Parecchie volte đ/6 - MATMEDIA.ITNicolas Oresme Fleury-sur-Orne, 1323 â Lisieux, 11 luglio 1382...
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Parecchie volte đ2/6
Prof. Luigi Verolino
UniversitĂ Federico II di Napoli
Dipartimento di Ingegneria Elettrica e delle Tecnologie dellâInformazione
Via Claudio, 21 [80125] Napoli
Risolvere il problema di Basilea vuol dire riuscire a determinare il valore della
serie dei reciproci dei quadrati, precisamente a dimostrare che
â1
đ2
â
đ=1
=đ2
6 .
Esso fu posto per la prima volta da Pietro Mengoli e divenne famoso quando Jakob
Bernoulli ne scrisse nel 1689. Jakob era il fratello di Johann Bernoulli, insegnante
di Eulero, che probabilmente lo mostrĂČ ad Eulero stesso. Fu cosĂŹ che il problema
divenne conosciutissimo tra i matematici ed Ăš dunque comprensibile che Eulero
divenne famoso quando lo risolse a soli ventotto anni.
La differenza tra il poeta ed il matematico Ăš che il poeta cerca di infilare la testa nel
cielo, mentre il matematico cerca di infilare il cielo nella sua testa.
Gilbert Keith Chesterton
Londra, 29 maggio 1874 â Beaconsfield, 14 giugno 1936
2
Introduzione
Basilea Ăš una cittĂ situata nella Svizzera nord-occidentale, lungo unâansa del fiume
Reno al confine con Francia e Germania. Ă un importante centro industriale del
settore chimico e farmaceutico e costituisce lâultimo porto fluviale accessibile ai
natanti da trasporto di grandi dimensioni provenienti dal Mare del Nord. Ospita
la piĂč vecchia universitĂ svizzera, fondata nel 1459, in cui hanno lavorato ed
insegnato, seppure in tempi diversi, Erasmo da Rotterdam, Paracelso, diversi
membri della famiglia Bernoulli, Leonardo Eulero e Friedrich Nietzsche. PiĂč
recentemente, Basilea ha acquisito un certo rilievo per il lavoro sviluppato sulla
medicina tropicale. La cittĂ Ăš rinomata per il suo carnevale, per la manifestazione
di arte contemporanea denominata Art Basel e per la piĂč importante fiera di
orologi e preziosi a livello mondiale.
Basilea, con oltre centosettantamila abitanti, rappresenta la terza cittĂ svizzera
per popolazione, dopo Zurigo e Ginevra.
Risolvere il problema di Basilea vuol dire determinare il valore a cui tende la
somma degli inversi di tutti i quadrati dei numeri naturali, cioĂš la somma della
serie
đ = â1
đ2
â
đ=1
= 1 +1
22+
1
32+ ⯠.
3
Si osservi che le prime tre somme parziali valgono
đ1 = 1 , đ2 = 1 +1
4=
5
4= 1.25 , đ3 = 1 +
1
4+
1
9=
49
36= 1.361
e tanto basta per dimostrare che il valore numerico a cui tende la serie supera
lâunitĂ , per cui
đ > 1 .
Pietro Mengoli
Bologna, 1626 â Bologna, 7 giugno 1686
Il problema di Basilea Ăš un problema ben conosciuto dagli analisti: fu proposto
per la prima volta da Pietro Mengoli, un matematico universitario bolognese
piuttosto conservatore, solo da poco riscoperto ed apprezzato. StudiĂČ Matematica
all'UniversitĂ di Bologna, sotto la guida di Bonaventura Cavalieri, cui subentrĂČ nel
ruolo di docente a partire dal 1648. Due anni piĂč tardi, nel 1650, ottenne il
4
dottorato in filosofia, sempre presso l'UniversitĂ di Bologna, e nel 1653 riuscĂŹ a
conseguirne uno in legge civile e canonica. Alcune sue importanti scoperte ebbero
una certa qual risonanza europea, sebbene venissero esposte in un latino
piuttosto astruso ed incomprensibile. A fianco degli studi matematici, perseguĂŹ
anche la carriera ecclesiastica, venendo ordinato sacerdote: a partire dal 1660, fu
il parroco di Santa Maria Maddalena a Bologna.
Leonardo Eulero
Basilea, 15 aprile 1707 â San Pietroburgo, 18 settembre 1783
Eulero, che era nato a Basilea, iniziĂČ molto giovane a meditare su questo
problema, con il quale si confrontĂČ da vari punti di vista. In un primo lavoro,
pubblicato nel 1731, egli ottenne unâapprossimazione numerica di đ, migliore di
quelle ottenute per calcoli diretti, sommando un gran numero di termini. Qualche
anno dopo, precisamente nel 1735, allâetĂ di ventotto anni, riuscĂŹ ad ottenere la
somma. Si trattava di un risultato sorprendente, dato che il problema aveva
resistito agli attacchi dei piĂč grandi matematici dellâepoca.
5
Tuttavia, le considerazioni proposte da Eulero erano basate su passaggi non
completamente chiari, poichĂ© talvolta lâestro dei matematici geniali, sottoposto al
severo vaglio della comunitĂ degli studiosi, Ăš fonte di polemiche ed
incomprensioni. Pur avendo fornito quattro dimostrazioni nel corso degli anni,
probabilmente nessuna di esse, tranne forse lâultima, oggi sarebbe accettata come
completamente rigorosa: tuttavia, lo slancio intellettuale di Eulero nella
risoluzione di questo problema Ăš davvero mirabile e merita di essere ripercorso.
BisognerĂ nondimeno attendere fino al 1741 per una dimostrazione rigorosa.
Oggi Ăš ben noto che la somma della serie proposta Ăš un numero irrazionale e,
parafrasando lo stesso Eulero, si puĂČ affermare che sei volte la somma di questa
serie Ăš uguale al quadrato della lunghezza della circonferenza di un cerchio di
diametro unitario, vale a scrivere
6đ = đ2 â đ =đ2
6â 1.6449340668 .
Eulero Ăš una figura chiave della Matematica del Settecento: Ăš con molta
probabilitĂ il piĂč grande fisico teorico del secolo e dovrebbe essere accostato ad
Archimede, Newton e Gauss. Quando Johann Bernoulli venne a conoscenza del
successo di Eulero, commentĂČ: «E cosĂŹ viene soddisfatto lâardente desiderio di mio
fratello che, rendendosi conto che la ricerca di tale somma era piĂč difficile di
quanto si sarebbe potuto pensare, confessava apertamente che tutti i suoi ferventi
sforzi erano stati vani».
Ă interessante notare che la serie di Basilea non Ăš poi molto diversa dalla serie
armonica; ogni termine Ăš il quadrato del termine corrispondente nella serie
armonica e, se si calcola il quadrato di un numero positivo inferiore allâunitĂ , si
ottiene un numero ancora piĂč piccolo: ad esempio, il quadrato di un mezzo Ăš un
quarto, che Ăš piĂč piccolo di un mezzo. Minore Ăš il numero di partenza, piĂč evidente
Ăš lâeffetto: un quarto Ăš solo di poco piĂč piccolo di un mezzo, ma il quadrato di un
decimo Ăš un centesimo, che Ăš molto piĂč piccolo di un decimo. Comunque, come
6
per ogni serie numerica che si rispetti, Ăš necessario iniziare a studiarne la
convergenza, un compito che puĂČ essere assolto in modi assai diversi, come verrĂ
diffusamente mostrato in quel che segue.
La convergenza
Allâepoca di Eulero era ben noto, grazie ad una dimostrazione elaborata nel tardo
Medioevo, verso il 1350, dal monaco francese Nicolas Oresme, matematico, fisico,
astronomo ed economista, poi vescovo di Lisieux, che la serie armonica era
divergente.
Nicolas Oresme
Fleury-sur-Orne, 1323 â Lisieux, 11 luglio 1382
Si sapeva, dunque, che la serie
â1
đ
â
đ=1
= 1 +1
2+
1
3+ ⯠= â
7
era divergente. Si tratta di un risultato che per essere ottenuto richiese un grosso
sforzo intellettuale, dato che non Ăš facile convincersi della divergenza di questa
serie solo con esperimenti numerici. La serie Ăš detta armonica, dato che ogni suo
termine Ăš la media armonica del termine che lo precede e di quello che lo segue,
essendo il suo inverso pari alla media aritmetica degli inversi dei due numeri
considerati.
Lâidea di base, per dimostrar la divergenza della serie armonica, Ăš raggruppare, in
maniera opportuna, gli addendi, in modo che
â1
đ
â
đ=1
= 1 +1
2+ (
1
3+
1
4) + (
1
5+
1
6+
1
7+
1
8) + ⯠= 1 +
1
2+
7
12+
533
840+ ⯠.
Si nota che, dopo il terzo, ogni nuovo addendo, cosĂŹ raggruppato, Ăš sempre
maggiore di 1/2, sicché
â1
đ
â
đ=1
> 1 +1
2+
1
2+
1
2+ ⯠.
Dalla divergenza dellâultima serie scritta a destra, segue altresĂŹ la divergenza della
serie armonica. La somma parziale đ âesima di questa serie Ăš il cosiddetto
numero armonico di ordine đ
đ»(đ) = â1
đ
đ
đ=1
= 1 +1
2+ ⯠+
1
đ â 1+
1
đ .
Nonostante ciascuna di tali somme si ottenga dalla precedente addizionando un
termine via via piĂč piccolo e convergente a zero, la successione delle somme
stesse, cioĂš la serie armonica, come si Ăš mostrato, diverge positivamente.
8
Anche Mengoli produsse una dimostrazione della divergenza della serie armonica
e si tenga presente che, se si alternano secondo una data legge i segni dei diversi
addendi, la serie armonica puĂČ convergere. Ad esempio, una serie convergente,
basata sulla serie armonica, con correzione dei segni, fu trovata da Eulero nel
1748 e fornisce una rappresentazione di đ
đ = 1 +1
2+
1
3+
1
4â
1
5+
1
6+
1
7+
1
8+
1
9â
1
10+
1
11+
1
12â
1
13+ ⯠,
laddove i segni si determinano con il criterio che segue:
il numero 2 ha segno positivo;
i numeri primi della forma 4đ â 1 hanno segno positivo;
i numeri primi della forma 4đ + 1 hanno segno negativo;
per i numeri composti il segno Ăš il prodotto dei segni dei singoli fattori.
Tuttavia, non Ăš troppo sperare che la serie di Basilea, composta di termini sempre
piĂč piccoli, se confrontati con quelli dellâarmonica, converga. Il calcolo suggerisce
che Ăš effettivamente cosĂŹ ed i primi ricercatori iniziarono a determinare a mano
alcune somme parziali
đđ = â1
đ2
đ
đ=1
con đ â„ 1 .
La successione di queste somme parziali, come giĂ detto, parte da đ1 = 1 e cresce
in maniera monotona, dato che
đđ+1 = đđ +1
(đ + 1)2> đđ per đ â„ 1 .
9
Le somme parziali dei primi dieci, cento, mille, diecimila termini, troncate a
cinque decimali, sono riportate nella tabella precedente, allo scopo di mostrare
quanto sia lenta la convergenza, se risulta verificata, della serie. Sembra proprio
che la serie converga a un qualche numero compreso tra 1.644 e 1.645.
đ 10 100 1000 10000
đđ 1.54977 1.63498 1.64393 1.64483
Ma verso quale numero tende la serie?
In situazioni del genere, i matematici non si accontentano di ottenere solo
unâapprossimazione, soprattutto quando la serie in esame converge piuttosto
lentamente, come in questo caso: la somma dei primi diecimila termini differisce
solo dello 0.006% dalla somma infinita. La risposta Ăš forse una frazione o qualcosa
di piĂč complicato, magari con una radice quadrata oppure una radice quinta. Un
profano potrebbe pensare che sia sufficiente conoscere una mezza dozzina di
decimali, ma i matematici vogliono conoscere esattamente il numero a cui
converge la serie. Fanno cosĂŹ non solo perchĂ© sono bizzarri fino allâossessione, ma
perchĂ© sanno per esperienza che ottenere quel valore esatto puĂČ aprire porte
inaspettate, gettando nuova luce sulla Matematica sottostante. Il termine tecnico
matematico, usato per indicare questa rappresentazione esatta di un numero, Ăš
forma chiusa. Una semplice approssimazione decimale, per quanto buona, Ăš
comunque una forma aperta, come Ăš il numero
1.6449340668 ⯠.
Si osservino con attenzione i tre puntini finali: essi dicono che il numero Ăš aperto
allâestremitĂ destra e, volendo, si puĂČ sempre pensare di calcolare qualche cifra in
piĂč. Questo era dunque il problema di Basilea: trovare una forma chiusa per la
serie dei quadrati reciproci, un problema che, come si Ăš giĂ avuto modo di
10
osservare, venne risolto nel 1735, quarantasei anni dopo il suo enunciato, dal
giovane Eulero, che lavorava duramente a San Pietroburgo.
Prima perĂČ di esaminare come Eulero lo risolse, Ăš opportuno discutere la
convergenza delle somme parziali, dimostrando, come richiesto ad esempio nel
secondo quesito alla Scuola Normale Superiore di Pisa nel 1992 per lâammissione
alle classi di Chimica e Biologia, che la somma
đđ = 1 +1
22+
1
32+ ⯠+
1
đ2
Ăš minore di 2, quale che sia lâintero positivo đ. Per provare questa affermazione,
si puĂČ procedere almeno lungo tre direttrici parallele.
đ Una prima strada parte dalla considerazione che
đ(đ â 1) < đ2 < đ(đ + 1) per đ â„ 2 ,
che consente di scrivere
1 + â1
đ(đ + 1)
đ
đ=2
< đđ = â1
đ2
đ
đ=1
< 1 + â1
đ(đ â 1)
đ
đ=2
per đ > 1 .
Ora, le due sommatorie limitanti, superiormente ed inferiormente, si possono
facilmente calcolare, essendo somme telescopiche di Mengoli
â1
đ(đ + 1)
đ
đ=2
= â (1
đâ
1
đ + 1)
đ
đ=2
=1
2â
1
đ + 1 ,
â1
đ(đ â 1)
đ
đ=2
= â (1
đ â 1â
1
đ)
đ
đ=2
= 1 â1
đ .
11
Si conclude allora che
3
2â
1
đ + 1< đđ < 2 â
1
đ< 2 per đ â„ 2 ,
cioĂš esistono un maggiorante ed un minorante per la successione delle somme
parziali e che, pertanto, la serie converge.
Vale la pena notare che le due disuguaglianze appena scritte possono essere
facilmente ottenute ed interpretate anche per mezzo del calcolo integrale.
Precisamente, utilizzando il cosiddetto criterio dellâintegrale, si possono scrivere
le limitazioni per le somme parziali
1 + â«đđ„
(đ„ + 1)2
đ
1
đđ„ =3
2â
1
đ + 1< đđ < 1 + â«
đđ„
đ„2
đ
1
= 2 â1
đ< 2 ,
come Ăš possibile convincersi osservando la figura che segue, in cui sono state
rappresentate le funzioni
đŠ =1
đ„2 [linea blu] , đŠ =
1
(đ„ + 1)2 [linea rossa] .
I rettangoli colorati riproducono i primi termini della serie: essi hanno sempre
una base di lunghezza unitaria ed unâaltezza variabile, che si ottiene campionando
le due funzioni, rispettivamente nellâestremo inferiore e nellâestremo superiore di
ciascun intervallo. In particolare, per il primo intervallo risulta đŽ1 = 1, mentre per
il secondo si ha che a đŽ2 = 1/4. Ripetendo piĂč volte questo ragionamento, Ăš
evidente che si ottiene il risultato riportato, cioĂš che la somma risulta sempre
confinata tra le aree rappresentate dalle aree sottese dalle due funzioni.
12
đ La seconda maniera di provare la convergenza della serie di Basilea si basa
sullâosservazione che una frazione contenente una potenza di due puĂČ essere
sostituita a ciascuna frazione non contenente una potenza di due. Si puĂČ, ad
esempio, scrivere
1
32<
1
22 ,
1
52<
1
42 .
In tal modo, si ottiene una serie che ha somme parziali sempre superiori alla serie
data, vale a scrivere
đ = â1
đ2
â
đ=1
< 1 +1
22+
1
22+
1
42+
1
42+
1
42+
1
42+
1
82+
1
82+ ⯠.
Sommando i termini simili, si ottiene
đ < 1 +2
22+
4
42+
8
82+
16
162+ ⯠,
cioĂš una serie geometrica di ragione â = 1/2, per cui risulta
13
đ < 1 +1
2+
1
22+
1
23+
1
24+
1
25+ ⯠= â
1
2đ
â
đ=0
=1
1 â12
= 2 .
đ Essendo inefficaci, per la serie in esame sia il criterio del rapporto che quello
della radice, si puĂČ pensare si utilizzare il criterio dovuto al matematico svizzero
Raabe, il quale, nato da genitori abbastanza poveri, fu costretto a guadagnarsi da
vivere sin da molto piccolo dando lezioni private. PortĂČ diversi contributi al
calcolo infinitesimale e studiĂČ anche alcune questioni di Astronomia. Ă anche
conosciuto per lâintegrale della funzione gamma
â« log Î(đĄ)đ+1
đ
đđĄ =1
2log(2đ) + đ log đ â đ , đ â„ 0 .
Joseph Ludwig Raabe
Brody (Galizia), 15 maggio 1801 â Zurigo, 22 gennaio 1859
Per la generica serie a termini positivi
14
đŽ = â đđ
â
đ=1
,
introdotto il limite
đż = limđââ
[đ (đđ
đđ+1â 1)] ,
il criterio di Raabe stabilisce che si possono presentare le tre situazioni:
1) se đż > 1, allora la serie converge,
2) se đż < 1, allora la serie diverge,
3) se đż = 1, nulla si puĂČ concludere sul comportamento della serie.
Per la serie di Basilea, essendo il generico addendo positivo ed pari a đđ = 1/đ2,
si puĂČ scrivere che
đż = limđââ
[đ (đđ
đđ+1â 1)] = lim
đââ[đ
(đ + 1)2
đ2â đ] = lim
đââ(
2đ + 1
đ) = 2 > 1
e concludere che la serie converge.
In definitiva, si puĂČ die che si Ăš pervenuti, in diverse maniere, alla conclusione che
la serie di Basilea converge e che il suo valore numerico Ăš compreso tra i due
estremi
3
2< đ < 2 .
Con gli estremi cosĂŹ trovati si puĂČ determinare una stima piuttosto grossolana del
valore della serie e soltanto considerazioni piĂč raffinate, che stanno per essere
15
sviluppate, consentiranno di ottenere una migliore approssimazione e poi il
valore esatto.
La velocitĂ di convergenza
Dopo aver dimostrato in diverse maniere che la serie di Basilea Ăš convergente,
sorge spontanea la domanda successiva: quanto velocemente la successione delle
somme parziali tende al valore limite?
Se si riporta in un grafico, come quello della figura che segue, lâandamento delle
prime duecento somme parziali, ad esempio, ci si rende immediatamente conto di
essere ancora piuttosto lontani dal valore asintotico previsto: ciĂČ indica una certa
lentezza nella convergenza della serie. Per comprendere appieno quanto appena
detto, Ăš necessario stimare la differenza
đ â đđ =đ2
6â đđ = â
1
đ2
â
đ=đ+1
= đ đ đ â â ,
ovverosia determinare la successione dei resti đ đ.
16
Ottenere questa stima Ăš molto semplice, se si utilizza la tecnica del confronto con
lâintegrale, peraltro giĂ usata in precedenza. Si puĂČ arrivare ai due limiti, superiore
ed inferiore, per il resto, scrivendo che
â«đđ„
đ„2
â
đ+1
=1
đ + 1< đ đ < â«
đđ„
đ„2
â
đ
=1
đ .
Da ciĂČ discende che la serie in esame non converge troppo rapidamente: se si
sommano mille termini, si ottiene un errore sulla terza cifra decimale, mentre la
somma del primo milione di termini addendi produce un errore sulla sesta cifra
decimale. Tuttavia, sommando un milione di termini, si assiste, con gran sorpresa,
ad un evento veramente strano. Si confrontino i due risultati, quello esatto e
quello approssimato al primo milione di addendi, limitatamente alle prime 45
cifre:
đ2
6= 1.644934066848226436472415166646025189218949901 ,
â1
đ2
106
đ=1
= 1.644933066848726436305748499979391855885616544 .
La sesta cifra dopo la virgola Ăš errata, come era prevedibile, ma le sei cifre
successive sono giuste. Poi, si trova ancora una cifra sbagliata ed altre cinque cifre
corrette. Questa sorprendente scoperta Ăš stata fatta nel 1988 e rappresenta
qualcosa di troppo strano per essere una pura coincidenza. Uno sguardo al
termine di errore, sempre limitatamente alle prime 45 cifre,
đ 106 = 0.000000999999500000166666666666633333333333357
rivela lâesistenza di una trama curiosa e ben nascosta.
17
La dimostrazione di Eulero
La dimostrazione proposta da Eulero Ăš tanto ingegnosa quanto originale.
Tuttavia, essa utilizza le regole dei polinomi finiti, come se fossero valide anche
per le serie infinite, unâargomentazione che avrebbe richiesto una dimostrazione.
Anche senza questa giustificazione, semplicemente ottenendo un valore prossimo
a quello fornito dal calcolo numerico, egli poteva essere piuttosto sicuro della
correttezza del suo risultato.
Per seguire la dimostrazione di Eulero, bisogna ricordare lo sviluppo in serie di
Maclaurin della funzione seno
sin đ„ = â(â1)đđ„2đ+1
(2đ + 1)!
â
đ=0
= đ„ âđ„3
3!+
đ„5
5!â
đ„7
7!+ ⯠,
da cui, dividendo membro a membro per đ„, si ricava
sin đ„
đ„= â(â1)đ
đ„2đ
(2đ + 1)!
â
đ=0
= 1 âđ„2
3!+
đ„4
5!â
đ„6
7!+ ⯠.
Si assuma poi, proprio qui sta lo slancio geniale ed imprevedibile di Eulero, che
sia possibile esprimere questa funzione come un prodotto infinito di fattori
lineari, uno per ogni radice, creando un polinomio di grado infinito, come si
farebbe per un numero finito di radici. Si scrive allora il polinomio
sin đ„
đ„= (1 â
đ„
đ) â (1 +
đ„
đ) â (1 â
đ„
2đ) â (1 +
đ„
2đ) â ⯠,
ovvero la forma equivalente
18
sin đ„
đ„= (1 â
đ„2
đ2) â (1 â
đ„2
4đ2) â ⯠.
Effettuando il prodotto di tutti questi fattori e concentrandosi sul solo temine di
secondo grado, che nello sviluppo in serie vale â1/6, si ottiene il risultato
desiderato
â1
đ2(1 +
1
22+
1
32+ ⯠) = â
1
6 â đ =
đ2
6 .
Che bella dimostrazione: un volo meraviglioso ed altissimo che perĂČ si scontra
con il rigore matematico! Eulero afferma in effetti lâequivalenza tra lo sviluppo in
serie ed il prodotto di infinite radici, ma si trova di fronte ad un imbarazzante
dilemma: anche la funzione
â(đ„) = eđ„sin đ„
đ„
presenta le stesse radici e lo stesso valore in đ„ = 0, ma non ne Ăš certamente
equivalente a quella in esame. Benché ai suoi tempi non sembra siano state
sollevate obiezioni cosĂŹ precise, pare certo che Eulero si rendesse conto che câera
qualcosa di misterioso e di incompiuto in alcuni passaggi cruciali. Lo prova il fatto
che ritornĂČ piĂč volte sullâargomento, tentando, invero senza molto successo, di
trovare una giustificazione rigorosa della tecnica del prodotto infinito. Ben coscio
della debolezza del metodo, Eulero confidava nella correttezza del risultato cui
era pervenuto: la sua convinzione si poggiava su unâaccurata stima numerica che
aveva intrapreso qualche anno prima, mentre lavorava al problema
dellâinterpolazione della serie, la cui esposizione si trova nel De summatione
innumerabilium progressionum del 1730. Lâelegante soluzione rappresenta
dunque una testimonianza della genialitĂ del suo autore, ma fu anche il frutto di
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un duro ed oscuro lavoro di calcolo numerico, condotto nel corso di alcuni anni in
modo paziente e meticoloso. Le sorprendenti concordanze che via via
emergevano dai calcoli furono di grande incoraggiamento per Eulero,
inducendolo ad impiegare gli strumenti dellâindagine analitica nella ricerca di
dipendenze, prima di allora insospettate, tra la somma infinita dei reciproci dei
quadrati degli interi positivi e le funzioni circolari.
Ma allora in che modo Ăš possibile rendere rigoroso questo ragionamento? Vi sono
altri modi di risolvere il problema di Basilea?
Eulero non risolse il dilemma, ma fornĂŹ come sottoprodotto, sempre utilizzando
le medesime argomentazioni, altre due somme
â1
đ4
â
đ=1
=đ4
90 , â
1
đ6
â
đ=1
=đ6
945 .
Le argomentazioni di Eulero forniscono una risposta per ogni somma di potenze
inverse pari; egli stesso, in una pubblicazione successiva, esplicitĂČ i calcoli fino
alla potenza inversa ventiseiesima
â1
đ26
â
đ=1
=1 315 8627 đ26
11 094 481 976 030 578 125 .
PiĂč in generale, Eulero stesso provĂČ che
â1
đ2đ
â
đ=1
= (â1)đ+1(2đ)2đ
2 (2đ)!đ”2đ ,
dove đ”2đ sono i numeri oggi detti di Bernoulli, che possono anche essere definiti,
usando una funzione generatrice esponenziale, per mezzo della formula
20
đ„
eđ„ â 1= â đ”đ
â
đ=0
đ„đ
đ! ,
vale a dire una uguaglianza fra serie formali di potenze, che hanno un raggio di
convergenza minore di 2đ. Nella tabella che segue sono riportati, quale esempio,
i primi sette numeri di Bernoulli.
đ 0 1 2 3 4 5 6
đ”đ 1 â1/2 1/6 0 â1/30 0 1/42
Dalla formula riportata si evince che, una volta provato che una qualsiasi potenza
intera di đ Ăš irrazionale, segue che anche tutte le somme lo sono. Non Ăš stato
invece compiuto alcun passo nella determinazione di una forma chiusa della
somma degli inversi dei quadrati degli interi dispari
â1
đ2đ+1
â
đ=1
â ancora sconosciuta in forma chiusa ,
che rappresenta un problema aperto. Nel caso particolare đ = 1, la precedente
somma viene detta costante di Apéry e si tratta di un numero irrazionale che
rappresenta una quantitĂ che si incontra in una grande varietĂ di situazioni
1 +1
23+
1
33+
1
43+ ⯠= 1.20205690315959428539 ⯠.
Si conoscono rappresentazioni di questa costante in grado di fornire molti milioni
di cifre significative. La dimostrazione originale di Apéry, tuttavia, Ú piuttosto
complessa ed Ăš difficile coglierne le linee essenziali; negli anni successivi, sono
state trovate dimostrazioni piĂč brevi che si servono dei polinomi di Legendre.
21
Nato a Rouen da madre francese e padre greco, Roger ApĂ©ry studiĂČ presso l'Ăcole
Normale Supérieure, con un anno d'interruzione degli studi in quanto prigioniero
di guerra durante la Seconda Guerra Mondiale. Nel 1949 diventĂČ professore
presso l'UniversitĂ di Caen, dove rimase fino alla pensione. MorĂŹ dopo lunga
malattia nel 1994.
Roger Apéry
Rouen, 14 novembre 1916 â Caen, 18 dicembre 1994
La costante prende il nome da questo matematico ed attivista politico francese,
che nel 1977 ha dimostrato che essa Ăš un numero irrazionale. La sola cosa che
certamente si puĂČ dire Ăš che
0 < â1
đ3
â
đ=1
< â1
đ2
â
đ=1
=đ2
6 .
Il reciproco della costante, pari a circa 0.8319073726, Ăš la probabilitĂ che tre
interi minori di đ scelti a caso non abbiano divisori comuni, per đ tendente a
22
infinito. Eulero stesso non riuscĂŹ a risolvere in forma chiusa questo problema: il
meglio che riuscĂŹ a fare fu dimostrare che
â(â1)đ
(2đ + 1)3
â
đ=0
= 1 â1
27+
1
125â ⯠=
đ3
32 .
Una curiosità prima di terminare questo paragrafo. La tomba di Roger Apéry si
trova nel monumentale cimitero parigino di PĂšre Lachaise e sulla lapide, oltre alle
date di nascita e di morte, Ăš riportato anche il risultato piĂč importante da lui
ottenuto
1 +1
8+
1
27+
1
64+ ⯠â
đ
đ ,
vale a dire lâirrazionalitĂ della somma dei reciproci dei cubi degli interi positivi.
23
Una approssimazione di questa costante, che fornisce otto cifre decimali esatte, Ăš
stata trovata da M. Hudson nel 2004
â1
đ3
â
đ=1
â (đ2 + đ)69
962 = 1.202056945493 ⯠.
Unâinterpretazione geometrica
Quando Eulero risolse il problema di Basilea era la prima volta che il valore di đ
appariva in una circostanza che non fosse collegata ad un problema geometrico e
la soluzione đ2/6 emanava un fortissimo profumo geometrico. Persino la prova
piĂč elementare del problema di Basilea comporta, come si avrĂ modo di discutere
ampiamente, diversi passaggi, non proprio elementari e poco geometrici. Inoltre,
il problema generale non Ăš ancora stato compreso appieno, come Ăš evidente dalla
considerazione che una formula per la somma dei reciproci delle potenze dispari
Ăš sconosciuta e rappresenta un tema tuttora caldo. Non Ăš nemmeno detto che una
soluzione puramente geometrica del problema di Basilea sia banale oppure
elementare; tuttavia, essa potrebbe fornire approfondimenti che non appaiono
evidenti in dimostrazioni non geometriche. Le considerazioni che seguono sono
un tentativo di gettare una luce sullâinterpretazione geometrica della soluzione,
un ponte di collegamento tra due diverse sponde della Matematica.
Si consideri, per questo scopo, la funzione reale
đŠ =1
â2(1 + đ„6)= đ(đ„) .
Si tratta di una funzione pari, priva di discontinuitĂ , che ha, come asintoto
orizzontale, proprio lâasse delle ascisse. Essa Ăš sempre positiva ed assume il suo
24
valore massimo nellâorigine, dove vale đ(0) = 1/â2 ed il grafico Ăš mostrato nella
figura che segue.
Si supponga poi di far ruotare completamente attorno allâasse đ„ la parte di grafico
relativa ai valori positivi dellâascissa e di voler calcolare il volume del solido cosĂŹ
generato. Si domanda anzitutto: cosa rappresenta questo solido?
Nella rotazione si otterrĂ , in buona sostanza, una coppa di champagne, almeno la
coppa vera e propria, dato che la base Ăš stata, nella figura in precedenza riportata,
25
aggiunta solo per completezza. Se lo stelo Ăš esteso fino a diventare infinitamente
lungo, il volume della coppa vale
đ = đ â« đ2(đ„)â
0
đđ„ = đ â«đđ„
2(1 + đ„6)
â
0
,
da cui, scomponendo in fratti semplici lâintegrale, si perviene al risultato
đ =đ
24[â3 ln
đ„2 + đ„â3 + 1
đ„2 â đ„â3 + 1+ 2 tanâ1(2đ„ â â3) + 2 tanâ1(2đ„ + â3)
+ 4 tanâ1 đ„]0
â
=đ
24(đ + đ + 2đ) =
đ2
6 ,
cioĂš si ottiene ancora una volta il valore della serie di Basilea.
In pratica, una coppa di champagne commerciale ha un volume che vale circa
150 đđ ed un peso di circa 170 đ. Da oggi in poi, bere in una coppa di champagne
non avrĂ piĂč lo stesso sapore!
LâirrazionalitĂ del risultato
Si Ăš giĂ avuto modo di dimostrare che il valore della serie di Basilea Ăš un numero
irrazionale. Ma come si prova lâirrazionalitĂ di đ2?
La domanda non Ăš affatto banale, dato che, se Ăš vero che â2 Ăš irrazionale, Ăš pur
vero che il suo quadrato non lo Ăš. Pertanto, non Ăš affatto detto che il quadrato di
un numero irrazionale sia anchâesso irrazionale ed il dubbio potrebbe
giustamente assalire il lettore.
Tra le dimostrazioni dellâirrazionalitĂ di đ2 spicca, per semplicitĂ , quella proposta
dal matematico canadese ed americano Ivan Niven alla fine degli anni Quaranta
del secolo scorso, che qui viene riproposta con la semplice aggiunta di qualche
26
dettaglio. Per la veritĂ , Niven in un articolo magistrale lungo appena una pagina,
che andrebbe studiato da tutti coloro che veramente amano la Matematica,
dimostra lâirrazionalitĂ di đ. Nella convinzione che la Matematica, come lâAmore,
non si apprende dai libri, ma con la pratica, di seguito, seguendo la stessa linea di
pensiero, si dimostrerĂ lâirrazionalitĂ di đ2.
Ivan Morton Niven
25 ottobre 1915, Vancouver, Canada â 9 maggio 1999, Eugene, Oregon, USA
Si supponga, per assurdo, che esistano due interi positivi coprimi, che si
indicheranno con đ e đ, per cui risulti
đ2 =đ
đ .
Si introducano inoltre un intero positivo đ, il cui valore verrĂ specificato nel
prosieguo, e la funzione polinomiale cosĂŹ definita
27
đ(đ„) =đ„đ(1 â đ„)đ
đ!=
1
đ!â (
đđ
)
đ
đ=0
(â1)đ đ„đ+đ .
Ad essa Ăš collegata anche una seconda funzione
đč(đ„) = đđ â(â1)đ
đ
đ=0
đ2(đâđ)đ(2đ)(đ„) ,
che si ottiene come una combinazione lineare delle derivate della prima. Poiché
đ(đ„) Ăš un polinomio di 2đ âesimo grado nella variabile đ„, la sua derivata
đ âesima Ăš identicamente nulla per ogni intero đ > 2đ. Ancora, per ogni đ < đ,
risulta đ(đ)(0) = 0, dato che đ il minimo esponente con cui compare đ„ nella
funzione. Allora, si puĂČ facilmente ottenere la derivata
đ(đ)(đ„) =1
đ!â (
đđ
)
đ
đ=đâđ
(đ + đ)!
(đ + đ â đ)! (â1)đ đ„đ+đâđ (đ †đ †2đ)
e valutarla in đ„ = 0
đ(đ)(0) =(â1)đâđ
đ!(
đđ â đ
) đ! â †per đ †đ †2đ ,
stabilendo che essa Ăš rappresentata da un numero intero. In ogni caso, si puĂČ
concludere sinteticamente che
đ(đ)(0) â †per đ â â .
Dopodiché, dato che sussiste la relazione di simmetria
28
đ(1 â đ„) = đ(đ„) ,
si conclude che deve anche essere
đ(đ)(1) â †per đ â â .
Sono altresĂŹ interi relativi đč(0) e đč(1), dato che, per lâipotesi di assurdo, si puĂČ
scrivere
đč(0) = â(â1)đ
đ
đ=0
đđâđđđđ(2đ)(0) ,
đč(1) = â(â1)đ
đ
đ=0
đđâđđđđ(2đ)(1) .
Oltre a ciĂČ, ricordando che
đ(2đ+2)(đ„) = 0 ,
si puĂČ scrivere la relazione differenziale
đ
đđ„[đđč(đ„)
đđ„sin(đđ„) â đđč(đ„) cos(đđ„)] = đ2đđđ(đ„) sin(đđ„) ,
da cui discendono ovviamente gli integrali
đđđ â« đ(đ„) sin(đđ„)1
0
đđ„ = đč(0) + đč(1) â †.
Ebbene, sussistendo la maggiorazione
29
0 < đ(đ„) <1
đ! per 0 †đ„ †1 ,
si ricava che gli integrali precedenti sono dei numeri interi ed appartengono
allâintervallo
đđđ â« đ(đ„) sin(đđ„)1
0
đđ„ â (0,đđ
đ!) ⩠†.
Dâaltra parte, in forza del limite notevole
limđââ
đđ
đ!= 0 ,
si puĂČ affermare che, a partire da un valore di đ, grande quanto si vuole, si deve
verificare che
0 <đđ
đ!< 1 .
Si Ăš, pertanto, pervenuti alla conclusione
đđđ â« đ(đ„) sin(đđ„)1
0
đđ„ â (0,1) ⩠†per đ â„ đ ,
palesemente assurda, non esistendo interi nellâintervallo (0, 1). Questo dimostra
che non possono esistere i due interi đ e đ e quindi che il valore di đ2, ma anche
quello di đ, deve essere un numero irrazionale. Una dimostrazione veramente
semplice ed elegante, degna del genio di Eulero.
30
Le somme dei soli pari e dei soli dispari
Noto il valore della somma di Basilea đ, non Ăš difficile ottenere le somme dei
quadrati dei soli interi pari đđ e dei soli interi dispari đđ·, cosĂŹ definite
đđ = â1
(2đ)2
â
đ=1
, đđ· = â1
(2đ â 1)2
â
đ=1
.
Si osserva anzitutto che deve essere
đđ + đđ· = đ =đ2
6 .
Inoltre, il valore della somma dei soli pari Ăš
đđ = â1
(2đ)2
â
đ=1
=1
4â
1
đ2
â
đ=1
=đ
4=
đ2
24 .
Segue che la somma dei dispari si ottiene per differenza, per cui
đđ· = đ â đđ = đ âđ
4=
3
4đ =
đ2
8 .
Si puĂČ allora concludere che la somma degli inversi dei quadrati dei numeri pari
e dispari rappresentano, rispettivamente, un quarto e tre quarti della somma
totale đ.
Con le somme a disposizione, Ăš possibile anche determinare la somma dei
quadrati degli interi con segno alternante, vale a dire
31
đđŽ = â(â1)đâ1
đ2
â
đ=1
= 1 â1
22+
1
32â
1
42+
1
52â ⯠.
Basta osservare che
đđŽ = đđ· â đđ =đ2
8â
đ2
24=
đ2
12 .
A questo punto, risulta veramente difficile resistere alla tentazione di presentare
unâaltra dimostrazione elementare e rigorosa, che possa sanare le incongruenze
mostrate nella dimostrazione di Eulero: nel prossimo paragrafo, lâarcano verrĂ
finalmente svelato.
Una dimostrazione rigorosa
Prima di intraprendere dimostrazioni basate su concetti non proprio elementari,
Ăš indispensabile presentare una dimostrazione elementare e rigorosa del
risultato
đ = â1
đ2
â
đ=1
= 1 +1
22+
1
32+ ⯠=
đ2
6 .
Essa apparve per la prima in una serie di esercizi in un libro di problemi dei
gemelli Akiva e Isaak Yaglom, la cui edizione russa originale risale al 1954.
Versioni di questa splendida dimostrazione furono riscoperte e presentate a piĂč
riprese negli anni Settanta ed Ottanta del secolo passato. Il nocciolo della
dimostrazione si basa su una relazione notevole, che sussiste tra i valori della
funzione cotangente al quadrato. Precisamente, si puĂČ dimostrare che, per ogni
intero đ â„ 1, vale la relazione
32
â cot2đđ
2đ + 1
đ
đ=1
=đ(2đ â 1)
3 .
Per valori non troppo elevati di đ questa somma puĂČ anche essere verificata, a
mano o con lâuso di un calcolatore, ed i primi tre valori sono riportati nella tabella
che segue.
đ = 1 cot2đ
3=
1
3
đ = 2 cot2đ
5+ cot2
2đ
5= 2
đ = 3 cot2đ
7+ cot2
2đ
7+ cot2
3đ
7= 5
Il lettore che fosse interessato alla dimostrazione generale puĂČ studiare quella
dettagliatamente discussa in Appendice.
A partire da questa relazione, servendosi della identitĂ goniometrica
cot2 đ„ =cos2 đ„
sin2 đ„=
1 â sin2 đ„
sin2 đ„= csc2 đ„ â 1 ,
se ne puĂČ ricavare unâaltra che coinvolge i quadrati della funzione cosecante
â csc2đđ
2đ + 1
đ
đ=1
= â 1
đ
đ=1
+ â cot2đđ
2đ + 1
đ
đ=1
= đ +đ(2đ â 1)
3 ,
da cui discende immediatamente la somma
33
â csc2đđ
2đ + 1
đ
đ=1
=2đ(đ + 1)
3 .
Se si osserva poi che lâargomento delle funzioni goniometriche delle due
precedenti sommatorie Ăš superiormente ed inferiormente limitato
0 < đ„đ =đđ
2đ + 1<
đ
2 per đ = 1, 2, ⯠, đ ,
si puĂČ affermare che si Ăš sempre in presenza di angoli del primo quadrante.
Orbene, nel primo quadrante Ăš verificata la catena di disuguaglianze
sin đ„ †đ„ †tan đ„ ,
come Ăš ben noto e come prova la figura di seguito riportata, in cui la funzione seno
Ăš riportata in blu, la bisettrice Ăš in rosso, la tangente Ăš in verde.
34
Essendo nel primo quadrante, tutte le funzioni goniometriche sono positive e si
puĂČ anche scrivere
sin2 đ„ †đ„2 †tan2 đ„ ,
da cui, prendendo gli inversi, si ottiene una nuova catena di disuguaglianze
cot2 đ„ â€1
đ„2†csc2 đ„ .
Questâultima catena di disuguaglianze, applicata al generico addendo delle due
somme riportate, consente di acquisire i due estremi
cot2đđ
2đ + 1â€
(2đ + 1)2
(đđ)2†csc2
đđ
2đ + 1 per đ = 1, 2, ⯠, đ .
Sommando allora membro a membro, si ricava che
đ(2đ â 1)
3†â
(2đ + 1)2
(đđ)2
đ
đ=1
â€2đ(đ + 1)
3 ,
cioĂš una relazione che, dopo qualche elementare manipolazione algebrica,
diventa
đ2
3
đ(2đ â 1)
(2đ + 1)2†â
1
đ2
đ
đ=1
â€đ2
3
2đ(đ + 1)
(2đ + 1)2 .
La somma parziale đđ risulta, in tal modo, limitata tra due estremi che, al tendere
allâinfinito di đ, convergono verso lo stesso limite
35
đ =đ2
6 .
Si Ăš, in definitiva, ottenuto il valore della somma di Basilea, seguendo
ragionamenti elementari e rigorosi. Ă giusto, a questo punto, domandarsi se esiste
una diversa dimostrazione che non faccia uso soltanto di concetti elementari: ve
ne sono diverse e verranno proposte nei paragrafi che seguono.
Usando una somma telescopica
Una somma telescopica Ăš unâespressione informale, giĂ adoperata per lo studio
della convergenza, per indicare una somma del tipo
â(đđ+1 â đđ)
đ
đ=1
= đđ+1 â đ1 .
Ad esempio, si puĂČ dire che la somma di Mengoli vale
â1
đ(đ + 1)
đ
đ=1
= â (1
đâ
1
đ + 1)
đ
đ=1
= 1 â1
đ + 1 .
In questo paragrafo verrĂ elaborata una nuova dimostrazione della serie di
Basilea, che adopera le somme telescopiche. Allo scopo, si introducono gli
integrali
đŽđ = â« cos2đ đ„đ/2
0
đđ„ , đ”đ = â« đ„2 cos2đ đ„đ/2
0
đđ„ per đ â †℠0 ,
36
che definiscono due successioni di numeri reali positivi. Ad esempio, Ăš facile
verificare che esse cominciano dai valori
đŽ0 = â« đđ„đ/2
0
=đ
2 , đ”0 = â« đ„2
đ/2
0
đđ„ =đ3
24 .
Ebbene, adoperando la tecnica di integrazione per parti e lâidentitĂ pitagorica, Ăš
possibile scrivere le formule di ricorrenza
đŽđ =2đ â 1
2đđŽđâ1 , đŽđ = (2đ â 1)đđ”đâ1 â 2đ2đ”đ .
Isolando il termine in đ2 dalla seconda e sostituendo la prima, si ottiene
1
đ2=
(2đ â 1)đ”đâ1
đđŽđâ
2đ”đ
đŽđ=
2đ”đâ1
đŽđâ1â
2đ”đ
đŽđ .
Sommando membro a membro, si puĂČ scrivere una somma telescopica
â1
đ2
đ
đ=1
= â (2đ”đâ1
đŽđâ1â
2đ”đ
đŽđ)
đ
đ=1
=2đ”0
đŽ0â
2đ”đ
đŽđ ,
valida per tutti i valori interi đ â„ 1. Risulta allora
â1
đ2
đ
đ=1
=đ2
6â
2đ”đ
đŽđ â
đ2
6â â
1
đ2
đ
đ=1
=2đ”đ
đŽđâ„ 0 .
Infine, dal momento che sussiste la disuguaglianza
37
sin đ„ â„2
đđ„ per 0 †đ„ â€
đ
2 ,
vale il limite superiore
đ”đ = â« đ„2 cos2đ đ„đ/2
0
đđ„ â€đ2
4â« sin2 đ„ cos2đ đ„
đ2
0
=đ2
4(đŽđ â đŽđ+1) .
Ricordando la relazione ricorsiva che collega gli integrali đŽđ, risulta ancora
đ”đ â€đ2
4(đŽđ â đŽđ+1) =
đ2
4đŽđ (1 â
2đ + 1
2đ + 2) =
đ2
4
đŽđ
2(đ + 1) ,
dalla quale discende che la stima del termine del resto
38
0 â€đ2
6â â
1
đ2
đ
đ=1
â€đ2
4(đ + 1) .
Il valore della serie di Basilea segue immediatamente nel limite đ â â.
Nel paragrafo successivo si mostrerĂ come anche il calcolo integrale possa aiutare
a risolvere il problema di Basilea.
Un integrale reale con valore immaginario
La dimostrazione che viene ora proposta si basa sullo studio delle proprietĂ
dellâintegrale
đŒ = â« ln(2 cos đ„)đ/2
0
đđ„
e porterĂ al calcolo della serie degli inversi dei quadrati degli interi dispari. Per
spiegare chiaramente il metodo che si vuole seguire, nella figura che segue la
funzione integranda Ăš stata rappresentata: si noti che lâintegrale
đŒ1 = â« ln(2 cos đ„)đ/3
0
đđ„ > 0
Ăš sicuramente positivo, mentre la rimanente parte
đŒ2 = đŒ â đŒ1 = â« ln(2 cos đ„)
đ2
đ3
đđ„ < 0
39
assume valore negativo. In realtĂ come si avrĂ modo di discutere in dettaglio,
questi due integrali sono uguali ed opposti e, pertanto, lâintegrale complessivo
assumerĂ valore nullo.
Questa dimostrazione fu proposta agli inizi degli anni Novanta dal matematico
canadese Dennis C. Russel e si basa su alcune manipolazioni che non avrebbero
affatto disturbato Eulero, che avrebbe utilizzato sicuramente la sua famosa
formula
eđđ„ = cos đ„ + đ sin đ„ .
La serie di potenze complesse, detta serie di Mercator,
40
â(â1)đ+1
đđ§đ
â
đ=1
= đ§ âđ§2
2+
đ§3
3â ⯠= ln(1 + đ§)
converge uniformemente in tutti i punti del cerchio unitario centrato nellâorigine,
tranne il punto đ§ = â1.
Nicolaus Mercator, in tedesco Nikolaus Kauffmann
Eutin, 1620 â Versailles, 14 gennaio 1687
Per dimostrare questa proprietĂ legata alla convergenza puntuale, si
moltiplichino per 1 + đ§ entrambi i membri dellâespansione riportata: si osservi
che la serie risultante converge uniformemente per tutti i punti del cerchio
unitario chiuso. In particolare, posto đ§ = exp(âđđ„), si deduce che
ln(1 + eâđđ„) = â(â1)đ+1
đeâđđ„đ
â
đ=1
.
41
Ebbene, lâintegrale preso in esame, utilizzando la definizione della funzione
coseno
cos đ„ =eđđ„ + eâđđ„
2 ,
diventa pari a
đŒ = â« ln(eđđ„ + eâđđ„)đ/2
0
đđ„ = â« ln[eđđ„(1 + eâđđ„)]đ/2
0
đđ„ ,
vale a dire la somma di due termini
đŒ = đđ2
8+ â« ln(1 + eâ2đđ„)
đ/2
0
đđ„ .
Utilizzando la serie di Mercator, si ha che
đŒ = đđ2
8+ â
(â1)đ+1
đ
â
đ=1
â« eâ2đđđ„đ/2
0
đđ„ = đ [đ2
8â â
(â1)đ
2đ2(eâđđđ â 1)
â
đ=1
] .
Se poi si osserva che vale la relazione
eâđđđ = cos(đđ) + đ sin(đđ) = (â1)đ ,
si conclude che lâintegrale Ăš pari a
đŒ = đ [đ2
8â â
1 â (â1)đ
2đ2
â
đ=1
] = đ [đ2
8â â
1
(2đ â 1)2
â
đ=1
] .
42
PoichĂ© đŒ deve essere reale, occorre che il termine in parentesi quadra, che Ăš la
somma di due quantitĂ reali, sia nullo e quindi si ricava che
â1
(2đ â 1)2
â
đ=1
=đ2
8= đđ· â đ =
4
3đđ· =
đ2
6
ed il problema di Basilea Ăš risolto. Una bella dimostrazione, semplice, originale ed
elegante, degna di Eulero.
Da quanto in precedenza detto, discende anche che lâintegrale Ăš nullo, cioĂš
â« ln(2 cos đ„)đ/2
0
đđ„ = 0 â â« ln cos đ„đ/2
0
đđ„ = âđ
2ln 2 .
Nel paragrafo seguente verrĂ discussa una nuova dimostrazione che fa uso degli
integrali multipli.
Una dimostrazione con gli integrali multipli
Al fine di mostrare una nuova tecnica per il calcolo della serie di Basilea, si
supponga di voler determinare lâintegrale doppio
đŒ = âŹđ„ đđ„ đđŠ
(1 + đ„2)(1 + đ„2đŠ2)đ·
,
in cui il dominio di integrazione đ·, mostrato nella figura che segue, rappresenta
una zona del piano cartesiano: precisamente, si tratta di una striscia illimitata,
tutta contenuta nel primo quadrante, che Ăš un dominio normale rispetto ad
entrambe le coordinate. Per determinare la serie di Basilea, si svilupperĂ questo
43
integrale due volte, sfruttando proprio lâidea che il dominio di integrazione Ăš
normale rispetto ad entrambi gli assi.
Si immagini innanzitutto il dominio normale rispetto allâasse đŠ. Lâintegrale đŒ puĂČ
essere allora calcolato applicando il Teorema di Fubini, che consente di scrivere
lâintegrale doppio come due integrali elementari innestati
đŒ = â«đ„
1 + đ„2(â«
đđŠ
1 + đ„2đŠ2
1
0
)â
0
đđ„ ,
in cui lâintegrale rispetto alla variabile đŠ puĂČ essere determinato, dal momento
che sussiste la primitiva
â«đđŠ
1 + đ„2đŠ2=
tanâ1(đ„đŠ)
đ„+ đ¶
con đ¶ costante di integrazione. Si puĂČ conseguentemente scrivere che
44
đŒ = â«đ„
1 + đ„2[tanâ1(đ„đŠ)
đ„]
đŠ=0
đŠ=1â
0
đđ„ = â«tanâ1 đ„
1 + đ„2
â
0
đđŠ .
Guido Fubini Ghiron
Venezia, 19 gennaio 1879 â New York, 6 giugno 1943
Anche questo integrale rispetto ad đ„ Ăš elementare, per cui si conclude che
đŒ = â«tanâ1 đ„
1 + đ„2
â
0
đđŠ = [1
2(tanâ1 đ„)2]
đ„=0
đ„=â
=đ2
8 .
Si consideri poi il dominio normale rispetto allâasse đ„, sicchĂ©
đŒ = â« [â«đ„ đđ„
(1 + đ„2)(1 + đ„2đŠ2)
â
0
]1
0
đđŠ ,
che, in forza della scomposizione in fratti semplici
45
1
(1 + đ„2)(1 + đ„2đŠ2)=
1
1 â đŠ2(
1
1 + đ„2â
đŠ2
1 + đ„2đŠ2) ,
si puĂČ facilmente riscrivere nella forma equivalente
đŒ = â« [ln1 + đ„2
1 + đ„2đŠ2]
đ„=0
đ„=âđđŠ
2 â 2đŠ2
1
0
= â«ln đŠ
đŠ2 â 1
1
0
đđŠ .
Ebbene, questâultimo integrale si puĂČ calcolare per serie, sfruttando la serie
geometrica
1
1 â đŠ2= â đŠ2đ
â
đ=0
con 0 †đŠ < 1 ,
che lo trasforma nella serie di integrali
đŒ = â â â« đŠ2đ ln đŠ1
0
â
đ=0
đđŠ .
Dato che questi integrali si possono determinare per parti, per cui
â« đŠ2đ ln đŠ đđŠ =đŠ2đ+1
(2đ + 1)2(ln đŠ2đ+1 â 1) + đ¶
con đ¶ costante di integrazione, si ricava che
đŒ = â [đŠ2đ+1(1 â ln đŠ2đ+1)
(2đ + 1)2]
đŠ=0
đŠ=1â
đ=0
= â1
(2đ + 1)2
â
đ=0
.
46
Si riconosce immediatamente nella serie trovata che la serie dei quadrati degli
inversi dei dispari positivi, per cui
đŒ = đđ· =3
4đ =
đ2
8 â đ =
đ2
6 ,
cioĂš ancora una volta il calcolo della serie di Basilea.
Una diversa rappresentazione si ottiene per mezzo dellâintegrale doppio
đŒ = âŹđđ„ đđŠ
1 â đ„2đŠ2đ·
,
dove questa volta il dominio di integrazione đ· Ăš il quadrato di lato unitario,
mostrato nella figura che segue.
Come Ăš collegato questo integrale alla serie di Basilea? La risposta Ăš semplice, se
si sviluppa in serie la funzione da integrare, per cui
47
1
1 â đ„2đŠ2= â đ„2đđŠ2đ
â
đ=0
, essendo |đ„đŠ| < 1 .
Sostituendo nellâintegrale ed integrando per serie, si ottiene la seguente
rappresentazione
đŒ = â â« đ„2đ đđ„1
0
â« đŠ2đ đđŠ1
0
â
đ=0
= â1
(2đ + 1)2
â
đ=0
,
vale a dire la somma sui quadrati dei dispari. Segue ancora una volta che il valore
della serie di Basilea discende dallâintegrale in esame, essendo
đŒ = đđ· â đ =4
3đŒ .
Ebbene, al fine di ottenere rapidamente ed in maniera elementare il valore di đŒ,
Beukers, Calabi e Kolk proposero lâintroduzione di due nuove coordinate, đą e đŁ,
cosĂŹ collegate alle cartesiane originarie
đ„ =sin đą
cos đŁ , đŠ =
sin đŁ
cos đą .
Non Ăš affatto una trasformazione banale, anzi Ăš quasi una magia, specialmente se
si ricava il determinante Jacobiano
đ(đ„, đŠ)
đ(đą, đŁ)= |
cos đą
cos đŁ
sin đą sin đŁ
cos2 đąsin đą sin đŁ
cos2 đŁ
cos đŁ
cos đą
| = 1 âsin2 đą sin2 đŁ
cos2 đŁ cos2 đą= 1 â đ„2đŠ2 .
48
Non Ăš dato sapere come abbiano potuto concepire una tale trasformazione;
tuttavia, si tratta di un vero prodigio, dato che il determinante Jacobiano coincide
proprio con lâinverso dellâintegrando, per cui
đŒ = ⏠đđą đđŁđ
= Area(đ) .
Non resta che determinare come nella trasformazione si trasforma il dominio đ· e
come Ăš definito il dominio trasformato đ. Ă agevole mostrare che đ Ăš un triangolo
rettangolo isoscele, definito dalle relazioni
đ = {(đą, đŁ): đą â„ 0, đŁ â„ 0, đą + 𣠆đ/2} .
Pertanto, si conclude che
đŒ = Area(đ) =1
2â
đ
2â
đ
2=
đ2
8 â đ =
4
3đŒ =
đ2
6 .
49
Ă superfluo dire che si ottenuto ancora una volta lo stesso valore per đ e che
questa seconda dimostrazione proposta Ăš veramente splendida, tanto piĂč che lo
stesso metodo di dimostrazione si estende al calcolo di una somma di potenze
inverse pari (2đ), come un integrale 2đ âdimensionale, per ogni đ â„ 1.
Ora perĂČ Ăš giunto il momento di mostrare una diversa tecnica di soluzione, basata
su concetti piĂč complicati: nel paragrafo che segue, si determinerĂ il valore della
somma di Basilea adoperando, nella maniera piĂč semplice possibile, la serie di
Fourier.
Una dimostrazione con la serie di Fourier
Si consideri la funzione periodica (đ = 2đ) e lineare a tratti
đ(đĄ) = |đĄ| con â đ †đĄ †đ ,
mostrata nella figura che segue.
50
Risulta immediato stabilire che la pulsazione fondamentale vale
đ0 =2đ
đ= 1
e, trattandosi poi di una funzione periodica, essa puĂČ essere sviluppata mediante
una combinazione lineare di funzioni goniometriche, come scoprĂŹ, studiando la
propagazione del calore intorno al 1800, il matematico e fisico francese Joseph
Fourier, il cui nome Ăš scritto persino sulla Torre Eiffel a Parigi. Per la evidente
paritĂ della funzione, i termini in seno sono assenti e, pertanto, si puĂČ scrivere
unâespansione in serie di Fourier contenente solamente i termini in coseno
đ(đĄ) =đ0
2+ â đđ
â
đ=1
cos(đđĄ) per â đ †đĄ †đ ,
laddove il generico coefficiente di espansione si puĂČ ottenere mediante la ben
nota formula
đđ =2
đâ« đ(đĄ)
đ/2
âđ/2
cos(đđ0đĄ) đđĄ =1
đâ« |đĄ|
đ
âđ
cos(đđĄ) đđĄ =2
đâ« đĄ
đ
0
cos(đđĄ) đđĄ ,
una relazione che puĂČ essere scritta per tutti gli interi đ non negativi. In
particolare, il primo coefficiente di questâespansione, proporzionale al valor
medio, Ăš pari a
đ0 =1
đâ« |đĄ|
đ
âđ
đđĄ =2
đâ« đĄ
đ
0
đđĄ = đ ,
mentre, eseguendo unâintegrazione per parti, si ottengono tutti gli altri
51
đđ =2
đâ« đĄ
đ
0
cos(đđĄ) đđĄ =2[cos(đđ) â 1]
đđ2=
2
đđ2[(â1)đ â 1] .
Jean Baptiste Joseph Fourier
Auxerre, 21 marzo 1768 â Parigi, 16 maggio 1830
Si deduce allora che vale la seguente espansione
|đĄ| =đ
2+
2
đâ
(â1)đ â 1
đ2
â
đ=1
cos(đđĄ) per â đ †đĄ †đ ,
che, valutata in đĄ = 0, fornisce la somma dei quadrati degli interi positivi dispari
â1
(2đ â 1)2
â
đ=1
= đđ· =đ2
8 â đ =
4
3đđ· =
đ2
6 ,
da cui Ăš facile riottenere il valore della serie di Basilea.
52
Dunque, anche la serie di Fourier puĂČ essere utilmente impiegata per risolvere il
problema della serie degli inversi dei quadrati e, nel prossimo paragrafo si
illustrerĂ una diversa procedura per il calcolo di đ, basata sugli sviluppi delle
funzioni meromorfe, cioĂš funzioni complesse che sono olomorfe in tutto il piano
complesso, eccezion fatta per alcuni punti in cui presentano singolaritĂ polari
isolate.
Una dimostrazione mediante lo sviluppo di Mittag-Leffler
Lo sviluppo di Mittag-Leffler Ăš uno sviluppo in serie che consente di ricostruire
lâintera funzione, conoscendo il comportamento in tutti i poli: dimmi le tue
singolaritĂ e ti dirĂČ chi sei, ripeteva Francesco Tricomi, grande matematico di
origine napoletana.
Francesco Giacomo Tricomi
Napoli, 5 maggio 1897 â Torino, 21 novembre 1978
53
Gösta Mittag-Leffler, allâanagrafe Magnus Gustaf Mittag-Leffler (Stoccolma, 16
marzo 1846 â Djursholm, 7 luglio 1927), fu uno specialista di Analisi Complessa
ed un matematico di primâordine, in competizione con il chimico Alfred Nobel per
il primato nel mondo scientifico svedese della sua epoca. Il teorema che porta il
suo nome rispose in modo positivo ad una questione ben correlata con le ricerche
che svolgeva nellâultimo quarto del diciannovesimo secolo la scuola di Karl
Weierstrass a Berlino. Qui verrĂ enunciato solo per il caso in cui la funzione in
esame abbia solo poli semplici, perĂČ esistono simili sviluppi anche per funzioni
con poli di ordine arbitrario.
Sia đ(đ§) una funzione meromorfa con (infiniti) poli semplici nei punti đ§ = đ§đ e con
residui pari rispettivamente a
đŒđ = Res(đ§đ) = limđ§âđ§đ
[(đ§ â đ§đ)đ(đ§)] .
Sia đ¶đ una circonferenza di raggio đ đ contenente đ di questi poli. Se risulta
verificata la condizione
limđââ
max|đ§|=đ đ
|đ(đ§)|
đ đ= 0 ,
allora vale lo sviluppo in serie di Mittag-Leffler
đ(đ§) = âđŒđ
đ§ â đ§đ
â
đ=ââ
.
Si consideri, ad esempio, la funzione complessa
đ(đ§) =1 â đ§ cot đ§
2đ§2 ,
54
che Ăš discontinua negli infiniti punti
đ§đ = đđ con đ â †.
Tuttavia, Ăš immediato verificare che essa Ăš prolungabile per continuitĂ in đ§ = 0 e
che si puĂČ scrivere
đ(0) = limđ§â0
1 â đ§ cot đ§
2đ§2= lim
đ§â0
sin đ§ â đ§
2đ§2 sin đ§+ lim
đ§â0
1 â cos đ§
2đ§2= â
1
12+
1
4=
1
6 .
Dunque, in zero non presenta alcuna discontinuitĂ , ma negli altri infiniti punti di
discontinuitĂ , per cui đ â 0, presenta poli semplici con residui pari a
đŒđ = Res(đđ) = limđ§âđđ
[(đ§ â đđ)1 â đ§ cot đ§
2đ§2] = lim
đ§âđđ
sin đ§ â đ§ cos đ§
2đ§2â lim
đ§âđđ
đ§ â đđ
sin đ§ ,
vale a dire
đŒđ = âcos(đđ)
2đđâ
1
cos(đđ)= â
1
2đđ= â
1
2đ§đ .
Pertanto, in forza del Teorema di Mittag-Leffler, si puĂČ scrivere
1 â đ§ cot đ§
2đ§2= â đŒđ (
1
đ§ â đ§đâ
1
đ§ + đ§đ)
â
đ=1
= â1
đ2đ2 â đ§2
â
đ=1
,
che, nel limite per đ§ â 0, consente di conseguire di nuovo il valore della serie di
Basilea
55
đ(0) =1
đ2â
1
đ2
â
đ=1
=1
6 â đ =
đ2
6 .
In maniera simile, ma forse piĂč elegante, lo svedese Johan WĂ€stlund della
Chalmers University of Technology, partendo dallo sviluppo
â1
(đ â đ§)2
â
đ=ââ
= [ đ
sin(đđ§) ]
2
,
valido per tutti i valori di đ§ non interi, ha potuto determinare la somma degli interi
dispari, riportando anche unâinterpretazione geometrica del risultato.
Precisamente, valutando la relazione riportata per đ§ = 1/2, si ottiene
â1
(đ â 1/2)2
â
đ=ââ
= đ2 â â1
(2đ â 1)2
â
đ=ââ
=đ2
4 ,
da cui discende la somma degli inversi dei quadrati degli interi positivi dispari
đđ· = â1
(2đ â 1)2
â
đ=1
=đ2
8 .
Generalizzazione
Una prima funzione speciale, legata al problema di Basilea, Ăš la funzione
dilogaritmo, cosĂŹ definita
Li2(đ§) = â â«ln(1 â đĄ)
đĄ
đ§
0
đđĄ ,
56
giĂ conosciuta da Eulero nella forma di una rappresentazione in serie
Li2(đ§) = âđ§đ
đ2
â
đ=1
.
Essa si incontra frequentemente negli ordini superiori degli sviluppi in serie che
intervengono nei calcoli perturbativi dellâElettrodinamica Quantistica e del
Modello Standard delle particelle elementari. Alcuni valori caratteristici sono
Li2(0) = 0 , Li2(1) =đ2
6 , Li2(â1) = â
đ2
12
e proprio il valore Li2(1) rappresenta la soluzione del problema. Lâintegrale,
determinato per serie in un precedente paragrafo, puĂČ essere agevolmente
calcolato grazie a questa funzione, essendo
â«ln đŠ
đŠ2 â 1đđŠ = â
1
2[Li2(1 â đŠ) + Li2(âđŠ) + ln đŠ ln(1 + đŠ)] + đ¶ ,
essendo đ¶ una costante arbitraria di integrazione. Segue allora che
đŒ = â«ln đŠ
1 â đŠ2
1
0
đđŠ =đ2
24+
đ2
12=
đ2
8 .
Questo integrale ha anche una interpretazione probabilistica, ritrovandosi nella
determinazione della densitĂ di probabilitĂ del rapporto di due variabili aleatorie
di Cauchy, come ha dimostrato Luigi Pace dellâUniversitĂ di Udine.
Comunque, un tratto di questa curva, che presenta un andamento monotono
decrescente, almeno per valori positivi dellâargomento, Ăš riportato nella figura
che segue, in cui il rettangolo ombreggiato evidenzia proprio che
57
Li2(1) =đ2
6= đ(2) ,
essendo đ(2) un particolare valore della funzione zeta di Riemann, la funzione piĂč
interessante e maggiormente foriera di applicazioni e che si sta per introdurre.
Prima perĂČ si deve definire cosa si intende per serie di Dirichlet, vale a dire una
qualunque serie della forma
đ(đ ) = âđđ
đđ
â
đ=1
,
dove đ ed i coefficienti đđ sono numeri complessi. Questo tipo di serie riveste un
ruolo importante nella Teoria dei Numeri: la funzione zeta di Riemann đ(đ ) puĂČ
essere scritta proprio come serie di Dirichlet
58
đ(đ ) = â1
đđ
â
đ=1
nel semipiano Re(đ ) > 1 .
La restrizione Ú necessaria, affinché la serie risulti convergente; tuttavia, la
funzione si puĂČ prolungare analiticamente ad una funzione olomorfa su tutto il
piano complesso ad eccezione di đ = 1, laddove presenta un polo semplice.
I primi risultati riguardanti questa funzione furono ottenuti da Leonardo Eulero
nel diciottesimo secolo e la serie di Basilea rappresenta un particolare valore di
questa funzione, precisamente si puĂČ scrivere che
đ = đ(2) = â1
đ2
â
đ=1
=đ2
6 .
Tuttavia, il suo nome Ăš legato a Bernhard Riemann (Breselenz, 17 settembre 1826
â Selasca, 20 luglio 1866), che nel testo
Ăber die Anzahl der Primzahlen unter einer gegebenen Grösse,
pubblicato nel 1859, avanzĂČ l'ipotesi che sussiste una relazione tra gli zeri e la
distribuzione dei numeri primi, oggi conosciuta come congettura di Riemann. Non
Ăš ancora noto se la distribuzione dei numeri primi segue o meno una tale legge:
essa, tuttavia, rappresenta uno dei sette enigmi matematici irrisolti del nostro
tempo, per cui il Clay Mathematics Institute ha messo in palio, per ciascun
problema, un milione di dollari.
PiĂč in generale, come giĂ avuto modo di sottolineare, si ottiene
đ(2đ) = â1
đ2đ
â
đ=1
= (â1)đ+122đâ1 đ2đ
(2đ)!đ”2đ .
59
Nel grafico che segue si riporta la funzione di Riemann per valori reali
dellâargomento đ = đ„ â â e si osserva che essa decresce in maniera monotona,
fino a raggiungere, per valori elevati dellâargomento, lâasintoto orizzontale
limđ„ââ
đ(đ„) = 1 .
Vale la pena notare anche la presenza dellâasintoto verticale in đ„ = 1.
Conclusioni e ringraziamenti
Si Ăš raccolto in questo scritto un poâ di storia e le piĂč interessanti soluzioni
proposte nel corso dei secoli del problema di Basilea, un problema classico
dellâAnalisi Matematica, risolto per la prima volta in maniera brillante dal giovane
Eulero. Alcune delle soluzioni riportate sono state liberamente riadattate dallo
scrivente e rese, in certa misura, originali. Il celebre matematico britannico Sir
60
Michael Francis Atiyad, noto per i suoi numerosi contributi alla Geometria, ha
dichiarato in unâintervista:
Any good theorem should have several proofs, the more the better. For two reasons:
usually, different proofs have different strengths and weaknesses, and they
generalize in different directions â they are not just repetitions of each other.
Questo problema Ăš molto interessante anche dal punto di vista didattico, dato che
rafforza la preparazione dello studente universitario, essendo risolubile con
metodi assai diversi tra loro e, quindi, consente di passarli in rassegna, tenendoli
ben desti nella memoria. Dei metodi descritti si ha continuamente bisogno nelle
diverse applicazioni matematiche e soprattutto devono essere ben chiare a coloro
che volessero cimentarsi con il calcolo della costante di Apery.
Desidero fare un ringraziamento ad Emilio Ambrisi, caro amico e presidente
nazionale della Mathesis, il quale, durante il convegno Mathesis tenutosi a Serra
San Bruno nel mese di gennaio del 2016, ha, da par suo, riacceso nella mia
memoria questo problema, tanto che, come dice molto bene Dante, raunai le
fronde sparte (Inferno, Canto XIV) e decisi di raccogliere in questo scritto quanto,
in momenti diversi della mia esistenza, avevo appreso sul problema di Basilea.
Riferimento bibliografico
Si consiglia di leggere, e non soltanto per il problema di Basilea, lâinteressante
libro dei due accademici, lâaustriaco Martin Aigner ed il tedesco GĂŒnter Matthias
Ziegler, dal titolo
Proofs from THE BOOK
61
cioĂš Dimostrazioni dal Libro, edito da Springer-Verlag Italia a Milano nel 2006,
nellâedizione italiana curata da Alfio Quarteroni. La serie di Basilea Ăš trattata nel
capitolo settimo, intitolato Tre volte đ2/6 ed alla fine del capitolo il lettore troverĂ
unâampia bibliografia su questo problema.
Si tratta del Libro nel quale, a detta del grande Paul ErdĆs, Dio conserva le
dimostrazioni matematiche, aggiungendo che non Ăš necessario credere in Dio,
tuttavia, in quanto matematici, si deve credere nel Libro. Si tratta di un manuale
di eleganti dimostrazioni di celebri teoremi, corredato da simpatiche illustrazioni
e tradotto in almeno tredici lingue diverse; alcuni teoremi sono presenti con
diverse dimostrazioni e con parecchi risultati collegati.
Paul ErdĆs
Budapest, 26 marzo 1913 â Varsavia, 20 settembre 1996
Il testo Ăš suddiviso in cinque sezioni, secondo lo schema di seguito riportato.
1) Teoria dei numeri: i teoremi dimostrati sono lâinfinitĂ dei numeri primi, il
postulato di Bertrand, la reciprocitĂ quadratica, il Teorema di Fermat sulle
62
somme di due quadrati, il teorema di Wedderburn sui corpi finiti,
lâirrazionalitĂ del numero di Nepero ed il calcolo di đ(2).
2) Geometria: presenta la soluzione del terzo problema di Hilbert, alcune
conseguenza della formula di Eulero, una discussione della congettura di
Borsuk e la dimostrazione del Teorema di rigiditĂ di Cauchy.
3) Analisi Matematica: vi sono diverse dimostrazioni legate all'ipotesi del
continuo e alla numerabilitĂ dei numeri razionali, un elogio delle
disuguaglianze, il problema dellâago di Buffon e la dimostrazione del
Teorema Fondamentale dellâAlgebra.
4) Combinatoria: presenta il principio dei cassetti, alcuni teoremi sugli insiemi
finiti e sui quadrati latini.
5) Teoria dei Grafi: vi Ăš, tra le altre cose, la dimostrazione del Teorema dei
cinque colori.
Il principio ispiratore nella scelta dei teoremi da dimostrare e delle dimostrazioni
proposte Ăš che non vi Ăš posto perenne per la Matematica brutta.
63
Appendice: dimostrazione della somma adoperata
Si comincia ad osservare che la funzione â(đ„) = cot2 đ„ definisce una
corrispondenza biunivoca nellâintervallo
đœ = {đ„: 0 < đ„ < đ/2} .
Questa affermazione Ăš evidente, se si considera il grafico della funzione
cotangente al quadrato per đ„ â đœ, riportato nella figura che segue, in cui si mostra
il suo andamento strettamente monotono.
Un dimostrazione piĂč formale Ăš ora sviluppata. Si supponga che esistano due
valori, detti đ„, đŠ â đœ, per cui cot2 đ„ = cot2 đŠ. Dato che la funzione cotangente non
Ăš mai negativa in đœ, si ha pure che
cot đ„ = cot đŠ con đ„, đŠ â đœ .
64
Ora, sempre nellâintervallo considerato, la funzione cotangente Ăš strettamente
crescente, per cui si puĂČ affermare che đ„ = đŠ.
Detto ciĂČ, una maniera per dimostrare che
â cot2đđ
2đ + 1
đ
đ=1
=đ(2đ â 1)
3 ,
Ăš quella di partire dalla ben nota formula per il calcolo della potenza nel campo
complesso, dovuta al matematico francese Abraham de Moivre, per cui
cos(đđ„) + đ sin(đđ„)
sinđ đ„=
(cos đ„ + đ sin đ„)đ
sinđ đ„= (cot đ„ + đ)đ âđ„ â â ,
in cui đ rappresenta lâunitĂ immaginaria e đ Ăš un intero positivo.
Abraham de Moivre
Vitry-le-François, 26 maggio 1667 â Londra, 27 novembre 1754
65
La potenza đ âesima puĂČ essere sviluppata secondo la formula del binomio di
Newton, per cui
cos(đđ„) + đ sin(đđ„)
sinđ đ„=
(cos đ„ + đ sin đ„)đ
sinđ đ„= â (
đđ
) đđ cotđâđ đ„
đ
đ =0
.
Ora, considerandone la sola parte immaginaria, si puĂČ scrivere la seguente
espansione
sin(đđ„)
sinđ đ„= (
đ1
) cotđâ1 đ„ â (đ3
) cotđâ3 đ„ + ⯠.
Si supponga poi che đ sia un intero dispari, cioĂš si immagini che đ = 2đ + 1 , in
modo che lâultima relazione si possa scrivere nella forma equivalente
sin[(2đ + 1)đ„]
sin2đ+1 đ„= â (
2đ + 12đ â 1
) (â1)đâ1 cot2đ+2â2đ đ„
đ+1
đ=1
.
Valutando questa espressione in corrispondenza di uno zero non nullo đ„đ â 0
della funzione seno al primo membro, essa diventa
0 = â (2đ + 12đ â 1
) (â1)đâ1 cot2đ+2â2đ đ„đ
đ+1
đ=1
.
Se poi si scelgano soltanto gli zeri appartenenti nel primo quadrante, sicché
0 < đ„đ =đđ
2đ + 1<
đ
2 con đ = 1, 2, ⯠, đ ,
66
si puĂČ affermare che, essendo il quadrato della cotangente una funzione
invertibile nellâintervallo đœ, la sequenza
đĄđ = cot2đđ
2đ + 1
assume un valore diverso per ogni valore di đ = 1, 2, ⯠, đ. Si introduce allora un
polinomio di grado đ, definito come
đ(đĄ) = â (2đ + 12đ â 1
) (â1)đâ1 đĄđâđ+1 ,
đ+1
đ=1
le cui đ radici sono tutte reali e distinte e coincidono proprio con le precedenti
đĄđ . Siccome Ăš ben noto che, per un generico polinomio di grado đ(â„ 1)
đ(đĄ) = đđđĄđ + đđâ1đĄđâ1 + ⯠+ đ1đĄ + đ0 con đđ â 0 ,
la somma delle sue radici, contando le molteplicitĂ , Ăš pari a
somma delle radici = âđđâ1
đđ ,
nel caso in esame, si ottiene
â đĄđ
đ
đ=1
= â cot2đđ
2đ + 1
đ
đ=1
=(
2đ + 13
)
(2đ + 1
1)
=đ(2đ â 1)
3 ,
che era precisamente quanto si desiderava dimostrare.