Pentecoste 2013
-
Upload
apsppergine-apsppergine -
Category
Documents
-
view
232 -
download
3
description
Transcript of Pentecoste 2013
Pentecoste 2013 - numero 1 - anno XXIX
Alla riscoperta della polenta - Pagina 17
La fiera del bianco - Pagina 27
Intervista a ... - Pagina 3
La Casa informa
22 Dal consuntivo 2012 al piano programmatico
33 Intervista a ...
55 Bilancio sociale e di missione
77 Dalla cura al prendersi cura
1010 Partecipazione e collaborazione
Progetti
1111 Mestieri con la valigia
1313 I lavori con la valigia
1515 Il bosco multisensoriale
Ricordi
1717 Alla riscoperta della polenta
2121 1944-1945 come eravamo ...
Attività
2323 Fortunatamente
2525 Emozioni dal gruppo Amicizia
Poesia
2727 La fiera del bianco
A stretto giro di posta
2828 Volontarie C.R.P.
2828 Volontarie AVULSS di Civezzano e Pergine
In bacheca
2929 A cura del servizio animazione
SOMMARIO
in primo piano ...
2
EDITORIALE
di GIOVANNI BERTOLDI
DAL CONSUNTIVO 2012 AL PIANO PROGRAMMATICO 2013-2015
C ome risulta dal Bilancio di Esercizio 2012, approvato dal Consiglio di Amministrazione nella
seduta del 29 aprile 2013, l’APSP conferma la sua solidità economica, finanziaria e patrimoniale ormai
consolidata da anni. L’Azienda può contare su un patrimonio considerevole che le consente, oltre a
gestire l’ordinaria amministrazione in maniera efficace, efficiente ed economica, di promuovere forme di
investimento finalizzate a migliorare la qualità delle strutture e degli ambienti di vita nonché il benessere
degli Ospiti e del personale dipendente. Il fatto di avere un bilancio sostanzialmente in pareggio, il che
significa che tutte le risorse economiche vengono utilizzate per garantire una efficiente erogazione dei
servizi, è presupposto per pianificare e programmare il futuro in maniera serena e meditata in modo da
essere pronti a rispondere ai bisogni della cittadinanza. Le sfide che ci attendono sono complesse sia per
effetto dell’aumento esponenziale della popolazione anziana e non autosufficiente che per la progressiva
riduzione delle risorse finanziarie disponibili. L’impegno della APSP sarà incentrato sui seguenti aspetti:
1. Qualificazione e personalizzazione dell’intervento assistenziale attraverso il sempre maggiore
coinvolgimento dalla famiglia, del volontariato e della comunità locale. L’RSA sta velocemente
trasformandosi in struttura ad alta intensità sanitaria e assistenziale dove la presenza di figure sanitarie
sarà sempre più strategica e importante;
2. Formazione e professionalizzazione degli operatori al fine di creare quel know how indispensabile a
rispondere ai molteplici bisogni di tipo sanitario, assistenziale e relazionale dei nostri Ospiti;
3. Differenziazione e diversificazione dei servizi sia interni che esterni. Se da un lato sarà sempre più
importante offrire agli Ospiti una gamma di servizi variegata e qualificata, dall’altro sarà impegno
dell’APSP aprirsi ulteriormente al territorio promuovendo e sviluppando, oltre ai servizi ambulatoriali già
esistenti (fisioterapia e odontoiatria per esterni), servizi domiciliari al fine di promuovere la cura e
l’assistenza al domicilio delle persone;
4. Sobrietà e sostenibilità delle scelte economiche e di bilancio. La crisi economica e la riduzione delle
risorse pubbliche impone a tutti un atteggiamento maggiormente sobrio al fine di ridurre l’aumento
della retta a carico degli Ospiti senza intaccare la qualità dei servizi. Da questo punto di vista la Santo
Spirito ha intrapreso ormai da qualche anno un percorso ed un piano di revisione della spesa che le ha
consentito di eliminare gli sprechi e nello stesso tempo aumentare la produttività delle prestazioni
mantenendo inalterata la retta alberghiera dal 2011.
5. Cooperazione e rete con i vari attori, istituzionali e non, presenti sul territorio. È ormai opinione diffusa
che la crisi economica e sociale possa essere superata solamente attraverso un forte lavoro di rete nel
quale vengono messe in sinergia le peculiarità, le caratteristiche e le competenze di ciascuno. Da
questo punto di vista si dimostrerà strategico il saper dialogare con le istituzioni pubbliche, con il
privato sociale, con le altre APSP, con le associazioni di volontariato, … in modo da creare quella rete
di relazioni che consenta di superare ostacoli che individualmente sarebbero insormontabili.
LA CASA INFORMA
3
INTERVISTA A ...
La nostra conoscenza delle strutture dell’APSP (Azienda Pubblica di Servizi alla Persona) e dei
suoi dipendenti continua con due nuove carte d’identità. L’identikit che vi presentiamo con questo
numero del Ponte è quello delle referenti OSS: Anna Sartori e Renata Vinciguerra.
Anna Sartori - referente OSS - struttura di via Pive
Indirizzo: Via Pive n. 7 - 38057 – PERGINE VALSUGANA
Telefono: 0461/531002 int. 0301 - Fax: 0461/532971
E-mail: [email protected]
Renata Vinciguerra - referente OSS - struttura di via Marconi
Indirizzo: Via Marconi n. 55 - 38057 – PERGINE VALSUGANA
Telefono: 0461/531002 int. 0327 - Fax: 0461/532971
E-mail: [email protected]
contatti
Cognome: VINCIGUERRA
Nome: RENATA
Età: 54 ANNI
Professione: REFERENTE
OSS STRUTTURA DI VIA
MARCONI
Carta d’identità
4
Da quanto tempo lavora in
questa azienda?
Anna: Dal 1990
Renata: Da circa 35 anni,
prima nella struttura di via
Pive e da qualche anno co-
me referente OSS nella
struttura di via Marconi
Che lavoro le sarebbe pia-
ciuto fare quando era
bambina?
Anna: La cuoca
Renata: Il medico
Quali sono le soddisfazio-
ni più grandi della sua vi-
ta?
Anna: Mio figlio Christian, la
famiglia
Renata: Famiglia, lavoro e
la casa
3 oggetti di cui non può
fare a meno:
Anna: Telefono, pentole,
decespugliatore/tagliaerba
Renata: Cellulare, automo-
bile e bimby
Che cosa fa nel tempo li-
bero (sport, passioni, hob-
by)?
Anna: Passeggiare e aiuta-
re chi è in difficoltà, curare
l’orto
Renata: Cucino, pulisco ca-
sa e guardo le partite di cal-
cio in TV.
Quali progetti ha in mente
per il futuro dell’APSP
Santo Spirito?
Anna: migliorare la perso-
nalizzazione del servizio per
i residenti, creare nuclei as-
sistenziali per particolari pa-
tologie
Renata: Progetti molti, ma il
sogno più grande sarebbe
quello di far conoscere il
modello “Q&B” UPIPA, non
solo un’autovalutazione ma
un investimento per miglio-
rare il benessere non solo
dei residenti ma anche di
noi operatori.
Cognome: SARTORI
Nome: ANNA
Età: 48 ANNI
Professione: REFERENTE
OSS STRUTTURA DI VIA
PIVE
… in 5 domande
5
LA CASA INFORMA
L a definizione più suggestiva del bilancio è forse questa: «si chiama “bilancio”
ma non è un bilancio, si rivolge a tutta la platea degli stakeholder e non solo agli addetti ai
lavori, serve a gestire il consenso e quindi a comunicare, ma anche ad ascoltare». In altre
parole il bilancio sociale è il principale strumento di comunicazione dei valori che ispirano
la gestione delle relazioni che l’associazione ha instaurato con la collettività, delle azioni
sociali realizzate e degli effetti che queste hanno prodotto. In qualunque modo vogliamo de-
finirlo, si tratta comunque di un documento volontario che “racconta” la dimensione socia-
le dell’organizzazione rivolgendosi all’interno quale strumento di supporto alla gestione e
all’esterno per comunicare con tutti i soggetti interessati. Affianca il bilancio di esercizio,
ma è diverso da questo, in quanto ha una prospettiva più ampia di quella economica e fi-
nanziaria.
Tratto da:
L. Hinna "Il Bilancio sociale nelle Amministrazioni Pubbliche: processi, strumenti, strutture e valenze"
BILANCIO SOCIALE E DI MISSIONE di Cristina Bolgia
L’identità
Un’offerta
calibrata sulla
persona
La
dimensione
sociale
Viene delineata l’identità dell’Azienda, la mission, la storia, il governo, l’organizza-zione e gli interlocutori. Ampio spazio viene dato al personale e alla formazione.
Vengono identificati e descritti i servizi che offre la Santo Spi-rito e i risultati ottenuti nel 2012.
Viene rendicontata l’attività messa in campo dalla Santo Spirito sia all’interno della struttura che all’esterno, con il coinvolgimento di una risorsa molto preziosa: i volontari.
6
Il Bilancio Sociale e di Missione costituisce il principale documento che l’Azienda utilizza per
rendicontare l’attività effettuata nel corso dell’anno, nell’ottica di una maggiore trasparenza nei
confronti dei principali stakeholder (portatori d’interesse). La quinta edizione del Bilancio, segna
una nuova tappa nel dialogo che l’APSP ha avviato con i propri stakeholder.
Il Bilancio come strumento:
di trasparenza e comunicazione utilizzato nei confronti di tutti coloro che si relazionano con
l’organizzazione. Favorisce la partecipazione e il dialogo tra l’Azienda e gli stakeholder, limi-
tando i comportamenti opportunistici;
di gestione in quanto fornisce indicazioni gestionali e strategiche che possono essere elemen-
to di riferimento delle scelte aziendali. Permette al personale di conoscere gli obiettivi e i valori
dell’azienda rafforzando la motivazione e il senso di appartenenza all’organizzazione e la
cultura aziendale, migliorando gli aspetti partecipativi nella gestione dell’azienda;
che permette la verifica istituzionale misurando la coerenza tra input iniziali, ossia la missio-
ne, e gli output finali di gestione, ossia i risultati;
che migliora la coesione sociale e permette la lettura della realtà istituzionale dell’azienda.
Il nostro obiettivo è quello di definire, anno dopo anno, in un ottica di miglioramento continuo, un
bilancio il più possibile chiaro, coerente ed utile.
Il valore
creato
Il rispetto
degli impegni
assunti
Preparare il
futuro
Sono forniti in modo sintetico gli aspetti economico-finanziari con una particolare attenzione al controllo di ge-stione.
Si evidenziano gli obiettivi e i risultati raggiunti che hanno caratterizzato la gestione.
Sono riportati i nuovi progetti e le aspettative per il futuro.
Conferenze e seminari:
L’APSP E IL TERRITORIO: TRASPARENZA, PARTECIPAZIONE, INTEGRAZIONE
Martedì 11 giugno, alle ore 16.30 - “Il Bilancio Sociale quale strumento di rendicontazione, tra-
sparenza e miglioramento continuo” Relatore: Bertoldi dott. Giovanni, Direttore Generale APSP
D are cura ad altri o essere dipendenti dalla cura di altri è un'esperienza normale nella vita di
tutti. ll termine anglosassone “caregiver“, è entrato ormai stabilmente nell’uso comune: indica “colui che
si prende cura” e si riferisce a tutte le persone che assistono una persona ammalata e/o disabile. E' una
dimensione che accomuna tutti: secondo Rosalyn Carter esistono solo 4 tipi di persone al mondo:
DALLA CURA AL PRENDERSI CURA:
IL CAREGIVER a cura della dott.ssa Paola Maria Taufer - psicologa dell’APSP
LA CASA INFORMA
1
quelli che sono stati
caregiver
2
quelli che sono
attualmente caregiver
3
quelli che saranno
caregiver
4
quelli che avranno
bisogno di caregiver
ASPETTI PSICOLOGICI DEL CAREGIVER
Il 73,8% dei caregiver è di sesso femminile, e tale percentuale cresce col peggiorare delle condizioni
cliniche del paziente (coloro che assistono i malati gravi sono, per l'81,2%, donne). La famiglia costitui-
sce a tutt’oggi, il più diffuso ed efficiente servizio di assistenza domiciliare per le persone anziane, an-
che quando ad avere bisogno di assistenza è il soggetto demente.
Secondo una indagine che ha coinvolto più di 700 caregiver di malati di Alzheimer in cinque paesi
(Francia, Italia, Spagna, Australia e Regno Unito) circa l’impatto che la malattia ha su coloro che vivono
e si occupano di un malato di Alzheimer, rivela che 3 su 4 pensano che prendersi cura di un malato di
Alzheimer impedisca loro di condurre una propria vita e più della metà di loro (58%) afferma di soffrire
di depressione. La maggioranza, il 77%, ha definito la cura di un malato di Alzheimer stancante, il 67%
l’ha definita impegnativa e il 51% frustrante.
Il processo di coinvolgimento emotivo suscitato nei familiari dall’ammalarsi di uno dei suoi membri trova
poi modalità ed espressioni diverse a seconda della persona che si ammala e del ruolo che essa occu-
pa all’interno del nucleo familiare, ma è anche influenzato dalle dinamiche affettive, coscienti e incon-
sce, che fanno parte dei rapporti fra i componenti della famiglia stessa.
Quando la malattia è una demenza sono molte le variabili in gioco: ci sono risvolti pratici (per es. sistemi
di sicurezza da adottare in casa, interventi di semplificazione dell’ambiente); ci sono aspetti esistenziali
(per es. quanto tempo resta per me che mi prendo cura del malato?); ci sono fattori psicologici (l’ansia
di non capire che cosa il malato vuole comunicarmi, le resistenze ad accettare questa malattia); ci sono
risvolti organizzativi (tempi da dedicare alla sorveglianza, tempi da dividere fra il malato e gli altri compo-
nenti della famiglia); ci sono aspetti sociali (i vicini cosa diranno dei comportamenti del malato? come
faccio a portarlo con me al supermercato dato che negli spazi aperti si agita molto?).
E tutto questo svolge un ruolo fondamentale nell’orientare i comportamenti di chi assiste nei confronti
del malato, nel fare riemergere conflitti interpersonali che sembravano assopiti o superati, nell’innescare
7
L’assistenza di anziani affetti da demenza comporta lo sviluppo di elevati livelli di stress nei caregiver e
talvolta la presenza di stress assistenziale è associata al deterioramento della salute psico-fisica dei ca-
regiver e ad un maggior rischio di errori nella cura.
Può essere utile in questi casi confrontarsi con uno psicologo, per meglio comprendere i nostri limiti e
gestire la nostra fatica, anche in termini di sofferenza emotiva.
Lo Sportello Psicologico di cui mi occupo, servizio gratuito offerto dalla A.P.S.P. S. Spirito – Fondazione
Montel, di via Marconi a Pergine Valsugana, rappresenta un valido supporto psicologico nelle difficoltà
di relazione e comunicazione con il malato.
vissuto di rinuncia 58% sonno insufficiente 53%
svuotamento emotivo 39% stanchezza 62%
desiderio di fuga 42% stato di salute 37%
amarezza 64%
modalità di rapporto che non si sarebbe mai immaginato potessero nascere fra persone che si sono
sempre volute bene.
Il “burden” (carico assistenziale) porta a varie conseguenze:
(CENSIS, 1999)
IL MALATO COME PERSONA
La natura degenerativa ed involutiva della malattia di Alzheimer è tale per cui la mente viene progressiva-
mente privata delle capacità cognitive e la persona diventa sempre meno competente, fino a non essere
in grado di svolgere attività abituali e a divenire dipendente anche per la cura di sè. In questo processo
la persona colpita dalla malattia perde il controllo della propria vita e la capacità di operare delle scelte.
Assistere una persona affetta da demenza significa ricordare che la malattia si inserisce in un continuum
vitale, fatto di storie personali e insiemi di relazioni. Le manifestazioni cliniche della malattia, così come la
sua progressione, dipendono dalla complessa interazione tra personalità dell'individuo, abitudini di vita ed
eventi, danni neurologici, stato di salute fisica e ambiente sociale. Di questi fattori, i primi tre non sono mo-
dificabili. Possiamo, invece, migliorare le condizioni di salute e dell’ambiente.
Prendersi cura di una persona affetta da demenza significa vederla prima di tutto come un essere umano
e solo successivamente come un malato con necessità assistenziali e bisogni speciali. Considerando
che i malati affetti da demenza sono nella maggioranza dei casi persone anziane, per il caregiver è fonda-
mentale conoscere il "compito evolutivo" di questa età.
Secondo la teoria di Erikson (1982), per vivere in modo pieno e significativo la vecchiaia, è necessario
riuscire ad analizzare la propria vita, assumersi le responsabilità nei confronti del passato, immaginare il
futuro e prepararsi alla morte.
È difficile portare a termine tale compito in condizioni di salute, si può immaginare che possa diventare
quasi impossibile per le persone affette da demenza; il caregiver deve intervenire allora in questo senso,
aiutando il malato a ricordare il passato e a immaginare il futuro. La capacità di comunicare è un aspetto
centrale nell’assistenza alla persona con problemi cognitivi. La malattia di Alzheimer, infatti, introduce ele-
menti di estraneità e diversità nel comportamento di chi ne è affetto e pone, fin dall’inizio, una difficoltà
nella capacità espressiva, determinando una barriera nella comprensione interumana.
8
Il fatto che sia possibile attribuire un significato alla modalità frammentaria e quindi confusa con cui si
esprime il malato, non deve far pensare di poter comprendere tutto quello che dice: questo atteggia-
mento potrebbe trasformare l’assistito in un vero e proprio oggetto.
La conoscenza della correlazione tra la malattia e il comportamento della persona è alla base di un cor-
retto atteggiamento assistenziale, specialmente nei riguardi dei cosiddetti "disturbi comportamentali".
L’uso di questa espressione sta ad indicare che non si attribuisce un significato al comportamento del
paziente, ma che questo è considerato piuttosto come un sintomo che deve essere trattato opportuna-
mente. Se invece partiamo dal presupposto che dietro un comportamento c’è un’esperienza, diventa
importante comprendere quella particolare esperienza.
In genere le persone tendono ad interpretare quello che avviene nel presente alla luce delle memorie
del passato. Tenere ben distinte le memorie del passato dalle esperienze del presente non è compito
facile per coloro che presentano disturbi della memoria e dell’orientamento spazio-temporale: questa
incapacità è all’origine di comportamenti bizzarri e può diventare la loro chiave di lettura.
Grazie a studi recenti condotti su pazienti affetti da una forma di demenza moderata-grave, è stato pos-
sibile riscontrare come le situazioni che stavano vivendo nel presente (dolore, paura, bisogno di affet-
to) fossero comunicate ricorrendo ad esperienze del passato che avevano generato le stesse emozioni.
In molte occasioni, quindi, il caregiver può utilizzare questo mind bridge (ponte mentale) per riconoscere
e comprendere il comportamento dell’assistito e aiutarlo.
Sportello di sostegno e consulenza psicologica per anziani
Lo sportello si propone come punto di riferimento per i disagi legati all’invecchiamento proprio o di un
familiare, a sofferenze in seguito a separazioni, o lutti, a difficoltà di comunicazione con familiari e ami-
ci, al sostegno psicologico nell’ambito dell’insorgenza o dell’evoluzione di malattie.
A chi si rivolge:
all'anziano: come intervento di sostegno, di psicoterapia, valutazioni neurologiche e interventi di ria-
bilitazione e stimolazione cognitiva;
al familiare: interventi di sostegno psicologico al singolo o all'intera famiglia, interventi psicoeduca-
zionali, in particolare in presenza di demenze o altre situazioni di deterioramento.
Modalità di accesso
La prenotazione è possibile contattando direttamente la Psicologa telefonicamente al 3484147480 oppure
tramite indirizzo e-mail a [email protected]. E’ inoltre possibile compilare il modulo di richiesta di-
sponibile presso la sede del servizio o scaricabile direttamente dal sito www.apsp-pergine.it.
Orario del servizio
Ogni 1° mercoledì del mese dalle ore 9.00 alle ore 13.00.
Sede del servizio
Lo sportello ha sede presso l’ambulatorio al piano terra della R.S.A. di Via Marconi n. 55 – Pergine Val-
sugana (TN).
9
La Casa informa /Comitato Familiari Ospiti
C.F.O.
“PARTECIPAZIONE E COLLABORAZIONE”
di Francesco Prencipe
Con lo scopo di “tutelare i diritti, gli interessi,
nonché l’erogazione dei servizi agli Ospiti e ai
Familiari”, si rinnovava ad ottobre 2012 il
“Comitato familiari” dell’Apsp “S. Spirito Fon-
dazione Montel”.
L’organismo nato in autonomia alcuni decenni
orsono è composta dai seguenti membri: il pre-
sidente, Maria Teresa Casagrande, subentrata
a Paolo Bonini, in rappresentanza anche degli
ospiti del 1° piano della casa di via Pive. Nel
comitato vi sono inoltre, Cristina Bortolotti (3°
piano via Pive), Francesco Prencipe (3° piano
di via Pive), Luisa Oss Emer (2° piano via Pi-
ve), Sandro Ferrari (2° piano via Pive), Carme-
lo Demattè (casa di via Marconi), Ezio Roat
(via Marconi), Ines Magnoli (via Marconi),
Paolo Bonini (via Marconi).
Nato sotto i migliori auspici dell’amministrazio-
ne, il Comitato si è palesato immediatamente
quale facilitatore della comunicazione dei biso-
gni degli ospiti con la struttura stessa, costi-
tuendosi come dignitoso intermediario. Natural-
mente tale risultato non si sarebbe potuto rag-
giungere a prescindere dall'essenziale e neces-
saria presenza e collaborazione del Presidente,
il Sig. Marco Casagrande e del Direttore, il
dott. Giovanni Bertoldi, nonché da tutte le pre-
ziosissime risorse (medici, infermieri, operato-
ri, tecnici, educatori, cuochi e addetti alle puli-
zie) che articolano e rendono eccellente l’Apsp
“S. Spirito di Pergine Valsugana”.
Naturalmente i problemi non mancano, ma il
valore aggiunto rappresentato dalla
“partecipazione” e “collaborazione” tra e delle
parti rendono tali criticità, in una situazione di
così grave difficoltà economica del nostro pae-
se, certamente affrontabili.
Presidente: CASAGRANDE TERESA (RSA via Pive - 1° piano) tel. 339/6787555
Segretario: PRENCIPE FRANCESCO (RSA via Pive - 3° piano)
BONINI PAOLO (rappresentante RSA via Marconi)
BORTOLOTTI CRISTINA (rappresentante RSA via Pive - 3° piano)
DEMATTE’ CARMELO (rappresentante RSA via Marconi)
FERRARI SANDRO (rappresentante RSA via Pive - 2° piano)
MAGNOLI INES (ospite RSA via Marconi)
OSS EMER LUISA (rappresentante RSA via Pive - 2° piano)
ROAT EZIO (rappresentante RSA via Marconi)
contatti
10
MESTIERI CON LA VALIGIA
CONCORSO U.P.I.P.A. 2012
di Teresa Natale
PROGETTI
Verso il 1875 inizia la Grande Emigrazione
con massicci esodi e spostamenti, la fuga
dalla miseria, coltivando il sogno di un futuro
migliore. Calamità naturali (come le alluvioni
del 1882 quando straripano il Danubio, il Re-
no, i fiumi francesi e quelli dell’Europa orien-
tale), l’abbandono delle campagne, le malat-
tie epidemiche, la sovrappopolazione, la scar-
sità delle risorse vitali, la forte disoccupazione
conducono alla necessità estrema di espa-
triare in cerca di fortuna verso l’Europa
(emigrazione continentale) e verso le Ameri-
che (emigrazione transoceanica). Gli esodi
riguardano soprattutto Irlanda, Gran Breta-
gna, Germania, Polonia, Austria, Russia, Ita-
lia. L’Italia, infatti, non fa eccezione a questo
L a valigia evoca stazioni brulicanti di persone in corsa, treni e sbuffanti vaporiere… porti
di mare con affollati piroscafi in partenza per altri lidi… dovunque l’agitarsi di braccia nel saluto,
abbracci… lacrime… un drammatico “spettacolo” di altri tempi, un particolare avvenimento: emi-
grazione. Nella valigia, con le poche cose del povero migrante, la sua dote, il suo lavoro, ogni mi-
grante porta con sé il coraggio, la volontà di migliorare la sua situazione, l’incertezza del futuro, la
speranza, la dignità di un uomo che non può essere sconfitto! La valigia diventa il simbolo che
contiene l’uomo con tutto se stesso e tutto quello che possiede.
Per accompagnare l’uomo che espatria, però, dobbiamo cercare di ripercorrere la storia dell’ emi-
grazione. Questo fenomeno che sembra piuttosto recente rispetto alla storia del mondo, ha inve-
ce lontane origini nel tempo antico, quando gli individui si spostavano per necessità di sopravvi-
venza o anche per la curiosità di conoscere e, poi, i grandi esploratori, curiosissimi, si cimentava-
no in viaggi temerari per scoprire nuove realtà. Nel primo caso si tratta di pochi individui nomadi,
nel secondo di pionieri con ‘spirito turistico’. In realtà tra questi e i nuovi emigranti della seconda
metà del 1800 diverse sono le cause, diversi i motivi, altre le modalità e altri gli effetti.
Il tempo delle forti emigrazioni
destino dato il suo generale impoverimento:
non vi è Regione italiana che venga rispar-
miata dagli eventi migratori! Vaporiere e piro-
scafi, dalle Alpi alle isole, diventano nuovi
simboli di speranza. Tutto il Paese celebra i
suoi emigranti in nome di tutti i sacrifici fatti e
di tutte le umiliazioni da loro subite! Gli spo-
stamenti in continente avvengono verso Fran-
cia, Svizzera, Belgio, in tempi di pace anche
Austria e Germania, mentre le destinazioni
oltreoceano riguardano per lo più Argentina,
Brasile, Cile, Australia, Nuova Zelanda. I pri-
mi emigranti italiani sono agricoltori, ma, in
seguito, dopo la prima guerra mondiale e nel
secondo dopoguerra, prendono piede anche
muratori, minatori, alberghieri, manovali, bo-
scaioli, operai specializzati, tecnici, artigiani.
Da considerare in Italia è anche la ‘piccola
migrazione interna”: con la raggiunta unità
d’Italia il sud viene congiunto al nord: nasce
così il fenomeno del flusso migratorio dal sud
verso le zone alte della penisola, mentre,
nelle zone settentrionali soprattutto, si verifi-
cano spostamenti da una regione all’altra o
da un paese all’altro per attività temporanee o
saltuarie. Doveroso ricordare a questo punto
le due maggiori tragedie che colpiscono l’Ita-
lia degli emigranti nelle miniere di carbone: 6
dicembre 1907 Monongah West Virginia
(Stati Uniti) con 171 morti italiani e 8 agosto
1956 a Marcinelle (Belgio) con 136 morti ita-
liani.
Come quella europea e italiana, l’emigrazio-
ne trentina si connota come evento tanto
importante quanto problematico: il Trentino
nel 1875, periodo caldo delle emigrazioni,
era ancora sotto il Tirolo e di pochi anni pri-
ma è l’unità d’Italia e pertanto alle difficoltà
sociali se ne aggiungono altre di ordine poli-
tico. Anche qui, in Trentino, comunque, la
situazione è critica: l’abbandono delle cam-
pagne, la crisi dell’industria serica, la chiu-
sura delle miniere, la scarsità delle risorse
vitali in genere, evidenziano una grave si-
tuazione esistenziale ed anche i trentini de-
vono trovare soluzioni alternative: molti, do-
po aver cercato occupazione in posti più ric-
chi, dopo aver spaccato legna o fatto il con-
tadino nelle terre altrui, dopo aver provvedu-
to alla fienagione nelle proprietà di altri ed
essersi dedicati all’allevamento dei bachi da
seta, si rassegnano a partire, in un primo
tempo verso le città più vicine (Venezia, Ve-
rona, Mantova, Padova, Vicenza, Ferrara,
Cremona, Milano), poi verso alcuni stati
esteri (Francia e Svizzera) e poi via per le
Americhe. Triste conclusione: se i tempi di
permanenza in Europa sono più brevi, quelli
in America sono molto più lunghi e spesso
definitivi! Diversi emigrati, tra originari trenti-
ni o trapiantati, diventano cittadini famosi in
America: Dennis de Concini, senatore a
Washington (il nonno Giuseppe lavora nelle
miniere del Michigan); senatore Edward
Crippa (mamma Carlotta è della Val di Non);
Fiorello La Guardia allora futuro sindaco di
New York; Victor Mature di Pinzolo, attore
famoso; Frank Borzage, di Ronzone, pionie-
re della cinematografia; i fratelli Galletti, cir-
censi, di Vigo Cavedine; Carlo Odorizzi e
Roberto Luchi, emergenti nel campo elettro-
nico; Agostino Parisi, del Bleggio scienziato
industriale; i fratelli Zeni, di Cavedago, pro-
gettatori di macchine di drenaggio e pompe
L’emigrazione trentina
12
13
speciali per ricerche petrolifere; Nilo Miori, di
Arco, creatore di coltelleria per l’esercito
U.S.A., per Scouts, e per alberghi; nella musi-
ca Padre Remigio Zadra, Alberto Fanelli di
Cembra, Vittorio Gardener di Cavalese co-
struttore di strumenti musicali e violini; i Reli-
giosi Padre Eusebio Chini, Mons. Joshep Ber-
nardin di Tonadico e Mons. Gino Baroni di
Tenno. Tanti altri ancora lasciano firme rispet-
tabili.
PROGETTI/CONCORSO UPIPA
I LAVORI CON LA
VALIGIA
Nel 1896, l’avvento della ferrovia porta qual-
che miglioramento all’economia della Valsu-
gana, mentre l’industria turistica termale resi-
ste a Roncegno e Levico, e a Pergine, l’av-
vento del locale Ospedale Psichiatrico pro-
caccia il sostentamento a centinaia di fami-
glie. Pergine è il centro del Trentino che pare
aver sofferto meno di tutti gli altri il peso della
migrazione. Le anticipazioni di guerra solleci-
tano opere edili di difesa in zona con conse-
guente lavoro per gli uomini, mentre le donne
espatriano comunque nelle fabbriche della
Svizzera e del Voralsberg. Sono in calo, inve-
ce, le traversate transoceaniche. La minaccia
della guerra, tuttavia, non ferma il flusso dei
migranti verso Francia e Belgio, mentre per
ragioni ovvie diminuisce il movimento verso
Austria e Germania. Durante il conflitto si
bloccano le partenze degli emigranti che, pe-
rò, riprendono poi verso Svizzera, Austria,
Francia e Belgio. Con l’avvento della
‘”Ricostruzione” gran parte degli emigrati tor-
na nella propria terra. In particolare è da ricor-
dare, tra gli emigranti della miniera di carbone
di Bois du Cazier in Belgio, Primo Leonar-
delli di Pergine, ultimo superstite della trage-
dia di Marcinelle.
Dalla Valsugana (e da Pergine)
U na grande valigia ha attraversato
monti e oceani per raggiungere la possibilità di
un’esistenza dignitosa, un incredibile conteni-
tore di risorse indispensabili a reagire alle av-
versità della vita e alla disperazione: è questo
il bagaglio comune degli Emigranti e, in quel
bagaglio sono i valori umani e personali di
ogni individuo. La ricchezza che accompagna il
migrante è la dote del mestiere e, di mestieri è
prodiga la valigia.
14
Dopo i lavoratori della terra, i
primi ad andare alla ventura,
tanti altri ne sono seguiti:
I pastori, già nomadi per tipo di
lavoro, vengono da Lavarone,
Folgaria, Tesino, in movimento
verso Veneto, Friuli e Lombar-
dia.
Paroloti (stagnini, riparatori di
pentole) dalla Val di Sole verso
tutto il mondo.
Boréri - Segantini - marangoni
(tagliatori di grossi legnami da
segheria-falegnami) dalla Val di
Sole, dalla Val Rendena, Val di
Fiemme e Vanoi verso la Ger-
mania.
Torcoloti (vinai e pigiatori d’u-
va) dalla Busa di Tione verso
Verona e Mantova
Moleta e Ombrellaio dalla Val
Rendena e dal Tesino, verso
l’Europa e gli Stati Uniti.
I forestali verso lontane regioni
dell’Impero asburgico.
Caregheti (seggiolai) di Mis e
Sagron verso Francia e Alsazia.
Kromeri (ambulanti con la krai-
zera sulle spalle) venditori di
aghi, filo,bottoni, stoffe, ecc.
dalla Valle dei Mocheni in tutta
Europa.
Salumai dalla Rendena, dal
Bleggio, da Tione verso la pia-
nura padana, la Venezia Giulia e
la Dalmazia.
Spazzacamini dal Banale, Val di
Non e Bleggio verso l’Italia set-
tentrionale e più tardi per tutto il
mondo.
Klomeri provengono dal Tesino,
vendono pietre focaie, libretti
sacri e profani- rosari della ditta
“Remondini” di Bassano. Nel
XVIII sec. i Remondini si spe-
cializzano in arti tipografiche ed
i klomeri si dedicano alla vendi-
ta di stampe pregiate, oggetti di
ottica. Si spostano dalla Francia
alla Russia.
Aisenpòneri reclutati tra i ribelli
del XIX sec. (portano un orec-
chino d’oro e un chiodo lucido
nel tacco degli stivaletti) lavora-
no nelle ferrovie, sulle strade
ferrate, nei boschi e nelle indu-
strie.
Maiolini ambulanti merciaioli -
vetrai.
A Venezia migra manodopera in
genere, falegnami, fabbri, fac-
chini, mercanti, artisti, artigiani
in buona parte della Val di Le-
dro, Valle del Chiese, Val Laga-
rina,Valsugana, Trento.
I minatori provengono da molte
zone del Trentino e vanno pre-
valentemente in Francia e Bel-
gio ma anche oltreoceano negli
Stati Uniti.
A questo elenco mancano
all’appello ancora calzolai, pit-
tori decoratori, impagliatori, .
...e tanti altri ancora!
15
PROGETTI
IL BOSCO
MULTISENSORIALE di Sonia Gottardi
N ell’età anziana avviene fisiologicamente un decadimen-
to della funzionalità generale del corpo. In modo più o meno mar-
cato questa perdita può interessare uno o più organi di senso.
Conseguentemente la percezione sensoriale può essere alterata o
annullata con una grave limitazione sia al senso di benessere indi-
viduale sia alla comunicazione, essendo i sensi i primari canali co-
municativi. La mancata o ridotta percezione può creare ansia ed
isolamento e causare un aumento del livello di stress che a lungo
andare influisce sullo stato di benessere. Anche l’istitu-
zionalizzazione è causa di aumento del livello di stress
e diminuisce la capacità di supplire ai sensi deficitari
con gli altri.
Momenti piacevoli, gioiosi e rilassanti invece, stimolano
la produzione di beta-endorfina, oppioide endogeno
che agisce sulla linea emozionale del piacere, gene-
rando benessere immediato e a breve termine.
L’importanza dell’uso dei cinque sensi è spesso sotto-
valutata, infatti essendo capacità automatiche, che non
prevedono intenzionalità, si tende a darle per scontate
ed ad interessarsene solo quando vengono a mancare.
Si tende inoltre a considerare un senso alla volta, privi-
legiando il prevalente in quel momento, ma in realtà
agiscono sempre tutti insieme condizionandosi e creando un effet-
to sinergico e, fortunatamente, a volte vicariante.
È nata così l’idea di strutturare dei momenti in cui poter dare be-
nessere ai residenti attraverso la stimolazione multisensoriale, spe-
rimentando inoltre nuovi stili comunicativi tra operatori e residenti.
La nostra “Casa” è stata pronta ad accogliere l’idea. Ad un percor-
I semi dell’idea
eran stati lanciati,
adesso era necessario
trovare un fertile terreno
in cui metter radici
e permettergli di
germogliare
12
so informativo e di raccolta dati è seguita la creazione
di due gruppi di lavoro permeabili, uno rivolto alla for-
mazione degli operatori ed uno rivolto all’esecuzione
del progetto stesso.
L’intenzione è di utilizzare la stimolazione multisenso-
riale, il gesto, il silenzio e la musica, l’olfatto, il gusto e
la vista con azioni mirate e pilotate in ambiente protetto
per generare un benessere psico-fisico.
Si vuole inoltre rispondere, almeno in parte, all’esigen-
za di coinvolgimento di residenti con patologie limitanti,
in particolar modo quando colpiscono la comunicazio-
ne, per stimolare l’utilizzo di canali comunicativi vica-
rianti.
L’investimento di tempo e risorse per dei momenti indi-
vidualizzati rimanda inoltre dei messaggi non verbali
alla persona coinvolta, riconoscendola come Persona
di valore.
È nato il progetto “Bosco”: si è allestita una sala del 3°
piano di via Pive trasformandola in un ambiente snoe-
zelen, adatto alla stimolazione ed integrazione multi-
sensoriale. Si sono utilizzati tutta una serie di accorgi-
menti atti a proporre un ambiente diviso in due zone:
una prima zona neutra e povera di stimoli per l’acco-
glienza e il saluto, una zona ricca di stimoli per il tratta-
mento stesso. L’attenzione è volta a creare una zona in
cui sia possibile supportare la relazione attraverso il
gesto e i 5 sensi, permettendo il passaggio di sensazio-
ni ed emozioni in una situazione destrutturata in cui al
residente non viene chiesta nessuna prestazione ma
solo condivisione.
Il gruppo di lavoro “progetto bosco” ha scritto un proto-
collo d’intervento ed ha individuato i requisiti e gli stru-
menti per selezionare i residenti coinvolti.
Parallelamente l’altro gruppo “formazione bosco” si è
occupato della formazione agli operatori.
Ecco, il seme ha trovato una
magnifica radura,
è spoglia ma assolata ed
aperta, pian piano il seme
ha iniziato a germogliare in
questo magnifico prato
ed in breve un alberello
ha fatto capolino tra l’erba.
Vista la magnifica accoglienza
altri alberelli son venuti a
fargli compagnia.
Gli alberi son cresciuti e il
bosco è nato, in poco tempo
magnifiche fronde han
coperto la radura regalando
una piacevole frescura, sul fon-
do si sente il gorgoglio del ru-
scello e un cerbiatto spia curio-
so tra i rami.
È pronto, ecco, un raggio
di luce si insinua nel verde e
guida i saggi in visita, regalerà
un istante di gioia, una pausa
dal lungo peregrinare, un emo-
zione generata dal
contatto e dalla condivisione
della bellezza.
RICORDI
17
Ed ecco il nostro Silvio alle prese
con la preparazione del terreno,
come del resto facevano i nostri
genitori e nonni per assicurare il
pane (polenta) quotidiana; si
premura di aver a disposizione
una certa quantità di sostanza
organica (letame) che può essere
a seconda delle possibilità di bo-
vino - di suino (maiale), di coni-
glio o altro. Una volta portato
nel campo si premura di allar-
garlo sull’intera superficie desti-
nata a mais e di ararlo il più pre-
sto possibile, per non perdere il
“buono” del letame – ossia
dell’azoto (che è volatile).
Il terreno veniva arato con l’au-
silio del bue o delle vacche (altro
che trattore!). Fatica, sudore,
tafani e altri tanti fattori faceva-
no la differenza. A questo punto il
terreno (la madre terra) era
pronto. Una passata livellatrice
più o meno grossolana con il ra-
strello di ferro o le zappe, a cui
seguiva l’esecuzione di solchi
F acciamo un tuffo nel passato abbastanza recente per
riscoprire e scoprire una meraviglia “povera” del palato – par-
liamo della POLENTA. Prima di inoltrarci in questa “avventura”
diciamo che le sequenze fotografiche alle quali il nostro caris-
simo Silvio si è prestato con grande disponibilità ed entusia-
smo, manca della fase iniziale – ossia della semina. Due parole
quindi di introduzione:
il mais - termine botanico Zea Mais è una pianta erbacea an-
nuale della famiglia delle graminacee ed è originaria del “nuovo
continente”, ossia dell’America Latina quindi relativamente re-
cente d’introduzione nel “vecchio continente”, continente euro-
peo. Proveniente della stessa regione geografica è l’umile pata-
ta che assieme alle classiche presenze del frumento, grano e
graminacee varie il riso e le leguminose, fagioli, fave, lenticchie
ecc. hanno l’onore di aver sfamato e sfamare l’intera umanità.
Sta di fatto che questi due umili doni della natura (mais e pata-
ta) hanno l’onore di aver nutrito, nel senso letterale del termine
le nostre care popolazioni trentine e con esse i nostri carissimi
progenitori. Ora cerchiamo di conoscere in maniera
“superficiale” il nostro caro mais (formentaz). Come ogni crea-
tura dell’universo ha la sua personalità e le sue caratteristiche
non che le sue esigenze. Innanzitutto è considerata una pianta
“sfruttatrice” del terreno in quanto necessita di una notevole
quantità di elementi nutritivi, di azoto in particolare.
ALLA RISCOPERTA DELLA
POLENTA
fatti a zappe (le bine), profondi
un 15/20 cm. con perizia geome-
trica (dritti perfetti). Una mano
rustica, callosa, ma nello stesso
tempo “delicata” eseguiva la se-
mina dei preziosi chicchi (grani)
curando di sperperare il meno
poss ib i l e del la prez iosa
(somenza). Da notare l’oculata
scelta della semina (somenza)
fatta in fase di “sfoiadura”. Le
pannocchie migliori sia sotto il
profilo estetico sia sotto il profilo
della perfetta maturazione, una
volta selezionate venivano alleg-
gerite sia della parte superiore
che di quella inferiore (levate la
testa e la coda), la parte centrale
era perfetta per la semina. Chiu-
sa questa parentesi si procedeva
alla copertura dei solchi (bine)
con il rastrello di ferro e la zap-
pa. Il periodo di semina variava
fra S. Marco e S. Giuseppe. Ossia
tra la fine di aprile e i primi di
maggio. Il buon granoturco, poi,
grazie a qualche pioggia benefica
nasceva. Qui il nostro protagoni-
sta Silvio, mano maestra procede
al diradamento necessario. Per
quanto premesso prima, essendo
pianta “vorace”, necessita di una
bella zolla di terreno a sua dispo-
sizione, per cui lascia una pianta
ogni 40-50 cm. (3 piante ogni
manico di zappa). Intanto le
piante rimaste crescono. Ed ecco,
quando hanno raggiunto l’altezza
di 20-30 cm., Silvio mette mano
alla zappa e fa il cumulo alle
piantine - solco tra una fila e l’al-
tra (ledrar), che ha funzione di
irrobustire le radici e di conteni-
tore della preziosa acqua piova-
na estiva. Finite queste operazio-
ni faticose (è stata tralasciata la
zappatura che precede il cumulo
altrettanto molto faticosa in
quanto operazione diserbata ma-
nuale oggi sostituita da prodotti
chimici, il buon contadino Silvio
lascia che la natura faccia il suo
corso. Va detto, a rigor di verità
che la preghiera andava (e do-
vrebbe andare!) di pari passo ad
ogni operazione colturale, non
solo del mais o per le altre coltu-
re o bestiame, ma per ogni mo-
mento e condizione della vita.
Tornando al mais (formentaz), in
questa fase di crescita sviluppo e
fruttificazione, trova diversi osta-
coli: la siccità, l’eccesso di piog-
gia o l’eccesso di vento (el sen
letava) e non ultimi i parassiti
vegetali (el carleon) e animali (i
pioci) e più avanti, a granelle for-
mate, i ghiotti uccelli che si sbaf-
favano tutte le tenere punte delle
pannocchie. Una volta raggiunto
lo stadio di pannocchie da latte,
ossia tenere, la parte superiore
delle piante, che contiene il polli-
ne per la fecondazione, il pennac-
chio (el zimal) non è più necessa-
rio alle piante ma il caro Silvio
corre subito a tagliarlo per darlo
da mangiare alle sue vacche. Fi-
nalmente con l’ausilio della buo-
na stagione siamo arrivati alla
piena maturazione, siamo a fine
ottobre, primi di novembre. E’
ora di raccolta. Silvio carica con
buona soddisfazione il gerlo uti-
lizzato per la raccolta (el ceston).
Una volta accumulato il raccolto
nell’aia. (el mucio de formentaz
18
19
en de l’ara), si procede alla sfo-
gliatura (a sfoiar). Da notare:
questa operazione veniva fatta
dopo cena intanto che si faceva il
“filò”, momento di socialità e di
collaborazione e nello stesso tem-
po formativo. Da non dimenticare
la “grande filosofia e pedago-
gia” pratica fatta di modi di dire
– proverbi – indovinelli – aned-
doti ecc. che veniva elargita a
tutti ma in particolare ai bambini
(vere spugne del conoscere). Ma
adesso arriviamo alla preziosa
granella. Una volta sfogliate le
pannocchie, lasciate alcune fo-
glie, venivano fatte a mazzi di
7/10 pezzi e legate con i vimini
(strope) e appesi ai poggioli sot-
togronda (pontesei) o androne
arieggiate. Per seccare bene le
pannocchie di norma ci pensa la
“istadela de S. Martin” alcuni
giorni asciutti e ventosi verso me-
tà novembre. Mettiamo in eviden-
za l’11 novembre. S. Martino era
ed è considerata la data di fine
annata agraria (il ringraziamen-
to). Le pannocchie belle asciutte
tolte dai “pontesei” venivano
levate dalle poche foglie (sfoiai)
residue e passate con forza su
una lama di ferro poggiata su un
contenitore di legno e più recen-
temente con una “macchina sgra-
natrice”. La granella messa negli
appositi sacchi di stoffa (previa
trivellazione delle impurità e del-
le “barbe”, passava al carico
(sulla schiena) o meglio sul carro
trainato da bue, mucca o asino, e
con grande gioia portato ai moli-
ni (ad acqua) vedi Pontalti, Dori-
goni o Molinar del bus. Il nostro
caro Silvio si è modernizzato, in
quanto i molini hanno cessato
l’attività e ha acquistato un muli-
no elettrico ad uso familiare. Ora
Silvio ha preparato su una bella
tovaglia pulita i contenitori e i
vari setacci (la setacciatura della
farina grossa, della farina media
e della farina fine (farineta).
Tutte le farine avevano una loro
collocazione (utilizzo). Adesso è
ora di accontentare il palato – (e
20
calmare la fame). Preparato il
buon paiolo di rame sulla stufa
(el parol de ram sula fornasela),
fa fuoco con i preziosi avanzi del-
le pannocchie dei torsoli (i cigo-
toi), quando l’acqua bolle : un
po’ di sale fino e alè si versa la
preziosa farina (media). Gira e
rigira a fuoco lento per una ½
ora circa (le nostre mamme e
nonne misuravano il tempo di
cottura in decine di Ave Marie.
L’orologio era cosa da pochi!)
L’ora del pranzo la scandiva in
modo perentorio l’orologio del
campanile o meglio le campane
tirate a mano dal buon sagresta-
no. Silvio soddisfatto versa la po-
lenta dal paiolo al tagliere (el
taier) e tagliata a pezzi con un
filo di cotone (el fil dela polenta).
All’amata polenta di per sé
“povera” di nutrimento si abbi-
nava una o due fettine di lucanica
(luganega) o un pezzettino di for-
maggio (del casel) e nei giorni di
festa (rari) c’era un pezzettino di
coniglio. Allora la polenta aveva
poco “companatico”. Ai bambini
poteva toccare polenta e zucche-
ro. Altro utilizzo era la polenta
arrostita con un fiocco di burro o
meglio ancora patate e polenta
(arrostite con le cipolle). Per la
cena in assoluto la farina si pre-
stava egregiamente per la trisa o
mosa. Un po’ di latte un po’ di
acqua farina e sale. Che speciali-
tà: a gara i bambini (i boci) a
raschiare il paiolo per recupera-
re la prelibata crosta. Oggi la
polenta, grazie a Dio e al relativo
benessere, è diventata più raffi-
nata. I cuochi si sono sbizzarriti
ad abbinarla in tantissime ricet-
te: tortel de patate e polenta, po-
lenta e luganega, polenta pastic-
ciata, polenta e osei, polenta alla
parmigiana, polenta alla carbo-
nara… e chi più ne ha più ne
metta.
Dai ricordi di Silvio Casagrande
M ussolini (il Du-
ce) prese il Governo nel 1922
per la debolezza della Monar-
chia a capo di un partito che
della violenza faceva il suo
programma e che dominò fino
al 1943. Con la sua mania di
grandezza, trascinò dapprima
l’Italia nella spregevole av-
ventura etiopica, poi nella
guerra di Spagna ed infine nel
secondo conflitto mondiale.
Duce e fascismo pretendeva-
no di aver armato il più poten-
te esercito del mondo. Mus-
solini enunciava di aver 10
milioni di baionette, la più po-
tente marina e aviazione del
mondo. In realtà si rivelò un
colossale inganno. I nostri
soldati hanno combattuto ve-
ramente da eroi, pur in condi-
zioni di inferiorità per arma-
mento e dotazione di mezzi.
Con il 1943 aumentano le re-
strizioni e si diffonde un gran-
de malessere anche per la
guerra che fa prevedere, an-
che agli occhi dei più ottimisti,
una fine disastrosa. Il 25 lu-
glio 1943, una domenica, alla
caduta di Mussolini si è assi-
stito, quantunque la maggior
parte della popolazione aves-
se da tempo dimostrato aller-
gie alla retorica fascista ed
alle sue espressioni, ad un
generale voltagabbana. Alle
22,45 Giambattista Arista, an-
nunciatore dell’EIAR, leggeva
il comunicato: “Sua Maestà il
Re e imperatore ha accettato
le dimissioni dalla carica di
capo del Governo, Primo Mi-
nistro, Segretario di Stato di
sua eccellenza Cavaliere Be-
nito Mussolini ecc…”. Ma né il
Re, né il Generale Badoglio
seppero fare la pace né im-
partire alcune direttive che il
delicato momento richiedeva.
Ma veniamo al 1944. Gli An-
gloamericani occupano l’Italia
meridionale fino al Garigliano
e al Sangro nell’Abruzzo e
sbarcato a Nettuno ed a An-
zio. Non abbiamo più un Go-
verno se non il fantasma di
governo di Mussolini a Salò
che non ha alcuna autorità
nelle province di Trento, Bol-
zano e Belluno. Queste for-
mano la Zona di Operazione
delle Prealpi, l’Alpenvorland
sotto il Supremo Commissario
germanico Franz Hofer. A
Trento abbiamo come Prefet-
to l’Avv. Dr. Adolfo de Bertoli-
ni che il precedente Prefetto
fascista Italo Foschi aveva
incluso nell’elenco delle per-
sone da fucilare perché anti-
fascista. In questa situazione
la popolazione invoca di es-
sere liberata dagli orrori della
guerra che diventa ogni gior-
no più orribile. Nelle nostre
valli trovano rifugio gli sfollati
dalle città bombardate dall’a-
viazione nemica tra esse an-
che Trento e Bolzano. A cau-
sa della guerra il commercio
ha subito una enorme contra-
zione. I generi alimentari sono
stati razionati e si possono
acquistare soltanto con le tes-
sere annonarie. In applicazio-
ne alla legge sui razionamenti
dei consumi, approvata il 6
maggio 1940, la distribuzione
1944-1945
COME ERAVAMO ... di Leone Chilovi
RICORDI
dei generi alimentari di più
largo consumo fu effettuata
esclusivamente attraverso la
carta annonaria. L’ammontare
delle razioni individuali era
fissato mensilmente dal mini-
stro delle corporazioni. La tes-
sera era personale e non ce-
dibile, dava diritto a generi
alimentari differenziati a se-
conda dell’età; provvedeva al
rilascio l’ufficio annonario del
comune di residenza. I generi
alimentari dovevano essere
prenotati in giorni prestabiliti
presso i negozi, ne era vietato
il commercio in qualunque
altra forma. Oggi (1944) si ot-
tengono solo due decilitri di
olio e 50 grammi di burro. La
razione di pasta e riso è di 2
Kg per persona a mese e
quella di carne è di 100 gram-
mi (una volta al mese) quella
di formaggio 70 grammi al
mese. Il prezzo del pane è di
lire 3,60 al Kg. Tutti si augura-
no che questa orrenda guerra
abbia fine e che si possa ve-
dere un ordine nuovo fondato
sulla giustizia e che vengano
riconosciuti i diritti e la dignità
umana. Il 1944 è stato durissi-
mo. L’anno si chiude sopra
un’Europa sconvolta da orrori
e atrocità. Nonostante tutto
però quell’anno che sta per
finire, ha regalato il suo sole e
i suoi meriggi azzurri.
Il 1945 inizia con ancor più
ristrettezze economiche e
scarsità di generi alimentari.
Ma finalmente a fine aprile
cessano le ostilità. Ricordo
ancora quel mercoledì 3 mag-
gio 1945: a sera si sciolsero
le campane, anche i nuvoloni
neri si diradarono e il calar del
sole fu il più bel tramonto che
mai si potesse immaginare.
Nuvole sfrangiate di rosso e
oro s’impigliavano e si sfalda-
vano tra le rocce del Gruppo
del Brenta.
22
F ortunatamente è il titolo del libro di Remy Charlip.
Racconta la storia di Ned che riceve un invito per una festa e
di come fa ad arrivare a destinazione di questa. Pagina dopo
pagina la storia si snocciola con un semplice alternarsi di av-
venimenti fortunati e sfortunati, dal "fortunatamente atterrò in
acqua" allo "sfortunatamente nell'acqua c'erano gli squali",
fino all'ultima pagina, dove, a sorpresa, Ned riesce
ad arrivare alla sua festa di compleanno.
E' solo nell'ultima pagina che si susseguono una se-
rie di "fortunatamente" che tirano le somme, come a
dire "dopo tutto questo, fortunatamente sono quì".
Ed è proprio questo il fatto, TUTTI NOI FORTUNA-
TAMENTE SIAMO QUI.
Queste pagine semplici ed essenziali descrivono il
nostro crescere, l'esperienza che facciamo ogni
giorno, la nostra storia tra fortuna e sfortuna.
Ho pensato così di proporre la lettura di questo li-
bro alle Signore e ad ai Signori del Centro Diurno,
chi più di loro può "vantare" le lunghe montagne russe di tutte
le sfortunate volte in cui è andata male e tutte quelle in cui for-
tunatamente è andata bene?
Ho letto il libro che ha strappato tanti sorrisi e anche tante ri-
flessioni.
Ho pensato così di raccogliere i “fortunatamente e sfortunata-
mente” di ogni Ned del Centro Diurno.
23
ATTIVITA’
FORTUNATAMENTE
di Simonetta Parrotto con la collaborazione delle signore e dei si-gnore del Centro Diurno
Io sono Simonetta Parrotto,
un operatrice di intervento 19
e da poco più di un mese
lavoro al Centro Diurno di
Pergine.
FORTUNATAMENTE…mi hanno pettinata bene!
SFORTUNATAMENTE… il mio sfortunatamente è stato così brutto che non lo dico nemmeno!
FORTUNATAMENTE… dall’ospedale sono tornato a casa.
SFORTUNATAMENTE… non veniva la corriera a prenderci.
FORTUNATAMENTE… ho preso lavoro!
SFORTUNATAMENTE… l’altro giorno ero in montagna ed è caduta tanta acqua!
FORTUNATAMENTE… è uscito il sole e sono in ferie!
SFORTUNATAMENTE… ho da pulire casa.
FORTUNATAMENTE… con tutte le sfortune che ho avuto sono diventata vecchia lo stesso.
SFORTUNATAMENTE… la Simonetta non la smette.
FORTUNA SAREBBE … essere sani
SFORTUNA SAREBBE … no diventar veci!
FORTUNATAMENTE… ho sempre lavorato.
SFORTUNATAMENTE… mi sono ammalato.
FORTUNATAMENTE… i miei figli sono sistemati.
SFORTUNATAMENTE… ho perso mia moglie.
FORTUNATAMENTE… sono diventate vecchie anche le morose.
SFORTUNATAMENTE… non ho più 20 anni per andare a morose.
FORTUNATAMENTE… ho 4 bei nipoti.
SFORTUNATAMENTE… li vedo poco.
FORTUNATAMENTE…sono andato in pensione.
SFORTUNATAMENTE…è mancata mia moglie che era più in gamba di me.
FORTUNATAMENTE…mia moglie mi ha aiutato tanto ed è stata lei la mia fortuna.
SFORTUNATAMENTE…sono caduto dall’albero di fichi e mi sono fatto tanto male.
FORTUNATAMENTE…ho trovato questo posto qua (il Centro Diurno) e un buon marito.
SFORTUNATAMENTE…ho fatto dentro e fuori dagli ospedali ed ho perso mio marito.
FORTUNA…è stata quando sono nati i miei figli.
SFORTUNA... è stata quando è morto mio marito ma comunque alla fine posso dire di essere
stata fortunata.
24
E così, da quasi sette anni ogni lunedì matti-
na alcuni residenti in via Pive sono già nella
sala grande del 4° piano ad aspettare che
arrivi Gabriella. Lei ci saluta uno per uno, s’in-
forma sulle novità della settimana, sulla no-
stra salute, ammira l’abbigliamento del giorno
ed i gioielli che portiamo, la nostra pettinatu-
ra. Lei non arriva quasi mai con le mani in
mano perché i nostri incontri vertono princi-
palmente sulla natura che cambia di mese in
mese e così in inverno ci porta rami secchi
degli alberi ormai spogli o rami di semprever-
di che ricordano l’albero di Natale, che Sonia
e Clara addobbano qui dietro la nostra vetrina
interna, a volte ci porta perfino un contenitore
di neve fresca da toccare ma che raffredda le
nostre mani, neve che con Enzo, figlio della
nostra Caterina, ne fanno palle che si tirano a
vicenda fuori sul terrazzo, centrando le nostre
finestre che lasciano colare subito quel bian-
co mai dimenticato; in primavera ci porta i pri-
mi bucanevi, le prime violette, i primi nonti-
scordardimè per creare, insieme alla statuetta
della Madonna di Casimiro, l’altarino del me-
se di maggio e così eleviamo le nostre richie-
ste e ringraziamo cantando assieme: ave,
ave, Maria…; in estate ci porta contenitori di
insalate, cetrioli, pomodori, fagiolini, tutti pro-
dotti della terra che anche noi abbiamo un
tempo coltivato, comprato, cucinato e man-
giato a casa nostra ed ora qui nella luminosa
sala da pranzo dove ci troviamo tutti insieme
per i pasti, serviti come all’albergo; in autunno
ci porta ceste di pannocchie, funghi, castagne
e noci, ci fa osservare i cachi acerbi e quelli
ben maturi mentre Erardo sta sgranocchian-
do una noce sottratta e lei lo osserva seria-
mente impensierita. Gabriella, che dovrà pure
avere un cognome, ma che per noi è Gabriel-
la del lunedì, è la nostra amica che ci propo-
ne giochi impensati che sollecitano le attività
dei nostri cervelli e così dopo averci bendato
gli occhi col foulard di Giovanna, ci invita a
infilare le mani in una borsa fonda per estrar-
re l’oggetto che ci chiede. È un bel gioco di-
ventato difficile, ma non impossibile e così ci
sentiamo forti quando dopo varie ricerche
estraiamo la cosa giusta grazie ai nostri ricor-
di ed al nostro tatto. Tante volte ci propone il
gioco: dei nomi (di città, colori, animali,
ecc…) che iniziano con una lettera dell’alfa-
beto scelta fra il numero ventuno; del contra-
25
ATTIVITA’
EMOZIONI AL GRUPPO AMICIZIA
di Gabriella Bonvecchio Beber
26
rio di: bello, moderno, affamato ecc…; del chi
lo fa?: il pane, la messa, l’iniezione, ecc…;
dell’ascolta e capisci di cosa si sta parlando:
tramite definizioni alternative trovate sul voca-
bolario. Ci divertiamo e ci emozioniamo quan-
do lei ci racconta vecchie fiabe, ora ambienta-
te nel Perginese, nella nostra epoca e così
Biancaneve nasce nel castello di Pergine, va
a vivere coi sette nani nella casetta alla Ciom-
ba sopra Zivignago. Nani che poi vanno a la-
vorare nella miniera di Vignola; il cavaliere la
viene a salvare in via Dossetti, stradon vecio,
bersaglio, Zivignago. Pinocchio, burattino del
vecchio Geppetto, vedovo senza bambini, è il
figlio voluto a tutti i costi che gliene fa passare
di cotte e di crude; lui è incapace di correg-
gerlo e così la fata Turchina lo trasforma in
bimbo buono e riconoscente. È bello sentire
Romano ricordarsi che nel film Biancaneve
cantava al pozzo e Mignolo si faceva coccola-
re, che Dora rammenta quando Geppetto in
televisione era interpretato da Marcello Ma-
stroianni.
Ecco, i ricordi sono riaffiorati, la realtà è di
nuovo nelle nostre mani, ascoltiamo, parteci-
piamo, gareggiamo e interveniamo anche al
posto dei compagni, mentre Gabriella ci dice
che siamo un po’ discoli perché non lasciamo
agli altri il tempo di ragionare, pensare e ri-
spondere, ma ci piace disobbedire perché ab-
biamo la risposta in bocca e non possiamo
mica aspettare che qualcuno ci sorpassi…
L’altra matina cucando ‘n la posta me capita ‘n man per caso ‘na busta.
‘Na signorina col calice ‘n man:
-“ Lei è fortunato da noi si ricordi la fiera del bianco la dura tut l’an”
mili pensieri me vèn per la testa:
-“darai damigiane opura bozóni
per farghe la festa a ‘sti quatro ‘nbriagóni”
Po’ me ricredo vardando a l’interno no centra nient caneve e vini i vende fodrete con tant de cossini.
Per en bicér en compagnia ho bèn capì… e spero sia vero me tóca spetar… “la fiera del nero”.
POESIA
LA FIERA DEL BIANCO
di Massimo Dorigoni
27
Massimo Dorigoni con gli utenti del Centro Diurno
Accolgo con gioia l'invito a scrivere qualche riga sul notiziario "Il Ponte".
Questa per il gruppo Croce Rossa è anche l'occasione per comunicare qualche novità: alcuni volontari at-
tivi presso la S. Spirito si sono staccati per motivi di famiglia, di lavoro e altro (tra questi Ines, una delle
nostre colonne). Il ricambio è stato assicurato da Lara, Katia, Morena e Patrizia, giovani di Croce Ros-
sa molto motivate e ben disposte. Numerose abbiamo partecipato agli incontri formativi con la dott.
Taufer, promossi dalla direzione APSP che ringraziamo per l'opportunità di apprendimento. Siamo stati
presenti con Ospitalità Tridentina alla S. Messa per la Giornata Mondiale del Malato accompagnando
gli ospiti della S. Spirito nella chiesetta. Ci ritroveremo probabilmente, come consuetudine, al pellegrinag-
gio a Pinè e in altre occasioni importanti.
Un saluto da tutti i Volontari di Croce Rossa, un grazie agli ospiti della casa che con noi svolgono atti-
vità motoria accogliendoci con gioia e trasmettendoci tutto il loroloro calore umano. Grazie anche ad anima-
tori e fisioterapisti che ci aiutano e guidano con gentilezza e professionalità.
Donatella Volontario Croce Rossa Pergine
28
Massimo Dorigoni con gli utenti del Centro Diurno
DALLE VOLONTARIE DELL’AVULSS DI CIVEZZANO E PERGINE
Un caro saluto a tutti, siamo Anna e Gianna volontarie AVULSS.
Manteniamo con gioia il nostro appuntamento settimanale del venerdì con il cruciverba e la recita del S.
Rosario, vista la presenza costante e affettuosa di numerosi amici.
È appena terminato il periodo di Quaresima durante il quale, di venerdì, abbiamo pregato con la “Via
Crucis”, molto partecipata. La nostra attività ci rende contente, l’affetto che ci dimostrano i residenti ci
rende felici. Vorremmo fare una riflessione, come figlie, ricordando due figlie di ospiti della struttura di
Via Marconi. Sono tornate a Pergine dall’Argentina e dal Canada, per passare un periodo di tempo ri-
spettivamente con il padre e con la madre.
La lontananza tra genitori e figli, specie se i genitori sono anziani e bisognosi di cure, è una sofferenza.
Ci ha fatto piacere conoscere queste due donne e parlare con loro, della nostalgia e della preoccupazione
che provano.
Pensiamo comunque che possano essere serene, seppur lontane, sapendo che i loro cari sono seguiti e cura-
ti dai figli che abitano qui vicino.
Un abbraccio affettuoso a tutti.
Anna e Gianna
A stretto giro di posta
29
in bacheca
Con maggio iniziano le uscite sul
territorio, le attività all’aperto e gli
eventi particolari.
“Insieme per Mirandola”: conse-
gna contributo di solidarietà ai rap-
presentanti del progetto “Una scuo-
la per Mirandola” che ci ha visti oc-
cupati in varie attività e laboratori
per la raccolta fondi durante tutto
l’arco dell’anno.
Ballando con il cuore: conclusione
della 1° edizione del corso di ballo
per anziani con festa danzante nella
sala polivalente di Via Pive.
Ogni mercoledì di maggio, al 2° Pia-
no di Via Marconi alle 18.00, recita
del S. Rosario animato dalla comu-
nità perginese.
Pentecoste festa dedicata allo “S.
Spirito”: nella sede di Via Pive con
S. Messa solennizzata dal coro gio-
vanile dei frati di Pergine e pranzo
comunitario con Amministratori, Re-
sidenti e loro familiari.
Pellegrinaggio Comunitario in Val
Rendena: visita al santuario dedica-
to a S. Vigilio e gemellaggio con la
A.P.S.P. di Spiazzo e visita alle Ca-
scate del Nardis.
Pellegrinaggio della Diocesi a
Montagnaga di Pinè.
Festa d’estate nei giardini delle
due strutture
Visita al mercato contadino: usci-
te del giovedì mattina per mantene-
re vivo il contatto con il territorio.
Giochi in Amicizia: Torneo di boc-
ce, organizzato nel campo corto
della nostra sede di via Pive, con la
partecipazione delle associazioni
del territorio
Partecipazione alle Olimpiadi
dell’anziano a Castello Tesino
E ancora tanto altro…
MESTIERI CON LA VALIGIA
Appuntamenti ...
29
E' iniziato con un pomeriggio culturale in compagnia
del gruppo “Il Cenacolo” e prosegue ancora oggi con
la mostra dedicata ai “mestieri con la valigia”.
Programma:
Martedì 21 maggio 2013
ore 16.30
presso 2° Piano di Via Marconi:
POMERIGGIO CULTURALE sul tema dell’emigrazione
con racconti e testimonianze di esperienze vissute
Martedì 28 maggio 2013
ore 16.30 presso
2° Piano di Via Marconi:
POMERIGGIO CULTURALE sul tema dell’emigrazione
con PROIEZIONE DI UN FILM e dibattito
ORARIO MOSTRA:
Dal 13 al 31 maggio
dal lunedì al venerdì
9.00 - 12.00; 15.00 - 18.00
2° Piano di Via Marconi.
La mostra occupa uno spazio nella zona ingresso al Piano
terra di Via Marconi per poi proseguire al 2° Piano dove c'è
una mostra fotografica e la presentazione dell’elaborato ed
il pannello con cui abbiamo partecipato al concorso UPIPA
2012.
Per tutto il periodo della mostra è stato predisposto uno
spazio per dare la possibilità di visionare filmati inerenti al
tema dell’emigrazione e dei mestieri con la valigia.
Comitato editoriale
Presidente:
Giovanni dott. Bertoldi
Direttore:
Cristina Bolgia
In redazione:
Fabrizio Cestari
Giovanna Meneghini
Andrea Zuccatti
Cura redazionale e
impostazione grafica:
Cristina Bolgia
Giovanna Meneghini
Fotografie:
Archivio Servizio animazione
Redazione presso:
S. Spirito - Fondazione Montel Azienda Pubblica di Servizi alla Persona
38057 - Pergine Valsugana (TN)
Via Marconi n. 4
tel. 0461/531002 fax 0461/532971
E-mail: [email protected]
Sito: www.apsp-pergine.it
Stampa:
Publistampa Arti Grafiche s.n.c. di Casagrande Silvio & C.
38057 - Pergine Valsugana (TN)
Via Dolomiti n. 36
tel. 0461/533941
Distribuzione gratuita
Si ringraziano tutti coloro che
hanno dato il loro apporto per la
realizzazione del periodico
staff
GLI SPONSOR
ANCHE SU
www.apsp-pergine.it
ANESI FLAVIO di Pergine Valsugana
BONORA ORTOFRUTTA S.r.L. di Riva del Garda
BONVECCHIO DIEGO & FIGLI S.n.C. di Pergine Valsugana
BOSO S.n.C. di Boso Francesco & C. di Lavis
CBA S.r.L. di Rovereto
CANTINA ALDENO SOCIETA' COOPERATIVA AGRICOLA di Aldeno
CASAPICCOLA DRINK LINE s.n.c. di Pergine Valsugana
CASSA RURALE PERGINE di Pergine Valsugana
ENDURANCE IMPIANTI Società Unipersonale di Trento
L'ARREDHOTEL COMMERCIALE S.r.L. di Trento
PERSEN VENDING S.r.L di Vignola-Falesina
PULINET SERVIZI S.r.L. di Baselga di Pinè
TONINI S.n.C. di Tonini Stefano & C. di Trento
UNIFARM S.p.A. di Trento
S. Spirito - Fondazione Montel Azienda Pubblica di Servizi alla Persona
Sede legale:
Via Marconi n. 4 - 38057 Pergine Valsugana (TN)
Tel. 0461/53 10 02 Fax 0461/53 29 71
www.apsp-pergine.it
E-mail: [email protected]
Sedi operative:
Struttura Via Pive
Via Pive n. 7 - 38057 Pergine Valsugana (TN)
Struttura Via Marconi
Via Marconi n. 55 - 38057 Pergine Valsugana (TN)