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PATHOS Depressione e Psicosi 14 - 16 Giugno 2012 Siracusa, Grand Hotel Villa Politi Università degli Studi di Catania Scuola di Specializzazione in Psichiatria U.O.P.I. di Psichiatria A.O.U. Policlinico Vittorio Emanuele, Catania Società Italiana di NeuroPsicoFarmacologia Società Italiana di Psichiatria

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14 - 16 Giugno 2012Siracusa, Grand Hotel Villa Politi

Università degli Studi di CataniaScuola di Specializzazione in Psichiatria

U.O.P.I. di Psichiatria

A.O.U. Policlinico Vittorio Emanuele, Catania

Società Italiana diNeuroPsicoFarmacologia

Società Italiana diPsichiatria

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Università degli Studi di CataniaScuola di Specializzazione in Psichiatria

U.O.P.I. di Psichiatria

A.O.U. Policlinico Vittorio Emanuele, Catania

Società Italiana diNeuroPsicoFarmacologia

Società Italiana diPsichiatria

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Giovedì, 14 giugno 2012

14:30 Registrazione

15:00 Saluto delle Autorità

15:30 Lettura Magistrale (Introduce Rocco Zoccali) Plasticità neuronale e cervello sociale: il “linguaggio dei dendriti” Giovanni Biggio

16:30 Lettura Magistrale (Introduce Eugenio Aguglia) Psychiatry and social responsibility Driss Moussaoui

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Venerdì, 15 giugno 2012

Disturbi dell’umore

Moderatori: Giuseppe Fichera - Salvatore Varia

09:00 Lettura Magistrale (Introduce Enrico Di Rosa) Demoralizzazione Carlo Maggini

09:45 Depressione melanconica: la “vera” depressione? Giovanni Muscettola

10:30 Discussione

11:00 Coffee break

11:30 I temperamenti affettivi come base dei disturbi psichiatrici Andreas Erfurth

12:00 Lettura Sponsorizzata (AstraZeneca) La fase eutimica del disturbo bipolare Giuseppe Maina

12:15 Psychoeducation in bipolar patients Francesc Colom

13:30 Lunch

Schizofrenia

Moderatori: Daniele La Barbera, Michele Lo Magro

14:30 Remission e recovery nella schizofrenia Bernardo Carpiniello

15:15 The burden of cognitive dysfunction Gabriela Sachs

16:00 La riabilitazione congnitiva della Schizofrenia: principi teorici ed esperienze applicative Antonio Vita

16:45 L’aderenza al trattamento del paziente schizofrenico all’epoca degli antipsicotici long-acting di seconda generazione Guido Di Sciascio

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Sabato, 16 giugno 2012

La responsabilità professionale dello Psichiatra

Moderatori: Filippo Drago - Giancarlo Nivoli

09:00 Adeguatezza trattamentale, lavoro in équipe, responsabilità professionale Roberto Catanesi

09:30 Salute in carcere: implicazioni cliniche e prevenzione degli atti autolesivi Massimo Clerici

10:00 How can psychiatrists predict violence in their patients? Seena Fazel

10:30 Coffee break

11:00 Aspetti psichiatrico forensi del disturbo bipolare e responsabilità dello psichiatra Liliana Lorettu

11:30 La posizione di garanzia nella gestione territoriale del paziente psichiatrico Claudio Mencacci

12:00 Discussione

12:30 Questionario ECM e chiusura dei lavori

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Giovedì, 14 giugno 2012

Lettura Magistrale Plasticità neuronale e cervello sociale: il “linguaggio dei dendriti”

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Giovanni BiggioProfessore Ordinario di NeuropsicofarmacologiaUniversità degli Studi di Cagliari

Le più sofisticate ricerche di neurobiologia sperimentale e clinica attraverso gli studi di “Brain Imaging” (fMRS e microscopia confocale) hanno inconfutabilmente dimostrato che il cervello è un organo dinamico e i neuroni cellule ad elevata plasticità. Più di recente numerosi studi hanno dimostrato che la plasticità cerebrale è mol-to sensibile alle interazioni sociali. Un grande ed intenso network sociale è in grado di modificare il trofismo neuronale e la capacità dei dendriti di esprimere le spine e quindi le nuove sinapsi, fenomeno particolarmente sviluppato nell’età dello sviluppo. Infatti, in seguito ad elevate ed intense interazioni sociali le immagini delle aree cerebrali e dei neuroni dimostrano straordinarie modificazioni morfologiche in specifiche aree cerebrali associate ai processi di apprendimento, memoria, motivazioni, fenomeno che si riduce con l’invecchiamento.Queste evidenze verranno discusse in funzione della vulnerabilità alla patologia e degli stili di vita capaci, at-traverso meccanismi epigenetici di aumentare e ridurre questa vulnerabilità.

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Giovedì, 14 giugno 2012

Lettura MagistralePsychiatry and social responsibility

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Driss MoussaouiProfessor and Chairman, Department of PsychiatryIbn Rushd University Psychiatric Centre, Casablanca, MoroccoDirector of a World Health Organization (WHO)

A psychiatrist is a medical doctor dealing with diagnosis and treatment of mental patients. The patient is im-mersed in a society with a given culture. A good psychiatrist must take into account the family, the social and cultural environments in the diagnostic and therapeutic processes. The ethical part of this relationship is im-portant within the vast project of democratization of society. Access to care for the neediest of patients and in the remotest regions of the country is also important.As promotion of mental health and prevention of mental disorders is part of the job description of all psychia-trists, it is essential to address also the social risk factors of mental disorders (poverty, migration from rural to urban areas, illiteracy, poor housing, and domestic violence, among others). As a citizen and as a specialist, the psychiatrist should use the civil society channels to inform and advocate about the best way to prevent men-tal disorders and develop a better way of living. This includes sharing knowledge about good parenting, school mental health, promotion of healthy behaviours.Since Rudolph Virchow, some doctors think, rightly, that involvement of doctors in politics (“management of the city”), is an obligation, as most of the causes of illnesses have strong social roots.

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Lettura MagistraleDemoralizzazione

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Carlo MagginiProfessore Emerito di PsichiatriaUniversità degli Studi di Parma

Nonostante la mancata inclusione nella tassonomia ufficiale (DSM-IV e nell’ICD-10) il termine demoralizzazione è stato accolto nel lessico psichiatrico e non sono mancati i tentativi di darne una definizione concettuale ed operativa.L’utilità di questo concetto riposa innanzitutto nella possibilità di identificare (in positivo) all’interno della affettività condizioni spesso semplicisticamente ricondotte nel cono d’ombra della depressione .Peraltro è alla mancata differenziazione tra depressione e demoralizzazione che vari AA. riconducono lo sper-pero di risorse economiche e la non corretta applicazione delle terapie in psichiatria.Questo concetto propone, inoltre, un’inversione di tendenza nei confronti della scotomizzazione dei problemi psicologici del paziente per l’esclusiva attenzione riservata alla sindrome clinica da parte della psichiatria at-tuale inaugurando nuove prospettive in senso conoscitivo (approfondimento della realtà psico-patologica del paziente e dei rapporti in lui esistenti tra malattia e disabilità),teorico (possibilità di elaborare un modello in-terpretativo di alcune condizioni di sofferenza morale che si manifestano in risposta ad eventi stressanti o che si sovrappongono a varie malattie di interesse medico e psichiatrico),ed operativo (il ricorso ad interventi di tipo psicologico in associazione o in alternativa a quelli somatici ;possibilità di formulare un giudizio prognostico più accurato in ispecie quando la demoralizzazione si sovrappone ad una malattia di tipo interni stico-chirurgico o psichiatrico). L’utilità clinica del concetto di demoralizzazione per gli operatori di salute mentale scaturisce dagli elevati indici di frequenza di questa condizione nella popolazione generale (documentati dagli studi epi-demiologici e dal riscontro che il principale motivo di richiesta di aiuto psicologico-psichiatrico è costituito non già dalla presenza di un disturbo specifico bensì dalla demoralizzazione che ,in accordo al pensiero di Frank,può essere adeguatamente trattata con il ricorso ad interventi psicologici anche aspecifici tesi a far recuperare la fiducia e il morale e ad attivare più adeguati meccanismi adattivi. Le implicazioni diagnostiche e terapeutiche dell’applicazione di questo concetto alla “consultation-liaison psychiatry” e nella “palliative medicine“è di immediata evidenza stante l’elevata frequenza della demoralizzazione nelle patologie di tipo internistico e chirurgico e le sue implicazioni in termini di sofferenza,disabilità e decorso del disturbo di base.

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Depressione melanconica: la “vera” depressione?

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Giovanni Muscettola Professore Ordinario di PsichiatriaUniversità degli Studi di Napoli

Il DSM-III nel 1980 decretava la scomparsa della depressione melanconica, diagnosi largamente accettata in letteratura fino ad allora secondo l’ipotesi di un modello binario di depressione (endogena/melanconica Vs re-attiva/non melanconica). Attualmente i criteri diagnostici del DSM-IV TR prevedono la specificazione “con manifestazioni melanconiche” attribuibile sia alla depressione maggiore che al disturbo bipolare; solo tre sintomi caratterizzano il sottotipo melancolico (depressione peggiore al mattino, risveglio precoce, modificazione dell’appetito solo in difetto)tutti gli altri sintomi sono comuni a quelli della depressione maggiore. La scelta di tale specificazione di fatto è giustificata solo in termini di gravità maggiore o come nadir di una condizione depressiva.Il risveglio precoce e la condizione depressiva peggiore al mattino, anche se frequenti, potrebbero essere unica-mente indicativi di una cattiva qualità del sonno notturno (incubi) che facilita anche ideazione e intenzionalità sucidiaria (Argagun,’07). Disturbi della psicomotricità ed anedonia secondo alcuni autori rappresentano i sintomi core della depressione melanconica (Parker,’95; Leventhal,’05), mentre la forma non melanconica sembra essere caratterizzata da fattori quali ansia, irritabilità, ostilità (Parker,’99).Anche il profilo delle funzioni cognitive appare molto più compromesso nei pazienti con depressione melanco-nica rispetto a quelli diagnosticati come non melanconici (Withall,’09).Anche le differenze in parametri neurobiologici e genetici suggeriscono la necessità di ritornare alla distinzione tra forme melanconiche e non melanconiche della depressione, abbandonando il criterio unico della gravità sintomatologica. La sperimentazione psicofarmacologica ( ed esempio, la problematica elevata risposta placebo nei trial clinici) e le strategie di trattamento farmacologico potrebbero notevolmente giovarsi di una rivaluta-zione della forma melanconica come forma diagnosticamente autonoma e clinicamente centrale tra i molteplici disturbi depressivi.

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I temperamenti affettivi come base dei disturbi psichiatrici

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Andreas ErfurthHead of Psychiatric DepartmentOtto-Wagner-Spital, Vienna, Austria

Temperament has been shown to influence the psychopathology and the course of affective disorders. We have examined the impact of temperamental traits on different psychiatric disorders, such as somatoform disorders, eating disorders, alcoholism and opiate addiction. With the briefTEMPS-M a quick and valid assessment of temperament is possible. The dimensions of alcohol dependence were assessed by means of a computerized structured interview, the Lesch Alcoholism Typology.High scores in cyclothymic temperament were associated with a negative course of the disease and highly over-lapped with the Lesch IV subtype of alcoholism. In a parallel study 101 consecutive patients with opiate addiction treated at the Oum El Nour Rehabilitation Hospital in Lebanon were examined. The high overlap of the Lesch IV subtype and cyclothymic temperament was confirmed.Therapeutic consequences of the findings are discussed.

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Lettura SponsorizzataLa fase eutimica del disturbo bipolare

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Giuseppe MainaProfessore Associato di PsichiatriaUniversità degli Studi di Torino

La fase di remissione degli episodi acuti nel disturbo bipolare è parte della psicopatologia maniaco-depressiva: ‘fase eutimica’ è infatti definizione preferibile a ‘intervallo libero’, perchè la remissione dell’episodio acuto non coincide generalmente con il pieno recupero del funzionamento lavorativo e sociale né con una buona qua-lità di vità. Oltre a sintomi residui, soprattutto di tipo depressivo, il problema clinico più rilevante della fase eutimica è dato dalla presenza di altri disturbi che psichiatrici che in questa fase assumono maggiore pervasività sinto-matologica. Le indagini epidemiologiche riportano tassi di comorbidità elevati soprattutto di disturbi d’ansia e i disturbi da uso di sostanze. Il trattamento di tali disturbi è un problema clinico complesso e ampiamente dibattutto. Un’ipotesi di ricerca clinica, fondata su una concezione gerarchica della psicopatologia, considera questi disturbi come epifenomeni del disturbo bipolare e suggerisce di trattarli come manifestazioni bipolari residuali. Una serie di sperimentazioni cliniche controllate verranno presentate e discusse alla luce di queste considerazioni.Un altro elemento clinico che può concorrere a determinare una compromissione del funzionamento e della qualità di vita è il manifestarsi di collateralità dovute alle terapie a lungo termine. L’aumento di peso e la sin-drome metabolica sono le variabili più studiate negli ultimi anni. Anche su questo argomento verrà presentata e discussa una rassegna degli studi clinici più recenti.

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Psychoeducation in bipolar patients

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Francesc ColomHead of Psychoeducation andPsychological TreatmentsUniversity of Barcelona, Spain

The practice of psychotherapy is, and should be, constantly evolving. Our understanding of psychiatric disorders has dramatically grown in the last twenty years thanks to some key findings on their biological basis but also some key developments on our clinical knowledge. Moreover, a vast majority of severe psychiatric conditions that used to be considered as untreatable are today properly addressed thanks to the skyrocketing success of brand new drugs which allow our patients to reach some wellbeing, better quality of life and reduce suffering.Psychological treatments for severe psychiatric disorders have also evolved dramatically during the last decade. It has been a troublesome and winding road but, finally, psychological treatments have a central role –most of the times as an add-on to pharmacological treatment- in the daily management of severe psychiatric disorders.Psychotherapy is, nowadays, an evidence-based treatment which follows roughly the same rules and experi-ments which apply to other treatment modalities (medication, biophysical treatments). Models based on inspi-ration or subjectivity are left far beyond. This lecture will review the evidence-based psychological treatments which have shown prophylactic efficacy on bipolar disorders, focusing mostly in psychoeducation and its long-term efficacy. Novelties regarding the identificaction of predictors of response to psychotherapy will be presented. The lecture also includes a view on the limitations of psychological treatments for bipolar disorder and how this may lead future developments.

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Remission e recovery nella schizofrenia

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Bernardo CarpinielloProfessore Ordinario di PsichiatriaUniversità degli Studi di Cagliari

Negli ultimi anni. la consapevolezza delle aumentate possibilità terapeutiche grazie ai trattamenti integrati, psicofarmacologici e psicosociali, e le prese di posizione da parte di un vasto movimento di familiari ed utenti, sono state determinanti affinchè il recovery cominciasse ad essere considerato come obiettivo principale degli interventi. Benchè molti clinici rimangano scettici, molti gruppi di ricerca hanno iniziato a porsi il problema di quanto e in che misura il recovery fosse raggiungibile nella pratica clinica e quali ne fossero le determinanti o meglio i fattori predittivi. Per fare questo, il mondo scientifico si è dovuto cimentare con il problema di definire cosa fosse il recovery, ed in secondo luogo come misurarlo. Allo stato attuale non esistono definizioni univoche del concetto, con grandi e sostanziali differenze fra le definizioni provenienti dal mondo dell’associazionismo e quelle provenienti dal mondo scientifico. La psichiatria clinica, nell’accettare l’idea del recovery, si è in par-ticolare dovuta occupare di stabilirne una definizione che fosse poi traducibile in criteri operativi per valutarlo in maniera affidabile. Una serie di studi condotti soprattutto negli ultimi dieci anni , di cui verranno illustrati i principali risultati, ha dimostrato che il recovery è concretamente ottenibile in una non marginale quota di pa-zienti. Verranno infine riportati i primi dati derivanti da uno studio di decorso longitudinale prospettico relativo a pazienti affetti da schizofrenia e disturbi schizoaffettivi seguiti territorialmente.

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The burden of cognitive dysfunction

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Gabriela SachsMedical DirectorNeuropsychiatric State Hospital Wagner-Jauregg Linz AustriaMedical University of Vienna

While the presence of cognitive dysfunction in schizophrenia has been described early on (Emil Kraepelin called this diagnostic entity „dementia praecox“), neuropsychological impairments in other psychiatric disorders have traditionally been neglected by clinical psychiatrists.Recent research has been promoted by the development and validation of new assessments of cognitive fun-ctioning. Cognitive dysfunction has been demonstrated to be present in different pathologies including bipolar disorder, social phobia and obsessive-compulsive disorder.The implications of these findings for clinical practice are discussed.

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La riabilitazione congnitiva della Schizofrenia: principi teorici ed esperienze applicative

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Antonio VitaProfessore Straordinario di PsichiatriaUniversità degli Studi di Brescia

Numerose alterazioni neuropsicologiche sono state dimostrate nella schizofrenia, non solo nelle forme croniche ma anche all’esordio del disturbo.Inoltre esse si sono dimostrate rilevanti nel condizionare il livello di funzionamento psicosociale del paziente e la stessa efficacia degli interventi psicosociali messi in atto a suo favore. Recentemente sono stati proposti diverse strategie di intervento che si propongono di modificare, rimedian-doli, i deficit cognitivi dimostrati dai pazienti. In particolare, oltre all’approfondimento del ruolo dei nuovi antipsicotici nel controllo della sintomatologia cognitiva propria della schizofrenia, sono stati anche proposti interventi non farmacologici di riabilitazione cognitiva. Alcuni di tali interventi sono del tutto sperimentali, per lo più computerizzati; altri hanno trovato forme di applicazione clinica in programmi strutturati da condursi su individui singoli o su gruppi di pazienti. La relazione ne passa in rassegna caratteristiche, efficacia e limiti.

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L’aderenza al trattamento del paziente schizofrenico all’epoca degli antipsicoticilong-acting di seconda generazione

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Guido Di SciascioDirigente MedicoUOC di Psichiatria “G. Tamburro” A.O.U. “Consorziale Policlinico” Bari

La terapia farmacologica antipsicotica comincia oltre cinquanta anni fa con la introduzione della Cloropromazi-na; questo momento è, a giusta ragione, considerato la nascita della psicofarmacologia moderna.Fin dall’inizio i farmaci neurolettici hanno trovato nel trattamento della schizofrenia il loro precipuo campo d’ impiego.Purtroppo, a fronte di una innegabile efficacia, i neurolettici hanno mostrato dei grossolani limiti in termini di tollerabilità e di sicurezza, sia nel breve che nel lungo termine.Questo dato, peraltro ampiamente confermato dalla pratica clinica, ha spinto la ricerca farmacologica verso la formulazione di nuove molecole che potessero essere scevre degli effetti collaterali più nocivi, ed in particolare di quelli extrapiramidali e neuroendocrini.L’avvento dei nuovi antipsicotici, detti anche “atipici” per le loro innovative caratteristiche, ha permesso in larga misura di colmare questo limite.Gli antipsicotici atipici hanno consentito, a parità di efficacia, di poter disporre di composti più maneggevoli e soprattutto molto meglio tollerati.Purtroppo, nonostante questi vantaggi, assistiamo ancora a notevoli problemi di aderenza e continuità delle cure; per far fronte a tale limite, che condiziona pesantemente l’esito dei trattamenti, fin dagli anni ’60 sono state proposte le formulazioni long-acting dei neurolettici: più recentemente, anche tra i composti di seconda generazione, si sono affacciati sul mercato gli antipsicotici a rilascio prolungato, che possono rappresentare un enorme passo avanti nella cura dei pazienti psicotici anche con breve storia di malattia.

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Adeguatezza trattamentale, lavoro in équipe, responsabilità professionale

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Roberto CatanesiProfessore Ordinario di Psicopatologia forenseUniversità degli Studi di Bari

La responsabilità professionale dello psichiatra corre lungo binari che sostanzialmente ripercorrono i profili del-la responsabilità medica, ovvero l’obbligo di rispondere in sede penale e civile del danno cagionato a terzi per colpa e cioè per imprudenza, negligenza, imperizia, inosservanza di regolamenti, ordini e discipline.Il tema è divenuto di largo interesse anche in psichiatria ove, negli ultimi tempi, molto si è discusso sulla rela-zione fra appropriatezza terapeutica e responsabilità professionale. Due sono gli aspetti che saranno affrontati. Il primo riguarda il monitoraggio medico in corso di trattamento con farmaci antipsicotici, tema che richiama antiche ed ancora non superate divisioni fra psichiatria ed altre branche mediche, che inducono talvolta cattive prassi – con conseguenti profili di responsabilità medica – alimentate da mai risolte querelle sulle competenze, i luoghi e le modalità trattamentali di patologie fisiche in un paziente psichiatrico.Il secondo attiene il rapporto fra responsabilità individuale ed attività di équipe, che sarà esaminato sia nella prospettiva della suddivisione di compiti e responsabilità fra appartenenti alla stessa unità operativa - in SPDC o CSM - sia nel variabile intreccio fra attività di professionisti appartenenti a strutture distinte, ad es. nel caso di consulenze svolte presso altri reparti d’ospedale.

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Salute in carcere: implicazioni cliniche e prevenzione degli atti autolesivi

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Massimo ClericiDipartimento di Neuroscienze e Tecnologie BiomedicheUniversità degli studi di Milano Bicocca

La rilevanza dei disturbi mentali nelle condizioni di carcerazione è da tempo accertata e si esprime attraverso un’ampia eterogeneità di manifestazioni. Il dato più importante, dal punto di vista epidemiologico-clinico, ri-guarda il rischio che la popolazione carceraria corre - rispetto alla popolazione generale - in termini di morbi-lità psichica. Tale rischio si rivela da due a quattro volte superiore per quanto riguarda i disturbi psicotici e la depressione maggiore e di dieci volte per il disturbo di personalità antisociale. Ne consegue come l’assistenza psichiatrica carceraria e la revisione del modello di assistenza previsto in alternativa agli OPG - proprio alla luce delle nuove norme di legge da poco approvate - vadano completamente riformulate. Il passaggio da un approccio quasi esclusivamente rivolto all’emergenza, limitato alla “risposta rapida” verso chi esprime disagio, ad una organizzazione in grado di effettuare screening per tutta la popolazione che accede alle restrizioni della libertà (indagando, soprattutto, i fattori di rischio in grado di peggiorare tale disagio) rappresenta la necessaria “svolta” operativa richiesta dall’attualità. Il mancato riconoscimento della reale problematicità psicopatologica dei soggetti che iniziano un iter di reclu-sione e, spesso, lo perseguono per periodi significativi della vita, implica un particolare attenzione al rischio suicidario e alla prevenzione degli atti autolesivi. Lo screening al momento dell’ammissione risulta infatti vizia-to da profonde divergenze, spesso sostenute da preclusioni di tipo ideologico, in relazione alla utilità e/o alla possibilità della valutazione standardizzata del quadro psicopatologico al di fuori di una stretta dimensione pe-ritale di orientamento medico-legale e/o psichiatrico-forense o dalla cronica mancanza di risorse da destinare all’assessment preliminare, indipendentemente dalle richieste che provengono dai contesti giudiziari.Attraverso un’analisi della letteratura e delle attività svolte in un ambito privilegiato quale la C.C di “Monza”, vengono presentati alcuni dati orientativi arricchiti da riflessioni derivanti dall’esperienza di un progetto di prevenzione delle attività autolesive a partire dalla possibilità di descrivere al meglio la tipologia dei fruitori assistiti continuativamente nel tempo. Ciò al fine di informare il lavoro psichiatrico in carcere ad una migliore conoscenza delle quote di disagio primario (fattori di rischio), di quello secondario alla carcerazione (attività auto lesive e manifestazioni di disagio psichico da disadattamento) e/o delle correlazioni con aspetti ancora sottovalutati del problema quali, la presenza di “doppia diagnosi” o l’appartenenza a gruppi etnici specifici.

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How can psychiatrists predict violence in their patients?

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Seena FazelUniversity Department of PsychiatryWarneford Hospital, Oxford, UK

This talk will summarise a number of recent systematic reviews on the association of mental illness with violen-ce, and present an overview of risk factors for violent outcomes in patient groups. Finally, it will look at the use of structured risk assessment tools in psychiatry and clinical psychology, and discuss how well they can predict antisocial behaviours.

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Sabato, 16 giugno 2012

Aspetti psichiatrico forensi del disturbo bipolare e responsabilità dello psichiatra

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Liliana LorettuProfessore Associato di PsichiatriaUniversità degli Studi di Sassari

Il Disturbo Bipolare presenta numerosi aspetti che per la loro complessità potrebbero confrontare lo psichiatra con specifici profili di responsabilità. Spesso l’inquadramento diagnostico è difficile ed è travagliato il percorso che porta ad una corretta diagnosi, che in alcuni casi arriva dopo circa 10 anni dall’esordio. In ambito tera-peutico la scelta farmacologica non è scevra da complicanze a breve e lungo termine per il paziente. Inoltre il corredo sintomatologico coinvolge in maniera importante il comportamento del paziente confrontando lo spe-cialista con una corretta valutazione e trattamento del rischio suicidario. Nella relazione vengono presi in con-siderazione alcune problematiche psichiatrico forensi, viene esaminata la criticità alla luce di recenti sentenze e viene prospettata una procedura di gestione di buona pratica clinica.

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Sabato, 16 giugno 2012

La posizione di garanzia nella gestione territoriale del paziente psichiatrico

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Claudio MencacciDirettore DSMA. O. Fatebenefratelli e Oftalmico di Milano

Introduzione: negli ultimi anni si sta assistendo ad una rinnovata attenzione rispetto alla responsabilità del-lo psichiatra nei confronti di atti penalmente rilevanti compiuti da pazienti in cura. Se tale aspetto è di fatto condiviso dalla giurisprudenza e dai clinici quando riguarda soggetti ricoverati in SPDC, l’allargamento di questa modalità di valutazione anche ad alcuni casi di soggetti in trattamento “territoriale” ha aperto ampie discus-sioni e confronti. Emerge cioè un apparente contrasto tra fonti del diritto apparentemente inconciliabili “Legge 180” e “Codice Penale” che, maturati in ambiti culturali e storici profondamente diversi, tendono ad enfatizza-re la libertà individuale del cittadino la prima ed il dovere di garantire il soggetto con patologia mentale anche dal commettere eventuali comportamenti penalmente rilevanti il secondo.Metodologia: nella relazione verranno riportati alcuni dati relativi a sentenze di condanna rispetto all’abbando-no della posizione di garanzia da parte di psichiatri durante il trattamento territoriale di gravi pazienti. Verranno poi riportati casi clinici che rendono di fatto complesso il mantenimento di un’efficace posizione di garanzia. In particolare verrà approfondito tale tema nella gestione di lungo periodo di pazienti affetti da disturbo bipolare.Risultati: Dall’esperienza clinica condotta nel contesto metropolitano milanese emerge una chiara difficoltà nel garantire la libertà di cura dei cittadini, la possibilità di autodeterminarsi in soggetti sofferenti di patologia psichica e la necessità dello psichiatra di tutelarsi di fronte ad eventuali obblighi di prevenire gli effetti di com-portamenti penalmente rilevanti o di risarcire eventuali danni patrimoniali provocati in condizioni di possibile disagio psichico.Conclusioni: emergono gravi criticità in una definizione condivisa della posizione di garanzia quando applicata alla gestione clinica di pazienti ambulatoriali. Si segnala il rischio di una modifica sostanziale delle procedure di intervento dello psichiatra secondo modalità dettate non più dallo spirito della “legge 180” ma da interpre-tazioni precedenti contenute in fonti di diritto alternative come il codice penale che in ambito processuale risultano più rilevanti.

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PATHOSDepressione e Psicosi

Eugenio AgugliaProfessore Ordinario di PsichiatriaUniversità degli Studi di Catania

Filippo DragoProfessore Ordinario di FarmacologiaUniversità degli Studi di Catania

Giovanni BiggioProfessore Ordinario di Neuropsicofarmacologia Università degli Studi di Cagliari

Bernardo CarpinielloProfessore Ordinario di PsichiatriaUniversità degli Studi di Cagliari

Roberto CatanesiProfessore Ordinario di Psicopatologia forenseUniversità degli Studi di Bari

Massimo ClericiDipartimento di Neuroscienze e ecnologie BiomedicheUniversità degli studi di Milano Bicocca

Francesc ColomHead of Psychoeducation andPsychological TreatmentsUniversity of Barcelona, Spain

Guido Di SciascioDirigente MedicoUOC di Psichiatria “G. Tamburro” A.O.U. “Consorziale Policlinico” Bari

Relatori e Moderatori

Enrico Di RosaProfessore Ordinario di Psichiatria Università degli Studi di Messina

Andreas ErfurthHead of Psychiatric DepartmentOtto-Wagner-Spital, Vienna, Austria

Seena FazelUniversity Department of PsychiatryWarneford Hospital, Oxford, UK

Giuseppe FicheraDirettore DSM, Catania

Daniele La BarberaProfessore Ordinario di PsichiatriaUniversità degli Studi di Palermo

Michele Lo MagroMedico Psichiatra Dirigente II livelloASP di Siracusa

Liliana LorettuProfessore Associato di PsichiatriaUniversità degli Studi di Sassari

Carlo MagginiProfessore Emerito di PsichiatriaUniversità degli Studi di Parma

Giuseppe MainaProfessore Associato di PsichiatriaUniversità degli Studi di Torino

Claudio MencacciDirettore DSMA. O. Fatebenefratelli e Oftalmico di Milano

Driss MoussaouiProfessor and ChairmanDepartment of PsychiatryIbn Rushd University Psychiatric Centre,Casablanca, MoroccoDirector of a World Health Organization (WHO)

Giovanni Muscettola Professore Ordinario di PsichiatriaUniversità degli Studi di Napoli

Giancarlo NivoliProfessore Ordinario di PsichiatriaUniversità degli Studi di Sassari

Gabriela SachsMedical DirectorNeuropsychiatric State Hospital WagnerJauregg Linz AustriaMedical University of Vienna

Salvatore VariaDirigente Psichiatra II liv DSM ASP Palermo

Antonio VitaProfessore Straordinario di PsichiatriaUniversità degli Studi di Brescia

Rocco ZoccaliProfessore Ordinario di PsichiatriaUniversità degli Studi di Messina

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Con il contributo di

PATHOSDepressione e Psicosi

JanssenLilly

LundbeckServierValeas

Angelini

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Presidente Comitato Scientifico Segreteria Scientifica

Eugenio Aguglia Enrico Di RosaDaniele La Barbera

Rocco Zoccali

Luciana CreaGiuseppe MinutoloAntonino PetraliaMaria Signorelli

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è un’organizzazione

è un prodotto di Medea Communications s.r.l. - Graphic Designer: Claudio Calabrese

www.medeacom.com