PARLA MONSIGNOR FRANCESCO RAVINALE, VESCOVO...

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Le librerie sono ancora zeppe di volumi, ma lui assicura, ho già fat- to tanti scatoloni. Con me porterò solo l’essenziale, fra cui due copie delle “Confessioni di Sant’Ago- stino”. Siamo in via Carducci 50 a casa di monsignor Francesco Ra- vinale vescovo di Asti per 18 anni, tanti ne sono passati da quel lon- tano 2000 quando in una sentita cerimonia al Santuario di Oropa venne ordinato vescovo e poi ac- colto ad Asti. Un incarico che ha portato avanti con passione fino alla fine, al compimento dei 75 anni di età, il 17 aprile. Come da prassi allora è stato chiamato a ri- nunciare all’incarico pastorale; il 16 agosto è stato proprio lui a sve- lare alla comunità chi sarebbe sta- to il suo successore, annunciando la decisione del Santo Padre rica- duta su don Marco Prastaro. Ci accoglie con il solito sorriso. “Sto straordinariamente bene, calco- lando anche la mia età - scherza su- bito -. Emotivamente ero preparato, non è stata certo una sorpresa. Da 18 anni sapevo che sarebbe arrivato questo momento; la sorpresa vera è esserci arrivato!”. Monsignore, ha già deciso se rimanere ad Asti? “Inizialmente avevo progeato di tornare nel Biellese, dove sono nato, nel Santuario La Brughie- ra, dove 51 anni fa sono stato vi- ceparroco. Don Marco mi ha fao capire che avrebbe avuto piacere se mi fossi fermato qui. Subito ho deo no, poi, perché no? Così ora sto organizzando il trasloco a po- che centinaia di metri da qui (dal Vescovado, ndr) dalle Suore della Pietà, dove andrò a fare il pensio- nato”. Cosa farà allora? E’ vera la voce che lo vuole al Santuario della Madonna del Portone ret- to da qualche seimana da don Simone Unere? Non ho progei a riguardo. E’ venuto per me il tempo di concen- trarmi su ciò che nella vita è essen- ziale, sulla maggiore ricerca di Dio nella mia vita. L’essenziale quindi sono Dio e il prossimo. Già il tra- sloco mi sta obbligando a elimina- re il superfluo. Quello che voglio fare e ricercare Dio nella vita spi- rituale, salvandomi l’anima, e nel prossimo”. Lei è arrivato nel 2000. Come era allora la chiesa astigiana (e non solo) e come è oggi. Che cambiamenti ci sono stati? “La Chiesa non è mai cambiata. E’ sempre quella creata da Gesù. Piuosto sono cambiati il mondo, le culture, la società. In questo sen- so i cambiamenti da 18 anni a que- sta parte sono stati radicali nell’inten- dere, ad esempio, il conceo di famiglia. Allora ci si sposava e spesso si spendeva anche molto per le nozze - cosa che mi ha sempre preoccu- pato -. Ora il primo pensiero di una gio- vane coppia non è certo il matrimonio, ma piuosto la con- vivenza. Il percorso disgre- gazionale della fa- miglia era invece co- minciato ben prima del 2000, con il re- ferendum sul divor- zio. Senza cadere nel retorico, quando ero piccolo la più gran- de paura era che i genitori morissero, oggi invece i bam- bini temono la sepa- razione di mamma e papà che spesso pro- voca ferite emotive difficili da affrontare. Come adul- to, parlando ai giovani, mi sento di chiedere scusa per consegna- re nelle loro mani un mondo dove tuo è importante tranne il timo- re di Dio”. Proprio i giovani le sono sem- pre stati a cuore... “Ho cominciato il mio percorso alla guida della chiesa di Asti par- lando di Speranza (con la prima leera pastorale, ndr). Allora era un tema che mi toccava tanto. Nel 2007 poi è arrivata la crisi che an- che in me ha lasciato un solco pro- fondo; quest’anno ho deciso di chiudere il mio percorso con una leera dedicata ai giovani appun- to. Proprio ultimamente sono re- duce da due importanti e significa- tivi momenti che hanno coinvolto i ragazzi della Diocesi, la festa dei Chierichei e il pellegrinaggio fra Torino, Roma e Assisi in occasio- ne del Sinodo di oobre. Momenti di forte fede ma an- che di forte intensità umana. Pen- sate che proprio alla festa dei chie- richei un bambino mi si è avvici- nato chiedendomi “Perché si vive? Ecco, sono rimasto spiazzato da una domanda così profonda”. Giovani lo sono anche diversi sacerdoti. “Il dono più grande sono sta- ti 10 anni di Seminario Interdio- cesano che ha visto nascere e cre- scere insieme un gruppo di ragaz- zi oggi giovani sacerdoti con gran- di idee ed entusiasmo. Purtroppo la situazione non è più così rosea e aualmente abbiamo un solo se- minarista che sta studiando a To- rino.” La crisi vocazionale quindi persiste? “Le rispondo con delle numeri. Dal 2000 a oggi ho sepolto 85 sa- cerdoti e ne ho ordinati 12. Fortu- natamente la Diocesi ha fao an- che importanti acquisti all’estero, ma la crisi c’è stata”. Ha vissuto quasi 20 anni ad Asti, fra gli astigiani. Qual è il suo ricorso più bello e che comu- nità lascia? “Il momento più intenso e di sin- tesi anche di un percorso è stato il Congresso Eucari- stico che ho voluto fortemente orga- nizzare nel 2016”. E il momento più spiacevole? “Quello lega- to alla polemi- ca sull’alienazione dell’Oasi dell’Im- macolata. Anco- ra non ne ho capi- to il senso. Non ci è stato permesso di vendere un bene. Questioni eco- nomiche a parte, ora come è finita? Che l’Oasi è vuo- ta, piena di erbac- ce, quando invece poteva essere recu- perata”. In questi 18 anni sono state tante le questio- ni di vita sociale, non solo reli- giosa e di fede, affrontate da lei in prima persona. Dalla crisi della Way Assauto, all’emergen- za migranti. “O vivi un territorio o non lo vivi. La questione della Way As- sauto è stata determinante ed è di- pesa dal mancato indoo derivan- te dalla Fiat che ha causato la mag- giore problematicità che ho ri- scontrato ad Asti: la mancanza di lavoro”. E sulla questione migranti? “C’è ben poco da dire. E’ Gesù che ha tracciato il solco: “Ero fore- stiero e mi avete accolto, ero nudo e mi avete vestito, ero malato e mi ave- te curato”. La linea seguita dalla nostra Diocesi quindi arriva dalle fondamenta della Chiesa”. Si è tanto discusso anche sul- la concessione della chiesa di Santa Maria Nuova alla comuni- tà ortodossa. E’ pentito di que- sta scelta? “Assolutamente no. Negli anni 70-80 quando viceparroco era don Romano Serra nella Chiesa di Santa Maria Nuova venivano ce- lebrate 6 messe ogni domenica. Era una zona viva, ricca di nego- zi, con l’ospedale e anche la caser- ma. Quindi il bacino di fedeli era molto maggiore rispeo a oggi. La zona è pastoralmente servita da altre due Chiese e in aggiunta si è faa viva la necessità di una comu- nità che crede nell’unico vero Dio, il nostro, di avere un posto per riu- nirsi. Quindi la nostra è stata una scelta serena, seppure reversibile visto che è stato concesso un co- modato d’uso per 10 anni”. Lascia la guida della chiesa astigiana ma non Asti. “Sono contento; al mio arrivo la cià mi ha accolto molto bene perdonandomi anche qualche mio difeo, come quello di com- muovermi facilmente. La comuni- tà mi ha acceato così come ero e mi ha voluto bene. Sono contento di restare anche dal punto di vista pratico (e scoppia a ridere) perché non dovrò cambiare parrucchiere, medico, banca e confessore!”. Ha già incontrato il suo suc- cessore? “Come ho già deo alla cele- brazione in Caedrale sono cer- to che non appena lo incontrerete don Marco vi conquisterà. Abbia- mo trascorso due giorni insieme e sono sicuro che opererà al meglio per il bene della comunità. Il cam- mino della Chiesa astigiana con- tinua al di là delle facce e dei vol- ti, questo voglio dire a tui i fede- li astigiani”. > Stella Palermitani Gazzetta d’Asti | 31 agosto 2018 __________________ INFORMAZIONE RELIGIOSA ________________________________________ 15 PARLA MONSIGNOR FRANCESCO RAVINALE, VESCOVO DI ASTI PER 18 ANNI Mi concentrerò sull’essenziale: amare il prossimo e cercare Dio

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Le librerie sono ancora zeppe di volumi, ma lui assicura, ho già fat-to tanti scatoloni. Con me porterò solo l’essenziale, fra cui due copie delle “Confessioni di Sant’Ago-stino”. Siamo in via Carducci 50 a casa di monsignor Francesco Ra-vinale vescovo di Asti per 18 anni, tanti ne sono passati da quel lon-tano 2000 quando in una sentita cerimonia al Santuario di Oropa venne ordinato vescovo e poi ac-colto ad Asti. Un incarico che ha portato avanti con passione fi no alla fi ne, al compimento dei 75 anni di età, il 17 aprile. Come da prassi allora è stato chiamato a ri-nunciare all’incarico pastorale; il 16 agosto è stato proprio lui a sve-lare alla comunità chi sarebbe sta-to il suo successore, annunciando la decisione del Santo Padre rica-duta su don Marco Prastaro.

Ci accoglie con il solito sorriso. “Sto straordinariamente bene, calco-lando anche la mia età - scherza su-bito -. Emotivamente ero preparato, non è stata certo una sorpresa. Da 18 anni sapevo che sarebbe arrivato questo momento; la sorpresa vera è esserci arrivato!”.

Monsignore, ha già deciso se rimanere ad Asti?

“Inizialmente avevo progett ato di tornare nel Biellese, dove sono nato, nel Santuario La Brughie-ra, dove 51 anni fa sono stato vi-ceparroco. Don Marco mi ha fatt o capire che avrebbe avuto piacere se mi fossi fermato qui. Subito ho dett o no, poi, perché no? Così ora sto organizzando il trasloco a po-che centinaia di metri da qui (dal Vescovado, ndr) dalle Suore della Pietà, dove andrò a fare il pensio-nato”.

Cosa farà allora? E’ vera la voce che lo vuole al Santuario della Madonna del Portone ret-to da qualche sett imana da don Simone Unere?

Non ho progett i a riguardo. E’ venuto per me il tempo di concen-trarmi su ciò che nella vita è essen-ziale, sulla maggiore ricerca di Dio nella mia vita. L’essenziale quindi sono Dio e il prossimo. Già il tra-sloco mi sta obbligando a elimina-

re il superfl uo. Quello che voglio fare e ricercare Dio nella vita spi-rituale, salvandomi l’anima, e nel prossimo”.

Lei è arrivato nel 2000. Come era allora la chiesa astigiana (e non solo) e come è oggi. Che cambiamenti ci sono stati?

“La Chiesa non è mai cambiata. E’ sempre quella creata da Gesù. Piutt osto sono cambiati il mondo, le culture, la società. In questo sen-so i cambiamenti da 18 anni a que-sta parte sono stati radicali nell’inten-dere, ad esempio, il concett o di famiglia. Allora ci si sposava e spesso si spendeva anche molto per le nozze - cosa che mi ha sempre preoccu-pato -. Ora il primo pensiero di una gio-vane coppia non è certo il matrimonio, ma piutt osto la con-vivenza.

Il percorso disgre-gazionale della fa-miglia era invece co-minciato ben prima del 2000, con il re-ferendum sul divor-zio. Senza cadere nel retorico, quando ero piccolo la più gran-de paura era che i genitori morissero, oggi invece i bam-bini temono la sepa-razione di mamma e papà che spesso pro-voca ferite emotive diffi cili da aff rontare. Come adul-to, parlando ai giovani, mi sento di chiedere scusa per consegna-re nelle loro mani un mondo dove tutt o è importante tranne il timo-re di Dio”.

Proprio i giovani le sono sem-pre stati a cuore...

“Ho cominciato il mio percorso alla guida della chiesa di Asti par-lando di Speranza (con la prima lett era pastorale, ndr). Allora era un tema che mi toccava tanto. Nel 2007 poi è arrivata la crisi che an-

che in me ha lasciato un solco pro-fondo; quest’anno ho deciso di chiudere il mio percorso con una lett era dedicata ai giovani appun-to. Proprio ultimamente sono re-duce da due importanti e signifi ca-tivi momenti che hanno coinvolto i ragazzi della Diocesi, la festa dei Chierichett i e il pellegrinaggio fra Torino, Roma e Assisi in occasio-ne del Sinodo di ott obre.

Momenti di forte fede ma an-che di forte intensità umana. Pen-

sate che proprio alla festa dei chie-richett i un bambino mi si è avvici-nato chiedendomi “Perché si vive? Ecco, sono rimasto spiazzato da una domanda così profonda”.

Giovani lo sono anche diversi sacerdoti.

“Il dono più grande sono sta-ti 10 anni di Seminario Interdio-cesano che ha visto nascere e cre-scere insieme un gruppo di ragaz-zi oggi giovani sacerdoti con gran-di idee ed entusiasmo. Purtroppo la situazione non è più così rosea

e att ualmente abbiamo un solo se-minarista che sta studiando a To-rino.”

La crisi vocazionale quindi persiste?

“Le rispondo con delle numeri. Dal 2000 a oggi ho sepolto 85 sa-cerdoti e ne ho ordinati 12. Fortu-natamente la Diocesi ha fatt o an-che importanti acquisti all’estero, ma la crisi c’è stata”.

Ha vissuto quasi 20 anni ad Asti, fra gli astigiani. Qual è il

suo ricorso più bello e che comu-nità lascia?

“Il momento più intenso e di sin-tesi anche di un percorso è stato il Congresso Eucari-stico che ho voluto fortemente orga-nizzare nel 2016”.

E il momento più spiacevole?

“Quello lega-to alla polemi-ca sull’alienazione dell’Oasi dell’Im-macolata. Anco-ra non ne ho capi-to il senso. Non ci è stato permesso di vendere un bene. Questioni eco-nomiche a parte, ora come è fi nita? Che l’Oasi è vuo-ta, piena di erbac-ce, quando invece poteva essere recu-perata”.

In questi 18 anni sono state tante le questio-ni di vita sociale, non solo reli-giosa e di fede, aff rontate da lei in prima persona. Dalla crisi della Way Assauto, all’emergen-za migranti.

“O vivi un territorio o non lo vivi. La questione della Way As-sauto è stata determinante ed è di-pesa dal mancato indott o derivan-te dalla Fiat che ha causato la mag-giore problematicità che ho ri-scontrato ad Asti: la mancanza di lavoro”.

E sulla questione migranti?“C’è ben poco da dire. E’ Gesù

che ha tracciato il solco: “Ero fore-stiero e mi avete accolto, ero nudo e mi avete vestito, ero malato e mi ave-te curato”. La linea seguita dalla nostra Diocesi quindi arriva dalle fondamenta della Chiesa”.

Si è tanto discusso anche sul-la concessione della chiesa di Santa Maria Nuova alla comuni-tà ortodossa. E’ pentito di que-sta scelta?

“Assolutamente no. Negli anni 70-80 quando viceparroco era don Romano Serra nella Chiesa di Santa Maria Nuova venivano ce-lebrate 6 messe ogni domenica. Era una zona viva, ricca di nego-zi, con l’ospedale e anche la caser-ma. Quindi il bacino di fedeli era molto maggiore rispett o a oggi. La zona è pastoralmente servita da altre due Chiese e in aggiunta si è fatt a viva la necessità di una comu-nità che crede nell’unico vero Dio, il nostro, di avere un posto per riu-nirsi. Quindi la nostra è stata una scelta serena, seppure reversibile visto che è stato concesso un co-modato d’uso per 10 anni”.

Lascia la guida della chiesa astigiana ma non Asti.

“Sono contento; al mio arrivo la citt à mi ha accolto molto bene perdonandomi anche qualche mio difett o, come quello di com-muovermi facilmente. La comuni-tà mi ha accett ato così come ero e mi ha voluto bene. Sono contento di restare anche dal punto di vista pratico (e scoppia a ridere) perché non dovrò cambiare parrucchiere, medico, banca e confessore!”.

Ha già incontrato il suo suc-cessore?

“Come ho già dett o alla cele-brazione in Catt edrale sono cer-to che non appena lo incontrerete don Marco vi conquisterà. Abbia-mo trascorso due giorni insieme e sono sicuro che opererà al meglio per il bene della comunità. Il cam-mino della Chiesa astigiana con-tinua al di là delle facce e dei vol-ti, questo voglio dire a tutt i i fede-li astigiani”.

> Stella Palermitani

Gazzetta d’Asti | 31 agosto 2018 __________________ INFORMAZIONE RELIGIOSA ________________________________________ 15

PARLA MONSIGNOR FRANCESCO RAVINALE, VESCOVO DI ASTI PER 18 ANNI

Mi concentrerò sull’essenziale:amare il prossimo e cercare Dio