PARTITO DEMOCRATICO ZONA ADDA - MARTESANA · Piero Fassino, super inviato dem sul fronte ......

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PARTITO DEMOCRATICO ZONA ADDA - MARTESANA Scadenze, materiale, proposte da approfondire nelle riunioni dei Circoli della prossima settimana 19 novembre 2017 Per pubblicare le notizie che riguardano il tuo circolo scrivi a [email protected]

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Costruiamo la Lombardia di Domani Dalle idee al programma. Dopo la straordinaria esperienza di Milano Domani, il percorso di partecipazione e confronto cresce con una nuova tappa: Lombardia Domani. 24 tavoli di lavoro per un confronto aperto e approfondito sui grandi temi e le competenze della nostra Regione. La mattina di sabato 2 dicembre ci incontriamo allo spazio Gadames 57 (via Gadames 57, Milano) per prepararci insieme alla sfida delle elezioni regionali del 2018 e - con il nostro candidato Giorgio Gori - costruire il programma della Lombardia di domani. In questi anni abbiamo lavorato perché da Milano Metropolitana partissero politiche e processi innovativi, in grado di segnare le scelte del nostro Paese. Per questo oggi sentiamo sulle nostre spalle la bellezza e la responsabilità di questa nuova sfida. Tocca a tutti noi, ora, continuare a stupirci e stupire. E, con le idee e le energie di tutti,voltare pagina e costruire finalmente una Lombardia nuova, vicina alle necessità di tutti, e capace di competere con le grandi regioni europee. Sono 24 i tavoli a cui puoi dare il tuo contributo, suddivisi in queste aree tematiche:

1️ ⃣ Per una Lombardia che si prende cura

2️ ⃣ Per una Lombardia che cresce

3️ ⃣ Per una Lombardia che guarda al futuro

4️ ⃣ Lombardia che passione

5️ ⃣ Per una Lombardia delle autonomie Scegli il tuo tavolo e iscriviti al link: http://lombardiadomani.pdmilano.net/ Per info: [email protected]

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Martina: “Unire il centrosinistra per allargare diritti e protezioni sociali” Intervista a Maurizio Martina, vicesegretario nazionale del Pd: “Condividiamo il messaggio su cui insiste Romano Prodi di unire e allargare il centrosinistra per essere competitivi con i nostri avversari”, di Alessandro Trocino, Corriere della Sera

«È stato un incontro positivo. Ci sono le condizioni per andare avanti insieme. Abbiamo detto che il Pd è pronto a lavorare ancora sulla frontiera dei diritti ma anche sui temi della protezione sociale, della politica del lavoro e del contrasto alla precarietà». Maurizio Martina, ministro delle Politiche agricole e vicesegretario del Pd, è reduce dal colloquio di ieri mattina con Piero Fassino, super inviato dem sul

fronte caldo delle trattative per il centrosinistra, e con Giuliano Pisapia, leader di Campo progressista. In serata arriva anche la notizia del «lungo e cordiale colloquio» tra Matteo Renzi e Romano Prodi.

Secondo Prodi allargare il campo di centrosinistra è necessario. «Noi condividiamo il messaggio su cui insiste Romano Prodi di unire e allargare il centrosinistra per essere competitivi con i nostri avversari. Renzi per primo ha indicato, lunedì scorso in direzione, il lavoro che il Pd deve fare per raggiungere questo obiettivo. I passi avanti fatti in questi giorni segnalano concretamente e con coerenza il nostro impegno. Ora si tratta di andare avanti insieme».

Lei dice con Pisapia un «incontro positivo». Ma fino a che punto? «Si è avviato un lavoro che dovrà certamente essere approfondito, ma senz’altro segna un cambio di passo in direzione di un centrosinistra largo e unito. Abbiamo bisogno di una coalizione che viva in una pluralità di protagonisti. Siamo interessati ad approfondire sul piano programmatico alcuni temi cruciali: il lavoro, la protezione sociale, l’ambiente, la cura delle persone, il diritto alla salute, la frontiera dei diritti. La principale responsabilità resta costruire insieme un’alternativa forte alla destra e ai 5 Stelle».

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Ius soli e testamento biologico approvati entro fine legislatura? «Sono convinto che ci siano le condizioni per arrivare alla meta».

Secondo Gianni Cuperlo il renzismo ha prodotto successi ma anche riforme «che si sono rivelate fragili e dannose», come il Jobs ad, «che ha funzionato solo a metà».

«Quelle misure sono state decisive per un’Italia che arrivava da un milione di posti di lavoro persi e da un 25 per cento della produzione industriale in meno».

Però non hanno risolto il problema del precariato.

«Penso che il Jobs act abbia prodotto avanzamenti utili. Ora siamo interessati ad attivare nuovi strumenti di tutela e a creare occupazione sempre più stabile. È un lavoro già rafforzato con la legge di Stabilità, con la decontribuzione stabile per sostenere l’occupazione giovanile».

Sinistra italiana, Mdp e Possibile lanciano la lista unitaria.

«Ognuno si prende le proprie responsabilità. Noi stiamo facendo un percorso aperto per far nascere una coalizione di centrosinistra che batta destra e grillini».

Pisapia chiede lo stop all’alleanza con Alfano.

«Non personalizziamo, ma poniamoci piuttosto tutti il tema di confrontarci con forze moderate, civiche e ambientaliste».

Speranza vuole allargare la platea di chi può andare in pensione prima dei 67 anni.

«Il governo ha proposto al tavolo sindacale proprio una scelta di allargamento delle platee».

Vuole anche l’abolizione del superticket e maggiori risorse per la scuola. «Segnalo che c’è già un emendamento pd al Senato sul superticket. E il ministro Fedeli sul diritto allo studio sta lavorando in questa direzione. Siamo interessati a lavorare su questi temi, compatibilmente con gli equilibri di bilancio».

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Appello di Minniti ai partiti: “Patto prima delle elezioni per dire no ai voti della mafia” Intervista al ministro dell’Interno Marco Minniti: “È venuta l’ora di firmare una sorta di “patto di civiltà”. Tutte le forze politiche che si presentano nelle varie competizioni elettorali si impegnino a non ricercare e a rifiutare il voto delle mafie” di Massimo Giannini, La Repubblica

«La morte di Riina non è la morte della mafia, che è cambiata, ferita, ma c’è…». Nel suo ufficio al Viminale, Marco Minniti scorre le agenzie, mentre alla tv scorrono le immagini del “Capo dei capi”, e poi quelle sbiadite di Provenzano e Messina Denaro, di Andreotti e Ciancimino, di Falcone e Borsellino. Trent’anni di storia italiana, lo Stato e l’anti-Stato. Purtroppo non sempre in conflitto tra loro.

«Ma oggi – aggiunge il ministro degli Interni – abbiamo capito che sconfiggere la mafia non è più solo un principio, ma è diventato un obiettivo». Per questo Minniti lancia un appello: «Le mafie votano e fanno votare. Per la politica è dunque venuta l’ora di firmare un “patto di civiltà” in nome della democrazia: tutti i partiti sottoscrivano un impegno solenne, un rifiuto esplicito di ricercare e ricevere il voto delle mafie». Maria Falcone commenta la morte di Riina dicendo «non gioisco ma non perdono». Lei gioisce, da ministro?

«Le parole di Maria Falcone riflettono in pieno l’atteggiamento dello Stato, che non gioisce perché esprime una normale pietà civile verso un morto, e soprattutto non perdona perché non dimentica cosa ha rappresentato quel morto nella nostra storia».

Chi è stato, il Capo dei capi?

«Il simbolo di due mafie. Una mafia che in una prima fase non rappresenta l’Anti-Stato, perché si infiltra e cresce nelle sue pieghe, condizionandolo grazie alle complicità del sistema. In quella fase l’esistenza stessa della mafia viene messa in discussione, addirittura negata. Poi arriva una seconda mafia che, dopo averlo infiltrato, lancia allo Stato la sfida stragista, la minaccia più drammatica che il Paese abbia conosciuto,

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insieme al terrorismo. Il Capo dei capi ha guidato entrambe le mafie: quella che si infiltra e quella che sfida. Ma alla fine ha perso».

Lei ne è sicuro?

«Senza alcun dubbio. Tutti i protagonisti della “commissione” di Cosa nostra non ci sono più. Provenzano e Riina sono morti, gli altri in galera. La democrazia ha pagato un prezzo terribile, ma alla fine ha prevalso, senza snaturarsi. Non ha ceduto allo “Stato d’eccezione”. Nonostante Capaci e Via D’Amelio, le bombe del ’93, la strage sfiorata all’Olimpico, Ciampi isolato sull’Aurelia con la paura del golpe. Fatte le debite proporzioni il maxi-processo, iniziato nell’ 86 e terminato nel ’92, è come Norimberga: la democrazia, portando alla sbarra i suoi aguzzini, riafferma se stessa».

Messa così è facile. La trattativa Stato-mafia c’è stata o no?

«Ci sono processi in corso, aspettiamo che si concludano. Ma è un fatto che per lungo tempo la politica ha fatto fatica a considerare la mafia l’avversario da combattere. La mafia ne ha approfittato, si è sentita così potente da sfidare le istituzioni che prima aveva condizionato. Ma proprio quella sfida ha prodotto una rottura traumatica: è nata nel Paese una coscienza antimafia, l’idea che la mafia sia il nemico assoluto della democrazia».

Come dice Salvatore Borsellino, Riina si porta troppi segreti nella tomba. Dal bacio di Andreotti alle confessioni di Graviano, che richiama in causa Berlusconi. «È vero, Riina si porta dietro tanti segreti. Anche in questo caso le indagini sono in corso, e da ministro degli Interni non sta a me commentarle. Ma voglio dirle una cosa: un grande Paese non deve mai rinunciare alla ricostruzione della propria storia. Non c’è democrazia, senza verità».

Stava male da tempo, ma «per comandare gli bastava uno sguardo». Contava ancora, il boss dei Corleonesi?

«Che avesse ancora una capacità di intervento esterno, diretto e carismatico, è testimoniato dalle attività investigative di questi anni. Un capo mafia non cessa mai dí essere un capo mafia. Per questo esiste il 41 bis».

E adesso che succede? Chi comanda le cosche?

«Per capirlo dobbiamo porci un’altra domanda: cosa è avvenuto, nei 24 anni in cui Riina è stato al 41 bis? La sua morte, ovviamente, non significa la morte della mafia. Cosa nostra non ha più il monopolio della criminalità organizzata, che è una holding guidata dalla ‘ndrangheta, senza sottovalutare camorra e sacra corona unita. Oggi il motore delle mafie è il traffico internazionale di stupefacenti. Nel 2016 l’Afghanistan,

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dopo 16 anni di presenza delle forze internazionali, ha battuto tutti i record nella produzione di oppio».

Questo cosa vuol dire?

«Le mafie hanno ormai una perfetta dimensione giocai. Forti radici locali e “valoriali”: pensi al modo in cui i pirati vivevano la Tortuga come porto sicuro, e al boss Pino Scaduto che a Bagheria ordina a suo figlio Paolo di uccidere la sorella perché si innamora di uno “sbirro”. Forte proiezione sui mercati globali, attraverso l’enorme massa di denaro generata dalle droghe e movimentata da un’aristocrazia finanziaria difficile da smascherare. Dunque, arcaicità nei principi e modernità nel modus operandi. Riina è arrivato al confine di questo connubio, poi è uscito di scena. Ma ora la minaccia non è affatto svanita: si è fatta solo più sofisticata e complessa».

E come si fronteggia?

«C’è una risposta internazionale, intanto. Con la strage di Duisburg abbiamo capito che una faida familiare a San Luca in Calabria può avere un esito nel cuore della Germania industrializzata. Per questo è necessario varare al più presto una Procura europea Antimafia e Anti-terrorismo ed eliminare in fretta le asimmetrie tra le diverse legislazioni sull’attacco ai beni mafiosi».

E la risposta nazionale?

«Falcone diceva che la mafia, come tutte le cose umane, ha un inizio e una fine. Ebbene, io penso che proprio l’uscita di scena di Riina, sul piano storico e simbolico, sancisca il salto di qualità che abbiamo fatto in questi anni. Oggi abbiamo finalmente compreso che la piovra non si deve “contenere”, ma sconfiggere per sempre. Il principio enunciato da Falcone è diventato un obiettivo realistico, finalmente raggiungibile. Non domani, non dopodomani, ma possiamo riuscirci, se facciamo tutti assieme la nostra parte».

E chi deve fare la sua parte, se non lo Stato?

«Questa guerra si vince con il concorso di tre “eserciti”. Il primo, certo, è lo Stato. Non dobbiamo abbandonare per un solo attimo la lotta. Questo significa ricerca dei latitanti: è essenziale arrestare Matteo Messina Denaro. Significa attacco ai capitali mafiosi: era essenziale approvare il nuovo Codice antimafia. E significa sovranità, cioè controllo del territorio su cui le mafie giocano la partita diabolica del consenso: per questo siamo intervenuti a Ostia, perché non possono esserci zone franche».

Proprio Ostia è la prova che le zone franche esistono eccome. «Domenica a Ostia si rivota: provi a pensare a cosa sarebbe successo se il ballottaggio si fosse svolto con Roberto Spada a piede libero. La battaglia è continua a senza

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quartiere: ai primi di novembre abbiamo fatto un’operazione quasi militare a Scampia, per riaffermare il primato dello Stato…».

In quelle zone il vero Stato sono i clan o Casa Pound.

«Spesso è così. Infatti lo Stato da solo, con i suoi apparati, non basta. Per questo serve il secondo “esercito”: i cittadini. Senza partecipazione popolare questa guerra non si vince».

Manca l’esercito più importante: la politica.

«La politica è il vero cuore del problema. Lancio un appello: è venuta l’ora di firmare una sorta di “patto di civiltà”. Tutte le forze politiche che si presentano nelle varie competizioni elettorali si impegnino a non ricercare e a rifiutare il voto delle mafie. E sarebbe bello che questo avvenisse con un atto pubblico, solenne e fondativo di un nuovo rapporto tra la politica e il Paese».

La proposta è magnifica. Peccato solo che in Sicilia le liste elettorali fossero inzeppate di “impresentabili”.

«Per questo ora serve un impegno di fronte all’Italia. Rompiamo questo scellerato “patto faustiano”. Le mafie offrono voti e poteri alla politica. Ma in cambio, proprio come a Faust, gli rubano l’anima. Questo non dobbiamo consentirlo mai più».

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Regionali Lombardia. Fiano: “Gori, un candidato Pd che saprà parlare anche a chi non ha tessera di partito” Intervista al deputato Pd Emanuele Fiano sulle elezioni lombarde: “Giorgio Gori ha toccato i temi che anche chi sta alla sinistra del Pd non può non condividere, dal lavoro, ai diritti, all’ambiente. Questioni cruciali per tutti”, La Repubblica ed. Milano”

Emanuele Fiano, deputato del Pd: sul palco dell’Auditorium ci sono stati diversi appelli alla sinistra per entrare in coalizione con Gori. Ce la farete? «Speriamo di sì, anche perché Giorgio non ha fatto un appello retorico all’unità, ma ha toccato i temi che anche chi sta alla sinistra del Pd non può non condividere, dal lavoro, ai diritti, all’ambiente. Questioni cruciali per tutti: dire no, in questo caso,

vorrebbe dire farne un punto di principio e non di merito».

Per recuperare sia la sinistra che gli elettori che non votano più, Gori dovrebbe prendere le distanze dai partiti, a iniziare dal Pd? «Il segretario Alfieri ha giustamente rivendicato che abbiamo scelto un candidato del Pd che sa parlare anche a chi non ha la tessera di partito, e che può vedere in lui un cambiamento. Credo che serva cercare di convincere soprattutto chi non vota più per delusione, ma senza cancellare i partiti. Perché, va ricordato, senza di loro non ci sarebbero tanti volontari e tanto entusiasmo».

Nel 2013 la vittoria del centrosinistra sembrava un risultato quasi scontato, e così non è andata. Quali sono gli errori da non ripetere, questa volta? «Ambrosoli vinse nelle città e perse nelle valli, come si dice. Gori ha studiato quella lezione, e già da queste prime uscite si capisce che si vuole concentrare molto sui territori non urbani, come quelli montani che si sono visti tagliare i finanziamenti da Maroni dell’80 per cento, o quelli dove i disastrati treni regionali sono l’unico collegamento: sono quei luoghi, che hanno bisogno di attenzione e centralità, che dobbiamo convincere».

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Referendum e federalismo differenziato. L’impegno del

Un partito capace di dialogare con le Istituzioni e

di aprirsi ai mondi vitali è un partito vivo e vivace. È il Partito Democratico di Milano Metropolitana.

Ti segnaliamo la pagina dedicata al tesseramento sul sito della Federazione:

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Quotidiano gratuito, digitale e multimediale del PD sarà la voce della più grande comunità politica italiana, lo strumento di informazione e discussione per le centinaia di migliaia di iscritti, militanti, amministratori e rappresentanti politici del PD

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