Pat delle associazioni

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Lettera introduttiva alla proposta di PAT delle Associazioni. Crescita economica, egemonia culturale e metastasi urbane. Nel 1958, quando già sapeva di essere gravemente ammalato, Giuseppe Tomasi di Lampedusa scrisse un racconto, La Sirena, che fu pubblicato nel 1961. Una storia racchiusa in un’altra ambientata a Torino nel 1938, in cui un vecchio professore siciliano di greco che vive in un volontario isolamento dal mondo, pochi mesi prima di togliersi la vita gettandosi in mare da una nave, narra a un giovane cronista siciliano provvisoriamente residente in quella città la storia d’amore straordinaria da lui vissuta con una sirena nell’estate del 1887, mentre in una casetta in riva al mare, sulla costa orientale della Sicilia, si preparava al concorso per la cattedra universitaria. In un passaggio del suo racconto, rivolgendosi al suo interlocutore, gli chiede: Sei stato mai ad Augusta, tu …? E in quel golfettino interno, più in su di punta Izzo, dietro la collina che sovrasta le saline …? Certo è il più bel posto della Sicilia, per fortuna non ancora scoperto dai dopolavoristi. La costa è selvaggia, … completamente deserta, non si vede neppure una casa; il mare è del colore dei pavoni; e proprio di fronte, al di là di queste onde cangianti, sale l’Etna; da nessun altro posto è bello come da lì, calmo, possente, davvero divino. È uno di quei luoghi nei quali si vede l’aspetto eterno di quell’isola che tanto scioccamente ha volto le spalle alla sua vocazione che era quella di servir da pascolo per gli armenti del sole. Quel posto è Priolo: venti chilometri di costa, tra Catania e Siracusa, devastati dalle politiche di sviluppo del mezzogiorno. Una successione di edifici industriali costruiti negli anni cinquanta del secolo scorso, dove sono state collocate le produzioni più insalubri: dall’amianto alla petrolchimica, dalla raffinazione del petrolio allo stoccaggio dei prodotti di raffinazione, con il contorno delle piattaforme logistiche per i camion e degli attracchi per le petroliere. Venti chilometri di mare non più balneabile, di capannoni in parte degradati, con travi di ferro affioranti da muri di cemento scrostati, finestre arrugginite, vetri rotti, cumuli di rifiuti. Dall’altro lato della strada statale paesi i cui i centri storici, per modesti che fossero, la piazza con la chiesa e il municipio, sono stati avvolti da successive concrezioni di condomini bisognosi da subito di manutenzioni mai fatte, di casette squadrate a un piano spesso intonacate solo in parte, da cui affiorano tondini di ferro in attesa di sopraelevazioni, di strade dall’asfalto sconnesso bordate da file ininterrotte di automobili. Luoghi in cui un antico saper fare, connotato qualitativamente e finalizzato all’autoproduzione di beni è stato annientato da un’arroganza tecnologica finalizzata alla produzione di quantità sempre crescenti di merci e dalla omologazione sui modelli di comportamento consumistici. Dove l’aria è diventata irrespirabile, l’acqua imbevibile, molti terreni agricoli sono stati abbandonati, le percentuali dei tumori e delle deformazioni infantili hanno valori superiori alla media. Il 27 ottobre 1962, quando per cause non ancora accertate che, senza essere profeti, si può dire non lo saranno mai, il piccolo aereo dell’Eni su cui viaggiava Enrico Mattei precipitò al suolo nei pressi di Bascapè, il presidente della compagnia petrolifera italiana tornava da un viaggio lampo in Sicilia, dove dal balcone del Municipio di Gagliano Castelferrato, attorniato dai deputati siciliani del Parlamento e dell’Assemblea regionale, aveva annunciato il ritrovamento di importanti giacimenti di gas metano nelle campagne circostanti e l’inizio, ormai imminente, di uno sviluppo industriale che avrebbe portato in quei luoghi ricchezza e benessere. Alla fine del discorso scese nella piazza, dove fu accolto al lancio di coriandoli da una folla festante che lo accompagnò in una sorta di processione fino all’automobile. Del resto, che le sue non fossero semplici promesse ma fatti, acta non verba, era appena stato dimostrato dalla realizzazione a Gela di un grande impianto petrolifero, petrolchimico e chimico che aveva stravolto, in modo non dissimile dalla costa di Priolo, il tratto di costa su cui greci nel VII secolo avanti Cristo avevano fondato la più importate delle loro colonie sull’isola. Questi processi, devastanti e irreversibili, di trasformazione del paesaggio, ossia dei luoghi lentamente antropizzati nel corso dei secoli e, insieme ad essi, del sistema dei valori delle generazioni che li stavano abitando e di quelle che li avrebbero abitati in futuro, non si sarebbero potuti realizzare se non fossero stati vissuti come fattori di progresso, se non avessero avuto il consenso di tutti gli strati sociali, se tutti gli strati sociali non fossero stati convinti che avrebbero comportato miglioramenti alle loro condizioni di vita. Se Mattei non fosse stato accolto come un benefattore dalla popolazione e dai politici di tutti i colori. Appena un anno dopo il discorso di Gagliano Castelferrato e la morte di Mattei, nell’ottobre del 1963, sempre in Sicilia ma questa volta a Palermo, un gruppo di intellettuali italiani diede vita a un movimento di avanguardia che, per sottolineare la sua volontà innovativa anche rispetto alle avanguardie storiche del novecento si autodefinì neo-avanguardia: il Gruppo 63. Rievocando lo spirito che li animava, uno dei principali esponenti di quel movimento, Renato Barilli, nel 2007 ha scritto: «L’Italia del dopoguerra voleva crescere, lasciarsi alle spalle le miserie della civiltà contadina, muoversi verso la cultura industriale, l’urbanesimo», liberarsi dai vincoli di un «mondo riduttivo, chiuso al progresso». L’Italia del dopoguerra voleva crescere, muoversi verso la cultura industriale, l’urbanesimo, il progresso. Questi sono stati in sintesi i moventi del processo che, con l’apporto di una potenza tecnologica sempre maggiore, in poco più di

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cinquant’anni ha distrutto i paesaggi a cui gli esseri umani che li hanno abitati avevano aggiunto col lavoro di secoli bellezza alla bellezza originaria. Questi sono stati i capisaldi della cultura che lo hanno reso desiderabile e connotato positivamente nell’immaginario collettivo. Cosa significa il verbo crescere quando viene applicato alle attività economiche e produttive? La crescita non è, come si fa credere e si fa finta di credere, l’aumento della produzione di beni che migliorano la qualità della vita, perché il parametro che la misura, il prodotto interno lordo, può calcolare soltanto il valore monetario degli oggetti e dei servizi che vengono scambiati con denaro, cioè le merci, ma non può dare nessuna indicazione sulla loro qualità, sulla loro utilità, o sui danni che causano agli ambienti e alle persone nei modi in cui vengono prodotte, quando vengono utilizzate e quando vengono smaltite, come una bilancia può misurare soltanto il peso e non può dare nessuna indicazione sulla qualità di ciò che pesa. Può indicare quanto pesa una certa quantità di mele, ma non se sono buone o cattive, mature, acide o appassite. Queste considerazioni di un’ovvietà banale sono state escluse dalla valutazione della produzione di merci e la quantità ha preso il posto della qualità. «Più» è diventato sinonimo di «meglio». Mentre le economie finalizzate alla sussistenza, alla produzione di beni per autoconsumo, si fondano sulla misura, perché produrre più di quello che serve non avrebbe senso, le economie finalizzate alla crescita della produzione di merci si fondano sulla dismisura. Per produrre sempre di più occorre in primo luogo accrescere in continuazione la potenza tecnologica, costruire macchine operatrici sempre più potenti in grado di aumentare la produttività; ma se se si produce sempre di più occorre indurre le persone a consumare sempre di più, perché se tutto ciò che viene prodotto non venisse consumato come si potrebbe continuare a produrre sempre di più? Sarebbe stato possibile devastare il paesaggio che Tomasi di Lampedusa considerava il più bello di tutta la Sicilia, sarebbe stato possibile devastare il paesaggio del luogo scelto dai greci per fondare la loro colonia più importante sull’isola, se il «più» non fosse stato identificato nell’immaginario collettivo col «meglio», se il modo di produzione industriale e le innovazioni tecnologiche non fossero state considerate fattori di progresso perché consentono di accrescere la produzione di merci, se la crescita dei consumi di merci non fosse stata considerata un miglioramento rispetto all’autoproduzione di beni, se la salubrità dei luoghi e la salute umana fossero state considerate più importanti del reddito monetario? Oggi è possibile fermare la devastazione dei paesaggi senza una rivoluzione culturale che smonti nell’immaginario collettivo il valore della crescita? Tutti i piani regolatori hanno sempre previsto, si potrebbe dire «per definizione», consistenti aumenti delle superfici edificabili, indipendentemente dal colore politico delle giunte. Più in generale l’edilizia ha svolto una funzione di traino per la crescita economica in tutti i paesi industrializzati. Quand le bâtiment va, tout va, hanno sintetizzato i francesi con una frase entrata nel lessico internazionale. Se la crescita del settore edile è il fattore trainante della crescita economica e la crescita economica viene identificata col progresso e il benessere; se, per ripetere le parole di Barilli, si è convinti che l’urbanesimo costituisca un progresso rispetto alle miserie della civiltà contadina, non è possibile ridurre le devastazioni paesaggistiche operate da un’edilizia finalizzata a costruire sempre di più e in modi sempre meno qualificati ponendole semplicemente dei limiti a tutela dei paesaggi. I paesaggi sono stati disegnati dalla civiltà contadina, la loro tutela, non fosse altro dal punto di vista idrogeologico, non si può realizzare se non nell’ambito di una rivalutazione della civiltà contadina e di un ridimensionamento dell’urbanesimo. Un’edilizia capace di aggiungere bellezza alla bellezza originaria dei luoghi si può sviluppare soltanto all’interno di un paradigma culturale che liberi il fare dalla finalizzazione a fare sempre di più (la crescita della produzione di merci) e lo ridefinisca nella sua connaturata dimensione qualitativa, facendolo tornare ad essere un fare bene finalizzato alla contemplazione di ciò che si è fatto. La decrescita, se correttamente intesa, è in grado di fornire il contesto culturale necessario a fare questo passaggio. La decrescita non è la riduzione quantitativa della produzione di merci. Non è la semplice sostituzione del segno più col segno meno davanti al valore monetario del prodotto interno lordo perché in questo modo non si uscirebbe dalla valutazione quantitativa del fare. La decrescita non può essere confusa con la recessione. Tra decrescita e recessione c’è un rapporto analogo a quello che intercorre tra una persona che mangia meno di quanto vorrebbe perché ha deciso di fare una dieta, e una persona che mangia meno di quanto vorrebbe perché non ne ha. A partire dalla distinzione concettuale tra beni e merci, la decrescita si realizza, in primo luogo diminuendo la produzione e il consumo di merci che non sono beni (per esempio: l’energia che si disperde da una casa mal costruita), ma non dei beni che si possono ottenere solo in forma di merci (per esempio, un computer o una tac). E in secondo luogo si realizza aumentando la produzione e l’uso di beni che non passano attraverso uno scambio di denaro, o perché si possono più vantaggiosamente autoprodurre (per esempio: alcuni generi alimentari o alcune riparazioni), o perché si possono più vantaggiosamente scambiare sotto forma di dono

e reciprocità nell’ambito di rapporti comunitari (molti servizi alla persona), o perché non possono essere comprati e venduti (i beni relazionali: l’amore, la solidarietà ecc.). La decrescita reintroduce criteri di valutazione qualitativi nel fare umano e si propone di ridurre gli scambi commerciali alla loro dimensione fisiologica rispetto ai più rozzi criteri di valutazione semplicemente quantitativa e all’onnimercificazione utilizzati nel calcolo del prodotto interno lordo. È una vera e propria rivoluzione

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culturale, in grado di costruire un diverso immaginario collettivo, definire un diverso sistema di valori e sviluppare una legislazione urbanistica finalizzata non solo a tutelare i paesaggi, ma a favorire la ripresa di quell’opera sapiente e paziente con cui gli esseri umani hanno aggiunto nel corso dei secoli bellezza alla bellezza originaria dei luoghi in cui vivono. Solo all’interno di questo cambiamento di paradigma è possibile proporre, non come misura contenitiva ma come proposta progettuale per un futuro migliore, il blocco dell’espansione edilizia, a partire da una indagine conoscitiva degli edifici vuoti, come proposto dal Forum italiano dei movimenti per la terra e il paesaggio. Ma dal dopoguerra a oggi non si è costruito solo troppo, si è anche costruito male, dal punto di vista estetico, ingegneristico, ambientale ed energetico. Per il riscaldamento invernale i nostri edifici consumano in media 200 chilowattora al metro quadrato all’anno, mentre in Germania la legislazione non consente che si superi un consumo di 70 chilowattora e gli edifici più efficienti ne consumano 15. Contestualmente al blocco dell’espansione urbanistica occorre pertanto avviare una politica finalizzata a ripristinare la bellezza dei paesaggi, riducendo la quantità e migliorando la qualità degli edifici esistenti. A tal fine non si potrà prescindere dall’avviare progressivi processi di decostruzione delle aree urbane più degradate e la loro rinaturalizzazione, sull’esempio di quanto sta avvenendo a Detroit. Al contempo si dovrà procedere alla riqualificazione degli edifici esistenti, in particolare dal punto di vista energetico, non soltanto perché ciò consente di ridurre nella maniera più significativa le emissioni di anidride carbonica, ma anche perché la riduzione delle dispersioni termiche non comporta peggioramenti delle condizioni di benessere e ripaga i suoi costi d’investimento con la riduzione dei costi di gestione. Una politica urbanistica di questo genere consentirebbe di superare la crisi che attanaglia il settore dell’edilizia, dove più che le politiche fiscali hanno inciso la saturazione del mercato e il progressivo aumento degli edifici invenduti. Solo la riduzione della quantità e il miglioramento della qualità, coerentemente al paradigma culturale della decrescita sono in grado di ridare fiato al settore. Le possibilità che questa svolta possa avvenire sono maggiori di quanto si creda perché da alcuni decenni non sono più soltanto alcuni architetti e urbanisti illuminati a formulare proposte di questo genere, ma anche settori sempre più vasti dell’opinione pubblica e della società civile, a partire dalla tanto vituperata sindrome nimby che, seppure non immune da connotazioni egoistiche, ha segnato la rottura dell’egemonia culturale della crescita rimettendo in discussione la sua identificazione col concetto di progresso. Oggi un’accoglienza festante come quella ricevuta da Mattei nella piazza di Gagliano Castelferrato non è più immaginabile. Oggi le grandi opere e i grandi impianti industriali che distruggono i paesaggi e la vita degli esseri umani che li abitano devono essere imposti con la forza, l’occupazione militare del territorio, la demonizzazione mediatica di chi li rifiuta. Una saldatura tra questi movimenti e gli intellettuali impegnati a costruire un paradigma culturale dove il fare torni ad essere un fare bene e il fine del fare bene sia la possibilità di contemplare ciò che si è fatto, può essere decisiva per imprimere una direzione positiva alla svolta della storia che stiamo vivendo.

Maurizio Pallante MDF VERONA

UN PAT PER VIVERE BENE CONSUMANDO MENO

Vivere in pace e bene in un contesto urbano: le richieste

dell'associazionismo L'Associazionismo veronese, a seguito di un confronto interno su una corretta attuazione dei piani di sviluppo territoriali sono giunte alla consapevolezza della necessità d'inversione del modello di sviluppo fino ad oggi adottato per continuare a vivere bene e in pace consumando meno, sprecando meno, con più sobrietà, cominciando dalla terra intesa come suolo. Le associazioni della provincia di Verona chiedono ai comuni interessati, adesione al presente Documento Preliminare al Piano Regolatore Generale Comunale (PRGC), ora Piano di Assetto del Territorio (PAT), che i

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Comuni del veronese sono e saranno chiamati a discutere. Le associazioni della provincia di Verona chiedono altresì a tutte le forze politiche attualmente in corsa per le elezioni adesione al presente Documento Preliminare e del Piano di Assetto del Territorio (PAT), che i Comuni del veronese sono e saranno chiamati a discutere. Partendo dall'art. 9 della nostra Costituzione, che dice di salvaguardare il territorio e il paesaggio, le associazioni sottoscriventi il documento “UN PAT PER VIVERE BENE CONSUMANDO MENO” rilevano le seguenti considerazioni sull' aspetto fondamentale del sistema insediativo (cioè abitare in un territorio) e il consumo di ulteriore territorio per nuovi insediamenti. La domanda posta dalle Associazioni è come riuscire a usufruire di una offerta abitativa per chiunque, ad offrire la possibilità di vivere bene e in pace, abitare, lavorare, spostarsi e ricrearsi (diritto all'abitare) – ovviamente in rapporto al proprio reddito – e contemporaneamente salvaguardare il capitale naturale costituito dal suolo (sostenibilità)? Oggi sappiamo cosa non bisogna fare. Infatti, pur avendo nel recente e lontano passato, introdotto azioni insostenibili con una cementificazione notevole, non abbiamo risolto il problema dell'abitare, anzi questo diritto per tanti è oggi meno concretizzabile che in passato. Ci sono tante case e ci sono tanti cittadini senza casa. L'espansione edilizia, non ha risolto il problema della casa, ma ha, in compenso, trasformato ettari di suolo agricolo in suolo edificabile coprendolo di infrastrutture che hanno dissanguato i bilanci comunali e non solo, depauperando parte del nostro capitale naturale. Stabilito che la nuova e continua edificazione non risolve il dilemma della sostenibilità e del diritto all'abitare le Associazioni del Veronese sottoscriventi hanno redatto le seguenti le seguenti regole. 1) Non si prevedano nuove aree edificabili fino a ché non si sia completato il piano esistente; 2) Si incentivi la edificazione che recuperi edifici esistenti o aree dismesse; 3) Orientare la ristrutturazione edilizia verso principi di sostenibilità e di risparmio energetico portando il consumo a litro/metro quadro a valori o 7/12 lt/mtq (vedi Alto Adige) 4) Si trovino (tassa di scopo) nuove entrate per il comune non legate alla edificazione; 5) Si trovino nuove leve fiscali (fiscalità di scopo) per “costringere” i possessori di case e appartamenti, a immettere nel mercato l'esiste, il già costruito; 6) Il comune diventi un operatore immobiliare per operare nel settore edilizio e calmierare i prezzi del mercato oggi elevati; 7) Si riduca il traffico da trasporto pesante incentivando scambi e mercati locali (edilizia con materiali del luogo, ma anche forniture di cibo locale nelle mense degli edifici pubblici).

UN PAT PER VIVERE BENE CONSUMANDO MENO (Portogruaro)

Vivere in pace e bene in un contesto urbano: il progetto

PREMESSA MDF Verona, assieme all'associazionismo veronese, hanno elaborato

il progetto

"UN PAT PER VIVERE BENE CONSUMANDO MENO"

PAT PER VIVERE BENE CONSUMANDO MENO: LA PIANIFICAZIONE TERRITORIALE

Se il bene più grande di cui disponiamo, ma del quale non siamo padroni a nessun titolo, può essere

sintetizzato nelle due parole terra e territorio, l'attività di una Amministrazione Pubblica deve

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innanzitutto concentrare ogni suo sforzo a salvaguardare la prima ed a far conoscere e promuovere

la seconda.

PAT PER VIVERE BENE CONSUMANDO MENO rappresenta una parte dell’attività

amministrativa e specificatamente quella che organizza la pianificazione territoriale partendo dalla

città esistente e dalla equilibrata coesistenza delle sue funzioni che sono:

FUNZIONI DELLA CITTA' A- Abitare. Spazio dove sono previsti insediamenti per:

1-Residenza; 2-Asili, scuole; 3-Negozi, mercati;4-Ambulatori, farmacie;5-Uffici postali,

amministrativi;5-Giardini pubblici, campi sportivi, palestre ecc. -

B- Lavorare. Spazio dove sono previsti insediamenti per:

1-Botteghe, artigiani;2-Negozi, alberghi, ecc. -

C- Ricrearsi. Spazio dove sono spazi ed edifici per:

1-Parchi;2-Teatri, cinematografi, sale da ballo;3-Stadi;4-Musei, biblioteche, ecc. -

D- Circolare. Spazio dove è possibile circolare:

1-A piedi;2-In bicicletta;3-In automobile, treno, autobus, taxi, ecc.

Per raggiungere l’obiettivo di vivere in pace e bene in un contesto urbano, è indispensabile che le

funzioni sopraindicate non solo siano tutte presenti ma soprattutto si attuino in un giusto equilibrio

fra sviluppo e qualità.

PAT PER VIVERE BENE CONSUMANDO MENO è un progetto amministrativo partecipato che

si costruisce per stralci, in tempi lunghi che vanno oltre le scadenze amministrative e che soprattutto

richiede un nuovo modo di vita, più attento alla quantità e qualità dei consumi nell’ottica, dello

sviluppo sostenibile o, per essere più incisivi, dello sviluppo possibile.

OPERAZIONI DA ESEGUIRE Le operazioni da eseguire per arrivare alla sua attuazione devono partire dalla definizione della

metodologia di lavoro, dalla conoscenza del territorio e dei suoi mutamenti e dalla progettazione ed

esecuzione di interventi coerenti.

Esse sono:

1-METODO. Applicare i principi della carta di Aalborg (1994 Campagna delle Città Europee

Sostenibili) e Agenda 21 (adottata da 168 governi di tutto il mondo).

I grandi e complessi progetti amministrativi non possono essere attuati senza la partecipazione e la

conseguente crescita culturale dei residenti attraverso l’applicazione dei principi e delle

metodologie sopradescritte.

2-CONOSCENZA. Costruire un sistema informativo territoriale (SIT) per conoscere la

qualità urbana, aggiornato, comparato e pubblico.

PAT PER VIVERE BENE CONSUMANDO MENO deve saper valutare, confrontare, confrontare

nel tempo e rendere pubblici una serie di parametri che ne definiscano la qualità urbana.

Il SIT deve essere aggiornato, comparato e pubblico.

I dati che formano il SIT sono:

- Monitoraggio dell’aria in particolare NO2 , PM10

- Quantità dei rifiuti prodotti

- Quantità della raccolta differenziata

- Consumi dell’acqua potabile

- Quantità dei nitrati presenti nei corsi d’acqua

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- Capacità di depurazione delle acque di fognatura

- Consumi elettrici domestici

- Consumi dei carburanti

- Numero di persone trasportate ogni anno con i mezzi pubblici

- Numero di auto circolanti

- Superficie di territorio pedonalizzato

- Superficie del territorio a traffico limitato, Chilometri di piste ciclabili

- Superficie del territorio a verde urbano

- Superficie del territorio a verde naturale

- Numero di imprese certificate ISO 14000

- Volume dell’abusivismo edilizio

- Volume degli acquisti pubblici verdi -

3-PIANO D'AZIONE ENERGIA. Progettare ed attuare un Piano di azione per l’efficienza

energetica e per l’uso delle energie prodotte con sistemi sostenibili.

La città solare prima di usare l’energia rinnovabile deve evitare di sprecarla “tappando i

buchi” che caratterizzano i normali luoghi di vita.

I contenuti di questo piano sono:

-Valutazione dell’efficienza energetica degli edifici pubblici

-Attuazioni di azioni per aumentare l’efficienza energetica degli edifici

-Attuazioni di azioni per promuovere e produrre l’energia da fonti rinnovabili

-Attuazione di un regolamento edilizio energetico

-Attuazione di un capitolato d’appalto per opere di efficienza energetica

-Attuazione di un piano regolatore della illuminazione pubblica

-Piano della luce

-Corsi di formazione per l'efficienza energetica

-.

4- TRAFFICO. Progettare ed attuare il Piano per la mobilità sostenibile.

PAT PER VIVERE BENE CONSUMANDO MENO deve assicurare a tutti i cittadini l’accesso ai

beni, ai servizi, alla residenza, all’impiego, consentendo la circolazione delle merci e diminuendo il

flusso di traffico veicolare.

Le azioni previste sono:

A MOBILITA'

-Indagini preliminari, costruzioni di un SIT e verifica dell’attuazione

-Diminuzione del traffico

-Fluidificazione del traffico

-Percorsi alternativi all’auto, sicuri

-Sviluppo del trasporto pubblico

-Sviluppo dei sistemi di sosta e scambio ai margini della città

-Sviluppo delle aree pedonalizzate e a traffico limitato

-Isole Ambientali

-SIT del traffico

-Mobility Manager

-Manutenzione programmata

-Informazione ed educazione

-Controllo e vigilanza

B MOBILITA' SPECIFICA'. Progettare ed attuare un Piano per la eliminazione delle barriere

architettoniche.

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PAT PER VIVERE BENE CONSUMANDO MENO deve permettere a tutti di muoversi e circolare

nelle migliori delle condizioni possibili. Una città senza barriere è una città per tutti non solo per i

diversamente abili.

Il Piano può essere così elaborato:

-Individuazione delle barriere

-Eliminazione delle barriere negli edifici pubblici e privati di interesse pubblico

-Eliminazione delle barriere negli spazi ad uso pubblico

-Eliminazione delle barriere non solo fisiche -

5- SUOLO. Progettare ed attuare il Piano del suolo

PAT PER VIVERE BENE CONSUMANDO MENO, all’interno del proprio piano regolatore deve

sviluppare prioritariamente la progettazione e l’attuazione degli spazi oggi inedificati perché risorsa

limitata. Quando uno spazio inedificato viene edificato, una ulteriore parte delle città viene

occupata. Non è più possibile considerare un’area inedificata come una potenziale zona per nuova

edificazione. La revisione del piano esistente con la progettazione del nuovo Piano di Assetto

Territoriale deve essere una occasione per costruire gli spazi inedificati, per garantire attraverso la

contrattazione la soluzione al diritto di abitare e favorire la qualità urbana.

Il piano prevede:

-Individuazione vincolo delle aree inedificate

-Progettazione ed attuazione del piano della qualità urbana (Piano del verde)

-(Piano della casa sostenibile)

-Progettazione ed attuazione del piano di risanamento ambientale

6- RIFIUTI. Progettare ed attuare il Piano dei rifiuti

Il Piano può essere così elaborato:

-Non produrre rifiuti

-Recuperare

-Riciclare

-Riusare

-Differenziare -

7- ACQUA PUBBLICA PARTECIPATA Progettare ed attuare il Piano dell'acqua partecipata

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1 APPLICARE I PRINCIPI DELLA CARTA DI AALBORG E AGENDA 21

A] CARTA DI AALBORG 1994 Campagna delle Città Europee Sostenibili

1 Governo partecipato

2-Governo per la sostenibilità

3- Governo per la salvaguardia delle risorse naturali

4-Governo per un consumo responsabile

5-Governo per una corretta pianificazione urbana

B] AGENDA 21 (adottata da 168 governi di tutto il mondo)

1 Attivazione forum

2-Consultazione permanente

3- Rapporto sullo stato dell'ambiente

4-Obiettivi e priorità

5-Piano di azione ambientale

6-Monitoraggio, valutazione e aggiornamento del piano d azione

VIVERE CON STILE

DIFFONDERE STILI DI VITA SOSTENIBILI TRA I CITTADINI

Consumo critico

Finanza etica e uso responsabile del denaro, reti del commercio equosolidale, gruppi di acquisto

solidale, scambi di beni non mediato dal denaro,baratto, autoproduzione dei beni, consumo

consapevole di prodotti in base alla loro provenienza e al loro impatto sull'ambiente, utilizzo del

software libero.

Alimentazione

Impatto degli stili alimentari sul pianeta, agricoltura biologica, filiere corte di produzione e

consumo di cibo, qualità ed importanza dell'uso dell'acqua di rubinetto, reti locali di produzione,

acquisto diretto in azienda, stagionalità degli alimenti.

Mobilità sostenibile

Uso della bicicletta, turismo consapevole, azzeramento delle emissioni, esperienze di mobilità

alternativa, trazione elettrica e combustibili alternativi, carpooling e carsharing.

Bioedilizia e risparmio energetico

Ristrutturazione energetica delle abitazioni, energia solare termica, energia fotovoltaica, geotermia,

materiali naturali

MENSA SCOLASTICA

Obiettivo: consumare meno energia

1 Acqua di rubinetto al posto di quella minerale in bottiglie di plastica

2 Sostituire le stoviglie in plastica usa e getta con stoviglie biodegradabili

3 Alimenti biologici

(Seguono adesioni delle Associazioni della Provincia di Verona)