PARTITO DEMOCRATICO ZONA ADDA - MARTESANA · “ricostruzione e scuole fuori dal patto di...

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PARTITO DEMOCRATICO ZONA ADDA - MARTESANA Scadenze, materiale, proposte da approfondire nelle riunioni dei Circoli della prossima settimana 06 novembre 2016 Per pubblicare le notizie che riguardano il tuo circolo scrivi a [email protected]

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GRUPPO WELFARE

PD ADDA-MARTESANA

Si riunisce mercoledì 16 novembre alle ore 21.00 presso la sede PD di

Gorgonzola in via L. da Vinci

O.d.G.

Resoconto conferenza Sindaci Ats del 7 novembre e rappresentanze territoriali.

Approfondimento sui servizi sociosanitari territoriali.

Eugenio Galbiati e Giovanni Mele Responsabili gruppo welfare PD Adda-Martesana

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Renzi alla Leopolda:

“Il futuro non è dire no a tutto”

Il premier chiude la settima edizione della Leopolda: “ricostruzione e scuole fuori dal patto di stabilità”. Ed esorta: “Cambiare per essere in grado di affrontare le sfide del futuro, non dipende da me, ma dipende da noi. Ancora 28 giorni, al lavoro tutti insieme”

“E’ stato tutto organizzato come castigo divino per i nostri discorsi di 3 giorni ed ecco il fulmine”. Matteo Renzi sale sul palco della Leopolda 2016 scherzando sul black out prima del suo intervento, e dichiarandosi “molto felice” di quella che definisce una Leopolda “sorprendente”, “soprattutto perché in tanti hanno sempre sostenuto che nel momento in cui una iniziativa la organizzano quelli che sono al governo è difficile riuscire a emozionare, incuriosire, appassionare. E invece i grazie mi sono arrivati soprattutto dai ministri che hanno gestito i tavoli di lavoro: mi hanno detto che gli è stato più utile di un focus group”. “Qui c’è – sottolinea il premier- il sentimento entusiasta di persone che pensano che fare politica non sia una parolaccia, sia una cosa che possono fare tutti, non un gruppo di addetti ai lavori illuminati”.

“A tutti gli sfollati vorrei andasse il primo pensiero non solo della Leopolda ma di tutti gli italiani che credono che risolveremo anche questa, che saremo capaci di ricostruire, che andremo oltre il sentimento di orgoglio che abbiamo avuto nell’estrarre vive 238 persone, una cosa mai accaduta in Ue”. Per il premier è chiaro: “non basta rispondere all’emergenza – e se vogliamo essere coerenti e non utilizzare il terremoto come set di grande show – dobbiamo mettere in atto una politica di prevenzione”, “prenderci l’impegno di ricostruire davvero una diversa filosofia dell’Italia. A Renzo Piano abbiamo chiesto una mano a impostare un ragionamento dei prossimi anni e decenni. E abbiamo scelto i migliori, a partire dal professore Azzone. Sta qui la rivoluzione che abbiamo iniziato alla Leopolda perché se davvero adesso ci deve essere il futuro la cosa cruciale da mettere al centro dell’agenda politica, anche se non ci darà risultati al referendum o alle elezioni, è l’idea che serve una strategia di prevenzione per le prossime generazioni. Non ne vedremo i risultati? Pace”.

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“Se per qualche lustro non importava più fare progetti perché la cultura dell’austerity avrebbe tagliato, ora si cambia, basta con l’approccio di subalternità culturale in cui il giorno dopo giorno si mangia il futuro, dopo il terremoto diciamo ai sindaci di tornare a progettare: le spese per le scuole saranno fuori dal patto che piaccia o no a Bruxelles, i nostri figli valgono più dei funzionari”, ribadisce Renzi.

“Noi abbiamo preso l’onda, forse l’abbiamo presa prima ma se qualcosa è cambiato, se al governo c’è una guida di quarantenni con la voglia di futuro è perché qui inguaribili sognatori hanno rifiutato la logica del ‘no, non tocca a voi’ e del ‘Ciccio, rispetta la fila’”. Renzi ricorda così da Firenze i 7 anni della kermesse alla stazione Leopolda, che, nella sua analisi “porta un cambiamento culturale che non è di per sé indice di buon risultato, si può essere giovane e fare peggio degli anziani, avere trent’anni ed essere totalmente inidoneo al cambiamento. C’è chi ha trent’anni e dice no a tutto perché ha paura anche della sua ombra, dice no alle metropolitane, ai grandi eventi, a tutto”.

Sul tema dell’appuntamento referendario, Renzi sottolinea come nella giornata di ieri, attraverso il fat checking ” abbiamo razionalmente smontato tutte le bufale del No ma a loro non basta perché per loro il referendum serve a bloccare tutto ciò che, partendo da qui, abbiamo fatto, dicono di difendere la Costituzione ma stanno cercando di difendere solo i loro privilegi e la possibilità di tornare al potere. Sanno che il 4 dicembre è l’ultima occasione per tornare in pista”.

“Hanno detto tutti che bisognava superare il bicameralismo paritario, che bisognava ridurre i politici, che le riforme erano la condizione per far ripartire il Paese- aggiunge Renzi -. Lo hanno detto per trent’anni e quando lo abbiamo fatto hanno detto che era frettolosa”.

“Nelle prossime 4 settimane il derby è tra il canto di speranza per i nostri figli o la cultura della rassegnazione e piagnistei che ha visto l’Italia bloccata per la responsabilità di una classe dirigente che ora vuole tornare ma ha fatto schizzare il debito pubblico. Il derby è tutto lì, tra chi non vuole cambiare nulla e un 2017 come anno della ripresa”. Ma per vincere, esorta Renzi, “c’è bisogno dell’impegno di ciascuno di noi. Sta a voi scegliere se fare gli spettatori, guardando i talk. Se pensate che politica sia fare zapping e assistere a uno show fatelo. Io non sono qui per cambiare canale ma per cambiare Paese”.

“Il referendum – evidenzia il premier – non è punto di arrivo ma di partenza. Se l’Italia è più semplice sarà più facile cambiare e guardare al futuro, creando le condizioni perché i posti di lavoro non siano soltanto nelle statistiche dell’Istat ma nella quotidianità”.

“Abbiamo smascherato le bufale sulla riforma ma in un mondo nel quale si vive la dimensione della contestazione che diventa odio, abbiamo un’unica possibilità che è quella di recuperare la dimensione forte, bella grande e ideale della politica andando non soltanto casa per casa per convincere le persone ma andando incontro alla gente per spiegare che questo futuro non riguarda noi ma un Paese che deve scegliere se essere patria del gattopardo o dell’innovazione, dell’ennesima occasione perduta o laboratorio

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del futuro”. Chiudendo il suo intervento, il presidente del Consiglio torna ad esortare la platea: “Cambiare per essere in grado di affrontare le sfide del futuro, non dipende da me, ma dipende da noi. Ancora 28 giorni, al lavoro tutti insieme”.

Francesco Gerace @FrancescoGerace · 6 novembre 2016

“Non dipende più da me, ma da noi. Proviamoci”,

Matteo Renzi chiude la Leopolda Si conclude la tre giorni della Leopolda e si conclude come sempre con il discorso che tutti attendevano, quello di Matteo Renzi. L’aveva detto, voleva levarsi dei mattoncini dalle scarpe e qualcuno l’ha tolto. Non ha affondato il colpo, ma ha voluto prendere le distanze da quei leader del No, compresi quelli del suo partito. Una compagine molto eterogenea che va da D’Alema a Salvini e che se “messi nella stessa sala per trovare un’idea comune non escono più”. I convitati di pietra di questa Leopolda sono stati D’Alema e Bersani, il primo spesso nominato, e anche fischiato, il secondo invisibile. Di Bersani non si è parlato direttamente alla stazione fiorentina, il suo nome non si è ascoltato, ma i messaggi rivolti a lui sono stati molti.

A prevalere è stato comunque il messaggio del cambiamento, l’idea che il referendum del 4 dicembre è uno snodo cruciale per scegliere tra una generazione che vuole guardare al futuro e una che “vuole solo tornare in pista”. Con due passaggi chiave: la Leopolda non finisce qui, comunque vada il referendum, anzi Renzi ha già annunciato le date del prossimo anno; i sondaggi contano poco e, come successe alle Europee del 2014, possono essere capovolti.

LIVEBLOG

“Cosa dobbiamo fare lo sanno perfettamente gli italiani: cambiare per affrontare le sfide globali. Adesso non dipende più da me, ma da noi”.

“Dalla Leopolda io vi dico proviamoci, non lasciamo il futuro nelle mani di chi vuole frenare. Quando ci dicono voi siete l’Italia proviamolo un moto d’orgoglio”.

“Quando abbiamo incontrato Barack Obama e sua moglie c’è una cosa che mi ha colpito del suo pensiero: ‘L’Europa è a un bivio e voi siete importanti perché siete l’Italia’, il presidente Obama nell’ultima sua cena di stato che ha deciso di fare con il nostro Paese, non con me, ci ha voluto dire voi siete l’Italia”

“Abbiamo 28 giorni potenzialmente meravigliosi: a voi la scelta se essere spettatori, leoni da tastiera che poi non riescono a guardarti negli occhi, ogni riferimento a Marco Travaglio

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è puramente casuale, o protagonisti. Se pensare che fare politica sia fare zapping, fatelo, io non voglio cambiare canale, voglio cambiare il Paese”.

“Nel 2014 i sondaggi dicevano Renzi e Grillo alla pari, ci si domandava che succederà al Governo visto l’imminente sorpasso. Tutti sappiamo com’è finita, noi il 40 loro al 20 e il sorpasso è rimasto solo un magnifico film”.

“Oggi per la prima volta c’è l’occasione di abbattere i privilegi della casta, se non vince il Sì non c’è il ritenta, non ci sarà una nuova occasione”

“Una parte del nostro partito, quelli che 18 anni fa hanno decretato la fine dell’Ulivo perché non erano loro al comando, gli stessi che oggi vogliono decretare la fine del Pd perché hanno perso un Congresso. Bernie Sanders ora sta facendo campagna per Hillary, questo andrebbe spiegato ai sostenitori della ditta quando comandano loro”

“Gli 80 euro sono la prima manovra di ridistribuzione del reddito e di sinistra mai fatta, ed è in vigore da due anni e mezzo. Questa idea è nata 6 anni fa alla Leopolda”.

“Chi era che diceva ‘Con la cultura non si mangia’? Uno dei leader del No, per noi con la cultura si cresce, si crea lavoro. Per noi la cultura sono i 3 milioni di visitatori a Pompei, le tante persone in coda per vedere la Reggia di Caserta”

“E’ un’Italia che guarda all’Europa o un’Italia che guarda a una classe politica che ha già fallito e che fallirà ancora”.

“Tra due giorni avremo un nuovo presidente degli Stati Uniti, io mi auguro che sia una donna”.

“Quelli del No se li chiudi in una stanza per partorire una idea comune non escono più. Cosa hanno in comune quelli che sostengono l’uscita dall’Euro e quelli che sostengono l’austerity”.

“C’è gente che ha votato 6 volte Sì, tra Aula e commissione, e ora è il capo del No nel suo partito, mi riferisco a Renato Schifani. Poi c’è lo statista della lega, non mi riferisco a quello che si mette le magliette della polizia per sembrare dalla loro parte anche se con il suo partito ha bloccato gli stipendi delle forze dell’ordine per 7 anni, mi riferisco a l’altro statista che dopo aver fatto la legge elettorale ha detto ‘E’ una porcata'”

“Massimo D’Alema dice che lui l’avrebbe fatta meglio, perché non l’hai fatta te allora? Ne hai avuto l’occasione. Silvio Berlusconi ha detto che questa riforma rischia di creare un uomo solo al comando, lui che aveva fatto una riforma che il Presidente del Consiglio poteva sciogliere le Camere, noi che non abbiamo aumentato i poteri del premier. Noi saremo quelli della dittatura, non l’ha detto Grillo che ha detto che non l’ha studiata, se l’è fatta spiegare da Di Maio che non l’ha capita”.

“I leader del No, non vogliono difendere la Costituzione ma la loro posizione, perché sanno che il 4 dicembre è l’ultima occasione per tornare in pista”.

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“Quando si dice di voler difendere la Costituzione e s’incappuccia e si scaglia un cartello stradale contro le forze dell’ordine non si difende, ma s’insulta la Costituzione. Se volevate venire alla Leopolda basta mandare una mail, basta iscriversi, non c’è bisogno di lanciare sassi. Il prossimo anno sarà dal 20 al 22 ottobre segnatevi le date per tempo. Se da piazza San Marco si gira per via Cavour non si vuole venire alla Leopolda, non serve Tuttocittà per capirlo, si vuole sfasciare la città e noi questo non lo permettiamo”.

“Noi abbiamo un’unica possibilità, ed è quello di recuperare la cosa più bella della politica, andare in contro alla gente e spiegargli questa riforma, chiedergli se vogliono scegliere il futuro o il passato, l’innovazione o la conservazione”.

“Se non fai le cose non sei in grado d’incidere sul futuro delle persone. Siamo ad un punto cruciale che è un derby tra la rabbia e la proposta, tra la nostalgia e il domani”.

“Noi stiamo restituendo all’Italia ciò che merita, ma per farlo abbiamo dovuto sostituire un gruppo dirigente che ci aveva governato fino ad allora”.

“Noi alla Leopolda abbiamo sempre parlato di futuro, ma non ci siamo accorti che parte di quel futuro l’abbiamo già realizzato. Se oggi molti quarantenni amministrano le città, non solo nel nostro partito, è perché qui abbiamo detto che non ci rassegnavamo a rispettare la fila. Certo non è l’età a garantire la buona politica, alcuni giovani sindaci sanno dire solo No”.

“Noi siamo quel governo che dice ai sindaci di ricominciare a fare progettazione per l’edilizia scolastica, tornate a progettare scuole perché le spese non saranno conteggiate nel patto di stabilità che piaccia o non piaccia ai burocrati di Bruxelles, perché i nostri figli valgono più dei bilanci”.

“Quello che serve dopo questo terremoto è l’idea che le prossime generazioni potranno vivere in case più sicure, andare a scuola ed essere al sicuro, è questo il senso della buona politica, guardare al futuro. Magari non porterà voti,non ne vedremo i risultati, ma è la cosa giusta da fare. Quando va giù la chiesa di San Benedetto a Norcia è normale che va ricostruita”.

“Qualche vignettista si dovrebbe rendere conto che con quella vignetta non offende noi, ma tutti quelli che non hanno più niente”.

“Il pensiero non solo della Leopolda ma di tutti gli italiani deve andare a tutti coloro che sono stati coinvolti nel terremoto del centro Italia. Va bene dire che siamo al loro fianco, va bene dire che lo stato c’è, noi che crediamo nell’Italia non dobbiamo solo ricostruire, ma dobbiamo costruire una diversa filosofia dell’Italia”.

“Sono molto felice per questa Leopolda, è stata sorprendente non solo per il Richetti cerimoniere, ma soprattutto perché nonostante sia una manifestazione organizzata da un partito di governo è riuscita ad entusiasmare”

Ritorna la corrente e Matteo Renzi inizia il suo intervento.

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Finiscono gli interventi, sale sul palco Matteo Renzi, ma nel momento in cui il premier deve prendere la parola un blackout fa calare la Leopolda nell’oscurità.

E’ il momento di Giulio Del Balzo, che si sofferma sull’importanza di un futuro collegato all’Unione europea per i giovani, quindi sul palco Claudia Conte, architetto e prossima mamma, e Veronique Orofino, mamma da 48 giorni. Entrambe raccontano l’esigenza del rinnovamento per i propri figli, anche grazie alla riforma costituzionale.

Sul palco Massimo Recalcati: “Il Sì non altera, non profana i principi della nostra Costituzione. Non li altera perché resta fedele a quei principi, perché solo innovandola si resta fedele ai suoi principi. Vedo nella sinistra del No 3 sintomi: 1) La paura del cambiamento: Matteo Renzi per loro è il nemico assoluto, perché rappresenta il cambiamento, per loro l’immobilismo è la condizione migliore. 2) Il fascino masochista per il No: Per loro la sinistra è di lotta, ma Berlinguer ci ha insegnato che senza il governo la sinistra è solo distruzione, mentre la sinistra dovrebbe essere costruzione. 3) Il paternalismo: dicono sono ragazzi, non sanno scrivere, è la sindrome del padre che continua a dare lezione ai figli e non li ascolta, quei padri che non vogliono che i figli progrediscano. Matteo Renzi ha avuto il merito di riportare nell’alveo democratico molti giovani, che da anni finiscono nelle mani dei populisti”.

E’ il turno di Lorenzo Musotto, volontario per il Sì a Milano: “Ho 22 anni e mi sono avvicinato alla politica da un anno con il progetto del Pd Milano di ‘Bella ciao Milano’, le magliette gialle. Poi con la campagna che ha portato Beppe Sala a Palazzo Marini. Io vengo da un quartiere periferico dove la politica non interessa molto ai giovani e molti mi chiedono ‘Ma cosa pensi di cambiare?’ per me fare politica, buona politica è l’unico modo per cambiare le cose, e il Sì al Referendum è un passaggio fondamentale per determinare il mio futuro”.

Sale sul palco il premio Strega 2011 Edoardo Nesi: “Nella sfida del 4 dicembre da una parte c’è il progresso, dall’altra la conservazione. Non c’è niente di male ad essere conservatori, ogni tanto sono anch’io conservatore quando credo nella scienza piuttosto che alle scie chimiche. E’ molto facile dire che si vuole il cambiamento e mantenere la conservazione, vestirsi da innovatori ed essere conservatori, dire di non essere contro il cambiamento, ma contro questo cambiamento”.

Sul palco della Leopolda il presidente della regione Emilia Romagna, Stefano Bonaccini: “Io vengo da una terra che ha saputo diventare uno dei luoghi con la qualità della vita migliore d’Europa partendo da una situazione in cui si era una delle terre con una qualità della vita peggiore. L’abbiamo fatto con il coraggio, il riformismo e la visione del futuro. Ecco chi è in dubbio oggi dovrebbe guardare alla storia della mia terra. Noi per primi abbiamo diminuito le indennità dei consiglieri regionali, non siamo degli eroi abbiamo fatto in anticipo quello che c’è scritto nella riforma costituzionale fatta da questo governo. Dobbiamo votare Sì per il futuro del nostro Paese e dei nostri figli”.

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E’ il momento di Oscar Farinetti: “So che vinceremo perché abbiamo voglia di vincere e la voglia di vincere ci farà vincere non per noi, ma per il Paese. Quando si fa una scelta la si fa in funzione di quello che succederà dopo: se vince il No prenderanno piede gli estremisti. Se vinceranno i Sì prevarranno i più moderati e noi potremo dialogare anche con persone che la pensano in maniera differente da noi senza dover urlare”.

Sale sul palco Silvia Del Riccio, futura mamma di Alice che legge una lettera “scritta” dalla nascitura.

Sale sul palco per parlare di futuro un papà, il sindaco di Prato Matteo Biffoni: “Nel 2010 ero qui con molta speranza e molte idee, nel corso di questi anni molti di noi hanno avuto ruoli pubblici e quelle idee sono diventate realtà. Questa riforma porterà un pezzo di futuro che chiedevamo fin dal 2010. L’Italia che ci piace è quella che porta in fondo le proprie idee con coerenza, un’Italia che ha coraggio, la stessa che salva migliaia di migranti, la stessa che ricostruirà i paesi colpiti dal terremoto, la stessa che il 4 dicembre ci consegnerà il futuro sperato”.

Alla Leopolda arriva anche il Brunelleschi della serie tv sui Medici, Alessandro Preziosi: “Interpretando Brunelleschi ho capito quanto scetticismo ha dovuto affrontare. Quando si fa qualcosa di geniale, qualcosa fuori dalla comprensione, qualcosa d’innovativo si va sempre incontro allo scetticismo, è il destino degli innovatori. L’arte riesce a rendere possibile quello che sembra impossibile, la politica dovrebbe fare lo stesso, per fare questo bisogna comprendere le ragioni dell’altro. Auguro al presidente Renzi e ai suoi ministri di comprendere sempre le ragioni degli altri per rafforzare le proprie”.

Sale sul palco Patrizia Asproni, ex presidente Fondazione Torino Musei: “Spesso sento definire la cultura come oro o come petrolio. Ma la cultura è come l’acqua della mente, è quella sostanza senza la quale non c’è la vita. E come l’acqua deve esser di tutti, sostenibile e accessibile a tutti. Io dico Sì a questa riforma e per dire Sì al futuro e alla cultura.”

E’ il momento del lavoro con il segretario della Fim Cisl, Marco Bentivogli: “Non sono del Pd, ma sono qui per dirvi che non c’è solo un sindacato ideologico, non c’è solo un sindacato che non vuole guardare al futuro, c’è anche un sindacato che vuole il cambiamento. Noi vogliamo arginare il saccheggio populista del movimento operaio, quella storia è troppo importante per cederla ai populisti. Si può fare a meno di una parte di sindacato, quella parte che ha confuso i diritti con l’abuso dei diritti, che ha confuso il diritto di sciopero con l’abuso al diritto di sciopero. Il sindacato deve fare il sindacato, non politica. Deve rappresentare i lavoratori, non gli interessi personali di futuri leader politici”. L’intervento di Bentivogli è stato molte volte interrotto dagli applausi del platea che ha dimostrato di apprezzare molto le sue parole.

Sale sul palco Veronica Catania, storica frequentatrice della Leopolda e mamma di Clio: “Ho scelto di votare Sì perché voglio un sistema sanitario equo, giusto e unico, per le mie figlie quella che porto in grembo e quella già nata”.

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Il sindaco di Bari: “Se votiamo No il giorno dopo non troveremo qualcuno che farà meglio la riforma, non avremo una riforma per anni, per questo voterò Sì, per il futuro dei miei figli”.

Dopo Andrea Occhipinti è nuovamente il turno di un sindaco, il presidente dell’Anci Antonio Decaro: “I sindaci non chiedono ai cittadini chi hanno votato, i sindaci risolvono i problemi dei cittadini. Io da presidente dei sindaci non ho chiesto la provenienza politica dei sindaci di Camerino o Visso che mi chiedevano di aiutarli a ricostruire, oppure la provenienza politica del sindaco di Porto Sant’Elpidio che ora fa il doppio sindaco per i suoi cittadini e per gli sfollati che ha accolto nella sua città. Quando parliamo di accoglienza e integrazione dovremmo ispirarci al sindaco di Riace. Io i sindaci li rispetto tutti, quelli che voteranno Sì e quelli che voteranno No. Io voterò Sì per un Paese migliore, più veloce e più giusto”.

Si parla di cinema con Andrea Occhipinti: “Quando è stata approvata la legge sul cinema ero a Los Angeles e ho iniziato a raccontare agli americani questa legge e loro erano entusiasti, mi dicevano ‘L’Italia si sta muovendo, finalmente avete fatto qualcosa per l’industria cinematografica’. Ripeto ero a Los Angeles, la capitale mondiale del cinema, un’industria in attivo che produce utili e impiega numerose persone”.

Giorgio Gori: “La politica è discutere, decidere, fare. Se discuti decidi e non fai c’è un problema. L’Italia non si può permettere di impiegare 563 giorni per approvare un provvedimento. Quanto ci è costata l’anarchia delle politiche energetiche, quanto è costata la frammentazione delle politiche turistiche, è ora di avere una politica unica per tutte le regioni su alcuni temi chiave. Il 4 dicembre facciamo fare un salto nel futuro a questo Paese, facciamo vincere il Sì”.

Matteo Richetti apre la terza e ultima giornata della Leopolda e ricorda che ieri era l’anniversario della morte di Giorgio La Pira, che è stato sindaco di Firenze e chiama sul palco Giorgio Gori che farà il primo intervento della giornata.

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Stefano Cagelli @turbocagio · 6 novembre 2016

Accordo sull’Italicum, minoranza spaccata.

Cuperlo: “Non sono io l’incoerente” L’ala bersaniana resta sul No,

nonostante le richieste di

modifica siano state accolte.

C’è una parte della sinistra

dem che non si fida del proprio

gruppo dirigente

“Non sono io l’incoerente. E’ evidente che non si può essere completamente soddisfatti, ma abbiamo ottenuto quello che come minoranza abbiamo chiesto per mesi. Quindi da parte mia

firmare un documento su queste modifiche all’Italicum – i collegi per eleggere i deputati, il no al ballottaggio, il premio di governabilità, oltre all’elezione diretta dei nuovi senatori – è stato un atto di coerenza”. Coerentemente come voterà al referendum costituzionale? “Voterò Sì“. Così Gianni Cuperlo, il leader della minoranza Pd che ha trovato e firmato l’accordo per modificare la legge elettorale in vista del referendum sulla riforma costituzionale del 4 dicembre, spiega in un’intervista a Repubblica la sua posizione.

“Ho riscritto io la bozza perché la prima, quella di giovedì dopo la riunione al Nazareno, non andava bene… Ho sentito Roberto Speranza, mentre Bersani l’ho cercato ma non l’ho trovato“. Cuperlo sa che la frattura e il rischio scissione nel Pd restano, che i bersaniani (che stanno già facendo campagna per il No al referendum) accusano ora lui di incoerenza, di avere spaccato la sinistra: “Non sono io l’incoerente. Il documento è firmato dai capigruppo Rosato e Zanda, dal presidente del partito Orfini e vidimato dallo stesso Renzi. Se decidiamo che questo non vale nulla, per carità… ma allora diventa difficile pensarsi nella comunità del Pd”.

Poi passa al contrattacco: “Se stiamo sul piano della coerenza, allora potrei ricordare le battaglie che abbiamo fatto in commissione e in aula per migliorare la riforma…”. La riforma costituzionale, in effetti, è stata votata da tutto il Pd, minoranza inclusa. E’ stato l’Italicum invece a provocare la vera rottura: Speranza si dimise da capogruppo, la minoranza dem non votò la fiducia messa dal governo sulla legge elettorale. Dopo mesi di discussioni più o meno lineari, le richieste di modifica sono state però accolte

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dalla maggioranza, che, per decisione di Renzi, ha accettato che una commissione del partito formata ad hoc si occupasse di trovare una sintesi.

Sintesi che prevede un Italicum senza più ballottaggio, l’elezione dei deputati nei collegi anziché con i capilista bloccati, il premio di maggioranza ridotto, l’elezione diretta dei membri del nuovo Senato (come aveva già anticipato Renzi in direzione, si partirà dalla proposta Chiti-Fornaro, esponenti della minoranza dem). Queste modifiche andranno verificate con le altre forze di maggioranza e di opposizione, ma c’è l’impegno a sottoporre il documento al voto dell’Assemblea nazionale e alla direzione del Pd, così come all’assemblea dei gruppi parlamentari dem, dopo il 4 dicembre. La possibilità che venga presentato un ddl prima del referendum “non esiste, non è all’ordine del giorno” ha detto Guerini.

Ora sarà più difficile per l’ala bersaniana del partito spiegare il reiterato No alla riforma già votata in Parlamento. Roberto Speranza parla di una “paginetta fumosa”, Nico Stumpo spiega: “Saremmo stati disponibili a discutere un testo presentato in Parlamento prima del referendum, non un documento che deve passare la verifica di Verdini e pure dopo il voto. Continuiamo sul No”. Categorico Zoggia: “Questa operazione ha un obiettivo preciso, dimostrare che esiste una minoranza che dialoga e una che dice no”. L’impressione è che, invece, ci sia una minoranza che si fida del proprio gruppo dirigente e una no.

Mario Lavia @mariolavia · 6 novembre 2016

Quel Sì che può sparigliare la sinistra anti governo È un fatto nuovo di cui solo

dopo il 4 dicembre, insieme a

mostre altre cose, sarà

possibile cogliere l’impatto

reale

Paolo Cirino Pomicino, vecchio lupo di mare della politica, dice spesso che i governi passano e i partiti restano. Tutti i leader della Dc in effetti hanno sempre avuto questa

bussola: per Fanfani o Moro, per De Mita o Forlani l’importante era vincere il congresso, tanto per il governo c’erano sempre gli Andreotti o i Colombo… Questa visione sembra

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sia stata ben assimilata dalla sinistra del Pd, e non senza qualche fondamento, d’altronde.

Ma essa ha poco a che fare con quella sorta di imperturbabilità democristiana, un po’ cinica ma in fondo realista: discende piuttosto dalla mitizzazione del Partito con la p maiuscola di stretta discendenza comunista, che d’altra parte non aveva il problema del governo. Tutto torna, dunque, in forme aggiornate (ma poi nemmeno tanto): l’obiettivo della sinistra Pd è semplice semplice, far vincere il No e riprendersi il Partito. «Renzi può continuare a governare», dicono i bersaniani con nonchalance quasi si trattasse di un giocattolino con cui trastullarsi mentre la politica – anzi, la Politica – si fa altrove: nelle stanze del Partito, soprattutto.

Può anche darsi che ci sia qualcosa di psicologico, in questo desiderio di riprendersi il Nazareno – il Palazzo d’Inverno renziano – come quel prete di Balzac che viveva al solo scopo di prendersi l’appartamento del predecessore; ma quello che più importa, e preoccupa, è l’esplicita subordinazione del momento del governo rispetto a quello del partito. Nella qual cosa, evidentemente, c’è anche un po’ di ipocrisia: come si può immaginare così superficialmente il rapporto fra una nuova leadership “bersaniana” del Pd e Matteo Renzi ancora a palazzo Chigi?

Bisogna tenere infine conto – ma qui si vuole solo abbozza una prima riflessione – della novità del Sì di Gianni Cuperlo al referendum, un Sì sofferto e tutto politico – cioè non frutto di una condivisione nel merito – che di fatto crea un nuovo spazio all’interno del Pd sottraendo forze alla sinistra di Bersani e Speranza e che virtualmente si candida ad essere u n’alternativa in qualche modo “nel” renzismo e non “al” renzismo. Cuperlo in teoria può diventare il capo di una sinistra interna che non demonizza l’attuale leader e che, vincendo il Sì, potrebbe assumersi l’onore e l’onere di ricostruire quella «connessione sentimentale» con un pezzo di elettorato critico ma pur sempre legato all’idea del Pd come partito a vocazione maggioritaria. È un fatto nuovo di cui solo dopo il 4 dicembre, insieme a mostre altre cose, sarà possibile cogliere l’impatto reale.

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Verso il referendum, tutto quello

che c’è da sapere

La nostra guida per sapere, per capire e per scegliere in vista dell’appuntamento di ottobre

A ottobre gli italiani saranno chiamati a confermare o meno la riforma costituzionale che

porta la firma di Matteo Renzi e Maria Elena Boschi, approvata definitivamente dalla

Camera (dopo sei passaggi parlamentari) lo scorso 12 aprile.

In questa pagina (in costante aggiornamento) raccogliamo informazioni, notizie e

commenti sulla riforma.

PER SAPERE

Come cambia la Costituzione: i punti principali della riforma

La Costituzione prima e dopo la riforma: il confronto tra i due testi (documento del Servizio

studi della Camera)

Le 25 risposte di Renzi alle critiche sulla riforma di Rudy Francesco Calvo

Maria Elena Boschi risponde a uno studente catanese

Sei nuovi percorsi democratici di Luciano Pizzetti

Come costituire un comitato per il Sì

PER CAPIRE

Quanto c’è di vero nelle condizioni della minoranza dem di Rudy Francesco Calvo

Né la destra, né i grillini faranno barricate per il No. Ecco perché di Mario Lavia

Noi favorevoli alle riforme non siamo “in dissenso dall’Anpi”: la lettera di 70 senatori del Pd

all’Associazione dei partigiani

Perché l’Anpi ha ragione di Carlo Smuraglia

Perché l’Anpi ha torto di Marcello Flores e Alberto De Bernardi

“Spacchettare il referendum? È fantacostituzionalismo” intervista a Carlo Fusaro

PER SCEGLIERE

“Le ragioni del Sì”: il manifesto di 186 costituzionalisti

“Se vince il no sarà paralisi definitiva”: l’opinione di Giorgio Napolitano

Cosa diceva il Pci di Berlinguer sul bicameralismo

La svolta di Enrico Letta: “Voterò Sì” di Mario Lavia

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“Il referendum non sia una battaglia tra arcangeli e gufi”: l’appello di Pier Luigi Bersani

(video)

Dio Bonino, Roberto! la lettera di Sergio Staino a Benigni

“Nessun rischio autoritario, giuste le modifiche alla Carta” intervista a Sabino Cassese

Un Sì per non tornare nella palude di Stefano Ceccanti

I pinocchi del No/1. Bufale settimanali contro la riforma costituzionale di Carlo Fusaro

I pinocchi del No/2. Se neanche i giuristi sanno leggere e contare di Carlo Fusaro

I pinocchi del No/3. Chi spara balle e chi aggiunge offese di Carlo Fusaro

Perché non reggono gli argomenti dei giuristi del No di Stefano Ceccanti

Cari Professori del No… di Elisabetta Gualmini e Salvatore Vassallo

Questo testo è contro il populismo di Ernesto Auci

Un Sì nel merito per un’Italia più forte di Marco Martorelli

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Unità.tv @unitaonline · 26 settembre 2016

Ecco su che cosa si vota Non c’è quorum e vince la

scelta indicata dalla maggioranza di coloro che

andranno a votare Il testo del quesito del Referendum

costituzionale ha uno stile molto

diverso dalle schede del passato.

La scelta, che ha acceso anche

una polemica politica, è legata alle

disposizioni di legge del ’70

per promuovere il più possibile un

testo chiaro a tutti i cittadini.

Nella scheda elettorale per il Referendum che potrebbe confermare o respingere la riforma

costituzionale approvata dal Parlamento, comparirà questo quesito: “Approvate voi il testo

della legge costituzionale concernente ‘Disposizioni per il superamento del

bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il

contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del

Cnel e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione’ approvato dal

Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016?“.

COME SI VOTA – Alla fine del quesito ci sono due caselle, una con il Sì e una con il No. Basta

barrare con una ‘x’ la propria scelta. Non c’è quorum e vince dunque la scelta indicata dalla

maggioranza di coloro che andranno a votare.

LA LEGGE DEL 1970 – A stabilire come si formula il testo del quesito referendario è la legge

352 del 1970 su “Norme sui Referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa

del popolo”. All’articolo 16 stabilisce infatti che il quesito da sottoporre a Referendum “consiste

nella formula seguente: ‘Approvate il testo della legge di revisione dell’articolo… (o degli articoli

…) della Costituzione, concernente … (o concernenti …), approvato dal Parlamento e pubblicato

nella Gazzetta Ufficiale numero … del … ?'; ovvero: ‘Approvate il testo della legge

costituzionale … concernente … approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale

numero … del … ?'”.

L’OK DELLA CASSAZIONE – L’ordinanza con la quale l’Ufficio centrale per il Referendum

presso la Corte di Cassazione ha dichiarato conforme alla legge il testo del quesito referendario

è dell’8 agosto scorso.

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Il PD in aiuto per l’emergenza terremoto

Carissime, Carissimi, dopo il devastante terremoto che ha colpito il centro Italia ci siamo subito raccordati con il livello nazionale per fare in modo che anche il PD lombardo possa essere d’aiuto. Tutti noi possiamo contribuire – in

particolare attraverso la rete dei nostri Circoli non solo personalmente, ma anche diffondendo attraverso tutti i canali disponibili (le Feste, il passaparola, i siti e social network…) le coordinate bancarie per la raccolta fondi in favore della popolazione colpita. (Qui maggiori informazioni sulla raccolta fondi)

Coordinate bancarie: Iban – IT96H0103003200000006365314 Bic – PASCITMMROM

Partito Democratico “Raccolta Fondi per Terremoto” Via di Sant’Andrea delle Fratte 16 00187 Roma

Sono sicuro che ci attiveremo da subito nel modo più ampio possibile: grazie a

tutti voi per quello che farete.

Un caro saluto,

Alessandro Alfieri,

Segretario regionale PD lombardo

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06 novembre 2016

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Cari Compagni, Cari Amici,

Vi chiedo una mano per sostenere l'Unità e per accompagnare lo sforzo che stiamo facendo per restituire forza e vitalità al nostro giornale, che ho iniziato a dirigere da quindici giorni.

L'Unità è una voce forte e sincera che guarda a tutto l'arco delle forze progressiste e che considera avversari non solo la destra bigotta e intollerante ma anche la sinistra intollerante e bigotta.

Stiamo già lavorando per rinnovare il giornale anche graficamente aumentando il numero delle pagine e arricchendolo di nuovi contributi.

Insieme dobbiamo migliorare la presenza del giornale di carta, e di una carta più appropriata alle immagini cui vogliamo far posto, sul territorio nazionale, cercando di tornare finalmente, con un numero di copie sufficienti, in tutte le edicole italiane.

Nell'immediato, conoscendo le varie difficoltà che tanti lettori trovano adesso a reperire il nostro giornale, abbiamo pensato ad un abbonamento speciale online:andando sul sito www.unita.tv cliccate su «abbonati al giornale» e, tra le varie offerte, scegliete magari l'abbonamento speciale per tre mesi a soli 10 euro.

E' un'offerta che facciamo a tutti voi perché possiate seguirne la crescita qualitativa. Spero che siate in tanti a fare questo piccolo gesto perché più sarete e più infonderete in tutti noi la fiducia di star facendo un lavoro utile al nostro futuro. Ho scritto utile, non necessario e tanto meno indispensabile: fare insieme una cosa utile e, chissà, bella, è la nostra aspirazione.

Grazie a tutti Sergio Staino