Leonardo Di Paola incontra Monsignor Albongo

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“Una rondine non fa primavera, un aereo per il Congo si”. Ambongo Fidolin Besungo è un aitante sacerdote, pardon... Monsignore, anzi: vescovo africano. Quando si pensa a un vescovo si immagina una persona anziana e paludata, invece il nostro presule è un giovane signore, elegante e raffinato sia nei modi che nel vestire, e parla un perfetto italiano. Gli amici che ci hanno presentato dicono che potrebbe essere lui uno dei futuri papabili. A sentire queste facezie lui si schernisce e ci ride sopra di gusto. Vive e svolge la sua missione pastorale nell’ex Congo Belga, già Zaire e ora Repubblica Democratica del Congo, dove gli hanno affidato prima una e poi, per l’efficacia della sua missione episcopale, una seconda Diocesi. La cosa che più ci ha colpito dei suoi racconti, e da qui nasce lo spunto per scrivere quest’articolo, è che per svolgere la sua missione pastorale è costretto a impiegare buona parte del suo tempo in estenuanti trasferimenti. Passa, infatti, 15 giorni al mese sui mezzi più disparati per muoversi fra Kinshasa e le sue diocesi. Dopo le distruzioni della guerra, i corsi d’acqua sono le principali vie di comunicazione. Il Congo, è stato una colonia belga dall’inizio del secolo scorso fino alla fine degli anni ’60. Grazie alle sue ricchezze, oculatamente gestite dai funzionari del Ministero Belga delle colonie, aveva raggiunto un elevato sviluppo economico e sociale ed era diventato una delle principali potenze agricole e industriali dell’Africa. Tanto per citare un punto d’eccellenza del paese basta ricordare che aveva raggiunto, all’epoca del dominio belga, il minor tasso di analfabetismo di tutto il continente africano e, oltre che per il sistema educativo elementare eccelleva, anche, per la sua organizzazione sanitaria. Tutto questo è durato fino a quando la macchina governativa è stata gestita, direttamente, dai funzionari coloniali del governo belga. Il Congo Belga è posto al centro del continente africano. Quando, dopo la seconda guerra mondiale, il mondo intero si è reso conto che il colonialismo non era più storicamente accettabile, anche il governo belga, seppure in ritardo, ha preso atto che la presenza in Congo non era più sostenibile ed ha aderito alle pressanti richieste d’indipendenza dei congolesi. Tutto questo però è successo senza che fosse avvenuto un graduale passaggio di consegne con il precedente regime coloniale e senza aver creato una benché minima classe dirigente locale in grado di gestire la pubblica amministrazione. I nuovi governanti assetati d’indipendenza e animati dall’ideologia, molto in voga in quel momento politico, del “tutto e subito” non si sono resi conto, che così facendo avrebbero portato il paese alla rovina. Al momento dell’indipendenza, su di un territorio grande 70 volte il Belgio e con una popolazione di circa 16 milioni di abitanti, c’erano in tutto poche decine di laureati locali e non c’era né un chirurgo in grado di operare né un pilota in grado di condurre un aereo. Rimpatriati gli ufficiali belgi, nell’esercito e nella polizia, i sergenti e i caporali 1

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Leonardo Di Paola e Monsognor Albonga si uniscono per il progetto " un aereo per il Congo"

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“Una rondine non fa primavera, un aereo per il Congo si”.

Ambongo Fidolin Besungo è un aitante sacerdote,

pardon... Monsignore, anzi: vescovo africano. Quando si

pensa a un vescovo si immagina una persona anziana e

paludata, invece il nostro presule è un giovane signore,

elegante e raffinato sia nei modi che nel vestire, e parla un

perfetto italiano. Gli amici che ci hanno presentato dicono

che potrebbe essere lui uno dei futuri papabili. A sentire

queste facezie lui si schernisce e ci ride sopra di gusto. Vive

e svolge la sua missione pastorale nell’ex Congo Belga, già

Zaire e ora Repubblica Democratica del Congo, dove gli

hanno affidato prima una e poi, per l’efficacia della sua

missione episcopale, una seconda Diocesi.

La cosa che più ci ha colpito dei suoi racconti, e da

qui nasce lo spunto per scrivere quest’articolo, è che per

svolgere la sua missione pastorale è costretto a impiegare

buona parte del suo tempo in estenuanti trasferimenti.

Passa, infatti, 15 giorni al mese sui mezzi più disparati per

muoversi fra Kinshasa e le sue diocesi.

Dopo le distruzioni della guerra, i corsi d’acqua sono le principali vie di

comunicazione.

Il Congo, è stato una colonia belga dall’inizio del

secolo scorso fino alla fine degli anni ’60. Grazie alle sue

ricchezze, oculatamente gestite dai funzionari del Ministero

Belga delle colonie, aveva raggiunto un elevato sviluppo

economico e sociale ed era diventato una delle principali

potenze agricole e industriali dell’Africa. Tanto per citare

un punto d’eccellenza del paese basta ricordare che aveva

raggiunto, all’epoca del dominio belga, il minor tasso di

analfabetismo di tutto il continente africano e, oltre che per

il sistema educativo elementare eccelleva, anche, per la sua

organizzazione sanitaria. Tutto questo è durato fino a

quando la macchina governativa è stata gestita,

direttamente, dai funzionari coloniali del governo belga.

Il Congo Belga è posto al centro del continente africano.

Quando, dopo la seconda guerra mondiale, il mondo

intero si è reso conto che il colonialismo non era più

storicamente accettabile, anche il governo belga, seppure in

ritardo, ha preso atto che la presenza in Congo non era più

sostenibile ed ha aderito alle pressanti richieste

d’indipendenza dei congolesi. Tutto questo però è successo

senza che fosse avvenuto un graduale passaggio di

consegne con il precedente regime coloniale e senza aver

creato una benché minima classe dirigente locale in grado

di gestire la pubblica amministrazione. I nuovi governanti

assetati d’indipendenza e animati dall’ideologia, molto in

voga in quel momento politico, del “tutto e subito” non si

sono resi conto, che così facendo avrebbero portato il paese

alla rovina.

Al momento dell’indipendenza, su di un territorio

grande 70 volte il Belgio e con una popolazione di circa 16

milioni di abitanti, c’erano in tutto poche decine di laureati

locali e non c’era né un chirurgo in grado di operare né un

pilota in grado di condurre un aereo. Rimpatriati gli ufficiali

belgi, nell’esercito e nella polizia, i sergenti e i caporali 1

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sono stati nominati ufficiali e la stessa cosa è avvenuta in

tutte le amministrazioni civili e nelle attività produttive a

seguito dell’espulsione dei funzionari e dei tecnici stranieri.

In assenza di una struttura amministrativa, nel giro

di pochi anni, lo Stato si dissolve facendo entrare il paese

nel caos, di conseguenza scoppia la guerra civile che lascia

il paese in mano all’anarchia e al degrado che sono

all’origine dei gravi conflitti etnici e religiosi, a tutti ben

noti perché episodi recenti di cronaca.

Tutto quello che di buono era stato fatto dal

colonialismo (nella fattispecie infrastrutture: ospedali,

scuole, strade, ponti, ferrovie etc.) è andato distrutto e si è

tornati a una situazione tribale certamente peggiore di

quella del periodo pre-coloniale.

Quello che è successo nella vita civile non è

avvenuto nella Chiesa cattolica, molto radicata nel

territorio, e i religiosi, che avevano provveduto a formare

nel tempo numerose suore e sacerdoti, si sono trovati nella

condizione di poter supplire ad alcune delle carenze dello

Stato e sono diventati indispensabili soprattutto nei settori

dell’educazione e della sanità.

Inquadrata la situazione socio-politica del paese in

cui opera il nostro vescovo, torniamo ai suoi impegni

pastorali e ai gravi disagi che egli deve affrontare

mensilmente per spostarsi per la sua missione, e che sono

all’origine del nostro incontro.

La prima Diocesi che gli è stata affidata, quando

aveva appena compiuto i quarantaquattro anni, è quella di

Bakungu-Ikela che era vacante da nove anni a seguito della

guerra civile. Tale Diocesi si trova nella provincia

dell’Equater e si estende su di un territorio di 42.000 kmq,

interamente coperti da foresta tropicale, con una

popolazione di 617.000 abitanti. Nel 2008 monsignor

Ambongo, per l’efficienza dimostrata nella gestione della

sua prima Diocesi, è nominato dal Vaticano

Amministratore Apostolico del distretto episcopale di Kole,

Questa nuova diocesi ha un’estensione di 66.000 kmq che

sommati a quella della prima coprono delle superfici pari a

un terzo del territorio italiano.

Monsignor Ambongo durante la sua recente visita a Roma.

Il Prelato, di cui stiamo tracciando il profilo, è nato a

Boto nel 1960, è un frate Minore Cappuccino, è stato

ordinato sacerdote nel 1988, monsignore dieci anni dopo e

vescovo nel 2004. Si è laureato in Teologia Morale presso

L’Alfonsianum di Roma ed è stato Provinciale dei Frati

Minori Cappuccini di tutta l’Africa. Per entrare nel concreto

dei suoi problemi logistici prendiamo il tragitto di 1.550 km

per raggiungere la diocesi di Bakungu-Ikela dalla capitale

Kinshasa che avviene con il seguente itinerario: volo aereo

fino a Mbandaka, da lì tragitto in battello sul fiume

Tshuapa, poi in piroga su un suo affluente per concludersi

in moto o camion su piste disastrate. In termini di tempo 10

giorni di viaggio, salvo complicazioni, a fronte di una spesa

di circa 5.000 $.

Per quanto riguarda le complicazioni, l’uso del

termine è un eufemismo, perché come abbiamo detto in

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Congo, nonostante la guerra civile sia finita da qualche

tempo, ancora oggi la situazione è tutt’altro che pacificata

le truppe ribelli hutu-ruandesi continuano a perpetuare

innumerevoli atti di violenza a scapito delle, inermi,

popolazioni locali.

Gli amici, che ci hanno presentato Monsignor Ambongo,

sono dei missionari laici della comunità “Amici del Buon

Pastore” della Fraternità Missionaria OPAM, che lo

sostengono nel suo ministero pastorale. Hanno letto, quasi

per caso, un prospetto di UNICA, Unione Nazionale

Italiana Comparto dell’Aviazione privata da diporto e

sportiva, nella quale erano descritte le potenzialità del volo

VDS e la sua possibilità di diventare una valida alternativa

alla mobilità su ruote, soprattutto, nei paesi dalle grandi

dimensioni o in quelli caratterizzati da situazioni territoriali

estreme e da carenze di infrastrutture. In particolare sono

rimasti colpiti dall’ovvia, ma espressiva, riflessione che a

parità di costo un km di strada non porta da nessuna parte,

mentre, un km di pista collega con tutto il mondo. Questo

confronto, traslato in una realtà territoriale e infrastrutturale

come quella del Congo, li ha molto colpiti ed essendo

digiuni sull’argomento, hanno preso contatto UNICA per

verificare la possibilità di realizzare gli spostamenti di

Monsignor Ambongo con l’ausilio di un velivolo

ultraleggero. Saputo che non c’era niente di ostativo a

livello tecnico hanno chiesto di poter essere messi in

contatto con una struttura operativa aeronautica per capire

come funziona la filiera del volo. Trovandosi a Roma sono

stati indirizzati verso il polo aeronautico della Celsetta, a

ridosso della Cassia Bis, a pochi km dalla capitale, dove

avrebbero potuto visionare un’aviosuperficie con annessi

hangar per il rimessaggio dei velivoli, un’officina per la

manutenzione, una scuola di volo, e alcune strutture

produttive e di servizi operanti nel settore aereonautico.

Dopo una giornata di full immersion alla “Celsetta”,

dopo aver volato e provato a pilotare, avevano capito

quanto gli serviva e di aver trovato una vera soluzione ai

problemi logistici che condizionano non solo il nostro

vescovo e i tanti missionari che operano in questi paesi

sottosviluppati. ma anche degli operatori, pubblici e privati,

che esplicano le loro attività nel terzo mondo.

Veduta dall’alto della torre di controllo dell’avio superficie la Celsetta.

Con un velivolo VDS, tanto meglio se anfibio,

infatti, il percorso da Kinshasa a Bokungu, alla velocità di

crociera di 150 l’ora e con un consumo medio di 18/20

litri/ora, si può percorrere, a tappe, in meno di una giornata

con una spesa di circa 300 $.

Passate poche settimane da questo incontro, gli

“Amici del Buon Pastore” comunicano la visita a Roma,

per andare alla Celsetta, di Monsignor Ambongo.

Partecipare il privilegio di volare agli altri è un

piacere che in generale gratifica, nel caso particolare di

Monsignor Ambongo è stato un dovere morale. Quando è

sceso dopo il primo volo alla Celsetta era commosso e

felice di poter essere, in futuro, più vicino alla sua gente.

E’ storicamente provato che le vie di comunicazione

hanno contribuito alla diffusione dello sviluppo tecnologico

e che la civiltà romana ha conquistato il mondo grazie alle

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Monsignor Ambongo dopo il suo primo volo a bordo di un Savannah.

strade e ai ponti costruiti dai genieri al seguito delle legioni

imperiali.

L’intuito dimostrato dagli “Amici del Buon

Pastore”, nel capire che i velivoli ultraleggeri possono

supplire alle carenze infrastrutturali e alleggerire i disagi

logistici di Monsignor Ambongo, dovrebbe stimolare la

nostra industria aereonautica del VDS, una delle eccellenze

del made in Italy, a sdoganare questa tipologia di volo,

Un velivolo ICP Savannah anfibio con i galleggianti prodotti dalla ditta SIV

dall’ormai ristretta nicchia di mercato “ludica da diporto e

sportiva” per aprire nuovi ed inimmaginabili mercati nei

paesi del terzo mondo.

Abbiamo esordito titolando “una rondine non fa

primavera…” ma dieci, cento, mille e più velivoli

ultraleggeri, messi a sistema, potrebbero contribuire a

risolvere tanti problemi di comunicazione nei paesi

sottosviluppati. Per cominciare, però, s’inizia da uno e da

qui nasce il primo progetto “un aereo per il Congo”.

Affascinati dalle potenzialità promozionali di

quest’opportunità di solidarietà, senza indugi, alla Celsetta,

hanno organizzato una cordata coinvolgendo alcuni soci di

Il polo aeronautico della Celsetta, sulla Cassia Bis, a nord di Roma.

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UNICA per trasformare il sogno degli “Amici del Buon

Pastore” in una concreta realtà.

La MAG & c. di Michelangelo Antonelli, fra i soci

fondatori di UNICA, società d’ingegneria aeronautica

insediata alla Celsetta, si assume l'onere di fare da capofila

al progetto. All’appello rispondono, prontamente, non solo

gli amici Nazzarri del polo aeronautico della Celsetta, e

Giuseppe Gabbi direttore della “Scuola di Volo Volare”,

ma anche Edy Razzano guru della meccanica e titolare

dell’ICP che produce il Savannah, un aereo molto adatto

all’iniziativa essendo non solo robusto e versatile, ma

anche trasformabile in versione anfibia; il dottor Luciano

Sorlini, raffinato collezionista d’arte e storico pilota,

importatore, con una delle sue tante società, dei motori

Rotax; e per finire la ditta S.I.V. guidata dal direttore della

Scuola Italiana di Volo Graziano Mazzolari, che produce i

galleggianti per rendere anfibio il Savannah.

“In un batter d’ali”, grazie alla generosità di alcuni

operatori privati, che hanno fatto da apri pista, parte il

primo progetto - ci auguriamo primo di una lunga serie -

promosso da UNICA per il Congo e poi per tutta l’Africa.

La Celsetta srl fornirà l’ospitalità per la

permanenza in Italia del frate futuro pilota/manutentore, la

scuola di volo Volare la formazione per conseguire

l’attestato di volo, l’I.C.P. e la Scuola Italiana di Volo i kit

per costruire l’aereo anfibio e la Sorlini la motorizzazione

Rotax. A tutto il resto (pratiche, viaggio, trasferimenti,

formazione tecnica del futuro frate/meccanico manutentore,

montaggio del velivolo, e fornitura degli accessori)

provvederà la MAG & c.

Monsignor Ambongo, per non sfatare la sua fama di uomo

d’azione, sceglie fra i suoi confratelli Cappuccini un frate

volontario, fra Victor Ayeky Lowage, classe 1972, esperto

di meccanica e appassionato di volo che diventerà il primo

pilota /manutentore della sua Diocesi.

Già sono iniziate le pratiche per il visto e il permesso

di soggiorno provvisorio per farlo venire a Roma per

prendere l’attestato di volo e a imparare tutto quello che è

necessario per la manutenzione dell’aereo e del motore.

Può sembrare un miracolo ma non lo è: anche la

solidarietà può diventare un business, infatti; dieci, cento

velivoli, mille e più proficuamente operanti in questi paesi

in via di sviluppo, oltre ad aiutare molte persone in

difficoltà possono servire a creare nuove e inimmaginabili

opportunità commerciali e sbocchi di mercato per i nostri

velivoli.

Chi vuole partecipare a questo progetto di solidarietà si

faccia avanti, una rondine non fa primavera, ma dieci,

cento, mille si.

Per UNICA Leonardo Di Paola

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