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Sabato 30 luglio si svolgeràa Barzio il tradizionaleconvegno tenutoda psicologi, psicoterapeuti
e psichiatri sulla vita dicoppia, il ruolo di genitori,il rapporto con i figliParla Rossella Semplici
giunto alla sua nona edizione iltradizionale convegno sullafamiglia che si terrà a Barzio
sabato 30 luglio dalle 9.30 alle 13presso il centro parrocchiale S.Alessandro (via Parrocchiale 4).«Famiglia palestra di perdono?» è iltitolo scelto quest’anno perché proprioil perdono «è il nodo decisivodell’amore familiare». Il convegno, aingresso libero, è promosso dal Centrostudi psicanalisi del rapporto di coppiadi Cremeno (Lc) e di Milano edall’Associazione italiana psicologi epsichiatri cattolici, sezione Lombardia.L’invito è rivolto a coppie, genitori enonni che desiderano coltivare laconsapevolezza critica della lororesponsabilità, a operatori pastorali eresponsabili di associazioni che sirivolgono alla famiglia. Il titolo prendespunto da un’espressione di papaFrancesco, ma volutamente gliorganizzatori hanno aggiunto il punto
È di domanda, «perché il perdono è tantonecessario quanto difficile o addiritturapotrebbe sembrare, in non pochecircostanze, impossibile». La famiglia èl’ambiente vitale originario dove siconfigura la grammatica degli affetti, siplasmano i gesti e gli atteggiamentidecisivi del vivere e si apprende la vitabuona del Vangelo, gustandone il sensoe il sapore. Ma tutto questo è resopossibile e praticabile se la vita dellafamiglia tra un padre, una madre, ifigli, i nonni, i parenti e gli amici è unavita promettente che sa superare i litigi,le discordie e le divisioni nel perdono.Il perdono non è qualcosa di superfluoo facoltativo, anzi è assolutamentenecessario per vivere e coltivare legamid’amore non solo all’interno dellafamiglia, ma anche nelle relazionisociali. Chi non impara anche aperdonare, rimane al di fuoridell’esperienza del vivere legami belli eduraturi, i soli che liberano dalla paura
della solitudine e alimentano lasperanza. Il perdono, quindi, «non èuna teoria, ma una pratica, anzi è unostile di vita, da offrire attivamente, maanche da saper ricevere passivamente».È l’unica alternativa al risentimento chedistrugge e ammala: «Da una parte,esige prontezza, reazione immediata,come quando si cerca di rimarginareuna grave ferita, ma, dall’altra, spessorichiede un lungo percorso e una lungaattesa». «Attraverso l’ascolto, ilconfronto, il dialogo e la creatività deipartecipanti - concludono gliorganizzatori - si spera di attivarecammini di riconciliazione». Ecco ilprogramma del convegno. Dopo isaluti di don Enrico Parolari, prete epsicoterapeuta del Seminarioarcivescovile di Milano, aprirà i lavoriRossella Semplici, psicologa clinica(Milano) che traccerà la cornice deltema in chiave educativa («Palestra diperdono per “piccoli e grandi”»),
seguirà l’intervento di Gianni Bassi eRossana Zamburlin su «Rapporto dicoppia fra litigi e perdono», perconcludere, la prima parte dellamattinata, con uno sguardo inter-generazionale da parte di QuirinoQuisi e Maurizio Rampazzo cheparleranno delle «Controversieereditarie: risentimenti, vendette e cosepiù sensate». Dopo il break nelloscenario delle Grigne, l’attenzione sirivolgerà all’inevitabile profilo socialedel perdono con Laura Manincheddasu «Verità, giustizia e perdono nellerelazioni interpersonali e sociali» eMariarosa Cusmai che affronterà ladrammatica questione dei figli deidesaparesidos adottati dai militari:«Giustizia e verità: una testimonianzadopo 40 anni dal golpe militare inArgentina». Il convegno si concluderàcon la relazione di Adele Colombo inchiave teologica dal titolo «Cristo Gesù:modello e fonte di perdono…».
DI LUISA BOVE
perdonare si impara. Non èqualcosa di innato». A dirloè la psicologa Rossella Sem-
plici, che interverrà al convegno di Bar-zio il 30 luglio con una relazione daltitolo «Palestra di perdono “per piccolie grandi”». La capacità di perdonare,spiega, «viene dall’esperienza che fac-ciamo fin da piccoli e tra piccoli: pen-siamo alle dinamiche tra fratelli, all’a-silo o alle scuole elementari». E ag-giunge: «In una famiglia ci sono con-trasti e litigi, è impossibile pensare chenon ci siano conflitti, ma quello cheè importante è la gestione, perché ilconflitto non deve essere distruttivo». E qual è il primo passo da compie-re?
A««Ammettere di aver fatto qualcosa chenon va bene oppure di far capire al-l’altro che non abbiamo fatto nientee che ha interpretato male. La situa-zione quindi è molto dinamica. E poiil perdono non è un fatto immedia-to, ma a seconda della gravità dell’in-giustizia subita, ci vuole tempo. Nonsolo quindi un tempo personale, maanche in proporzione a quanto suc-cesso». Certo il fattore tempo è fondamen-tale, ma non si può rimandare al-l’infinito... «Però ci possono essere casi in cui nonsi arriva a perdonare e questo ha ri-percussioni a livello di salute, conti-nuare a rimuginare o tornare nellastessa situazione crea stress, con con-seguenze sia fisiche sia psichiche. Cer-
to il perdono non si può imporre, maalmeno si possono aprire strade nuo-ve. Anche se è difficilissimo si tratta dimettersi nei panni di chi ci ha offesoper capire quali sono le motivazioni,senza arrivare a dire: “L’ha fatto e noncapiva quello che faceva”. Questo è unaltro discorso, perché nel momento incui sminuisco, prevale il mio perdo-no, invece devo anche assumere e sen-tire l’attacco alla mia persona». La cultura di oggi rende forse piùdifficile perdonare rispetto a unavolta? «È più difficile perché siamo in una si-tuazione di attacco dei valori, come lasolidarietà o l’accoglienza del diverso,ma c’è anche una società che propo-ne modelli come l’arrivismo, l’indivi-dualismo, l’emergere… Insomma, e-
mergono tutti quegli elementi della“società liquida” di Bauman, con trat-ti narcisistici anche tra persone chenon hanno patologia, ma in cui l’io ècomunque al centro. E se c’è un iotroppo grande il dialogo e l’empatiacon l’altro diventano più complicati.Inoltre c’è la tendenza dei genitori aproteggere e iper giustificare i figli,non lasciando ai bambini la possibi-lità di sperimentarsi da soli. Se ven-gono sempre difesi dall’adulto, comefanno a imparare a confrontarsi e nona rispondere con una sberla o un cal-cio?». I conflitti in famiglia creano ancheferite profonde, cresce la rabbia, ilrancore, il desiderio di vendetta…Occorre correre prima ai ripari?«Non sempre però è possibile, per e-
sempio di fronte a sepa-razioni o divorzi, spessorancorosi, difficilmente lesituazioni si risanano,perché si creano schiera-menti, torti, ragioni, e lafamiglia si spacca. Poi cisono vissuti di figli che, infamiglie anche rimaste unite, ma do-ve spesso a volte si scatenano discus-sioni legate all’eredità, magari anchepiccola (piatti, ceramiche e tazzine),in cui riemergono conflitti taciuti(“mamma e papà hanno voluto piùbene a te”, “tu hai potuto studiare, haipotuto fare carriera…”) che non si èstati capaci di esprimere». A quali condizioni è possibile per-donare?«Intanto con un’educazione alle e-
mozioni, purtroppo la nostra societàtende a considerare soprattutto l’a-spetto cognitivo, dell’intelligenza, tra-scurando la rabbia, il risentimento, lagioia, il distanziamento… Occorre da-re spazio all’aspetto emotivo, all’af-fettività e alla conoscenza di noi stes-si, perché se riconosco i miei limitiriesco a perdonare. Di fronte a situa-zioni troppo faticose devo saper chie-dere aiuto altrimenti accetto di resta-re rancoroso».
«Perdonare fin da piccoli»
Come attivare cammini di riconciliazione in famiglia
Rossella Semplici, psicologa clinica di Milano
diocesiDomenica 10 luglio 2016