Parrocchia di Varallo - SAN ARCO: SCRIGNO DI FEDE E DI A · 2016. 5. 4. · sante la tappa a Timna...

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LA CASA SULLA ROCCIA - Parrocchia San Gaudenzio di Varallo - APRILE 2016 Cari Varallini, come potete vedere, la copertina di questo mese di aprile, rap- presenta un bellissimo affresco dell’absi- de della nostra chiesa di San Marco, monumento nazionale, databile a fine 1400. Per più di un secolo si è attestato che questa nostra splendida chiesa, sorta all’ingresso della antica borgata di Varallo, dove al posto delle case esisteva- no prospere coltivazioni di vite, dovesse essere stata la prima chiesa della nostra comunità. Ma va detto che non ci sono docu- menti che possano a tutt’oggi dimostrare che San Marco potesse realmente essere preesistente alla collegiata di San Gaudenzio, di cui esistono invece docu- mentazioni risalenti all’VIII e IX secolo d. C. Nessun documento lungo tutto il Medioevo ha mai citato la presenza di questa artistica chiesa, mentre per la Collegiata di San Gaudenzio il più antico testo a noi giunto risale al 1248 (atto notarile). Non parla di San Marco il vescovo novarese Carlo Bascapé nelle sue visite pastorali (“Novaria Sacra” del 1612). Il primo a farne menzione è il Fassola nella sua ben nota opera sul Sacro Monte di Varallo, edita nel 1671, seguito dal Torrotti ed in seguito da tanti altri com- pilatori di guide del Sacro Monte e della Valsesia, fino ai nostri giorni! I documen- ti manoscritti più antichi che accennino a San Marco sono esclusivamente le relazio- ni delle visite pastorali dei Vescovi di Novara, ad iniziare dagli ultimi decenni del Cinquecento. Smontate storicamente, le tante tradizioni che attestano che la chiesa di San Marco dovesse essere stata la più anti- ca di Varallo, va tuttavia accolta la tesi che questa chiesa posta all’ingresso di Varallo, provenendo dal fondovalle, sia stata collo- cata in una zona agreste, in piena campa- gna, e proprio al suo interno dovevano essere celebrate le famose processioni “rogazionali”, cioè le preghiere primaveri- li che si facevano per chiedere un buon raccolto nel corso dell’anno agricolo. E questa era certamente la zona più aperta e più fertile del territorio di Varallo. Il fatto, poi, che questo gioiello architettonico sia sorto lungo quella che fino a quarant’anni orsono fosse l’unica strada che consentisse il collegamento con l’alta valle, ha certamente contribui- to a darle maggior sviluppo architettonico ed a renderla più nota. Certamente è da considerarsi autenticamente storica la tradizione che attesta che il nartece della chiesa, posto sotto il porticato d’ingresso, fosse per secoli sormontato da un ampio vano abi- tabile chiuso (e poggiante su di un soffit- to a cassettoni) che serviva ad ospitare i tantissimi pellegrini che venivano a visi- tare qui a Varallo la Nova Jerusalem del Sacro Monte e la notte dovevano alloggia- re prima di riprendere la fatica del loro cammino. Osservando all’interno la struttura della navata è molto simile a quella della chiesa della Madonna delle Grazie, termi- nata nel 1493. Certamente tra le nostre chiese varallesi, San Marco è una delle più pre- stigiose, sia per la qualità che per la quantità degli affreschi qui conservati, tutto sommato (nonostante il pericolo dell’umidità) ancora in buono stato di conservazione. Oltre a Giulio Cesare Luini, a Pier Francesco Gianoli, sono con- servati anche notevoli affreschi della scuola pittorica di Gaudenzio Ferrari. La decorazione delle pareti delle nostre splendide chiese varallesi non risulta essere rilevante soltanto dal punto di vista artistico pittorico, ma anche in quanto mezzo di diffusione del messaggio evangelico alla gente semplice, attraver- so le immagini molto vivide. SAN MARCO: SCRIGNO DI FEDE E DI ARTE 3

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LA CASA SULLA ROCCIA - Parrocchia San Gaudenzio di Varallo - APRILE 2016

Cari Varallini, come potete vedere,la copertina di questo mese di aprile, rap-presenta un bellissimo affresco dell’absi-de della nostra chiesa di San Marco,monumento nazionale, databile a fine1400. Per più di un secolo si è attestatoche questa nostra splendida chiesa, sortaall’ingresso della antica borgata diVarallo, dove al posto delle case esisteva-no prospere coltivazioni di vite, dovesseessere stata la prima chiesa della nostracomunità.

Ma va detto che non ci sono docu-menti che possano a tutt’oggi dimostrareche San Marco potesse realmente esserepreesistente alla collegiata di SanGaudenzio, di cui esistono invece docu-mentazioni risalenti all’VIII e IX secolo d.C. Nessun documento lungo tutto ilMedioevo ha mai citato la presenza diquesta artistica chiesa, mentre per laCollegiata di San Gaudenzio il più anticotesto a noi giunto risale al 1248 (attonotarile).

Non parla di San Marco il vescovonovarese Carlo Bascapé nelle sue visitepastorali (“Novaria Sacra” del 1612). Ilprimo a farne menzione è il Fassola nellasua ben nota opera sul Sacro Monte diVarallo, edita nel 1671, seguito dalTorrotti ed in seguito da tanti altri com-pilatori di guide del Sacro Monte e dellaValsesia, fino ai nostri giorni! I documen-ti manoscritti più antichi che accennino aSan Marco sono esclusivamente le relazio-ni delle visite pastorali dei Vescovi diNovara, ad iniziare dagli ultimi decennidel Cinquecento.

Smontate storicamente, le tantetradizioni che attestano che la chiesa diSan Marco dovesse essere stata la più anti-ca di Varallo, va tuttavia accolta la tesi chequesta chiesa posta all’ingresso di Varallo,provenendo dal fondovalle, sia stata collo-cata in una zona agreste, in piena campa-gna, e proprio al suo interno dovevano

essere celebrate le famose processioni“rogazionali”, cioè le preghiere primaveri-li che si facevano per chiedere un buonraccolto nel corso dell’anno agricolo.

E questa era certamente la zonapiù aperta e più fertile del territorio diVarallo. Il fatto, poi, che questo gioielloarchitettonico sia sorto lungo quella chefino a quarant’anni orsono fosse l’unicastrada che consentisse il collegamentocon l’alta valle, ha certamente contribui-to a darle maggior sviluppo architettonicoed a renderla più nota.

Certamente è da considerarsiautenticamente storica la tradizione cheattesta che il nartece della chiesa, postosotto il porticato d’ingresso, fosse persecoli sormontato da un ampio vano abi-tabile chiuso (e poggiante su di un soffit-to a cassettoni) che serviva ad ospitare itantissimi pellegrini che venivano a visi-tare qui a Varallo la Nova Jerusalem delSacro Monte e la notte dovevano alloggia-re prima di riprendere la fatica del lorocammino.

Osservando all’interno la strutturadella navata è molto simile a quella dellachiesa della Madonna delle Grazie, termi-nata nel 1493.

Certamente tra le nostre chiesevarallesi, San Marco è una delle più pre-stigiose, sia per la qualità che per laquantità degli affreschi qui conservati,tutto sommato (nonostante il pericolodell’umidità) ancora in buono stato diconservazione. Oltre a Giulio CesareLuini, a Pier Francesco Gianoli, sono con-servati anche notevoli affreschi dellascuola pittorica di Gaudenzio Ferrari.

La decorazione delle pareti dellenostre splendide chiese varallesi nonrisulta essere rilevante soltanto dal puntodi vista artistico pittorico, ma anche inquanto mezzo di diffusione del messaggioevangelico alla gente semplice, attraver-so le immagini molto vivide.

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LA CASA SULLA ROCCIA - Parrocchia San Gaudenzio di Varallo - APRILE 2016

La “Biblia pauperum”: il popoloche ascoltava il predicatore dal pulpito inchiesa, che annunciava e spiegava laParola, ammirava anche nelle pitture ilracconto della storia della salvezza. Unastoria raccontata per immagini, espres-sione indubbia di creatività artistica, mapure mirata ad annunciare e a far cresce-re la fede nel popolo di Dio.

San Marco, una chiesa artistica digrande prestigio, certamente da riscopri-re e da rivivere, soprattutto nelle dueprincipali occasioni dell’anno (25 aprile,Festa patronale di San Marco e la secon-da domenica di settembre, in cui si cele-bra la Festa compatronale della Madonnadel Perpetuo Soccorso!)

Il 25 aprile si ripete da secoli la tra-dizione ancestrale della “Carità delPane”, dove al termine della Messa, ilprevosto di Varallo benedice alcune cen-tinaia di pagnotte che poi verranno distri-buite ai presenti perché possano portarleanche alle persone più povere della città.

Questa tradizione che affonda lesue radici nell’antichità, è ben testimonia-ta dal ciclo di affreschi delle Storie di SanMarco, costituite da ben ventidue riquadriora strappati dalle pareti molto umidedella chiesa e conservati su otto grandipannelli nella Pinacoteca di Varallo. Tra iprodigi di San Marco attestati da questiaffreschi di valore risaltano: il gregge sal-vato con l’uccisione del lupo, il raccoltoabbondante avuto dalla campagna e l’of-ferta del “moggio” colmo di grano perprovvedere al “Pane dei poveri”.

Non si dimentichi che nel passato,nelle nostre Valli, era costante il pericolodi lupi feroci che insidiavano le greggi deivalligiani… ed anche spiccata e proverbia-le è da sempre la generosità dei Varallesiverso i più poveri e le tante persone indifficoltà!

Proprio quest’anno, la nuova giova-ne priora della chiesa, Monica Ingletti,responsabile delle Guide ed accompagna-tori del Sacro Monte, ed appassionata di

arte e di storia locale, si propone di apri-re maggiormente ai fedeli ed ai visitatoriquesto nostro gioiello di fede e di artesacra!

Chissà quanti tra noi Varallesi nonabbiamo mai avuto l’occasione di poterlavisitare e di apprezzarla in tutto il suofascino? La parrocchia si proporrà volen-tieri di organizzare, magari in prossimitàdella stagione estiva e dell’Alpàa, alcunevisite guidate che favoriscano la nostramaggiore conoscenza delle radici dellanostra fede e di questi impareggiabili luo-ghi di culto di cui è ricca la nostra città diVarallo, che sono veri e propri scrignid’arte e di spiritualità che ancora oggiilluminano il nostro cammino di pellegrinie di cercatori d’assoluto!

San Marco, scrigno luminoso difede e di arte incomparabile… luogo seco-lare di culto da riscoprire e da custodirein tutto il tuo fascino ed il tuo splendoresenza tempo!

don Roberto

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pag. 2 il rosario del mese di maggio

pag. 3/4 l’Editoriale del prevosto

pag. 5/6 il viaggio dei seminaristi

in Terrasanta

pag. 7 il concorso a fumetti sul S. Monte

pag. 8/9 l’incontro sull’embrione

pag. 10/11 camminare inseme nelle

periferie del mondo

pag. 12/13 il Papa a Lesbo in Grecia

pag. 14 no alla guerra mondiale a pezzi

pag. 15 auguri dal Bangladesh

pag. 16/17/18M. Guaini e le missioni

nelle Filippine

pag. 19/20 racconto di una vacanza

ad Assisi

pag. 21/22 il Beato Pier Giorgio Frassati

pag. 23 l’oratorio dell’Annunziata

pag. 24/25 la Regina Elisabetta II

pag. 26 Lourdes per i giovani

pag. 27 il nuovo priore della

Confraternita e l’anagrafe

pag. 28 il cinque per mille alla Parrocchia

pag 29/30 il presidente della Repubblica

a Varallo

pag. 31/32 pubblicità

INDICE

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LA CASA SULLA ROCCIA - Parrocchia San Gaudenzio di Varallo - APRILE 2016

«...Ci venivano mostrati i luoghisecondo le Scritture. Poi a piedi siamoarrivati ad un luogo in cui quei monti, fracui passavamo, si aprivano e formavanouna valle senza fine, immensa, tutta pia-neggiante e bellissima; e al di là dellavalle appariva il monte santo di Dio, ilSinai» (Il «Diario di viaggio» di Egeria;fine IV sec.)

Con queste parole la pellegrinaEgeria fa emergere la necessità di essere“pellegrini con la Bibbia in mano”, sotto-lineando l’importanza della Scrittura nel-l’itinerario attraverso i luoghi dell’originedella propria fede.

Il biblista don Silvio Barbaglia,nella sua guida di Terra Santa, titola unparagrafo introduttivo così: Ripensareoggi il Pellegrinaggio verso la “CittàSanta: Viaggio o Avventura?”

Vogliamo riprendere questa espres-sione per ripercorrere i nostri passi

nella “Terra del Santo”, luogo teatro diquella storia di incontro e alleanza tral’umanità e il “Santo” di Dio.

Il nostro “cammino” tuttavia non èiniziato il 9 marzo all’Aeroporto diMalpensa, bensì alcuni mesi prima, pro-prio sotto la guida di don Silvio che ci haproposto un “seminario” che facesse daintroduzione alla Sessione biblica in TerraSanta!

Veniamo ora al nostro pellegrinag-gio, organizzato magistralmentedall’Ufficio Pellegrinaggi della Diocesi diVicenza, strutturato in tre parti: “daldeserto alla città”, “la città”(Gerusalemme e Betlemme) e “villaggi,campagne e lago” (Galilea).

Il primo giorno la comunità deiseminaristi di Novara e Biella si è ritrova-ta in aeroporto per il volo diretto a TelAviv. In serata, dopo i dovuti controlli,siamo stati trasferiti in pullman alKibbutz di Maschabei Sade, dove abbiamopernottato per la prima parte del nostro

itinerario.Il secondo giorno, in realtà il primo

vero e proprio di visita, ci ha spinti neldeserto del Negev verso il Mar Rosso(Eilat), dove ammirando la straordinariabarriera corallina abbiamo fatto memoriadella Creazione.

Il nostro itinerario infatti ha volutoripercorrere alcuni luoghi simbolo dellastoria della salvezza, abbracciando inte-gralmente il testo biblico (Antico e Nuovotestamento). Nel lungo trasferimento inpullman verso Eilat è stata molto interes-sante la tappa a Timna (Miniere di ReSalomone).

Il giorno successivo era inveceincentrato sulla vicenda patriarcale diAbramo, ripercorrendo alcune tappedella via dell’incenso (con la famosa capi-tale Petra, in Giordania). Tra le cittànabatee abbiamo visitato Avdat, Ein-Avdat (memoria di Agar e Abramo),Mampschit e Beer Sheva, città di Abramo.

Il giorno più impegnativo è statosicuramente quello di sabato 12 marzo, incui, dopo il lungo trasferimento con lejeep, ci siamo incamminati verso HarKarkom, luogo ipotizzato dall’archeologoitalo-israeliano Immanuel Anati come ilvero Sinai dell’alleanza!

Domenica è stata l’ultima tappanel deserto con la visita a Masada, for-tezza erodiana celebre per il famosoassedio da parte dei romani durante laPrima Guerra Giudaica, e al sito dovesono stati ritrovati nel secolo scorso irotoli detti appunto di Qumran, celebrimanoscritti legati alla comunità essena. Attualmente le 11 grotte (sembra cheultimamente ne sia stata scoperta unadodicesima, distinta in due cavità), di cuicinque scavate alla base del costone diQumran e sei sul fianco della terrazza chesostiene le costruzioni dell'insediamento,hanno restituito resti più o meno fram-mentari di 600 manoscritti.

IL VIAGGIO DI NOI SEMINARISTI IN TERRASANTA

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Negli scritti i membri della comuni-tà si chiamano i convertiti, i penitenti, ipoveri, i giusti, i santi, gli eletti di Dio.

Nel pomeriggio è stato particolar-mente significativo il rinnovo delle pro-messe battesimali proprio in riva alGiordano.

In serata siamo giunti finalmentealla Città Santa, ospiti dei francescani,che ci hanno sapientemente guidati intutto il nostro itinerario.

Il giorno seguente, accompagnatidal noto studioso del Giudaismo padre F.Manns, ha impegnato l’intera mattinatala visita agli scavi archeologici fuori dallemura del tempio (antica città di Davide),oltre al famoso Muro del Pianto.

Nel pomeriggio invece ci siamo rac-colti in preghiera in uno dei luoghi piùsignificativi per la cristianità: il Sion cri-stiano, ossia il Cenacolo e la DormitioMariae.

Il secondo e ultimo giorno aGerusalemme è stato particolarmenteintenso e interessante: abbiamo infattiripercorso il cammino della Via dolorosa,tra i vicoli caotici della città, fino ad arri-vare al Santo Sepolcro, cuore della cri-stianità e forte richiamo alla nostra fedepasquale nel Risorto!

Il nostro congedo dalla Città Santaè avvenuto con la celebrazione alGetsemani, per poi trasferirci in serata aBetlemme, dove il giorno seguente abbia-mo visitato la Basilica della Natività, il

campo dei Pastori e l’Erodion, famosafortezza che Erode scelse come luogodella sua sepoltura.

I giorni conclusivi ci hanno portatinella verde Galilea, dove abbiamo visita-to Nazareth, con la moderna Basilicadell’Annunciazione e l’antica sinagoga,per poi incamminarci il giorno seguenteverso il monte Tabor e le rovine di alcunecittà sul Lago di Tiberiade, tra cuiCafarnao (città di Pietro) e Magdala, doveè stata recentemente scoperta una sina-goga dei tempi di Gesù.

Piacevole infine è stata la traversa-ta in barca sul lago, dove poi abbiamogustato il famoso “pesce di San Pietro”!

Insomma un’esperienza unica cheha fatto nascere in noi la curiosità della“seconda volta”!

Alessandro Ghidoni

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Il comitato Jerusalem-Varalloinvita alla conclusione e alla premiazio-ne della: I^ Edizione del Premio diNarrativa e Arte

“Concorso Internazionale a fumettisul Sacro Monte di Varallo”

sabato 28 Maggio 2016 ore 15,00sala Giovanni XXIII Sacro Monte –

Varallo

In questa occasione alcuni fumet-ti saranno drammatizzati da FrancescaPastorino e Graziano Giacometti eaccompagnati da intramezzi musicali.

Il concorso era aperto a tutti evedeva impegnate tre fasce, una dedi-cata ai bambini/ragazzi (dai 6 ai 13anni), un’altra ai giovani dai 14 ai 19anni e un'ultima agli adulti dai 20 anni insu, di ogni estrazione.

I concorrenti dovevano scegliereuna o più scene del Sacro Monte perreinterpretarle, attualizzarle e raccon-tarle in fumetti o in racconti.

I fruitori dei fumetti o dei raccon-ti dovevano essere i bambini delle scuo-le elementari e i ragazzi delle medie, inmodo da raccoglierli poi in un libro per-ché i bambini e i ragazzi rileggano ilSacro Monte con gli occhi creativi di unvisitatore di oggi.

L’iniziativa è stata ideata dalcomitato per far conoscere le opered’arte del Sacro Monte e farne riscopri-re la bellezza e la spiritualità, concettiquanto mai significativi ed importanti inun momento storico particolare in cuipaiono trionfare odio e distruzione.

Con questa iniziativa si vorrebbefar ritornare il Sacro Monte alla sua ideainiziale di “progetto di comunicazione”,che ha attraversato i secoli ed ha unasua attualità nel presente: “Nella con-cezione francescana c’era l’idea diriprodurre i luoghi di Terrasanta, maanche quella di far vedere cosa era suc-cesso, in modo comprensibile a tutti,era un messaggio semplice e diretto,che non richiedeva intermediari, perchéera lo spettacolo stesso che parlava.

Il grande realismo del racconto lorendeva comprensibile a tutti, e ladrammatizzazione dei sentimenti face-va sì che le persone potessero ricono-scersi ed immedesimarsi nei protagoni-sti. Oggi noi guardiamo il Sacro Monteattraverso filtri mentali e culturali cheforse hanno fatto perdere di vista quel-l’immediatezza del racconto. Abbiamoil dovere di riavvicinare il Monte allegiovani generazioni che dovranno con-servarlo: il concorso è stato un tasselloin questo percorso”.

Rosangela Canuto

CONCORSO INTERNAZIONALE A FUMETTISUL SACRO MONTE DI VARALLO

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Sabato 16 aprile a Varallo, presso ilCentro Giovanile “G. Pastore”, si è tenutauna tavola rotonda organizzata dal CentroLibri Punto d’Incontro con la Caritas-Varallo e il Vicariato Valsesia, dedicata adun tema tanto “chiacchierato” quantopoco conosciuto nelle sue complesse com-ponenti: “Embrione questo sconosciuto trascienza ed etica” (fecondazione in vitro,utero in affitto).

Sono intervenuti Giannino Piana,Teologo Morale, Professore di EticaCristiana presso la Libera Università diUrbino, Rosa Angela Canuto, Ordinario diPatologia generale presso la Scuola diMedicina dell’Università di Torino,Federica Chiocca, Psicoterapeuta, SaraFerraro, Psicologa.

Don Roberto Collarini, Parroco diVarallo, si è detto soddisfatto della qualitàdei relatori e della notevole partecipazio-ne all’incontro che: “Tocca temi cruciali,che si intersecano con la nostra vita e conquella dei nostri figli”.

La Professoressa Canuto, a questoinvito a riflettere su un tema etico moltodiscusso e sul quale esistono opinioni dia-metralmente opposte, ha premesso unaspiegazione scientifica per permettere adognuno di fare scelte consapevoli: “Perchéogni scelta ha delle conseguenze e quindiè importante arrivare a valutare con ilcontributo di esperti”.

Dell’embrione fino a qualche anno

fa non si parlava affatto, era qualcosa chesi formava in modo silenzioso, intimo,all’interno del corpo femminile, doveaveva una sua evoluzione: embriogenesi,sviluppo fetale, parto, nascita, cui segui-vano maturità, senescenza e morte. Con la fecondazione in vitro l’embrione èqualcosa che viene ad essere conosciutoed è giusto chiedersi cosa sia.

Alla domanda se l’embrione sia soloun insieme di cellule o sia già una persona,ha provato a rispondere Giannino Piana,parlando di: “Soggetto personale che svi-lupperà la propria identità”, ma sottoli-neando che il problema è l’inizio:“Identificare il momento in cui la vitadiventa vita personale e se l’identità bio-logica coincida con l’identità personale,perché la vita umana come vita personaleè frutto di un processo evolutivo, si acqui-sisce per stadi, arrivando allo stadio dellavita umana”.

Il momento di inizio della vita perso-nale è avvolto nel mistero. Secondo alcuneposizioni non si può identificare l’iniziodella vita umana con l’inizio della vita bio-logica, con la fecondazione, perché non sipuò parlare di vita personale dove non esi-ste capacità relazionale e piena caratteriz-zazione, e quindi l’inizio della vita umanava spostato avanti di quattordici giornidopo la fecondazione, quando l’ovocellulafecondata si impianta nella cavità uterina.Altri spostano ancora più avanti la vitaumana personale, ponendola all’inizio delprocesso di cerebralizzazione.

La posizione della Chiesa, coerentedal suo punto di vista, mette l’accento sul-l’innesco di un processo destinato irrever-sibilmente a diventare persona: “La scien-za non può dire qual è l’inizio della vitaumana personale così come non è fissabileneppure il momento in cui finisce”.

I casi di infertilità riguardano il 15-20% delle coppie: l’assenza di prole spes-so viene vissuta dalla coppia come sconfit-

“EMBRIONE QUESTO SCONOSCIUTO TRA SCIENZA ED ETICA” (FECONDAZIONE IN VITRO, UTERO IN AFFITTO)

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ta, mancata realizzazione, quindi la scien-za, attraverso le tecniche di riproduzioneassistita, cerca di trovare una soluzione aquesto “dramma” e si cerca di ottenerel’embrione al di fuori del corpo delladonna, in vitro. La Legge 40 del 2004 rego-la la fecondazione in vitro e permetteanche la fecondazione eterologa, in cui siutilizza un elemento vitale che non appar-tiene alla coppia, perché proviene dall’e-sterno, ma proibisce il cosiddetto “uteroin affitto”, che il filosofo Galimberti con-sidera invece un “atto d’amore”, come iltrapianto di midollo o di un rene. GianninoPiana si è detto contrario all’utero in affit-to perché sarebbe una strumentalizzazio-ne del corpo della donna con effetti psico-logici devastanti.

Federica Chiocca, Psicoterapeuta eSara Ferraro, Psicologa, che gestiscono aVarallo il Centro Famiglia, luogo di riferi-mento per le donne e i bambini, hannousato l’efficace metafora della tela peresprimere la complessità delle situazionipersonali: “Allo psicologo si chiede diguardare il rovescio della tela, di decifra-re i pensieri inconsci”. La coppia che arri-va alla fecondazione assistita proviene dauna sentenza senza appello: “La sterilitàinterroga pesantemente il soggetto sullapropria identità e sul progetto di relazionedella coppia stessa”.

Alcuni video proponevano testimo-nianze di donne: “Manuela sine causa” erauna giovane donna che con il maritoDaniele non aveva nessun tipo di proble-ma, eppure non riusciva ad avere un figlioe faticava ad elaborare questa mancanza. Secondo le due psicologhe questo doloreva pensato ed elaborato: “Le donne spessosi sentono dei “cesti vuoti” che corrono ilrischio di essere “riempite” dai medici diillusioni, perché le percentuali di riuscitasono veramente molto basse”.

Sottoporsi alla fecondazione in vitroè oneroso economicamente e psicologica-mente e richiede anche un “accompagna-mento”, stabilito dalla Legge 40, peraffrontare le dinamiche personali.

Dalla parte del bambino generato da unatecnica medica in laboratorio, c’è il rischiodi essere identificato con un “bambinocomprato”, si attivano nei genitori unaserie di “aspettative”: “Hanno sceltol’embrione migliore e gli altri li conserva-no in congelatore”.

Le psicologhe hanno anche parlatodell’altra possibilità per rimediare all’in-fertilità: l’adozione, considerata difficile,complicata, mentre l’utero in affittodiventerebbe un modo per avere un bimbosubito e piccolo. In realtà il bambino ha lestesse problematiche dell’adozione: èstato generato per avere un compenso.

Don Roberto ha interrogato le psico-loghe sul rischio che si crei un legame par-ticolarmente intenso con il medico vissutocome relazione con una persona onnipo-tente, che risolve il problema, diminuendoil ruolo del coniuge e ha chiesto quali pos-sano essere i risvolti psicologici delladonna che mette a disposizione l’utero, eche al momento del parto si vede sottrar-re il bambino.

Altre domande erano volte ad indi-viduare i risvolti etici di questa pratica perovviare all’infertilità e sulla sorte degliembrioni congelati. Giannino Piana ha sot-tolineato che per risolvere questi problemisi deve far ricorso all’etica, che si appog-gia su motivazioni di carattere umano e sifonda sulla razionalità.

La fede è una cosa diversa: da sem-pre la Chiesa è contraria agli “embrionisoprannumerari”, quelli cioè che non ven-gono impiantati. Le sentenze della CorteCostituzionale hanno profondamentemodificato la Legge 40, svuotandola disignificato, mettendo in secondo piano ilsignificato alto della procreatività comecontinuazione della vita.

Rosangela Canuto ha chiuso l’incon-tro, proponendo che ci si ritrovi per riag-giornare la discussione dal punto di vistadel bambino, interrogandosi su cosa provi-no i bambini quando vengono informati chenon derivano geneticamente dai genitori.

Piera Mazzone

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LA CASA SULLA ROCCIA - Parrocchia San Gaudenzio di Varallo - APRILE 2016

Parlando di diversità, possiamoricordare la frase di un famoso teologoe filosofo spagnolo, Pannikar, il qualedisse: “L’altro è sempre diverso da noi,ma mai completamente estraneo”.

Queste parole ci introducono apieno titolo nel tema che vogliamoaffrontare ricordandoci che la diversitàfa parte della nostra vita come unadimensione assolutamente normale:ognuno di noi è altro rispetto a tutticoloro che incontra e che gli sonoaccanto.

Ognuno di noi è unico, irriperiti-bile, non replicabile; ognuno ha la suastoria, che si intreccia, in maniera indi-viduale, con le storie degli altri. Ed è proprio in questo nostro esserealtro consiste la nostra essenza, ciò checi rende singolari ed irripetibili.

Ecco, allora, che la diversità,diviene ricchezza, risorsa. E‘ la stessanatura che ci insegna questo: bastariflettere sulla sensibilità che si è svi-luppata negli ultimi anni rispetto altema della biodiversità, intesa comepatrimonio da salvaguardare e valoriz-zare.

Questa è anche un’esperienza chenoi stessi facciamo quando, per esem-pio, ci ritroviamo a camminare in unbosco: quante forme di vita differenti!

Dalla pianta gigantesca al fittosottobosco per giungere poi all’esile filod’erba. Tante forme di vita che contri-buiscono tutte quante, e ciascuna a suomodo, al benessere del tutto, alla vita

del bosco stesso. Ogni vita con paridignità, con la stessa legittimitàd’esistenza di tutte le altre.

Purtroppo la storia dell’u-manità ci insegna che non semprela diversità è stata vissuta comeun’opportunità.

Nel corso dei secoli l’uomo,di fronte al ciò che considerava diverso,ha adottato due atteggiamenti, quellodella guerra (che è poi sempre unasconfitta della volontà e della capacitàdell’uomo di trovare un terreno comuned’incontro) oppure la tendenza ad iso-larsi dietro un muro, lasciando fuori ildiverso (pensiamo ai grandi muri dellastoria, ad esempio, la Grande Muragliacinese, ma anche i muri che ancor ogginon solo non vengono demoliti bensìvengono costruiti dal nuovo).

Senza dimenticare tutti i muridati dall’indifferenza, dal non volersapere, dal non volersi mettere ingioco.

Spesso in queste scelte si nascon-de la paura di chi pensiamo esserediverso da noi e che temiamo possa rap-presentare un pericolo, una minaccia.

Quando l’altro rompe i nostrischemi uscendo al di fuori dei nostriparametri esistenziali, meglio allonta-narlo, è più facile catalogarlo, appiat-tendo la sua umanità in etichette fuor-vianti.

Per fortuna l’uomo ha saputoanche, talvolta, trovare una modalitàper relazionarsi all’altro.

Basti ricordare tutti i luoghi comele università, i santuari, i mercati...luoghi dove persone appartenenti a cul-ture, nazioni, lingue diverse s’incontra-vano e trovavano un modo per interagi-re, dimostrando che era possibilecostruire dei ponti verso l’altro.

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CAMMINARE INSIEME NELLE PERIFERIE DEL MONDO

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Ecco allora che, riprendendo lafrase di Pannikar, è possibile dire chel’altro è sempre un po’ specchio di chisiamo noi: nell’incontro, l’altro parlaanche un po’ di noi, di ciò che siamo, diciò che desideriamo per la nostra vita.

Ciò significa che c’è sempre unfilo che lega le persone le une allealtre: per i credenti esso è dato dalfatto di essere tutti figlio di Dio, per inon credenti il filo risiede nella comuneappartenenza al genere umano.

Potremmo dire che, in effetti, c’èqualcosa che appartiene a tutti, un’e-sperienza tra le più democratiche cheesistano.

Si tratta dell’esperienza dellavulnerabilità, della fragilità: comeuomini, ciascuno di noi è esposto aldolore, alla malattia, alla morte.

Ecco allora che accompagnarequalcuno che sta attraversando unmomento di particolare fragilità signifi-ca, in fondo, prendere per mano anchese stessi, prendersi cura di noi, entrarein contatto con quelle parti di noi chesono maggiormente esposte ad una vitache, non sempre, corrisponde ai nostridesideri.

Ciascuno di noi è chiamato ad unasfida: quella di mettersi in cammino pergiungere all’altro, nella consapevolezzache l’incontro è davvero la più impor-tante delle esperienze umane.

La sfida è quella dell’imparare adascoltare: ascoltare quello che l’altro cidice, ascoltare i suoi bisogni e le suenecessità, anche quando queste nonsono esplicite ed evidenti. Ma, anche esoprattutto, ascoltare la storia dell’al-tro, il quale non è solo ildisoccupato/l’immigrato/il senzatet-to/il disabile.

Egli è, innanzitutto, una personacon una storia di vita che chiede di

poter essere raccontata ed ascoltata:narrare la propria storia consente diintravedere un senso, di riconoscere ilsignificato di quanto vissuto.

Dunque, la vera sfida è quella diprovare a pensare che le porte ed i can-celli non sono fatti solo per chiudersi,bensì possono anche aprirsi all’altro,invitandolo ad entrare.

Per concludere, ricordiamo leparole dello scrittore tedesco BertoltBrecht, con l’auspicio che ci possa sem-pre essere qualcuno in grado di parlareper chi non ha più voce, di reagire perchi non può più farlo, di coltivare lasperanza per chi la speranza l’ha persadurante il cammino.

Prima di tutto vennero a prende-re gli zingari e fui contento perchérubacchiavano.

Poi vennero a prendere gli ebrei estetti zitto perché mi stavano antipatici.

Poi vennero a prendere gli omo-sessuali e fui sollevato perché mi eranofastidiosi.

Poi vennero a prendere i comuni-sti ed io non dissi niente perché non erocomunista.

Un giorno vennero a prender me enon c’era rimasto nessuno a protestare.

Gruppo Caritas di Varallo

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GESTO PROFETICO DI PAPA FRANCESCOCHE VOLA IN GRECIA TRA I MIGRANTI

«BASTA GHETTI E MURI, ADESSO L'EUROPA RISPETTI DAVVERO I MIGRANTI»Papa Francesco appare ancora

tutto scombussolato per la visita alcampo profughi di Moria in Grecia. «E'stata per me troppo forte emotiva-mente».

Gli viene chiesto in aereo checosa ne pensa dell'accordo UnioneEuropea-Turchia per il rimpatrio deimigranti? «Prima di tutto vorrei direche non c'è alcuna speculazione politi-ca dietro la decisione umanitaria diportare in Vaticano tre famiglie siriane.Mi è venuta un’ispirazione una settima-na fa, su suggerimento di un mio colla-boratore e ho accettato subito. Rientranello spirito umanitario. Le cose sonostate fatte in regola con le autorità gre-che e italiane. Loro arrivano con i docu-menti. Sono a carico del Vaticano etutto si è realizzato con la collabora-zione di Sant'Egidio. In Vaticano sonoospitate già due famiglie siriane».

Gli è stato chiesto anche perchési porta a Roma tre famiglie musulmanee non tre famiglie cristiane? «Non hofatto una scelta tra cristiani e musul-mani, erano tre famiglie che avevano lecarte in regole e si poteva fare. Vierano anche altre due famiglie cristia-ne che però non avevano le carte inregola. Ricevere accoglienza non è unprivilegio, tutti sono figli di Dio».

Lei parla molto di accoglienza mapoco di integrazione. Gli immigratimusulmani sono quelli che fanno piùfatica ad integrarsi con i valori occi-dentali. Lei non pensa che sia meglioprivilegiare l'immigrazione cristiana? «Aproposito di integrazione. Esiste una

parola che la nostra cultura sembraessersi dimenticata dal dopoguerra;oggi esistono i ghetti, dai quali sonoarrivati alcuni dei terroristi che si sonomacchiati di atti terribili. Alcuni sonofigli di immigrati di seconda generazio-ne. Cosa è successo? Che non c'è statauna politica di integrazione. E questoper me è fondamentale. Oggi l'Europadeve riprendere questa capacità. C'èbisogno. Del resto in passato è arrivatagente che si è integrata molto bene».

Si parla di fili spinati e barriere,è la fine di Schengen e del sogno euro-peo? «Io capisco quei popoli che mani-festano una certa paura di fronte alfenomeno dell'immigrazione. I muri nonsono mai una soluzione. Ne abbiamo giàvisto cadere uno. Non servono a niente. Dobbiamo costruire ponti, ma i ponti sifanno con dialogo e integrazione; iocapisco un certo timore, ma chiudere lefrontiere non risolve niente. Perchéquella chiusura alla lunga fa male alproprio popolo, e l'Europa ha bisognourgentemente di fare politiche per illavoro e l'economia».

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Che cosa l’ha colpita nel campoprofughi? «In quel campo di rifugiati c'erada piangere. Ho riportato con me i dise-gni che mi hanno regalato i bambini.Eccone uno. (Lo alza per mostrarlo atutti). Ecco cosa vogliono i bambini, lapace. Dentro il campo seguono un corsodi educazione, ma le cose che hannovisto se le porteranno dentro. Guardatequesto altro disegno. (Mostra un secondofoglio). Hanno visto un bambino annega-re. Oggi c'era da piangere davvero. Lostesso disegno lo ha fatto quest'altrobambino afghano. La memoria di questipiccoli è segnata come da una grandecicatrice e ci vorrà tempo.

Ecco una l t r odisegno.Q u e s t os o l ep iange .Io pensoche unalac r imaci faràb e n e » .

Lei invita all'accoglienza, mal'Europa potrà mai raccogliere tutta lamiseria del mondo? «Oggi nel mio discor-so ho detto che alcuni fuggono dalleguerre e altri dalla fame. Tutti e duesono effetto di sfruttamento.Sfruttamento della terra: mi diceva uncapo di governo dell’Africa che comeprima decisione del suo governo puntò

sulla riforestazione, perché la terra eradiventata morta per lo sfruttamentodelle foreste. Si devono fare opere buonesia per chi fugge la guerra sia per chifugge la fame. Io inviterei i trafficanti diarmi - in Siria per esempio, chi dà le armia diversi gruppi - a passare una giornatain quel campo profughi. Credo che perloro sarebbe salutare».

E' un viaggio triste, però dodicipersone tornano con lei. Pensa che siauna lezione per tanti governi?«Una volta chiesero a Madre Teresa: maperché si sforza tanto e lavora così tantoper aiutare a morire questi ammalati? Quello che lei fa non serve. Lei rispose: èuna goccia d'acqua nel mare, ma dopoquesta goccia il mare non sarà lo stesso.Un piccolo gesto, certo, ma sono queipiccoli gesti che dobbiamo fare tutti igiorni, tendere la mano a coloro chehanno bisogno».

Siamo venuti in Grecia, un paesemolto provato economicamente, bacinodi forte immigrazione ma anche di politi-ca economica di austerità.

E’ la culla della civiltà occidentalee continua a dimostrarlo con l’accoglien-za di queste migliaia di migranti in fugadalla fame e da una guerra ingiusta!

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Papa Francesco ha pronunciatoparole importanti sul modo di uscire dalla“guerra mondiale a pezzi” e Pax ChristiInternazionale le ha rilanciate come impe-gno per tutti gli uomini di buona volontànell’anno del Giubileo della Misericordia.Questo è anche l’impegno del Punto Pace“Nova Jerusalem”, attivo a Varallo consede presso il nostro Sacro Monte.

“L’incontro tra persone, la riconci-liazione tra popoli, l’impegno per la giu-stizia: sono le strade per risolvere la ter-ribile “guerra mondiale a pezzi” che l’u-manità vive. Lo ricorda il Papa nel mes-saggio inviato ai partecipanti alla confe-renza di Pax Christi International in corsoa Roma in collaborazione con il PontificioConsiglio Giustizia e Pace, sul tema “Nonviolenza e pace giusta: contribuire allacomprensione cattolica e l'impegno allanonviolenza”.

Da Francesco, il rinnovato appelloper l’abolizione della pena di morte, lapossibilità di un’amnistia, e la revisionedel debito internazionale degli Statipoveri. "Grande è, nel nostro mondo com-plesso e violento, il compito che attendecoloro che operano per la pace vivendol’esperienza della non violenza":"Conseguire il disarmo integrale, combat-tere la paura, portare avanti un dialogoaperto e sincero", cercando il bene comu-ne, è "un lavoro arduo". Per dialogareoccorre cercare dare e ricevere, partiredalla nostre differenze cercando il benecomune e trovato un accordo mantenerlofermamente.

Dialogo, incontro, riconciliazio-ne: vie di soluzione della guerra mondia-le a pezzi.Il Papa si rivolge ai partecipan-ti alla Conferenza di Pax Christi, incorag-giandoli: occorre rinnovare il vostro "posi-tivo contributo", scrive, come tutti glistrumenti a disposizione per concretizza-re l’aspirazione alla giustizia e alla pacedegli uomini di oggi. Lo "sforzo sapiente"

della diplomazia va infatti sostenuto conogni mezzo. Chi fondò nel secolo scorsoPax Christi e il Pontificio ConsiglioGiustizia e Pace si impegnò per favorirel’incontro tra persone, la riconciliazionetra popoli di diverse ideologie e la lottaper la giustizia politica sociale ed econo-mica. E queste sono le strade oggi perrisolvere la guerra mondiale a pezzi chevive l’umanità.

I conflitti non possono essereignorati o dissimulati. Ai partecipanti,Francesco rammenta tre aspetti che ritie-ne importanti: "abolire la guerra è loscopo ultimo della persona umana e dellacomunità". E' inutile "negare o dissimula-re i conflitti", bensì occorre "accettarliper non rimanervi intrappolati perdendola prospettiva generale". Solo così li sipotrà "risolvere", osserva, trasformandoliin un "anello di collegamento di quelnuovo processo che gli operatori di pacemettono in atto".

Fraternità e lotta all'indifferenzaMa come cristiani, ricorda Francesco, solo"considerando fratelli i nostri simili" pos-siamo superare guerre e conflittualità.L’ostacolo più grande oggi, sottolinea, è il"muro dell’indifferenza", una "triste real-tà" che investe non solo gli uomini maanche l'"ambiente naturale, con conse-guenze nefaste".

L'impegno a superare l'indifferen-za, sostiene il Papa, avrà successo "solose, ad imitazione del Padre, saremo capa-ci di usare misericordia", misericordiache, in politica, si chiama "solidarietà". Ecosì nell’anno giubilare, come già fattocon i leader degli Stati, il Papa invita tuttii partecipanti a sostenere due richieste:l’abolizione della pena di morte, là doveessa è ancora in vigore, assieme alla pos-sibilità di un’amnistia, e la cancellazioneo la gestione sostenibile del debito inter-nazionale degli Stati più poveri.

Norberto Julini

NO ALLA GUERRA MONDIALE A PEZZI

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AUGURI, DAL BANGLADESH: BUON ANNO 1423!Il 14 Aprile è iniziato il nuovo

anno bengalese 1423canti, danze e festa grande ovunque:speriamo sia davvero un anno di pace!

Nota storica sull'anno bengalese:

I giornali quotidiani bengalesi portanosempre tre date in prima pagina:

2016 (anno cristiano) 1423 (anno bengalese) 1437 (anno musulmano)

L'anno bengalese all'i-nizio coincideva con quellomusulmano, che inizia a con-tare gli anni dalla fuga diMaometto dalla Mecca aMedina (622 d.C.), il momen-to in cui ufficialmente è ini-ziato l’Islamismo.

Però il calendariomusulmano ora è leggermen-te diverso da quello bengale-se: infatti per i musulmaniquest'anno è l'anno 1437, peri bengalesi, il 1423.

Questo dipende dal fatto che l'im-peratore indiano Akbar che ha iniziato ilcalendario "bengalese" ("indiano" sidovrebbe dire, perché allora non esiste-

va il Bangladesh, ma la nostraregione faceva tutta partedell’India) ha cambiato ilcalendario musulmano che èlunare in calendario solare,per una questione di tasse.

Infatti col calendario lunarenon era facile raccogliere letasse che allora erano legate airaccolti della terra; con ilcalendario solare diventavainvece più agevole perchécoincideva con le stagioni e ilraccolto.

Ma il calendario lunare èpiù corto di 11 giorni all'anno

rispetto a quello solare e così a poco apoco i due calendari, che all'inizio eranouguali, si sono differenziati.

Un grande abbraccio.

p. Quirico con tutti i bambini di Mirpur

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“Voi siete la luce del mondo. Unacittà costruita su un monte non puòrimanere nascosta. Non si accende unalampada per metterla sotto un tavolo,ma su un candelabro in modo che illu-mini tutta la casa. Nello stesso modo, lavostra luce deve splendere davanti agliuomini perché vedano le vostre operebuone e diano gloria al vostro PadreCeleste” (Mt 5, 14-16).

Il Signore, che dona sempre allasua Chiesa e al mondo, persone cheinvitano ad una maggior fedeltà, gene-rosità e santità nel servire Cristo e i fra-telli, ci ha donato Madre MargheritaMaria Guaini. Il suo profondo amore aCristo Sacerdote, all’Eucaristia, allaChiesa, ai Sacerdoti, é una luce per ilcammino spirituale di tantissime perso-ne. Lo Spirito Santo ha infiammato il suocuore di ardente amore per Dio e ditotale dedizione per aiutare i fratelli,redenti dal Preziosissimo Sangue diGesù, a lasciarsi raggiungeredalla Misericordia del Signore.

La sua preghiera costan-te: “O Dio, fa in modo che laluce del tuo Volto Santo mi illu-mini e sia così grande che iopossa illuminare tutti con l’in-tensità del tuo Amore!”

Questo ardente amore aGesù e alle anime convinse laServa di Dio ad inviare le suefiglie in terra di Missione,prima in Bolivia (1975) e poi inFilippine.

Nella primavera del 1990,Madre Guaini accolse l’ispira-zione avuta dal Signore, attra-verso il consiglio di personesagge, e inviò a Manila due suefiglie, suor M. Ecclesia Crippa e

suor M. Patrizia Mereu per incontrareSua Eminenza il Card. James Sin, chie-dere la Sua benedizione per portare ilCarisma dell’Istituto e stabilire unacomunità nella sua Diocesi. Ricevuta lafavorevole accoglienza e la benedizionedel Cardinale, nel novembre dello stes-so anno furono inviate suor M. Patriziae suor M. Ancilla per aprire la Comunitànella Parrocchia di Mary Queen ofApostles, costruita e guidata pastoral-mente dai Padri del PIME; poi, nell’otto-bre del 1991, si unì a loro suorMaristella Labriola.

Le Filippine sono un Paese compo-sto da circa 7mila Isole, di origine vul-canica, disposte in lunghezza, alcunepiccolissime. Le isole maggiori sono:Luzon al nord, le Visayas al centro eMindanao al sud. Manila, capitale delPaese, si trova in Luzon e conta quasidodici milioni di abitanti.

CARISMA DI MADRE MARGHERITA M. GUAINIE MISSIONE NELLE FILIPPINE

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Nelle Filippine, al tempo delladominazione spagnola si parlava spa-gnolo, oggi si parla Inglese, poiché furo-no gli Stati Uniti ad aiutare il Paese ariacquistare la libertà. La lingua nazio-nale é però il Tagalog, anche se nelleisole esistono molte altre lingue parlatee scritte. In genere le isole sono pianeg-gianti e ricche di vegetazione, special-mente di alberi da frutta esotica. Ilclima é caldo-umido; durante l’anno sialternano periodi di siccità a periodi dipiogge, con tifoni sovente distruttivi.

Le vocazioni sacerdotali diocesa-ne non sono sufficienti e in molti villag-gi, non c’è la Parrocchia, ma unaCappella dove il Sacerdote si reca acelebrare una volta al mese.

Il Paese è governato in sostanza dadinastie delle famiglie più ricche chesono anche proprietari terrieri. Sipotrebbe parlare di Repubblica oligar-chica più che democratica e il divario trai pochi ricchi e la grande maggioranza dipoveri é visibile anche solo guardando lecostruzioni dei grattacieli che sovrasta-no le zone, dette degli squatters (senzatetto); zone dove mancano le fognature,l’acqua potabile e le case sono dellemisere baracche che le piogge torrenzia-

li facilmente distruggono. I benestantiabitano in zone dette subdivisions, con-trollate da guardie private e hanno tuttii conforti della vita moderna.

Le figlie di Madre Margherita M.,venendo in questo Paese, stabilitesi inuna zona aperta, abitata da gente co-mune e vicine a una zona povera, hanno

cercato di studiare bene l’Inglese,imparare a capire il Tagalog, e rendersiconto delle necessità della gente perpoter rispondere, in armonia con il loroCarisma, all’apostolato missionario.

Tra le esigenze si evidenziaronosubito la necessità di educazione eistruzione cristiana ai fanciulli, di fami-glie povere o di lavoratori all’estero,con una Scuola, e questo era in armoniacon la dimensione profetica del nostroCarisma, missionario e sacerdotale. LaMadre Fondatrice approvò questo pro-getto ed espresse il desiderio che,essendoci anche la sede del Noviziato,la Casa e la Scuola fossero dedicate aMaria Immacolata.

Oggi la nostra scuola conta più diottocento alunni, dalla Scuola Maternaall’High School; circa sessanta alunni difamiglie più bisognose sono sponsorizza-ti, con l’aiuto di alcuni benefattori ita-liani. Molti laici collaborano con lenostre Suore, alcune delle quali impe-gnate nell’ insegnamento accademico,altre nella catechesi, preparando ognianno i fanciulli per la prima Confessionee Comunione e seguendo varie attivitàliturgiche, con catechesi per leInsegnanti e i genitori. Tra gli studentinella Mary Immaculate School, nell’an-no 2007 si è costituito il Club: “PiccoliAmici di Madre Guaini” (Little Friendsof Mother Guaini); tra studenti ed exallievi il Club conta, oggi, più di 100aderenti con lo scopo di vivere la vitaCristiana nella spiritualità Eucaristica eMariana della “Madre”.

Il Signore chiamò a Sé la nostraFondatrice il 2 marzo del 1994, e con lasua materna intercessione, la presenza el’apostolato delle Mges in Filippine hacontinuato a vivere ed espandersi, ancheperché il Buon Dio ci fa dono di molte gio-vani vocazioni asiatiche che incrementa-no l’Istituto e le sue attività apostoliche.

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Nel mese di settembre 2002, aDanao City, isola di Cebu, fu inauguratauna Casa di Formazione per le giovaniAspiranti e Postulanti. Questa Casavenne dedicata alla nostra Fondatricecon il nome: “MOTHER GUAINI FORMA-TION CENTER”. Le sorelle di tale comu-nità, guidate da suor M. ElisabettaBrignoli, hanno dato vita al gruppo dilaici che condividono la nostra spiritua-lità: il Movimento Apostolico Nuovi, ecollaborano nella catechesi e attivitàpastorale, nell’ufficio di due Parrocchiedi Danao: Santo Tomas De Villanueva eSaint Peter Apostle.

Le Sorelle, in collaborazione conil Gruppo M.A.N., sono impegnate nellacatechesi, nelle attività caritative per ibambini poveri della zona depressa dipescatori e immigrati in Taytay, ed incollaborazione con il Governo Locale e ilDipartimento dell’educazione conduceun Centro per promozione della donna.In tutte queste attività le sorelle hannoa cuore di preparare sussidi per diffon-dere la conoscenza della spiritualità,del Carisma della Congregazione.

In risposta alla richiesta delCardinal Ricardo Vidal, nel giugno 2007il nostro Istituto ha inviato tre Sorelle aCebu City nella Casa Diocesana per iSacerdoti malati e anziani, dedicata alPapa, San Giovanni Paolo II. Quest’ope-ra é particolarmente cara al nostrocuore, essendo non solo di collaborazio-ne con il sacerdote, ma di attenzione ecura per la sua persona nei periodi dimaggior sofferenza e difficoltà.

Nel febbraio del 2015, con labenedizione dell’Arcivescovo Palma, tresorelle sono state inviate nella zona diBalamban sulla sponda sinistra dell’iso-la di Cebu per la collaborazione pasto-rale: catechesi e visita alle famiglie, evivono in una casetta tra la gente, in

zona periferica. Tutta questa attivitàmissionaria é sostenuta dall’AdorazioneEucaristica quotidiana e dall’apostolatodella santa Messa, cuore del nostroCarisma.

La città di Varallo può essereorgogliosa e ringraziare il Signore connoi. Avendo accolto la nostra MadreFondatrice e le sue figlie (fin dal 1953),il bene che le Mges compiono in Italia ein vari Stati all’estero, diventa merito egrazia anche, e specialmente, perVarallo.

Il 7 maggio prossimo, nella Chiesadella Madonna delle Grazie, dove riposala Serva di Dio, avrà luogo la chiusuradel Processo diocesano per il riconosci-mento della eroicità delle sue virtù,con la presenza del Vescovo di Novara,Mons. Franco Giulio Brambilla e ci saràgrande gioia e grande festa.

Ringraziamo insieme il Signoreper il dono di Madre Margherita MariaGuaini che, con la luce dello SpiritoSanto, ha capito e aiutato a capire l’in-finito amore e la misericordia di Dio cheha sacrificato il suo amato Figlio, Gesùnostro Redentore, per ricondurci al SuoCuore. E con la Serva di Dio diciamo:”Grazie, Signore, e poi grazie ancoraper il Tuo Amore, per il Tuo Perdono eper la tua tenerezza di Padre”.(Pensieri, 315).

Suor M. Patrizia Mereu

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Assisi e l’Umbria sono certamentedei luoghi incantevoli e speciali in cuivivere il periodo pasquale, ricchi di bel-lezze artistiche, naturalistiche e dispunti di riflessione, specie alla luce delperiodo storico che stiamo vivendo.

Infatti, in un momento in cui ilmessaggio di pace e amore di SanFrancesco appare più attuale e necessa-rio che mai, è stato veramente bellopoter visitare i luoghi della sua vita epotersi raccogliere qualche momento inpreghiera in quell’oasi di spiritualità ebellezza unica al mondo.

La città di Assisi (28.290 abitanti)si trova in provincia di Perugia, e com’èarcinoto qui nacquero, vissero e moriro-no due tra i più grandi santi della cri-stianità, San Francesco e Santa Chiara.

Proprio la basilica di SanFrancesco è una delle attrazioni piùimportanti: divisa in basilica superioreed inferiore con le rispettive piazze, sitratta di un vero e proprio gioiello arti-stico, dove si può ammirare lo splendi-do ciclo di affreschi sulla vita diFrancesco realizzati da Giotto, lamagnifica decorazione della volta supe-

riore e la tomba del Frate di Assisi, nellacripta sotterranea.

Altra chiesa degna di nota è laBasilica di Santa Chiara, con le spogliedella santa e ove è anche conservato ilcrocifisso di San Damiano, che secondola tradizione parlò a San Francesco inca-ricandolo di riparare la sua Casa, rife-rendosi (come il frate capì solo in segui-to) all’intera Chiesa e non solo al diroc-cato edificio dove in quel momento sitrovava.

Può apparire strano ma il patronodi Assisi non è San Francesco, che è patro-no d’Italia, ma San Rufino martire del 238d.C. cui è dedicato il duomo cittadino,anch’esso interessante da visitare.

Assisi è anche ricca di edifici stori-ci di tipo laico, come la splendida Rocca,castello che si erge su una sommità al disopra della città e da cui si può ammira-re una magnifica vista su Assisi e la pia-nura circostante. Inoltre è imperdibile,per chi ama la storia antica, il foro roma-no, custodito in un museo davvero bencurato in pieno centro storico, anch’essopiacevole da passeggiare e ricco di ispi-razione medievale.

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RACCONTO DI UNA VACANZA AD ASSISI, CON QUALCHE CONSIDERAZIONE SULL’ATTUALITÀ’

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L’Umbria è una regione davveroidilliaca, ricca di tantissimi bei posti davisitare: Perugia, Spoleto, Spello,Orvieto, Gubbio… purtroppo il tempo adisposizione era poco, così abbiamoscelto di dedicare un giorno alla cittadi-na di Spoleto (resa famosa, tra le altrecose, dalla fiction Don Matteo che daqualche stagione è ambientata lì) e alborgo medievale di Spello.

Entrambe le scelte di sono rivela-te azzeccate, Spoleto ci ha permesso diapprezzare un bel centro medievale contante testimonianze del mondo antico,tra cui una domus davvero ben conser-vata. Spello invece ci ha fatto davverotornare indietro nel tempo, all’epocadei cavalieri e dei Comuni medievalitanto era suggestivo e ricco di storia ilsuo nucleo storico, impreziosito ancheda un simpatico gatto che ha dato sfog-gio di sé sdraiato su una scultura aforma di ulivo accanto alla chiesa par-rocchiale.

Un altro balzo nel tempo è statala processione del venerdì santo adAssisi, con il centro privo di luce elettri-ca e illuminato solo da fiaccole e can-dele, che è stato attraversato da innu-merevoli confraternite e ordini religiosiche portavano la croce intonando salmie preghiere: davvero medievale! Dopo la S. Messa del giorno di Pasquaabbiamo visitato la Basilica di SantaMaria degli Angeli, in una frazione diAssisi. All’interno della basilica (la setti-ma chiesa più grande al Mondo!) è con-servata anche la Porziuncola, chiesettariparata da San Francesco dove il santousava pregare.

Come già detto questa vacanza,che purtroppo è finita troppo presto enon ci ha lasciato tempo di gustaretante altre bellezze, è stata anche unimportante spunto di riflessione sull’at-tualità. In netta contraddizione con il

messaggio di Francesco e con il luogo dipace erano infatti i militari armati dimitra che presidiavano, con altre forzedell’ordine, gli ingressi alla basilica con-trollando borse e zaini e passando tuttial metal detector. Data la struttura diAssisi era dunque quasi impossibileentrare o uscire dal centro storico senzadover passare la fila dei controlli.

Non bisogna dimenticare che igiorni pasquali erano quelli appena suc-cessivi i sanguinosi attentati diBruxelles del mese scorso, quindi eranopienamente giustificati controlli serratiin uno dei luoghi simbolo della cristiani-tà così affollato di pellegrini e turisti.

Accantonando il caso specifico,comprensibile e necessario, c’è però dachiedersi quanto vogliamo che la minac-cia terroristica influenzi le nostre vite emilitarizzi le nostre città. La sicurezza ela prevenzione sono sacrosante e latutela della nostra incolumità va garan-tita anche con mezzi straordinari se lasituazione lo richiede, ma guai a cederealla tentazione di rinunciare a ciò che cipiace e ci fa stare bene.

Come spesso giustamente ricordail premier Renzi è proprio questo l’in-tento delle organizzazioni terroristiche:diffondere paura e angoscia, far chiude-re le porte delle nostre case rinuncian-do a quelle conquiste proprie dellanostra civiltà occidentale.

Prudenza e sicurezza sono davve-ro necessarie, e tuttavia non dobbiamomai aver paura di ciò che siamo e dellanostra identità che attinge le proprieradici ai valori del Cristianesimo.

Speriamo davvero che, anche gra-zie al Papa che porta il suo nome, ilmessaggio di San Francesco possa esse-re più incisivo e presente in questi com-plicati momenti, sarebbe una gioia pertutti.

Enrico Bianchi

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Piergiorgio Frassati, chiamato daGiovanni Paolo II, il Giovane delle ottoBeatitudini, nasce nel 1901 a Torino dauna famiglia ricca borghese originaria diPollone nel Biellese.

Quando, fanciullo, apprese i primiracconti del Vangelo, Pier Giorgio ne restòcolpito, a volte in modo così profondo dadiventare protagonista di gesti inattesi inun bimbo tanto piccolo. Dopo l'infanziavenne istruito con la sorella privatamen-te, e successivamente fu avviato allescuole statali, ma Pier Giorgio in questiprimi studi non mostrava molta attenzio-ne, tanto che un anno fu bocciato.

Vista la non brillante carriera scola-stica, la famiglia lo affidò al sacerdotesalesiano don Cojazzi che oltre ad inse-gnargli la letteratura lo accosterà alla spi-ritualità cristiana.

I Frassati erano una delle famigliepiù in vista della città, di estrazione alto-borghese. Il padre Alfredo era proprieta-rio del quotidiano «La Stampa», ma PierGiorgio, che non voleva i soldi di suopadre, aveva dichiarato pubblicamenteche la sua eredità l'avrebbe divisa tuttacon i poveri.

Per essi aveva intrapreso gli studimolto difficili di ingegneria per diventareingegnere minerario e così potersi dedica-re al servizio di Cristo fra i minatori, tra ipiù derelitti degli operai.

Avrebbe potuto allietare la sua gio-vinezza con ricevimenti e feste da ballo,ma preferiva essere il "facchino" dei pove-ri, trascinando per le vie di Torino i car-retti carichi di masserizie degli sfrattati...e come membro della S. Vincenzo visitarele famiglie più bisognose per portarvi con-forto e aiuto materiale.

Vi si recava generalmente al matti-no, prima delle lezioni all'Università,oppure nelle uscite serali, carico di pac-chi, vincendo con la carità l'umana ripu-gnanza che si accompagnava al tanfo nau-seante di certi tuguri.

Dinamico, volitivo, pieno di vita,Pier Giorgio amava i fiori e la poesia, lescalate in montagna. Per descrivere il per-corso di fede di Frassati occorre appro-fondire questo ulteriore aspetto della suavita: l’amore per lo sport, in particolareper la montagna. L’abilità sportiva delloscalatore è paradigma della spiritualità diPier Giorgio; la sintesi tra vita contempla-tiva e vita attiva trova un felice slogannella sua regola Verso l’alto (“ad altio-ra”), che indica un continuo esercizio dicrescita, di ricerca, di allenamento.L’intreccio tra preghiera, partecipazioneai sacramenti, lettura della Parola edesercizio della carità si misura attornoall’intensità di questa tensione a cresce-re, a “salire”.

La montagna in questo senso èmetafora straordinariamente chiara perspiegare la spiritualità laicale, il movi-mento parte perché è la vetta che ti“chiama”, ma anche il cammino diventapasso dopo passo più gustoso; non manca-no certo gli ostacoli e gli scoraggiamentitra una roccia particolarmente pericolosae un sentiero che sembra bloccato.

Spesso raggiungeva a piedi ilSantuario della Madonna di Oropa, ilgrande luogo di culto mariano del Biellesea cui lui era particolarmente affezionato

BEATO PIERGIORGIO FRASSATISALIRE…SEMPRE PIU’ IN ALTO!

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Arrivato al Santuario, dopo un'oradi marcia e completamente digiuno, erasolito partecipare alla Santa Messa, poifaceva la Comunione, quindi si raccoglie-va in preghiera nel transetto di destra,davanti all'immagine della Vergine Bruna.

Nel ritorno verso casa recitava ilRosario lungo la via, ad alta voce, cantan-do le Litanie. Pier Giorgio amava anchecomporre dei rosari con i semi di unapianta di Pollone, che poi regalava agliamici. Era questo un modo per ricordareloro l'impegno della preghiera e la devo-zione verso la Vergine, che per lui era irri-nunciabile.

Il 28 maggio 1922, nella chiesa tori-nese di San Domenico, ricevette l'abito diterziario domenicano: Pier Giorgio, dafervente discepolo di San Domenico, reci-tava ogni giorno il Rosario, che portavasempre nel taschino della giacca, non esi-tando a tirarlo fuori in qualsiasi momentoper pregare, anche in tram o sul treno,persino per strada.

"Il mio testamento - diceva,mostrando la corona del Rosario - lo portosempre in tasca". Il 30 giugno 1925 PierGiorgio accusa degli strani malesseri, emi-crania e inappetenza: non è una banaleinfluenza, ma una poliomielite fulminanteche lo stronca in soli quattro giorni, il 4luglio, tra lo sconcerto e il dolore dei suoifamiliari e dei tanti amici e conoscenti, asoli 24 anni.

E’ stato sepolto per decenni nelcimitero biellese di Pollone a pochi chilo-metri dal Santuario mariano di Oropa. Èstato beatificato da papa Giovanni Paolo IIil 20 maggio 1990 e la salma, dopo esserestata esposta ad Oropa ora è sepolta nellaCattedrale di Torino.Frasi celebri di Pier Giorgio Frassati

Durante la prima guerra mondialeviveva con dispiacere ed amarezza le tri-sti vicende. Ad una cameriera di casa, chegià aveva perso un fratello al fronte, ungiorno chiese: "Natalina, non darebbe leila vita per far cessare la guerra?". Alla

risposta negativa della giovane donna,con forza replicò: "Io sì che la darei,anche oggi stesso".

Un giorno ad un amico confidava:"Dopo l'affetto dei genitori e delle sorelle,uno degli aspetti più belli è quello dell'a-micizia; e io ogni giorno dovrei ringrazia-re Dio perché mi ha dato amici così buoniche formano per me una guida preziosaper tutta la vita. Quando ci troviamo difronte ad anime così belle non possiamonon riscontrare in esse un segno evidentedell'esistenza di Dio”.

Era affascinato dalla natura: "Vorreipassare intere giornate sui monti a con-templare in quell'aria pura la grandezzadel Creatore".

"Prima di tutto l'apostolato dell'e-sempio; noi cattolici dobbiamo far sì chetutta la nostra vita sia regolata dallalegge morale cristiana; poi l'apostolato dicarità, con l'andare in mezzo a coloro chesoffrono e confortarli, in mezzo ai disgra-ziati e dir loro una buona parola perché lareligione cattolica è basata sulla carità!Infine l'apostolato di persuasione, e que-sto è uno dei più belli ed è necessario;avvicinate, o giovani, i vostri compagni dilavoro che vivono lontani dalla Chiesa.Preghiera è la nobile supplica che noi ele-viamo al trono di Dio, è il mezzo più effi-cace per ottenere da Dio le grazie di cuiabbisogniamo e specialmente la forzadella perseveranza in questi tempi in cuil'odio dei figli del demonio si scatena furi-bondo sulle pecore fedeli all'ovile. Nel raccomandare la fervida preghiera ioannovero in questa tutte le pratiche dipietà, prima fra tutte la SantissimaEucaristia."

Pier Giorgio Frassati uscendo ungiorno dalla chiesa, dopo avere fatto lacomunione, teneva ancora in mano lacorona del Rosario. Sui gradini, fu incon-trato da un giovanotto conoscente: "Oh,Pier Giorgio, sei diventato bigotto?" "No!Sono rimasto cristiano!"la Redazione de “La Casa della Roccia”

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Come ogni anno, nella serata cheprecede la solennità dell’Annunciazione –quest’anno celebrata lunedì 4 aprile amotivo della coincidenza del 25 marzo conil Venerdì Santo – si è svolta la fiaccolatache, partendo da Santa Maria delle Grazie,ha raggiunto il Sacro Monte dove, dopo laMessa celebrata dal nostro prevosto donRoberto, si è ripreso il cammino verso lacappella che appunto ricorda l’annuncio aMaria. Già all’epoca del vescovo Bascapè –esattamente quattrocento anni fa – si hanotizia di una frequentazione della cappel-la la vigilia della festa da parte dei fedeliche vi giungevano a pregare. Una tradizio-ne quindi molto antica che, fino ad oggi,non è mai venuta meno.

Non tutti sanno però cheall’Annunciazione era stato dedicato, nelbel mezzo di Varallo, uno specifico luogo diculto, che sorgeva accanto al palazzo dellaVicinanza – attuale lato destro, guardandola Collegiata, di piazza Vittorio - presso lacosiddetta Caminata Varalli, cioè presso laporta d’ingresso a quella che era allora ilborgo di Varallo. La prima menzione di que-sto edificio la si trova nel testamento diAntonio Scarognini, del 30 marzo 1482 e fasupporre che l’oratorio fosse appunto statoeretto nella seconda metà del secolo XV. Iltestatore formula un legato a favore dellachiesa di quattro messe annue.

Più di un secolo dopo, durante ilquale è verosimile che vi siano stati realiz-zati lavori di sistemazione o ingrandimen-to, lo si trova descritto negli atti di visitadel vescovo Bascapè (1593). Era aperto datre lati e protetto da una cancellata e vicelebrava, in occasione delle feste maria-ne ed in giorno di sabato, un sacerdotedella nobile famiglia dei Draghetti, un talFrancesco.

Le annotazioni delle visite pastoralidel XVII secolo non descrivono la strutturama ricordano le suppellettili presenti. Lapala d’altare era costituita da un quadroraffigurante l’Annunciazione, affiancatoda due altri con figure di angeli mentre,

nel coro, due tele rappresentavano unalbero di cedro su di un monte ed un ulivo,evidenti simbologie mariane. Nel 1689 unarichiesta di don Alberto Reffo, cappellanodella chiesa, domanda la possibilità direstaurare il coro che è definito all’anticae quasi cadente. I lavori vennero eseguiti ela descrizione della visita del 1705, ricordal’altare da poco rinnovato.

Le vicende di questa chiesetta ini-ziano poi a farsi nebulose, al punto chenon se ne conosce neppure l’esatta data didemolizione; forse in seguito ai lavori perl’ampliamento settecentesco del vicinopalazzo o nel 1838, quando venne demoli-ta la porta della città. E’ ancora nominatanel catasto del 1785, ma non figura piùnella stampa dei Bordiga del 1796 che rap-presenta appunto una veduta di Varallo.Forse venne dismesso già intorno alla metàdel Settecento, con il cambiamento d’usodegli spazi, e nel catasto rimase solo l’an-tica denominazione del luogo.

Il titolo dell’Annunziata, i benefici eparte degli arredi furono trasferiti allachiesa di San Carlo, come ancora testimo-nia la scritta del portale d’ingresso ester-no allo scurolo della Collegiata – prove-niente appunto dalla dismessa chiesa dipiazza Boccioloni – e un quadro esistentenella parete destra della seconda cappellalaterale di Santa Maria delle Grazie.L’opera, anch’essa proveniente dalla chie-sa dedicata al Borromeo, rappresentainfatti il santo, in compagnia di San Rocco,in venerazione del misterodell’Annunciazione, presentato entro untondo (un quadro nel quadro) sostenuto dadue angeli.

Ulteriori notizie circa l’oratorio,con rimandi alle fonti documentarie, sipossono trovare in M. G. Cagna, La tra-sformazione urbanistica del borgo diVarallo: scomparsa e decadenza degli edi-fici di culto, in De Valle Sicida 1, 2007, pp.408 - 409.

don Damiano Pomi

L’ORATORIO DELL’ANNUNZIATA A VARALLO

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Elisabetta II, Regina di GranBretagna e dell'Irlanda, e dal 1533 Capodella Chiesa Anglicana che conta 25milioni di fedeli, primogenita del duca edella duchessa di York (che poi divente-ranno il re Giorgio VI e la reginaElisabetta), nasce a Londra il 21 aprile1926.

Cinque settimane più tardi, vienebattezzata nella cappella diBuckingham Palace con il nome diElisabetta Alessandra Maria.

La sua è un'infanzia assai stimo-lante e contrassegnata dall'approfondi-mento degli interessi più svariati: lette-ratura e teatro ma studia anche arte emusica; inoltre, impara ad andare acavallo fino a diventare un'eccellentecavallerizza.

All'età di soli diciotto anni divieneConsigliere di Stato, che in Inghilterra èuna figura assai importante, essendouna figura che affianca il re nelle deci-sioni importanti. Per fare pratica nellapolitica, incontra settimanalmente ilPrimo Ministro per discutere di impor-tanti decisioni circa gli affari delCommonwealth.

Durante la seconda guerra mon-diale si spende in prima linea facendopratica come soldato (con il ruolo disecondo tenente) nelle mansioni dell'e-sercito che prevedono l'utilizzo delledonne.

Impara però anche a guidare icamion, imparando fra l'altro a ripararei motori e a cavarsela in qualsiasi situa-zione o problematica che veda impiega-ti mezzi o autoveicoli.

Il 20 novembre del 1947 si sposafinalmente con un suo lontano cugino, ilDuca di Edimburgo Philip Mountbatten.

La principessa ha solo 21 anni maè già una donna matura e dal caratteredeciso e determinato. Ciò le sarà dinotevole aiuto, visto che da lì a poco, eprecisamente nel 1951, durante un viag-gio intorno al mondo (che prevedeva letappe più disparate, dal Kenyaall'Australia passando per il Canada), ilpadre re Giorgio VI muore ed Elisabettasi trova giocoforza catapultata su unodei troni più importanti del mondo, conalle spalle secoli di tradizione.

E' il 1952 e la nuova regina ha solo26 anni, la seconda guerra mondiale èda poco finita lasciando prostrata l'inte-ra Europa, non esclusa l'Inghilterra.

Anzi, il suo Paese ha dato un con-tributo fondamentale nel tener testaalle barbariche truppe naziste, che ten-tarono più volte di far capitolare ilpopolo anglosassone.

E' da segnalare fra l'altro che lasua incoronazione, che ha luogo il 2 giu-gno 1953, è il primo evento di quel tipoche ha goduto di una ripresa televisiva.

Alla cerimonia sono presenti tuttii rappresentati politici della GranBretagna, i primi ministri e i capi di

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ELISABETTA II, REGINA DEL REGNO UNITOE CAPO DELLA CHIESA ANGLICANA

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tutti i paesi del Commonwealth e i mag-giori rappresentanti di stati stranieri. Inquesto senso, già si può intravedere unsegno dell'enorme esposizione mediati-ca che contrassegnerà il regno dellafamiglia Windsor negli anni a venire.

Regina estremamente popolare,non risparmia la sua presenza in pubbli-co, con una devozione alla "causa" vera-mente encomiabile e molto apprezzatadai suoi sudditi. In termini di viaggi e spostamenti batte tutti i record delleprecedenti detentrici del tronod'Inghilterra.

Inoltre, sempre in linea con quan-to detto prima, la curiosità di cui èoggetto la famiglia regnante da un lato ècome se avesse smitizzato un universolontano e inavvicinabile, dall'altro ottie-ne però l'effetto benefico di avvicinarenotevolmente la famiglia reale allagente comune, in grado in questo mododi seguirne le gesta, gli amori e i com-portamenti.

Nel 1977 Elisabetta celebra ilGiubileo d'Argento, ossia il 25esimoanniversario della sua ascesa al trono,mentre nel 2002 solenni festeggiamenticelebrano i suoi50 anni con lacorona.

Sul pianos t r e t t a m e n t efamiliare, dalsuo matrimonionascono benquattro figli: ilnotissimo echiacchieratoPrincipe Carlo, ilPrincipe Andrea,la PrincipessaAnna e ilP r i n c i p eEdoardo.

Il 9 settembre 2015 supera il pri-mato di longevità sul trono che apparte-neva fino ad allora alla Regina Vittoria(oltre 63 anni di regno).

Il 21 aprile 2016 ha compiuto 90anni ed è stata festeggiata da tutto ilRegno Unito e dai capi di Stato del pia-neta.

La Regina (o Re) d’Inghilterra apartire dal lontano 1533, è ufficialmen-te Capo spirituale dell’Anglicanesimo; inquell’anno avvenne la frattura dellerelazioni tra re Enrico VIII e la gerarchiacattolica, dopo aver fatto pronunciaredall’arcivescovo Cranmer l’annullamen-to del matrimonio del Re con Caterinad’Aragona; in seguito si fece approvaredal Parlamento una serie di provvedi-menti che – rompendo le relazioni traInghilterra e Santa Sede (che non accet-tava questo annullamento matrimoniale)– sottomettevano interamente il cleroanglicano alla Corona d’Inghilterra.

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LOURDES PER I GIOVANI

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Lunedì 18 aprile, nella sala“moquettata” dell’Oratorio parrocchia-le di Sottoriva, dopo un breve momentodi preghiera, si sono svolte le consulta-zioni per l’elezione del nuovo Prioredella Confraternita del SS. Sacramento.

Con 15 voti ottenuti, è stato elet-to BrunoBrizzi, cheera in lizzacon l’altrocandidato,R e m oF a r i n o n eche hao t t e n u t o11 prefe-r e n z e .

Il nuovo Priore che entrerà incarica il giorno 16 maggio, Festa dellaMadonna Incoronata, abita aRoccapietra con la sua famiglia.

E’ stato eletto inoltre il nuovoConsiglio: vice-priore sarà RobertoFontana, segretario sarà invece BrunoCarmellino, maestro dei novizi MarioCasaccia e cassiere Francesco Pitocchi

(riconfermato).Al termine della consultazione dei

Confratelli, che hanno espresso le loropreferenze, è stato ringraziato il prioreuscente Mario Casaccia per il lavorointenso ed appassionato di questi lunghianni di priorato.

L’augurio rivolto al nuovo PrioreBruno Brizzi è di dedicarsi generosa-mente al cammino della Confraternitadel SS. Sacramento per farla crescere ematurare sempre più nell’unità e nellacomunione fraterna, pur tenendo contodelle diverse sensibilità presenti tra isuoi aderenti; le iniziative dellaConfraternita si esprimeranno semprecollaborando responsabilmente con ilprevosto di Varallo che ha la responsabi-lità pastorale dell’intera comunità cri-stiana e con le altre Associazioni cheoperano in ambito ecclesiale.

Attualmente i Confratelli chefanno parte della Confraternita del SS.Sacramento sono trentadue.

Il Prevosto,don Roberto

BRUNO BRIZZI, NUOVO PRIORE DELLA CONFRATERNITADEL SS. SACRAMENTO

ANAGRAFE PARROCCHIALESono stati portati al Sacro Fonte Battesimale:BOGNETTI FRANCESCO di Florindo e Medina AnnaritaZANETTI GLORIA di Roberto e Giannattasio AlessandraGIANNATTASIO JOELE di Angelisa

Sono ritornati alla Casa del Padre:ZASA CECILIA in ANTONINIBADINO ITALORUSSO PANTALEONECARRARA NINIBELLIA ALESSANDRO

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UNA SEMPLICE FIRMA PER DESTINAREIL “5 X MILLE” ALLA PARROCCHIA DI VARALLO

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La Collegiata tricolore con la gente

I bambini della nostra Scuola Primaria al Teatro Civico

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IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA A VARALLOALCUNE IMMAGINI PER RICORDARE…

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I Sindaci della Provincia di Vercelli

Il Presidente alla Madonna delle Grazie

Contemplando lo splendore della Parete Gaudenziana

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