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PAPERS, TESINE, TESI DI LAUREA Un manuale di pronto soccorso Ruggero Eugeni

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PAPERS, TESINE, TESI DI LAUREA Un manuale di pronto soccorso

Ruggero Eugeni

Tutti i diritti riservati

© 2013 Ruggero Eugeni www.ruggeroeugeni.com

Prima edizione: aprile 2013

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ATTENZIONE, GRAZIE!

Questo libretto è in versione Beta, dunque è qui davanti a voi per essere testato e

contestato. Osservazioni, suggerimenti, indicazioni sono più che ben accette! Per

favore, inviatele alla mia mail [email protected] oppure inserite un commento

nella pagina del mio sito www.ruggeroeugeni.com/papers_thesis_handbook.

Consultate questa stessa pagina del mio sito per controllare se ho inserito

correzioni, precisazioni e indicazioni aggiuntive oltre a quelle contenute nel libro.

Grazie a Marina Villa e Miriam de Rosa per alcuni suggerimenti di siti per la

ricerca bibliografica e la citazione di risorse.

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INTRODUZIONE

Questo manualetto nasce dalla mia esperienza di docente universitario, e in

particolare dalla mia crescente insofferenza per papers e tesi pensati, realizzati e

scritti male - ovvero nella quasi completa ignoranza di alcune regole di base che è

abbastanza semplice imparare e tener presenti -.

Il libro intende fornire (come il titolo recita onestamente) uno strumento di aiuto

immediato ed essenziale allo studente che tenti un primo lavoro di ricerca. Di qui

peraltro la scelta di editarlo in forma elettronica, affinché possa essere portato

facilmente nel proprio computer, tablet, e-reader o smartphone. Una volta che il

lettore abbia preso dimestichezza con le basi del lavoro, troverà ulteriori indicazioni

nella lista ragionata delle risorse da consultare che ho collocato alla fine.

Un chiarimento sul tipo di elaborato e sulla ricerca che presuppone. La

terminologia anglosassone distingue tre livelli di elaborato accademico: il “paper” (o

research paper, o term paper) viene prodotto nel corso degli studi universitari e in

genere è un prodotto puramente compilativo, ovvero non presenta parti di ricerca

originali; la “thesis” e la “dissertation” vengono invece prodotti rispettivamente alla

fine del percorso di studi universitari o del dottorato (PhD), e implicano a due

differenti gradi di complessità un lavoro di ricerca originale. In questo manuale

considero unitariamente questi differenti processi e prodotti, per varie ragioni:

anzitutto i processi di base dei tre prodotti si evolvono, ma non cambia la logica che li

guida; in secondo luogo spesso i paper contengono già alcune parti di ricerca originale

(uno studio di caso, un’analisi semiotica, una serie di interviste, ecc.) e costituiscono

una sorta di prova generale per la tesi; infine, i papers possono avvicinarsi talvolta al

format del progetto di tesi. Spetterà dunque al lettore scegliere nel seguito della

lettura cosa gli può interessare e cosa va oltre i limiti del lavoro che sta svolgendo.

Un caveat iniziale. Il metodo più semplice per fare una tesi è copiarla. Internet

abbonda di tesi già pronte, per non parlare del copia e incolla da Wikipedia e da altri

siti. Questo manuale non vi fornirà indicazioni in questo senso, perché ritengo che non

sia una buona idea. Una argomentazione in positivo la riservo per la fine di questa

introduzione; per il momento sia sufficiente rivelarvi che esistono software

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abbastanza affidabili che permettono a docenti e ricercatori di verificare il tasso di

plagio del vostro lavoro.

Lo schema del manuale segue le fasi di sviluppo della preparazione del paper o

della tesi. Tali fasi sono sostanzialmente tre: ideazione della ricerca, realizzazione del

progetto, stesura dell’elaborato; a ciascuna di esse corrisponde lo svolgimento di

determinate operazioni e la messa in opera di specifiche competenze, che

costituiscono l’oggetto della mia trattazione. Ne deriva il seguente schema

IDEAZIONE Individuazione dell’argomento, dell’approccio, e

dell’articolazione del lavoro

Cap. 1

Ricerca delle risorse necessarie Cap. 2

Gestione delle risorse Cap. 3

REALIZZAZIONE Analisi delle risorse Cap. 4

Ricerca applicata

STESURA Scrittura e impaginazione dell’elaborato Cap. 5

Metodi di riferimento alle risorse Cap. 6

Il lettore osserverà che le due sottofasi della realizzazione sono compattate in un

unico capitolo: questo avviene perché circa la ricerca applicata (i cui metodi

differiscono da una disciplina all’altra) potrò fornire solo qualche accenno veloce.

Inoltre nell’ambito della fase di stesura ho separato la scrittura dai metodi di citazione

bibliografica perché questi ultimi meritano per la loro complessità un

approfondimento specifico.

Avevo promesso di fornire una motivazione in positivo al mio invito a non copiare

la tesi. In realtà le motivazioni sono più d’una: scrivere un paper o una tesi dà la

soddisfazione, dopo anni di puro apprendimento, di realizzare una ricerca personale;

inoltre una tesi originale è un buon biglietto di presentazione al mondo del lavoro. Ma

la motivazione che più mi sta a cuore è un’altra. Il lavoro di stesura di una tesi, di una

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tesina e anche di un più umile paper insegna una cosa che nessun’altra occasione

formativa insegna in modo altrettanto forte: a innovare.

Fare una tesi insegna che per innovare occorre anzitutto umilmente documentarsi;

ordinare una letteratura bibliografica e alcune fonti su un certo argomento; capire

quali sono i punti imprecisi, scoperti, taciuti i censurati del dibattito; porsi di

conseguenza delle domande pertinenti che erano passate sotto silenzio; individuare

dei metodi rigorosi per proporre una risposta o una serie di risposte; svolgere di

conseguenza una ricerca applicata che possa essere seguita eventualmente replicata

da altri; esprimere con rigore e pacatezza le convinzioni maturate e le conclusioni

raggiunte. Insomma, realizzare un paper o una tesi vuol dire imparare a essere

sottilmente ma tenacemente sovversivi.

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CAPITOLO 1. LA COSTRUZIONE DEL PROGETTO

Il primo problema da affrontare riguarda la costruzione di un progetto che risulti

convincente per il proprio relatore, ma anzitutto per se stessi. Costruire un progetto

implica a sua volta sia l’individuazione di un argomento e della sua possibile

articolazione, sia la sua traduzione in una proposta scritta, sia ancora il tener conto di

alcuni aspetti pratici non meno importanti di quelli “teorici”.

La definizione dell’argomento: tema, prospettiva disciplinare e questione

portante

La definizione dell’argomento implica tre scelte che sono tra loro strettamente

collegate.

In primo luogo occorre localizzare un certo tema. “Localizzare” vuol dire anzitutto

delimitare: il tema che si intende studiare deve essere padroneggiabile, e quindi

necessariamente definito sia in termini storici che in termini sincronici. Non ha senso

lavorare su “I media contemporanei” (a meno che non abbiate deciso di riciclare la

vostra ricerchina di terza media). Ha già più senso un lavoro focalizzato sul “Il

videogioco tra i media contemporanei”, ma occorre essere ancora più specifici: un

lavoro corretto dovrebbe analizzare un certo tipo di videogioco, per esempio i

MMORPG (Massive(ly) Multiplayer Online Role-Playing Game, ovvero gioco di ruolo

online multigiocatore di gruppo), e studiare più in dettaglio un caso specifico.

D’altro canto “localizzare” vuole dire anche considerare il proprio oggetto specifico

sullo sfondo più ampio dei fenomeni di cui fa parte: i nuovi media e i videogiochi in

generale non scompaiono dal campo visuale del ricercatore, ma si collocano sullo

sfondo, con la loro storia e i problemi che condividono con i MMORPG e con un gioco

on line in particolare. Vedremo come questa procedura di localizzazione costituisca

un elemento fondamentale per la rilevanza e la significatività della ricerca.

In secondo luogo occorre individuare una specifica prospettiva disciplinare a

partire dalla quale esaminare il tema che si intende studiare. Ogni fenomeno si

presenta alla nostra attenzione inestricabilmente legato a discorsi , approcci, punti di

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vista forniti da differenti discipline. Per esempio possiamo studiare il nostro

videogioco on line da un punto di vista semiotico e narratologico, analizzando le

strutture narrative che ne sostengono lo sviluppo; oppure possiamo esaminare da un

punto di vista sociologico e antropologico (ma anche psicologico e psico sociale) i

fenomeni di addiction cui giungono alcuni giocatori incalliti; ma perché escludere una

considerazione economica dei mercati in cui è penetrato il prodotto e dei risultati

conseguiti? E quali potrebbero essere, da un punto di vista psico pedagogico, le

potenzialità educative del gioco?

Anche in questo caso occorre fare scelte mirate, dal momento che ciascun

approccio mette in luce aspetti differenti dello stesso oggetto di studio. Anche per la

prospettiva disciplinare gioca in ogni caso un meccanismo di localizzazione: pur nella

scelta di una certa prospettiva, lo studioso deve essere consapevole dell’esistenza di

approcci differenti che (nuovamente) vengono lasciati sullo sfondo del progetto di

ricerca.

Infine, una terza scelta riguarda la domanda o le domande fondamentali che il

ricercatore intende porre e porsi rispetto al tema e attraverso la prospettiva

disciplinare scelti. Perché mi interessa il MMORPG, e quel particolare gioco in modo

specifico? Cosa ritengo di poter dire di nuovo e di interessante rispetto agli interventi

che mi hanno preceduto? In cosa può consistere l’innovatività del mio intervento? Per

esempio, potrei osservare che i giocatori di un particolare MMORPG come World of

Warcraft vivono tra loro un legame sociale particolare, basato su usi costumi e azioni

comuni, analogo e differente al tempo stesso dal legame che si sviluppa nel mondo

reale; e posso decidere di chiedermi in cosa consiste tale legame e quali aspetti del

meccanismo del gioco lo alimentano e ne guidano lo sviluppo.

La localizzazione del tema, la prospettiva disciplinare e la messa in luce delle

domande fondamentali permettono di definire l’argomento del proprio lavoro. Per un

verso, è chiaro che le tre componenti si determinano e si rafforzano vicendevolmente:

la domanda mi permette di localizzare meglio il mio oggetto di studio e seleziona una

prospettiva disciplinare definita (che in questo caso è sociologica e antropologica, con

alcune componenti psicologiche e altre semiotiche che posso scegliere di lasciare sullo

sfondo o portare in primo piano). Per altro verso l’interazione tra le tre componenti

definisce la rilevanza o “impatto” della ricerca rispetto ai differenti contesti

(academici, ma anche professionali, sociali, politici, ecc.) in cui essa si colloca: a

partire dalla mia analisi specifica metto in gioco tematiche più ampie (quelle del

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legame sociale in ambienti virtuali: ecco l’importanza di una buona focalizzazione)

che rendono il mio lavoro fertile per ulteriori sviluppi della ricerca, interessante per

chi si occupa di problemi legati ai nuovi media, importante per chi lavora nel settore e

così via.

L’articolazione dell’argomento

La definizione dell’argomento implica già una sua possibile articolazione, ovvero un

suo sviluppo lineare. Introduco subito questo aspetto perché è importante abituarsi a

considerare immediatamente un certo argomento nella forma di una struttura

espositiva ben architettata, e quindi (come vedremo nel prossimo paragrafo) di un

indice. Questa articolazione permetterà infatti una gestione ordinata delle risorse che

verranno reperite e utilizzate, nonché delle idee e delle procedure di lavoro seguenti.

Occorre tener conto del fatto che l’articolazione dell’argomento (come anche la sua

definizione) emergono gradualmente e per progressive ristrutturazioni nel corso della

individuazione e della gestione delle risorse: l’argomento di questo capitolo e quello

del prossimo sono in tal modo inevitabilmente sovrapposti dal punto di vista delle

procedure. Inoltre la sua ridefinizione continuerà per tutta la fase della stesura, in

pratica fino alla fine del lavoro. In ogni caso queste trasformazioni avverranno a

partire da una “mappa” complessiva che per quanto in costante ristrutturazione resta

uno strumento fondamentale per organizzare i grandi blocchi del lavoro.

Nel caso della nostra tesi su WoW, per esempio, cominceremo a pensare una prima

parte dedicata ai grandi sfondi della ricerca: lo sviluppo del videogioco e del

videogioco on line; lo sviluppo e le relazioni reciproche di differenti approcci

disciplinari al videogioco; i tratti specifici degli approcci sociologici e antropologici e i

problemi legati alla relazione sociale on line. Potrei per esempio imbattermi

attraverso le mie letture preparatorie nella nozione di “sociabilità”, un termine

coniato dal filosofo e sociologo tedesco Georg Simmel nel 1910 per indicare il “sentire”

esperienziale della relazione sociale così come si manifesta in interazioni prive di

finalità pratiche (quale si riscontra appunto in certi giochi, o nel corteggiamento, o

nella conversazione); la mia domanda si precisa quindi in una ricerca sui fenomeni di

“sociabilità” in Wow, il che mi costringe a considerare una sezione della prima parte

dedicata al concetto e ai suoi sviluppi.

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Una seconda parte sarà invece dedicata al caso WoW: dovrò prevedere un esame

dei suoi sviluppi, dello stato attuale, delle reazioni critiche che ha suscitato, e così via.

Inoltre dovrò prevedere la messa in opera di una ricerca applicata originale, da farsi

in base a una metodologia ben definita (osservazione partecipante di sedute di gioco?

Registrazione delle mie stesse esperienze? Questionari o interviste in profondità a

giocatori? E come scelgo in giocatori in questo caso? Ecc.).

Al capitolo 4 scopriremo che sono possibili differenti “format” di articolazione

dell’elaborato finale; al momento però ritengo che il format appena illustrato (che

chiamerò in seguito “sperimentale”) costituisca la migliore ipotesi di lavoro possibile.

La proposta dell’argomento

Ieri è venuta da me una studentessa che mi ha chiesto di assumere un progetto di

tesi che aveva già parzialmente sviluppato con una collega. Il problema, è venuto

fuori, è che la collega non capiva il quadro complessivo di quanto la studentessa

andava scrivendo, e quindi le chiedeva di ristrutturare ogni volta tutto il lavoro. Non

ho assunto questo incarico perché non mi sembrava corretto, però ho consigliato alla

ragazza di far approvare anzitutto uno schema di lavoro dal docente, e poi di attenersi

a quello.

Come si evince da questo piccolo episodio, è buona norma redigere una proposta da

sottoporre al proprio relatore, mettendo nero su bianco il progetto del lavoro che si

intende svolgere, e richiedere una approvazione prima di iniziare il lavoro di

realizzazione e di stesura. Non posso negare che la redazione del progetto richiede un

certo sforzo e un certo dispendio di tempo (per esempio occorre avviare la

individuazione e la gestione delle risorse, di cui parleremo nel prossimo capitolo); ma

non si creda che sia tempo sprecato: anzi, come dimostra il piccolo episodio citato in

apertura aiuta a risparmiare moltissimo tempo in seguito.

La proposta deriva direttamente dalla definizione e articolazione dell’argomento, di

cui rappresenta la traduzione in forma di documento. Essa consiste di tre elementi:

L’introduzione (o “statement”), l’indice e la bibliografia

L’introduzione è lunga due o tre cartelle; non costituisce la introduzione che

scriverete alla fine del lavoro, ma ne ricalca grosso modo la struttura (cfr. capitolo 4).

In essa direte di quale tema intendete occuparvi, quale o quali prospettive disciplinari

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intendete adottare, e quali domande fondamentali intendete porre e porvi attraverso

il lavoro. Specificherete in che modo volete articolare il vostro lavoro e quali

metodologie di ricerca intendete utilizzare nella parte applicativa. Chiarirete inoltre

perché tale argomento appare interessante, rilevante e significativo rispetto a uno o

più contesti (studi sul tema, fenomeni socialmente evidenti, la vostra storia

personale, ecc.). Infine aggiungerete qualche nota pratica su circostanze che

giustificano la ricerca o ne rendono possibile lo svolgimento (un vostro cugino è il

maggior esperto mondiale di WoW, volete lavorare o state già lavorando nel settore

videoludico, ecc.).

L’indice, per quanto non definitivo, sarà già articolato per paragrafi e

sottoparagrafi. Riprendo anche in questo caso l’ipotesi di lavoro di un format

“sperimentale”: chi è curioso di conoscere le alternative può andare subito a leggersi il

capitolo 4. Avremo dunque:

1. Il videogioco e i MMORPG 1.1. Il videogioco: elementi storici 1.2. Il MMORPG: evoluzione di un fenomeno 1.3. MMORPG, new media, social media: le tendenze attuali

2. Il concetto di sociabilità 2.1. George Simmel e le origini del concetto di sociabilità 2.2. L’evoluzione del concetto nella sociologia fenomenologica 2.3. Sociabilità e new media: attualità del concetto 2.4. Ipotesi e questioni per una ricerca su MMORPG e sociabilità

3. Il caso World of Warcraft (WoW) 3.1. Origini di WoW 3.2. Evoluzione di WoW 3.3. I caratteri attuali di WoW

4. World of Warcraft: una ricerca sul campo 4.1. Nota metodologica 4.2. Ruoli di gioco, miti e riti condivisi 4.3. Azioni e missioni condivise 4.4. Un caso esemplare: la conquista della pozione di Kokkolino 4.5. Conclusioni: la costruzione della sociabilità in WoW

5. Conclusioni: per una articolazione del concetto di sociabilità nei media contemporanei

La bibliografia, infine, non è al momento estesissima: dai 5 volumi di un paper ai 15

di una tesi. Tuttavia è importante che essa sia ben selezionata, e che i testi indicati

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siano quelli fondamentali su cui si base la vostra ricerca. E’ necessario che fin da

questo momento la citazione dei libri e più ampiamente delle risorse avvenga in

maniera corretta, per cui invito il lettore a guardare le norme che illustro

estesamente al capitolo 5.

L’avvio del progetto: alcuni aspetti pratici

Ho lasciato per ultimi alcuni aspetti più pratici, ma non per questo meno

importanti.

• Sulla scelta dell’argomento pesano senz’altro le motivazioni “interne” al

campo della ricerca che ho illustrato, ma pesano ugualmente

motivazioni “esterne” (ne ho accennato nell’introduzione della

proposta): occasione di accesso a materiali e documenti particolari,

stages che hanno portato a conoscere determinate realtà, lavoro

condotto in gruppo con altri studenti, esistenza di una bibliografia

accademicamente assestata (non sempre ne esiste una per fenomeni

molto recenti) o di altre risorse accessibili, e così via. Ritengo

importante considerare da subito che un paper o una tesi sono anche

occasioni per entrare in contatto con il mondo del lavoro, oppure un

biglietto da visita per presentarsi a successivi colloqui, o per accedere a

un master, o per imparare a unsare certi strumenti (per esempio

software spcialistici). In definitiva la scelta dell’argomento deve tener

conto di parametri differenti e cercare una loro conciliazione: interesse

personale, fattibilità della ricerca, sua rilevanza e impatto, “spendibilità”

futura del lavoro svolto.

• La scelta del docente di riferimento, o relatore, è un problema delicato.

Occorre tener conto della sua gentilezza e disponibilità, ma anche della

sua competenza nel settore specifico in cui desiderate lavorare. Inoltre

molti docenti sono professionisti che insegnano in Università a

contratto, e dunque potrebbero avere scarsa propensione per tesi

teoriche (ma una buona conoscenza di prima mano di certi fenomeni).

Spendete un po’ di tempo a informarvi sui docenti, leggete i loro

curricula che dovrebbero essere on line, leggete i loro libri, parlate con

latri studenti e consultate blog forum e pagine Facebook.

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• Molti manuali soprattutto anglosassoni esortano lo studente a

programmare in termini temporali il proprio lavoro; senza farsi

ossessionare troppo dagli scheduling, è comunque una buona idea farsi

un programma di massima – anche per rispettare le scadenze di

consegna dell’argomento e del certificato di avanzata elaborazione in

segreteria nel caso delle tesi -. Suggerisco di assegnare un tempo

ragionevole al lavoro, in relazione alle sue dimensioni, e dividere il

periodo in tre parti più o meno uguali: progettazione, elaborazione,

stesura.

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CAPITOLO 2. LA RICERCA DELLE RISORSE

Possiamo considerare una ricerca scientifica come un lavoro di elaborazione di

risorse esistenti in vista della produzione di nuove risorse. Il ricercatore parte da una

serie di elementi già esistenti (libri, articoli, materiali sonori o audiovisivi) o ne

costruisce appositamente (questionari, interviste, trascrizioni ecc.) al fine di

produrre un lavoro finale che non costituisca solamente una somma delle parti, ma

rappresenti una nuova risorsa riutilizzabile da altri ricercatori.

In questo capitolo esamino anzitutto cosa sono le risorse e in cosa si differenziano

tra loro; descrivo quindi come è possibile individuare e procurarsi una serie di risorse

già esistenti (principalmente bibliografiche e di tipo accademico) su cui basare il

proprio lavoro. Nel prossimo capitolo (strettamente connesso al presente) vedremo

come gestire e organizzare tali risorse affinché siano utili per la prosecuzione della

ricerca.

Le risorse: cosa sono e a cosa servono

Sto usando e userò il termine “risorse” piuttosto che quello di “bibliografia” o “fonti

bibliografiche” in quanto (a differenza solo di pochi anni fa) è oggi impensabile

limitare il lavoro di ricerca ai soli libri e riviste. Intendiamoci: gli strumenti del libro e

dell’articolo scientifico rimangono centrali; ma ad essi si affiancano un gran numero

di altri tipi di risorsa che possono essere utilmente affiancate e integrate al solo

strumento bibliografico. Tuttavia, il termine “risorsa” è inevitabilmente vago:

dovremo quindi introdurre alcune distinzioni al suo interno.

Una prima serie di distinzioni riguarda le funzioni svolte dalle risorse nel lavoro di

ricerca. A questo proposito occorre distinguere tra:

Risorse – strumento (“fonti

secondarie”)

Sono le risorse che premettono di

⇒ Risorse critiche:

sono testi scritti, filmati, grafici,

ecc. che affrontano argomenti

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acquisire le informazioni, gli strumenti

concettuali e metodologici necessari per

affrontare la ricerca

inerenti la vostra ricerca (per

esempio un volume sulla storia del

videogioco o un corso universitario

on line sul concetto di sociabilità e

le sue evoluzioni)

⇒ Risorse metodologiche

sono risorse che presentano gli

strumenti metodologici di cui vi

servirete (per esempio un manuale

di antropologia dei media o un

tutorial sull’analisi semiotica dei

videogiochi)

Risorse – oggetto (“Fonti primarie”)

Sono le risorse sulle quali si basa la

vostra ricerca applicata, i materiali che

avete deciso di studiare e che mettete a

disposizione della comunità scientifica

per la eventuale verifica o la ripresa della

vostra ricerca

⇒ Risorse reperite

sono risorse preesistenti che

assumete per studiarle: per

esempio la manualistica on line per

giocare a WoW, o il il videodiario di

un giocatore incallito

fortunosamente reperito on line)

⇒ Risorse costruite

sono le risorse che voi stessi

costruite e che divengono oggetto

della vostra analisi: una intervista

a un responsabile della gestione dei

server di WoW, la registrazione

digitale di alcune vostre ore di

gioco, e così via)

Quanto dirò in questo capitolo e nei due seguenti circa la ricerca, la gestione e

l’analisi delle risorse è valido per le risorse – strumento e per buona parte delle

risorse oggetto individuate (ovvero per tutte quelle risorse che implicano un lavoro di

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reperimento); delle risorse prodotte parleremo invece rapidamente nel paragrafo del

capitolo 5 dedicato ai metodi della ricerca applicata.

Le risorse: come si distinguono e come se ne valuta l’affidabilità

Un secondo criterio di distinzione delle risorse si applica soprattutto alle risorse –

strumento e riguarda la loro tipologia mediale e la loro potenziale attendibilità, ovvero

il loro statuto scientifico. Nel ricercare le risorse è bene infatti comprendere che non

tutto quello che potete trovare possiede il medesimo “peso” e lo stesso riconoscimento

scientifico. Questo non vuol dire che non si possano utilizzare altre fonti, né che

queste non possano contenere idee e spunti interessanti; ma occorre tener presente

che alcune risorse, al contrario di altre, hanno ricevuto una serie di controlli (da parte

di curatori, editors, comitati scientifici , peer reviewer, ecc.) miranti ad accertare che

esse rispondessero a determinati standard di qualità e di attendibilità scientifica.

Vedremo nel prossimo capitolo come tale differente qualità delle risorsse influisce

anche sul loro uso all’interno del vostro lavoro.

Se elenchiamo le possibili risorse secondo tale criterio, da un grado massimo a uno

via via minore di reputazione scientifica, otteniamo la seguente lista:

a) libri accademici (individuali o collettivi), riviste scientifiche

(“Journals”), tesi e tesi di dottorato sia cartacei che elettronici;

b) libri non strettamente accademici (“trade”, o “di varia”), ma comunque

di spessore scientifico, articoli di divulgazione scientifica, sempre sia in

formato cartaceo che elettronico

c) “risorse nodo”: enciclopedie (sia cartacee che elettroniche), siti tematici,

reference books, ecc.

d) banche dati numeriche e report di ricerche quantitative e qualitative

e) siti, blogs, e altre risorse sul web;

f) video o audiocorsi universitari on line;

g) articoli su magazines e riviste di ampia diffusione

h) filmati, extra di DVD, canzoni, ecc.

Anzitutto troviamo al punto a) pubblicazioni accademiche in senso stretto,

normalmente edite da case editrici che fanno capo a delle università (le “University

Press”), inserite in collane di volumi che possiedono un occhiuto comitato scientifico,

oppure articoli ospitati in riviste scientifiche dotate di un meccanismo di “peer

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review” (ogni articolo per essere pubblicato deve essere approvato da almeno due

studiosi dello stesso settore). Alcuni volumi accademici si presentano come testi

collettivi, sia raccolte di saggi originali di autori differenti (spesso pubblicazioni di atti

di Convegni) che antologie di saggi già pubblicati; come vedremo si tratta di risorse

molto utili perché permettono l’accesso istantaneo a visioni di insieme di un certo

campo di studio. Anche le tesi di laurea magistrale e soprattutto quelle di dottorato

sono ascrivibili a questa categoria, in quanto hanno passato l’esame di una

commissione di specialisti: esse sono reperibili nei repository delle università, e in

alcuni casi vengono indicizzate da alcuni aggregatori di risorse (ne parleremo tra

poco).

Una seconda fascia di pubblicazioni, che pongo al punto b), consiste in libri o

articoli non strettamente specialistici, di taglio divulgativo alto, scritti da specialisti

affermati di un certo settore e basati su una bibliografia di tutto rispetto (per esempio,

per restare al nostro esempio, il libro ben documentato di un importante

neuroscienziato che discute su come il videogioco possa trasformare le connessioni

neurali degli adolescenti). Pur non essendo editi da case editrici universitarie, queste

risorse sono molto utili (e spesso influenti in alcuni settori del dibattito scientifico)

soprattutto per la costruzione delle parti di sfondo della tesi o del paper.

La fascia di pubblicazioni al punto c) sono tutte quelle risorse (enciclopedie,

reference book, dizionari tematici, ecc.) che si prestano alla consultazione e che

rimandano a risorse più specifiche: le chiamo “risorse nodo” per accentuare questo

ruolo di “hub” della ricerca. Il loro livello di scientificità può essere differente (alcune

più specialistiche sono edite da case editrici accademiche e sono soggette agli stessi

meccanismi di controllo delle pubblicazioni del punto a), come differente può essere la

reputazione scientifica dell’estensore della singola voce; si tratta in ogni caso di

strumenti molto utili per un primo orientamento in un certo settore di studi o per

acquisire informazioni di fondo in modo veloce. Ne parleremo ancora tra poco.

Al punto d) troviamo banche dati di tipo numerico, report e tabelle risultanti da

ricerche di vario tipo, sia quantitative (per esempio dati di ascolto o di consumo) che

qualitative (risultati ddfi questionari e interviste). In questo caso è importante

controllare sia la società o l’istituzione che hanno eseguito la ricerca, sia i protocolli

metodologici seguiti (che dovrebbero essere esplicitati).

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Il punto e) riguarda le risorse sul web non accademiche; qui il discorso è delicato,

perché talvolta si tratta di risorse preziose, ricche di rimandi bibliografici e

aggiornate, in altri casi troviamo interventi di persone squilibrate, o per lo meno di

parte. In questi casi non resta che controllare bene i rimandi, tener d’occhio il suffisso

del sito “.edu” e .”org” rimandano a istitituzioni) e in genere capire se il tono del

discorso è sufficientemente distaccato e credibile. Rimando alla lista ragionata delle

risorse di approfondimento alla fine del manuale per altre indicazioni in merito.

Il punto f) riguarda il fenomeno in espansione dei videocorsi e degli audiocorsi (i

cosiddetti MOOC, massive open online course) che molte università anche prestigiose

offrono gratuitamente sul web. E’ bene in questi casi consultare una delle piattafome

che aggregano tali corsi: ItunesU di Apple, scaricabile da ITunes; Coursera della

Harvard University, https://www.coursera.org/; Udacity, nato alla Stanford

University da un gruppo di imprenditori privati: https://www.udacity.com/; EdX, nato

da una joint venture dell’ MIT e della Stanford University https://www.edx.org/. I

corsi presenti in queste piattaforme sono certificati accademicamente; suggerisco di

usare questi corsi (e le bibliografie che essi suggeriscono) per approfondire tematiche

specifiche in modo relativamente piacevole, anche se bisogna mettere in conto

parecchio tempo per ascoltare le singole lezioni.

Il punto g) riguarda articoli di magazines o di quotidiani ovviamente di qualità, che

riportano in modo riassuntivo e a scopi divulgativi i risultati di ricerche recenti, o

fotografano un certo fenomeno emergente, o esprimono un parere qualificato. Possono

capitare sotto gli occhi per caso, oppure potete decidere di seguire sistematicamente

una o più testate che sapete possono includere materiali utili rispetto al vostro campo

di interessi. Può essere utile usare a questo scopo degli aggregatori di notizie e di

news, come ad esempio Flipboard (http://flipboard.com/) o Longform

(http://longform.org/), che funzionano soprattutto come app pe tablet.

Il punto h) non ha bisogno di particolari commenti: segnalo solo per la loro utilità

alcuni extra di DVD che contengono notizie utili su un certo film o programma

televisivo. Ovviamente in tutti questi casi occorre verificare per quanto possibile le

proprie fonti.

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L’individuazione delle risorse: le monografie

Una volta definiti i differenti tipi di risorse, passo a descrivere come effettuare la

loro ricerca. Mi concentro in modo particolare sulle risorse più strettamente

accademiche, ovvero quelle dei punti dei punti da a) a c) del paragrafo precedente -

anche se alcune delle indicazioni che daremo servono anche a procurarsi risorse

ascritte ai punti successivi, comunque utili per risalire a materiali più strettamente

accademici -.

Ricercare le risorse vuol dire due cose distinte: “individuare” che una certa risorsa

esiste ed è quindi reperibile, e “reperire” la risorsa in sé in modo da poterne prendere

visione. Anche se c’è (come vedremo) una parziale sovrapposizione tra le due attività,

tratteremo i due casi separatamente. Esaminiamo anzitutto i processi di

individuazione delle risorse.

Il vostro relatore potrebbe avervi dato un primo orientamento bibliografico: nel

migliore dei mondi possibili il relatore vi invia una mail con qualche libro di partenza

per orientarvi, oppure vi segnala un suo libro in cui ha già elencato e commentato la

bibliografia che vi potrebbe servire, oppure vi rinvia a un collega che potrebbe fare

tutto ciò. Ma non sempre questo avviene, per varie ragioni; e anche quando avviene, il

primo suggerimento del vostro relatore non vi dispensa da una ricerca personale.

Passiamo dunque a descrivere come si individuano risorse accademiche.

Il punto di partenza sono gli Opac, un acronimo che sta per Online Public Access

Catalogues, ovvero i cataloghi informatizzati delle biblioteche. Dal momento che essi

sono milioni, suggerisco due criteri per procedere. Il primo è il criterio dei cerchi

concentrici: partite dalla biblioteca della vostra università, passate a quelle di

eventuali altre università, a quella pubblica cittadina, a quella regionale, e così via. Il

secondo criterio è l’uso dei meta-Opac, ovvero dei siti che permettono di interrogare

più opac contemporaneamente risparmiando tempo: per esempio il Mai (Metaopac

Azalai italiano: http://www.aib.it/aib/opac/mai2.htm3) consente di interrogare

cumulativamente i cataloghi degli Opac italiani, eventualmente restringendo la

ricerca per regione; una funzione analoga è svolta dal sito del Servizio Bibliotecario

nazionale (http://www.sbn.it/opacsbn/opac/iccu/free.jsp). Per quanto riguarda gli

Opac stranieri, consiglio di usare KVK (Karlsruhe Virtueller Katalog), il metaopac del

Karlsruhe Institute of technology (D), che ha già selezionato gli Opac internazionali

più interessanti (http://www.ubka.uni-karlsruhe.de/kvk_en.html); nella ricerca con

18

KVK includete sempre WorldCat, un altro metaopac internazionale che raduna i

cataloghi di 72.000 biblioteche.

Il primo metodo di interrogazione dei cataloghi sarà per soggetto, ovvero per parole

chiave. Le parole chiave possono avere differenti livelli di “ampiezza” e quindi potrò

aspettarmi liste di citazioni di lunghezza differente. Per esempio se interrogo un

metaopac come KVK con la parola “World of Warcraft” ricaverò una quindicina di

opere interessanti; se uso le parole “sociabilità”, “sociability” o “Georg Simmel” ne

ricaverò tra le trenta e le quaranta citazioni; se uso i termini “videogames” o

“antropologia” sarò inondato da una mole ingestibile di citazioni. Per questa ragione

consiglio di procedere inizialmente a interrogare il solo Opac della vostra università

con parole chiave “ampie”, in modo da ricavare un numero gestibile di citazioni che,

una volta esplorate, vi indirizzeranno verso altri eventuali testi che, pur essendo

importanti, non sono stati acquisiti dalla vostra biblioteca. Le parole chiave ristrette

potranno invece essere applicate anche ai metaopac più massicci, anche per

incrociare i dati e verificare quali sono i titoli che ricorrono con maggior frequenza –

sintomo si può supporre di una certa rilevanza -.

Umberto Eco fa bene nel suo manuale a insistere sul fatto che l’interrogazione dei

cataloghi richiede applicazione e un po’ di astuzia. Dovrete procedere per termini

vicini (per esempio “sociabilità” potrà essere accostato a “sociazione”), oltre a

sottoporre sempre lo stesso termine alla traduzione in differenti lingue.

Un secondo metodo di individuazione delle risorse passa attraverso l’uso dei motori

di ricerca web. Partire da Google o da un altro motore di ricerca generalista non è

sempre una buona idea: certo, Google può portarvi a qualche risorsa interessante per

ulteriori orientamenti, ma vi darà anche molti risultati “sporchi” che vi faranno

perdere tempo (il primo risultato per “sociability” è un blog di Wordpress). Meglio

usare direttamente due strumenti più precisi. Il primo è Google Scholar

(http://scholar.google.it/), che presenta risultati ottenuti scandagliando un gran

numero di fonti accademiche (cito dal sito stesso: “documenti approvati per la

pubblicazione, tesi, libri, abstract e articoli di case editrici accademiche, ordini

professionali, database di studi non ancora pubblicati, università e altre

organizzazioni accademiche”). Il secondo strumento è Google Books

(http://books.google.it/), un servizio di Google basato sulla digitalizzazione di milioni

di volumi (come diremo è possibile in alcuni casi la preview di una parte del libro).

19

Connesse ai motori ma distinte da essi (e più precise) sono le Subject Directories,

ovvero archivi di siti Internet ordinati per soggetto. Una cautela deriva dal fatto che le

directories sono meno aggiornate dei motori di ricerca, perché vengono compilate solo

in parte da motori software e per lo più da un soggetto umano (spesso una equipe di

bibliotecari); per questa stessa ragione però esse sono più precise e il loro contenuti

sottoposti a controlli di qualità; inoltre i siti sono accompagnati da annotazioni molto

accurate che permettono di farsi un’idea della loro utilità. Le quattro principali

directories sono ipl2 (http://www.ipl.org/), che nasce da un consorzio il quale a sua

volta fonde due realtà preesistenti(Internet Public Library (IPL) e Librarians'

Internet Index (LII)), recensisce oltre 40.000 siti e effettua controlli di qualità molto

alti; Infomine (http://infomine.ucr.edu/), delle biblioteche dell’Università della

California, con più di 125.000 siti; About (http://www.about.com/#!/editors-picks/),

con oltre 2 milioni di siti; e Yahoo directories (http://dir.yahoo.com/), con circa 4

milioni di siti: le ultime due sono più commerciali e meno accademiche, date anche le

loro dimensioni.

Infine, la ricerca di volumi utili passa attraverso la consultazione di quelle che ho

chiamato delle risorse-nodo: enciclopedie, dizionari tematici, reference books, ecc.

Ascriviamo a questa sezione anche alcuni volumi collettivi (collezioni o antologie),

soprattutto per le loro introduzioni. Si tratta qui di un primo caso di sovrapposizione

tra individuazione e reperimento, perché dovrete procurarvi “fisicamente” questi libri

e leggerli per vedere inquadrato in certo settore di studio o di dibattito e ricavarne i

testi da cercare più urgentemente. Può trattarsi anzitutto di volumi cartacei (per

esempio consulterei senz’altro la voce “sociabilità” del Dizionario di Sociologia di

Luciano Gallino), oppure di CD Rom da cercare all’interno delle risorse elettroniche

della biblioteca. Può però trattarsi anche di risorse on line: ovviamente Wikipedia, da

consultare in più di una lingua, ma anche la Treccani

(http://www.treccani.it/enciclopedia/), L’Enciclopedia britannica

(http://www.britannica.com/) e altre più specialistiche come la spesso ottima e

comunque aggiornata Enciclopedia Filosofica dell’Università di Stanford

(http://plato.stanford.edu/). Alcune enciclopedie on line sono a pagamento, ma le

prime consultazioni sono gratuite. Inoltre è possibile che se lavorate dalla vostra

università, questa abbia stipulato un abbonamento per l’uso di alcune risorse

elettroniche.

20

L’individuazione delle risorse: gli articoli di rivista scientifica

Fino a questo momento le risorse che abbiamo ricercato erano sostanzialmente

monografie a stampa o elettroniche (anche se attraverso i motori di ricerca e le

Direttrici per Soggetto avete forse incontrato siti Internet e riviste elettroniche

utilizzabili). Esaminiamo ora in modo specifico come individuare un articolo su rivista

scientifica pertinente per il vostro lavoro.

La via più semplice è che abbiate trovato citato in un libro o in un articolo di

enciclopedia un certo articolo su rivista: a questo punto tornate all’Opac della vostra

università e con il solito metodo a cerchi geografici concentrici cercate la rivista e

l’annata che vi serve (se è recente potreste trovarlo in formato elettronico). Nel caso

non trovaste nulla, potete rivolgervi al catalogo nazionale italiano dei periodici,

ospitato dall’Università di Bologna ( http://www.biblioteche.unibo.it/acnp) e chiedere

eventualmente un prestito interbibliotecario.

Più spesso tuttavia, soprattutto all’inizio del lavoro, potreste voler o dover

effettuare una ricerca per parole chiave tra gli articoli di rivista. In questo caso ci si

rivolge ad aggregatori di articoli di rivista scientifica, che forniscono tutti i dati

bibliografici e un abstract del lavoro. Gli aggregatori non coprono tutti i milioni di

riviste scientifiche esistenti, ma solo quelle che hanno fornito prova di affidabilità

scientifica e di regolarità di uscita. Si tratta comunque di un compito piuttosto lungo,

in cui è molto importante usare parole chiave mirate e di ampiezza ristretta (cfr.

sopra).

I due aggregatori più conosciuti sono ISI Web of Knowledge (WOK), e Scopus. Il

primo, legato alla casa editrice Thomson Reuters, è un aggregatore suddiviso in vari

database distinti per ambito disciplinare e tipo di risorsa censita; la sezione

principale, Web of Science, segue circa 12.000 riviste scientifiche (comprese molte

open access) e 150.000 atti di Convegni, procurando indicizzazioni per parole chiave

e abstracts. L’indirizzo web è personalizzato per le università e le istituzioni che si

abbonano, ma potete trovare tutte le informazioni al sito http://wokinfo.com/. Scopus

(http://www.scopus.com/home.url) è invece legato all’editore Elsevier, e copre 18.000

riviste. Le aree disciplinari interessate sono prevalentemente quella biomedica, il

campo scientifico e tecnologico, le scienze sociali ed economiche. Più limitato il campo

di un altro aggregatore, che però è anche maggiormente focalizzato sulle scienze

umane e sociali: Periodical Index Online (http://pio.chadwyck.co.uk/), legato alla

21

Proquest, che contiene riferimenti ad articoli dall’Ottocento a oggi. Segnalo infine i

database della Ovid Technologies, della casa editrice Wolters Kluwer, specializzata

fino a qualche anno fa in riviste mediche, ha di recetne rilevato alcuni data base

dell’area humanities e performing arts, soprattutto in campo cinematografico

(l’indirizzo specifico di quest’area è

http://www.ovid.com/webapp/wcs/stores/servlet/category_Visual-Performing-

Arts_13051_-1_9013056_50029474).

Il reperimento delle risorse: le monografie

Nella nostra esposizione abbiamo distinto tra l’individuazione e il reperimento delle

risorse. In realtà abbiamo visto che le due pratiche si intrecciano: per esempio, il

reperimento delle risorse – nodo è necessario per rilanciare la ricerca; ugualmente,

vedremo che in alcuni casi gli ambienti che consentono di procurarsi una risorsa

permettono anche di individuare libri e articoli che erano sfuggiti al primo passaggio.

Partiamo dal reperimento del libro cartaceo. Le possibilità sono l’acquisto, il

prestito o la consultazione.

Comprare un libro può essere una buona idea se si tratta di un volume importante

per il vostro lavoro, di cui quindi dovrete sfruttare ampie parti (vedi più avanti il

paragrafo sulla fotocopiatura). In questo caso avete a disposizione due possibilità:

librerie fisiche o virtuali. Le librerie fisiche presentano una serie di plus non

indifferenti: in alcune ci sono librai che potrebbero consigliarvi, i libri si possono

sfogliare liberamente, ci si può orientare tra gli scaffali e scoprire risorse insperate,

ecc. ecc. Quanto alle librerie digitali, possono avere a disposizione o edizioni cartacee

(spedite via posta) oppure anche o solo edizioni digitali (inviate immediatamente via

delivery elettronico: devo quindi anticipare qualcosa su questo punto). Le principali

librerie digitali sono www.amazon.it (libri sia cartacei con consegna a casa sia e book

in formato .mobi quindi per Kindle); Google Play

(https://play.google.com/store?hl=it), La Feltrinelli (http://www.lafeltrinelli.it/), e

varie altre. ITunes store (https://itunes.apple.com/, si accede dal programma Itunes)

non è molto fornita sul versante accademico. Se optate per un ebook, tenete presente

quanto dirò più avanti sui differenti formati.

Sul prestito del libro cartaceo ricordo la possibilità di prestiti interbibliotecari:

informatevi presso la vostra biblioteca sulle modalità.

22

Per quanto riguarda la consultazione, essa conduce talvolta a esplorare da soli gli

scaffali alla ricerca di qualcosa che era sfuggito oppure per procurarsi i reference

book (o risorse – nodo. Enciclopedie, dizionari, ecc.). E’ un’ottima idea, anche se

prende un po’ di tempo: è un po’ come decidere di lasciare l’autostrada per tentare

stradine secondarie, oppure come quando Luke Skywalker alla fine di Guerre stellari

decide di lanciare il proiettile decisivo contro La morte nera facendo a meno del

computer. L’unico consiglio è di informarvi preventivamente sul metodo di

dislocazione dei volumi: sale di consultazione molto grandi rischiano di far perdere

molto tempo solo per orientarsi; i due criteri più usati sono la classificazione Dewey

(Dewey Decimal Classification system, DDC) e la classificazione della Library of

Congress (Library of Congress Classification system, LCC), ma informatevi prima di

entrare.

Passiamo alle risorse elettroniche: come procurarsi libri digitali di carattere

accademico via web? Abbiamo già parlato sopra dell’acquisto mediante una libreria

virtuale. Quanto al prestito e alla consultazione, nel momento in cui scrivo stanno

partendo alcuni servizi sperimentali di digital library sia pubblici che privati; la

vostra università potrebbe essere abbonata per esempio a ebrary

(http://www.ebrary.com/corp/, un sito che potrete comunque usare per le ricerche di

volumi anche se non potrete scaricarli) e lo mette a disposizione di studenti e

laureandi. Più frequente il caso di singole case editrici che rendono disponibili solo per

la consultazione online e a pagamento i loro libri: è il caso per esempio de il Mulino con

il sito http://www.darwinbooks.it/.

E’ anche possibile tuttavia ottenere risorse open access, ovvero volumi che

possono essere scaricati e usati gratuitamente. Ci sono vari tipi di libraries di questo

tipo. Una prima categoria riguarda testi fuori diritto, utilizzabili per gli aspetti storici

del proprio lavoro: Internet Archive (http://archive.org/, una banca dati di libri ma

anche di film, files audio e musicali; in particolare per i libri

http://archive.org/details/texts), di cui fa parte anche il progetto Gutenberg

(http://www.gutenberg.org/wiki/Main_Page); il progetto Wikisource, legato a

Wikipedia (http://it.wikisource.org/wiki/Pagina_principale); il progetto Open Library,

con un gran numero di testi fuori diritto soprattutto dell’Ottocento e primo Novecento

(http://openlibrary.org/); il sito della Munsey, una libreria digitale di testi di libero

dominio (http://www.munseys.com/site/home); la libreria digitale Feedbooks

(http://www.feedbooks.com/publicdomain); la messa in rete di un gran numero di

23

testi rari della cultura francese attuato dalla Biblioteca nazionale con il progetto

Gallica on line (http://gallica.bnf.fr/), Liber Liber, una sorta di Internet Archive

italiano (http://www.liberliber.it/home/index.php), che ospita anche il progetto

Manuzio (http://www.liberliber.it/progetti/manuzio/) ; il progetto della Biblioteca

italiana, che fa capo alla Università La Sapienza di Roma ed è dedicato a testi della

nostra letteratura (http://www.bibliotecaitaliana.it/exist/bibit/). Trovare altre banche

dati di ebook gratuiti è molto semplice, basta digitare su Google “free e books” o “free

academic ebooks”; in ogni caso una lista molto ampia è in http://rrut.com/download-

free-ebooks/.

Una seconda tipologia di strumenti per l’accesso a libri open access sono delle

comunità i cui membri mettono a disposizione alcuni libri fuori diritto, o in cui è

possibile anche in alcuni casi acquistare libri: tale è per esempio il caso di Scribd

(http://www.scribd.com/), che richiede un pagamento o quotidiano o mensile o

annuale per poter partecipare alle attività. Spesso le risorse a disposizione sono

papers o tesine come quella che state preparando voi, oppure programmi di corsi e

vari altri materiali; in alcuni casi però vengono fuori anche volumi utili. Un altro

esempio è Aaaaaarg.com (http://aaaaarg.org/library), che richiede una iscrizione

gratuita e permette di raggiungere presenta un gran numero di libri (per ragioni di

diritti rimanda a files depositati in Rapidshare, fornendo link che permettono di

scaricare i libri digitali; inoltre la ricerca avviene solo in base al nome dell’autore).

Un terzo strumento, molto utile anche se limitato, è Google Book. L’accesso ai

volumi è limitato da accordi con gli editori (ma in alcuni casi potete acquistare

direttamente il libro mediante il servizio Google Play). E’ anche possibile scaricare le

porzioni visibili dei libri mediante il software (per Mac) Google Book Downlader

(gratuito), scaricabile da http://hactheplanet.com/. In ogni caso Google impedisce al

software di scaricare più del 15 % del libro complessivo.

Un quarto strumento di individuazione e reperimento di risorse bibliografiche

open access (che ho lasciato in fondo solo per riservare il meglio per la fine) è la

Directory of Open Access Books (http://www.doabooks.org/doab), una Istituzione che

rende visibili in libri accademici rilasciati in modalità Open access (in base a licenze

Creative Commons: vedi il paragrafo finale di questo capitolo) da parte di un buon

numero di editori (per esempio l’Amsterdam University Press). Pur non essendo

moltissimi, si tratta di volumi seri e interessanti. Per chi si occupa di film studies

24

inoltre il blog http://filmstudiesforfree.blogspot.it/ riposta un buon numero di libri e

altre risorse gratuitamente disponibili in questo settore.

Un discorso a parte va fatto per una quinta categoria di strumenti per il

reperimento delle risorse bibliografiche: le banche data pirata. Non parlo di quelle che

mettono a disposizione contenuti a pagamento, di cui è meglio diffidare. Neppure

parlo dell’uso di sistemi peer to peer, mediante software quali eMule e BitTorrent: in

questi casi è comunque difficile trovare libri utili per un paper o un lavoro di tesi.

Alludo piuttosto a banche dati rivolte specificatamente a un pubblico accademico, che

però non rispettano in senso stretto le norme del diritto d’autore (cfr. il paragrafo

finale del capitolo). Il primo tentativo di questo tipo, library.nu, è stata fatta chiudere

nel 2012 con l’obbligo di cancellare completamente dai server i libri a disposizione.

Attualmente sopravvivono quattro di queste strutture: http://bookos.org/ ,

http://en.bookfi.org/, http://libgen.info/index.php (è in cirillico, ma di facile

comprensione) e http://gen.lib.rus.ec/search.php). Tenete conto che scaricare e usare

libri da queste banche è illegale. Personalmente ho risolto il problema in questo modo:

uso queste banche per fare ricerca bibliografica e quindi procurarmi solo le citazioni

bibliografiche. Nel caso trovi libri davvero utili per la ricerca che sto svolgendo,

acquisto il libro mediante una libreria digitale (per esempio Amazon); nel caso non sia

resa disponibile copia digitale del libro, acquisto la copia cartacea e scarico quella

digitale per uso personale (metto la prima in libreria e lavoro sulla seconda sul

tablet).

Il reperimento delle risorse: gli articoli di rivista scientifica

Passiamo al reperimento di articoli di rivista scientifica. Per la consultazione delle

riviste cartacee (in genere le riviste non vengono date in prestito) vale quanto detto

sopra per le monografie – e quanto diremo avanti sulla fotocopiatura - .

Occorre considerare tuttavia che attualmente moltissimi journals sono reperibili in

versione elettronica, o presso le singole case editrici o, molto più spesso, presso

appositi aggregatori.

Due importanti aggregatori di articoli apparsi su molte riviste sono Jstor

(abbreviazione di Journal Storage) e Project Muse. Il primo (www.jstor.org/), nato

dall’Università di Princeton, è un grande repository digitale che consente sia ricerche

per parole chiave che eventualmente la possibilità di scaricare l’articolo di interesse;

25

l’”eventualmente” è legato a due fattori: il fatto che l’articolo sia di pubblico dominio e

il fatto che la vostra Università sia abbonata al servizio (ma recentemente ci sono

state alcune aperture al riguardo anche a ricercatori indipendenti). Ultimamente

Jstore ha annunciato un servizio di biblioteca digitale anche per monografie. Project

Muse (http://muse.jhu.edu/), nato dalla Johns Hopkins University, svolge un compito

analogo, e richiede ugualmente una sottoscrizione (in genere le Università hanno

stipulato entrambi gli abbonamenti). Tenete conto che (come in tutti questi casi) non

tutte le riviste sono censite, ma solo ritenute più prestigiose e comunque

rappresentative di certi ambiti di studio.

Altri aggregatori molto ampi sono legati alla casa editrice Proquest . L’aggregatore

di base (http://www.proquest.co.uk/en-UK/) ricomprende circa 25 altri aggregatori,

molti dei quali forniscono full text di articoli. Esiste anche la possibilità di consultare

tesi di laurea e di dottorato, spesso molto utili per un lavoro di ricerca. Legato a

Proquest è anche un altro strumento che aggrega riviste di editori differenti, dal 1802

a oggi, specializzato nel campo delle scienze umane e sociali, Periodicals Archive On

Line (http://pao.chadwyck.co.uk/), “cugino” del già citato Periodicals Index Online.

Sempre legato a Proquest è Lion - Literature Online (http://lion.chadwyck.co.uk/), che

contiene sia opere letterarie e teatrali dal 1400 a oggi, sia articoli di critica e analisi

da riviste specializzate (fa riferimento alla bilbiografia annualmente redatta dalla

MLA, Modern Language Association, una influente istituzione che ritroveremo

quando parleremo delle modalità di citazioni bibliografica). Un altro potente

aggregatore di riviste con articoli in full text è Swetwise

(https://www.swetswise.com/public/login.do), della Royal Swets & Zeitlinger Holding

NV. Infine, alcune case editrici mettono a disposizione direttamente articoli delle

proprie riviste, o in modalità open access o più spesso in modalità a pagamento: per

l’Italia si veda per esempio http://www.rivisteweb.it/ che consente ricerche all’interno

delle riviste della casa editrice il Mulino.

Gli strumenti che ho citato fino a questo punto richiedono (come ho speciicato) un

abbonamento. In alcuni casi è invece possibile accedere a risorse in modalità open

access. Un esempio è http://www.persee.fr/, che incentiva la disseminazione di

pubblicazioni open source (o fuori diritto) francesi. Un motore di ricerca di materiali

open access, speculare a quello già esaminato per i libri, è la Directory of Open Access

Journals (http://www.doaj.org/), che copre al momento circa 9000 riviste

scientifiche.

26

Infine, anche nel settore dei journals sono presenti banche dati illegali: non le cito

perché non ci trovereste niente di più di quello che è già presente negli aggregatori

che ho citato, cui la biblioteca della vostra università è legalmente abbonata.

E book, diritti, fotocopie

Nel corso del capitolo ho dato per scontate oppure ho taciuto alcune nozioni che

riprendo ora.

Anzitutto ritengo che, se state leggendo questo e book sapete come funzionano

gli e book, che differenza c’è tra un formato epub (per il lettore Apple), un formato

mobi (per Kindle) e che differenza c’è tra questi due formati (che trasformano il testo

in forma “liquida” permettendo una impaginazione e una numerazione elle pagine

differente a seconda delle scelte di grandezza del carattere fatte dal lettore) e il

formato Adobe pdf (che al contrario dei precedenti mantiene la forma fisica, ovvero

impaginazione e numeri di pagine, del libro originario). Ai fini di un uso scientifico è

meglio scaricare libri o articoli in formato pdf perché consentono di citare la pagina

esatta da cui si trae una informazione o una citazione.

Presumo inoltre che sappiate cos’è il Drm (“Digital rights management”), un

sistema di protezione degli e book acquistati via web che impedisce la copia di singoli

brani e tanto più dell’intero libro (che quindi non può neppure essere prestato). Il

Drm (variamente contestato dai fautori dell’open access) costituisce in effetti un

impedimento per il vostro lavoro nel caso vogliate lavorare di taglia e incolla per

citare un certo brano; esistono software di rimozione del Drm, ma questa operazione

potrebbe non essere legale. Esistono inltre software che, per libri elettronici senza

Drm, possono tradurre un formato in un altro: il migliore è Calibre (scaricabile

gratuitamente da http://calibre-ebook.com/).

Non posso però presumere del tutto che conosciate le leggi legate al diritto d’autore

e in particolare all’open access. Normalmente le pubblicazioni sono protette da diritto

d’autore, il che vuol dire che dovete possedere in qualche modo l’originale, che le

fotocopie sono ridotte a un percentuale del 15 %, che potete citarne solo delle parti

definite, per ragioni scientifiche e menzionando la fonte. Tuttavia esiste oggi una

spinta forte per rendere buona parte delle pubblicazioni scientifiche universalmente

accessibili: questo in genere implica che esse siano reperibili in full text per ragioni di

studio, non certo che si possano copiare! I testi open access possono essere sia

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autoarchiviati o autopubblicati dagli autori, sia essere resi disponibili da case editrici

o istituzioni di finanziamento della cultura che accettano di investire in questo

settore. Molto spesso le risorse open access (non solo libri e riviste ma anche filmati,

videocorsi, musica, software, ecc.) usano tipi di licenze definite dall’organizzazione no

profit americana Creative Commons, che mettono liberamente a disposizione alcuni

dei diritti (per esempio concedendo l’accesso gratuito, e la citazione previa

l’attribuzione della fonte originale).

Il problema del diritto d’autore pesa anche sulla gestione delle fotocopie o della

scannerizzazione di risorse cartacee. Sia il libro o la rivista cartacea a prestito che

quelli in consultazione possono essere fotocopiati o scannerizzati affinché abbiate a

disposizione le parti che vi serviranno per il vostro lavoro. Come ho già ricordato, in

base alla legge del 18 agosto 2000, n.248 non è fotocopiabile più del 15 % del libro o

della rivista complessivi

(http://www.siae.it/UtilizzaOpere.asp?click_level=0600.0300.0300.0500.0100&link_

page=olaf_lett_reprografia_notiziegenerali.htm&search=fotocopie).

Fornisco alcune indicazioni pratiche al proposito. Anzitutto nella scelta tra

fotocopiare e scannerizzare, è meglio per quanto possibile la seconda soluzione: usate

macchine fotocopiatrici scanner che vi permettono alla fine di ottenere un file in pdf;

in questo caso settare la risoluzione a 100 dpi e non di più per non avere files

inutilmente pesanti (una risoluzione maggiore serve per files che verranno poi

stampati, ma voi li lavorerete al pc o al tablet). In alcuni casi disperati (libro non

asportabile e non fotocopiabile, poco tempo a disposizione ecc.) potreste fotografare

qualche pagina con il cellulare; esistono anche delle app per smartphone che

permettono di usare il telefonino come uno scanner, ovvero di fotografare ritoccare e

salvare in formato pdf le pagine dei libri; se decidete di usarne una, assicuratevi che la

app permetta di salvare più pagine in un unico file.

Focopiate o scannerizzate sempre il frontespizio, il colophon (la pagina con i

credits, che indica soprattutto l’anno di pubblicazione), l’indice e la bibliografia di un

volume. Non dimenticate che alcuni volumi recano le note raggruppate alla fine per

capitolo: se avete fotocopiato il capitolo 5 dovrete anche fotocopiare le pagine di note,

altrimenti non capirete mai a quale altro testo fa riferimento una certa nota del

capitolo. Ugualmente, fotocopiate la copertina della rivista e l’indice.

28

CAPITOLO 3. LA GESTIONE DELLE RISORSE

La ricerca delle risorse procede di pari passo con la loro selezione e organizzazione.

Queste operazioni sono legate anzitutto a un metodo di valutazione delle risorse via

via reperite, che porta al loro inquadramento all’interno dell’indice che avete

disegnato all’inizio del vostro lavoro. Per svolgere tali operazioni occorre adoperare

due strumenti: la scheda di ricerca e la scheda di risorsa. La gestione delle schede di

risorsa può essere automatizzato mediante l’uso di alcuni software appositamente

studiati a questo fine, i reference manager.

Valutazione, selezione e organizzazione delle risorse

“La potenza è niente senza il controllo” recitava il claim di una marca di

pneumatici. La ricerca delle risorse conferisce potenza al vostro lavoro, in quanto

rappresenta un movimento di progressiva espansione: come abbiamo visto la ricerca

procede infatti mediante un ampliamento a rete che fa aumentare esponenzialmente

l’ambito di volumi e articoli potenzialmente utili per il vostro lavoro. Mano a mano

che la mole di risorse aumenta, tuttavia, occorre introdurre anceh alcuni strumenti di

controllo, ovvero di delimitazione delle risorse utilizzabili e di una loro

organizzazione.

Abbiamo parlato al capitolo 1 dell’utilità di un indice che, a mo’ di ipotesi di

lavoro, sia presente fin dall’inizio della ricerca. Emerge qui un primo utilizzo

dell’indice: il miglior modo di selezionare e di organizzare le risorse che vengono via

via individuate e reperite è quello di “connetterle” al vostro indice; si tratta in altri

termini di “agganciare” le singole risorse ritenuti effettivamente utili a una

determinata area (normalmente un paragrafo o un sottoparagrafo) della struttura

complessiva del vostro lavoro. I punti di aggancio sono costituiti da un sistema di

vostre parole chiave che ascriverete alle risorse che avrete selezionato e che

rimanderanno alle differenti aree del vostro indice: per esempio (rimanendo al nostro

esempio guida) “videogioco: storia”, “videogioco: aspetti sociologici”, “sociabilità e new

media”, e così via. Vedremo nel prossimo paragrafo come tener conto delle parole

chiave nelle schede di risorsa. L’uso di parole chiave piuttosto che del sistema di

29

numeri dei paragrafi del vostro indice è motivato dal fatto ceh potreste scegliere di

reimpostare completamente la tesi: in tal caso i vari “pacchetti” di risorse seguono

l’argomento da una parte all’altra dell’indice.

Tanto l’inclusione di una risorsa quanto la sua collocazione più opportuna sono

legate a una valutazione della risorsa stessa. Questa valutazione va fatta non a partire

da una lettura approfondita, quanto piuttosto mediante una esplorazione

relativamente veloce di alcuni luoghi chiave del volume o dell’articolo: indice, abstract

(abbiamo visto che sono sempre reperibili anche nei repertori che non forniscono il

full text), quarta di copertina (spesso coincide con l’abstract reperibile on line); in casi

più complessi si può leggere l’introduzione e le recensioni reperibili (molte recensioni

sono riportate in Google Scholar, oppure negli aggregatori come Jstore, in cui gli

articoli di review sono esplicitamente segnalati).

Tale valutazione deve tener conto di quattro parametri:

• L’affidabilità accademica: rimandiamo a quanto già detto nel secondo

paragrafo del capitolo 2. Come già accennato la logica del vostro lavoro

dovrebbe consistere nel passaggio da testi meno specialistici a testi via

via più specialistici, facendo sempre attenzione alla affidabilità delle

vostre fonti (soprattutto per quanto riguarda blog, banche dati, ecc.). Un

articolo o un sito amatoriali, per quanto magari ricchissimi di

informazioni curiose e di aneddoti particolari su Wow, potrebbero dover

essere esclusi dalle risorse utilizzate.

• Il grado di ampiezza o, al contrario, di specificità dell’argomento.

Testi introduttivi, raccolte di saggi sono da utilizzare nei capitoli di

inquadramento; testi metodologici e testi più specifici (sempre in

relazione al vostro lavoro, ovviamente) sono invece da utilizzare nelle

parti più applicative. Le raccolte di saggi (accademici) sul videogioco, la

sua storia, gli approcci disciplinarti ad esso vanno nelle parti di

inquadramento, mentre una buona raccolta di saggi su WoW (esiste:

Hilde Corneliussen, Jill Walker Rettberg (a cura di), Digital Culture,

Play, and Identity. A World of Warcraft Reader, Cambridge (MA), MIT

Press, 2008) o sui suoi risvolti filosofici (esiste anche questo: Luke

Cuddy, John Nordlinger (a cura di), World of Warcraft and Philosophy.

Wrath of the Philosopher King, Chicago (Ill.), Open Court, 2009)

30

forniscono carburante per il paragrafo che introduce la vostra case

history. Testi troppo specifici non strettamente inerenti la vostra

ricerca (per esempio un libro su Doom) vanno invece esclusi

dall’orizzonte di attenzione

• L’aggiornamento. Una vecchia voce di enciclopedia oppure un volume

di ricognizione di più di dieci anni fa rischiano di fornirvi indicazioni

datate; se si tratta di un testo influente e “seminale” (vedi qui sotto) è

possibile tenerne conto in chiave di ricostruzione storica del dibattito,

ma tendete sempre a usare per quanto possibile fonti aggiornate. Un

testo come Bernard Perron, Mark J.P. Wolf (a cura di), The video game

theory reader 2, London, Routledge, 2009 va bene (tra l’altro c’è una

sezione proprio sui MMORPG) , ma per sicurezza confrontate la

bibliografia fornita da Perron e Wolf con quella del più recente James

Newman, Videogames, Milton Park - New York, Routledge, 2012; al

contrario, volumi che hanno fatto la storia dei game studies ma che sono

ormai datati (per esempio Espen J. Aarseth, Cybertext. Perspectives on

Ergodic Literature, Baltimore – London, Johns Hopkins University

Press, 1997) verranno considerati solo se utili per scrivere la parte

storica. Nel caso di più edizioni di uno stesso volume cercate di

procurarvi l’ultima (anche se magari non è disponibile in italiano)

• La posizione nel dibattito. Un dibattito scientifico è un po’ come una

riunione di condominio: alcune posizioni (individuali o collettive)

risultano dominanti e influenti, altre minoritarie e meno convincenti;

alcuni gruppi o alcune persone affermano con forza una posizione solo

per contrastare quella di altri e affermare la propria identità; alcuni

interventi suonano datati perché chi li fa è rimasto legato a modi di

ragionare sorpassati, mentre altri sono fin troppo azzardati e

spericolati; alcuni cercano di fare il punto e di riassumere le posizioni

emerse in mappe ragionate, mentre altri parlano solo per se stessi e

sostengono un punto di vista autonomo, e così via. Occorre fare un po’

l’orecchio a questo gioco “polifonico” per capire come utilizzare al meglio

una certa risorsa all’interno del proprio lavoro (per esempio senza

confondere una voce marginale con una centrale, o un intervento

31

orientato in una specifica direzione con uno di sistemazione il più

possible oggettiva della materia).

Gli strumenti di gestione delle risorse: la scheda di ricerca e la scheda di risorsa

Il processo di gestione delle risorse che ho delineato nel precedente paragrafo è

reso possibile dall’uso di due strumenti: la scheda di ricerca e lo schedario delle

risorse.

Il primo strumento serve a non perdere l’orientamento nella fase della ricerca di

risorse. Si tratta di una griglia (realizzabile tanto con un programma di scrittura che

con un foglio di calcolo) che elenca in verticale le parole chiave di cui vi servite e in

orizzontale le banche dati che avete consultato o che consulterete. Ogni volta che

avete concluso l’esplorazione di una delle parole chiave in una delle banche dati

mettete un flag. Vi ricordo l’importanza di individuare parole chiave differenziate, e

tradotte in lingue differenti, anche se in alcuni casi non avrete nessun risultato. Ecco

un esempio di scheda di ricerca:

Il secondo strumento è più complesso e più rilevante in quanto costituirà lo

strumento di base per l’organizzazione delle risorse. Lo schedario delle risorse

elenca tutte le risorse che avete reperito e che giudicate interessanti, e fornisce

32

indicazioni per il loro reperimento, rilevanza, organizzazione. Inoltre lo schedario

costituisce la base per le citazioni bibliografiche e per la bibliografia finale del vostro

lavoro.

Lo schedario è realizzabile in vari modi. Una prima scelta è se costruire un proprio

schedario usando i mezzi di una qualunque suite di programmi da ufficio, oppure se

utilizzare un apposito software di gestione bibliografica, o reference manager. Le due

scelte non sono incompatibili, perché le bibliografie realizzate con i software specifici

sono esportabili in programmi di videoscrittura; tuttavia i metodi di lavoro sono un

po’ diversi. Partiamo dalla prima delle due ipotesi: nel prossimo paragrafo

esamineremo i più diffusi software di reference management.

Per la costruzione di uno schedario delle risorse che utilizzi software da ufficio

generici, abbiamo a disposizione due possibilità. Possiamo usare un database o un

foglio di calcolo usato come database, considerando ciascun item una scheda e

articolando ciascun item – scheda in differenti campi (vedremo subito quali); oppure

possiamo usare un programma di scrittura e elencare le citazioni delle risorse in

ordine alfabetico. Personalmente preferisco questa seconda soluzione perché rende

più facile da gestire il passaggio alla bibliografia finale, ma in alcuni casi (per esempio

una lunga lista di film o di video) la gestione mediante database o foglio di calcolo è

consigliabile.

Nella costruzione della scheda di risorsa si devono prevedere in ogni caso i seguenti

otto campi:

1. La citazione completa. Il capitolo 6 sarà dedicato a indicare di quali dati si

tratta. Qui è importante ricordare che qualunque metodo di citazione

intenderete adottare in fase di stesura, la citazione deve riportare tutti gli

elementi che vi serviranno in seguito

2. La reperibilità (completa o parziale) tanto delle versioni cartacee della

risorsa, quanto di quelle elettroniche; e tanto degli originali quanto delle

eventuali traduzioni. Indicherete biblioteca e segnatura, oppure banca dati

(per esempio Google Books) con relativo link all’URL; se avete comperato la

risorsa, se avete realizzato fotocopie fisiche o digitali, se avete acquistato o

scaricato una versione digitale. Indicherete qui anche se esiste una scheda di

analisi della risorsa da voi compilata (cfr. capitolo seguente). Due avvertenze:

33

anzitutto questo campo andrà via via aggiornato mano a mano che ci procurate

le risorse su cui lavorare. In secondo luogo la reperibilità delle risorse in vostro

possesso implica che teniate in ordine le risorse sia fisiche che digitali,

dedicando appositi scaffali fisici o direttrici digitali come repository distinti e

nominati con chiarezza. Nel caso di libri elettronici, scaricati quindi in digitale,

rinominate il documento (o con il sistema autore data o con quello esteso) per

una individuazione immediata; fatene inoltre sempre una copia da archiviare

in una direttrice tematica, perché può darsi che dovendo scrivere velocemente

una parte della tesi guardiate in ordine tutti i libri già organizzati in base a un

certo argomento, e se un certo volume non c’è rischia di sfuggirvi.

3. Indice e abstract della risorsa. Li potete importare con un semplice taglia e

incolla dal web nel momento in cui state facendo la ricerca; come ho detto

sopra, si tratta di strumenti utili per valutare a colpo d’occhio se una risorsa è

utile, in che misura e a proposito di quale punto del vostro lavoro; in

particolare, si può evincere da questi dati il grado di ampiezza nella trattazione

e l’aggiornamento della risorsa rispetto a un certo argomento.

4. Riferimenti incoming: riportate le citazioni di altre risorse che parlano della

risorsa che state schedando: in questo caso la risorsa target è quella su cui

state lavorando, mentre la risorsa che vi fa riferimento è la source. Per

esempio potrete citare un articolo di recensione del volume che avete in mano,

o una survey di introduzione al tema che cita il volume di cui vi state

occupando. E’ utile in questo caso usare il sistema autore – data (per cui vedi il

capitolo 6), indicando la pagina specifica o le pagine specifiche in cui si parla

della risorsa target; questo implica ovviamente che schediate anche la risorsa

source all’interno dello stesso schedario. Riassumete rapidamente cosa viene

detto della risorsa target nella risorsa source, o anche semplicemente il fatto

che la risorsa target viene citata all’interno di una rassegna. La funzione di

questo campo è duplice. In primo luogo il numero delle citazioni e quanto esse

dicono ci permettono di capire quanto la risorsa è importante e comunque qual

è il suo ruolo all’interno del panorama bibliografico (e dunque di valutare

l’affidabilità accademica e la posizione nel dibattito: è un testo di riferimento? O

piuttosto un lavoro acerbo? Ecc.) In secondo luogo, la lista delle citazioni

incoming permette di ricostruire la discussione nata intorno a una certa

risorsa nel caso doveste renderne conto nel vostro elaborato (dovendo parlare

34

per esempio del libro della Aarseth citato sopra, potreste dover riferire critiche

a e apprezzamenti ricevuti nell’evoluzione del dibattito sul videogioco). Questo

campo viene elaborato e aggiornato mano a mano che trovate risorse source

che fanno riferimento in outcoming alla risorsa target; la sua compilazione si

sovrappone quindi alla attività e alla scheda di analisi della risorsa (per cui cfr.

capitolo 4).

5. Riferimenti outcoming: è un campo speculare al precedente. Vanno elencati i

riferimenti che vengono fatti dalla risorsa che maneggiate (che in questo caso

funziona da source) verso altre risorse target. Anche in questo caso usate il

sistema autore-data e per non duplicare il lavoro usate il taglia e incolla per

riportare le informazioni nella scheda della risorsa target.

6. Keywords e rimandi di pagina. Si tratta probabilmente del campo più

importante di tutti. Come abbiamo detto, l’organizzazione delle risorse va fatta

in riferimento all’indice che state usando come ipotesi di lavoro; gli anelli di

collegamento tra risorse e indice sono le parole chiave che vi costruirete voi

stessi (da non confondere con quelle mediante le quali avete fatto o state

facendo la ricerca, anche se in alcuni casi possono coincidere). In questo campo

vanno elencate la o le parole chiave per le quali la risorsa risulta pertinente,

con specificate per ciascuna di esse le pagine che sono effettivamente utili. La

funzione più ovvia di questo campo è quello di segnalare a quale area dell’indice

ricollegare la risorsa; ma non è l’unica funzione: esso serve anche a dirvi su

quali aree del libro tornare a colpo sicuro al momento di fotocopiare una

risorsa o di analizzarla nella scheda di analisi; e nella stesura finale fornisce

indicazioni su cosa “spiluccare” da una certa risorsa per stendere uno specifico

paragrafo.

7. Fase di elaborazione della risorsa: indicate se la risorsa è da cercare, da

consultare, o da schedare. Questo campo (che è ovviamente da aggiornare

mano a mano che il lavoro procede) serve a vedere a colpo d’occhio lo stato di

avanzamento del vostro lavoro; inoltre potrebbe esservi utile nel caso

decideste di fare un file “volante” di risorse da cercare in un certo giorno in

biblioteca, mediante il copia e incolla di quelle non ancora consultate. Nel caso

di un database usate i menu a scelte chiuse o le caselle da flaggare; nel caso di

35

file di word processor (o di fogli di calcolo) potreste evidenziare la scheda della

risorsa con colori differenti.

8. Grado di importanza della risorsa per il vostro lavoro: altissimo, alto, medio,

basso, nullo. Anche in questo caso il campo vi da una idea immediata

dell’utilizzo della risorsa, permettendo vi di scremare quelle inutili e di portare

in piena visibilità quelle più utili e necessarie. Anche in questo caso potete

usare (nel caso di uno schedario in word processor o in un foglio di calcolo)

differenti colori per evidenziare le risorse da portare in primo piano.

I reference manager

In alternativa all’uso dei normali software da ufficio, lo schedario delle risorse può

essere costruito “automaticamente” attraverso software dedicati, i cosiddetti

reference manager. Si tratta di programmi che servono basilarmente a schedare e

gestire risorse bibliografiche, dalla “cattura” della risorsa dall’Opac o da altri siti web,

fino alla produzione di elenchi bibliografici in base a uno degli stili correntemente

usati (cfr. il capitolo 6). Su questa base comune, ciascuno dei reference manager salda

alcune funzioni piuttosto che altre; tuttavia nelle release più recenti le differenze

tendono via via a ridursi. Come si sarà intuito, l’ambito di azione dei reference

manager non riguarda solo la schedatura delle risorse, ma anche la loro analisi (di cui

parleremo nel prossimo capitolo) e la produizone di riferimenti bibliografici finali

(oggetto del capitolo 6).

Alcuni reference manager sono gratuiti (almeno fino a una certa quantità di risorse

schedate, più che sufficienti per una tesi anche di dottorato), mentre altri sono a

pagamento. I due software gratuiti sono Zotero (http://www.zotero.org/) e

Mendeley (http://www.mendeley.com/). Zotero è nato come un plug in del browser

Firefox, all’interno del quale si integra perfettamente; di recente è stata emessa anche

una release stand alone del programma, che si sincronizza automaticamente con un

sito in modalità cloud. Se navigate con Firefox e siete su una pagina web che contiene

una o più risorse, appare l’icona di Zotero che, una volta clickata, salva la risorsa nel

programma e sul sito nella porzione a voi dedicata. E’ anche possibile archiviare

pagine web o articoli in pdf. Una volta archiviate, le risorse possono essere

organizzate in cartelle.

36

La seconda risorsa free è Mendeley, un programma che si presenta sia come

applicazione per desktop, sia come app per tablet, sia ancora come sito web. Mendeley

possiede due caratteristiche specifiche: ha introdotto la possibilità di sottolineare e

annotare i files al proprio interno, e offre la possibilità di condividere con altri studiosi

le proprie bibliografie (è quindi particolarmente utile nel caso di lavori condotti in

gruppo). La cattura diretta delle risorse dal web è invece leggermente più macchinosa

che con Zotero.

Le due principali risorse pay sono legate a grandi editori di aggregatori e banche

dati: si tratta di EndNote (della Thomas Reuters) e RefWorks (della Proquest). Il

primo (http://endnote.com/) è simile a Zotero (La Thomas Reuters ha trascinato in

tribunale gli autori di Zotero con l’accusa di plagio, ma senza successo) . Il secondo

(http://www.refworks.com/it/)è ugualmente un sistema basato sul web, con varie

estensioni che facilitano la cattura dei riferimenti.

La scelta di usare un reference manager, e quale esattamente, è soggettiva. Potete

provare i due software free, ed eventualmente iniziare a usare uno a pagamento se la

vostra università è abbonata a uno dei due servizi. Per un confronto aggiornato tra i

vari software rimando alla voce di Wikipedia:

http://en.wikipedia.org/wiki/Comparison_of_reference_management_software

37

CAPITOLO 4. L’ELABORAZIONE DELLA RICERCA

L’elaborazione della ricerca si articola normalmente in due parti: l’esame analitico

delle risorse di cui si dispone (in particolare delle risorse critiche, o fonti secondarie)

e lo svolgimento di una ricerca personale più specifica. In questo capitolo privilegio la

prima parte; l’esame di singole metodologie di ricerca richiederebbe infatti

approfondimenti specifici: mi limiterò a dare a questo proposito solamente qualche

consiglio di base.

La scheda di analisi delle risorse e la loro sottolineatura - annotazione

A questo punto della nostra storia, dovreste avere le idee abbastanza chiare su una

serie di elementi: l’architettura complessiva del vostro lavoro (anche se l’indice è

sempre in fieri), le risorse che vi servono per sviluppare le diverse aree dell’indice,

quali sezioni di tali risorse sono particolarmente importanti. Prima che cominciate a

scrivere è opportuno “lavorare” le risorse più importanti mediante una loro lettura

analitica, in modo da arrivare alla fase della stesura con una parte di lavoro già

sgrezzato. In particolare, l’esame analitico di una risorsa è fondamentale in due casi:

quando esistono un gran numero di risorse e occorre sintetizzarle e compararle tra

loro (per esempio avendo a disposizione varie storie del videogioco inizio a

sintetizzarle in modo da poterle confrontare, integrare reciprocamente e

commentare); oppure quando la fonte è molto importante per la ricerca, o perché

racchiude un gran numero di informazioni di rilievo oppure perché costituisce una

fonte oggetto (per esempio se il mio lavoro è il commento a un manuale di game design

degli anni ottanta, dovrò analizzare tale opera da vicino).

L’esame analitico di una risorsa può avvenire in due modi: o mediante la

sottolineatura e l’introduzione di note personali, oppure mediante la compilazione di

una scheda di analisi. Se la risorsa è molto importante è consigliabile la scheda,

altrimenti va bene anche una semplice sottolineatura integrata da note.

Per la scheda si usa ovviamente un word processor. Per la sottolineatura sono

molto utili i programmi che permettono di lavorare i testi in formato elettronico,

38

soprattutto le app per tablet che permettono tanto di sottolineare quanto di

introdurre annotazioni nel testo digitale. In questo caso accertatevi sempre che le

sottolineature siano salvate, per esempio usando programmi e app che si connettano

ai vostri documenti in modalità cloud (per esempio con Dropbox o con Syndocs di

Google). Chi ha iniziato a usare un programma di reference management, troverà la

possibilità di introdurre tanto sottolineature di articoli quanto annotazioni

direttamente dal software in uso (alcuni dei quali, come ho detto, esistono anche in

versione tablet). In ogni caso, nel lavorare analiticamente le risorse è necessario

tenere sottomano (in quanto ne verrà richiamato l’uso) due altri strumenti: lo

schedario delle risorse (esaminato nel capitolo precedente) e lo schedario delle

annotazioni (che introdurremo nel prossimo paragrafo).

L’analisi di una risorsa richiede una serie di operazioni, che vengono svolte

(almeno in parte) differentemente nel caso della compilazione della scheda e in quello

della sottolineatura, e nel caso la risorsa si presenti in forma cartacea o in forma

elettronica. Le riassumo nella seguente tabella.

Operazione da svolgere Scheda (da risorsa cartacea o

elettronica)

Sottolineatura (su risorsa

cartacea o elettronica)

a) Indicazione dei dati

bibliografici completi

Vanno riportati all’inizio della

scheda

Sono già nel documento,

sinceratevi che siano nella prima

pagina (o scriveteceli a mano in

caso di fotocopia) in modo da

favorire la reperibilità del

documento.

b) Presentazione riassuntiva

dello sfondo del volume, delle

idee chiave e

dell’articolazione

Riassumete sinteticamente il

libro: notizie sull’ambientazione

dell’autore e delle sue teorie (a

quale scuola appartiene, chi sono

i suoi autori di riferimento, quali

altri volumi ha prodotto, ecc.); le

due o tre idee chiave su cui si

fonda il volume; l’articolazione

del volume nelle sue parti

principali.

Scrivete a mano (o al computer o

al tablet con un programma di

annotazione testi nel caso di

edizione elettronica) sul risvolto

di copertina alcune notizie

essenziali in forma di appunto;

sottolineate l’introduzione

evidenziando le idee chiave;

tenete in evidenza l’indice (che

come detto al capitolo 2 va

sempre fotocopiato o

39

scannerizzato)

c) Parafrasi delle parti

pertinenti e trascrizione di

brani da usare per le citazioni

nell’elaborato

Concentratevi sulle parti

pertinenti e parafrasatene i

contenuti. Per i passaggi più

significativi, riportate porzioni

del testo (se possibile mediante

copia e incolla elettronico) che

userete anche per le citazioni

nell’elaborato finale (è meglio

abbondare in questa fase con i

brani riportati)

In fase di fotocopiatura o

scannerizzazione avreste dovuto

già isolare le parti pertinenti.

Sottolineate le frasi chiave e

segnalate brani da citare

nell’elaborato finale.

d) Note di lettura personali

riferite alla risorsa

Mano a mano che sorgono in voi

reazioni a quanto state leggendo,

appuntatele. La lettura analitica

è anche un dialogo (e talvolta

una lotta corpo a corpo) con la

risorsa: si osservano paralleli o

contrasti con altre risorse, si

nota l’importanza di alcuni

passaggi, ci si sdegna o ci si

appassiona di fronte a certe

affermazioni, ecc.

Queste note di commento

possono essere anche abbastanza

lunghe e vanno riportate in

paragrafi separati da una riga e

tra parentesi quadre (o

sottolineate, o evidenziate a

colori, o in qualunque modo

permetta di rendersi conto della

loro particolarità).

Potete inserire note a margine

scritte a ano (o annotazioni

localizzate sulla specifica pagina

in elettronico); oppure riunire le

annotazioni nel solito risvolto di

copertina (stando attenti a

specificare la pagina cui si

riferiscono)

e) Annotazioni personali non

riferite alla risorsa

Nel corso della lettura analitica

vi verranno in mente idee e

spunti non direttamente riferiti

alla risorsa che state

analizzando: intuizioni per

reimpostare una parte

dell’indice, riflessioni fatte per

chiarirsi le idee su un passaggio

un po’ oscuro, liste di punti da

Come per la scheda

40

tener presenti nell’affrontare un

certo tema, migliore

articolazione del panorama

bibliografico, domande da

inserire nel questionario della

sezione sperimentale, eccetera.

Tutto questo va organizzato in un

documento a parte, di cui

parliamo meglio nel prossimo

paragrafo

f) Riferimento outcoming ad

altre risorse

Mano a mano che studiate un

testo, potreste scoprire

riferimenti ad altre risorse che vi

erano sfuggiti, o che non avevate

avuto il tempo di appuntare

prima - semplici citazioni, oppure

commenti approfonditi di una

certa risorsa target. Occorre in

questo caso integrare la scheda

della risorsa di cui ho parlato nel

capitolo precedente. Per

comodità si può appuntare il

riferimento (pagina, dati risorsa

target comprensive di eventuali

pagine specifiche, contenuto del

riferimento) in una sezione della

scheda di analisi e poi ricopiare

tutti i riferimenti alla fine nelle

schede delle risorse

corrispondenti

E’ possibile dedicare una sezione

del testo che scrivete sul risvolto

di copertina (a mano o in

elettronico) ai riferimenti a

risorse target, e riportare poi

tutti i riferimenti nelle schede

delle risorse corrispondenti.

Lo schedario delle annotazioni

Abbiamo detto che leggendo e analizzando una risorsa vi verranno in mente spunti,

idee, intuizioni che meritano di essere annotate. In effetti una stessa effervescenza

creativa può prodursi in una qualunque situazione, mentre siete in metropolitana,

guardate la televisione, o fate la doccia. Oppure può avvenire che parlando con un

amico vi vengano suggeriti spunti, letture, indicazioni. Infine, potreste sentire in

41

alcuni momenti l’esigenza di scrivere per chiarirvi le idee, e fissare nero su bianco il

filo di un ragionamento. In tutti questi casi occorrono strumenti che vi permettano di

produrre annotazioni in modo veloce, ma anche successivamente reperibile e

riordinabile – in modo da poter essere effettivamente sfruttati nel vostro lavoro.

A ben vedere, gli strumenti di cui avete bisogno sono tre.

Il primo è uno strumento di annotazione immediato: per esempio un programma di

note per smartphone o di tablet, eventualmente abbastanza evoluto da permettervi di

includere note vocali, disegni, schemi e fotografie (come per esempio Evernote, che ha

anche la possibilità di sincronizzarsi via cloud con i vari dispositivi che usate). Ma

anche un blocchetto cartaceo va bene.

Il secondo è un programma di stesura di note più lunghe: un file di word processor;

oppure un file di programma di scrittura per smartphone o tablet in formato .txt

(eventualmente con eventualmente la possibilità di dettare le note mediante un

programma di riconoscimento vocale); o anche un quaderno a fogli staccabili.

Il terzo strumento è un archivio che permetta di far confluire e riordinare le note

fin qui accumulate (potete al limite fotografare o scannerizzare quelle prese a mano se

non volete ricopiarle e volete comunque avere tutto insieme). Alcune app di

annotazione (come il già citato Evernote) permettono di riorganizzare i materiali in

un archivio; in altri casi potete usare una directory del vostro computer.

Consiglio di usare, quale griglia di risistemazione delle annotazioni, lo stesso indice

che state usando come ipotesi di lavoro. In sostanza potete prendere una nota o un

appunto o una fotografia senza preoccuparvi di dove andrà a finire, e poi costringervi

a incasellarla nel vostro indice, eventualmente rimettendolo in discussione e

modificandolo in alcune parti.

Una piccolissima annotazione personale: tra le persone che potrebbero fornirvi

spunti e indicazioni c’è anche (per quanto possa apparire incredibile) il vostro

relatore. La prima legge della fisica universitaria è che nessuno studente si presenta a

un colloquio con il proprio relatore munito di blocco per le note; la seconda è che il

giorno dopo lo stesso studente richiede via mail al proprio relatore le stesse

indicazioni che questi gli ha fornito a voce il giorno prima (“Salve prof, senta, ecc.”).

Parlare di scortesia è il minimo.

42

La ricerca applicata

La seconda parte del lavoro di elaborazione consiste nella costruzione di un

progetto di ricerca personale, che segua alcuni protocolli metodologici standard. Non

posso approfondire qui le differenti metodologie che possono essere usate. Facendo

comunque riferimento al settore della ricerca sociale e di quella semiotica, si distingue

tra metodologie desk e field, tra metodologie quantitative e qualitative, e infine tra

ricerca e metaricerca. In effetti queste distinzioni sono eterogenee, e quindi si

sovrappongono tra loro.

Le metodologie desk sono (come dice il termine stesso!) quelle che richiedono un

lavoro “a tavolino”: per esempio una analisi semiotica, un lavoro di archivio di tipo

storico, oppure una metaricerca (cfr. sotto). Le metodologie field richiedono invece

un lavoro empirico (“sul campo”), che può consistere nella somministrazione di

questionari e nella loro analisi, in interviste fatte a singole persone (interviste che

possono essere più o meno strutturate e standardizzate), in colloqui condotti con

gruppi di persone (i cosiddetti focus groups), nella “osservazione partecipante” di

alcune pratiche di gruppi sociali (come la fruizione di un programma televisivo

oppure di un videogioco da parte di ricercatori inseriti nel nucleo familiare come i

vecchi antropologi lo erano nelle tribù primitive). Spesso differenti metodi field

vengono combinati tra loro.

I metodi di cui ho parlato sopra sono mirano generalmente a cogliere gli aspetti

qualitativi di certi fenomeni; in alcuni casi aumenta l’importanza del dato

quantitativo: per esempio i risultati dei questionari potrebbero richiedere una

elaborazione in termini quantitativi. In alcuni casi i dati quantitativi sono

preponderanti: è il caso delle interviste telefoniche, che vengono fatte su campioni

molto ampi e selezionati, in vista di report quantitativi; o della rilevazione dei dati di

vendita, di ascolto o di lettura di media, e così via. In tuti questi casi sia la scelta del

campione che l’elaborazione e la presentazione dei dati si giova di alcune tecniche

statistiche e i presenta mediante vari tipi di grafici.

Infine, è possibile che il lavoro consista nella rielaborazione di ricerche precedenti

al fine di produrre nuovi dati: si parla allora di metaricerca. In questi casi si

richiedono specifiche tecniche statistiche sia per rendere compatibili dati differenti,

sia per introdurre algoritmi previsionali di tendenze future a partire dai dati a

disposizione.

43

Una volta chiarito questo quadro, posso fornire solamente alcune indicazioni

generali.

• Concordate con il docente di riferimento la metodologia da usare e gli

strumenti da adoperare; evitate qualunque improvvisazione in questo campo.

• Scegliete una metodologia alla portata dei vostri mezzi e delle possibilità:

anche delle semplici interviste non strutturate affiancate dall’esame di

documenti specifici possono essere efficaci per analizzare e fotografare una

certa situazione (per esempio il funzionamento di una radio o di una

televisione locali, l’evoluzione di un mestiere quale il game designer, ecc.).

• In particolare, evitate di costruire ricerche ad hoc che non hanno alcuna

attendibilità scientifica; un punto delicatissimo è per esempio la scelta del

campione: non è corretto usare i propri amici o lanciare appelli sulla pagina

Facebook del proprio corso e poi generalizzare indebitamente i risultati

• Chiedete al docente se esiste già una ricerca in corso (del docente stesso o di un

suo collega) cui potete connettervi per imparare le metodologie e usare i dati

prodotti per il vostro lavoro.

44

CAPITOLO 5. LA STESURA DELL’ELABORATO

La stesura dell’elaborato consiste nella ripresa dei materiali fino a questo punto

reperiti o prodotti, e nella loro rielaborazione al fine di costruire un documento che

comunichi in modo chiaro e argomentato l’andamento della ricerca e le conclusioni

cui si è giunti. Questo processo implica una serie di passi e procedure generali, che

possono implicare anche una ristrutturazione dell’indice fin qui seguito. La

composizione sia generale che analitica dell’elaborato deve rispondere a criteri di

coerenza e di coesione. Occorre inoltre tener presenti alcune attenzioni stilistiche e

rispettare alcune norme di formattazione grafica.

Il processo della redazione dell’elaborato

Una delle paure ricorrenti di chi deve redigere un qualunque testo è il terrore della

pagina bianca. In realtà il lettore che mi ha seguito fino a questo punto si sarà accorto

che nel caso di un paper o di una tesi la pagina bianca non esiste: quando vi ponete a

scrivere avrete già di fronte a voi un indice più volte rielaborato che costituisce una

impalcatura generale; una serie di schede di risorse già riferite alle singole aree del

vostro indice e ricche di rimandi reciproci; alcune schede di analisi delle risorse e di

testi sottolineati ricchi di annotazioni e commenti personali, che costituiscono già un

nucleo “draft” del lavoro; varie annotazioni personali che possono anch’esse essere

almeno in parte riusate nella stesura; e poi ancora: osservazioni e note metodologiche,

risultati grezzi del lavoro di ricerca personale, cumuli di questionari e fogli di calcolo

che li rielaborano, eventuali trascrizioni di interviste, eccetera. Si tratta a questo

punto di rielaborare il tutto in una forma che renda il lavoro coerente e comunicabile.

Per quanto non esista un unico modo di procedere alla stesura del lavoro, un

quadro generale è il seguente.

• Riprendete l’indice e “consolidatelo” ovvero controllate di disporre per ciascun

paragrafo di tutto il materiale che vi serve per la stesura (citazioni, volumi,

fotocopie, schede di lettura, vostre annotazioni, risultati delle ricerche

empiriche, ecc.). A questo punto chiedetevi se non è il caso di modificare

45

l’impianto dell’indice e l’architettura del vostro elaborato (cfr. il paragrafo

seguente)

• Scrivete in progressione capitolo per capitolo. Per ciascun capitolo raccogliete

la mole di materiali che avete preparato e ordinato in base all’indice, rileggete

tutto, schizzate un possibile schema sviluppato, scrivete con una certa libertà.

Alla fine stampate il vostro draft (non fidatevi della lettura a video), fate a

mano sulla copia cartacea tutte le correzioni, spostamenti, miglioramenti e

cancellazioni che vi sembrano opportuni, quindi immetteteli al computer.

• Usate fin dalla prima pagina tutte le norme stilistiche e formali che indico più

avanti; in particolare usate da subito il format grafico finale (vedi il paragrafo

conclusivo di questo capitolo) e il metodo di citazione delle risorse cui vi

atterete (vedi capitolo successivo): questo vi permetterà di risparmiare tempo

in seguito.

• Inviate capitolo per capitolo al professore vostro relatore, rimandando di volta

in volta anche l’indice con le eventuali modifiche introdotte nel corso della

stesura. Non preoccupatevi se le risposte saranno un po’ laconiche, il lavoro

massiccio di revisione in genere viene riservato per il draft finale. In altri casi

però ci sono docenti che vi correggono anche le virgole, dipende. L’importante è

che il docente possa darvi delle indicazioni di percorso mano a mano che il

lavoro avanza. Immettete subito le eventuali correzioni (e tenete copia delle

mail, non si sa mai!)

• Non impantanatevi nei capitoli introduttivi, di taglio più generale. In alcuni

casi potreste essere partiti troppo alla lontana per dimostrare al docente che

avete studiato, ma un paper o una tesi non sono un esame di cultura generale.

In altri casi la vostra passione per gli aspetti generali dell’argomento (o in altri

casi la paura di affrontare la parte di ricerca applicata) potrebbero spingervi a

restare sui primi capitoli più del dovuto, sacrificando poi tempo per l’ultima

parte più innovativa. Calcolate all’incirca un 50 % del tempo per la stesura

della prima parte e un 50 % per la sezione di ricerca applicata e per la revisione

finale.

• Affrontate comunque la parte applicata sempre dopo l’esame della letteratura e

lo studio di caso sulle risorse reperite: maggiore è la vostra competenza su un

46

certo argomento, migliori saranno le domande che porrete a un professionista,

quelle che inserirete in un questionario, ecc.

• Lasciatevi qualche giorno di tempo per la revisione finale. Date un po’ di tempo

al lavoro di assestarsi e sedimentare, e rimetteteci le mani a bocce ferme. Il

vostro docente relatore potrebbe tardare a mandarvi una risposta circa

l’ultima revisione, perché oberato da numerose tesi; tenetene conto e non

mancate di inserire tutte le sue indicazioni finali.

• A conclusione del lavoro producete una copia in pdf da consegnare in copisteria

in modo da avere voi il controllo ultimo della impaginazione.

L’architettura complessiva dell’elaborato

L’indice che avete ideato nel confezionare il proposal vi ha fin qui accompagnato

svolgendo varie, utilissime funzioni: esso ha rappresentato l’armatura organizzativa

delle risorse, delle schede di analisi e delle vostre note. A questo punto è forse arrivato

il momento di dirgli addio. O per meglio dire: di riformularlo in base a una logica e a

dei principi differenti rispetto al momento ideativo. Questo non vuol dire ovviamente

buttare via i materiali collegati ai vari snodi e paragrafi dell’indice, ma piuttosto

ridisporli in modo più convincente. Sottolineo che l’inizio della stesura (e non prima)

è il momento giusto per effettuare questa operazione, perché a questo punto dovreste

avere un controllo sufficiente dei vostri materiali.

Il tipo di indice che ho introdotto fin dal proposal corrisponde a un format

denominato “sperimentale”: si tratta in fin dei conti del format più equilibrato e sicuro

per un lavoro di paper o di tesi, e nessuno vi obbliga a cambiarlo. Tuttavia sono

possibili anche altri format, che è giunto il momento di introdurre.

La premessa necessaria è che ogni elaborato deve rendere conto (in misura e

proporzioni differenti) di quattro elementi:

• La ricostruzione documentata (sincronica e/o diacronica) di un campo

generale di fenomeni, che possono essere sia empirici (un certo sviluppo

storico, una situazione attuale ecc.) che teorici (un certo dibattito, lo sviluppo

di una serie di idee e di concezioni, la mappa attuale dei concetti salienti che

definiscono il modo di affrontare certi problemi, ecc.)

47

• La ricostruzione definita e articolata di una letteratura bibliografica di taglio

scientifico: quali autori e quali scuole si sono occupati di un certo problema,

quali posizioni sono risultate dominanti e quali minoritarie, quali settori

emergenti della ricerca appaiono maggiormente promettenti, ecc.

• L’individuazione di uno o più settori ristretti e focalizzati di studio, la loro

analisi in base a presupposti epistemologici e metodologici esplicitati e

argomentati, l’illustrazione e il commento dei risultati dell’analisi: è quella che

abbiamo definito la parte “empirica” o “applicata” della ricerca e che, come

abbiamo detto, può seguire metodologie differenti

• La esplicitazione di posizioni e prospettive personali dell’autore

dell’elaborato, e il loro sostegno argomentativo

Per quanto le quattro componenti debbano essere variamente presenti in ogni

tipo di elaborato, è possibile baricentrare il proprio lavoro sull’una o sull’altra

componente. Ne derivano quattro grandi format:

• Il format tematico, baricentrato sulla ricostruzione di un campo di

fenomeni. L’elaborato segue un ordine di mappatura descrittiva dei

fenomeni (siano essi empirici o teorici) o in senso diacronico, o

sincronicamente. Si tratta del format più vicino a un classico “libro” non

fiction. Per esempio l’elaborato sulla sociabilità nei MMORPG che abbiamo

adottato come esempio guida, potrebbe avere un primo capitolo sulla storia

dei videogiochi e il loro passaggio on line, un secondo sul fenomeno dei

MMORPG, un terzo sul fenomeno WoW, un quarto sull’esperienza di gioco

on line e un quinto sulle trasformazioni inerenti le relazioni sociali in

connessione con il gioco on line, in forma di commento teorico a quanto

precede. L’analisi delle risorse non viene cancellato, ma appare in forma più

discreta nelle parti introduttive dei capitoli (in questi casi è bene usare il

sistema autore-data, per cui cfr. il capitolo seguente). Anche i risultati di

eventuali ricerche personali vanno inseriti con discrezione (la parte

metodologica andrà in una nota o in una appendice finale),

presumibilmente nel quarto e nel quinto capitolo, che serviranno anche a

esprimere e argomentare le proprie posizioni sul tema. Personalmente non

credo che questo format sia adatto a una tesi, ma qualche studente con

buone capacità di scrittura che intenda trasformare facilmente la tesi nella

48

proposta di un volume pubblicabile potrebbe opzionarla, in accordo con il

docente relatore.

• Il format ricognitivo, baricentrato sulla ricostruzione della letteratura

scientifica. In alcuni casi il lavoro può limitarsi a una ricostruzione

ragionata e aggiornata della bibliografia su un certo argomento. Le ragioni

possono essere diverse: interesse per un tema su cui esista una bibliografia

massiccia, amore per l’esplorazione bibliografica, intenzione di preparare

mediante un paper il lavoro bibliografico per una successiva proposta di

tesi, asservimento a un docente che non ha tempo o voglia di svolgere

personalmente il lavoro di ricerca bibliografica per una propria ricerca, ecc.

Una tesi sui MMORPG si svilupperebbe in questo caso con un primo capitolo

che illustra la storia dello sviluppo di interesse scientifico e non solo

scientifico per i videogiochi (molti libri interessanti sono scritti da game

designers), un secondo capitolo che illustra la prospettiva semiotica e

narratologica, un terzo sulla prospettiva sociologica e antropologica, un

quarto sulla prospettiva neurocognitiva e delle scienze dell’educazione, un

quarto sugli studi di carattere economico (l’ordine può cambiare). Ogni

capitolo presenta una storia dell’evoluzione degli studi e una mappa delle

prospettive attuali.

• Il format analitico, baricentrato sulla ricerca empirica (per quanto come

abbiamo visto necessita di altre sezioni preparatorie). Paper di format

analitico in senso stretto sono gli articoli delle scienze hard che tipicamente

illustrano i risultati di una serie di esperimenti, facendo precedere una nota

sullo stato dell’arte della letteratura e sui protocolli metodologici seguiti. Un

paper di area umanistica o una tesi sono più contaminati con gli altri

format. In particolare abbiamo visto come il format che ho consigliato

all’inizio implichi due capitoli dedicati a presentare il quadro della ricerca,

introducendo rispettivamente la storia del videogioco on line e quella del

concetto di sociabilità (includendo un esame della bibliografia relativa a tali

aspetti); un terzo ed eventualmente un quarto capitolo che presentano il

caso di studio, svolgono una serie di analisi e commentano i risultati alla

luce dei concetti teorici introdotti nel secondo capitolo, giungendo ad alcune

conclusioni.

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• Il format argomentativo, baricentrato sulla esplicitazione delle posizioni

personali. Nella sua forma “pura” tale format è senz’altro sconsigliato per

un lavoro di paper o per una tesi: questi , essendo resoconti di lavori di

indagine, chiedono che le proprie posizioni emergano dal lavoro di ricerca e

non siano poste a priori. Il format argomentativo si adatta a articoli o a

volumi “ a tesi”, cioè prioritariamente schierati da una parte del dibattito.

Tuttavia è possibile una forma intermedia e contaminata di format che

sviluppi velocemente (ma non superficialmente) l’esame della letteratura

su un certo argomento e delle relative posizioni, per giungere a una

posizione ben definita dell’autore. Nella seconda parte, più ampia, vengono

esposte con ampiezza di dati due o tre case histories tese ad asseverare la

tesi. Per esempio il nostro lavoro sui MMORPG avrebbe un primo capitolo

sul tema “I MMORPG e il problema della sociabilità” che arrivi alla

conclusione che i giochi on line sviluppano nuove forme di legame sociale

basato sul legame “estetico” tra i membri; e tre o quattro capitoli che

affrontano differenti storie di caso che illustrano una simile idea e

permettano di dispiegarne tutte le implicazioni (implicazioni che vengono

riprese e riordinate nelle conclusioni).

50

I criteri di coerenza dell’elaborato

Scegliere un format vuol dire individuare un certo criterio di coerenza

dell’elaborato, più esattamente un criterio di coerenza a livello “macro”. “Coerenza”

vuol dire che l’elaborato è stato costruito in base a una logica unitaria presente a chi

scrive e individuabile da chi legge, e che le sue diverse parti sono funzionali nei loro

contenuti a questo disegno. La unitarietà della logica e del disegno fa sì che l’elaborato

abbia alla sua base poche idee forti (una o due al massimo) ben collegate tra loro:

ramificazioni, percorsi laterali e parentesi non pertinenti non sono ben accetti in un

elaborato di questo tipo.

Uno stesso criterio di coerenza messo in luce dall’indice a livello “macro” deve

emergere a livello “micro”, ovvero nella costruzione dei singoli capitoli e paragrafi.

Tenete conto che la funzione di quanto scrivete è in fondo molto semplice: esprimere

una certa asserzione e sostenerla con motivazioni adeguate. Queste motivazioni

possono essere di quattro tipi, di cui tre in positivo e una in negativo. Le tre in positivo

sono costituite da (a) argomenti ragionevoli alla portata del lettore (“E’ a tutti

evidente che…”); (b) dati, grafici, esempi in forma narrativa (“Come dimostrano i dati

in tabella x; “un esempio calzante è il caso di z”); (c) sostegno autorevole di altri

autori (“Come sostiene l’autore w”). Le motivazioni in negativo sono quelle addotte da

un potenziale o reale “avversario” che la pensa in modo diverso da voi e che vi stessi

convocate nella discussione; questi a sua volta pone delle motivazioni al suo dire, che

possono essere anche in questo caso (contro) argomenti (“Qualcuno potrebbe

obbiettare che…”), (contro) dati / esempi (“I dati riportati in tabella r potrebbero a

prima vista smentire quanto sostenuto”; “”contro quanto ho detto si potrebbe citare

un caso contrario, quello di c”) e (contro) autorità (“Non è d’accordo su questo punto

l’autore s”); sta a voi smontare una per una tali elementi mediante (contro-contro)

motivazioni adeguate.

Questa curiosa partita di scacchi o dibattimento processuale che l’occidente ha

inventato come procedimento di accertamento di piccole e grandi verità, conosce

forme di sintassi espositiva (e dunque forme di coerenza) differenti, ma non infinite.

Le più frequenti sono le seguenti:

51

• Si introduce la propria asserzione, si propongono le motivazioni di sostegno,

infine si introducono le controasserzioni e le si critica ribandendo

conclusivamente la propria asserzione. E’ il format più semplice e chiaro,

anche se non sempre il più efficace.

• Si introducono le posizioni di differenti autorità, sia a favore che contro la

propria posizione, le si discute e critica, quindi si conclude con l’asserzione in

posizione e con funzione “riassuntiva”. In questo caso l’esame delle risorse

accompagna la graduale rivelazione della propria posizione, data dalle critiche

(positive o negative) avanzate nei confronti della letteratura precedente.

• Si introducono alcuni fatti, episodi, esempi, e li si commenta facendo emergere

conclusivamente la propria asserzione. E’ un format analogo al precedente, ma

in questo caso sono soprattutto fatti, casi particolari ed episodi esemplari a

essere messi in scena, non senza la possibilità di dispiegare una capacità

narrativa da parte di chi scrive.

Di volta in volta occorre scegliere il format più adatto a garantire la coerenza a

livello micro, a seconda dell’argomento che si sta trattando e dei materiali che si

maneggiano.

Accenno solo al fatto che il rispetto di un determinato schema di coerenza non

garantisce nulla circa una correttezza etica del processo discorsivo: gli episodi

potrebbero essere stati scelti ad arte per appoggiare una certa tesi, i dati selezionati

sono lì per appoggiare una specifica idea o semplicemente per renderla più evidente di

quanto sia in realtà, e così via. Ma qui parliamo di forme e diamo per scontato che i

principi etici siano comunque presenti al ricercatore.

I criteri di coesione dell’elaborato

Se la coerenza opera “in verticale” informando le varie parti dell’elaborato in

base a una logica unitaria di organizzazione, la coesione lavora “in orizzontale” per

garantire consequenzialità mediante una corretta gestione dei passaggi da una parte

all’altra del discorso (da capitolo a capitolo, da paragrafo a paragrafo, da periodo a

periodo e da frase a frase). Ovviamente i due criteri sono strettamente legati, se non

altro perché sta ai nessi di coesione manifestare i collegamenti stabiliti dalla forma

coerente.

52

Esaminiamo i vari passaggi dell’elaborato per introdurre alcune indicazioni volte a

garantire la coesione tra le sue parti.

• L’introduzione. Esponete immediatamente l’oggetto e l’obiettivo (ovvero la

domanda chiave) del lavoro. Fate seguire una descrizione dei contesti che

rendono l’oggetto e la domanda chiave interessanti e rilevanti sia per l’autore

del lavoro che per la comunità più ampia; questi possono essere più d’uno:

fenomeni sociali sotto gli occhi di tutti, evoluzione in termini di visibilità di un

certo ramo del dibattito accademico rimasto fino a poco tempo fa in sordina,

vostre esperienze personali che vi hanno portato a contatto con un certo tema

o problema, e così via. Chiudete con una descrizione abbastanza dettagliata

dell’articolazione del lavoro che segue la traccia dell’indice finale. Non

infiocchettate l’introduzione con inutili dichiarazioni di amore e di passione

per l’argomento, e in genere limitate il racconto delle vostre esperienze

personali a quanto ho appena indicato e niente di più. Non inserite espressioni

informali del tipo “e adesso buona lettura”. Non ringraziate nessuno (ci torno

dopo). Curate molto introduzione e conclusione perché qualche volta è l’unica

parte della tesi che il docente legge (almeno il correlatore).

• All’inizio e alla fine di ogni capitolo. Inserite una introduzione e una

conclusione. La prima ricordare al lettore il contenuto del capitolo, il

collegamento con quello o quelli precedente/i e la sua funzione nell’economia

complessiva dell’elaborato. Nelle conclusioni del capitolo riassumete i

principali contenuti che avete sviluppato e esplicitate il collegamento con il

capitolo successivo. Non temete di ripetere i concetti né di prendere il vostro

lettore per distratto, perché spesso lo è.

• Nel corpo del testo e nelle note. Fate riferimento ad altre parti del vostro

elaborato, citando correttamente capitolo e paragrafo cui fate rinviate. Il rinvio

a una parte precedente si indica “cfr. supra, cap. x par. y”, quello a una

seguente “cfr. infra, cap.z par. w”.

• All’interno dei singoli paragrafi. Usate frasi relativamente brevi e semplici,

che si prestino a una lettura scorrevole. Preferite la forma attiva. Ripetete una

parola chiave (in sé o mediante dei sinonimi) che segnali il collegamento delle

frasi o dei periodi che si occupano dello stesso argomento. Esplicitate il

collegamento tra frasi e tra periodi mediante congiunzioni e avverbi ben

53

definiti (che esprimano quindi aggiunta, asseverazione, opposizione, causalità,

successione temporale o logica, ecc.).

• Nelle Conclusioni. Riprendete l’oggetto indagato e la domanda chiave che

avete posto e riassumete velocemente l’articolazione seguita. Riassumete

quindi in modo piuttosto esteso i principali risultati cui siete giunti e i termini

in cui li avete discussi. Chiudete con una descrizione delle piste di lavoro che si

aprono a partire dal vostro lavoro e dalle conclusioni cui siete arrivati.

Alcune annotazioni di stile

Non posso soffermarmi analiticamente sugli aspetti stilistici (e tantomeno su quelli

ortografici, di punteggiatura, ecc.), per i quali rinvio ad alcuni strumenti introdotti e

descritti nella lista ragionata delle ulteriori risorse posta alla fine. Mi limito a

segnalare gli errori più frequenti nella redazione di paper e tesi

• Il tono di voce deve essere pacato, autorevole, privo di espressioni colloquiali e

informali. Un elaborato accademico non è un articolo di magazine e tantomeno

una mail! Evitare quindi espressioni come “Buona lettura”, “Speriamo che

questo lavoro vi sia piaciuto”, “Ma questo lo aveva già detto Caio”, ecc.

Nell’esprimere la vostra posizione usate la prima persona singolare e fatelo in

modo omogeneo (non saltate dall’io al noi).

• Dichiarate sempre le vostre fonti mediante il riferimento alle risorse che citate,

sia nel caso di citazione esplicita (se cioè riportate letteralmente un breve

brano di un certo autore) sia nel caso di citazione implicita (quando riassumete

o parafrasate contenuti desunti da un volume, un articolo, una intervista, ecc.).

Ai metodi di riferimento alle risorse è dedicato il prossimo capitolo. Se la

citazione è di seconda mano (se l’avete trovata in un altro testo e non avete il

tempo di cercare l’originale), scrivete “citato in…”. Se la citazione è inferiore

alle tre righe va fatta nel corpo del testo usando le virgolette a caporale «…»;

evitate assolutamente di simularle con altri segni come <<…>>: cercatele tra i

simboli e memorizzatele. Nel caso di citazioni superiori alle tre righe, queste

vanno riportate usando lo stile citazione (cfr. ultimo paragrafo di questo

cpaitolo). Se tagliate dei pezzi di una citazione inserite il segno “[…]”; se

aggiungete delle parti necessarie per comprenderne il senso, fatelo tra

54

parentesi quadre “[ ]”. Se la citazione contiene errori marchiani, ricopiatela

com’è e aggiungete “[sic]” subito dopo l’errore. Se un intero paragrafo è il

riassunto di un libro o di un articolo, inserire una nota dopo il titolo “Quanto

espongo nel seguente paragrafo è desunto da xy” o formula simile.

• Le note servono a indicare i riferimenti delle citazioni (vedi sopra) e a inserire

qualche osservazione che appesantirebbe il testo rallentandone lo svolgimento.

Una fastidiosissima abitudine invalsa di recente (assolutamente da evitare) è

quella di ricopiare in nota i dati biografici di personalità e studiosi citati nel

testo, mediante un taglia e incolla da Wikipedia. Il punto non è Wikipedia, ma il

fatto che prendiate il vostro lettore per un ignorante.

• In una tesi non si usano i “bullett point”.

• Evitate di inserire i ringraziamenti alla fine: relatore e correlatore non vanno

comunque ringraziati perché hanno solo fatto il loro lavoro; quanto a nonni

cugini amici parenti fidanzati/e e benefattori vari, rischiate di farli diventare

oggetto di sbeffeggiamenti da parte della commissione che legge sghignazzando

i fatti vostri. Morale: inseriteli solo nelle copie destinate alla famiglia, non in

quelle per le Istituzioni.

• Immagini e tabelle vanno inserite nel corpo del testo con una numerazione a

due cifre (in base alla sintassi “numero capitolo. Numero immagine”), che

permetterà di individuarle nel corso della trattazione. Evitare assolutamente

immagini inutili: un paper o una tesi non sono un libro illustrato e neppure un

sito web. Immagini e tabelle vanno inseriti solo quando servono realmente a

sostenere il discorso che viene svolto. Nel caso di immagini molto grandi che

potrebbero rovinare l’impaginazione si fa una appendice iconografica, sempre

con lo stesso sistema di numerazione e sempre se sono strettamente

necessarie.

• Le appendici servono a presentare tutti i materiali che non trovano posto nella

tesi (per ragioni di spazio, scorrevolezza, ecc.) ma che si vuole portare

comunque a conoscenza del lettore: interviste a singoli personaggi, parametri

metodologici, immagini, ecc. Non accumulare anche in questo caso materiali

inutili, e inserire solo quanto serve effettivamente a sostenere e completare il

discorso svolto.

55

• Un paper o una tesi devono essere discorsi efficienti e quindi essenziali: abbiate

il coraggio di tagliare (tagliare: non spostare in appendice o in nota) tutto

quello che non è funzionale allo svolgimento del discorso in termini di coerenza

e coesione - ma anche di aggiungere qualcosa nel caso alcuni passaggi, una

volta ripulito il meccanismo, risultassero lacunosi -.

I requisiti formali dell’elaborato

Non esiste uno standard universale per il formato grafico della tesi, anche se

alcune università forniscono delle indicazioni o addirittura mettono disposizione fogli

di word – modello. In questa sede mi limito a riportare alcune indicazioni, perché in

genere mi vengono richieste dagli studenti.

La pagina è ovviamente di formato A4 (21 x 29,7 cm.), margine superiore 2,5 cm.,

margine inferiore 3 cm, intestazione e pié di pagina 1,5 cm., numero di pagina corpo

12 stesso carattere del testo, a pié di pagina centrato tra due trattini. I margini

laterali sono: di 2,5 cm. il margine esterno e di 3 il margine interno (per permettere la

rilegatura); se stampate fronte retro (io lo consiglio, ma chiedete al vostro relatore

cosa me pensa) tenete conto dell’alternanza.

Il carattere può essere un Times New Roman, o un Garamond, o comunque un font

“con grazie” (serif); oggi i font “senza grazie” (sans-serif) sono di moda perché

utilizzati per la lettura su schermo, ma dato che la tesi è cartacea è consigliabile (ma

non obbligatorio) usare un font con grazie. Evitare in ogni caso font informali (o

script) che imitano la calligrafia (Chalkboard, Comic, Lucida calligraphy , ecc.) La

dimensione normale è 12, ma per i differenti stili e dimensioni rimando alla voce

apposita qui sotto; usate in ogni caso lo stesso tipo di carattere per tutti gli stili,

variando solo grandezza e altri parametri (cfr. sotto).

Il paragrafo è giustificato, con un rientro della prima riga di ogni paragrafo di 1,25

cm. La spaziatura normale tra le righe è 1,5 (ma anche in questo caso si veda la voce

sugli stili di seguito).

Gli stili che userete sono i seguenti (spendete un po’ di tempo all’inizio per

impostare il format del vostro documento):

56

• Normale: dimensione 12, stile normale, giustificato, interlinea 1,5 e rientro a

inizio paragrafo come detto sopra.

• Titolo 1: è il titolo del capitolo, dimensione 20, maiuscoletto, grassetto,

allineato a sinistra, distanziato prima 24, dopo 60; numerazione progressiva a

1 cifra: es. “1. Titolo del capitolo”. Viene usata anche per Introduzione e

Conclusioni (sia per motivi grafici che di indicizzazione), ma senza

numerazione.

• Titolo 2: è il titolo del paragrafo, dimensione 14, grassetto, allineato a sinistra

con rientro di 0,63 cm. (lo imposta automaticamente il programma con la

funzione elenchi numerati / struttura), distanziato prima 48, dopo 24;

numerazione progressiva a due cifre es. “1.1. Titolo del paragrafo”

• Titolo 3: è il titolo del sottoparagrafo, dimensione 12, grassetto, allineato a

sinistra con rientro di 1,27 cm. (automatico, come sopra), distanziato prima

24, dopo 12; numerazione progressiva a tre cifre es. “1.1.1. Titolo del

sottoparagrafo”

• Titolo 4: è il titolo del sotto-sottoparagrafo, meglio evitare di usarlo ma a volte

può servire; dimensione 12, corsivo, allineato a sinistra con rientro di 1,9

(sempre impostazione automatica), distanziato prima e dopo 12, numerazione

progressiva a quattro cifre es. “1.1.1.1. Titolo del sotto-sottoparagrafo”

• Citazione: dimensione 10, normale, giustificato, interlinea 1, allineato a

sinistra con rientro di 1,25 cm. E’ bene distanziare di 6 il blocchetto della

citazione dal testo che precede (quindi “prima”), avendo l’accortezza di

flaggare in Word l’opzione “non aggiungere spazio tra i paragrafi dello stesso

stile”.

• Note a pié di pagina: dimensione 10, normale, giustificato, interlinea 1,5,

nessun rientro a inizio paragrafo.

• Esergo o citazione iniziale: dimensione 12, corsivo, allineato a destra,

spaziatura a piacere.

57

• Lo stile dei numeri di nota (in apice) e quelli del sommario (generato

automaticamente tenendo conto delle stringhe di testo in stile Titolo) sono

quelli di default del programma di scrittura.

Per quanto concerne la sequenza delle parti, attenetevi al seguente ordine:

• dopo la copertina e i risvolti, nella pagina di destra va il frontespizio che ricalca

la copertina.

• Lasciando la pagina sinistra vuota, a destra va la eventuale pagina delle

dediche

• Lasciando la pagina sinistra vuota, a destra va l’inizio della Introduzione

(inizio della numerazione delle pagine, ovviamente numero 1 dispari)

58

• Seguono i vari capitoli; se la tesi viene impaginata fronte retro, i capitoli

iniziano comunque nella pagina di destra (numero pagina dispari),

eventualmente lasciando una pagina vuota.

• Dopo le conclusioni (che, come l’introduzione, non va numerata) seguono: (a)

le eventuali appendici, (b) la bibliografia – sitografia – filmografia, (c) l’indice.

59

CAPITOLO 6. I RIFERIMENTI ALLE RISORSE

Fin dal capitolo 1 abbiamo visto come sia necessario, per chi affronta un lavoro di

ricerca, prendere confidenza con le convenzioni che permettono di fare riferimento ad

una risorsa. Il problema presenta due aspetti correlati: mediante quali convenzioni

fornire una descrizione sufficientemente completa della risorsa (per esempio in una

bibliografia finale); e mediante quali convenzioni rimandare a tale descrizione (per

esempio per indicare la fonte di una citazione all’interno del nostro testo, oppure per

rinviare da una scheda source a una scheda target). Esistono a questo proposito due

grandi sistemi: il riferimento esteso e il riferimento autore – data.

Il riferimento esteso

Nel sistema del riferimento esteso la risorsa viene descritta in modo completo in

nota alla sua prima apparizione, e in forma ridotta nelle eventuali apparizioni

successive. La bibliografia finale riprende ordinatamente tutte le descrizioni, o solo

quelle più importanti (ma al limite potrebbe anche essere omessa). Nel sistema

anglosassone il più diffuso stile di riferimento completo è quello della Chicago

University, sul quale segnalo alcuni manuali e siti introduttivi nella lista ragionata

delle ulteriori risorse posta a conclusione del manuale. Propongo di seguito un metodo

leggermente differente e più ampio.

Affrontiamo anzitutto le tecniche di descrizione delle risorse, per poi esaminare

quelle di rimando alla risorsa.

Le monografie di autore o autori singoli vanno citate come segue:

Nome e Cognome autore 1, [Nome e Cognome autore 2], [Nome e Cognome autore

3], Titolo, Città 1 di edizione [- Città 2 di edizione], Editore, Anno di edizione [(Titolo

traduzione italiana, Città trad. it., Editore trad. it., anno trad. it.)]

Espen J. Aarseth, Cybertext: Perspectives on Ergodic Literature, Baltimore –

London, Johns Hopkins University Press, 1997.

60

Jay David Bolter, Richard Grusin, Remediation: Understanding New Media,

Cambridge (Mass.) – London, MIT Press, 1999 (Remediation. Competizione e

integrazione tra media vecchi e nuovi, Milano, Guerini e Associati, 2003.

Le monografie di autori collettivi vanno citati come segue:

Nome e Cognome curatore 1, [Nome e cognome curatore 2, ecc.] (a cura di) [oppure

se non ci sono curatori Aa. Vv.], Titolo, Città 1 di edizione [- Città 2 di edizione],

Editore, Anno di edizione [(Titolo traduzione italiana, Città trad. it., Editore trad. it.,

anno trad. it.)]

Jean Atchison, Diana M. Lewis (a cura di), New Media Language, London - New

York, Routledge, 2003

AA.VV., Intermedialities: Theory, History, Practice, numero monografico di

Acta Universitatis Sapientiae, Film and Media studies, Sapientia Hungarian

University of Transylvania, Scientia Publishing House, Vol. 2, 2010

I contributi a testi collettivi vanno citati come segue.

Nome e Cognome autore 1, [Nome e Cognome autore 2, ecc.], “Titolo del

contributo”, in Nome e Cognome curatore 1, [Nome e cognome curatore 2, ecc.] (a

cura di) [oppure se non ci sono curatori Aa. Vv.], Titolo, Città 1 di edizione [- Città 2 di

edizione], Editore, Anno di edizione, pp. Xx-yy [indicare pagina iniziale e finale

dell’intero cotributo [(“Titolo traduzione italiana del contributo”, in Titolo tradizione

italiana, Città trad. it., Editore trad. it., anno trad. it., pp. Xx-yy trad. it.)]

Paolo Jedlowski, Simmel e la “socievolezza”, in Vittorio Cotesta, Marco

Bontempi, Mariella Nocenzi (a cura di), Simmel e la cultura moderna. Volume

primo. La teoria sociologica di Georg Simmel, Perugia, Morlacchi, 2010, pp.

159-170.

Georg Simmel, Soziologie der Geselligkeit, in AA.VV., Verhandlungendes

Ersten Deutschen Soziolongetages vom I9-I2 Oktober 1910 in Frankfurt A.M.,

Tübingen, Mohr Verlag, 1911, pp. 1-16; poi come Die Geselligkeit. Beispiel der

Reinen oder Formalen Soziologie, in Id. Grundfragen der Soziologie

61

(Individuum und Gesellschaft), 4a ed., Berlin – New York, De Gruyter, 1984,

pp. 48-68 (La socievolezza, Roma, Armando, 1997)

Gli articoli in rivista scientifica vanno citati come segue:

Nome e Cognome autore 1, [Nome e Cognome autore 2, ecc.], “Titolo dell’articolo”,

in Titolo della rivista, Volume o anno di vita della rivista, numero della rivista, anno,

pp. Xx-yy [indicare pagina iniziale e finale dell’articolo] [(dati della eventuale

traduzione italiana)]

Paul Di Maggio, Eszter Hargittai, W. Russell Neuman, John P. Robinson, “Social

Implication of the Internet”, in Annual Review of Sociology, vol. 27, n. 1, 2001,

pp. 307-336

I siti e le risorse tratte da Internet vanno citati come segue:

Nome e Cognome autore 1, [Nome e Cognome autore 2, ecc.] [se l’autore non è

reperibile, si mette s.a., senza autore], “Titolo dell’articolo o del post”, in Nome del

sito, indirizzo http del sito, [data di pubblicazione, se riportata], Ultima visita il

gg/mm/anno

Lauren Indvik, “The Fascinating History of Online Role-Playing Games”, in

Mashable, http://mashable.com/2012/11/14/mmorpgs-history/, 14/11/ 2012,

ultima visita 10/4/2013

Peter Osborne, Matthew Charles, "Walter Benjamin", in Edward N. Zalta (a cura

di), The Stanford Encyclopedia of Philosophy,

http://plato.stanford.edu/archives/win2012/entries/benjamin/, Winter 2012,

ultima visita 25/03/2013.

Henry Jenkins, “Seeing Red: How and Why ‘Red Equals Equality’ Spread”, in

Confessions of an Aka Fan. The Official Blog of Henry Jenkins,

http://henryjenkins.org/2013/04/seeing-red-how-and-why-red-equals-equality-

spread.html, 01/04/2013, ultima visita 3/04/2013

62

s.a. , “Sociability”, in Wiktionary. A Wiki –based Open Content Dictionary,

http://en.wiktionary.org/wiki/sociability, ultima visita 03/04/2013

Qualche indicazione specifica per la redazione della bibliografia finale:

• Nella bibliografia finale le risorse intese come libri, articoli, materiale dal

web vengono posti insieme; solo nel caso (rarissimo) di bibliografie molto

ampie e variegate si fa una distinzione per argomenti. Invece i film e i video

si mettono a parte in una video-filmografia. La “sitografia” si usa solo per

elencare eventuali siti specializzati che si considerano rilevanti nel loro

insieme (non per i singoli interventi che come già detto vengono riportati

nei riferimenti generali).

• Attenzione a disporre le risorse in ordine alfabetico per cognome: molte tesi

arrivano a conclusione con riferimenti disposti in base a criteri sbagliati,

quali iniziale del nome, ordine di apparizione e così via.

• I titoli delle risorse vanno citati per esteso, ovvero titolo e sottotitolo. Fa

fede non la copertina esterna ma il frontespizio interno. Luogo e data di

edizione sono reperibili (se non li avete già trovati negli opac consultati) nel

colophon del libro. Attenzione a citare la data dell’edizione e non quella

della ristampa: un libro prodotto nel 2008 può essere ristampato (magari in

edizione economica) nel 2010; in genere la numerazione delle pagine non

cambia, e la citazione va riferita alla data di edizione e non a quella di

stampa. Differente il caso di un libro che abbia avuto differenti edizioni: lo

stesso volume per esempio può conoscere nel 2012 una nuova edizione

aggiornata e ampliata, che può anche essere editata da un differente

editore: se non ci sono specifiche ragioni filologiche occorre indicare

l’ultima edizione specificandolo dopo il titolo (es. Jon Agar, Constant Touch.

A Global History o Mobile Phone, 2a edizione aggiornata, London, Icon

Books, 2013)

• E’ possibile che abbiate letto un certo libro o un certo articolo in edizione

originale; nel citarlo dovete però fare riferimento alla traduzione italiana

(ovviamente se esiste). Ugualmente, potreste aver consultato una risorsa in

una traduzione in lingua straniera diversa dall’italiano (per esempio la

63

traduzione inglese di un libro o di un articolo francese): anche qui dovete

ritrovare e citare l’edizione italiana (se esiste, altrimenti l’originale e non la

traduzione).

Per quanto riguarda invece i criteri di rimando alle risorse nel corso del testo, le

norme da rispettare sono le seguenti:

• Il rimando alle risorse viene fatta sempre in nota: dopo il brano citato o dopo a

vostra parafrasi inserite una nota a piè di pagina e quindi la descrizione della

risorsa.

• La prima descrizione è completa: per esempio “Ruggero Eugeni, Semiotica dei

media. Le forme dell’esperienza, Roma, Carocci, 2010, p. 12”. Se viene citato

un libro straniero tradotto in italiano specificate che state citando dalla

traduzione italiana (“p. xx della trad. it.”). Se citate un articolo, riportate come

detto le pagine iniziale e finale, poi specificate se necessario “la citazione è a p.

xx”. Se vi riferite a più pagine usate non p. ma bensì pp.

• Se una seconda citazione alla stessa opera segue alla nota immediatamente

successiva e si riferisce alla medesima pagina, inserire in nota “Ibidem”

• Se una seconda citazione alla stessa opera segue alla nota immediatamente

successiva e si riferisce a una pagina differente da quella citata sopra, inserire

in nota “Ivi, p. xx”

• Se una seconda citazione alla stessa opera si colloca a più di una nota di

distanza, inserire Nome puntato e Cognome esteso dell’autore, prime parole del

titolo con puntini, op. cit., p. xx: es. R. Eugeni, Semiotica dei media…, op. cit., p.

15.

Il sistema autore-data

Nel sistema autore-data il rimando avviene mediante la sintetica indicazione del

cognome dell’autore e dell’anno di pubblicazione della risorsa; la reference list finale

(“risorse citate”) offre una descrizione completa che si apre con i dati sull’autore e la

data di pubblicazione, in modo da rendere immediato il collegamento. Gli altri dati

64

della descrizione restano sostanzialmente invariati. I due principali stili anglosassoni

di citazione autore – data sono quello della Modern Language Association e quello

della American Psychological Association: anche in questo caso rimando alla lista

ragionata delle risorse ulteriori per istruzioni più precise e adotto un metodo

standard semplificato.

Per quanto riguarda le tecniche di descrizione delle risorse, che si ritroveranno in

questo caso nella reference list finale, gli esempi introdotti sopra vengono riformattati

(e ordinati alfabeticamente) come segue:

AA.VV. (2010). Intermedialities: Theory, History, Practice, numero

monografico di Acta Universitatis Sapientiae, Film and Media studies,

Sapientia Hungarian University of Transylvania, Scientia Publishing House,

Vol. 2

Aarset, Espen J. (1997). Cybertext: Perspectives on Ergodic Literature,

Baltimore – London, Johns Hopkins University Press.

Atchison, Jean; Lewis, Diana M. (a cura di) (2003). New Media Language,

London - New York, Routledge.

Bolter, Jay David; Grusin, Richard (1999). Remediation: Understanding New

Media, Cambridge (Mass.) – London, MIT Press (Remediation. Competizione e

integrazione tra media vecchi e nuovi, Milano, Guerini e Associati, 2003).

Cotesta, Vittorio; Bontempi, Marco; Nocenzi, Mariella (a cura di) (2010).

Simmel e la cultura moderna. Volume primo. La teoria sociologica di Georg

Simmel, Perugia, Morlacchi

Di Maggio, Paul; Hargittai, Szter; Neuman, W. Russell; Robinson, John P.

(2001). “Social Implication of the Internet”, in Annual Review of Sociology, vol.

27, n. 1, pp. 307-336.

Jedlowski, Paolo (2010). Simmel e la “socievolezza”, in Cotesta, Bontempi e

Nocenzi (a cura di), pp. 159-170.

Jenkins, Henry (2013). “Seeing Red: How and Why ‘Red Equals Equality’

Spread”, in Confessions of an Aka Fan. The Official Blog of Henry Jenkins,

65

http://henryjenkins.org/2013/04/seeing-red-how-and-why-red-equals-equality-

spread.html, ultima visita 3/04/2013

Osborne, Peter; Charles, Matthew (2012). "Walter Benjamin", in Edward N.

Zalta (a cura di), The Stanford Encyclopedia of Philosophy,

http://plato.stanford.edu/archives/win2012/entries/benjamin/, ultima visita

25/03/2013.

Simmel, Georg (1911). Soziologie der Geselligkeit, in AA.VV.,

Verhandlungendes Ersten Deutschen Soziolongetages vom I9-I2 Oktober 1910

in Frankfurt A.M., Tübingen, Mohr Verlag, pp. 1-16; poi come Die Geselligkeit.

Beispiel der Reinen oder Formalen Soziologie, in Id. Grundfragen der Soziologie

(Individuum und Gesellschaft), 4a ed., Berlin – New York, De Gruyter, 1984,

pp. 48-68 (La socievolezza, Roma, Armando, 1997)

Nel caso uno stesso autore abbia prodotto più di una risorsa nello stesso anno si

aggiungono lettere dell’alfabeto per distinguerle tra loro:

Eugeni, Ruggero (2010 a). Semiotica dei media. Le forme dell’esperienza,

Roma, Carocci.

Eugeni, Ruggero (2010 b). “Neuroestetica ed esperienza mediale”

(erroneamente indicato come “Eugenio Ruggeri”), in Francesco Parisi e Maria

Primo (a cura di), Natura, comunicazione, neurofilosofie, Atti del III Convegno

2009 del Codisco, Coordinamento dei Dottorati italiani di Scienze Cognitive,

Roma, Corisco, pp. 233-242.

Nel caso di risorse ricavate da Internet di cui non si possa ricavare l’autore, si

premette il titolo della risorsa (che come vedremo servirà da “gancio” per la citazione

nel corpo del testo):

Wiktionary. A Wiki –based Open Content Dictionary, “Sociability”,

http://en.wiktionary.org/wiki/sociability, ultima visita 03/04/2013.

66

Passando alle modalità di rimando alle risorse nel corpo del testo, tenete presente

che il sistema autore data tende a ridurre al minimo (e sostanzialmente a eliminare)

l’uso delle note. Il rimando avviene dunque nel corso della trattazione in modo

estremamente fluido: “Alcune definizioni recenti (cfr. Wiktionary) considerano la

sociabilità in stretta relazione con il legame sociale. In realtà, come osserva Iedlowski

(2010: 11-12), quando Simmel 1911 introduce il concetto di “Geselligkeit”, sta

pensando a un distacco dal tradizionale concetto di legame sociale. Osborne e Charles

2012 osservano che anche Benjamin aveva ben colto un simile distacco già negli anni

Trenta. Ecc.”.

Nel caso intendiate comunque usare le note (e talvolta è necessario, per esempio

quando si cita una lista piuttosto lunga di risorse), occorre sempre citare autore e

data, più la pagina o l pagine cui vi riferite, evitando quindi l’uso di Ibidem, Ivi, op. cit.,

ecc.

Nel caso abbiate dubbi sui criteri di citazione e in particolare sul sistema autore

data, consultate una delle numerose risorse presenti in rete che indico nella lista

ragionata di questo manualetto, ma non inventatevi criteri per conto vostro. E’

rimasta nei mie annali personali una tesi su “L’immagine di Milano nei secoli”,

discussa in pompa magna in un’aula austera e prestigiosa della mia Università, in cui

il candidato, nell’affrontare il tema “El Paetùn” cita a un certo punto la fonte “Tre

Marie, 2012” (eravamo, mi sembra, nel 2011). A una mia esplicita richiesta di

chiarimento il candidato rispose candidamente che aveva tratto le notizie sulla storia

del panettone dalla confezione di quello delle Tre Marie; in comprensibile imbarazzo

circa la data da indicare, aveva infine optato per quella di scadenza del prodotto.

67

Conclusioni: dalla stesura alla discussione

Avete ritirato dalla copisteria le copie della vostra tesi, mancano pochi giorni alla

discussione e decidete di cercare un viaggio Last Minute alle Bahamas (o a

Guardiagrele, a seconda del budget) per tornare la notte prima della discussione. Ve lo

sconsiglio, perché ci sono ancora alcune cose da fare.

• Riguardate bene la tesi e in presenza di eventuali errori (che ci sono sempre)

fate una scheda di errata corrige da consegnare a relatore e correlatore.

• Andate a vedere (se non l’avete ancora fatto) le tesi di amici o anche di

sconosciuti, impratichitevi con la cerimonia e cercate di capire quali spazi e

quanto tempo avrete a vostra disposizione per esporre il lavoro.

• Preparate una buona presentazione in Power Point, o con un qualunque altro

software: prevedete una decina (non di più) di slides leggibili (quindi minimo

corpo 16), alcune immagini, e soprattutto una traccia del discorso che presenti

solo i risultati salienti del vostro lavoro. Evitate assolutamente partenze da

lontano: dedicate un paio di slides agli sfondi, sei al lavoro di analisi e due alle

conclusioni. Preparate un discorso di cinque, sette minuti ma non imparato a

memoria. Se usate strumenti più elaborati (per esempio Prezi) o proiettate

filmati, accertatevi che il computer messo a disposizione dall’università

supporti le performaces, e preparate comunque soluzioni di riserva (per

esempio scaricate le presentazioni in Prezi e portate a parte i filmati in più

formati). Se usate Power Point imparate come si fa ad avviare rapidamente la

modalità “presentazione” in modo da non presentare in modalità “editing”. Non

fate per nessuna ragione al mondo presentazioni in jpeg o in word.

• Andate a parlare con il docente relatore e chiedetegli con franchezza il suo

parere finale sulla tesi, ragionando del possibile rilancio di punti rispetto alla

vostra media di partenza.

• Non andate a parlare con il correlatore cercando di carpirgli una domanda già

preconfezionata: una discussione di tesi non è una sceneggiata preparata a

tavolino, ma un esame serio in cui si cerca di appurare la competenza e la

padronanza del candidato rispetto alla materia trattata. Potete però a

consegnarli la tesi personalmente in modo da farvi conoscere, esporgli i

principali contenuti e facilitargli così la lettura.

68

• Il correlatore non è un nemico (infatti la dizione “controrelatore” è sbagliata).

Se ci sono contestazioni che vi sembrano tropo dure, restate comunque calmi e

rispondete con educazione, lasciate al vostro relatore il compito di ribattere al

collega. Competenza, sicurezza e comportamento incidono più di quanto non si

pensi sul giudizio finale.

• Cominciate a ragionare sulla possibilità di trasformare il vostro lavoro in un

libro, definendo il tipo di opera, il taglio da dare e il lavoro editoriale da fare a

partire dalla tesi. Iniziate a scrivere un proposal: con il che torniamo da dove

eravamo partiti …

69

LISTA RAGIONATA DI ALTRE RISORSE DA CONSULTARE

Testi generali e ideazione dell’argomento

La madre di tutte le guide per scrivere tesi di laurea resta Umberto Eco, Come si fa

una tesi di laurea. Le materie umanistiche, Milano, Bompiani, 1977 (con varie

riedizioni, compresa una elettronica nel 2012 dalla XVI edizione cartacea). Si tratta

di un manuale ancora utile per l’impianto generale, ma senza dubbio superato per la

strumentazione, le indicazioni grafiche e così via.

A Eco sono succedute varie opere più aggiornate. Mi limito a segnalarne alcune più

recenti e quindi aggiornate: Virginio B. Sala, Tesi di laurea con computer e Internet.

Strumenti, tecniche e fonti per elaborare relazioni, ricerche, tesi e tesine, Milano,

Apogeo, 2009 che è il più recente che ho trovato; utili anche (ma già inevitabilmente

datati) Max Giovagnoli, Come si fa una tesi di laurea con il computer e internet,

Milano, Tecniche nuove, 2003 e Corrado de Francesco, Tesi (e tesine) con PC e Web,

Milano, FrancoAngeli, 2004.

Meno concentrati sugli aspetti tecnici e più su quelli di metodo sono Monica

Centanni, Claudia Dianotti, Alessandra Pedersoli, Istruzioni per scrivere una tesi, un

paper, un saggio, B. Mondadori, Milano 2004 e Giorgio Politi, Scrivere tesi : manuale

per la stesura di tesi triennali, magistrali e di dottorato Unicopli, Milano 2009.

Altri manuali sono dedicati a singole aree disciplinari (psicologia, filologia, ecc.):

lascio al lettore interessato il compito di cercarle da solo.

Sul fronte dei manuali anglosassoni, molto numerosi e diffusi, occorre considerare

che il mondo accademico distingue in questo caso tra tre tipi di produzione, via via più

complessi (vedi anche quanto detto al capitolo 1): il “(term o research) paper”, un

paper che si presenta alla fine di un semestre universitario; la “thesis”, che conclude il

percorso di studi universitario (a livello Bachelor o Master), e la “dissertation”,

l’elaborato di ricerca la cui costruzione occupa per gran parte il dottorato di ricerca

(PhD). Alcuni manuali sono generalisti e forniscono indicazioni per tutti e tre i tipi di

70

produzione, mentre altri si concentrano sull’uno o sull’altro format in modo più

specifico.

Parto da manuali più generali, validi per vari livelli di elaborazione della ricerca. In

ambito anglosassone l’equivalente del libro di Eco è probabilmente Kate L. Turabian,

A Manual for Writers of research papers, Theses and Dissertation, 7th edition, The

University of Chicago Press, Chicago – London 2007 (la prima edizione risale al 1937,

e tra i successivi revisori si contano alcuni illustri accademici americani). Si tratta di

un manuale che riserva ampio spazio ai metodi di citazione delle risorse, in base allo

stile della Chicago University (che non a caso viene definite anche Turabian Style).

Due altri manuali che raccomando sono Peg Boyle Single, Demystifying Dissertation

Writing. A Streamlined Process from Choice of Topic to Final Text, Sterling (Virginia),

Stylus, 2009; e Anthony C. Winkler, Jo Ray Metherell, Writing the Research Paper: A

Handbook, Eighth Edition, Boston, Wadsworth, 2012.

Per la scrittura dei paper (quindi redatto in modo molto semplice e basilare) si

veda Beverly Ann Chin, How to Write A Great Research paper, John Wiley & Sons,

London, 2004. Più articolato e utile (sempre a livello paper) Carol Ellison, McGraw-

Hill’s Concise Guide to Writing Research Papers, McGraw-Hill, New York – ecc. 2010.

A livello di thesis, si possono vedere Charles Lipson, How to Write a BA Thesis. A

Practical Guide from Your First Ideas to Your Finished Paper, The University of

Chicago Press, Chicago – London, 2005 (un po’ ossessionato dal rispetto della

timeline!) ; Rowena Murray, How to write a Thesis, 3rd ed., Mc Graw Hill – Open

University, Maidenhead – New York 2011 (molto attento ai processi di scrittura,

anche da un punto di vista di psicologia dello studente); David Evans, Paul Gruba,

Justin Zobel, How to Write a Better Thesis, 3dh ed., Cartlton (Victoria), Melbourne

University Press, 2011 (molte parti di questo volume sono disponibili su Google Books

all’indirizzo

http://books.google.it/books?id=GI9dCdqzOKEC&lpg=PP1&hl=it&pg=PP1#v=onepage

&q&f=false).

Infine per il livello dissertation, si vedano Rita S. Brause, Writing Your Doctoral

Dissertation. Invisibile Rules for Success, Falmer Press - Routledge, London – New

York 2000; Derek Svetnam, Writing Your Dissertation. How to plan, prepare and

71

present successful work, 3rd edition, How To Books, Oxford 2004; Kathleen McMillan,

Jonathan Weyers, How to write Dissertations & Project Reports, Harlow (Hessex),

Pearson, 2007.

La ricerca e la gestione delle risorse

I manuali che ho introdotto al punto precedente forniscono ampie indicazioni circa

la ricerca delle risorse, soprattutto di tipo bibliografico. Indico di seguito alcuni

tutorial on line particolarmente utili e ben costruiti. Due tutorial generali sono quello

della Università di Berkeley

(http://www.lib.berkeley.edu/TeachingLib/Guides/Internet/FindInfo.html) e quello

della library della UCLA (http://guides.library.ucla.edu/cat.php?cid=10664). La

Johns Hopkins University ha disposto un tutorial che guida alla valutazione della

affidabilità delle risorse on line: http://guides.library.jhu.edu/evaluatinginformation.

Nella guida della UCLA citata sopra troverete anche indicazioni sui reference

manager e il loro uso. Una guida in italiano di Zotero in pdf è stata sviluppata

dall’Università di Torino:

http://www.unito.it/unitoWAR/ShowBinary/FSRepo/B073/allegati_formazione/Guida

_Zotero.pdf

L’elaborazione della ricerca

Alcuni manuali generali contengono indicazioni specifiche per l’elaborazione di

progetti di ricerca empirici: cfr. per esempio sulle ricerche field si veda David G.

Garson, Guide to Writing Empirical papers, Thesis and Dissertations, New York,

Marcel Dekker, 2002, e su quelle qualitative Judith M. Meloy, Writing The Qualitative

Dissertation. Understanding by Doing, 2nd Edition, Mahwah (New Jersey) - London,

Lawrence Erlbaum Associates, 2002.

Due introduzioni ai metodi qualitativi nelle scienze sociali sono: Antonio De Lillo (a

cura di), Il mondo della ricerca qualitativa, UTET, Torino, 2010; Alfredo Agustoni e

Roberto Veraldi (a cura di), Esplorare i mondi quotidiani. Oggetti, metodi e tecniche

della ricerca sociale qualitativa, Roma, Carocci, 2012. Per i metodi quantitativi si

veda Mark Balnaves, Peter Caputi, Introduction to Quantitative Research Methods.

An Investigative Approach, London, Sage Publications, 2001.

72

I metodi di analisi della televisione sono presentati in Francesco Casetti, Federico

di Chio, Analisi della televisione. Strumenti, metodi e pratiche di ricerca, Milano,

Bompiani, 1998; una analisi semiotica del film è presentata in Francesco Casetti,

Federico di Chio, Analisi del film, Milano, Bompiani, 1990. Per un’analisi semiotica dei

prodotti mediali rimando al mio Ruggero Eugeni, Semiotica dei media. Le forme

dell’esperienza, Roma, Carocci, 2010.

Per indicazioni più specifiche il lettore dovrà far riferimento al proprio docente

relatore.

La stesura dell’elaborato

Il panorama dei manuali di scrittura italiani di elaborati scientifici è abbastanza

ricco. Molte opere insistono sulle forme dell’argomentazione: Massimo Bustreo,

Scrivere e argomentare. Guida alle tesi di laurea, Gedit, Bologna 2006; Michele

Colombo, Scrivere la tesi di laurea e altri testi, Mondadori Università, Milano 2006;

Marco Santambrogio, Manuale di scrittura (non creativa), Roma-Bari, Laterza, 2006.

Sugli aspetti formali rimando al classico Roberto Lesina, Il nuovo manuale di stile.

Edizione 2.0 Guida alla redazione di documenti, relazioni, articoli, manuali, tesi di

laurea, Bologna, Zanichelli, 2009.

Un ottimo manualetto di scrittura di papers e tesi in lingua inglese (con indicazioni

generali utili anche per chi scrive in italiano) è Adrian Wallwork, English for Writing

Research Papers, New York - Dordrecht - Heidelberg – London, Springer, 2011.

I riferimenti alle risorse

I manuali citati nella sezione introduttiva generale contengono varie indicazioni su

come effettuare I riferimenti alle risorse, soprattutto bibliografiche. Data la

complessità della materia indico tuttavia anche altre fonti utili. Come accennato,

esistono a livello internazionale tre stili di riferimento: quello della Chicago University

(che comprende sia un sistema di citazione estesa che uno autore – data) viene

illustrato minuziosamente in Aa.Vv., The Chicago Manual of Style. The Essential

Guide for Writes, Editors and Publishers, 16th ed., Chicago, the University of Chicago

press, 2010. Lo stile della Modern Language Association (che, lo ricordiamo è un

sistema autore – data) viene esposto in Aa.Vv., MLA Style Manual and Guide to

Scholarly Publishing, 3rd Edition, New York, Modern Language Association of

73

America, 2008, accompagnato dal suo “cugino” più operativo Aa.Vv., MLA Handbook

for Writers of Research Papers, 7th edition, New York, Modern Language Association

of America, 2009. Il terzo metodo, della American Psychological Association

(anch’esso un sistema autore – data collegato a un metodo di formattazione

complessiva del paper da sottoporre a riviste scientifiche dei settore psicologici e

sociali), viene illustrato in Aa.Vv., Publication Manual of the American Psychological

Association, 6th Edition, Washington, American Psychological Association, 2010.

Nel caso intendiate seguire uno degli stili internazionali, evitate di rivolgervi alle

edizioni precedenti dei manuali corrispondenti, perché non contengono le modifiche

introdotte di recente per tener conto dei nuovi tipi di risorse citabili (siti, video, ecc.).

Un manuale aggiornato che (oltre a presentare i metodi di costruzione di un paper

in generale) insegna a citare usando i differenti stili, è il già citato A. C. Winkler, J. R.

Metherell, Writing the Research Paper…. Due manuali che presentano e confrontano i

vari metodi di citazione sono Charles Lipson, Cite Right. A Quick Guide to Citation

Styles – MLA, APA, Chicago, The Sciences, professions, and More, Chicago – London,

The University of Chicago Press, 2006 e il più aggiornato Richard Pears, Graham

Shields, Cite them right : the essential referencing guide, nuova edizione, Newcastle

upon Tyne, Pear Tree, 2008.

I differenti metodi di citazione vengono anche presentati in alcuni siti (le cui

indicazioni sono senz’altro sufficienti nel caso di lavori poco sviluppati): segnalo in

particolare la guida sintetica al metodo della Chicago University

(http://www.chicagomanualofstyle.org/tools_citationguide.html); quello al metodo

MLA (http://content.easybib.com/students/citation-guide/mla-format/quick-guide/), e

un tutorial in forma di slides al metodo APA

http://www.apastyle.org/learn/tutorials/basics-tutorial.aspx). Una buona guida

complete ai metodi di riferimento è stata messa a punto dalla Cornell University

(http://www.library.cornell.edu/resrch/citmanage/). Infine, per la citazione di risorse

audiovisive, esiste un ottimo tutorial del British Film Institute

(http://bufvc.ac.uk/projects-research/sharedservices/avcitation/guidelines)

74

Dalla consegna alla discussione

Sui metodi di presentazione del proprio lavoro in varie sedi a cominciare dalla

discussione, è senz’altro utile Gisella Paoletti, Sara Rigutti, Come presentare la tesi di

laurea : con PowerPoint, Impress, Google.docs, i lucidi, la lavagna... , Roma, Carocci,

2010.

Infine, chi già pensasse a trasformare la propria tesi in un volume da proporre a un

editore, tenga presente il classico William Germano, From Dissertation to Book, 2a

edizione, Chicago – London, University of Chicago Press, 2008.

75

SOMMARIO

ATTENZIONE, GRAZIE! ............................................ ERRORE. IL SEGNALIBRO NON È DEFINITO.  

INTRODUZIONE ............................................................................................................................ 2  CAPITOLO 1. LA COSTRUZIONE DEL PROGETTO ............................................................................. 5  

La definizione dell’argomento: tema, prospettiva disciplinare e questione portante 5  L’articolazione dell’argomento ......................................................................................... 7  La proposta dell’argomento .............................................................................................. 8  L’avvio del progetto: alcuni aspetti pratici ................................................................... 10  

CAPITOLO 2. LA RICERCA DELLE RISORSE ................................................................................. 12  Le risorse: cosa sono e a cosa servono ........................................................................... 12  Le risorse: come si distinguono e come se ne valuta l’affidabilità ............................. 14  L’individuazione delle risorse: le monografie ............................................................... 17  L’individuazione delle risorse: gli articoli di rivista scientifica ................................. 20  Il reperimento delle risorse: le monografie ................................................................... 21  Il reperimento delle risorse: gli articoli di rivista scientifica ..................................... 24  E book, diritti, fotocopie .................................................................................................. 26  

CAPITOLO 3. LA GESTIONE DELLE RISORSE ............................................................................... 28  Valutazione, selezione e organizzazione delle risorse ................................................ 28  Gli strumenti di gestione delle risorse: la scheda di ricerca e la scheda di risorsa . 31  I reference manager ......................................................................................................... 35  

CAPITOLO 4. L’ELABORAZIONE DELLA RICERCA ........................................................................ 37  La scheda di analisi delle risorse e la loro sottolineatura - annotazione .................. 37  Lo schedario delle annotazioni ....................................................................................... 40  La ricerca applicata ......................................................................................................... 42  

CAPITOLO 5. LA STESURA DELL’ELABORATO ............................................................................. 44  Il processo della redazione dell’elaborato ..................................................................... 44  L’architettura complessiva dell’elaborato .................................................................... 46  I criteri di coerenza dell’elaborato ................................................................................. 50  I criteri di coesione dell’elaborato .................................................................................. 51  Alcune annotazioni di stile .............................................................................................. 53  I requisiti formali dell’elaborato ..................................................................................... 55  

CAPITOLO 6. I RIFERIMENTI ALLE RISORSE ............................................................................... 59  Il riferimento esteso ......................................................................................................... 59  

76

Il sistema autore-data ...................................................................................................... 63  LISTA RAGIONATA DI ALTRE RISORSE DA CONSULTARE ............................................................. 69  

Testi generali e ideazione dell’argomento ..................................................................... 69  La ricerca e la gestione delle risorse .............................................................................. 71  L’elaborazione della ricerca ............................................................................................ 71  La stesura dell’elaborato ................................................................................................. 72  I riferimenti alle risorse .................................................................................................. 72  Dalla consegna alla discussione ..................................................................................... 74