Partita Tripla News - dicembre 2009
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Transcript of Partita Tripla News - dicembre 2009
coinvolgere attiva-
mente quante più
persone possibile. Le
vostre proposte sa-
ranno le benvenute:
articoli, fotografie,
disegni, poesie, rac-
conti, scritti che per-
verranno in redazione
formeranno il mate-
riale per le prossime
pubblicazioni.
A presto e buona
lettura.
Con l’anno scolastico
2009/10 riprende le
sue pubblicazioni
Partita Tripla News ,
figlio minore, ma non
per questo meno
amato, di Partita Tri-
pla.Siamo in fase spe-
rimentale e perciò
scuserete gli errori, le
imperfezioni, i dubbi e
le mancanze che non
mancheranno .Con
buona volontà e pa-
zienza, coadiuvati da
alcuni professori,
stiamo provando a
costruire una pubbli-
cazione che sappia
informare senza an-
noiare, divertire e far
riflettere. Nel numero
che avete per le mani
(e di cui è disponibile
sul sito dell’Istituto
anche la versione in
formato pdf), trovere-
te il resoconto delle
prime visite d’istruzio-
ne, alcune significative
statistiche relative alla
nostra scuola e qual-
che riflessione che
abbiano chiesto ai neo
diplomati e ai nuovi
guglielmini.
Inoltre, abbiamo dedi-
cato spazio anche
all’informazione più
scolastica con l’illu-
strazione delle iniziati-
ve più significative che
ci aspettano in questo
nuovo anno .
Partita Tripla News è
il frutto di una colla-
borazione docenti e
studenti ed aspira a
E con l’Amazzonia come la mettiamo?
E’ vero. Anche noi
usiamo della carta,
quindi alberi. L’idea
che qualche metro
cubo di betulle sia
stato sacrificato per
stampare questo libel-
lo, un po’ preoccupa.
Dopo una lunga di-
scussione in redazione
tra chi proponeva di
usare la carta straccia
dei cestini e chi soste-
neva l’opportunità di
scrivere con lo spray
sui muri, siamo arriva-
ti ad un’onesta media-
zione. Giornalino
cartaceo, sì, ma con
una versione digitale
che, in futuro, potreb-
be anche soppiantare
quella su carta.
L’idea è quella di rita-
gliarci uno spaziettino
nel sito dell’Istituto da
cui far capolino con i
nostri cattivi pensieri.
Magari il giornalino fa
schifo, ma qualche
albero continuerà a
far ombra.
Notizie di rilievo:
• New York -Trovata
un’entità più picco-
la dell’atomo: Bru-
netta rivendica la
paternità della
scoperta e dichia-
ra: “Il mio cervello
però non si tocca”
• Mozzanica - Il
professor Monaco
dichiara di essere
stato sconfitto da
Roger Federer nel
torneo di Arcene
per 7-6 7-6; dalla
Svizzera il campio-
ne dichiara: “Dite
a Monaco che ho
giocato bendato”.
• AAA - cercasi
professore compe-
tente per ripetizio-
ni di economia
aziendale a inse-
gnante millantato-
re e spacciatore di
false notizie sulla
partita doppia.
Fermo posta Mar-
chetti A. Lauta
ricompensa.
• Smarrito libro di
Economia Azienda-
le assolutamente
nuovo. Cercasi
proprietario fra i
rimandati a set-
tembre.
Se dodici pagine vi sembran poche
ITC OBERDAN
Partita Tripla News nuoce poco alla salute
Dicembre 2009
Numero I
Il nostro lettore tipo: attento, curioso, perspicace, documenta-
to, impertinente, studente
Leggere allunga la vita? Credo proprio che morirò giovane (uno studente)
Ridere, fa bene
VENICE ‘09 :
ON A PERDU LE
PROF!
Padiglione polacco
Tra i vari padiglioni mi ha
colpito particolarmente
quello polacco (realizzato
da K. Wodiczka). Era di
vaste dimensioni e comple-
tamente oscurato; suscita-
va una sensazione di chiu-
sura poiché vi era la pre-
senza di numerose vetrate
sulle pareti e sul soffitto,
dove comparivano e scom-
parivano progressivamente
delle persone, le quali svol-
gevano una attività diversa:
c’erano dei lavavetri o
semplicemente persone
che parlavano tra loro;
altre ancora sembrava fos-
sero intenzionate ad entra-
re nella stanza, ma la pre-
senza delle vetrate lo im-
pediva. Si potevano sentire,
di sottofondo, delle voci
quasi misteriose in lingua
polacca che rendevano
affascinante e inquietante
l’opera. Dinnanzi a quest’o-
pera, ho potuto vedere
numerosi turisti italiani e
stranieri stupiti.
ANDREA MUSOLINO—4 E
re, raffigura l’uomo che, serven-dosi di un’energia interiore rap-presentata dalla moto, squarcia il muro che racconta le barriere erette dall’uomo a propria difesa nei confronti di tutto ciò che lo circonda. Con la forza di volontà si può abbattere qualsiasi muro sia dell’indifferenza, dell’ipocri-sia ecc. ed aprirsi ad un mondo nuovo che, anche se sconosciuto, potrebbe rivelare emozioni piace-voli ed inaspettate, far riscoprire
Padiglione Russia
Un muro, una moto. Un’opera che mi ha “investita”. Credo che con questa scultura l’artista, oltre ad una denuncia di chiusura, voglia mandare un forte messag-gio positivo di speranza ed un invito ad impegnarsi a modificare molti comportamenti che quoti-dianamente assumiamo nei con-fronti della realtà che ci circonda. Infatti questo lavoro, a mio pare-
sentimenti e valori dimenticati ma mai cancellati.
RITA MANNINO — 4 E
Dalla Russia con furore
Vetro: maneggiare con cautela
glione Venezia nel migliore dei
modi. Infatti la sensazione prin-
cipale è di orgoglio nel vedere
una città italiana importante
come Venezia, accogliere i
visitatori con un giardino tut-
t’intorno al padiglione, pieno di
questi ornamenti in vetro. Solo
l’esterno del padiglione dice
tutto su quanto sia bella Vene-
zia e su quanto valga la pena
visitare questa mostra di arte
contemporanea. Federica
Marinoni – 4 E
Padiglione Venezia
All’esterno del padiglione di
Venezia, non potevano manca-
re le stupende opere fatte
completamente di vetro di
Murano. Un bellissimo vetro di
tutti i colori e con sfumature
leggere, come si può notare
nell’immagine. L’opera vuole
accogliere i visitatori nel padi-
Presenze inquietanti
Pagina 2
Partita Tripla News
“...un
bellissimo
vetro di tutti i
colori e con
sfumature
leggere….”
Se il mondo fosse chiaro, l'arte non esisterebbe. (Albert Camus)
L'arte è un appello al quale troppi rispondono senza essere stati chia-mati. (Leo Longanesi)
Pagina 3
Numero 1
“Noi che
crediamo di vivere
in una società
avanzata e in
costante
miglioramento in
realtà ci infiliamo
spesso i paraocchi
per vedere solo la
nostra condizione”
Bisogna essere un uomo vivente ed un artista postumo. (Jean Cocteau)
L'arte non ripro-duce il visibile; piuttosto, crea il visibile. (P. Klee)
Dopo aver visitato la cinquantatreesima edizione della Biennale di Venezia, un sentimento di confusione ha riempito il mio stato d’animo. Cosa è arte e cosa non lo è? E’ giusto para-gonare opere come la Monna Lisa di Leonardo o la Pietà di Michelangelo alle opere in e-sposizione alla Biennale di Venezia? Secondo un qualsiasi dizionario l’arte è l’attività umana individuale o collettiva da cui na-scono prodotti culturali che sono oggetto di giudizi di valore. Tuttavia personalmente, pen-so che l’Arte sia qualunque idea, concetto, opera, film, danza, qualunque esecuzione che non esaurisca il suo significato nei soli valori visivi, ma che ti rimandi ad una sensazione interiore o ad una riflessione. Il 16 Ottobre ho visitato una delle più importanti Esposizioni di Arte Contemporanea, il cui tema è: “MAKING WORDS” ed è stata un’immersione in un mondo di linguaggi nuovi, a volte provocatori, di difficile comprensione, concettuali, sconvolgenti ed in ogni caso co-municativi. Un sentimento di vivacità e gioia è scaturito in me inizialmente nel padiglione brasiliano. Le opere di Delson Uchôa sono di colori vivaci, i materiali utilizzati spaziano dalle tempere acriliche comuni al legno, cellophan, colori coagulati e resina; tutto su tela. Questi colori così sgargianti cozzavano con le fotografie esposte da Luiz Braga. In queste vi erano sem-pre presenti uomini o donne, ma mai in primo piano, mai messi a fuoco come se non fosse-ro il vero soggetto della foto, come se l’artista volesse sottolineare che spesso nel mondo si prendono decisioni e scelte mettendo al primo posto fini economici e politici, a discapito del benessere della collettività. Il secondo padiglione che mi ha colpito particolarmente è quello ungherese, il quale si pre-sentava subito cupo. Ad una parete erano appese molte cornici; all’interno c’erano fotogrammi che ritraevano volti, volti tristi. Di fronte e questi un televisore trasmetteva l’intervista di un soprav-vissuto ad un campo di concentramento. Presto ho capito che i volti nelle cornici erano alcuni degli internati di Birkenau e prose-guendo per il corridoio venivano ricordati i prigionieri politici del Darfur e dell’Iran. Tutti questi volti avevano solo una casa in co-mune: esser stati perseguitati, imprigionati e seviziati senza colpe; solo perché appartenenti ad un’etnia, fedeli ad una religione o schierati con una minoranza politica. L’ultima stanza di quest’opera è piuttosto scura, con uno specchio al centro. Sono stata colpita da un’emozione talmente forte che devo aver trattenuto il respiro per qualche secondo, dopo di che, un po’ tramortita, sono uscita dalla struttura. La mia immagine racchiusa in una cornice identica a quelle viste precedentemen-te, quella dei volti senza vita dei perseguitati; quel riflesso mi ha fatto sentire così vulnera-bile..Questi innocenti hanno subito violenze inaudite e chissà quanti altri, da qualche parte nel mondo, sono ancora costretti a sottostare a simili torture senza alcuna ragione.. Noi che crediamo di vivere in una società avanzata e in costante miglioramento in realtà ci infiliamo spesso i paraocchi per vedere solo la nostra condizione, quando a pochi passi dal nostro paese parole come “Libertà”, “Pace”e “Emancipazione” restano vuote di significato. Dai Giardini abbiamo continuato la nostra visita all’Arsenale. In questa struttura l’opera che più mi ha colpito è quella turca. Tronchi dall’estremità appuntite pendevano sopra il mio capo. Un senso di fragilità, un’espressione di massima precarietà della condizione u-mana; condizione che troppo spesso ignoriamo convincendoci di essere super-uomini, im-battibili e esenti da ogni rischio. Di questa visita terrò vivo il ricordo per molto tempo.. mi ricorderò del pessimismo degli artisti, mi ricorderò di quanto possa colpire un oggetto comune, mi ricorderò delle fortissi-me sensazioni provate ma soprattutto mi ricorderò di quanto sia valsa la pena aver cono-sciuto quest’Arte, che prima guardavo con forte scetticismo. Silvia Avogadri
BIENNALE: ARTE O NO?
E’ questo il titolo dell’at-
tualre rassegna internazio-
nale di arte contemporane-
a che si è appena chiusa a
Venezia.
Le classe quarte e quinte
del nostro Istituto, come è
ormai consuetudine, hanno
partecipato alla visita d’i-
struzione che li ha portati
a visitare all’Arsenale ed ai
Giardini la Biennale di Ve-
nezia.
Di seguito diamo conto
delle principali impressioni
che i vivi statori ne hanno
ricavato.
Ogni articolo è accompa-
gnato da fotografie scattate
dagli stessi studenti.
Nell’atrio della scuola sono
inoltre visibili le opere rea-
lizzate dalle classi quarta E,
D e quinta D ispirate alla
vivista veneziana.
Alcune opere fotografate dalla 4 B
Un cadavere in piscina
Padiglione Danimarca e dei
Paesi del Nord.Questo
padiglione rappresentava
una casa abbandonata in
vendita forse a causa della
vicina villa di un pornogra-
fo omosessuale il cui cada-
vere è in piscina.
Fare Mondi
Pagina 4
Partita Tripla News
Tutto l'interesse dell'arte è nel principio. Dopo il principio, è già la fine. (Picasso)
Venezia
“La diversità tra una persona e
l’altra provoca
disorientamento e
solitudine…”
L’opera mette in evidenza
come la diversità da una per-
sona all’altra provochi diso-
rientamento e solitudine.
Padiglione Stati Uniti
L’opera che più mi ha colpito è
stata quella del padiglione dell’A-
merica, nel quale, oltre alle altre
numerose opere d’arte, giudicate
da me “leggermente tetre” come
ad esempio teste umane ed ani-
mali appese in diversi modi, han-
no catturato la mia attenzione le
numerose coppie di mani poste
in diverse posizioni le une dalle
altre, in modo che il visitatore si
potesse soffermare ed attribuire
un significato ad ognuna di esse.
Secondo me l’artista ha voluto
prendere come oggetto della
propria creazione le mani forse
per riferirsi all’ambito religioso,
basti pensare all’affresco della
Cappella Sistina, forse perché
sono un elemento che conta
molto nella comunicazione al
giorno d’oggi, a tal punto che
alcuni studiosi ci si sono dedicati
per trarne delle teorie.
Un esempio può essere la stretta di mano, un gesto che normal-mente ormai si affronta nella quotidianità, infatti, una stretta di mano debole è segno di mancan-za di fiducia in sé stessi,oppure in una persona che tiene a lungo la
mano altrui indica carenza d’af-
fetto ecc. E’ curioso poi sapere che, in Giappone e in Cina, così come in alcuni Paesi asiatici, la gesticola-zione nel parlato è segno di man-canza di rispetto, perché (si sup-pone) chi gesticola, lo fa per farsi meglio capire da chi gli sta di fronte, il quale indirettamente, non viene reputato un tipo molto sveglio…(è da evidenziare che in Italia si usa molto gesticolare…)
FEDERICO MESSAGGI 4 E
delle enormi gabbie che riempio-
no l’intera stanza. Una volta en-
trati si hanno tre diverse opzioni:
andare avanti, a sinistra o a de-
stra con il medesimo risultato:
una stanza buia con una bandiera
nera fatta sventolare da un venti-
latore. L’effetto che io ho perce-
pito è di entrare in un mondo
mai esplorato perché una stanza
piena di gabbie non è cosa di tutti
i giorni. La sensazione è di essere
intrappolati perché ovunque
Padiglione francese
Il padiglione francese si sviluppa
molto in altezza lasciando il visi-
tatore meravigliato anche a causa
andiamo si finisce nel buio. L’uni-
ca cosa che si può fare è tornare
all’uscita, l’unico luogo dove non
brancoleremo nel buio. Per l’arti-
sta ciò che non conosciamo non
può essere esplorato perché non
abbiamo i mezzi necessari per
farlo e l’unica cosa che possiamo
fare è tornare sui nostri passi
quindi a ciò che già conosciamo e
che ci è concesso conoscere.
Fabio Gobetti
Gabbie
Le nostre spie
che subito si è dissolto con il
flash abbagliante di un visitatore
che scattando una foto mi ha
mostrato per qualche secondo la
scena nella sua integrità. Ad ogni
spia corrispondeva un elettrodo-
mestico della nostra vita quoti-
diana: computer, telefoni, stereo,
ventilatori, forni a microonde
ecc. L’autore ha voluto quindi
farci riflettere sulla costante pre-
senza della tecnologia nella no-
stra esistenza facendoci notare
non i semplici e “freddi” elettro-
domestici ma le luci delle loro
spie inaspettatamente più “calde”
e vivaci.
Michela Fossati 4 E
Esposizione internazionale
Ho scelto questa fotografia che
ho scattato in una stanza del
padiglione riservato alla Cina
perché mi ha colpito e sorpreso
in modo particolare. Entrando
nella stanza buia spiccavano spie
colorate posizionate ad altezze
diverse e nell’oscurità non era
chiaro da quali oggetti provenis-
sero. Ho provato un senso di
smarrimento e incomprensione
Would you like a hand?
Pagina 5
Numero 1
“...ha voluto
quindi farci
riflettere sulla
costante
presenza della
tecnologia nella
nostra
esistenza…”
L'arte moderna si chiama così per-ché non ha nes-suna probabilità di diventare anti-ca. (Nikita Kruscev)
L'arte è la scienza resa chiara. (Jean Cocteau)
Venerdì 16 ottobre ci siamo reca-ti a Venezia con le classi quarte e quinte del nostro Istituto, per partecipare ad una mostra di arte contemporanea che si ripete ogni due anni: la Biennale. Nel periodo in cui la mostra non viene esposta, i più grandi critici d’arte si recano in tutto il mondo, alla scoperta di nuovi artisti e di nuove opere d’arte, di grande rilevanza, le quali devo essere attinenti al tema prefissato per l’anno dell’esposizione. Quella a cui abbiamo partecipato, era la 53esima esposizione Inter-nazionale d’Arte, diretta da Da-niel Birnbaum e intitolata Fare Mondi; titolo che lascia al visita-
tore l’ampia libertà di attribuirgli il significato che meglio crede. È stata aperta al pubblico dome-nica 7 giugno 2009, ai Giardini, all’Arsenale, e in vari luoghi di Venezia. Numerosi erano i padi-glioni, ciascuno dei quali rappre-sentava uno Stato del mondo, che ospitavano le opere d’arte; molte di queste erano strane, spiazzanti o addirittura incomprensibili. Quasi tutte rappresentavano una visione pessimistica per quanto riguarda l’andamento del mondo attuale. Il futuro, secondo la mag-gior parte degli artisti, va peggio-rando: guerre incessanti, attacchi terroristici, crisi economi-ca...L’opera che più mi ha colpi-
to, nonostante non ne avessi colto il significato, è una tra quelle di Ivan Navarro.Rappresentante il Cile e nato a Santiago nel 1972, Ivan, ha realizzato complesse sculture luminose, costruendo oggetti ed installazioni specifiche con materiali d'uso quotidiano. La migliore, per me. è la Death Row; opera composta da tredici porte di alluminio con luce al neon al proprio interno.
.
rienza è piaciuta a molte persone. Il pensiero dei giovani rispetto alle mostre e all’arte non era positivo: la visita alla Biennale ha rivoluzionato il nostro pensiero!! Sara Gatti - Sez. C
Molti turisti stranieri, scambian-doci per opera d’arte (in quanto l’arte contemporanea sarebbe in grado di stupire all’infinito chi la osserva), ci avevano scattato numerose foto. Stupiti, ci eravamo incamminati verso l’uscita, in quanto era l’ora del rientro. Inaspettatamente, questa espe-
tatore simboleggiava il mondo attuale, con tutti i suoi lati negati-vi; le porte illuminate rappresen-tavano le diverse vie di fuga dal-l’orrore attuale. Stava a noi scegliere quale via intraprendere per sfuggire dal “male” e andare a costruire un nuovo mondo al di là di quello che già esisteva. Verso la fine del percorso, ci eravamo trovati nella zona Italia. Qui avevamo avuto la possibilità di osservare da un altro punto di vista l’arte contemporanea, pro-vando a diventare noi, classe 4m
e 4c, un’opera d’arte! Tutto ciò, mimetizzandoci con la scritta all’ entrata del padiglione, ed andan-do a formare delle lettere umane, per comporre la scritta ITALIA.
In questo modo ciascuna genera l'effetto di corridoi che attraver-sano il muro. Dal vivo, il colore di queste luci, stupiva chi osser-vava l’opera e, a mia visione, trasmetteva gioia, vivacità e vo-glia di fare, a prescindere dal luogo in cui si trovava, in quanto era buio e chiuso. Proprio questi colori, davano un taglio alla foschia ed erano come calamite, attiranti lo sguardo di chi passava da quelle parti. La mia interpretazione, rispetto alla scultura, è stata la seguente: la camera in cui si trovava il visi-
CRONACHE VENEZIANE
Pagina 6
Partita Tripla News
“questi colori,
davano un
taglio alla
foschia ed
erano come
calamite”
Sono stato aggredito e
picchiato, ma mi sono
difeso bene.
A uno ho addirittura
rotto una mano:
mi ci è voluta tutta la
faccia, ma ce l'ho
fatta. (Allen)
LEGGE DI ELDRIDGE SULLA GUERRA: L'uomo e' sempre pronto a morire per un'idea, purché essa non gli sia chiara.
Il gioco è forma di svago e di diverti�
mento adatto a persone di tutte le
età e può essere un’occasione per
socializ�zare e per imparare a stare
con gli al�tri.
Anche quest’anno, per il progetto
acco�glienza, le classi prime e secon-
de hanno trascorso una mattinata al
bowling di Caravaggio. Durante il
tragitto, noi stu�denti di seconda
abbiamo avuto modo di interagire,
colloquiare e nello stesso tempo
aiutare i ragazzi di prima ad in�
tegrarsi ed ambientarsi.
La giornata si è svolta in questo mo-
do:
ore 9.00 partenza dall’istituto;
circa un’ora dopo, arrivati a destina�
zione, siamo stati divisi in gruppi
misti, cioè formati da ragazzi di
prima e da ragazzi di seconda. Le
squadre sono state create apposita-
mente per far socializ�zare i ragazzi
tra loro.
Nonostante la competizione, tutti
hanno saputo esultare e gioire gli uni
con gli altri. Alle ore 12.40 siamo
ripartiti alla volta della scuola.
Grazie a questa esperienza al di fuori
dell’ambiente scolastico, noi ragazzi
ab�biamo avuto modo di conoscere
altre persone e consolidare i rapporti
d’amicizia già esistenti.
Il gioco stimola il confronto, la parte-
ci�pazione e la fi�ducia sia nelle pro-
prie capacità sia in quelle de�gli altri,
in�fluendo positivamente sulla nostra
vita. Giocando, cia�scuno di noi ha
manifestato la propria persona�lità,
mettendosi in relazione con gli altri.
Questa iniziativa è servita per sco-
prire alcuni aspetti del carattere, per
avere nuove amicizie, per stimolare la
disponibilità verso i ragazzi delle
classi prime nuovi a questa esperien-
za.
E’ stata quindi un’opportunità per
socia�lizzare e di mettersi in gioco
senza ti�more di sbagliare e di essere
giudicati.
quindi confermare che questa esperienza è stata molto interes-sante. Inoltre, in questa “mostra” ho scoperto che la cosa più bella era osservare i visitatori ed ho capito anche che il contesto della Bien-nale ha il potere di trasformare tutto in arte, di rendere ogni pre-senza una piccola performance. Noi, infatti, ci siamo immersi in questo contesto, facendo foto e addirittura divertendoci. Il tema di questa biennale era “Fare Mondi”, e secondo il mio pensiero significava che anche noi dovevamo far parte dell’opera. Dovevamo immergerci in quella fiera, nelle opere degli artisti.
sottile il filamento che la compo-ne, eppure di quanto sia capace esso a trattenere e sorprendere la vita, grazie a dei disegni creati in base all’intreccio di questi fili. Era enorme ed occupava tutta la sala centrale del palazzo, alla prima vista mi sono trovato spae-sato, e dopo averne discusso in classe abbiamo capito che simbo-leggiava una crisi, forse la crisi mondiale, o comunque, la fragili-tà dell’uomo. Inoltre, una volta dentro quella sala, per raggiunge-re le altre uscite dovevi stare attento a tutti quei fili, per non inciampare. Molte altre opere colpivano il mio occhio e posso
Così come, a mio parere, erano stati invitati tutti gli artisti. Infatti questo tema, ha spinto gli artisti a fare un lavoro per rappresentare il proprio mondo. Dovevano far apparire tramite le loro opere, l’esterno, con le sue problematiche e le sue neces-sità. Ebbene, loro hanno costruito nuovi mondi con grandissima liber-tà .Ma come ho accennato prima, la vera e grande opera siamo anche noi. Noi siamo stati artisti di noi stessi, abbiamo creato un mondo attraverso l’allegria e ci siamo fatti catturare dalla giornata, dal conte-sto di quella biennale. Alla fine di tutto, “l’arte è in tutti noi”. G. Roncali
LO SPETTACOLO DELL’ARTE MODERNA
Questa “fiera dell’arte contempo-ranea” era sviluppata in due luo-ghi di Venezia: l’Arsenale e i Giardini. Ho dovuto scegliere una delle opere osservate durante quella giornata, purtroppo non sapevo decidermi perché non vi era una vera e propria opera considerata per me come la migliore, diciamo che molte di queste avevano col-pito i miei occhi. Dopo aver guar-dato attentamente le foto per molte volte, mi sono deciso di prendere in considerazione l’ope-
ra di Thomas Saraceno, prodotta nel Palazzo d’Esposizione, nei Giardini di Venezia. Questo autore è stato forse condi-zionato da fenomeni naturali, i quali gli hanno dato l’ispirazione per creare le proprie installazioni. Questo artista prende spunto infatti da un elemento presente in natura, la tela tessuta dal ragno, pensando a quanto sia resistente e sottile il filamento che la compo-ne, eppure di quanto sia capace esso a trattenere e sorprendere la vita, grazie a dei disegni creati in
Questa era la prima Biennale fresca della mia vita personale. Non era la prima “mostra” che vedevo nella mia vita, ma a diffe-renza delle altre, questa era molto diversa. Guardare un’esposizione di arti, opere, provenienti da tutto il mondo, ma concentrati in un unico posto, crea molto entusia-smo, ed è stimolante, perché ti permette di scoprire e vedere cose, che magari, non avresti mai potuto vedere nella vita quotidia-na.
AL BOWLING!!! AL BOWLING!!! AL BOWLING!!! --- CLASSECLASSECLASSE 2 H 2 H 2 H
Pagina 7
Numero 1
“ho scoperto che
la cosa più bella
era osservare i
visitatori ...Noi
siamo stati artisti
di noi stessi,
abbiamo creato
un mondo
attraverso
l’allegria”
Abitavano sopra un bowling, ma erano spesso gli avventori del bo-wling a protesta-re per il troppo rumore!
Padiglione Italia
Numero I
Sarà una scelta banale e scontata, ma credo sia impossibile nega-re che un corpo in decomposizione in piscina, in una mostra d'ar-te che se pur strana e innovativa sempre mostra è, faccia incurio-sire, e racconti un qualcosa, un qualcosa che un gruppo di ragazzi in uscita didattica non può percepire da un quadro, o da delle piante... Ecco ciò che per me è importante in un'opera, il fatto che ci fac-cia immaginare una storia alla base, anche se in questo caso di immaginazione non ce ne vuole poi molta visto che Michael El-mgreen e Ingar Dragset (i quali hanno collaborato anche con il famoso italiano Maurizio Cattelan) di indizi ce ne hanno lasciati parecchi: una villa in cui tutto è visibile, trasparente, a comincia-re dal proprietario galleggiante morto in piscina; e con lui la sua scrivania, dove stava scrivendo un roman-zo con protagonista un pornografo, forse la sua biografia? Infatti sono presenti collezioni di sleap e boxer, come fossero importanti trofei da conservare, era forse omosessuale? O magari, chi lo sa, possedeva un'a-zienda di biancheria intima? E poi ritratti di nudi, rigorosamente uomini, e a questo punto mi pare ovvio che la seconda ipotesi sia da scartare. Che dite si è suicidato? “Le prove non mentono. Non ci sono segni di ferite, e l'uomo si è anche tolto le scarpe. E' sicuramente suicidio” direbbe uno scienziato alla CSI dopo
aver analizzato ogni reperto, come l'orologio e le sigarette sul fondo, ma a noi questo non interessa un granchè, preferiremmo sapere il perchè... Come anche il perchè di quelle rotture della casa in vendita, la seconda opera del padiglione Nordico, in cui tutto sembra quasi diviso a metà. E in questa situazione ritengo sia quasi più facile azzardare un'ipotesi del motivo della “rottura”, ma non del tavo-lo, bensì della famiglia, visto la quantità della famiglie sfasciate al giorno d'oggi... E una famiglia come quella, che colleziona insetti e richieste di elemosina, e in cui vige un'ordine maniacale che le nostre mamme neanche si sognerebbero, quando si rompe, non può che farlo con un botto radicale di questo tipo, che porta con sé anche l'abitazione. L'ordine esistente prima non era forse
un modo per nascondere il fatto che dentro in realtà stesse crollando?... Abbiamo imparato che uno dei principi della cosiddetta arte contemporanea in questione è quello di essere provocatoria, di spiazzare e disorientare i visitatori; sicuramente i creatori sono stati intelligenti nel creare un'opera che più provocatoria non si può, ma vorrei riflettere su una cosa: siamo davvero sicuri che faccia disorientare? Insomma in un mondo dove ormai tutto è visibile e concesso, un cadavere, un omosessuale e degli organi maschili sono una novità che può spiazzare? Io non credo, perchè oltre alla risatina o un lieve stupore iniziale, chi non ammetterà che queste cose sono alla portata di tutti ogni giorno? In televisione, su internet,... Fanno ormai parte della nostra vita, appunto del nostro MONDO. Sarà forse una delle tante o-pere che danno una visione pessimista del mondo presenti alla Biennale di Venezia 2009?!... VERONICA DI GESU’ - 4C
DALLA BIENNALE
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Giovedì 16 ottobre 2009 la quarta E con alcune classi dell’istituto è andata a Venezia per visitare i Giardini e l’Arsenale della Biennale, la mostra d’arte contemporanea che si svolge ogni due anni nella laguna. Inizialmente, quando l’insegnante ci ha proposto questa visita didattica, ho avuto qualche perplessità circa la sua utilità per gli studenti di un istituto tecnico commerciale come il nostro. Una volta terminata la giornata mi sono però resa conto che, quella della Biennale, non è stata solo un’esperienza ine-rente all’arte contemporanea, ma è stata molto di più, un’esperienza interculturale. Personalmente sono riuscita a visitare quasi tutti i padiglioni, alcuni li ho trovati interessanti e hanno suscitato in me curiosità e stupore e soprattutto mi hanno riflettere sulle diverse interpretazioni che gli artisti di tutto il mondo hanno dato riguardo al tema filo conduttore della mostra, “Fare Mondi”. Altri, al contrario, li ho trovati insignificanti e noiosi perché non sono riuscita a cogliere il loro significato che, magari, non era così immediato come le opere che ho potuto apprezzare. Nel padiglione degli Stati Uniti ho potuto ammirare l’opera delle diverse combinazioni che possono assumere due mani intrecciate tra di loro, la quale mi ha colpito per le forme insolite e bizzarre che esse creavano. Sono rimasta impressio-nata anche dal video, sempre nel padiglione degli Stati Uniti, che raffigurava l’operazione del lavaggio mani con l’acqua e il sapone, in quanto mi ha fatto riflettere sullo spreco di risorse preziose come l’acqua che avviene ogni giorno nelle azioni quotidiane più banali. Per quanto riguarda il Venezuela mi è rimasta impressa la moto conficcata nel muro che spuntava all’entrata del padi-glione e che ricordava, vista frontalmente, un viso con i fanali come occhi e la ruota come lingua. All’interno del padiglione le carte geografiche strappate mi hanno fatto pensare alla contrapposizione tra l’unione appa-rente che si può vedere sulle cartine degli Stati del mondo e tra la realtà che vede questi Stati spesso divisi da guerre e
conflitti di ogni natura. Mi ha colpito inoltre, nel padiglione israeliano, l’intreccio di fili colorati e soprattut-to la frase riportata su un biglietto davanti l’opera: “Il mondo ha troppi colori per essere chiusi in una bandiera”. Con questa frase, l’autore o l’autrice della performan-ce ha voluto sottolineare la diversità degli Stati del mondo legati dalla comune ap-partenenza alla terra, luogo nel quale essi devono convivere insieme. Nel padiglione internazionale mi ha affascinato l’opera dei libri appesi al soffitto che mi hanno fatto pensare alla cultura che in un certo senso gravita sopra le nostre teste; ci basta quindi alzare al testa per vederla, ma possiamo anche decidere di non voler-la vedere continuando per la nostra strada. Gli specchi dominavano invece il padiglione greco, il quale mi è piaciuto per questo
motivo, anche se non ho compreso in pieno il suo significato. Il padiglione della Serbia conteneva grandi blocchi di capelli umani, i quali non mi hanno trasmesso assolutamente emo-zione. Non ho gradito il padiglione finlandese in cui vi erano esposti attrezzi, divise ed elmetti dei pompieri, perché non ho colto la sua attinenza con il tema della Biennale e perché ho trovato gli oggetti esposti troppo vicini e concentrati in un piccolo spazio. Anche nel padiglione svizzero non ho compreso a fondo alcune opere come per esempio una scala a pioli, posta orizzon-talmente sul muro, dei quadri raffiguranti linee nere sistemate apparentemente senza senso logico, di conseguenza que-ste opere non mi hanno trasmesso niente di particolare. All’Arsenale vi erano i Padiglioni dell’Italia e del Cile; quest’ultimo mi ha entusiasmato con le opere delle porte colora-te con il neon e con il pozzo che, grazie agli effetti ottici, sembrava molto profondo e racchiudeva dentro di se la scritto “bad”. Nell’area dedicata all’Italia ho apprezzato gli enormi quadri a mosaico, colorati, che mi hanno trasmesso un sentimento di allegria e spensieratezza e anche microfoni realizzati con cristalli, mi sono piaciuti perché riflettevano sotto la luce. Posso concludere che, questa della Biennale, è stata un’esperienza interculturale assolutamente positiva che mi ha per-messo di aprire la mente riflettendo sugli aspetti più insoliti e curiosi delle creazioni che ho ammirato cercando di capire da sola il loro significato. Michela Fossati
Numero I
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Numero I
PROFESSIONE RAPPRESENTANTE
Ci rappresentano nel Consiglio d’Istituto e in Consulta Provinciale, propongono le idee per la scuola volute da chi la scuola la vive in prima persona, gli studenti; insomma, fanno sì che le nostre esigenze non si perdano nei meandri della buro-crazia. Loro sono i rappresentanti di istituto e della Consulta Provinciale Studente-sca. Abbiamo intervistato gli eletti di quest’anno in stile “iene”, per sapere come la pensano e cosa andranno a realizzare. Gli intervistati sono: Marco Gualandris e Andrea Moriggi, entrambi della 5°D e rappresentanti del nostro istituto nella Con-sulta provinciale, Jennifer Bonacina (5°D), Elena Danelli (3°E), Silvia Senziani (4°D) e Valerio Zanoli (4°F), rappresentanti degli studenti nel Consiglio di Istituto. Quali sono le ragioni che ti hanno spinto a candidarti a rappresentante degli stu-
denti?
Marco: «In primo luogo volevo rappresentare la scuola e i suoi studenti in un contesto come quello provinciale, inoltre volevo mettermi alla prova facendo an-che qualcosa di utile per la realtà nella quale passo più ore della mia giornata, quale è appunto l'ambiente scolastico.» Andrea: «La ragione è una sola: volermi fare portavoce della volontà degli studenti dell’Oberdan all’interno della provincia.» Jennifer ed Elena: «Il desiderio di fare qualcosa di nuovo ed utile e di mettermi alla prova.» Silvia: «Sinceramente non avevo intenzione di candidarmi ma, spinta dalla mia compagna, ho deciso di mettermi in gioco.» Valerio: «Il desiderio di interessarmi di più del nostro istituto, oltre alla voglia di far sentire la mia voce e, soprattutto, quella degli altri studenti.» Quella di candidarti è stata una scelta presa all’ultimo momento o premeditata da tempo?
Andrea e Marco: «Avevo già preso questa decisione ancora prima di iniziare la scuola, non sapevo però se mi sarei candidato a rap-presentante d’istituto o della Consulta.» Jennifer: «È stata una scelta presa all’ultimo momento, tant’è vero che mi sono candidata l’ultimo giorno. Non avevo assolutamente preso in considerazione la possibilità di ricoprire questa carica, per timore di non avere tempo a disposizione per la preparazione all’e-same di stato. Inizialmente, quando mi è stata fatta la proposta, ho rifiutato; ma in seguito, sotto la spinta del docente referente dell’at-tività, della mia prof. e delle altre ragazze con le quali ho presentato la lista, ho accettato.» Elena: «È stata di certo una decisione assunta in extremis, incoraggiata dalla prof. Pasini e dalla vicepreside.» Silvia: «A dir la verità è stata una scelta presa all’ultimo momento.» Valerio: «Io e un mio compagno di classe abbiamo deciso di candidarci solo due, tre settimane prima delle elezioni, anche se già pri-ma avevamo pensato di farlo.» Ti aspettavi questo buon esito delle elezioni?
Marco: «Non saprei. Posso solo dire che, anche se avevo solo due "avversari", questi erano molto validi quindi non ho mai avuto certezze sulla buona riuscita delle elezioni, ma alla fine è andata bene e sono felice di questo.» Andrea: «Si sono alternati momenti di euforia a momenti di spleen: inizialmente ero abbastanza sereno, ma col passare del tempo l’ipotesi d’essere eletto sembrava andare sfumando, invertendo completamente rotta.» Jennifer: «Diciamo che ci speravo. Ci eravamo impegnate affinché la campagna elettorale potesse rappresentare le nostre idee, ma senza dare false speranze ai ragazzi. Vincere mi ha dato comunque molta soddisfazione.» Elena: «A dir la verità non me l’aspettavo, poiché ero la candidata più giovane ed inoltre non pensavo d’aver fatto una così buona impressione.» Silvia: «Sinceramente non mi aspettavo che mi scegliessero per rappresentare l’istituto e nemmeno che vincessi con una differenza di voti così ampia.» Valerio: «In parte sì, anche se dopo aver visto il programma delle altre liste sono stato un po’ sorpreso dalla mia elezione.» Pensi che sia stata un’esperienza utile al vostro incarico?
Andrea: «Il termine utile è riduttivo, direi che è stata fondamentale. Senza questa “due giorni”, non avremmo mai compreso appieno il funzionamento assai articolato della Consulta e, soprattutto, non avremmo potuto organizzarci democraticamente per concorrere alla presidenza della Consulta e agli organi connessi, che si occuperanno poi di portare a termine il mandato con successo.» Jennifer: «Questo corso è certamente stato un modo efficace per apprendere e per conoscersi. Ci ha permesso di confrontarci, condi-videndo le problematiche e cercando di individuare delle soluzioni. Inoltre ci siamo anche divertiti!»
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Elena: «La “due giorni” ci ha aiutato a conoscere meglio i problemi degli studenti.» Silvia: «A mio parere è stata un’esperienza molto utile per svolgere al me-glio il nostro incarico.»
Qual è il primo punto del programma della tua lista che proverai, con i tuoi
colleghi, a mettere in atto? E perché?
Marco: «Il nostro unico impegno è quello di integrare il più possibile il no-stro istituto nelle attività proposte dalla provincia.» Jennifer ed Elena: «Stiamo cercando di creare una postazione bar al secon-do piano dell’ala vecchia perché ci rendiamo conto che, essendo quasi mille studenti, è difficile per alcuni di noi riuscire a prendere cibo e bevande ai distributori e al bar.» Silvia: «Il nostro primo obiettivo è il ritorno della postazione bar nell’aula
nuova al secondo piano. E devo dire la verità: è stata presa in considerazione in Consiglio d’Istituto.» Valerio: «Abbiamo provato, su richiesta degli studenti, ad aggiungere delle mete estere al programma dei viaggi d’istruzione.»
Sei appena tornato/a, insieme agli altri rappresentanti, da un corso full immersion di due giorni in montagna che riguarda appunto
questo vostro compito. Quali sono le competenze che hai acquisito?
Marco: «La “due giorni” con la Consulta provinciale è stata un’esperienza molto interessante, sia sotto il profilo lavorativo, dato che tutti noi abbiamo unito le nostre capacità formulando moltissime idee utili per le nostre scuole; sia sotto il profilo personale, in quanto ho appreso le qualità che deve avere un buon membro della Consulta.» Andrea: «Le competenze che ho acquisito sono prevalentemente politiche: la politica nel vero senso del termine greco πολιτικος, amministrazione della collettività: darsi da fare per gli altri. Durante il corso, ci sono stati veri esempi di democrazia e correttezza.» Jennifer: «Le competenze acquisite riguardano soprattutto la presenza e la funzione di alcuni organismi presenti all’interno dell’Isti-tuto, di cui prima ignoravo l’esistenza, e il saper intraprendere relazioni con il personale scolastico e con gli studenti.» Elena: «Sono stati due giorni impegnativi e quasi distruttivi, ma mi sono serviti sia per capire meglio il mio nuovo ruolo nella scuola sia per imparare ad essere il tramite degli studenti con le altre componenti scolastiche.»
Ora che sei stato/a eletto rappresentante ti è venuta qualche altra idea per migliorare la nostra scuola che avresti voluto aggiungere
al programma elettorale?
Jennifer: «La nostra campagna elettorale era abbastanza completa. L’unico obiettivo che vorrei raggiungere è, viste le lamentele degli anni precedenti, organizzare una cogestione che soddisfi tutti i ragazzi, sempre che sia possibile!» Silvia: «Ora che sono diventata rappresentante d’istituto e dopo aver partecipato alla “due giorni”, l’idea base è quella di aumentare la comunicazione tra noi e gli studenti e tra noi e il dirigente scolastico e i docenti. Creando anche un sito Internet aperto a tutti gli stu-denti dell’Oberdan.» Ritieni che l’esperienza che ti stai accingendo ad intraprendere sarà costruttiva e proficua per il tuo futuro fuori dalla scuola? Se sì,
in che modo?
Marco: «L'esperienza che sto intraprendendo è sicuramente costruttiva e sono certo che un giorno fuori dalla scuola le conoscenze che apprenderò in questo cammino mi aiuteranno molto.» Andrea: «Considerando che, grazie alla Consulta, sono partecipe a pieno titolo di un organo di rappresentanza istituzionalmente co-stituito, volto a stimolare la partecipazione attiva degli studenti alla vita della scuola e che esso mi consente sia un intervento “orizzontale” con tanti studenti di molte altre scuole della provincia, che un coinvolgimento “verticale” con gli organismi delle istitu-zioni e con la burocrazia, non ho intenzione di limitarmi a seguire il programma, ma penso di impegnarmi per contribuire a determi-narlo, anche in virtù dei numerosi incarichi ricoperti. Ergo, diciamo che la considero una sorta di palestra per il futuro.» Jennifer: «Credo che ogni esperienza sia costruttiva e proficua. La carica di rappresentante d’istituto può incrementare le competenze personali, in particolar modo la capacità di rapportarsi con le persone e di occuparsi di interessi collettivi.» Silvia: «Penso che questa attività intrapresa mi sarà utile nel rapportarmi con le altre persone e per accrescere il coraggio nel prendere decisioni importanti.» Valerio: «Penso che quest’esperienza possa aiutarmi a capire come è amministrata un’organizzazione del settore terziario e quindi rendermi in grado di gestirne una in futuro.» di Fabio Fontana
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MARYEM E IL “SUO” DIRITTO ISLAMICO
Il giorno giovedì 19 novembre in aula audiovisivi si è tenuto un incontro tra la classe 4°B e il prof. C. Buttino-ni esperto di Diritto ed Economia e religioni il quale ha pensato bene di legare le due tematiche esponendole agli studenti di diverse scuole, compreso l’istituto Ober-dan. L’incontro ha avuto come argomento il “Diritto Islami-co” che mi riguarda direttamente essendo io musulmana semi praticante (per motivi miei) e molto credente. Innanzitutto è stata molto intelligente la sua premessa “ perché conoscere altri diritti?” beh la risposta è molto evidente: ciò che fino a ieri sembrava lontano,estraneo ed incomprensibile, ora è sempre più presente nella vita di tutti i giorni e va analizzato di conseguenza e studiato il più possibile; le conseguenze di ciò sono da ricercare dopo la guerra fredda, alla caduta del muro di Berlino, che ha segnato storicamente la caduta dei confini e della certezza territoriale quindi il progredire di un’entità di-luita con persone di etnie o origini diverse, abitanti dello stesso paese con lo stesso modo di parlare, la stessa pro-nuncia, lo stesso modo di vestire e “camuffare” caratte-ristiche somatiche… Conclusa questa premessa,fondamentale per cominciare a trattare l’argomento, ha fatto una presentazione dell’I-slam dal punto di vista religioso prima ed economico e politico dopo. Prima di tutto, per fare un po’ di chiarezza c’è da dire che il termine Islam vuol dire “ sottomissione a Dio” ( a Dio soltanto) ma senza schiavizzare nessuno, anzi, è riferito più ad una situazione di grazia, pace e intesa con la propria fede o “ totale abbandono a Dio” come dicono i cristiani. Perché il professore ha voluto dire ciò? Per spiegare il motivo per il quale religione e diritto (inteso come giuri-dico) vanno a braccetto nei paesi islamici. Ogni singolo aspetto della vita di un paese musulmano è regolato da precise regole o ”indicazioni” contenute nel Corano, che viene usato anche nei tribunali al posto dei codici civili e penali dei paesi occidentali laici e cristia-ni. Questo risulta strano perché ovviamente non è concepi-bile per i cristiani. Un’altra cosa che sconvolge è che il giurista islamico per compiere il proprio dovere o difendere il suo cliente indaga nella propria coscienza per capire cosa sia lecito o proibito al buon musulmano ( perché come ho detto prima: la vita di un soggetto islamico è regolamentata dal Corano e più precisamente dalla Sunna, non da un codice civile o penale) mentre il giurista occidentale cerca di difendere il suo cliente in tutti i modi possibili (spesso mettendo da parte la propria morale) sebbene esso possa essere colpevole perché vige la regola gene-rale che GIURISPRUDENZA=DIFESA.
Inoltre, l’Islam ha un diritto di tipo concreto con un carattere formale, poco sviluppato che mira a forni-re norme materiali. Generalmente, gli occiden-tali tengono a classificare i musulmani nella stessa categoria di terroristi, fana-tici religiosi, strani, “cattivi”… non sanno che magari ci sono musulmani buoni che con l’integrali-smo non hanno niente a che fare, non sanno che ci sono SUNNITI e SCIITI, non sanno che c’è chi vuole integrarsi e chi ci riesce benissimo. Al termine dell’incontro agli studenti è stato consegnato un questionario che hanno poi compilato ( me compresa): dalle risposte si può benissimo notare che su 120 questionari la mag-gior parte delle persone si ritiene soddisfatta o abbastanza e trova l’argomento interessante. IO SONO MUSULMANA E SONO FIERA DI ESSERLO. NON SONO NATA IN ITALIA. NON HO UN NOME ITALIANO. NON METTO NE’ IL BURKA NE’ NESSUN ALTRO TIPO DI VELO CHE MI COPRA. NON MANGIO MAIALE. BEVO ALCOOLICI. INDOSSO JEANS A VITA BASSA E MI TRUCCO. FREQUENTO RAGAZZI E RAGAZZE DI QUALUNQUE PAESE E NON DISCRIMINO NESSUNO. Ecco perché nell’introduzione ho scritto che sono credente ma semi-praticante: io vivo in mezzo a due mondi, a due religioni, spesso nella contraddizione e nella confusione più totale ma dopo 12 anni in Italia posso dire certamente di essere integrata. Lo capisco e lo so dal fatto che io NON sogno in arabo ma in italiano che io considero la mia nuova madrelingua , prima del francese e prima ancora del marocchino. Però la mia famiglia rimane musulmana ( non mi piace il termine islamica!) il mio paese natale lo è, il mio sangue lo è, di conseguenza me. Non mi sono mai sentita discriminata come persona perché non ho mai avuto problemi finora però mi piange il cuore quando sento gente parlare male della mia gente, della mia religione, delle mie tradizioni. Mi sento ferita a nome di tutti i musulmani anche se a me, per-sonalmente, nessuno ha mai osato dire qualcosa, io conosco l’ostilità della gente, la vedo nei loro occhi quando guardano un passante vestito in modo diverso da loro ed in silenzio sento un nodo alla gola. SPERO CHE CON IL TEMPO L’IGNORANZA LASCI SPA-ZIO ALLA VOGLIA DI RELAZIONARSI E CAPIRE DI PIU’ GLI ALTRI. MARYEM el BACHAR 4°B
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