TOMASOMONTANARI

PATRIMONIOCULTURALE.RIPARTIREDALL’ABC

iCorsiviGlie-bookdiCorrieredellaSera

2013©RCSMediaGroupS.p.A.DivisioneQuotidiani2013

Direttoreresponsabile:FerrucciodeBortoli

RCSMediaGroupS.p.A.DivisioneQuotidiani,Milano

Sedelegale:viaRizzoli8,20132Milano

Sedediredazione:viaSolferino28,20121Milano

ISBN9788861266636

CorrieredellaSera

Responsabileareacollaterali:LuisaSacchi

Editor:FrancescoGrizzaffi,FrancescaMoroni

AcuradiGiovannaGhidetti

Coordinamentoeditoriale:CarloAlbertoBrioschi Progettografico:theWorldofDOT

Impaginazione:LucaGiannini

Published by arrangement with Marco Vigevani & AssociatiAgenziaLetteraria

ASandroMoscadi,

chemihainsegnatoaleggereDonMilani,

echeseneèandatotroppopresto

Avvertenza

SeiltitolodiquestoCorsivoèPatrimonioculturale.Ripartiredall’Abc, l’occhiello potrebbe essere: «A cosa serve ilpatrimonio?».E il catenaccio:«Ventuno tesiper rivoluzionarelapoliticaculturaleitaliana».

Come si conviene ad un corsivo, il taglio è selettivo,l’andamentodell’argomentazioneasciuttoeapodittico.

Per renderlo ancora più asciutto e apodittico ho scelto diorganizzarlodavverocomeunbrevissimodizionariochecontiventunolemmi,dallaaallazeta.

Ciònonvuoldirechetuttosiasullostessopiano:néchenoncisianounfilo,euncrescendo.

Maandiamoconordine.

A, Ambiente

L’arte,inItalia,nonbisognaandarselaacercare.

Non è un passatempo a pagamento, lo svago dei ricchi ladomenicapomeriggio.

No, l’arte è un fatto ambientale. Quasi tutti ci sbattiamo lafaccia ogni giorno: uscendo di casa, andando al lavoro,passeggiando. Perfino all’italiano su cinque che ormai vive inperiferie, o in non-luoghi che nulla hanno a che fare con lanostra storia, capita di incontrarla: anche solo facendodocumentinelpalazzocomunale,ocamminandoincampagna.

Possiamo decidere di vederla, o non vederla, capirla o noncapirla, amarla o essere indifferenti.Ma non uscirà in nessuncasodallanostra esperienza.Capirla vuoldire capire il nostroPaese, noi stessi, il nostro futuro. Non capirla significarimuovereunapartedeterminantedellanostraesistenza.

In America l’arte del passato è una bellissimamela tenuta in vitanelcongelatoredilussocheèilmuseo.InItalia,invece,è una mela viva, attaccata al ramo del suo albero. E in Italia l’albero,eancorpiùl’insiemedeglialberi,èpiùimportante

delle singolemele, o della somma dellemele. In altre parole,l’arte non è mai solo la singola opera, il preteso ‘capolavoroassoluto’:l’arteèlarelazionetraleopere.

È ilcontesto ilvero, inarrivabile,capolavorodell’arte italiana.Iltessutocontinuodinaturaearte,figureeparole,storiaeideecheciavvolgeecidàformaanchesenonlocomprendiamo.

L’arteèunacosasolaconl’ambiente:comelacarneelapellediuncorpo,cheè il territoriodelnostroPaese.Nonesiste, inItalia,un‘ambiente’senzaarte:eun’artesenzailsuoambientenon sarebbe comprensibile, anzi non sarebbe nemmenoconcepibile.

Ceneaccorgiamoquandorischiamodiperderlientrambi,epersempre: in Campania, dove nel giro di pochi metri le reggeborboniche vengono devastate e saccheggiate, e le discarichedistruggono il paesaggio e avvelenano la terra, infiltrando lefaldeeuccidendolepersone.OinValdiSusa,doveilavoridelTreno ad Alta Velocità trasformano i musei in caserme espargono nell’aria e nell’acqua amianto e uranio. O ancora aVenezia, dove il giro d’affari delle grandi navi induce a nonporrerimedioaigravissimidanni,attualiepotenziali,inflittiaicittadini,aimonumenti,allaLaguna.

Seciamassimodipiù,potremmoaccorgercenesenzaaspettarele tragedie: anche solo imparando a guardare il meravigliosoteatrodovesisvolgeognigiornolanostravita,cioèl’Italia.

Seungiornodecidessimodirenderceneconto,potremmoanche scegliere di unire le forze che proteggono, studiano e fanno conoscere l’ambiente e il patrimonio artistico italiani. Potremmo,peresempio,creareununicoMinistero

dell’Ambiente e del Patrimonio storico e artistico: e tornare afarneuna levadellosviluppodelnostroPaese.Dellosviluppoculturale,morale,civile,umano:potremmochiamarloMinisterodelFuturo.

B, Bene comune

Dichisonol’arte,ilpaesaggioel’ambiente?Ditutti.Manondituttiedinessuno:invece,dituttiediciascuno.

Sono, cioè, una proprietà collettiva il cui vero scopo èsoddisfare ai diritti fondamentali dellepersone.Sono,dunque,benicomunicheservonoarealizzareilbenecomune:cheèlacivilizzazione (questa bellissima parola che, per esempio inFrancia,èunmodopiùconsapevoleperdire‘cultura’).

Èpossibiledimostrarechequesta idea risaleall’etàclassica,eplasma la coscienza italiana fin dai suoi albori. È per questoche, in Italia, una lunga storia culturale ha identificato nelpatrimonio artistico un valore alternativo al mercato, ad essoirriducibile. E la storiografia artistica ha avuto anche questafunzione: ha determinato cosa e quanto, di quel vastissimopatrimonio, potesse e dovesse progressivamente uscire dalcircuitoeconomico,entrandoinquellomoraleecivile.

Oggi, invece, una profonda depressione culturale riduce lanostra vita alla sola dimensione economica: o megliofinanziaria. Ciò che interessa è il denaro, da cui trarre nuovo

denaro in un processo di partenogenesi: per nulla virginale,però.Nonsbaglieremmodimoltosedicessimocheventitréoredella nostra giornata, settant’anni della nostra vita, i novedecimi dei nostri desideri sono dedicati al denaro.Ma, comericonosceva perfino la pubblicità di una carta di credito,esistono cose che non hanno prezzo, che non si possonocomprare.

Il perché lo spiega bene Michael J. Sandel (professore diFilosofiapoliticaediTeoriadelGovernoadHarvard)inunbellibro appena uscito anche in Italia (Quello che i soldi nonpossono comprare. I limiti morali del mercato, Feltrinelli):«Perché preoccuparsi del fatto che stiamo andando verso unasocietàincuituttoèinvendita?Perdueragioni,unariguardaladisuguaglianza; l’altra la corruzione […]Assegnareunprezzoallecosebuonepuòcorromperle.Questoperché imercatinonsolo distribuiscono beni: essi esprimono e promuovono anchedeterminati atteggiamenti nei confronti dei beni oggetto discambio […] Spesso gli economisti assumono che i mercatisiano inerti, che non abbiano ripercussioni sui beni chescambiano.Maquestononèvero. Imercati lasciano il segno.Talvolta, ivaloridimercatoscalzanovalorinondimercatodicuivarrebbelapenatenerconto.[…]Setrasformateinmerci,alcunedellecosebuonedellavitavengonocorrotteedegradate.Dunque, per stabilire dove va collocato il mercato e a chedistanza andrebbe tenuto, dobbiamo decidere come valutare ibeni inquestione– la salute, l’istruzione, la sfera familiare, lanatura,l’arte,idovericivici,ecosìvia».

Ecco,ibenicomuninonsipossonovendereocomprareperché dannounsensoatuttociòcheinvecesidevepotervenderee

comprare: proprio come il sale. «Se il sale perdesse il suosapore,concosalosipotràrendersalato?Anull’altroservecheadessergettatovia,ecalpestatodagliuomini»(Matteo5,13).

Propriocomeunapolitica senzaprogetto, senza l’ambizioneelaforzadicambiareilmondo.

C, Costituzione

QuestoprogettoinItaliacel’abbiamo.SichiamaCostituzione.

Nonèstatounregalo,èstatostrappatoconilsangueeilsudoredi una generazione che ha saputo riscattare il proprio Paese eproiettarlonelfuturo.Ciòdicuioggisembriamoincapaci.

In un’Italia distrutta dalla guerra mondiale e dilaniata dallaguerra civile i nostri padri seppero essere così saggi elungimirantida includere tra iprincìpi fondamentalidell’Italiafutura il paesaggio e l’arte: e non per farci qualche soldo,consumandoli (come avrebbe poi voluto la fatale dottrina delpetrolio d’Italia, fiorita nei frivoli, e insieme plumbei, anniOttanta),maperfarne,attraversolaricercaelaconoscenza,unostrumentodicostruzionediunacomunitànuova.

Con l’articolo 9 della Carta («La Repubblica promuove losviluppodellaculturaelaricercascientificaetecnica.Tutelailpaesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione»),l’artedelpassatocambiainfattifunzione:doposecoliincuihalegittimato il dominio dei sovrani degli antichi Stati, essa orarappresenta visibilmente la sovranità dei cittadini, consacrata

dall’articolo1.

Ma perché laRepubblica nascente si impegnava a profonderedenaroedenergianel tutelarecosecheoggiamoltisembranoornamenti superflui, oppure vacche da mungere? Perché unatradizione secolare suggeriva che proprio l’arte e il paesaggiofossero leve potenti per «rimuovere gli ostacoli […]all’eguaglianza» e permettere il «pieno sviluppodella personaumana» (come vuole l’articolo 3). Mai come oggi possiamomisurarelaforzadiquestaidea:inunmondo,inunOccidenteein un’Italia sempre più dilaniati da una diseguaglianzaprofonda,laproprietàcollettivadelpaesaggioedelpatrimonioartisticoèunpotentefattorediequitàmoraleesociale.

Seabbiamoancoraunasperanzadirimanerecittadini,edinonessere ridotti a sudditi, anzi a schiavi, del mercato, questasperanzaèlegataallaforzavitaledellanostradignità.

E la dignità della nazione italiana è rappresentata, alimentata,sorrettadalpaesaggioedalpatrimoniostoricoeartisticocomedapochealtrecose.

D, Diritti e Doveri

Nessuno,nemmenoasinistra,haintesoilMinisteroperiBeniculturalicomeunministerodeidiritti.Allasuanascita(1974)losiè intesocomeministerodelpatrimonio,cioèdelle‘cose’dadifendere; all’epoca di Veltroni lo si è voluto «delle attivitàculturali»(cioèdellosvagoedeltempolibero);ilgovernoLettal’haresoanchedelTurismo,ec’èchilovorrebbeastrattamente‘dellaCultura’.

Ma, almeno nei fatti, ilMinistero deiBeni culturali dovrebbeessere, invece, un ministero dei diritti della persona: comequello della Salute, come quello dell’Istruzione.Unministeroche lavori per garantire l’accesso di ogni cittadino alpatrimonio: innanzitutto l’accesso materiale (gratuito), masoprattutto quello conoscitivo, intellettuale, culturale. UnMinistero per il Pieno Sviluppo della Persona Umana. E,dunque,unministeroperlacittadinanza,perl’inclusione,perlapartecipazione:perlademocrazia.

Lo stesso ministero dovrebbe anche garantire che gli italianinon si sottraggano ai loro corrispondenti doveri nei confronti

delpatrimonio.Neanchequesti, inverità,sonodoveriverso le‘cose’,maversoaltricittadini.Versoinostripadrichecihannolasciato questa straordinaria eredità, verso i nostri figli cuidovremo lasciarla quando verrà il momento. E verso tuttal’umanità, in nome e per conto della quale custodiamo ilpaesaggioeilpatrimonioitaliani.

Questodoveresitraduce,inpratica,nellacondizioneprincipaledellacittadinanza:pagarele tasse.Unitalianochenonpagaletassenon solo concorre a caricare i suoi concittadini onesti diun peso fiscale ormai intollerabile, non solo compromette emina la sanitàe l’istruzionepubblica,macondannaamorte ilpatrimonioartistico.

PropriocomeinItalia,anchenegliStatiUnitièsostanzialmentelo Stato a mantenere i musei: ma là può permettersi di farloindirettamente, cioè defiscalizzando le donazioni culturaliindividuali.Equestapossibilità,chetantodipiùcoinvolgerebbeicittadininellaconservazione,èfruttodell’inflessibilitàconcuiinAmericasipretendeesiottienelafedeltàfiscale.

Nonsbaglierebbe,dunque,chidicessechelaveracausaultima,peresempio,dellarovinadiPompeièl’evasionefiscale.Eforsequestabanale considerazionedovrebbe introdurreunelementodi complessità, di autocritica e di responsabilità diffusa neiricorrenti, universali lamenti sulla sorte di Pompei e delpatrimonio.

E, Educazione al patrimonio

Perchéun italianodovrebbeessere felicedimantenere, con lesue sudate tasse, un patrimonio culturale che sente lontano,inaccessibile, superfluo come il lusso dei ricchi? È unadomanda cruciale, e se davvero si vuol cambiare lo statopresentedellecose,èdaquachebisognapartire.

Perlamaggiorpartedegliitalianidioggi,ilpatrimonioècomeun’immensa biblioteca stampata in un alfabeto ormaisconosciuto. E non si può amare, e dunque voler salvare, ciòchenonsicomprende,ciòchenonsisenteproprio.

Questodrammaticoscollamentotraicittadinisovranieunodeisegnipiùaltidellalorosovranitàèilfruttodimoltitradimenti.

Iltradimentodellamiacorporazione,peresempio:quelladeglistoricidell’arte.Nellanostraagendadistudiosieprofessorinonc’è spazio per il tentativo di connettere la ricerca al discorsopubblico.Una storia dell’arte sempre più autoreferenziale nonsembraaverenélavoglia,nélaforzadiparlareacolorochecipagano lostipendio.Eundiscorsoanalogovalepurtroppopertuttiglialtriumanisti,eanchepergliscienziati:siamotuttiben

attentianonrenderetroppoaccessibileilnostrosapere.

Di questa latitanza si giovano altri traditori: per esempio igiornalisti culturali (ma anche gli editori e gli assessori). Neimedia,neiprogrammitelevisivi,neilibriperilgrandepubblicononc’èpostoperunastoriadell’artechenonsia ilvaniloquiodaciarlatanisull’ennesimaattribuzionefarlocca,osullemostredi un eventificio commerciale che si rivolge a clientilobotomizzatienonacittadiniinformazionepermanente.

Percambiaretuttoquestoèindispensabilerieducaregliitalianialpatrimonio.Educarevuoldire,letteralmente,tirarefuoridallepersoneciòche inesseègià,almenoinpotenza.Egli italianihanno bisogno di ricominciare a parlare, fin da bambini, lalingua che hanno parlato per secolimeglio di tutti gli altri: lalinguadelleimmagini,delleforme,dellefigure,deicolori.

Educare al patrimonio vuol dire far viaggiare gli italiani allascopertadelloroPaese,indurliadialogareconleopereneilorocontesti, e non in quelle specie di tristi giardini zoologici apagamentochesonoquasisemprelemostre.Renderlicapacidileggere il palinsesto straordinario di natura, arte e storia che ipadrihannolasciatolorocomeilpiùpreziosodeidoni.Perchénondirottarelagranpartedeisoldipubblicispesiperfarmostre(in gran parte inutili, anzi dannose) in borse di viaggioattraverso l’Italia per studenti capaci e meritevoli, di ogniordineegrado?

Ormai èquasi impossibilepronunciare laparola ‘educazione’,tanto sembra paternalista, impositiva, noiosa. Ma educare alpatrimonio vuol dire liberarsi: riaprire gli occhi, rimettere inmoto il corpo, accendere il cervello. Riprendersi una bellezza

dellaqualeabbiamoperdutolechiavi,riconquistareunafelicitàcheabbiamodimenticato.

F, Finanziamenti

Quantocivuolepermantenere il patrimonioculturale italiano(arte, biblioteche, archivi, opera lirica, teatro, cinema...) senzache vada in rovina, chiuda o debba vivere di interessateelemosine?Basterebbemenodiunquintodellaspesamilitare.

Dopoche,nel2008,SandroBondidimezzòilbilanciodeiBeniculturali (allora attestato sui tre miliardi e mezzo l’anno, giàinsufficienti), i suoi successori Giancarlo Galan e LorenzoOrnaghihannopersounaltromezzomiliardo:oggisiamocircaa un miliardo e mezzo (Ministero dell’Economia e delleFinanze, Nota integrativa per il triennio 2012-2014 per ilMinisteroperiBenieleattivitàculturali).Learmi, invece,cicostano almeno ventisei miliardi (SIPRI, Trends in WorldMilitaryExpenditure2012)cuiforseseneaggiungerannoaltridodici per i bombardieri F-35 (così il ministro della DifesaMario Mauro ha affermato alla Camera il 7 agosto 2013).Ventisei,o trentotto, controunoemezzo: sonoqueste le cifredelsuicidioculturaleitaliano.

In Europa le cose stanno diversamente: la nostra spesa per la

cultura equivale al 1,1% del Pil, mentre la media europea èesattamente il doppio, 2,2 % (fonte Eurostat). Seraddoppiassimotorneremmoallacifrapre-Bondi:esarebbegiàunsuccesso.Sepoiriuscissimoadarrivarea5miliardil’anno,avremmo un patrimonio mantenuto con lindore svizzero, esenza chiedere aiuto a nessuno speculatore privato. Certo,saremmosopra lamediaeuropea:ma ilnostropatrimoniononloè?

Chi predica l’abbandono del progetto costituzionale sulpatrimoniousasempreesoloununicoargomento:noncisonoisoldi, e dunque è necessario privatizzare. È unamenzogna, euna menzogna interessata. La mancanza di soldi non èun’alluvione o un terremoto, non è una catastrofe naturale: èuna scelta politica. Una scelta regressiva, e irresponsabile: senemmenounadelleprimepotenzeeconomichealmondoritienedipoter investire sulpropriopatrimonio, cosamaidovrebberofarePaesicomelaGrecia,l’Egitto,l’Afghanistanol’Iraq?

Nellastoriadell’umanità laculturaèsemprestata ildividendodi un investimento economico: mai è accaduto il contrario.Ancheoggi imuseiamericani, semprecitati a sproposito,nongeneranoreddito,maanzisonomantenuticondenaropubblicoo consumano le rendite delle loro ricche donazioni. Perògeneranocivilizzazione,umanità,coesionesociale.

Unanazionepiùcoltapotràdiventareanchepiùricca,elapiùimportanterispostaallascioccaaffermazionepercui«laculturanonsimangia»è:«nondisolopanevivel’uomo».

Lanostragiustaossessionedi rimanereunanazione riccanonpuòcancellareunadomandadifondo:esserericchièancoraun

mezzo, o è diventato l’unico fine? Siamo abituati a calcolarecon grande attenzione il ritorno di ogni nostro investimento:ebbene,oggidobbiamodecidereserimanereumaniecivilièunritornosufficiente.

G, Generazioni

Entrareinunpalazzocivico,percorrerelanavatadiunachiesaantica, anche solo passeggiare in una piazza storica oattraversare una campagna antropizzata vuol dire entrarematerialmente nel fluire della Storia. Camminiamo,letteralmente, sui corpi dei nostri progenitori sepolti sotto ipavimenti, ne condividiamo speranze e timori guardando leopered’artechecommissionaronoerealizzarono,neprendiamoil posto comemembri attuali di una vita civile che si svolgeneglispazichehannovolutoecreato,perlorostessiepernoi.Nelpatrimonioartistico italianoècondensataeconcretamentetangibile la biografia spirituale di una nazione: è come se levite,leaspirazioni,elestoriecollettiveeindividualidichicihapreceduto su queste terre fossero almeno in parte racchiuseneglioggetticheconserviamogelosamente.

Se naturalmente questo vale per tutta la tradizione culturale (letteratura, musica, pensiero filosofico, teatro e molto altro ancora), il patrimonio artistico e il paesaggio sono il luogo dell’incontropiùconcretoevitaleconlegenerazionideinostri avi.OgnivoltacheleggoDantenonpossodimenticarediessere

stato battezzato nel suo stesso Battistero, sette secoli dopo:l’identitàdellospaziocongiungeefadialogaretempiedesseriumani lontanissimi. Non per annullare le differenze, in unattualismo superficiale, ma per interrogarle, contarle, renderleeloquentievitali.

Il patrimonio è infatti anche un luogo di assenza: la storiadell’arte ci mette di fronte un passato irrimediabilmenteperduto, diverso, altro da noi. Il rapporto col patrimonioartistico – così come il rapporto con la filosofia, la storia, laletteratura, ma in modo straordinariamente più concreto – ciliberadalladittaturatotalitariadelpresente:cifacapirefinoinfondoquantosiamomortalie fragili,eal tempostessocoltivaedesaltalenostreaspirazionidifuturo.

Nelpatrimonioculturale è infatti visibile la concatenazionedituttelegenerazioni:nonsoloillegameconunpassatogloriosoelegittimante,maancheconunfuturolontano,«finchénonsispenga la luna» (Salmi 71,7). Sostare nel Pantheon, a Roma,non vuol dire solo occupare lo stesso spazio fisico che ungiorno fu occupato, poniamo, da Adriano, Carlo Magno oVelázquez,orespirareapochimetridallespogliediRaffaello.Vuoldireancheimmaginareisentimenti,ipensieri,lesperanzedeimieifigli,edeifiglideimieifigli,ediun’umanitàchenonconosceremo,ma i cuipassi calpesteranno le stessepietre, e icui occhi saranno riempiti dalle stesse forme e dagli stessicolori.

Èperquestocheciòcheoggichiamiamopatrimonioculturaleèunodeipiùpotenti serbatoi di futuro che l’umanità abbiamaisaputocreare.

H, Humanitas

Ma a che diavolo serve il patrimonio culturale? Che c’entratuttoquesto con lamiavitadi tutti i giorni?Questenon sonodomande sciocche, oziose o impertinenti: se avessimo ilcoraggio di farcele più spesso, avremmo anche la forza diricordare (e vivere) il senso della conservazione dell’arte delpassatonelnostropresente.

Lacomprensionerazionale,culturaleestoricadelpatrimonioèuno strumento che consente (usiamo ancora le parole dellaCostituzione) «il pieno sviluppo della persona umana».L’artedelpassato, e i suoi legami congli uomini e con lanatura, ciintroducono in un mondo di forme in cui sperimentiamo ladisciplinae la libertà, l’invenzionee il realismo.Ecifaanchecapire quantimodi diversi ci sono stati, e ci sono, per essereuomini:cieducaallacomplessità,allatolleranza,allalaicità.

In una parola, accresce e sviluppa il nostro essere umani: lanostrahumanitas,comesidicealmenodaitempidiCicerone.

Perchédiventare,erimanere,umanièquestionediesercizio.Ladifficilissimascommessadiunumanesimodimassaèquelladi

riuscireapraticaretutti,ancheseindosiomeopatiche,lequalitàdella ricerca: abnegazione, studio, precisione, amore dellaverità, onestà intellettuale, lealtà, generosità. Per secoli si ècreduto,aragione,chequestevirtùnonservisserosoloasaperepiù cose,ma anche a diventare più umani: e che dunque nonservisserosoloagliumanisti(oggidiremmoaglistudiosi),maatutti. A chi, nell’Inghilterra di Blair, gli diceva che i governihannodirittoditagliaresullaculturaperché‘chipagasceglielamusica’,ErnstGombrichrisposecheilrischioeraquellodinonaverepiùnémusicistinémusica:«Dobbiamorivederelenostrepriorità e occuparci di quei giovani che, oltre a giovarsenepersonalmente,possonofarprogredireledisciplineumanistichee le scienze, le quali dovranno vivere più a lungo di noi sevogliamoche la nostra civiltà si tramandi.Sarebbepura folliadareperscontataunacosasimile.Sisacheleciviltàmuoiono».

Come per mantenere in forma il corpo, anche per far restareumanal’animacivoglionoimpegnoefatica:noncredeteachivi vende la ‘cultura’ come un liberatorio passatempo lava-cervello. Non è così: ma la fatica sarà ricompensata. Essereumani – ha scritto David Foster Wallace nel 2005 – è unalibertà che «richiede attenzione, consapevolezza, disciplina,impegnoelacapacitàditeneredavveroaglialtri[…]Questaèla vera libertà. Questo è imparare a pensare. L’alternativa èl’inconsapevolezza,lamodalitàpredefinita,lacorsasfrenataalsuccesso:esserecontinuamentedivoratidallasensazionediaveravuto e perso qualcosa di infinito […] Qui la morale, lareligione, il dogmao le grandi domande stravaganti sulla vitadopo la morte non c’entrano. La Verità con la V maiuscolariguardalavitaprimadellamorte.Riguardailfattoditoccarei

trenta, magari i cinquanta, senza il desiderio di spararsi uncolpo in testa.Riguarda ilvaloreverodellaveracultura,dovevoti e titoli di studio non c’entrano, c’entra solo laconsapevolezzapurae semplice» (Questa è l’acqua, a cura diL.Briasco,trad.diG.Granato,Einaudi).

I, Ius soli

Nonsiamomaistatiunanazione«perviadisangue»:nonc’ènazione più meticcia di quella italiana, eterna preda dei piùdiversi conquistatori. Semmai lo siamo stati per cultura: edunqueperlingua,anziperlingue.

Negli stessi versi dell’XI canto del Purgatorio in cui Dantemette inchiarocheGuidoGuinizzelli,GuidoCavalcantiepoisoprattutto lui stessohanno la gloria di aver fondato la linguaitaliana, vengono esaltati i fondatori dell’altra lingua degliitaliani,CimabueeGiotto.

La linguamonumentaledell’arteèquellacheha resounicoalmondo,einconfondibile,ilsuolo,cioèilterritorio,dell’Italia:eche,lungoisecoli,haresonoitutti‘italiani’perpurissimoiussoli culturale.D’altra parte, una delle pochissime volte che laCostituzione utilizza la parola «nazione» è proprio quandoprendeatto,all’articolo9,chequestapreesisteallaRepubblicapropriograzieal«paesaggioealpatrimoniostoricoeartistico».

Ancora oggi lo sperimentiamo: nella percezione del resto delmondo, gli italiani sono identificabili e ammirati, più che per

ognialtracosa,perl’altissimalinguafigurativa,perlabellezzacivile con la quale abbiamo saputo completare lo splendorenaturaledel«voltoamatodellaPatria».

Maicomeoggiquestosuolounicoalmondopuò,eanzideve,generarenuoviitaliani.

Grazieallaeroicascuolapubblicaitaliana,inostrifiglieilorocompagnidiclassenonimparanosololalinguaitalianafattadiparole:maimparanoanchecheinItaliac’èun’altralingua.Unalingua fattadipalazzi,chiese,quadri, statuee ideedibellezzache appartengono a tutti. E imparano che quella lingua nonserveadivertireiricchi,maserveafarcituttieguali.

Tra ibambinichefrequentanooggi lenostrescuolemoltinonsononatiinItalia,ocomunquehannogenitoricheconlorononparlano italiano. Ebbene: l’altra lingua degli italiani puòdiventare un potentissimo strumento di integrazione.Dobbiamo, tuttavia, ancora capirlo: fino al maggio 2013 ibambini extracomunitari iscritti nelle scuolepubbliche italianepagavanol’accessoaimuseipubbliciitaliani.Viimmaginatelascena umiliante di una classe (dalla scuola dell’infanzia su sufinoallasecondaria) incuigli italianide iureentravanogratisnello stesso museo in cui invece pagavano il biglietto inumerosissimi italiani di domani che un arcaico iussanguinispriva ancora della nostra cittadinanza anche se parlanofiorentino,napoletanooveneziano?

Oratuttiibambinidellenostrescuoleentranogratisneimuseienei monumenti che rendono ‘patria’ il nostro suolo: aprescindere dal sangue che scorre nelle loro vene. Una voltatanto,laRepubblicacihapresipermanoehadavverofavorito,

attraversolaconformazionedelpatrimonioculturalealprogettocostituzionale, il pieno sviluppo umano di tutti noi: figli egenitori,italianideiureeitalianidefacto.

Dobbiamocamminare,emolto,suquestastrada.

L, Lavoro

Poche settimane fa un amico deimiei figli che vive al pianosotto ilnostroha lasciato l’Italia:piccoloemigranteal seguitodei suoi genitori, musicisti del Maggio Musicale fiorentinocostretti a cercar lavoro nell’Europa del Nord a causadell’incapacità e dell’arroganza di un’amministrazionecomunale.

Il patrimonio culturale è lavoro: lavoro spesso precario, malretribuito, poco dignitoso. Una generazione di schiavi delpatrimonio vede negati, e sulla propria pelle, i valori dihumanitaschequellostessopatrimonioproclama.

Unaretoricad’accattocercadiopporrel’articolo9all’articolo1della Costituzione: come se la violenza sul patrimonio fossegiustificata dalla creazione di posti di lavoro. Ma dallaviolazionedeidirittinonpuònascerenientedibuono:equandosicalpestalatutelanonsicalpestanooggetti,siumilialadignitàdei cittadini. Distruggere la dignità è il miglior viatico percreareuntipodilavorosucuilaRepubblicanonpuòfondarsi,masemmairovinare.

E questo è un delitto particolarmente stupido, perché ilpatrimonio culturale ha invece un disperato bisogno diprofessionalità altamente qualificate: potrebbe far vivere (equantofelicemente!)migliaiadigiovani italianicheoggisonoinvececostrettiasceglieretralasciarel’Italia,oaccettarelavorilontanissimidallaloroformazione.

Ogniannolenostreuniversitàlaureanoedottoranounnumeroimpressionante di storici dell’arte e della letteratura, filosofi,archeologi,architetti,archivistiebibliotecari:elostessofannoiconservatori con i musicisti, le scuole specializzate e leaccademie con i restauratori, i danzatori, gli scenografi, igiornalisti, i traduttori ecc. Tuttavia, come in un assurdo ecoralesuppliziodiTantaloilpatrimoniononriesceaincontrarecolorochelopotrebberocurareamorevolmente,etutticostoronon riescono a lavorare nel patrimonio: e così distruggiamointeregenerazioni,eal tempostessocondanniamoamorteciòchedipiùpreziosohailnostroPaese.

LaprimaurgenzadelgovernodeiBeniculturaliè,dunque,unnuovo piano di assunzioni: non qualche ingressopropagandistico chepossa tamponare le falle,ma lamassicciaentrata di giovani assunti in base al merito, e a tempoindeterminato. E non umiliandoli per anni agli ultimi posti diuna interminabile gavetta,ma collocandoli subito in posizioniapicali. C’è infatti bisogno di voltare pagina: e molto, moltorapidamente.

M, Movimenti

Pochimesi fa ilmio dipartimento all’Università di Napoli harespintoaivotilapropostadi‘partenariatod’impresa’avanzatada un grande editore d’arte italiano in vista della suapartecipazione a una gara per una concessione pubblica.Firmandoquell’accordocisaremmoimpegnatiacondividereil«prestitodiopere,lacollaborazioneallaprogettazionedimostreed eventi, l’ideazione di circuiti di mostre, azioni di co-marketing»:insomma,avremmoancheformalmenteincanalatolanostraliberaricercaalserviziodelsistemachehatrasformatolastoriadell’arteinunaspeciedidittaditraslochi.

Ilmotore immobilediquesto sistemaè ilprestitodelleopere:anche in questo momento, sulle nostre teste sfrecciano aereicarichi di capolavori trasformati in commessi viaggiatori. Lesoprintendenze italianenon riesconoapensarealla tutela, loroprimocompito,perchéormaisonodiventatecomedelletorridicontrolloaddetteallosmistamentodelleopereinviaggio.

Noncisichiedepiùseiprogettiscientificisianosensati(anzi,nemmeno se ci siano), né se valga la pena di far correre gli

inevitabili rischi a questi straordinari pezzi unici. MostrifìcicomePalazzoStrozzi,leScuderiedelQuirinale,VenariaRealesonosoloalcunideiprincipali‘caselli’diquestomotoperpetuo,e lo stessoMinistero per i Beni culturali ha dato un pessimoesempioorganizzandodirettamentecarrettatepropagandistichediopered’arte, spessoanchedelicate, inPaesi lontani,al soloscopo di promuovere il ‘brand Italia’ (ovviamente senzariuscirci:comedicevailsulfureoFedericoZeri,«lemostresonocomelamerda,fannobeneachilefa,nonachileguarda»).

C’èancheunaltromovimentochefabenesoprattuttoachi loorganizza:ilturismo.Perlasuastraordinariastoriapolicentrica,il patrimonio artistico italiano è disseminato lungo tutta lapenisola:nonc’èComunechenonpossaesibiresitinaturalioartistici degni di stare tra le mete principali del turismomondiale.Maunpo’perlamancanzadiinfrastruttureeservizi,unpo’perlanostraincapacitàdifarconoscereilnostroPaese,la stragrande maggioranza del turismo si concentra supochissimiluoghisimbolo:20milionidituristiaVenezia,10aRoma,8aFirenze, aiquali seguonoPompeicon2emezzoePisaconunmilionedipersonechesalesullaTorreescappavia(datiEnea).

Venezia sta letteralmente affondando, e Firenze si avvia sulla stessa, terribile strada. Ma la sicurezza del patrimonio è il problemaminore.Piùgraveèchel’Italiatendaaimmaginarese stessa come una nazione di soli osti e albergatori, capace di sopravvivere solo grazie alla rendita del turismo. L’esodo dei cittadinidaicentristorici,e la trasformazionedellecittàd’arte in luna park sono tra gli esiti di questa monocoltura turistica anti-imprenditorialeeanti-culturale.

La vera sfida è che il turismo non si risolva necessariamentenell’ennesima manifestazione del consumismo edell’omologazione universale, ma riesca a diventare unmomento di liberazione personale e di incontro sociale.L’alternativa è tra continuare a coltivare una renditadesertificante e decidersi a costruire le condizioni per unturismo sostenibile: un turismo diffuso su tutto il tessutoculturaledelPaese,enonossessivamenteconcentratosullesueemergenze; un turismo di formazione e non solo diintrattenimento;un turismocheentri in rapportocon lecittàenonsoloconl’arte.

Abbiamo bisogno di movimenti che favoriscano lacivilizzazione.Noncheladistruggano.

N, Noleggi

A James Joyce Roma dava l’impressione di un uomo che simantenessemostrando ai turisti il cadavere imbalsamato dellanonna. Cosa direbbe se vedesse l’Italia del 2013? Come unafamiglia di nobili – decaduta, e immemore delle ragioni dellasuastessanobiltà–siamoridottiadaffittareilsalottoallefestedeinuoviricchi,ritirandociaviverenellesquallideperiferiedicuisiamoterribiliartefici.

Di fronte a un’opera d’arte siamo capaci solo di‘movimentarla’,eorapensiamoanchedifarloapagamento:perprovare a vivere di rendita, alle spalle delle generazioni chehanno creato il nostro patrimonio. Una proposta lanciata daDomenico Scilipoti, ripresa dai saggi del Quirinale e poirilanciata dal governo Letta voleva introdurre nel Codice deiBeniculturalilapossibilitàdinoleggiare,per20annie«dietropagamento»,amuseistranierileopered’arte«nonesposteallapubblicafruizioneinItalia».

Ilmessaggioculturalesarebbestatodevastante,giacchéloStatoavrebbe così incoraggiato il più commerciale consumismo

ancheincampoartistico:l’identitàitalianaadisposizionedichipagadipiù.Lastoriadell’artecomeescort,insomma.

La campana suonerebbe a morto anche per i nostri giovaniarcheologi e storici dell’arte: fino ad ora le opere d’arte simuovevanoperprodurreconoscenzaecultura.Oranonpiù:pergestire questo mega-catering di arte italiana del passato nonoccorrerebberoricercatori,basterebberoiragionieri.

Del resto, chi ha avutoquestabellapensatanon sa cosa sia ildepositodiunmuseo.Leopere temporaneamentenonespostecostituiscono – con quelle esposte, con quelle ancora radicatesul territorio, nelle chiese o nei palazzi, e addirittura colpaesaggioecon l’ambiente–ununico, indivisibileorganismoche si capisce solo venendo in Italia. Senza contare che seavessimo approvato questa norma cento anni fa, avremmonoleggiato quasi tutti i nostri Caravaggio, allora ancora nonstudiatiedesposti.

Masiamogiàoltre:noleggiamoormailestessecittà.AFirenze,dove è possibile affittare gli Uffizi per una festa privata (permiseri diecimila euro), il sindaco sequestra Ponte Vecchio aifiorentini,elotrasformainlocationperunafestadellaFerrari.Ecco il progetto politico dell’aspirante leader della sinistraitaliana:unpiccologruppodisuper-ricchichesiappropriadeibenicomunimentreibuttafuoritengonoallalargaicittadini.

Piùingenerale,noncirendiamocontochefissandounprezzo,inevitabilmenteinadeguato,perciòcheabbiamodipiùpreziosodistruggiamo ogni possibilità di una leadership internazionaledell’Italiabasatasullacondivisionegratuitadellacivilizzazione,ecipresentiamo invececomeunPaese senzaprincìpi e senza

futuro,ridottoaviverediespedienti.

O, Opere

Dipinti,sculture,architetture.Maanchepoesie,romanzi,trattatifilosofici.Epoil’Operapereccellenza:quellalirica.Istituzioniche sfidano i secoli: le Opere, che mantengono in vita lecattedrali.El’OpificiodellePietreDureaFirenze,matricedeimodernicentridirestauro.Persecoli,anzipermillenni,l’arteèstatasinonimodicreazione,nondicontemplazione;èstataunmodopercambiareilmondo,nonperfuggirne;èstatailcentroeilculminedell’attivitàumana,nonunsuperfluobaloccodeglisfaccendati.Poesiavienedapoiein: fare,operare.Eciòche lapoesia fa, se davvero è poesia, è cambiare per sempre chi laconosce.

Guardando indietrosiamoancoradispostia riconoscereche le operedell’artesianostatepiùgrandieimportantiaddiritturadi quelle della politica: per questo ricordiamo piùMichelangelo cheGiulioII,piùCaravaggiocheFrancescoMariaDelMonte, più Tiepolo che il principe vescovo di Würzburg. E questo benché i primi operassero grazie alla volontà e al denaro dei secondi: un fiume di denaro, non di rado pari, o (come nella FirenzedelRinascimentoonellaRomabarocca)addirittura

superioreaquelloriservatoallaguerra.

Ma oggi non siamo disposti a riconoscere all’arte, e alpatrimonio culturale in genere, un ruolo ‘operativo’: chiconsacralapropriavitaaquesteattivitàvienetolleratocomeuninutileeccentrico in fugadal reale.Ealpatrimonio toccano lebriciolecadutedaunbilancioconcentratosututt’altro.

Tuttoquestoaccadeancheperchésulnostrorapportoconl’artedelpassatostendelasuaombracondizionantelaprofondissimafratturacheseparal’artedegliultimidecennidaquellachesièsviluppata nei secoli precedenti. Il secolare cammino che haliberatol’artedaqualunquefunzioneequalunquecontenutohaavutounprezzo.Quelprezzoèstatolariduzionedell’arteaunadimensione meramente soggettiva, il che – ha scritto EdgarWind–«nonfaperdereall’artelasuaqualitàdiarte,malefaperdere il suo legame diretto con la nostra esistenza: l’artediventaunasplendidasuperfluità»(Arteeanarchia,Adelphi).

Larifondazionedellafunzionepoliticaesocialedelpatrimonioculturale sancita dall’articolo 9 della nostra Costituzione haavviato un processo contrario: un processo di‘risemantizzazione’democraticadell’artedelpassato.

La nostra sfida dev’essere coltivare questo processo, fino avedere le opere d’arte non come feticci nati permorire in unmuseo, ma come nervi della nostra vita civile e della nostraoperapubblica.Cioècomemattonivividellapolis:ovverodellapoliticaintesanelsensopiùalto.

P, Pubblico e Privato

«Che cosa significa ‘privatizzazione’? Sottrae allo Stato lacapacitàe la responsabilitàdi rimediareallecarenzenellavitadelle persone; elimina il peso di quelle stesse responsabilitàanche dalla coscienza dei cittadini, che non condividono piùl’onere dei dilemmi comuni. Tutto ciò che resta è l’impulsocaritatevole derivante da un senso di colpa individuale […]Abbiamo buoni motivi per ritenere che questo impulsocaritatevolesiaunarispostasempremenoadeguataallacarenzadi risorse distribuite inmaniera diseguale nelle società ricche.Così, anche se la privatizzazione fosse il successo economicochelevieneattribuito(edecisamentenonloè),rimarrebbeunacatastrofe morale in fieri» (Novecento, Laterza). Non sonoparole di un residuale comunista italiano, ma di uno storicoinglese di famiglia ebraica divenuto uno dei più autorevolistudiosi e intellettuali americani contemporanei, Tony Judt.Oggi, infatti, il dibattito pubblico americano riconosce – sonoancora parole di Judt – «l’incapacità del mercato e degliinteressiprivatidioperareavantaggiodellacollettività».

In Italia, invece, una classe dirigente rimasta alle parole

d’ordine dell’epoca Thatcher e Reagan, rilanciate in quella diTonyBlair,propugnala«privatizzazione»comelapanaceadelpatrimonio culturale. L’unica salvezza sarebbe la singolaresperanza che l’interesse pubblico sia garantito dagli interessiprivati: ilmodello daperseguire sarebbequello della cessionedelbranddelColosseoall’imprenditorechenepagailrestauro.Di più: allo Stato dovrebbe rimanere solo la tutela,mentre lagestionedovrebbeessereaffidataaiprivati,conosenzafinidilucro.

La morte del governo pubblico del patrimonio è statalargamente annunciata: è il risultato del doloso sotto-finanziamento che mirava proprio a rendere inefficiente ilsistemacheoggisivuoleprivatizzareperché–guardaunpo’–divenutoinefficiente.

Macosì–sottoponendoloalmercato,all’interesseprivatooallacharity di ricchi signori annoiati – il patrimonio culturaleaumenterà, rappresenterà, celebrerà l’intollerabilediseguaglianzacheèilprincipaleproblemadelledemocrazie(e,come ha dimostrato Joseph Stiglitz, anche delle economie)occidentali.

La cultura, cioè, cesserà di essere la possibile soluzione, perdiventare parte integrante del problemaprincipale della nostraepoca.

Q, Qualunque

Atuttii livellieovunqueinItalia,perlavorarenelpatrimonioculturalenonservealcunacompetenza:anzivabenequalunqueincompetenza.

Anzi,vabenissimo‘laqualunque’.

Aunabrillantelaureandainegittologiadobbiamoconsigliaredisposare il presidente di una importante azienda: forse cosìdirigerà un museo egizio. A una contemporaneista dovremoaugurare di segnalarsi in un talk show politico, diventare unascialbaministradeiBeni culturali e finirequindi, rottamata, apresiedere il più importante museo d’arte contemporanea delPaese.DiungiovanestudiosodiSeicentopossiamosperarechediriga, in forza della vicinanza a un movimento religioso, ilmaggior telegiornale del servizio pubblico, e forse dopo lovedremoaguidareunareggiabarocca.

Nell’attesa potranno fare qualche concorso per curatori eresponsabili del patrimonio negli enti locali: dove scoprirannoche le loro lauree, specializzazioni e dottorati di ricerca nonservono a nulla, perché nessuno di questi concorsi richiede

alcun titolo specifico.Oppurepotrannoelemosinare supplenzeinunascuolacheconsideralastoriadell’artemenoimportantedell’oradireligione.

Intanto, nei media italiani la storia dell’arte è ridotta abufalificio in servizio permanente effettivo: una disciplina perla quale non serve alcuna competenza specifica, che è allamercédelprimochepassa,echepuòessersottomessaebattutacondisprezzo.PerfinolatestimonianzaarrivatadalverticedellaRepubblicainoccasionedellaformazionedelgovernoMontièstatadesolante: l’unicoministronon ‘tecnico’ fu infattiquellodei Beni culturali. È stato naturale mettere un prefetto agliInterni,undiplomaticoagliEsteri,unavvocatoallaGiustiziaeunammiraglioallaDifesa:malatuteladelpatrimoniostoricoeartistico della nazione non è stata affidata a uno storicodell’arte, o a un archeologo, bensì a uno scienziato dellapolitica, il quale ha poi pensato bene di moltiplicarel’incompetenzaintornoasécomesesitrattassedipaniepesci.

E intanto un nonmeglio qualificato pubblicista, noto solo peressere stato il fondatore del memorabile movimento degliEcologisti Liberali (confluiti in Forza Italia nel 2008), scavanelle chiese di Firenze per cercare le ossa della Gioconda, eportaintrionfosulvelierodiCesarePrevitileritrovateossa‘di’Caravaggio.

Tra gli applausi universali: anzi, tra gli applausi dellaqualunque.

R, Ricerca

Seunmuseosmettedifarericerca,diventaundepositodirobavecchia.

Latutelanonèunfine:ilfineèlaconoscenza.Unaconoscenzadiffusa, democratica, accessibile: ma che per essere davveroconoscenza deve essere fondata sul rinnovamento continuodella ricerca, non sulla divulgazione da cassetta del circomediatico. Ma i musei italiani devono preoccuparsi dellebollette della luce, e delle infiltrazioni d’acqua dal tetto: altrochericerca!

Eppure è questo il cuore di ogni futuro possibile per ilpatrimonio artistico italiano. Pensate ai grandiosi edifici cheabbiamoereditatodall’anticoregime,echeogginonsembranoavere alcun senso se non quello di diventare scatoloni,locations, contenitori di un commercialissimomarketing dellacultura.Unaltrodestinosarebbepossibile: se solo si avesserol’intelligenza,l’onestà,ilcoraggiodiprovarci.

Per esempio, Venaria Reale potrebbe diventare la sede di uncentro di ricerca sulla società di corte nell’antico regime, la

VillaRealediMonzanepotrebbeospitareunosulneoclassico,la Reggia di Colorno, in Emilia, uno sulla storiadell’alimentazione, l’ex manicomio della Villa mediceadell’Ambrogiana uno sulla malattia mentale, Villa Lante aBagnaia uno sulla cucina, Badia Morronese a Sulmona unosulla vita religiosa, la Reggia di Caserta uno sull’arte deigiardini e così via. Centri di ricerca dipendenti da unDipartimento a cavallo tra Ministero dei Beni culturali edell’Istruzione,pienidigiovanistudiosieinconnessioneconleuniversità.

Unadirezionechenonescluderebbeaffattol’aperturadiquestimonumenti al turismo (come i Reales Sitios spagnoli, o iCastelli francesi), ma anche alla vita culturale e sociale dellecomunitàlocali.

Un progetto con un costo, certo: ma un costo infinitamenteinferiorediquellochecomportalasciarliandareindecadenzaepoirestaurarlimantenendolicomelunaparkdiStato.

Eidividendidiinclusionesociale,sviluppoterritorialemediato,crescitacivile,occupazionequalificata sarebberoaltissimi:piùo menoquelliovviedoverosiperilPaeseche,nonostantetutto,èl’Italia.

Paesaggio, patrimonio, ricerca, conoscenza, cultura,cittadinanza: non era forse questo il progetto dellaCostituzione?

S, Società di servizi

Il modello alternativo a quello, costituzionale, della ricerca èquello delle concessioni alle società di servizi.A partire dallapessimaleggeRonchey,aquesteultimesonostatiappaltatinonsololaristorazione,lelibrerieoinegozideimuseiitaliani(conesiti, come è noto ad ogni turista, disastrosi), ma anchel’organizzazionedellemostre,enondiradolacomunicazioneela divulgazione. Il risultato è che oggi i veri padroni delpatrimoniononsonoicittadini,etantomenolesoprintendenzeo i ministri dei Beni culturali, ma poche e potentissimeconcessionarie:Civita (presiedutadaGianniLetta), con la suagemmazione romana Zetema e la sua controllata fiorentinaOperaLaboratori,epoiElectaeCoopculture.

Unesempioeloquentedeifruttidiquestomodelloèlascalatadi Opera Laboratori al patrimonio artistico senese: dopo essersi fattacedereunramod’aziendadall’OperadelDuomo(unente conquasi900annidivita!), lasocietàdiCivitahaottenutola gestionedelcomplessomonumentaleepoloespositivodiSanta MariadellaScala,equindiquelledellaTorredelMangiaedel Museocivico:aunprogettocivileedemocraticosubentrala

strategia di marketing di una società con fini di lucro che siaccaparratuttiisimbolicivici,organizzandovieventidicassettaavaloreaggiuntoculturalepariazero(comel’esibizionediunCaravaggio nel totalmente irrelato sotterraneomedioevale delDuomo).

Ma è possibile che il patrimonio possa servirecontemporaneamente a produrre reddito privato e conoscenza,cultura e cittadinanza pubbliche? L’esperienza degli ultimivent’annidicechenonsipuòservireaduepadroni.Difatto,lacessioneasocietàprivateconfinidilucrodiunapartecospicuadellagestionedelpatrimoniomusealeitaliano, ivicompresaladidattica e le «attività culturali», ha segnato una cesura(decisiva quanto poco avvertita) nella storia del patrimonioitaliano: e in senso radicalmente anticostituzionale. A quellasvoltasidevel’avviodellamacchinamilionariadimostretrash(dai titoli goffamente televisivi come Gli impressionisti e laneve, Raffaello verso Picasso,Michelangelo contro Pollock)che si alimenta, da anni, con opere pubbliche, senza produrrealcunprofittointerminidiconoscenza,culturaericerca.

Qui si è avverata alla lettera la mortifera metafora delpatrimoniocomepetroliod’Italia:leconcessionidelpatrimonioaiprivati(ingestionepermanente,ocomemateriaprimaperlemostre)configuranounarenditadi tipomonopolistico,comeètipico delle economie basate sull’estrazione di materie primenonrinnovabili,specieneiPaesinonsviluppati.

Ciò chequellametaforanondice è che il reddito ricavatodalpatrimonio è tutto privato: socializzazione delle perdite(manutenzione, conservazione, tutela), dunque. E

privatizzazionedegliutili.

T, Tutela

Allosfruttamentoafavoredipochi,siopponelatutela:cheèafavoreditutti(viventi,passati,futuri).

IlgridodiLorenzoGhiberti rifonda lastoriadell’arte italiana:«AdunquealtempodiCostantinoimperatoreediSilvestropapasormontò su la fede cristiana. Ebbe la idolatria grandissimapersecuzione, in modo tale, tutte le statue e le pitture furonodisfatteelacerateditantanobiltàedanticaeperfettadignità,ecosì si consumarono, colle statue e pitture, volumi ecommentarii e lineamenti e regole (che) davanoammaestramento a tanta ed egregia e gentile arte»(Commentariosecondo).

Saràpropriolatragicaconsapevolezzadellascomparsadell’artee della civiltà antiche a piantare nel nucleo profondo dellacoscienza storica italiana l’imperativo della conservazione. Ladistruzionedell’anticohamessounacosìprofondanostalgianelcuoredegliitaliani,cheessihannoavutopacesolosalvando,oprovandoasalvare,ciòchehannosempreavvertitononcomeilloropassato,macomeilsemedellorofuturo.

Se l’Italia è quello che è lo dobbiamo alla caparbiadeterminazione a lottare contro la morte inflitta dal tempo edagli uomini.GiorgioVasari racconta che si decise a scrivere«conoscendo, non solo con l’esempio degli antichi, ma de’moderni ancora, che i nomi di moltissimi vecchi e moderniarchitetti,scultoriepittoriinsiemeconinfinitebellissimeopereloro in diverse parti di Italia si vanno dimenticando econsumandoapocoapocoediunamaniera,perilvero,cheeinonsenepuògiudicarealtrocheunacertamortemoltovicina»(Vite,proemio).

UnfilodirettounisceGhiberti,Vasariegliuominie ledonneche dopo l’ultima guerra hanno voluto che le nostre cittàrisorgessero dov’erano e com’erano: e quel filo porta oggi acolorochelavoranonellatrinceadellesoprintendenze,umiliatidaunostipendiodafameedallapovertàdeimezzi.

Nonostante tutto, la tutela del patrimonio tramanda l’identitàculturaledellaNazioneperfino inunpossibile futuro incui laRepubblica ceda parti consistenti della propria sovranità, peresempio, a un’ipotetica Unione politica dell’Europa: la tuteladella Repubblica è una custodia, che promette al patrimoniostoricoeartistico,eallaNazionestessa,unavitafutura.

La Repubblica «tutela», decise la Costituente. Di fronteall’oscillamento semantico (si alternavano i concetti di«vigilanza» e «protezione»), il deputato Tristano Codignolaaffermòperentorio, il30aprile1947:«LoStatononprotegge,tutela».Mentre ilconcettodi‘protezione’ha inséqualcosadiinevitabilmente episodico e puntuale (si pensi alla ProtezioneCivile),la‘tutela’nonèemergenziale,masistematicaedunque

preventiva e programmata (come ha insegnato GiovanniUrbani,ecomenonriusciamoafare).

LaRepubblicatutelailpatrimonioattraversolaconoscenza, laculturaelaricercascientificaetecnica:etutelailpatrimonioinquanto, a suavolta,generatoredi conoscenza, cultura, ricerca.Inunaparola:dicittadinanza.

U, Ultimi

Nel 1973 il patrimonio era ancora una parte della PubblicaIstruzione: quarant’anni dopo, nel 2013, si fonde con ilTurismo. La distanza che separa queste due visioni dellafunzione del patrimonio è anche la misura della nostralontananza dal progetto della Costituzione. Nell’opinionecomune dei nostri giorni è implicito, ovvio, scontato che idestinatari,ifruitori,ifrequentatoridelpatrimoniosianoclientia pagamento: persone che possono dedicare il loro tempo e illoro denaro al piacere del turismo. I primi, insomma:l’oligarchia,esevabenel’ormaiquasiestintaclassemedia.

Ma questa visione, in un Paese in cui le differenze sociali siradicalizzano, lascia fuori una grande parte dei cittadini. Elascia programmaticamente fuori gli ultimi: quelli che, nellaprospettiva dei princìpi fondamentali della Costituzione,avrebberoinvecepiùdirittodeglialtriasvilupparepienamentela loroumanità,aveder rimuovere,dapartedellaRepubblica,gli ostacoli all’eguaglianza.Anche attraverso il paesaggio e ilpatrimonio,cheoraappartengonofinalmenteanchealoro.

Èvitale,dunque,invertirelarotta.

Identificare il patrimonio con i grandi musei frequentatissimidaituristinonèsolounabestialitàculturale:èancheuncriminesociale,perché taglia fuori ilpatrimoniodiffuso,ecioèquellochepiùpotrebbelavorareperilriscattodegliultimi.Eridurrelapolitica culturale agli eventi a pagamento non è solointellettualmente desertificante, è anche un modo per nonaffrontare ilveronododiunaverapoliticaculturale,ecioè larestituzionedeglispazipubblicistoriciaicittadini,especieagliultimi.

Così,èsacrosantolottarepersalvareicentristorici(chesonoilvero capolavoro della storia italiana: un’opera d’arte abitata,come un corallo vivo), ma è nelle periferie che si gioca ildestinodelleprossimegenerazionidiitaliani.

Come ha provato a fare la Francia con la fondazione di unsecondo Louvre nella cittadina postindustriale e depressa diLens, anche il patrimonio culturale italiano deve nutrire lasperanza di correggere, redimere, rendere umani e civili glispaventosi cimiteri verticali dei vivi che abbiamo costruito.ALensnonsi èorganizzatounnumerodacirco,un’esposizionetemporaneadicapolavori: siècostituita inveceunasezionedimuseo,cioèunistitutodiricercapienodigiovanistudiosi,oltreche di opere d’arte. Ed è proprio qua la speranza di riscatto:nellaconoscenza,enellasuaforzagenerativa.

Quando vedremo i secondi Uffizi alle Piagge, il secondoCapodimonteaScampia?SaremocapacidiimmaginarenonlaGrandeBrera come trastullo dei ricchi,ma un pezzo diBreracomemotoredelriscattodiSanDonatoMilanese?

Lasfidaèquesta,lapostaingiocoaltissima.

V, Vandali

«Ma perché ci doleremo noi de’ Goti, Vandali e d’altri taliperfidi nemici, sequelli li quali comepadri e tutori dovevanodifenderquestepoverereliquiediRoma,essimedesimihannolungamente atteso a distruggerle?» I veri vandali siamo noi,scriveva Raffaello a papa Leone X nel 1519: i vandali ce liabbiamoincasa,hascrittoAntonioCedernanel1956.

Eoggi?Oggivamoltopeggio.

Il paesaggio, il territorio, l’ecosistema, sono oggetto di unattacco senza quartiere. SalvatoreSettis ci ha ricordato che insoliquindicianni,trail1990eil2005,abbiamocementificatoquasiil18percentodelsuoloagricoloitaliano:unasuperficiepariaquelladiLazioeAbruzzo.Dal1955al2001laporzioneedificatadelnostrosuoloèaumentatadel500%:siècostruitocinque volte più in questi ultimi cinquant’anni che nei ventisecoliprecedenti.Ivandalisiamonoi.

E questo senza contare l’abusivismo: che ha sfigurato persempre luoghi incantati come l’Appia antica a Roma, o laCostieraAmalfitana.Glieternicondoni,iPianiCasaelacorsa

al mattone come unica, arcaica, prospettiva di sviluppoeconomico hanno trasformato il «Paese più bello delmondo»(Stendhal)inun’immensaperiferia.Ivandalisiamonoi.

Epoic’èilgenocidiodelpatrimoniostoricoeartistico:furtiecrolliquotidianamentecancellanopersempreinteribranidellechiese del centro di Napoli. Di fronte agli occhi scorrono leimmagini desolanti dell’abbandono della mirabile CataniabaroccaodiCosenzavecchia,delcentrodell’Aquila(dicuisiaspetta invano una ricostruzione anche civile), dei crolli dellaDomus Aurea e delle Mura aureliane a Roma, dell’anticoTempio diMitra aMarino allagato dai liquami durante lavoriedilizi: e mentre Pompei si sgretola pioggia dopo pioggia, labiblioteca napoletana dei Girolamini viene devastata esaccheggiata dal suo direttore, braccio destro di MarcelloDell’UtrieconsiglieredibendueministriperiBeniculturali.

Ivandali,ancoraunavolta,siamonoi.Unanotiziaterribile,maancheunmotivodisperanza:stasoloanoiinvertirelarotta.

Siamonoiadoverciconvertire:sevogliamosopravvivere.

Z, Zenit

Chi prova a difendere il patrimonio culturale viene di solitotacciatodipassatismo,misoneismo,mancanzadicoraggio.

Iocredoesattamenteilcontrario.Aidolatrareilpassato,anoncrederenelfuturoèinvecechipropugnalavitadirenditacomel’unicaeconomiapossibileperilnostroPaese.

Chi fasciacallaggiocolmarketingdell’inesistenteBattagliadiAnghiariedelleossafasullediMonnaLisa,ochivorrebbeperigiovani veneziani solo una vita da camerieri in una torre diduecentocinquanta metri che sfregia la Laguna: ecco chi noncredenelfuturo.Unaclassedirigentetantoconvintachelozenitdellastoriad’Italiasiasepoltonelpassatodavolercifarviveretutti come indolenti ereditieri di quella grandezza passata eperduta.

Io non lo credo. Sotto la cenere di un Paese distrutto dallacorruzione e dal tradimento dei più anziani, cova il fuoco delfuturo.Iononcredocheabbiamonecessariamenteallespallelozenit della storia italiana: la bellezza naturale e artistica diquestoPaeseèstata trasformatadallaCostituzione inuna leva

potentepercostruireunfuturononmenodegno.Edèaquestoprogettochedobbiamo,finalmente,porremano.

George Orwell racconta che i miliziani antifranchisti dellaguerra civile spagnola, pur abbrutiti da una disumana vita ditrincea, usavano come parola d’ordine notturna anche questa:«Cultura–Progresso» (OmaggioallaCatalogna,Mondadori).Possibile che una nazione in condizioni incomparabilmentemigliori, come l’Italia di oggi, non riesca a dire se non:«Mercato–Regresso»?

Ma–comegridavanoicartellideglistudentidistoriadell’artenapoletaniaccorsi il5maggio2013 tra lemaceriedell’Aquilaabbandonata – «non c’è più tempo per aspettare domani». Sevogliamo cambiare la condizione presente delle cose, ilmomentoèora.

LasfidaveraèdimostrareconifatticheloStatoesisteancora.Non lo Stato persona giuridica astratta: lo Stato comunità, lacollettività. Noi tutti. Dobbiamo dimostrare di saper fare ilnostro stesso, vero interesse: l’interesse di tutti, l’interessepubblico.

Il primo, urgentissimo passo è una riforma radicale delMinisteroperiBeniculturali:eisegnaliinviatidaunministrocome Massimo Bray lasciano credere che questo sia,finalmente,possibile.

È necessario ridurre drasticamente la pletora di dirigenti romani, e invece ampliare, rafforzare, finanziare la struttura territoriale. Bisogna creare un dipartimento ‘ricerca ed educazione al patrimonio’.Occorre puntare ai cinquemiliardi annuidifondiperlacultura,ecomunqueriportarne,prima

possibile, il bilancio a livelli antecedenti al 2008. È vitaleinviare subito un segnale di inversione di tendenza: salvandoPompei,ericostruendol’Aquila.

Ma lapartitaper il patrimonio culturalenon si gioca enon sivincesoloalMinisteroper iBeniculturali:sigiocaesivincenel Paese. Nelle scuole e nelle università, sui giornali e inParlamento: nel discorso pubblico e nella coscienza profondadegli italiani. È lì che bisogna ricominciare a mettere ilpatrimonio culturale tra i princìpi fondamentali di un’Italia daricostruire.Piùgrande,piùgiusta,piùumanadiquantononsiamaistata.

Ilmeglio della nostra storia può ancora venire:ma dobbiamofarelanostraparte.