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Natale 2005

Per non perdersiNatale 2005

N. 19

IL COMITATO DI REDAZIONE

Testi a cura diArianna PedrottiStefania Vergot

Impaginazione e grafica

Remigio Decarli

FotoServizio Animazione

Fonti varie

Un particolare ringraziamento a

tutti coloro i quali hanno contribuito

con racconti, articoli ed altre

forme di intervento a dare vita a questa

diciannovesima edizione de “La Luna”

Pubblicazione gratuita ad uso

interno

StampaTipografia Litodelta

Arti GraficheScurelle

Affrontare e risolvere assieme le novità dei prossimi anni . . . . . . . .1

I.P.A.B. Negriolli: da luogo di preghiera ad Azienda di servizi alla persona. . . . .3

Le tradizioni culinarie raccontate dagli ospiti della nostra RSA . . . . . . .6

Natale è … . . . . . . . . . . . . . . . 12

Un pensiero da parte delle suore . . . . 13

Il servizio riabilitativo . . . . . . . . . . 14

Poesia recitata da Ilda Zamboni . . . . 15

Lettera ad un amico discreto . . . . . . 16

Una storia vissuta ieri e raccontata oggi . . . . . . . . . . . . 17

Natale ai nostri tempi . . . . . . . . . . 18

Ricordando Papa Giovanni Paolo II . . . 18

Auguri per un lieto pensionamento . . 19

La Befana vien di notte . . . . . . . . . 20

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1

- La recente approvazione della legge di riforma delle I.P.A.B.;

- la nuova modalità di finanzia-mento delle R.S.A. ;

- l’avviamento della discussione sulla riforma del Welfare

sono gli argomenti che impegne-ranno per i prossimi anni, ammi-nistratori, dirigenti e personale delle nostre “Case di Riposo”.

Con la Legge Regionale n. 7 del 21.09.2005 le istituzioni pubbli-che di assistenza e beneficenza, quale la nostra, si trasformeranno entro qualche anno in Aziende Pubbliche per i servizi alla perso-na, quindi nuove competenze, di-versa operatività amministrativa, nuove regole, maggiore autono-mia e responsabilità gestionale.

Sarà un vero banco di prova per tutti gli Amministratori che dovranno traghettare le attuali strutture nelle nuove realtà pre-viste dalla legge di riforma, cam-biando statuti, coinvolgendo le amministrazioni locali, adeguan-do lo “status” della dirigenza, as-

sumendosi altre responsabilità manageriali, cambiando il siste-ma contabile, ottimizzando le ri-sorse finanziarie ed umane con il preciso obiettivo di essere con-correnziali sul “mercato” dei ser-vizi agli ospiti, offrendo qualità, umanità ed efficienza.

È ovvio che in questo proces-so, tenendo conto della inevita-bile compressione economica derivante dall’intervento pub-blico, si dovranno riscrivere e concordare, assieme a tutte le componenti sociali, una serie di interventi programmatori che tengano conto dei necessari ade-guamenti, con l’obiettivo finale di dare ai nostri ospiti attuali e futuri una serie di servizi di alta qualità e dare ai loro famigliari la sicurezza di una struttura umana e rassicurante.

Dal prossimo anno inoltre a tutte le R.S.A. della nostra pro-vincia viene assicurato un trasfe-rimento per la parte sanitaria di una tariffa giornaliera “vuoto per pieno” per tutti i posti negoziati

Affrontare e risolvere assieme

le novità dei prossimi annidi Adolfo Pasquale – Presidente

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che, se da un punto di vista po-sitivo garantisce un’entrata certa, impegnerà l’amministrazione ad una particolare attenzione ge-stionale delle risorse umane.

Su questo punto sarà necessa-rio un coinvolgimento responsa-bile di tutti nella certezza che as-sieme sapremo risolvere, nel mi-gliore dei modi, i problemi che si presenteranno.

Nel prossimo futuro dovremo affrontare anche la nuova riforma del Welfare, con l’introduzione della già nota “tassa sul nonno”. Tali riforme, rivoluzioneranno il

modo ed il mondo dell’assisten-za in generale, con deleghe sem-pre più impegnative sia agli am-ministratori sia a tutto l’apparato tecnico-amministrativo ed opera-tivo delle varie realtà.

Relativamente a tutti questi problemi che ci vedranno impe-gnati nei prossimi tempi, è con-vinzione della presidenza e di tutti i colleghi del Consiglio di Amministrazione che fortunata-mente si potrà contare su una di-rezione e su un apparato ammi-nistrativo preparato e valido, su una direzione sanitaria all’altezza e di operatori e collaboratori di alta professionalità, tutti con un grande attaccamento alla vita della struttura e alla cura dei no-stri ospiti.

È con questa ferma convinzio-ne che da parte di tutto il Consi-glio di Amministrazione affronte-remo i problemi, sicuri di risol-verli, ognuno per la propria par-te, nel migliore dei modi.

Con l’occasione delle prossime festività formulo a tutto il perso-nale, ai volontari, ai collaborato-ri religiosi, agli ospiti ed ai loro famigliari un cordiale augurio di un sereno Natale e di un fortuna-to Anno Nuovo.

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Il Centro residenziale e assi-stenziale per anziani “Pierina Ne-griolli”, già denominato “Ricove-ro” e poi “Casa di Riposo” è stato fondato nel 1886. È questo l’anno in cui, su iniziativa di Don Do-menico Caproni, la Congregazio-ne della Carità che allora gestiva l’ospedale, decise di affidare la cura dei malati alle Suore Ancel-le della carità di Brescia. L’ospe-dale si trovava nel fabbricato di più antica origine – quello in cui trova anche la storica Chiesetta di S. Valentino – e già nel 1600 (si chiamava “Ospitale dei Santi Lazzaro e Marta”) venne adibi-to a lazzaretto durante la lunga pestilenza che verso la metà del secolo colpì duramente il distret-to di Levico. Ma la sua origine si può far ragionevolmente risalire al XV secolo; la Chiesetta infatti serviva come luogo di preghiera alla Congregazione laica dei “Di-sciplinati”, nata proprio verso il 1400 con lo scopo di dedicarsi alle opere di misericordia, assiste-

re i malati nelle frequenti epide-mie, i viandanti e tutti quelli che, trovandosi nel bisogno, poteva-no trovare accoglienza nella “Cà di Dio” (la Via Xicco Polentone si chiamava un tempo appunto Via Cà di Dio).

Da allora molte cose sono cam-biate. Il corso della storia, gli eventi, il progresso della scienza e della medicina, le trasformazio-ni della società, il cambiamento dei bisogni e della “cultura” della cura e dell’assistenza hanno por-tato questa importante Istituzio-ne ad evolversi nel tempo. Nel tempo si è via via trasformata in “ricovero” per i derelitti, privi di ogni conforto famigliare, poi in “Casa di Riposo” per persone prevalentemente sole e autosuf-ficienti (gestendo anche, per un certo periodo, l’assistenza domi-ciliare e le attività dell’Ente Co-munale di Assistenza (E.C.A.), fino alla Residenza Sanitaria As-sistenziale (R.S.A.) dei giorni nostri, per la cura e l’assistenza

di Fabrizio Uez – direttore

I.P.A.B. Negriolli: da luogo di preghiera ad Azienda di servizi

alla persona.

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di persone non autosufficienti o con gravi disabilità.

Di pari passo diverse sono sta-te le modifiche intervenute an-che sul piano istituzionale. Dalle originarie Confraternite (Confra-ternita di S. Antonio, Confrater-nita del pio oratorio di S. Filippo

Neri) si passò alla napoleonica “Confraternita di Carità” affidata, al ritorno dell’Austria, alla gestio-ne del clero locale, il cui presi-dente doveva essere il parroco. Altri membri della direzione era-no: un rappresentante del Comu-ne “quale membro dirigente” e al-

“Il logo, realizzato dall’artista levicense Bruno Lucchi, rappre-senta il Pizzo di Levico Terme (Cima Vezzena), di colore blu con om-breggiature bianche, e sullo sfondo una luna piena, di colore bian-co su sfondo giallo, che ricorda quella rappre-sentata nel logo della I.P.A.B., anch’essa al-l’interno di una serie di cerchi concentrici pure di colore bianco.

Nel logo la monta-

gna richiama l’idea di un’isola; essa rappre-senta il contesto geo-grafico e sociale in cui il Centro opera (Levico Terme e zona dei laghi), area dominata appunto dal Pizzo e della quale esso può considerarsi la montagna “simbolo”. Dalla sommità di Cima Vezzena si ha la visione di tutta l’area dei laghi e dell’altopiano della Vigolana, centri abitati e case sparse; è questa la zona verso la qua-

le si rivolgono i servizi erogati dal nuovo Cen-tro polifunzionale. La luna sullo sfondo sim-boleggia l’I.P.A.B. “Pie-rina Negriolli” di cui il Centro fa parte e della quale esso rappresenta uno dei servizi erogati in favore della comu-nità locale.” La luna rappresenta inoltre un elemento di fascino, di levità e di quiete, ad indicare un ambiente famigliare e sereno, in cui l’utente possa sen-tirsi “a casa”, con ser-vizi erogati nel rispetto della dignità, dell’indi-pendenza e dell’auto-nomia della persona, secondo il principio dell’”umanizzazione”, valore fondante del-l’Istituzione”.

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tre quattro persone dei quali uno di Selva e uno di Barco. Si passò quindi all’E.C.A., governato da un Consiglio di nomina comunale e, nel 1986, dopo lo scioglimento degli E.C.A. , all’erezione dell’I.P.A.B Casa di riposo “Pierina Ne-griolli” (Istituzione Pubblica di Assistenza e Beneficenza).

È di recente approvazione la legge regionale di riforma delle I.P.A.B. (L.R. 21 settembre 2005, n. 7) che porterà in un paio d’an-ni alla trasformazione dell’Ente in Azienda Pubblica di Servizi alla Persona, con alcune importanti novità (introduzione di principi di natura privatistica nell’ordina-mento del personale, possibilità di operare con criteri imprendi-toriali, distinzione dei poteri di indirizzo e programmazione dai poteri di gestione, passaggio da un sistema di contabilità finan-ziaria ad un sistema di contabili-tà economica).

Dal punto di vista dell’amplia-mento dell’offerta dei servizi l’Ente sta completando la realiz-zazione di una nuova struttura che sarà destinata a Centro diur-no per persone anziane non au-tosufficienti (12 posti), a Casa di Soggiorno per persone autosuffi-cienti (6 posti) e ad uffici ammi-nistrativi. Il nuovo Centro, situato in Via Casotte, n. 2, a pochi passi dalla sede istituzionale, potrà es-sere avviato dopo l’acquisto de-

gli arredi e l’approvazione della convenzione con il Comprenso-rio C4 e si chiamerà: Centro Poli-funzionale “Isola della Luna” (ved. riquadro).

I prossimi anni vedranno dun-que il Consiglio di Amministra-zione e la struttura organizzativa impegnati a governare i grandi cambiamenti in atto con l’obiet-tivo di ampliare ulteriormente l’offerta dei servizi (nucleo per malati di Alzheimer) e migliorare sempre di più la qualità dei ser-vizi e delle prestazioni offerte dall’Istituzione. Purtroppo anche nel campo dell’assistenza si assi-ste ad una sempre crescente con-trazione delle risorse ma questo non esime l’Amministrazione dal perseguire sempre con costanza il miglioramento continuo della qualità della vita degli ospiti del-l’istituzione.

Nel 2005 l’Ente ha ottenuto la certificazione del Sistema di ge-stione della qualità secondo le norme EN ISO 9001:2000. E’ que-sto un traguardo molto importan-te che, pur nella consapevolezza che non si tratta di un punto d’ar-rivo, ha dato molta soddisfazione all’Amministrazione ed ha fatto grande onore a tutto il persona-le che con impegno e dedizione opera nell’Istituzione per la cura e per il bene-essere degli ospiti.

A tutti i lettori i migliori auguri di Buon Natale!

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Nel mese di ottobre la nostra RSA ha partecipato ad un con-corso indetto da UPIPA, intitolato “Le tradizioni culinarie delle valli trentine raccontate dagli anziani residenti in RSA”.

Brevemente vi descriviamo come si è articolata l’attività :

- per stimolare la memoria, con l’aiuto di un folto gruppo di vo-lontari, abbiamo visitato il ”Mu-seo della polenta” del signor Renzo Frisanco, qui vicino, in piazza Venezia

- ci siamo quindi ritrovati nella nostra sala polivalente a chiac-chierare, discutere, confrontar-ci sull’argomento …

- dulcis in fundo … abbiamo realizzato un dolce che si face-va anche “ ‘sti ani” : la pinza de pan, che ha soddisfatto sia chi l’ha realizzata sia chi l’ha assag-giata!Abbiamo pensato di far parte-

cipi i lettori inserendo in questo giornalino alcuni passaggi del-

l’elaborato che è stato realizzato per il concorso.

IL MAIS (FORMENTAZO, SORGO, ZALDO…)

- Parlando di questa pianta è emerso che del mais nulla veni-va buttato ma ogni parte aveva un suo utilizzo -

Dalla conversazione:Alla fine di settembre si racco-

glievano le pannocchie (panoie, manze, mazoche), poi con que-ste si facevano dei mazzi che ve-nivano appesi per farli asciugare.

Con le foglie che restavano si facevano i materassi (“paioni”) e i dottori dicevano che il materas-so fatto con le “scoce” (le foglie) era il più sano di tutti. Ogni anno si rifaceva e si cambiava e aveva il potere di tirare via “el straco” (la stanchezza).

Le canne della pianta venivano tagliate alla radice, legate in maz-zi e messe ad asciugare, forman-do delle specie di capanne che

a cura di Gisella Iseppi e Stefania Vergot

Le tradizioni culinarie raccontate dagli ospiti

della nostra RSA

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diventavano il luogo preferito di gioco per i bambini in inverno. Quando le canne si erano asciu-gate bene, venivano tagliate con una macchina speciale inventata nei nostri paesi, e costituivano un valido alimento per le mucche. Le radici della pianta rimasta nei campi (“scataroni”) si trasforma-vano in concime.

Anche il tutolo (“zigotolo”) aveva un suo utilizzo, serviva sia come accendifuoco che come tappo per le bottiglie.

Il momento del “scociar” (libe-rare le pannocchie dalle foglie) era un avvenimento nella vita so-ciale degli abitanti del paese, era motivo per i giovani di ritrovarsi in compagnia e fare festa. Si suo-nava la fisarmonica, si “scociava” tutti insieme, si beveva vino cot-to e si mangiavano le castagne. Molte volte era un’occasione per trovare l’anima gemella …

La polentaE LE SUE VARIANTI - MOSA, MOSE, TRISA, TRISOTTO, POLENTA, PESTAREI, POLENTA MORA, POLENTA BIANCA -

- “La trisa è tipo semolino per-ché è più molla della mosa ed è fatta con la farina gialla e con il latte”

- “Le mose: si prendeva la farina gialla e si mescolava con del-l’acqua, ma doveva venire più molla della polenta.”

- “A cena si mangiava latte fred-do e polenta bella calda”

- “A casa mia invece si mangiava il minestrone che, a dir la ve-rità, è più buono di quello di qui. Era fatto con cipolla, aglio, sedano e verza si macinava il tutto, gli si mettevano dentro i “rugonati” (maccheroncini) e veniva condito con il grasso di maiale.”

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- “Mia mamma condiva la “trisa” con l’olio perché eravamo po-veri, poi, quando siamo riusciti a comprare le capre, allora si usava il latte”. Il “trisotto” era una pietanza

prelibata, andava fatto con il latte quasi intero e si poteva aggiun-gere una manciata di farina bian-ca che lo rendeva più vellutato e tenero. Le “croste” che rima-nevano nel paiolo erano ricerca-te e, nella famiglia, i bambini li-tigavano fra di loro per poterne mangiare il più possibile sia da sole che con il latte. Se il “trisot-to” era fatto bene le croste non si bruciavano ed erano più ro-sate e prelibate, quelle bruciate venivano date in pasto ai maia-li; ma nei periodi di fame anche quelle che avevano la “granizza” (il bruciacchiato) si grattavano e

si mangiavano lo stesso. I ragazzi andavano a scuola con le croste della polenta per la merenda e, proprio per questo, una famiglia dei dintorni era stata sopranno-minata “Croste”.

Un altro piatto che si faceva spesso era “i pestarei”, erano fatti con la farina bianca e del-l’acqua, venivano usate le mani bagnate per fare dei “fregoloti” che poi venivano buttati in una padella con del latte bollente e si facevano cuocere fino a quando non si formava un brodo denso e cremoso.

Il latte E I SUOI DERIVATI

“ ‘Sti ani quande che erene tuti pù poreti no se usava consumar el late entiero” infatti, si usava

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tenere a casa per uso familiare il quantitativo strettamente in-dispensabile di latte per poter inviare al caseificio il restante. Il latte appena munto si metteva in una scodella a riposare e, il gior-no dopo, si levava la panna per fare il burro, questo procedimen-to veniva detto “stelare il latte”. Dato che non c’era la possibilità di acquistare burro, olio o altri tipi di condimento, si scremava il latte, mettendo da parte la panna giorno dopo giorno, fino a rag-giungere la quantità sufficiente per fare il burro. Il liquido che rimaneva dopo aver fatto il bur-ro, si chiamava “latte di pigna” e si poteva usare per fare la ricotta (“poina”) o per condire le mose.

Solo le famiglie benestanti non “stelavano” il latte che usavano per il proprio consumo. Chi non aveva la “pigna” (recipiente in le-gno per fare il burro) usava il fia-sco del vino.

Le famiglie povere usavano il colostro (il primo latte che dava la mucca dopo aver partorito, dal colore e dal sapore non sempre gradito) per fare la “pinza de co-lostro” (una torta dolce). Per que-ste famiglie era l’unica occasione nella quale utilizzavano il latte in-tero.

Il maialeIl maiale rappresentava la fon-

te principale di carne nella no-

stra cucina “de ‘na volta”. Non ci siamo soffermati a lungo a parla-re dei vari insaccati ma abbiamo focalizzato la nostra attenzione sull’utilizzo di alcune parti di maiale che sono cadute un po’ in disuso.

BaldrighiPiatto tipico, che tutti ricor-

dano con particolare nostalgia, erano i “baldrighi”, assomigliano alle lucaniche ma sono fatti con il sangue di maiale, ottimi tagliati a metà e cotti sulla brace. L’im-portante, quando si facevano, era prendere per tempo il sangue che usciva dal maiale e continua-re a frustarlo e a mescolarlo in una bacinella in modo che non si rapprendesse. Poi veniva mes-so in una padella alta circa 10 centimetri e, quando il sangue si era ormai raffreddato, si aggiun-gevano le droghe (pepe garofola-to e cannella), le noci, l’uva passa, i pinoli, le castagne, i fichi secchi,

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a seconda delle tradizioni locali, e si mescolava il tutto. Si aggiun-geva inoltre della farina bianca e del latte, e quando il composto era abbastanza denso, veniva in-saccato nelle budella del maiale, utilizzando un imbuto e veniva confezionato. Per conservare i “baldrighi” il più a lungo possibi-le, si appendevano per farli asciu-gare o venivano messi a bollire nell’acqua.

Il grasso del maialeLa “sonza”, era costituita da

due blocchi di grasso interno che si arrotolavano e si appen-devano per affumicarli e conser-varli, serviva per ungere e perciò

ammorbidire le scarpe e le “gal-bere”.

Questa filastrocca tradizionale veniva recitata ai bambini picco-li:

Fila fila longaMagna pan e sonza Sonza no ghe n’èMagna quel che ghè.Il “colà” (strutto) era lo stesso

grasso della “sonza”, ma fuso, che veniva conservato in orci di ter-racotta o di vetro (detti “pitari”) e serviva per friggere i cibi. Si pote-va capire che era pronto quando rimanevano dei “ciciottoli” rosa, voleva dire che era cotto.

Il “conziero” viene fatto con

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il lardo della pancetta, macina-to con la macchina delle lucani-che al quale si aggiungevano le droghe (pepe garofolato, pimen-to…).

Usato per condire l’insalata, i fagioli e i crauti (“si mangiava-no tutti i giorni crauti”). A detta di tutti i presenti un piatto preli-bato erano i “denti de can” condi-ti col conziero e l’aceto ben cal-di. Con il “conziero” si condiva il minestrone, si mangiava a cena e se avanzava si mangiava anche a colazione.

Gli ospiti che hanno partecipa-to a questa proposta sono: Mario Broseghini, Gina Dalmaso, Mario Dalmaso, Elda Erla, Lidia Garollo, Maria Garollo, Ida Libardi, Elda Lorenzini, Carmela Magnago, Pia Minati, Maria Pradi, Lidia Sadler, Santina Viliotti, Lina Villotti, Mar-gherita Weber.

Il nostro “assaggiatore ufficia-le” Enrico Fasani.

I volontari e i familiari che ci hanno accompagnato in questa iniziativa e che ringraziamo calo-rosamente sono: Rosellina, Lucia, Chesia, Camillo, Giuseppe, Gio-vanna, Anita, Pierina, Teresa e Lu-ciana.

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Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, recitiamo nel “Credo”. Il Figlio di Dio, il Verbo, è sceso per farsi prossimo ad ogni uomo, ad ogni donna.Con la sua presenza, le sue parole, i suoi gesti, Gesù ridona speranza, rivela un cuore pieno di sensibilità e compassione. Gesù, segno visibile della visita di Dio, rinnova la vita, vede, ascolta, conosce la sofferenza e conforta. Sì, ogni cristiano è chiamato a percorrere la via insegnata da Gesù: scendere, farsi vicino, ascoltare, conoscere, condividere e alleviare la sofferenza umana.Questo è possibile se contempliamo con fede quel Bambino nato in una capanna per nostro amore. Il Natale ci aiuti a riconoscere il volto di Gesù nei nostri fratelli, ci aiuti ad amarlo e servirlo in ciascuno di essi, perché la pace sia accolta nei nostri cuori.

BUON NATALE !

Natale è …di Don Giorgio

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Un pensiero da parte delle suore

“Avvicinandosi il Natale dell’an-no 1223, Francesco d’Assisi chia-mò a sé l’amico ser Giovanni Vel-lita e gli disse: - C’è nella foresta di Greccio, una grotta che mi ricorda quella di Betlemme. Là ho pensato di celebrare la Santa Notte - .

Intese ser Giovanni e tutto di-spose secondo il desiderio del Santo.

Come giunse quella notte i fede-li, a folla, convenuti dai luoghi vi-cini, cantando i salmi s’inoltrarono nella foresta. Al lume delle torce giunsero sino alla grotta ove stavasi per celebrare la Messa. L’altare era posto sopra una mangiatoia, ai lati di essa giacevano un bue e un asi-nello.

Quando il sacerdote si appresta-va a distribuire ai fedeli il Corpo di Cristo fu vista una luce abbagliante intorno al Santo. Sulle braccia scar-ne, che uscivano dalle maniche del saio, egli reggeva un fanciullino esi-le e assonnato; ma come Francesco, in atto di amore, si trasse al petto il Corpo tremante del piccino, questi si risvegliò, gli sorrise e poi gli ac-carezzò la scarna faccia.

Compresero quelli che videro, essere quello il fanciullo Gesù che addormentato nel cuore di mol-ti, Francesco, con l’esempio della

sua vita, aveva per molti ridestato.” (dalla tradizione francescana)

Il Natale ci invita a ridestarci, a ri-tornare bambini nel cuore per sco-prire le radici della nostra fede; ab-biamo bisogno di gioia festosa che ci fa credere che la vita è un grande dono di Dio. Stupore e sguardo da bambino sono i mezzi necessari per gustare l’annuncio pieno di gioia di questa Notte Santa. La gioia: è il Salvatore in mezzo a noi, che porta speranza, pace, giustizia, salvezza. Il Bambino viene a noi però in segni di povertà, debolezza, impotenza, umiltà, cose che il mondo ha sem-pre rifiutato e che sono state fatte proprie, invece dal Figlio di Dio.

Questo è il mistero di Gesù: sor-presa per alcuni, scandalo per altri.

Il Natale di Gesù è anche il nostro Natale, quello della nostra nascita a vita nuova. In Lui anche noi sia-mo stati “predestinati ad essere figli adottivi” del Padre celeste. Lo stes-so Dio ci chiama “Tu sei mio figlio”, a noi non resta che ringraziarlo e gioire per la nostra partecipazione alla vita divina.

Questo è l’augurio a tutti voi, cari amici della Casa di Riposo “Pierina Negriolli”, dalle Suore Figlie della Chiesa che molto vi amano e vi sti-mano.

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Il servizio riabilitativo

Da più di un anno il servizio riabilitativo consta di 4 operatori: 3 fisioterapisti presenti comples-sivamente dalle 7.00 alle 17.00 e un OSS presente dalle 8.00 alle 11.30. Grazie a questo incremen-to di personale, ci siamo organiz-zati in modo da dare un punto di riferimento preciso per quanto riguarda il servizio di riabilitazio-ne agli operatori, agli ospiti e ai parenti degli stessi. Visti i risultati dell’esperienza dall’ottobre 2004, dal 3 ottobre 2005 i referenti sui tre piani sono: al 1° piano Stefa-no, al 2° Alessandro e al 3° Anna.

Garantendo una presenza più assidua al piano, siamo riusciti a programmare un intervento che prima sarebbe stato impensabi-le attuare. Abbiamo valutato gli ospiti di ciascun piano durante lo svolgimento delle normali at-tività della vita quotidiana e indi-viduate le loro capacità residue le abbiamo opportunamente stimolate. Questo progetto ha come obiettivo quello di aumen-tare l’autonomia nelle principa-li attività della vita quotidiana: spostamenti, vestizione, igiene personale e alimentazione. Le

capacità funzionali riconquistate hanno permesso a molti ospiti di riprendere vecchie abitudini, di rinforzare la propria motivazio-ne e di riacquisire il controllo di parte della propria integrità.

Anche l’attività praticata in palestra è migliorata grazie alla distribuzione del servizio nelle diverse fasce orarie. Gli ospiti di ciascun piano sanno di poter usufruire degli strumenti e delle attrezzature presenti in palestra, con tempi di attesa più accetta-bili; ciò nonostante ci rendiamo conto che poter avere a disposi-zione uno spazio maggiore dove svolgere i trattamenti sarebbe un altro punto a favore nell’organiz-zazione del piano di lavoro.

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Cadono le foglie, lente, appassite, inosservate, grame.Dai secchi rami cadono le foglie e le disperde il ventole raccoglie la man del contadin per farne strame oppure sul fuoco crepitano gemendo, ricordando i bei dì presto passatiquando sugli alberi dei prati ombra e frescura tutt’intorno diffondendo.Tutto distrugge il tempo ma a primavera le foglie ancor ritorneranno sotto più verdi, verdeggianti spoglie.Solo i bimbi che nell’ozio stanno, il tempo inesorabile troveranno!!!!

Poesia recitata da Ilda Zamboni

PENSIERI DI UN’OPERATRICE

TUFFARSI IN UN “NERO” PROFONDOPER RITROVARE SE STESSI

… E …RISALIRE ALLA LUCE

CON LA “FORZA” DELLA CONOSCENZADEL PROPRIO “IO”!

Luciana

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Natale 2005

16

Lettera ad un amico

discretoCaro Mariano ci manchi da un

anno. Dove sei andato senza sco-modare alcuna persona?

Ti incontravamo in contrada, al bar, sui piazzali delle Scuole e con quella tua “non calanche” francese, ti avvicinavi a chiedere qualche spicciolo per sigarette o per un bicchiere.

Le sigarette forse ti erano per-messe, il bicchiere un po’meno, perché alle undici e alle sette do-vevi rientrare sobrio.

Il tuo era un bicchiere discre-to, sommesso, direi signorile e noi “ci avevamo fatto il callo”, meglio l’abitudine.

Tu confondevi i nostri cogno-mi, ma avevi sempre la bravura di centrare un nome di qualche parente nostro che ti era amico di corsia o di piano.

Sotto il berretto incollato alla testa per tre stagioni portavi or-mai dei capelli corti e grigi; solo l’estate non sopportavi quel co-pricapo.

Facevi la tua passeggiata quotidiana per le vie del centro con il capo a penzoloni e sempre la tua giacchetta, la camicia.

Un elegantone! Te la sei filata nel giorno, onomastico di S. Bri-gida, non che tu fossi mai stato in quel paesino sopra Roncegno, ma penso che anche lì ti sare-sti trovato bene, andando quat-to quatto da un maso all’altro, a quelle case, un tempo baita, con la porta mai chiusa al prossimo.

A sera quando il cielo si ran-nuvola un po’ alla volta, sappia-mo che sei lì seduto su quella più alta che ti fumi una nazionale o una M.S.; o qualche altra essenza, in santa pace. Poi riprendi la tua passeggiata, con le braccia pen-zoloni, caracollando qua e là ma devi rispettare anche lì gli orari di san Pietro altrimenti al matti-no solo caffè d’orzo invece che “quello buono”!

Ciao…un amico. Luciano

P.S. Il signor Mariano Trenti, anni 74, ha lasciato la Casa di Riposo R.S.A. di Levico dov’era ospite da diversi anni, lo scorso anno (il 23 luglio 2004) per il cielo.

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Natale 2005

17

“El me laoro l’era la vivaista” mi racconta la signora Lidia in uno dei suoi momenti di relax in guardaroba.

Ogni tanto la vedo arrivare dal fondo del corridoio, entra, saluta sempre tutte, chiede sempre cor-tesemente. Oggi, seduta sulla se-dia, mentre le misuro un paio di pantofole mi racconta un po’ di sé … di quando faceva la vivaista per la forestale. Sembra lì … con la mente e il suo pensiero … tut-to era ieri …

“ Quando me desmisiavo la matina prest, partivo su per i strozi da Caldonaz … caminavo per mezora su, vers ‘ el Sindech’ en do ghèra i vivai … Me piase-va tante l me laoro … Savevo, se quel teren l’era meio per l’abete bianc o per quel ros o per l’eghel … sala quel che l’è l’eghel? … Mi no so se ‘l se ciama così anca en grammatica … el feva piche de fiori zaldi …”

Io suggerisco “ era forse il mag-gio ciondolo?”

“ Si, sì, proprio … vedela che la me capiss. Tornante ala partenza, avevo i omeni che me vangava el

Racconto di Lidia Sadler a cura di Annalisa Filoso

Una storia vissuta ieri e raccontata oggi

vivaio … po’ mi pasavo alla se-mina … le sementi le porta va el forestale però … Po’, quando la piantina l’era alta così …”

E mi fa cenno con le mani“ Quindici centimetri “ dico io.“ Sì … sì … alora se sciaris le

piantine … ala capì? … e quando l’è alta così …”

Mi fa ancora cenno con le mani.

“Trenta centimetri” suggeri-sco.

“Sì … sì, … alora se pasa a me-terle a dimora nei boschi …”

La signora Lidia tace … I suoi occhi rincorrono quel tempo… poi si fermano sull’orologio che segna le undici e trenta … ora di pranzo … guarda nei piedi le sue pantofole nuove grigio chiaro e scuro.

“Così le volevo proprio … che le me scherza el col del pè …”

Ringrazia ,ripercorre il corri-doio, prende l’ascensore per sali-re a pranzo …

Ora, metto la valigia … nelle pagine dei miei ricordi questa storia vissuta ieri e raccontata oggi …

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Natale 2005

18

Dicembre, mese di preparativi, da Santa Lucia, alle festività natalizie. Si va a prendere il muschio, il vischio per abbellire le nostre case, quan-ti ricordi mi vengono in mente, e quanta nostalgia dei tempi passati. Eravamo contenti sebbene pove-ri, ma pieni di entusiasmo, felici di quel poco che avevamo. Si prepara-va il presepe assieme ai genitori, ai fratelli, ai nonni, si cercava il posto più bello della stanza dove la man-giatoia con il Bambinello si doveva vedere bene. Alla sera dopo cena ci si riuniva intorno alla capanna per dire il Santo Rosario e si aspettava il giorno del Santo Natale, noi bambi-ni eravamo ansiosi, perché aspetta-vamo dei piccoli doni (come mele, nespole, carrube, quaderni) di cer-

to non i regali di oggi, ma eravamo felici.

Non c’erano pranzi, cene, rinfre-schi, come oggi giorno -solo consu-mismo-. Ai nostri tempi il Santo Na-tale era festeggiato molto spiritual-mente, il Santo Natale era la vera festa di famiglia. Ora i tempi sono cambiati, si vive l’antivigilia con an-sia, frenesia, alla ricerca dei regali da un negozio all’altro, alla preno-tazioni per il pranzo natalizio, al ce-none dell’ultimo dell’anno.

Noi avevamo poco o niente ma eravamo contenti e uniti, ci voleva-mo bene.

Mentre oggi che hanno tutto, non sono contenti di niente, sono sempre insoddisfatti di tutto.

Questa è la realtà di oggi.

Natale ai nostri tempidi Gilia Fontana

Insieme a noi fedeli anche il ventoha voluto darti l’ultimo salutosfogliando le pagine del “cielo”.Lo Spirito Santo per noi ha parlatodicendoti quanto ti abbiamo amatoe qual è il vuoto che hai lasciato!Prega per noi, Papa grande,come facevi, quando raggiante, ci benedivi amorevolmente.Dal cielo ci giungerà il tuo amorequando felice e sorridente ti affacceraialla finestra della Casa del Signore.

Gilia

RICORDANDO PAPA GIOVANNI PAOLO II

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Natale 2005

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L’augurio per un lieto pensionamento

va a Marisa Corn dai colleghi di lavoro

e, in particolare,dalle colleghe del guardaroba

dove ha operato negli ultimi anni.

Marisa … Tanti tanti auguri!

Vogliamo rivolgere lo stesso augurio anche alla collega Rosanna Pradi!

Auguri per un lieto pensionamento

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Natale 2005

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La Befana vien di notteLa befana vien di notte …e cossì l’è proprio stada …Na bela matina a la chitichela trova …na vecia befana sula stirela.L’è tuto serà …da n’dela vegnuda o …cascada dal ziel la sa perduda.Alor tòla ‘n man … ma ela la tasetegnendose streta na spazaora de dase,bela, elegante … tuta compidama te la vedi … che l’ei stremida,na vesta negra piena de steleco ‘n grembial bianco tuto a faldele, i cavei rosi tuti spatuziscuerti da ‘n capel coi fi ochi rebufi !Ghe davèrzo la porta, che fora la vagama sempre ferma … lì la restava …Po’ … ariva n’sieme le me coleghe …ghe conto la storia … e varda … le ride a crepapele …Ma dai … che l’è l’ premio de la Qualitàla nota de merito che n’ aven guadagnà! …Che te ghe stiri la vesta, la vol la provasenza na fi zza … che la sia nova!Chì la se ferma n’sieme a noia stirar braghe contando linzòi …… E adeso l’è lì … lì che la spetache l’Erwin el la meta n’ ziel cò nà baveta …n’ tanto la sgòla per el guardarobacontrolando tutt … se ghè a posto la roba …perché se l’ano che ven perden l’premioghe toca tornar ancor nel so regno!

Annalisa

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