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PERCORSI Diritto/Economia

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PERCORSI

Diritto/Economia

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«Re-cycle Italy. Nuovi cicli di vita per architetture e infrastrutture della città e del paesaggio». Progetto di ricerca di rilevante interesse nazionale - Prin 2010-2011

Responsabile scientifico nazionale Renato Bocchi

Unità di Ricerca

Università Iuav di VeneziaResponsabile scientificoRenato Bocchi

Università degli Studi di TrentoResponsabile scientificoGiorgio Cacciaguerra

Politecnico di MilanoResponsabile scientificoIlaria Valente

Politecnico di TorinoResponsabile scientificoAntonio De Rossi

Università degli Studi di GenovaResponsabili scientificiMosè Ricci e Raffaella Fagnoni

Università degli Studi di Roma «La Sapienza»Responsabile scientificoPiero Ostilio Rossi

Università degli Studi di Napoli «Federico II»Responsabile scientificoCarlo Gasparrini

Università degli Studi di PalermoResponsabile scientificoMaurizio Carta

Università degli Studi «Mediterranea» di Reggio CalabriaResponsabile scientificoVincenzo Gioffrè

Università degli Studi «G. d’Annunzio» di Chieti-PescaraResponsabile scientificoFrancesco Garofalo

Università degli Studi di CamerinoResponsabile scientificoPippo Ciorra

L’elenco dei partecipanti alla ricerca è disponibile nel sito recycleitaly.it.

Questo volume costituisce l’esito conclusivo della sezione «Norme» della ricerca curata da Enrico Fontanari, Tommaso Bonetti, Artu-ro Lanzani, Sara Marini, Nicola Marzot, Ezio Micelli, Piero Orlandi, Giuseppe Piperata e Micol Roversi Monaco.

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SOCIETÀ EDITRICE IL MULINO

AGENDA RE-CYCLE

Proposte per reinventare la città

a cura di

Enrico Fontanari E GiusEppE pipErata

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I lettori che desiderano informarsi sui libri e sull’insieme delle attività della Società editrice il Mulino possono consultare il sito Internet: www.mulino.it

ISBN 978-88-15-26782-5

Copyright © 2017 by Società editrice il Mulino, Bologna. Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere fo-tocopiata, riprodotta, archiviata, memorizzata o trasmessa in qualsiasi forma o mezzo – elettronico, meccanico, reprografico, digitale – se non nei termini previsti dalla legge che tutela il Diritto d’Autore. Per altre informazioni si veda il sito www.mulino.it/edizioni/fotocopie

Questo volume è stato realizzato con fondi Miur-Prin 2010-2011

Redazione e produzione: Edimill srl - www.edimill.it

Finito di stampare nel marzo 2017 presso LI.PE, San Giovanni in Persiceto (Bo)

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Re-cycle degli spazi urbani: un’introduzione, di Enrico Fontanari e Giuseppe Piperata p. 9

partE prima: attori E rEGolE dEl rE-cyclE

Rigenerare i beni e gli spazi della città: attori, regole e azioni, di Giuseppe Piperata 21

Riuso e rigenerazione tra Stato, Regioni e auto-nomie locali, di Fulvio Cortese 41

Re-cycle: pratiche urbane e innovazione ammi-nistrativa per ricomporre le città, di Marco Cammelli 53

La rigenerazione urbana nell’ordinamento giuri-dico italiano: profili ricostruttivi e questioni aperte, di Tommaso Bonetti 63

Ripensare lo strumento pianificatorio: dal model-lo del «controllo» a quello della «coerenza», di Giorgio Pagliari 79

La città collaborativa: la governance dei beni comuni per l’urbanistica collaborata e col-laborativa, di Christian Iaione 85

INDICE

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Contenimento del consumo di suolo e futuro della pianificazione urbanistica e territoriale, di Luca De Lucia p. 105

Il contenimento del consumo di suolo alla luce delle tecniche di rigenerazione urbana e di valorizzazione dell’esistente, di Federico Francesco Guzzi 131

Dalle pratiche spontanee alla sistematicità del riuso temporaneo: un percorso possibile?, di Paola Capriotti 157

partE sEconda: i valori dEl rE-cyclE

Da riserva di valore a dispositivi di mobilita-zione economica e sociale: il nuovo ruolo del patrimonio immobiliare pubblico nelle politiche urbane, di Ezio Micelli e Alessia Mangialardo 175

Fare urbanistica dentro il patrimonio residen-ziale, di Arturo Lanzani e Federico Zanfi 195

partE tErza: riciclarE il piano?

Re-cycle: una visione urbana, di Enrico Fontanari 231

Re-cycle, ovvero rilavorare lo spazio urbanizzato, di Patrizia Gabellini 243

L’urbanistica re-ciclica. Un’agenda urbana per la società circolare, di Maurizio Carta 255

Re-cycle Manifesto, di Mosè Ricci 271

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appEndicE

Un intervento normativo per sbloc care la rige-nerazione urbana in Italia. Proposta del 15 giugno 2015, di Giorgio Caccia guerra e Maria Paola Gatti p. 291

Summary 301

Gli autori 303

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Le fotografie sono di Sissi Cesira Roselli, Archive of Reality Project. Le tour du monde, 2006-2016.

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Patrizia Gabellini

RE-CYCLE, OVVERO RILAVORARE LO SPAZIO URBANIZZATO

1. Avere scelto per un Prin1 lo stesso titolo di un’im-portante e tempestiva mostra fatta al Maxxi di Roma nel 20112 e avere ottenuto che questo progetto fosse finanziato in quanto riconosciuto di rilevante interesse nazionale, prova la centralità dei temi richiamati. Il titolo, Re.cycle Italy. Nuovi cicli di vita per architetture e infrastrutture della città e del paesaggio, è assai espressivo, opportunamente evocativo per sollecitare interpretazioni e applicazioni in diversi campi, ma anche discriminante in modo evidente. Infatti, enuncia un cambio di paradigma3 e rinvia a quell’economia circolare che ha radici nell’ecologia, ma che si presta a investire in maniera sistemica le diverse branche del pensiero e dell’azione.

Potremmo dire che si tratta di una «utopia semantica» e di un concetto «pigliatutto», in quanto mobilitante social-mente e coprente concettualmente.

Per riuscire a entrare nel merito è necessario operare una delimitazione del campo e precisarne l’interpretazione. A questo scopo, mi riferirò ad alcune scelte dell’Ammini-strazione bolognese che si possono ragionevolmente in-

1 Uno dei tre finanziati dal Miur tra il 2010 e il 2011, assieme a: Territori post-metropolitani come forme urbane emergenti: le sfide della sostenibilità, abitabilità e governabilità; Piccoli comuni e coesione sociale. Politiche e pratiche urbane per l’inclusione spaziale e sociale degli immigrati. Una descrizione dei principali esiti dei tre progetti si trova in Urban@it. Centro nazionale di studi per le politiche urbane, Rapporto sulle città. Metropoli attraverso la crisi, Bologna, Il Mulino, 2016.

2 P. Ciorra e S. Marini (a cura di), Re-Cycle. Strategie per la casa, la città e il pianeta. Catalogo della mostra, Roma, Electa-Maxxi, 2011.

3 Ho fatto qualche ragionamento a proposito del ritorno della paro-la paradigma nel linguaggio degli urbanisti in P. Gabellini, Paradigma prima incerto, ora nuovo?, in S. Munarin e L. Velo (a cura di), Italia 1945-2045. Urbanistica prima e dopo. Radici, condizioni, prospettive, Roma, Donzelli, 2016.

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scrivere nella prospettiva del re-cycle. Non solo quelle più propriamente urbanistiche che, all’interno della revisione del Regolamento urbanistico edilizio, hanno reso possibile l’utilizzo temporaneo di immobili dismessi in attesa di tra-sformazione e, attraverso il Piano operativo comunale4, hanno deliberatamente messo in gioco solo aree già urbanizzate.

2. L’uso temporaneo dei beni abbandonati può con-

siderarsi la forma più elementare del riciclo, una forma emergenziale e pauperista, coerente con una prospettiva di attesa, se non anche di decrescita. Esso ha come attori protagonisti, sul lato della domanda, soggetti sociali portatori di bisogni insoddisfatti (gruppi antagonisti e/o «poveri» di risorse alternative) e soggetti «creativi» alla ricerca di contesti insoliti, stimolanti e nel contempo cheap; sul lato dell’offerta, soggetti disponibili a soluzioni sospensive per i loro beni, in attesa di una collocazione sul mercato e considerando l’abbandono una minaccia più grave della occupazione temporanea, oppure amministrazioni pubbliche a sostegno della collaborazione sociale. Là dove si è verificata una convergenza tra domanda e offerta si sono potute sperimen-tare forme interessanti di uso temporaneo, «laboratori» per pratiche non convenzionali, «post-capitaliste»5.

A me sembra ormai evidente che l’intersezione tra tipi di spazi, tipi di usi e soggetti coinvolti generi situazioni e possibilità molto diverse le une dalle altre e che possa essere utile operare delle distinzioni, a cominciare da quelle tra gli usi residenziali e gli altri (culturali, ricreativi, commerciali, economici in senso lato), tra gli utilizzatori disagiati e quelli creativi, tra i proprietari privati e quelli pubblici o istituzio-nali. Cercherò di spiegarmi con alcuni riferimenti bolognesi, considerando iniziative in capo a diversi assessori e strutture, a dimostrazione del carattere complesso e necessariamente integrato del riciclo via uso temporaneo.

4 Rue e Poc sono, con il Psc, le componenti del piano urbanistico comunale previste dalla legge urbanistica regionale dell’Emilia-Romagna n. 20 del 2000.

5 I. Inti, Il vuoto è spreco, Riusare sempre, in «Arcipelago Milano», 8, 24, http://www.arcipelagomilano.org/archives/9303.

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Tra le esperienze che si possono assimilare alle fattispecie più note6 ci sono quelle che hanno consentito l’insediamento di alcune start up in spazi dismessi di proprietà pubblica7. Si tratta di operazioni che hanno comportato interventi di riqualificazione degli immobili che, a seguito di selezione tramite bando pubblico, sono stati concessi in uso per un periodo dato a condizioni favorevoli. A Bologna esse si pongono su una linea di continuità con le (collaudate) forme di convenzionamento tra Amministrazione comunale e «libere forme associative», peraltro sottoposte nel 2014 ad un complessivo riordino che riflette le nuove condizio-ni generali. L’Amministrazione, infatti, ha interpretato il cambiamento con due mosse tese alla trasparenza, tanto semplici concettualmente quanto impegnative nella realiz-zazione: un censimento con mappa delle proprietà comunali indisponibili e la sua pubblicazione in rete; una modifica del regolamento vigente volta a fissare nuovi criteri per la concessione in uso: rapporto tra interventi di valorizzazione e canone d’affitto, doveri degli assegnatari, bandi pubblici, criteri di valutazione dei progetti presentati dai candidati previa iscrizione all’elenco delle libere forme associative8.

Non è stata la temporaneità il motore, tuttavia il percor-so ha consentito di definire criteri che si possono mutuare entro una prospettiva di usi temporanei.

Il regolamento per la cura e rigenerazione dei beni comu-ni urbani9 è un altro strumento che intercetta il fenomeno. Concepito per sostenere e disciplinare la collaborazione dei

6 Si veda, ad esempio, quelle considerate in I. Inti, G. Cantaluppi e M. Persichino, Temporiuso. Manuale per il riuso temporaneo di spazi in abbandono, in Italia, Milano, Altreconomia, 2014, oppure nel bando del Comune di Reggio Emilia per il Riuso temporaneo di immobili dismessi, pubblicato nel 2015.

7 Per la promozione delle start up si vedano le diverse edizioni del progetto Incredibol! L’innovazione creativa di Bologna, promosso dal Comune di Bologna con la Regione Emilia-Romagna nel 2011 allo scopo di sostenere le imprese creative ed innovative in ambito culturale (www.incredibol.net).

8 Regolamento sui rapporti con le libere forme associative, 4 giugno 2014.9 Regolamento sulla collaborazione tra cittadini e amministrazione

per la cura e la rigenerazione dei beni comuni urbani, 19 maggio 2014.

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cittadini con il Comune, promuove «atti amministrativi di natura non autoritativa», patti di collaborazione a seguito di manifestazioni di interesse da parte di cittadini attivi che possono riguardare anche «interventi di rigenerazione» di spazi pubblici e di edifici, tramite «metodi di coprogettazio-ne» e realizzazione di «interventi, tecnici o finanziari» (artt. 2 e 6). Un altro tassello che offre indicazioni per quanto riguarda la flessibilità di obiettivi, durata, modalità di azio-ne e fruizione, carattere indispensabile in processi sociali inediti come quelli che investono il re-cycle. Particolarmente interessante là dove prevede che:

La Giunta, sulla base degli indirizzi deliberati dal Consiglio comunale anche all’esito di procedure partecipative e deliberative, individua periodicamente nell’ambito del patrimonio immobi-liare del Comune gli edifici in stato di parziale o totale disuso o deperimento che, per ubicazione, caratteristiche strutturali e destinazione funzionale, si prestano ad interventi di cura e rigenerazione da realizzarsi mediante patti di collaborazione tra cittadini e Comune (art. 16).

Anche in questo caso non è stata la temporaneità degli usi a sollecitare il Regolamento, ma esso costituisce un rife-rimento importante per le nuove forme della sussidiarietà, come mostrano gli oltre cento patti sottoscritti.

Il tema, invece, è stato esplicitamente trattato in uno dei 67 progetti inclusi nel Piano strategico metropolitano10: Usi temporanei e rivitalizzazione urbana. Il progetto si propone di «monitorare» le iniziative spontanee in collaborazione con l’Amministrazione comunale che «deve diventare faci-litatore dell’incontro tra domanda e offerta di spazi – sia tra pubblico e privato che tra privati», proponendosi nel medio termine di «definire un vademecum» e nel lungo termine «una procedura amministrativa che, mettendo a sistema il quadro di norme esistenti, risulti adeguata alla promozione

10 Il Comune di Bologna e la Provincia, insieme, hanno elaborato un Piano strategico metropolitano prima della legge istitutiva delle Città metropolitane, n. 56 del 7 aprile 2014: Il Piano strategico metropolitano di Bologna. Un senso al futuro, una visione condivisa, giugno 2014.

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dell’uso temporaneo del patrimonio esistente, da inserire eventualmente all’interno del Rue».

Mi sembra significativo che nel progetto si auspichi la messa a sistema delle norme esistenti (ne prova l’esistenza) e si richiami il Regolamento urbanistico edilizio. L’elabora-zione del Psm, infatti, nella sua ultima fase si è sovrapposta con quella della Variante al Rue11, dove gli usi temporanei sono stati effettivamente considerati.

3. L’art. 73 del nuovo Rue, dedicato agli «Ambiti di so-

stituzione (misti)», ovvero alle parti del territorio comunale dove la presenza di edifici e spazi dismessi (tipicamente demaniali e ferroviari) rende necessaria una complessiva tra-sformazione che richiede tempi medio-lunghi, consente, fino all’approvazione del Poc (strumento cui la legge urbanistica regionale affida il conferimento dei diritti edificatori e quindi la possibilità di attuazione), l’insediamento temporaneo di tutti gli usi previsti dal Rue stesso, sottoponendo però resi-denza, attività industriali e artigianali, attività direzionali e commercio in grandi strutture a verifiche di ammissibilità in relazione agli impatti sul sistema della sosta, della gestione dei rifiuti e del rumore. Quelle che erano aree «congelate» a tempo indeterminato nel Rue vigente12, peraltro interessanti per la localizzazione nella città, per la presenza di grandi volumi edificati talvolta di pregevole fattura, e di grandi spazi aperti spesso alberati, con questa norma possono essere messe in gioco per usi temporanei. La stessa norma, tuttavia, allo scopo di non compromettere la possibilità di una trasformazione e valorizzazione complessiva di aree di grandi dimensioni (decine di ettari cruciali per la riqualifi-cazione urbana), definisce l’insediamento temporaneo come

l’utilizzo transitorio degli immobili esistenti per scopi quali atti-vità espositive, fieristiche, culturali, per l’associazionismo, attività

11 Regolamento urbanistico edilizio. Variante di adeguamento normativo 2014, adottato il 7 luglio 2014, approvato il 20 aprile 2015.

12 Si impediva il cambiamento della destinazione d’uso precedente la dismissione in attesa del Piano operativo, benché fossero consentiti interventi di manutenzione.

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artigianale, laboratoriale ecc., strutture temporanee per mobilità abitativa con una ciclicità di utilizzo breve in termini di «ospita-lità» e non permanenza (es. abitazioni temporanee che vengono utilizzate e dismesse in un ciclo definito e scandito dai tempi di realizzazione degli interventi e subordinate alla programmazione dei lavori di ripristino).

La sollecitazione ad affrontare il tema degli usi tempo-ranei all’interno di uno strumento urbanistico (con specifici ordini del giorno portati avanti da componenti della maggio-ranza consiliare) è stata motivo di approfondimenti in sede tecnica e ha comportato alcune limitazioni, con riferimento sia al tipo di ambiti interessati (quelli effettivamente desti-nati a rimanere abbandonati per lungo tempo), sia agli usi ammessi (particolari cautele sono state introdotte per attività tendenti alla stabilizzazione, come mostra l’inclusione di una definizione della temporaneità). In definitiva, ne è emersa una norma che rimuove i principali ostacoli alla dinamica d’uso, ma che affida ai singoli proprietari l’attivazione del processo.

A distanza di tempo si profilano interpretazioni dai risvolti complicati, tese cioè a utilizzare questa possibilità per eludere la necessità di procedere ad una trasformazione unitaria e progettata, perseguendo invece una soluzione «definitiva» caso per caso nei modi più convenienti per la proprietà. Punto, quest’ultimo, che mette evidentemente in tensione l’obiettivo di promuovere trasformazioni ur-banistiche che riescano a migliorare un ampio intorno, se non intere parti di città. Insomma, un conflitto tra tattica e strategia che va sorvegliato e approfondito.

Entrando poi nel merito dei lavori di manutenzione ordinaria o straordinaria per l’utilizzabilità dell’immobile, in molti casi necessari, se non indispensabili, ci si scontra con una normativa edilizia concepita per beni che devono durare nel tempo e che richiede il soddisfacimento di una serie, numerosa e impegnativa, di prestazioni, a cominciare da quelle relative a sicurezza e igiene-sanità. Un processo che abbia trovato interesse e disponibilità degli attori rischia di arenarsi contro le norme edilizie. Tale aspetto andrebbe

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esplorato considerando l’insediamento temporaneo alla stregua di cantieri o manifestazioni cui si applicano regole diverse da quelle edilizie. In ogni caso, poiché le modificazio-ni di norme urbanistiche ed edilizie comportano procedure complesse (si pensi solo alle osservazioni e controdeduzio-ni, istituto previsto a garanzia di trasparenza ed equità) non facilmente compatibili con i tempi di evoluzione dei problemi, mi sembra più convincente l’utilizzo della forma regolamentare e comunque opportuna una certa parsimonia normativa a tutti i livelli, locale, regionale o nazionale.

4. La residenza merita un discorso a parte. Sono note forme di affittanza senza una durata preventivata: l’accordo fra proprietario e utilizzatore consiste nella disponibilità di quest’ultimo a lasciare l’immobile quando richiesto, senza nulla pretendere, avendone in cambio costi di affitto assai ridotti se non nulli. Un do ut des (per il proprietario il «presidio» del bene) che conviene a entrambe le parti e che trova una sua composizione in forme contrattuali par-ticolari. Una ricerca dedicata potrebbe individuare diverse declinazioni di questa formula, indubbiamente interessante quando si tratti della domanda portata da soggetti presenti sul territorio temporaneamente (ad esempio studenti).

È evidente che immobili vuoti (per abbandono o in attesa sul mercato) costituiscano una risorsa «sprecata» che, a fronte di urgenze e domande insolventi, fanno discutere e sono passibili di occupazioni. Il problema è chiaro, ma la risposta per le amministrazioni è molto complicata, date le implicazioni sul fronte del diritto privato, della parità di trattamento (chi è disposto a violare la legge per forzare una soluzione diventa antagonista di chi è portatore di un bisogno analogo, ma non intende percorrere la stessa strada), del valore stesso delle regole.

L’Amministrazione di Bologna ha svolto un ruolo atti-vo cercando di favorire la messa a disposizione di alloggi vuoti e inutilizzati da parte di enti (Poste, Ferrovie, Ausl) e privati (Ance). Oltre a garantire contributi tali da con-sentire canoni di affitto «politici», inserendo gli alloggi nel circuito dell’Agenzia metropolitana dell’affitto con un suo

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fondo di garanzia, fornisce un’«assicurazione» alle proprietà, che dovrebbero essere stimolate anche dall’eliminazione dell’Imu (gli alloggi messi a disposizione non figurerebbe-ro più come seconde case). Si fa anche carico di trasferire gli inquilini qualora l’alloggio venga venduto. Con questa iniziativa l’Amministrazione ha operato una preliminare e fondamentale distinzione tra alloggi di edilizia pubblica, da assegnare con le regole ordinarie, e alloggi destinati a fron-teggiare l’emergenza abitativa, quindi in uso temporaneo.

Gli esiti non sono al momento significativi, ma le mo-dalità individuate sembrano interessanti.

Si tratta indubbiamente di forme tentative, anche per quanto riguarda il diritto, probabilmente necessarie con il prolungarsi della crisi e con l’accentuarsi di una domanda emergenziale di alloggi. Vanno monitorate per misurarne l’efficacia e gli effetti non voluti.

5. Il re-cycle urbano attiva attori e rende necessarie regole

di altro tipo. Il riciclo nella storia della città si è presentato più volte, ma oggi assume una portata diversa non solo per la quantità e diffusione del capitale fisico e sociale interes-sato, ma anche perché la crisi economica e immobiliare si intreccia con i motivi ambientali e sociali che lo rendono indifferibile: necessità di risparmiare suolo agricolo e natura-le; progressiva sostituzione delle fonti di energia fossile con altre rinnovabili; ri-forestazione, ri-permeabilizzazione e in-frastrutturazione per fronteggiare gli effetti del cambiamento climatico; adeguamenti per corrispondere a nuove esigenze abitative dovute al mutare degli stili di vita e delle popola-zioni insediate. Una molteplicità di interventi che richiede consapevolezza di quel che c’è e di quel che si può fare, un progetto per la città contemporanea che, considerando l’insieme assai diversificato degli spazi interessati (costruiti e non, a vari gradi di artificializzazione e di inquinamento), la necessità di operare riusando, togliendo, aggiungendo, trasformando in superficie e in profondità, può ben dirsi un progetto di ricostruzione del paesaggio urbano13.

13 Rinvio a P. Gabellini, La strada della resilienza, in Urbanistica per

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Il Piano strutturale di Bologna, approvato nel 2008 ma concepito anni addietro in una fase alta del ciclo espansivo, benché già orientato alla riqualificazione della città esisten-te, ha previsto alcuni ambiti di nuova urbanizzazione sui quali sono stati convogliati gli investimenti dai principali operatori locali. Decidere, come è stato fatto, di escludere questi ambiti dal Piano operativo non è stato indolore e il tentativo ripetuto di spostare gli interessi dei costruttori sulla trasformazione delle aree dismesse non ha avuto suc-cesso, probabilmente anche per mancanza di risorse da investire14.

Nell’arco di 4 anni si sono approvati un primo Poc di qualificazione diffusa, un altro di rigenerazione dei patrimoni pubblici (demaniali, ferroviari, universitari, comunali), e si è adottato un Poc per le attrezzature pubbliche e le aziende insalubri, mentre si dava attuazione al Piano d’azione per l’energia sostenibile e si costruiva un Piano di adattamento ai cambiamenti climatici15. Le scelte urbanistiche bolognesi si sono dunque polarizzate sulla trasformazione delle aree già urbanizzate, piccole, medie e grandi, private e pubbli-che, utilizzando in modo innovativo il piano operativo, con l’idea di mettere la città in condizione di poter cogliere le opportunità e, forse, di traguardare la crisi16. Si sa, infatti, che in tempi di straordinaria incertezza la tempestività di-venta un fattore economico rilevante mentre la costruzione degli strumenti urbanistici è per sua natura laboriosa e dagli esiti non scontati. L’insieme dei piani predisposti ha inteso creare le condizioni di base per attivare operazioni consi-

una diversa crescita. Progettare il territorio contemporaneo, a cura di M. Russo, Roma, Donzelli, 2014.

14 Negli ultimi anni le difficoltà economiche delle imprese, a fronte della persistenza della crisi, hanno provocato amministrazioni controllate e fallimenti.

15 Si veda V. Barbi, G. Fini e P. Gabellini (a cura di), Bologna città resiliente. Sostenibilità energetica e adattamento ai cambiamenti climatici/Bologna Resilient City. Sustainable Energy and Climate Change Adaptation, Bologna, Urban Center Bologna, 2016.

16 Un Piano operativo resta in vigore 5 anni e in questo arco di tempo deve essere predisposto un piano attuativo, quando previsto, che ha una durata di 10 anni.

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stenti e cruciali di re-cycle urbano, se e quando maturino le altre condizioni.

Il Poc è stato concepito dalla legge urbanistica regionale come strumento generalista, parente stretto del Programma pluriennale di attuazione, quindi destinato a raccogliere tutti gli interventi, pubblici e privati, urbanistici e infrastrutturali, preventivati in un arco temporale quinquennale. Gli elaborati richiesti fanno riferimento a trasformazioni del tipo «gran-de progetto urbano», presupponendo una fondamentale distinzione tra interventi urbanistici (di grande taglia) e interventi edilizi (di piccola taglia) affidati al Rue. Si tratta di una distinzione che non corrisponde più alle effettive modalità di trasformazione urbana, che invece riguardano prevalentemente aree di media taglia, con tipi di interven-to molteplici e diversi gradi di definizione possibile, che richiedono la modulazione delle valutazioni di sostenibilità (non sempre tutte quelle obbligatorie), e la modulazione dei tempi di attuazione, con proprietari e operatori che hanno differenti agende e strategie. Una complessità di situazioni che mal si accomoda con un Poc che assumeva come modello operazioni di trasformazione unitaria.

Tutto ciò ha reso necessario un lavoro di progettazione degli stessi strumenti, la loro tematizzazione e l’aggiustamento di procedure e forme documentali, con soluzioni diverse per gli interventi diffusi e quelli su grandi comparti.

Gli interventi di piccola-media taglia, oggetto specifico del Poc di qualificazione diffusa17, sono più facili da atti-vare per vari motivi: sono generalmente inseriti in contesti già dotati di urbanizzazioni e servizi, sono relativamente contenuti i capitali da investire e il ricorso al credito ban-cario, è più alta la possibilità di intercettare la domanda, solitamente l’operatore è unico. Per le grandi aree, tipica-

17 Per una sua descrizione rinvio a P. Gabellini, Capire il carattere della crisi, agire gradualmente e selettivamente, accettare la parzialità: una crisi nella crisi, in Città e politiche in tempi di crisi, a cura di L. Fregolenti e M. Savino, Milano, Angeli, 2014; Id., Temi della ricerca nel caso di Bologna, in Politiche urbanistiche e gestione del territorio. Tra esigenze del mercato e coesione sociale, a cura di P. Urbani, Torino, Giappichelli, 2015.

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mente i compendi ex demaniali ed ex ferroviari, occorre mettere in conto tempi di attuazione dilatati, prevedere la compresenza di parti già realizzate e di altre in attesa, garantendo buone condizioni di abitabilità a coloro che si insediano per primi e includendo nel progetto il divenire della trasformazione. Se poi si considera l’inquinamento, che difficilmente risparmia le aree precedentemente utiliz-zate per attività militari, ferroviarie o industriali, emerge la necessità di coordinare le procedure urbanistiche con quelle di bonifica, soprattutto di anticipare per quanto possibile la caratterizzazione dei suoli e procedere contestualmente con la definizione dell’assetto e degli usi. Lo scollamento dei due processi, infatti, può rendere il progetto di tra-sformazione inattuabile o richiederne profonde modifiche. L’entità dei costi di bonifica, inoltre, potrebbe rivelarsi tale da inficiare la sostenibilità economica dell’intervento o da richiedere rinunce sulle dotazioni di servizi e infrastrutture: il recupero della qualità di suolo e sottosuolo potrebbe non conciliarsi con il recupero di qualità urbanistica e diventare un dilemma di difficile soluzione. Forse andrebbe presa in considerazione la possibilità di includere la bonifica tra le dotazioni pubbliche, come già si è fatto per l’Ers.

Questa esperienza bolognese ha squadernato molte que-stioni e coinvolto molti soggetti. Gli attori principali dei tre Poc sono differenti18 e diversi sono e saranno i processi di attivazione. I proprietari privati di aree e immobili, soggetti cui si è rivolto il Poc di qualificazione diffusa, devono trovare un operatore interessato ad acquistare il bene; quando le

18 Per il Poc di qualificazione diffusa le manifestazioni di interesse sono state un centinaio, salvo poi ridursi nel corso del processo (nel Piano approvato le aree sono 31); il Poc di rigenerazione dei patrimoni pubblici ha portato a compimento una serie di accordi con il Demanio dello Stato (seguiti al Piano unitario di valorizzazione del 2007) per aree che nel frattempo sono state acquistate da Cassa depositi e prestiti o sono oggetto di interesse di altri fondi ministeriali, e con le Ferrovie dello Stato per la realizzazione dell’alta velocità; l’ultimo sulle attrezzature pubbliche e le aziende insalubri ha chiuso partite ugualmente aperte da tempo, relative ad ampliamenti e adeguamenti di ospedali, scuole, attrezzature sportive e alla trasformazione di aree lasciate da imprese insalubri che si sono delocalizzate o sono in procinto di farlo.

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aree sono già di operatori immobiliari potrebbe avviarsi una strategia di gestione del tempo «morto» e di trasformazio-ne per parti; quando proprietari sono i fondi immobiliari pubblici, per una amministrazione locale l’interlocuzione diventa laboriosa e le può capitare di imbattersi (impotente) nelle strategie finanziarie sovralocali. D’altro canto, però, in questo caso è più facile che si aprano possibilità per gestioni temporanee e procedure interessanti, come quella del concorso e del confronto pubblico per progettare la trasformazione.

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GLI AUTORI

Tommaso BoneTTi, ricercatore di Diritto amministrativo, Dipartimento di Scienze Giuridiche, Università di Bologna.

GiorGio CaCCiaGuerra, professore ordinario di Architettura tecnica, Dipartimento di Ingegneria Civile Ambientale e Meccanica, Università di Trento.

marCo Cammelli, professore emerito dell’Università di Bologna.

Paola CaPrioTTi, dottoranda di ricerca presso l’Università Iuav di Venezia.

maurizio CarTa, professore ordinario di Urbanistica, Dipar-timento di Architettura, Università degli Studi di Palermo.

Fulvio CorTese, professore ordinario di Diritto ammini-strativo, Facoltà di Giurisprudenza, Università di Trento.

luCa De luCia, professore ordinario di Diritto ammini-strativo, Dipartimento di Scienze Politiche, Sociali e delle Comunicazioni, Università di Salerno.

enriCo FonTanari, professore associato di Urbanistica, Dipartimento di Culture del Progetto, Università Iuav di Venezia.

PaTrizia GaBellini, professore ordinario di Urbanistica, Dipartimento di Architettura e Studi Urbani, Politecnico di Milano.

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maria Paola GaTTi, professore associato di Architettura tecnica, Dipartimento di Ingegneria Civile Ambientale e Meccanica, Università di Trento.

FeDeriCo FrenCesCo Guzzi, assegnista di ricerca presso l’Università Iuav di Venezia.

ChrisTian iaione, professore associato di Diritto pubblico nell’Università Guglielmo Marconi di Roma e coordinatore del Laboratory for the Governance of the Commons, Univer-sità Luiss di Roma.

arTuro lanzani, geografo e urbanista, professore ordinario, Dipartimento di Architettura e Studi Urbani, Politecnico di Milano.

alessia manGialarDo, dottoranda di ricerca in Estimo ed economia territoriale, Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale, Università di Padova.

ezio miCelli, professore associato di Estimo e valutazione economica del progetto, Dipartimento di Architettura Co-struzione Conservazione, Università Iuav di Venezia.

GiorGio PaGliari, senatore e professore ordinario di Diritto amministrativo, Dipartimento di Giurisprudenza, Università di Parma.

GiusePPe PiPeraTa, professore ordinario di Diritto ammini-strativo, Dipartimento di Progettazione e Pianificazione in Ambienti Complessi, Università Iuav di Venezia.

mosè riCCi, professore ordinario di Progettazione archi-tettonica, Dipartimento di Ingegneria Civile Ambientale e Meccanica, Università di Trento.

FeDeriCo zanFi, architetto e urbanista, ricercatore a tempo determinato, Dipartimento di Architettura e Studi Urbani, Politecnico di Milano.