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1 Noi e la tv! ARRIVANO I NOSTRI ! In questo numero: DENTR O LA TV ( Da credenti) GESU ’ MEGLIO DEL TG (Un grande comunicatore) IL MUSICHIERE ( La TV di fine anni ‘50) UN’AMIC A AL TG ( Maria Rosaria De Medici) LA TV DI OGGI (Il diario di Giorgia) TELEVISIONE (O brodo pr imordiale?) N A T O CON LA TV (Da Mike a Vespa) NON MI PIA CE IN TV (Ormai proprio tanto) D A SER V A A P ADR ON A (Involuzione della Tv) TV IN AFRIC A (Africa Express) TV TEDESC A (Ricordi di Amburgo) TV CHE ABB AIA (Ma non morde) RICORDO DI ELU AN A (Carità e amore) ARRIVEDERCI (Quirino e il prof) FOR T F AMIGLIA (Come difenderla) RISPONDE DON P A OLO (Domande del lontano) Distr ibuzione gratuita Bollettino periodico dei giovani da 8 a 98 anni Parrocchia S.Pio X Numero 21 Marzo 2009

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N o i e l a t v !

ARRIVANOI NOSTRI !

In questo numero:

DENTRO LA TV( Da credenti)

GESU ’ MEGLIO DEL TG(Un grande comunicatore)

IL MUSICHIERE( La TV di fine anni ‘50)

UN’AMICA AL TG(Maria Rosaria De Medici)

L A T V D I O G G I(Il diario di Giorgia)

TELEVISIONE(O brodo primordiale?)

NATO CON LA TV(Da Mike a Vespa)

NON MI PIACE IN TV(Ormai proprio tanto)

DA SERVA A PADRONA(Involuzione della Tv)

T V I N A F R I CA( A f r i c a E x p r e s s )

T V T E D E S CA(Ricordi di Amburgo)

TV CHE ABBAIA(Ma non morde)

RICORDO DI ELUANA(Carità e amore)

ARRIVEDERCI(Quirino e il prof)

FORT FAMIGLIA(Come difenderla)

RISPONDE DON PAOLO(Domande del lontano)

Distribuzione gratuita

Bollettino periodico deigiovani da 8 a 98 anni

Parrocchia S.Pio X

Numero 21

M a r z o 2 0 0 9

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TELEVISIONEGiancarlo Bianconi

Seduto in autobus stavo leg-gendo attentamente un articolo delmio quotidiano quando due signore,salite qualche fermata dopo la mia,vengono a sedersi rispettivamenteaccanto e di fronte a me dopo averobliterato ciascuna il proprio titolo diviaggio fra commenti, urletti e risatine varie. Le osservo. Non propriogiovanissime, tuttavia alquanto attraenti, sono di una loquacità assor-dante e, quindi, molto fastidiosa. Parlano, infatti, a velocità supersonicae ad alta voce, come se sul mezzo pubblico viaggiassero solo loro due,con ciò attirando gli sguardi, tra il divertito e lo sconcertato, dei pochipasseggeri. Parlano di tutto e di più.

Argomento oggetto dell’animoso dibattito in corso fra le due rap-presentanti del gentil sesso, ad un certo punto è il caso di una hostessdell’Alitalia che, poverina lei!, malgrado abbia scelto con encomiabilespirito di sacrificio di abbandonare volontariamente la casa del GrandeFratello per tornare, pena il licenziamento, alle sue mansioni di hostessper le quali è remunerata, ha visto comunque risolversi “per giustacausa” il suo rapporto di lavoro con la compagnia aerea nazionale.Fortunatamente si giunge al capolinea e ognuno va per la propria stra-da

Sicuramente sollecitato dall’animata conversazione delle duesignore di poco fa, mi rendo improvvisamente conto di rimuginare unargomento che tanto vacuo in fin dei conti non è, vale a dire: la televi-sione. E il quesito è inevitabile: è decisamente ordinaria la televisioneche mette in onda trasmissioni di scarsissima qualità ovvero mediocreè il gusto dei telespettatori che, con il proprio elevato ascolto, in prati-ca richiedono programmi inconsistenti? E la ragione ritengo sia,ahimé!, la seconda che ho detto. Conclusione, questa, catartica se sivuole, ma comunque amara. E a conferma di quanto appena affermatoè la notizia, apparsa sulla stampa di qualche giorno fa, che la sera stes-sa della conclusione della sofferta vicenda terrena di Eluana Englaro -la sventurata ragazza in stato vegetativo da ben diciassette anni - la tra-smissione del Grande Fratello ha fatto registrare il più alto indice diascolto: ben il 34 per cento, con quasi 8 milioni di telespettatori inchio-dati davanti al teleschermo. Del resto - come ha sostenuto qualcuno -nella televisione commerciale vince il programma che ha il maggiorseguito di pubblico (audience). “Ne vogliamo parlare?”, come dicevaquel tale.

Vero è che il successo della trasmissione è stato senza dubbiodeterminato, e non poco a mio giudizio, anche dalla fuga di numerositelespettatori dall’ennesimo, vergognoso sfruttamento mediatico del-l’angosciosa vicenda poc’anzi evocata, consumato attraverso gli spe-ciali giornalistici contemporaneamente trasmessi su ben tre canali dialtrettante emittenti televisive. Resta comunque il fatto incontrovertibi-le che questa è, se non vado errato, l’ottava o addirittura nona edizionedella trasmissione.

Ciò significa che il suo allestimento si protrae da qualcosa comeotto o nove anni. E sempre con successo, debbo ritenere. Altrimentiaddio finanziamenti e conseguente, e inevitabile, sua cancellazione dalpalinsesto. La cosa più deprimente, però, è che non è questo il solo pro-gramma ad essere così inconsistente, vacuo, poiché, al medesimo livel-lo, gli fanno compagnia varie altre trasmissioni della stessa natura omagari anche diversa, e tutte più o meno con lo stesso seguito di pub-blico.

E quel che è peggio è che in queste condizioni, quindi, è assolu-ta follia anche solo sperare, per il prossimo futuro, di poter assistereanche se di tanto in tanto e per breve durata - in prima serata, ovviamen-te, al pari delle trasmissioni appena richiamate - a un qualche concertodi musica classica, a un qualche spettacolo di balletto, a una rappresen-tazione teatrale, a un’operetta - e a quest’ultimo proposito prego di nonsorridere con malcelata sufficienza, tenuto presente che la musica di talgenere di spettacoli sopravvive da qualcosa come oltre cento anni, ilche vorrà pur significare qualcosa - spettacoli, in altri termini, chepotrebbero fornire pure un importante contributo alla formazione delbuon gusto dei telespetatori.

Fortunatamente non tutti i programmi televisivi si trovano al livel-lo di “brodo primordiale”, come diceva, se non ricordo male, il profes-sor Pazzaglia. Alcuni, ma solo alcuni purtroppo, sono veramente dibuon gusto e, soprattutto, anche istruttivi: il che non guasta.

Lettere alla R e d a z i o n e

VOLONTARIATO

Ho svolto per 27 anni attività di volontariato in ospeda-le e voglio precisare che tale prestazione non è a livel-lo infermieristico in quanto noi volontari non ne siamoabilitati ma vuole essere un supporto a livello psicolo-gico, direi un “supplemento di anima, di umanità”rispetto alla struttura ospedaliera per confortare eincoraggiare quei ricoverati le cui famiglie non hannomolto tempo per frequenti visite. Cerchiamo di render-ci utili in qualche necessità, senza presunzione divolersi sostituire all’opera del personale qualificato. Ilnostro compito è quello di ascoltare i malati, le loroansie, i loro problemi, assecondandoli in quelle richie-ste di servizio cui non può far fronte il personale dellastruttura. Ho cercato di espletare questa attività congrande disponibilità senza preferenze di razza o diideologia, stimolata presumibilmente dall’esortazioneevangelica di ravvisare il volto di Cristo in quello diogni fratello sofferente. Non cesserò mai di ringraziar-le Dio che in tutti questi anni mi ha fatto vincere l’an-goscia che mi assaliva in quei giorni, e non sono statirari, in cui i “casi-limite” mi coinvolgevano emotiva-mente e mi inducevano a profonde riflessioni, facen-domi ridimensionare i problemi personali. Sono con-vinta che l’invocazione a Dio “ venga il tuo regno”deve essere avvalorata dalla testimonianza di aiuto alprossimo in qualsiasi forma da Lui ispirata. Ho dettodi aver svolto questa attività senza alcuna preferenzama confesso che ho riservato sempre particolare sol-lecitudine per quei malati che, oltre al dolore fisico,sono afflitti da problematiche varie come solitudine,difficoltà economiche, emarginazione. Concludo affer-mando che il dono che il volontario fa al prossimo ècompensato da un notevole miglioramento della qua-lità della propria vita.

Elena Scurpa

ORFANO DI BARBIERE

Il mio barbiere ha chiuso per sempre Dopo le feste diNatale non ha più aperto bottega. Ero andato a tagliar-mi i capelli il 23 dicembre, giorno prima della tradizio-nale chiusura e non mi avevano detto niente. Eppureeravamo amici, ci conoscevamo da tanto tempo.Andavo in quel negozio in Piazza Madonna delCenacolo da più di 25 anni. I due fratelli Salvatore(romanista) e Pino (laziale) erano diventati quasi mieiparenti a forza di parlare insieme di tante cose. Eranovenuti dalla Sicilia all’inizio degli anni ‘50, nati aRacalmuto, lo stesso paese di Leonardo Sciascia.Dopo i primi anni sotto padrone nelle botteghe delcentro storico o dei Parioli, avevano aperto “in pro-prio” alla Balduina negli anni ‘ 70. E ora la chiusura.Improvvisa. Lasciando nel panico e nello sconfortodecine e decine di affezionati e fedelissimi clienti. Orasta girando una voce nel quartiere: Salvatore e Pinohanno vinto alla lotteria ! L’hanno comprato loro quelbiglietto vincente da 5 milioni e mezzo di euro in viaDuccio Galimberti. E’ per questo che hanno chiuso.Questa è la voce che circola. Io non so se sia vera.Però sarei contento per loro. Sono delle bravissimepersone e sono sicuro che di quei soldi ne farannobuon uso e sicuramente verseranno qualcosa in bene-ficenza. Se fosse vero. Però l’unica cosa che è certa èche io ho perso i miei barbieri.

Ettore Massi

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DENTRO UNO SCHERMO,DA CREDENTI

don Paolo Tammi

La tivvù in Italia nacque più o meno quando nacquiio. La prima cosa che mi ricordo di aver guardato èla trasmissione dei funerali di Giovanni XXIII. Papà e mamma piangevano, ma cercavano di nonfarsi vedere. Un’altra cosa che ricordo fu l’attentatoa Kennedy, con papà preoccupatissimo. Sembravache qualcuno dovesse entrare in casa in quelmomento e sparare anche a noi. E che dire del primouomo sulla luna? Papà mi venne a svegliare di nottee il giorno dopo (che bellezza) non mi fece andare ascuola. E non parliamo di Italia- Germania 4 a 3. E chi se la scorda? Era il tempo in cui il calcio piace-va più delle donne, mentre adesso persino una rac-chia che mostra le gambe pelose disgusta meno delcalcio. La tv (bando ai moralismi) è necessaria. C’è la tv che informa, la tv che diverte, la tv che anno-ia, la tv che fa arrabbiare, la tv che fa pregare. Ma non se ne può fare a meno. Ho conosciuto, purnon frequentando salotti di alta qualità, persone che,se stanno qualche mese senza essere inquadrate,muoiono di solitudine. La civiltà dell’apparire siregge su di loro. Il mio rettore di seminario, per diredi qualche seminarista che a tutti i costi voleva esse-re al centro dell’attenzione, diceva: quello andrebbeanche in mutande in tv ! Ho conosciuto però ancheattori, gente di spettacolo che hanno mantenuto lasobrietà. Sono persone normali, sane, amano lecose sane e – alcuni, incredibile ma vero! – si rifiuta-no di fare certe parti quando sanno di dare cattivatestimonianza. Un grande prete, vissuto negli anni’50, don Luigi Alberione, oggi beato, ha intuito l’im-portanza di tutti i mass media nell’evangelizzazione.Ha dotato i suoi figli e figlie spirituali di una grandesaggezza e capacità di piegare questi mezzi al servi-zio di Dio. Come dire: possibile che di tutto si parlimeno che di Dio? Dal suo carisma sono nate bendieci distinte famiglie ecclesiali che si prodigano nel-l’uso dei mass media e se noi oggi abbiamo la pos-sibilità di girare canale, di seguire la Messa ( per imalati), di sapere cosa ha realmente detto il Papa,senza leggere la sintesi falsa dei giornali laici, divedere cosa fanno i missionari in Africa, di sapere

l’attualità della Chiesa, è grazie soprattutto a questospirito straordinario e intelligente che fu donAlberione. Demonizzare la tv è dunque ridicolo. Quando andavoa Piacenza, la terra di papà, d’estate conobbi il par-roco di Pontedellolio, don Dante, che – pensate, era-vamo negli anni’70 – aveva aperto una piccola tv chetrasmetteva nel paese e nei paesi vicini. Mi fece visi-tare gli studi, una piccola stanzetta con microfoni,videcoamere e quant’altro, e io rimasi affascinato.Magari non tutti nel paese la guardavano, ma sonocerto che anche gli atei apprezzano un prete così,battagliero, intelligente, aperto al mondo e alla vita.La forza del cristianesimo è sempre stata l’intuizio-ne, che mai è mancata, che Dio non è mai lontano daciò che è vicino all’uomo e che chi parla di Dio, oltreche salire sui pulpiti e sulle cattedre, deve scenderedove gli uomini vivono per rendere Dio attraente edargli giustizia della Sua grande bellezza. Poi dalla tvoccorre anche difendersi. Anzitutto occorre sceglie-re. Ci sono cristiani (e preti) che sanno a memoriatutte le duecentocinquantamila puntate di Beautiful,ma magari della questione di Eluana non hanno capi-to un tubo. Ognuno, è vero, è libero di vedere quelche vuole,ma quando la libertà è usata così male,sarebbe meglio fargli un programmino per tutta lasettimana. Talora, lo confesso, anche io faccio faticaa sintonizzarmi sulle cose “serie”, un po’ quandosono stanco, un po’ quando sono stufo di sentireaggressioni non tanto alla Chiesa quanto al normalesenso del pudore o quando vedo certi personaggiche mi fanno venire il latte alle ginocchia. Eppure so e credo che sia una sfida. Ricordo quando mons. Fisichella, di fronte a Santoroe a quella specie di intellettuale di Odifreddi, dissechiaro e tondo cosa la Chiesa pensava della pedofi-lia. Fece, credo, più bene lui di tante omelie che nes-suno ascolta più. Ecco, ci vuole coraggio e ci vuolecreatività. Quando si ride, quando si fa ironia, quan-do si vedono le cose dal punto di vista di quella nor-malità che finge di essere stupidità (magistrali,secondo me, sono Woody Allen e il tenenteColombo), allora la tv svolge quasi un compito “divi-no”, perché aiuta a relativizzare la serietà di certieventi e, al tempo stesso, aiuta a capire che l’umiltàè una dote davvero superiore. Dobbiamo, noi cristia-ni, sentirci per davvero a casa nostra nel mondo. Ilmondo non è solo cattivo, il mondo è lo spazioumano-divino dove Dio ci ha messi perchè assuma ilprofumo del Vangelo. Proprio così. Chiudersi in unapseudo spiritualità di rifiuto, di distanza dal mondo,è aver già messo un piede nel fallimento. Invecesiamo lievito nel mondo, cioè una piccola cosa che–sopportando menzogne e attacchi – è chiamata afarsi sentire, a esserci, a non perdersi d’animo.Ricordate padre Mariano? Un frate umile, senza pre-tese, che concludeva sempre così: pace e bene atutti! In certo senso ci ha dato la sintesi. Se stiamo lì,a compromettere casomai la nostra immagine, è per-ché più persone possano avere pace e bene, è per-ché il lievito non diventi polvere da calpestare.

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ADOLESCENZA IN GERMANIA E

TV TEDESCA

Stefano Valariano

Nel lontano marzo 1987 mi trasferii con la mia famiglia adAmburgo, una città moderna nel nord della Germania famo-sa in particolar modo per il suo porto (uno tra i più grandinel mondo), ma molto fredda sia climaticamente che “carat-terialmente”. Io ed il freddo non siamo mai andati troppod’accordo, non l’ho mai sopportato più di tanto, anche se lìera quasi sempre presente insieme a molta pioggia e neve,ma quella si che era bella! Quante pallonate a pupazzi dineve fatti con i miei fratelli!

Io sono il terzo di nove figli e, come per me, anche per glialtri fratelli è stato molto difficile ambientarsi, in primoluogo per la lingua della quale non conoscevamo neppureuna parola e che per noi italiani risulta abbastanza compli-cata.

Nel 1987 avevo otto anni. Iniziai, a metà marzo, la scuola lìad Amburgo partendo con il secondo semestre della secon-da elementare. I primi giorni e mesi furono veramente diffi-cili, era brutto trovarsi lì e non riuscire a capire niente.Ancora mi ricordo il mio primo giorno di scuola: ci trovava-mo tutti in un enorme cortile, dove c’erano tavoli da ping-pong e un campo da calcio, per la seconda ricreazione dellagiornata (ne facevamo in tutto tre al giorno: la prima delladurata di 15 minuti tra le prime due ore, poi ne seguivaun’altra a metà mattinata di 30 minuti ed, infine, un’altra di15 minuti verso le ultime ore). Tutti giocavano e facevanouna gran confusione, ma l’unica cosa che in quel momentoattirò la mia attenzione furono alcuni bambini che giocava-no a calcio ed io provai subito una gran voglia di giocarecon loro, ma, purtroppo, non sapevo come dirglielo. Allafine, mi avvicinai ed in italiano chiesi ad uno di loro se pote-vo giocare e la sua risposta fu :”Was hast du gesagt? (Checosa hai detto?)”. A quel punto, non sapendo che altro fare,simulai il gesto di calciare il pallone, loro capirono e mifecero giocare; mi chiesero anche da dove venissi e, dopoaver detto loro che ero italiano, mi dissero ”RobertoBaggio”. Giocammo così la mia prima partita ad Amburgo,15 contro 15, in un piccolo spazio con un pallone di gomma-piuma, ma la cosa più importante fu che quel giorno impa-rai che la parola “calcio” in tedesco si dice “fussball”.

Devo dire però che, con il passare del tempo ed essendopiccolo e quindi con maggior capacità di apprendimento,imparai la lingua dopo tre-quattro mesi e questo fu possibi-le anche grazie alla scuola, il sentirla parlare e, soprattutto,alla televisione. Una tra le prime trasmissioni che vedevamoa casa si chiamava “Sesamstrasse”(nella foto) i cui prota-gonisti erano dei pupazzi molto divertenti paragonabili ai“Muppets”; tra le altre trasmissioni c’erano anche altri pia-cevoli cartoni animati che andavano in onda tutti i giornianche se non la televisione non occupava gran parte dellamia giornata. Dovevo infatti studiare tanto per mettermi inpari con i miei compagni e poi preferivo e mi divertivo di piùa giocare con i miei fratelli o a calcio con qualche amico.

Oggi posso dire che, dopo aver vissuto 9 anni in Germania,il tedesco è diventata per me come una prima lingua, manon solo, oggi posso essere grato perché ho vissutoun’esperienza che fa parte di me e che, nonostante imomenti difficili che con la mia famiglia abbiamo dovutoaffrontare, mi ha dato tanti bei ricordi che conservo nelcuore.

LA BUONA TVCristian Molella

Io non sono poi troppo grande dietà, ho 27 anni, quindi gli alboridella televisione non li ho visti,quando per capirci la “scatolamagica” era ancora un lusso dipochi ed i programmi non erano24h su 24. Nonostante ciò l’hovista cambiare anch’io, almeno neicontenuti. Facendo un confrontofra 10-15 anni fa ed oggi quello che subito mi salta all’occhio è l’as-senza di grandi serie di film legate ai grandi attori che vi recitano.Parlo di Totò, Fernandel e Gino Cervi altrimenti conosciuti comedon Camillo e Peppone, Bud Spencer e Terence Hill. Oggi abbiamoi cine-panettoni. A chi sa di cosa parlo risulterà facile capire cosaintendo. Pensiamo ai cari film su don Camillo, il cui successo èarrivato a furor di popolo. Ricordo infatti che i personaggi così come il loro autore,Giovannino Guareschi, sono stati snobbati dalla critica degli pseu-do-colti dell’epoca in quanto considerati di basso livello. Pseudo-colti che però niente hanno potuto contro l’affetto smisu-rato per quest’opera che ha contagiato tutta la gente semplice chel’ha conosciuta negli anni e che ha portato il suo successo ancheal di fuori dei confini italiani. Tutti film capaci di farci ridere con lecontinue schermaglie tra i due protagonisti e di farci riflettere conla voce di quel Cristo che Guareschi diceva esser la sua coscien-za, ma che in fondo può essere la coscienza di ogni buon cristia-no. Come poi dimenticare i già citati Bud Spencer e Terence Hillche con la semplicità dei loro film, tra una scazzottata e l’altra nonpassano mai di moda ed anche se la prima volta che li ho vistiandavo alle elementari ancora oggi è un piacere vederli. Oggi è difficile trovare una comicità che non scada nella volgarità,una comicità che oltre a far ridere ti lasci anche qualche insegna-mento. E’ curioso pensare che all’epoca alcuni film di Totò eranovietati ai minori perché ritenuti troppo osè…cosa si dovrebbe direallora dei film di oggi! Mi si dirà che all’epoca c’era una mentalitàtroppo chiusa mentre oggi siamo nell’era della mentalità aperta edel progresso, peccato che in quest’era tanto osannata si è instau-rato nei genitori il legittimo timore di lasciar soli i figli davanti allaTV perché non si sa mai cosa può andare in onda. Oggi poi c’è il “politically correct” che, detto in parole povere,almeno a guardarsi intorno, significa che si possono dire solo lecose che i benpensanti ritengono giuste. Questo pensiero si spec-chia nei film di oggi quindi guai a creare personaggi che la pensa-no un po’ come la Chiesa (ovviamente l’esempio è casuale…) per-ché sennò qualcuno si offende e mettiamo in TV i valori “political-ly correct”. Sotto questo nome c’è chi offende la Chiesa ed i suoisacerdoti? Beh allora entra in gioco la libertà di parola primadimenticata. Quali siano questi valori (o non siano) lo sappiamobene ed ahimè si diffondono sempre più. Viene incessantementeprofessata una libertà che libertà non è in quanto è svincolata daogni morale e quindi rende schiavi di se stessi e delle proprievoglie che si è spinti ad assecondare in tutto e per tutto. Questo èil messaggio che sta dietro alle varie storie presentate al giornod’oggi quando, al motto di “se c’è l’amore c’è tutto” giustificanodivorzi, rapporti prematrimoniali tra adolescenti, l’equiparazione dicoppie etero ed omosessuali. E’ possibile cambiare le cose, bastauscire da quella logica per cui ci pieghiamo ad essere spettatori diciò che ci viene proposto perché”non c’è niente di meglio”. I pro-grammi dei vari palinsesti funzionano secondo la logica degliascolti, questo è il nostro potere su di essi che si esercita prenden-do una posizione accantonando ciò che è offensivo vedere e spe-gnendo tutto quando è necessario.

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“AFRICA EXPRESS”Notizie e curiosità dal Continente Nero

a cura diLucio Laurita

Longo

DAL VILLAGGIO R U R A L E AL VILLAGGIO G L O B A L E

Gli ultimi 50/60 anni sono stati caratterizzati dallo sviluppo, informa esponenziale, di una delle maggiori invenzioni della sto-ria: la televisione. Questa, infatti, è ormai il mezzo di comunica-zione che ha rivoluzionato il mondo, forse anche più dellaradio. Si calcola che sette case su dieci, nel nostro pianeta,siano ormai dotate di un televisore ma, se nel mondo occiden-tale la tv si guarda ormai anche sul telefonino, in Africa non èancora uno strumento per tutti, visto che solo il 10-15% dellapopolazione può contare su tale mezzo di comunicazione. In Europa tale percentuale sale al 90% mentre negli USA sigiunge ad oltre il 98%. In Africa una sola famiglia su cento haaccesso ai programmi tv mentre nel mondo occidentale si arri-va anche a 90 famiglie su 100. Secondo alcuni studi, in Africa cisono milioni di persone che non hanno mai visto un apparec-chio tv o che, addirittura, ne ignorano la esistenza. Perché tale sperequazione? La prima risposta, forse la più sem-plice ed ovvia, è da ricercare nella mancanza di energia elettri-ca che tutt’ora interessa enormi zone ove, però, vivono milionidi persone. Anche l’arretratezza e lo scarso sviluppo delle infra-strutture di comunicazione genera tale situazione. In pratica lagrande povertà, così ampiamente diffusa in questo continente,determina, una ovvia carenza di investimenti in tecnologie dicomunicazione (e non solo). Una delle prime conseguenze ditale stato di cose è ravvisabile nel basso tasso di alfabetizza-zione della popolazione. E’ noto, infatti, che l’avvento della tele-visione ed il suo sviluppo è sempre andato di pari passo con lariduzione dell’analfabetismo, dello sviluppo culturale e di quel-lo sociale. In Italia tutti ancora ricordano la trasmissione dellaRai “Non è mai troppo tardi” nel corso della quale si insegnavaa leggere e scrivere a chi ancora non era in grado di farlo. Siera, però, agli inizi degli anni ’60 e proprio il boom economico,che ha avuto inizio proprio in quel periodo, ha determinato ilcontemporaneo sviluppo della televisione e della riduzione del-l’analfabetismo. Negli ultimi anni, però, c’è stata una inversionedi tendenza rispetto alla emarginazione dei paesi poveri delmondo ed in particolare del continente africano. Le grandi mul-tinazionali della tecnologia e della comunicazione hanno capi-to che la espansione del mercato televisivo (in particolare quel-lo digitale terrestre e satellitare) può diventare un affare colos-sale e portare ad allargare a dismisura il numero degli abitantidel “villaggio globale”. Da qui sono iniziati sempre maggioriinvestimenti per lo sviluppo della televisione in Africa, peraltroanche facilitato dalla nuova, e tutto sommato semplice e dibasso costo, tecnologia satellitare. Oggi il panorama generaledelle televisioni africane e della relativa fruizione ha iniziato adespandersi sempre più ed il suo uso è ormai comune nellegrandi città. Dal Cairo a Città del Capo, da Abidjan a Nairobi adAddis Abeba, i tetti delle case sono sempre più simili a quellidelle città occidentali per numero ed intensità di antenne eparabole. Questo sviluppo, peraltro, è sempre più in forteespansione in quanto spesso avviene che gli anziani, che con-tinuano a vivere nei villaggi di campagna, andando a trovare iloro figli che vivono nelle città scoprano il mezzo televisivo,

fino ad allora oggetto sconosciuto. Non appena il loro villaggiosarà raggiunto dall’energia elettrica uno dei primi beni di con-sumo che verrà acquistato sarà proprio un apparecchio Tv. Questo sviluppo economico, però, determina anche e semprepiù spesso una perdita di valori, di stili di vita rurale, di abitudi-ni e antiche tradizioni popolari in favore di nuovi modelli e com-portamenti che, a lungo andare, inevitabilmente renderannol’Africa simile, nei suoi aspetti peggiori, al mondo occidentale.La mancanza di tecnologia propria e di fondi da destinare aquesto sviluppo determina, oggi, una sorta di sudditanza delleemittenti televisive africane che non sono ancora in grado diprodurre programmi propri che siano lo specchio delle tradizio-ni e della cultura locale. Ancora oggi, infatti, la maggior partedelle emittenti africane hanno un palinsesto quasi totalmentefatto con prodotti vecchi e di scarsa qualità (sia tecnica cheinterpretativa) provenienti dalle Tv occidentali ed americane (inparticolare dagli Usa e dal Brasile). Queste ultime, in cambio di poche migliaia di dollari, svuotanoi loro magazzini consentendo alle emittenti africane di riempirei propri. In alcuni casi si è giunti ad offrire gratis tali programmiin cambio di sponsorizzazioni di prodotti di largo consumo.Produrre invece propri programmi, magari girati in zone imper-vie e con una intera troupe che resta in giro per molti giorni, haun costo che poche emittenti possono permettersi. Molto meglio le telenovelas brasiliane o le soap americane che,in alcuni paesi come la Nigeria, il Burkina Faso, l’Etiopia edanche lo Zambia, hanno raggiunto livelli altissimi di popolaritàe gradimento. Quando vanno in onda, infatti, costituiscono unvero e proprio momento di socializzazione tra la gente che siriunisce in casa di chi ha il televisore per seguirle. Un po’ comeavveniva in Italia alla fine degli anni ’50 con i primi quiz ed iprimi concorsi televisivi. Personalmente, in Zambia, ho vistointere comunità interrompere ogni attività per seguire la enne-sima puntata di una soap ispirata alla Dallas americana e tra-smessa ogni sera dalla emittente nazionale ZNBC. Ma c’è qualche spiraglio positivo: di recente alcune emittentihanno cominciato a produrre in proprio i primi programmi cul-turali e di intrattenimento ispirati alla storia, agli usi e costumiafricani. Il successo che ne è seguito è stato enorme: anche sei livelli qualitativi sono stati, ovviamente, condizionati dalla esi-guità dei budget a disposizione, la gente ha subito dimostratogrande interesse per questi programmi e storie che rappresen-tano valori e culture propri della terra d’Africa ed i protagonistidi questi programmi hanno raggiunto livelli di popolarità altis-sima. Queste nuove trasmissioni, unitamente alle maggioririsorse economiche che, con il passare del tempo, entrerannonelle casse delle varie emittenti, sia pubbliche che private,fanno sperare in una rapida diffusione di tali programmi nelleTV africane e di conseguenza in una reale divulgazione cultura-le e in un alto livello di informazione, vera, libera e senza con-trolli e censure, in modo tale da contribuire allo sviluppo e alprogresso dell’intero continente. Se, invece, le Tv africanesapranno partorire solo programmi ispirati a “Il GrandeFratello” o agli “Amici” di una qualsiasi Maria De Filippi di colo-re, allora non sarà un vero progresso ma semplicemente unbanale adeguamento, in basso, agli standard occidentali. Eforse tutto ciò determinerà la definitiva scomparsa delle ultimeculture e tradizioni popolari ancora vive nel mondo.

LASOPY (Zuppa Vegetaledel Madagascar)

1,5 Kg di ossa di bue, 3 carote , 1rapa, 6 scalogni, 200 gr. di fagioli-ni e 200 gr. di pomodori rossi,1 lt diacqua,2 cucchiai di sale, Pepe

Mettete a bollire in acqua salata leossa di bue. Dopo circa un’oraaggiungete le carote, la rapa, gliscalogni, i pomodori ed i fagiolini,

tutto tagliato in 3-4 pezzi.Aggiungete il pepe (1/2 cucchiainoda the) e proseguite la cottura perun’altra ora circa. Eliminate le ossadal brodo e filtrate la zuppa.Mettete a parte il brodo e frullatetutte le verdure fino a farle diventa-re un purea. Versate il brodo caldonelle scodelle e aggiungete ilpurea, unitamente a fette di pane,meglio se dure.

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I L M U S I C H I E R ECesare Catar inozzi

I meno giovani ricordano sicuramente il Musichiere,celebre trasmissione televisiva RAI diretta daAntonello Falqui.,andata in onda il sabato sera dal1957 al 1960. Era condotta dall’attore romano MarioRiva (a me molto simpatico, anche se laziale). Il Musichiere era un gioco musicale a quiz: i concor-renti, seduti su di una sedia a dondolo, dovevanoascoltare l’attacco di un brano musicale e, una voltariconosciutolo, precipitarsi a suonare una campanel-la posta a dieci metri di distanza per avere diritto adare la propria risposta,accumulando gettoni d’oroper il monte premi finale. Il monte premi si conquistava indovinando il “motivomascherato”, eseguito all’apertura di una cassaforteche conteneva la vincita. I motivi musicali erano ese-guiti dall’orchestra di Gorni Kramer e da due cantan-ti: Nuccia Bongiovanni e Johnny Dorelli.Quest’ultimo fu poi sostituito da Paolo Bacilieri.Voglio dedicare uno speciale ricordo a Nuccia, mortaa soli 40 anni. Come per “Lascia o raddoppia?” lagente si riuniva nelle case o nei bar per seguire latrasmissione. Pochissimi all’epoca avevano il televisore. La condu-zione di Mario Riva (qualcuno ricorderà la coppiacomica Billi e Riva) conferì alla trasmissione un’at-mosfera familiare e popolare. Per questo il Musichiere finì col diventare il contral-tare di Lascia o raddoppia?, contrapponendo al rigo-re l’improvvisazione, all’accademismo la spontanei-tà, alla cultura la canzonetta. Il tutto senza mai cade-re nel futile o nella volgarità: non a caso i testi dellatrasmissione erano firmati da Pietro Garinei eSandro Giovannini, grandi professionisti dello spet-tacolo leggero (autori di quasi tutte le celebri com-medie musicali del Sistina), garanzia di classe eintelligenza. Ci furono anche edizioni per bambinichiamate “Il Musichieretto”. A Mario Riva erano affiancate due vallette, nel cuiruolo si sono avvicendate Lorella De Luca,Alessandro Panaro, Carla Gravina, Marilù Tolo. Le vincite non raggiunsero mai cifre enormi: l’unicocampione che riuscì ad emergere dall’anonimato,con una vincita di otto milioni di lire circa, fu

Spartaco D’Itri, cameriere in un ristorante romanoche, grazie al premio vinto, riuscì ad aprire un’attivi-tà in proprio prima ad Ostia e poi all’Aventino.Ricordo anche Farfarella, una ragazza che, sia purenon bellissima, riuscì ad entrare nel cuore dellagente con la sua spontaneità. Uno dei momenti più attesi della trasmissione eraquello dell’ospite che, anche se proveniente dalmondo del cinema, del teatro o dello sport, venivainevitabilmente costretto a cantare. Ospiti celebri furono Gary Cooper, Totò, MarcelloMastroianni, Perry Como, Jayne Mansfield, Dalida,Fausto Coppi e Gino Bartali, Mina e AdrianoCelentano. Questi ultimi due esordirono in televisio-ne proprio grazie a Mario Riva, in una famosa punta-ta dedicata agli “urlatori”, comparendo a sorpresada un grande juke box. Anche il “rivale” MikeBongiorno figurò tra gli ospiti. Ricordo che gli vennedonato un cavallo, essendo egli appassionato diequitazione. Ma Mike rifiutò di cantare. Sigla della trasmissione era “Domenica è sempreDomenica”, brano che Garinei, Giovannini e Krameravevano composto per la commedia musicale “Unpaio d’ali” del 1957 con Renato Rascel e GiovannaRalli, ma che divenne famoso proprio attraversoquesta trasmissione. La sigla veniva cantata daMario Riva stesso. Con il crescere della popolarità della trasmissione edel suo conduttore, il Musichiere divenne anche unsettimanale in vendita nelle edicole, uno dei primiesempi di vendita abbinata a un gadget (ogni copiaconteneva un disco con inciso un brano musicale).Ci fu anche un gioco per famiglia o amici ispirato alMusichiere. Successivamente un festival, che offriva ai composi-tori dilettanti una straordinaria possibilità: chiunquepoteva inviare un proprio componimento poetico, e ipezzi selezionati venivano musicati da autori profes-sionisti e cantati in tre serate che si svolgevanoall’Arena di Verona. Proprio all’Arena, il 21 agosto 1960, durante le provedella serata finale della seconda edizione del festi-val, Mario Riva cadde in una botola del palco procu-randosi una rovinosa frattura, le cui complicanze dilì a pochi giorni lo portarono alla morte. Non ci fu nessuno che potesse sostituirlo. Si è parlato recentemente di dar vita ad una nuovaedizione del Musichiere,condotta secondo le voci daSimona Ventura o Pupo. Sarebbe a mio avviso unbuon revival, speriamo che la RAI ce lo conceda.

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UN’AMICA AL TGintervista a Maria Rosaria De Medici

di Giampiero Guadagni

La vediamo spesso condurre il Tg 3, soprattuttoquello delle 19. E la vediamo ancora più spesso nellanostra chiesa di San Pio X. Maria Rosaria De Medici è una delle giornaliste tele-visive più seguite e apprezzate. Ha tra l’altro scritto“Il lavoro del conduttore”, prima opera dedicata allinguaggio telegiornalistico. Maria Rosaria, stasera accendo la tv, guardo un Tg,magari il tuo, ma stavolta i titoli principali non sonoquelli della giornata ma di tutto l’inizio di quest’anno.Qual è la tua personale scaletta? E con quali titoli?

Andando così, a memoria, senza consultare gliarchivi, credo che i fatti più importanti dall’inizio del-l’anno siano quattro. L’insediamento di un afroame-ricano alla Casa Bianca, un fatto rivoluzionario dalpunto di vista storico mondiale, un fatto che simbo-licamente supera i confini degli Stati Uniti. Poi, inordine narrativo ma anche di importanza internazio-nale, c’è la crisi economica. Nella mia scaletta idea-le la collegherei all’elezione di Obama, perché lacrisi nasce negli Stati Uniti e da lì si allarga a tutto ilmondo. Al terzo posto un’altra notizia di politicaestera, ancora una volta collegata al futuro ruolo dimediazione diplomatica americana ma potenzial-mente anche europea: la guerra in Medioriente, èdurata quasi un mese, e non ha risolto i problemi diisraeliani e palestinesi. Passando ai fatti italiani c’èla vicenda legislativa del testamento biologico, unastoria forte e coinvolgente perché riguarda tutti, per-ché tocca il tema universale della vita e della morte.Dunque la storia di Eluana Englaro, il dramma di unafamiglia e le reazioni che ha suscitato a tutti i livellifino al dibattito di questi giorni sul testamento biolo-gico. Per quel che riguarda i titoli, ogni giorno, adogni ora, ad ogni passo di ciascuna storia corrispon-de un titolo specifico. Un esempio per tutti.Scegliendo due di questi argomenti, come Obama ela crisi economica, si può fare un titolo legato però aun momento particolare: il momento del discorso diinsediamento del presidente, il 20 gennaio scorso.E allora il titolo è: America rimettiti in piedi. Sommario: Il coraggio e la speranza nel discorso diinsediamento di Barack Obama. “Dobbiamo rimet-terci in piedi”, dice il nuovo presidente degli StatiUniti, che invita gli americani ad affrontare con forzala crisi economica.

Hai condotto Tg per ragazzi. Gli stessi titoli, come liscrivi se destinati esclusivamente a loro?

I ragazzi subiscono come e più degli adulti il bom-bardamento quotidiano di notizie da tutte le fonti: tv,radio, giornali, internet soprattutto. Dunque sonopreparatissimi. Non hanno bisogno di giri di parole.L’importante è spiegare tutto chiaramente: nessunelemento deve essere sottovalutato né dato perscontato. E, se ci sono, conviene sottolineare aspet-ti che richiamino l’attenzione dei ragazzi, perché liriguardano direttamente. Nel caso precedente, il tito-lo potrebbe diventare:“Obama contro la crisi”.Sommario: Il nuovo presidente degli Stati Uniti invi-ta gli americani a combattere con coraggio per usci-re dalla crisi economica. La libertà è un dono da con-servare per i nostri ragazzi.

Come sono stati affrontati questi singoli temi dai tge dalle tv in generale? E tu come li hai vissuti fuori edentro la redazione?

Ogni telegiornale risponde a una propria linea edito-riale, sta alle scelte del direttore dare o non dare unacerta notizia, ma le notizie in questione (Obama, crisieconomica, guerra in Medioriente, caso Englaro)sono state trattate tutte ampiamente da tutti i tele-giornali italiani. Inoltre, il panorama dell’informazio-ne è arricchito da una serie di talk show televisivi eda programmi di approfondimento anche radiofoni-ci, e ogni notizia è stata affrontata da tutti i possibilipunti di vista. L’Italia è un Paese dialetticamentemolto vivace, e i giornalisti si trovano spesso ariportare su un fatto molti e diversi punti di vista. Sicreano subito schieramenti pro e contro qualsiasiargomento, e spesso si sceglie di riportare le con-trapposte opinioni invece di approfondire in modoindipendente l’argomento. Di questi approfondimen-ti credo che si senta la mancanza.

C’è una notizia che non vedi l’ora di dare e una chenon vorresti mai dare?

Non vedo l’ora di parlare della soluzione della crisi inMedioriente, una tragedia che si trascina da decen-ni. Invece non sopporto di dover parlare ormai quo-tidianamente di violenza sulle donne.

In una redazione, durante la giornata, notizie di tuttii tipi si susseguono con un ritmo frastornante.Nella gestione di tanto materiale è giusto, e possibi-le, che la professionalità tocchi anche le corde del-l’emozione, e nel tuo caso si intrecci anche con unavisione religiosa della vita?

La vita religiosa non è separata dalla vita quotidiana:nel mio caso non mi pongo il problema di esprimereuna visione religiosa della vita, semplicemente vivoe lavoro. L’emozione è vita, credo che non sia sepa-rabile dal lavoro. E poi ogni notizia è una storia, e ilracconto della notizia è sostenuto sempre dall’emo-zione, che assume colori diversi nelle varie fasi delracconto. I telegiornali in particolare, dovendo con-densare in brevi servizi filmati - di un minuto emezzo al massimo - notizie anche complesse, fini-scono per semplificare le posizioni in campo e perfare questo chiamano in causa spesso l’emozione.In televisione vale il principio che le immagini piùforti suscitano più emozione, e non necessariamen-te si tratta di immagini violente, a volte sono sempli-cemente spettacolari, come quelle di una gara spor-tiva avvincente. Sono tanti i criteri di scelta dellenotizie, e quello dell’emozione è un criterio rilevantespecialmente in tv.

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IL DIARIO DIGIORGIA

G i o r g i a P e r g o l i n i

Caro diario,

oggi la televisione italiana èmolto cambiata rispetto allavecchia tv di un tempo e nonsolo per l’aggiunta dei colo-ri, degli effetti speciali o per ipollici dello schermo maanche per la programmazione. Molti rimpiangono la vecchia tvsemplice da usare senza decine di telecomandi diversi, altriinvece non sopportano i film d’epoca, insomma più passa iltempo più la nostra televisione cambia e più cambiano le opi-nioni della gente su essa, fattostà che non siamo in grado dicapire se questi cambiamenti siano in meglio o in peggio.

Caro diario io adoro i film di oggi, pieni di effetti speciali, ottimaacustica, attrici e attori di talento fisicamente vicini alla perfe-zione. Le immagini sono così chiare che sembra quasi di esse-re dentro lo schermo ad osservare la scena dal vivo.

Ma la maggior parte dei film di oggi visti e ammirati non solo dame sono stranieri, in più dei casi americani. E che dire invecedei film italiani?

Escludendo i classici film d’epoca che a mia opinione ne iltempo ne la nuova tecnologia potrà mai privarli della loro unici-tà, i film italiani di oggi non sono altro che volgari imitazionidella nostra vita quotidiana e pessimo uso della limgua italiana;su una frase di dieci parole quattro sono parolacce, cinquesono gerghi romani che noi usiamo in un linguaggio colloquia-le e trovo incredibile fare uso di gerghi colloquiali in film cheverrano visti da milioni di persone e sopratutto bambini.

Forse ogni tanto c’è pure una parola aulica detta da un perso-naggio colto del film ma che spesso il personaggio ignorantenon capisce in modo tale da creare così la comicità. Io però noncapisco cosa ci sia di comico. Quindi che morale danno la mag-gior parte di questi film? Che bisogna ridere se qualcuno nonsa il significato di una parola italiana e che la nostra vita non èaltro che un connubio di sesso, bugie e tradimenti, o peggio diamori falliti. Stando così le cose personalmente mi vergognereia far vedere a qualche mio amico straniero un film italiano.

Per esempio mi è capitato di vedere “Come tu mi vuoi”, filmuscito circa un anno fa, dove la protagonista è una brillante stu-diosa di Scienze della comunicazione che vorrebbe tanto diven-tare l’assistente del suo insignante per imparare meglio la pra-tica ma che purtroppo non potrà mai realizzare i suoi sogni per-

chè è brutta e ignorata da tutti, ammenochè non cambi il suostile, il suo carattere e il suo modo di fare.

Infatti la ragazza, a seguito di un completo rinnovamento diimmagine pagato per di più con soldi rubati, cambierà del tuttoil suo look diventando bellissima. Così facendo conquisterà ilragazzo che le piace, sarà accettata da tutti, potrà frequentarediscoteche notturne e potrà diventare l’assistente del suo pro-fessore, ovviamente seducendolo. Sono rimasta particolarmen-te colpita dall’ultima frase del film: il ragazzo da lei tanto amatole dice che l’avrebbe amata comunque anche se fosse rimastabrutta e esclusa da tutti i loro amici, a questo punto ci si aspet-ta che lei risponda che sarà sè stessa per insegnare che nonbisogna mai cambiare il nostro modo di essere solo per essereaccettate dalla società e che il vero amore è quello che ti accet-ta per la persona che sei con tutti i pregi e difetti, invece leirisponde “ Adesso non esagerare”. Ed è così che si concludequesto film che è stato per molto tempo di moda tra i giovani.Bene diario, quindi secondo questa pellicola, le ragazze sesono brutte sono e saranno per sempre delle fallite destinate alavori mediocri nonostante la loro intelligenza, e quelle belledevono fare di tutto per arrivare ai loro obiettivi. Quindi rubare,bere o sedurre i professori sono cose lecite. A questo puntonon mi rimane altro che sperare che la gente si renda conto chesia solo un film e non prenda la pessima morale che ci lasciacome consiglio da seguire.

Ammetto che comunque molti di questi film siano in grado difar ridere grazie agli intrighi e agli equivoci tra i personaggi mase dovessi decidere come passare due ore del mio tempo sce-glieri un bel film americano di azione, horror o fantascienza.

Per non parlare poi dei programmi di solito inseriti in attesadella visione di un film verso sera, oserei dire una strazianteattesa! Nella maggior parte sono corrotti con domande interes-santi ma alle quali spesso neanche il conduttore saprebberispondere, e poi l’immancabile presenza delle veline mezzenude ad incrementare la già troppo alta percentuale di ragazzeanoressiche o bulimiche che davanti al loro corpo ripreso inogni minimo dettaglio si sentono inferiori. Le madri perdonomolto tempo a dire alle loro figlie di non ballare vestite cosìnelle discoteche sennò si corrono seri pericoli ma poi bastaaccendere la tv e vedere come questi insegnamenti venganobuttati al vento. Ovviamente le ragazzine, vedendo farlo in tv,non pensano che sia sbagliato e dunque tendono a imitarlo,infatti quante bambine alla domanda “ che vorresti fare da gran-de?” rispondono “ la velina”? Bè diario, sono finiti i vecchitempi delle dottoresse, scienziate o veterinarie!

Non per questo però l’intera tv italiana è da buttare, pensoanche che ci siamo molti programmi interessanti, peccato cheinizino tutti verso le undici di sera quando si preuppone che iragazzi siano stanchi e vanno a letto perchè il giorno dopodevono alzarsi presto per andare a scuola.

LA NASCITA DELLA TV

L’inizio della storia della televisione puòessere fatto risalire al 25 marzo 1925,quando l’ingegnere scozzese John LogieBaird ne diede dimostrazione nel centrocommerciale Selfridges di Londra. Nelladimostrazione di Baird le immagini inmovimento rappresentavano delle silho-uette, avevano cioè solo due tonalità digrigio. La trasmissione a distanza diimmagini in movimento con una vastagamma di grigi, quelle che comunementechiamiamo in bianco e nero, riuscì a rea-lizzarla il 2 ottobre 1925. La trasmissioneavvenne dal suo laboratorio alla stanza afianco. Si trattava della ripresa di un visodi un giovane (William Taynton, il suo fat-torino) che si era prestato per l’esperi-mento. La risoluzione verticale dell’im-magine televisiva era di 30 linee e la fre-quenza delle immagini era di 5 immaginial secondo.

Il 26 gennaio 1926 Baird diede una nuovadimostrazione pubblica di televisione nelsuo laboratorio di Londra ai membri delRoyal Institution e alla stampa apposita-mente convenuti. Nel 1927 trasmise latelevisione da Londra a Glasgow (700 kmdi distanza) attraverso una normale lineatelefonica in cavo. Nel 1928 realizzò laprima trasmissione televisiva transocea-nica, da Londra a New York. Sempre nel1928 riuscì a trasmettere le prime imma-gini a colori. La televisione di Baird fu inseguito definita televisione elettromecca-nica perché l’apparecchio di ripresa delleimmagini e quello di visione si basavanosu un dispositivo elettromeccanicoinventato il 24 dicembre 1883 da PaulGottlieb Nipkow, il disco di Nipkow. Fudefinita elettromeccanica per differen-ziarla dalla televisione elettronica inven-tata negli anni seguenti e tuttora utilizza-ta. La televisione elettromeccanica erauna televisione ancora ad uno stadioembrionale che si diffuse solo in alcuni

Stati del mondo e in aree geografichemolto limitate. In Italia non si diffuse, fusolo sperimentata. Già nel 1939 fu com-pletamente dismessa sostituita dalla tele-visione elettronica. La televisione elettro-nica fu realizzata per la prima volta il7settembre 1927 dall’inventore america-no Philo Farnsworth nel proprio laborato-rio di San Francisco. La definizione èdovuta al fatto che sia l’apparecchio diripresa delle immagini che quello divisione erano realizzati con un dispositi-vo elettronico, il tubo a raggi catodici,inventato dal fisico tedesco FerdinandBraun nel 1897.br /> Questa tecnologia èquella tuttora utilizzata. Oggi però il tuboa raggi catodici è stato sostituito negliapparecchi di ripresa (telecamera evideocamera) dal CCD, mentre negliapparecchi di visione (televisore, monitore videoproiettor) si appresta ad esserecompletamente sostituito dalla tecnolo-gia al plasma, a cristalli liquidi, OLED ealtre ancora in fase sperimentale.

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NATO C O N L A T VMarco Di Tillo

E’ vero, sono praticamente nato insieme allaTelevisione italiana. Avevo tre anni e mezzo quandomio padre portò a casa il primo gigantesco apparec-chio che si collegava alla presa elettrica passandoper il trasformatore. Sono cresciuto con “Lascia eraddoppia”, “Il Musichiere”,“L’amico degli animali”,“Studio Uno”, “Canzonissima”. I miei divi si chiama-vano Mario Riva, Angelo Lombardi, Mina, le gemelleKessler, Don Lurio e Mike Bongiorno (nella fotoinsieme a Pippo Baudo, Corrado e Enzo Tortora).Da piccolo, verso il 1958-59, la Tv dei ragazzi inizia-va alle 17 in punto con la sigletta Kinder Symphoniedi Mozart. C’erano la rubrica della posta di PippoCannocchiale (un buffo papero di stoffa) e alcunitelefilm americani come “Tarzan” con JohnnyWessmuller (ex campione mondiale di nuoto),“Rintintin” (il primo divo a quattro zampe), “Penna difalco, capo Cheyenne” e poi l’antesignana delle sit-com ovvero “Giovanna, la nonna del Corsaro Nero,con uno straordinario Pietro De Vico nei panni delpiccolo corsaro Nicolino.Una volta l’anno c’era il Festival dello Zecchinod’Oro con Mago Zurlì. E chi se lo perdeva? Per quanto riguarda il calcio i goal della Domenica lipotevamo vedere soltanto il Lunedì pomeriggio alle17,20 in “Telesport” che durava esattamente dieciminuti. Negli anni ‘60 fino all’inizio dei ’70, ricordocon grande piacere uno strepitoso Maigret con GinoCervi. Andava in onda la Domenica pomeriggio e miha fatto venire voglia di bere la mia prima birra, rigo-rosamente con la schiuma, come la beveva il celebrecommissario. E poi ancora ricordo la domenica sera“Il segno del comando”, con Ugo Pagliai, il primovero thriller della mia vita. Ammazza che strizza chemetteva ! E il sabato sera “Canzonissima”, “StudioUno”, “Senza Rete” e prima ancora “Alta pressione”con i giovanissimi Gianni Morandi e Rita Pavone.Negli anni a seguire ci sono state altre cose degne. I programmi fatti da Renzo Arbore, ad esempio:“L’altra Domenica”, “Quelli della notte”, “Indietrotutta”, puro divertimento condito con intelligenza.Ottima la satira dei programmi “Avanzi” e “Pippo

Kennedy show”della Dandini, prima che i fratelliGuzzanti, pur bravissimi, scivolassero in qualchefrase e atteggiamenti eccessivi. Poi, da grande, la televisione l’ho fatta un po’anch’io, come autore. Avevo iniziato a scriveresketch per la Radio in un programma condotto dal-grande regista Nanni Loy, quello delle “Quattro gior-nate di Napoli” che in Tv era diventato famoso per isuoi scherzi in “Specchio segreto”. Insieme aSerena Dandini abbiamo scritto la vita dei grandi deljazz in “Professione Jazz”. Poi sono passato in tv eci sono rimasto per 20 anni, più o meno. Nel 1983 hofatto esordire in una pomeridiana da Torino dal tito-lo “Forte Fortissimo” un giovane e divertentissimoPiero Chiambretti. Avrò fatto bene, mi chiedo oggi?A giudicare da come si è involuto direi forse di no.Ma prima era davvero irresistibile, credetemi. E’stato addirittura un divo dei bambini. Pochi ricorde-ranno il suo buffo personaggio di nome Cartella chenel 1985 combatteva contro Topo Gigio nel “Sabatodello Zecchino d’oro”, altro programma che ho scrit-to per ben 6 anni. Avevo scelto questo mestiere,rinunciando ad usare professionalmente la mia lau-rea in Psicologia, perché mi piaceva scrivere. E infat-ti all’inizio scrivevo i copioni e c’erano pochissimeparole che gli attori o i conduttori pronunciasserofuori dal testo “sacro”. Poi le cose sono cambiate. Ilcopione scritto è passato in archivio e chi andava invideo seguiva solo la traccia discussa prima conl’autore, la cosiddetta “scaletta”. Nei vari talk showche ho firmato (condotti via via da Enza Sampò,Giulia Fossà, Sydne Rome, Maria Teresa Ruta,Francesca Calligaro) sceglievo i temi da trattare, gliospiti da invitare, le domande da fare. Poi in studiocomunicavo a gesti al conduttore le cose da fare, aseconda di come si metteva il discorso. Non era pro-prio gratificante, non era proprio quello che avreidesiderato in partenza, Ma andava così. I programmi in genere non mi piacciono molto. Oggipreferisco vedere lo sport, i film, i documentari. Non sopporto le varie veline, le isole dei famosi, lefattorie, i grandi fratelli, le logore domeniche in ( chesono quasi sempre out) e tutti in famiglia. Detestoanche la piazza dell’ormai incancrenito Comitato-Guardì, le grida dei Santoro e soprattutto il Porta aPorta che non porta quasi mai a niente di buono.Salvo “Report” della Gabbianelli e qualche buonaserie come “E.R.”, “Montalbano”, “Il MarescialloRocca”. Rimpiango moltissimo i miei anni da spetta-tore in bianco e nero ed invidio quelli che una voltascendevano al bar per vedere “Lascia o raddoppia”insieme a parenti, amici e sconosciuti. E’ una cosa che ho vissuto con piacere nei primianni della tv a pagamento, che allora si chiamavaTelepiù, quando il decoder ce l’avevano solo i bar enoi andavamo a vedere la partita della nostra squa-dra del cuore e condividevamo l’avvenimento con unsacco di gente, abbandonando per un momento lasolitaria e monotona poltrona di casa.

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QUIRINO E IL PROFESSOREGiancarlo Bianconi

“Ar r ivederci”

Oooh, professo’, buon pomeriggio! Finalmente ve se rivede!Ma ch’avete fatto tutto ‘sto tempo che nun V’ho più visto? Ce losapete che cominciavo a preoccupamme?».

«Ciao, Quirino! Oooh, niente, niente. Non è successonulla di grave. Ti ringrazio del tuo interessamento, e mi dispia-ce comunque averti causato una qualche preoccupazione,peraltro non del tutto ingiustificata, data la mia età. In ognicaso, nessuna preoccupazione. Va tutto bene, stai tranquillo»

«Ah meno male, va! Però ‘n altra volta ... magari si m’avverti-te .... Vabbe’, basta, passamo ad altro. Professo’, Ve devo da’ ‘nbona notizia... almeno spero».

«Ah, si? Bene. Le buone notizie fanno sempre molto pia-cere. Allora ... quale sarebbe questa buona notizia».

«Allora: la bona notizzia’ è che mo’ per un po’ de tempo nunVe darò più fastidio co’ ‘ste mie domande su li monumenti deRoma».

«Ah, sì? E come mai?».«Eh! Perché la prof nostra de Arte è incinta, per cui fra un paio

de settimane “va in maternità” come se dice. E per cui, come ciàdetto lei, se rivedemo a settembre. Nun Ve pare pure a Voi ‘na bellanotizia professo’? Che così Ve sete levato ‘sta rottura de ... scatoleche ogni tanto Ve davo?».

«Ma che dici Quiri’? Lo sai benissimo che non è affattouna seccatura ma un piacere per me darti, per quel che posso,un qualche aiuto. Ad ogni modo ... sì! ... Pare pure a me unabuona notizia, ma non per la ragione che mi hai appena detto,ma per un altro motivo»

«E cioè?».«Allora: poiché non abbiamo mai avuto l’occasione di

parlarne, sono sicuro che tu non sei minimamente a conoscen-za del fatto che io non sono un insegnante di Storia dell’Arte,bensì ...».

«Nun sete pro....oooh, mamma mia! E ... e allora come fate asape’ tutte quelle cose che m’avete sempre detto su li monumenti deRoma?».

«Ovviamente perché ho studiato, come sarebbe bene facessianche tu e per tutte le materie! La mia professione, come stavo per dirti,è stata un’altra e completamente diversa per di più»

«Ah, si? ... E perché completamente diversa, de che Ve seteoccupato?».

«Di cooperazione finanziaria internazionale. Mi sonosempre occupato - anche a livello governativo per un certoperiodo di tempo - di finanziamenti internazionali, principal-mente di quelli concessi dall’Italia a vari Paesi esteri nel quadrodella Cooperazione allo Sviluppo»

«Ah!... Nun è che ciò capito un granché, a di’ proprio la veri-tà, ma comunque nun fa gnente. Invece vorrei sape’ tutto questoche m’avete appena detto che Ve comporta?».

«Mi comporta che per un certo periodo di tempo saròcostretto ad assentarmi da Roma, anzi dall’Italia. Tutto qui.Un’impresa italiana, attualmente impegnata nell’esecuzione diimportanti lavori in Tunisia, Senegal e Tanzania, ha ritenutoinfatti opportuno avvalersi della mia passata esperienza profes-sionale nel settore di cui ti ho appena parlato, per impostarecorrettamente i rapporti e le relative procedure con le Autoritàitaliane e dei tre Paesi appena indicati. Tutto ciò ai fini di un cor-retto adempimento degli impegni contrattuali sotto il profilovalutario, allo scopo di evitare di incorrere in eventuali sanzio-ni che, in questa materia, sono assai pesanti. E per adempierecome si deve il compito che mi è stato richiesto sarò costrettoa trasferirmi temporaneamente a Dakar»

«E perché dovete da anda’ a Dacar? E quando dovete parti’,e poi indove sta ‘sto Dacar?»

«Allora: innanzi tutto Dakar, per tua conoscenza mio carosomarello, è la capitale del Senegal. In secondo luogo dovròpartire lunedì prossimo. E, infine, devo trasferirmi lì perché, tro-vandosi Dakar al centro dell’ampia zona geografica in cui èimpegnata questa impresa italiana, mi sarà più agevole spo-starmi nei tre Paesi appena accennati dove, inevitabilmente, nelcorso dei primi tempi in particolar modo, sorgeranno di conti-nuo un’infinità di problemi da risolvere»

«Aaah, così Ve n’andate e me lasciate qui da solo! E mo’ ioquando che m’affaccio qui a la finestra con chi parlo io? ... Colvento? E si ciò un dubbio chi me lo toglie?»

«Ma che vai dicendo, Quiri’! Per piacere non dire corbel-lerie! Lo sai bene che a questo mondo tutti siamo necessari manessuno è indispensabile. Per cui ... E poi in ogni caso, trascor-si questi primissimi mesi, necessari, come ti dicevo, ad impo-stare correttamente i vari rapporti, tornerò qui a casa e mi muo-verò sempre più di rado. Quindi non preoccuparti. Non ci vedre-mo tutti i giorni o quasi come ora, ma ci vedremo spesso. Percui se avrai ancora bisogno del mio aiuto ... al momento oppor-tuno io ci sarò. Tranquillo!»

«Sì, vabbe’. Ma mo’ Ve saluto perché se no me metto a pia-gne qui davanti a Voi. Arrivederci, professo’»

«Arrivederci, Quiri’. A presto»

TV CHE ABBAIA NON MORDE

A l e s s a n d r a A n g e l i

Nel senso che la marea di cattive notizie su violenze, degradomorale e civile di cui per lo più la tv ci rifornisce, rischia di farciarrendere prima che la partita sia terminata. Mi viene in mente la scena di un attacco pellerossa: volti e corpidipinti e grida acute. Intimorire il nemico gettandogli anche unpo’ di fumo negli occhi. Per impaurirlo ed indebolirlo. Allora stiamo attenti a non lasciarci fiaccare dal fiume del maleche straripa ogni giorno. Convincersi che tutto è marcio, ci puòfar venire la tentazione di lasciarsi andare, di sentirsi vinti e sfi-duciati. Fino ad omologarsi, tanto è tutto lecito, tutto impunito.La verità è che ci vorrebbe una maggior diffusione di ciò che di

buono c’è in questo mondo; le brave persone dovrebbero col-legarsi ad altre brave persone che pur esistono, ma ognuno nelproprio guscio sconsolato. La debolezza sta proprio nel rima-nere isolati e pensare di essere in minoranza. Che fare allora?Non mollare. Magari inventiamoci qualche iniziativa che possaunire persone di buona volontà, come gli anelli di una catena acui altri andranno ad aggrapparsi. In fin dei conti questo gior-nalino è nato così e la sua catena va allungandosi. Che ne ditedi creare una rubrica delle buone notizie? Credo che tenerenascoste le buone azioni sia giusto in un mondo in cui ciò è lanormalità, per non ostentare. Ma in un mondo come il nostro,che sta soffocando sotto l’invasione del male astutamentemascherato, dare testimonianza che si può vivere ancora inmaniera pulita e altruista, credo sia lo stimolo giusto per reagi-re ed indurre altri a reagire.Allora, che ne dite? Qualcuno si aggancia o fa partire qualchenuova catena?! Forza e coraggio e che Dio ci benedica tutti!

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Q U E L L O C H E N O NM I P I A C E D E L L A T V(…è ormai veramente tanto !)

M a r i a R o s s i

La televisione ha in Italia più di cinquanta anni, comemolti di noi, e sarebbe sciocco oltre che ingiustonegare quanto in questi anni - specie nei primi venti– essa ha fatto per educare e far crescere gli Italiani.Erano gli anni del boom economico, della crescitadopo il difficile dopoguerra e la televisione in biancoe nero nelle poche case in cui entrava, nei bar, neinegozi attirava il pubblico con i primi quiz, i priminotiziari, i primi programmi culturali. Ricordo personalmente la gente affollata dietro levetrine dei rivenditori di questa preziosa “scatola” oassiepata nei bar per seguire lo spettacolo; una real-tà che venti anni dopo ho ritrovato nei Paesi dell’Est. Nei miei ricordi d’infanzia ci sono le corse per lescale del palazzo per vedere tutti insieme con gli altrila TV dei ragazzi, fatta negli anni Sessanta moltobene. Eravamo una banda numerosa tra i dieci e iquindici anni. C’erano Carosello e la Nonna del Corsaro nero, ilquartetto Cetra e le parodie dei grandi romanzi e poivennero i grandi sceneggiati, il teatro, i gialli e tantialtri spettacoli. Quando andai alla Università a Storiadel teatro e dello spettacolo si cominciava appena astudiare il “programma televisivo” nella sua regia,nel suo pubblico, negli aspetti tecnici e nelle ricadu-te sociologiche e culturali. Oggi ci sono Dipartimenti interi dedicati alloSpettacolo; a Bologna c’è il Dams. La TV era giovane, creativa, entusiasta e, poi, quan-do cominciò ad essere – forse inevitabilmente per lasua capacità di penetrazione e di condizionamentodell’opinione pubblica – lottizzata e gestita dal pote-re politico, arrivò la stagione delle radio e delle TV“libere” che, rapidamente, non lo furono più tanto(libere). Eppure in quegli anni, per quanto legata aipartiti di governo, la televisione faceva informazionee cultura nel senso migliore del termine e il poteredell’immagine aveva una forza di penetrazione chemancava alla sua sorella maggiore, la radio.

Chi non ricorda in televisione le immagini dell’assas-sinio di Kennedy e di Martin Luther King, l’allunaggiodei primi uomini (con tutte le polemiche successivese sia stato vero o una sapiente montatura televisi-va); chi non ricorda Demetrio Volcic e VittorioCitterich, Tito Stagno e Willy De Luca, Enzo Biagi eMontanelli: la formazione e l’informazione. I giochi, iquiz e Corrado, Mike, Vianello e Tognazzi….Francamente l’epoca di Bernabei e Donat Cattinvaleva più di oggi. Non voglio fare il laudator tempo-ris acti, non sempre il passato è migliore del presen-te, ma in questo caso forse sì. Ci sono ancora oggi professionisti seri e programmidi valore, ma sempre più soffocati da “paccottiglia”di pessima qualità. Non sopporto l’Isola dei famosi,la De Filippi, la Ventura e i loro programmi; non mipiace neppure quello della D’Eusanio, anche se conlei lavora una persona che le è amica e che io stimomolto e conosco da anni ed anni. E vogliamo parlaredi quella porcheria de “Il Grande Fratello” ? Mi domando se il pubblico voglia proprio questo, selo share, l’audience lo pretendano. Ma mi chiedo sequesto possa essere il metro di giudizio. Nemmeno i ragazzi vogliono studiare, i bambinimangerebbero solo dolci e perfino i cani sporche-rebbero ovunque…se non venissero educati (Oddio!Per i cani andrebbero educati prima certi padroni!)Non pretendo che tutti trovino in gamba e preparatala Gabbianelli o preparata e divertente Irene Bignardi(solo per fare il nome di due donne intelligenti!). Nonvoglio cadere in una pseudo “aristocrazia” della cul-tura, ma mi chiedo perché non si veda più teatro(eppure Paolini ha avuto un successo travolgente, adimostrazione che…), né sceneggiati tratti da beiromanzi; perché i concerti siano pochi. C’è ancora qualche buon giallo, ma se regista e sce-neggiatori indovinano la Prima serie, poi c’è la 2a, la3a, e via all’infinito.Se la televisione è il Paese a cui si rivolge, franca-mente dico che non mi piace. Continuano a scrivere che la prima repubblica eracorrotta. La seconda e la terza non mi sembranocerto meglio… Così è per la nostra TV. Pretendiamoaltro, chiediamo altro. In fondo paghiamo un canone.La televisione è ormai matura, le tecniche di oggierano prima impensabili, i professionisti seri e pre-parati sono convinta che ci siano e siano anche tanti,forse hanno SOLO poco spazio; e allora? Non devosuggerire io la risposta. La cronaca recente parlacon chiarezza. Sergio Zavoli è un buon professionista, tutti lo ricor-diamo con affetto, ha fatto tutta la carriera dalla“gavetta” e quindi: onore alla persona. Ma mi sembra una follia che per mettere d’accordo inostri parlamentari (Governo e opposizione) civolesse un 86enne... di provata competenzaNon sarà che “l’oppio dei popoli”, inteso oggi comeinformazione e non-cultura, giova a chi vuole il con-trollo dei cervelli?

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DA SERVA A PADRONA ?Alfredo Pal ier i

Agli inizi degli anni ’50, ansiosi di imitare gli americani, tuttivolevano subito la macchina e gli elettrodomestici. Sulla sciadel boom economico per alcuni arrivò anche la televisione:semplice, primitiva, timida come una Cenerentolina !Noi in famiglia non ce l’avevamo ancora e con la gloriosa 500metallizzata portavamo i nostri bambini a Vigna Clara dallecuginette di zia Ada, a vedere la Tv: “Lascia o raddoppia”,“Scaramacai”, “Carosello”. Programmi castigatissimi. Ci deci-demmo ad acquistare un televisore solo nel 1962. C’eranoMina, Milva, Maria Luisa Garoppo (alquanto formosa) e qualchemoralista già arricciava il naso davanti alle lunghe gambe dellegemelle Kessler. Ma erano ancora lontani i tempi odierni in cui,per dirla insieme al padre Dante, “ si è giunti come conSardanapalo a mostrar ciò che in camera si puote !”. Così la TvCenerentolina di prima prese coraggio e, oltre alle scarpine, sicomprò anche un bel vestitino nuovo, non più in bianco e nero,ma addirittura a colori ! Poi qualche bello spirito di scienziatoinventò anche il telecomando e allora apriti cielo !Telecomando = delizia e croce.

Delizia perché usandolo saggiamente, senza doverti alzaredalla poltrona, puoi commutare i canali dei programmi. Ma“cum grano salis”. Se no diventa proprio una croce perché c’èsempre lo scriteriato che, mentre tutti sono intenti a vederequalche bel programmino, è preso dall’uzzolo di cercare in giroqualcos’altro, rompendo le scatole a tutti. Maleducazione diffu-sa in molte famiglie. E così si sono moltiplicate le esigenze.Secondi televisori in casa. Terzi, quarti. Tv al plasma, a cristal-li liquidi, videoproiettori, eccetera eccetera. E la Tv minaccia didiventare una moderna Idra che con le spire delle sue molteteste ci può soffocare. Il tutto condito con la pubblicità.D’accordo, le Tv private devono pur mantenersi. Ma che cercas-sero almeno forme di pubblicità più intelligenti! Sarebbero piùefficaci ed i soldi spesi renderebbero di più. Che dire poi deiprogrammi troppo “spinti” ? Sono come il cane che si morde lacoda. La Tv li fa perché la “pruderie” sollecita il pubblico mad’altra parte forse è lo stesso pubblico che, attraverso i varisondaggi, dice di gradire ed incoraggia i programmi “osèe”.Per carità, non condanniamo tutto. Accanto al simpatico edatletico Notaio che in “Affari tuoi” coglie al balzo il sacchettoche Max Giusti gli lancia dal basso, accanto ad entusiasmantipartite di calcio della Nazionale o delle varie Coppe Europee,elevati indici di ascolto hanno anche SuperQuark, Elisir,L’infedele, Sereno Variabile (con Osvaldo Bevilacqa che 30anni fa alla radio nel programma “La diligenza” intervistava noidella Motorizzazione Civile sui problemi auto come cinture eprove d’urto). Ottima ginnastica mentale poi con i giochi a quizche fanno lubrificare le rotele del cervello e risvegliare nozioniche sembravano assopite. Ehi, amici, cerchiamo di collaborareper far si che questa televisione non diventi nostra padrona manostra collaboratrice nel non porgerci la pappa bella e fatta malasciando sempre spunti per farci riflettere. E se poi, qualchesera, il televisore andasse in tilt e smettesse improvvisamentedi funzionare, non diciamo parolacce ma dialoghiamo finalmen-te un po’ di più in famiglia !

Il SUICIDIO FUORI E DENTRO IL CARCERERoberto Vecchione

Lo stato di detenzione può costituire una della cause degli attiauto-soppressivi, può rappresentare un fattore scatenantesoprattutto in quelle persone già affette da un precario equili-brio mentale in stato di libertà. Il gesto suicidario può esseredettato da diverse motivazioni, consce o inconsce, genuine odamplificate, ed è generalmente connesso a fattori riguardantil’ambiente o le caratteristiche individuali. L’atto auto-soppressivo può assumere un significato liberato-rio (una fuga da una situazione vissuta come insopportabile) oavere un carattere dimostrativo (quale forma di richiesta, diricatto, di vendetta, di sconfitta: torna alla mente Jan Palach, ilcecoslovacco studente di filosofia che si diede fuoco per pro-testare contro la repressione sovietica della “primavera diPraga”). Spesso il detenuto ritiene che l’unico modo per farsiascoltare sia quello di compiere qualcosa di particolarmentegrave, di auto lesivo; è come se il linguaggio del corpo sosti-tuisse quello della parola. In carcere, così come nella vita dellepersone libere, la perdita di identità, l’abbattimento dell’auto-stima, la sfiducia, la mancanza di valori, una coscienza sba-gliata della realtà sono situazioni che possono rendere la per-sona malata fisicamente e psichicamente. Il fenomeno suicidario è generalmente poco conosciuto e noninteressa, perché lo si considera un problema lontano, nontange la propria coscienza se è l’altro a morire per suicidio.Oppure si ritiene di essere ugualmente bravi cristiani se non cisi preoccupa o non si conosce il problema. Eppure, in carce-re, 57 persone si sono suicidate nel 2005, 50 nel 2006, 45 nel2007 e 42 nel 2008. Tra chi è libero (secondo l’ultima rilevazio-ne ISTAT), il suicidio è la seconda causa di morte tra i giovani,dopo gli incidenti stradali. Un obiettivo da perseguire per pre-venire il fenomeno suicidario dovrebbe essere quello di capire

quali sono le persone a rischio e perché lo sono, ma spesso leansie e gli errori dell’operatore possono contribuire ad aumen-tare le probabilità dell’evento nefasto; si classificano comedisturbo mentale la psicosi, la nervosi e le forme border line,non tenendo conto delle differenze, per cui la psicosi compor-ta una rottura o una frattura con la realtà, la seconda uno statod’ansia (insorta a seguito di una situazione di conflitto attualee/o antica, palese o occulta, con l’ambiente e il proprio ego),mentre le forme border line sono stati mentali ai limiti fra lanevrosi e la psicosi, ovvero fra uno stato, comunque, di norma-lità e di psicosi (è la cosiddetta zona grigia della mente). E’ altrettanto allarmante dover constatare come sia scarsol’impegno per far comprendere cosa sia la vita, la morte e ivalori, come poca considerazione si dia alle motivazioni dellapersona in ambito familiare, nella società libera ed in quellareclusa. Senza essere utopisti, è auspicabile che l’impegno dell’uomosia finalizzato a scelte intelligenti e a favore dell’essere umano.Riuscire ad evitare che la persona si suicidi è possibile dove,con la conoscenza, si comprenda qual è il suo livello dicoscienza, quali siano quindi i suoi valori e soprattutto se quel-li in cui crede siano a favore della vita. Per evitare il suicidio, potrebbe essere sufficiente far compren-dere all’altro che Dio ha voluto l’uomo, la sua vita, che ha pre-visto la morte e la resurrezione, che certo non vuole l’auto-sop-pressione. Cercare le condizioni di vita perché la persona,soprattutto se detenuta, possa impegnarsi in attività utili a sestesso e/o agli altri è prioritario, ma è necessario intervenireanche a livello della coscienza, perché il volere individuale siavvicini a quello di Dio. Si tratta di un impegno che tutti noi cipossiamo permettere, mettendo da parte le idee malvagie,rimanendo umili e facendo del bene, considerando sempre ecomunque importanti, senza per questo scordarsi delle pro-prie, le esigenze degli altri.

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DOV’E’ CARITA’E AMORE,

LI’ C’E’ DIO !Fabrizio Bianconi

Lunedì 9 febbraio alle20 e 10 si è consumatoil pellegrinaggio terre-no di Eluana Englaro.Raccolti nella tristezzae immersi nel misterio-so viaggio che ciaccompagna al cospet-to di Dio, i cristianisono chiamati al silen-zio e alla preghiera. Preghiera per Eluana, che dopo questo calvariodurato diciassette anni, possa aver reso l’anima aDio trovando quella beatitudine eterna che tutti ane-liamo. Preghiera per i familiari dilaniati dal dolore,perché Dio possa donare loro il conforto e la forzanecessari per superare questo momento di profondasofferenza. Preghiera per chi si è speso alacrementeaffinché la luce di Eluana si spegnesse prima che laDivina Provvidenza la richiamasse a sé, poiché pos-sano un giorno aprire gli occhi e camminare nella everso la Verità. E’ stato triste per me assistere davan-ti alla tv allo spettacolo che alcuni senatori dellaRepubblica italiana hanno mostrato in aula immedia-tamente dopo l’annuncio della morte di Eluana, nellamia debolezza ho provato rammarico al pensiero chealcuni testimoni della Fede, come prima reazioneabbiano sentito la spinta ad insultare i colleghi dellaparte avversa, apparentemente vincitori, anziché rac-cogliersi in un momento di intima preghiera. E’ comprensibile umanamente però la reazione appa-rentemente rabbiosa di chi avvolto dallo sconforto edalla delusione di aver dovuto assistere impotentialla realizzazione di una ingiustizia, ha lottato per ladifesa di alcuni valori fondamentali secondo la pro-pria coscienza, per poi vedersi sconfitto.Umanamente è comprensibile, ma appunto la Fedeva al di là delle logiche umane e ci deve spingere avivere con serenità le battaglie per la testimonianzadei valori cristiani e ad affidarci alla DivinaMisericordia e alla Sua infinita Sapienza. Non ci sonovinti tra coloro che camminano e sperano nellaVerità. Era forse vinto Cristo sulla croce? Non ci ricordiamo che è risorto? La vita e non lamorte avrà l’ultima parola.Continuiamo a pregare noi cristiani, e con cuoredocile all’ascolto della volontà divina, operiamo per-ché il nostro impegno nella società, attraverso inostri ambiti professionali, sia il più possibile fedeletestimonianza evangelica, affinché il nostro contribu-to possa incidere sulla costruzione di una società piùgiusta e solidale, specialmente verso i più deboli,coloro che non si possono esprimere o che nonhanno le forze o le capacità per difendere il propriopensiero. Che il nostro essere sacerdoti dell’umanitàsia strumento fecondo per il nostro prossimo, cosic-ché possa accogliere i valori cristiani non come unacarta di imposizioni autoritarie, ma come guide per ilbene dell’esistenza dell’uomo.

l modo ce lo insegna la fonte di ogni carità, Cristostesso, il quale ci esorta “Amatevi gli uni gli altricome io vi ho amato” “Ama il prossimo tuo come testesso”. Ci corre in aiuto pure San Paolo nel ram-mentarci che il carisma più grande è la Caritas, inte-so come quel sentimento di amore assoluto ed infini-to che non chiede condizioni. “E se possedessi lapienezza della fede tanto da trasportare le montagne,ma non avessi la carità, non sono nulla…e se anchedistribuissi tutte le mie sostanze…ma non avessi lacarità, niente mi giova.” (1 Cor 13, 2-3). Non può essere vero messaggio evangelico la testi-monianza cristiana se non si accompagna ad un sin-cero e aperto sentimento di Caritas, altrimenti diven-ta difesa della nostra idelogia e non più testimonian-za del Dio dell’amore ma del dio-io e delle mie ragio-ni. Questo è ciò che insegna Cristo morto per amoreanche di chi lo ha crocifisso, ma ahimé quanto è dif-ficile. Avverto che è questo che coloro che non sisentono di appartenere alla Chiesa si aspettano dachi si professa cristiano, ma questo insegnamentoCristo lo ha dato a tutti e per tutti, non solo ai cristia-ni, e non si può restar fermi a guardare e a giudicarechi non riesce a realizzare questa chiamata divinamentre rende testimonianza della propria Fede quan-do non si prova a metterla in pratica in prima perso-na. E’ solo mettendosi nelle stesse condizioni di unapersona che se ne possono comprendere i limiti e ledifficoltà. Allora chiediamo a Dio che ci doni la Fedeed un cuore gonfio di Caritas da consentirci di met-tere in pratica i Suoi insegnamenti e chiediamoGliperdono per ogni volta che la nostra testimonianzanon sia stata condita dall’ardore della carità, e cheperciò abbia creato scandalo, provocando innanzi-tutto un danno alla Verità e alla Sua Chiesa.Concludo però con due interrogativi. Il primo riguar-da quale criterio si è potuto seguire per sostenereche la condizione di Eluana non fosse dignitosa, poi-ché non può essere la malattia, capace di deteriorareil corpo ed offendere alcune funzioni organiche, adeterminare ciò che è o non è dignitoso. La DivinaProvvidenza ci ha donato fino a qualche anno fa unosplendido testimone di come si possono portaredignitosamente i segni della malattia, la quale puòincidere sul nostro corpo ma non sulla nostra anima,vero scrigno della dignità di una persona.Allo stesso modo mi interrogo su come si possa aversostenuto che la condizione di Eluana non fosse vita,dato che il suo fisico è stato autonomamente ingrado di guarire da una emorragia interna, dato cheaveva il ciclo mestruale, dato che alternava momentidi sonno e di veglia con l’alternarsi della notte colgiorno, avendo perciò una qualche percezione del-l’alternarsi del tempo, e dato che il suo cuore e i suoipolmoni funzionavano senza l’ausilio di macchinari. Adesso che Eluana ha compiuto l’ultimo viaggio eche qui sono rimaste solo polemiche e sofferenze,noi cristiani ritiriamoci momentaneamente dallabagarre dialogica, asteniamoci dal giudizio sullamoralità delle persone coinvolte (“bisogna condan-nare l’errore e non l’errante” insegnava il beatoGiovanni XXIII), ed immergiamoci in una silenziosapreghiera per meditare come orientare in futuro ilnostro comportamento, per dare testimonianza deivalori cristiani con vigore e carità.

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RISPONDE DON PAOLO

“Molti atei sono bravissime persone. Ancheloro andranno in Paradiso ?

Oppure ci andranno soltanto i credenti ?”

Il paradiso non è un concetto tratto dalla Bibbia ma dallatradizione. Dai Vangeli noi sappiamo bene – invece – cheCristo tornerà alla fine dei tempi e, con un gesto di amorema anche di giustizia ( tra i due, nella mente di Dio, nonc’è differenza), separerà gli uni dagli altri. Alcuni per vive-re sempre con Lui, altri sempre lontano da Lui. Seguendo la parabola del cap 25 di Matteo, il criterio digiudizio sarà l’amore. Ma un particolare tipo di amore,ovvero quello che sa piegarsi sui più deboli, che sono imeno indifesi. Sembra da quella parabola che Gesù diaper scontato l’amore di coppia, l’amore per i figli e gliamici ma qui chiede qualcosa di più. Una tenerezza versochi è il simbolo della fragilità dell’uomo. Poi però l’ag-giunta è chiara: in quel povero – dice il Signore – c’ero io.Quelli che saranno premiati non lo avevano – così sem-bra – riconosciuto, tuttavia davanti a Lui – nel momentodel giudizio – sembrano persone convinte dell’esistenzae della potenza di Dio perché a Lui si assoggettano, ben-chè sembrino “sorpresi” di questo giudizio così positivo.Domandiamoci: gli atei potrebbero essere tra questi? E’ già complesso definire “atea” una persona, perché diatei ( come d’altronde di credenti) ci sono diverse “cate-gorie”. San Paolo, che evangelizzò i pagani tralasciandogli ebrei, in certo senso modella un tipo di virtù dell’ateo( il paragone è un po’ azzardato ma facciamolo) quandodice che il pagano trova in sè la legge di Dio, nella suacoscienza, perché ce l’ha messa Dio. Il bene e il male diper sè non richiedono la fede ebraica, dice Paolo, perchéqualunque uomo può riconoscerli e praticarli con lavolontà e l’impegno. Si tratta in questo caso degli atei?Onestamente non sembra. Per Paolo è chiaro che la lucedi Dio nella coscienza porta anzitutto a riconoscere cheDio esiste, e così anche si capiscono le sue perfezioni, ilsuo amore, la sua presenza. Per Paolo la fede è essenzia-le, anzi vale più delle opere. La Chiesa, seguendo tutta latradizione, ha ribadito che è la coscienza l’ultimo e defi-nitivo sacrario dell’uomo ma una coscienza illuminata. Si possono avere gli occhiali appannati su Dio, per moltimotivi ( non esclusa la cattiva testimonianza dei creden-ti), ma negare apertamente Dio è un’altra cosa. Come altra cosa è fare il bene ritendo se stessi la fonteunica di ciò che si fa, ovvero chiamando la propriacoscienza non tanto alla libertà ( che è legittima) quantoalla supremazia su Dio stesso e in definitiva sugli altri. Conclusione. La Chiesa è convinta ( e spera) che Dio sal-verà tante persone buone e oneste, che non rientrano nelsuo corpo e nelle sue dottrine, tuttavia sa che personebuone e oneste non combattono Dio o la Chiesa, non siostinano a non voler dialogare, non alimentano pregiudi-zi basati su menzogne o su conformismi, poiché oggi (ed anche ieri) dirsi atei va quasi di moda. Se l’ateo è que-sto, non sembra che ci sia spazio in un Regno nel qualeDio sarà tutto in tutti.

Blog e chat di don Paolo d o n p a o l o t a m m i . bl o g s p o t . c o m

COME DIFENDERE

LA PROPRIAFAMIGLIAAlessandra

Angeli

Di questi tempi rimaneresposati e tenere unita edarmoniosa la famiglia sonocose ardue. Intorno a noiogni anno che passa una coppia scoppia e la famiglia salta. Anch’io ho sentito più di una volta la mia casa scossa fortemente daqualcuno che ne voleva il crollo: uno troppo forte per me sola e allo-ra ho chiesto aiuto a chi poteva fronteggiarlo. Al capofamiglia pereccellenza, San Giuseppe. Chi meglio di lui, (Padre Eterno a parte),sa che cosa vogliono dire, sia materialmente che interiormente,responsabilità, sacrificio e pericoli. Ora è un Santo, ma all’inizio erasolo uomo, sicuramente un giusto, ma pur sempre un uomo. Quantoimpegno e quanta fatica deve aver fatto per badare e vivere degna-mente accanto alle due Anime Immacolate che gli erano state affida-te! Allora mi sono comprata un libricino a lui dedicato, ho trovatouna preghiera che mi piaceva e piano piano l’ho imparata a memo-ria; eccola: “Ave o Giuseppe, figlio di Davide, scelto dal Padre ecustode del figlio, tu sei benedetto tra gli uomini e benedetto è il tuoamato Gesù. Giusto tra i giusti, sposo di Maria, prega per noi pecca-tori, adesso e nell’ora della nostra morte, amen”. E’ simile all’AveMaria e l’ho insegnata anche ai miei figli: riusciamo a recitarla quasitutti i giorni sia per il nostro papà, sia per l’unità della famiglia. Glieffetti “antisismici” si sono fatti sentire, basta essere costanti, nonimpazienti e sforzarsi di vivere cristianamente ogni giorno. Qualchevolta, quando faccio la moglie “rompiscatole”, porto ad esempioSan Giuseppe, e mio marito, tra il serio ed il faceto mi replica: “Certoche se mi poni San Giuseppe come termine di paragone sono rovi-nato!” Comunque noi donne faremmo bene a riscoprire quel passodella lettera di San Paolo agli Efesini che dice: “Le mogli siano sot-tomesse ai mariti come al Signore …e voi, mariti, amate le vostremogli come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei…”.Ovvero: noi donne, specie quelle “un po’ capoccione” come me (evi assicuro che prima ero peggio), dovremmo lasciarci guidare unpò di più, senza cercar di far sempre le cose a modo nostro; posso-no venir benissimo lo stesso anche per altre vie, (ed in più si risco-pre una piacevole sensazione di rilassatezza!). E voi uomini dovre-ste “cuccarci” con pregi e difetti, così come Gesù non ha mai mol-lato la Sua Chiesa, anche quando non si è dimostrata una degnacompagna. Allora, se vogliamo ascoltare i consigli dei talk-show edelle riviste su come tenersi stretto il coniuge facciamolo pure, (pro-babilmente più d’uno sarà pure giusto), ma non pensiamo che siasufficiente. Smussare i propri difetti e sopportare quelli altrui non èmai stato facile, tanto meno ora, quando “quello con le corna” sem-bra aver pianificato per l’umanità di questi tempi la distruzione dellefamiglie: non è cosa che si possa affrontare con le sole nostre forzeumane. Servono Alleati potenti che operano nella sua stessa dimen-sione prima che nella nostra. Il 19 marzo, festa di san Giuseppe e deipapà, festeggiamo dunque i nostri mariti come crediamo, ma affian-chiamo anche una preghiera, da soli, con i figli, con il festeggiatostesso. Partecipare ad una Messa andrebbe ancora meglio.L’importante è muovere un primo passo verso questa figura d’uomoe di santo: in questi tempi bui sarebbe bene riscoprirla come puntodi riferimento, a partire dal capofamiglia. E tanti auguri a tutti quel-li che si chiamano Giuseppe!

P. S. Per i nonni: ricordate che anche le vostre preghiere sono fon-damentali, come quelle di chiunque voglia aggregarsi alla cordata!

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I L S A N TO RO S A R I OE l e n a S c u r p a

Sono un’incallita devota della Madonna, per averne sperimentato nellamia vita il grande potere di intercessione presso il Figlio in tutte le mienecessità spirituali e temporali e la onoro con la recita assidua del SantoRosario. A questo proposito non posso fare a meno di confutare quantiritengono la recita del Rosario un’espressione di Fede di categoria B, inquanto giudicata una preghiera ripetitiva quasi superstiziosa, non adat-ta a cristiani adulti in quanto, sempre a di loro, cade nell’automatismo,riducendosi ad una ripetizione monotona di Ave Maria. Al contrario questa preghiera, tanto raccomandatadalla Madonna nelle sue apparizioni, non è una vociferazione ( anche se a volte rischia di essere tale) ma èla contemplazione dei misteri di Cristo ed un colloquio personale con Dio, che esprime la Fede senza falsiproblemi, giri di parole e aiuta l’abbandono a Dio, l’accettazione generosa del dolore per cui, come ebbe adire uno degli ultimi Papi (Giovanni Paolo I) “ la salvezza di molte anime è legata alla pratica del Rosario”.Nella mia lunga esperienza di volontaria in ospedale ho constatato che tutti, giovani e vecchi, nei momentipiù drammatici, in lotta tra la vita e la morte, acquistano serenità e conforto grazie a questo colloquio sem-plice con Dio, propiziato dalla Madonna.

L’ANGOLO DELLA PREGHIERAL ù c i a A i e l l o

ESPERTO IN COMUNICAZIONE

Non sono una bacchettona, spero. Almeno direi chenon è questo il modo in cui mi vedono i miei nipoti.Non mi soffermerò dunque a mettere in evidenzaquanto di negativo ci propina la TV. La televisione èinfatti solo un mezzo. Quando è spenta, non è altroche un mobile. Anzi, per le sue dimensioni ridotte,sempre più assomiglia a un quadro o a un sopram-mobile. E noi sappiamo che il bene e il male non ven-gono dall’esterno, ma dal cuore dell’uomo. Quindi latelevisione di per sé non è né buona né cattiva.Dipende dal cuore di chi la fa e dal cuore di chi laguarda. Senza atteggiarsi troppo a intellettuali, mipare di poter dire che non guasterebbe la presenzadi un po’ più di intelligenza in chi la fa e di senso cri-tico in chi la guarda. Infatti è proprio questo il diffici-le per chi la guarda: restare svegli! Il programma più scandaloso della TV, a parer mio,non può che essere il telegiornale. Nessuno sceneg-giatore di fama è stato finora in grado di riprodurre laviolenza e la crudezza della realtà di un vero telegior-nale, in cui i morti ammazzati, gli stupri, le volgarità

e le menzogne si susseguono a ritmo serrato, scan-dendo inesorabilmente le nostre cene.Ciò premesso, comunque, dicevo, la TV di per sénon è né buona né cattiva. E’ soltanto limitata.Riempie le nostre case di immagini e di suoni. Sirivolge potentemente e a volte prepotentemente allanostra vista e al nostro udito. Esclude però gli altrisensi: il gusto, l’olfatto e il tatto, il meglio cioè dellacomunicazione non verbale. Insomma, non mi risul-ta che la televisione abbia sapore. Di certo non pro-fuma e non accarezza.Ai tempi di Gesù non c’era la televisione. Tuttavia, Lui con le folle ci sapeva fare. Era capace diusare magistralmente ogni gesto e ogni parola.Affascinava quanti lo seguivano e li guidava inun’esperienza totalmente coinvolgente. Ha condottocosì i suoi discepoli a percepire il profumo del van-gelo, insieme allo stormire del vento, sul monte dellebeatitudini. Ha santificato il gusto del pane e delvino, fino a nascondersi in esso. Ha toccato con leSue mani ogni sorta di ammalati e di emarginati perrisanarli, per restituire loro la dignità e per farli sen-tire vivi. Continua ancora oggi a toccare noinell’Eucaristia, estendendo al nostro corpo i benefi-ci che la sua Parola ha sul nostro spirito. Ci comuni-ca così la salvezza che proviene dalla sua morte erisurrezione e fa di noi una comunione. Un veroesperto di comunicazione, non c’è che dire.

I cieli narrano la gloria di Dio,e l`opera delle sue mani annunzia il firmamento.

Il giorno al giorno ne affida il messaggioe la notte alla notte ne trasmette notizia.

Non è linguaggio e non sono parole,di cui non si oda il suono.

Per tutta la terra si diffonde la loro vocee ai confini del mondo la loro parola.

(dal salmo 18)

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ARRIVANO I NOSTRI !Autorizzazione del

Tribunale Civile di Roman°89 del 6 marzo 2008

Parrocchia S. Pio XVia A.Friggeri 87 - 00136

[email protected]

Tutti possono collaborare, a titologratuito, con questo giornale natosenza fini di lucro e che appartieneall’intera comunità. Aspettiamo arti-coli, idee, disegni, racconti e propo-ste varie. Potete inviare mail, scri-vere lettere o lasciare una bustanella nostra casella della segreteriaparrocchiale in via Friggeri, ancheper chiedere numeri arretrati.

Terza pagina: don Paolo Tammi

Direttore editorialeMarco Di Tillo

Direttore responsabileGiulia Bondolfi

Collaboratori:Lùcia Aiello, Bianca Maria Alfieri,Alessandra e Marco Angeli, Giancarlo eFabrizio Bianconi, Cesare Catarinozzi,Laura e Giuseppe Del Coiro, Andrea DiTillo, Anna Garibaldi, Massimo Gatti,Pietro Gregori, Giampiero Guadagni,Lucio Laurita Longo, Giuliana Lilli, donRoberto Maccioni, Maria Pia Maglia,Celina Mastrandrea, Gloria Milana,Cristian Molella, Alfonso Molinaro,Alfredo Palieri, Gregorio Paparatti,Giorgia Pergolini, Maria Rossi, EugeniaRugolo, Maria Lucia Saraceni, StefanoValariano, Gabriele, Roberto e ValerioVecchione.

Stampato presso laTipografia Medaglie d’Oro

Via Appiano, 36 - 00136 Roma

SONO SOLO BARZELLETTE

Dio creò la Padania, poi si accorsedell’errore e creò…la nebbia.

“Come ti chiami?”“Dododododomenico”“Ah sei balbuziente ?”

“No! Mio padre era balbuziente el’impiegato all’anagrafe era un

bastardo”

Mi ha portato in un ristoranteall’aperto; ha cominciato a piovere e

ci ho messo 3 ore a finire il brodo.

Se la prima volta non ti riesce ilparacadutismo, non è il tuo sport.

I funghi: sono tutti commestibili.Alcuni una volta sola.

Non è bello ciò che è bellofiguriamoci ciò che è brutto.

Le tasse si dovrebbero pagare conun sorriso. Io ci ho provato,ma loro volevano i soldi.

Non bisogna giudicare gli uominidalle loro amicizie:Giuda frequenta-va persone irreprensibili.

RYDER ITALIA ONLUS

E’ un’associazione nata nel 1984 con loscopo di garantire assistenza domiciliaregratuita ai malati oncologici che nonrispondono più a trattamenti terapeuticispecifici. Svolge il suo servizio nella cittàdi Roma. Nel 1991 è stata riconosciutaEnte Morale e dal 1998 è divenuta ONLUS(Organizzazione Non Lucrativa di UtilitàSociale). Attraverso l’assistenza domiciliare l’èqui-pe Ryder assicura, oltre al sostegnomedico infermieristico, anche un suppor-to psicologico, fisioterapico e sociale alfine di garantire la migliore qualità di vitapossibile al paziente e alla sua famiglia, informa del tutto gratuita.Con molto impegno, dedizione e grazie ainumerosi amici che ci hanno aiutato e cisostengono l’Associazione Ryder Italia,nei suoi 24 anni di attività, ha assistitooltre 4.000 pazienti, diventando un impor-tante punto di riferimento per tante fami-glie romane. Questa iniziativa , ci permet-te di sostenere il non indifferente oneredell’intera équipe sanitaria.

Per inviare delle donazioni:

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intestato a: Associazione RyderItalia

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filiale 05000, Milano

Associazione Ryder Italia Onlus, Via del Nuoto 11, 00194, Roma

LE SCUSE DEL DIRETTORE

L’articolo “Il duomo di Monreale”di Bianca Maria Alfieri presentenello scorso numero di febbraionon è stato pubblicato interamen-te per ragioni di spazio. Ce ne scusiamo pubblicamentecon la simpatica e brava autrice.Stesse scuse chiediamo a tutticoloro che ci hanno inviato artico-li troppo lunghi in passato chenon è stato possibile pubblicarenella loro interezza. Invitiamocomunque tutti coloro che lo desi-derano ad inviarci articoli, se pos-sibile, di massimo 50 righe, inter-linea singola, carattere Arial 12.

A TUTTI I COLLABORATORI

Il tema proposto per il prossimo numero è :

“ L A F I N E D E L M O N D O ”

ASSOC.VOLONTARI GEMELLIA.Vo.G

Policlico Gemelli

Ala L - PIANO 4°Orario 10,30 - 13,00

tel. 0630154938www.avog.altervista.org