Path integral classico e cariche conservate 2 cariche conservate e calcolo di cartan 9 2.1...

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Universit` a degli Studi di Trieste Dipartimento di Fisica Corso di Laurea in Fisica Tesi di laurea Path integral classico e cariche conservate Candidato: Paolo Pegolo Matricola SM2000500 Relatore: Prof. Ennio Gozzi Anno Accademico 2015–2016

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Universita degli Studi di TriesteDipartimento di FisicaCorso di Laurea in Fisica

Tesi di laurea

Path integral classicoe cariche conservate

Candidato:Paolo PegoloMatricola SM2000500

Relatore:Prof. Ennio Gozzi

Anno Accademico 2015–2016

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I N D I C Eintroduzione iii

1 classical path integral (cpi) 1

1.1 Il formalismo di Koopman e Von Neumann 1

1.2 Il path integral classico 3

1.2.1 Il formalismo hamiltoniano 5

1.3 Coerenza tra CPI e teoria di KvN 7

2 cariche conservate e calcolo di cartan 9

2.1 Interpretazione delle variabili di Grassmann 9

2.2 Ridondanza della formulazione CPI 10

2.3 Cariche conservate nello spazio esteso 10

2.3.1 Il caso unidimensionale 12

2.3.2 Dimensioni superiori 12

2.4 Il significato geometrico: il calcolo di Cartan 13

3 rappresentazione matriciale del cpi 17

3.1 Generalizzazione mediante matrici di Pauli 18

3.2 Cariche del CPI in forma matriciale 19

3.3 Dimensioni superiori 20

3.3.1 Implementazione in Mathematica 21

3.4 Sulla corrispondenza CPI–MC 22

4 sistemi integrabili 25

4.1 Alcune definizioni 25

4.2 Le variabili azione-angolo 26

4.3 La teoria di Hamilton-Jacobi 29

4.3.1 Separazione delle variabili 31

4.4 Sulla separabilità di alcuni sistemi 32

4.5 Sistemi integrabili e CPI 33

a algebre graduate 34

b calcolo per variabili di grassmann 35

b.1 L’espansione del determinante 36

c codice di mathematica 37

bibliografia 40

ii

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I N T R O D U Z I O N ENel 1948 il fisico americano Richard Feynman, nella sua tesi di dottora-

to, diede un’interpretazione della meccanica quantistica che avrebbe rivo-luzionato la fisica teorica degli anni a venire: la formulazione ad integralesui cammini. Tale approccio è del tutto equivalente a quello canonico diSchrödinger, ma permette una maggiore versatilità.

Negli anni ’80 e ’90 del secolo scorso si è cercato di fare lo stesso conla meccanica classica (nel seguito verrà talvolta chiamata MC), ovvero di co-struire una formulazione a path integral che fornisse le stesse soluzioni delleequazioni del moto date dal formalismo hamiltoniano. Tale formalismo èstato denominato Classical Path Integral, e nel seguito verrà spesso chiamatocon l’acronimo CPI.

Il piano dell’opera è strutturato in modo da introdurre gli strumentifondamentali per comprendere questo approccio alla meccanica classica:

nel primo capitolo s’introdurrà la formulazione a path integral per lameccanica classica come controparte funzionale dell’approccio opera-toriale di Koopman e Von Neumann dei primi anni ’30.

nel secondo capitolo sarà esposta la connessione fra il calcolo differen-ziale di Cartan e alcune variabili e operatori che appaiono nel CPI.Verrà anche presentato un problema di ricerca ancora aperto: nellaformulazione della meccanica classica le variabili utili a descrivere unsistema con n gradi di libertà sono 2n, le coordinate ed i momentigeneralizzati; si vedrà che nel CPI sono 8n. L’eccesso di variabili è evi-denziato dall’esistenza di simmetrie, a loro volta segnalate da caricheuniversali conservate. Per sistemi separabili ci si riesce a ricondurre alnumero corretto di gradi di libertà, mentre per sistemi non separabilila questione è ancora da dirimere.

nel terzo capitolo si vedrà come è possibile rappresentare con delle ma-trici l’algebra degli oggetti che costituiscono il CPI e l’interessante uti-lizzo pratico che ne consegue, in particolare nella migliore compren-sione del problema del soprannumero di variabili che descrivono ilsistema nel CPI.

nel quarto capitolo si parlerà dell’integrabilità di sistemi hamiltonianie del ruolo che hanno nel CPI.

iii

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1 C L A S S I C A L PAT H I N T E G R A L( C P I )

il formalismo di koopman e von neumannKoopman e Von Neumann (d’ora in poi KvN) introdussero un formalismo

per descrivere la Meccanica Classica (MC) che facesse uso di uno spaziodi Hilbert H = L2 di funzioni a valori complessi sullo spazio delle fasi,così da costruire un’analogia con la struttura matematica della meccanicaquantistica (MQ).

Come nella MQ le grandezze fondamentali per la descrizione di un si-stema fisico sono le funzioni d’onda, così nella MC ci devono essere dellefunzioni che svolgano lo stesso ruolo. La grandezza fondamentale in mec-canica statistica classica è la densità di stati (o di probabilità) ρ(~q,~p) delsistema fisico in esame, che descrive come sono distribuiti il punti occupatidal sistema nello spazio delle fasi: Koopman e Von Neumann utilizzaronodelle funzioni ψ(~q,~p), che chiameremo funzioni di KvN, tali che il propriomodulo quadro sia una densità di probabilità classica:

|ψ(~q,~p)|2 = ρ(~q,~p) (1.1)

La densità di stati ρ dev’essere normalizzabile, quindi integrabile, pertan-to è opportuno scegliere funzioni di KvN appartenenti a L2, in modo che ilproprio modulo quadro rispetti le condizioni richieste.

Lo spazio L2, in quanto spazio di Hilbert, è naturalmente equipaggiato diun prodotto scalare indotto da una norma. In questo caso esso è definito, seψ, ξ ∈ L2(R2n,C), come:

〈ψ|ξ〉 :=∫

R2nψ∗(ϕ)ξ(ϕ)dϕ (1.2)

In MC l’evoluzione temporale della densità di stati ρ è data dall’equazionedi Liouville:

dρdt

(ϕ) =∂ρ

∂t(ϕ) + {ρ(ϕ) , H}PB = 0 (1.3)

dove {− , −}PB sta ad indicare le parentesi di Poisson, che per due funzionif(ϕ) e g(ϕ) si esprimono come:1

{f , g}PB =∂f

∂ϕaωab

∂g

∂ϕb≡ ∂afωab ∂bg (1.4)

dove ωab è la matrice simplettica standard, che in questa rappresentazio-ne si indica con:

ω =

(0 1

−1 0

)(1.5)

1 La somma sugli indici ripetuti è sottintesa.

1

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1.1 il formalismo di koopman e von neumann 2

Introducendo l’operatore hermitiano di Liouville L, definito come:

L = −iωab∂bH∂a (1.6)

si può riscrivere l’equazione di Liouville (1.3) come:

∂ρ

∂t+ i L ρ = 0 (1.7)

KvN, dopo aver introdotto lo spazio L2 ed aver definito ψ ∈ L2(R2n,C)

tali che |ψ(ϕ)|2 =: ρ(ϕ), postularono la validità dell’equazione di Liouvil-le (1.3) per tali ψ:

Postulato 1: Sia ψ ∈ L2(R2n,C) tale che |ψ(ϕ)|2 =: ρ(ϕ) ∀ ϕ ∈ R2n; allora:

i∂

∂tψ(ϕ) = Lψ(ϕ), (1.8)

È facile dimostrare che, da questo postulato e dall’essere ψ a valori com-plessi, è possibile dedurre l’equazione di Liouville (1.3).

Teorema 1: Da (1.8) segue (1.3).

Dimostrazione. Essendo ρ = ψ∗ψ, si ha:

∂ρ

∂t=∂ψ∗ψ

∂t

= ψ∂ψ∗

∂t+ψ∗

∂ψ

∂t

= ψωab∂aH∂bψ∗ +ψ∗ωab∂aH∂bψ

= ωab∂aH

(ψ∂ψ∗

∂t+ψ∗

∂ψ

∂t

)= ωab∂aH (∂b(ψ

∗ψ) −ψ∗∂bψ+ψ∗∂bψ)

= ωab∂aH∂b(ψ∗ψ)

= ωab∂aH∂bρ

= −i L ρ

(1.9)

Si noti che questa derivazione non è valida in MQ. Gli stati quantisticiobbediscono all’equazione di Schrödinger:

i h∂ψ

∂t= Hψ, (1.10)

dove l’operatore hamiltoniano è:

H = − h2

2m

∂2

∂2q+ V(q)

mentre la funzione ρ = |ψ|2 obbedisce all’equazione di continuità:

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1.2 il path integral classico 3

∂ρ

∂t=i h

2m∇ · (ψ∗∇ψ−ψ∇ψ∗) (1.11)

La differenza tra le due evoluzioni temporali è dovuta al fatto che H è unoperatore che contiene derivare seconde, mentre il liouvilliano L contienesolo derivate prime, per cui vale la regola di Leibniz.

il path integral classicoIn analogia con la MQ, è possibile associare alla formulazione operatoriale

di KvN un formalismo a Path Integral che ricalca nella forma quello diFeynman; esso è stato chiamato Classical Path Integral (CPI), in analogia conil Quantum Path Integral (QPI).

L’ampiezza di probabilità di transizione (o propagatore) tra due staticlassici ϕ0(t0) all’inizio e ϕ(tf) alla fine è indicata come:

K(ϕa, tf|ϕa0 , t0) (1.12)

Gli stati sono:

ϕa(t) := (q1, . . . , qn, p1, . . . , pn)

Essa si può facilmente determinare:

K(ϕa, tf|ϕa0 , t0) = δ (ϕ

a(tf) −φacl(tf; t0, ϕ0)) (1.13)

dove φacl(tf; t0, ϕ0) è l’evoluta nel tempo a t = tf della soluzione classicadelle equazioni del moto che passa per il punto ϕ0 dello spazio delle fasidel sistema al tempo t0. La (1.13) si motiva col fatto che una transizione fradue punti dello spazio delle fasi a tempi differenti può avvenire se, e solo se,tali punti sono collegati da una soluzione classica delle equazioni del moto;questa non è nient’altro che una formulazione equivalente della consuetanozione di determinismo della meccanica classica:

• dato un sistema fisico integrabile2 con opportune condizioni iniziali,la sua evoluzione temporale è, per dei noti teoremi sulle equazioni dif-ferenziali, completamente determinata da un’unica soluzione in formachiusa che dipende solamente dal punto iniziale nello spazio delle fasi.

Dunque per ogni punto dello spazio delle fasi passa una e una sola fun-zione che descrive il sistema, e per nessun motivo l’evoluzione spontanea diquest’ultimo si scosterà da essa.

Similmente a quanto fatto da Feynman per la transizione fra due stati, èpossibile suddividere l’intervallo di tempo in cui si vuole calcolare la transi-zione in un numero arbitrarioN di tratti intermedi; gli istanti che delimitanotali sottointervalli di tempo sono denominati tj, con j = 0, 1, . . .N e sono taliche:

t0 < t1 < . . . < tN = tf

2 Si veda il capitolo 4.

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1.2 il path integral classico 4

introducendo una serie di risoluzioni dell’identità, l’ampiezza di probabilitàtotale (1.13) diventa:

K(ϕa, tf|ϕa0 , t0) =

{∫ N−1∏i=1

dϕai δ [ϕai (ti) −φcl (ti;ϕ

a0 , t0)]

}× δ [ϕa(tf) −φacl(tf; t0, ϕ0)]

= limN→∞

{∫ N−1∏i=1

dϕi(ti) δ [ϕa(ti) −φacl(ti;ϕa0 , t0)]

}× δ [ϕa(tf) −φacl(tf; t0, ϕ0)]

(1.14)

Le variabili d’integrazione degli integrali racchiusi da parentesi graffe so-no gli stati del sistema al tempo t = ti: in altre parole si spazzano tutti ipossibili punti (intermedi) di arrivo a partire dal tempo iniziale t0. Si trattadi un’identità nel senso che tutte le integrazioni intermedie danno 1 comerisultato, nel caso in cui la traiettoria seguita sia quella classica.

Usando una trasformazione analoga a quella che permette il cambio divariabile per una delta di Dirac, che è:

δ (f(ϕ)) =δ(ϕ−ϕ0)∣∣ ∂f∂ϕ

∣∣ϕ0

, (1.15)

e considerando:

f(ϕa) := ϕa −ωab∂bH

si può esprimere ogni δ nel lato destro della (1.14) in un modo che risulteràpiù utile:

δ [ϕa(ti) −φacl(ti;ϕ0, t0)] = δ

[ϕa(ti) −ω

ab∂bH|ti

]× det

[δac∂t|ti −ω

ab∂c∂bH|ti

] (1.16)

Si possono riscrivere i due termini nel lato destro della (1.16):

• Introducendo 2n variabili {λa}a e utilizzando la rappresentazione diFourier della delta di Dirac:

δ[ϕa(ti) −ω

ab∂bH|ti

]=

∫dλa eiλa(ti)(ϕ

a(ti)−ωab∂bH|ti) (1.17)

• Introducendo 4n variabili grassmanniane3 {ca}a, {ca}a e utilizzandola rappresentazione esponenziale del determinante (formula (B.8) apagina 36):

det[δac∂t|ti −ω

ab∂c∂bH|ti

]=

=

∫dca(ti)dca(ti) e−ica(ti)(δ

ac∂t|ti−ω

ab∂c∂bH|ti)cc(ti)

=

∫dca(ti)dca(ti) exp

[−(ca(ti)c

a(ti) − caωad∂d∂bHc

b(ti)))]

(1.18)3 Si veda l’appendice B.

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1.2 il path integral classico 5

con n il numero di gradi di libertà configurazionali del sistema.Si può ora riscrivere la (1.16) con l’ausilio di (1.17) e (1.18) e poi inserire

tutto nella (1.14):

K(ϕa, tf|ϕa0 , t0) = lim

N→∞{∫ N−1∏

i=1

dϕai (ti)dλa(ti)dca(ti)dca(ti)

× exp

[i

N−1∑i=1

(λaϕ

ai (ti) − λaω

ab∂bH|ti + caca − caω

ad∂b∂dH|ticb)]}

≡∫ϕfϕ0

D ′′ϕDλDcDc ei∫

dt (λaϕa−λaωab∂bH+caca−caω

ad∂b∂dHcb)

(1.19)

Il simbolo D ′′ significa che l’integrazione non viene fatta in ϕ0 e in ϕf: ciòè corretto, perché si vuole calcolare l’ampiezza di probabilità di transizionetra due stati fissati a priori. Si integra invece su tutte le variabili in λ, c e c.

Riordinando i termini nell’integrale all’esponente della (1.19) è possibiledefinire una “lagrangiana”:

L := λaϕa + icac

a − λaωab∂bH− icaω

ad(∂d∂bH)cb (1.20)

e riscrivere la (1.13) in maniera compatta come:

K(ϕa, tf|ϕa0 , t0) =

∫ϕfϕ0

D ′′ϕDλDcDc exp[i

∫tft0

dt L]

(1.21)

Il formalismo hamiltonianoAnalogamente a quanto si fa in meccanica classica standard, è possibi-

le individuare naturalmente dalla struttura di L i momenti coniugati allevariabili ϕ e c grazie alle usuali definizioni:

πϕa :=∂ L

∂ϕa= λa

πca :=∂ L

∂ ˙ca= ica

(1.22)

Mediante la trasformata di Legendre si ricava la hamiltoniana associataalla (1.20), che verrà chiamata super hamiltoniana per distinguerla dalla ha-miltoniana H della meccanica classica, che descrive effettivamente il sistemafisico. Se ξa = (ϕa; ca), tale trasformazione è:

H =∂ L

∂ξaξa − L

(ξa, ξa

)= πξa ξ

a − L(ξa, ξa(πξa)

) (1.23)

Implementando le definizioni (1.22) nella (1.23) si ottiene:

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1.2 il path integral classico 6

πξa ξa − L

(ξa, ξa(πξa)

)= λaϕ

a + icaca+

− λaϕa − icac

a + λaωab∂bH+

+ icaωad(∂d∂bH)c

b

= λaωab∂bH+ icaω

ad(∂d∂bH)cb

⇒ H = λaωab∂bH+ icaω

ad(∂d∂bH)cb

(1.24)

equazioni del moto Dalla lagrangiana (1.20) si possono dedurre, le equa-zioni del moto nello spazio esteso a 8n dimensioni per le coordinate diquesto formalismo:

ϕa = ωab∂bH

ca = ωac∂c∂bHcb

λb = −ωac∂c∂bHλa − icaωac∂c∂d∂bHc

d

cb = −caωac∂c∂bH

(1.25)

Verrà illustrata la dimostrazione di una delle quattro equazioni a titolo diesempio.

Teorema 2: Le equazioni del moto per ϕa(t) derivate dalla lagrangiana (1.20)sono le stesse che si ottengono in meccanica classica, ovvero sono della forma:

ϕa = ωab∂bH (1.26)

Dimostrazione. Le equazioni di Eulero-Lagrange per λ sono:

ddt∂ L

∂λd−∂ L

∂λd= 0

Considerando la lagrangiana (1.20) si ha:

ddt∂ L

∂λd= 0

∂ L

∂λd= δda(ϕ

a −ωab∂bH)

= ϕd −ωdb∂bH

Perciò, mettendo insieme i due termini della somma:

ϕd −ωdb∂bH = 0

Dal punto di vista super-hamiltoniano le stesse equazioni si ottengonointroducendo una struttura di Poisson estesa (Extended Poisson Bracket), de-finita dalle parentesi fondamentali:

{{ϕa , λb}EPB := δab{ca , cb}EPB := −iδab

(1.27)

Con queste definizioni si ha una completa analogia con la meccanicaclassica nella sua formulazione standard, in quanto vale:

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1.3 coerenza tra cpi e teoria di kvn 7

dOdt

={O , H

}EPB

(1.28)

per ogni funzione di (ϕa, λa, ca, ca),4 come è evidente sostituendo ad O

una qualsiasi tra le variabili.Sul senso geometrico dell’azione di H su funzioni delle variabili del CPI

si tornerà in seguito.

coerenza tra cpi e teoria di kvnCome mostrato da Feynman nel 1948 [2], dal path integral si possono

ricavare i commutatori fra gli operatori. Date due quantità A(t) e B(t) sipuò calcolare la quantità:

〈A(t)B(t− ε) −B(t)A(t− ε)〉 , (1.29)

dove 〈−〉 indica la media calcolata mediante il path integral. Dalla (1.29) siottiene, passando al limite di piccoli ε:

limε→0〈A(t)B(t− ε) −B(t)A(t− ε)〉 = 〈[A , B]〉 . (1.30)

Applicando questa procedura al CPI5 si ottengono le relazioni fondamen-tali di commutazione:

[ϕa , λb

]= iδab[

ca , cb

]= δab

(1.31)

dove le variabili del nostro formalismo sono state sostituite dai corrispon-denti operatori (indicati con un cappello ) definiti sullo spazio di Hilbertdi KvN. La corrispondente all’equazione (1.28) diventa:

idO

dt=[O , H

](1.32)

Una possibile rappresentazione degli operatori in (1.31) è quella che vedeϕa e ca come operatori moltiplicativi, mentre λb e cb come operatori deriva-tivi agenti da destra; l’azione di tali operatori che implementa le regole (1.31)si scrive come:

ϕa = ϕa 1, λa = −i∂

∂ϕa, ca = ca 1, ca = −i

∂ca(1.33)

In questa rappresentazione si nota che la super-hamiltoniana (1.24) diven-ta:6

4 Si veda [1].5 Si veda l’appendice A per una trattazione più generale, in cui si considera anche il caso in cui

le grandezze abbiano natura grassmanniana.

6 Si ricordi la notazione∂

∂ϕa≡ ∂a.

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1.3 coerenza tra cpi e teoria di kvn 8

H = −iωab∂bH∂a︸ ︷︷ ︸

L

+ωad (∂d∂bH) cb ∂

∂ca. (1.34)

Il termine non grassmanniano della (1.34) non è altro che il liouvilliano (1.6);ciò è la prova di come gli stati che sono funzioni delle sole ϕ a quadratosommabile evolvano nel tempo allo stesso modo sia nel formalismo di KvN,sia nel formalismo CPI.7

Quanto detto implica che il formalismo introdotto nel paragrafo 1.2 è, atutti gli effetti, la controparte funzionale della meccanica classica di Koop-man e Von Neumann, nonché una sua estensione. L’estensione è data dalfatto che non solo per le funzioni di ϕ (le “osservabili” classiche) si puòtrovare l’evoluzione temporale, ma anche per generiche funzioni delle altrevariabili del CPI: in particolare si vedrà in seguito come le funzioni dellevariabili c abbiano un’interessante interpretazione geometrica.

7 Ciò accade poiché una funzione ψ(ϕ) ha EPB nulle con il termine grassmanniano di H, inquanto non ha alcuna dipendenza da λ, che è l’unica quantità del CPI che non commuta conϕ; di conseguenza l’evoluzione temporale (1.28) è data, di fatto, dal solo liouvilliano.

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2 C A R I C H E C O N S E R VAT E EC A LC O LO D I C A R TA N

In questo capitolo si mostrerà che, mediante un’interpretazione del signi-ficato delle variabili grassmanniane ca e ca, si può ricostruire la geometriadifferenziale di Cartan in una nuova veste.1

interpretazione delle variabilidi grassmann

Si considerino le equazioni (1.25); si possono facilmente trovare le trasfor-mazioni temporali infinitesime generate da H:

ϕ ′a = ϕa + εωab∂bH

c ′a = ca + εωab∂b∂dHcd

c ′a = ca − εcbωbd∂d∂aH

(2.1)

Dalla prima di queste relazioni si ricava che:

∂ϕ ′a

∂ϕk= δak + εωab∂b∂kH

∂ϕa

∂ϕ ′k= δak − εωab∂b∂kH

(2.2)

Ciò significa che le ultime due equazioni di (2.1) possono essere scrittecome:

c ′a =∂ϕ ′a

∂ϕdcd

c ′a =∂ϕd

∂ϕ ′acd

(2.3)

Quest’ultima coppia di equazioni mostra come le ca si trasformino comela base canonica delle 1-forme (in modo covariante) e le ca come una basedei campi vettoriali (in modo controvariante). Alla luce di ciò, possiamocompiere la seguente identificazione:

ca 7→ dϕa

ca 7→ ∂a(2.4)

Lo spazio generato da (ϕa, ca) è chiamato in letteratura2 fibrato tangente aparità invertita ΠTM alla varietà differenziabile M (lo spazio delle fasi), dovel’enfasi sulla parità sottolinea la presenza di variabili grassmanniane. Se si

1 Per le definizioni degli oggetti della geometria differenziale discussi nel seguito si veda, adesempio, [3].

2 Si veda [4].

9

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2.2 ridondanza della formulazione cpi 10

aggiungono (λa, ca) come momenti coniugati, il set (ϕa, ca, λa, ca) generail fibrato cotangente al fibrato a parità invertita, indicato con T∗(ΠTM). Lastruttura di Poisson estesa, le cui parentesi fondamentali sono date dalleequazioni (1.27), è costruita su quest’ultima varietà.

ridondanza della formulazione cpiUn sistema hamiltoniano con uno spazio delle fasi 2n-dimensionale è

detto avere n gradi di libertà, pari al numero di variabili configurazionali delsistema. Analogamente, essendo lo spazio delle fasi nel CPI di dimensione8n, il sistema descritto in tale formalismo ha, in generale, 4n gradi di libertà.

Tuttavia si è mostrato nella sezione 1.3 che il CPI descrive la stessa mec-canica classica del formalismo di Koopman e Von Neumann, che è a suavolta equivalente alla meccanica hamiltoniana. Ciò significa che il numerodi gradi di libertà indipendenti del CPI deve ancora essere n, e parte delle4n variabili precedentemente considerate sono ridondanti.

La riduzione del numero di gradi di libertà è dovuta alla presenza di tra-sformazioni di simmetria che lasciano invariata la lagrangiana L del CPI.Tali trasformazioni sono segnalate dalla presenza di cariche di Nöther con-servate. Nel CPI la conservazione di una quantità si esprime con l’annullarsidel commutatore fra tale quantità e H: ciò si deduce dall’equazione (1.32),che esprime l’evoluzione temporale.

Il numero di cariche conservate indipendenti dovrà essere:

4n−n = 3n

cariche conservate nello spazio estesoIn questo paragrafo si mostreranno due insiemi di cariche che sono sicu-

ramente conservate nel CPI:

• le cariche universali, che sono conservate in ogni sistema;

• le cariche dinamiche, che dipendono dalle costanti del moto del sistemafisico in esame e perciò variano da caso a caso.

Che siano di un tipo o dell’altro, sono tutte quantità che, in generale,appartengono allo spazio delle fasi esteso generato da:

(ϕa, ca, λa, ca),

non a quello hamiltoniano standard di elementi (ϕa). Per qualsiasi sistemasi trovano le cariche universali:

QBRS = icaλa

QBRS = icaωabλb

K =1

2ωabc

acb

K =1

2ωabcacb

Qg = caca

(2.5a)

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2.3 cariche conservate nello spazio esteso 11

Le cariche dinamiche sono:

fi

Ni = ca∂afi

Ni = caωab∂bfi

(2.5b)

dove le fi sono le costanti del moto fisico, fra le quali c’è la hamiltoniana H.Queste quantità generano delle trasformazioni per le quali la lagrangia-

na (1.20) è simmetrica; ad esempio, la QBRS3 genera una trasformazione deltipo:

δϕa = εca, δca = iελa, δca = δλa = 0 (2.6a)

δ L =[εQBRS , L

](2.6b)

con ε ∈ C. Perché sia una simmetria, il lato destro dell’equazione (2.6b)deve annullarsi. Svolgendo il conto, si ottiene:

δ L = ε[ictλt , λaϕ

a + icaca − λaω

ab∂bH− icaωad∂d∂bHc

b]

= iε[ctλt , λaϕ

a]+

− ε[ctλt , c

aca]+

− iε[ctλt , λaω

ab∂bH]+

+ ε[ctλt , caω

ad∂d∂bHcb]

= εcaλbωbc∂a∂cH+

− ελbωbc∂c∂dHc

d + iεcacbωbc∂a∂c∂dHc

d+

− εcaλbωbc∂a∂cH+

+ ελaωad∂d∂bHc

b − iεcccaωad∂c∂d∂bHc

b

=((((((((εcaλbω

bc∂a∂cH+

((((((((((−ελbω

bc∂c∂dHcd +

hhhhhhhhhhhiεcacbωbc∂a∂c∂dHc

d+

−((((((((hhhhhhhhεcaλbωbc∂a∂cH+

+(((((((((hhhhhhhhhελaωad∂d∂bHc

b −hhhhhhhhhhhiεcccaω

ad∂c∂d∂bHcb

= 0 ∀ ε ∈ C

(2.7)

Dunque la trasformazione lascia effettivamente invariata la lagrangiana.Tutte le altre cariche in (2.5) generano simmetrie in un modo analogo aquello mostrato sopra.

Il set di cariche forma un’algebra graduata chiusa (si veda l’appendice A)e, in particolare, valgono le seguenti relazioni di commutazione:

[QBRS , QBRS

]= 0 [QBRS , K] = 0

[QBRS , K

]= QBRS

[QBRS , Qg] = QBRS [QBRS , fi] = Ni[QBRS , Ni] = c

acb∂a∂bfi[QBRS , Ni

]= i Fi

(2.8a)

3 Tale nome deriva dalla simmetria di Becchi-Rouet-Stora in teoria di gauge.

Page 15: Path integral classico e cariche conservate 2 cariche conservate e calcolo di cartan 9 2.1 Interpretazione delle variabili di Grassmann 9 2.2 Ridondanza della formulazione CPI 10 2.3

2.3 cariche conservate nello spazio esteso 12

[QBRS , K

]= −QBRS

[QBRS , K

]= 0

[QBRS , Qg

]= −QBRS[

QBRS , fi]= Ni

[QBRS , Ni

]= −i Fi[

QBRS , Ni]= ωabωdecacd∂b∂efi

(2.8b)

[K , K

]= Qg [K , Qg] = −2K [K , Ni] = 0[

K , Ni]= Ni [K , fi] = 0[

K , Qg]= 2K

[K , Ni

]= Ni

[K , fi

]= 0

(2.8c)

[Qg , Ni] = Ni[Qg , Ni

]= Ni [Qg , fi] = 0[

Ni , Nj]={fi , fj

}PB

[Ni , fj

]= 0

[Ni , fj

]= 0

(2.8d)

con F che è l’analogo di H per una qualsiasi costante del moto fisica fi:

F = λaωab∂bfi + icaω

ad(∂d∂bfi)cb. (2.9)

Fra le cariche universali, ci sono tre quantità che generano tutte le altremediante l’operazione di commutazione, senza essere a loro volta il risultatodi un commutatore fra altre cariche. In questo senso si dicono indipendenti.Le tre cariche universali indipendenti sono:

QBRS, K, K (2.10)

Il caso unidimensionaleNel caso in cui il sistema hamiltoniano in esame abbia un grado di libertà

(n = 1), è noto che è sempre possibile trovare le soluzioni del moto in formachiusa. Ciò è dovuto alla conservazione dell’energia, ovvero alla costanzadella hamiltoniana.4

In questo caso è facile vedere che ci sono un numero sufficiente di caricheconservate indipendenti in modo da ridurre il numero di variabili del forma-lismo CPI da 8 a 2. Ciò che serve, come già detto nel paragrafo 2.2, è trovare3 cariche indipendenti; esse sono semplicemente quelle di equazione (2.10).

Dimensioni superioriOra consideriamo in caso in cui n > 1. Per sistemi separabili di questo

tipo è immediato trovato tutte le 3n cariche conservate, alla luce di quantodetto sopra. La hamiltoniana fisica è la somma delle hamiltoniane associateai sottosistemi di ogni singolo grado di libertà:

H = H1(q1, p1) +H2(q2, p2) + . . .+Hn(qn, pn) (2.11)

Per come sono definite, anche le cariche di (2.10) sono suddivise in questomodo. Ad esempio vale:

QBRS =∑a

icaλa =

n∑j=1

∑aj

icajλaj ≡n∑j=1

Q(j)BRS (2.12)

4 Si veda il capitolo 4 per ulteriori informazioni.

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2.4 il significato geometrico: il calcolo di cartan 13

dove l’indice aj varia solo fra le variabili di stato appartenenti al j-esimodegli n sottosistemi della hamiltoniana (2.11).

La stessa separazione si può fare per K, K e H. Ciascuna delle Q(j)BRS

commuta con la corrispondente H(j)

, per quanto visto nella sezione 2.3.1,

e commuta con le altre H(k)

, k 6= j, in quanto, siccome fanno parte disottosistemi separati, compaiono variabili necessariamente diverse e tutti icommutatori fondamentali (1.31) si annullano. Si ha che il numero di caricheconservate è 3×n = 3n, che è proprio ciò che si voleva ottenere.

Il ragionamento appena fatto si fonda sull’ipotesi che la hamiltonianadel sistema sia completamente separabile, ovvero che sia composta da nsottosistemi non interagenti fra loro.

Purtroppo questa ipotesi è molto restrittiva perché i sistemi per cui si pos-sa separare la hamiltoniana sono un piccolo sottoinsieme di tutti i possibilisistemi. In questi casi, in cui il ragionamento fatto per trovare le 3n carichenon si può fare, si teme che non sia possibile costruire in alcun modo lecariche che servirebbero per ottenere l’equivalenza con la MC usuale. Sipensa che ciò possa essere dovuto al fatto che, per sistemi non integrabili,la relazione (1.16) a pagina 4 non valga più. Infatti il lato sinistro contie-ne la quantità φcl(t0;ϕ0, t0) che, nel caso non integrabile, non esiste o èsingolare per certi valori di ϕ0, t0, o ti.

Al momento non è possibile affermare con certezza che le 3n carichenon si trovino per questo motivo, perciò nella prossima sezione esse ver-ranno studiate più approfonditamente e in una rappresentazione diversa e,in quella successiva, si approfondirà il concetto di integrabilità.

il significato geometrico delle caricheconservate: il calcolo di cartan

Le simmetrie segnalate dall’esistenza delle cariche (2.5) hanno un profon-do significato geometrico. Si è già visto in 2.1 quale possa essere l’interpreta-zione geometrica delle variabili c e c: sono, rispettivamente, una base delleforme differenziali e una base dei campi vettoriali sulla varietà generata da-gli stati classici ϕ, lo spazio delle fasi. Gli oggetti che “vivono” nello spaziodel CPI sono funzioni di ϕ e di c: si può definire la corrispondenza:5

ψab...m(ϕ)dϕadϕb . . .dϕm 7→ ψab...m(ϕ)cacb . . . cm ≡ ψ(ϕ, c) (2.13)

Tab...m(ϕ)∂a∂b . . . ∂m 7→ Tab...m(ϕ)cacb . . . cm ≡ T(ϕ, c) (2.14)

Le quantità a sinistra in queste relazioni sono k-forme e tensori. Men-tre la meccanica classica standard tratta solo le funzioni a valori reali dellevariabili dinamiche, il CPI incorpora in maniera naturale la dinamica delleforme e dei tensori. Tale proprietà ha implicazioni fisiche; si pensi alle primevariazioni delle traiettorie classiche, dette anche campi di Jacobi, che descri-vono matematicamente il modo in cui due traiettorie si separano nel tempo.Per due soluzioni classiche alle equazioni del moto con diverse condizioniiniziali, essi sono definiti come:

5 In questo paragrafo gli oggetti della geometria differenziale sono indicati senza il cappello “”nella loro formulazione standard, mentre sono indicati con il cappello se vengono scritti nellinguaggio del CPI. La notazione e le definizioni di tali oggetti sono state prese da [3].

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2.4 il significato geometrico: il calcolo di cartan 14

δφcl = φ(2)cl (t) −φ

(1)cl (t) (2.15)

La variazione dell’equazione del moto di φcl(t) è data da:

δ

{∂

∂tφacl(t) −ω

ab∂bH(t)

}=

(∂

∂t

∂φacl∂φbcl

−ωad∂2H

∂φbcl∂φdcl

)δφbcl(t) = 0

Cioè:

(∂

∂tδab −ωad∂b∂dH

)δφbcl(t) = 0 (2.16)

Queste sono le stesse equazioni del moto di c, come si evince dalla (1.25).Questa è un’altra interpretazione, più fisica rispetto a quella data in 2.1, delruolo delle variabili grassmanniane in questo formalismo.

Le informazioni sulla geometria del moto fornite dal CPI sono racchiusenelle cariche conservate (2.5). Illuminati dall’interpretazione geometrica dic e c, si può intuire come esse agiscano sulle grandezze fisiche: ad esempioè facile interpretare cosa sia la carica QBRS. Essa è definita come:

QBRS = icaλa = ca∂a,

nella rappresentazione data in (1.33). Se ora si sostituisce a ca il corrispetti-vo geometrico, si ha:

QBRS = ca∂a 7→ dϕa∂a (2.17)

Questa scrittura ricorda la formula della derivata esterna agente su unak-forma. L’azione di una carica del CPI è data dal commutatore con unafunzione del CPI f(ϕ, c), che abbiamo visto poter essere interpretata comeuna generica forma differenziale. Un esempio chiarificherà tale azione mol-to più che un discorso generale, che è pesante in notazione; per un sistemacon n = 1 si consideri una generica funzione:

ψ(ϕ, c) = ψ0(ϕ) +ψq(ϕ)cq +ψp(ϕ)c

p +ψ2(ϕ)cqcp (2.18)

Nella nostra interpretazione i coefficienti di c corrispondono ai coefficientidella forma, e sono funzioni arbitrarie di ϕ. In questo semplice caso la caricadi BRS è:

QBRS = icqλq + icpλp (2.19)

Il commutatore fra QBRS e ψ diventa:

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2.4 il significato geometrico: il calcolo di cartan 15

[QBRS , ψ(ϕ, c)

]= [icqλq + icpλp , ψ0 +ψqc

q +ψpcp +ψ2c

qcp]

= cq [iλq , ψ0(ϕ)] + cp [iλp , ψ0(ϕ)] +

+ cq [iλq , ψq(ϕ)] cq + cp [iλp , ψq(ϕ)] c

q+

+ cq [iλq , ψp(ϕ)] cp + cp [iλp , ψp(ϕ)] c

p+

+ cq [iλq , ψ2(ϕ)] cqcp + cp [iλp , ψ2(ϕ)] c

qcp

= ∂qψ0cq + ∂pψ0c

p+

+ ∂qψq (cq)2 + ∂pψqc

pcq+

+ ∂qψpcqcp + ∂pψp (c

p)2+

+ ∂qψ2 (cq)2 cp − ∂pψ2c

q (cp)2

= ∂qψ0cq + ∂pψ0c

p+

+ 0+ ∂pψqcpcq+

+ ∂qψpcqcp + 0+

+ 0

= ∂qψ0cq + ∂pψ0c

p+

+ (∂qψp − ∂pψq) cqcp

(2.20)

Utilizzando l’interpretazione geometrica di c si ha:

[QBRS , ψ(ϕ, c)

]7→ ∂qψ0dϕq + ∂pψ0dϕp + (∂qψp − ∂pψq)dϕqdϕp

(2.21)

Questa è esattamente la derivata esterna di ψ, se quest’ultima è pensatacome una forma differenziale somma di una 0-forma ψ0, di due 1-formeψqdϕq e ψpdϕp e di una 2-forma ψ2dϕqdϕp (questa combinazione è lapiù generica forma in dimensione 2n = 2), perciò:

dψ 7→[QBRS , ψ

](2.22)

Oltre alla derivata esterna, anche la contrazione interna6 di una n-forma χcon un campo vettoriale v (o prodotto interno), che si indica con ιvχ, si puòrappresentare mediante una operazione di commutazione fra grandezze delCPI. In questo caso:

ιvχ 7→ [v , χ] (2.23)

In geometria differenziale simplettica vi è una dualità [3] tra forme dif-ferenziali e campi vettoriali che si può tradurre nel linguaggio del CPI. Adesempio la contrazione del differenziale della hamiltoniana dH = ∂aHdϕa

per ottenere il campo vettoriale hamiltoniano (dH)# = ωab∂aH∂b si imple-menta come:

(dH)# 7→ ωab∂aH cb =[QBRS , H

](2.24)

Per concludere, un’altra operazione fondamentale del calcolo differenzia-le di Cartan è la derivata di Lie `v, che permette di valutare l’evoluzione

6 Si veda [3].

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2.4 il significato geometrico: il calcolo di cartan 16

di un generico campo tensioriale lungo il flusso di un certo campo vettoria-le v. In particolare è molto importante in meccanica classica il concetto diderivata di Lie lungo il campo vettoriale hamiltoniano.

Preso un generico campo vettoriale v, si definisce la derivata di Lie come:7

`v = ιv ◦ d + d ◦ ιv (2.25)

che identifica la derivata di Lie ` lungo il campo vettoriale v con l’anticom-mutatore della contrazione interna con v e la derivata esterna d.

Nel CPI la derivata di Lie lungo il campo vettoriale hamiltoniano, diventa:

`(dH)#F 7→

[i H , F

](2.26)

Questo risultato è molto importante: si capisce quale sia l’azione dellasuper-hamiltoniana H di equazione (1.24)8 su forme generiche (funzioni delCPI che, oltre che da ϕ, dipendono da c). La super-hamiltoniana general’evoluzione temporale delle funzioni d’onda di Koopman e Von Neumannmediante la sua parte non grassmanniana (il Liouvilliano), mentre general’evoluzione di generiche k-forme se si considera anche la parte grassman-niana. In questo senso, nel paragrafo 1.3, si è parlato del fatto che il CPIfosse un’estensione della meccanica classica formulata da KvN.

7 Il simbolo ◦ indica la composizione di funzioni.8 Una cosa molto importante da far notare è che H nei commutatori di questo paragrafo non

può essere quella di equazione (1.34), perché in quel caso si era data un’altra rappresentazionedelle variabili grassmanniane. In più i λ erano stati rappresentati come le derivate rispettoa ϕ, e questo avrebbe potuto causare confusione nel momento della identificazione data daequazione (2.4).

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3 R A P P R E S E N TA Z I O N EM AT R I C I A L E D E L C P I

La natura anticommutante delle variabili grassmanniane può essere rap-presentata mediante opportune matrici quadrate che rispettino l’algebra diGrassmann1. Ci si ponga nel caso n = 1: lo spazio delle fasi classico ha 2

dimensioni, e uno stato è dato da (q, p). Interpretando le variabili ca comeuna base per le forme differenziali, una generica forma sarà del tipo:

ψ(ϕ, c) = ψ0(ϕ) + cqψq(ϕ) + c

pψp(ϕ) + cqcpψ2(ϕ) (3.1)

Tale ψ è la più generica forma a causa delle regole di anticommutazionedelle variabili di Grassmann (e delle forme differenziali): un qualsiasi altroprodotto di cp e cq sarebbe stato nullo, in quanto avrebbe avuto il contributodi almeno un quadrato di un numero grassmanniano.

Si moltiplichi ora la forma ψ da sinistra per cq. Ciò che si ottiene è:

cqψ(ϕ, c) = cqψ0 + 0+ cqcpψp + 0

= cqψ0 + cqcpψp

(3.2)

È illuminante riscrivere l’equazione (3.2) in un’altra notazione, scrivendole forme come vettori colonna su una “base” data dai numeri di Grassmann:

ψ(ϕ, c) =

ψ0ψqψpψ2

→ ·1→ ·cq→ ·cp→ ·cq cp

(3.3)

Si ha per la (3.2):

cqψ(ϕ, c) =

0

ψ00

ψp

=

0 0 0 0

1 0 0 0

0 0 0 0

0 0 −1 0

ψ0ψqψpψ2

= cqψ (3.4)

Quindi possiamo rappresentare il numero di Grassmann cq con la matricecq in (3.4). Con lo stesso metodo si ottiene cp, che risulta essere:

cp =

0 0 0 0

0 0 0 0

1 0 0 0

0 1 0 0

(3.5)

Oltre agli operatori moltiplicativi ci sono anche cq e cp, che sono di tipoderivativo. Vediamo la rappresentazione del primo dei due:

1 Si veda [5].

17

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3.1 generalizzazione mediante matrici di pauli 18

cqψ =∂ψ

∂cq= 0+ψq + 0+ cpψ2 =

ψq0

ψ20

=

0 1 0 0

0 0 0 0

0 0 0 −1

0 0 0 0

ψ0ψqψpψ2

(3.6)

Con la medesima tecnica si ottiene anche l’altra matrice:

cp =

0 0 1 0

0 0 0 1

0 0 0 0

0 0 0 0

(3.7)

Si può verificare che le matrici trovate soddisfino l’algebra di Grassmann;infatti:

cp cq =

0 0 0 0

0 0 0 0

1 0 0 0

0 1 0 0

0 1 0 0

0 0 0 0

0 0 0 −1

0 0 0 0

=

0 0 0 0

0 0 0 0

0 1 0 0

0 0 0 0

cq cp =

0 1 0 0

0 0 0 0

0 0 0 −1

0 0 0 0

0 0 0 0

0 0 0 0

1 0 0 0

0 1 0 0

=

0 0 0 0

0 0 0 0

0 −1 0 0

0 0 0 0

=⇒ cp cq = −cq cp

generalizzazione mediante matricidi pauli

Guardando alle matrici che rappresentano le variabili grassmanniane, sipuò notare che possono essere riscritte come particolare prodotti tensorialifra matrici di Pauli.

Le matrici di Pauli sono:

σx =

(0 1

1 0

)σy =

(0 −i

i 0

)σz =

(1 0

0 −1

)(3.8)

(3.9)

Risulteranno utili anche le cosiddette matrici di step up e step down:

σ(+)

2=1

2(σx + iσy) =

(0 1

0 0

)σ(−)

2=1

2(σx − iσy) =

(0 0

1 0

)(3.10)

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3.2 cariche del cpi in forma matriciale 19

Il prodotto tensoriale fra matrici quadrate A e B di dimensione 2× 2 (oprodotto di Kronecker) è la matrice A⊗ B di dimensione 4× 4, che si ottienecome indicato sotto:

A =

(a11 a12a21 a22

)B =

(b11 b12b21 b22

)

A⊗ B :=

a11

(b11 b12b21 b22

)a12

(b11 b12b21 b22

)a21

(b11 b12b21 b22

)a22

(b11 b12b21 b22

)

=

a11b11 a11b12 a12b11 a12b12a11b21 a11b22 a12b21 a12b22a21b11 a21b12 a22b11 a22b12a21b21 a21b22 a22b21 a22b22

(3.11)

È evidente che le matrici 4 × 4 viste nella sezione precedente possonoessere scritte come un opportuno prodotto di matrici di Pauli e identità; èfacile verificare che la rappresentazione è quella che segue:2

cq = σz ⊗σ(−)

2cp =

σ(−)

2⊗ 1 (3.12)

cq = σz ⊗σ(+)

2cp =

σ(+)

2⊗ 1 (3.13)

Anche in questo caso si può verificare con un esempio come l’algebra diGrassmann sia rispettata:

cq cp =

(σz ⊗

σ(−)

2

)(σ(−)

2⊗ 1

)=

(σzσ(−)

2

)⊗

(σ(−)

21

)

=

(0 0

−1 0

)⊗(0 0

1 0

)=

0 0 0 0

0 0 0 0

0 0 0 0

−1 0 0 0

cp cq =

(σ(−)

2⊗ 1

)(σz ⊗

σ(−)

2

)=

(σ(−)

2σz

)⊗

(1σ(−)

2

)

=

(0 0

1 0

)⊗(

0 0

−1 0

)=

0 0 0 0

0 0 0 0

0 0 0 0

1 0 0 0

cariche del cpi in forma matricialeLe cariche conservate che si ottengono dalle simmetrie del CPI sono og-

getti che, in generale, dipendono dalle variabili grassmanniane c e c. Perquesto motivo, alla luce di quanto detto in questo capitolo, esse avranno an-che una rappresentazione matriciale dovuta alla presenza di c e c. Questo

2 Da qui in poi non si scriverà più il "cappello" sopra le variabili grassmanniane in formamatriciale, per non appesantire inutilmente la notazione.

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3.3 dimensioni superiori 20

formalismo sarà implementato in WOLFRAM MATHEMATICA11, con cuiè possibile effettuare calcoli simbolici, e permetterà di ottenere un risultatoche sarà utile in seguito.

Sostituendo quanto trovato sopra nelle formule (2.5) delle cariche conser-vate, si ottengono le relazioni (sempre per n = 1):3

QBRS =

0 0 0 0

∂q 0 0 0

∂p 0 0 0

0 ∂p −∂q 0

QBRS =

0 ∂p −∂q 0

0 0 0 −∂q0 0 0 −∂p0 0 0 0

(3.14)

K =

0 0 0 0

0 0 0 0

0 0 0 0

1 0 0 0

K =

0 0 0 1

0 0 0 0

0 0 0 0

0 0 0 0

(3.15)

Qg =

0 0 0 0

0 1 0 0

0 0 1 0

0 0 0 2

(3.16)

H =

L 0 0 0

0 L−i∂q∂pH i∂q∂qH 0

0 −i∂p∂pH L+i∂q∂pH 0

0 0 0 L

(3.17)

Tutti i commutatori ricavati algebricamente nel paragrafo 2.3 si possonoagevolmente calcolare in forma matriciale e la verifica della veridicità delleequazioni (2.8) è immediata.

dimensioni superioriLe formule (3.12) possono essere generalizzate a dimensione arbitraria

n > 1. In questo paragrafo le variabili di stato classiche verranno ordinatenel seguente modo:

(ϕ1, ϕ2, ϕ3, ϕ4, . . . , ϕ2n−1, ϕ2n

)=(p1, q

1, p2, q2, . . . , pn, q

n)

(3.18)

Con questa scelta la rappresentazione matriciale delle variabili grassman-niane diventa:

ck = (σz)

⊗k−1 ⊗ σ(−)

2 ⊗ (1)⊗2n−k, con k = 1, . . . , 2n

cj = (σz)⊗j−1 ⊗ σ(+)

2 ⊗ (1)⊗2n−j, con j = 1, . . . , 2n(3.19)

dove la notazione A⊗k significa:

A⊗A⊗ . . .⊗A k volte

3 Qui L è l’usuale liouvilliano definito in (1.6).

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3.3 dimensioni superiori 21

La dimensione delle matrici cresce come 22n. Se per n = 1 le matrici 4× 4erano relativamente facili (anche se tediose) da maneggiare, in dimensionen = 2 le matrici sono 16× 16, ed è un’impresa titanica utilizzarle per fareconti con carta e penna. Per questo motivo ci si può avvalere di un softwareper il calcolo simbolico, come il pacchetto WOLFRAM MATHEMATICA11,che gestisce facilmente matrici di dimensioni molto grandi.

Implementazione ed uso del formalismo in Mathematica

Sfruttando le numerose funzioni del Wolfram Language4 è facile ottenereun programma che, una volta scelto il numero di gradi di libertà del sistema,generi la rappresentazione matriciale delle variabili grassmanniane e dellecariche conservate nel CPI. In questa sezione si mostrerà come è possibilericavare delle condizioni sufficienti per la conservazione delle 3n cariche diequazione (2.5).

I limiti dell’implementazione

Per poter svolgere agevolmente i conti al calcolatore è stato necessarioprendere alcuni accorgimenti, dovuti alla particolarità delle matrici del CPI.Mentre le matrici che rappresentano le variabili grassmanniane c e c hannocome elementi dei numeri, la presenza di λ nella definizione di alcune dellecariche costringe ad introdurre anche operatori come quello di derivata; siveda ad esempio la QBRS nell’equazione (3.14). Nell’atto dell’utilizzo dimatrici di questo tipo in MATHEMATICA11, sorgono dei problemi dovutial modo in cui il programma “legge” le grandezze inserite. Per ovviare alproblema si è elaborato il seguente procedimento:5

Regola 1:

• Le matrici che contengono operatori devono agire solo su vettori: sonoproibiti prodotti matriciali;

• Le matrici che contengono operatori agiscono mediante un prodottoappositamente definito in modo che non si perda informazione legataalla non commutazione fra tutte le grandezze in gioco;

• Le matrici che non contengono operatori agiscono mediante l’usua-le prodotto fra oggetti List6 di MATHEMATICA11, ed è consentitoanche il prodotto matriciale;

• Se è necessario moltiplicare due matrici, si deve prima applicare quel-la più a destra ad un vettore generico del CPI7 mediante il prodottomatriciale, e poi applicare la restante matrice al vettore ottenuto;

• Se una matrice è costituita di elementi che sono somme di parti sca-lari e parti operatoriali, per utilizzarle è necessario scomporla in unasomma di una matrice che abbia solo elementi numerici e una matriceche abbia solo elementi operatoriali.8 Le nuove matrici che, sommate,danno quella precedente si utilizzano come scritto sopra, a secondadella loro natura.

4 Si veda http://reference.wolfram.com/language/.5 Si veda l’appendice C.6 Si veda https://reference.wolfram.com/language/ref/List.html.7 Vettori come quello della formula (3.3) o generalizzazioni di questi ultimi8 Un esempio di questa tipologia è H, che è somma dell’identità per il Liouvilliano (un operatore)

e un blocco centrale di grandezze scalari.

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3.4 sulla corrispondenza cpi–mc 22

Con questa “ricetta”, che a prima vista può sembrare una complicazionema in realtà è decisamente meno impegnativa del lavoro su carta con matrici16× 16 o superiori, si riescono a calcolare e verificare tutte le relazioni finoa qui presentate, compresi i commutatori di equazione (2.8).

sulla corrispondenza cpi–mcSi ritornerà ora al conteggio dei gradi di libertà e alla mancata corrispon-

denza trovata in sezione 2.3 tra il numero dei gradi di libertà del CPI equello nella MC standard.

Nel momento dell’implementazione del CPI al calcolatore, non è necessa-rio scegliere la forma della hamiltoniana del sistema fisico H(ϕ): è possibi-le non fare alcuna ipotesi sulla sua separabilità, e quindi farla trattare dalprogramma come una generica funzione delle coordinate e dei momenti.Optando per questa scelta, si sono verificate tutte le relazioni di commu-tazione fra una qualsiasi delle cariche (2.5) e la super-hamiltoniana H. Le3 cariche indipendenti QBRS, K e K (e di conseguenza anche tutte quellegenerate nelle (2.8)) sono sempre conservate, anche nel caso in cui il siste-ma non sia integrabile. Si è poi provato a calcolare il commutatore fra legrandezze legate ai singoli eventuali sottosistemi, come ad esempio Q(j)

BRS,già incontrate in 2.3.2, che sono note essere conservate sicuramente nel casodi sistemi la cui hamiltoniana è separabile, per vedere se si potessero tro-vare delle condizioni meno restrittive sotto le quali commutassero con lasuper-hamiltoniana.

La minima dimensione per cui questo discorso abbia senso è n = 2 (pern = 1 si hanno già tutte le cariche), e le matrici in questo caso hanno di-mensione 16× 16: per questioni di spazio non sarebbe utile scrivere esplici-tamente i risultati ottenuti. Ciò non è un problema, tuttavia, perché quantosi è trovato è una serie di condizioni tutte equivalenti, come si mostrerà abreve; prima si darà una breve spiegazione di cosa si sia fatto all’atto pratico:

• Si è scelta una matrice associata ad una carica di un sottosistema, comead esempio Q(j)

BRS (l’analogo della Q(j)BRS nell’equazione (2.12));

• Si è calcolata, mediante le regole 1, l’azione del commutatore fra talegrandezza e H su un generico vettore a 16 componenti di funzioniψi(ϕ), con i = 1, . . . , 16 e ϕ = (p1, q1, p2, q2);

• Il vettore a 16 componenti risultante è stato analizzato e sono statericavate le condizioni più generali affinché si annulli.

Le componenti del vettore finale sono, in generale, espressioni che con-tengono termini che sono prodotti di derivate della hamiltoniana originaleH(ϕ) e derivate delle ψi(ϕ). La condizione di annullamento, dunque, saràqualcosa della forma:

n∑i=1

Wi∂a . . . ∂mH∂a . . . ∂mψi = 0 (3.20)

dove Wi è un generico coefficiente complesso. Ciò che si richiede è che ilvettore risultante sia nullo per qualsiasi funzione ψi(ϕ), dato che si trattadi funzioni di prova arbitrarie. Pertanto il metodo per trovare le condi-zioni di annullamento è quello di raccogliere i fattori comuni della forma

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3.4 sulla corrispondenza cpi–mc 23

∂a . . . ∂mψi e annullare i termini che li moltiplicano. In definitiva si trovanodelle condizioni sulla hamiltoniana H(ϕ), come è lecito aspettarsi.

Per n = 2 gli stati sono ϕ = (p1, q1, p2, q2) e ci sono 3× 2 = 6 caricheda controllare: tuttavia svolgendo il compito si nota che le condizioni che siottengono sono sempre le stesse, ed è sufficiente un esempio a mostrare ciòche si otterrebbe facendo tutti 6× 16 = 96 tentativi. Si consideri il vettoreottenuto da:

[Q

(1)BRS , H

]ψ =

[Q

(1)BRS , H

]ψ1ψ2

...ψ16

= ψ =

ψ1ψ2

...ψ16

(3.21)

La sua prima componente, per esempio, è data da:

ψ1 = −i

[∂2H

∂q1∂p2

(∂ψ2∂p1

−∂ψ9∂q2

)+

∂2H

∂q1∂q2

(∂ψ9∂p2

−∂ψ3∂p1

)+

+∂2H

∂p1∂q2

(∂ψ3∂q1

−∂ψ5∂p2

)+

∂2H

∂p1∂p2

(∂ψ5∂q2

−∂ψ2∂q1

)] (3.22)

Anche tutte le altre componenti sono molto simili, e le condizioni che siricavano sono equivalenti. Si vede che le condizioni di annullamento di ψ1sono:

∂q1∂p2H = 0

∂q1∂q2H = 0

∂p1∂q2H = 0

∂p1∂p2H = 0

(3.23)

con H = H(p1, q1, p2, q2). Si può notare che queste condizioni non sonoaltro che le condizioni di separabilità per la hamiltoniana, dato che si trattadi tutte le possibili derivate parziali miste di H. Questa affermazione sipuò mostrare più esplicitamente. Si indichi con il simbolo 6∝ la relazione dinon dipendenza funzionale; ad esempio, se una funzione f(q1, . . . , qn) nondipende dalla prima variabile q1, si scriverà:

f 6∝ q1.

Nel caso delle equazioni (3.23) valgono:

∂q1H 6∝ q2, p2∂p1H 6∝ q2, p2∂q2H 6∝ q1, p1∂p2H 6∝ q1, p1

(3.24)

Nei casi non banali in cui la derivata nel lato sinistro della precedenterelazione non sia nulla, e in cui quindi ci sia dipendenza di H dalla varia-bile rispetto a cui si deriva, si vede che la (3.23) impone che le parti di Hche dipendono da una variabile che sia associata ad un certo grado di li-bertà non possano dipendere anche da variabili associate ad altri gradi dilibertà. Nel caso bidimensionale in esame, se la hamiltoniana viene derivatarispetto ad una variabile del sottosistema 1, il risultato non può dipendere

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3.4 sulla corrispondenza cpi–mc 24

da variabili che sono nel sottosistema 2 e viceversa. Si è quindi trovato chela separabilità della hamiltoniana è condizione necessaria e sufficiente adavere le 3n cariche conservate della forma (2.5), e non solo sufficiente comesi era trovato in 2.3.

Nel caso in cui n > 2 si ricavano condizioni dello stesso tipo.

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4 S I S T E M I I N T E G R A B I L IVista la corrispondenza tra il numero di gradi di libertà del CPI e quelli

della MC usuale solamente nel caso in cui il sistema sia separabile, vale lapena di capire come siano caratterizzati i sistemi di questo tipo.

alcune definizioniDefinizione 1 (Varietà simplettica): Una varietà simplettica è una coppia(M,ω) costituita da una varietà differenziabile M dotata di una 2-formaω chiusa (dω = 0) e non degenere1 su di essa definita.

Nel nostro caso M è lo spazio delle fasi del sistema fisico e ω è rappre-sentata sempre dalla matrice simplettica standard definita nel capitolo 1.

Definizione 2 (Sistema integrabile secondo Liouville): Un sistema integrabilesecondo Liouville consiste di una varietà simplettica 2n-dimensionale M (lospazio delle fasi) e di un set massimale di n costanti del moto:

f1 = H, f2, . . . , fn :M→ R,

definite su M, che siano:

• Indipendenti, cioè tali che i loro gradienti sono linearmente indipen-denti;

• Tali da essere in involuzione fra di loro:

{fi , H}PB = 0 ∀ i = 1, . . . , n{fi , fj

}PB = 0 ∀ i, j

(4.1)

• Tali che i campi vettoriali da essi generati siano completi, cioè che ilflusso ad essi associato sia ben definito per ogni tempo t.

Si vedrà che tali sistemi conducono a equazioni di Hamilton completa-mente risolvibili. Per dimostrare quest’ultima affermazione è necessariointrodurre il concetto di trasformazione canonica.

Definizione 3: Una trasformazione di coordinate:

Qi = Qi(~q,~p) Pi = Pi(~q,~p) (4.2)

è detta canonica se preserva le parentesi di Poisson, ovvero se vale:

n∑k=1

∂f

∂qk

∂g

∂pk−∂f

∂pk

∂g

∂qk=

n∑k=1

∂f

∂Qk

∂g

∂Pk−∂f

∂Pk

∂g

∂Qk(4.3)

per ogni funzione f, g definita sullo spazio delle fasi del sistema.1 Una 2-forma è non degenere se la matrice che la rappresenta su una base ha determinante non

nullo.

25

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4.2 le variabili azione-angolo 26

le variabili azione-angoloLe trasformazioni canoniche2 sono caratterizzate dalla presenza di una

funzione generatrice S(q, P, t), che ha come variabili, per comodità, le vec-chie posizioni e i nuovi momenti, oltre al tempo. Essa dev’essere nondegenere, cioè deve valere:

det(

∂2S

∂qk∂Pj

)6= 0 (4.4)

La trasformazione generata da S si implementa mediante:

pk =∂S

∂qkQk =

∂S

∂Pk; K = H+

∂S

∂t, (4.5)

dove K è la nuova hamiltoniana.Ciò che si vuole mostrare col seguente teorema è che c’è una qualche

trasformazione canonica tale da portare a delle coordinate con la proprietà:

Pk(t) = Pk(0) = cost, Qk(t) = Qk(0) + t∂H

∂Pk, (4.6)

che è banalmente risolvibile.

Teorema 3 (di Liouville-Arnol‘d): 3 Sia (M, f1, . . . , fn) un sistema integra-bile secondo Liouville, con f1 = H la hamiltoniana del sistema e si consideri lasottovarietà di M costituita dalla superficie n-dimensionale di livello:

Mf := {(p, q) ∈M : fk(p, q) = ck} con ck costante ∀ k = 1, . . . , n (4.7)

Allora:

• Se Mf è compatto e connesso, ne consegue che è diffeormorfo4 ad un toron-dimensionale:

Tn = S1 × S1 × . . . S1︸ ︷︷ ︸n volte

, (4.8)

dove S1 è la circonferenza unidimensionale. In un intorno di Tn si possonodefinire delle nuove variabili:

I1, . . . , In; θ1, . . . , θn, 0 6 θk 6 2π, (4.9)

dette variabili azione-angolo e tali che le coordinate generalizzate siano gliangoli θk e i momenti ad esse coniugati siano le azioni:

Ik = Ik(f1, . . . , fn),

che, dipendendo solo dalle costanti del moto fk, sono anch’esse costanti delmoto;

2 Si veda, per esempio, il riferimento [6].3 Si veda [7].4 Tra le due varietà esiste un diffeomorfismo, cioè una trasformazioneψ :M→M differenziabile,

invertibile e con inversa differenziabile.

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4.2 le variabili azione-angolo 27

• Le equazioni canoniche del moto sono:

Ik = 0, θ = ωk(I1, . . . , In), k = 1, . . . , n (4.10)

cosicché il sistema sia risolvibile mediante un numero finito di integrazionielementari.

Nonostante il teorema fornisca, in principio, delle condizioni ragionevo-li per la risolvibilità di un sistema dinamico, non si ottengono particolariindicazioni su come agire in un problema reale per effettuare il cambiodi coordinate. Per comprendere meglio la problematica si darà la dimo-strazione della seconda parte del teorema, ovvero quella che riguarda latrasformazione nelle coordinate azione-angolo.

Dimostrazione. Il moto si svolge su di un toro, per la prima parte del teorema.Si supponga che le costanti del moto di cui è dotato il sistema siano tali che:

det(∂fj

∂pk

)6= 0, (4.11)

in modo che fk(p, q) possa essere invertita per ottenere:

pi = pi(q, c)

fi(q, p(q, c)) = ci(4.12)

Differenziando fi rispetto a qj, moltiplicando il tutto per ∂fm∂pj e somman-do su j si ottiene:

∂fi∂qj

+∑k

∂fi∂pk

∂pk∂qj

= 0

⇒∑j

∂fm

∂pj

∂fi∂qj

+∑j,k

∂fm

∂pj

∂fi∂pk

∂pk∂qj

= 0(4.13)

Ora si sottragga alla (4.13) la stessa equazione, ma nel lato destro siinvertano gli indici non muti i e m:

∑j

(∂fm

∂pj

∂fi∂qj

−∂fi∂pj

∂fm

∂qj

)︸ ︷︷ ︸

{fi , fm}PB

+∑j,k

(∂pk∂qj

∂fm

∂pj

∂fi∂pk

−∂pk∂qj

∂pk∂qj

∂fm

∂pk

)= 0

(4.14)

Le parentesi di Poisson fra le due costanti del moto sono nulle per ipote-si. Nel secondo termine della seconda sommatoria si possono invertire gliindici muti j e k senza cambiare il risultato. Il tutto si può scrivere come:

∑j,k

∂fm

∂pj

∂fj

∂pk

(∂pk∂qj

−∂pj

∂qk

)= 0 (4.15)

Per la condizione di invertibilità (4.11) le derivate di f rispetto a p non siannullano, perciò si devono annullare tutte le grandezze del tipo:

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4.2 le variabili azione-angolo 28

Figura 1: I due circuiti fondamentali di un 2-toro immerso in R3.

∂pk∂qj

−∂pj

∂qk= 0 ∀ j, k (4.16)

Questo comporta che, per il teorema di Stokes sulle forme differenziali,su un dominio semplicemente connesso contenuto in Tn vale la relazione:

∮∑j

pjdqj = 0 (4.17)

su un percorso chiuso qualsiasi che sia omotopo5 ad un punto.Sul toro Tn ci sono n classi di curve chiuse che non sono omotope ad un

punto (si veda figura 1), e lungo tali curve non vale la relazione (4.17). Sidefiniscono le variabili d’azione come:

Ik :=1

∮Γk

∑j

pjdqj, (4.18)

dove Γk è il k-esimo circuito fondamentale6 di Tn:

Γk ={(θ1, . . . , θn) ∈ Tn : 0 6 θk 6 2π, θj = cost. ∀ j 6= k

}(4.19)

dove le θk sono un certo set di coordinate angolari. La poca efficacia nel-l’implementazione pratica di questo teorema si ascrive, in particolare, alladifficoltà in cui spesso si incorre di non sapere quale set di coordinate siautile per risolvere il problema in esame.

Sempre per il teorema di Stokes, la scelta della traiettoria dipende solodagli estremi del percorso, pertanto le azioni definite in (4.18) sono indipen-denti dalla scelta del percorso.

Le azioni sono costanti del moto, in quanto gli integrandi pk(q, c)dqkdipendono solo dalle costanti c = f; ciò significa che le azioni commutanorispetto alle parentesi di Poisson:

5 Deformabile con continuità.6 Una delle curve fondamentali che, in un certo senso, definiscono topologicamente cosa sia un

toro. Si veda figura 1.

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4.3 la teoria di hamilton-jacobi 29

{Ik , Ij

}PB =

∑a,b,c

(∂Ik∂fc

∂fc

∂qa

∂Ij

∂fb

∂fb∂pa

−∂Ik∂fc

∂fc

∂pa

∂Ij

∂fb

∂fb∂qa

)=∑b,c

∂Ik∂fc

∂Ij

∂fb{fc , fb}PB = 0

(4.20)

e, in particolare, vale {Ik , H}PB = 0.Le variabili angolari si definiscono mediante la funzione generatrice:7

S(q, I) =

∫qq0

∑j

pjdqj

θk =∂S

∂Ik

(4.21)

Gli angoli sono coordinate periodiche di periodo 2π. La dinamica è datadalle parentesi di Poisson con la nuova hamiltoniana:

Ik = {Ik , H‘}PB θk = {θk , H‘}PB

H‘(I, θ) = H(p(I, θ), q(I, θ))(4.22)

Per come sono state definite le I e le θ valgono le relazioni:

Ik = 0

θk = ωk(I)(4.23)

con ωk(I) anch’essi integrali primi del moto. Le soluzioni alle equazioni delmoto, in queste coordinate sono:

θk(t) = ωk(I)t+ θk(0), Ik(t) = Ik(0) (4.24)

la teoria di hamilton-jacobiUno dei metodi più efficaci per trovare le soluzioni alle equazioni del

moto in un sistema hamiltoniano è stato introdotto da Hamilton e Jacobi8.L’idea che sta alla base di questo metodo è quella di costruire una trasforma-zione canonica che porti dalle coordinate (q, p) al tempo t ad un set di coor-dinate costanti nel tempo che sono le 2n condizioni iniziali del problema.In tal modo le trasformazioni tra le coordinate vecchie e quelle nuove sonoesattamente le soluzioni alle equazioni del moto. Una scelta interessanteper operare questa trasformazione è quella di imporre che la hamiltoniananelle nuove coordinate sia identicamente nulla, in modo da ottenere nuoveposizioni e momenti automaticamente costanti nel tempo.

Si consideri una trasformazione canonica (q, p) 7→ (Q,P) generata da unafunzione F che conduca ad una nuova hamiltoniana K. Le hamiltoniane H eK sono legate secondo la relazione:

7 Il valore q0 è arbitrario, giacché non modifica il valore di θ, in quanto scompare nella derivata.8 Ci si riferirà a [6].

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4.3 la teoria di hamilton-jacobi 30

K = H+∂F

∂t

K = 0 ⇒ H(q, p, t) +∂F

∂t= 0

(4.25)

È conveniente che F sia una funzione di q e P che, tradizionalmente, vienechiamata S(q, P, t). La trasformazione per i momenti p è:

pk =∂S

∂qk, (4.26)

perciò si ottiene:

H

(q1, . . . , qn;

∂S

∂q1, . . . ,

∂S

∂qn; t)+∂S

∂t= 0. (4.27)

L’equazione (4.27) è nota come equazione di Hamilton-Jacobi; si tratta di unaequazione differenziale alle derivate parziali in (n+1) variabili. La funzioneS(q, P, t) è nota come funzione principale di Hamilton.

Supponiamo esista una soluzione all’equazione di Hamilton-Jacobi dellaforma:

S = S(q1, . . . , qn;α1, . . . , αn+1; t), (4.28)

dove le quantità αk sono delle costanti d’integrazione indipendenti. Sicco-me nella (4.27) compaiono solo le derivate parziali di (4.28), anche S+α, conα una generica quantità costante, sarà soluzione di (4.27): ciò significa che,in realtà, una delle αk è irrilevante in quanto è una semplice costante addi-tiva. Senza perdita di generalità si considererà che tale costante additiva siaαn+1.

I nuovi momenti si definiscono essere le n costanti α1, . . . , αn:

Pk = αk. (4.29)

Perciò, secondo la trasformazione canonica, si ha:

pk =∂S(q, α; t)∂qk

Qk = βk =∂S(q, α; t)∂αk

(4.30)

Le costanti di integrazione si ottengono valutando le equazioni (4.30) altempo iniziale t = t0. È possibile invertire le relazioni per ottenere lesoluzioni alle equazioni del moto:

qk = qk(α,β, t)

pk = pk(α,β, t)(4.31)

Con questo metodo alle 2n equazioni (differenziali ordinarie) del motocanoniche ad una variabile si è fatta corrispondere una equazione (differen-ziale alle derivate parziali) a 2n variabili, l’equazione di Hamilton-Jacobi.

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4.3 la teoria di hamilton-jacobi 31

Nel caso in cui H non dipenda esplicitamente dal tempo, si può scrivereS in un modo che risulterà utile. Innanzitutto si osservi che:

dSdt

=∂S

∂qiqi +

∂S

∂t

dSdt

= piqi −H = L,

(4.32)

con L la lagrangiana del sistema. Si ottiene:

S =

∫Ldt+ costante. (4.33)

Se H non dipende dal tempo, dalla (4.32) si osserva che la funzioneprincipale di Hamilton si può scrivere come:

S(q, α; t) =W(q, α) − Et, (4.34)

dove W è chiamata funzione caratteristica di Hamilton. Con W si può costrui-re un’equazione di Hamilton-Jacobi che risulta più comoda nel caso di unsistema autonomo:9

H

(qi,

∂W

∂qi

)= α1 ≡ E. (4.35)

La nuova hamiltoniana della trasformazione generata da W è uguale a quel-la vecchia, dato che W non dipende dal tempo. Perciò K = E. Il resto delladerivazione delle equazioni del moto è simile a quanto svolto in precedenza,e si ottiene:

Pi = αi

Q1 = β1 + t =∂W

∂E

Qk = βk, ∀ k 6= 1

(4.36)

In realtà i nuovi momenti non devono necessariamente essere definiti co-me le αk, ma come delle funzioni qualsiasi γ(α), che potrebbero essere piùcomode nelle applicazioni pratiche.

Separazione delle variabiliNei casi pratici è molto difficile risolvere l’equazione di Hamilton-Jacobi

senza supporre altre semplificazioni. Un caso importante è quello in cuila funzione principale di Hamilton ha una o più coordinate separabili: ciòequivale a dire che S si può scrivere come una somma di funzioni che dipen-dono da una parte delle coordinate. Si supponga che q1 sia una coordinataseparabile; allora:

S(q1, . . . , qn;α1, . . . , αn; t) = S1(q1;α1, . . . , αn; t)+

+ S‘(q2, . . . , qn;α1, . . . , αn; t).(4.37)

9 Per sistema autonomo s’intende un sistema la cui hamiltoniana non dipenda esplicitamentedal tempo e, allo stesso modo, la forma simplettica ω associata allo spazio delle fasi siaindipendente dal tempo.

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4.4 sulla separabilità di alcuni sistemi 32

In questo modo anche l’equazione di Hamilton-Jacobi si suddivide in dueequazioni:

• Una, per la sola coordinata q1, diventa un’equazione differenzialeordinaria ad una variabile;

• L’altra, per le restanti q2, . . . , qn, rimane un’equazione alle derivateparziali con (n− 1) variabili.

Come è facile immaginare, è di particolare importanza (in quanto facileda risolvere) il caso in cui tutte le coordinate siano separabili. In tal caso lafunzione caratteristica di Hamilton diventa:

S =∑i

Si (qi;α1, . . . , αn; t) , (4.38)

e l’equazione di Hamilton-Jacobi diventa un sistema di n equazioni ordina-rie di una variabile:10

Hi

(qi;

∂Si∂qi

;α1, . . . , αn; t)+∂S

∂t= 0 (4.39)

Per sistemi autonomi si ha:

Si(qi;α1, . . . , αn; t) =Wi(qi;α1, . . . , αn) −αit

⇒ Hi

(qi;

∂Wi∂qi

;α1, . . . , αn

)= αi

(4.40)

Quanto mostrato è molto importante: nei casi in cui la funzione princi-pale di Hamilton (o la funzione caratteristica) è completamente separabile,anche la hamiltoniana del sistema si separa in n parti additive. Questa carat-teristica è quella richiesta nel capitolo 1 (e nei successivi) per ottenere tutti ibuoni risultati del formalismo del CPI, in particolare la riduzione dei gradidi libertà del formalismo CPI da 8n a 2n, che sono quelli della meccanicaclassica hamiltoniana.

sulla separabilità di alcuni sistemiSi può facilmente dimostrare come ogni variabile ciclica di una hamilto-

niana sia una variabile separabile. Supponiamo che, per un sistema autono-mo, H sia ciclica rispetto a q1; allora:

H(q;p) = H(q2, . . . , qn;γ, p2, . . . , pn) = E. (4.41)

L’equazione di Hamilton-Jacobi è:

H

(q2, . . . , qn;γ,

∂W

∂q2, . . . ,

∂W

∂qn

)= E. (4.42)

Nel caso in cui q1 fosse separabile, la soluzione sarebbe della forma:

10 In questo paragrafo non vale la convenzione della somma sugli indici ripetuti.

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4.5 sistemi integrabili e cpi 33

W =W1(q1, α) +W‘(q2, . . . , qn;α). (4.43)

Giacché nell’equazione (4.42) non compare la derivata di W rispetto al-la variabile q1, è chiaro che essa è risolta dalla sola W‘. Pertanto si avràche l’equazione di Hamilton-Jacobi è equivalente al sistema di equazionidisaccoppiate:

{p1 = γ = ∂W1

∂q1

H(q2, . . . , qn; ∂W‘

∂q2, . . . , ∂W‘

∂qn

)= E

(4.44)

Evidentemente la soluzione della prima equazione è:

W1 = γq1, (4.45)

perciò si ha:

W = γq1 +W‘. (4.46)

Se tutte le coordinate configurazionali sono cicliche, allora l’equazione diHamilton-Jacobi è completamente separabile e, come si è visto nella sezio-ne 4.3.1, anche la hamiltoniana associata a tali coordinate è completamenteseparabile.

Nonostante la ciclicità di un set di coordinate permetta la completa separa-zione delle variabili di una hamiltoniana, va detto che non è una condizionenecessaria alla separabilità della stessa: una coordinata qi è separabile se,nella hamiltoniana del sistema, la dipendenza da qi e dal momento pi adessa coniugato è relegata ad una funzione f(qi, pi) indipendente dalle altrecoordinate e momenti sommata ad una funzione del resto delle coordinatee dei momenti:

H(q;p; t) = f(qi, pi) + f‘(qj;pj; t), con j 6= i (4.47)

sistemi integrabili e cpiCiò che si è trovato in questo capitolo è che, sotto l’ipotesi dell’esistenza

di n grandezze conservate in involuzione fra loro:

• Un sistema hamiltoniano che occupi una porzione di spazio delle fasicompatta e connessa ammette una trasformazione a variabili azione-angolo;

• Le coordinate azione-angolo producono una hamiltoniana che dipen-de solamente dalle coordinate d’azione, i momenti generalizzati: essaè ciclica rispetto a tutte le n coordinate;

• La hamiltoniana, essendo totalmente ciclica nelle coordinate, è anchecompletamente separabile;

• Una hamiltoniana separabile permette di trovare il set completo dicariche conservate nel formalismo del CPI.

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A A LG E B R E G R A D U AT ESi presentano brevemente le operazioni di commutazione graduata utiliz-

zate nelle varie sezioni della tesi. Ci si riferirà sempre a [2] per la definizionedei commutatori, a [8] per l’algebra di questi ultimi e a [1] per la parte incui tale algebra è specializzata al caso del CPI.

Si definisce il concetto di grado di una variabile A secondo la regola:

gr(A) =

{0, se A è una variabile commutante1, se A è una variabile grassmanniana

(A.1)

Nella letteratura fisica le variabili commutanti vengono anche dette “bo-soniche”, mentre quelle non commutanti (grassmanniane) vengono dette“fermioniche”.

Da qui in avanti le variabili bosoniche saranno indicate con Ei (da Even,pari), mentre le variabili fermioniche con Oi (da Odd, dispari). Si generaliz-za l’usuale nozione di commutatore tra due grandezze [A , B] = AB− BA

mediante:

[A , B] = AB− (−1)gr(A)gr(B)BA, (A.2)

cosicché per due variabili odd il commutatore diventa quello che è altrimentinoto con il nome di anticommutatore.

Si indicano nel seguito le identità di Jacobi, utilizzate per computare lerelazioni di commutazione presenti nel corpo della tesi. Per comodità dinotazione, i commutatori usuali (con segno negativo) saranno indicati conle parentesi quadre, mentre quelli con segno positivo mediante parentesigraffe:1

[E1 , [E2 , E3]] + [E3 , [E1 , E2]] + [E2 , [E3 , E1]] = 0 (A.3)

[E1 , [E2 , O1]] + [O1 , [E1 , E2]] + [E2 , [O1 , E1]] = 0 (A.4)

[E1 , {O1 , O2}] − {O2 , [E1 , O1]}+ {O1 , [O2 , E1]} = 0 (A.5)

[O1 , {O2 , O3}] + [O3 , {O1 , O2}] + [O2 , {O3 , O1}] = 0 (A.6)

Nel caso del CPI, le grandezze (bosoniche o fermioniche che siano) sonodipendenti dal tempo. Il commutatore graduato allora è definito come unvalor medio attorno a un dato tempo dalla relazione:

〈[A(t) , B(t)]〉 = limε→0

⟨A(t− ε)B(t) − (−1)gr(A)gr(B)B(t− ε)A(t)

⟩(A.7)

Il valor medio è fato rispetto al path integral, in particolare al funzionalegeneratore ad esso associato.

1 Nel resto della tesi si sono sempre indicate le parentesi quadre, intendendo l’utilizzo delcommutatore graduato.

34

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B C A LC O LO P E R VA R I A B I L I D IG R A S S M A N N

I numeri di Grassmann, introdotti da Hermann Grassmann verso la finedel XIX secolo,1 sono oggetti η, ζ per cui valgono:

ηζ = −ζη

η2 = 0(B.1)

per ogni η, ζ.Si considerino, ad esempio, gli sviluppi formali in serie di η:

α+βη+ γη2 + . . . (B.2)

con coefficienti α,β, . . . ∈ C. Siccome vale l’identità:

η2 = 0,

la relazione (B.2) viene sempre troncata al prim’ordine in η. Un esempioimportante è:

eαη = 1+αη+α2

2η2 + . . . ≡ 1+αη ∀ α ∈ C, ∀ η (B.3)

In analogia al risultato che si otterrebbe in campo reale, si definisconodelle regole di derivazione a di integrazione. Esse sono date dalle relazioni:2

Regola 2:

• derivata:

ddη

(α+βη) := β, ∀ α,β ∈ C;

• integrale:

–∫αdη := 0 ∀ α ∈ C

–∫ηdη := 1

cosicché valga la relazione:∫(α+βη)dη = β, ∀ α,β ∈ C.

Per funzioni di più variabili la definizione di integrale data nella regola 2

si estende nel seguente modo:

∫f(η1, . . . , ηn)dη1 . . .dηn := c, (B.4)

1 Si veda [9].2 Per ulteriori approfondimenti si veda [10].

35

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b.1 l’espansione del determinante 36

dove c è il coefficiente di ηnηn−1 . . . η1 nell’espansione in serie di f. Adesempio, se f(η1, η2) = η1η2, si ha:

η1η2 = −η2η1

⇒∫η1η2dη1dη2 = −1

(B.5)

l’espansione del determinantePer quanto detto finora, l’integrale gaussiano calcolato con variabili grass-

manniane è dato da:

∫eζαηdηdζ = α, ∀ α ∈ C (B.6)

La precedente relazione si può estendere al caso di 2n variabili:

η1, . . . , ηn, ζ1, . . . , ζn

tali che valgano le identità:

ηiηj = −ηjηi, ζiζj = −ζjζi, ηiζj = −ζjηi+ γδij (B.7)

per ogni i, j = 1, . . . , n e con γ ∈ C fissato. Allora vale il seguente teorema:

Teorema 4: Per ogni matrice complessa A di dimensione n× n e di elementi aijvale la relazione:

∫exp

n∑i,j=1

ζiaijηj

n∏i,j=1

dηidηi = det A (B.8)

La dimostrazione di questo teorema si basa sull’espansione in serie del-l’esponenziale e sulla definizione dell’integrale (B.4); si può trovare, peresempio, in [9] o in [11].

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C C O D I C E D I M AT H E M AT I C AIn questa appendice si mostrerà parte del codice implementato nel pac-

chetto WOLFRAM MATHEMATICA11. In particolare ci si focalizzerà sulcodice utile ad implementare l’algebra di Grassmann in forma matricialeesposta nel capitolo 3 a pagina 17. Per avere informazioni sulle funzio-ni built-in di MATHEMATICA11si veda il sito ufficiale http://reference.

wolfram.com/language/.

alcune funzioni utili Si è estesa la funzione TensorProduct in modoche si potesse applicare ad oggetti di tipo List.

In[1]:= TProd[list_]:=TensorProduct@@list;

a_⊗⊗⊗b_:=TProd[{a,b}];

Si sono definite alcune funzioni utili ad estendere l’utilizzo del prodot-to matriciale a matrici che contengano elementi di tipo Function cosa che,altrimenti, avrebbe prodotto errori di vario genere.

In[2]:= f6=#1/. (a1_+a2_+(a3_:0)+(a4_:0)+(a5_:0)+(a6_:0))[b_]:→:→:→a1[b]+a2[b]+a3[b]+a4[b]+a5[b]+a6[b]&;

headmod:=#1/. head_?NumberQ[a___]:→:→:→head a&

λλλmod2:=#1/. {((bef___:1) λλλp1)[aft___]:→:→:→bef (-i ∂∂∂p1#1&)[Times@@{aft}],

((bef___:1)λλλq1)[aft___]:→:→:→bef(-i ∂∂∂q1#1&)[Times@@{aft}],

((bef___:1)λλλp2)[aft___]:→:→:→bef(-i ∂∂∂p2#1&)[Times@@{aft}],

((bef___:1)λλλq2)[aft___]:→:→:→bef(-i ∂∂∂q2#1&)[Times@@{aft}],

((bef___:1)λλλp3)[aft___]:→:→:→bef(-i ∂∂∂p3#1&)[Times@@{aft}],

((bef___:1)λλλq3)[aft___]:→:→:→bef(-i ∂∂∂q3#1&)[Times@@{aft}]

}&;

a_···b_:=headmod[λλλmod2[headmod[f6[Inner[#1[#2]&,a,b]]]]];

Si è definita la matrice simplettica standard n-dimensionale partendodalla definizione per n = 1 ed estendendola al caso generale grazie allafunzione blockMat:

In[3]:= blockMat[nblock_,matblock_]:=Fold[ArrayFlatten[

{{#1,0},{0,#2}}]&,matblock,Table[matblock,{nblock-1}]];

ωωω1={{0,-1},{1,0}};

ωωω[n_]:=blockMat[n,ωωω1];

lo spazio delle fasi Si è definito uno spazio delle fasi con n 6 3, cheè sufficiente per l’uso del codice che viene fatto in questa tesi. Per poterutilizzare il programma in dimensioni superiori basta aggiungere le variabilia cui si è interessati nelle definizioni delle variabili di fase che si trovano nelcodice seguente.

37

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codice di mathematica 38

La hamiltoniana è una funzione generica delle variabili di fase; per im-plementare una hamiltoniana particolare basta definire una funzione H(φφφ_)

nel modo usuale.

In[4]:= p={p1,p2,p3};

q={q1,q2,q3};

φφφ={};

For[cf=1,cf6662 n,cf++,

AppendTo[φφφ,If[EvenQ[cf],q[[cf

2]],p[[

cf+1

2]]]]];

λλλ={λλλp1,λλλq1,λλλp2,λλλq2,λλλp3,λλλq3};

h[φφφ_]:=H@@φφφ;

deh[a_]:=∂∂∂φφφ[[a]]h[φφφ];

l’algebra di grassmann Vengono definite le variabili di Grassmann c ec secondo le equazioni (3.19).

In[5]:= c[k_]:=Module[{ctemp},

ctemp=If[1666k6662n,TProd[Table[σσσ[3],

{k-1}]]⊗⊗⊗σσσ-

2⊗⊗⊗TProd[Table[Id,{2 n-k}]]];

While[ArrayDepth[ctemp]>2,ctemp=ArrayFlatten[ctemp]];

ctemp];

cbar[j_]:=Module[{ctemp},

ctemp=If[1666j6662n,TProd[Table[σσσ[3],

{j-1}]]⊗⊗⊗σσσ+

2⊗⊗⊗TProd[Table[Id,{2 n-j}]]];

While[ArrayDepth[ctemp]>2,ctemp=ArrayFlatten[ctemp]];

ctemp];

definizione delle cariche Le cariche conservate di equazione (2.5) ven-gono definite come somma delle “sottocariche” dello stesso tipo di quella diequazione (2.12) a pagina 12: in questo modo si assegna un nome diversoa ciascuna di esse, e così è facile richiamarle nel programma qualora neces-sario. Tale possibilità ha permesso di ottenere la condizione di equivalenzaCPI-MC del paragrafo 3.4, in cui vengono utilizzate proprio tali sottocariche.I nomi utilizzati nel programma ricordano quelli delle cariche: la QBRS èchiamata Q, la QBRS è chiamata Qb, dove le b sta per “barrato”, ad indicareil simbolo sopra il nome della carica, e così via. La sottocariche vengono in-serite in oggetti di tipo List, indicate con la lettera l nel nome. Ad esempioQl[[1]] corrisponde a Q(1)

BRS.

In[6]:= Ql={};Qbl={};Qgl={};Kl={};Kbl={};

NHl={};NHbl={};NOl={};NObl={};

For[i=1,i666n,i++,

AppendTo[Ql,i

2i∑∑∑a=2i-1

c[a] λλλ[[a]]];

AppendTo[Qbl,i

2i∑∑∑a=2i-1

2i∑∑∑b=2i-1

cbar[a] ωωω[n][[a,b]]*λλλ[[b]]];

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codice di mathematica 39

AppendTo[Qgl,

2i∑∑∑a=2i-1

c[a].cbar[a]];

AppendTo[Kl,1

2

2i∑∑∑a=2i-1

2i∑∑∑b=2i-1

-ωωω[n][[a,b]] c[a].c[b]];

AppendTo[Kbl,1

2

2i∑∑∑a=2i-1

2i∑∑∑b=2i-1

ωωω[n][[a,b]] cbar[a].cbar[b]];

AppendTo[NHl,

2i∑∑∑a=2i-1

c[a] deh[a]];

AppendTo[NHbl,

2i∑∑∑a=2i-1

2i∑∑∑b=2i-1

cbar[a] ωωω[n][[a,b]] deh[b]];

AppendTo[NOl,

2i∑∑∑a=2i-1

c[a] deO[a]];

AppendTo[NObl,

2i∑∑∑a=2i-1

2i∑∑∑b=2i-1

cbar[a] ωωω[n][[a,b]] deO[b]];];

Q=Total[Ql];Qb=Total[Qbl];Qg=Total[Qgl];

K=Total[Kl];Kb=Total[Kbl];NH=Total[NHl];

NHb=Total[NHbl];

la super-hamiltoniana La funzione H, chiamata Ham nel programma,viene definita allo stesso modo delle altre cariche del CPI, con l’accortez-za di tenere separate la parte “scalare” di H, qui denominata A, da quella“funzionale”, denominata L.

In[7]:= L=IdentityMatrix[4n]

2n∑∑∑a=1

2n∑∑∑b=1

(ωωω[n][[a,b]] deh[b]) λλλ[[a]];

A=i

2n∑∑∑a=1

2n∑∑∑b=1

2n∑∑∑d=1

-(ωωω[n][[a,d]] ∂∂∂φφφ[[d]]deh[b] c[b].cbar[a]);

Ham=L+A;

un esempio di commutatore Si mostra nel seguito il codice utile a calco-lare il commutatore fra H e QBRS in forma matriciale con n = 1, applicato auno stato ψ generico come quello di equazione (3.3) a pagina 17. Si ricordache, come detto nella regola 1, nell’implementazione si calcola l’azione delcommutatore su uno stato generico, non il commutatore stesso.

In[8]:= A.(Q···ψψψ[[1]])+L···(Q···ψψψ[[1]])-Q···A.ψψψ[[1]]-Q···(L···ψψψ[[1]])

In questo caso le due matrici commutano per ogni hamiltoniana H, perciòsi ottiene:

Out[8]= {0,0,0,0}.

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[3] R. Abraham e J.E. Marsden. Foundations of Mechanics. AMS Chelseapublishing. AMS Chelsea Pub./American Mathematical Society, 1978.isbn: 9780821844380. url: https://books.google.it/books?id=4Y-ownk6ilsC.

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bibliografia 41

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