Per uscire dalla crisi l’Onu chiede condizioni di lavoro …...amori e i nostri dolori, tutto...

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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLX n. 142 (48.466) Città del Vaticano mercoledì 24 giugno 2020 . y(7HA3J1*QSSKKM( +"!z!.!$![! y(7HA3J1*QSSKKM( +"!z!.!$![! la buona notizia Il Vangelo della XIII Domenica del Tempo ordinario (Matteo 10, 37-42) Senza difese né maschere di FRANCESCO PESCE “N on è degno di me!” È una parola grave ma è una parola vera. I nostri affetti più intimi e importanti se non si aprono ad una grande universalità, fino al mondo inte- ro, se non sono vissuti in Dio, si sclerotizzano, perdono fecondità, e addirittura la casa può trasformarsi in una prigione. Anche per questo Gesù invita a prendere la sua croce, che non significa amare il dolore, ma fare una scelta per una vita più gran- de. Vivere i nostri giorni senza difese né maschere, con i nostri amori e i nostri dolori, tutto condividendo, nella coscienza che nes- suno è degno, ma tutti siamo stati resi degni dalla croce di Cristo. Aprire la nostra famiglia, la nostra casa, i nostri confini, la nostra Chiesa ad una fraternità universale per la quale Gesù ha donato la vita. Come possiamo realizzare questa fraternità? C’è una luce al numero 19 della enciclica Laudato si’, dove il Pa- pa ci invita a compiere un passo che io definirei decisivo, necessa- rio, per comprendere veramente la realtà. Quale è questo passo?: «L’obiettivo è […] di prendere dolorosa coscienza, osare trasforma- re in sofferenza personale quello che accade al mondo». Prendere dolorosa coscienza, osare trasformare in sofferenza perso- nale è una espressione commovente e straordinaria; è una vocazione, la nostra; è servire l’uomo concretamente, è costruire la fraternità en- trandovi dentro, è per noi cristiani partecipare al Mistero Pasquale. In questo orizzonte non è bene fare una distinzione netta tra co- lui che accoglie e chi è accolto. Ogni persona che incontriamo può essere una opportunità di un dono reciproco, per accogliere Gesù e in Lui, il Padre stesso. Ogni incontro, ogni persona, porta con sé un dono particolare: accogliere, riconoscere, dare spazio al profeta come profeta e al giu- sto come giusto, significa non soltanto crescere nel nostro cammino di vita, mettendosi alla loro scuola, ma partecipare agli stessi doni. La ricompensa del profeta o quella del giusto è far parte dello stes- so dono, vorrei dire gustare l’abbondanza dei doni di Dio nelle re- lazioni tra di noi e con tutta la Creazione. Con stupore vediamo nel vangelo anche quelli che sembrano non avere nessun dono da scambiare: sono i “piccoli”, cioè i bam- bini, i poveri, gli ultimi, le persone che potrebbero darci solo il lo- ro dolore e la loro miseria, uomini e donne che secondo la “legge” non hanno né diritti né dignità. Sappiamo che il vangelo è pieno di questi piccoli. Oggi dobbiamo aprire gli occhi per tornare a ve- dere che questi piccoli sono in mezzo a noi, bussano agli avanzi dei nostri festini, e sono uno straordinario dono del Signore. Penso in particolare al fenomeno migratorio che non è affatto un esodo bi- blico; è invece una epifania, una manifestazione del Signore che ci sta parlando attraverso questi piccoli. Per ascoltarlo serve soltanto un bicchiere di acqua fresca. Superato nel mondo il tetto dei nove milioni di contagi Per uscire dalla crisi l’Onu chiede condizioni di lavoro dignitose NEW YORK, 23. «È giunto il mo- mento di coordinare l’azione globa- le, regionale e nazionale per creare condizioni di lavoro dignitose per tutti». È quanto ha dichiarato il se- gretario generale delle Nazioni Uni- te, António Guterres, rivolgendo un appello ai Paesi che stanno pianifi- cando l’uscita dalla crisi generata dal coronavirus. Per il numero uno dell’Onu il mondo del lavoro non può e non deve rimanere lo stesso dopo l’esperienza vissuta nel corso della pandemia. In questi mesi l’eco- nomia e il mondo del lavoro hanno subito stravolgimenti epocali. La so- luzione deve essere per forza di cose l’occasione per un miglioramento delle condizioni lavorative. Analizzando la situazione Guter- res ha affermato che «mentre i Paesi si affannano a trovare piani di rilan- cio non dobbiamo dimenticare che il mondo prima del covid-19 era tutt’altro che normale» e ha ricorda- to come la quotidianità fosse spesso caratterizzata da un’esacerbazione delle disuguaglianze, da una discri- minazione sistemica di genere, dalla mancanza di opportunità per i gio- vani, da salari stagnanti, e non per ultimo da un cambiamento climatico dilagante. Guterres ha aggiunto che la crisi che il mondo del lavoro sta vivendo allo stato attuale, non fa altro che riaccendere un focolaio già ardente di malcontento e ansia. L’aumento sfrenato della disoccupazione, so- prattutto per le fasce più vulnerabili della popolazione mondiale, e la perdita di reddito sopraggiunta con la pandemia «erodono ulteriormente la coesione sociale e destabilizzano i Paesi e le regioni, socialmente, poli- ticamente ed economicamente». Dal Palazzo di Vetro ha indicato tre fronti su cui è necessario agire per sostenere i lavoratori, le imprese e il reddito a rischio per evitare chiusure e perdite di posti di lavoro. Dopo la revoca delle misure di contenimento dovranno essere garantiti posti di la- voro sicuri dal punto di vista sanita- rio. Pensare, infine, ad una ripresa verde, sostenibile, inclusiva e incen- trata sull’uomo. Tale ripresa dovrà sfruttare il potenziale delle nuove tecnologie per creare posti di lavoro dignitosi per tutti. Intanto a livello globale la pande- mia di coronavirus «continua ad ac- celerare». Nelle ultime 24 ore il nu- mero totale di contagi nel mondo ha superato la soglia dei nove milioni. Se per arrivare al primo milione di casi sono stati necessari più di tre mesi, negli ultimi due mesi e mezzo sono stati registrati i rimanenti otto milioni, una media di un milione di nuove infezioni ogni otto giorni. Lo ha evidenziato ieri il direttore gene- rale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), l’etiope Tedros Adhanom Ghebreyesus, sottolinean- do che la pandemia di covid-19 «è molto più di una crisi sanitaria, è una crisi economica, sociale e, in molti paesi, politica. I suoi effetti si faranno sentire per decenni». Annunciato il cessate il fuoco tra governo e separatisti del sud Spiragli di dialogo nello Yemen SANAA, 23. La coalizione militare internazionale a guida saudita in Yemen ha annunciato oggi un ces- sate il fuoco tra il governo yemeni- ta e le formazioni dei ribelli sepa- ratisti del sud del Paese che aveva- no dichiarato l’autogoverno dopo una serie di conquiste militari. Il portavoce della coalizione, Turki Al-Maliki, ha dichiarato che il go- verno yemenita, sostenuto dal- l’Onu e da Riad, e le formazioni separatiste «terranno nuovi collo- qui in Arabia Saudita per discutere della tregua». L’annuncio è arrivato dopo che, nel fine settimana scorso, i separa- tisti hanno preso il controllo dell’isola di Socotra, situata vicino alle rotte marittime strategiche e fa- mosa per la sua biodiversità, dopo aver espulso le forze governative. «La coalizione accoglie con favore la risposta del governo legittimo dello Yemen e del Consiglio di transizione meridionale (le forma- zioni separatiste, ndr) alla richiesta di un cessate il fuoco globale e di una riunione da convocare nel re- gno» ha detto il portavoce Maliki in una dichiarazione diffusa sui media statali. È ancora presto per dire se il cessate il fuoco sarà un passo in avanti concreto per mettere fine a un conflitto che dura ormai da quasi cinque anni e che ha provo- cato conseguenze disastrose sul piano umanitario. Va detto che i separatisti del sud e il governo ye- menita del presidente Hadi sono teoricamente alleati nella lotta con- tro i ribelli huthi. Lo scontro tra essi rappresenta una «guerra all’in- terno di una guerra» estremamente dannosa nel paese più povero della penisola arabica. Il sud era un pae- se indipendente prima dell’unifica- zione nel 1990; il sentimento sepa- ratista rimane forte. Il Consiglio di transizione meridionale ha dichia- rato l’autogoverno il 26 aprile scor- so, accusando il governo del presi- dente Hadi di non aver adempiuto ai suoi doveri. Alla fine del 2019, era stato raggiunto un accordo per una ripartizione dei poteri nel sud del Paese. Tuttavia, l’intesa finora è rimasta soltanto sulla carta. Come detto, lo scontro tra go- verno e separatisti rientra in un conflitto più vasto che deve oppor- si la coalizione a guida saudita e i ribelli huthi. Proprio oggi la coali- zione ha detto di aver intercettato tre missili lanciati dal territorio ye- menita contro l’Arabia Saudita. Po- co dopo i ribelli huthi hanno ri- vendicato il lancio. Manifestanti cercano di abbattere la statua del presidente Jackson Scontri davanti alla Casa Bianca WASHINGTON, 23. Attimi di confusione e paura, ieri, davanti alla Casa Bianca. Oltre cento manifestanti han- no cercato di abbattere la statua del presidente Andrew Jackson. L’intervento delle forze dell’ordine è stato im- mediato. La statua di Jackson si trova a Lafayette Square, nei pressi dell’edificio presidenziale. Jackson è accusato di essere stato uno dei principali artefici della deportazione dei nativi americani. La statua è da giorni uno dei bersagli della rabbia dei manifestanti che da quasi un mese invadono le strade americane per prote- stare per la morte di George Floyd, l’afroamericano uc- ciso da un agente bianco a Minneapolis. Sono già fini- te nel mirino molte altre statue sparse negli Stati Uniti. L’ultima in ordine temporale è quella di Teddy Roose- velt. Intanto, ha suscitato scalpore e indignazione la notizia che uno degli agenti coinvolti nella morte di Floyd è libero su cauzione. Alexander Keung, 26 anni, è stato rilasciato dalla prigione della contea di Henne- pin venerdì scorso in seguito al pagamento di una cau- zione 750.000 dollari. Certe critiche all’attuale pontificato contestano il Vaticano II Lo sviluppo della dottrina è la fedeltà nella novità OSPEDALE DA CAMPO PAGINA 8 Nessuno è nato schiavo GIULIO ALBANESE A PAGINA 2 A cinquant’anni dalla nascita della Pontificia Facoltà Auxilium La passione dell’educare GRAZIA LOPARCO A PAGINA 4 Equivoci, storie e rappresentazioni Maddalena la grande SERGIO MASSIRONI A PAGINA 5 A venticinque anni dalla «Orientale lumen» In realtà vicinissimi ALDINO CAZZAGO A PAGINA 6 ALLINTERNO Un lavoratore compila una richiesta di impiego in una fabbrica di Ciudad Juarez, in Messico (Reuters) Alcune critiche di carattere dottri- nale all’attuale pontificato stanno mostrando una graduale ma sempre più netta presa di distanza dal con- cilio Vaticano II. Non da una certa interpretazione di alcuni testi, ma dai testi conciliari stessi. Alcune let- ture che insistono nel contrapporre Papa Francesco ai suoi immediati predecessori finiscono così per criti- care apertamente anche san Gio- vanni Paolo II e Benedetto XVI o comunque fanno passare sotto si- lenzio alcuni aspetti fondamentali del loro ministero che rappresenta- no evidenti sviluppi dell’ultimo concilio. Un esempio di quanto appena detto è stato, di recente, il 25 o anni- versario dell’enciclica Ut unum sint nella quale Papa Wojtyła afferma che l’impegno ecumenico e il dialo- go con i non cattolici sono una priorità della Chiesa. SERGIO CENTOFANTI A PAGINA 7 NOSTRE INFORMAZIONI Il Santo Padre ha accettato la ri- nuncia al governo pastorale del- l’Arcidiocesi Metropolitana di Cagayan de Oro (Filippine), pre- sentata da Sua Eccellenza Monsi- gnor Antonio J. Ledesma, SI. Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale del- la Diocesi di Carora (Venezuela), presentata da Sua Eccellenza Monsignor Luis Armando Tineo Rivera. Provvista di Chiesa Il Santo Padre ha nominato Ar- civescovo Metropolita di Cagayan de Oro (Filippine) Sua Eccellen- za Monsignor Jose A. Cabantan, trasferendolo dalla Sede vescovile di Malaybalay. Dio ci ha creato per la comunione, per la fraternità, ed ora più che mai si è dimostrata illusoria la pretesa di puntare tutto su sé stessi, di porre l’individualismo alla base della società. Ma stiamo attenti! Appena passata l’emergenza, è facile ricadere in questa illusione. (@Pontifex_it)

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L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSO

Non praevalebunt

Anno CLX n. 142 (48.466) Città del Vaticano mercoledì 24 giugno 2020

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izia Il Vangelo della XIII Domenica del Tempo ordinario (Matteo 10, 37-42)

Senza difese né maschere

di FRANCESCO PESCE

“Non è degno di me!” È una parola grave ma è una parolavera. I nostri affetti più intimi e importanti se non siaprono ad una grande universalità, fino al mondo inte-

ro, se non sono vissuti in Dio, si sclerotizzano, perdono fecondità,e addirittura la casa può trasformarsi in una prigione.

Anche per questo Gesù invita a prendere la sua croce, che nonsignifica amare il dolore, ma fare una scelta per una vita più gran-de. Vivere i nostri giorni senza difese né maschere, con i nostriamori e i nostri dolori, tutto condividendo, nella coscienza che nes-suno è degno, ma tutti siamo stati resi degni dalla croce di Cristo.Aprire la nostra famiglia, la nostra casa, i nostri confini, la nostraChiesa ad una fraternità universale per la quale Gesù ha donato lavita. Come possiamo realizzare questa fraternità?

C’è una luce al numero 19 della enciclica Laudato si’, dove il Pa-pa ci invita a compiere un passo che io definirei decisivo, necessa-rio, per comprendere veramente la realtà. Quale è questo passo?:«L’obiettivo è […] di prendere dolorosa coscienza, osare trasforma-re in sofferenza personale quello che accade al mondo».

Prendere dolorosa coscienza, osare trasformare in sofferenza perso-nale è una espressione commovente e straordinaria; è una vocazione,la nostra; è servire l’uomo concretamente, è costruire la fraternità en-trandovi dentro, è per noi cristiani partecipare al Mistero Pasquale.

In questo orizzonte non è bene fare una distinzione netta tra co-lui che accoglie e chi è accolto. Ogni persona che incontriamo puòessere una opportunità di un dono reciproco, per accogliere Gesù ein Lui, il Padre stesso.

Ogni incontro, ogni persona, porta con sé un dono particolare:accogliere, riconoscere, dare spazio al profeta come profeta e al giu-sto come giusto, significa non soltanto crescere nel nostro camminodi vita, mettendosi alla loro scuola, ma partecipare agli stessi doni.La ricompensa del profeta o quella del giusto è far parte dello stes-so dono, vorrei dire gustare l’abbondanza dei doni di Dio nelle re-lazioni tra di noi e con tutta la Creazione.

Con stupore vediamo nel vangelo anche quelli che sembranonon avere nessun dono da scambiare: sono i “piccoli”, cioè i bam-bini, i poveri, gli ultimi, le persone che potrebbero darci solo il lo-ro dolore e la loro miseria, uomini e donne che secondo la “legge”non hanno né diritti né dignità. Sappiamo che il vangelo è pienodi questi piccoli. Oggi dobbiamo aprire gli occhi per tornare a ve-dere che questi piccoli sono in mezzo a noi, bussano agli avanzi deinostri festini, e sono uno straordinario dono del Signore. Penso inparticolare al fenomeno migratorio che non è affatto un esodo bi-blico; è invece una epifania, una manifestazione del Signore che cista parlando attraverso questi piccoli. Per ascoltarlo serve soltantoun bicchiere di acqua fresca.

Superato nel mondo il tetto dei nove milioni di contagi

Per uscire dalla crisi l’Onu chiedecondizioni di lavoro dignitose

NEW YORK, 23. «È giunto il mo-mento di coordinare l’azione globa-le, regionale e nazionale per crearecondizioni di lavoro dignitose pertutti». È quanto ha dichiarato il se-gretario generale delle Nazioni Uni-te, António Guterres, rivolgendo unappello ai Paesi che stanno pianifi-cando l’uscita dalla crisi generata dalcoronavirus. Per il numero unodell’Onu il mondo del lavoro nonpuò e non deve rimanere lo stessodopo l’esperienza vissuta nel corsodella pandemia. In questi mesi l’eco-nomia e il mondo del lavoro hannosubito stravolgimenti epocali. La so-luzione deve essere per forza di cose

l’occasione per un miglioramentodelle condizioni lavorative.

Analizzando la situazione Guter-res ha affermato che «mentre i Paesisi affannano a trovare piani di rilan-cio non dobbiamo dimenticare che il

mondo prima del covid-19 eratutt’altro che normale» e ha ricorda-to come la quotidianità fosse spessocaratterizzata da un’esacerbazionedelle disuguaglianze, da una discri-minazione sistemica di genere, dalla

mancanza di opportunità per i gio-vani, da salari stagnanti, e non perultimo da un cambiamento climaticodilagante.

Guterres ha aggiunto che la crisiche il mondo del lavoro sta vivendoallo stato attuale, non fa altro cheriaccendere un focolaio già ardentedi malcontento e ansia. L’aumentosfrenato della disoccupazione, so-prattutto per le fasce più vulnerabilidella popolazione mondiale, e laperdita di reddito sopraggiunta conla pandemia «erodono ulteriormentela coesione sociale e destabilizzano iPaesi e le regioni, socialmente, poli-ticamente ed economicamente». D alPalazzo di Vetro ha indicato trefronti su cui è necessario agire persostenere i lavoratori, le imprese e ilreddito a rischio per evitare chiusuree perdite di posti di lavoro. Dopo larevoca delle misure di contenimentodovranno essere garantiti posti di la-voro sicuri dal punto di vista sanita-rio. Pensare, infine, ad una ripresaverde, sostenibile, inclusiva e incen-trata sull’uomo. Tale ripresa dovràsfruttare il potenziale delle nuovetecnologie per creare posti di lavorodignitosi per tutti.

Intanto a livello globale la pande-mia di coronavirus «continua ad ac-celerare». Nelle ultime 24 ore il nu-mero totale di contagi nel mondo hasuperato la soglia dei nove milioni.Se per arrivare al primo milione dicasi sono stati necessari più di tremesi, negli ultimi due mesi e mezzosono stati registrati i rimanenti ottomilioni, una media di un milione dinuove infezioni ogni otto giorni. Loha evidenziato ieri il direttore gene-rale dell’Organizzazione mondialedella sanità (Oms), l’etiope TedrosAdhanom Ghebreyesus, sottolinean-do che la pandemia di covid-19 «èmolto più di una crisi sanitaria, èuna crisi economica, sociale e, inmolti paesi, politica. I suoi effetti sifaranno sentire per decenni».

Annunciato il cessate il fuoco tra governo e separatisti del sud

Spiragli di dialogonello Yemen

SANA’A, 23. La coalizione militareinternazionale a guida saudita inYemen ha annunciato oggi un ces-sate il fuoco tra il governo yemeni-ta e le formazioni dei ribelli sepa-ratisti del sud del Paese che aveva-no dichiarato l’autogoverno dopouna serie di conquiste militari. Ilportavoce della coalizione, TurkiAl-Maliki, ha dichiarato che il go-verno yemenita, sostenuto dal-l’Onu e da Riad, e le formazioniseparatiste «terranno nuovi collo-qui in Arabia Saudita per discuteredella tregua».

L’annuncio è arrivato dopo che,nel fine settimana scorso, i separa-tisti hanno preso il controllodell’isola di Socotra, situata vicinoalle rotte marittime strategiche e fa-mosa per la sua biodiversità, dopoaver espulso le forze governative.«La coalizione accoglie con favorela risposta del governo legittimodello Yemen e del Consiglio ditransizione meridionale (le forma-zioni separatiste, ndr) alla richiestadi un cessate il fuoco globale e diuna riunione da convocare nel re-gno» ha detto il portavoce Malikiin una dichiarazione diffusa suimedia statali.

È ancora presto per dire se ilcessate il fuoco sarà un passo inavanti concreto per mettere fine aun conflitto che dura ormai daquasi cinque anni e che ha provo-cato conseguenze disastrose sulpiano umanitario. Va detto che iseparatisti del sud e il governo ye-menita del presidente Hadi sonoteoricamente alleati nella lotta con-tro i ribelli huthi. Lo scontro traessi rappresenta una «guerra all’in-terno di una guerra» estremamentedannosa nel paese più povero dellapenisola arabica. Il sud era un pae-se indipendente prima dell’unifica-zione nel 1990; il sentimento sepa-ratista rimane forte. Il Consiglio ditransizione meridionale ha dichia-rato l’autogoverno il 26 aprile scor-

so, accusando il governo del presi-dente Hadi di non aver adempiutoai suoi doveri. Alla fine del 2019,era stato raggiunto un accordo peruna ripartizione dei poteri nel suddel Paese. Tuttavia, l’intesa finora èrimasta soltanto sulla carta.

Come detto, lo scontro tra go-verno e separatisti rientra in unconflitto più vasto che deve oppor-si la coalizione a guida saudita e iribelli huthi. Proprio oggi la coali-zione ha detto di aver intercettatotre missili lanciati dal territorio ye-menita contro l’Arabia Saudita. Po-co dopo i ribelli huthi hanno ri-vendicato il lancio.

Manifestanti cercano di abbattere la statua del presidente Jackson

Scontri davanti alla Casa BiancaWASHINGTON, 23. Attimi di confusione e paura, ieri,davanti alla Casa Bianca. Oltre cento manifestanti han-no cercato di abbattere la statua del presidente AndrewJackson. L’intervento delle forze dell’ordine è stato im-mediato. La statua di Jackson si trova a LafayetteSquare, nei pressi dell’edificio presidenziale. Jackson èaccusato di essere stato uno dei principali artefici delladeportazione dei nativi americani. La statua è da giorniuno dei bersagli della rabbia dei manifestanti che daquasi un mese invadono le strade americane per prote-stare per la morte di George Floyd, l’afroamericano uc-ciso da un agente bianco a Minneapolis. Sono già fini-te nel mirino molte altre statue sparse negli Stati Uniti.L’ultima in ordine temporale è quella di Teddy Roose-velt. Intanto, ha suscitato scalpore e indignazione lanotizia che uno degli agenti coinvolti nella morte diFloyd è libero su cauzione. Alexander Keung, 26 anni,è stato rilasciato dalla prigione della contea di Henne-pin venerdì scorso in seguito al pagamento di una cau-zione 750.000 dollari.

Certe critiche all’attuale pontificato contestano il Vaticano II

Lo sviluppo della dottrinaè la fedeltà nella novità

OSPEDALE DA CAMPO

PAGINA 8

Nessunoè nato schiavo

GIULIO ALBANESE A PA G I N A 2

A cinquant’anni dalla nascitadella Pontificia Facoltà Auxilium

La passionedell’e d u c a re

GRAZIA LO PA R C O A PA G I N A 4

Equivoci, storie e rappresentazioni

Maddalena la grande

SERGIO MASSIRONI A PA G I N A 5

A venticinque annidalla «Orientale lumen»

In realtà vicinissimi

ALDINO CAZZAGO A PA G I N A 6

ALL’INTERNO

Un lavoratore compila una richiesta di impiegoin una fabbrica di Ciudad Juarez, in Messico (Reuters)

Alcune critiche di carattere dottri-nale all’attuale pontificato stannomostrando una graduale ma sempre

più netta presa di distanza dal con-cilio Vaticano II. Non da una certainterpretazione di alcuni testi, madai testi conciliari stessi. Alcune let-ture che insistono nel contrapporrePapa Francesco ai suoi immediatipredecessori finiscono così per criti-care apertamente anche san Gio-vanni Paolo II e Benedetto XVI ocomunque fanno passare sotto si-lenzio alcuni aspetti fondamentalidel loro ministero che rappresenta-no evidenti sviluppi dell’ultimoconcilio.

Un esempio di quanto appenadetto è stato, di recente, il 25o anni-versario dell’enciclica Ut unum sintnella quale Papa Wojtyła affermache l’impegno ecumenico e il dialo-go con i non cattolici sono unapriorità della Chiesa.

SERGIO CE N T O FA N T I A PA G I N A 7

NOSTRE INFORMAZIONI

Il Santo Padre ha accettato la ri-nuncia al governo pastorale del-l’Arcidiocesi Metropolitana diCagayan de Oro (Filippine), pre-sentata da Sua Eccellenza Monsi-gnor Antonio J. Ledesma, SI.

Il Santo Padre ha accettato larinuncia al governo pastorale del-la Diocesi di Carora (Venezuela),presentata da Sua Eccellenza

Monsignor Luis Armando TineoRivera.

Provvista di ChiesaIl Santo Padre ha nominato Ar-

civescovo Metropolita di Cagayande Oro (Filippine) Sua Eccellen-za Monsignor Jose A. Cabantan,trasferendolo dalla Sede vescoviledi Malaybalay.

Dio ci ha creatoper la comunione,

per la fraternità, ed ora piùche mai si è dimostrata

illusoria la pretesa di puntaretutto su sé stessi,

di porre l’individualismoalla base della società.

Ma stiamo attenti!Appena passata l’e m e rg e n z a ,

è facile ricaderein questa illusione.

(@Pontifex_it)

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 2 mercoledì 24 giugno 2020

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A Vienna i colloqui tra Stati Uniti e Russia

Negoziatisul New Start

VIENNA, 23. Proseguono anche og-gi a Vienna i colloqui tra StatiUniti e Russia sul disarmo nuclea-re. I negoziati si tengono a ottomesi dalla scadenza del trattatoNew Start (5 febbraio 2021), l’uni-co accordo tra i due Paesi ancorain vigore per la riduzione degli ar-senali nucleari strategici. Il trattatoNew Start limita a 800 i vettori peril lancio di missili strategici e a1.550 le testate nucleari dislocabili.

Gli Stati Uniti hanno dichiaratoche i loro accordi bilaterali con laRussia sul controllo degli arma-menti sono obsoleti e hanno auspi-cato che la Cina venga inclusa inqualsiasi futura intesa sulle arminucleari, anche se il Governo Pe-chino ha ripetutamente sostenutodi non essere interessato ad aderire.Un esperto di sicurezza russo hadichiarato ai media statali primadella riunione che è improbabileche gli Stati Uniti prolunghinol’accordo New Start se la Cina nonsarà al tavolo delle trattative.

All’inizio dei colloqui, gli StatiUniti hanno pubblicato la fotogra-fia di una sedia vuota al tavolo deinegoziati con la bandiera cinese,anche se Pechino aveva già rifiuta-to l’invito a partecipare. «La Cina

non si presenta», ha scritto l’invia-to speciale statunitense a Vienna,Marshall Billingslea. «Andremoavanti lo stesso con la Russia», haaggiunto. «E' arte performativaamericana?», ha risposto la missio-ne cinese nella capitale austriaca.

Al di là delle schermaglie dialet-tiche, il dialogo in questione è sta-to richiesto da Washington, che harifiutato la proposta del Cremlinodi rinnovare automaticamente iltrattato New Start, firmato a Mo-sca nel 2010 dagli allora presidentistatunitense, Barack Obama, e rus-so, Dmitrij Medvedev.

Il testo fondamentale limita a1.550 per parte il numero di testatedi Washington e Mosca possonodetenere oltre a stabilire il limite dimissili balistici intercontinentali, disottomarini nucleari lanciamissili edi bombardieri pesanti contempo-raneamente operativi in loro pos-sesso. A rifiutare il rinnovo auto-matico è stato il presidente DonaldTrump, deciso ad allargare il tratta-to con Mosca anche alla Cina, perrenderlo trilaterale. Una opzionegià respinta da Pechino in diverseoccasioni, come ribadito anche direcente dal portavoce del ministerodegli Esteri cinese.

Nella Repubblica Democratica del Congo

Strage di civili

Tre morti nell’attentatodavanti alla base turca a Mogadiscio

L’Europa cercail compromesso

sul Recovery fund

BRUXELLES, 23. Nonostante le po-sizioni siano ancora distanti, l’Eu-ropa è alla ricerca di un compro-messo sul Recovery fund, il pianoper aiutare i Paesi più colpitidall’emergenza economica causatadal covid-19. Dopo il primo verticeinterlocutorio della scorsa settima-na — dove Austria, Paesi Bassi, Da-nimarca, Svezia hanno confermatol’opposizione al progetto di pianoUe da 750 miliardi di euro — sistanno intensificando nelle ultimeore i negoziati per dipanare la ma-tassa.

Secondo il ministro degli Esteritedesco, Heiko Maas, Paesi Bassi eAustria avrebbero ammorbidito laloro posizione. «La domanda ènon sè, ma come», ha precisato.«Il nostro compito più urgente èavere una ripartenza economica vi-gorosa in Europa — ha aggiuntoMaas — e questa sarà la massimapriorità» del semestre di presidenzatedesco, che inizia il primo luglio.

I riflettori sono ora puntati sulpresidente del Consiglio europeo.Al belga Charles Michel spetta in-fatti il difficile compito di metterea punto, e inviare alle cancelleriedei 27, una nuova proposta che,pur conservando i punti cardine diquella presentata a maggio dallaCommissione, possa rappresentareuna valida base di partenza perraggiungere un compromesso.

Intanto, oggi, il presidente fran-cese, Emmanuel Macron, saràall’Aja per un colloquio con il pri-mo ministro olandese, Mark Rutte.

di GIULIO ALBANESE

La feroce uccisione dell’a f ro a -mericano George Floyd, avve-nuta alcune settimane fa negli

Stati Uniti, oltre a scatenare prote-ste, anche violente in alcune cittàamericane, ha sollevato un acceso di-

Marshall Billingslea inviato speciale statunitense a Vienna (Afp)

battito sulla questione del razzismo esulle sue radici. In una lettera a no-me di 54 paesi dell’Africa, l’amba-sciatore del Burkina Faso presso ilConsiglio dei diritti umani delle Na-zioni Unite (Unhrc) a Ginevra hapresentato ufficialmente, la scorsasettimana, una richiesta, accolta poidalla presidenza, per discutere urgen-temente del razzismo e della violenzadella polizia nel contesto della mobi-litazione mondiale seguita alla mortedi Floyd.

Sta di fatto che per comprenderela fenomenologia del razzismo, conparticolare riferimento ai patimentisubiti dalle popolazioni afro, può es-sere utile qualche rapido cenno allasua principale fonte: lo schiavismo.Si tratta dell’assoggettamento di ma-nodopera a costo zero, noto nellastoria millenaria del continente afri-cano, incentrato sull’opp osizioneideologica civiltà/barbarie, superio-re/inferiore e identità/alterità. Essoevoca solitamente nell’immaginarionostrano bastimenti carichi di uomi-ni ridotti a merce, a bordo di navinegriere che solcavano l’O ceanoAtlantico, deportando schiavi in ca-tene. In effetti, il trasferimento for-zato di milioni d’africani dalle costedel Golfo di Guinea, fino alle colo-nie europee nelle Americhe — di cuiperaltro Floyd era discendente — fupreceduto, accompagnato e per certiversi, addirittura superato nel tempoda una seconda tratta, meno cono-sciuta, ma certamente altrettanto fe-roce. Stiamo parlando della rotta at-traverso il deserto del Sahara e le re-gioni dell’Africa Orientale, verso ilMaghreb, l’Egitto, il Medio Orientee l’Oceano Indiano. Testimonianzestoriche indicano che già nel secon-do millennio avanti Cristo, gli egiziricevevano dalla Nubia (regione set-tentrionale del moderno Sudan)gruppi di prigionieri afro che veniva-no ridotti in schiavitù. Per non par-lare della dominazione romana inAfrica che determinò un rilevantecommercio di schiavi, utilizzati comemanodopera, soprattutto nelle cam-pagne, negli immensi latifondi deiricchi proprietari terrieri che li sfrut-tavano al posto di contadini liberi esalariati. Nei secoli successivi, all’ini-zio dell’epopea coloniale, il fenome-no gradualmente riprese con una suaprecisa connotazione. Infatti, a diffe-renza di quanto avvenne nelle Ame-riche, la potenza degli stati autocto-ni africani fu tale da scoraggiare sinoall’epoca della rivoluzione industria-le, all’incirca il XIX secolo, qualsiasiconquista su scala continentale.

Contrariamente a quanto comune-mente si pensa, gli insediamenti por-toghesi lungo le coste africane nonfurono che un primo tentativo di pe-

netrazione; la colonizzazione vera epropria si avrà solo nell’O ttocento,grazie anche alle spedizioni di innu-merevoli esploratori e missionari eu-ropei. A ciò si aggiunga che i sovra-ni africani dai quali i negrieri acqui-starono la merce umana, a partiredalla fine del Quattrocento, gover-navano imperi più vasti di qualsiasimoderna nazione europea. La merceprincipale di scambio era il prezioso“legno d’ebano”: così venivano chia-mati in codice gli schiavi, unitamen-te alle armi da fuoco che giocaronoun ruolo di primo piano, come oggid’altronde, per la conquista e il con-trollo del potere. Alla fine del Sei-cento, ad esempio, si impose il po-tente stato degli Ashanti sotto laguida carismatica di Osei Tutu: que-sto regno estese il suo controllo lun-go tutte le coste degli odierni statidel Ghana e della Costa d’Avorio.Quello degli Ashanti fu certamenteil più potente degli stati che si svi-lupparono tra la fine del Quattro-cento e l’Ottocento sulla dorsaleatlantica, dalla foce del Senegal sinoai confini occidentali del Camerun.Questi governi autoctoni africani siconsolidarono fortemente con l’in-tensificarsi degli scambi commercialicon l’Europa; naturalmente gli schia-vi erano la merce più pregiata. Adesercitare il potere erano classi ege-moni, a volte dinastie, che aveva ailoro ordini un apparato militare euno burocratico capace di riscuoteree amministrare le imposte dei suddi-ti. È vero che l’organizzazione politi-ca dei regni africani non si estese inmodo uniforme su tutto il continen-te, vista anche la moltitudine di “sta-ti senza stato”, cioè piccoli gruppitribali di agricoltori senza norme sta-tuarie. Ma è anche vero che si con-solidò gradualmente un rapporto traAfrica ed Europa dovuto ai crescentiscambi commerciali. Non v’è dubbioche lo schiavismo fu una vergognaper tutti: per i mercanti europei, inegrieri, che comprarono senza scru-poli la merce umana e per i capiafricani che barattarono milioni di

giovani con rhum, acquavite, polvereda sparo e fucili. Ma queste élite pa-garono esse stesse un prezzo altissi-mo poiché furono schiacciate a unaa una dalle potenze coloniali: l’ulti-mo sovrano degli Ashanti si arresenel 1896 a un corpo di spedizionevenuto dal mare per fare del suo re-gno una colonia della Corona bri-tannica.

Per quanto concerne l’altro ver-sante dell’Africa, quella orientale, èancora oggi scioccante leggere la te-stimonianza del Capitano Moresby,ufficiale della Marina di Sua MaestàBritannica per comprendere le vicis-situdini a cui vennero sottoposti mi-lioni d’innocenti. «I neri sono am-mucchiati nella stiva del battello co-me merce sciolta» scriveva l’ufficiale,precisando che «la prima fila di per-sone, una accanto all’altra, viene si-stemata sul fondo dello scafo. Sopra,è posta una piattaforma, sulla qualeviene sistemata una seconda fila, e

così via, fin sotto la coperta dell’im-barcazione. Si hanno notizie di bat-telli partiti da Kilwa con 200-400schiavi ed arrivati 10 giorni dopo aZanzibar con solo una decina di vi-vi». Il suo diario è una delle provepiù sconvolgenti della brutalità dellatratta degli schiavi nell’Africa orien-tale tre secoli fa. Non mancarono,naturalmente, anche voci di denun-cia come quella dell’esploratore emissionario scozzese David Livin-gstone (1813-1873). «Se si vuole esse-re sinceri — scrisse — devo ammette-re che non mi sarebbe possibile am-pliare anche minimamente le dimen-sioni di questo male: quando si parladi questo infame commercio, risultasemplicemente impossibile esagerare!Lo spettacolo che ho avuto sotto gliocchi è stato orribile!». Il santo Da-niele Comboni, padre della Chiesacattolica sudanese (1831-1881) gli feceeco, denunciando che «l’ab olizionedello schiavismo, deciso dalle poten-ze europee a Parigi nel 1856, è lette-ra morta per l’Africa Centrale». An-cora oggi, al centro della capitalesierraleonese, Freetown, svetta il“Cotton tree”, un albero maestoso esecolare attorno al quale veniva ra-dunata quella negritudine dolente,proveniente dall’entroterra, per esse-re vilmente venduta ai negrieri euro-pei o d’oltre oceano. Per questo pae-se il “Cotton Tree” è diventato ilsimbolo della libertà riconquistatada un popolo costretto per secoli asubire indicibili umiliazioni. Fu pro-prio in coincidenza con l’ab olizionedell’ignobile tratta che la Corona diSua Maestà Britannica decise d’in-viare in questa terra le popolazioniafro che avevano finalmente ottenu-to la libertà. Con grande entusia-smo, nel 1787, il filantropo ingleseGranville Sharp ribattezzò la regione“The Province of Freedom”. Lenta-mente, poi, a partire dal 1896 venne-ro annessi amministrativamente an-che i territori dell’interno, che for-meranno lo Stato moderno dellaSierra Leone. Una cosa è certa: co-me ebbe a scrivere il grande e indi-menticabile Nelson Mandela, «nes-suno è nato schiavo, né signore, néper vivere in miseria, ma tutti siamonati per essere fratelli».

MO GADISCIO, 23. Almeno due civilisono rimasti uccisi in un attaccosferrato, stamattina, nella capitaledella Somalia da un attentatore sui-cida davanti alla più grande basemilitare turca all’estero. Lo rendenoto l’agenzia ufficiale turca Anado-lu. L’attacco, che ha causato in tuttotre morti compreso l’attentatore, nonè stato sinora rivendicato. L’esplo-sione è avvenuta — riferisce un por-tavoce del governo somalo — quan-do gli agenti incaricati della sicurez-za della base hanno aperto il fuococontro l’attentatore che stava cercan-

do di entrare nella base, spacciando-si per una recluta dell’accademia mi-litare turco-somala. Il portavoce haconfermato che non ci sono morti néferiti fra i soldati somali e fra i citta-dini turchi.

Intanto, un passo avanti è statodato in Somalia per una adeguatarappresentatività delle donne nellapolitica del Paese. La Camera bassadel Parlamento ha approvato, ieri,una legge che garantisce alle donneil 30 per cento dei seggi in entrambii rami parlamentari. Lo riporta Bbc.

KINSHASA, 23. Le violenze nellaRepubblica Democratica del Con-go continuano a diffondersi con di-sastrose ripercussioni per la popo-lazione civile. Almeno 19 civili so-no stati uccisi nell’est del Paese inseguito a una serie di attacchi, av-venuti nel fine settimana, attribuitial gruppo armato delle Forze de-mocratiche alleate (Adf). Lo rendo-no noto fonti della sicurezza, citatedai media locali. Tra le vittime cisono anche due bambini.

I corpi di nove persone, rapitevenerdì scorso da Adf, sono stati ri-trovati nella provincia del NordKivu, che confina con il Ruanda.Separatamente, nella vicina provin-cia dell’Ituri, la milizia ribelle haattaccato sabato il villaggio di Bu-kaka, uccidendo dieci civili. Le vit-time — ha specificato un leader delvillaggio — sono cinque uomini, tredonne e due bambini. «Alcuni so-no stati uccisi con machete e altricon armi da fuoco», ha aggiunto.In un altro blitz avvenuto sabatoscorso a Fizi, nella provincia delSud Kivu, uomini appartenenti auna «coalizione di gruppi armati»hanno attaccato un’unità dell’eser-cito uccidendo due soldati, secon-do quanto affermato da un porta-voce militare locale.

Il gruppo armato Adf è accusatodi aver ucciso oltre 400 civili negliultimi sei mesi, come rappresagliaall’offensiva militare lanciatadall’esercito di Kinshasa lo scorso30 ottobre, contro le sue basi ubi-cate nelle foreste intorno alla regio-ne di Beni. L’esercito, infatti, haavviato l’anno scorso una campa-

gna contro l’Adf, ritenuto respon-sabile di decine di attacchi nella re-gione, connotata anche da scontriintercomunitari. Fondate in Ugan-da per rovesciare le autorità diKampala, le Adf si sono in seguitostabilite nell’est della RepubblicaDemocratica del Congo a metà de-gli anni Novanta, da dove condu-cono frequenti attacchi in territoriocongolese.

Secondo l’ultimo rapportodell’Alto commissariato delle Na-

zioni Unite per i diritti umani(Ohcrh), circa 1.300 civili sono ri-masti uccisi, negli ultimi 8 mesi,nei conflitti in corso in tutto il Pae-se, mentre più di mezzo milione dipersone risultano sfollate a causadella violenza. Michele Bachelet, acapo dell’Ohcrh, recentemente haavvertito che alcuni attacchi indi-scriminati e massacri «possonoequivalere a crimini contro l’umani-tà e crimini di guerra».

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L’OSSERVATORE ROMANOmercoledì 24 giugno 2020 pagina 3

Alla manifestazione organizzata dall’Autorità palestinese anche alcuni diplomatici

In migliaia a Gericocontro le annessioni israeliane

Un’iniziativa di solidarietà a favore delle popolazioni amazzoniche

Il virus non cede in America LatinaC o n f e re n z a

dei Paesi donatoriper la Siria

DA M A S C O, 23. «I siriani hannosofferto per troppo tempo. Doponove anni di conflitto, c’è il ri-schio che il mondo diventi im-mune ai resoconti di sofferenzeinaccettabili e inutili, ma nonpossiamo permettere che ciò ac-cada, non possiamo ignorare laloro condizione. È nostro doveremorale continuare a sostenere ilpopolo siriano». Queste le paroleusate oggi dall’Alto rappresen-tante Ue per la politica estera edi sicurezza comune Josep Bor-rell annunciando che fino al 30giugno l’Unione europea ospitala quarta conferenza internazio-nale dei Paesi donatori per la Si-ria. L’obiettivo è quello di assicu-rare gli aiuti necessari per fron-teggiare la crisi aggravada dallapandemia covid-19.

GERICO (Palestina), 23. Migliaia dipalestinesi si sono radunati oggi aGerico su iniziativa del Presidentepalestinese Mahmoud Abbas perpartecipare alla prima di una serie dimanifestazioni di protesta contro iprogetti di Israele di estendere unila-teralmente la propria sovranità a par-te dei Territori palestinesi. Il pianodelle annessioni — stando a quantoaffermato dal premier israeliano Ben-jamin Netanyahu — dovrebbe essereapprovato i primi di luglio.

Fra i leader giunti sul posto, rife-riscono i media locali, vi sono il pri-mo ministro palestinese MohammedShtayeeh, il vice-presidente del Co-mitato centrale di Fath Mahmud al-Alul, ed il segretario generale

dell’Organizzazione per la liberazio-ne della Palestina (Olp) Saeb Ere-kat. Assieme con loro c’erano anchealcuni diplomatici fra cui l’inviatodell’Onu per il Medio Oriente Nic-kolay Mladenov, il capo della mis-sione Ue per i Territori palestinesiSven Kuhn von Burgsdorff, nonchéalcuni ambasciatori e consoli.L’agenzia di stampa Wafa precisache Mladenov ha sostenuto che«ogni annessione da parte di Israelecontrasterebbe col diritto internazio-nale» mentre von Burgsdorff ha ri-badito «l’impegno europeo per unoStato palestinese indipendente inbuon vicinato con Israele».

Secondo i media locali, l’e s e rc i t oisraeliano ha bloccato alcuni torpe-doni con dimostranti che erano di-retti verso Gerico. Non si hanno pe-rò notizie di scontri.

Intanto, sulla questione delle an-nessioni è intervenuta ieri ancheTzipi Livni, ex ministro degli esteriisraeliano e rappresentante dell’op-posizione. «L’annessione unilateraledi parti dei Territori palestinesi sa-rebbe un errore storico» ha scrittoLivni in un articolo sul «Washin-gton Post». Secondo lei un similepasso senza una intesa con i palesti-nesi significherebbe «oltrepassareun punto di non ritorno; così facen-do — ha detto — condanneremmo i

nostri figli a vivere in un conflittopermanente». Livni è una decisa so-stenitrice di una soluzione con duestati, l’unica a suo parere «in gradodi mantenere i valori fondamentalid’Israele». Se ci sarà un’annessionesulla base della mappa del pianoTrump «i palestinesi si ritroverannoin enclavi separate». Una situazio-ne, scrive Tzipi Livni, «che finiràper portare ad un unico stato di cuientreranno a far parte milioni dipalestinesi, cambiando l’identitàd’Israele». Gli ultimi gravi scontri acausa del piano di annessioni sonoavvenuti due giorni fa nei pressi diQalqiliya (Kfar Qaddum), quandoun reparto dell’esercito israeliano hadisperso con la forza una manifesta-zione. Due persone sono state feriteda proiettili di arma da fuoco. Altreotto sono state contuse da proiettilirivestiti di gomma e decine di abi-tanti sono rimasti intossicati da gaslacrimogeni. E sempre due giorni faHamas — il movimento islamico chedetiene il controllo della striscia diGaza dal 2006 — ha avvertito Israe-le che se realizzerà le previste annes-sioni di parti dei Territori della Pa-lestina, l’ala militare del movimento«non resterà inerte ma reagirà conlanci di razzi e con attacchi in pro-fondità in territorio israeliano».

La scorsa settimana uccisi 291 agenti

Senza sosta gli attacchidei talebani in Afghanistan

Dichiarazione della Santa Sede

Libertà religiosae libertà di espressione

Razzo colpiscel’aerop ortodi Baghdad

BAGHDAD, 23. Un razzo si è ab-battuto ieri sera sull’aeroporto diBaghdad, vicino ad un comples-so dove sono alloggiati soldati ediplomatici statunitensi. Lo hareso noto l’esercito iracheno, pre-cisando che non ci sono vittime.

L’aeroporto è chiuso ai volicommerciali da metà marzo, neltentativo di arginare la diffusionedel nuovo coronavirus. L’attenta-to non è stato rivendicato. Da ot-tobre sono quasi una trentina gliattacchi che hanno preso di miragli interessi statunitensi in Iraq,tra cui una serie di basi militari,l’ambasciata Usa a Baghdad e lecompagnie petrolifere statuniten-si. In particolare, dall’8 giugno,sei attacchi missilistici hanno pre-so di mira il compound dell’am-basciata statunitense.

Si estende tra le due Coreeil confronto a colpi di propaganda

PY O N G YA N G , 23. Prosegue a ritmoserrato il “c o n f ro n t o ” sulla propa-ganda tra Corea del Nord e Coreadel Sud, che ha riacceso le tensionial 38° parallelo.

Citando fonti militari a Seoul,l’agenzia di stampa sudcoreana Yo-nhap ha fatto sapere che la Coreadel Nord sta «installando nuova-mente» altoparlanti nelle aree diconfine. Gli altoparlanti posizionatilungo la zona demilitarizzata tra idue Paesi — che trasmettevano mes-saggi di propaganda del Sud e delNord fin dalla Guerra di Corea del1950 — sono stati rimossi nel 2018all’epoca del summit di Panmun-jom tra il presidente sudcoreano,Moon Jae-in, e il leader nordcorea-no, Kim Jong-un. Le nuove opera-zioni, indica sempre la Yonhap, sa-rebbero iniziate «in più punti» del-la zona demilitarizzata che divide ledue Coree. Un ufficiale del Joint

Chiefs of Staff di Seoul ha riferitodi operazioni «in contemporanea».

«Monitoriamo con attenzione lemosse della Corea del Nord — hadetto l’ufficiale — e restiamo prontia una risposta adeguata a qualsiasieventualità». Secondo la Yonhap,dopo il summit di Panmunjom laCorea del Nord aveva smantellatodecine di altoparlanti in una qua-rantina di aree nei pressi del confi-ne e lo stesso aveva fatto la Coreadel Sud. Ora, alla luce delle nuovetensioni, Seoul starebbe valutandola possibilità di ripristinare gli alto-parlanti. Tutto dopo che la scorsasettimana Pyongyang ha fattoesplodere l’ufficio di collegamentointercoreano a Kaesong, e ieri si èdetta pronta a lanciare «12 milionidi volantini» di propaganda versola Corea del Sud con l’aiuto di«più di 3.000 palloncini».

Unione europea e Cinaverso un accordo sugli investimenti

Mezzi dell’esercito afghano nei pressi di Helmand (Epa)

KABUL, 23. La scorsa settimana,per le forze di sicurezza nazionaliin Afghanistan è stata «la più mor-tale» in 19 anni di conflitto, con italebani che hanno ucciso 291agenti. Lo ha reso noto un porta-voce del Consiglio di sicurezza na-zionale. «L’impegno dei talebaniper ridurre la violenza non ha sen-so e le loro azioni sono incompati-bili con la loro retorica della pace»,ha dichiarato il portavoce governa-tivo. I talebani hanno smentitoqueste cifre.

Nonostante una serie di reciprociscambi di accuse, Governo e tale-bani sembrano però avvicinarsi ainegoziati di pace, mentre il presi-dente afghano, Ashraf Ghani, hapromesso di completare la libera-zione di 5.000 prigionieri talebani,in cambio di un migliaio di mem-bri delle forze di sicurezza tenutiprigionieri dagli insorti. Le autoritàdi Kabul, che hanno già rilasciatocirca 3.000 prigionieri talebani,hanno in programma di rilasciarnealtri 2.000, come previsto dall’ac-cordo tra Stati Uniti e talebani fir-mato alla fine di febbraio a Doha,capitale del Qatar. Un accordo nonratificato dall’Esecutivo di Kabul.In più di un’occasione, i talebanihanno dichiarato di essere prontiper l’avvio dei colloqui di pace, masolo dopo il rilascio dei restanti2.000 detenuti.

BRASÍLIA, 23. Continua a puntareverso l’alto la curva della pandemiain America Latina, anche se da duegiorni le percentuali di crescita dicontagi e di decessi sono legger-mente inferiori alle medie. I nuovicasi registrati nelle ultime 24 ore sisono avvicinati alle 40.000 unità,portando il dato complessivo soprai 2.09 milioni. Le vittime sono state1.820 e il totale delle morti è arriva-to a 97.544. All’attenzione generale,

dalla settimana scorsa, la situazionedelle comunità indigene in AmericaLatina. La morte del leader indige-no Paulinho Paiakan, uno dei piùaccaniti difensori della foresta plu-viale amazzonica, ha dato un voltoa questo drammatico scenario. Spes-so abbandonate dai governi e po-tenzialmente più fragili per mancan-za di sufficienti difese immunitariele comunità indigene stanno suben-do una vera e propria decimazione acausa della pandemia del nuovo co-ronavirus. La Pan American HealthOrganization ha stimato che almeno20.000 indigeni siano risultati posi-tivi al covid-19 in America Latina.In Brasile, secondo l’Asso ciazionenazionale delle popolazioni indige-ne, sono più di 300, al momento, levittime appartenenti a più di 100 co-munità e circa 5.500 gli indigenicontagiati su una popolazione di750.000 unità.

Nel frattempo, proprio in aiutodelle popolazioni amazzoniche ègiunta la notizia dell’apertura di un

corridoio umanitario che porterànella regione 50 tonnellate di presìdimedici. Un’iniziativa frutto dellacollaborazione tra la FondazionePontificia “Gravissimum Educatio-nis”, in seno alla Congregazione perl’Educazione Cattolica, in collabora-zione con il ministero dell’Educazio-ne degli Emirati Arabi Uniti. Dalfebbraio 2019, i due organismi ap-plicano in ambito educativo il «Do-cumento sulla fratellanza umana perla pace mondiale e la convivenza».

Giovedì 25 giugno da Abu Dhabiun aereo trasporterà gli aiuti a Li-ma, in Perú; poi, via terra, il caricoproseguirà per Iquitos, città sul Riodelle Amazzoni, nel folto della fore-sta amazzonica, destinazione finaledel materiale. Mascherine, guanti,ossigeno medicale — utili a contene-re il diffondersi nella pandemia — egeneri alimentari saranno smistatidalla Chiesa locale: una parte saràdestinata alle strutture sanitarie ededucative; la restante distribuita frale famiglie della zona.

BRUXELLES, 23. L’accordo sugli in-vestimenti tra Cina e Ue, in discus-sione dal 2014, sarà firmato nel2020. Lo ha annunciato ieri seraWang Lutong, direttore degli Affa-ri europei al ministero degli Estericinese, incontrando i giornalisti altermine del 22° Summit Ue-Cina,precisando che «sono stati compiu-ti progressi nei negoziati. Se dicia-mo che lo firmeremo quest’anno, lofaremo». All’incontro erano presen-ti per l’Ue la presidente dellaCommissione europea Ursula Vonder Leyen, il presidente del Consi-glio Charles Michel e l’Alto rap-presentante per la Politica estera edi sicurezza comune, Josep Borrell;mentre da parte cinese oltre aWang Lutong hanno partecipato ilprimo ministro Li Keqiang e il pre-sidente Xi Jinping.

Il funzionario del ministero degliEsteri cinese ha ricordato i 29

round negoziali e citato l’ip otesidel trentesimo «forse prima dellafine del mese» mettendo comun-que in risalto come siano stati fattiprogressi tangibili in settori come ilfinanziamento ambientale e gli ap-palti pubblici.

Michel, sottolineando come l’in-terdipendenza economica tra ledue potenze sia elevata» e facendopresente che gli scambi commercia-li tra le due potenze si aggirano sulmiliardo di euro al giorno, ha assi-curato di voler difendere «con fer-mezza gli interessi dell’Unione eu-ropea e mantenendo fermi i nostrivalori».

Da entrambe le parti hanno au-spicato di superare le difficoltà perraggiungere un impegno ambizio-so: un accordo sulle regole di con-correnza leale e un progetto comu-ne per combattere la pandemia dicoronavirus in corso.

VIENNA, 23. «Per far avanzare la ve-rità, la libertà, la giustizia e la soli-darietà nella società, i media — diqualunque forma — devono essereprotetti e ricevere la libertà ricono-sciuta dalla comunità internaziona-le. Allo stesso tempo, è necessarioriconoscere che la libertà di espres-sione, come ogni diritto umano,comporta responsabilità che nonpossono essere ignorate». Questo ilpunto nodale della Dichiarazionedella Missione Permanente dellaSanta Sede presso l’Osce (Organiz-zazione per la sicurezza e la coope-razione in Europa) al secondo Sup-plementary Human DimensionMeeting dedicato alla libertà diespressione, media e informazione,che si tiene oggi a Vienna.

Il ruolo dei media nella società —sostiene la Dichiarazione — d o v re b -be avere una base etica fondamenta-le perché «la persona umana e lacomunità umana sono la fine e lamisura dell’uso dei media nella co-municazione sociale; la comunica-zione dovrebbe essere fatta per losviluppo integrale delle persone». Imedia «non fanno nulla da soli; so-no strumenti, strumenti, usati comele persone scelgono di usarli».

Un punto cruciale, in questo qua-dro, è la relazione tra libertà religio-sa e libertà di espressione. «La li-bertà di religione o di credo — silegge nella Dichiarazione — nonpreclude il dibattito critico o la di-scussione seria sulla religione. Tutta-via, non è accettabile nascondersidietro la libertà di espressione comegiustificazione per discriminazione,ostilità o violenza contro una reli-gione o i suoi membri. La libertà diespressione deve consentire lo svi-luppo di uno spazio in cui entram-be le parti siano in grado di espri-mere le proprie opinioni, con rispet-to e senza paura dell’altra, anchequando ciò va controcorrente».

Proprio per questo motivo, «imedia hanno la responsabilità difornire un resoconto equo e accura-to delle questioni religiose e di con-sentire ai membri delle comunità re-ligiose di esprimere le proprie opi-nioni». I mass media «dovrebbero

essere incoraggiati a fornire unapiattaforma per un’ampia gamma diopinioni, sia politicamente, sia basa-te sulla fede, che consentirà unoscambio molto più ampio e più am-pio di idee e opinioni».

La Dichiarazione si rivolge agliStati membri dell’Osce per chiedereun impegno concreto nel garantirevisibilità alle religioni anche nelquadro del dibattito politico. «Ciòconsentirà di ascoltare una voce al-ternativa del mainstream politico edi impedire che queste opinioni mo-rali profondamente radicate venga-no ignorate o denigrate nel discorsopubblico».

La Dichiarazione si concentra inparticolare sull’uso di internet e deisocial media, che deve essere regola-to in maniera precisa e accurata.«Particolare attenzione dovrebbe es-sere prestata anche all’uso di Inter-net, e in particolare ai social net-work, che svolgono un ruolo chiavenella diffusione del disprezzo odell’incitamento contro le comunitàreligiose, compresa la promozionedi descrizioni irriverenti o la rappre-sentazione provocatoria di simbolireligiosi. I fornitori di servizi Inter-net e i servizi di social network do-vrebbero essere incoraggiati adadottare standard chiari, trasparentie non discriminatori, che prevenga-no comportamenti intolleranti e in-fiammatori» afferma la Dichiarazio-ne della Santa Sede.

La necessità di una maggiore“uguaglianza digitale”, cioè di ga-rantire a tutti un accesso alle tecno-logie digitali sulla base di regolechiare e di trasparenza dei contenutiè ancor più importante oggi a causadella pandemia. «Il divario digitaletra ricchi e poveri potrebbe costarela vita, soprattutto quando le infor-mazioni cruciali sul covid-19 non ar-rivano in tempo utile, o non arriva-no proprio, alle comunità più pove-re. Senza accesso a informazioni re-sponsabili, trasparenti e aggiornate,una cacofonia di ipotesi non dimo-strate potrebbe diffondersi tra le co-munità povere. Il rischio è creare di-suguaglianze ancora più ampie traenormi sofferenze».

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 mercoledì 24 giugno 2020

di GRAZIA LO PA R C O

Il 27 giugno ricorrono cin-quant’anni dalla nascita dellaPontificia Facoltà di scienzedell’educazione Auxilium, af-fidata alle Figlie di Maria

Ausiliatrice fondate da san GiovanniBosco e da santa Maria DomenicaMazzarello. Nel 1954 avevano inizia-to a Torino l’Istituto superiore inter-nazionale di pedagogia e scienze re-ligiose, con diplomi riconosciuti dal-la Sacra Congregazione dei religiosi.

nelle scuole superiori, psicologhescolastiche e assistenti sociali, inse-gnanti di religione e formatrici reli-giose.

Subito dopo l’emanazione delleNormae quaedam nel 1968, le respon-sabili intrapresero l’iter per l’autono-mia istituzionale, in modo da svilup-pare un’identità specifica coerentecon la fisionomia dell’Istituto, sianell’offerta formativa che nella con-notazione della ricerca. L’unica ma-trice salesiana si era difatti sviluppatadall’inizio a due voci, convergentinella missione e nello stile educativo.

Alcune autorità salesiane comepure alcune della Sacra Congrega-zione, soprattutto il cardinale Ga-briel Marie Garrone e poi monsi-gnor Francesco Marchisano, appog-giarono il cambio dell’Istituto peda-gogico, sicché nel 1970 la neonataFacoltà di scienze dell’educazione,incoraggiata da Paolo VI, fu “conso-ciata” al Pas, in modo che restavacome legame istituzionale il GranCancelliere, cioè il Rettor Maggioredei salesiani, mentre Statuti e strut-tura organizzativa erano vincolati so-lo alla Santa Sede. Nel corpo docen-te ci furono professori del Pas, Figliedi Maria Ausiliatrice e altri, prima aTorino e, dal 1978, nella sede diRoma.

La superiora generale delle Figliedi Maria Ausiliatrice divenne, così,la prima e unica vice gran cancellie-re. La denominazione di Scienzedell’educazione, invece di pedagogiae scienze religiose, fu scelta per l’im-postazione epistemologica, giacchéstava maturando la consapevolezzache il sapere pedagogico esigevasempre più approcci interdisciplina-ri. Il contatto con altri ambienti cul-turali aprì a questa prospettiva scien-tifica, di cui furono pioniere le primegiovani docenti che si stavano for-mando in università europee comeLovanio, Monaco, Bruxelles, Fribur-go, oltre che italiane e pontificie.

L’internazionalità originaria siadelle docenti che delle studentesseera pure specchio della diffusionedell’Istituto delle Figlie di Maria Au-siliatrice nei cinque continenti, ed hasegnato in modo peculiare lo svilup-po dell’esperienza accademica, conripercussioni in molti Paesi, nel cam-po educativo, sociale, catechetico.Nel 1977 Paolo VI annoverava siaquesta Facoltà che quella dell’Uni-versità Pontificia Salesiana tra le “fa-

coltà sorelle” di quelle tradizionali,riconoscendo l’importanza dell’edu-cazione nella missione evangelizzatri-ce della Chiesa.

D all’iniziale idea di Facoltà ponti-ficia destinata a religiose e laiche,tutta femminile, la composizione de-gli studenti si è modificata nel tem-po. L’iscrizione di religiose di moltiIstituti, giovani laiche e laici, sacer-doti e religiosi ha favorito l’ap erturae il confronto critico con mentalità eabitudini differenti scoperti nellaconsuetudine della vita quotidiana;ha suggerito passi rispettosi e solida-li verso un’intercultura radicata neivalori evangelici, nell’esperienza uni-ca del vivere Roma, oltre che viverea Roma.

Per quanto concerne le religiose ei religiosi, la variazione delle aree diprovenienza ha costituito dall’inizioun singolare osservatorio sulla vitareligiosa. Per tutti, la Facoltà è uncantiere sempre aperto, in cui si svi-luppa la missione culturale.

Varie volte si sono cambiati i cur-ricula dei corsi di laurea finalizzati aprofessioni educative, tenendo fedeall’identità specifica della vision edella mission, confermate nella visitadi Giovanni Paolo II nel 1992, inquanto Facoltà Universitaria Pontifi-

dell’Educazione» e nelle collane del-la Facoltà. Inoltre la collaborazionecon molte istituzioni civili ed eccle-siali allarga la rete di esperienze cul-turali e professionali di docenti estudenti a livello nazionale e interna-zionale.

L’attenzione alle persone concreteche frequentano la Facoltà è il fon-

che anche oggi è un campo promet-tente ma problematico, una sfida peril reale sviluppo di società a misuradella persona umana, nel rispettodella dignità e vocazione di ciascunoa servizio del bene comune.

Il motto della Facoltà, con Mariaper una cultura della vita, indical’impegno di coltivare il talento di

A cinquant’anni dalla nascita della Pontificia Facoltà Auxilium

La passionedi educare

Laudi e canti nati dalla devozione al Sacro Cuore di Gesù

Un varco misterioso

Dall’iniziale idea di un ateneodestinato a religiose e laiche, tutto al femminilela composizione degli studenti si è modificata nel tempoL’iscrizione di religiose di molti Istitutigiovani laiche e laici, sacerdoti e religiosiha favorito l’apertura e il confronto criticocon mentalità e abitudini differentiscoperte nella consuetudine della vita quotidiana

Cristina Odasso interpreta la beata Marie Deluil Martiny in «Troverai un cuore» (Alberto Di Giglio, 2011)

di BENNO SCHARF

Molti fedeli ripetono la nota epopolare invocazione al Sa-cro Cuore di Gesù. La suaorigine è antica: la troviamoinfatti, ritornello di una can-

zoncina sacra, in un libro di canti del Duo-mo di Napoli datato 1752. Ed è un’imp or-tante testimonianza, perché il culto al SacroCuore era sorto poco prima.

Pur essendovi stati dei prodromi già nelXIII secolo negli scritti della mistica Matildedi Magdeburgo (1207-1282), i promotori diquesta devozione furono i santi GiovanniEudes (1601-1680) e Margherita MariaAlacoque (1647–1690), ambedue francesi. Ilculto al Sacro Cuore di Gesù si diffuse rapi-damente prima dei riconoscimenti ufficiali.Nel 1765 il Papa Clemente XIII lo autorizzòin Polonia e in Francia, mentre solo nel 1856Pio IX lo estese a tutta la Chiesa.

Ma durante il Settecento questo culto eragià praticato in varie regioni e lo dimostral’esistenza di preghiere, canti e tradizioni indue aree diversissime tra loro: la Napoli disant’Alfonso Maria de’ Liguori ed il Tiroloaustriaco.

Nap oliAncora in uso è una bella canzone napo-

letana, di autore incerto (l’attribuzione asant’Alfonso non è documentata) in tre otta-ve, intercalate dal ritornello «Dolce cuor delmio Gesù, fa ch’io t’ami sempre più». Laprima strofa è un’accorata invocazione: «Sa-cro Cuor d’amor ferito, / d’amor santo icuori accendi, / e partecipi li rendi / della

manna tua vital. / Oh d’amor inclita fonte, /d’acqua limpida sorgente, / carità mai sem-pre ardente / espiatrice d’ogni mal».

Nella seconda strofa, con accento tipicodel Barocco, Gesù è presentato morente «so-vra il letto del dolor» mentre «cruda lancia»squarcia «il Divin Petto». Una mistica con-templazione conclude il testo: «Fu l’amorche ci aperse / questo varco misterioso», la«gran porta» al «Santissimo tuo Cuor». Lamelodia è dolce e carezzevole e fa pensaread uno dei grandi autori della prima ScuolaNapoletana, da Domenico Scarlatti a Fran-cesco Durante o a Nicola Porpora.

Il TiroloNel maggio 1796 le truppe di Napoleone

Bonaparte si avvicinarono al Tirolo, che al-lora faceva tutto parte dell’Austria. Nell’as-semblea dei rappresentanti delle 26 principa-li città tirolesi l’abate cistercense di Stams(presso Innsbruck), Sebastian Stöckl propo-se di consacrare il Tirolo al Sacro Cuore, co-me baluardo contro gli invasori. La propostafu accettata all’unanimità e la consacrazione,ad opera dei vescovi, avvenne il 1° giugnosuccessivo. Nel 1689 santa MargheritaAlacoque aveva proposto la stessa cosa perla Francia, ma il re Luigi XIV aveva rifiutato.Così un secolo dopo il Tirolo fu il primopaese consacrato al Sacro Cuore e la devo-zione relativa accompagnò le vicende belli-che, che culminarono nell’insurrezione del1809 sotto la guida di Andreas Hofer. Unicomezzo di comunicazione a distanza era l’ac-censione di fuochi sulle pendici dei monti eda qui nacque l’uso, tuttora in vigore: nellanotte dopo il venerdì dedicato al Sacro Cuo-

re, o in quella successiva, i monti di tutto ilTirolo austriaco e dell’Alto Adige in Italia siriempiono di grandi fuochi a forma di cuo-re, di croce o traccianti le scritte Inri o Ihs,visibili anche da lontano.

Un inno per la festa fu composto più tar-di nel 1896 dal poeta e sacerdote JosefSeeber (1856-1919) e musicato subito daIgnaz Mitterer (1850–1924), sacerdote e com-p ositore.

Il testo consta di tre quartine a rima ba-ciata, con un distico per ritornello, che nelcanto viene sempre ripetuto due volte. «Su,nel giuramento, paese del Tirolo, alza al cie-lo il cuore e la mano. Quanto i padri giura-rono nell’uragano della guerra» conclude laquartina, mentre il ritornello afferma «Noilo giuriamo di nuovo: Fedeltà eterna a te,

Cuore di Gesù». Dopo la solenne primastrofa si ribadisce «Siamo saldi nella fede, ilpiù bel vanto del nostro paese» ed «Anchese i nemici ci bestemmiano: la fedeltà è il ca-rattere del Tirolo!».

La melodia è enfatica e marziale: l’iniziosull’accordo maggiore con le prime note ri-petute è di solito accompagnato da squilli ditromba. Un canto che rinnova il secolaregiuramento.

La Francia

In Francia era nata la devozione al SacroCuore di Gesù e nel 1863 dal Monastero del-la Visitazione di Bourg, per iniziativa della

serva di Dio Suor Marie Bernaud, partì unanuova pratica: la Guardia d’Onore al SacroCuore di Gesù. Il fine era ed è quello direndere un culto di “Gloria, Amore e Ripa-razione” perpetuo, mediante la praticadell’Ora di guardia davanti al tabernacolo oal Santissimo esposto. Sorse così la nuovaarciconfraternita, riconosciuta con tale deno-minazione dal Papa Leone XIII nel 1878. Aessa aderirono i Sommi Pontefici successivi ela devozione dei primi venerdì di 9 mesi suc-cessivi si diffuse in tutto il mondo cattolico.L’arciconfraternita ebbe un suo inno, il cuitesto fu composto nel 1864 dalla beata Ma-rie Deluil Martiny (1841- 1994).

In dieci quartine si snoda una solenne mafestosa preghiera; nella prima strofa, che fada ritornello, si enuncia la tematica: «Chetutta la terra formi la guardia d’onore; essacanti trionfante gloria ed amore al SacroCuore». Nelle strofe successive si affermache «Gesù ci dona senza limiti i suoi teso-ri». Una lunga invocazione segue poi. Sichiede al Divin Cuore d’insegnarci a cono-scerlo, di essere il nostro re, di salvare ilmondo colpevole e di conquistare gli uominiingrati. Infine anche questo canto si conclu-de con un proposito: «Noi, guardie fedeli,vogliamo essere il tuo baluardo d’a m o re ,contro quei tuoi figli ribelli, che ti oltraggia-no giorno e notte». La melodia venne ripre-sa da una canzone mariana di origine italia-na: «O del cielo gran Regina». Autore neera il compositore Simon Mayr (1763–1845),tedesco ma trapiantato a Bergamo, dove in-segnò per quattro decenni. Tra i suoi nume-rosi allievi spicca il nome di un giovanedi cui egli scoprì il talento: Gaetano Doni-zetti.

Intanto il concilio Vaticano II, tra isegni dei tempi, indicava una pre-senza più qualificata delle donnenello sviluppo sociale e nella stessaChiesa. Avendo guadagnato la stimasul campo, nel 1966 l’Istituto peda-gogico (come era comunemente de-nominato) fu “incorp orato” nell’Isti-tuto superiore di pedagogia del Pon-tificio Ateneo Salesiano (Pas, poiUps). Era una situazione inedita perle religiose e per la Santa Sede, chele riconosceva come docenti univer-sitarie in una istituzione direttamen-te dipendente da essa, per formareinsegnanti di pedagogia e filosofia

Per passare dalle parole ai fatti,anche nella Sacra Congregazione deiseminari e delle università degli stu-di, ovviamente, occorrevano passaggiinesplorati. Esistevano già, certo, re-ligiose docenti universitarie, e c’era-no pure istituzioni accademiche retteda donne, ma nessuna era una Fa-coltà Pontificia affidata a un Istitutofemminile, con la possibilità di con-ferire tutti i gradi accademici a nomedella Santa Sede. Le università ec-clesiastiche, come si sa, si occupava-no di filosofia, teologia, diritto e af-fini, ed erano destinate a un pubbli-co maschile.

damento di una formazione accade-mica che si ispira all’umanesimo pe-dagogico salesiano, così che i profiliprofessionali possano recare l’im-pronta di un’esperienza in cui essere,sapere e saper fare interagiscono perpromuovere la cultura della vita, conparticolare attenzione alle donne, alloro apporto responsabile e proposi-tivo nella società e nella Chiesa. Idieci corsi di laurea, i corsi di diplo-ma, due affiliazioni e diverse colla-borazioni provano l’impegno di inci-dere nella missione evangelizzatricedella Chiesa tramite l’educazione,

educare, in sinergia con quanti han-no a cuore la totalità della persona.Il recente volume, Pontificia Facoltàdi Scienze dell’Educazione Au x i l i u m1970-2020. Contributi per la storia(Villa Pavone, Teramo, Edizioni Pa-lumbi, 2020, pagine 264, euro 25)mette in luce alcune pagine di que-sta istituzione inizialmente anomala,potenzialmente paradigmatica diuna Chiesa post conciliare al passodelle esigenze sempre nuove del-l’educazione dei giovani e delle gio-vani.

Questa istituzione inizialmente anomalaè potenzialmente paradigmatica di una Chiesa post conciliareal passo delle esigenze sempre nuove dell’educazione

cia Salesiana. Di quila spinta al dialogocontinuo con le sfidedi un mondo in rapi-do cambiamento e conle domande di forma-zione dei giovani edelle giovani.

Il Processo di Bolo-gna, con le verifichedi Qualità, ha vistoimpegnata la Comuni-tà accademica tra ledue istituzioni pilota,mettendo in giococompetenze acquisitee flessibilità nel rinno-vamento della didatti-ca, dei campi di ricer-ca e della terza missio-ne. Gli Istituti e iCentri Studi Donneed educazione; Figliedi Maria Ausiliatrice,e il Centro di orienta-mento integrano la di-dattica con altre attivi-tà scientifiche, che sirispecchiano nella«Rivista di Scienze

Page 5: Per uscire dalla crisi l’Onu chiede condizioni di lavoro …...amori e i nostri dolori, tutto condividendo, nella coscienza che nes suno è degno, ma tutti siamo stati resi degni

L’OSSERVATORE ROMANOmercoledì 24 giugno 2020 pagina 5

resa grande per nessun’altra ragionese non perché aveva seguito Gesù eaveva assistito al mistero della suapassione».

Insomma, la rivoluzione in cuicrede Adriana Valerio viene da lon-tano e ha a che fare con la “statura”di una discepola la cui autorità ivangeli non nascondono, sebbene siadi una qualità tanto nuova da risul-tare ancora in buona parte incom-p re s a .

tere nella Chiesa, sull’identità dellastessa comunità di fede alla luce delmessaggio evangelico e delle recentiacquisizioni circa la dignità e l’ugua-glianza della persona umana, ma-schio e femmina».

Evidentemente si tratta di un ap-proccio radicale e per ciò stesso tan-to delicato quanto meritevole di at-tenzione: una simile ricerca si muovesul vertiginoso crinale che separal’autentico discernimento da un in-

soggetta anch’essa alle dinamichedella storia, conosce una varietà difiloni che contraddicono la trasmis-sione dottrinale presentata comel’unica possibile».

In tal senso «la Maddalena è lacartina tornasole di questa polivalen-za di testi che sottolineano la centra-lità della sua persona nella costitu-zione della comunità di fede», unacomplessità che può spaventare, per-ché difficilmente addomesticabile, eche pure è propria del tipo di veritàche l’universo biblico mette in cam-po, alternativa e sempre più grandedi qualsiasi sistema logicamente con-

stire le forme culturali e le stratifica-zioni storiche della socialità umana.

Secondo l’autrice «per questi mo-tivi occorre interrogarsi sulla com-prensione della Bibbia e sulle sue er-rate interpretazioni, sul peso dellaTradizione nell’elaborazione della vi-sione antropologica, sul tabù sessua-le legato alle dinamiche di genere,sull’esclusione delle donne dalla suc-cessione apostolica e dai ruoli di po-

novella della nuova vita raggiunga iconfini del mondo». Se è così, la fe-deltà alla verità evangelica non im-plicherà certo, specie da parte fem-minile, un ritorno alla Babele in cuidarsi un nome attraverso rivendica-zioni e progetti ideologici. Tuttavia,tale fedeltà richiede l’apertura aquello Spirito che cambiò la facciadi Gerusalemme e continua a volerfar nuova tutta la terra, in virtù diuna rivelazione che in Cristo si donainesauribile. «Di qui la necessità —osserva l’autrice — di considerare la“Tr a d i z i o n e ” come “l’insieme di tra-dizioni”, come la trasmissione diffe-renziata e complessa che includemolteplici e innumerevoli soggetti,gruppi e movimenti. Nel caso dellaMaddalena ci troviamo in presenzadi donne e uomini che, nelle diverse

epoche della storia, grazie al suo ri-cordo, hanno dato vita a esperienzedi fede, ad atti di culto, a opere arti-stiche, a istituzioni, a elaborazionidottrinali, a testi spirituali, a propo-ste ecclesiali e altro ancora, che nonpossono essere racchiusi acriticamen-te in una proposta univoca».

È questa, d’altra parte, la ricchez-za della cattolicità, di ciò che riguar-da l’intero: ciò che appare nuovo,particolare, rivoluzionario, se con-nesso al tutto apre il passato al futu-ro. Adriana Valerio ha dunque il me-rito di consegnare al presente alcuniinterrogativi audaci su cui una Chie-sa ben compaginata e guidata dalloSpirito può francamente confrontar-si, per rispondere oggi a Colui che,avendola amata e redenta, le parlaancora.

Maddalena la grandeEquivoci, storie e rappresentazioni della donna che vide Gesù risorto prima degli apostoli

Adolfo Tommasi, «La Maddalena penitente» (1893)

A partire dal libro di Elizabeth E. Green sull’ultimo decennio della teologia femminista

La parità di genere è nelle Scritture

Contro la dittatura dell’immagine«Congedo da Goethe» di Costantin Noica

Uno studio di Adriana Valeriomostra la “s t a t u ra ” di una discepolala cui autorità i vangeli non nascondonoSebbene sia di una qualità tanto nuovada risultare ancora in buona parte incompresa

di SERGIO MASSIRONI

Una ricerca che miradritto al centro. Il pic-colo volume di Adria-na Valerio, Ma r i aMaddalena. Equivoci,

storie, rappresentazioni (Bologna, IlMulino, 2020, pagine 136, euro 12),accompagna il lettore attraverso duemillenni senza nascondere il proprioobiettivo: quello di non fare della«mera filologia archeologica, ma diavviare una rivoluzione ermeneutica(...) toccando il cuore stesso del cri-stianesimo». La posta in gioco è altama, a giudizio dell’autrice, propor-zionata a colei che nel seguito diGesù dovette essere riconosciuta co-me «la torre», dall’ebraico mag-dal/migdal da cui l’appellativo cheda sempre segue al suo nome.

Non dunque «di Magdala» —espressione del tutto assente nel te-sto greco dei vangeli — ma «Magda-lena», nella linea già di san Girola-mo, secondo il quale «per il suo ze-lo e per l’ardore della sua fede rice-vette il nome di turrita ed ebbe ilprivilegio di vedere Cristo risortoprima degli apostoli». Torre, fortez-za, oppure — come proposto dallabiblista Maria Luisa Rigato — «laResa-grande», quasi a riprendereOrigene, che osservava: «Si chiamaMagdalena, accordandosi bene conil significato del nome della sua pa-tria. Infatti, quel luogo viene inter-pretato come grandezza, accresci-mento. E questa Magdalena è stata

La vicenda di Maria, in effetti —come quella della madre di Gesù,del resto — rinvia a una grandezzache non si ottiene nella smania (ma-schile?) di conquistare il cielo comea Babele, dove «farsi un nome» di-venne principio di confusione e di-spersione, ma nell’incontro con unagrazia che rende inconfondibili. Ciòche avviene attorno a Gesù, in effet-ti, ha carattere tanto escatologico dasbaragliare qualsiasi idea lineare diprogresso: la ricerca sulle fonti e lastoria degli effetti documentanol’impatto di modi d’essere novissimi,la cui onda d’urto non cessa di inve-

genuo (talvolta interessato) anacro-nismo, per cui è indispensabile cherigore scientifico e senso ecclesialenon vengano disgiunti. Il volume èin tal senso magistrale, sebbene nonnasconda la simpatia per soluzionidi profonda discontinuità all’internodella prassi cattolica. Ciò che è opi-nione, infatti, viene proposto e moti-vato come tale, mentre la ricostru-zione dei dati e l’interpretazione del-la storia rivelano una pacata lucidità.Certo, l’autrice sostiene che «comeper l’esegesi biblica si deve parlaredi una gamma di possibili soluzioniinterpretative piuttosto che di unoschema univoco, così la Tradizione,

cluso. Una Verità vivente, debordan-te e generativa, che agisce struttural-mente con un vigore che spaventa einsieme attrae. Le donne del vangeloincarnano la delicatezza di tale for-za, un’energia gentile che non giusti-fica tuttavia alcuna strumentalizza-zione.

Maria di Magdala, «la figura fem-minile più amata e raffigurata» dopola Vergine Maria, del rapporto cri-stiano con la verità manifesta i trattiimprescindibili, vincolanti per laChiesa di ogni tempo: in principiosta l’essere «resa grande» da unagrazia che restituisce dignità e rifon-da la coscienza del proprio incom-mensurabile valore; ne scaturisce lospazio di «un discepolato attivo eautorevole» in cui la «nuova condi-zione di affrancata» induce «a met-tersi al seguito di Gesù attraversonuove modalità relazionali» checomportano inedite forme di condi-visione e di partecipazione alla vitadel gruppo; sino ai piedi della croce,dove il mondo intero è rifondato ele sole donne divengono «garanti diquella triplice testimonianza che è afondamento della fede delle comuni-tà primitive: “Cristo morì… fu se-p olto… è risorto” (At 2, 23-24; 1 Cor15, 3-4)». È in questo quadro cheAdriana Valerio legge il prefazio checon Decreto della Congregazioneper il culto divino e la disciplina deisacramenti del 10 giugno 2016 collo-ca Maria di Magdala tra gli apostoli:«Poiché lo aveva amato nella vita,l’aveva visto morire sulla croce, loaveva cercato giacente nel sepolcro efu la prima ad adorarlo risuscitatodai morti; e lo onora davanti agliapostoli (coram apostolis) con l’ufficiodell’apostolato, affinché la buona

Giotto, «La Maddalena approda a Marsiglia» (XIV secolo)

di GIORGIA SA L AT I E L L O

I l recente libro di Elizabeth E.Green, pastora presso le Chie-se evangeliche battiste, Un

percorso a spirale. Teologia femmini-sta: l’ultimo decennio (Torino, Clau-diana, 2020, pagine 154, euro 14,90) che qui non ci si soffermerà acommentare, offre, però, lo spuntoper ripensare il rapporto tra ledonne e la Scrittura. Questo rap-porto già da alcuni decenni è alcentro dell’interesse della teologiafemminile e/o femminista e puòessere rivisitato muovendosi sudue distinti livelli.

In primo luogo, si deve portarel’attenzione sulle figure femminilipresenti nella Scrittura e, in secon-da istanza, ma con importanzanon minore, si deve considerare laparticolare ottica con cui le donne

si accostano al testo sacro. Riguar-do al primo livello individuato, laproduzione delle teologhe e dellebibliste ha condotto ad un’ampiaed approfondita rivalutazione del-le figure di donne presenti nellaScrittura e spesso considerate se-condarie, mostrando come, al con-trario, esse svolgano spesso unruolo cruciale nella narrazione esiano portatrici di un messaggioche altrimenti non potrebbe essereannunciato.

Ciò emerge con chiarezza giànel Vecchio Testamento in cuidonne protagoniste o apparente-mente marginali offrono un signi-ficativo contributo al dipanarsidella storia della salvezza e dell’al-leanza di Dio con il Suo popolo eaprono piste che poi gli uominiseguono grazie a loro. Nel NuovoTestamento le donne sono sicura-

mente protagoniste, insieme agliuomini, nella sequela di Gesù, chemostra nei loro riguardi un parti-colare apprezzamento, lo seguonofino ai piedi della croce e ricevonoil primo annuncio della risurrezio-ne. Anche gli Atti e le Lettere, chedelineano la Chiesa nascente, ri-portano notizia di donne impe-gnate in prima persona nella co-struzione della comunità e nelladiffusione del messaggio cristianoal di là del luogo della sua primapro clamazione.

Il secondo livello prima ricorda-to induce a spostare lo sguardosulle donne credenti che oggi leg-gono, studiano e interpretano laScrittura a partire dalla personaleesperienza femminile. Qui l’esegesie la competenza teologica si inter-secano con il vissuto delle donne ele domande che esse pongono altesto sacro sono molto spesso pro-fondamente differenti da quelle de-gli uomini e rispecchiano situazio-ni che sovente sono di sofferenza,di emarginazione e di subordina-

culturali diversi, ognuna con unbagaglio esistenziale non omolo-gabile a quello delle altre.

In questo modo, il testo sacrofornisce risposte che vanno al di làdelle domande iniziali e conduco-no a una inedita rilettura del pro-prio vissuto, rivisitato in una pro-spettiva che non è quella umana,ma quella di Dio. Perché ciò av-venga, però, è necessario che il te-sto sia liberato dagli schemi inter-pretativi patriarcali che gli si sonosovrapposti lungo i secoli e sia re-stituito alla sua originaria purezza,nella quale il messaggio può esserecolto in tutto il suo valore.

Molte studiose già da decennisono impegnate in questo lavoro eil risultato non deve essere quellodi sostituire una parzialità, quellafemminile, a un’altra parzialità,quella maschile prevalente da lun-go tempo, bensì quello di giunge-re ad una lettura e ad un’i n t e r p re -tazione articolata e poliedrica. Suqueste basi, la maggior parte dellestudiose che si accostano alla

di RO CCO PEZZIMENTI

Recensire un testo come quellodi Costantin Noica, Congedoda Goethe (Soveria Mannelli,

Rubbettino, 2019, pagine 311, euro24), per chi studia seriamente è unobbligo morale. Il grande pubblicosa chi siano Mircea Eliade, EmilCioran, Eugen Ionescu (poi notocome Eugène Ionesco) ma ignorachi sia Costantin Noica che, comun-que, di quel gruppo di intellettualiromeni era parte integrante. Rimanepoco noto perché, a differenza deglialtri, non emigrò convinto che — co-me ricorda Davide Zaffi nella pre-ziosa e densa presentazione del vo-lume — «emigrando, un intellettualenon solo infligge una grave perditaal proprio Paese, ma allo stesso tem-po depotenzia se stesso».

L’opera in questione è, purtrop-po, solo una parte di quella inizial-mente scritta perché le vicende in-terne del nuovo regime portarono alsequestro dell’opera che verrà resti-tuita all’autore solo decenni dopo e

ampiamente mutilata. Si parlavaall’inizio di 800 pagine, l’autore neriebbe indietro circa 300. Nel frat-tempo anche il titolo è cambiato:originariamente doveva essere “Anti-Go ethe” ma prese poi il titolo diCongedo da Goethe. Forse perché, ri-corda ancora Zaffi, «da un punto divista comunista nulla sfugge alle ra-gioni della politica». Rimane però ilfatto che, a una delle opere fonda-mentali del pensiero europeo delNovecento, sicuramente non fu datolo spazio che avrebbe meritato.

Il lavoro è effettivamente denso disignificati e critica un certo modo diintendere il mondo o, se si vuole, difare filosofia, modo che, in Goethe,«rimaneva però ambiguo», come inparte della cultura contemporanea.La nostra epoca, ricorda Zaffi ripor-tando le parole di Noica, «accentuanel culto della forma semplicementel’aspetto esteriore» e questo vieneesasperato dal cinema. «Quel che èassurdo nel cinematografo (...) è lapretesa che tutto può esporsi all’o c-chio e tutti i significati sono signifi-

cati oculari». Discorso che sarebbepoi stato esasperato dal piccoloschermo. Mentre si stava inventandola televisione, Noica sosteneva che siarriverà a «televisionare» invece dicomprendere. Profetizzava già undramma per altri versi intravisto giàda Rosmini. «Quando non sai chefartene dei mezzi che hai a disposi-zione, essi cominciano ad agire dasoli». L’intelligenza si spegne difronte al culto degli oggetti.

Il pensiero di Goethe dà questoassaggio di crisi della ragione in mo-do quasi compiaciuto. Noica lo dicecon chiarezza: «L’arte dà sì un av-vertimento e segnala che esiste unaltro ordine, un altro modo di com-porre le cose, ma non porta nessunoin modo necessario verso quest’o rd i -ne. È come se l’arte dicesse: esisteuna ragione più profonda delle cose,ma le sue vie ci sono ignote». Per-ché l’arte si è ridotta così? La ragio-ne della grandezza di Goethe, comepure il motivo per il quale dobbia-mo congedarci da lui, sta tutta qui.Ha generato molte delle nostre con-

traddizioni nel modo di concepire ildivenire dell’essere. «Goethe era nelgiusto quando diceva che l’oggettodella ragione è il divenire. Ma qua-le?». Si può ignorare questa doman-da? Sottovalutandola si dimenticaun requisito essenziale della nostrapassata cultura: «L’assoluto della re-ligione era l’assoluto umano».

L’illusione della linearità accompa-gna la nostra esperienza di pensiero,ma si può negare che tale illusionenon ci soddisfa, se costretta nel finito?«Come si può negare il senso dell’in -finitudine a un mondo che accanto al-la coscienza artistica (il bello è l’infini -to nel finito, diceva Schelling) ha sco-perto la coscienza filosofica, cioè quel-la dell’infinitudine razionale?».

Questo rapporto tra finito e infinitoè stato oggi completamente travisatocon il sacrificio dell’infinitudine. Daqui la coraggiosa conclusione. «Oc-corre in effetti riconoscere lucidamen-te, per la stessa dignità della culturaeuropea, che essa appare oggi un no-bile fallimento, sia in campo umanisti-co che in quello scientifico».

zione. Si ritrova, questo caso, quel-lo che è un principio generale del-la lettura di qualsiasi testo e cioèquello che è necessario tenere con-to non solo del messaggio veicola-to, ma anche del contesto dell’au-tore e di quello del lettore.

La questione, a questo proposi-to, si complica perché non è possi-bile parlare di una generica espe-rienza femminile, ma devono esse-re considerate le donne concreteche si accostano alla Scritturamuovendo da ambiti geografici e

Scrittura concorda nel riconoscereche il messaggio che essa veicolaper le donne è di uguaglianza e diliberazione, come del resto avvieneper tutti coloro che, lungo la sto-ria, sono stati esclusi, emarginati eo p p re s s i .

La parola di Dio, così, si rivelacapace non soltanto di prefigurareil mondo futuro, nel tempo esca-tologico, ma anche di fornire unpotente ed insostituibile impulsoalla trasformazione ed alla purifi-cazione di quello attuale.

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 mercoledì 24 giugno 2020

A venticinque anni dalla «Orientale lumen»

In realtàvicinissimi

di ALDINO CAZZAGO

Il mese di maggio non è stato so-lo l’occasione per ricordare ilcentenario della nascita di san

Giovanni Paolo II. Nello stesso me-se, ma di venticinque anni fa, venne-ro resi pubblici due importanti do-cumenti del suo magistero: il 2 mag-gio la lettera apostolica Orientale lu-men, indirizzata all’episcopato, alclero e ai fedeli per la ricorrenzacentenaria della Orientalium dignitasdi Papa Leone XIII, e il 25 maggiol’enciclica Ut unum sint sull’imp egnoecumenico della Chiesa cattolica.Come ha scritto Papa Francesco nel-la sua recente lettera al cardinaleKurt Koch, presidente del PontificioConsiglio per la promozionedell’unità dei cristiani, giovedì 25maggio 1995, solennità dell’Ascensio-ne, Giovanni Paolo II firmò l’encicli-ca Ut unum sint «con lo sguardo ri-volto all’orizzonte del Giubileo del2000». Ora, a venticinque anni didistanza, egli intende riproporla atutto il «popolo di Dio».

Per capire il valore della Orientalelumen è, invece, istruttivo ritornare aquanto nel 1998, in occasione delventesimo anniversario dell’elezionepontificia di Giovanni Paolo II,scrisse l’allora cardinale Ratzinger:«Accanto a questa grande enciclica[Ut unum sint] c’è un altro docu-mento ecumenico del Papa rimastofin troppo in ombra: la lettera apo-stolica Orientale lumen, in cui il Papaslavo dimostra tutto il suo amoreper le Chiese d’Oriente […]. Questalettera del Papa rappresenta una pic-cola, preziosa summa di spiritualitàorientale, un testo magisteriale chepotrebbe aiutate la nostra spiritualitàoccidentale, così tendente al raziona-lismo, a recuperare l’e re d i t àdell’Oriente e a riavvicinarci a parti-re dal compimento interiore della vi-ta spirituale». Quanto al fatto di es-sere un documento «rimasto fintroppo in ombra», anche a venticin-que anni di distanza le cose non so-no affatto cambiate.

I motivi ispiratoridella «Orientale lumen»

Giovanni Paolo II scrisse l’Orienta-le lumen per due principali ragioni:una guardava al passato e l’altra alfuturo. Con la prima egli intese ri-cordare il centenario della letteraapostolica Orientalium dignitas pub-blicata il 30 novembre 1894 da Leo-ne XIII, con la quale il Ponteficeprendeva una serie di decisioni prati-che e canoniche per la difesa e losviluppo delle Chiese orientali catto-liche. Lo storico Vincenzo Poggi hadefinito questo testo come «il piùimportante documento filoorientale»di Leone XIII. La seconda ragione,quella che guardava al futuro, siriassumeva nell’invito ai cattolici ditradizione latina a conoscere «l’anti-ca tradizione delle Chiese orientali»

poiché essa non è un accessorio diquella latina, ma «parte integrantedel patrimonio della Chiesa di Cri-sto» (Orientale lumen, 1). Scrive Gio-vanni Paolo II: «È necessario che an-che i figli della Chiesa cattolica ditradizione latina possano conoscerein pienezza questo tesoro e sentirecosì, insieme con il Papa, la passioneperché sia restituita alla Chiesa e almondo la piena manifestazione dellacattolicità della Chiesa, espressa nonda una sola tradizione, né tanto me-no da una comunità contro l’altra»(ibidem, 1).

A conclusione del documentoGiovanni Paolo II torna a ribadire lanecessità dell’accoglienza della tradi-zione orientale da parte della Chiesacattolica di tradizione latina: «Leparole dell’Occidente hanno bisognodelle parole dell’Oriente perché laParola di Dio manifesti sempre me-glio le sue insondabili ricchezze»(28). La lettera contiene anche unpressante invito a tutte le Chieseorientali non in comunione con laChiesa cattolica perché, insieme aessa, si dispongano a cercare una«risposta agli interrogativi che l’uo-mo oggi si pone a ogni latitudinedel mondo» (3). Al paragrafo 4 ilPapa così si esprime: «Giunge a tut-te le Chiese, d’Oriente e d’O cciden-te, il grido degli uomini d’oggi chechiedono un senso per la loro vita.Noi vi percepiamo l’invocazione dichi cerca il Padre dimenticato e per-duto (cfr. Luca, 15, 18-20; Giovanni,14, 8). Le donne e gli uomini di oggici chiedono di indicare loro Cristo,che conosce il Padre e ce lo ha rive-lato (cfr. Giovanni, 8, 55; 14, 8-11).Lasciandoci interpellare dalle do-mande del mondo, ascoltandole conumiltà e tenerezza, in piena solida-rietà con chi le esprime, noi siamochiamati a mostrare con parole e ge-sti di oggi le immense ricchezze chele nostre Chiese conservano nei for-zieri delle loro tradizioni».

Uno sguardo contemplativo dellaricca tradizione spirituale delle Chie-se d’Oriente attraversa l’intera letteraed è lo stesso sguardo ad animare ilforte desiderio di unità per tutte leChiese. Scrive Giovanni Paolo II:«Si fa in me ogni giorno più acuto ildesiderio di ripercorrere la storiadelle Chiese, per scrivere finalmenteuna storia della nostra unità»(Orientale lumen, 18).

Il contenutoDopo l’introduzione (1-4) la lette-

ra si divide in due parti: la primadal titolo «Conoscere l’Oriente cri-stiano un’esperienza di fede» (5-16)e la seconda «Dalla conoscenzaall’incontro» (17-28). Nella primaparte Giovanni Paolo II si mette «inascolto delle Chiese d’Oriente» (5)per raccontare a tutti i fondamentiteologici, «la partecipazione alla vitatrinitaria» (6) i luoghi, la Parola diDio, la liturgia come «cielo sulla ter-

ra» (11), la comunione e il servizio(14), i mezzi, il padre spirituale (13),l’esperienza del silenzio (16) e ilcompimento, la deificazione (5 e 10)e la santità (6) dell’«esperienza difede» che la tradizione orientale haelaborato lungo la storia. Egli riba-disce con forza che «il cristianoorientale ha un proprio modo disentire e di comprendere, e quindianche un modo originale di vivere ilsuo rapporto con il Salvatore» (5).

Per scrivere questa «piccola, pre-ziosa summa di spiritualità orienta-le» era necessario individuareun’«altura particolare» (9) che per-mettesse un’adeguata ed esaurientevisione dell’«esperienza di fede»propria della tradizione orientale. Inpiena sintonia con questa tradizione,il Pontefice la individua nel mona-chesimo perché in Oriente non èstato visto «soltanto come una con-dizione a parte, propria di una cate-goria di cristiani, ma particolarmentecome punto di riferimento per tutti ibattezzati, nella misura dei doni of-ferti a ciascuno dal Signore, propo-nendosi come una sintesi emblemati-ca del cristianesimo» (9).

Nella seconda parte GiovanniPaolo II affronta alcune tematiche dicarattere ecclesiologico ed ecumeni-co. Nei paragrafi 17-19, dopo un bre-ve ricordo dell’unità che nel primomillennio continuò a sussistere tra leChiese nonostante le varie contese,egli si sofferma sul «gravissimo» (17)peccato della separazione tra Romae Costantinopoli. Oggi però, grazieanche a un nuovo desiderio di unitàfrutto del Concilio Vaticano II, «ab-biamo sempre meglio appreso che alacerare il tessuto dell’unità non èstato tanto un episodio storico o unasemplice questione di preminenza,ma un progressivo estraneamento,sicché l’altrui diversità non è piùpercepita come ricchezza comune,ma come incompatibilità» (18).

A giudizio di Giovanni Paolo II ipassi fatti dopo il concilio VaticanoII hanno portato la Chiesa cattolica

a una duplice presa d’atto nei rap-porti con le Chiese orientali cattoli-che e con le altre Chiese orientalinon in piena comunione con essa:«[…] I tentativi del passato avevanoi loro limiti derivanti dalla mentalitàdei tempi e dalla stessa comprensio-ne delle verità sulla Chiesa» (20);«allo sguardo odierno appare cheuna vera unione era possibile solonel pieno rispetto dell’altrui dignità,senza ritenere che il complesso degliusi e consuetudini della Chiesa lati-na fosse più completo o più adatto amostrare la pienezza della retta dot-trina; e ancora che tale unione dove-va essere preceduta da una coscienzadi comunione che permeasse tutta laChiesa e non si limitasse a un accor-do tra vertici» (20).

A tutte le Chiese egli chiede per-ciò di «incontrarsi, conoscersi e la-vorare insieme» perché «la cono-scenza dei tesori di fede altrui […]produce spontaneamente lo stimoloper un nuovo e più intimo incontrotra fratelli, che sia di vero e sinceroscambio reciproco» (22). Tra i vari«tesori di fede altrui», che sarebbenecessario conoscere e scambiarsi, viè senz’altro quello della santità che

Orizzonte di paceIn un libro le relazioni del Patriarcato Maronita con il Regno dell’Arabia Saudita

di AMAL HAZEEN

Una relazione serena, fraternae profonda, ma sconosciutae quasi invisibile, portata al-

la luce da un importante ricercatoree promotore del dialogo interreli-gioso e della cultura della pace:l’abate Antoine Daou, dell’O rdineantoniano maronita del Libano. Miriferisco al libro pubblicato in ara-bo qualche mese fa e che dovevaavere una grande risonanza, nonsolo in Libano ma in tutto il mon-do arabo perché parla delle relazio-ni intercorse tra i patriarchi dellaChiesa maronita in Libano e i redell’Arabia Saudita, a partiredall’istituzione del regno sauditanel 1932.

Il libro intitolato La relazione delPatriarcato Maronita con il Regnodell’Arabia Saudita è stato pubblica-to a settembre 2019 e il mese dopo,cioè il 23 ottobre 2019, si doveva te-nere un evento per festeggiare lasua pubblicazione e per presentarloa Bkerké, sede del patriarcato maro-nita, alla presenza sia del patriarca,sua beatitudine il cardinale BécharaBoutros Raï, che dell’a m b a s c i a t o redell’Arabia Saudita in Libano, suaeccellenza il signor Walid Ben Ab-dulla Bukhary. Purtroppo, tre gior-ni prima, l’evento è stato annullatoe rinviato a data da destinarsi, acausa delle forti proteste dovute al-la crisi economica che sta attraver-sando il Libano.

Mi piacerebbe presentare questoimportante testo, la cui idea è nataprendendo spunto dalla memorabi-le visita del patriarca Raï, cardinaledi Santa Romana Chiesa al redell’Arabia Saudita, il 13 e il 14 no-vembre 2017; questa visita, su invitodelle autorità saudite, è un unicumnella storia dei rapporti con il Re-gno. L’abate Daou ha deciso cosìdi fare una ricerca e di scrivere que-sto libro, pubblicando anche tutti idocumenti che riguardano il rap-porto tra il patriarcato maronita el’Arabia Saudita lungo la storia. Unlibro e una relazione che acquisisco-no una notevole importanza, vistala peculiarità delle due parti in que-

stione. L’una è il patriarcato maro-nita, somma autorità cristiana ma-ronita in Libano, mentre l’altra par-te è rappresentata dai regnantidell’Arabia Saudita, paese islamicoche ospita due dei luoghi più sacridel mondo sunnita.

Il libro è composto da dieci capi-toli e un’introduzione. Il primo ca-pitolo parla dell’ultima e più im-portante tappa di queste relazioniche è la suddetta visita del patriarcamaronita in Arabia Saudita. Il se-condo capitolo spiega e riporta idue memorandum del patriarca car-dinale Raï consegnati al re SalmanBen Abd al Aziz Al Saud. Il primomemorandum è intitolato «Sullaquestione libanese», il secondo hacome titolo «Dislocamento sirianoin Libano: realtà, sfide e richieste».Il terzo capitolo invece raccontal’accoglienza che i maroniti hannoriservato ai re e agli emiri che si re-cavano in visita in Libano e a Bker-ké. Segue il quarto capitolo in cuicontinua la storia affrontando le vi-site che i patriarchi maroniti e i lorodelegati rendevano ai re, agli emirie ai responsabili sauditi nelle lorosedi in Libano. Quindi il quinto ca-pitolo prosegue esponendo e pub-blicando lo scambio epistolare trale due parti in questione.

Il sesto capitolo è dedicato ad al-cune personalità maronite che ave-vano stretto relazioni di profondaamicizia con i re e gli emiri sauditie che erano i pionieri del Rinasci-mento arabo e dello sviluppo. Suc-cessivamente nel settimo capitolo siparla dell’interazione civile e cultu-rale tra i due interlocutori per poiarrivare a esporre la cronistoriadell’Accordo di Taif che è stato unatappa fondamentale nella storia delpaese dei cedri. Nel nono capitolosi analizza la relazione tra i maroni-ti e l’Arabia Saudita parlando diuna missione islamo-cristiana diaperture e di interazioni. Il libro siconclude con il decimo capitolo in-titolato «Gli orizzonti delle relazio-ni islamo-cristiane». In quest’ultimocapitolo l’autore fa una sintesi mol-to interessante e ben precisa dellerelazioni islamo-cristiane, dei loro

effetti e dei loro orizzonti e lo fa insedici punti che fanno molto riflet-t e re .

Nel solco del pensiero, deglisforzi e del magistero della Chiesacattolica e soprattutto di PapaFrancesco — e qui non si può nonricordare la storica visita che il car-dinale Jean-Louis Tauran, presiden-te del Pontificio Consiglio per ildialogo interreligioso, ha effettuatoin Arabia Saudita alla fine di aprile2018 — questo libro viene a rinfor-zare l’impegno che la convivenza,la fratellanza e la pace non solo so-no possibili ma sono anche dovero-si, sia a livello morale che umano.Perché se cerchiamo il dialogo, ilbene dell’altro e la pace, spianere-mo la strada a una convivenza bellae luminosa, tale che il mondo assi-sterebbe a un sussulto di vera e au-tentica umanità e le relazioni uma-ne risulterebbero imperlate da si-gnificativi e veri atteggiamenti dipacifica fraternità.

Questo libro, dice l’autore, narradi una pagina importante della sto-ria delle relazioni islamo-cristianeed è allo stesso tempo un testo diricerca e di documentazione chesottolinea la profondità e l’imp or-tanza delle relazioni tra i maroniti ei sauditi. Inoltre, esso evidenzia il

ruolo dell’attuale patriarca e deisuoi predecessori, ma anche di in-tellettuali e politici maroniti, chehanno lavorato con impegno peristituire queste relazioni, svilupparlee per farle progredire.

Lo scambio epistolare tra i pa-triarchi maroniti e i re di Al Saud ei loro emiri, e i responsabili del re-gno saudita, e le loro reciproche vi-site, rappresentano un soffio delloSpirito che infonde speranza e vitanelle relazioni tra l’islam e il cristia-nesimo. Questo è, in sintesi, il nu-cleo del libro. È vero che il volumetratta di una relazione tra maronitie sauditi ma può essere guardatocome un passo in avanti nelle rela-zioni islamo-cristiane in genere e unincentivo a promuovere sempre piùtali relazioni di amicizia e di fratel-lanza.

Per dare un’adeguata rivalutazio-ne e il giusto apprezzamento alruolo che ognuno di noi ha nel dif-fondere la cultura della pace edell’amore fraterno, mi sembra do-veroso concludere proprio con leparole dell’autore: «È vero che l’es-sere umano è figlio della storia, maè più giusto dire che egli è il signo-re della storia, è il fautore della sto-ria con le sue buone opere e la suabuona volontà».

nel recente passato di molte Chieseorientali ha assunto la forma delmartirio (19).

Giovanni Paolo II formulava allo-ra il seguente auspicio: «Giudicomolto positivamente le iniziative dipellegrinaggi comuni sui luoghi do-ve la santità si è espressa in modoparticolare, nel ricordo di uomini edonne che in ogni tempo hanno ar-ricchito la Chiesa del sacrificio dellapropria vita. In questa direzione sa-rebbe poi un atto di grande signifi-cato il pervenire al riconoscimentocomune della santità di quei cristianiche negli ultimi decenni, in partico-lare nei paesi dell’Est europeo, han-no versato il sangue per l’unica fedein Cristo» (25).

ConclusioneNel bellissimo paragrafo conclusi-

vo il Papa tornava a parlare della«nostalgia santa dei secoli vissutinella piena comunione delle fede edella carità [che] ci urge, ci grida inostri peccati, le nostre reciprocheincomprensioni» (28). In un auspi-cio che diventava preghiera cosìesclamava: «Voglia Dio far breve il

tempo e lo spazio. Presto, moltopresto Cristo, l’Orientale lumen, ciconceda di scoprire che in realtà, no-nostante tanti secoli di lontananza,eravamo vicinissimi, perché insieme,forse senza saperlo, camminavamoverso l’unico Signore, e quindi gliuni verso gli altri» (28).

Nei mesi successivi alla pubblica-zione, la lettera fu variamente accol-ta e fatta oggetto di osservazioni ecritiche. Tra le numerose reazioni va-le la pena ricordare quella interes-sante della poetessa russa Ol’ga Se-dakova, che dopo aver ricordato co-me la Orientale lumen fosse «un’ispi-rata lode delle ricchezze spiritualidel cristianesimo orientale», si ram-maricava che, a un anno di distanzadalla pubblicazione, dal mondo or-todosso non fosse ancora giunta unalettera contenente «una analoga lodedella tradizioni occidentale».

Giovanni Paolo II avrà modo dimanifestare nuovamente il suo amo-re per l’Oriente cristiano nel 1996quando da giugno a novembre illu-strerà con il breve testo di ben quat-tordici Angelus i vari aspetti e ric-chezze del cristianesimo orientale.

Il pellegrinaggio alla Meccalimitato ai soli residenti nel Regno

†Sua Eccellenza Rev.ma Mons. SergioPagano, Prefetto dell’Archivio Aposto-lico Vaticano, il Vice Prefetto, con tut-to il Personale, partecipa al dolore deifamigliari per la morte di

Monsignor

UGO DOVEREdella Diocesi di Napoli, professore diStoria della Chiesa, offrendo preghieredi suffragio cristiano per l’anima deldefunto.

RI YA D H , 23. L’hajj, il grande pelle-grinaggio annuale alla Mecca, quin-to pilastro dell’islam, in programmadalla sera del 28 luglio alla sera del2 agosto, si farà ma — a causa dellapandemia di covid-19 — potrà parte-ciparvi «un numero molto limitato»di fedeli ovvero solo le persone, diqualsiasi nazionalità, che «si trovanoall’interno del regno». Ad annun-ciarlo è stato, ieri sera, il ministerosaudita dell’Hajj e dell’Umra: «Allaluce del fatto che il coronavirus si è

Giovanni Paolo II abbraccia il cardinale Lubomyr Husar (27 giugno 2001) durante il suo viaggio apostolico in Ucraina

diffuso in oltre centottanta paesi nelmondo, e che i decessi correlati han-no colpito quasi mezzo milione dipersone e più di sette milioni di casisono stati confermati a livello globa-le», e «considerando che la malattiasi diffonde negli incontri affollatidove è difficile mantenere un distan-ziamento sociale sicuro», il regno,per salvaguardare la salute pubblica,«ha deciso che quest’anno l’hajj sisvolgerà con un numero molto limi-tato di pellegrini di varie nazionalitàche già risiedono in Arabia Saudi-ta». Il ministero incaricato sottolineache il pellegrinaggio si terrà osser-vando «tutte le misure preventive e iprotocolli di distanza sociale neces-sari per proteggere gli esseri umanidai rischi associati a questa pande-mia e in conformità con gli insegna-menti dell’islam nel preservare le vitedegli esseri umani». Fin dall’iniziodella crisi sanitaria l’Arabia Saudita(che a oggi ha registrato 157.612 casiconfermati e 1267 decessi) si è mossaper arginare il contagio, limitandofortemente la circolazione delle per-sone soprattutto nella capitale Riya-dh e nelle città sante della Mecca edi Medina, e sospendendo l’i n g re s s oai pellegrini dell’u m ra , che, a diffe-renza dell’hajj, può compiersi inqualsiasi periodo dell’anno.

Page 7: Per uscire dalla crisi l’Onu chiede condizioni di lavoro …...amori e i nostri dolori, tutto condividendo, nella coscienza che nes suno è degno, ma tutti siamo stati resi degni

L’OSSERVATORE ROMANOmercoledì 24 giugno 2020 pagina 7

Auspicio del nuovo presidente dei vescovi portoghesi

C o s t ru i reun’umanità migliore

Nuove sfidedopo la crisi sanitaria

I temi discussi all’assemblea dell’episcopato austriaco

VIENNA, 23. Le conseguenze del-l’epidemia di coronavirus sulla vitae il futuro della Chiesa, specialmen-te a livello economico e finanziario;la lotta contro i cambiamenti clima-tici e la protezione della Casa comu-ne; la «strumentalizzazione della re-ligione» a scopi politici: questi sonostati i temi principali evocati in oc-casione della conferenza stampa dichiusura dell’assemblea plenaria deivescovi austriaci (Öbk) al santuarionazionale mariano di Mariazell, se-gnata dallo storico passaggio diconsegne tra il cardinale ChristophSchönborn, arcivescovo di Vienna, emonsignor Franz Lackner, arcivesco-vo di Salisburgo, alla guida dell’epi-scopato in Austria.

Nel valutare l’impatto della crisidel Covid-19, monsignor Lackner haaffermato che questa pandemia hacausato «una grande incertezzanell’episcopato». Parlando ai gior-nalisti a Vienna, il vescovo ha evi-denziato che, tramite un continuoscambio con esperti di medicina epolitica, è stato compiuto il massi-mo sforzo per evitare l’infezione dalvirus. Si prevede tuttavia che lapandemia avrà anche conseguenzefinanziarie per la Chiesa: «qualchenotizia ci sta arrivando» al riguardo,indica Lackner. Ciò nonostante, l’ar-civescovo di Salisburgo ha confer-mato che verranno soddisfatte le ri-chieste dei più bisognosi. Personal-mente «sconvolto» dal dover cele-brare la messa nella cattedrale diSalisburgo vuota, il presule ha rin-graziato i media che hanno permes-so ai fedeli di poter comunque se-guire le liturgie grazie alle trasmis-sioni in diretta, «con una rispostadel pubblico di grande interesse». Ilnuovo presidente dell’Öbk ha rico-nosciuto che per una celebrazioneeucaristica in senso pieno «c’è biso-gno della presenza fisica». Allo stes-so tempo è importante ora sviluppa-re una «teologia del digitale».

Commentando la sua elezione,monsignor Lackner ha spiegato cheDio lo aveva sempre sorpreso nellasua vita e che mai si sarebbe aspet-

tato di essere arcivescovo e ora pre-sidente della Conferenza episcopaleaustriaca, lui che proviene da unafamiglia povera e che ha completatoil suo apprendistato da elettricista«con fatica». Il presule ha poi rin-graziato il suo predecessore per i 22anni passati a dirigere l’Öbk. Anchein tempi difficili, «quando era ilmomento di chiedere perdono», ilcardinale Schönborn è stato per luiun modello da cui aveva imparatomolto.

I due leader cattolici austriaci, daVienna, si sono espressi inoltre con-tro ogni «strumentalizzazione dellareligione», e hanno chiesto il rispet-to delle religioni e il mantenimentodella pace religiosa in Austria.All’origine del loro richiamo, riferi-sce il comunicato finale dell’Öbk, èun intervento del capo del partitopopulista FpÖ, Norbert Hofer, cheil 16 giugno, nell’ambito di unacampagna elettorale, aveva dichiara-to che il corano era «più pericolosodel coronavirus». Da qui le protestedella comunità musulmana e le nu-merose critiche giunte da ambienticristiani. Lackner, in qualità di nuo-vo presidente dell’Öbk, ha fatto ri-ferimento al documento finale dellaplenaria nel quale l’episcopato au-striaco prende le distanze dall’abuso

e dalla strumentalizzazione della re-ligione per scopi politici. L’a rc i v e -scovo di Salisburgo ha ribadito chenel dibattito politico bisogna sem-pre osservare un livello minimo dirispetto e apprezzamento per le reli-gioni e i credenti e il cardinaleSchönborn ha parlato di un neces-sario «disarmo delle parole». Labuona cooperazione tra lo Stato e lecomunità religiose in Austria, «chealcuni ci invidiano» — ha aggiuntol’arcivescovo di Vienna — deve esse-re preservata, così come il buon rap-porto tra le religioni.

Nella loro dichiarazione finale, ivescovi austriaci hanno anche riba-dito che «a lungo termine, le conse-guenze del cambiamento climaticoglobale saranno molto più devastan-ti di quelle dell’attuale pandemia».Ecco perché è necessario secondoloro incoraggiare la diffusione diuno «spirito di consapevolezza edeterminazione». «Siamo convinti —affermano — che la crisi può avereun effetto positivo in Austria e nelmondo solo se porta a cambiamenticoncreti e fondamentali dello stile divita, in modo che la famiglia umanapossa vivere bene in pace e giustizianella casa comune della creazionedonata da Dio».

FÁT I M A , 23. «Dobbiamo costruireun mondo che non sia del tuttouguale, che usi tutta la ricchezzache abbiamo, ma che sia anche ingrado di sognare nuovi mondi, im-parando da tutti gli sforzi che sonostati fatti in questo momento percostruire un’umanità migliore pertutti». È questo l’auspicio espressodal vescovo di Setúbal, José Orne-las Carvalho, eletto nuovo presiden-te della Conferenza episcopale por-toghese riunitasi in plenaria a Fáti-ma dal 15 al 17 giugno scorsi. Al ter-mine dei lavori è stato redatto undocumento che rappresenta, haspiegato il presule, una riflessionesulla ricostruzione della società inPortogallo dopo la pandemia di co-ro n a v i ru s .

L’insegnamento principale datrarre dalla sofferenza e dal dolorecausati dal covid-19, è scritto neldocumento, «è la riscoperta del va-lore di ogni vita umana, poiché soloquel valore può giustificare le con-seguenze delle misure prese per pre-venire la diffusione della malattia».Insieme ad esso è stato rivalutato,proseguono i vescovi, anche il valo-re della missione degli operatori delsettore sanitario che meritano un ri-conoscimento per l’attenzione rivol-ta ai malati. Soprattutto per l’ammi-revole dedizione alla cura degli an-ziani, cercando di alleviare le lorosofferenze e fragilità. Se però dauna parte si è ritrovata l’imp ortanzadi difendere la vita umana dall’al-tro, evidenziano i presuli, ci si è tro-vati di fronte alla sua precarietà.Questa, pertanto, «deve essere an-che un’occasione per riscoprire Dio,al quale dobbiamo questa vita e checi chiama a condividere con luiun’altra Vita, di pienezza ed eterni-tà».

Un altro aspetto drammatico cau-sato dalla malattia infettiva è quellorelativo alla crisi economica, si sot-tolinea nel documento. «La pande-mia ci ha fatto sentire che siamo

una sola famiglia umana e che “sia-mo tutti nella stessa barca”». Sareb-be positivo se questa consapevolez-za «fosse estesa ad altre aree dellavita sociale, prima di tutto al mododi affrontare la crisi economica e so-ciale che stiamo già vivendo». Il su-peramento di questa situazione ri-chiede però una coesione senza pre-cedenti tra attori sociali e politici.«Lo Stato ha un ruolo importante— viene ribadito — ma forse ancorapiù importante è quello della socie-tà civile. Questa crisi sembra esseresenza precedenti nella sua gravità e,pertanto, richiede uno sforzo di so-lidarietà senza precedenti».

Quali sono allora le basi da cuiripartire per ripensare il sistemaeconomico? «Preservare ciò che èbuono e correggere ciò che è nega-tivo e ingiusto — suggeriscono i pre-suli — come la disuguaglianza e ladistruzione dell’ambiente». Un’o c-casione unica, in sostanza, per darvita a un progetto «in cui i valoridella solidarietà non solo muovanole azioni di sostegno sociale, ma pe-netrino anche nell’economia e nelmercato». Solamente in questo mo-do sarà possibile creare posti di la-voro «attraverso metodi più rapidied economici, con requisiti struttu-rali a più lungo termine che richie-dono investimenti più in linea congli obiettivi di sviluppo sostenibile.Dobbiamo resistere — ammoniscono— alla tentazione di guardare a bre-ve termine dimenticandoci di peri-coli molto più gravi che potrebberoverificarsi in un futuro forse non co-sì lontano». Globalizzazione dellasolidarietà, dunque, partendo pro-prio da interventi sulla sanità pub-blica: ad esempio, rendere accessibi-le a tutti il futuro vaccino contro ilcovid-19. Anche a questo sono chia-mati i governi dell’Unione europea,è scritto nel documento, affrontan-do una sfida «che potrebbe esserela più grande della loro storia».

In GermaniaChiesa e Stato

uniti controgli abusi sessuali

BE R L I N O, 23. Un testo congiuntoche definisce nuovi criteri e stan-dard vincolanti per trattare in ma-niera indipendente la questionedegli abusi sessuali nella Chiesacattolica in Germania è stato fir-mato ieri dalla Conferenza episco-pale tedesca (Dbk) e dal Commis-sario indipendente del governo fe-derale sui problemi relativi agliabusi sessuali su minori, Johan-nes-Wilhelm Rörig. «Questa di-chiarazione — commenta quest’ul-timo — è la base decisiva per untrattamento trasparente, ed esem-plare per altri attori sociali» nelpaese. Con l’adozione del testo, sicongratula, «i vescovi hanno presouna decisione irreversibile e vinco-lante per consentire indagini indi-pendenti sugli abusi sessuali nelmondo cattolico», un traguardotanto auspicato dalle vittime.D’ora in poi, il trattamento dei ca-si «può avvenire in tutte le diocesisecondo standard e criteri unifor-mi; trasparenza, omogeneità e sen-sibilità verso le persone interessatestanno diventando vincolanti»,sottolinea Rörig. Per il rappresen-tante della Dbk incaricato dellequestioni relative agli abusi ses-suali nella Chiesa e alla protezio-ne dei minori, monsignor StephanAckermann, la firma della dichia-razione congiunta dimostra che ivescovi e le diocesi in Germaniaassumono la loro responsabilitàistituzionale per le ingiustiziecommesse da membri della Chie-sa. Il vescovo di Trier ritiene posi-tivo che rappresentanti ecclesiali,esperti indipendenti in ambitoscientifico, giuridico e amministra-tivo, nonché le persone colpite, la-vorino insieme a questo nuovoprogetto. Allo stesso tempo, con-clude, i numerosi sforzi compiutifino ad ora dalle diocesi e le co-noscenze già acquisite vanno inte-grate nel processo.

Certe critiche all’attuale pontificato contestano il Vaticano II

Lo sviluppo della dottrinaè la fedeltà nella novità

di SERGIO CE N T O FA N T I

Alcune critiche di caratteredottrinale all’attuale pontifi-cato stanno mostrando una

graduale ma sempre più netta presadi distanza dal concilio Vaticano II.Non da una certa interpretazione dialcuni testi, ma dai testi conciliaristessi. Alcune letture che insistononel contrapporre Papa Francesco aisuoi immediati predecessori finisco-no così per criticare apertamente an-che san Giovanni Paolo II e Bene-detto XVI o comunque fanno passaresotto silenzio alcuni aspetti fonda-mentali del loro ministero che rap-presentano evidenti sviluppi dell’ul-timo concilio.

Un esempio di quanto appenadetto è stato, di recente, il 25o anni-versario dell’enciclica Ut unum sintnella quale Papa Wojtyła affermache l’impegno ecumenico e il dialo-go con i non cattolici sono unapriorità della Chiesa. L’anniversarioè stato ignorato da quanti oggi ri-propongono una interpretazione ri-duttiva della Tradizione, chiusa aquel “dialogo dell’a m o re ”, oltrequello dottrinale, promosso dal Pa-pa polacco in obbedienza all’a rd e n -te desiderio di unità di nostro Si-g n o re .

Altrettanto trascurato è stato unaltro importante anniversario: la ri-chiesta di perdono giubilare forte-mente voluta da san Giovanni PaoloII il 12 marzo di vent’anni fa. È pro-rompente la forza profetica di unPontefice che chiede perdono per ipeccati compiuti dai figli dellaChiesa. E quando si parla di “figli”sono compresi anche i papi. Si sa:chi chiede perdono per gli sbaglicompiuti si mette in una rischiosasituazione di revisione. Wojtyła hascelto profeticamente la strada dellaverità. La Chiesa non può e non de-ve avere paura della verità. L’alloracardinale Joseph Ratzinger, prefettodella Congregazione per la dottrinadella fede, sottolineava la «novità diquesto gesto», un «atto pubblico dipentimento della Chiesa per i pec-cati del passato e di oggi»: un «meaculpa del Papa in nome della Chie-sa», un gesto davvero «nuovo, matuttavia in una profonda continuitàcon la storia della Chiesa, con lasua autocoscienza».

Tante leggende nere sono statefomentate su Inquisizione, roghi eintolleranze varie della Chiesa lungola storia, esagerando, falsificando,calunniando e decontestualizzandoper cancellare dalla memoria l’ap-porto grande e decisivo del cristia-nesimo all’umanità. E gli storicihanno spesso ricondotto a veritàtante distorsioni e mitizzazioni dellarealtà. Ma questo non impedisce difare un serio esame di coscienza per«riconoscere — afferma GiovanniPaolo II — le deviazioni del passato»e «risvegliare le nostre coscienze difronte ai compromessi del presen-te». Di qui la richiesta di perdononel 2000 «per le divisioni che sonointervenute tra i cristiani, per l’usodella violenza che alcuni di essihanno fatto nel servizio alla verità, eper gli atteggiamenti di diffidenza edi ostilità assunti talora nei confron-ti dei seguaci di altre religioni»(Messa per la Giornata del perdono,12 marzo 2000).

«Col progresso del tempo — af-ferma nel 2004 — la Chiesa, guidatadallo Spirito Santo, percepisce conuna coscienza sempre più viva qualisiano le esigenze della sua confor-mità» al Vangelo che rifiuta i meto-di intolleranti e violenti che nellastoria hanno deturpato il suo volto(Lettera al cardinale Etchegaray in oc-casione della pubblicazione degli attidel simposio internazionale «L’Inquisi-zione», 29-31 ottobre 1998).

Un caso particolarmente significa-tivo è stato quello di Galileo Galilei,il grande scienziato italiano, un cat-tolico, che — ha detto GiovanniPaolo II — «ebbe molto a soffrire,non possiamo nasconderlo, da partedi uomini e organismi della Chiesa»(Discorso per la commemorazione dellanascita di Albert Einstein, 10 novem-bre 1979). Papa Wojtyła esamina lavicenda «alla luce del contesto stori-co dell’epoca» e «della mentalità diallora». La Chiesa, pur fondata daCristo, «resta tuttavia costituita dauomini limitati e legati alla loroepoca culturale». Anch’essa «imparacon l’esperienza» e la vicenda diGalileo «ha permesso una matura-zione e una comprensione più giu-sta della sua autorità». Cresce lacomprensione della verità: non è da-

ta una volta per sempre (Discorso adun gruppo di scienziati e di ricercatori,9 maggio 1983).

Wo j t y ła ricorda che «la rappre-sentazione geocentrica del mondoera comunemente accettata nellacultura del tempo come pienamenteconcorde con l’insegnamento dellaBibbia, nella quale alcune espressio-ni, prese alla lettera, sembravano co-stituire delle affermazioni di geocen-trismo. Il problema che si poserodunque i teologi dell’epoca eraquello della compatibilità dell’elio-centrismo e della Scrittura. Così lascienza nuova, con i suoi metodi ela libertà di ricerca che essi suppon-gono, obbligava i teologi a interro-garsi sui loro criteri di interpretazio-ne della Scrittura. La maggior parte

vita civile». La conseguenza di que-sta visione era la «tentazione inte-gralista di escludere dalla comunitàtemporale coloro che non professa-vano la vera fede» (Discorso durantela visita al Parlamento europeo, 11 ot-tobre 1988).

Ancora nel 1791, in una lettera aivescovi francesi, Pio VI criticava laCostituzione varata dall’Assembleanazionale che stabiliva «come unprincipio di diritto naturale chel’uomo vivente in Società debba es-sere pienamente libero, vale a direche in materia di Religione egli nondebba essere disturbato da nessuno,e possa liberamente pensare comegli piace, e scrivere e anche pubbli-care a mezzo stampa qualsiasi cosain materia di Religione». E nel 1832,l’enciclica Mirari vos di GregorioXVI parla della libertà di coscienzacome «errore velenosissimo» e «de-lirio», mentre Pio IX nel Sillabo del1864 condanna tra «i principali erro-ri dell’età nostra» la concezione chenon convenga più «che la religionecattolica si ritenga come l’unica reli-gione dello Stato, esclusi tutti gli al-tri culti, quali che si vogliano» e ilfatto che «in alcuni paesi cattolici siè stabilito per legge che a coloro iquali vi si recano, sia lecito averepubblico esercizio del culto propriodi ciascuno».

Il concilio Vaticano II, con le Di-chiarazioni Dignitatis humanae sullalibertà religiosa e Nostra aetate suldialogo con le religioni non cristia-ne compie un salto che ricorda ilconcilio di Gerusalemme della pri-ma comunità cristiana che apre laChiesa a tutta l’umanità. Di fronte aqueste sfide, Giovanni Paolo II af-ferma che «il pastore deve mostrarsipronto a un’autentica audacia».

Nel 1988 si verifica lo scisma deitradizionalisti lefebvriani. Rifiutanogli sviluppi apportati dal concilioVaticano II: dicono che è stata crea-ta una nuova Chiesa. Benedetto XVIusa un’immagine forte quando liesorta a non «congelare l’autoritàmagisteriale della Chiesa all’anno1962» (Lettera ai vescovi della Chiesacattolica riguardo alla remissione dellascomunica dei 4 vescovi consacratidall’arcivescovo Lefebvre, 10 marzo2009). Era già accaduto nel 1870: i“vecchi cattolici” condannano ilconcilio Vaticano I per il dogmadell’infallibilità pontificia.

La Chiesa cattolica ha camminatonella storia attraversando oltre 20concili: ogni volta c’è stato qualcu-no che non accettava i nuovi svilup-pi e si fermava. Pio IX nel 1854 pro-clama il dogma dell’ImmacolataConcezione. Ma un grande santo,Bernardo di Chiaravalle, pur essen-do uno dei più ardenti propagatoridella devozione mariana, qualchesecolo prima esprimeva la sua con-trarietà a questa verità: «Sono mol-to preoccupato, visto che molti divoi hanno deciso di mutare le con-dizioni di importanti eventi, comead esempio introdurre questa festasconosciuta dalla Chiesa, non ap-provata certo dalla Ragione, e nongiustificata neppure dall’antica Tra-dizione. Siamo noi davvero più eru-diti e pii dei nostri antichi padri?».Siamo nel XII secolo. La Chiesa, daallora, ha introdotto altre feste sco-nosciute che probabilmente avreb-bero scandalizzato molti fedeli vis-suti nei secoli precedenti.

Gesù ha affermato di non esserevenuto ad abolire la Legge, «ma adare pieno compimento» (Mt 5, 17).Ha insegnato a non trasgredireneanche «uno solo di questi precet-ti, anche minimi» (Mt 5, 19). Eppu-re era accusato di violare le normemosaiche, come il riposo del sabatoo il divieto di frequentazione deipubblici peccatori. E gli apostolicompiono il grande salto: abolisco-no l’obbligo sacro della circoncisio-ne, risalente addirittura ad Abramoe in vigore da 2000 anni, e apronoai pagani, cosa impensabile a queltempo. «Ecco — dice il Signore — iofaccio nuove tutte le cose» (Ap 21,5). È il «vino nuovo» dell’a m o reevangelico che subisce sempre il ri-schio di essere messo negli «otrivecchi» delle nostre sicurezze reli-giose, che tante volte mettono a ta-cere il Dio vivo che non smette diparlarci. È la sapienza del «discepo-lo del regno dei cieli» che cerca lapienezza della Legge, la giustiziache supera quella degli scribi e deifarisei, estraendo «dal suo tesoro co-se nuove e cose antiche» (Mt 13,52). Non solo cose nuove, non solocose antiche.

non seppe farlo. Paradossalmente,Galileo, sincero credente, si mostròsu questo punto più perspicace deisuoi avversari teologi» cadutinell’errore cercando di difendere lafede.

«Il capovolgimento provocato dalsistema di Copernico» generava così«ripercussioni sull’i n t e r p re t a z i o n edella Bibbia»: Galileo, non un teo-logo, ma uno scienziato cattolico,«introduce il principio di una inter-pretazione dei libri sacri, al di là an-che del senso letterale, ma conformeall’intento e al tipo di esposizionepropri di ognuno di essi» secondo igeneri letterari. Una posizione con-fermata da Pio XII nel 1943 con l’en-ciclica Divino afflante Spiritu (Gio-vanni Paolo II, Discorso ai parteci-panti alla sessione plenaria della Pon-tificia accademia delle scienze, 31 otto-bre 1992).

Analoga crescita della consapevo-lezza della Chiesa si è verificata conla teoria dell’evoluzione che sembra-va contraddire il principio dellacreazione. Una prima apertura fuquella dello stesso Papa Pacelli conl’enciclica Humani generis del 1950:il prossimo 12 agosto compie 70 an-ni. Giovanni Paolo II afferma che«la creazione si pone nella lucedell’evoluzione come un avvenimen-to che si estende nel tempo — comeuna “creatio continua” — in cui Diodiventa visibile agli occhi del cre-dente come Creatore del Cielo edella terra» (Discorso ai partecipantial simposio internazionale su «Fedecristiana e teoria dell’evoluzione», 26aprile 1985). Papa Francesco sottoli-nea che «quando leggiamo nellaGenesi il racconto della Creazionerischiamo di immaginare che Diosia stato un mago, con tanto di bac-chetta magica in grado di fare tuttele cose. Ma non è così. Egli ha crea-to gli esseri e li ha lasciati sviluppa-re secondo le leggi interne che Luiha dato ad ognuno, perché si svi-luppassero, perché arrivassero allapropria pienezza (...) Il Big-Bang,che oggi si pone all’origine delmondo, non contraddice l’interventocreatore divino ma lo esige. L’evolu-zione nella natura non contrasta conla nozione di Creazione, perchél’evoluzione presuppone la creazio-ne degli esseri che si evolvono» (Di-scorso in occasione dell’i n a u g u ra z i o n edi un busto in onore di Benedetto XVI,27 ottobre 2014).

Nel Nuovo Testamento, ma nonsolo, ci sono richiami profondissimialla libertà che hanno cambiato lastoria: ma vengono scoperti poco apoco. Papa Bonifacio VIII con labolla Unam sanctam del 1302 ribadi-va la superiorità dell’autorità spiri-tuale su quella temporale. Era un’al-tra epoca. Quasi 700 anni dopoGiovanni Paolo II, parlando a Stra-sburgo, osserva che la cristianitàmedievale non distingueva ancora«tra la sfera della fede e quella della

Page 8: Per uscire dalla crisi l’Onu chiede condizioni di lavoro …...amori e i nostri dolori, tutto condividendo, nella coscienza che nes suno è degno, ma tutti siamo stati resi degni

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 mercoledì 24 giugno 2020

OSPEDALE DA CAMPO«Io vedo con chiarezza che la cosa di cui la Chiesa ha più bisogno oggi

è la capacità di curare le ferite e di riscaldare il cuore dei fedeli, la vicinanza, la prossimità.

Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia...

Curare le ferite, curare le ferite... E bisogna cominciare dal basso»

Come portare Dio fra gli uomini: intervista a don Giovanni Carpentieri

Un catino, un asciugamanodell’acqua e un grembiule

di MAU R O LEONARDI

Don Giovanni Carpentieri, ro-mano di nascita, è prete ededucatore professionale. Or-

dinato dal cardinale Ruini, ha fattoil Seminario Romano e svolge il suoincarico pastorale sul fronte del disa-gio giovanile, servizio che portaavanti da 17 anni prima con lo stessoRuini, poi con il cardinale Vallini eattualmente con il cardinale AngeloDe Donatis.

Don Giovanni, perché noi “non vedia-mo” i giovani che lei incontra? Perché iragazzi che stanno male per noi adultisono invisibili?

Io mi diverto ad “i n v e r t i re ” la fa-mosa espressione di Papa Francesco

a proposito di “periferie esistenziali”e parlo di “esistenze periferiche”.Queste esistenze periferiche sonodappertutto a Roma: vanno dallaRoma bene alla Roma messa male.Perché non si tratta di individuare ilgiovane tossico, o il tossico non gio-vane, ma si tratta di intercettare esi-stenze che, svuotate di vita e riempi-te di mammona, di egoismi, invecedi comunicare vita, succhiano quelladegli altri a proprio vantaggio. Que-ste esistenze periferiche sono dap-pertutto, ce ne sono tantissime. Oc-corre fare come Gesù. Si tratta diabitare queste realtà, senza annetter-le, ma viverle mettendosi al servizioe comunicando loro vita. Compitodi noi cristiani è quello di stare lì edandare ad intercettare queste esisten-ze, trovare quella fascia che non arri-

va ai servizi sociali, non arriva allascuola, non arriva a un dialogo fami-liare o psicologico, che è invisibilefino a quando esplode all’i m p ro v v i s oquando ne leggiamo i drammi suigiornali.

Perché non si è accontentato di fare ilprete normale?

Prima non mi ero affatto accon-tentato di fare il prete e come lo fac-cio ora, per me, non è normale, manormalissimo! Tutto nasce in Semi-nario. Ricevetti una formazione —mi piace definirla “addestramento”,con riferimento al Salmo 143 dove sidice che il Signore addestra le miemani alla “battaglia” — che non fuspecifica, anzi, fu quasi casuale. Nonè stata una formazione progettata a

Il Villaggio dell’Arca in Kazakhstan

All’altezzadel nostro essere umani

di CRISTINA UGUCCIONI

Un bambino rifiutato e ab-bandonato, un bambinosofferente nel corpo o nello

spirito, è figlio di tutti. E quandodonne e uomini decidono di allearsie lavorare insieme per curare le sueferite e aiutarlo a costruire un futu-ro buono, lì si compie un’opera in-dubitabilmente all’altezza del no-stro essere “umani”. Lì si stringonoquei legami speciali che tengono inpiedi il mondo. Accade ogni gior-no, in molti luoghi della terra: an-che in Kazakhstan, vastissimo Paeseabitato da 17 milioni di persone ap-partenenti a 130 nazionalità diversenel quale i musulmani costituisconoil 70-75 per cento della popolazio-ne, gli ortodossi il 20-25 per cento,mentre i cattolici sono circa 50.000.

Qui, nella cittadina di Talgar,sorge il Villaggio dell’Arca, fondatoe diretto da padre Guido Trezzani,64 anni, dal 2019 anche direttoredella Caritas kazaka. Nel 1997,quando viveva ad Almaty (la cittàpiù popolosa del Paese), iniziò a la-vorare con i volontari che prestava-no servizio negli orfanotrofi locali.

Nel 2000, insieme a un piccologruppo di volontari e grazie all’aiu-to di amici italiani, decise di fonda-re nelle vicinanze di Almaty, a Tal-gar, una casa famiglia per dare ac-coglienza a bambini e ragazzi orfa-ni, disabili o provenienti da fami-glie che attraversavano momenti didifficoltà. La casa famiglia, situatain una colonia estiva del tempo so-vietico, nel corso degli anni è stataampliata sempre più sino a diventa-re il Villaggio dell’Arca che ospitamediamente sessanta bambini e ra-gazzi ed è composto da abitazioni,scuola, mensa, laboratori di artigia-nato, terreni coltivati, centro medi-co e riabilitativo.

Qui, insieme a padre Guido, la-vorano stabilmente trenta persone(anche musulmane) cui si aggiun-gono numerosi volontari locali chenel corso negli anni sono andati au-mentando.

«Il Villaggio — racconta padreGuido — è nato per rispondere albisogno di famiglia e di affetti soli-di di giovani in molti modi provatidalla vita. La nostra proposta edu-cativa, diversa da ogni altra presen-te in Kazakhstan, si fonda su duecapisaldi. Il primo è la centralitàdella persona: ogni bambino è uni-co e prezioso, ed è seguito, amato eaccudito come un figlio. Ci impe-gniamo affinché possa sperimentarel’affetto incondizionato, il calore ela sicurezza di una famiglia».

Il secondo caposaldo è la dimen-sione del villaggio: «Desideriamooffrire a ogni giovane un ampioventaglio di opportunità in modoche possa sviluppare i propri talentie trovare la propria strada: per que-

sto abbiamo voluto costruire un’al-leanza educativa tra adulti generosie disponibili, aperta al contributodi tutti. Io, ad esempio, do ai mieiragazzi lezioni di chitarra ma se miaccorgo che uno di loro è partico-larmente dotato lo indirizzo subitoa un maestro di musica più qualifi-cato di me, che è pronto a impe-gnarsi. Questa alleanza tra adultiper il bene delle giovani generazio-ni va sempre alimentata e ampliata:è fondamentale, decisiva sul pianoeducativo. Papa Francesco lo hasaggiamente sottolineato quando hapromosso l’evento mondiale (riman-dato a causa della pandemia) intito-lato “Ricostruire il patto educativoglobale”. Quell’alleanza di cui luiparla è la medesima che ispira lanostra opera».

I giovani accuditi da padre Gui-do e dai suoi collaboratori frequen-tano gli istituti scolatici statali dellazona mentre nella scuola del Villag-gio possono seguire corsi per ap-profondire alcune materie (ad esem-pio, lingue, informatica, musica).Nel Villaggio è stato avviato unprogetto agricolo e sono state aper-te una serra, una sartoria, una fale-gnameria, tutte attività nelle quali iragazzi, anche quelli con disabilità,possono imparare un mestiere e la-vorare. I ragazzi che invece deside-rano frequentare corsi esterni o av-viare una attività in proprio sonoaccompagnati nel percorso e soste-nuti economicamente.

In Kazakhstan, purtroppo, la di-sabilità è spesso vista come una ver-gogna o una maledizione, sottoli-nea padre Guido. La società non èpronta ad accogliere serenamente idisabili, ai quali sono ancora pre-clusi le scuole statali e il mondo dellavoro. Nel Villaggio i bambini e iragazzi disabili frequentano la scuo-la interna seguendo un programmadi attività proporzionato alle capa-cità di ciascuno. Hanno a disposi-zione un centro riabilitativo (apertoanche alle persone disabili che vivo-no nella zona) e possono lavorareinsieme agli altri giovani.

Padre Guido, proprio per offrirea tutti i ragazzi ulteriori strade peredificare un futuro buono, sta pro-

gettando nuove iniziative fra lequali una fattoria con gli animali,nuovi laboratori di artigianato ecorsi di tecnologia: «Vogliamo ac-compagnare tutti, siamo una gran-de famiglia attenta a ogni figlio: equesto è un legame invincibile.Molti ragazzi che hanno vissuto quisono ormai grandi, hanno messo sucasa e famiglia: spesso mi vengonoa trovare e mi commuovo sempremolto quando sento che trasmetto-no ai loro figli (che mi chiamano“nonno”) insegnamenti che hannoricevuto qui».

È la catena delle generazioni nel-la quale gli esseri umani si impe-gnano a far passare le cose migliori.È la catena nella quale il Figlio èentrato e alla quale si è irrevocabil-mente legato.

tavolino ma piano pianino, in ma-niera casalinga, anzi casareccia,a mozzichi e bocconi. Cominciai acapire come si sta in una comitivapomeridiana, cosa significava avereun ragazzo in dipendenza, cosa erauna comunità, come s’incontrano iragazzi in una classe di scuola, inuna discoteca o in una famiglia cheha il figlio agli arresti domiciliari,ecc...

Arriviamo così al 2003. Che cosa ac-cadde?

Dopo 11 anni di normalissimo vi-ceparroco in alcune parrocchie diRoma, mi decisi a chiedere al cardi-nale Ruini, attraverso l’intelligentemediazione dell’allora vescovo vice-gerente monsignor Nosiglia, di poteravviare il mio desiderio pastorale:chiesi di occuparmi di disagio giova-nile. Una vecchia denominazioneparlerebbe di “pastorale di strada”,qualificazione che non mi piace: ioad essa, invece, preferisco “p eriferieesistenziali”, il modo di dire di PapaFrancesco. Nel mio caso chiedevo dioccuparmi di periferie esistenzialigiovanili. Ruini mi diede il permes-so. Così, partii. E posso dire chetante cose belle sono state fatte inquesti 16 anni.

Mi spiegava che per la sua attivitàpastorale centrale è il vangelo del BuonSamaritano.

Sì. L’icona che abbiamo presenteè quella del Buon Samaritano. Cosafa il Buon Samaritano? Incontratolo sventurato on the road, attivauna serie di step. Per prima cosa selo prende in carico, poi lo porta inuna locanda, in terzo luogo attiva ri-sorse umane (il locandiere), di spa-zio (la locanda), poi ci mette anchequalche suo soldino, e infine rimanelì tutta la notte e, promettendo unsuo ritorno, garantisce pure quellache noi oggi chiameremmo “una su-p ervisione”! È un progetto di pro-mozione umana. Perché questi ra-gazzi, ancor prima di aver perso ilsenso della fede — della quale nonimporta loro nulla — hanno smarritoil senso della vita. Quindi noi dob-biamo fare come faceva Gesù. Gesùabitava le periferie e comunicava vi-ta. La Buona Notizia di Gesù non èfornire un complesso dottrinale epoi chiedere di aderire a quel com-plesso, ma consiste nel comunicarevita, dare umanità, umanizzare l’uo-mo laddove non c’è più né dignitàné libertà perché è stato fatto ogget-to di sistemi oppressivi religiosi e ci-vili. Sistemi che, nel caso dei ragaz-zi, sono la dipendenza dalla droga,dall’alcol, le compulsività di diversogenere come lo shopping, il giocod’azzardo, i disagi familiari, le picco-le o micro devianze che poi possonocondurre sempre più frequentementealla macro-criminalità. Quindi sì, noi

abbiamo lo stile del Buon Samarita-no, il passo dopo passo che insegnalui.

Cos’ha fatto Gesù secondo la sua lettu-ra ?

Al riguardo, prendo a prestito unariflessione di Alberto Maggi checondivido e integro: Gesù ha porta-to Dio fuori dal Tempio. Ha toltoDio dal sistema sacrificale, dal siste-ma rituale, dal sistema cultuale, e,mettendosi in fila tra i peccatori, loha portato direttamente lì dove c’erabisogno. Non ha portato l’uomo aDio ma Dio all’uomo. Se tu portil’uomo a Dio, c’è sempre qualcunoche lasci per strada. Ti perdi un tos-sico, un omosessuale, una prostituta,un transessuale, una divorziata, in-somma lasci qualcuno che non glielafa ad arrivare a Dio perché non rie-sce ad affrontare quel complesso si-stema di preghiere, di culti, di sacra-menti che, in gran parte, abbiamocostruito noi. Gesù ha portato Dioall’uomo. Ha portato il Volto delPadre, la carezza del Padre, la bontàdel Padre all’uomo. E una carezza lacapiscono tutti. Noi quindi cerchia-mo di fare proprio questo: “g e n e r a repro cessi”, direbbe l’Evangelii gau-dium. Cerchiamo di abitare le perife-rie esistenziali giovanili e di portarelì la carezza di un cristiano che simette accanto a una persona. Siamopiù abituati a parlare di Cristo, madobbiamo fare come Cristo. Fare co-me Cristo vuol dire armarsi delle ar-mi di Cristo. Quali sono? È il pro-gramma battesimale che io traducocon “catino, asciugamano, acqua eg re m b i u l e ”: è portare la carezza dicui parlo. In questo modo noi cri-stiani siamo più che vincenti.

Lei che passa la sua giornata con que-ste esistenze periferiche giovanili cosadice agli adulti?

Vorrei che riflettessero su quellavita “p eriferica” di cui abbiamo par-lato qui. Penso a quella realtà adultamagari non credente, o non più cre-

dente, o diversamente credente, onon ancora credente, che però ha acuore la fascia giovanile di cui stia-mo parlando. È importante abitarequesti mondi giovanili, con unaprossimità adulta e matura. Questotipo d’intervento sarebbe richiestosemplicemente dalla giustizia vistoche esistono tanti adulti per cui igiovani sono solo business e motivodi soldi. Vorrei che ci fossero adultidesiderosi di “abitare le periferie”.Ed ecco una proposta per tutti i let-tori: con tanto affetto, colgo l’o cca-sione per presentare un’iniziativadiocesana tutta romana, che si chia-ma: Ospedale da Campo per giova-ni, nasce a cura di un gruppo di dia-coni permanenti della diocesi. L’ini-ziativa è aperta a tutti coloro che necondividono gli obiettivi e desideraavviare una collaborazione, rivolgen-dosi a quanti — educatori professio-nali, assistenti sociali, insegnanti, ge-nitori, medici, avvocati, forze dell’or-dine, credenti e non, volontari, ecc.— incontrano nei loro percorsi pro-fessionali e di vita quotidiana adole-scenti e giovani in dipendenza o concomportamenti difficili da trattare e,al contempo, vogliano dare risposteconcrete a tragiche situazioni: faccia-molo insieme! Seguiteci su Fb:Ospedale da campo per giovani. Ilsottoscritto resta a disposizione.

Online

UN SITO ALLA SETTIMANAa cura di FABIO BO L Z E T TA

Codice Murad

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Nomina episcopalenelle Filippine

Jose Araneta Cabantanarcivescovo metropolita

di Cagayan de Oro

Nato a Lagonglong, Misamisorientale, il 19 giugno 1957, hacompiuto gli studi secondari pres-so la locale Saint John the Bapti-st High School. Ha successiva-mente conseguito il baccellieratoin ingegneria chimica presso ilCebu Institute of Tecnology, ilmaster in ministero pastorale alSaint John Vianney Theologicalseminary di Cagayan de Oro, e lalicenza in sacra teologia presso laLoyola School of Theology a Ma-nila. Ordinato sacerdote il 30aprile 1990 a Lagonglong per ilclero dell’arcidiocesi metropolita-na di Cagayan de Oro, dopo unanno come vice-parroco della cat-tedrale, è stato dal 1991 al 1995amministratore parrocchiale diSan Roque Catarman, Camaguin,e dal 1995 al 1997 decano deglistudi al San Jose de MindanaoSeminary di Cagayan de Oro.Dopo il triennio di studi alla Lo-yola School of Theology e un an-no come direttore del San JoseSeminary di Quezon City, è statodal 2000 al 2007 formatore alSaint John Vianney TheologicalSeminary di Cagayan de Oro, edal 2007 al 2010 parroco di Me-dalla Milagrosa nella stessa città.Eletto il 18 febbraio 2010 alla sederesidenziale di Malaybalay, è statoordinato vescovo il 30 aprile suc-cessivo. Nella Conferenza episco-pale filippina presiede la commis-sione per le comunità di base.

Una iniziativa di consultazione globale per proteggerele vittime di violenza sessuale in zone di conflitto, docu-mentarne i casi e sostenere i diritti dei sopravvissuti.

In occasione della Giornata internazionale per l’elimi-nazione della violenza sessuale nei conflitti, introdottacinque anni fa dall’Assemblea generale delle NazioniUnite ogni 19 giugno, il Governo del Regno Unito haappena lanciato il sito del Codice Murad, un progettoconsultivo di condotta globale, il cui testo è aperto alcontributo di tutti, con linee guida e fonti di diritto in-ternazionale e una Carta dei sopravvissuti per cercare dirafforzare il senso comune di giustizia e responsabilità.

Il Codice è intitolato al premio Nobel per la paceNadia Murad, la donna yazida di 27 anni, vittima delleviolenze, che dal 2016 è il primo Ambasciatore di buonavolontà dell’Onu per la dignità dei sopravvissuti allatratta di esseri umani.

Come è stato scritto nel tweet di Papa Francesco del19 giugno 2020 in riferimento alla Giornata internazio-nale «ricordiamo che la donna racchiude in sé la custo-dia della vita, la comunione con tutto, il prendersi curadi tutto. Da come trattiamo il corpo della donna com-prendiamo il nostro livello di umanità».

www.muradco de.com