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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLX n. 105 (48.429) Città del Vaticano domenica 10 maggio 2020 . y(7HA3J1*QSSKKM( +"!z!\!#!"! OLTRE LA CRISI/3 Non abbiate paura La festa dell’Europa a 70 anni dalla Dichiarazione di Schuman Solidarietà e valori più forti di ogni crisi BRUXELLES, 9. «Se rimaniamo uniti nella solidarietà e con i nostri valo- ri, allora l’Europa potrà emergere anche questa volta dalla crisi, più forte di prima». Questo il messag- gio lanciato oggi, nel giorno della festa dell’Europa, che cade a 70 an- ni dalla storica dichiarazione di Schuman, da parte del presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, del presidente del parlamento Ue, David Sassoli, e del presidente del- la Commissione Ue, Ursula von der Leyen. L’Europa «non potrà più essere la stessa». PAGINA 2 E 3 Nella messa del mattino il Pontefice mette in guardia dal potere e dai soldi che distruggono la Chiesa Per le suore vincenziane del Dispensario Santa Marta È con un pensiero alle famiglie e so- prattutto ai bambini poveri assistiti nel Dispensario pediatrico vaticano che Papa Francesco ha iniziato saba- to mattina, 9 maggio, la messa nella cappella di Casa Santa Marta. Sia la Domus in cui risiede il Pontefice sia la vicina struttura al servizio dei più piccoli sono gestite dalle Figlie della carità di san Vincenzo de’ Paoli. E nel giorno della commemorazione della loro fondatrice Luisa di Maril- lac — la cui memoria liturgica ricorre il 15 marzo ma, cadendo quel giorno nel tempo di Quaresima, è stata spo- stata a oggi, nel centenario della sua beatificazione — il vescovo di Roma ha celebrato con accanto all’altare un quadro raffigurante la santa. Introducendo il rito, Francesco ha pregato e chiesto di pregare «per le suore vincenziane che portano avan- ti» questa concreta realtà caritativa «da quasi 100 anni e lavorano qui, a Santa Marta». Che «il Signore be- nedica» le religiose, ha aggiunto ri- cordando così tutta la comunità del- la congregazione, come già aveva fatto nella messa del 25 marzo. Il Dispensario Santa Marta — lo ha raccontato «L’Osservatore Romano» nell’edizione del 4-5 maggio — è pronto a ripartire e a rilanciare il ser- vizio di assistenza alle famiglie pove- re, con bambini piccoli. Nella consa- pevolezza, come dice la direttrice suor Antonietta Collacchi, che «i poveri non possono aspettare, ora meno che mai, e il Papa ce lo ricor- da sempre». Nell’omelia il Pontefice ha poi fatto presente che «da una parte c’è il Signore, c’è lo Spirito Santo che fa crescere la Chiesa, ma dall’altra parte c’è il cattivo spirito che cerca di distruggere la Chiesa. È sempre così. Si va avanti, ma poi viene il nemico cercando di distruggere. Il bilancio è sempre positivo alla lun- ga, ma quanta fatica, quanto dolore, quanto martirio!». «Lo strumento del diavolo per di- struggere l’annuncio evangelico è l’“invidia”» ha fatto notare France- sco, ricordando «la rabbia del diavo- lo, la rabbia di quel “crucifige! cruci- fige!”». A questo proposito è signifi- cativa, ha aggiunto, l’espressione di Agostino: «La Chiesa va avanti fra le consolazioni di Dio e le persecu- zioni del mondo». In realtà, ha pro- seguito il Papa, «a una Chiesa che non ha difficoltà manca qualcosa. E se il diavolo è tranquillo, le cose non vanno bene». «Uno strumento di questa gelo- sia... sono i poteri temporali» ha af- fermato il Pontefice, ma «il potere temporale può essere buono: le per- sone possono essere buone ma il po- tere come tale è sempre pericoloso». «Il potere del mondo contro il potere di Dio — ha spiegato France- sco — muovono tutto questo; e sem- pre dietro questo, dietro quel potere, ci sono i soldi». È «questo che suc- cede nella Chiesa primitiva: il lavoro dello Spirito per costruire la Chiesa, per armonizzare la Chiesa, e il lavo- ro del cattivo spirito per distrugger- la, e il ricorso ai poteri temporali per fermare la Chiesa, distruggere la Chiesa, non è che uno sviluppo di quello che accade la mattina della Risurrezione». «Stiamo attenti, — ha suggerito il Pontefice concludendo la meditazio- ne — con la predicazione del Vange- lo di non cadere mai nel mettere la fiducia nei poteri temporali e nei soldi». Perché «la fiducia dei cristia- ni è Gesù Cristo e lo Spirito Santo che Lui ha inviato! E proprio lo Spi- rito Santo è il lievito, è la forza che fa crescere la Chiesa! Sì, la Chiesa va avanti, in pace, con rassegnazio- ne, gioiosa: fra le consolazioni di Dio e le persecuzioni del mondo». PAGINA 10 Intervista al segretario generale del Governatorato Così i Musei Vaticani si preparano a riaprire I tour virtuali vanno potenziati, ma «abbiamo un grande bisogno di realtà, un disperato bisogno. Non dimentichiamo che a rendere vivi i musei sono le persone e solo l’esperienza reale del museo rende le persone vive. La virtualità non potrà mai sostituire la realtà: per godere dell’arte ci vogliono occhi e cuore». Lo afferma in un’intervista il vescovo Fernando Vérgez Alzaga, segretario generale del Governato- rato dello Stato della Città del Va- ticano. Mentre in Italia si avvicina la data della riapertura dei com- plessi museali — dopo la serrata imposta dalle misure volte a conte- nere la pandemia da covid-19 — an- che i Musei Vaticani si preparano a riaccogliere i visitatori. Spiega il presule: «Si potrà accedere solo su prenotazione» e indossando la ma- scherina. ALESSANDRO DE CAROLIS A PAGINA 9 Presentato dall’Oms per un coordinamento globale Piano strategico contro il virus GINEVRA, 9. Un richiamo forte alla solidarietà. Alla solidarietà costruita sull’unità tra i Paesi. È arrivato ieri dal direttore generale dell’O rganiz- zazione mondiale della sanità (Oms), l’etiope Tedros Adhanom Ghebreyesus, nel consueto briefing quotidiano a Ginevra. Menzionando la ricorrenza — l’8 maggio — del 40° anniversario della sconfitta del vaio- lo, Ghebreyesus ha voluto ricordare come l’elemento decisivo di quel- l’importante conquista «sia stata la solidarietà globale», e aggiungendo come in quell’occasione «nonostante la guerra fredda, Unione sovietica e Usa unirono le forze per vincere contro un nemico comune, ricono- scendo che il virus non distingue na- zioni né ideologie. Ora abbiamo bi- sogno più che mai della stessa soli- darietà, costruita sull’unità tra le na- zioni, per vincere il covid-19». Per portare a compimento questa nuova futura vittoria il direttore dell’Oms ha dunque fatto intendere che non basterà sviluppare un vacci- no. Per questo le Nazioni Unite, tra- mite l’Oms, intendono rafforzare il proprio ruolo nel coordinamento globale e regionale nella lotta al co- ronavirus, con un piano strategico nuovo, aggiornato «tenendo conto delle lezioni che abbiamo appreso fi- nora», e basato su 5 obiettivi strate- gici. «Innanzitutto, mobilitare tutti i settori e le comunità; in secondo luogo, controllare casi e cluster spo- radici trovando e isolando rapida- mente tutti i casi; terzo, sopprimere la trasmissione della comunità attra- verso la prevenzione e il controllo delle infezioni e l’allontanamento fi- sico; in quarto luogo, ridurre la mor- talità attraverso cure adeguate; e quinto — ha concluso Ghebreyesus — sviluppare vaccini e terapie sicuri ed efficaci». Per questo il diplomatico etiope ha chiesto 1,7 miliardi di dol- lari da qui fino alla fine del 2020. Come per il vaiolo il covid offre l’opportunità non solo di combattere una singola malattia, ma di cambiare la prospettiva della salute globale e di costruire un mondo più sano, più sicuro e più giusto per tutti e, final- mente puntare all’ambizioso obietti- vo indicato dall’Oms alla sua nasci- ta, negli anni ‘40: raggiungere una copertura sanitaria universale. Pestilenze e quarantene da Leopardi ai poeti contemporanei La profezia di Tristano SILVIA GUIDI A PAGINA 5 I vescovi degli Stati Uniti invocano maggiori tutele per i braccianti Stessa dignità per tutti CHARLES DE PECHPEYROU A PAGINA 8 ALLINTERNO PUNTI DI RESISTENZA Il potere terapeutico del colore SUSANNA PAPARATTI A PAGINA 6 LABORATORIO DOPO LA PANDEMIA A colloquio con Mario Di Ciommo Prima di tutto (ri)fare gli europeisti PAOLO MEDE A PAGINA 3 NOSTRE INFORMAZIONI PAGINA 9 In allegato la riproduzione della prima pagina del 10 maggio 1945 con il radiomessaggio di Pio XII per la fine della guerra in Europa di FEDERICO LOMBARDI «N on temere! Perché io sarò con te!». Sono parole che tornano molte volte attraverso tutte le Scritture. Sono le parole rivolte da Dio stesso o in suo nome a chi viene chiamato da lui a una missione impegnativa e inattesa, per vie ancora sconosciute, come Mosè davanti al ro- veto ardente o Maria davanti all’Angelo. «Non abbiate paura!». Sono parole rivolte dai profeti al popolo oppresso dall’angoscia, come quando è stretto senza vie d’uscita fra il Mar Rosso e i carri da guerra degli egiziani. Anche Gesù le riprende varie volte rivolgen- dosi ai suoi discepoli, al “piccolo gregge” che lo segue, o a coloro che subiranno persecuzio- ni per il suo nome. Per questi Gesù insiste che non dovranno temere nessuna forza uma- na, perché questa può togliere la vita del cor- po ma non quella dell’anima e perché nel tempo della prova Dio non li abbandonerà. La grande parola «Non abbiate paura!», come ricordiamo bene, è stata ripresa con in- sistenza in tempi più vicini a noi da san Gio- vanni Paolo II fin dall’inizio del suo pontifi- cato e rivolta al mondo intero: «Non abbiate paura! Aprite le porte a Cristo!». In fondo, la fede in Cristo salvatore è proprio — per tutti la grande e definitiva liberazione dalla paura. La pandemia, anche quando sia superata stabilmente grazie a un vaccino efficace, ci la- scerà in ogni caso un’eredità di insicurezza, diciamo pure di nascosta paura, pronta a riaf- fiorare. Ora sappiamo che, nonostante ogni sforzo e ogni giusto impegno per la riduzione dei rischi, potranno comparire e sfuggire al controllo altri virus o altre forze capaci di prenderci di sorpresa e mettere in crisi le no- stre tranquillità e le nostre sicurezze. Perché la sicurezza assoluta su questa terra non esi- ste, non è possibile. E non esisterà mai anche in futuro. Certamente dobbiamo aspettarci dalla scienza e dalla organizzazione sociale e politi- ca, in generale dalla ragionevolezza umana, un aiuto essenziale per recuperare la tranquil- lità necessaria per una vita personale e sociale serena e “normale”. Ma rimane il bisogno di qualcosa di più profondo per cui queste ri- sposte non bastano. Possiamo vivere liberi dalle paure più radi- cali per noi stessi e per i nostri cari, per il no- stro futuro? Dove è la chiave del vivere in pa- ce e quindi della vita veramente buona anche su questa terra, nonostante tutte le difficoltà che ogni giorno si presentano inevitabilmen- te? Sappiamo bene che ognuno di noi ha la sua personalità, il suo carattere e la sua storia, che incidono in profondità sui suoi atteggia- menti. C’è chi è più ansioso e fragile, e non è colpa sua; c’è chi è più naturalmente tranquil- lo e ottimista, ed è un dono. Ma la parola del Signore è diretta a tutti ed è un invito per tutti ad affidarsi con fiducia ad un amore che ci precede, ci guarda e ci accompagna. Spesso oggi abbiamo ritegno a parlare di “provvidenza” di Dio. Ci sembra una parola che metta a rischio il nostro doveroso impegno cristiano nel mondo, che ci renda passivi e me- no responsabili. Ma questa è una trappola. Di- menticare la provvidenza di Dio vuol dire per- dere il senso che l’amore di Dio ci avvolge e ci accompagna, anche se spesso i nostri occhi so- no ancora incapaci di riconoscerlo. Nel discor- so della Montagna Gesù ci invita ad aprire gli occhi — «Guardate gli uccelli del cielo, guar- date i gigli del campo…» — e a non lasciarci catturare totalmente dalle preoccupazioni im- mediate per il nostro benessere temporale. Ol- tre agli uccelli e ai fiori l’occhio che si apre può vedere ogni giorno anche molti altri segni di amore e di speranza seminati lungo il no- stro cammino, nelle circostanze e nelle persone che incontriamo, nelle loro parole e nelle loro azioni. Ognuno di noi considera una grazia in- contrare le persone che sanno vederli e aiutarci a vederli con occhio penetrante e sguardo sere- no. Il mondo è pieno non solo di cattive noti- zie, ma anche di buone notizie. È un dovere riconoscerle e farle conoscere, perché sono quelle che guidano più lontano e indirizzano lo sguardo verso l’alto, la sorgente dell’amore, la meta della speranza. Gesù conclude poi le sue parole sulla prov- videnza con un consiglio molto saggio: «A ciascun giorno basta la sua pena». Non dob- biamo lasciare che le preoccupazioni dell’oggi e del domani e di tutto il futuro che ci aspet- ta si accumulino tutte insieme su di noi: ci schiaccerebbero. Dobbiamo pensare che ogni giorno ha la sua razione di pena, ma anche di grazia. Dobbiamo credere che ogni giorno ci verrà donata la grazia necessaria per portare la pena. La grazia necessaria per cercare il re- gno di Dio e la sua giustizia in questa vita e in quella eterna. Santa Teresa d’Avila ci lancia una parola che allarga il nostro cuore e il no- stro orizzonte oltre ogni ostacolo: «Nulla ti turbi, nulla ti spaventi. Tutto passa, Dio non cambia. Con la pazienza si ottiene tutto. Chi ha Dio non manca di nulla. Solo Dio basta». Saprà la nostra fede ispirarci nel lungo cam- mino che ci sta davanti, perché sia un cammi- no di intelligenza e saggezza, veramente libe- ro dai cattivi consigli delle paure profonde, li- bero nella speranza dalla paura della morte? Intervista al cardinale Hollerich Combattiamo i virus del covid, del nazionalismo e dell’egoismo MASSIMILIANO MENICHETTI A PAGINA 2

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L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSO

Non praevalebunt

Anno CLX n. 105 (48.429) Città del Vaticano domenica 10 maggio 2020

.

y(7HA

3J1*QS

SKKM(

+"!z!\!#

!"!

OLTRE LA CRISI/3

Non abbiate paura

La festa dell’Europa a 70 anni dalla Dichiarazione di Schuman

Solidarietà e valoripiù forti di ogni crisi

BRUXELLES, 9. «Se rimaniamo unitinella solidarietà e con i nostri valo-ri, allora l’Europa potrà emergereanche questa volta dalla crisi, piùforte di prima». Questo il messag-gio lanciato oggi, nel giorno della

festa dell’Europa, che cade a 70 an-ni dalla storica dichiarazione diSchuman, da parte del presidentedel Consiglio Ue, Charles Michel,del presidente del parlamento Ue,David Sassoli, e del presidente del-la Commissione Ue, Ursula vonder Leyen. L’Europa «non potràpiù essere la stessa».

PAGINA 2 E 3

Nella messa del mattino il Pontefice mette in guardia dal potere e dai soldi che distruggono la Chiesa

Per le suore vincenzianedel Dispensario Santa Marta

È con un pensiero alle famiglie e so-prattutto ai bambini poveri assistitinel Dispensario pediatrico vaticanoche Papa Francesco ha iniziato saba-to mattina, 9 maggio, la messa nellacappella di Casa Santa Marta. Sia laDomus in cui risiede il Pontefice siala vicina struttura al servizio dei piùpiccoli sono gestite dalle Figlie dellacarità di san Vincenzo de’ Paoli. Enel giorno della commemorazionedella loro fondatrice Luisa di Maril-

lac — la cui memoria liturgica ricorreil 15 marzo ma, cadendo quel giornonel tempo di Quaresima, è stata spo-stata a oggi, nel centenario della suabeatificazione — il vescovo di Romaha celebrato con accanto all’a l t a reun quadro raffigurante la santa.

Introducendo il rito, Francesco hapregato e chiesto di pregare «per lesuore vincenziane che portano avan-ti» questa concreta realtà caritativa«da quasi 100 anni e lavorano qui, a

Santa Marta». Che «il Signore be-nedica» le religiose, ha aggiunto ri-cordando così tutta la comunità del-la congregazione, come già avevafatto nella messa del 25 marzo. IlDispensario Santa Marta — lo haraccontato «L’Osservatore Romano»nell’edizione del 4-5 maggio — èpronto a ripartire e a rilanciare il ser-vizio di assistenza alle famiglie pove-re, con bambini piccoli. Nella consa-pevolezza, come dice la direttricesuor Antonietta Collacchi, che «ipoveri non possono aspettare, orameno che mai, e il Papa ce lo ricor-da sempre».

Nell’omelia il Pontefice ha poifatto presente che «da una parte c’èil Signore, c’è lo Spirito Santo chefa crescere la Chiesa, ma dall’altraparte c’è il cattivo spirito che cercadi distruggere la Chiesa. È semprecosì. Si va avanti, ma poi viene ilnemico cercando di distruggere. Ilbilancio è sempre positivo alla lun-ga, ma quanta fatica, quanto dolore,quanto martirio!».

«Lo strumento del diavolo per di-struggere l’annuncio evangelico èl’“invidia”» ha fatto notare France-sco, ricordando «la rabbia del diavo-lo, la rabbia di quel “crucifige! cruci-fige!”». A questo proposito è signifi-cativa, ha aggiunto, l’espressione diAgostino: «La Chiesa va avanti frale consolazioni di Dio e le persecu-zioni del mondo». In realtà, ha pro-seguito il Papa, «a una Chiesa che

non ha difficoltà manca qualcosa. Ese il diavolo è tranquillo, le cose nonvanno bene».

«Uno strumento di questa gelo-sia... sono i poteri temporali» ha af-fermato il Pontefice, ma «il poteretemporale può essere buono: le per-sone possono essere buone ma il po-tere come tale è sempre pericoloso».

«Il potere del mondo contro ilpotere di Dio — ha spiegato France-sco — muovono tutto questo; e sem-pre dietro questo, dietro quel potere,ci sono i soldi». È «questo che suc-cede nella Chiesa primitiva: il lavorodello Spirito per costruire la Chiesa,per armonizzare la Chiesa, e il lavo-ro del cattivo spirito per distrugger-la, e il ricorso ai poteri temporaliper fermare la Chiesa, distruggere laChiesa, non è che uno sviluppo diquello che accade la mattina dellaR i s u r re z i o n e » .

«Stiamo attenti, — ha suggerito ilPontefice concludendo la meditazio-ne — con la predicazione del Vange-lo di non cadere mai nel mettere lafiducia nei poteri temporali e neisoldi». Perché «la fiducia dei cristia-ni è Gesù Cristo e lo Spirito Santoche Lui ha inviato! E proprio lo Spi-rito Santo è il lievito, è la forza chefa crescere la Chiesa! Sì, la Chiesava avanti, in pace, con rassegnazio-ne, gioiosa: fra le consolazioni diDio e le persecuzioni del mondo».

PAGINA 10

Intervista al segretario generale del Governatorato

Così i Musei Vaticanisi preparano a riaprire

I tour virtuali vanno potenziati, ma«abbiamo un grande bisogno direaltà, un disperato bisogno. Nondimentichiamo che a rendere vivi imusei sono le persone e solol’esperienza reale del museo rendele persone vive. La virtualità nonpotrà mai sostituire la realtà: pergodere dell’arte ci vogliono occhi ecuore». Lo afferma in un’intervistail vescovo Fernando Vérgez Alzaga,segretario generale del Governato-rato dello Stato della Città del Va-

ticano. Mentre in Italia si avvicinala data della riapertura dei com-plessi museali — dopo la serrataimposta dalle misure volte a conte-nere la pandemia da covid-19 — an-che i Musei Vaticani si preparano ariaccogliere i visitatori. Spiega ilpresule: «Si potrà accedere solo suprenotazione» e indossando la ma-scherina.

ALESSANDRO DE CAROLIS A PA G I N A 9

Presentato dall’Oms per un coordinamento globale

Piano strategico contro il virusGINEVRA, 9. Un richiamo forte allasolidarietà. Alla solidarietà costruitasull’unità tra i Paesi. È arrivato ieridal direttore generale dell’O rganiz-zazione mondiale della sanità(Oms), l’etiope Tedros AdhanomGhebreyesus, nel consueto briefingquotidiano a Ginevra. Menzionandola ricorrenza — l’8 maggio — del 40°anniversario della sconfitta del vaio-lo, Ghebreyesus ha voluto ricordarecome l’elemento decisivo di quel-l’importante conquista «sia stata lasolidarietà globale», e aggiungendocome in quell’occasione «nonostantela guerra fredda, Unione sovietica eUsa unirono le forze per vincerecontro un nemico comune, ricono-scendo che il virus non distingue na-zioni né ideologie. Ora abbiamo bi-

sogno più che mai della stessa soli-darietà, costruita sull’unità tra le na-zioni, per vincere il covid-19».

Per portare a compimento questanuova futura vittoria il direttoredell’Oms ha dunque fatto intendereche non basterà sviluppare un vacci-no. Per questo le Nazioni Unite, tra-mite l’Oms, intendono rafforzare ilproprio ruolo nel coordinamentoglobale e regionale nella lotta al co-ronavirus, con un piano strategiconuovo, aggiornato «tenendo contodelle lezioni che abbiamo appreso fi-nora», e basato su 5 obiettivi strate-gici. «Innanzitutto, mobilitare tutti isettori e le comunità; in secondoluogo, controllare casi e cluster spo-radici trovando e isolando rapida-mente tutti i casi; terzo, sopprimere

la trasmissione della comunità attra-verso la prevenzione e il controllodelle infezioni e l’allontanamento fi-sico; in quarto luogo, ridurre la mor-talità attraverso cure adeguate; equinto — ha concluso Ghebreyesus —sviluppare vaccini e terapie sicuri edefficaci». Per questo il diplomaticoetiope ha chiesto 1,7 miliardi di dol-lari da qui fino alla fine del 2020.

Come per il vaiolo il covid offrel’opportunità non solo di combattereuna singola malattia, ma di cambiarela prospettiva della salute globale edi costruire un mondo più sano, piùsicuro e più giusto per tutti e, final-mente puntare all’ambizioso obietti-vo indicato dall’Oms alla sua nasci-ta, negli anni ‘40: raggiungere unacopertura sanitaria universale.

Pestilenze e quarantene da Leopardiai poeti contemporanei

La profezia di Tristano

SI LV I A GUIDI A PA G I N A 5

I vescovi degli Stati Uniti invocanomaggiori tutele per i braccianti

Stessa dignità per tutti

CHARLES DE PECHPEYROU A PA G I N A 8

ALL’INTERNO

PUNTI DI RESISTENZA

Il potere terapeuticodel colore

SUSANNA PA PA R AT T I A PA G I N A 6

LABORATORIODOPO LA PA N D E M I A

A colloquio con Mario Di Ciommo

Prima di tutto(ri)fare gli europeisti

PAOLO MEDE A PA G I N A 3

NOSTREINFORMAZIONI

PAGINA 9

In allegato la riproduzionedella prima pagina del 10 maggio 1945

con il radiomessaggio di Pio XIIper la fine della guerra in Europa

di FEDERICO LOMBARDI

«N on temere! Perché io sarò conte!». Sono parole che tornanomolte volte attraverso tutte le

Scritture. Sono le parole rivolte da Dio stessoo in suo nome a chi viene chiamato da lui auna missione impegnativa e inattesa, per vieancora sconosciute, come Mosè davanti al ro-veto ardente o Maria davanti all’Angelo.«Non abbiate paura!». Sono parole rivoltedai profeti al popolo oppresso dall’angoscia,come quando è stretto senza vie d’uscita fra ilMar Rosso e i carri da guerra degli egiziani.Anche Gesù le riprende varie volte rivolgen-dosi ai suoi discepoli, al “piccolo gregge” chelo segue, o a coloro che subiranno persecuzio-ni per il suo nome. Per questi Gesù insisteche non dovranno temere nessuna forza uma-na, perché questa può togliere la vita del cor-po ma non quella dell’anima e perché neltempo della prova Dio non li abbandonerà.

La grande parola «Non abbiate paura!»,come ricordiamo bene, è stata ripresa con in-sistenza in tempi più vicini a noi da san Gio-vanni Paolo II fin dall’inizio del suo pontifi-cato e rivolta al mondo intero: «Non abbiatepaura! Aprite le porte a Cristo!». In fondo, lafede in Cristo salvatore è proprio — per tutti— la grande e definitiva liberazione dallapaura.

La pandemia, anche quando sia superatastabilmente grazie a un vaccino efficace, ci la-scerà in ogni caso un’eredità di insicurezza,diciamo pure di nascosta paura, pronta a riaf-fiorare. Ora sappiamo che, nonostante ognisforzo e ogni giusto impegno per la riduzionedei rischi, potranno comparire e sfuggire alcontrollo altri virus o altre forze capaci diprenderci di sorpresa e mettere in crisi le no-stre tranquillità e le nostre sicurezze. Perchéla sicurezza assoluta su questa terra non esi-ste, non è possibile. E non esisterà mai anchein futuro.

Certamente dobbiamo aspettarci dallascienza e dalla organizzazione sociale e politi-ca, in generale dalla ragionevolezza umana,un aiuto essenziale per recuperare la tranquil-lità necessaria per una vita personale e socialeserena e “normale”. Ma rimane il bisogno diqualcosa di più profondo per cui queste ri-sposte non bastano.

Possiamo vivere liberi dalle paure più radi-cali per noi stessi e per i nostri cari, per il no-stro futuro? Dove è la chiave del vivere in pa-ce e quindi della vita veramente buona anchesu questa terra, nonostante tutte le difficoltàche ogni giorno si presentano inevitabilmen-te? Sappiamo bene che ognuno di noi ha la

sua personalità, il suo carattere e la sua storia,che incidono in profondità sui suoi atteggia-menti. C’è chi è più ansioso e fragile, e non ècolpa sua; c’è chi è più naturalmente tranquil-lo e ottimista, ed è un dono. Ma la parola delSignore è diretta a tutti ed è un invito pertutti ad affidarsi con fiducia ad un amore checi precede, ci guarda e ci accompagna.

Spesso oggi abbiamo ritegno a parlare di“p ro v v i d e n z a ” di Dio. Ci sembra una parolache metta a rischio il nostro doveroso impegnocristiano nel mondo, che ci renda passivi e me-no responsabili. Ma questa è una trappola. Di-menticare la provvidenza di Dio vuol dire per-dere il senso che l’amore di Dio ci avvolge e ciaccompagna, anche se spesso i nostri occhi so-no ancora incapaci di riconoscerlo. Nel discor-so della Montagna Gesù ci invita ad aprire gliocchi — «Guardate gli uccelli del cielo, guar-date i gigli del campo…» — e a non lasciarcicatturare totalmente dalle preoccupazioni im-mediate per il nostro benessere temporale. Ol-tre agli uccelli e ai fiori l’occhio che si aprepuò vedere ogni giorno anche molti altri segnidi amore e di speranza seminati lungo il no-stro cammino, nelle circostanze e nelle personeche incontriamo, nelle loro parole e nelle loroazioni. Ognuno di noi considera una grazia in-

contrare le persone che sanno vederli e aiutarcia vederli con occhio penetrante e sguardo sere-no. Il mondo è pieno non solo di cattive noti-zie, ma anche di buone notizie. È un doverericonoscerle e farle conoscere, perché sonoquelle che guidano più lontano e indirizzanolo sguardo verso l’alto, la sorgente dell’a m o re ,la meta della speranza.

Gesù conclude poi le sue parole sulla prov-videnza con un consiglio molto saggio: «Aciascun giorno basta la sua pena». Non dob-biamo lasciare che le preoccupazioni dell’oggie del domani e di tutto il futuro che ci aspet-ta si accumulino tutte insieme su di noi: cischiaccerebbero. Dobbiamo pensare che ognigiorno ha la sua razione di pena, ma anche digrazia. Dobbiamo credere che ogni giorno civerrà donata la grazia necessaria per portarela pena. La grazia necessaria per cercare il re-gno di Dio e la sua giustizia in questa vita ein quella eterna. Santa Teresa d’Avila ci lanciauna parola che allarga il nostro cuore e il no-stro orizzonte oltre ogni ostacolo: «Nulla titurbi, nulla ti spaventi. Tutto passa, Dio noncambia. Con la pazienza si ottiene tutto. Chiha Dio non manca di nulla. Solo Dio basta».Saprà la nostra fede ispirarci nel lungo cam-mino che ci sta davanti, perché sia un cammi-no di intelligenza e saggezza, veramente libe-ro dai cattivi consigli delle paure profonde, li-bero nella speranza dalla paura della morte?

Intervista al cardinale Hollerich

Combattiamo i virusdel covid, del nazionalismoe dell’egoismo

MASSIMILIANO MENICHETTI A PA G I N A 2

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pagina 2 domenica 10 maggio 2020 L’OSSERVATORE ROMANO domenica 10 maggio 2020 pagina 3

LABORATORIOD OPO LA PA N D E M I A

«Per chi è responsabile la domanda ultima non è: come me la cavo eroicamente in quest’a f f a re ,

ma: quale potrà essere la vita della generazione che viene» (D. Bonhoeffer)

Intervista all’esperto di affari europei Mario Di Ciommo

Prima di tutto(ri)fare gli europeisti

di PAOLO MEDE

All’«Emergenza europea. Risco-prire l’idea d’Europa, oltre lacrisi» è dedicato il libro di Ma-

rio Di Ciommo, ricercatore in Dirittocostituzionale europeo ed esperto diaffari europei. Il volume, con la prefa-zione del gesuita Francesco Occhetta,uscirà ai primi di giugno. Secondo DiCiommo, ridurre la crisi dell’Unioneeuropea alla sola minaccia populista —come pure è stato fatto in maniera dif-fusa nel corso dell’ultima campagnaelettorale europea — non significa tan-to un sopravvalutare il ruolo del popu-lismo (senza dubbio la novità politicadi maggior rilievo della scena interna-zionale, secondo l’autore) ma piuttostosottovalutare l’ampiezza della crisi, na-scondere le responsabilità degli euro-peisti e non comprendere la necessitàper l’europeismo di mettersi in discus-sione. In questa intervista a «L’O sser-vatore Romano», Di Ciommo tratteg-gia le linee di analisi del suo libro, nelquale sono presenti contributi, fra glialtri, del cardinale Angelo Bagnasco,del politico e giurista Giuliano Amatoe dell’economista suor AlessandraSmerilli.

Oggi si celebra la Giornata dell’E u ro p a .Considerando la pandemia o meno, qualeè lo stato di salute del vecchio continente?

È uno stato di crisi. Ma non a causadella “sola” pandemia: è almeno dal2007 che, praticamente senza soluzionedi continuità, si parla di Europa in cri-si. Una crisi “esistenziale”, tanto per-ché mette in discussione l’esistenzastessa del progetto europeo di integra-zione, quanto perché nasce da proble-mi che affondano le loro radicinell’identità di questo. In sostanza, seè vero che la pandemia ci ha messo inuna situazione senza precedenti, nonsono senza precedenti le difficoltà chel’Ue sta incontrando nell’a f f ro n t a requesta ennesima crisi.

A suo parere, nell’ottica del rilancio, biso-gna dare priorità prima alla costruzioneistituzionale dell’Europa o prima alla co-struzione dell’identità europea? In altreparole, è più urgente fare l’Europa o glie u ro p e i ?

La costruzione istituzionale è sem-pre una conseguenza dell’identità “co-stituzionale” della comunità in questio-ne. Se la costruzione europea è ancoraincompleta, dunque, non dipende solodai limiti delle scelte politico-istituzio-nali fatte sino ad oggi (che certo han-no la loro importante parte di respon-sabilità), ma, in primis, dalla comples-sità dell’identità europea, che è meta-morfica per dirla con Morin, che èunità nella diversità. Detto ciò, il pro-cesso del “f a re ” l’Europa non può, og-gi, prescindere dai cittadini europei, iquali, anche grazie all’esperienza co-mune delle crisi degli ultimi anni, han-no maturato verso l’Europa una atten-zione che è, potenzialmente, una risor-sa straordinaria. Un’attenzione spesso

critica, ma che molto di recente — p en-so alle elezioni europee — ha espressouna apertura di credito inaspettata ver-so l’Europa (basti pensare a partecipa-zione e risultati di quella tornata elet-torale). Certo, adesso questa attenzio-ne e questa apertura di credito devonoessere prese sul serio dai politici. Perquesto è oggi il momento di puntaresui cittadini per riattivare il processodel “fare l’E u ro p a ”.

Si fa strada in molti il timore che lapandemia possa dare il colpo mortale alleaspirazioni di una comunità internazio-nale più aperta e solidale: il timore perquanto accaduto o per quanto possa ac-cadere rischia piuttosto di far alzare nuo-vi muri. È realistico parlare di un nuovomondo, e migliore, sotto il profilo dellacooperazione internazionale? Si andrà ve-ramente verso più sistemi macroregionali?

Il futuro della comunità internazio-nale fondata sul multilateralismo di-pende molto dal futuro della Unioneeuropea: è per questo che chi vuolesoppiantare l’attuale ordine internazio-nale multilaterale, in genere, attaccal’Unione europea. Ed è per questo —ma per ragioni ideali opposte — chePapa Francesco da tempo richiamal’attenzione sulla necessità di riformareil sistema multilaterale e sul fatto chel’Unione europea ha di fronte a sé unasfida epocale, dalla quale dipenderànon solo il futuro suo, ma quello delmondo intero. La chiave di volta diquesto futuro è nella solidarietà: nellacapacità o meno dell’Unione europea,per dirla con le parole della Dichiara-zione Schuman — di cui stiamo festeg-giando i 70 anni — di «realizzazioniconcrete che creino anzitutto una soli-darietà di fatto».

Si è un po’ tutti d’accordo sul fatto chel’Europa non possa essere, o presentarsi,come una sorta di ufficio burocratico. Macosa significa, anche praticamente, farladiventare più “politica”?

È questo il punto, è qui il cuore del-la crisi esistenziale: tornare a fare dellapolitica la linfa del progetto europeo.Come? Innanzitutto, alimentando lepossibilità di un dibattito democraticoaperto sulle ragioni costitutive del pat-to europeo, anche raccogliendo ilguanto di sfida lanciato da populisti esovranisti. Un dibattito che deve peròpartire dalle istanze dei cittadini, iquali, nel dar credito all’Europa (tornoa pensare alle elezioni del maggioscorso), le chiedono di cambiare e didiventare più vicina alle proprie esi-genze. È arrivato il momento di pren-dere le distanze dalle ambiguità diquel generico filoeuropeismo, che, perdirla con Jürgen Habermas, è espres-sione di un «gioco furbesco della nontematizzazione», che, di fatto ha svuo-tato di contenuto politico il dibattitosull’Europa, rendendolo tema indispo-nibile ai cittadini, relegato dietro le te-che di un confronto rimesso solo a tec-nici e burocrati. Alla luce di ciò, consi-dero un errore significativo la decisio-

ne di “c o n g e l a re ” la Conferenza sul fu-turo dell’Europa, che sarebbe dovutapartire il giorno del settantesimo anni-versario della Dichiarazione Schuman,e che invece è stata rinviata a data dadestinarsi. È una decisione che relegail confronto con i cittadini ad un pia-no secondario rispetto alle urgenzedell’oggi, ancora una volta rimesse apolitici e tecnici. Una decisione chesembra non voler capire che il cuoredella crisi esistenziale è politica e chesolo il coinvolgimento dei cittadinipuò, attraverso il confronto democrati-co, generare quella forza politica pro-pulsiva necessaria a portare a soluzionicapaci di superare lo status quo. Mal’europeismo di oggi quanto vuolemettere in discussione lo status quoeurop eo?

L’Europa è stretta fra potenze contrappo-ste, da Occidente a Oriente. È sotto at-tacco o in fondo, come già accaduto nellastoria, può configurarsi come una sceltas t ra t e g i c a

È oggettivamente sotto attacco. Lo èall’interno: si pensi alla sfida dei sovra-nismi che vogliono soppiantare l’E u ro -pa sovranazionale, con una Europadelle Nazioni (come se dimensione so-vranazionale e dimensione nazionalefossero piani inconciliabili); ma si pen-si anche a quella che è stata la sfidadella Brexit, che molti scommettevano— sbagliandosi — che avrebbe innesca-to una serie di “exit” di altri Paesi. Loè all’esterno, se pensiamo a come nelmondo globalizzato stia prendendopiede in maniera sempre più credibile— o perlomeno efficace — un modellodi capitalismo autoritario e sovranista,che mira a superare l’attuale ordine in-ternazionale fondato, su quel multila-

teralismo di cui l’Ue è l’esp erimentopiù avanzato, e che oggi, oggettiva-mente, sembra in affanno.

L’Europa e la vocazione mediterranea: èun’occasione sprecata? Che ruolo dovrebbegiocare l’Italia, sotto questo aspetto, sucosa puntare?

L’Europa non ha contatto con lapropria vocazione mediterranea, cosìcome non ce l’ha con la propria voca-zione di player globale: perché l’E u ro -pa, dopo esser divenuta un “giganteeconomico”, non riesce a diventare an-che un “gigante politico”? Perché haperso contatto con la propria vocazio-ne politica, la quale è iscritta nei valoriche fondano il progetto europeo di in-tegrazione, tra i quali quelli di dignitàdella persona (pensiamo a come l’Eu-ropa ha gestito — e sta gestendo — lacrisi migratoria), e solidarietà (pensia-mo a come l’Europa stia permettendoa una crisi simmetrica, come quella dacoronavirus, di avere impatti asimme-trici, per cui i Paesi più ricchi diventa-no sempre più ricchi, e i più poverisempre più poveri). L’Italia, che ha,per storia (e non solo per geografia),un ruolo speciale nel Mediterraneo,dovrebbe lavorare — non in solitaria,ma in concerto con altri Paesi europeicome la Francia — per rimettere al cen-tro dell’agenda della Ue il Mediterra-neo, che va riscoperto come porta ver-so il futuro, verso l’Africa, verso il Me-dio oriente, etc., e non più consideratocome mero muro di cinta difensivo.Ciò richiede un nuovo europeismo, ca-pace di riscoprire, alla luce dei valoriche fondano il progetto europeo, ilproprio orizzonte di sviluppo.

La festa dell’Europa a settant’anni dalla Dichiarazione di Schuman e nel pieno della pandemia di coronavirus

Solidarietà e valoripiù forti di ogni crisi

Intervista al cardinale Hollerich, presidente della Comece

Combattiamo i virusdel covid, del nazionalismo

e dell’egoismo

BRUXELLES, 9. «La generazione deglianni ‘50 pensava che sulle rovine dellaguerra si potessero costruire un’E u ro p ae un mondo migliori. Come poi è av-venuto. Se impariamo queste lezioni,se rimaniamo uniti nella solidarietà econ i nostri valori, allora l’Europa po-trà emergere anche questa volta dallacrisi, più forte di prima». È quantoscrivono oggi, in un messaggio comuneper la giornata della Festa dell’E u ro p a ,il presidente del Consiglio europeoCharles Michel, il presidente dell’E u ro -parlamento David Sassoli e il presiden-te della Commissione Ue Ursula von

der Leyen. A settant’anni dalla storicaDichiarazione dell’allora ministro degliesteri francese, Robert Schuman, sullacollaborazione dei popoli europei, letre massime cariche dell’Unione hannolanciato un messaggio di solidarietà esperanza, ringraziando in particolare ilpersonale sanitario, le forze dell’o rd i n e ,i lavoratori nei negozi e «anche i citta-dini, per lo spirito di solidarietà e ilsenso civico» dimostrati nell’a f f ro n t a rela pandemia di coronavirus. «L’E u ro p amostra il suo lato migliore quando dàprova di vicinanza e solidarietà».

È una festa dell’Europa profonda-mente segnata dal timore di nuovilo ckdown e delle conseguenze dellapandemia sull’economia. «Dopo avertemuto per la loro vita, molti europeisono ora preoccupati per il loro lavoro.È necessario riavviare il motore del-l’economia europea» sottolineano Mi-chel, Sassoli e von der Leyen. «Ricor-diamoci dello spirito di Robert Schu-man e dei padri fondatori, uno spiritocreativo, audace, pragmatico. Questegrandi personalità hanno dimostratoche per superare i momenti di crisi oc-corre pensare la politica in modo nuo-vo e rompere con il passato. Dobbiamofare così anche noi e riconoscere cheper sostenere la ripresa ci sarà bisognodi nuove idee e di nuovi strumenti».L’Europa che uscirà da questa crisi«non potrà più essere la stessa. Innan-zitutto, dobbiamo fare di più per mi-gliorare la vita dei più poveri e dei piùvulnerabili». L’Unione «deve dar pro-va di coraggio e fare tutto ciò che serveper proteggere la vita degli europei efornire mezzi di sussistenza ai suoi cit-tadini, in particolare nelle aree dove lacrisi si è fatta sentire maggiormente».

I tre presidenti concordano sul fattoche l’Unione «deve anche essere sana esostenibile; una lezione che dobbiamotrarre da questa emergenza è l’imp or-tanza di ascoltare i pareri scientifici eagire prima che sia troppo tardi. Nonpossiamo rimandare la lotta al cambia-mento climatico e dobbiamo costruirela nostra ripresa sul Green Deal euro-peo». E per essere più vicini ai cittadi-ni occorre «rendere la nostra Unionepiù trasparente e democratica» diconoguardando alla Conferenza sul futurodell’Europa, il cui avvio previsto peroggi è stata rinviata «solo a causa dellapandemia» ma «sarà essenziale per svi-luppare queste idee. Viviamo un mo-mento di fragilità temporanea e soloun’Unione europea forte sarà in gradodi proteggere il nostro patrimonio co-mune e le economie dei nostri Statimembri».

Come accennato, in occasione di undiscorso a Parigi nel 1950 Schumanespose la sua idea di una nuova forma

di cooperazione politica per l’E u ro p a ,che avrebbe reso impensabile unaguerra tra le nazioni europee. La suaambizione era creare un’istituzione eu-ropea che avrebbe messo in comune egestito la produzione del carbone edell’acciaio nella cosiddetta “comunitàdel carbone e dell’acciaio” (Ceca), pri-mo nucleo dell’Unione. La proposta diSchuman è considerata l’atto di nascitadell’Unione europea. La Dichiarazioneintendeva principalmente superare lostorico antagonismo tra Francia e Ger-mania grazie alla definizione e all’isti-tuzione di un’autorità comune per lagestione delle ricorse. I primi Stati adaderire alla Ceca furono, oltre a Fran-cia e Germania, Belgio, Lussemburgo,Paesi Bassi e Italia. Nel 1957 alla Cecasi aggiunse la Comunità economica eu-ropea che sarebbe stata sostituita nel1992 dalla Comunità europea.

«Il cammino dell’Unione europea èpassato attraverso fasi di fiducia e pe-riodi di difficoltà, ma non venendomai meno alla sua fondamentale pro-messa di pace, stabilità e prosperità peri popoli europei» ha detto oggi il pre-sidente della Repubblica italiana, Ser-gio Mattarella. «Il 9 maggio 1950, Ro-bert Schumann, uno dei padri dell’Eu-ropa — ricorda il capo dello Stato — inuna Dichiarazione divenuta celebre,immaginava un continente unito sulpiano economico e, in prospettiva, sulpiano politico, per superare la pesanteeredità della guerra e come punto dipartenza di un ambizioso processo diintegrazione fra Paesi». Per Mattarella«la visione di una generazione di intel-lettuali e uomini politici che per il be-ne comune della famiglia europea sep-pe superare divisioni antiche ci devesostenere anche nelle attuali difficilicircostanze. Ci troviamo di fronte auna sfida che non ha precedenti perampiezza e profondità, e dobbiamo sa-per dare risposte all’altezza di quellalungimiranza che, ancor oggi, rappre-senta il patrimonio più prezioso che iPadri fondatori ci hanno lasciato ine re d i t à » .

Sull’importanza dell’Europa nellalotta al coronavirus è intervenuta anche

la Conferenza episcopale italiana (Cei).«È questo il momento storico in cuil’Europa è seriamente messa alla prova.Dimostri di essere l’Europa dei popolie della pace» ha detto oggi il presiden-te della Cei, cardinale Gualtiero Bas-setti, parlando con l’agenzia Ansa.«Senza lavoro e senza un minimo disostentamento per le persone e per lefamiglie non ci può essere pace, e lodice anche la Bibbia che la pace e lagiustizia camminano insieme. Per esse-re l’Europa dei popoli sia l’Europa del-la pace e della giustizia».

Sono numerosi gli eventi in pro-gramma oggi, online, per permettere aicittadini di partecipare attivamente allecelebrazioni della festa dell’E u ro p a .Questa mattina il presidente del parla-mento Ue Sassoli ha voluto riuniresimbolicamente nell’emiciclo e in vi-deoconferenza le realtà europee checon le loro azioni quotidiane contribui-scono a cambiare e migliorare concre-tamente le condizioni di vita delle per-sone più svantaggiate e vulnerabili.L’evento si chiama «Il coraggio di agi-re: la lezione di Schuman 70 anni do-

po». «Dovremo essere capaci di mobi-litare una grande quantità di risorse ingrado di far ripartire velocementeun’economia completamente bloccata»ha detto Sassoli aprendo l’evento. «Edovremo farlo velocemente, perché icittadini, le imprese non possonoaspettare. In questo momento abbiamodavanti una grande sfida: quella di va-rare un Piano per la ripresa dell’econo-mia europea che sia all’altezza dellaspirale catastrofica provocata da questacrisi». I cittadini europei «adesso siaspettano molto dall’Europa e noi dob-

biamo essere all’altezza delle loroaspettative. Il lavoro è solo all’inizio».Sassoli ha ricordato che «è il dirittoeuropeo il più grande investimento sul-la nostra libertà, e la sua difesa passainnanzitutto per il rispetto degli organigiurisdizionali, prima tra tutti la Cortedi giustizia, le cui decisioni sono vinco-lanti per tutti». All’evento interverran-no Pierre Rabhi, fondatore del movi-mento Colibrì, Luca Casarini, Capo-missione in mare di Mediterranea Sa-ving Humans e Yayo Herrero, Presi-dente di Transitions Forum.

Il mondo celebra la capitolazione della Germania nazista e la fine della seconda guerra mondiale

«Non possiamo smettere di ricordare»BE R L I N O, 9. «Non esiste la fine dellamemoria, e non c’è possibilità di re-denzione dalla storia. La storia tedescaè una storia spezzata. A questa appar-tiene la responsabilità di milioni di as-sassinii e di altrettanta sofferenza. Que-sto ci fa il cuore a pezzi. Per questo, sipuò amare questo Paese soltanto con ilcuore a pezzi». Con queste parole, ieri,il presidente tedesco, Frank-WalterSteinmeier, è intervenuto per ricordarela capitolazione della Germania nazistae la fine della seconda guerra mondia-le. Per la prima volta, Berlino e tutta laGermania si sono fermate per celebrarequel momento, l’8 maggio del 1945,quando, ormai in ginocchio, la Wehr-macht annunciò la resa incondizionata.Il mondo usciva dall’incubo del nazifa-scismo.

Quest’anno la ricorrenza della finedel conflitto che ha sconvolto il mondoricorre in concomitanza con la festadell’Europa, che celebra i settant’annidella storica Dichiarazione di RobertSchuman. Non a caso, Steinmeier halanciato, nel suo discorso, un appelloall’unità europea, che vacilla proprionel tempo della pandemia di covid-19,e alla difesa della democrazia. «Maipiù — ha affermato il capo di Stato te-desco — significa mai più soli! Dobbia-mo tenere l’Europa insieme. Come eu-ropei dobbiamo pensare, sentire edagire. Se noi in Europa, anche dentro edopo questa pandemia, non restiamoinsieme, non rendiamo onore a questo8 maggio». Nel 1945 l’Europa fu libe-rata dall’incubo del nazifascismo, «og-gi dobbiamo liberare noi stessi.D all’odio, dalla xenofobia e dal di-sprezzo della democrazia». Steinmeierha sottolineato che non è possibile ta-gliare i ponti con il passato e con lamemoria perché «chi lo fa toglie valorea tutto quello che abbiamo conquistatoda allora e rinnega il seme essenzialedella nostra democrazia».

Il cancelliere tedesco, Angela Mer-kel, che insieme a Steinmeier si è reca-ta al monumento alle vittime dellaguerra a Berlino, ha ricordato «i milio-ni di vittime e la sofferenza incommen-

surabile» provocata dalla Germania na-zionalsocialista con la guerra. Merkelha avuto un colloquio telefonico con ilpresidente russo, Vladimir Putin, con ilpresidente francese, Emmanuel Ma-cron, e con il presidente statunitense,Donald Trump. In particolare con Ma-cron, Merkel ha sottolineato il «valoredella storica opera di riconciliazionefra Germania e Francia e la forte matu-ra amicizia fra i due Paesi». Al presi-dente americano, il cancelliere ha inve-ce ricordato «la particolare importanzadel sostegno americano alla Germaniadopo la fine della guerra» e da allora«la profonda alleanza fra i due Paesi».Alla commemorazione a Berlino eranoinoltre presenti i rappresentanti degliorgani dello Stato: il presidente del

Bundestag, Wolfgang Schaeuble, ilpresidente del Senato, Dietmar Woidkee il presidente della Corte costituziona-le Andreas Voákuhle.

Celebrazioni anche a Parigi. Il presi-dente Macron ha deposto una coronadi fiori davanti alla statua del generalede Gaulle e ha risalito a piedi l’ultimaparte degli Champs-Élysées. Come inGermania, è stata annullata ogni mani-festazione o parata. La fiamma del mi-lite ignoto francese è stata riaccesa allapresenza di un solo portabandiera. Sul-la Tour Eiffel, sempre in mattinata, èstata issata una grande bandiera trico-lore «per rendere omaggio ai combat-tenti e ai resistenti della seconda guerramondiale e per celebrare la pace». InGran Bretagna, la regina Elisabetta II

si è rivolta al Paese con un discorso nelquale ha sottolineato l’importanza di«mai arrendersi, mai disperare», conun esplicito riferimento all’attualeemergenza coronavirus e al lockdown.La sovrana britannica, al suo secondodiscorso alla nazione dall’esplosionedella pandemia, ha esordito ricordandocome il messaggio di oggi venga tra-smesso a 75 anni esatti da quando suopadre, re Giorgio VI, annunciò alla ra-dio la fine della guerra. «All’inizio —ha detto la regina — le prospettive cisembrarono cupe, la fine lontana, l’epi-logo incerto. Ma conservammo la fedeche la nostra causa era giusta» fino altraguardo della vittoria. Non è manca-to del resto un pensiero alle «moltepersone che diedero la vita in quel ter-

ribile conflitto». Quindi il riferimentodiretto al coronavirus e al lockdownche costringe tuttora a casa la popola-zione nel Regno Unito: «Oggi puòsembrare duro non poter suggellarequesto anniversario speciale comeavremmo desiderato. Ma le nostre stra-de non sono vuote, sono colmedell’amore e della cura che abbiamo gliuni per gli altri. Quando guardo al no-stro Paese di oggi e vedo ciò che fac-ciamo per sostenerci e proteggerci a vi-cenda, mi dico con orgoglio che siamoancora una nazione che quei soldati,marinai e aviatori coraggiosi» che com-batterono il nazifascismo «riconosce-rebbero e ammirerebbero».

Dal canto suo, il primo ministro Bo-ris Johnson si è recato all’abbazia di

Westminster dove ha acceso un cero elanciato un messaggio alla nazione. Lalotta al coronavirus «richiede lo stessospirito di impresa nazionale» della lot-ta contro Hitler e la Germania nazista,ha detto Johnson. Sempre in GranBretagna, la Bbc ha trasmesso di nuo-vo il celebre discorso di Winston Chur-chill che annuncia ai britannici la vitto-ria sul nazismo.

In Russia, il presidente Putin si è ri-volto alla nazione sottolineando l’im-portanza di essere uniti per affrontarele sfide attuali. «Sappiamo e crediamofermamente che siamo invincibili quan-do siamo uniti» ha detto. Come è no-to, la grande parata militare previstaper oggi sulla Piazza Rossa di Moscaper celebrare la fine del conflitto è sta-ta annullata a causa della pandemia.Secondo i dati dell’università america-na Johns Hopkins, in Russia il covid-19 ha provocato finora 1.723 vittime afronte di 187.859 casi accertati e da unasettimana si registrano oltre 10.000nuovi contagi al giorno.

Negli Stati Uniti, sette veterani dellaseconda guerra mondiale tra i 96 e i100 anni si sono uniti al presidenteTrump e alla first lady Melania nellacerimonia per ricordare l’anniversariodella fine del conflitto mondiale. Lacoppia presidenziale ha deposto unacorona di fiori al World War II Memo-rial a Washington. Anche in questo ca-so, i partecipanti alla cerimonia eranopochissimi a causa delle restrizioni perl’emergenza sanitaria.

Un messaggio di unità e solidarietàè giunto anche dalla Nato, l’alleanzaatlantica che è sorta proprio alla finedella guerra. «Oggi segniamo 75 annida quando le armi hanno taciuto inEuropa. La Nato fu fondata sulle rovi-ne della Seconda guerra mondiale,creando un legame indissolubile traEuropa e Nord America. Oggi siamo30 amici e alleati. Noi ricordiamo. Esiamo più forti insieme» ha dichiaratoin un messaggio postato su Twitter ilsegretario generale della Nato, JensStoltenb erg.Le massime autorità tedesche al memoriale delle vittime della guerra a Berlino (Reuters)

MASSIMILIANO MENICHETTI

Settant’anni dopo che il ministrodegli Esteri francese RobertSchuman diede il primo impul-

so alla costruzione del progetto euro-peo, l’arcivescovo di Lussemburgo epresidente della Comece, la Commis-sione delle Conferenze episcopali del-la Comunità europea, il cardinaleJean-Claude Hollerich, si è recato aSchengen, città dove nel 1985 fu si-glato l’Accordo che regola l’ap erturadelle frontiere tra i Paesi firmatari.Qui ha acceso una candela per riba-dire la necessità di solidarietà, unità epace, in questo tempo in cui la pan-demia del covid-19 flagella il mondo.«Abbiamo bisogno di un altro virus,il virus della solidarietà e della carità— ribadisce il porporato ai media va-ticani — per capire che l’uomo non vi-ve da solo», perché «noi possiamo es-sere “umani” soltanto insieme con glialtri».

La festa dell’Europa celebra la pace el'unità. Molti sono gli appelli e gli au-spici affinché questo continente sappiatornare allo spirito dei Padri fondatori,sappia riscoprire le proprie radici cristia-ne. Accogliendo le parole del Papa: comesi aggiorna l’idea di Europa?

Penso che sia un momento vera-mente di gratitudine, perché grazieall’Unione europea abbiamo avuto lapace. Ieri si è ricordato il 75° anniver-sario della sconfitta del regime nazi-sta: abbiamo fatto comunque ungrande progresso. Ma bisogna mante-nere questo spirito, e per questo biso-gna tornare allo spirito dei Padri fon-datori. Penso a Schuman, penso adAdenauer, a De Gasperi, che eranouomini pronti alla riconciliazione, uo-mini che non vedevano il mondo inbianco e nero, ma vedevano tutte lesfumature tra il bianco e il nero. Era-no uomini impegnati per la pace el’unità, basate sulla loro fede cristia-na. E il Papa è un po’ la coscienzadell’Europa: è un grande piacere,penso, per tutti gli europei vedere co-me il Papa venuto da lontano — comeha detto lui stesso — abbia il “sensoeurop eo”, ha capito veramente in pro-fondità quello che è l’ideale europeo:la solidarietà. E la solidarietà non siferma ai confini dell’Europa. Abbia-mo problemi con i confini: confini inEuropa e confini dell’Unione europeacon gli altri Paesi. C’è gente chemuore ai confini dell’Unione europeae noi non possiamo tollerare questo.

In questo periodo drammatico a causadel covid-19, lei ha più volte lanciato unappello all’Europa affinché mostri pienaempatia e piena solidarietà ai Paesi più

colpiti dalla pandemia. Una sollecitazio-ne che è stata accolta? Cosa bisognerebbea t t u a re ?

Credo che sia stata accolta, nonsoltanto perché l’ho detto io, ma per-ché la gente è convinta degli idealidell’Unione europea. C’è però un po’una ferita che rimane: le grandi di-scussioni prima di arrivare a un com-promesso, in un certo senso sono nor-mali in politica; ma in momenti neiquali una grande parte dell’Unioneeuropea soffre — pensiamo soltantoalle persone morte in Italia, Spagna,Fr a n c i a … è stata una strage! — allorabisogna dare segnali forti, con empa-tia. Non soltanto soluzioni teoriche:gli aiuti devono arrivare presto perchéaltrimenti le persone perdono la fidu-cia nell’E u ro p a .

Il Papa invita al coraggio «di una nuo-va immaginazione», a sviluppare «anti-corpi della solidarietà» capaci di daresoluzioni durature, non temporanee. C’èdunque una reale opportunità in questotempo così difficile?

Sì e lo penso veramente, perchénoi siamo divenuti nuovamente con-sci della fragilità dell’essere umano,della fragilità delle nostre società. Ela fragilità può portare a due reazio-ni: chiudersi in sé, aver paura, e chiu-dere anche le nostre società, i nostriPaesi. Un’altra reazione — e qui ab-biamo bisogno di un altro virus, il vi-rus della solidarietà e della carità, percapire che l’uomo non vive da solo:noi dovremmo saperlo, oggi, perchéabbiamo sofferto del fatto di vivereda soli — è che c’è bisogno di unagrande rete di solidarietà, perché noipossiamo essere “umani” soltanto in-sieme con gli altri. Abbiamo bisognodegli altri per realizzare la nostraumanità, per realizzare la chiamatache Dio ci fa.

Qual è il messaggio dunque, la sfida,che la Chiesa in Europa vuole lanciare?

Bisogna avere più solidarietà e piùempatia; bisogna essere dalla partedei più poveri; bisogna avere un reali-smo basato sull’idea dell’Europa equesta idea non si può pensare senzasolidarietà, senza pace. Tutte le altrevisioni dell’Europa sarebbero contra-rie all’idea dei Padri fondatori. È tan-to importante mostrare al mondo chela società umana può essere solidale,che una tale crisi globale, questa pan-demia, può essere combattuta soltan-to a livello mondiale, e che l’Unioneeuropea è uno strumento per la pacenel mondo. Dunque, combattiamo ilvirus del covid e combattiamo il virusdel nazionalismo e dell’egoismo.

Il numero speciale dei «Quaderni di Dialoghi», il periodico trimestrale di Azione cattolica

La fede e il contagioSi è tenuto ieri sera, venerdì, il secondo dei «Dialo-ghi sulla fede e sulla città nel tempo della pande-mia», iniziativa online promossa dal periodico «Dia-loghi» con il supporto dell’Editrice Ave. Si è trattatodi due appuntamenti che hanno ruotato intornoall’interrogativo «Cosa sta realmente cambiando, neltempo della pandemia, nel modo di vivere e crede-re?»: due «momenti di confronto per quanti deside-rano non rimanere in superficie rispetto alle questio-ni della vita di tutti ma entrare in profondità con lostile dell’ascolto e del dialogo. Uno sguardo contem-plativo sull’oggi con il desiderio di fraternità nelcuore». Ai due appuntamenti, introdotti dal presi-dente dell’Azione cattolica (Ac), Matteo Truffellli,hanno partecipato il teologo Giacomo Canobbio, ilteologo valdese Fulvio Ferrario, il sociologo PieroPisarra, il filosofo Luigi Alici, ex presidente di Ac,l’imprenditore Gabriele Gabrielli, il dirigente scola-stico Valentina Soncini. Il primo incontro è statomoderato dalla direttrice di «Dialoghi», GiuseppinaDe Simone, il secondo dal vicepresidente di Ac,Giuseppe Notarstefano.

Queste conversazioni online rientrano in una piùampia iniziativa promossa dalla rivista trimestrale diAzione cattolica, che ha raccolto nello speciale«Quaderni di Dialoghi» diversi contributi forniti daesponenti del mondo religioso, di sociologi, econo-misti, giuristi, fra gli altri, attorno al tema «La fede eil contagio. Nel tempo della pandemia».

Come suggerisce il titolo, la pubblicazione (a curadell’Editrice Ave, che l’ha resa gratuitamente consul-tabile online) curata da Luigi Alici, Giuseppina DeSimone e Piergiorgio Grassi, è strutturata in tre par-ti: la prima “In ascolto”, raccoglie, scrivono i curato-ri nella loro introduzione, «testimonianze e riflessio-ni sullo scenario nel quale siamo sommersi», caratte-rizzato, oltre che da angoscia e da paura, anche da«gesti di coraggio di donne e uomini che hannoscelto di “essere per gli altri”». La seconda, “Con-templare e celebrare”, raccoglie «le questioni di ordi-ne ecclesiale, pastorale e teologico esistenziale chequesto tempo pone». Nella terza parte, “La respon-sabilità del futuro” si prova a disegnare invece alcuniscenari che la pandemia ha messo radicalmente indiscussione e che «sin da ora siamo chiamati a ri-pensare in profondità», «dalle frontiere, interperso-nali e geopolitiche, alle sfide della democrazianell’era digitale; dal lavoro al welfare, dalla ricercaalla sanità, dai sistemi di istruzione e formazione allatutela dei più deboli». Tanti differenti contributi natida una esperienza diretta e da solide competenze,contributi che, come si addice ad ogni “lab oratorio”,appaiono come «provocazioni a pensare e che hannoil tono coinvolgente di un pensiero diretto, in primapersona. Perché dinanzi a questo tempo siamo tuttipiù scoperti».

Il presidente della Comece durante la cerimonia a Schengen

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 domenica 10 maggio 2020

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Unica condizione per i prestiti l’utilizzo per le sole spese sanitarie

L’Eurogruppo raggiungel’accordo sul Mes

Decongestionare le carceri e prevenire i contagi

Rilasciati 85 bambinidetenuti in Sud Sudan

BRUXELLES, 9. Dopo settimane dinegoziati e polemiche, l’Eurogrupp oha approvato ieri la nuova linea delMes (il Meccanismo europeo di sta-bilità, detto anche Fondo salva-Sta-ti). Un piano di prestiti da 240 mi-liardi di euro dedicato interamentealle spese sanitarie della pandemiacovid-19, senza condizionalità e conmonitoraggio ultralight.

Gli Stati che vorranno aderireavranno tempo fino a dicembre 2022per chiederlo e dovranno restituire isuoi prestiti, a tassi bassi, entro diecianni. Le richieste potranno partiregià da metà maggio, non appena ilboard dei governatori del Mes si riu-nirà, mentre le risorse saranno di-sponibili dal primo giugno.

Dopo di allora, saranno solo iGoverni a scegliere se attivare il pre-stito, che può arrivare al 2 per centodel prodotto interno lordo.

«Tutti quelli che hanno fatto per-dere tempo agli italiani e hanno lan-ciato offese — ha commentato il pre-sidente dell’Europarlamento, DavidSassoli — adesso abbiano il coraggiodi chiedere scusa». «Non ho maiavuto dubbi — ha aggiunto Sassoli —che la linea sanitaria del Mes sareb-be stata senza condizioni e utile peraffrontare l’emergenza sanitaria neinostri Paesi».

In Italia, dove l’aiuto può arrivarefino a 37 miliardi di euro, il dibattitosulla sua utilità è ancora acceso trale varie forze politiche. Il presidentedel Consiglio dei ministri, GiuseppeConte, ha tenuto a precisare che «letre misure indicate dall’Europa —Sure, Bei e, appunto Mes — sono in-sufficienti», e servirà un Recoveryfund «di notevoli dimensioni».

Sarà la Commissione Ue a occu-parsi del tipo di monitoraggio alquale si sottoporranno i Paesi richie-denti gli aiuti, nell’ambito delle tra-dizionali missioni che conduce neiPaesi della zona euro durante il se-mestre europeo. Quindi non ci sa-ranno missioni come quelle dellatroika in Grecia. C’è comunque unmargine di discrezionalità che Bru-xelles ha conservato, nel senso chedovrà adeguare «l’intensità» dellasorveglianza alle difficoltà che unPaese attraversa.

L’Eurogruppo ha inoltre ribaditoche «dopo» la fine degli aiuti, «gliStati restano impegnati a rafforzare ifondamentali economici». Il Mesnon avrà ruolo di monitoraggio, maattuerà il sistema di allerta rapido,«per assicurare — fanno sapere daBruxelles — una puntuale restituzio-ne degli aiuti». I prestiti hanno lecondizioni più convenienti attual-mente esistenti sul mercato: scaden-za a dieci anni, un tasso annuo di0,1 per cento, un costo una tantumdi attivazione di 0,25 e un costo an-nuale per la gestione di 0,005 percento. E, come ha precisato il com-missario Ue all’Economia, PaoloGentiloni, il nuovo Mes «ha un solorequisito di condizionalità», legatoalle spese sanitarie dirette e indirettee «la sorveglianza si concentrerà solosull’uso coerente dei fondi».

Quali saranno le spese eleggibilisarà quindi la Commissione a valu-tarlo, perché l’Eurogruppo di ierinon è entrato nei dettagli. Dopol’approvazione di alcuni Parlamenti— tra cui il tedesco e l’olandese, e lariunione dei governatori del Mes,già fissata per il 12 maggio — la lineadi credito dovrebbe essere attiva.Non si può dire lo stesso invece perSure, di cui manca ancora il regola-mento. Un nuovo Eurogruppo laprossima settimana dovrebbe accele-rare anche su questo punto.Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel in videoconferenza (Reu t e rs )

GINEVRA, 9. Un totale di 85 bam-bini sono stati rilasciati dalla de-tenzione in Sud Sudan al fine diprevenire i contagi da covid-19. Loha annunciato l’Unicef, spiegandoche la decisione rientra tra le misu-re finalizzate a decongestionare gliistituti penitenziari durante la pan-demia. I bambini rilasciati si sonoricongiunti ai loro genitori o tutorilegali, mentre altri undici rimarran-

no in carcere perché accusati direati più gravi.

Poiché continuano a giungeresegnalazioni di nuovi casi di deten-zione di bambini, l’Unicef e la mis-sione delle Nazioni Unite in SudSudan (Unmiss) chiedono con for-za il loro rilascio immediato, inconformità con le recenti linee gui-da sulle azioni chiave che le autori-tà possono intraprendere per pro-teggere i minori privati della lorolibertà durante la pandemia. InSud Sudan, ha dichiarato l’o rg a -nizzazione, le prigioni sono sovraf-follate con scarso accesso a serviziigienici, nutrizione e cure mediche,condizioni altamente favorevoli alladiffusione di malattie come il coro-navirus. Inoltre, i bambini detenutisono più vulnerabili ad abbando-no, abuso e violenza di ognigenere, che rischiano di acuirsi acausa dell’impatto della pandemiae delle conseguenti misure di con-tenimento.

«Con il rischio di contagi da co-vid-19, il modo migliore di rispetta-re i diritti dei bambini a condizionidi vita in sicurezza e salute è farliritornare a casa, dove le loro fami-glie possono prendersene cura», haaffermato il rappresentante Unicefin Sud Sudan, Mohamed Ag Ayo-ya. Il rilascio dei minori è fruttodella collaborazione tra l’U n i c e f,l’Unmiss, la magistratura del SudSudan e il ministero per le questio-ni di genere, l’infanzia e l’assisten-za sociale del Paese.In Brasile

superata la sogliadelle diecimila

vittimeBRASÍLIA, 9. Nuovo record di decessigiornalieri riconducibili al covid-19in Brasile, 751 nelle ultime 24 ore.Dato che, stando all’ultimo bilancioriportato dalla Johns Hopkins Uni-versity, fa superare al paese la sogliadei diecimila morti totali, 10.017 perl’esattezza. I nuovi contagi sono sta-ti 10.222, portando il dato comples-sivo a oltre 145.000. Intanto nelloStato brasiliano di San Paolo, il piùcolpito dal coronavirus, il governolocale ha deciso di prolungare l’iso-lamento sociale in tutti i comuni fi-no al 31 maggio per cercare di frena-re l’avanzare dei casi di coronavirus.È stato il governatore João Dória,durante una conferenza stampa, adannunciarlo. «Autorizzare l’allenta-mento ora metterebbe a rischio mi-gliaia di vite, il sistema sanitario e,naturalmente, la ripresa economica»,ha dichiarato Dória. Il sindaco diSan Paolo, Bruno Covas, è arrivatoad annunciare misure «estreme».

Mentre il presidente Jair Bolsona-ro, che sin dall’inizio della diffusio-ne del virus nel Paese ha minimizza-to sulla sua gravità, è tornato a iro-nizzare sul distanziamento sociale.«Ho invitato 1.300 persone, ma sesaranno di più le farò entrare. Fare-mo una grigliata per 3 mila persone,più o meno», ha detto ironicamenteieri il presidente brasiliano, dopoche giovedì era stato criticato daimedia e sui social per aver annun-ciato che il giorno successivo avreb-be organizzato una grigliata «conuna trentina di amici».

Sintomatologie gravi per complicazioni legate al covid-19

New York, molti minori colpiti dal virus

Il governatore di New York Andrew Cuomo (Ansa)

In Cina allentatele misure restrittive

In Libanor i a p ro n ole scuole

BE I R U T, 9. Nell’ambito della fase 2post-quarantena dovuta al corona-virus, in Libano riaprono le scuole,almeno i licei e gli istituti tecnici,dal 28 maggio e fino alla fine diluglio. Gli esami si terranno a metàagosto e ai primi di settembre.

Lo ha annunciato il ministrodell’Istruzione, Tareq Majzoub. Ci-tato dall’agenzia governativa liba-nese Nna, il ministro ha detto chele scuole materne ed elementariproseguiranno, dove possibile, icorsi a distanza via Internet finoalla fine di maggio ma gli allievitorneranno a scuola soltanto a set-tembre. Per quanto riguarda lescuole medie, riprenderanno a finemaggio ma con un sistema misto:tre giorni a scuola e tre giorni inse-gnamento online da casa.

E mentre in tutto il Vicino e Me-dio oriente le misure restrittive sivanno allentando, il Kuwait, alcontrario, ha optato per un raffor-zamento dell’isolamento. A partireda domenica e fino alla fine dimaggio, hanno fatto sapere fontigovernative, il Paese entrerà inlockdown a livello nazionale.Nell’emirato si sono registrati 642nuovi casi di coronavirus in 24 oree 3 morti. I contagi complessivi so-no 7.208, 47 le vittime.

WASHINGTON, 9. Il governatoredello Stato di New York, AndrewCuomo, ha annunciato ieri che gio-vedì un bambino di cinque anni èmorto «per complicazioni legate alcovid-19», sottolineando che è ilprimo bambino a morire nello statoa causa del nuovo coronavirus. Inuna conferenza stampa, Cuomo haaggiunto che finora sono stati regi-strati 73 casi con sintomi simili eche si stanno studiando le morti dialtri minori, nel caso in cui fosseroanche queste collegate alla pande-mia.

Mercoledì scorso il dipartimentodella Sanità dello Stato aveva datola notizia che più di sessanta bam-bini erano stati ricoverati in ospe-dale con una malattia che potrebbeavere correlazioni con il covid-19. Ildipartimento della salute ha infattispiegato che si riteneva che i bam-bini avessero una «sindrome in-fiammatoria multipla pediatrica»,ma in seguito hanno scoperto di es-sere risultati positivi al test del co-ro n a v i ru s .

Sebbene abbia definito questi ca-si «rari», Cuomo ha sottolineatoche sono state trovate prove del fat-to che il nuovo coronavirus stiacausando in alcuni bambini «sinto-matologie gravi» simili alla sindro-me di Kawasaki, e un aumento deicasi pediatrici ricoverati in terapiaintensiva a causa di rare sindromiinfiammatorie multisistemiche. Inaltri casi, si manifestano con i segnitipici della sindrome da shock tossi-

co o con altre sintomatologie, comedolori addominali, disturbi ga-strointestinali e infiammazioni car-diache.

Il governatore, in un successivomessaggio attraverso il suo accountTwitter, ha chiarito che si ritiene

che le complicazioni che hannoportato alla morte del minore dicinque anni siano state causate dalcovid-19 e ha lanciato un monitoalle famiglie con bambini di fare at-tenzione ai possibili sintomi dei lo-ro figli.

In questo senso, Cuomo ha sot-tolineato come i bambini colpiti daquesta malattia abbiano avuto lafebbre prolungata per più di cinquegiorni, e, per la gravità della situa-zione, difficoltà a essere nutriti e ri-fiuto anche di bevande liquide.

Intanto ieri alla Casa Bianca c’èstato un nuovo caso di positività alcovid-19. Si tratta di Katie Miller,la portavoce del vicepresidente sta-tunitense Mike Pence. La notizia èarrivata mentre Pence era in parten-za per Des Moines, nell’Iowa, perdiscutere con le autorità locali dellariapertura dei luoghi di culto ai fe-deli. Il volo è decollato con un’oradi ritardo per consentire a diversiesponenti dello staff del vicepresi-dente di lasciare l’aereo, probabil-mente per mettersi in autoisolamen-to. La portavoce di Pence è anchela moglie di Stephen Miller, strettocollaboratore di Trump e autore digran parte dei suoi discorsi.

Ieri poi sono stati comunicati uf-ficialmente i dati complessivi sullerichieste di sussidi per l’o ccupazio-ne nel paese relativi al mese di apri-le. Il tasso di disoccupazione è arri-vato al 14,7 per cento rispetto al 4,4per cento di marzo, con oltre 20,5milioni di nuovi disoccupati in unsolo mese.

Infine con i 1.635 decessi delleultime 24 ore il paese si avvicina al-la soglia delle 80.000 morti ricon-ducibili al covid-19. Nel Paese sonoormai prossimi al milione e trecen-tomila i contagi.

PE C H I N O, 9. La Cina è pronta aripartire, allentando alcune misuredi contenimento della pandemia.Riaprono i luoghi pubblici e di in-trattenimento ed è stato inoltre ab-bassato da «emergenza» a «rego-lare» il grado di risposta all’epide-mia. Via libera anche alla riapertu-ra «completa» di mercati coperti,centri commerciali, alberghi e ri-storanti. Ne dà notizia l’agenziacinese Xinhua.

Parallelamente è stata prevista lapossibilità per gli studenti cinesidelle scuole elementari e medie di

non indossare le mascherine neicampus e nelle aree a basso rischiodi covid-19. Lo hanno annunciato leautorità locali. La misura riguardaanche gli insegnanti durante lo svol-gimento delle lezioni, anche se vienecomunque richiesto a tutti di rispet-tare le norme di distanziamento.Non si raccomanda inoltre l’uso del-le mascherine per i neonati e i bam-bini negli asili e nelle scuole mater-ne. In Cina, primo Paese al mondoa fare i conti con il coronavirus, ilbilancio ufficiale rileva 4.633 decessi

dall’inizio dell’emergenza sanitaria e82.887 casi di contagio.

In India — nel contesto della crisieconomica causata dalla pandemia— il governo dell’Uttar Pradesh, lostato più popoloso, ha sospeso pertre anni il Codice del lavoro, abro-gando gran parte delle leggi e degliaccordi sindacali in vigore.

Con l’ordinanza del governo gui-dato da Yogi Adityanath, vengonodi fatto annullate quasi tutte le tute-le e le disposizioni che proteggonoil lavoro delle donne e dei bambini.La decisione favorirà, a detta delle

autorità locali, i lavoratori che inquesti giorni stanno rientrando nellostato, perché darà alle aziende mag-giore libertà di assumere e riporteràla flessibilità necessaria in questomomento di crisi. Per diventare ope-rativa, ora l’ordinanza dovrà essereapprovata dal governo centrale. Ledisposizioni, fanno notare alcune as-sociazioni sindacali nazionali, si ap-plicheranno tuttavia ad appena il 10per cento degli occupati, poiché ilrestante 90 per cento dei lavoratorilo fa senza la minima protezione.

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L’OSSERVATORE ROMANOdomenica 10 maggio 2020 pagina 5

A occhi e cuore apertiNel ritorno di Olive Kitteridge

di GIULIA ALBERICO

A distanza di dieci anni Elisabeth Strout torna araccontarci di Olive, la professoressa di matematica inpensione che avevamo conosciuto quando era appenainiziata la sua età “forte”. L’avevamo lasciata nellacittadina immaginaria di Crosby, nel Maine, vedova di

Henry, il farmacista, col figlio che viveva lontano da lei, a NewYork, e con un mondo fatto di abitudini quotidiane, di incontricon gente del posto. Sono passati gli anni e poco è cambiato,apprendiamo che ha incontrato Jack, un nuovo amore, vedovoanche lui e docente ad Harward, ora in pensione. Olive è semprela stessa: rude, spigolosa, schietta fino a essere spietata. Con sestessa prima ancora che con gli altri (si definisce «una vecchiaciabatta»). Ma, sotto i modi spicci, capace di una profondaempatia e di una ruvida grazia nei confronti dell’umanità variache incrocia. Olive è ormai vecchia, sente tutto il peso degli anni,il suo corpo non la serve più come un tempo, anche Jack muore ela solitudine si fa tagliente come una lama ma per fortuna non silascia prendere dallo scoramento e non rinuncia mai a farsiattraversare da lampi di interesse e curiosità per ciò che lacirconda. Il tempo della vecchiaia può essere un tempo crudele.Olive guarda alla sua vita che è stata e si accorge di «aversperperato la vita per inconsapevolezza». Tuttavia, in un presentefatto di minute cose, di una progressiva resa alla inevitabile Finedelle Cose, Olive riesce a vivere piccole epifanie, a cogliere lampidi bellezza. Come nel primo libro, Strout compone un romanzoin racconti. In alcuni la nostra protagonista si affaccia di sguincio,apparentemente defilata, ma nella coralità della narrazione tuttotorna a lei, delineandone la personalità. La scrittura èimpressionistica, fatta di periodi brevi, di dialoghi di realismoquotidiano, di scarti fulminei, capaci di passare da una riflessioneintensa a una imprecazione ad alta voce («Accidenti!») cheanziché sminuire, esaltano la profondità della riflessione. Non èuna lettura indolore questa di Olive, ancora lei! (Torino, Einaudi,2020, pagine 272, euro 19,50); non lo è per l’immedesimazioneche comporta, perché è specchio per ogni lettore di quantoinesorabile sia l’età che avanza. Ma l’ironia, l’autoironia, lacuriosità mai doma per la bellezza del mondo, per il misterospesso stupefacente dell’animo umano che sono in Olive ci fannocerti che fino all’ultimo vale la pena di restare a occhi e cuoreap erti.

Pestilenze e quarantene da Leopardi ai poeti contemporanei

La profeziadi Tristano

Pronti a tutto tranne che alla misericordiaLe serie televisive ignorano il senso della famiglia

L’estate scorsa Vinicio Caposselacantava di contagie nuove forme di barbarienelle sue «Ballate per uomini e bestie»E il poeta Stelvio Di Spignoscriveva dell’«isola» della sua stanzaprima del distanziamento sociale

Vinicio Caposselanel video del brano «+Peste»

di ANDREA PIERSANTI

Le famiglie narrate dalle serie tvdel terzo millennio, nella mag-gior parte dei casi, sono per-

fettamente funzionali solo se si trattadi curare e tutelare i propri interessima sono poco interessate all’ascoltodel prossimo e ignorano spavalda-mente la necessità vitale dei gesti dimisericordia nei confronti del restodell’umanità. Più che l’amore fami-gliare raccontano il “familismo”,quello strano sentimento che, secon-do la Treccani, è «la tendenza a con-siderare la famiglia predominante suidiritti dell’individuo e sugli interessidella collettività».

Le serie tv, come si sa, hanno or-mai preso il posto che una volta eraoccupato dalla letteratura d’app endi-ce e contribuiscono a costruire (oraccontare) l’immaginario collettivocon maggiore incisività di molti altrimedia. Spiega Claudia Caneva (do-

cente presso l’Istituto superiore diScienze religiose “Ecclesia Mater” diRoma e coautrice del bel libro L’im-maginario contemporaneo. La grandepro-vocazione delle serie tv, MimemisEdizioni, 2018): «Le serie tv sembra-no essere diventate, nel dibattitopubblico e in ambito accademico,perfetti esempi di quality television,un genere televisivo in grado di svi-luppare al meglio i linguaggi e mo-delli produttivi contemporanei e dirappresentare le grandi questionidella modernità». Secondo MatthewWeiner, autore di Mad Men (una se-rie acclamata da critica e pubblico):«A volte il pubblico vuole solo unospecchio in cui riflettersi». Nel nuo-vo contesto di reclusione forzata sca-tenato dall’emergenza sanitaria glo-bale inoltre il pubblico delle serie tvè aumentato in modo esponenziale.

La famiglia contemporanea siscontra quindi con un problemacompletamente inedito. Il modello

proposto oggi ai telespettatori ditutto il mondo è caratterizzato infat-ti dal forte disvalore dell’egoismo edalla negazione pregiudiziale dellenecessità del prossimo.

La seconda metà del Novecentofu caratterizzata da una lunga batta-glia contro l’idea stessa di famiglia.Nel 1967 il regista Ken Loach portòin tv (sul primo canale della Bbc) ildramma di David Mercer In TwoMinds. Con lo stesso soggetto realiz-zò nel 1971 il film Family Life, pre-sentato al 25º Festival di Cannes.Una famiglia, sorda ai richiami delcuore, costringe la figlia ad abortire.La ragazza scivola nelle pieghe con-torte della schizofrenia e finisce nellemani dei medici sbagliati. Nel dupli-ce ritratto impietoso di Ken Loachfece molto impressione allora la tra-gica disfunzionalità dei genitori del-la ragazza che, di fronte alla dispera-ta richiesta di aiuto della figlia, pre-feriscono chiudere orecchie, occhi ecuore. Un esempio evidente di tuttoquello che la famiglia non dovrebbemai fare. Quel dramma divenne unospartiacque. La rappresentazionedella famiglia ne uscì completamentestravolta. La ribellione giovanile de-gli anni Sessanta e Settanta fu carat-terizzata da una tragica cesura gene-razionale e la famiglia venne confi-nata in una nicchia della narrazionecinematografica.

La distruzione dell’immagine dellafamiglia andò avanti sistematicamen-te fino alla fine del secolo. Anche inuna delle serie tv più celebrate delmondo come Fr i e n d s (1994-2004) so-no gli amici a vivere insieme nellostesso appartamento. La famiglia ri-mane fuori, sul pianerottolo.

Contemporaneamente, però, gliautori delle serie tv sentivano di do-ver recuperare qualcosa di quei mo-delli famigliari abbandonati e stig-matizzati così in fretta. È difficile

scrivere la storia di un personaggiose non se ne conoscono i genitori. Sitratta di una regola fondamentaledella scrittura creativa.

La famiglia, all’alba del terzo mil-lennio, aveva cominciato così a ri-conquistare un piccolo spazio narra-tivo. Si trattava però di famiglie al-largate, molto allargate. Erano de-scritte come funzionali solo se rom-pevano lo schema troppo rigido im-posto dai legami di sangue. Serie tvUsa come P a re n t h o o d (format ripro-posto in Italia con Tutto può succede-re ) o come This Is Us (la Lux ne stapreparando una sorta di remake ita-liano) raccontavano che la felicità fa-migliare si può raggiungere solo apatto di chiudere un occhio sulla in-violabilità del vincolo sacramentale.

La vera rottura degli schemi, lapiù inquietante, viene però propostaoggi infine da quelle serie tv che,negli ultimi dieci anni, hanno appa-rentemente rimesso la famiglia tradi-zionale al centro degli schemi narra-tivi. Si tratta di un modello famiglia-re di nuovo tipo, caratterizzato dal“familismo”.

Stiamo così assistendo alla nascitadi un vero e proprio genere tv inedi-to che si potrebbe chiamare Fa m i l yf i rs t . Le “famiglie” di queste narra-zioni tv non sono mai state cosìspietate. Gli esempi sono tanti. B re a -king Bad: pur di lasciare un po’ disoldi alla moglie e al figlio con disa-bilità, il mite professor di liceo di-venta il più spietato spacciatore dimetanfetamina del New Mexico. Iltrono di spade: le famiglie coronate,che stravedono per figli e consorti,organizzano stragi in serie, senza fer-marsi un attimo a riflettere sullacontraddizione straziante che c’è frail sangue versato e il sangue che tiscorre nelle vene. La casa di carta: asuo modo anche la banda di rapina-tori guidata dal Professore è una fa-

miglia e, nonostante la scusa di unafinta rivoluzione proletaria, non stac-ca per un attimo gli occhi dallostretto recinto dei propri interessi dicomunità. Peaky Blinders, la serie chenarra l’ascesa degli spietati zingariimprenditori nel Regno Unito di ini-zio Novecento: nel nome della difesadella famiglia (la propria), chiudonogli occhi di fronte a ogni tipo diatrocità. Zero Zero Zero: i due fratelli-ni, protagonisti della serie, sono te-neri e affettuosi fra di loro ma, fuoridi casa, sono spietati assassini e ven-ditori di morte all’i n g ro s s o .

Gli esempi sono tanti e, nei giochidi quarantena che sono stati propo-sti sui social in queste settimane, sene potrebbe lanciare uno inedito perscoprire in quale serie tv del mo-mento si annidi con maggioreevidenza il nuovo modello “famili-stico”.

L’immagine della famiglia ne esceintanto completamente stravolta. Sitratta di una rivoluzione culturaleimpressionante. L’emergenza sanita-ria e quella ambientale hanno rimes-so al centro del dibattito politico in-ternazionale la cura dell’interesse ge-nerale e del bene comune. Lo ha

scritto con cura pastorale anche Pa-pa Francesco nella Laudato si’, untesto dove l’amore per l’intera uma-nità è denso come miele stillato.«Bisogna rafforzare la consapevolez-za che siamo una sola famiglia uma-na», scrive il Santo Padre. Una fa-miglia sola, non tante.

La tv è spesso uno specchio dellasocietà come dice Matthew Weiner.Ciò che racconta in questi anni,quindi, dovrebbe indurre a una ri-flessione più accurata sui nuovi sen-tieri dell’egoismo. Una bella intui-zione, per esempio, è quella chehanno avuto gli autori di O z a rk , unaserie tv molto dura che racconta lecruente disavventure di una famigliaamericana al centro di un complessomeccanismo di riciclaggio del dena-ro dei narcos messicani. Se fossepossibile immaginare una sintesi im-possibile del complesso concept diquesta serie, si potrebbe dire che iprotagonisti, per curare gli interessidella famiglia, rovinano tragicamentela vita di fratelli, figli e consorte. Unesempio paradossale di dove portaquesta forma di familismo esaspera-to. Se per difendere la famiglia, di-struggi la famiglia, che famiglia è?

per avere la possibilità di ricominciare, in unmondo distopico e cupo. È successo anche a Stel-vio Di Spigno, con una raccolta di versi compostiante covid-19 che a breve sarà in libreria per i tipidi Marcos y Marcos.

«Irreale è questa stanza e il sogno/che la con-tiene. Si allarga di notte,/fino a diventare immagi-naria — scrive, rendendo omaggio al sonetto 234del C a n z o n i e re di Petrarca O cameretta che già fostiun porto — non /si vede più l’armadio, la porta, lavetrata,/il quadro della Madonna col Bambi-no,/ma un sussurro di foglie e il guaiolare/dei ca-

Aaron Paul e Bryan Cranston in «Breaking Bad»

Laura Linney e Jason Bateman in una scena di «Orzak»

Il tempo della vecchiaiapuò essere un tempo crudele

E se la protagonistadel romanzo di Elisabeth Strout

si accorge di aver sperperatola vita per inconsapevolezza

restano l’ironia, l’autoironia e la curiosità

di SI LV I A GUIDI

Non è un luogo comune, o un enco-mio facile da quarta di copertina;l’arte è davvero portatrice di unmessaggio profetico, consapevol-mente o meno. Le antenne degli ar-

tisti (cantautori o poeti che siano) sono spesso ingrado di intercettare dinamiche solo potenzialidestinate a diventare realtà, anticipando la crona-ca.

È successo con Vinicio Capossela, che l’estatescorsa cantava di pestilenze, contagi e nuove for-me di barbarie in Ballate per uomini e bestie (e in+Peste, incisa in collaborazione con Young Signo-rino) smascherando il dissesto profondo del no-stro rapporto con la natura e con i nostri simili. Ea Massimo Bisotti, che nel suo Karma City (del2019, edito da Harper Collins) parla del sogno diun distanziamento sociale permanente, volontario,

ni, dall’ampia campagna di fronte,/entrano eprendono possesso».

Nel buio, la stanza diventa un osservatorio spa-lancato verso la totalità, «si fa enorme, sparisceogni confine /temporale, si vede solo un’età/ per-duta come un rampicante, /ai piedi del mio letto,dove dormivo solo. /Mi tornano alla mente i desi-deri/le azioni del giorno e le avventure/del pen-siero. E guardo questo spazio/diventato puro. Laluce della lampada/fa sparire anche me nel suocandore/ridivento della terra, del vento, del cie-lo/poi mi sento lontano e catturato/verso mondiche non possono morire/e degli anni che restanonon vedo più la fine/nella danza di queste oreinebriate».

Viene in mente l’austera solennità del Leopardi“morale”, che l’autore della poesia ha a lungoamato e studiato. Forse è giunto il momento di ri-leggere il suo Dialogo di Tristano con un amico.«Andrebbe letto ogni giorno — chiosa Di Spigno— ma in un tempo come questo, dove molte falsecertezze sono state spazzate via con la massimasemplicità, come un bambino che scalcia via ungiocattolo rotto, la sua drammatica vitalità vienefuori con ancora più prepotenza. E bellezza. Checosa accade infatti nel Tr i s t a n o ? C’è un ultimo at-to di verità». A Leopardi viene rinfacciato che sela vita per lui è così funesta dev’essere per motivipersonali, di sofferenza propria, di malattia o dialtra infermità tutta sua. Destituendo, così, diogni fondamento tutta la sua ricerca e le sue con-clusioni. Qualche coordinata spazio temporale:siamo nel 1832, e il Tr i s t a n o è l’ultima delle Ope-rette morali.

«La risposta di Leopardi — continua Di Spigno— diventa veemente, e dice a chi lo accusa di esse-re semplicemente malato e che la verità sulle cosenon dipende da fattori personali. Chi lo affermalo fa in malafede perché troppo codardo perguardare il deserto della vita nella sua sconfinatadesolazione. L’uomo crede ciò che gli serve. Il fi-losofo invece cerca ciò che è. Pensiamo a quantapseudo scientificità è naufragata di fronte a que-sto virus. Ma non eravamo pronti ad andare suMarte? Non abbiamo il vaccino per tutto, ancheper la tristezza e la sventura? Il libero mercatonon è a prova anche di bomba atomica? Tre sem-plici domande, e la stessa risposta. L’uomo ama

illudersi. Non può e non vuole vivere in uno statodi “esp osizione” e fragilità. Eppure è bastato que-sto virus, tra l’altro non così nuovo né imprevedi-bile, e la reazione a catena è stata micidiale. Tuttociò che è venuto giù era costruito sulla sabbia:dalla convinzione di essere coperti da una medici-na che cura tutto alla solidità di un sistema eco-nomico che se si chiudono le saracinesche uno odue mesi crolla come un castello di carte. Gli uo-mini del passato erano abituati a convivere conpovertà ed epidemie. Noi no, evidentemente. Inquesta differenza si apre uno spazio ragionativoenorme. Alla fine, è sempre la natura a vincere, avenire allo scoperto (e noi con lei) a mostrare lanuda verità su tutto. Le false mitologie scompaio-no e ci riscopriamo deboli e impotenti. Leopardilo ha detto quasi duecento anni fa; questa forse èla vera meraviglia di tutta la questione».

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 domenica 10 maggio 2020

John Dryden moriva il 12 maggio 1700

Il principedelle elegie

Il bestiario contemporaneo di Davide Rivalta

Una violenta tenerezzaverso il vivente

L’apparire nudo e potente di queste opereci sposta dall’orgoglioso antropocentrismodi scia greco-romana e rinascimentaleal recupero, ma fatto in avanti,di una visione dell’uomoche torna a essere creatura tra le creature

Il potere terapeutico del coloreUna raccolta fondi organizzata dagli artisti di strada per fronteggiare l’emergenza post covid-19

Leone di Davide Rivaltaal Quirinale

di GABRIELE NICOLÒ

Se non fosse stato per Thomas Stearns Eliot,il poeta inglese John Dryden (morto il 12maggio di trecentoventi anni fa) avrebbe ri-schiato le pene dell’oblio, quando inveceavrebbe meritato il piacere di un’unanime

acclamazione. Sulla sua figura di poeta, nonché didrammaturgo, di critico letterario e di traduttore hasempre gravato la compromettente ombra di un’attivi-tà letteraria da lui svolta al soldo di chi gli commis-sionava le opere, come se questo fatto escludesse au-tomaticamente la presenza di un grande talento, siain prosa che in versi. Nel saggio The Poet, theDramatist, the Critic (1932), Eliot scrive che Dryden fu«l’antenato di quasi tutto ciò che c’è di migliore nellapoesia del diciottesimo secolo» aggiungendo che«non possiamo apprezzare e valutare cento anni dipoesia inglese se non apprezziamo Dryden nella suacompletezza».

La formazione del futuro poeta fu forgiata allaWestminster School che, ispirata ai dettami impartitida Elisabetta I, abbracciava con vivo trasporto unconvinto spirito politico e religioso così da favorirenei discenti un forte attaccamento sia alla monarchiasia alla Chiesa anglicana. La Westminster School cu-rava poi con particolare dedizione l’arte della retoricae della dialettica: questo approccio didattico era desti-nato a esercitare una significativa influenza sulla venascrittoria di Dryden. Stessa influenza che è dato di ri-scontrare nell’eredità culturale a lui lasciata dalTrinity College di Cambridge, frequentato «con lapassione di chi intuiva che un giorno avrebbe avutoqualcosa di importante da dire, e che sapeva comedirlo» rileva Eliot.

Il suo primo importante poema fu Heroique Stanzas(1658) che ha per tema la morte del Lord ProtettoreOliver Cromwell, il quale aveva capeggiato le forzealleate che avevano abbattuto, contemporaneamente,la monarchia. Un elogio, quello tessuto da Dryden,ben calibrato, perciò prudente, ben consapevole che

Aprì la via alla commedia della Restaurazioneil cui fine era di rinverdire i fastidel teatro elisabettianoMa se non fosse stato per Eliota Dryden non avrebbe arriso la famaperché gravato del sospetto di essereun compiacente letterato della corte inglese

il vento stava per cambiare. E così fu. La monarchiafu presto restaurata e nel 1650 il poeta celebrò l’even-to, con annesso ritorno al trono di Carlo II, con As t a -rea Redux, un vero e proprio panegirico, in cui il so-vrano viene definito «l’uomo della pace e dell’o rd i -ne». Carlo II gradì l’omaggio e Dryden divenne nelvolgere di pochi mesi il principale poeta di corte. Aconferma della fedeltà al nuovo regime il poeta com-pose altri due panegirici, To His Sacred Majesty: APanegiric on His Coronation e To My Lord Chancellor,entrambi nel 1662. In questo periodo infuriava in In-ghilterra una rivolta puritana che, nel segno di unospirito iconoclasta, si era scagliata anche contro formee manifestazioni culturali che potessero “corromp ere”gli animi. A fare le spese di questa temperie furono iteatri. Dryden fremeva in attesa di poter esprimeresenza vincoli la sua vena di drammaturgo e non ap-pena la rivolta fu domata, con convulsioni e tumulti,egli si precipitò a mettere mano a lavori che nella suamente ribollivano da tempo.

Con il Ma r r i a g e - A - l a - Mo d e (1672) Dryden aprì lavia alla cosiddetta commedia della Restaurazione, ov-vero quella produzione culturale che mirava a favorireun nuovo rinascimento del teatro inglese rinverdendoi fasti del teatro elisabettiano. Da rilevare che in que-sto scenario le donne assunsero un ruolo di maggiorerilievo, potendo finalmente diventare le protagonistesulla scena in veste di attrici, e fuori scena come com-mediografe e autrici.

Quando poi la peste colpì Londra, Dryden si ritirònel Wiltshire, dove scrisse Of Dramatick Poesie (1668),un lungo saggio in forma di dialogo nel quale quattropersonaggi celebrano le virtù che nobilitano la lette-ratura classica inglese e francese. Ogni volta che met-teva mano alla penna Dryden elaborava uno stile ele-gante e armonioso, tratto questo rispecchiato nei suoiversi. Talora rischia di apparire troppo compunto,quasi paludato, ma la capacità di analisi dei temi di-battuti riesce a riscattare un linguaggio (su questoversante risente in parte delle passate elegie) venatodi cerimoniosità e fronzoli formali.

Meno nota al lettore comune ma non per questomeno importante fu la sua attività di traduttore. Inparticolare si cimentò, con successo, sui testi di Ora-zio, Giovenale, Ovidio, Lucrezio, Teocrito. Meritevo-le si rivelò questo impegno perché contribuì a renderefruibili ai comuni lettori opere fondamentali che altri-menti sarebbero rimaste loro precluse. Veniva consi-derato il principe dell’elegia. Quando morì (fu poi se-polto nell’Abbazia d Westminster) furono numerosele elegie scritte in suo onore, volendo gli autori dellestesse tramandare ai posteri il valore di una fama con-seguita proprio attraverso l’elegia. Ma la sua ereditànon si limita certo a questo genere di componimento.

Il suo verso — simbolo di una temperie culturalefatta di eleganza e di armonia, ma anche di guizzi eforti pulsioni — esercitò un’influenza non certo margi-nale su poeti del calibro di Alexander Pope e diSamuel Johnson, che da lui attinsero una cifra stilisti-ca di gran pregio, ovvero la sintesi di grazia formale eprofondità di contenuto.

PUNTI DI RESISTENZA

di DAV I D E ROND ONI

Il nostro viaggio tra scultori ita-liani si ferma davanti alle bestiedi Davide Rivalta. La “animalitàdei suoi animali”, dicono giorna-listi e commentatori non sapen-

do che dire dinanzi alla gravità o allaeleganza dei suoi ghepardi, bufali, lupi,orsi o aquile piazzati dove non te liaspetti. Altri legano la sua opera a nuo-ve correnti di pensiero biofilosofiche. Epoi la mettono sul semplice, dicono:«Rivalta così contesta una visione antro-pocentrica del mondo». Ma io non nesono sicuro.

Sono corpi immobili di animali, ri-creati in alcuni casi con tecniche anti-chissime, in altri con materiali nuovissi-mi. Ormai queste creazioni sono appar-se in tantissimi luoghi, dalla facciatadella Galleria d’Arte Nazionale di Ro-ma alle spiagge caraibiche, dalle stanzedi musei a spazi creati di land art in va-ri siti italiani e stranieri. Sembrerebbe,andando dietro all’incubo di ArturoMartini sulla fine della scultura, linguamorta poiché non più pubblica, che Ri-valta abbia trovato una strada, che isuoi bestioni bestie e fantasmi di bestiaabbiano riaperto una via portando sullaloro groppa tutta la stanchezza delleumane arti ma anche la loro gloria, e

pure portando tutta la ironia dicent’anni e passa di arte come “oggetti-fuori-p osto” ma anche la sua consuma-zione.

Il suo è infatti un gesto che non co-munica solo pallida emozione intellet-tuale ma la vibrazione fisica del presen-tarsi del tremendo. Il presentarsi del sa-cro è sempre tremendo, ricorda tra gli

Non la gloria eroica, non quella pate-tica, ma la gloria, la manifestazione na-turale, o meglio, diciamola la parola cheforse i critici di Rivalta non osano, ep-pure è forse l’unica adeguata, per quan-to povera e ormai slabbrata, nel sensodi priva di labbra che la pronuncino, laparola: creaturale. Private di questa pa-rola, le opere di Rivalta apparirebbero

gloriosa, al recupero, ma fatto in avanti,di una visione di uomo creatura tra lec re a t u re .

Credo che fosse questa la radice dellainsoddisfazione e del non finito di Mi-chelangelo, artista che non volle aderiredel tutto a quella retorica gloriosa, quasidisfacendola per tensioni interne. Losguardo di una creatura distinta dallealtre — come lo sguardo artistico testi-monia di per sé — ma tra esse parteci-pante di un medesimo soverchiante mi-stero. La creaturalità che l’uomo medie-vale immerso in bestiari e selve avevaconservato per via di visione della natu-ra e della fede, per via di senso del sa-cro proveniente dalle più antiche testi-monianze di pittura umana, tra lo spa-vento della bellezza e la ammirazione ela lettura simbolica di quegli esseri chel’uomo arcaico aveva intorno.

Il bestiario contemporaneo di Rivalta,attraversando secoli e tecniche e traver-sando grondandone anche le seduzionidell’arte, ci raggiunge come un salutarepresente controtempo. E che il suosguardo alle creature sia di creatura in-namorata lo dimostra nel suo gesto piùintimo di pittore, quando quelle sue be-stie sono avvolte da una sperdutissima equasi violenta tenerezza verso il vivente,quella che solo l’occhio umano può ave-re e testimoniare.

altri Rudolf Otto, o scrive a propositodei suoi angeli Rilke. Nelle bestie diRivalta è come se l’altezza di glorie eretoriche che alzavano il tono dei mo-numenti pubblici dove la gloria erasempre e solo umana si fosse precipita-ta, inabissata e avesse quasi strappato amorsi di fame la radice di un altro tipodi gloria.

la medesima possibilità di esistenzadell’opera d’arte di Rivalta stia in unospostamento, più che in una negazione,o vogliamo chiamarla laica e perciò ve-ramente religiosa conversione. L’appari-re nudo e potente di queste opere cisposta dall’orgoglioso antropocentrismodi lunga scia greco-romana e rinasci-mentale, epoche d’oro della scultura

solo bruto gesto iper-ironico,e molti stoltamente le plau-dono per questa lettura po-vera. Invece la gloria che inquei corpi vibra per capacitàdella sua mano e dellosguardo d’artista è quelladella creatura, o meglio dellacreatura guardata da un’altrac re a t u r a .

Al di là della facile retori-ca sulla critica all’antrop o-centrismo che qualcuno vuo-le vedere, credo dunque che

di SUSANNA PA PA R AT T I

Sono gli street artists ditutto il mondo questavolta a scendere in cam-

po in modo singolare concor-rendo a una raccolta fondi cheandrà in ambito internazionalea beneficio e supportodell’emergenza post covid-19,per sostenere le fasce più de-boli della popolazione. Unamobilitazione che ha coinvoltooltre quaranta artisti di strada,già in passato uniti nel rac-contare con i loro murales te-matiche sociali e umanitarie,come l’emergenza globale le-gata a clima e sostenibilità.Oggi il progetto che li vedeancora assieme si chiama Co-l o r 4 Ac t i o n ed è frutto dellacollaborazione fra la Your-ban2030 (no profit fondata inItalia da Veronica De Angelisora approdata negli Stati Uni-ti con Frank Ferrante dellaFerrante Law Firm) e la Doro-thy Circus Gallery, punto diriferimento noto in tutto ilmondo dell’arte contempora-nea e pop/surrealista, da sem-pre impegnata alla valorizza-zione e promozione dellastreet art.

Proprio nei loro spazi han-no eccezionalmente espostonomi quali Ron English, MissVan, Millo, Seth e SANER

dei quali, anche alcuni muri inItalia, ospitano i loro lavori.C o l o r 4 Ac t i o n vuole portarequest’arte nelle case, in modosemplice quanto particolare,regalando momenti di svago afronte di libere donazioni.Collegandosi al sito si posso-no seguire le istruzioni per ef-fettuare un versamento cheandrà direttamente a una delletante strutture sparse nel mon-do che compongono una listaelaborata dagli stessi artisti,come pure a una struttura atti-va nella raccolta fondi sul ter-ritorio, indicata dal donatore:presidi medici, ospedali ed en-ti no profit impegnati nell’af-frontare la pandemia e la diffi-cile ripresa.

A seguito dell’offerta saràpossibile scaricare il file diuno dei tanti disegni da colo-rare predisposti dagli street ar-tists: «In un momento storicoin cui siamo chiamati a restarea casa abbiamo riflettuto sulpotere terapeutico del colore eabbiamo voluto regalare unostrumento semplice che aiutas-se le persone ad affrontare letensioni quotidiane — ha spie-gato Veronica De Angelis,presidente di Yourban2030 —a guidare la mente attraversouniversi pieni di fantasia e fa-vorire momenti di riflessione,meditazione e connessionecon il nostro io più profon-

do». Sarà successivo compitodegli artisti selezionare gli ela-borati che una volta coloratipotranno essere inviati, sem-pre seguendo le modalità pre-senti sul sito, alla [email protected] per es-sere inseriti nel primo Colou-ring Book mondiale dellaStreet Art.

Una pubblicazione che te-stimonierà non solo il dram-matico momento che stiamoattraversando ma anche il po-tere intrinseco dell’arte, qua-lunque essa sia, nel curarel’animo ed essere mezzo dicoesione e solidarietà in ambi-to planetario. È seguendoquesto spirito che gli esponen-ti appartenenti a Paesi con

storie e culture molto diverse,tra cui l’Italia, il Perù, gli StatiUniti, l’Australia, la Cina el’Inghilterra, il Brasile e l’In-dia, hanno aderito mettendo adisposizione una delle lororealizzazioni per finanziare ilprogetto: «Il covid-19 ha pro-fondamente segnato le vite ditutti e ci stiamo affacciando aun’emergenza senza preceden-ti, per la quale non eravamototalmente preparati — ha det-to Alexandra Mazzanti, diret-trice e curatrice della DorothyCircus Gallery —. Questa si-tuazione mi ha fatto rifletteresu cosa potessi fare per aiutaree quando Veronica e il team diYourban2030 mi proposerouna partnership nella campa-

gna C o l o r 4 Ac t i o n , ho sentito diavere finalmente la chance dipoter fare qualche cosa diconcreto per aiutare chi ne hapiù bisogno». La lista degliartisti, in continuo aggiorna-mento tanto imponente è statoil messaggio del progetto, an-novera figure come Ahoy, Go-mez, Iena Cruz, Anahu,Omer, Pantonio, Solo, Violet-ta Carpino, Waone, AthaliaLewartowski, Fabio Petani,Damien Mitchell, Ellena Lou-rens, Louis Masai e molti altri.Fra questi anche Maupal — alsecolo Mauro Pallotta — ilquale dall’arte più tradizionalenel 2014 approdò a quella distrada rappresentando in piùoccasioni sui muri di RomaPapa Francesco nei panni diSup erPop e.

La Yourban2030 — sul cuisito è anche possibile trovaremolte informazioni relativeagli artisti che hanno presoparte all’iniziativa — è solitautilizzare nei progetti che por-ta avanti il linguaggio dell’ar-te, quale mezzo per lanciaremessaggi sociali quasi semprelegati all’ambiente, al rapportoche lega l’uomo e la natura.Non a caso con una visioned’insieme proiettata all’Agen-da Globale 2030 per lo Svi-luppo Sostenibile promossodalle Nazioni Unite.

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L’OSSERVATORE ROMANOdomenica 10 maggio 2020 pagina 7

Percorsi diaconali da intraprendere al tempo della pandemia

Per una conversione pastorale

Spunti di riflessione

Sul diaconatofemminile

di GIORGIA SA L AT I E L L O

Pochi giorni prima di PasquaPapa Francesco ha istituitouna seconda commissione di

studio sul diaconato femminile, perproseguire i lavori a partire dalpunto a cui era giunta la primacreata nel 2016.

Tale prima commissione, in effet-ti, pur avendo lavorato, per ricono-scimento dello stesso Papa France-sco, molto bene, non era, tuttavia,giunta a risultati dirimenti condivisida tutti i suoi componenti e, diconseguenza, il Pontefice ha ritenu-to necessario un ulteriore approfon-dimento.

Secondo il mio parere il compitodella seconda commissione si arti-cola su due livelli tra loro stretta-mente connessi, ma distinti e dotatidi un peso differente.

Il primo livello è quello di un’ac-curata ricostruzione storica capacedi documentare quella che, riguar-do al diaconato delle donne, era lareale situazione delle pri-me comunità cristiane,situazione che, come or-mai è risaputo, non eraomogenea e presentavaprassi distinte a secondadei contesti.

Vi è oggi ampio accor-do nel riconoscere che inmolte delle comunitàprimitive vi fossero don-ne che esercitavano, so-prattutto nei confrontidelle altre, compiti chein alcuni aspetti eranocoincidenti con quellidei diaconi di sesso ma-schile, ma il problema sipone, come ha affermatolo stesso Papa Francesco,riguardo alla modalità diconferimento del loromandato: era una formu-la sacramentale, oppureuna semplice benedizio-ne?

Si innesta qui il secon-do livello del compitodella commissione, poi-ché la ricerca storica, purimportantissima, non è,però, fine a se stessa edeve condurre finoall’ultimo fondamento

di ENZO PETROLINO*

Papa Francesco nell’esortazione apostolicaEvangelii gaudium (EG 25) indica con chia-rezza il cammino della Chiesa. Fin dall’ini-

zio del suo pontificato ci è stata data l’immaginedell’ospedale da campo come metafora dellaChiesa. Oggi nella nostra società dell’efficienza,la metafora diviene reale a causa della pandemia. «Io vedo con chiarezza — afferma il Papa — chela cosa di cui la Chiesa ha più bisogno oggi è lacapacità di curare le ferite e di riscaldare il cuoredei fedeli, la vicinanza, la prossimità. Io vedo laChiesa come un ospedale da campo dopo unabattaglia. Si devono curare le sue ferite. Poi po-tremo parlare di tutto il resto». Parole di una at-tualità sconvolgente.

Parlare in questo momento storico di percorsidiaconali non è facile. Certamente la nostra rifles-sione deve andare al di là della situazione contin-gente che si spera possa concludersi al più presto.Il Signore però ci interpella oggi e, come ha det-to il Pontefice nella preghiera sul sagrato dellabasilica di San Pietro il 27 marzo, «in mezzo allanostra tempesta, ci invita a risvegliare e attivare lasolidarietà e la speranza capaci di dare solidità,

ad affascinarci. Perciò è urgente ricuperare [per idiaconi] uno spirito contemplativo, che ci permettadi riscoprire ogni giorno che siamo depositari diun bene che umanizza, che aiuta a condurre unavita nuova. Non c’è niente di meglio da trasmet-tere agli altri» (Evangelii gaudium, 264).

La via della preghiera è il cuore della diaconiache non lascia fuori nessuno (Evangelii gaudium,281). Essa investe i diaconi in tutta la loro esi-stenza personale, familiare e sociale, senza per-mettergli alcuna schizofrenia. «Contemplativi del-la Parola e contemplativi del popolo di Dio». Inaltre parole, si può dire che saremo veri servi sesappiamo cogliere i segni della presenza di Dionella storia, là dove ognuno vive, per saper di-scernere e per poter trasformare il mondo alla lu-ce del Vangelo. Allora è necessario riscoprire ladimensione sociale dei percorsi diaconali, facendonostra la “mistica della fraternità”. Una fratellan-za che è trasformata e orientata dall’esempio diGesù Cristo. Ma in questo tempo non possiamonon ascoltare il grido del Papa che ci chiama acogliere questo tempo di prova come un tempodi scelta. «Ci siamo resi conto di trovarci sullastessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nellostesso tempo importanti e necessari, tutti chiama-

paura, hanno reagito donando la propria vita. Èla forza operante dello Spirito riversata e plasma-ta in coraggiose e generose dedizioni».

Oggi che siamo tutti a casa forzatamente cer-chiamo di esaminare cosa è stato il valore dellafamiglia cristiana in genere e di quella diaconalein particolare? In un tempo drammatico, in untempo inedito bisogna rimanere vigili nelle nostrefamiglie: mi riferisco alla violenza maschile sulledonne, alle relazioni abusanti della violenza do-mestica. Un dramma che persiste da un tempoimmemorabile e che si potrà acuire in questa con-vivenza “forzata”. Questo è anche l’appello cheviene dall’Osservatorio interreligioso sulle violen-ze contro le donne.

La pastoralealla luce dell’accoglienza

«I poveri sono i destinatari privilegiati delVangelo, e l’evangelizzazione rivolta gratuitamen-te ad essi è segno del Regno che Gesù è venuto aportare. Occorre affermare senza giri di paroleche esiste un vincolo inseparabile tra la nostra fe-de e i poveri. Non lasciamoli mai soli» (Evangeliigaudium, 48). In questo tempo assume tutta lasua importanza la “cultura dell’i n c o n t ro ”, anchese oggi è virtuale, che è quella che ci fa cammina-re insieme con le nostre differenze. Per una pasto-rale che si fa accoglienza non dovrebbe esseredifficile la riscoperta del valore della condivisionee della solidarietà come pilastri su cui far imple-mentare la testimonianza diaconale. «La vita dimilioni di persone, nel nostro mondo già alle pre-se con tante sfide difficili da affrontare e oppressedalla pandemia, è cambiata ed è messa a duraprova. Le persone più fragili, gli invisibili, le per-sone senza dimora, rischiano di pagare il contopiù pesante. Guardare ai più poveri, in questigiorni — ha sottolineato Francesco nel saluto almondo dei giornali di strada — può aiutare tuttinoi a prendere coscienza di quanto ci sta real-mente capitando e della nostra vera condizione».Tradurre questo in pastorale, significa assumerepercorsi diaconali che sanno comprendere il valo-re insostituibile della fraternità. In un antico ordi-namento ecclesiale ci vengono presentati i compi-ti del diacono che spaziano dalla scoperta e se-poltura del corpo di un naufrago alla testimo-nianza sulla fedeltà e onestà di una donna violen-tata. Nel testo ricorre poi la bella espressione se-condo cui il diacono deve «essere in tutto comel’occhio della chiesa».

L’espressione si riferisce non all’occhio di unguardiano, ma piuttosto alla sensibile percezionedella sofferenza e del bisogno resa possibile daun’autentica prossimità e solidarietà fraterna. Co-sì l’occhio del diacono allarga continuamentel’orizzonte della Chiesa, fiuta la sofferenza e i bi-sogni negli angoli più nascosti della comunità eai suoi confini. Ovunque nella realtà delle nostrecomunità vi sono zone oscure e zone luminose.La funzione edificatrice della comunità propriadel diacono consiste non da ultimo nel fatto discorgere la sofferenza e il bisogno e, per quantopossibile, di portare ovunque concretamente, erendere visibile, agli uomini la misericordia diGesù Cristo. La sua particolare responsabilità peri viandanti e gli stranieri, nonché i senza patria,rende presenti alla comunità dei bisogni assoluta-mente attuali. A partire di qui si deve rispondereanche alle molte domande che si affollano allamente in relazione ai percorsi diaconali per unaconversione pastorale.

I diaconi permanenti sono realmente ordinatiin relazione al loro compito originario? O vengo-no utilizzati essenzialmente, nel quadro delle ne-cessità di fatto esistenti nelle nostre comunità, pertappare dei buchi venutisi a creare soprattutto acausa della diminuzione delle vocazioni presbite-rali? Ma ci si chiede anche se nelle nostre comu-nità poniamo, e abbiamo posto, le giuste priorità.Che valore ha per tutti noi la diaconia, che nonpuò essere coperta semplicemente mediante il la-voro altamente meritorio della Caritas? Vi sonooggi compiti e funzioni dei diaconi che conduco-no molto in fretta nel cuore stesso della missionecristiana. Penso, per esempio, all’i n t e re s s a m e n t oper gli stranieri e i senza patria, le persone sole ei poveri, gli anziani e i malati, ma anche alla col-laborazione al movimento delle case di riposo,dove oggi abbiamo avuto il più alto numero divittime del covid-19. Infine, vi sono qui da noimolte altre necessità delle quali forse poco si par-la, a cominciare dal consumo della droga e dalladipendenza dall’alcol fino alla mancanza di orien-tamento, alla demotivazione e alla disperazione.Anche quando il diacono assume altri compiti,come quelli che sono stati espressi dal Concilio,non può mai mancare questo nocciolo centrale eprivilegiato del suo compito.

Concludo con le parole di Francesco: «In mez-zo all’isolamento nel quale stiamo patendo lamancanza degli affetti e degli incontri, sperimen-tando la mancanza di tante cose, ascoltiamo an-cora una volta l’annuncio che ci salva: è risorto evive accanto a noi. Il Signore ci interpella dallasua croce a ritrovare la vita che ci attende, a guar-dare verso coloro che ci reclamano, a rafforzare,riconoscere e incentivare la grazia che ci abita.Non spegniamo la fiammella smorta (cfr. Isaia,42, 3), che mai si ammala, e lasciamo che riaccen-da la speranza» […]. Signore, benedici il mondo,dona salute ai corpi e conforto ai cuori. Ci chiedidi non avere paura. Ma la nostra fede è debole esiamo timorosi. Però Tu, Signore, non lasciarci inbalia della tempesta. Ripeti ancora: “Voi non ab-biate paura” (Ma t t e o , 28, 5). E noi, insieme a Pie-tro, “gettiamo in Te ogni preoccupazione, perchéTu hai cura di noi”» (cfr. 1 Pietro, 5, 7).

*Presidente dell’Associazione Comunità del diaconatoin Italia

che è il dato originario e immodifi-cabile della Rivelazione: essa, cioè,non muta, ma si sviluppa perché,rimanendo immutabile, è, tuttavia,sempre meglio compresa e appro-fondita e quello che cambia è, ap-punto, la nostra comprensione dellafede, non la fede stessa.

L’indagine teologica, quindi, av-valendosi dei risultati di quella sto-rica, può compiere l’ulteriore, deci-sivo passo che è quello del discerni-mento che consente di progredire eandare avanti, ma sempre nella fe-deltà al dato originario della Rive-lazione. Considerata, quindi, lapriorità dei dati storici e della lorolettura teologica, si deve poi volge-re lo sguardo al presente per leg-gerne i segni peculiari, sempre nellafedeltà alla Rivelazione e alla suanormatività.

Oggi intorno al tema del diaco-nato femminile si registrano accesidibattiti che vanno dalle posizionidi chi lo ritiene pregiudizialmenteimpossibile a quelle di coloro chelo considerano come un indilazio-nabile riconoscimento della specifi-

cità e della pari dignità delle donnenella Chiesa.

In realtà il discorso è molto piùcomplesso e non può essere affron-tato isolatamente, prescindendo daaltre questioni con le quali è inti-mamente connesso. In primo luo-go, tale discorso non può non tenerconto del più ampio ripensamentoe della valorizzazione del diaconatomaschile, come grado permanente,che sono adesso in atto e che inci-dono profondamente sul tema diquello femminile nel momento incui si pensa, o si nega, che essopossa essere praticabile.

In seconda istanza, poi, la que-stione del diaconato femminile nonpuò essere affrontata senza conside-rare quella più ampia della situazio-ne delle donne nella Chiesa e qui siinserisce il tema della natura delriconoscimento che esse devonoa v e re .

Anche su questo punto si sonoregistrati numerosi, inequivocabiliinterventi di Papa Francesco e la

questione è se tale riconoscimentodebba essere solo “funzionale”, cioèrelativo esclusivamente alle funzionie ai ruoli a esse attribuibili, o, piùprofondamente, debba riguardare laloro specificità e i carismi dei qualisono portatrici.

In questo quadro, diviene, a mioparere, meglio comprensibile l’im-portanza del lavoro della secondacommissione chiamata a impegnarsicon spirito di creativa inventività eal tempo stesso a inserirsi nel solcodella Tradizione per svilupparla, al-la luce della storia e dell’economiadella salvezza, nel senso di unacontinuità capace di recepire i segnidei tempi.

Il percorso, come si vede, è, inogni caso, lungo e richiede una sin-cera volontà di incamminarsi nelladirezione di una sempre più pienasoggettualità delle donne nellaChiesa, non per rispondere a even-tuali richieste di stampo rivendicati-vo, ma per realizzare in modo pie-no e inclusivo una vera comunità didiscepoli e di discepole uniti nellacomunione dello stesso battesimo.

sostegno e significato a queste ore in cui tuttosembra naufragare. Il Signore si risveglia per ri-svegliare e ravvivare la nostra fede pasquale».

Pertanto, questa situazione non ci esime di sof-fermarci sul compito che oggi come diaconi ab-biamo e la responsabilità che ci viene consegnata.Se è vero che niente sarà come prima, domandia-moci: quale progetto pastorale desideriamo met-tere in atto in un prossimo futuro? Sappiamo cheprogettare, suppone fare delle scelte per crearepercorsi in cui si mette in gioco la nostra vita. Si-gnifica, in questo tempo, guardare al futuro conuno sguardo nuovo; come un tempo da modella-re e dare forma a percorsi innovativi. Un proget-to in cui i diaconi sono coinvolti direttamente eintorno a esso avere la capacità di unire tutte leforze diaconali per una partecipazione attiva dicondivisione. Una “pastorale” in cui tutti devonoessere partecipi per alimentare la linfa della dia-conia ecclesiale. Il vescovo, il parroco come ildiacono, i fedeli tutti, sono coinvolti indistinta-mente a ripensare la pastorale. Se il servizio si li-mita solo su questioni marginali, prescindendoanche dalla comunità e dalla complementarità deicarismi, allora viene meno la “pastorale”, e conessa si indebolisce la diaconia stessa che vienesvolta. Dunque un impegno che è finalizzato arendere concreta e visibile la missione di tutta laChiesa, il cui cuore e centro è la diaconia. Madobbiamo anche riflettere che quando parliamodi progetti pastorali diaconali siamo chiamati averificare in che modo tutto ciò nasce dalla pre-ghiera, dalla riflessione, e dallo studio perchépossa diventare una prassi di vita dell’imp egnodiaconale. «L’impegno pastorale — a detta diGregorio Magno — è la prova dell’amore», è laregola di vita della comunità cristiana e quindianche dei diaconi. Comunque, quando usciremoda questo tunnel e torneremo alle nostre comuni-tà e attività pastorali, non illudiamoci di poterpercorrere le stesse strade che ci siamo lasciati al-le spalle.

Il primato della preghieraAnche se nella pastorale la prassi è fondamen-

tale, siamo chiamati però a vigilare che nei per-corsi diaconali, non si ceda alla tentazione di farprevalere il “f a re ” sull’essere. Proprio per questola preghiera deve essere messa al primo posto.«L’evangelizzazione si fa in ginocchio». È pro-prio così. Papa Francesco è convinto del primatodella preghiera sull’azione. Per non «correre inva-no» (Galati, 2, 2) è necessario puntare sull’essen-ziale, tenere lo sguardo fisso sul volto di Cristo.Questa è la vera preghiera che siamo chiamati acompiere per comunicarla agli altri. Si legge inEvangelii gaudium: «Posti dinanzi a Lui con ilcuore aperto, lasciando che Lui ci contempli, ri-conosciamo questo sguardo d’amore che scoprìNatanaele il giorno in cui Gesù si fece presente egli disse: “Io ti ho visto quando eri sotto l’alb erodi fichi” (Giovanni, 1, 48). La migliore motivazio-ne per decidersi a comunicare il Vangelo è con-templarlo con amore, è sostare sulle sue pagine eleggerlo con il cuore. Se lo accostiamo in questomodo, la sua bellezza ci stupisce, torna ogni volta

ti a remare insieme, tutti bisognosi di confortarcia vicenda. Su questa barca... ci siamo tutti».

La conversione pastoraleUn altro tratto del pontificato di Papa France-

sco che ripropone con forza è la richiesta della“conversione pastorale”. «Spero che tutte le co-munità facciano in modo di porre in atto i mezzinecessari per avanzare nel cammino di una con-versione pastorale e missionaria, che non può la-sciare le cose come stanno. Ora non ci serve una“semplice amministrazione”. Costituiamoci in tut-te le regioni della terra in uno “stato permanentedi missione”» (Lettera in occasione del centenariodella promulgazione della lettera apostolica Ma -ximum illud sull’attività dei missionari svolta nelmondo, 22 0ttobre 2017). Ciò significa passare dauna visione burocratica, statica e amministrativadella pastorale a una prospettiva missionaria; an-zi, una pastorale in stato permanente di evange-lizzazione.

L’evangelizzare del diacono si traduce in uncammino nel mondo offrendo la compagnia dellafede, dell’amore e della speranza, ai loro contem-poranei. Oggi più che mai siamo chiamati a nonrestare chiusi nelle nostre parrocchie, nelle nostresicurezze: «La Chiesa “in uscita” è una Chiesacon le porte aperte. Uscire verso gli altri pergiungere alle periferie umane non vuol dire corre-re verso il mondo senza una direzione e senzasenso» (Evangelii gaudium, 46).

Il Papa in questo momento storico ci avverteche con la tempesta che stiamo attraversando, «ècaduto il trucco di quegli stereotipi con cui ma-scheravamo i nostri “ego” sempre preoccupatidella propria immagine; ed è rimasta scoperta,ancora una volta, quella (benedetta) appartenen-za comune alla quale non possiamo sottrarci:l’appartenenza come fratelli». Non pensiamo didimenticarci di essere “in uscita”, dopo questalunga permanenza nelle nostre case. Oggi ci ap-pare una realtà lontana. Non avanziamo scuse difronte a questa sfida epocale. Allora si apre unaprospettiva nuova per il ministero diaconale: sipuò uscire con fiducia; si trova l’audacia di per-correre le strade di tutti; si sprigiona la forza percostruire piazze di incontro e per offrire la com-pagnia della cura e della misericordia a chi è ri-masto ai bordi. Questo è il “sogno” di PapaFrancesco per gli uomini e le donne che devonotestimoniare Cristo. Dipende da noi metterci cuo-re, mani e testa affinché questo “sogno” possa di-ventare realtà. Condizione essenziale è quella diriconoscere che “u s c i re ” è più un movimento cheuna dotazione; non costituisce un’attività partico-lare accanto ad altre, bensì rappresenta lo “stile”,ovvero la forma unificante della vita del diaconoe della Chiesa nel suo insieme.

Questo «non è il tempo del tuo giudizio — haaffermato il Papa nella meditazione del 27 marzo— ma del nostro giudizio: il tempo di scegliereche cosa conta e che cosa passa, di separare ciòche è necessario da ciò che non lo è. È il tempodi reimpostare la rotta della vita verso di Te, Si-gnore, e verso gli altri. E possiamo guardare atanti compagni di viaggio esemplari, che, nella

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 domenica 10 maggio 2020

Celebrata in Argentina la festa di Nostra Signora di Luján

Comeun’unica famiglia

LUJÁN, 9. A porte chiuse nelle chie-se (per le restrizioni imposte dal co-ronavirus) ma con migliaia e mi-gliaia di persone collegate sui socialmedia in tutto il paese, l’A rg e n t i n aha celebrato ieri la festa della santapatrona, Nostra Signora di Luján.L’evento centrale si è svolto al san-tuario nazionale, distante una set-tantina di chilometri da Buenos Ai-res, dove l’arcivescovo di Mercedes-Luján, Jorge Eduardo Scheinig, hapresieduto la messa assieme al ve-scovo di San Isidro, Óscar VicenteOjea, presidente della Conferenzaepiscopale argentina, e ai sacerdotidella basilica. «Fisicamente siamopochissimi ma spiritualmente siamodavvero tutti», ha detto monsignorScheinig, sottolineando i tanti «incomunione virtuale».

I morti e i malati, con i loro fa-miliari, gli operatori sanitari, quellialla ricerca di un vaccino, i più po-veri, i senza tetto, gli anziani, i di-sabili, i genitori, i figli, le donneche subiscono violenza, i detenuti, isacerdoti, le suore, i religiosi, i dia-coni, tutte le province, tutte le città:«Ecco il popolo argentino, in parti-colare coloro che sono stati colpitiin questo periodo di pandemia. Cisono tutti. E soprattutto — ha ricor-dato il presule — c’è il nostro caro

Papa Francesco che in quella bellis-sima lettera che ci ha inviato qual-che giorno fa ha detto: “Sarò convoi, come pellegrino spirituale evirtuale. La guarderò ancora unavolta e, ancora una volta, mi lasceròguardare da Lei. Il suo sguardo in-fatti rinnova e dà forza”. Inquell’incrocio di sguardi sentiamotutti che le nostre vite stanno cam-biando».

Per l’arcivescovo di Mercedes-Lu-ján, «è un momento molto delicatonella vita della patria e dobbiamostare insieme nel cuore di nostraMadre, María de Luján. Lei, pienadi tenerezza, sempre, in ogni mo-mento e in ogni circostanza, ci rice-ve tutti. Che nessuno rimanga fuorida questo incontro familiare». Edopo aver ricordato che «da quasiquattrocento anni questa piccolaimmagine dell’Immacolata Conce-zione» accompagna la nazione, haconcluso con una preghiera: «Chie-diamole la forza per la vita di tuttii giorni e il coraggio di vivere comeuna nazione che desidera rinnovarela sua unità, in modo che con au-dacia, creatività e speranza possia-mo superare questo momento dipandemia insieme e affrontare tuttii periodi a venire, che saranno sen-za dubbio difficili e pieni di sfide».

I vescovi degli Stati Uniti invocano maggiori tutele per i braccianti agricoli immigrati

Stessa dignità per tuttidi CHARLES DE PECHPEYROU

«I braccianti agricoli immi-grati sono i più poveri tra ilavoratori poveri. Vulnera-

bili perché hanno scarso accessoall’assistenza pubblica, nessuna assi-curazione sanitaria, un’alimentazio-ne insufficiente, sono regolarmenteesposti ai pesticidi, vivono in abita-zioni affollate e la loro speranza divita è pari a 49 anni. La crisi del co-ronavirus ha peggiorato la loro giàprecaria situazione e sono oggi piùvulnerabili che mai». Lo spiega a«L’Osservatore Romano» monsi-gnor Oscar Cantú, vescovo di SanJosé in California e responsabile diquesto settore al sottocomitato sullapastorale dei migranti, rifugiati e iti-neranti della Conferenza episcopaledegli Stati Uniti (Usccb). Insiemead altri vescovi, il presule ha recen-temente indirizzato un accorato ap-pello ai leader politici del paese, in-vitati a «tener conto della situazionedi emergenza e dei nuovi bisogni»delle comunità dei braccianti mi-granti in questo periodo. Più di unmilione di lavoratori agricoli negliStati Uniti sono considerati “lavora-tori essenziali”, in quanto indispen-sabili per non far mancare alla na-zione i generi alimentari anche du-rante questa pandemia da covid-19,ricorda l’Usccb. Il Dipartimento dellavoro stima che circa la metà diquesti lavoratori agricoli sia priva didocumenti, mentre altri osservatoriavanzano cifre molto più elevate.Nella contea di Monterey, al centrodella California, per esempio, laproporzione si annovera tra il 60 el’83 per cento. «Si tratta di lavorato-ri che preferirebbero rimanere nelloro paese d’origine, ma di fronteall’estrema povertà e alle poche pro-spettive di un lavoro soddisfacente,vengono negli Stati Uniti per ese-guire mansioni che i cittadini ameri-cani preferiscono non fare. Vengonoin gran parte dal Messico», osservamonsignor Cantú. «La diffusionedel covid-19 ha aggravato le condi-zioni dei braccianti agricoli migran-ti. A parte le difficili condizioni dilavoro e di vita, i contadini privi didocumenti vivono nella costantepaura di essere espulsi e separatidalle loro famiglie. Ora temono lapossibilità di essere infettati dal vi-rus», racconta il presule.

«Nonostante l’alta importanza delloro ruolo nella nostra economia —sottolinea monsignor Cantú — gliagricoltori continuano a essere tra i

lavoratori meno pagati, meno pro-tetti degli Stati Uniti e spesso sotto-posti a lavori insalubri». Durantequesta pandemia sono a rischio an-cora più elevato. Molti si ritrovanosenza reddito a causa di licenzia-menti e coloro che sono privi di do-cumenti non hanno diritto all’assi-stenza del governo. Altri non hannoaccesso ai trasporti pubblici per an-dare a lavorare durante questo confi-namento in atto. Tanti non hannoun’adeguata protezione sul posto dilavoro per garantire le necessarieprecauzioni di salute e igiene. Infi-ne, la paura di essere sorpresi daiservizi dell’immigrazione impedisce

igiene della salute facilmente acces-sibile in più lingue e infograficheper i lavoratori analfabeti». I re-sponsabili della pastorale per i mi-granti dell’Usccb chiedono infine al-le autorità di «onorare la dignità dellavoro dei braccianti e assicurarsiche venga loro versato uno stipen-dio sufficiente per coprire i rispettivibisogni offrendo più particolarmentein questo momento la possibilità diottenere aiuti per proteggere la lorosalute e la loro sicurezza, così comequella delle loro famiglie».

«Insieme a questi problemi di ac-cesso all’assistenza sanitaria e diadattamento sociale, ci sono anche

non resta inattiva. Organizzazionicome enti di beneficenza cattolici,singole parrocchie e altre organizza-zioni no profit stanno offrendo assi-stenza a queste comunità vulnerabilifornendo cibo e coprendo altri biso-gni essenziali. Nelle zone in cui visono molti braccianti, alcune parroc-chie hanno aperto dispense alimen-tari un paio di giorni alla settimana.Nella diocesi di San José, i gruppiparrocchiali forniscono abbigliamen-to, cibo e assistenza economica at-traverso programmi di beneficenza ecollaborano con organizzazioni sen-za scopo di lucro come il Center forfarmworker families di Watsonville.«La parrocchia di Santa Teresa è lapiù attiva nelle raccolte alimentari,di vestiti e di fondi per i lavoratoriagricoli migranti — racconta monsi-gnor Cantú —, organizza ugualmen-te una festa a Natale e a Pasqua perfamiglie di contadini bisognosi eprivi di documenti, distribuendo ci-bo, regali e piñatas. Molti parroc-chiani effettuano doni e incontranoqueste famiglie e l’intera parrocchiaprende regolarmente notizie deibraccianti, la cui situazione viene ri-cordata nelle omelie e le preghieredei fedeli».

«Nonostante questi motivi dipreoccupazione, in tutta la nazioneci sono tuttavia alcuni segni di spe-ranza nel settore agricolo — rileval’Usccb —. Molti coltivatori e agri-coltori stanno facendo tutto il possi-bile per proteggere i propri lavorato-ri e garantire che le linee guida e lemisure di sensibilizzazione e di di-stanziamento sociale siano comuni-cate e attuate». «Estendiamo la no-stra sincera gratitudine a questeaziende — indica il messaggio deivescovi — con l’auspicio che questatendenza si estenda in tutto il paeseper la protezione, la sicurezza e ilbenessere di base di tutti i lavoratoriagricoli e delle loro famiglie». InCalifornia, in particolare, sono statipubblicati numerosi articoli che sot-tolineano il ruolo essenziale deibraccianti agricoli e incoraggiano lapopolazione a valutare diversamenteil loro lavoro.

I presuli concludono il loro testopregando «per tutti i lavoratori agri-coli che affrontano difficoltà e sfidelegate o aggravate dal virus, per laloro protezione e sicurezza, mentreprovvedono ai bisogni del Paese; eper tutti i lavoratori attualmente di-soccupati, affinché il Signore li ac-compagni».

Campagne di solidarietà promosse dalle diocesi in Cile

Cinque pani e due pesciSANTIAGO DEL CILE, 9. Grande mo-bilitazione della Chiesa cattolica inCile che, soprattutto attraverso leCaritas locali, sta promuovendo unaserie di iniziative volte ad alleviarele sofferenze di migliaia di persone,acuite in questa fase di lotta allapandemia. “Cinque pani e due pe-sci”, con evidente riferimento al mi-racolo narrato nei Vangeli, è il titolodi una campagna di sensibilizzazio-ne lanciata dalla diocesi di Iquique,attraverso la pastorale sociale - Cari-tas, per aiutare le famiglie rimastesenza lavoro né risorse per soddisfa-re le necessità di base, a causa dellapandemia. I fondi raccolti sarannoutilizzati per l’acquisto di prodottiper le necessità di base delle fami-glie più vulnerabili. I pacchi conter-ranno cibo per un gruppo di 4 per-sone, sufficiente per 30 giorni.

«Quando parliamo di “più vulne-rabili” — spiega all’agenzia FidesRosa Marschhause, coordinatricedella pastorale sociale - Caritas diIquique — intendiamo anziani, fami-glie con bambini, donne in gravi-danza e persone con patologie dibase. L’aiuto consisterà in cibo, me-dicine e tutto ciò che potremo offri-re, a seconda dell’aiuto e dei contri-buti che riceveremo».

Anche la pastorale sociale - Cari-tas della diocesi di Santa María deLos Ángeles ha lanciato una campa-gna di solidarietà intitolata “Solo laCarità salverà il mondo”. Questainiziativa è nata in risposta alle esi-genze delle famiglie dell’area delBio Bio, che sono state colpite invari modi dall’attuale situazione diemergenza sanitaria di covid-19. «Lefamiglie che avvertono gli effetti diquesta pandemia sono numerose —scrive la Caritas — non solo nelcampo della salute, ma anche nelle

condizioni di lavoro, visto che nonpossono soddisfare i bisogni di ba-se». La diocesi di Santa María deLos Ángeles sollecita quindi l’interacomunità e le persone di buona vo-lontà a unirsi a questa campagna,dando il loro contributo in alimentinon deperibili, prodotti per l’igienepersonale, abbigliamento invernale,materassi, biancheria da letto, arti-coli per la casa o contributi econo-mici, che saranno destinati alle fa-miglie in situazione di necessità.

La diocesi di San José de Temu-co, in collaborazione con l’unità diaccompagnamento spirituale del-l’ospedale Hernán Henríquez Ara-vena, mette a disposizione un centrodi ascolto, telefonico e in videochia-mata, a cui rispondono sacerdoti,pastori, diaconi e volontari. L’inizia-tiva, contraddistinta dallo slogan

“Siamo isolati, non soli, né abban-donati”, è nata perché, come spiegala nota diffusa dalla diocesi, «inquesto periodo di pandemia, acqui-sisce ancora più forza l’attenzioneall’ascolto, l’accompagnamento e ilrafforzamento spirituale di molti pa-zienti, personale sanitario e famiglie,che combattono in un modo onell’altro contro questo virus».

«Vogliamo che questo Centro diascolto — ha osservato padre JuanAndrés Basly, vicario generale diSan José de Temuco — sia un luogodi incontro, nonché una sorgente diacqua viva, dove possiamo essere te-stimoni di speranza, vogliamo esseresolidali, vogliamo offrire le nostrespalle in modo che le persone sisentano sostenute, che possano su-perare questo tempo di pandemia,di così tanto dolore».

La denuncia dei presuli statunitensi a difesa delle comunità afroamericane

Più alto il rischio di contagioWASHINGTON, 9. «Alziamo la voceper sollecitare i leader statali e na-zionali a esaminare le condizionistrutturali e sistemiche che rendonoil coronavirus particolarmente letaleper le comunità afroamericane»: èquanto scrivono in un messaggio ivescovi statunitensi particolarmentepreoccupati per l’emergenza sanita-ria globale e per le condizioni nellequali si trovano i gruppi sociali piùpoveri e dunque anche più terribil-mente esposti al contagio.

Secondo il documento — che por-ta le firme di monsignor Shelton Jo-seph Fabre, vescovo di Houma-Thi-bodaux e presidente del Comitatocontro il razzismo, dell’a rc i v e s c o v odi Oklahoma City e responsabiledella Commissione per la giustiziainterna e lo sviluppo umano, monsi-gnor Paul Stagg Coakley, dell’a rc i -vescovo di Philadelphia e presidentedella Commissione per la diversitàculturale nella Chiesa, monsignorNelson Jesus Perez, e del vescovoausiliare di Chicago, Joseph N. Per-ry, capo della sottocommissione pergli affari afroamericani — le comuni-tà afroamericane degli Stati Unitistanno pagando un prezzo altissimoalla pandemia da coronavirus. «Inostri cuori — sottolineano i presulistatunitensi — sono feriti per i nu-merosi lutti, perché le comunitàafroamericane presenti negli StatiUniti sono state contagiate in modosproporzionato e molti stanno mo-rendo a causa del contagio da viruscovid-19».

Secondo gli ultimi dati, fornitidalla John Hopkins University, ne-gli Stati Uniti i casi confermati dicoronavirus sono poco più di unmilione e duecentocinquantasettemi-la, con oltre duecentoventimila gua-rigioni e circa settantaseimila deces-

si. A fronte di questa difficile situa-zione, i firmatari della dichiarazioneribadiscono la volontà della Chiesacattolica locale di «schierarsi a so-stegno di tutte le comunità che lot-tano sotto il peso che questo virusha avuto non solo sulla loro salutefisica, ma anche sui loro mezzi disussistenza». Nel messaggio l’epi-scopato esorta tutti a pregare «confervore per la fine della pandemia,per la salute fisica di tutti e per ilconforto di coloro che hanno persoi loro familiari».

Intanto, nei giorni scorsi, nume-rose Ong internazionali hanno chie-sto al governo degli Stati Uniti disospendere tutte le espulsioni di mi-granti e di richiedenti asilo verso iPaesi dell’America latina e centrale,al fine di evitare di contagiare quei

Paesi dove il tasso di trasmissionedel virus è più basso, e di aggravarela crisi sanitaria. Dalla fine di mar-zo, l’amministrazione americana ha,infatti, chiuso i confini ai richiedentiasilo, mettendo ulteriormente a ri-schio persone che oltre a fuggiredalla violenza e dai soprusi sarannoin pericolo anche per la diffusionedel virus covid-19.

Secondo diverse testimonianze, lasituazione è particolarmente criticanelle città settentrionali del Messico,notoriamente pericolose e caratteriz-zate da un alto tasso di violenzacontro i migranti e i richiedenti asi-lo, dove si sta registrando il più altonumero di casi di covid-19 proprioper la loro vicinanza agli Stati Unitie i più frequenti movimenti di per-sone.

ai lavoratori irregolari di ricorrere al-le necessarie cure mediche o di par-lare delle forme di abusi a casa o sulluogo di lavoro che si verificano du-rante questo periodo.

Il messaggio dell’Usccb, firmatoanche da monsignor Nelson J. Pe-rez, arcivescovo di Philadelphia epresidente del Comitato sulla diver-sità culturale nella Chiesa, da mon-signor Joseph Jude Tyson, vescovodi Yakima e presidente del sottoco-mitato sulla pastorale dei migranti,rifugiati e itineranti, e da monsignorMario Eduardo Dorsonville-Rodrí-guez, ausiliare di Washington e re-sponsabile del Comitato sulle migra-zioni, contiene alcune proposte, trale quali la garanzia «che tutti gli al-loggi e i trasporti siano conformi al-le attuali linee guida dell’o rg a n i s m ofederale della Sanità», «la diffusionedi informazioni per una corretta

le conseguenze economiche legatealla pandemia che stanno causandoeffetti devastanti su queste comuni-tà», indicano ancora i vescovi. Moltilavoratori agricoli che dovrebberorestare a casa per problemi di salutevanno invece a svolgere la loro atti-vità in questo periodo come lavora-tori essenziali». La sospensionedell’assistenza all’infanzia per le fa-miglie è un’altra area di interessecorrelato, poiché con la chiusuradelle scuole alle famiglie vengono amancare «le opzioni di assistenzaaccessibili, sostenibili e sicure». Lostress e l’ansia legati a queste condi-zioni di vita e alla situazione attuale,nota infine la Conferenza episcopaledegli Stati Uniti, contribuisconoall’aumento degli episodi di violenzadomestica.

Di fronte a questa drammatica si-tuazione, la Chiesa degli Stati Uniti

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L’OSSERVATORE ROMANOdomenica 10 maggio 2020 pagina 9

Intervista al segretario generale del Governatorato

Così i Musei Vaticanisi preparano a riaprire

di ALESSANDRO DE CAROLIS

I tour virtuali vanno potenziati,ma «abbiamo un grande biso-gno di realtà, un disperato biso-

gno. Non dimentichiamolo che arendere vivi i Musei sono le personee solo l’esperienza reale del Museorende le persone vive. La virtualitànon potrà mai sostituire la realtà:per godere dell’arte ci vogliono oc-chi e cuore». Lo afferma il vescovoFernando Vérgez Alzaga, segretariogenerale del Governatorato dellaCittà del Vaticano, in questa intervi-sta ai media vaticani. Si avvicina ladata della riapertura dei musei inItalia e anche i Musei Vaticani sipreparano ad aprire nuovamente ibattenti, spiega Vérgez, «si potrà ac-cedere solo su prenotazione» e in-dossando la mascherina.

I Musei Vaticani, quasi 7 milioni divisitatori nel 2019, come tutti i Museisono stati costretti a chiudere al pubbli-co. Come avete organizzato il lavoro inquesti giorni di chiusura forzata? Comestanno procedendo le attività?

Abbiamo chiuso le porte al pub-blico consapevoli del fatto che lasalvaguardia della salute venga pri-ma di tutto. Per questo, nell’ultimomese e mezzo si è deciso di mandareavanti solo quelle attività che noichiamiamo essenziali e per le quali èstato sufficiente convocare una tren-tina di dipendenti al giorno. Unapercentuale molto bassa se lei consi-dera che la «famiglia» dei dipenden-ti e collaboratori dei Musei contaquasi mille persone tra custodi, sto-rici dell’arte, restauratori, personaleamministrativo e delle diverse socie-tà di servizi. Nelle ultime due setti-mane abbiamo cominciato, pianopiano, a riprendere anche altre attivi-tà. Ci serve soprattutto per dare mo-do e tempo al personale di abituarsiai nuovi protocolli di sicurezza e ve-rificare sul campo gli inevitabili ag-giustamenti di “t i ro ” di fronte a unoscenario inedito e complesso qual èquello nel quale, da tempo, siamotutti immersi.

Come ha affrontato il Museo questacrisi e come fronteggerà la crisi econo-mica dei prossimi mesi?

Prima di tutto c’è stata la preoc-cupazione di garantire lo stipendio atutto il personale. Un’attenzionequesta che è espressione della ferma

volontà del Santo Padre. In secondoluogo, abbiamo subito provveduto atagliare tutte le spese non urgenti.Come in ogni buona famiglia ora èil momento di risparmiare ed elimi-nare il superfluo, di fare qualche sa-crificio, attendendo tempi migliori.Per quel che riguarda il futuro possodire che i Musei Vaticani sonoun’istituzione solida, anche da unpunto di vista economico. Questo ciconsente di guardare avanti con fi-ducia.

In questi giorni abbiamo assistito a unincremento del pubblico digitale, nor-male dal momento che siamo tutti co-stretti a casa. Avete pensato di intensi-ficare la vostra comunicazione in questoambito?

Questi due mesi sono stati per noii mesi del silenzio. Abbiamo visto

Papa Francesco solo in una piazzaSan Pietro deserta. Tutti i giorni ve-diamo le sale e le gallerie dei Museivuote di persone. Il silenzio richia-ma la preghiera. Per questo abbiamopreferito stare un po’ in disparte, ri-durre la nostra comunicazione al mi-nimo e dare una testimonianza inquesto senso. Comunque sia, per chiavesse voluto e lo voglia ancora, sulsito web ufficiale proponiamo nume-rosi tour virtuali dei Musei, compre-sa la Cappella Sistina. Da qualchemese è, inoltre, attivo un profilo In-stagram ufficiale @vaticanmuseumsdove ogni giorno presentiamoun’opera delle collezioni pontificie.In particolare, in questo ultimo pe-riodo, lo abbiamo fatto anche in col-laborazione con Vatican News. Milasci però dire una cosa: abbiamo ungrande bisogno di realtà, un dispera-

to bisogno. Non dimentichiamoloche a rendere vivi i Musei sono lepersone e solo l’esperienza reale delMuseo rende le persone vive. La vir-tualità non potrà mai sostituire larealtà: per godere dell’arte ci voglio-no occhi e cuore, non schermi datoccare (o almeno, non solo quelli!).

I Musei italiani si preparano ad aprirei battenti nelle prossime settimane. Voisiete pronti?

Non abbiamo ancora una datacerta riguardo la riapertura. La pre-parazione parte prima dall’interno.Abbiamo attivato dei protocolli sani-tari per il personale addetto: all’arri-vo viene misurata la temperaturacorporea e consegnati guanti e ma-scherine. La Direzione di Sanità eIgiene del Governatorato ha tra-smesso un decalogo riguardante nor-me di igiene e di social-distancingche siamo tutti invitati a seguirescrupolosamente. Per il pubblico inentrata stiamo completando l’instal-lazione di alcuni termoscanner per ilrilevamento della temperatura. Sipotrà accedere ai Musei solo conuna prenotazione. Questo ci consen-tirà di scaglionare gli ingressi duran-te l’orario di apertura. I visitatoridovranno essere muniti di mascheri-na. Nel voucher di conferma dellaprenotazione e nel sito web si trove-ranno tutte le indicazioni necessarie,quando sarà il momento.

In questa “fase 2” si presume che, al-meno all’inizio, i vostri ospiti siano icittadini della capitale o, al massimo, iresidenti nel Lazio. Avete pensato aqualcosa di particolare per loro?

Sarà con tutta probabilità così, al-meno in un primo periodo, e perquesto stiamo ragionando su unapossibile variazione degli orari diapertura cercando di favorire visitepomeridiane e serali, in particolarenel fine settimana. Mi piacerebbeche questo momento di difficoltà sitrasformasse in un’opportunità. Mirivolgo proprio a loro facendo mie leparole del professor Antonio Paoluc-ci, già direttore dei Musei Vaticani:«Romani, riappropriatevi dei vostriMusei. I Musei Vaticani nascono co-me i Musei della città di Roma».Quale occasione migliore per visitar-li nelle prossime settimane?

Sarà possibile visitare anche i GiardiniVa t i c a n i ?

Certamente sì! Se riapriamo le no-stre porte non vogliamo sacrificarealla comodità organizzativa l’esp e-rienza dei nostri ospiti. Se si riapre,si riapre tutto quanto possibile. Illento ritorno alla normalità, al qualeaneliamo, pretende, secondo me, diessere creativi per evitare che tutto siriduca a una semplice questione diimmagine, piuttosto fasulla. Chiara-mente anche per le visite dei Giardi-ni ci saranno modalità diverse, chesapranno tenere in conto le esigenzecui sopra accennavo e quindi si in-terverrà, anche in questo caso, suorari e altri aspetti. In questo senso,aggiungo che riprenderanno anchele attività turistiche, museali e cultu-rali presso il complesso delle VillePontificie di Castel Gandolfo che,per volontà del Santo Padre, sonoaffidate proprio ai Musei Vaticani.In questo caso è presumibile pensareche si preferirà concentrare le attivitànel fine settimana, quando la classi-

ca gita fuori porta — che oggi ci ap-pare quasi come un lusso — p otreb-be diventare occasione ideale per co-gliere la straordinaria opportunità divisitare la residenza estiva dei Papi egli splendidi Giardini di Villa Barbe-rini. Il sole caldo e bellissimo diquesti giorni sembra proprio invitar-ci a questo!

Quanti visitatori pensate di ricevere neiprossimi mesi finché la crisi sanitarianon sarà terminata?

Se una cosa ci ha insegnato que-sta pandemia è che bisognerebbeevitare di fare previsioni che si spin-gano più in là di due giorni. Battutea parte. In questi anni abbiamo im-parato che nel mondo del turismo èfondamentale mantenere un rappor-to costante e di fiducia con i touroperator. Il confronto con loro è de-terminante per conoscere in anticipole dinamiche del mercato di settore,così come per la scelta e lo sviluppodei progetti e delle iniziative di ac-coglienza. Anche insieme a loro stia-mo ora cercando di capire cosa po-trà succedere nel prossimo futuro,ma non è semplice e quello dei touroperator è un settore in grande diffi-coltà al momento. Grati di questorapporto di fiducia reciproca non

abbiamo esitato neanche un momen-to a rimborsare immediatamente ibiglietti da loro acquistati in prece-denza e rimasti invenduti. Speriamopossa servire anche per evitare sceltedolorose per le tante persone che la-vorano in quel mondo. Dobbiamopoi capire bene come rapportarci aeventuali gruppi di visitatori, chenelle attuali contingenze sono quellipiù difficili da gestire. È un argo-mento importante questo, anche per-ché chiama in causa il lavoro prezio-so delle guide turistiche, delle qualispesso ci si dimentica ma che stannoattraversando un momento moltodifficile. Se ci saranno gruppi e se imusei li accoglieranno le guideavranno più facilità di lavorare e cre-do che dobbiamo tenere presente,per quanto possibile, questa equa-zione. Chiaramente per molto temponon sarà possibile accogliere comiti-ve numerose, però un segnale, sep-pur minimo, credo che bisogneràdarlo. Certamente dovremo tutti ac-cettare una diminuzione dei compo-nenti del singolo gruppo, altrimentisarebbe ingestibile. Vedremo comesarà possibile farlo, ci vorrà tempo epazienza però proveremo a fare ilmassimo sotto ogni aspetto.

NOSTREINFORMAZIONI

Nomina episcopale in Porto RicoLutto nell’episcopato

Monsignor Eugenio Ravignani,vescovo emerito di Trieste, è mor-to giovedì 7 maggio all’età di 87anni nel capoluogo del Friuli –Venezia Giulia.

Il compianto presule era natoin Pula, oggi Croazia, il 30 di-cembre 1932 ed era stato ordinatosacerdote del clero triestino il 3luglio 1955. Eletto alla sede resi-denziale di Vittorio Veneto il 7marzo 1983, aveva ricevuto l’o rd i -nazione episcopale il successivo24 aprile. Trasferito a Trieste il 4gennaio 1997, aveva rinunciato algoverno pastorale della diocesi il4 luglio 2009.

Ángel Luis Río Matosvescovo di Mayagüez

Nato ad Aguada il 5 ottobre 1956, si è formato nell’Istituto secolare deiFratelli missionari della carità, ha studiato filosofia presso la Pontificiauniversità cattolica di Puerto Rico e teologia all’università “Javeriana” diBogotá, in Colombia, ottenendo il baccellierato nelle due discipline. Or-dinato presbitero l’11 gennaio 1985 per il clero di Mayagüez, dopo gli stu-di in diritto canonico terminati con il dottorato, è stato vicario, ammini-stratore e parroco in diverse comunità; responsabile della pastorale giova-nile e vocazionale; direttore spirituale dei Cursillos de cristiandad; profes-sore all’università Interamericana; membro del collegio dei consultori edella commissione per la previdenza sociale del clero secolare; giudice deltribunale diocesano, di cui attualmente era presidente, essendo al contem-po parroco di San Sebastián Mártir e docente della scuola di dirittodell’università Pontificia.

Il Santo Padre ha ricevuto que-sta mattina in udienza l’Emi-nentissimo Cardinale MarcOuellet, Prefetto della Congre-gazione per i Vescovi.

Il Santo Padre ha ricevutoquesta mattina in udienza leLoro Eccellenze:

— la Signora Amal MussaHussain Al-Rubaye, Ambascia-tore di Iraq, in visita di conge-do;

— Antonius Agus Sriyono,Ambasciatore di Indonesia, invisita di congedo.

Il Santo Padre ha accettato larinuncia al governo pastoraledella Diocesi di Mayagüez(Porto Rico), presentata da SuaEccellenza Monsignor AlvaroCorrada del Río, S.I..

P ro v v i s t adi Chiesa

Il Santo Padre ha nominatoVescovo di Mayagüez (PortoRico) il Reverendo Ángel LuisRío Matos, del clero della me-desima Diocesi, e ivi VicarioGiudiziale e Parroco di “SanSebastián Mártir”.

Nelle fotografieattivitàdi manutenzionenelle saledei Musei Vaticaniin questi giorni dichiusura forzataal pubblico.Le immaginisono tratte dal videocurato dai MuseiVaticani e diffusotramite i mediavaticani

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 10 domenica 10 maggio 2020

Nella messa del mattino il Pontefice mette in guardia dal potere e dai soldi che distruggono la Chiesa

Per le suore vincenzianedel Dispensario Santa Marta

È con un pensiero alle famiglie e so-prattutto ai bambini poveri assistitinel Dispensario pediatrico in Vatica-no che Papa Francesco ha iniziatosabato mattina, 9 maggio, la celebra-zione della messa nella cappella diCasa Santa Marta. Nel giorno dellacommemorazione di santa Luisa diMarillac — accanto all’altare è statocollocato un quadro raffigurante lasanta, la cui memoria liturgica si ce-lebra il 15 marzo ma, cadendo quelgiorno nel tempo di Quaresima, èstata spostata a oggi — il vescovo diRoma ha pregato e chiesto di prega-re «per le suore vincenziane cheportano avanti» questa concreta real-tà caritativa «da quasi 100 anni e la-vorano qui, a Santa Marta».

Che «il Signore benedica le suo-re» nel giorno della festa della lorofondatrice, ha aggiunto il Papa, ri-cordando così nella preghiera tuttala comunità della Congregazionedelle Figlie della carità, come già

aveva fatto nella messa del 25 marzoscorso.

Il Dispensario Santa Marta — loha raccontato «L’Osservatore Roma-no» nell’edizione del 4-5 maggio — èpronto a ripartire e a rilanciare il ser-vizio di assistenza alle famiglie pove-re, con bambini piccoli. Nella consa-pevolezza, come dice la direttricesuor Antonietta Collacchi, che «ipoveri non possono aspettare, orameno che mai, e il Papa ce lo ricor-da sempre»

Francesco ha iniziato la sua medi-tazione ripetendo le parole del sal-mo 97 (1-2): «Cantate al Signore uncanto nuovo, perché ha compiutomeraviglie. Gli ha dato vittoria lasua destra e il suo braccio santo. IlSignore ha fatto conoscere la suasalvezza, agli occhi delle genti ha ri-velato la sua giustizia».

«Questo è vero» ha affermato ilPapa. «Il Signore ha fatto delle me-raviglie. Ma quanta fatica! Quanta

fatica, per le comunità cristiane — haspiegato — portare avanti queste me-raviglie del Signore! Abbiamo senti-to nel passo degli Atti degli Apostoli(cfr. 13, 44-52) la gioia: tutta la cittàdi Antiochia si radunò per ascoltarela Parola del Signore, perché Paolo,gli apostoli predicavano con forza, elo Spirito li aiutava».

Ma ecco che, «quando videroquella moltitudine, i Giudei furonoricolmi di gelosia e con parole ingiu-riose contrastavano le affermazionidi Paolo» (cfr. versetto 45).

Insomma, ha fatto presente ilPontefice, «da una parte c’è il Si-gnore, c’è lo Spirito Santo che facrescere la Chiesa, e cresce semprepiù, questo è vero. Ma dall’altra par-te — ha aggiunto — c’è il cattivo spi-rito che cerca di distruggere la Chie-sa. È sempre così. Sempre così. Si vaavanti, ma poi viene il nemico cer-cando di distruggere. Il bilancio èsempre positivo alla lunga, ma quan-

ta fatica, quanto dolore, quanto mar-tirio!».

Proprio «questo è successo qui, inAntiochia — ha proseguito il Papa —e succede dappertutto nel Libro de-gli Atti degli apostoli. Pensiamo, peresempio, a Listra, quando sono arri-vati e hanno guarito un paralitico etutti credevano che fossero degli deie volevano fare dei sacrifici, e tuttoil popolo era con loro» (cfr. 14, 8-18). Poi «sono venuti gli altri e lihanno convinti che non era così. Ecome finì Paolo e il suo compagno?Lapidati» (cfr. 14, 19).

C’è «sempre questa lotta» ha ri-lanciato Francesco: «Pensiamo almago Elimas, a come ha fatto per-ché il Vangelo non arrivasse al con-sole (cfr. Atti degli apostoli 13, 6-12).Pensiamo ai padroni di quella ragaz-za che faceva l’indovina: questisfruttavano bene la ragazza, perchélei “leggeva le mani” e riceveva i sol-di che andavano nelle tasche dei pa-droni. E quando Paolo e gli apostolihanno fatto vedere che questa erauna bugia, che non andava bene, su-bito la rivoluzione contro di loro»(cfr. 16, 16-24).

E, ancora, ha affermato il Pontefi-ce, «pensiamo agli artigiani delladea Artèmide [ad Efeso], che perde-vano gli affari non potendo venderequelle statuine perché la gente nonle comprava più perché si era con-vertita».

«E così, una dietro l’altra» ha in-sistito il Papa, aggiungendo: «Dauna parte, la Parola di Dio che con-voca, che fa crescere, dall’altra partela persecuzione, e grossa persecuzio-ne perché finisce cacciandoli via,picchiandoli...».

Ma, si è chiesto, «qual è lo stru-mento del diavolo per distruggerel’annuncio evangelico? L’“invidia”»ha fatto notare Francesco, spiegan-do: «Il Libro della Sapienza lo dicechiaro: “Per l’invidia del diavolo èentrato il peccato nel mondo” ( c f r.2, 24) — invidia, gelosia, qui. Sem-pre questo sentimento amaro, ama-

ro». Infatti, ha detto il Pontefice,«questa gente vedeva come si predi-cava il Vangelo e si arrabbiava, si ro-devano il fegato di rabbia. E questarabbia li portava avanti: è la rabbiadel diavolo, è la rabbia che distrug-ge, la rabbia di quel “crucifige! cruci-fige!”, di quella tortura di Gesù.Vuole distruggere. Sempre. Sem-p re » .

«Vedendo questa lotta — ha affer-mato il vescovo di Roma — vale an-che per noi quel detto tanto bello:“La Chiesa va avanti fra le consola-zioni di Dio e le persecuzioni delmondo” (cfr. Sant’Agostino, De Ci-vitate Dei, XVIII, 51, 2). A una Chiesa

che non ha difficoltà manca qualco-sa. Il diavolo è troppo tranquillo. Ese il diavolo è tranquillo, le cose nonvanno bene. Sempre la difficoltà, latentazione, la lotta... La gelosia chedistrugge». È lo Spirito Santo che«fa l’armonia della Chiesa, e il catti-vo spirito distrugge. Fino a oggi. Fi-no a oggi. Sempre questa lotta».

«Uno strumento di questa gelosia,di questa invidia sono i poteri tem-porali» ha proseguito il Papa: «Quici dice che “i giudei sobillarono lepie donne della nobiltà” (cfr. Atti de-gli apostoli 13, 50). Sono andati daqueste donne e hanno detto: “Questisono rivoluzionari, cacciateli via”. Ledonne hanno parlato con le altre e lihanno cacciati via: sono state le “piedonne” della nobiltà ed anche i no-tabili della città (cfr. versetto 50).Vanno dal potere temporale; e il po-tere temporale può essere buono: lepersone possono essere buone ma ilpotere come tale è sempre pericolo-so».

«Il potere del mondo contro ilpotere di Dio — ha spiegato France-sco — muovono tutto questo; e sem-pre dietro questo, dietro quel potere,ci sono i soldi». È «questo che suc-cede nella Chiesa primitiva: il lavorodello Spirito per costruire la Chiesa,per armonizzare la Chiesa, e il lavo-ro del cattivo spirito per distrugger-la, e il ricorso ai poteri temporaliper fermare la Chiesa, distruggere laChiesa, non è che uno sviluppo diquello che accade la mattina dellaR i s u r re z i o n e » .

Infatti, ha fatto presente il Ponte-fice, «i soldati, vedendo quel trionfo,sono andati dai sacerdoti, e i sacer-doti hanno “comprato” la verità. Ela verità è stata “silenziata” (cfr. Mt28, 11-15) Dalla prima mattina dellaRisurrezione, il trionfo di Cristo, c’èquesto tradimento, questo “silenzia-re ” la parola di Cristo, “s i l e n z i a re ” iltrionfo della Risurrezione con il po-tere temporale: i capi dei sacerdoti ei soldi».

«Stiamo attenti, stiamo attenti —ha suggerito il Papa — con la predi-cazione del Vangelo di non caderemai nel mettere la fiducia nei poteritemporali e nei soldi». Perché «la fi-ducia dei cristiani è Gesù Cristo e loSpirito Santo che Lui ha inviato! Eproprio lo Spirito Santo è il lievito,è la forza che fa crescere la Chiesa!Sì, la Chiesa va avanti, in pace, conrassegnazione, gioiosa: fra le conso-lazioni di Dio e le persecuzioni delmondo».

È con la preghiera di sant’AlfonsoMaria de’ Liguori che Francesco haquindi invitato «le persone che nonsi comunicano» a fare «adesso» lacomunione spirituale. Concludendola celebrazione con l’adorazione e labenedizione eucaristica. Per poi affi-dare — accompagnato dal cantodell’antifona Regina Caeli — le sueintenzioni alla Madre di Dio, sostan-do davanti all’immagine marianadella cappella di Casa Santa Marta.

A mezzogiorno la preghiera delvescovo di Roma è stata rilanciatadavanti all’altare della Cattedra dellabasilica Vaticana dal cardinale arci-prete Angelo Comastri che ha guida-to la recita del Regina Caeli e del ro-sario.

Nel libro «Come goccia su una spugna» di Diego Fares

Papa Francesco maestro di discernimento

Seminario on line con Scholas occurrentes

Per ripartiredallo sport e dagli oratori

La pandemia impedisce di vivere una vita normale ma, allo stesso tem-po, “sfida” a lavorare con nuove risorse e sguardi: con questo obiettivola fondazione pontificia Scholas occurrentes ha organizzato, lunedì 11maggio, alle 16, il terzo Cyber incontro dei giovani dei cinque continen-ti.

«Papa Francesco, ci invita oggi a unirci in un “patto educativo” conpolitici, bambini, genitori, atleti per un’educazione che abbia senso»spiega il direttore mondiale di Scholas, Enrique Palmeyro. Del resto, losport rappresenta, nel quadro educativo di Scholas, uno strumento pre-zioso per aprire nuovi orizzonti esistenziali e creare nuovi modelli dieducazione.

All’incontro di lunedì parteciperanno, tra gli altri, l’ex pugile RobertoCammarelle, membro della giunta del Comitato olimpico italiano (Co-ni), gli ex calciatori Gianluca Zambrotta e Filippo Galli, l’ex cestistaRaffaella Masciadri, presidente della commissione nazionale atleti delConi, il giornalista Gianfranco Coppola, Vito Di Gioia, segretario delsettore giovanile e scolastico della Federazione italiana gioco calcio, eCaterina Gozzoli, coordinatore scientifico dell’Università Cattolica perlo sport.

Intanto il 7 maggio Scholas occurentes ha partecipato al seminario online organizzato dalla fondazione Giovanni Paolo II per lo sport, pro-prio per discutere sul futuro delle attività motorie, con uno sguardo an-zitutto agli oratori. Tra gli intervenuti, il ministro italiano Vincenzo Spa-dafora, che ha rimarcato l’importanza della formazione, e il presidentedel Coni, Giovanni Malagò. Il Pontificio Consiglio della cultura e il Di-castero per i laici, la famiglia e la vita erano presenti con monsignorMelchor Sánchez de Toca e don Giovanni Buontempo, che sono anche,rispettivamente, presidente e assistente spirituale di Athletica Vaticana.

Quando una particella d’acqua cadesu una materia assorbente, vi entra«in modo dolce, delicato e soave»;mentre se finisce su una pietra, pro-voca «strepito e agitazione»: prendespunto dal linguaggio evocativodella tradizione ignaziana (E s e rc i z ispirituali, 335) il titolo del recente li-bro del gesuita Diego Fares Comegoccia su una spugna: Papa Francescomaestro di discernimento (EdizioniAncora, Milano 2020, pp. 200, e 18,ebook formato kindle 10,99), cheraccoglie una serie di articoli dedi-cati dall’autore al pensiero che gui-da il modo di governare del suoconfratello divenuto Pontefice.

In effetti l’immagine suggerita dalsanto di Loyola ben descrive il pa-radossale effetto prodotto dalle pa-role e dai gesti del Papa argentino,che — osserva Fares — «muove glispiriti, incide, tocca il cuore, fa pen-sare, non ragiona in astratto né la-scia la gente indifferente». Ed èproprio qui che la regola del fonda-tore della compagnia di Gesù puòaiutare a precisare in che cosa il ve-scovo di Roma è «maestro di di-scernimento». Il suo insegnamentoin tal senso «è che per discernerebene bisogna uscire da sé, esporsi,coinvolgersi nel combattimento spi-rituale»; occorre «uscire dalle pro-prie idee, nelle quali io sono sempreil centro, verso le periferie dove laCarne ferita di Cristo ci commuovele viscere e, allora sì, si danno lemozioni affettive reali» nelle quali sipuò comprendere «quello che loSpirito dice oggi alla Chiesa».

Accolto il 21 febbraio 1976 comenovizio nella Societas Iesu da Bergo-glio, allora provinciale per l’A rg e n t i -na, padre Diego è sacerdote dal1986. Ha lavorato per un ventenniocon un gruppo di oltre un centinaiodi laici presso la Casa di San Giu-seppe (El Hogar de San José), cen-tro di accoglienza per adulti che vi-vono in situazione di strada o incondizioni di estrema povertà, e in-sieme a padre Ángel Rossi, iniziato-re della Fundación Manos abiertas,ha contribuito a portare avanti an-che la Casa della bontà (Casa de laBondad), un hospice per malati ter-

minali. Ha conseguito un dottoratoin filosofia, con una tesi sulla Fe n o -menologia della verità nel pensiero diHans Urs von Balthasar; è professo-re di metafisica presso la Universi-dad catolica de Córdoba, della com-pagnia di Gesù; e fa parte del Col-legio degli scrittori di «La CiviltàCattolica», su cui ha pubblicato idiversi articoli sul tema del discerni-mento che ora ripropone in questolibro. Del resto la stessa collanaCrocevia in cui è edito, ospita con-tributi degli autori della prestigiosarivista, i quali in forma accessibilema competente riflettono sui luoghidel sapere e del vivere che interpel-lano la società e la cultura contem-p oranee.

Significativamente la prefazione èaffidata alla penna di Jens-MartinKruse, il responsabile della Chiesaluterana di Roma, visitata dal Pon-tefice il 15 novembre 2015. Il qualericorda come in quell’o ccasione,«per la prima volta, nella storiadell’ecumenismo, si ebbe un dialogo

tra la comunità, che poneva doman-de, e il Papa, che rispondeva». Conla sottolineatura che il quesito ini-ziale non gli fu posto «da un vesco-vo o da un rappresentante ufficialedella Chiesa, ma da un bambino.Julius Leonardo, di 9 anni... France-sco ridacchiò, fece venire il ragazzi-no nell’area dell’altare, lo abbrac-ciò» e gli spiegò come egli percepi-sca essenzialmente il proprio servi-zio al pari di quello di «un pastoreche, nella sequela di Gesù, ha curadelle persone che gli sono state affi-date e annuncia loro il Vangelo».Difatti «la grande accettazione dicui» Bergoglio «gode anche pressocristiani di altre Chiese... — com-menta in proposito Kruse — si fon-da anche sulla sua concezione delministero», che non è «una questio-ne di stile personale né una strate-gia ecclesiale, ma è espressione dellasua fede in Cristo, nel suo amore enel suo sacrificio di sé sulla croce».Secondo il luterano «Francesco vivee parla partendo dall’incontro con

vasta opera» chiarendo «enunciatiimportanti per la fede», indicando«contesti biblici», facendo «collega-menti con altri testi» e approfon-dendo «idee teologiche». Basti ri-cordare, per fare un esempio con-creto in tal senso, che lo stesso Pon-tefice alla messa del Crisma del2018 donò a tutti i preti concele-branti e ai diaconi un precedente li-bro di Fares Dieci cose che PapaFrancesco propone ai sacerdoti.

Articolata in dodici capitoli la re-cente pubblicazione sul tema del di-scernimento prende le mosse dallaprima intervista concessa dal Ponte-fice al direttore di «La Civiltà Cat-

tolica» padre Antonio Spadaro —non a caso gesuita pure lui — in cuiegli affermava: «Il discernimentonel Signore mi guida nel mio mododi governare». Tre anni dopo, conl’esortazione apostolica postsinodalesull’amore nella famiglia Amoris lae-titia, Francesco ha posto il discerni-mento al centro della vita dellaChiesa, facendo aprire gli occhi sul-la necessità di crescere in questometodo. Anche perché, concludeFares nell’introduzione, «insegnarea discernere è il modo con cui i pa-dri aiutano i figli a maturare nellaloro libertà». (gianluca biccini)

Il quadro posto accanto all’altare, nella cappella Santa Marta, raffigura l’opera di caritàverso i poveri svolta da santa Luisa di Marillac, che esattamente cento anni fa

— il 9 maggio 1920 — veniva beatificata da Benedetto XV; l’11 marzo 1934fu Pio XI a canonizzarla, mentre Giovanni XXIII nel 1960 l’ha proclamata patrona delle opere sociali

Gesù. Con il suo annun-cio del Vangelo, con ilsuo magistero e con lasua azione vuole trasmet-tere ad altri questa fede».E al contempo cerca dirinnovarla, invitando lepersone a entrare nellasequela Christi. Perciò, fanotare Kruse, già nellaprima udienza generalein piazza San Pietro, il23 marzo 2013, affermòche «seguire, accompa-gnare Cristo, rimanerecon Lui esige un “usci-re ”. Uscire da se stessi,da un modo di vivere lafede stanco e abitudina-rio». E poiché, conclude,«Fares ha familiarità damolti anni sia con la teo-logia di Jorge Mario Ber-goglio sia con la spiritua-lità e la tradizione dipensiero ignaziane, chelo caratterizzano», puòpresentarsi al lettore co-me “un cicerone” che ne«conosce a menadito la

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L’OSSERVATORE ROMANOdomenica 10 maggio 2020 pagina 11

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 12 domenica 10 maggio 2020

EIL RADIOMESSAGGIO DI PIO XII

«Ecco alfine terminata»Pronunciato il 9 maggio 1945 è stato riportato integralmente sulla prima pagina de «L’Osservatore Romano» del giorno 10

CCO ALFINE T E R M I N ATA questa guerra che,durante quasi sei anni, ha tenuto l’E u ro p anella stretta delle più atroci sofferenze e del-le più amare tristezze. Un grido di ricono-scenza umile e ardente sgorga dal più pro-fondo del Nostro cuore verso «il Padre dellemisericordie e il Dio di ogni consolazione»(2 Cor 1, 3). Ma il Nostro cantico di azioni digrazia si accompagna con una preghiera sup-plichevole per implorare dalla onnipotenza edalla bontà divina il termine, secondo giusti-zia, delle lotte sanguinose anche nell’E s t re -mo Oriente.

Inginocchiati in spirito dinanzi alle tombe,ai burroni sconvolti e rossi di sangue, ove ri-posano le innumerevoli spoglie di coloro cheson caduti vittime dei combattimenti o deimassacri disumani, della fame o della mise-ria, Noi li raccomandiamo tutti nelle Nostrepreghiere e specialmente nella celebrazionedel Santo Sacrificio, al misericordioso amoredi Gesù Cristo, loro Salvatore e loro Giudi-ce. E Ci sembra che essi, i caduti, ammoni-scano i superstiti dell’immane flagello e dica-no loro: Sorgano dalle nostre ossa e dai no-stri sepolcri e dalla terra, ove siamo stati get-tati come grani di frumento, i plasmatori egli artefici di una nuova e migliore Europa,di un nuovo e migliore universo, fondato sultimore filiale di Dio, sulla fedeltà ai suoisanti comandamenti, sul rispetto della digni-tà umana, sul principio sacro della ugua-glianza dei diritti per tutti i popoli e tutti gliStati, grandi e piccoli, deboli e forti.

La guerra ha accumulato tutto un caos dirovine, rovine materiali e rovine morali, co-me mai il genere umano non ne ha conosciu-te nel corso di tutta la sua storia. Si trattaora di riedificare il mondo. Come primo ele-mento di questa restaurazione, Noi bramia-mo di vedere, dopo una così lunga attesa, ilritorno pronto e rapido, per quanto le circo-stanze lo permettono, dei prigionieri,degl’internati, combattenti e civili, ai lorodomestici focolari, verso le loro spose, versoi loro figli, verso i loro nobili lavori di pace.

A tutti poi Noi diciamo: Non lasciate pie-gare la vostra energia né abbattersi il vostrocoraggio; dedicatevi ardentemente all’op eradi ricostruzione, sostenuti da una robusta fe-de nella Provvidenza divina. Mettetevi al la-voro, ognuno al suo posto, risoluto e tenace,col cuore animato da un generoso, indistrut-tibile amore del prossimo. È ardua, certa-mente, ma è pur santa la impresa che vi at-tende per riparare gl’immediati e disastrosieffetti della guerra: vogliamo dire il disfaci-mento dei pubblici ordinamenti, la miseria ela fame, il rilasciamento e l’imbarbarimentodei costumi, l’indisciplinatezza della gioven-tù. In tal guisa, a poco a poco, voi prepare-rete alle vostre città e ai vostri villaggi, allevostre province e alle patrie vostre, una sortepiù accettevole e il vigore di un sangue rin-novato.

Fugata dalla terra, dal mare, dal cielo lamorte insidiatrice, assicurata ormai dall’offe-sa delle armi la vita degli uomini, creature di

Dio, e quanto ad essi rimane dei privati edei comuni averi, gli uomini possono ormaiaprire la mente e l’animo alla edificazionedella pace.

Se noi ci restringiamo a considerare l’E u ro -pa, ci troviamo già dinanzi a problemi e adifficoltà gigantesche, di cui bisogna trionfa-re, se si vuole spianare il cammino a una pa-ce vera, la sola che possa essere duratura. Es-sa non può infatti fiorire e prosperare se nonin una atmosfera di sicura giustizia e di leal-tà perfetta, congiunte con reciproca fiducia,comprensione e benevolenza. La guerra hasuscitato dappertutto discordia, diffidenza edodio. Se dunque il mondo vuol ricuperare lapace, occorre che spariscano la menzogna eil rancore e in luogo loro dominino sovranela verità e la carità.

Innanzi tutto pertanto supplichiamo istan-temente nelle nostre preghiere quotidiane ilDio d’amore di adempire la sua promessafatta per bocca del profeta Ezechiele: «Iodarò loro un cuore unanime, un nuovo spiri-to infonderò nel loro interno, e strapperòdalle loro viscere il cuore di sasso e vi sosti-tuirò un cuore di carne, affinché cammininosulla via dei miei precetti e osservino i mieigiudizi e li mettano in pratica, ed essi sianoil mio popolo e io sia il loro Dio» (Ez 11, 19-20). Che il Signore si degni di destare que-sto spirito nuovo, il suo spirito, nei popoli eparticolarmente nel cuore di coloro, cui è af-fidata la cura di ristabilire la futura pace! Al-lora, e allora soltanto, il mondo risuscitatoeviterà il ritorno del tremendo flagello e re-gnerà la vera, stabile e universale fratellanzae quella pace garantita da Cristo anche interra a chi nella sua legge d’amore vorrà cre-dere e sperare.