stanze con 1-2 letti

dotate di doccia ed adeguato micro-clima

• Compilare in modo corretto le listeoperatorie collocando gli interventisporchi alla fine della seduta

• Utile per il personale sanitario fre-quentare dei corsi sulle infezioni delsito chirurgico

AUTORE

Fabrizio Di GregorioCoordinatore Servizio InfermieristicoOspedale “Cristo Re” - Roma

CDC CENTRE FOR DISEASECONTROL AND PREVENTION, LINEEGUIDA PER LA PREVENZIONE DELLEINFEZIONI DEL SITO CHIRURGICO,GIORNALE ITALIANO INFEZIONIOSPEDALIERE 1999CRUSE E FOORD, THEEPIDEMIOLOGY OF WOUNDINFECTION, SURG CLIN NORTH,USA Am 1980LAW DJ, JEFFREY PJ, INFECTIONSTHE INCIDENCE OF POSTOPERATIVE,USA, 1990HAMILTON HW , PREOPERATIVEHAIR REMOVAIL, USA 1977SELLICK, STELMACH, MYLOTTE, INFCONTROL HOSP, USA, 1991DE GEET, KESTELOOK, ADRIANSSEN,LENAERTS, PREPARATIONSPROTOCOLS IN CABG, PROGR.CARDIOVASC NURS, USA, 1996GOBBI P., NURSING OGGI, ITALIA 1996GIORNALE ITALIANO PER LEINFEZIONI OSPEDALIERE, ITALIA 1999GARIBALDI R.A., PREVENTION

CONTAMINATION WITHCLOREXIDINE SHOWER AND SCRUB,HOSP INFECT, USA,1988AYLIFFE GAJ, POSTOPERATIVEWOUND INFECTION J WOUNDCARE, USA, 1996AGENZIA SANITARIA REGIONALE EMILIA ROMAGNA,AUDIT SORVEGLIANAZA INFEZIONI POST-OPERATORIE,DOSSIER N° 116, ITALIA, 2005ASSISTENZA INFERMIERISTICA E RICERCA, ITALIA, 2000GRUPPO DI STUDIO PHASE, LAURI, ITALIA 1988INFECTIV CONTROL HOSPITAL, USA, 2000AICO, ITALIA, 2003EBP, BEST PRATICTE, USA, 2003INSTITUTE OF MEDICINE, USA, 1998TECNOLOGIA SANITARIA, OSLO, 2002PERIOPERATIVE NURSING DATA SET,DENVER, 2002THE JOANNA BRIGGS INSTITUTE,ADELAIDE, 2003

Le competenze delCoordinatore Infermieristico

di Massimo Menchella

2121

I l Sistema Sanitario Nazionale, natocon la legge n. 833 del 1978, ha at-traversato negli ultimi venticinque

anni una straordinaria turbolenza.Dal 1978 ad oggi, le organizzazioni sani-tarie da un punto di vista normativo,sono state coinvolte da un gran cambia-mento.Il decreto legge n. 502 del 1992, riguar-dante il riordino della disciplina sanitariae, il decreto legge n. 517 del 1993, hannotracciato l’assetto macrostrutturale delleaziende sanitarie pubbliche.Le aziende sanitarie pubbliche sono stateobbligate al cambiamento, un cambia-mento che ha modificato le modalità or-ganizzative e gestionali delle stesse ma,ha imposto anche una serie di vincoli,come l’obbligo di un equilibrio eco-nomico-finanziario e al tempo stesso laricerca dell’appropriatezza e dellaqualità delle prestazioni.Da un punto di vista organizzativo, le or-ganizzazioni sanitarie possono essereviste come “macchine” oppure come “or-ganismi”. Prima del riassetto macrostrut-turale avvenuto nel 1992 le organizza-zioni sanitarie s’ispiravano al “Taylo-rismo”, una teoria organizzativa che s’i-dentificava con il filone classico dellateoria organizzativa anglosassone.Il Taylorismo ritiene che le persone sianosemplici componenti della macchina or-ganizzativa, quindi, un costo e non unpatrimonio da riconoscere, valorizzare ecapitalizzare.Intorno agli anni ‘80l’enfasi posta sullapersona, il cambiamento dell’organizza-zione dell’assistenza, focalizzata sul pa-

ziente, l’instaurarsi del concetto diqualità della vita, nato nel 1970 nelcampo delle scienze sociali, che evidenziauna rinnovata attenzione all’autorealiz-zazione individuale, ha comportato ilpassaggio, da un punto di vista organiz-zativo, delle organizzazioni sanitarie daun modello meccanicistico ad uno orga-nicistico.

LA NASCITA DELLA FILOSOFIADELLA GESTIONE UMANA.

Il modello organicistico considera l’orga-nizzazione come un sistema aperto al-l’ambiente dal quale dipende la soddisfa-zione dei bisogni.In questo modello sono specificate le re-sponsabilità in relazione ad obiettivi de-finiti, si pone l’attenzione ai risultati, allacomunicazione e all’informazione perprendere delle decisioni, si adottanodelle strategie di gestione del personalee, si cerca di motivare il personale me-diante sistemi premianti.Le ristrettezze economiche degli anni ot-tanta hanno posto l’attenzione suivincoli d’equilibrio economico-finan-ziario delle aziende sanitarie, portandoad una riduzione del personale e ad unmaggiore investimento su quello pre-sente, dando maggiore autonomia epotere d’attività e sviluppando nuoveskills, vale a dire valori ed atteggiamenticonsapevoli del fatto che le organizza-zioni possono cambiare solo creando unastrategia di gestione del personale.È in questo contesto che, intorno agli

2222

anni ’80, nasce, la filosofia della “Ge-stione risorse Umane”.

LE ORGANIZZAZIONI SANITARIE ATTUALI.

Le attuali organizzazioni sanitarie hannoaderito all’evoluzione organizzativa e diconseguenza ciò ha portato al “rinnova-mento” di alcune figure professionali in-serite nel contesto, tra queste, quella delcaposala.La figura del caposala è stata sostituitada quella del Coordinatore Infermieri-stico.Secondo le nuove normative, il Coordi-natore Infermieristico, è colui che haconseguito il master di Management In-fermieristico per le funzioni di coordi-namento, ed ha acquisito competenzespecifiche nell’area organizzativa e ge-stionale di primo livello, allo scopo diattuare politiche di programmazionesanitaria, in altre parole interventi voltial miglioramento continuo dellaqualità, in riferimento alle risorse strut-turali, tecnologiche ed umane, nel-l’ambito del servizio coordinato per ga-rantire gli obiettivi del sistema organiz-zativo sanitario.L’istituzione di un Master per la forma-zione dell’infermiere coordinatore è fon-damentale perché il coordinatore infer-mieristico rappresenta il punto d’in-contro tra gli obiettivi generali dell’a-zienda e quelli più specifici di ciascunoperatore.Senza la sua presenza a livello operativonessuno sforzo verso l’efficacia e l’effi-cienza sarà possibile.

L’EVOLUZIONE NORMATIVADELLA FIGURA DEL COORDINATOREINFERMIERISTICO.

L’infermiere coordinatore è una figurafondamentale.Il suo ruolo coniuga la matrice tecnicospecialistica con quella gestionale. Icompiti del coordinatore infermieri-stico sono delineati dal D.P.R. n. 128 del1969 “Ordinamento interno serviziospedalieri”.

Alcune di queste mansioni sono, oggi, ob-solete, altre invece sono ancora attuali.Successivamente, nel 1974, è statoemanato il D.P.R. n. 225 “Mansionariodell’infermiere professionale”, che attri-buisce all’infermiere compiti sia organiz-zativi sia amministrativi.Il mansionario, mette in discussione il bi-sogno di una figura specifica come il co-ordinatore perché attribuisce all’infer-miere, una serie di compiti organizzativied amministrativi.Nel 1984 è emanato un nuovo D.P.R. checosì detta: “Il coordinatore coordina l’at-tività del personale infermieristico e ausi-liario, predispone piani di lavoro nel-l’ambito delle direttive date dal respon-sabile dell’unità operativa”.Con il D.P.R. n. 502 cessano d’avere effi-cacia le disposizioni previste dal D.P.R. n.128 del 1969 e, con il D.lgs n. 626 del1994 il coordinatore infermieristicoassume le nuove funzioni di preposto,con competenze relative alla rilevazionee controllo dei rischi professionali dei la-voratori, alle effettuazioni d’interventiinformativi e alla predisposizione di dis-positivi di protezione individuale.L’ultimo passo legislativo verso la figuradel coordinatore infermieristico è statosancito con l’approvazione il 24/01/2006,del disegno di legge se senatore Tom-masini che prevede istituzionalmente lafunzione di coordinamento.

LE COMPETENZE DEL COORDINATOREINFERMIERISTICO.

Il coordinatore infermieristico è un ma-nager, la sua attività si sviluppa coniu-gando le conoscenze tecnico-speciali-stiche con quella gestionali.Le attività che svolge possono essere rag-gruppate in cinque grandi macropro-cessi:• gestione patrimonio umano;• gestione risorse materiali, tecnologiche

e strutturali;• gestione flussi informativi interni ed

esterni;• gestione della formazione tecnico-

pratica;• gestione miglioramento continuo della

qualità dell’assistenza e ricerca infer-

2323

mieristica.Per attuare questi macroprocessi il coor-dinatore infermieristico deve essere pro-fessionalmente competente.Ma cosa si intende per competenza pro-fessionale?Da un punto di vista didattico tre sonogli elementi che costituiscono la compe-tenza:• conoscenza;• capacità;• caratteristiche individuali.

CONOSCENZE.

Il coordinatore infermieristico devesapere cosa si intende per management.Il management è un’attività finalizzata agestire un’azienda e consiste nelprendere decisioni avvalendosi di risorsee di strumenti, al fine di raggiungere lefinalità che le sono proprie.Attuare un processo di managementprevede la conoscenza degli strumentinecessari per rendere più razionali sia gliinterventi destinati alla gestione ordi-naria sia quelli volti al miglioramentodelle condizioni lavorative.Un buon coordinatore infermieristicodeve sapere cos’è un’organizzazione e,conoscere l’assetto organizzativo dellastruttura che coordina.L’assetto organizzativo è dato da tre va-riabili:• struttura organizzativa;• meccanismi operativi;• stili di direzione.

SSttrruuttttuurraa OOrrggaanniizzzzaattiivvaa..Per struttura organizzativa s’intende l’os-satura centrale dell’organizzazione, lasua struttura portante, che è costituitada:• le varie unità operative e le relazioni

che le collegano;• la gerarchia;• la divisione delle mansioni.Le varie unità operative e la loro fun-zione all’interno della struttura orga-nizzativa possono essere rappresentategraficamente attraverso il funziono-gramma e l’organigramma; questi stru-menti grafici permettono di visua-lizzare la distribuzione delle responsa-bilità ai vari livelli.

Per quanto riguarda le relazioni all’in-terno della struttura possono essere didue tipi:• relazioni gerarchiche (responsabilità di

un operatore verso un altro);• relazioni funzionali (due operatori col-

laborano per raggiungere unobiettivo).

MMeeccccaanniissmmii OOppeerraattiivvii..I meccanismi operativi individuano i pro-cessi che rendono funzionante e di-namico un sistema organizzativo.Sono meccanismi operativi:• i meccanismi di informazione e comuni-

cazione;• i meccanismi di guida e controllo;• i meccanismi operativi di gestione del

personale.I meccanismi operativi di una organizza-zione limitano la discrezionalità deimembri poiché regolano i rapporti fra gliindividui.

PPootteerree OOrrggaanniizzzzaattiivvooIl potere organizzativo riguarda lo stiledi direzione (autocratico, democratico,permissivo) e, le modalità con cui sonoinfluenzati i comportamenti dei membridell’organizzazione.

LA CONOSCENZA DEGLI STRUMENTI DI GESTIONE E DI DECISIONE.

Visto il ruolo svolto, il coordinatore deveavere una padronanza di strumenti fon-damentali per la gestione.Gestire una Unità Operativa richiede co-noscenze delle metodologia organiz-zative.In questo momento, tra le tante metodo-logie, la più accreditata è quella del pro-cesso, ma per comprenderla è fonda-mentale avere ben chiaro il concetto diprocesso.Il processo è una successione di attivitàtra loro collegate che coinvolgono di-verse competenze generando un ri-sultato o un servizio che ha valore per chilo riceve.I processi possono essere classificati in:• processi primari;• processi secondari o di supporto.Un’ ulteriore classificazione può essere

2424

la seguente:• processi con attività con valore ag-

giunto esterno: (i beneficiari sonoesterni all’azienda);

• processi con attività con valore ag-giunto interno: (sono fondamentali perla produzione dei primi);

• processi con attività senza valore ag-giunto.

La metodologia organizzativa per pro-cessi, ha la funzione di eliminare questotipo di attività senza valore aggiunto, maper far ciò un processo deve esser dap-prima “mappato”.La mappatura di un processo permette diconoscere la situazione attuale, di identi-ficare il processo, di renderlo visibile, perpoterne individuare i punti di criticità, equindi rende possibile la descrizione, insequenza dettagliata, del flusso del pro-cesso.La mappatura può avvenire attraverso:• diagramma di flusso;• diagramma di flusso interfunzionale;• la matrice prodotto processo;• la matrice delle responsabilità.Una volta individuate le criticità, la fasesuccessiva si esplica mediante due meto-diche:• la riproggettazione del processo;• miglioramento del processo.La riprogettazione del processo è un ap-proccio radicale ai processi chiave, conesso si vanno a riconsiderare tutti gli ele-menti che lo costituiscono, un gruppomultidisciplinare, costituito dagli attoricoinvolti e da consulenti esperti, hanno ilmandato di analizzare e ridisegnare ex-novo il processo.Gli strumenti prima elencati come il dia-gramma di flusso e le matrici sono uti-lizzati nella riprogettazione unitamentead altre tecniche per la produzione diidee ossia:• Brain-storming;• Benchmarking.La teoria del miglioramento parte dalpresupposto invece che i processi sipossono migliorare secondo la filosofiadella qualità totale.La filosofia della qualità totale fa riferi-mento ad uno dei suoi principali assunti“tutto ciò che si fa può essere svolto inmodo migliore”.La metodologia del miglioramentoprevede:

• la costituzione del team di migliora-mento;

• l’identificazione del processo da mi-gliorare;

• la definizione della criticità del pro-cesso;

• la conoscenza delle cause che generanoil problema;

• la definizione dell’obiettivo;• la verifica.Fondamentale alla fase di riprogetta-zione e di miglioramento del processosono le metodiche di Decision Making.

LE CAPACITÀ.

Le capacità del coordinatore infermieri-stico possono essere descritte in terminidi comportamento e classificate didatti-camente secondo una logica di processoche prevede tre fasi:FFAASSEE 11 –– Prima di ““ffaarree”” – prevede dianalizzare ed osservare il contesto, in ri-ferimento al modello organizzativoadottato, ai meccanismi operativi pre-senti, alla tipologia delle segnalazionidei degenti, ossia analizzare gli eventi“sentinella” con lo scopo di individuare ilproblema attraverso elementi tangibili,per capire le cause e definire le prioritàdi intervento;FFAASSEE 22 – ““dduurraannttee – in questa fase sipianificano le attività mediando in alcunicasi tra le necessità organizzative, quelledei collaboratori e quelle dei cittadini;FFAASSEE 33 – ““ddooppoo”” – in questa fase sirende necessario: controllare la qualità e funzionalità dellerisorse tangibili dell’unità operativa;valutare le attività svolte dai collabo-ratori;verificare le competenze funzionali deicollaboratori, osservando le loro perfor-mance lavorative creando e/o indivi-duando strumenti di valutazione;valutare le tappe dei progetti da in-novare o risolvere problemi o migliorarela situazione tenendo conto delle segna-lazioni dei diretti interessati.Nelle tre fasi non hanno una posizioneprestabilita la ccoommuunniiccaazziioonnee e le rreellaa--zziioonnii ccoonn llee ppeerrssoonnee..

CCoommuunniiccaazziioonnee..La comunicazione è riferita a quelle ca-

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pacità nella gestione del sistema infor-mativo dell’unità operativa, che per-mette di assicurare la comunicazione in-terna ed esterna, rientra nella comunica-zione anche l’organizzazione delle ri-unioni, prevedendo la convocazione e lapianificazione dell’ordine del giorno, for-nendo preventivamente la documenta-zione necessaria, presidiando i tempi disvolgimento e gli strumenti usati.

RReellaazziioonnee ccoonn llee ppeerrssoonnee..Rientrano nelle relazioni con le personequelle capacità che influiscono diretta-mente ed indirettamente sull’interazionee relazione interpersonale con i collabo-ratori.Il sostenere i collaboratori nelle fasi delcambiamento, cercare di comprendere lemotivazioni delle resistenze, motivare icollaboratori adottando un modello or-ganizzativo che assicuri l’espressionedella loro professionalità, attuare unprocesso di empowerment che significaprocesso di “impoteramento”, cioè au-mento del potere personale.

LLee ccaarraatttteerriissttiicchhee iinnddiivviidduuaallii..Le caratteristiche individuali non sono ri-conducibili alle conoscenze ed alle ca-pacità ma, sono riferite ad aspetti piùpersonali come la consapevolezza dellapersona di sé, l’intelligenza e l’espe-rienza effettuata nella vita lavorativa.

CONCLUSIONI

Fino a pochi anni fa il coordinatore infer-mieristico era una figura poco valutata aconferma di ciò il nome “caposala” chenon indicava la complessità del suoruolo.Oggi il coordinatore infermieristico rap-presenta per le aziende sanitarie unaparte della “punta di diamante” delproprio capitale umano; si parla di ca-pitale umano e non di risorse umaneperché la terminologia risorse umaneevoca la capacità di amministrare, para-gonando queste a tutte le altre risorsepresenti nell’azienda “strumentali, mate-riali”.Il capitale umano può essere definitocome: “la mente dell’impresa”.Da tale definizione si può comprendere

l’importanza che rivestono i collabo-ratori, valore che secondo quanto dettala filosofia della qualità del lavoroemerge quando gli operatori si sentonorispettati, ascoltati e valorizzati dai lorosuperiori.Di tutto ciò gli infermieri coordinatori nesono consapevoli e sono coscienti chel’investimento in tempo, nel crearequalità nei rapporti è ripagato dalla na-scita di quel clima organizzativo chespinge la persona a lavorare bene, conentusiasmo e con la sensazione di sentirsiapprezzati e considerati.Ancora il coordinatore infermieristicodeve sapere che valorizzare i propri colla-boratori è fondamentale soprattuttooggi con l’instaurarsi della nuova filo-sofia gestionale inspirata alla traspa-renza e alla responsabilità dei ruoli; tuttociò per l’affermazione di un binomio:“autonomia e imputabilità”.L’imputabilità deve risiedere nella valuta-zione dei risultati fondamentali per ilraggiungimento della mission aziendale.

AUTORE

Massimo MenchellaInfermiere Presidio Ospedale S. RoccoSessa Aurunca (Caserta)

Valutazione dell’insorgenza delle lesioni da decubito regione

calcagno rispetto al rifacimento letto

di Massimo Giordani e Francesco Celletti

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INTRODUZIONE

N ello svolgimento del tirociniopratico effettuato nei tre anniuniversitari, abbiamo rilevato

una maggiore incidenza di lesioni dadecubito nella regione calcagno inconcomitanza della modalità di rifaci-mento del letto. Inizialmente abbiamoosservato una maggior presenza dipiaghe da decubito soprattutto nei pa-zienti allettati che avevano le coperterimboccate. A tale fenomeno inizial-mente non abbiamo dato eccessiva ri-levanza, tuttavia l’elevata incidenza dicoperte rimboccate e relativo decubitoci ha indotto a sospettare che il rifaci-mento letto nella modalità rimboccatafosse una concausa per l’insorgenzadelle lesioni da decubito sul calcagno.L’obiettivo di ricerca che ci siamo postiper affrontare questo studio, lo abbia-mo espresso in termini ipotetici: “Ilrifacimento del letto fatto con il rim-boccamento delle coperte/lenzuola,favorisce l’insorgenza delle piaghe dadecubito al calcagno”.

La nostra ricerca ha quindi oggetto distudio 3 variabili: 2 variabili indipen-denti e 1 dipendente; le indipendentisono il rifacimento letto rimboccato enon rimboccato, mentre la variabiledipendente è la presenza della lesioneda decubito sul calcagno.Prima di trattare i risultati della ricer-ca, è giusto introdurre il concetto dilesione da decubito.

LA PIAGA DA DECUBITO

La lesione da decubito, termine che vienedal latino “decumbere”, cioè stare sdraia-ti, è una soluzione di continuo della cute(epidermide) e dei tessuti sottostanti(derma e ipoderma), che tende ad esten-dersi in ampiezza e profondità fino a rag-giungere negli stadi più gravi i muscoli e leossa. Dell’insorgenza delle lesioni da decu-bito sono responsabili molto fattori internied esterni. Generalmente si tratta sempredell’azione combinata di: pressione locale prolungata nel tempo,che porta a compressione di piccole arte-riose e venule della pelle compromettendola perfusione ed il metabolismo cellularelocale, con ridotta irrorazione (ischemia)fino alla morte delle cellule (necrosi).fattori di rischio e/o predisposizione (grup-pi a rischio), tra cui, la mobilità ridotta oassente, gli stati di incoscienza, le paralisi,le cattive condizioni generali, i disturbi diperfusione ematica, le disfunzioni delmatabolismo, le malattie febbrili, l’inconti-nenza e il sovrappeso.Le lesioni da decubito sono classificate in 4gradi a secondo della profondità dellalesione:1° grado: Arrossamento circoscritto, senzanessun danno alla pelle.2° grado: Lesione epidermica superficiale,con eventuale formazione di vescicole.3° grado: Necrosi, effetto di profondità,muscoli, tendini e legamenti.4° grado: Formazione di piaghe a causadella profondità della necrosi. Il tessutoosseo è compromesso.

2727

LE ZONE PIÙ ESPOSTE AL RISCHIO

Ogni zona del corpo (a secondo della pres-sione alla quale è sottoposta) è soggettaall’insorgere delle ulcere da decubito, madato che la maggior parte delle personeanziane dorme supine, ed i pazienti gene-ralmente vengono posizionati supini, unagrande percentuale di lesioni si manifestanella zona dell’osso sacro, su cui grava ilmaggior peso, ed i talloni. Ora spiegheròin particolare le zone più esposte a rischiopiaghe da decubito a secondo il decubitodel paziente.Nel decubito supino: nuca, scapole, apofisivertebrali, gomiti, sacro, coccige, talloni.Nel decubito laterale: bordo dei padiglioniauricolari, trocantere, facce interna e/oesterna delle ginocchia, testa del perone,malleoli esterni e/o interni, bordo esternodei piedi.Nel decubito ventrale: guance, orecchie,seno nella donna, creste iliache, genitalinell’uomo, ginocchio, punta dell’alluce. Nel decubito ortopnoico: sacro, coccige,zona ischiatica.In casi particolari sono interessati lo scrotoe il pene per presenza di cateteri a perma-nenza o le pinne nasali a causa del mante-nimento in situ di sondini.

PROFILASSI DELLE ULCERE DA DECUBITO

Si basa essenzialmente sulla prevenzionedelle lesioni e sulla cura nei casi riscontrati.La prevenzione si basa su vari passi tra cui:- effettuare un’accurata e scrupolosa igie-

ne dei punti di appoggio maggiormentesottoposti a compressione, controllandola pelle per cercare eventuali segni cheindicano l’inizio di un danneggiamento

- cambiare la posizione del malato almenoogni due ore

- sostituire con frequenza la biancheria daletto, meglio se già usata in quanto piùmorbida di quella nuova e ben asciutta.

- mantenere ben tesa la biancheria ondeevitare il formarsi le piaghe

- frizionare più volte la pelle nella giorna-ta con pomate protettive e nutrienti perfavorire la nutrizione tissutale

- massaggiare a lungo e con frequenza,interessando anche i tessuti profondi,

un’area ben più ampia di quella di meracompressione così da mobilizzare e vasco-larizzate i piani sottocutanei

- utilizzare materassini speciali che produ-cono un massaggio continuo e variano ipunti di appoggio

- impiegare tutti i presidi sanitari, tra cui ilvello di pecora, meglio se sintetico, plac-che protettive, pellicole adesive, ecc, attia mantenere asciutta e ben aerata lazona

- alimentazione adatta per evitare carenzealimentari che è una causa concomitantedell’insorgere delle piaghe da decubito

La programmazione del trattamento dellepiaghe da decubito (in collaborazione conun medico per la terapia) è anche la baseper stabilire il piano di assistenza, e si ponedi cinque obiettivi tendenti a ricercare lecause principali della ritardata guarigionedel decubito:- il ripristino della perfusione ematica nel

tessuto ulcerato- la rimozione della necrosi per mezzo di

asportazione chirurgica o enzimatica- il trattamento locale dell’infezione con

disinfettanti- la scelta di garze medicate che creino le

condizioni fisiologiche necessarie per lagranulazione. Questi prodotti non hannoeffetti collaterali e permettono la forma-zione di un ambiente adatto per la rige-nerazione dei tessuti

- il miglioramento delle condizioni genera-li del paziente, che contribuisce allamobilizzazione e fa diminuire l’elevatapercentuale di rischio nell’insorgenza deldecubito

Le complicanze principali delle lesioni dadecubito sono, le infezioni, le emorragieda eliminazione dell’escara, gli stati tossicicausati dall’assorbimento da parte dell’or-ganismo e delle sostanze tossiche prodottedalla lesione e infine l’osteomielite.Il processo di guarigione delle lesioni iniziacon la cicatrizzazione e quando la lesionediventa rossa e sanguinante la cicatrizza-zione può considerarsi ormai sicura:- se la lesione è superficiale e interessa solo

la cute, guarisce senza lasciare esiti- se c’è stata l’eliminazione di un’escara la

cicatrizzazione può avvenire tardivamen-te in due modi:

1) cicatrici dure e sporgenti (cheloidi)2) cicatrici infossate (rientranti) particolar-

mente fragili e prive di sensibilità

2828

- gli esiti cicatriziali possono determinaresituazioni invalidanti

MATERIALI E METODI

Il nostro studio di ricerca è stato condottopresso un Ospedale di Roma, previa auto-rizzazione del Direttore Sanitario, edaveva come oggetto di studio la presenzao meno delle lesioni da decubito al calca-gno in relazione a due modalità di rifaci-mento letto: rimboccato e non rimbocca-to, da studiare in tutti i pazienti non auto-sufficienti. I soggetti inclusi nello studio,ovvero il campionamento, è del tipo diconvenienza, ed è stato effettuato recan-doci in tutti i reparti di degenza, ottenen-do informazioni sui pazienti tramite la let-tura delle cartelle cliniche, l’osservazionescientifica e la disponibilità di un infermie-re del reparto per una piccola intervista,annotando così i risultati ottenuti su unagriglia anonima: “Valutazione dell’insor-genza delle lesioni da decubito”, suddivisain 2 parti: dati socio-demografici e datiriguardanti la degenza ospedaliera. Talestrumento di raccolta dati è composto da14 items a risposta chiusa, aperta e a sceltamultipla. Le griglie raccolte sono state rile-vate in due tempi, nell’arco di 1 mese, conosservazioni distanziate di 20 gg. tra unaraccolta dati e l’altra, al termine del qualeabbiamo ottenuto un campione di 74unità di pazienti allettati nei vari repartiospedalieri.In un primo momento è stata condottaun’elaborazione statistica univariata, con-sistente in un’analisi descrittiva delle rispo-ste ottenute per singolo item.Successivamente, come seconda fase, èstata condotta un’analisi statistica bivaria-ta, al fine di valutare la dipendenza tra levariabili prese in considerazione. E’ statoperciò calcolato il test Chi-quadrato diPearson. I risultati più importanti, sia dalpunto di vista della significatività statisticache dell’interesse dell’argomento affronta-to, sono stati rappresentati graficamentetramite istogrammi.

ANALISI DEI RISULTATI

Il campione esaminato complessivo è di 74unità, costituito per il 44.6% da maschi e

per il 55.4% da femmine.Il 2.7% ha un’età compresa tra i 23 e i 41anni, il 12.2% ha invece un’età tra i 42 e i60 anni. La maggior parte dei pazienti (il45.9%) ha un’età compresa tra i 61 e i 79anni, seguiti dal 39.2% di pazienti con etàtra i 80 e i 99 anni.In riferimento al reparto di degenza biso-gna segnalare che nel reparto diRianimazione, sono stati rilevati il 12.2%delle 74 unità di pazienti allettati, mentrenei reparti di Ortopedia/Chirurgia eNeurochirurgia il 40.5%. Nei reparti diCardiologia sia intensiva che sub-intensiva(UTIC/USIC); ne sono stati invece riscontra-ti il 28.4%, infine il restante 18.9% sonostati osservati nei reparti di MedicinaGenerale e d’urgenza. La dipendenza del paziente dei soggettistudiati, era prevalentemente tramitel’aiuto di un infermiere, questo nel 44.6%dei casi, mentre i pazienti con un aiutoparziale erano del 18.9%. Gli allettatitotalmente, erano invece il restante36.5%.Gli individui presenti nei vari reparti sonostati raggruppati in 5 gruppi di diagnosi diammissione: - ortopedica, 32.4% - cardiaca, 27%- cerebrale, 16.2%- internistica, 14.9%- respiratoria, 9.5%Le patologie correlate come possibile con-causa di lesione da decubito sono stateinvece raggruppate in 4 diagnosi principa-li: ipertensione (17.6%); diabete (14.9%);ipotensione/anemia/obesità (5.4%);IRA/IRC (4.1%).Per quanto riguarda la nutrizione deidegenti, è da segnalare la prevalenza diun’alimentazione normale nel 74.3%,seguita da un’alimentazione parentera-le con il 14.9% ed una enterale nel10.8% dei casi. Grazie alla disponibilità di un infermierenel reparto, si è potuto rilevare anche lagravità e la mobilizzazione del paziente.Per quanto riguarda la gravità nel 39.2%risulta alta, seguita dal 32.4% media e dal28.4% bassa; mentre per quanto riguardala mobilizzazione, con il 75.6% per unamobilità fino le 6 ore; con il 23% dalle 7alle 12 ore; solo nell’1.4% oltre le 12 ore.Nei pazienti allettati, per prevenire lelesioni da decubito, non vengono utiliz-

2929

zati nel 77% dei casi gli ausili antidecubi-to. Abbiamo riscontrato solo il 12,1% diutilizzo dei materassini, nel 9.5% ilguanto ad acqua e infine nell’1.4% deicasi gli archetti. Dalla ricerca effettuata, abbiamo rilevatonei 74 casi studiati, che il 23% ha dellelesioni da decubito sul calcagno equiva-lenti a 17 casi, di cui 11 decubiti di 1°grado (64.7%), 5 decubiti di 2° grado(29.4%) e infine solo 1 caso di lesione di3° grado (5.9%). Nel campione studiato i letti rimboccatisono il 62.2%, mentre per quanto con-cerne i giorni di degenza ospedaliera,fino a 3 gg. di degenza è presente il29.7% dei pazienti, da 4 a 12 gg. il45.9%, mentre con più di 12 gg. didegenza il restante 24.3%.Nei 17 casi di lesioni da decubito rilevatidal campione, non c’è una grossa diffe-renza per il sesso, con 9 casi (27.3%) diulcere riscontrate nel totale dei maschi e8 casi (19.5%) nelle femmine, per cui ilsesso non è stato rilevante ai fini dell’in-sorgenza di piaghe.A conferma di quanto ci spiega la lettera-tura sui decubiti (grafico n°1), la formazio-ne di ulcere è maggiore negli allettatitotalmente con il 29.6% (8 casi di dipen-denza totale su 27), seguito dal 21.4%degli allettati parzialmente (3 casi didipendenza parziale su 14) e il 18.2% dei pazienti aiutati con gli infermie-ri (6 casi di dipendenza media su 33).

Altro risultato importante (grafico n°2), èsegnalare la presenza di lesioni soprattut-to nei pazienti con gravità di patologia dimedia e alta entità, con il 37.5% per lamedia gravità (9 casi su 24), seguita da

un’alta gravita con il 24.1% (7 casi su 29).Infine con il 4.8% nella bassa gravità (1 caso su 21).

Incrociando l’item n°10 (presenza lesionede decubito sul calcagno) con l’item n°9(mobilizzazione del paziente), è emersouna riconferma di quanto la letteratura ciinsegna sui decubiti (grafico n°3): ovveroche se la mobilizzazione del pazienteavviene con una bassa frequenza, allora sipuò verificare un maggior rischio d’insor-genza delle lesioni e la nostra ricerca haevidenziato che questo avviene con valoripercentuali che vanno dal 19.6% (11 casisu 56) entro le 6 ore di mobilità, per poiquasi raddoppiare fino al 33.3% del campione (6 casi su 18) per i mobilizza-ti oltre le 6 ore.

Altro dato interessante rilevato mettendoin relazione la presenza di piaghe da decu-bito sul calcagno in relazione ai giorni didegenza, è che queste ulcere si formano inmaniera direttamente proporzionale ai

GGRRAAFFIICCOO NN°°11 –– IInncciiddeennzzaa ddeellllee lleessiioonnii ddaa ddeeccuubbiittoo ssuull ccaallccaaggnnoo iinn rreellaazziioonnee aallllaa ddiippeennddeennzzaa ddeell ppaazziieennttee

GGRRAAFFIICCOO NN°°22 -- IInncciiddeennzzaa ddeellllee lleessiioonnii ddaa ddeeccuubbiittoo ssuull ccaallccaaggnnoo iinn rreellaazziioonnee aallllaa ggrraavviittàà ddii ppaattoollooggiiaa

GGRRAAFFIICCOO NN°°33 -- IInncciiddeennzzaa ddii lleessiioonnii ddaa ddeeccuubbiittoo ssuull ccaallccaaggnnoo iinn rreellaazziioonnee aallllaa mmoobbiilliizzzzaazziioonnee ddeell ppaazziieennttee

3030

giorni di degenza, con una percentualecrescente: 9.1% (2 casi su 22) entro i 3 gg.di degenza, 20.6% (7 casi su 34) tra 4 gg. ei 12 gg. e il 44.4% (8 casi su 18) di pazienticon decubito oltre i 12 gg. di degenza. Danotare è il crescere di questi valori di unfattore maggiore di 2; dopo 12 gg. didegenza il rischio di lesione al calcagno si èquasi quintuplicato, questo a confermareche la lungodegenza è una concausa dilesioni da decubito (grafico n°4).

Per quanto riguarda l’analisi finale, ossiamettendo in relazione la presenza di lesio-ni rispetto al rifacimento del letto nellamodalità rimboccata o non rimboccata,ovvero l’ipotesi di ricerca, si ha la confermadella nostra ipotesi di ricerca, in quanto si èriscontrato che con il rifacimento lettofatto con rimboccamento, su 46 pazienti(100%), 15 di essi avevano lesioni da decu-bito sul calcagno, equivalente al 32.6%,mentre su 28 pazienti (100%) con letto nonrimboccato, solo 2 pazienti (7.1%) presen-tavano lesioni sul calcagno (grafico n°5).

Infine è interessante confrontare insiemele concause principali (grafico n°6) dellelesioni al calcagno nei 17 casi riscontratinella ricerca, dove si evince ancor di piùche tra le varie concause l’incidenza mag-giore la riscontriamo nella gravità delpaziente medio-alta (94.1%) e nel rifaci-mento letto (88.24%) nella modalità rim-boccata.

DISCUSSIONE

Interpretando i dati precedenti si è riscon-trato che: la differenza di sesso non ha nes-

suna correlazione con l’insorgenza dellepiaghe da decubito sul calcagno e che l’au-mento delle giornate di degenza favorisce

l’incidenza delle ulcere da decubito adeccezione dei reparti di Rianimazione eOrtopedia dove vengono utilizzati ausiliantidecubito. Per quanto riguarda la mobi-lizzazione del paziente, la ricerca confer-ma la letteratura, in quanto più si mobiliz-za il paziente e minore sarà l’incidenzadelle lesioni. La ricerca ha inoltre confer-mato la letteratura anche riguardo l’inci-denza di lesioni all’aumentare delle gior-

nate di degenza, in quanto l’insorgenzadelle ulcere sul calcagno aumenta in modoproporzionale e di un fattore maggiore di2 con percentuali che vanno da 9.1% neiprimi 3 gg., per poi cresce a 20.6% entro i12 gg. e infine quintuplicare dopo i 12 gg.in poi a 44.4%. Si constata comunque chele patologie principali correlate al decubi-to sono in larga parte riscontrabili neipazienti diabetici e ipertesi, con alta gravi-

GGRRAAFFIICCOO NN°°44 -- IInncciiddeennzzaa ddeellllee lleessiioonnii ddaa ddeeccuubbiittoo ssuull ccaallccaaggnnoo iinn rreellaazziioonnee aallllaa ddeeggeennzzaa ddeell ppaazziieennttee

GGRRAAFFIICCOO NN°°55 -- IInncciiddeennzzaa ddeellllee lleessiioonnii ddaa ddeeccuubbiittoo ssuull ccaallccaaggnnoo iinn rreellaazziioonnee aall rriiffaacciimmeennttoo lleettttoo

GGRRAAFFIICCOO NN°°66 –– IInncciiddeennzzaa ccoonnccaauussee nneeii 1177 ccaassii ccoonn lleessiioonnii ddaa ddeeccuubbiittoo ssuull ccaallccaaggnnoo

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tà di patologia e in età senile. La ricerca comunque conferma tramite l’i-tem n°13 (letto rimboccato o non rimboc-cato) incrociandolo con l’item n°10 (presen-za di piaga da decubito), la nostra ipotesi diricerca, ovvero: ““IIll rriiffaacciimmeennttoo ddeell lleettttooffaattttoo ccoonn iill rriimmbbooccccaammeennttoo ffaavvoorriisscceellee ppiiaagghhee ddaa ddeeccuubbiittoo aall ccaallccaaggnnoo””,quindi il rifacimento letto rimboccato èuna concausa insieme all’età avanzata, allapatologia ipertensiva, diabetica, alle gior-nate di degenza, alla non mobilizzazione eal non uso di ausili antidecubito, per l’insor-genza di lesioni da decubito nella regionecalcagno. Da constatare che nel reparto diRianimazione con pazienti completamenteallettati e con gravità altissima, il solo utiliz-zo di materassino antidecubito e il non rim-boccamento delle lenzuola/coperte, non hacausato lesioni al calcagno pur se questipazienti hanno una lunghissima degenza,con addirittura casi da 327 gg., in contrastocon la letteratura che ci insegna che l’insor-genza delle lesioni aumenta con l’aumen-tare dei giorni di degenza.

RACCOMANDAZIONI PER LA PRATICA E PER LA RICERCA FUTURA

Sarebbe consigliabile inserire nella grigliaper future ricerche ospedaliere nei con-fronti delle lesioni da decubito al calcagno,un’item riguardante la provenienza delpaziente da precedenti reparti e/o cliniche.Altro consiglio utile è cercare di evitare dichiedere informazioni in reparto riguardola presenza di pazienti con decubiti sul cal-cagno, ma constatare sempre di persona lapresenza di tali lesioni tramite l’osservazio-ne scientifica. Consigliamo inoltre in future ricerche ditriplicare il campione di studio e per unamaggiore attendibilità dei dati effettuaresempre l’osservazione scientifica in tempidiversi di un minimo di 20 gg. onde evita-re osservazioni ripetute nello stesso repar-to ospedaliero.Suggeriamo infine di sperimentare con unmacchinario o strumento pesatrice, perquantificare quanta pressione si esercitasul calcagno a causa del rimboccamentodelle coperte/lenzuoli, al fine di realizzareun item da inserire nella griglia che possaquantificare la soglia minima di peso capa-

ce di generare una lesione da decubito alcalcagno.

CONCLUSIONI

Il nostro obiettivo iniziale era quello didimostrare che “Il rifacimento del lettofatto con il rimboccamento favorisce l’in-sorgenza delle lesioni da decubito al calca-gno”. Dallo studio effettuato tramite l’uti-lizzo di una griglia di domande e l’osserva-zione scientifica (effettuata in due tempi)che l’ipotesi di ricerca da noi formulata èconfermata, perchè il rifacimento del lettorimboccato ha favorito l’insorgenza dilesioni da decubito al calcagno nel 32.6%(15 casi) dei pazienti con letto rimboccato(46 casi), mentre nei pazienti con letto nonrimboccato (28 casi) solo il 7.1% (2 casi)presentava tali lesioni. Possiamo inoltreconfermare che l’ipotesi è una concausainsieme ad altre situazioni quali diabete,ipertensione, lungodegenza, età senile ealla non mobilizzazione. Da evidenziareche nei reparti di Rianimazione eOrtopedia, dove non vengono rimboccati iletti e sono utilizzati ausili antidecubito,l’insorgenza di lesioni al calcagno è ridottaal minimo.

AUTORI

Massimo GiordaniInfermiere UO RiabilitazioneNeuromotoria - S. Raffaele Pisana - RomaFrancesco Celletti Infermiere UO Cardiologia - Columbus (Gemelli) -Roma

1 - Chiesa, I. et al, “Tecniche infermie-ristiche di base”, pp. 24 – 28, CasaEditrice Ambrosiana, I Edizione, Milano, 1985.2 - Juchli, L. “L’assistenza infermieristi-ca di base”, pp. 145 – 154, RosiniEditrice, III Edizione, Firenze, 1994.

3 - Brunner, S. et al, “Nursing Medico-Chirurgico”, Volume 1, pp. 153 - 160,Casa Editrice Ambrosiana, II Edizione (italiana),Milano, 2001.

Il prelievo arterioso radiale per emogasanalisi: protocollo

operativo per l’infermiere

di S. Lancianesi, A.Coltellaro, G. Andreozzi

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PREMESSA

Nell’ultimo decennio la profes-sione infermieristica ha subitonumerose modifiche ed innova-

zione dovute all’attuale normativa che,oltre ad abrogare gli elementi cheavevano regolato la professione, ha de-terminato la diretta assunzione di re-sponsabilità da parte dei professionistinell’erogazione delle prestazioni. I provvedimenti legislativi (D.L.vo502/92, DM 739/94, L. 42/99, L.251/2000) hanno esercitato ed esercita-no una forte influenza sull’esercizioprofessionale, si sottolinea la richiestadi una maggiore professionalità e l’e-sercizio di attività non più sottoposte aivincoli del mansionario. L’abrogazionedefinitiva del DPR 225/74, il mansiona-rio dell’infermiere, con la L. 42/99 haprodotto in alcuni casi confusione,avendo perso i punti di riferimento sucosa si poteva o non si poteva fare. Per far luce su alcune attuali questioniil Ministero della Salute, ConsiglioSuperiore di Sanità nella seduta del 23giugno 2005 ha espresso parere favore-vole all’effettuazione del prelievo arte-rioso dall’arteria radiale per emogasa-nalisi da parte dell’infermiere. Le con-dizioni che pone sono le seguenti:- Formazione per acquisire la completa

competenza;- La presenza di un protocollo operati-

vo correttamente redatto, condivisoed approvato dall’intera equipe medi-ca ed infermieristica.

Il protocollo deve garantire la buona

pratica della tecnica del prelievo arte-rioso per l’emogasanalisi, l’adozione ditutte le misure di prevenzione dellecomplicanze e per la gestione dei rischi.Il protocollo è un documento scritto,concordato all’interno del gruppo, chetraduce le conoscenze professionali incomportamenti che gli operatoridovrebbero adottare nello svolgimentodi determinate attività, orientando l’azione all’efficacia della prestazione eal miglioramento della qualità dell’assi-stenza. Parte integrante del protocolloè la procedura che è considerata laforma standardizzata più elementareche formalizza una sequenza lineare dicomportamenti per il controllo dellaqualità tecnica. L’obiettivo di questostrumento operativo è la riduzionedella variabilità ingiustificata.Il Codice Deontologico dell’infermieredel 1999 previde che, relativamente atecniche e mansioni non completamen-te acquisite l’infermiere debba esserneresponsabile in base alla propria com-petenza e di aver il diritto ed il doveredi richiedere un’ulteriore formazione osupervisione su pratiche nuove. Infine,il DM 2-4-2001 prevede nell’ordina-mento didattico del corso di laurea perinfermiere l’apprendimento seppuresclusivamente teorico delle conoscen-ze, delle abilità necessarie al prelievoarterioso, ritenuta tecnica avanzata daapprendere post laurea. Appresa la tec-nica ed avvenuto l’addestramentoattraverso la supervisione di un’esper-to, il prelievo arterioso dall’arteriaradiale per emogasanalisi può conside-

3333

rarsi un atto, anche, di competenzainfermieristica.

DDeeffiinniizziioonnee ee mmooddaalliittàà ddii eesseeccuuzziioonneeL’emogasanalisi (EGA) è il controlloematochimico fondamentale per valu-tare la funzionalità respiratoria e l’as-setto metabolico. La valutazione diparametri quali PO2, PCO2 e PH nelsangue arterioso consente di evidenzia-re la presenza di un’insufficienza respi-ratoria e/o di uno squilibrio metabolicosingoli o associati e di definire la gravi-tà delle condizioni di salute. Nel conte-sto dell’insufficienza respiratoria per-mette di distinguere tra ipoventilazio-ne (ipercapnia) ed alterazioni dell’ossi-genazione (ipossiemia); il rapporto tral’ossigeno inspirato e quello presentenel sangue arterioso consente, anche,di quantificare il livello di gravità dell’i-possiemia. L’EGA del sangue venosomisto, prelevato dall’arteria polmonare(accettabile il campione prelevato dalpiù comune Catetere Venoso CentraleCVC), consente di verificare quantoossigeno non utilizzato ritorna al cuoredestro, costituendo un prezioso indica-tore del rapporto fra la disponibilitàd’ossigeno ed il fabbisogno metabolicocellulare.Accanto alla misurazione di PO2, PCO2,HCO3 e PH, gli analizzatori di ultimagenerazione possono effettuare nellostesso campione la valutazione dell’os-simetria e la misura di ioni, lattati, glu-cosio, bilirubina, Be, SAT%, Hb…; in talcaso, EGA, arricchisce straordinaria-mente la sua connotazione originariadiventando un vero e proprio profilorespiratorio e metabolico multiparame-trico, essenziale per la valutazione delpaziente critico.Il prelievo può essere effettuatomediante puntura estemporanea dellearterie radiali (fig.1 e 2) o femorali, tal-volta la brachiale, oppure attraverso icateteri posizionati in arteria periferi-ca, in arteria polmonare o in prossimitàdell’atrio destro. Mentre, il prelievoarterioso dall’arteria dorsale del piede(pedidia) non è molto diffuso, anche sepotrebbe costituire una valida alterna-tiva a quello radiale. Infatti, le duearterie si equivalgono per calibro e per

il rischio di incidenza di trombosi, maessendo l’arteria pedidia più lontanadal cuore e per la sua particolare posi-zione anatomica, risente maggiormen-te delle differenziali di pressione perciòpoco indicata. E’ importante valutare leeventuali controindicazione alla puntu-ra arteriosa percutanea, ad esempioper l’arteria radiale: impiego ripetutoper punture trascutanee, prolungatacannulazione,… .La raccolta del campione deve esseremolta attenta, poiché la maggior partedegli errori in sede di determinazionedei parametri è da attribuire ad un con-trollo no accurato delle condizioni cheprecedono la procedura vera e propria.I campioni di sangue vengono raccoltiin una siringa già eparinata, con aghisottili scarsamente traumatici.Nell’impiego clinico, solo in caso dimancanza delle siringhe suddette, siricorre all’utilizzo di siringhe da 2,5 mlda eparinizzare. L’ eparina sodica. èconsiderata l’anticoagulante d’elezio-ne, è sufficiente aspirarne una modestadose e poi spingere a fondo il pistone,in modo che ne rimanga una minimaquantità nel cono della siringa e nell’a-go. Quantità eccessive potrebbero alte-rare i valori del campione che potreb-be risultare diluito. La tecnica per l’emogasanalisi è relati-vamente semplice, ma non scevra darischi e complicanze e per la sua grandeutilità è bene che venga descritta in unprotocollo operativo. Nella Circolaredel Ministero della Salute citata, ven-gono definiti i dati che la redazione delprotocollo deve comprendere. Sulla base di quelle indicazioni che abbia-mo redatto il pprroottooccoolllloo seguente:

3434

PROTOCOLLO

AZIENDA SANITARIA

________________________

PRELIEVO ARTERIOSO RADIALE PER

EMOGASANALISI CON SIRINGA

EPARINATA

UO/STRUTTURA

__________________

OGGETTO

Il protocollo descrive la modalità di esecuzione del prelievo arterioso radiale per emogasanalisi

eseguito da personale infermieristico in un paziente adulto.

MOTIVAZIONE/OBIETTIVO

Assicurare la buona pratica di tecnica del prelievo arterioso dall’arteria radiale al fine di evitare o

ridurre il fenomeno di non omogeneità della procedura e del rischio di complicanze.

CAMPO DI APPLICAZIONE/TIPOLOGIA DEL PAZIENTE

Il prelievo arterioso dall’arteria radiale per emogasanalisi viene effettuato ogni volta che è

necessario valutare la funzionalità respiratoria e/o l’assetto metabolico del paziente ricoverato

presso tutte le Unità Operative ospedaliere, ambulatoriali e ADI

RIFERIMENTI NORMATIVI/DOCUMENTALI

• Circolare Ministero della Salute del 23 giugno 2005 effettuazione del prelievo arterioso

dall’arteria radiale per emogasanalisi da parte dell’infermiere.

• D.M. 739/94

• L.42/99

• D.M. 2-4-2001

• Codice Deontologico dell’Infermiere 1999

• Linee Guida per la prevenzione delle infezioni associate a catetere intravascolare - CDC

2002

RESPONSABILITA’Figura che svolge l’attività

infermiere OSS

Informazione ed istruzione del paziente R

Fornitura del materiale necessario R C

Rilevazione parametri vitali + condizioni

cliniche

R C

Smaltimento del materiale R

Verifica finale RR=responsabile C=coinvolto

RISORSE MATERIALI

� Siringa eparinata con aghi di calibro sottile (22-25G) Fig.3

� Soluzione antisettica al 2% di clorexidina gluconato (oppure povidone iodico)

� Garze sterili e cerotto

� Guanti

Descrizione dell’attività

3535

PROCEDURAAZIONE MOTIVAZIONE

Informare il paziente, se cosciente, sulle

modalità della procedura

E’ un suo diritto, favorisce la collaborazione e

permette di evitare rischi durante il prelievo

Predisposizione del materiale occorrente Assicura l’utilizzo di idoneo materiale

Rilevazione dei PV

Registrazione delle condizioni cliniche del

paziente

Per poterle correlare con i valori dei dati misurati

Igiene delle mani con l’uso di prodotti alcolici

senza acqua o di un sapone antibatterico ed

acqua con adeguato risciacquo

Per fornire protezione contro le infezioni

Indossare i guanti Per ridurre il rischio di contaminazione

Posizionamento del polso del paziente Il polso viene posizionato verso il basso sul bordo

del letto

Antisepsi della cute della zona da pungere Per ridurre la colonizzazione periferica

Palpazione del polso con il medio e l’indice della

mano non dominante

E’ facilmente identificabile al polso, previa

iperestensione dello stesso, ove il vaso decorre in

superficie. Nell’adulto dovrebbe essere a circa 2,5

cm di distanza dalla piega del polso. L’ago deve

essere inserito con un’angolazione di 45-60° sul

piano verticale e dirigerlo lentamente verso la

pulsazione.

Puntura del vaso arterioso. Raccogliere una

modesta quantità di sangue: 1-1,5 ml, eseguendo

il prelievo in lieve ma costante aspirazione per

evitare la formazione di bolle d’aria nella siringa.

Chiudere la siringa con un tappo luer-lock e

ruotarla tra le mani

Il franco reflusso di sangue nella siringa identificherà

la penetrazione del vaso.

E’ meglio evitare di riporre l’apposito cappuccio

sull’ago, perché tale manovra espone l’operatore al

rischio di punture accidentali.

Per consentire l’omogenea miscelazione tra il sangue

arterioso e l’eparina.

Tamponare con garze e cerotto Favorire la coagulazione e ridurre il rischio

dell’ematoma. La compressione, che deve consentire

il normale flusso di sangue attraverso il vaso, sarà

mantenuta per circa 5-10 minuti.

Riordinare il letto ed il materiale Per il benessere del paziente

Inserire il campione di sangue prelevato

nell’apposito analizzatore* (nella quantità

richiesta dall’apparecchio), entro 10 minuti o

conservare il campione in ghiaccio a 0°C

Per minimizzare gli effetti dovuti al mantenimento

del metabolismo del campione con diminuzione del

PH, alla diffusione di gas dalla siringa ed alla

fuoriuscita di potassio dalle cellule

Eliminare la siringa che contiene la restante parte

di sangue negli appositi contenitori

Per ridurre il rischio infettivo

Rilevare i dati e prelevare la striscia di carta di

registrazione degli stessi

Perché il referto verrà posto nella documentazione

del paziente

Igiene delle mani Ridurre rischio occupazionale

Interpretazione dei parametri di più immediata

consultazione PO2, PCO2 e PH

Permettono di valutare la presenza e la gravità di

un’eventuale insufficienza respiratoria e/o di uno

squilibrio metabolico singoli od associati

Far prendere visione del referto al

medico/rianimatore

Per una eventuale terapia correttiva del quadro

patologico

Verificare il sito di puntura cutanea e, se

necessario, procedere a medicazione locale.

Se sono presenti alterazioni della coagulazione, con

sanguinamento del sito di puntura, dovrà essere

necessaria una medicazione compressiva della durata

di alcune ore.*si possono inserire nell’apparecchio i dati relativi alla FiO2 e all’emoglobina del paziente. In questo caso è necessario anche indicare il valore della

temperatura corporea.

3636

INTERPRETAZIONE DEI PARAMETRI

I parametri di più immediata consultazio-ne sono PO2 , PCO2 e pH per valutarela presenza e la gravità di un’eventualeinsufficienza respiratoria e/o di uno squi-librio metabolico singoli od associati.Gli scambi gassosi fra gli alveoli ed il san-

gue e fra questi ed i tessuti sono dovuti aigradienti di pressione parziale dei singo-li gas, per cui essi si spostano verso lezone con minor pressione, oltre che allasolubilità dei gas ed alla permeabilitàdelle membrane che essi devono attra-versare. In caso d’insufficienza respirato-ria ipossiemizzante, senza ipercapnia,l’EGA arteriosa può essere effettuata indue tempi; durante respirazione in aria edopo respirazione con O2 puro peralmeno 10 minuti.Se l’ipossiemia è corretta dalla sommini-strazione di ossigeno, allora probabil-mente è causata da una decurtazione delcircolo polmonare (embolia) con aumen-to dello spazio morto: il sangue bagnaalveoli che contengono una quantità diO che è quella normale, ma che in questicasi diventa insufficiente ad ossigenaretutto il sangue che arriva loro.Se invece l’ipossiemia non viene corretta,o lo è solo parzialmente, si è in presenzadi alveoli poco o per niente ventilati

COMPLICANZE

� Ematoma, occlusione dell’arteria, crisi vagale. La più frequente è l’ematoma che deve essere

prevenuto o minimizzato usando aghi di calibro sottile e comprimendola sede di prelievo per

5-10 minuti;

� Trombosi dell’arteria per punture ripetute. Si previene con la cateterizzazione dell’arteria

radiale;

� Inquinamento del campione con bolle d’aria (Fig.4-5) e con liquido che perfonde la linea in

caso di prelievo da catetere.

ALTRE INDICAZIONI UTILI

� Il prelievo può essere effettuato, anche, mediante puntura estemporanea dell’arteria femorale

o brachiale

� Il prelievo può essere effettuato, anche, attraverso i cateteri posizionati in arteria periferica,

in arteria polmonare o in prossimità dell’atrio destro

Fig.3

Fig.4 Fig.5

3737

(edema, atelettasia) che continuano adessere per fusi nonostante il riflesso divasocostrizione ipossica locale: all’atriosinistro sinistro ritorna dal circolo polmo-nare sangue arterializzato mescolato asangue ancora venoso (shunt a-v, commi-stione venosa)

CONCLUSIONI

Il mondo della sanità è in continua evolu-zione richiede all’infermiere una maggiorepreparazione ed ulteriore competenze chepossono metterlo in grado di assumeredelle decisioni a volte determinanti per lecondizioni di salute del paziente.Auspichiamo che, accanto all’evoluzionedella normativa che affida all’infermieresempre maggiore autonomia e responsa-bilità vi sia anche la consapevolezza deiprofessionisti per saper agire con un fortesenso di serietà nei confronti della profes-sione che dei cittadini. A seguito dell’abro-gazione del mansionario dell’infermiere sisono verificate situazioni differenziate perl’esecuzione di alcune prestazioni. A talproposito, la tecnica del prelievo arteriosoper emogasanalisi è stata considerataun’attività del medico sia per la scarsaconoscenza dell’evoluzione della normati-va che per prassi; in alcuni reparti come laterapia intensiva e le rianimazione, l’emo-gasanalisi è di competenza dell’infermiereanche se, lo distoglie dalle altre praticheassistenziali (ulteriore carico di lavoro) e lorende responsabile dei rischi ad essa con-nessi. Acquisizione di alcune competenze daparte dell’infermiere risultano essere indi-

spensabili nella pratica clinica modernaparticolarmente in alcuni ambiti assisten-ziali. Con la pubblicazione della circolaredel ministero della salute a riguardo delprelievo arterioso dalla radiale si è chiaritoche è una pratica eseguibile sia dal medicoche dall’infermiere eccetto il prelievo arte-rioso femorale che rimane di esclusivacompetenza del medico.

AUTORI

DAI S. Lancianesi – UOC Formazione,Qualità, Ricerca e SperimentazioneGestionaleInfermiere Spec. A.Coltellaro - UO Rianimazione III Ospedale S. EugenioDott. G. Andreozzi - UO Rianimazione III Ospedale S. Eugenio

Marchetti R., Romigi G., &Stievano A. (2005). Lavorarein area critica. Roma, CarocciFaber. Circolare Ministero dellaSalute del 23 giugno 2005effettuazione del prelievoarterioso dall’arteria radialeper emogasanalisi da partedell’infermiere.D.M. 739/94L.42/99D.M. 2-4-2001Codice Deontologicodell’Infermiere 1999Linee Guida per la prevenzio-ne delle infezioni associate acatetere intravascolare - CDC2002

Gestione intraospedaliera della frattura di femore in pazienti

ultrasessantacinquenni

di Marco Tosini

3838

L ’Agenzia di Sanità Pubblica dellaRegione Lazio in collaborazionecon varie Società scientifiche, tra

cui il Collegio Ipasvi di Roma, ha ritenutoopportuno anche in base all’ultimo rap-porto su questa tipologia di pazienti, didefinire ed iniziare una sperimentazionedi un percorso clinico assistenziale per lagestione intraospedaliera della fratturadi femore in pazienti ultrasessantacin-quenni che ha come finalità quella dipromuovere la qualità dell’assistenza sa-nitaria in questo tipo di pazienti.Le statistiche sono molto chiare, in base

alle quali la Regione Lazio si pone negliultimi posti tra le regioni italiane per lasopravvivenza a breve e medio termineper questo tipo di patologia.Infatti è ineludibile il fatto che il pa-ziente ultrasessantacinquenne fratturatodi femore nella nostra regione ha unadegenza media molto alta rispetto allealtre regioni nel periodo pre – operatorioche varia dai 3 giorni fino ad arrivare ai14 giorni, ma il dato più preoccupanteche ci riguarda molto da vicino, è quelloche i pazienti che vengono sottoposti adintervento chirurgico sono solo poco piùdi un terzo, da una soglia minima del60% ad una soglia massima del 85%

Il progetto si pone degli obiettivi spe-cifici:• definire un percorso clinico assisten-

ziale basato sulle evidenze disponibiliin letteratura e condiviso con tutte lesocietà medico scientifiche

• Sperimentare la sostenibilità del per-corso e l’impatto in termini di migliora-mento delle performance organiz-

zative e degli esiti di salute dei pazientifratturati

1. INDIVIDUAZIONE DEL PROCESSO

Il processo da analizzare è quello“ideale”, basato sulle linee guida più ag-giornate relative alla gestione del pa-ziente con frattura di femore. Senzadubbio nella nostra regione ci sonomolte variabili tra le varie strutture sani-tarie del Servizio Sanitario Regionale,quindi si è ritenuto opportuno foca-lizzare l’attenzione su quegli ambiti del-l’assistenza comuni alla maggior partedelle strutture ospedaliere e che, per-tanto risultino applicabili indipendente-mente dal livello di complessità assisten-ziale.

2. IDENTIFICAZIONE DI FINALITÀ E FLUSSO DEL PROCESSO

LLaa ddeennoommiinnaazziioonnee ddii pprroocceessssoo è“profilo assistenziale del paziente confrattura di femore”RReessppoonnssaabbiillee ddeell pprroocceessssoo è il Di-rettore Medico di Presidio Ospedalieroche si avvale dei responsabili dei sotto-processi.LL’’oobbiieettttiivvoo ddeell pprroocceessssoo è quello difornire l’assistenza ospedaliera ai pa-zienti ultrasessantacinquenni con frat-tura di femore.II ccoonnffiinnii ddeell pprroocceessssoo vanno dall’in-gresso del paziente in pronto soccorso(inizio del processo) alla dimissione dal-l’Unità Operativa di Ortopedia o Trauma-

3939

tologia (termine del processo).LL’’iinnppuutt ddeell pprroocceessssoo è costituito dal-l’accesso in pronto soccorso di un pa-ziente ultrasessantacinquenne confrattura post – traumatica di femore .IIll ffoorrnniittoorree ddeell pprroocceessssoo può esseredefinito come quell’insieme di elementiche consentono l’accesso degli inputs alprocesso; in altri termini quegli elementiche inviano i pazienti fratturati all’o-spedale (medici di medicina generale,medici di guardia medica, operatori del118, familiari….)LL’’oouuttppuutt ddeell pprroocceessssoo è costituito dalladimissione del paziente trattato dal re-parto di ortopedia.II cclliieennttii ddeell pprroocceessssoo sono i pazienti, ifamiliari e tutte le figure professionaliche intervengono nelle diverse fasi delprocesso secondo la logica del cliente –fornitore. La strategia attuata prevede un ap-proccio basato sui processi ed il processoè rappresentato da una sequenza di at-tività correlate e interagenti finalizzatead uno specifico risultato finale rappre-sentato dal paziente curato e dimessodalle unità operative.Gli obiettivi sopra elencati possonoessere raggiunti mediante una metodo-logia divisa in 3 fasi ben distinte e “tem-porizzate”Il gruppo rappresentativo ha per primacosa definito i “confini del processo assi-stenziale”, individuandoli nel momentodell’ingresso del paziente in pronto soc-corso (inizio del processo) e in quellodella dimissione dalla unità operativa(U.O.) di Ortopedia o Traumatologia(termine del processo).Questo processo generale è stato a suavolta suddiviso in quattro subprocessi:I subprocessi del processo (che corri-spondono alle fasi del profilo assisten-ziale) sono quattro.

1. l’input iniziale è rappresentato dal““ppaazziieennttee ccoonn ssoossppeettttaa ffrraattttuurraa ddiiffeemmoorree” che arriva in pronto soccorsoe che viene sottoposto al primo sub-processo definito come ““vvaalluuttaazziioonneeiinn PPrroonnttoo SSooccccoorrssoo””..

2. Una volta che viene completata la va-lutazione in pronto soccorso si ottieneun output che può essere definito

come ““ppaazziieennttee ccoonn ffrraattttuurraa ddiiffeemmoorree””, questo, a sua volta, rappre-senta l’input del subprocesso suc-cessivo, denominato ““ ffaassee pprree –– ooppee--rraattoorriiaa””

3. Completato il processo della fase pre –operatoria si ottiene output successivoche è rappresentato dal ““ppaazziieenntteeooppeerraabbiillee”” che costituisce l’input delsubprocesso successivo, denominato““iinntteerrvveennttoo cchhiirruurrggiiccoo””..

4. L’output di quest’ultimo processo, il““ppaazziieennttee ooppeerraattoo”” rappresental’input del subprocesso successivo“fase postoperatoria”. Una volta com-pletato il processo di “degenza posto-peratoria” si ottiene un prodottofinale che può essere tranquillamentedenominato come ““ppaazziieennttee ccuurraattooee ddiimmeessssoo””..

SCHEMATICAMENTE I SUBPROCESSI

11.. VVaalluuttaazziioonnee iinn PPrroonnttoo SSooccccoorrssoo

LL’’oobbiieettttiivvoo ddeell ssuubbpprroocceessssoo èè qquueellllooddii ffoorrnniirree llaa vvaalluuttaazziioonnee iinniizziiaallee aallppaazziieennttee ccoonn ssoossppeettttaa ffrraattttuurraa ddiiffeemmoorree,, ccoonnffeerrmmaannddoo llaa ddiiaaggnnoossii eessttaabbiilliizzzzaannddoonnee llee ccoonnddiizziioonnii ccllii--nniicchhee..II ccoonnffiinnii ddeell ssuubbpprroocceessssoo vvaannnnoo ddaall--ll’’iinnggrreessssoo ddeell ppaazziieennttee iinn pprroonnttoo ssoocc--ccoorrssoo (( iinnppuutt )) ffiinnoo aall ttrraassffeerriimmeennttooaallllaa ddeeggeennzzaa ddeellll’’UU..OO.. ddii oorrttooppeeddiiaa oottrraauummaattoollooggiiaa (( oouuttppuutt ))..

4040

SCHEMATICAMENTE I SUBPROCESSI

1. Valutazione in Pronto Soccorso

L’obiettivo del subprocesso è quello di fornire la valutazione iniziale al paziente con sospetta

frattura di femore, confermando la diagnosi e stabilizzandone le condizioni cliniche.

I confini del subprocesso vanno dall’ingresso del paziente in pronto soccorso ( input ) fino al

trasferimento alla degenza dell’U.O. di ortopedia o traumatologia ( output ).

• Arrivo del paziente

• Sospetta frattura del femore

• 118, mezzo proprio ecc…

Codice Rosso Sala EMERGENZA

Stabilizzazione paziente

• TRIAGE

• Codice giallo

• Giallo - Rosso

Codice Giallo

VISITA

Rx Anca Frattura non confermata

Conferma della Frattura

Rx Torace

Trasferimenti in U.O.

Ortopedia o Traumatologia

Tempo previsto complessivamente stimato in 120 minuti

Codice Giallo

4141

FFaassee pprree –– ooppeerraattoorriiaa

LL’’oobbiieettttiivvoo ddeell ssuubbpprroocceessssoo èè qquueelllloo ddii ffoorrnniirree ll’’aassssiisstteennzzaa mmeeddiiccaa eedd iinnffeerrmmiieerrii--ssttiiccaa nneecceessssaarriiaa ppeerr llaa vvaalluuttaazziioonnee ddii eelleeggggiibbiilliittàà ee pprreeppaarraazziioonnee aallll’’iinntteerrvveennttoocchhiirruurrggiiccoo ppeerr ffrraattttuurraa ddii ffeemmoorree.. II ccoonnffiinnii ddeell ssuubbpprroocceessssoo vvaannnnoo ddaallll’’aarrrriivvoo ddeell ppaazziieennttee ““ooppeerraabbiillee”” ccoonn ffrraattttuurraa ((ee ddeellllaa rreellaattiivvaa rriicchhiieessttaa ddii rriiccoovveerroo)) iinn rreeppaarrttoo ddii ddeeggeennzzaa (( iinnppuutt )),, ffiinnoo aall ttrraassffee--rriimmeennttoo ddeell ppaazziieennttee iinn SSaallaa OOppeerraattoorriiaa (( oouuttppuutt ))..

2. Fase pre – operatoria

L’obiettivo del subprocesso è quello di fornire l’assistenza medica ed infermieristica

necessaria per la valutazione di eleggibilità e preparazione all’intervento chirurgico per

frattura di femore.

I confini del subprocesso vanno dall’arrivo del paziente “operabile” con frattura ( e della

relativa richiesta di ricovero) in reparto di degenza ( input ), fino al trasferimento del paziente

in Sala Operatoria ( output ).

Trasferimento in U.O.

Ortopedia o Traumatologia

Presa in carico

Valutazione infermieristica

Preparazione

Valutazione preoperatoria

( ortopedico, anestesista, cardiologo geriatra ecc…)

Valutazione del rischio

Consenso informato

Inserimento in lista operatoria

Preparazione all’intervento

Trasferimento in

Reparto operatorio

Durata complessiva stimata in 24 – 48 ore

4242

FFaassee 33:: ““ IInntteerrvveennttoo cchhiirruurrggiiccoo””

LL’’oobbiieettttiivvoo ddeell ssuubbpprroocceessssoo èè qquueelllloo ddii ffoorrnniirree ll’’aassssiisstteennzzaa mmeeddiiccaa eedd iinnffeerrmmiieerrii--ssttiiccaa nneecceessssaarriiee ppeerr ll’’iinntteerrvveennttoo cchhiirruurrggiiccoo ee llaa ggeessttiioonnee ddeell ppaazziieennttee nneell rreeppaarrttooooppeerraattoorriioo..II ccoonnffiinnii ddeell ssuubbpprroocceessssoo vvaannnnoo ddaallll’’aarrrriivvoo ddeell ppaazziieennttee ddaallllaa UU..OO.. ddii ddeeggeennzzaa aallrreeppaarrttoo ooppeerraattoorriioo (( iinnppuutt )) ffiinnoo aallllaa ddiimmiissssiioonnee ddaall rreeppaarrttoo ooppeerraattoorriioo ee ttrraassffeerrii--mmeennttoo iinn rreeppaarrttoo ddeell ppaazziieennttee (( oouuttppuutt ))..

Fase 3: “ Intervento chirurgico”

L’obiettivo del subprocesso è quello di fornire l’assistenza medica ed infermieristica

necessarie per l’intervento chirurgico e la gestione del paziente nel reparto operatorio.

I confini del subprocesso vanno dall’arrivo del paziente dalla U.O. di degenza al reparto

operatorio ( input ) fino alla dimissione dal reparto operatorio e trasferimento in reparto del

paziente ( output ).

Trasferimento dalla U.O. di degenza

al Reparto operatorio

Presa in carico

Procedure di identificazione

Valutazione infermieristica

Preparazione anestesiologica

Anestesia

Posizionamento sul letto operatorio

Riduzione di frattura

Rx/scopia

Intervento chirurgico

Trasferimento in TIPO

o RR per controllo POP

Trasferimento in U.O. di degenza

4343

FFaassee 44:: ““FFaassee ppoossttooppeerraattoorriiaa””

GGllii oobbiieettttiivvii ddeell ssuubbpprroocceessssoo ssoonnoo qquueellllii ddii ffoorrnniirree aassssiisstteennzzaa mmeeddiiccaa,, iinnffeerrmmiieerrii--ssttiiccaa ee ffiissiiootteerraappiiccaa ppeerr ssttaabbiilliizzzzaarree llee ccoonnddiizziioonnii ddeell ppaazziieennttee ooppeerraattoo,, ddii eevviittaarreellee ppoossssiibbiillii ccoommpplliiccaannzzee ee ddii rriiaabbiilliittaarree iill ppiiùù pprreeccoocceemmeennttee ppoossssiibbiillee llee ffuunnzziioonniimmoottoorriiee ee llaa ddeeaammbbuullaazziioonnee..II ccoonnffiinnii ddeell ssuubbpprroocceessssoo vvaannnnoo ddaallll’’aarrrriivvoo ddeell ppaazziieennttee iinn rreeppaarrttoo ddii ddeeggeennzzaaddooppoo ll’’iinntteerrvveennttoo cchhiirruurrggiiccoo (( iinnppuutt )),, ffiinnoo aallllaa ddiimmiissssiioonnee ddeell ppaazziieennttee ccuurraattooddaallll’’ UU..OO.. ddii oorrttooppeeddiiaa oo ttrraauummaattoollooggiiaa (( oouuttppuutt ))..

Fase 4: “Fase postoperatoria”

Gli obiettivi del subprocesso sono quelli di fornire assistenza medica, infermieristica e

fisioterapica per stabilizzare le condizioni del paziente operato, di evitare le possibili

complicanze e di riabilitare il più precocemente possibile le funzioni motorie e la

deambulazione.

I confini del subprocesso vanno dall’arrivo del paziente in reparto di degenza dopo

l’intervento chirurgico ( input ), fino alla dimissione del paziente curato dall’ U.O. di

ortopedia o traumatologia ( output ).

Ritorno in U.O. di

Ortopedia o Traumatologia

del paziente

Posizionamento a letto e

valutazione infermieristica

Valutazione postoperatoria

( ortopedico, anestesista, geriatra, fisiatra )

Terapia del dolore, ossigenoterapia,

mantenimento dell’equilibrio idroelettrolitico,

precoce mobilizzazione,

prevenzione delle lesioni da pressioni

Inizio FKT in 24 – 48 ore

riabilitazione

Dimissione del paziente dalla U.O.

di Ortopedia o Traumatologia

Durata complessiva prevista in 5 – 7 giorni

4444

Saranno nei prossimi mesi scelti alcuninosocomi di Roma e della Regione Laziodove maggiormente sono trattati questotipo di pazienti e dove i dati relativi allepercentuali di pazienti sottoposti ad in-tervento chirurgico sono sotto la medianazionale e l’attesa per l’intervento chi-rurgico stesso è molto elevata.La sperimentazione sarà preceduta da uncorso di formazione dove i destinatarisono i direttori sanitari, ortopedici,medici di pronto soccorso, anestesisti,cardiologi, geriatri, fisiatri, fisioterapistied infermieri scelti dalle direzioni dei no-socomi stessi.Al termine del corso di formazione tutti ipartecipanti dovranno essere in grado di• descrivere gli elementi caratterizzanti il

quadro epidemiologico della fratturadi femore dell’anziano

• descrivere i metodi e gli strumenti perla gestione per processi

• analizzare le fasi, le attività ed i compitirelativi al percorso clinico assistenzialeper gli affetti da frattura di femore.

Una volta avuta la formazione tutti i di-scenti diventeranno docenti nei propriluoghi di lavoro con la supervisione dipersonale delegato dall’ Agenzia diSanità Pubblica della Regione Lazio.

Il Collegio di Roma è sempre prontocome si evince da questo progetto adessere in prima linea dove la professioneinfermieristica è chiamata ad un ruolo diprimaria importanza e dove è richiestoun elevato livello di professionalità.Questo certamente è un processo ambi-zioso, e se è ben supportato dalleAziende Ospedaliere e dai tutti i profes-sionisti coinvolti, può portare ad un fortemiglioramento assistenziale per i pa-zienti ultrasessantacinquenni affetti dafrattura di femore.

AUTORE

Marco TosiniCoordinatore Policlinico A. Gemelli

Cancro, la proteina “anti-chemio”I ricercatori dell’Istituto Nazionale TumoriRegina Elena di Roma (IRE) hanno aggiun-to un nuovo tassello alla comprensione deimeccanismi di proliferazione delle celluletumorali in risposta alle chemioterapie. Circala metà dei tumori umani esprime una pro-teina, la P-53, mutata. La frequenza più altasi riscontra nel cancro del polmone (70%),seguito da quelli del colon, della mammellae dell’ovaio.La P-53, nota come proteina killer, è capace

di indurre la morte cellulare nei tumori. Se èpresente in forma mutata, ha la capacità diindurre una proliferazione aberrante inrisposta ai chemioterapici, quindi la terapiadiventa uno stimolo al proliferare delle cellu-le tumorali, invece di bloccarle. Il meccani-smo di questo funzionamento è stato indivi-duato presso il Dipartimento di OncologiaSperimentale dell’IRE e lo studio si è svoltocon il supporto dell’Associazione Italianaper la Ricerca sul Cancro (AIRC).

Riformulazione dell’art. 5.4 del Codice Deontologico

dell’Infermiere

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Ai sensi dell’art. 2 della Legge 4agosto 2006 n. 248 sulla Conver-sione in legge, con modificazioni

del D.L. 4-7-2006 n. 223 recante Disposi-zioni urgenti per il rilancio economico esociale, per il contenimento e la razionaliz-zazione della spesa pubblica, nonché in-terventi in materia di entrate e di con-trasto all’evasione fiscale (cosiddetto De-creto Bersani) “in conformità al principiocomunitario di libera concorrenza ed aquello di libertà di circolazione dellepersone e dei servizi, nonché al fine di assi-curare agli utenti un’effettiva facoltà discelta nell’esercizio dei propri diritti e dicomparazione delle prestazioni offerte sulmercato, dalla data di entrata in vigore delpresente decreto sono abrogate le disposi-zioni legislative e regolamentari che pre-vedono con riferimento alle attività libero-professionali e intellettuali: “l’obbligato-rietà di tariffe fisse o minime ovvero il di-vieto di pattuire compensi parametrati alraggiungimento degli obiettivi perse-guiti”.

Il Comma 3 dello stesso articolo prescriveche “Le disposizioni deontologiche e pat-tizie e i codici di autodisciplina che con-tengono le prescrizioni di cui al comma 1sono adeguate, anche con l’adozione dimisure a garanzia della qualità delle pre-stazioni professionali, entro il 1° gennaio2007. In caso di mancato adeguamento, adecorrere dalla medesima data le normein contrasto con quanto previsto dalcomma 1 sono in ogni caso nulle”. Premesso quanto sopra il Comitato Cen-trale della Federazione, visto l’obbligo na-scente dalla norma, ha deliberato l’ade-guamento del Codice Deontologico del-l’Infermiere. Di conseguenza l’art. 5.4 delCodice Deontologico dell’Infermiere ri-sulta così riformulato: “NNeellll’’eesseerrcciizziioo aauu--ttoonnoommoo ddeellllaa pprrooffeessssiioonnee ll’’iinnffeerrmmiieerreessii aattttiieennee aallllee nnoorrmmee ddii ccoommppoorrttaa--mmeennttoo eemmaannaattee ddaaii CCoolllleeggii IIppaassvvii””.Viene, pertanto, eliminata la parte riferitaai minimi tariffari.

Obesità e altezza: insospettabili alleatiI bambini che crescono più rapidamentesono quelli più esposti al rischio di obesità.Lo affermano i risultati di uno studio realiz-zato da un pool di ricercatori inglesidell'Università di Manchester, pubblicatosulla rivista “International Journal ofObesity”.Secondo la ricerca, questi bambini sembra-no essere più vulnerabili perché tendono a

mangiare di più e quindi ad essere più espo-sti ai grassi contenuti nel cibo. Il maggioraumento dell'indice di massa corporea èrisultato essere quello dei bambini più alti.Lo studio ha preso in esame 50 mila bambi-ni in un periodo compreso tra il 1988 e il2003. La differenza nell'aumento di indice dimassa corporea tra il 10% dei bambini piùbassi e il 10% dei bambini più alti è risultatodifferente di ben 12 volte.

Sanità: a proposito di scandali

LETTERA APERTA A…

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Ministro delle ComunicazioniMinistro della SaluteAutorità per le Garanzie nelle ComunicazioniComitato Regionale del Lazio per i Servizi RadiotelevisiviConsiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti

Egregi Ministri, Egregi Presidenti, legrida di scandalo che hanno fattoeco al recente caso del Policlinico

Umberto I di Roma, una volta ancora,hanno scatenato i soliti luoghi comuni,conditi da accuse e sprezzanti ironie, sulruolo e la responsabilità degli infermieri.Una categoria, questa, ormai abituata, suomalgrado, a fungere da parafulmine deiproblemi della sanità nazionale, troppospesso oggetto di analisi e deduzioni su-perficiali quanto sommarie.

Nella realtà, gli infermieri sono ancor piùpreoccupati dei cittadini per quanto ac-caduto e sono i primi a condannare il de-grado e l’incuria che investe moltestrutture sanitarie e ospedaliere del Paese.D’altronde, situazioni di questo tipo ri-cadono doppiamente su quanti, come gliinfermieri, vivono e lavorano in talistrutture.

E’ profondamente ingiusto, quindi, ol-treché oltraggioso per l’intera professione,puntare il dito accusatore contro di loro edileggiarli. Gli infermieri sono le “vittime”e non i “carnefici” di tali situazioni.A più riprese e con pochi riscontri, la cate-

goria ha denunciato e continua a denun-ciare le insostenibili carenze strutturali egestionali di molte strutture sanitarie(quella dell’Umberto I non è la sola). Dipiù: condannano da anni l’abnorme inge-renza della politica nella sanità e i suoi ef-fetti dirompenti sulla qualità dei serviziresi agli utenti.

Va inoltre detto che, sulla scia di un vezzotutto italiano, i media continuano conpreoccupante frequenza a confondere ilpersonale infermieristico con altre figureprofessionali sanitarie. Ecco che, al co-spetto di un locale disseminato di cicche,sporco o ricettacolo di cartacce, la colpaviene automaticamente imputata agli in-fermieri (come accaduto nel caso del Poli-clinico).

Ma ora basta! Gli infermieri sono stufi. Esono ben decisi a difendere l’onorabilità diuna professione che non esita ad accol-larsi, quotidianamente, i gravi problemidella sanità, che con spirito di abnega-zione ed enormi sacrifici tira avanti la ba-racca, che si sottopone a turni massacrantiper garantire l’erogazione delle presta-zioni ai cittadini.

Inoltre, vale la pena di rimarcarecome in Paesi evidentemente più civilidel nostro, in cui la sanità funzionadecisamente meglio, tutti gli ospedalidispongono di ambienti dedicati allepause-lavoro, dove il personale puòsorseggiare un caffè e magari fumareuna sigaretta senza arrecare alcun

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danno ai pazienti e alle strutture.

Da qui l’appello accorato della professionetutta ad intervenire, ognuno per le suecompetenze e nell’ambito delle proprieattribuzioni, affinché questo “gioco almassacro” dell’infermiere di turno cessiimmediatamente.

Infine, al Ministro della Salute chiediamo,per una volta, di farsi portavoce dei sa-crifici degli infermieri, di intervenire perdifendere apertamente la professione daattacchi tanto beceri quanto insensati. Del

resto, la categoria ha ampiamente dimo-strato di saper perseguire chi, nell’ambitoinfermieristico, possa rendersi colpevole diinadempienze e comportamenti scorretti,fortunatamente rari.

Come sempre, gli infermieri sono pronti aconfrontarsi in modo franco e civile suiproblemi della sanità. Non più, però, adessere pubblicamente incriminati percolpe di altri.

IIll PPrreessiiddeenntteeGGeennnnaarroo RRooccccoo

MINISTRO DELLE COMUNICAZIONIEEggrr.. OOnn..llee PPaaoolloo GGeennttiilloonnii VViiaallee AAmmeerriiccaa,, 220011 –– EEUURR -- 0000114444 RROOMMAATTeell..:: 0066..5544444411EE--mmaaiill:: uuffffiicciioo..ssttaammppaa@@ccoommuunniiccaazziioonnii..iitt --uurrppccoomm@@ccoommuunniiccaazziioonnii..iitt

MINISTRO DELLA SALUTEEEggrr.. SSeenn.. LLiivviiaa TTuurrccooPPiiaazzzzaallee ddeellll’’IInndduussttrriiaa,, 2200 –– EEUURR -- 0000114444RROOMMAA -- TTeell..:: 0066..5599994411EE--mmaaiill:: uuffffiicciioossttaammppaa@@ssaanniittaa..iitt -- uurrppmmiinn--ssaalluuttee@@ssaanniittaa..iitt

AUTORITÀ PER LE GARANZIE NELLECOMUNICAZIONIEEggrr.. PPrreessiiddeennttee -- DDrr.. CCoorrrraaddoo CCaallaabbrròòUUffffiicciioo ddii RRoommaa -- VViiaa ddeellllee MMuurraattttee,, 2255 --0000118877 RROOMMAATTeell..:: 0066..6699664444111111 -- FFaaxx:: 0066..6699664444992266

COMITATO REGIONALE PER I SERVIZIRADIOTELEVISIVI DEL LAZIO (CO.RE.COM.)EEggrr.. PPrreessiiddeenntteePPrrooff.. AAnnggeelloo GGaalllliippppiiVViiaa LLuuccrreezziioo CCaarroo,, 6677 -- 0000119933 RROOMMAAPPrreessiiddeennttee:: PPrrooff.. AAnnggeelloo GGaalllliippppii -- TTeell..::0066..33221155999955--990077 -- FFaaxx:: 0066..33224444442266EE--mmaaiill:: [email protected]

CONSIGLIO NAZIONALE DELL’ORDINEDEI GIORNALISTI EEggrr.. PPrreessiiddeenntteeDDrr.. LLoorreennzzoo DDeell BBooccaaLLuunnggootteevveerree ddee’’ CCeennccii 88 –– 0000118866 –– RROOMMAATTeell..:: 0066..668866223311 -- FFaaxx:: 0066..6688880044008844 -- EE--mmaaiill:: ooddgg@@ooddgg..iitt

Commissione Rapporti InternazionaliIstituzione sportello informativo per gli infermieri stranieri

iscritti al Collegio Ipasvi di Roma

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L ’evoluzione a cui si è assistito e par-tecipato in ambito europeo ha resoindispensabile la creazione della

Commissione di Studio “Rapporti Interna-zionali” che nasce dalla necessità di man-tenere la rete di rapporti sempre più ampicreata dal Collegio Ipasvi di Roma edinoltre anche per rispondere alle nuove esi-genze: nascita di FEPI (Federazione Eu-ropea Professione Infermieristica), emer-genza infermieristica e richieste di lavoro,iscrizioni al Collegio in numero crescenteda parte di infermieri provenienti da altrerealtà europee ed internazionali.In questo quadro strutturale emerge,quindi, con forza, la necessità di aprire, se-condo le aree di intervento già prefissatedal Collegio Ipasvi di Roma, presso la sededello stesso Collegio, VViiaallee GGiiuulliioo CCeessaarree7788 --0000119922 –– RRoommaa,, iill 22°° ee iill 44°° lluunneeddìì ddiiooggnnii mmeessee,, ddaallllee oorree 1166,,3300 aallllee oorree1188,,0000,, aa ccoommiinncciiaarree ddaa lluunneeddìì1122//0022//22000077, uunnoo ssppoorrtteelllloo iinnffoorrmmaattiivvooppeerr iinnffeerrmmiieerrii ssttrraanniieerrii che permettauna migliore conoscenza dell’ambito sani-tario, delle dinamiche inscritte nel contestosanitario pubblico e privato, degli articolatinormativi riguardanti la professione infer-mieristica da parte dei colleghi stranieri ed’altrocanto una migliore conoscenza deicolleghi stranieri presenti nella realtà lavo-rativa di Roma e Provincia.A tal proposito, sarà anche somministratoun questionario conoscitivo e di approfon-dimento infermieristico per sondare, con icolleghi infermieri rappresentanti dellemaggiori etnicità infermieristiche, la realtàlavorativa degli infermieri stranieri ed ef-fettuare, in tal modo, un censimento degliinfermieri provenienti da altre nazionalità

iscritti al Collegio Provinciale di Roma. Con tale iniziativa si mira ad individuareeventuali criticità e tematiche emergentioggi per l’assistenza infermieristica, che na-scono dall’inserimento di unità infermieri-stiche con formazione e programmi di basedi altri paesi europei ed internazionali emantenere, nel contempo, rapporti stabilicon il Ministero della Salute per il riconosci-mento dei titoli professionali di infermieriprovenienti da altri paesi. Si cercherà,inoltre, di sviluppare rapporti di collabora-zione con le associazioni professionali delsettore per implementare la conoscenzasull’ infermieristica transculturale e perpromuovere la cultura dell’assistenza indi-vidualizzata rispetto alle specificità cul-turali dell’individuo. Inoltre, si potrannosviluppare proficui rapporti con le associa-zioni che si occupano di infermieristicatransculturale e con le istituzioni infermie-ristiche e le associazioni a livello europeo emondiale anche per mezzo di scambiguidati e comunicazioni a tutti i livelli.La commissione per tali obiettivi si avvarràdi infermieri provenienti dalle culture mag-giormente rappresentate nell’area urbanadi Roma e Provincia.

REFERENTI:Ausilia PulimenoEmanuela Tiozzo Alessandro Stievano

Per informazioni: Lunedì dalle 16,30 alle 18,00 Alessandro Stievano - Ausilia Pulimeno - Emanuela Tiozzo - Matilde Napolano - Tel: 06 37511597 Fax: 06 45437034 - [email protected]

Gli infermieri italiani al vertice della FEPI

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Saranno gli Infermieri italiani a guidarela FEPI per i prossimi 5 anni.

L a Federazione Europea delleProfessioni Infermieristiche haeletto il primo Executive Board

dalla sua costituzione. All’Italia è stato affidato un ruolo diprimissimo piano nella gestione dellafase di start up e di sviluppo della FEPIcon l’elezione della Presidente Prof.ssaLoredana Sasso e del Segretario Ge-nerale Dr. Gennaro Rocco, Presidentedel Collegio di Roma. Vicepresidenti sono Maximo GonzalesJurado (Presidente del Consiglio Generaledei Collegi di Spagna) e Anne Carrigy(Presidente dell’Ordine degli Infermieri diIrlanda). Tesoriera è Sandra Artur (Presi-dente della Federazione inglese). Membridel Comitato Direttivo sono inoltreDragica Simunec (Presidente della Fede-razione croata) e Aristides Daglas (Presi-dente della Federazione greca).Con questa storica novità, gli infermieriitaliani, con i colleghi di Roma e dellaprovincia in primo piano, assumono laguida della Federazione che unisce gliinfermieri europei. E’un traguardo si-gnificativo per la professione, unagrande opportunità per contare di piùin Italia e in Europa.

I PAESI MEMBRI

Con il recente ingresso di “Ordem dosEnfermeiros”, la Federazione nazionaleportoghese, il numero dei Paesi ade-renti alla FEPI è salito a quota 9.

L’obiettivo comune è di proteggere icittadini europei garantendo l’eccel-lenza delle competenze e della praticainfermieristica, degli standard profes-sionali, della formazione continua e deicodici deontologici.Fanno parte della Federazione Europeadelle Professioni Infermieristiche gliOrdini nazionali di: Croazia – Grecia –Irlanda – Italia – Polonia – Portogallo -Regno Unito – Romania - Spagna

IL PIANO D’AZIONE FEPI

Il piano d’azione 2007 coincide con ilprimo anno di attività dell’ExecutiveBoard ed è dunque di fondamentaleimportanza per lo sviluppo e l’entrata aregime della FEPI. Otto gli obiettivi principali da conse-guire d’intesa e con il supporto dellesingole Federazioni Nazionali. Eccoli.

1 - La FEPI mira a diventare l’interlo-cutore principale per la regolamenta-zione delle Professioni Infermieristichein Europa.2 - Seguire meccanismi di difesa efficacia favore della qualità dei servizi sanitarie la sicurezza del paziente.3 - Preparare datti affidabili per l’IMIdatabase system e scambiare expertisetransnazionale sulla pratica della rego-lamentazione.4 - Prendere parte ai dibattiti europeisui codici etici e la concorrenza. Il 2008sarà l’anno del dialogo interculturale edel multilinguismo.5 - Sostenere l’autoregolamentazione e

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Da sinistra: Loredana Sasso, Sandra Arthur, Máximo González Jurado, Gennaro Rocco, Dragica _imunec, DimitriosSkoutelis, Anne Carrigy.

l’istituzione di Consigli indipendentiladdove serve.6 - Continuare a collaborare efficace-mente con altri organismi europei edinternazionali attraverso un’azione di-fensiva congiunta.7 - Valutare e diffondere esempi dibuona pratica in materia di regolamen-tazione delle Professioni Infermieri-stiche provenienti da iniziative finan-ziate dall’UE.8 - Garantire un flusso di informazione

e comunicazione efficiente e costantetra i vari membri della FEPI, le istitu-zioni dell’UE ed il cittadino.

E’un piano ambizioso ma realizzabilecon il supporto di tutti gli infermieridecisi a dare una svolta alla professionesul piano dell’eccellenza, del riconosci-mento e della cooperazione interna-zionale.

www.fepi.org

Malattie croniche senza confiniNegli ultimi anni l’aumento del numero deimalati cronici sta creando un’emergenza per isistemi sanitari di tutto il mondo: cardiopatie,cancro, diabete, malattie respiratorie, dell’ap-parato digerente, del sistema osteoarticolare edisturbi mentali sono ormai tra le cause più dif-fuse di sofferenza e morte. I principali fattori dirischio sono l’ipertensione arteriosa, il fumo,l’obesità e il sovrappeso, l’alcol, il colesterolo ela glicemia elevati, la sedentarietà. Si tratta difattori modificabili grazie a interventi sull’am-biente sociale, come è stato fatto recentemen-

te in Italia con il divieto di fumo nei locali pub-blici, e grazie a trattamenti medici come quellicon i farmaci antipertensivi. L’ultimo rapportodell’OMS mette in luce la necessità di inter-venti urgenti per fermare le malattie croniche einvertirne la tendenza, offrendo suggerimentipratici su come svolgere questi interventi alivello nazionale per rispondere efficacementealle crescenti epidemie. Il documento si dividein quattro parti ed è incentrato sulla prevenzio-ne delle principali malattie croniche, in partico-lare cardiopatie e ictus, cancro, asma e bron-copneumopatia cronica ostruttiva, diabete.

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Vorrei affrontare con lei, tramite lanostra rivista, alcuni problemispesso trascurati che coinvolgono

tutti quel colleghi impegnati nellestrutture sanitarie per anziani. Mi permetto di ricordare che negli ultimianni si sono moltiplicati i centri dì assi-stenza a carattere geriatrico rapportatial notevole incremento demograficodella popolazione anziana, con una ri-chiesta sempre maggiore di personaleinfermieristico. Già nel piano sanitario nazionale del 1986era stata prevista una riforma che in pochianni avrebbe riorganizzato le strutture sa-nitarie per anziani, ma ad oggi, dopo nu-merose modifiche sia a livello nazionaleche regionale, non è stato ancoraemanato un provvedimento definitivo echiaro, sia per l’organizzazione del per-sonale sia per l’erogazione delle presta-zioni. (…) Per quanto riguarda la Regione Lazio,l’ultima modifica in proposito è inseritanella Delibera di Giunta Regionale n. 24del 14/7/2006. In sole otto pagine sonocontenuti tutti i criteri (strutturali, tecno-logici, prestazioni all’utenza e personale)per ottenere l’accreditamento del servizio. Tralasciando la prima parte dedicata aglistandard dimensionali e ai requisiti degliambienti, le chiedo di aiutarmi a rifletteresulla parte relativa al personale. Si stabi-lisce che le RSA possono ospitare da unminimo di 20 a un massimo di 80 pazienti(in casi eccezionali fino a 120); inoltre si di-stinguono le RSA di livello medio-basso emedio-alto in relazione al livello di gravitàdegli ospiti. Riporto per inciso il paragrafo

sul personale: “La RSA deve essere in pos-sesso del seguente personale: InfermieriProfessionali in numero variabile in rela-zione al livello assistenziale delle RSA, conun rapporto minimo di 1 ogni 8 ospiti peril livello medio-basso e di 1 ogni 5 ospitiper il livello medio-alto, assicurandoalmeno la presenza di un infermiere aturno”. Mi sembra di leggere tra le righeche nonostante i rapporti stabiliti sia suffi-ciente che la struttura garantisca la pre-senza di un IP per turno anche per ottantapazienti, indipendentemente dal livello.Di seguito vengono elencate le altre figureprofessionali previste: terapisti della riabi-litazione, educatori professionali, ope-ratori socio sanitari o figure equipollenti. Ilparagrafo si conclude in questo modo: “inrelazione alla specifica connotazione delleRSA con un rapporto minimo il personaledi cui sopra, fermo restando il numerocomplessivo, può essere articolato diversa-mente tra le figure professionali in rap-porto alle esigenze prevalenti degliospiti”. Quindi, come è logico, vista la ca-renza di personale infermieristico, lestrutture hanno facoltà di mantenere ilminimo previsto per tale categoria (uno aturno, quindi 5 IP), e completare la piantaorganica con le restanti figure previste, piùfacilmente reperibili, a minor costo espesso con meno potere contrattuale, ov-viamente a discapito dell’utenza e dellaprofessionalità infermieristica. (…).Per concludere le chiedo di fasi portavocenelle opportune sedi istituzionali affinchéle normative future differenzino chiara-mente per competenze gli standard e so-

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prattutto i minimi assistenziali, allo scopodi salvaguardare le professioni sanitarie eil servizio da offrire all’utenza.

Lettera firmata

Cara Collega,rispondo molto volentieri alla sua missivache solleva una questione ancora avvoltada un alone di incertezza e per la quale èopportuno stabilire alcuni punti fermi. Lofaccio nel modo più sintetico possibile,considerata l’esiguità dello spazio cheresta in virtù della sua lettera molto arti-colata e lunga.Noto subito che manca un riferimento aldirigente infermieristico al quale è attri-buita la responsabilità organizzativa. E’già questo un punto importante che vasottolineato.Quanto alla dotazione organica, la de-libera in questione prevede un rapportominimo di 1 infermiere ogni 8 ospiti (LMB)e di 1 infermiere ogni 5 ospiti (LMA). Il rap-porto con i posti letto, come specificatodalla normativa, si riferisce al personale in-fermieristico in turno di servizio e non aquello per formare l’organico di servizio.Ciò significa che su un nucleo di 20 postiletto di RSA di livello medio-alto po-tremmo avere nell’arco delle 24 ore 1 in-fermiere ogni 5 posti letto (2 + 2 + 1). Laprevisione di un infermiere per turno si ri-ferisce esclusivamente al livello medio-

basso o a nuclei con meno di 20 posti letto,in cui deve essere assicurata comunque lapresenza minima di un collega.Va inoltre precisato che all’organico infer-mieristico deve essere comunque aggiuntoil personale di supporto (entro due annitutti OSS obbligatoriamente) che, per lesue funzioni tutelari e completamente de-dicate all’assistenza diretta degli ospiti(non alla pulizia degli ambienti) è da con-siderare un valido aiuto a tempo pieno. Neconsegue che, per un nucleo di 20 postiletto in RSA di LMA, nell’arco delle 24 orepotremmo avere 2 infermieri e 2 OSS almattino, altrettanti al pomeriggio, 1 infer-miere e 1 OSS la notte. Inoltre, sono pre-viste tutte le altre figure di riabilitazione,occupazionali ed educative ed il medicoresponsabile per 4 ore al giorno che do-vranno occuparsi a vario titolo degli ospitidalle 8 alle 20 e comunque almeno per le12 ore diurne.Dopo un attento esame della normativa,già nel dicembre scorso, il Collegio haformato un gruppo di lavoro perma-nente per l’elaborazione di documenti ingrado di facilitarne l’applicazione e peroffrire un supporto ai colleghi che, neivari settori e ambiti operativi, dovrannoapplicarla. Attualmente sono in corso ri-unioni e incontri per definire i settorioperativi. E’ interesse del Collegio moni-torare nei prossimi mesi l’applicazionedella norma. Per questo chiediamo atutti gli iscritti di vigilare essi stessi all’in-terno delle proprie realtà operative.

Parto puntuale e sesso Continuare ad avere rapporti sessuali anchein fase avanzata di gravidanza renderebbe ilparto più puntuale. E’ il responso di una ricer-ca della University of Malaysia, pubblicatosulla rivista specialistica “Obstetrics &Gynecology”. Lo studio ha analizzato 200donne malesi in buona salute che hannoavuto gravidanze senza complicazioni.Queste sono state invitate a tenere un diariodella loro attività sessuale dalla 36^ settimanadi gravidanza fino al momento del parto.L’analisi comparata dei dati così acquisiti harivelato che la maggioranza delle donne chehanno partorito naturalmente (fra la 39^ e la

41^ settimana) aveva avuto rapporti sessuali(in media quattro nel periodo considerato),mentre quelle che si erano astenute avevanoavuto bisogno di ricorrere all'intervento oste-trico per partorire dopo la 41^ settimana.Tuttavia, resta diffusa nella popolazione fem-minile l’idea che il sesso non faccia bene allagravidanza, specie in fase terminale. Uno stu-dio internazionale coordinato dall’OMS hainfatti registrato che il 40% delle donne nige-riane, il 45% delle donne pakistane, il 49%delle donne canadesi e più dell'80% delledonne cinesi ha espresso perplessità circal'efficacia degli amplessi nell'induzione delparto.

L’inverno è arrivato tardi. Anche pergli infermieri. Stavolta meteo emedia sono andati all’unisono.

Così, proprio come per le bizze meteoro-logiche di questa strana invernata, il mal-tempo mediatico non ha lasciatoscampo: ha scatenato gli elementi oscu-rando il sole che pure, per una volta, l’in-formazione aveva acceso sulle ragionidegli infermieri.Non si era ancora spenta l’eco sullaprova di forza che la professione ha datoa Roma, il 12 ottobre scorso, con mi-gliaia di colleghi in piazza ad invocaredignità, rispetto e l’Ordine profes-sionale. L’effetto era stato scate-nante. Per oltre un mese imezzi di comunicazioneavevano accesso i riflettorisulla categoria, come rara-mente accade. Ci è parsoun sole fuori stagione. Ecosì è stato. Il maltempo è tornatopresto, con tuoni e fulmini arombare di nuovo sulla testadegli infermieri: dal caso SickGirls a quello Orlowsky, fino allo“scandalo del Policlinico”, un’intermi-nabile sequenza di falsità e luoghicomuni conditi da una buona dose diconfusione. Forse anche da un pizzico dimalafede.Ci mancavano solo le “ragazze malate”,chissà perché mascherate da infermiere.Già, l’ennesima versione del clichè “infer-miera tutta sexy”. Orripilante quantonoioso ma vero. Tutto nasce lo scorso au-tunno dalla pole dancer del metrò diMilano. La ragazza si esibisce nei vagonia ritmo di lap dance e scoppia il caso: neparlano tv e giornali, finisce sulle co-pertine dei settimanali. Si scopre che faparte delle “Sick Girls”, un gruppo chefornisce alle agenzie pubblicitarie video,locandine, feste, corti, sessioni fotogra-

fiche e perfino conturbanti concerti dalvivo. E che minaccia un imminente sbarcoin tv. Sul loro sito si definiscono “belle ecattive intriganti bambole da combatti-mento pronte rendere il vostro progettoil più intrigante possibile”. Da qui glisketch ammiccanti e gli strip-tease rein-terpretati in chiave punk-rock che fannoil giro della rete. Non basta: anche lecandid camera e una partecipazione al“Tg Hot” di “Spicy”. Il tutto (s)vestite dainfermiere. Un incubo! Il peggio delgenere “spaghetti pin up”. Successo assi-

curato? Sarà… ma intanto, forseanche per lo tsunami di proteste

che le ha sommerse, sembranosparite dalla circolazione.L’accostamento mediaticofra infermiera e sesso haispirato anche il caso di EvaOrlowsky; anche qui massmedia scatenati e assaipoco rispettosi della profes-

sione infermieristica. La expornodiva viene assunta come

infermiera di sala operatoria al-l’ospedale di Ovada. Tv e stampa si

scatenano, servizi e interviste scorronoa fiumi. Il fil-rouge dell’infermiera su-persexy e provocante non manca mai.Lei, al secolo Luisa Cavinato, evidente-mente è in cerca di pubblicità. Difende lasua scelta, si impegna formalmente con ilCollegio di appartenenza a non dare piùscandalo, parla di passione professionalee si dice preparata. Poi però cede allesirene dello spettacolo. Sugli schermi Rai(“Grande Notte” del 23 gennaio 2007-RaiDue) balla sinuosa per far salire lapressione a un finto paziente, su ItaliaUno si concede a “Le Iene” con un’inter-vista verità (?), rilascia dichiarazioni araffica ai tg e assicura: <Ho cambiatovita>. Speriamo bene.Il caso del Policlinico, poi, ci lascia apezzi. L’inchiesta shock de “L’Espresso”

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scatena il finimondo, non solo mediatico,sull’Umberto I di Roma. Partono controllie ispezioni in molti ospedali; i mezzi d’in-formazione si accaniscono, martellanoimplacabilmente. Piovono accuse d’ognigenere sugli infermieri ai quali vengonoaddebitate anche le cicche negli scan-tinati; della serie: chi altri sennò? E’ ilsolito refrain: la sanità non va, dagli ad-dosso all’infermiere. La confusione regnasovrana: ben pochi mostrano di saper di-stinguere tra le varie figure sanitarie,confondendole. Dura a morire anchel’idea dell’infermiere paramedico. Igno-ranza e scoopismo si mescolano in uncaotico tourbillon. Che pena!Però anche bagliori di informazione cor-retta. Se non altro seria. E’ il caso dellapopolare trasmissione tv di RaiTre“Report” che, nella puntata del 12 no-vembre scorso, propone un’inchiestasull’esternalizzazione dei servizi ospeda-lieri. Al suo interno un servizio ben do-cumentato sulle cooperative infermieri-stiche e sui concorsi per infermiere nellasanità pubblica. Quindi un focus sulla si-tuazione in un grande ospedaleromano. La conclusione di “Report” èche il Servizio Sanitario Nazionale non

risparmia affatto esternalizzando iservizi. Significativa anche la denunciadi un collega dipendente di una coop:<a parità di mansioni e orario, gua-dagno molto meno di un infermiere di-pendente pubblico>. Un sasso nellostagno del silenzio.Un’ultima segnalazione la merita il quo-tidiano “Il Gazzettino” che riferisce conampio risalto di un servizio innovativosperimentato a Treviso che vede gli in-fermieri protagonisti. Un progetto dellaAsl locale e della società partecipata dalComune che gestisce una rete di far-macie. In ognuna di queste c’è unospazio dedicato alle prestazioni infer-mieristiche specialistiche, dalle iniezionialle medicazioni, dall’applicazione diausili sanitari alla prenotazione di visitespecialistiche, fino alla consegna on linedei referti medici. E inoltre prestazionidomiciliari effettuate da infermieri qua-lificati in convenzione con la società mu-nicipalizzata. L’obiettivo è trasformare lefarmacie in mini presidi sanitari sul terri-torio, fornendo una serie di servizi chesgravino i carichi di lavoro dell’ospedale.Un bel progetto che, almeno stavolta, hafatto notizia.

Spermatozoi da cellule staminali Due équipe di ricercatori inglesi e tedeschisono riuscite a trasformare cellule staminaliin cellule spermatiche attive che hanno con-sentito la procreazione di nati vivi. Questoeccezionale traguardo potrebbe arginare ilcalo dei tassi di fertilità mascile. Nei labora-tori di Newcastle, Gottinga, Magonza eGiessen, i ricercatori sono riusciti a racco-gliere le cellule staminali embrionali di topo,trasformarle in sperma attivo e fecondare itopi femmina. L’esperimento ha condottoalla nascita di sette piccoli, sei sopravvissu-ti, di cui tre con anomalie e in seguito dece-duti, e tre individui sani. I risultati sono statipubblicati dalla rivista “Developmental Cell”.Lo sperma utilizzato derivava da una limita-

ta popolazione di cellule staminali sperma-togeniche (Css) che si ritiene si dividanoall'infinito e supportino la spermatogenesidurante tutta la vita del maschio.Impiegando topi con Css carenti o inattive,che costituiscono la causa dell'infertilità, gistudiosi hanno tentato un approccio diverso:utilizzare le cellule staminali embrionali perottenere lo stesso risultato. I gameti risultan-ti sono stati iniettati negli ovuli dei topi conuna tecnica di fecondazione artificiale utiliz-zata normalmente per gli uomini e quindiinseriti nell'addome dei topi. La ricerca sug-gerisce possibili applicazioni nella cura del-l’infertilità e della subfertilità che si stima col-piscano rispettivamente il 2% e il 30% dellapopolazione maschile mondiale.

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IL SITO CRESCE CON NOI

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LE RASSEGNE STAMPA

Il 2007 si è aperto con l’attivazionedi una nuova area che contiene unarassegna stampa completa e ag-giornata su… tutto quanto fa infer-miere. E’ suddivisa in cinque aree te-matiche: E-Eealt, Digest, Professioni,Formazione e Lex. Viene aggiornatacostantemente a cura della società“Eukra” ed è accessibile direttamentedalla homepage previa registrazionegratuita al sito.A questo nuovo servizio, gratuito pertutti i visitatori del sito, se ne è aggiunto un altro riservato ai soli iscritti del CollegioIPASVI di Roma. Quest’ultimo comprende una speciale rassegna stampa “dedicata”,con informazioni e pubblicazioni inerenti la sanità del Lazio (notizie, cronaca, concorsi,eccetera), e l’aggiornamento della newsletter via posta elettronica. Grazie a questonuovo servizio, gli iscritti ricevono dal Collegio via posta elettronica le cinque rassegnestampa generali oltre a quella “dedicata” per il Lazio.

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La contenzione. Il recupero della centralità della persona assistita.

L’assistenza, la sicurezza.

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MMaarriioo SScchhiiaavvoonn,, ccoonn iinnttrroodduuzziioonnee ddii AAnnttoonniioo DDii PPiieettrroo,, RRoommaa,, LLiitthhooss,, 22000066..

Questa opera nasce dall’attento elungo esercizio della professioneinfermieristica e della relativa do-

cenza da parte dell’Autore che ha piùvolte registrato un intreccio difficile, senon inconciliabile, fra vicende umane eregole e prassi di lavoro. Queste osserva-zioni sono maturate in riflessioni e tra-dotte in materiale didattico rivolto a stu-denti,ma anche a lettori interessati che,quali infermieri o persone assistite, po-trebbero porsi gli stessi interrogativi suifini e i metodi dell’assistenza affrontatidall’Autore. In particolare, quale infer-miere e docente, Schiavon propone rifles-sioni che lo hanno spesso guidato alla ri-cerca del giusto equilibrio per assumere laresponsabilità nel assistere e nel prendersicura della persona, nel rispetto della vita,della salute, della libertà e della dignitàdell’individuo in condizioni liminali, comequelle rappresentate da un paziente assi-stito grazie a mezzi contenitivi. I percorsipratici e di ricerca che la professione ha of-ferto all’Autore gli hanno finora con-sentito di riconoscere nelle forme dell’assi-stenza alla persona malata le finalità fon-damentali della funzione dell’infermiere,meno spesso la conciliabilità fra il dirittoalla salute, alla libertà e alla dignitàumana anche in forme di relazione conl’assistito che apparentemente sembre-rebbero negarle. Finalità dell’azione dicontenzione solo apparentementeesogene sono la creazione di un ambientedi cura che favorisca la ristrutturazione

dell’Io del paziente per consentirgli di rag-giungere il miglior equilibrio possibile edun certo grado d’autonomia; ma anche in-staurare con il paziente una relazione di fi-ducia basata sulla costante presenza, noninvasiva e non repressiva dell’infermiere,attribuendogli la funzione di un vero eproprio “io ausiliario”, la cui azione è fina-lizzata anche alla prioritaria tutela della si-curezza. Perché questi obiettivi si sostitui-scano a quelli tradizionali della perico-losità e della privazione di libertà associatialla contenzione, è necessario recuperareil senso di un’assistenza sanitaria co-struttiva e non difensiva e riconoscerne lafunzione di garanzia della sicurezza fisica

RECENSIONE

Infermieristica clinica in Ortopedia e Traumatologia

VViinncceennzzoo DDeennaarroo,, LLuuccaa PPiieettrrooggrraannddee,, AAnnnnaa SSppoonnttoonn,,SSiimmoonnaa AA.. BBaarrnnaabbaa

Una trattazione completa delle pa-tologie ortopediche e traumatolo-giche che, incentrata sul paziente

piuttosto che sulla patologia, consente dievidenziare chiaramente la funzione del-l'assistenza infermieristica e dei principi diriabilitazione. Nella prima parte delvolume, la divisione in capitoli segue l'or-ganizzazione tradizionale per patologiesecondo i vari distretti corporei. La se-conda parte descrive più in generale le pa-tologie importanti, i problemi assistenzialitipici della disciplina e le procedure di usopiù frequente. Numerosi riferimenti incro-ciati ai vari capitoli e al glossario finalepermettono di risolvere rapidamenteeventuali dubbi o di rinfrescare cono-scenze di base. Il testo è integrato da unricco apparato iconografico di tabelle, di-segni e fotografie.

IInnddiiccee.. Paziente con patologia dell'artoinferiore: Anca - Coscia e gamba - Gi-nocchio - Caviglia e piede. Paziente conpatologia dell'arto superiore: Spalla -Braccio e avambraccio - Gomito - Polso emano. Paziente con patologia della co-

lonna vertebrale: Richiami di anatomia ediagnostica del rachide - Fratture verte-brali - Artrosi cervicale - Lombalgia. Partegenerale: Assistenza infermieristica al pa-ziente ortopedico - Il trauma come causadi malattia - Osteoporosi - Osteoartrosi -Infezioni osteoarticolari - Neoplasie delleossa - Patologie dell'età evolutiva - La fisio-terapia. Procedure. Glossario.

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appunto, oltre che psicologica, dellapersona malata in condizioni di eccezio-nalità e di incertezza. Contesti per loronatura molto complessi, ma non perquesto meno suggestivi nel viaggioteorico e pratico cui ci guida l’Autore.

NNoottee ssuullll’’AAuuttoorreeMario Schiavon,, infermiere libero profes-sionista e docente, svolge l’attività di inse-gnamento delle discipline infermieristicheed è tutor presso il Corso di Laurea inInfermieristica dell’Università degli studi di

Trieste, sede dell’Azienda per i ServiziSanitari n. 2 “Isontina”. Dal 2003 ricoprel’incarico di Presidente dell’Ente Nazionaledi Previdenza e Assistenza della Profes-sione Infermieristica (ENPAPI). Dal 1990 èPresidente del Collegio Provinciale IPASVIdi Gorizia. Tra le sue ultime pubblicazioniPer una previdenza previdente. Le buonepratiche a partire dalle libere professioni(con Marco Bernardini), Lithos, Roma,2006.

D.A.I. Rodolfo Cotichini

Rapporto medico-paziente: quale “stato di salute”?

Il parere di un esperto

di Mariarita Barberis

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UUnnaa ddeellllee qquuaalliittàà eesssseennzziiaallii ddeellmmeeddiiccoo èè ll’’iinntteerreessssee ppeerr ll’’uuoommoo,, iinnqquuaannttoo iill sseeggrreettoo ddeellllaa ccuurraa ddeell ppaa--zziieennttee èè aavveerrnnee ccuurraa””..

((DDrr.. FFrraanncciiss PPeeaabbooddyy -- XXIIXX sseecc..))

Il rapporto tra medico e paziente sta di-ventando sempre più difficile: la gentespesso si lamenta di essere trattata con

distacco, superficialità da chi è deputatoalla cura della salute. Un’insoddisfazionecrescente sostenuta anche dal fatto cheoggi la figura del paziente è mutata pas-sando da oggetto passivo, quale era, asoggetto attivo che non si affida più passi-vamente alle cure, ma partecipa al pro-cesso decisionale. Questi contrasti rela-zionali lasciano presupporre che il pro-gresso tecnologico-scientifico, pur avendofavorito la diagnosi e la terapia di moltemalattie, si scontra con l’involuzione delrapporto interpersonale tra medico-pa-ziente e la perdita dell’ammalato dellasua individualità e connotazione umana. Ci si chiede quindi se nell’attuale condu-zione burocratica dell’assistenza sanitariaè effettivo il rischio di favorire il distacco el’assenza del dialogo del medico dalmalato e viceversa?

Al riguardo, può assumere un interessantespunto riflessivo il parere espresso da unautorevole esperto quale è il Prof. BolisPierfrancesco – Direttore Clinica Ostetriciae Ginecologia Università degli Studi del-l’Insubria Varese, cui sono state sottopostele seguenti domande:

DOMANDADiciotto secondi è il tempo, stimato dauno studio europeo, che intercorre tra l’i-nizio del racconto del paziente e il primointervento del medico. Dieci, venti minutiè il tempo che, secondo l’ex ministro dellaSanità Umberto Veronesi, bisognerebbededicare a un paziente oltre alla visita.In questo lasso di tempo passa la palese

difficoltà nella relazione medico–paziente,che oggi viene denunciata da entrambe lecategorie. Una difficoltà che riguarda inparticolare la comunicazione, il dialogo.I medici a loro discolpa affermano di averepoco tempo e in quel poco tempo di volerscovare la malattia e se possibile scovareuna cura. Dall’altra parte i pazienti si la-mentano perché oltre a ciò vorrebberoessere considerati anche come persona enon solo come un “caso da esaminare”. Prof. Bolis è plausibile secondo Lei unpunto di contatto per rendere la relazionemedico-paziente meno impersonale e piùinterpersonale?

RISPOSTANon è solo plausibile, ma doveroso che larelazione medico paziente sia meno im-personale e più interpersonale. Il “pattoterapeutico” non può prescindere dallaconoscenza del Singolo Paziente che purportatore di una patologia sovrapponibilea quella di altri pazienti vive la propria ma-lattia con ansia, aspettative, illusioni/ne-gazioni che sono sue peculiari.Ciò comporta per il medico mettere ingioco non solo il suo sapere (possesso diconoscenze tecniche aggiornate) o il suo

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

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saper fare ( possesso di abilità tecniche)ma soprattutto il suo saper essere (pos-sesso di capacità comunicative e rela-zionali).

DOMANDATempo fa, la relazione medico-pazienteera basata su un modello di tipo paternali-stico, in cui il medico si assumeva comple-tamente le responsabilità delle scelte edelle decisioni nel processo terapeuticoper il bene del paziente.Oggi nell’attuale conduzione burocraticadell’assistenza sanitaria vi è un’evoluzioneverso diversi modelli relazionali, chehanno perduto le qualità essenziali delrapporto tradizionale.Si tratta fondamentalmente del modellogiurista, attento soprattutto alle proble-matiche di ordine medico-legale.Secondo Lei quali sono i punti di forzae quali i punti critici tra i due tipi dimodelli ?

RISPOSTAIl modello di tipo paternalistico nella rela-zione medico- paziente non può più esi-stere in quanto il “Consenso informato”costituisce un principio indiscusso dellagiurisprudenza.Esso è un diritto per il paziente ed è undovere (anche deontologico ) per ilmedico rappresentando il presupposto es-senziale alla liceità dell’atto medico chi-rurgico.Purtroppo si stanno diffondendo ConsensiInformati “standard” o predefiniti per di-verse patologie ( e non per diversi pazienti) con lo scopodi rendere più snelle e rapide le pro-cedure di raccolta e nel contempo di ga-rantire una condivisa completezza di in-formazione.Questi consensi predefiniti “dicono” laverità, ma possono non “comunicare” laverità al Singolo Paziente, come è doveredel medico.Dire e comunicare sono due termini spessoutilizzati nel lessico comune come si-nonimi; ma in realtà sottendono due at-teggiamenti differenti: la “comunica-zione” assume infatti la connotazione di“mettere in comune” , “far partecipi edessere partecipi di “.Il consenso informato non deve esserequindi inteso come obbligo di ordine

medico legale, ma come mezzo per in-staurare una relazione, un incontro nonsolo fisico ma amcne fenomenologico conil Paziente.

DOMANDASaper ascoltare, saper farsi “recettore” ditutto ciò che un paziente “porta”, saperessere “neutro”, privo di pregiudizi neiconfronti del paziente, saper “comu-nicare”. Secondo Lei il progresso tecnologico-scien-tifico medico, che ha favorito enorme-mente la medicina rendendo più agevolesia la diagnosi che la terapia di molte ma-lattie, ha favorito anche lo sviluppo diquesti “saperi” o ha portato il distacco delmedico dal malato?

RISPOSTAIl progresso tecnologico può rischiare didistaccare il medico dalla persona pazientee di farlo concentrare solo su una TAC ouna ecografia.Un tempo in assenza di tecniche di“imaging” sofisticate come quelle attuali,il medico doveva fare un’anamnesi minu-ziosa e questa favoriva la comunicazione.Tuttavia se il comportamento medico siattiene a quello delineato nelle prime duerisposte il rischio non dovrebbe esserci.

DOMANDAOggi la medicina volge un occhio di ri-guardo alla prevenzione della salute, siaper salvaguardare il benessere psico-fisicodei cittadini e sia perché in questo modosi tende anche a limitare la spesa sanitaria,alquanto onerosa. L’uso consapevole della relazione tramedico ed assistito oltre ad un atto dicura, rappresenta indubbiamente unterreno fertile per potenziare le misure dieducazione sanitaria, incoraggiando lepersone ad assumere condotte di vita piùsalutari.Non pensa che lo “sforzo” comunicativoda parte del medico sia pertanto un attodovuto e responsabile nei riguardi delsingolo assistito e, più in generale, del-l’intera popolazione, considerato l’ al-tissimo ritorno a livello sociale ed eco-nomico che ne deriva?

RISPOSTALa prevenzione della salute è compito del

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medico tanto quanto la cura della ma-lattia. I consigli sullo stile di vita (alimenta-zione innanzitutto) hanno ricadute fon-damentali sulla prevenzione di neoplasie,sulla limitazione di patologie degene-rative (ad esempio osteoporosi, malattievascolari) e sul miglioramento della salutedelle future generazioni (alcune patologiedel bambino e dell’adulto hanno la loroprima causa in utero).

DOMANDAL’uso ripetuto e ormai abituale di terminicome: azienda al posto di ospedale, clienteal posto di ammalato, operatore sanitarioinvece che medico o infermiere, stannosempre più influenzando l’immaginariocollettivo.Secondo Lei ciò potrebbero indurre, al di

là delle migliori intenzioni, ad una visionesempre più tecnologica, e quindi materiali-stica, della funzione sanitaria?

RISPOSTAL’aziendalizzazione” degli Ospedali ha ilgrosso merito di avere razionalizzato ladegenza e la cura: Si sono diffusi interventiminivasivi che consentono un minortrauma chirurgico una degenza più brevecon rapida ripresa fisica e lavorativa.Il rischio potrebbe essere quello di una va-lutazione eccessivamente “economica”della malattia: un aumento di interventi“molto remunerativi” anche quando nonstrettamente necessari per il paziente; ri-fiuto di interventi necessari, perchétroppo costosi. Non ritengo tuttavia chequesto rischio potenziale sia reale in Italia.

DOMANDAL’emancipazione femminile è oggi unfenomeno in costante sviluppo che hasegnato dei forti cambiamenti in diffe-renti contesti. Qual è l’approccio che ladonna del terzo millennio ha con il Gi-necologo?

RISPOSTALa donna del terzo millennio non si rivolgepiù al ginecologo solo in caso di gravi-danza o di malattia.E’ molto attenta alla prevenzione dellasua salute fisica, riproduttiva, sessuale; sol-lecita consigli sullo stile di vita e ali-mentari; programma il “timing” della gra-vidanza nelle migliori condizioni fisiche e

psicologiche quasi pensasse, come So-crate, che “non il vivere è da tenere nelmassimo conto, ma il vivere bene”.

CONCLUSIONEUn ringraziamento sincero al Prof. BolisPierfrancesco per la Sua squisita disponi-bilità e per il prezioso contributo che hasaputo dare su una tematica delicata,come quella affrontata, che richiama inauge il vissuto del paziente nell’incontrocon il mondo della sanità.Concludendo, alla luce delle considera-zioni espresse dal prof. Bolis, frutto di unaconsolidata esperienza clinica e tenutoconto che la medicina è un work in pro-gress, è del tutto appropriato affermareche il rapporto medico-paziente deveevolversi in sintonia con il progresso scien-tifico senza disumanizzare la medicina etantomeno inaridire le caratteristiche pe-culiari del rapporto umano tra persone.E’ importante per il medico saper farsi da“recettore” del background emotivo- af-fettivo-corporeo-sociale di un paziente enel contempo saper essere “neutro”eprivo di pregiudizi. Professionalità,dialogo, disponibilità e semplicità sono insintesi alcune tra le più importanti e pre-ziose doti che rendono autorevole lafigura del medico.

“La Medicina è un insieme armonico di tecnologia medica e antropologia

medica, dove accanto all’applicazione delle

scienze di base deve sussistere, con pari dignità, il rapporto interumano

tra medico e paziente: un rapporto di dualità che diventa pluralità

coinvolgendo medico, paziente e società” (Stagnaro S., Vecchio e Nuovo nella

Scienza. Tempo medico. 315,16,67, 1989).

AUTORE

Mariarita BarberisDott. in Sociologia

In esecuzione alla Deliberazione del Consiglio Direttivo n. 84del 5 settembre 2006 è indetto un concorso a 6 borse di studioper lavori di ricerca infermieristica, di cui 3 riservate a stu-denti infermieri.

Requisiti generali e specificiPossono partecipare al concorso gli iscritti negli albi degli In-fermieri Professionali, degli Assistenti Sanitari e delle Vigila-trici d'Infanzia della provincia di Roma, nonché gli studentidei corsi laurea per infermiere e infermiere pediatrico diRoma e provincia, anche in associazione. Tali requisiti devono essere posseduti alla data di scadenza delbando di concorso. Gli studenti devono allegare al lavoro uncertificato di iscrizione al corso di laurea.

Il lavoro di ricerca infermieristica deve essere originale, deltutto inedito e realizzato in una delle seguenti aree:• Rischio clinico• Cure Primarie• Governo Clinico • Modelli OrganizzativiInoltre, per essere giudicato idoneo, il lavoro di ricerca infermie-ristica deve rispondere ai requisiti del metodo scientifico. Perquesto una parte del lavoro deve essere dedicata alla discussionedella metodologia e delle tecniche di indagine utilizzate.

Termini per la presentazione della domandaLa domanda di partecipazione al concorso, in carta semplice,dovrà essere indirizzata al Presidente del Collegio IPASVI diRoma, Viale Giulio Cesare, 78, 00192 Roma e dovrà esserepresentata o pervenire entro le ore 12 del 30 settembre 2007. La domanda si considera prodotta in tempo utile anche sespedita a mezzo raccomandata con avviso di ricevimentoentro il termine indicato. A tal fine fa fede il timbro e la datadell'ufficio postale accettante.Nella domanda di partecipazione dovrà essere indicato il co-gnome, il nome, il luogo e la data di nascita, la residenza,l'albo nel quale è iscritto o la sede universitaria frequentata,dell'autore o degli autori, nonché il domicilio e il recapito te-lefonico presso il quale, ad ogni effetto, deve essere data ogninecessaria comunicazione relativa al concorso.Il Collegio IPASVI di Roma non assume alcuna responsabilitànel caso di dispersione del lavoro di ricerca infermieristica di-pendente da inesatta indicazione del recapito da parte del can-didato, o da mancata oppure tardiva comunicazione del cam-biamento dell'indirizzo indicato nel lavoro presentato, né per

eventuali disguidi postali non imputabili a colpa del Collegiostesso.Il termine stabilito per la presentazione dei lavori di ricerca in-fermieristica è perentorio e pertanto non saranno presi in con-siderazione i lavori che, per qualsiasi ragione, non esclusa laforza maggiore, vengano presentate o spedite oltre il terminestabilito. Alla domanda, sottoscritta dal o dai concorrenti dovrannoessere allegate 3 copie del lavoro di ricerca infermieristica conil quale si intende concorrere, in formato cartaceo, e una copiain formato digitale su supporto CD.

Commissione esaminatriceLa commissione esaminatrice è composta dai membri dellaCommissione Ricerca Infermieristica in seno al CollegioIPASVI di Roma, presieduta dal Presidente, e viene nominatacon successivo atto deliberativo.

La graduatoria e il premioLa graduatoria dei lavori idonei è formulata dalla commis-sione esaminatrice ed è approvata con apposito provvedi-mento, col quale, sulla base dei criteri indicati nell’allegato eparte integrante del presente bando, contestualmente si indivi-duano i 6 lavori ritenuti migliori, a ciascuno dei quali si attri-buisce il premio consistente in una borsa di studio di t 3.000,vincolata alla partecipazione a iniziative di formazione, ag-giornamento, ricerca nel campo dell'assistenza infermieristica,e nella pubblicazione del lavoro di ricerca infermieristica.

Il presente bando viene pubblicato sulla rivista "InfermiereOggi", organo ufficiale dei Collegi IPASVI del Lazio, e affissopresso i principali presidi delle aziende sanitarie e ospedaliere,pubbliche e private della provincia di Roma, nonché presso lesedi di corso laurea per infermieri di Roma e provincia.

Per eventuali chiarimenti gli interessati potranno rivolgersialla Commissione Ricerca Infermieristica, costituita dai Con-siglieri Nicola Barbato, Maria Grazia Proietti, AlessandroStievano, Marco Tosini, nei giorni di lunedì e giovedì, dalle 16alle 17, presso il Collegio IPASVI di Roma, viale GiulioCesare, 78, Roma, tel. 06/37511597La SegretariaD.A.I. Dott.ssa Maria Grazia Proietti

Il PresidenteD.A.I. Dott. Gennaro Rocco

Concorso a 6 borse di studio per lavori di ricerca infermieristica, di cui 3 riservate a studenti infermieri

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Criteri e indicazioni

Fare ricerca per gli infermieri deve divenire unaspetto costitutivo della pratica assistenziale. Perquesto vogliamo indicare, in linea generale, unametodologia che rappresenti ciò che il ricercatoresi propone di percorrere per raggiungere i propriobiettivi.1. le aree specifiche di interesse nascono dallapropria esperienza professionale e formativa enormalmente suscitano forte interesse e curiositànel ricercatore. Inoltre è utile osservare critica-mente ciò che viene fatto quotidianamente, ciòche viene fatto da altri colleghi in realtà diverse,leggere e confrontare la letteratura. Il bando ha in-dividuato delle macro aree che possono rappre-sentare l’universo degli interessi professionali. InCiascuna macro area è possibile individuare:a. gli aspetti privi di conoscenze o con cono-

scenze antiquate o contraddittorie in ambito in-fermieristico

b. l’applicazione nella pratica di una conoscenzacertificata.

c. la verifica dell’applicabilità degli strumentioperativi accreditati in ambito sanitario

d. La conoscenza del rischio rispetto al livello as-sistenziale offerto.2. Formulare la domanda, individuare la que-stione è il momento più importante della ricerca.E’ necessario riflettere, confrontarsi, informarsi e,nel caso, utilizzare tutte le conoscenze e inter-pellare gli specialisti per comprendere piena-mente cosa vogliamo. Infatti il metodo della ri-cerca dipende in larga misura dal tipo di domandae quindi dagli obiettivi dello studio. a. osservazione della propria realtàb. formulazione delle idee, delle domande, delle

ipotesi e quindi degli obiettivic. pianificazione della ricercad. scritta del protocollo operativoe. raccolta dei datif. elaborazione e interpretazione dei datig. rapporto finale h. pubblicazione dei risultati3. Il protocollo operativo, e’ lo strumento dilavoro del ricercatore e rappresenta la formula-zione del piano di ricerca. Si compone di:a. il titolo: sintetico, semplice, esplicito;b. i responsabili della ricercac. l’ente o gli enti interessatid. l’introduzione, in cui si identifica il motivo

dello studio e perché è necessario, i riferimentibibliografici e le evidenze scientifiche

e. gli obiettivi: pochi, chiari, ben descritti, og-gettivi e di facile comprensione.f. Gli strumenti e i metodi: indicare i tempi, i

luoghi, i partecipanti, la popolazione di riferi-mento, i criteri di inclusione o esclusione, glistrumenti di rilevazione, il metodo della ricerca,i criteri di analisi dei dati.

g. Il finanziamento: comprende il piano finan-ziario dello studio, i costi del materiale e dellerisorse impiegate (umane e tempo).

4. Il rapporto finale della ricerca è ciò cherimane della ricerca da cui è possibile estrapolarearticoli scientifici. I destinatari sono i committentie i partecipanti allo studio. Riporta tutto ciò che èstato fatto e i risultati ottenuti. Se in parte puòessere paragonato al protocollo operativo, si di-versifica poiché è molto più ampio ed è destinatonon al ricercatore ma alla conoscenza del pub-blico professionale. Si compone di:a. titolo definitivob. autori della ricerca, con qualifica professionale,

grado di responsabilità nello studio, ente di ap-partenenza.

c. riassunto/abstract, che contiene un’accuratasintesi del lavoro con l’indicazione del perchédella ricerca, l’oggetto della ricerca, i metodi egli strumenti, i risultati ottenuti, le possibili in-terpretazioni.

d. introduzione, che deve individuare gli aspettiinnovativi dello studio; sono indicate le ragionie le motivazioni, le problematiche, le difficoltàe le questioni ancora aperte sullo studio, gliobiettivi della ricerca.

e. descrizione del disegno dello studio, la crono-logia delle fasi, il campo di indagine e il cam-pione, l’area di analisi e le variabili osservate,gli strumenti per la rilevazione e l’elaborazionedei dati, la loro validità e affidabilità, i test stati-stici applicati.

f. risultati, rappresentati in ordine di importanza,prima i risultati che rispondono agli obiettivi,poi quelli correlati o secondari. I risultati sonodescritti con il supporto di grafici e tabelle chenon devono sopperire alla descrizione.

g. discussione: ha lo scopo di dimostrare come ein che misura i risultati ottenuti rispondano alledomande poste. E’ possibile seguire unoschema che riassume brevemente i risultati,confrontare il proprio lavoro con quello fatto daaltri, esprimere il significato dei risultati e va-lutare la misura di risposta a quanto è già statofatto e pubblicato, esprimere eventuali limitidei metodi impiegati, suggerire raccomanda-zioni e implicazioni pratiche da adottare o dacui possono scaturire ulteriori lavori di ricerca

h. bibliografia: rappresenta il valore della ricercarispetto all’argomento in studio. E’ necessarioriportare le citazioni del testo con rinvio allalista bibliografica finale.

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ipasvi.roma.itIl nuovo sito internet del Collegio

NNoonnSSoollooIInnffeerrmmiieerriissttiiccaa

Stupisce. La cosa che stupisce di Internet èproprio il fatto di scoprire ogni giorno unacosa nuova, un sito, un blog…diverso.Diverso dagli stereotipi, dalla quotidianitàdei siti che normalmente visitiamo tutti igiorni. E’ proprio questa varietà che stupi-sce, e ci fa apprezzare questo strumento.Ho raccolto anche questa volta qualche veranovità in Internet, qualcuna relmente fruibi-le, altre meno. Buona lettura.

AAccccoooonnaa:: hhttttpp::////eeuu..aaccccoooonnaa..ccoomm//iitt//Sembra strano come qualcuno possa tenta-re la scalata dei “motori di ricerca”, consi-derando il colosso <Google>; ed ecco inve-ce che una multinazionale inglese tentaproprio questo, mettendo sul mercato unnuovo sito di ricerche con alla base unanuova tecnologia: L’iinntteelllliiggeennzzaa aarrttiiffiicciiaa--llee (?)..Citiamo testualmente: “L’intelligenza artifi-ciale di Accoona utilizza anche la tecnolo-gia SuperTarget Your SearchTM. Ad esempio,in una richiesta di cinque parole chiave l’in-telligenza artificiale di Accoona consenteall’utente di evidenziare una parola chiavee ordina i risultati della ricerca dando prio-rità alle pagine nelle quali il significato diquella parola chiave è più importante dellealtre quattro.”. Intanto l’abbiamo provato;l’impatto è identico all’esperienza provatain Google (o Clusty, Altavista, ecc…) e que-sto ci consola: quantomeno non disorienta.Motore ancora “acerbo”, ma con molteaspettative.

AARRAANNCCIIAA OOUUTTLLAAWW hhttttpp::////wwwwww..aarraanncciiaa..ccoomm//Una sorpresa davvero inaspettata, quella ditrovare un “motore di ricerca forense” ininternet, quasi del tutto sconosciuto. Sipassa dalla ricerca, utile per trovare in reterepertori normativi o sentenze della

Cassazione/TAR regionali; utilissima lasezione normativa, che elenca suddivisa perannate, le leggi, i decreti legge/legislativi opresidenziali. Fino ad arrivare alla partegiurisprudenziale (giurisprudenza) cheelenca in modo minuziosissimo le sentenze(anche dei TAR suddivisi per Regione) dellaCassazione, del Consiglio di Stato o dellaCorte Costituzionale, sempre suddivise perannate. L’archivio consultabile ha uno stori-co a ritroso dal 2006 al 1999, mentre per lasezione normativa, lo storico risale fino al1911…!!!Da non credere la grande quantità direpertori che si riescono a trovare inerentel’Infermieristica Italiana su questo sito!

AAssssoocciiaazziioonnee iinnffeerrmmiieerrii MMaallaattttiieeIInnffeettttiivvee:: hhttttpp::////wwwwww..aaiimmii..iitt//Per chi interessa l’argomento, può essere unsito di sicuro interesse, se non altro per lapossibilità di aggregazione associazionistica.Peccato però che il sito manchi completa-mente di contenuti (chi siamo, cosa faccia-mo, link, documentazione…). Presenti sola-mente locandine di congressi nazionali futu-ri e passati.

IINNFFEERRMMIIEERRII SSHHOOPP:: hhttttpp::////wwwwww..iinnffeerrmmiieerriisshhoopp..iitt//Esattamente come da titolo, è il primo sitoweb infermieristico italiano dove è possibileacquistare materiali e presidi di interesse edutilizzo prettamente infermieristico e medi-co (oltre al vestiario a vario titolo).Forse non sarà utile a chi lavora in strutture,ma ai liberi professionisti potrebbe farcomodo un e-commerce infermieristico, conconsegna a domicilio…!!!

A cura di Fabrizio TallaritaWebmaster del Collegio IPASVI di [email protected]

VIAGGIO DI STUDIO PECHINO - CHENGDE - XI’ AN - SHANGHAI

“PROFESSIONAL NURSES CHINA 3/12 GIUGNO 2007”Evento in corso di accreditamento ECM

Il Collegio Ipasvi di Roma organizza la parte scientifica del viaggio di studio infermieristico: Sono previste visite e conferenze presso le seguenti strutture:

- School of Nursing of Bejing Medical University a Pechino, - School of Traditional Chinese Medicine alla Chengde University, - Xi’an Jaotong University, - Medical Center of Fudan University a Shanghai.

Informazioni generali: x� Le prenotazioni debbono essere effettuate presso la “Perigeo Viaggi” tel 0685301301

fax 0685515444. x� All’atto della prenotazione dovrà essere corrisposto un acconto pari a € 800,00. x� Il saldo dovrà pervenire 20 giorni prima della partenza.

Quota individuale di partecipazione € 2.600,00 Supplemento singola € 450,00

LA QUOTA COMPRENDE: - Voli di linea Air China, - Tasse aeroportuali, - Visto d’ingresso in Cina, - Assicurazione “Ami assistance”, - Guida parlante italiano, - Tutti trasferimenti da e per gli aeroporti, - La sistemazione negli alberghi (lusso e 1a cat.), - Prime colazioni all’americana in albergo, - 5 cene a buffet, 2 cene banchetto in ristoranti di lusso, 1 cena cinese e i restanti pasti in ristoranti

locali.

VIAGGIO DI STUDIO IN CINAORGANIZZATO DAL COLLEGIO IPASVI DI ROMA

DAL 3 AL 12 GIUGNO 2007PECHINO – CHENGDE – XI’AN – SHANGHAI

PER INFORMAZIONI E PRENOTAZIONI

II VVIIAAGGGGII DDEELL PPEERRIIGGEEOO00199 ROMA - PIAZZA CRATI, 1

TEL. 06.85301301 - FAX 06.85515444LOREDANA GRANAI: TEL. 0773.480920 - 335.6523423