Paola PastacaldiORDINE 7-8 2005 1 Roma, 22 giugno 2005. Sandro Ruotolo ha vinto la sua causa contro...

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1 ORDINE 7-8 2005 Roma, 22 giugno 2005. Sandro Ruotolo ha vinto la sua causa contro la Rai per ottenere il risarcimento del danno derivato dal biennio di inattività impostogli in quanto componente dell’equipe di Mi- chele Santoro. Dell’esito della causa danno notizia i legali di Ruotolo, lo studio D’Amati. La sentenza, definita dal Tribu- nale di Roma, Sezione lavoro, giudice Loredana Micciché, ha dichiarato l’azienda “ina- dempiente ai suoi obblighi”, informa D’Amati, e l’ha con- dannata al risarcimento del danno in misura di euro 297.138 (duecentonovanta- settemilacentotrentotto), oltre rivalutazione monetaria, inte- ressi e spese legali. Ruotolo aveva sostenuto che la sua emarginazione non poteva ri- tenersi in alcun modo giustifi- cata. (ANSA) Rai condannata a versare 297mila euro a Sandro Ruotolo emarginato da due anni Giornalisti sospesi tra Ordine e Consob, due giudici potenzialmente in conflitto di Caterina Malavenda e Carlo Melzi d’Eril Tra le nuove disposizioni introdotte di recente dalla legge comunitaria 2004, alcune non so- no di facile lettura. Più precisamente, risulta particolarmente difficile interpretare corretta- mente e soprattutto in modo univoco il signi- ficato e la concreta operatività del meccani- smo di cui all’art. 187 ter comma 2 del d.lgs. n. 58 del 1998 che indica il trattamento san- zionatorio (amministrativo) per i giornalisti “rei” di manipolazione del mercato. In partico- lare la norma in esame prevede che la con- dotta del giornalista «nello sv olgimento della [sua] attività prof essionale [...] v a v alutata te - nendo conto delle nor me di autoregolamen - tazione », a meno che il medesimo abbia trat- to un vantaggio o un profitto dalla diffusione delle informazioni. I problemi che solleva la norma sono molteplici. La legge sembra individuare due casi distinti: quello in cui il giornalista abbia agito esclusi- vamente nell’ambito della propria attività pro- fessionale e quello in cui, viceversa, egli ab- bia conseguito un utile personale dalla diffu- sione di notizie false o fuorvianti. L’autorità preposta ad accertare se il caso concreto ap- partenga ad una fattispecie o all’altra, in caso di dubbio, pare essere la Consob, a seguito di idonea istruttoria. Se è stato conseguito un profitto è probabile debba essere sempre la Consob a giudicare la condotta del giornalista e, di conseguenza, ad irrogare la sanzione pecuniaria precisata nei commi successivi. L’ipotesi in cui, invece, dalla diffusione di infor- mazioni il giornalista non abbia tratto alcun vantaggio pone maggiori difficoltà. Infatti, non è chiaro: segue in seconda Ordine dei giornalisti della Lombardia Anno XXXV n. 7-8 Luglio-Agosto 2005 Direzione e redazione Via A. da Recanate, 1 20124 Milano Telefono: 02 67 71 37 1 Telefax: 02 66 71 61 94 http://www.odg.mi.it e-mail:[email protected] Poste Italiane SpA Sped.abb.post. Dl n. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004 n. 46) art. 1 (comma 2). Filiale di Milano Associazione “Walter Tobagi” per la Formazione al Giornalismo Istituto “Carlo De Martino” per la Formazione al Giornalismo Cassazione: no ai nomi oscurati nelle sentenze Passo indietro a tutela del diritto di cronaca La cattiva lettura di due sentenze della Cassazione penale (“Via i nomi dalle sentenze nel caso in cui vengano riprodotte nelle riviste giuridiche”) ha creato un allarme ingiustificato. I giornalisti hanno di- ritto di leggere le sentenze nella forma integrale ma dovranno, co- munque, trattare i dati (= notizie) secondo le regole etiche. Riforma della Giustizia: disco ver- de dal Senato. La battaglia si sposta alla Camera e riguarda anche un principio che inciderà pesantemente sul diritto dei cittadini all’informazione: a leg- ge approvata, i rapporti tra Pm e stampa saranno tenuti “personal- mente” dal Procuratore della Re- pubblica. Anche le informazioni del casellario sono divulgabili (secondo le regole etiche) Abruzzo: “Avremo un’informazione giudiziaria centralizzata. E anche reticente?” A pagina 10 La delibera da pagina 19 VINCE LA LINEA SOSTENUTA “IN SOLITUDINE”DAL PRESIDENTE DELL’ORDINE DELLA LOMBARDIA INFORMAZIONE ECONOMICO-FINANZIARIA, LEGGI E DEONTOLOGIA PROFESSIONALE Abusi di mercato Dossier * G R A T U I T O Una delibera che rilancia il ruolo dell’Ordine professionale dopo 40 anni di attività SOMMARIO Università Parte l’8°concorso tesi di laurea sul giornalismo pag. 6 Inpgi La riforma delle pensioni pag. 7 Professione L'Europa apre agli Ordini pag. 8 Editoria Perdita di credibilità dei media italiani pag. 9 Privacy Cremona, una sentenza sbagliata pag. 11 Pubblicisti Corso per chi lavora negli uffici stampa pag. 13 Ricorrenze Il centenario della Scuola del Libro pag. 14 La libreria di Tabloid pag. 23 INTERVISTA A ENZO BIAGI “HO SEMPRE RACCONTATO DELLE STORIE” di Emilio Pozzi a pag. 16 P A T R O C I N I O *

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1ORDINE 7-8 2005

Roma, 22 giugno 2005.Sandro Ruotolo ha vinto lasua causa contro la Rai perottenere il risarcimento deldanno derivato dal biennio diinattività impostogli in quantocomponente dell’equipe di Mi-chele Santoro. Dell’esito dellacausa danno notizia i legali diRuotolo, lo studio D’Amati. Lasentenza, definita dal Tribu-nale di Roma, Sezione lavoro,giudice Loredana Micciché,ha dichiarato l’azienda “ina-dempiente ai suoi obblighi”,informa D’Amati, e l’ha con-dannata al risarcimento deldanno in misura di euro297.138 (duecentonovanta-settemilacentotrentotto), oltrerivalutazione monetaria, inte-ressi e spese legali. Ruotoloaveva sostenuto che la suaemarginazione non poteva ri-tenersi in alcun modo giustifi-cata. (ANSA)

Rai condannataa versare 297mila euroa Sandro Ruotoloemarginato da due anni

Giornalisti sospesi tra Ordine e Consob,due giudici potenzialmente in conflitto

di Caterina Malavenda e Carlo Melzi d’Eril

Tra le nuove disposizioni introdotte di recentedalla legge comunitaria 2004, alcune non so-no di facile lettura. Più precisamente, risultaparticolarmente difficile interpretare corretta-mente e soprattutto in modo univoco il signi-ficato e la concreta operatività del meccani-smo di cui all’art. 187 ter comma 2 del d.lgs.n. 58 del 1998 che indica il trattamento san-zionatorio (amministrativo) per i giornalisti“rei” di manipolazione del mercato. In partico-lare la norma in esame prevede che la con-dotta del giornalista «nello svolgimento della[sua] attività professionale [...] va valutata te-nendo conto delle norme di autoregolamen-tazione», a meno che il medesimo abbia trat-to un vantaggio o un profitto dalla diffusionedelle informazioni.I problemi che solleva la norma sono molteplici.La legge sembra individuare due casi distinti:quello in cui il giornalista abbia agito esclusi-vamente nell’ambito della propria attività pro-fessionale e quello in cui, viceversa, egli ab-bia conseguito un utile personale dalla diffu-sione di notizie false o fuorvianti. L’autoritàpreposta ad accertare se il caso concreto ap-partenga ad una fattispecie o all’altra, in caso

di dubbio, pare essere la Consob, a seguito diidonea istruttoria.Se è stato conseguito un profitto è probabiledebba essere sempre la Consob a giudicarela condotta del giornalista e, di conseguenza,ad irrogare la sanzione pecuniaria precisatanei commi successivi.L’ipotesi in cui, invece, dalla diffusione di infor-mazioni il giornalista non abbia tratto alcunvantaggio pone maggiori difficoltà. Infatti, nonè chiaro:

segue in seconda

Ordinedeigiornalistidella Lombardia

Anno XXXVn. 7-8 Luglio-Agosto 2005

Direzione e redazioneVia A. da Recanate, 120124 MilanoTelefono: 02 67 71 37 1Telefax: 02 66 71 61 94

http://www.odg.mi.ite-mail:[email protected]

Poste Italiane SpA Sped.abb.post. Dl n. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004 n. 46) art. 1 (comma 2). Filiale di Milano

Associazione “Walter Tobagi” per la Formazione al GiornalismoIstituto “Carlo De Martino” per la Formazione al Giornalismo

Cassazione: no ai nomi oscurati nelle sentenzePasso indietro a tutela del diritto di cronaca

La cattiva lettura di due sentenzedella Cassazione penale (“Via inomi dalle sentenze nel caso incui vengano riprodotte nelle rivistegiuridiche”) ha creato un allarmeingiustificato. I giornalisti hanno di-ritto di leggere le sentenze nellaforma integrale ma dovranno, co-munque, trattare i dati (= notizie)secondo le regole etiche.

Riforma della Giustizia: disco ver-de dal Senato.La battaglia si sposta alla Camerae riguarda anche un principio cheinciderà pesantemente sul dirittodei cittadini all’informazione: a leg-ge approvata, i rapporti tra Pm estampa saranno tenuti “personal-mente” dal Procuratore della Re-pubblica.

Anche le informazionidel casellariosono divulgabili(secondole regole etiche)

Abruzzo:“Avremoun’informazione giudiziariacentralizzata. E anchereticente?”

A pagina 10 La delibera da pagina 19

VINCE LA LINEA SOSTENUTA “IN SOLITUDINE” DAL PRESIDENTE DELL’ORDINE DELLA LOMBARDIA

INFORMAZIONE ECONOMICO-FINANZIARIA, LEGGI E DEONTOLOGIA PROFESSIONALE

Abusi di

mercatoDossier

*G

RA

T

UITO

Una delibera che rilancia il ruolo dell’Ordine professionale dopo 40 anni di attività

SOMMARIOUniversità Parte l’8°concorso

tesi di laurea sul giornalismo pag. 6

Inpgi La riforma delle pensioni pag. 7

Professione L'Europa apre agli Ordini pag. 8

Editoria Perdita di credibilità dei media italiani pag. 9

Privacy Cremona, una sentenza sbagliata pag. 11

Pubblicisti Corso per chi lavora negli uffici stampa pag. 13

Ricorrenze Il centenario della Scuola del Libro pag. 14

La libreria di Tabloid pag. 23

INTERVISTA A ENZO BIAGI“HO SEMPRE RACCONTATODELLE STORIE”di Emilio Pozzi a pag. 16

PAT R O CIN

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2 ORDINE 7-8 2005

1. se sia di nuovo la Consob oppure l’Ordinedei giornalisti a valutare la condotta del gior-nalista, sia pure in base alle norme deontolo-giche. Poiché tuttavia il solo giudice che puòapplicare tali disposizioni è l’Ordine, la se-conda è senz’altro la soluzione più ovvia.Poiché la formulazione della norma legittimaqualche dubbio, sarebbe opportuno un inter-vento chiarificatore;2. quali sanzioni siano applicabili alla viola-zione delle norme di autoregolamentazione,in quanto l’ambiguità del dettato normativo le-gittima più soluzioni: quelle deontologiche (ir-rogate, quindi, dall’Ordine) quella pecuniariaamministrativa (applicata, invece, dallaConsob) oppure entrambe, in successione ecumulate. La Consob, in questo caso, appli-

cherebbe la sanzione amministrativa, rinvian-do poi gli atti all’Ordine per le sue determina-zioni. Per le ragioni già menzionate, oltre cheper un motivo di equità sostanziale, pare piùcorretta la prima ipotesi, che sia cioè l’Ordinea valutare il comportamento del giornalista,sulla base delle disposizioni dettate dalConsiglio nazionale, le quali, se violate, pos-sono dar luogo esclusivamente a sanzionideontologiche. Sul punto, la scarsa chiarezzaautorizzerebbe addirittura una “terza via”: ap-purato il mancato conseguimento di un utile“privato”, la Consob potrebbe chiedereall’Ordine un parere sulla avvenuta violazionedelle disposizioni di autoregolamentazioneed, in base a tale parere, irrogare o meno lasanzione, questa volta, pecuniaria.Tale ipote-si, tuttavia, appare decisamente farraginosa epoco praticabile. In ogni modo, anche su que-sto aspetto, risulta indispensabile un chiari-mento a livello legislativo o almeno regola-mentare.Le modifiche al regolamento Consob pubbli-cate sul sito dell’autorità lo scorso 13 maggionon aiutano a sciogliere i dubbi menzionati.

L’art. 114 comma 8 d.lgs. n. 58 del 1998, co-sì come “novellato”, impone ai soggetti chediffondono ricerche, valutazioni, informazionie raccomandazioni finanziarie di «presentarel’informazione in modo corretto e comunicarel’esistenza di ogni loro interesse o conflitto diinteressi riguardo agli strumenti finanziari cuil’informazione si riferisce». Il successivo com-ma 9 rinvia al regolamento Consob l’appro-vazione delle relative norme di attuazione. Ilcomma 10, infine, estromette dall’ambito diapplicazione delle disposizioni previste dalmenzionato regolamento i giornalisti, purchéla condotta di questi ultimi sia soggetta a nor-me deontologiche che consentano di «con-seguire gli stessi effetti» di quelli stabiliti dallalegge. In sintesi, informazione corretta e se-gnalazione dei conflitti di interesse.La “bozza” di regolamento pubblicata sul sitowww.consob.it all’art. 69 octies incarica laConsob di valutare se le disposizioni deonto-logiche previste dall’art. 114 comma 10 deld.lgs. n. 58 del 1998 e già formulate dall’or-gano di autoregolamentazione siano tali dagarantire, appunto «gli stessi effetti delle pre-

scrizioni contenute nei precedenti articoli 69,69 bis, 69 quater, 69 sexies e 69 septies».L’autorità, dunque, è chiamata a giudicare laefficacia delle disposizioni poste dall’Ordineper l’effettivo conseguimento dello scopo indi-viduato dalla legge.L’art. 69 octies comma 3 consente, inoltre, al-la Commissione di «richiedere integrazioni emodifiche alle norme predisposte dal Consiglionazionale degli Ordini dei giornalisti». L’ultimocomma di tale articolo, infine, impone generi-camente l’applicazione dei commi precedentiin tutti i casi in cui l’Ordine modifichi le proprienorme di autoregolamentazione. Sarebbe,dunque, opportuno, per maggiore chiarezzache in entrambe le disposizioni venisse spe-cificato che le norme di autoregolamentazio-ne su cui Consob può intervenire sono soloquelle di cui al comma 1, cioè quelle «previ-ste dall’art. 114 comma 10 del Testo unico»della finanza.Il combinato disposto degli stessi commi 3 e5, se non chiariti a dovere, rischia di creare unaltro effetto distorsivo. Consob, infatti, ha, co-me accennato, un autonomo potere di chie-

Abusi di

mercato

Abuso di informazioni privilegiate edella legge 18 aprile 2005 n. 62 (leggeL’articolo 9 della legge 18 aprile 2005 n. 62 (“Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivantidall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2004”), pubblicata nellaGazzetta Ufficiale 27 aprile 2005 n. 96-S.O., recepisce la direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo

Dice l’articolo 187/ter:“2. Per i giornalisti che

operano nello svolgimentodella loro attività

professionale la diffusionedelle informazioni va valutatatenendo conto delle norme di

autoregolamentazioneproprie di detta professione,

salvo che tali soggettitraggano, direttamente o

indirettamente, un vantaggioo un profitto dalla diffusione

delle informazioni”

LE NORME INCIDONO SULL’ATTIVITÀ

Dlgs 24 febbraio 1998 n. 58. Testounico delle disposizioni in materia diintermediazione finanziaria, ai sensidegli articoli 8 e 21 della L. 6 febbraio1996, n. 52. (pubblicato nella GazzettaUfficiale 26 marzo 1998, n. 71, S.O)

TITOLO I-bis

Abuso di informazioni privilegiate e manipolazione del mercato (101)

Capo I - Disposizioni generali

180. Definizioni.1. Ai fini del presente titolo si intendono per:a) «strumenti finanziari»: gli strumenti finan-ziari di cui all’articolo 1, comma 2, ammessialla negoziazione o per i quali è stata presen-tata una richiesta di ammissione alle negozia-zioni in un mercato regolamentato italiano o dialtro Paese dell’Unione europea, nonché qual-siasi altro strumento ammesso o per il qualeè stata presentata una richiesta di ammissio-ne alle negoziazioni in un mercato regola-mentato di un Paese dell’Unione europea;b) «derivati su merci»: gli strumenti finanziaridi cui all’articolo 1, comma 3, relativi a merci,ammessi alle negoziazioni o per i quali è sta-ta presentata una richiesta di ammissione al-le negoziazioni in un mercato regolamentatoitaliano o di altro Paese dell’Unione europea,nonché qualsiasi altro strumento derivato re-lativo a merci ammesso o per il quale è statapresentata una richiesta di ammissione allenegoziazioni in un mercato regolamentato diun Paese dell’Unione europea;c) «prassi di mercato ammesse»: prassi di cuiè ragionevole attendersi l’esistenza in uno opiù mercati finanziari e ammesse o individua-te dalla CONSOB in conformità alle disposi-zioni di attuazione della direttiva 2003/6/CEdel 28 gennaio 2003 del Parlamento europeoe del Consiglio;d) «ente»: uno dei soggetti indicati nell’artico-lo 1 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n.231 (101/a).------------------------

(101) Il presente titolo I-bis, comprendente gli articoli da 180 a187-quaterdecies, così sostituisce l’originaria partizione CapoIV, comprendente gli articoli da 180 a 187-bis, ai sensi di quan-to disposto dall’art. 9, comma 2, L. 18 aprile 2005, n. 62 - Leggecomunitaria 2004. Vedi, anche, il comma 6 dello stesso art. 9.(101/a) Il presente titolo I-bis, comprendente gli articoli da180 a 187-quaterdecies, così sostituisce l’originaria partizio-ne Capo IV, comprendente gli articoli da 180 a 187-bis, aisensi di quanto disposto dall’art. 9, comma 2, L. 18 aprile2005, n. 62 - Legge comunitaria 2004. Vedi, anche, il com-ma 6 dello stesso art. 9.

181. Informazione privilegiata.1. Ai fini del presente titolo per informazioneprivilegiata si intende un’informazione di ca-rattere preciso, che non è stata resa pubblica,concernente, direttamente o indirettamente,uno o più emittenti strumenti finanziari o unoo più strumenti finanziari, che, se resa pub-blica, potrebbe influire in modo sensibile suiprezzi di tali strumenti finanziari.2. In relazione ai derivati su merci, per infor-mazione privilegiata si intende un’informazio-ne di carattere preciso, che non è stata resapubblica, concernente, direttamente o indiret-tamente, uno o più derivati su merci, che ipartecipanti ai mercati su cui tali derivati so-no negoziati si aspettano di ricevere secondoprassi di mercato ammesse in tali mercati.3. Un’informazione si ritiene di carattere pre-ciso se:a) si riferisce ad un complesso di circostanzeesistente o che si possa ragionevolmenteprevedere che verrà ad esistenza o ad unevento verificatosi o che si possa ragionevol-mente prevedere che si verificherà;b) è sufficientemente specifica da consentiredi trarre conclusioni sul possibile effetto delcomplesso di circostanze o dell’evento di cuialla lettera a) sui prezzi degli strumenti finan-ziari.4. Per informazione che, se resa pubblica, po-trebbe influire in modo sensibile sui prezzi distrumenti finanziari si intende un’informazio-ne che presumibilmente un investitore ragio-nevole utilizzerebbe come uno degli elemen-ti su cui fondare le proprie decisioni di inve-stimento.5. Nel caso delle persone incaricate dell’ese-cuzione di ordini relativi a strumenti finanzia-ri, per informazione privilegiata si intende an-che l’informazione trasmessa da un cliente econcernente gli ordini del cliente in attesa diesecuzione, che ha un carattere preciso eche concerne, direttamente o indirettamente,uno o più emittenti di strumenti finanziari ouno o più strumenti finanziari, che, se resapubblica, potrebbe influire in modo sensibilesui prezzi di tali strumenti finanziari (101/b).

------------------------ (101/b) Il presente titolo I-bis, comprendente gli articoli da 180a 187-quaterdecies, così sostituisce l’originaria partizione Capo

IV, comprendente gli articoli da 180 a 187-bis, ai sensi di quan-to disposto dall’art. 9, comma 2, L. 18 aprile 2005, n. 62 - Leggecomunitaria 2004. Vedi, anche, il comma 6 dello stesso art. 9.

182. Ambito di applicazione.1. I reati e gli illeciti previsti dal presente titolosono puniti secondo la legge italiana anchese commessi all’estero, qualora attengano astrumenti finanziari ammessi o per i quali èstata presentata una richiesta di ammissionealla negoziazione in un mercato regolamen-tato italiano.2. Salvo quanto previsto dal comma 1, le di-sposizioni degli articoli 184, 185, 187-bis e187-ter si applicano ai fatti concernenti stru-menti finanziari ammessi alla negoziazione oper i quali è stata presentata una richiesta diammissione alla negoziazione in un mercatoregolamentato italiano o di altri Paesidell’Unione europea (101/c).

------------------------(101/c) Il presente titolo I-bis, comprendente gli articoli da 180a 187-quaterdecies, così sostituisce l’originaria partizione CapoIV, comprendente gli articoli da 180 a 187-bis, ai sensi di quan-to disposto dall’art. 9, comma 2, L. 18 aprile 2005, n. 62 - Leggecomunitaria 2004. Vedi, anche, il comma 6 dello stesso art. 9.

183. Esenzioni.1. Le disposizioni di cui al presente titolo nonsi applicano:a) alle operazioni attinenti alla politica mone-taria, alla politica valutaria o alla gestione deldebito pubblico compiute dallo Stato italiano,da uno Stato membro dell’Unione europea,dal Sistema europeo delle Banche centrali,da una Banca centrale di uno Stato membrodell’Unione europea, o da qualsiasi altro en-te ufficialmente designato ovvero da un sog-getto che agisca per conto degli stessi;b) alle negoziazioni di azioni, obbligazioni ealtri strumenti finanziari propri quotati, effet-tuate nell’ambito di programmi di riacquistoda parte dell’emittente o di società controlla-te o collegate, ed alle operazioni di stabiliz-zazione di strumenti finanziari che rispettinole condizioni stabilite dalla CONSOB con re-golamento (101/d).

------------------------ (101/d) Il presente titolo I-bis, comprendente gli articoli da 180a 187-quaterdecies, così sostituisce l’originaria partizione CapoIV, comprendente gli articoli da 180 a 187-bis, ai sensi di quan-to disposto dall’art. 9, comma 2, L. 18 aprile 2005, n. 62 - Leggecomunitaria 2004. Vedi, anche, il comma 6 dello stesso art. 9.

Capo II - Sanzioni penali

184. Abuso di informazioni privilegiate.1. È punito con la reclusione da uno a sei an-ni e con la multa da euro ventimila a euro tremilioni chiunque, essendo in possesso di

GIORNALISTI SOSPESI TRA ORDINE E CONSOB, DUE GIUDICI POTENZIALMENTE IN CONFLITTO

segue dalla prima

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3ORDINE 7-8 2005

dere e sollecitare integrazioni e modifiche al-le disposizioni deontologiche. Tuttavia, il com-ma 5, nel richiamare tutte le disposizioni pre-cedenti, considera altresì il comma 1, secon-do il quale a Consob è attribuito un potere divalutazione preventiva delle regole in questio-ne. Sembrerebbe trattarsi di una sorta di “di-ritto di veto”, o meglio “clausola di gradimento”nei confronti non solo della “legislazione” ini-ziale elaborata dall’Ordine, ma anche dellesuccessive, eventuali modifiche, con il potereautonomo di ottenerne altre, a richiesta.Non è chiaro quale sia la conseguenza di uneventuale contrasto fra Ordine e Consob siain relazione ad una modifica o integrazione ri-chiesta dalla seconda ma non accettata dalprimo, sia in relaziona a modifiche dell’Ordinenon condivise da Consob. La soluzione piùsevera, e pure praticabile in assenza di unaprecisa e diversa indicazione legislativa, po-trebbe implicare in entrambi i casi la perdita diefficacia delle norme di autoregolamentazio-ne, sostituite “d’ufficio” dal regolamentoConsob. Questa ipotesi, però, non convince.Se, infatti, può essere ragionevole un preven-

tivo vaglio di Consob sul primo testo predi-sposto dall’Ordine, in quanto materia nuova ecomplessa, su cui la Commissione ha com-petenza specifica, molto meno ragionevolesarebbe una costante ingerenza dell’autoritàindipendente. Soprattutto se l’Ordine fossecostretto comunque ad “abdicare” alle sue ri-chieste, pena la decadenza delle proprie di-sposizioni “a favore” di quelle del regolamen-to generale. Tale facoltà è senza dubbio ec-cessiva, soprattutto tenuto conto del fatto chele norme di cui si tratta dovrebbero delineareil corretto esercizio della professione giornali-stica (sia pure sotto l’aspetto peculiare del-l’informazione economica) tema sul qualel’Ordine dovrebbe essere sovrano.Pare più corretto, dunque, limitare il ruolo diConsob alla mera facoltà di proporre modifi-che o integrazioni al “codice deontologico”(senza che nel caso di mancato recepimentovi siano conseguenze) esclusivamente nel ri-stretto campo della “sua” materia, nel quale èauspicabile le disposizioni siano approvate dicomune accordo.

Caterina Malavenda e Carlo Melzi d’Eril

Via al confronto Ordine giornalisti-Consob su informazione economica e disciplina Ue

Roma, 10 giugno 2005. La corretta applicazione della diretti-va Ue sul market abuse è al centro del confronto, iniziato og-gi, tra l’Ordine nazionale dei giornalisti e la Consob. Nella se-de della Consob erano presenti all’incontro per l’Ordine il se-greatrio Vittorio Roidi ed i colleghi Francesco De Vito eRiccardo Sabatini. La direttiva Ue affidava alla Consob la vigi-lanza sulla diffusione di informazioni e ricerche in questa ma-teria, salvo che nei singoli paesi fossero emanate regole deon-tologiche. Nel 2004 il Consiglio dell’Ordine ha approvato la“Carta dei doveri dell’informazione economica”, un codice fat-to di otto regole che tutti i giornalisti italiani devono applicare.Si deve quindi capire in quali casi interverrà la Consob e inquale sarà l’Ordine - come già previsto dalla legge 1963 - asottoporre il giornalista a procedimento di disciplinare e a san-zionarlo. Problemi delicati (le multe previste per i trasgressoriammontano anche a 5 milioni di euro) sui quali - spiegal’Ordine - è stato effettuato un primo approfondimento, in unclima di collaborazione e di rispetto per i ruoli di entrambi gliorganismi. (ANSA)

manipolazione del mercato: come l’art. 9 (comma 2) comunitaria 2004) ha cambiato la “legge Draghi”

e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, relativa all’abuso di informazioni privilegiate e allamanipolazione del mercato - abusi di mercato - e delle direttive della Commissione di at-tuazione 2003/124/CE, 2003/125/CE e 2004/72/CE.

DEI GIORNALISTI ECONOMICO/FINANZIARI

informazioni privilegiate in ragione della suaqualità di membro di organi di amministrazio-ne, direzione o controllo dell’emittente, dellapartecipazione al capitale dell’emittente, ov-vero dell’esercizio di un’attività lavorativa, diuna professione o di una funzione, anchepubblica, o di un ufficio:a) acquista, vende o compie altre operazioni,direttamente o indirettamente, per conto pro-prio o per conto di terzi, su strumenti finan-ziari utilizzando le informazioni medesime;b) comunica tali informazioni ad altri, al di fuo-ri del normale esercizio del lavoro, della pro-fessione, della funzione o dell’ufficio;c) raccomanda o induce altri, sulla base diesse, al compimento di taluna delle operazio-ni indicate nella lettera a).2. La stessa pena di cui al comma 1 si appli-ca a chiunque essendo in possesso di infor-mazioni privilegiate a motivo della prepara-zione o esecuzione di attività delittuose com-pie taluna delle azioni di cui al medesimocomma 1.3. Il giudice può aumentare la multa fino al tri-plo o fino al maggiore importo di dieci volte ilprodotto o il profitto conseguito dal reatoquando, per la rilevante offensività del fatto,per le qualità personali del colpevole o perl’entità del prodotto o del profitto conseguitodal reato, essa appare inadeguata anche seapplicata nel massimo.4. Ai fini del presente articolo per strumenti fi-nanziari si intendono anche gli strumenti fi-nanziari di cui all’articolo 1, comma 2, il cuivalore dipende da uno strumento finanziariodi cui all’articolo 180, comma 1, lettera a)(101/e).

------------------------ (101/e) Il presente titolo I-bis, comprendente gli articoli da 180a 187-quaterdecies, così sostituisce l’originaria partizione CapoIV, comprendente gli articoli da 180 a 187-bis, ai sensi di quan-to disposto dall’art. 9, comma 2, L. 18 aprile 2005, n. 62 - Leggecomunitaria 2004. Vedi, anche, il comma 6 dello stesso art. 9.

185. Manipolazione del mercato.1. Chiunque diffonde notizie false o pone inessere operazioni simulate o altri artifizi con-cretamente idonei a provocare una sensibilealterazione del prezzo di strumenti finanziari,è punito con la reclusione da uno a sei annie con la multa da euro ventimila a euro cin-que milioni.2. Il giudice può aumentare la multa fino al tri-plo o fino al maggiore importo di dieci volte ilprodotto o il profitto conseguito dal reatoquando, per la rilevante offensività del fatto,per le qualità personali del colpevole o perl’entità del prodotto o del profitto conseguitodal reato, essa appare inadeguata anche seapplicata nel massimo (101/f).

------------------------

(101/f) Il presente titolo I-bis, comprendente gli articoli da 180 a187-quaterdecies, così sostituisce l’originaria partizione CapoIV, comprendente gli articoli da 180 a 187-bis, ai sensi di quan-to disposto dall’art. 9, comma 2, L. 18 aprile 2005, n. 62 - Leggecomunitaria 2004. Vedi, anche, il comma 6 dello stesso art. 9.

186. Pene accessorie.1. La condanna per taluno dei delitti previstidal presente capo importa l’applicazione del-le pene accessorie previste dagli articoli 28,30, 32-bis e 32-ter del codice penale per unadurata non inferiore a sei mesi e non supe-riore a due anni, nonché la pubblicazione del-la sentenza su almeno due quotidiani, di cuiuno economico, a diffusione nazionale(101/g).

------------------------(101/g) Il presente titolo I-bis, comprendente gli articoli da 180a 187-quaterdecies, così sostituisce l’originaria partizione CapoIV, comprendente gli articoli da 180 a 187-bis, ai sensi di quan-to disposto dall’art. 9, comma 2, L. 18 aprile 2005, n. 62 - Leggecomunitaria 2004. Vedi, anche, il comma 6 dello stesso art. 9.

187. Confisca.1. In caso di condanna per uno dei reati pre-visti dal presente capo è disposta la confiscadel prodotto o del profitto conseguito dal rea-to e dei beni utilizzati per commetterlo.2. Qualora non sia possibile eseguire la con-fisca a norma del comma 1, la stessa puòavere ad oggetto una somma di denaro o be-ni di valore equivalente.3. Per quanto non stabilito nei commi 1 e 2 siapplicano le disposizioni dell’articolo 240 delcodice penale (101/h).

------------------------(101/h) Il presente titolo I-bis, comprendente gli articoli da 180a 187-quaterdecies, così sostituisce l’originaria partizione CapoIV, comprendente gli articoli da 180 a 187-bis, ai sensi di quan-to disposto dall’art. 9, comma 2, L. 18 aprile 2005, n. 62 - Leggecomunitaria 2004. Vedi, anche, il comma 6 dello stesso art. 9.

Capo III - Sanzioni amministrative.

187-bis. Abuso di informazioni privilegiate.1. Salve le sanzioni penali quando il fatto co-stituisce reato, è punito con la sanzione am-ministrativa pecuniaria da euro ventimila aeuro tre milioni chiunque, essendo in posses-so di informazioni privilegiate in ragione dellasua qualità di membro di organi di ammini-strazione, direzione o controllo dell’emittente,della partecipazione al capitale dell’emittente,ovvero dell’esercizio di un’attività lavorativa, diuna professione o di una funzione, anchepubblica, o di un ufficio:a) acquista, vende o compie altre operazioni,direttamente o indirettamente, per conto pro-prio o per conto di terzi su strumenti finanzia-ri utilizzando le informazioni medesime;

b) comunica informazioni ad altri, al di fuoridel normale esercizio del lavoro, della profes-sione, della funzione o dell’ufficio;c) raccomanda o induce altri, sulla base diesse, al compimento di taluna delle operazio-ni indicate nella lettera a).2. La stessa sanzione di cui al comma 1 siapplica a chiunque essendo in possesso diinformazioni privilegiate a motivo della prepa-razione o esecuzione di attività delittuosecompie taluna delle azioni di cui al medesimocomma 1.3. Ai fini del presente articolo per strumenti fi-nanziari si intendono anche gli strumenti fi-nanziari di cui all’articolo 1, comma 2, il cuivalore dipende da uno strumento finanziariodi cui all’articolo 180, comma 1, lettera a).4. La sanzione prevista al comma 1 si appli-ca anche a chiunque, in possesso di infor-mazioni privilegiate, conoscendo o potendoconoscere in base ad ordinaria diligenza il ca-rattere privilegiato delle stesse, compie talu-no dei fatti ivi descritti.5. Le sanzioni amministrative pecuniarie pre-viste dai commi 1, 2 e 4 sono aumentate finoal triplo o fino al maggiore importo di dieci vol-te il prodotto o il profitto conseguito dall’illeci-to quando, per le qualità personali del colpe-vole ovvero per l’entità del prodotto o del pro-fitto conseguito dall’illecito, esse appaionoinadeguate anche se applicate nel massimo.6. Per le fattispecie previste dal presente arti-colo il tentativo è equiparato alla consuma-zione (101/i).

------------------------(101/i) Il presente titolo I-bis, comprendente gli articoli da 180 a187-quaterdecies, così sostituisce l’originaria partizione CapoIV, comprendente gli articoli da 180 a 187-bis, ai sensi di quan-to disposto dall’art. 9, comma 2, L. 18 aprile 2005, n. 62 - Leggecomunitaria 2004. Vedi, anche, il comma 6 dello stesso art. 9.

187-ter. Manipolazione del mercato.1. Salve le sanzioni penali quando il fatto co-stituisce reato, è punito con la sanzione am-ministrativa pecuniaria da euro ventimila aeuro cinque milioni chiunque, tramite mezzi diinformazione, compreso INTERNET o ognialtro mezzo, diffonde informazioni, voci o no-tizie false o fuorvianti che forniscano o sianosuscettibili di fornire indicazioni false ovverofuorvianti in merito agli strumenti finanziari.2. Per i giornalisti che operano nello svol-gimento della loro attività professionale ladiffusione delle informazioni va valutatatenendo conto delle norme di autoregola-mentazione proprie di detta professione,salvo che tali soggetti traggano, diretta-mente o indirettamente, un vantaggio o unprofitto dalla diffusione delle informazioni.3. Salve le sanzioni penali quando il fatto co-stituisce reato, è punito con la sanzione am-ministrativa pecuniaria di cui al comma 1

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4 ORDINE 7-8 2005

chiunque pone in essere:a) operazioni od ordini di compravendita cheforniscano o siano idonei a fornire indicazionifalse o fuorvianti in merito all’offerta, alla do-manda o al prezzo di strumenti finanziari;b) operazioni od ordini di compravendita checonsentono, tramite l’azione di una o di piùpersone che agiscono di concerto, di fissareil prezzo di mercato di uno o più strumenti fi-nanziari ad un livello anomalo o artificiale;c) operazioni od ordini di compravendita cheutilizzano artifizi od ogni altro tipo di ingannoo di espediente;d) altri artifizi idonei a fornire indicazioni falseo fuorvianti in merito all’offerta, alla domandao al prezzo di strumenti finanziari.4. Per gli illeciti indicati al comma 3, lettere a)e b), non può essere assoggettato a sanzio-ne amministrativa chi dimostri di avere agitoper motivi legittimi e in conformità alle prassidi mercato ammesse nel mercato interessa-to.5. Le sanzioni amministrative pecuniarie pre-viste dai commi precedenti sono aumentatefino al triplo o fino al maggiore importo di die-ci volte il prodotto o il profitto conseguito dal-l’illecito quando, per le qualità personali delcolpevole, per l’entità del prodotto o del pro-fitto conseguito dall’illecito ovvero per gli ef-fetti prodotti sul mercato, esse appaiono ina-deguate anche se applicate nel massimo.6. Il ministero dell’Economia e delle Finanze,sentita la CONSOB ovvero su proposta dellamedesima, può individuare, con proprio re-golamento, in conformità alle disposizioni diattuazione della direttiva 2003/6/CE adottatedalla Commissione europea, secondo la pro-cedura di cui all’articolo 17, paragrafo 2, del-la stessa direttiva, le fattispecie, anche ulte-riori rispetto a quelle previste nei commi pre-cedenti, rilevanti ai fini dell’applicazione delpresente articolo.7. La CONSOB rende noti, con proprie di-sposizioni, gli elementi e le circostanze daprendere in considerazione per la valutazionedei comportamenti idonei a costituire mani-polazioni di mercato, ai sensi della direttiva2003/6/CE e delle disposizioni di attuazionedella stessa (101/l).

------------------------ (101/l) Il presente titolo I-bis, comprendente gli articoli da 180 a187-quaterdecies, così sostituisce l’originaria partizione CapoIV, comprendente gli articoli da 180 a 187-bis, ai sensi di quan-to disposto dall’art. 9, comma 2, L. 18 aprile 2005, n. 62 - Leggecomunitaria 2004. Vedi, anche, il comma 6 dello stesso art. 9.

187-quater. Sanzioni amministrative accessorie.1. L’applicazione delle sanzioni amministrati-ve pecuniarie previste dal presente capocomporta la perdita temporanea dei requisitidi onorabilità per gli esponenti aziendali ed ipartecipanti al capitale dei soggetti abilitati,delle società di gestione del mercato, nonchéper i revisori e i promotori finanziari e, per gliesponenti aziendali di società quotate, l’inca-pacità temporanea ad assumere incarichi diamministrazione, direzione e controllo nel-l’ambito di società quotate e di società ap-partenenti al medesimo gruppo di societàquotate.2. La sanzione amministrativa accessoria dicui al comma 1 ha una durata non inferiore adue mesi e non superiore a tre anni.3. Con il provvedimento di applicazione dellesanzioni amministrative pecuniarie previstedal presente capo la CONSOB, tenuto contodella gravità della violazione e del grado del-

la colpa, può intimare ai soggetti abilitati, allesocietà di gestione del mercato, agli emitten-ti quotati e alle società di revisione di non av-valersi, nell’esercizio della propria attività eper un periodo non superiore a tre anni, del-l’autore della violazione, e richiedere ai com-petenti ordini professionali la temporanea so-spensione del soggetto iscritto all’ordine dal-l’esercizio dell’attività professionale (101/m).

------------------------(101/m) Il presente titolo I-bis, comprendente gli articoli da 180a 187-quaterdecies, così sostituisce l’originaria partizione CapoIV, comprendente gli articoli da 180 a 187-bis, ai sensi di quan-to disposto dall’art. 9, comma 2, L. 18 aprile 2005, n. 62 - Leggecomunitaria 2004. Vedi, anche, il comma 6 dello stesso art. 9.

187-quinquies. Responsabilità dell’ente.1. L’ente è responsabile del pagamento di unasomma pari all’importo della sanzione ammi-nistrativa irrogata per gli illeciti di cui al pre-sente capo commessi nel suo interesse o asuo vantaggio:a) da persone che rivestono funzioni di rap-presentanza, di amministrazione o di direzio-ne dell’ente o di una sua unità organizzativadotata di autonomia finanziaria o funzionalenonché da persone che esercitano, anche difatto, la gestione e il controllo dello stesso;b) da persone sottoposte alla direzione o allavigilanza di uno dei soggetti di cui alla letteraa).2. Se, in seguito alla commissione degli illeci-ti di cui al comma 1, il prodotto o il profittoconseguito dall’ente è di rilevante entità, lasanzione è aumentata fino a dieci volte taleprodotto o profitto.3. L’ente non è responsabile se dimostra chele persone indicate nel comma 1 hanno agi-to esclusivamente nell’interesse proprio o diterzi.4. In relazione agli illeciti di cui al comma 1 siapplicano, in quanto compatibili, gli articoli 6,7, 8 e 12 del decreto legislativo 8 giugno2001, n. 231. Il ministero della Giustizia for-mula le osservazioni di cui all’articolo 6 deldecreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, sen-tita la CONSOB, con riguardo agli illeciti pre-visti dal presente titolo (101/n).

------------------------(101/n) Il presente titolo I-bis, comprendente gli articoli da 180a 187-quaterdecies, così sostituisce l’originaria partizione CapoIV, comprendente gli articoli da 180 a 187-bis, ai sensi di quan-to disposto dall’art. 9, comma 2, L. 18 aprile 2005, n. 62 - Leggecomunitaria 2004. Vedi, anche, il comma 6 dello stesso art. 9.

187-sexies. Confisca.1. L’applicazione delle sanzioni amministrati-ve pecuniarie previste dal presente capo im-porta sempre la confisca del prodotto o delprofitto dell’illecito e dei beni utilizzati percommetterlo.2. Qualora non sia possibile eseguire la con-fisca a norma del comma 1, la stessa puòavere ad oggetto somme di denaro, beni o al-tre utilità di valore equivalente.3. In nessun caso può essere disposta la con-fisca di beni che non appartengono ad unadelle persone cui è applicata la sanzione am-ministraiva pecuniaria (101/o).

------------------------(101/o) Il presente titolo I-bis, comprendente gli articoli da 180a 187-quaterdecies, così sostituisce l’originaria partizione CapoIV, comprendente gli articoli da 180 a 187-bis, ai sensi di quan-to disposto dall’art. 9, comma 2, L. 18 aprile 2005, n. 62 - Leggecomunitaria 2004. Vedi, anche, il comma 6 dello stesso art. 9.

187-septies. Procedura sanzionatoria.1. Le sanzioni amministrative previste dal pre-sente capo sono applicate dalla CONSOBcon provvedimento motivato, previa contesta-zione degli addebiti agli interessati e valutatele deduzioni da essi presentate nei successi-vi trenta giorni. Nello stesso termine gli inte-ressati possono altresì chiedere di esseresentiti personalmente.2. Il procedimento sanzionatorio è retto daiprincìpi del contraddittorio, della conoscenza

degli atti istruttori, della verbalizzazione non-ché della distinzione tra funzioni istruttorie efunzioni decisorie.3. Il provvedimento di applicazione delle san-zioni è pubblicato per estratto nel Bollettinodella CONSOB. Avuto riguardo alla naturadelle violazioni e degli interessi coinvolti, pos-sono essere stabilite dalla CONSOB moda-lità ulteriori per dare pubblicità al provvedi-mento, ponendo le relative spese a caricodell’autore della violazione. La CONSOB, an-che dietro richiesta degli interessati, può dif-ferire ovvero escludere, in tutto o in parte, lapubblicazione del provvedimento, quando daquesta possa derivare grave pregiudizio allaintegrità del mercato ovvero questa possa ar-recare un danno sproporzionato alle particoinvolte.4. Avverso il provvedimento di applicazionedelle sanzioni previste dal presente capo puòproporsi, nel termine di sessanta giorni dallacomunicazione, ricorso in opposizione allacorte d’appello nella cui circoscrizione è lasede legale o la residenza dell’opponente. Sel’opponente non ha la sede legale o la resi-denza nello Stato, è competente la corted’appello del luogo in cui è stata commessala violazione. Quando tali criteri non risultanoapplicabili, è competente la corte d’appello diRoma. Il ricorso deve essere notificato allaCONSOB e depositato presso la cancelleriadella corte d’appello nel termine di trenta gior-ni dalla notificazione.5. L’opposizione non sospende l’esecuzionedel provvedimento. La corte d’appello, se ri-corrono gravi motivi, può disporre la sospen-sione con decreto motivato.6. Il giudizio di opposizione si svolge nelle for-me previste dall’articolo 23 della legge 24 no-vembre 1981, n. 689, in quanto compatibili.7. Copia della sentenza è trasmessa a curadella cancelleria della corte d’appello allaCONSOB ai fini della pubblicazione perestratto nel Bollettino di quest’ultima.8.Alle sanzioni amministrative pecuniarie pre-viste dal presente capo non si applica l’arti-colo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689(101/p).

------------------------(101/p) Il presente titolo I-bis, comprendente gli articoli da 180a 187-quaterdecies, così sostituisce l’originaria partizione CapoIV, comprendente gli articoli da 180 a 187-bis, ai sensi di quan-to disposto dall’art. 9, comma 2, L. 18 aprile 2005, n. 62 - Leggecomunitaria 2004. Vedi, anche, il comma 6 dello stesso art. 9.

Capo IV - Poteri della CONSOB

187-octies. Poteri della CONSOB.1. La CONSOB vigila sulla osservanza delledisposizioni di cui al presente titolo e di tuttele altre disposizioni emanate in attuazionedella direttiva 2003/6/CE.2. La CONSOB compie tutti gli atti necessariall’accertamento delle violazioni delle disposi-zioni di cui al presente titolo, utilizzando i po-teri ad essa attribuiti dal presente decreto.3. La CONSOB può nei confronti di chiunquepossa essere informato sui fatti:a) richiedere notizie, dati o documenti sottoqualsiasi forma stabilendo il termine per la re-lativa comunicazione;b) richiedere le registrazioni telefoniche esi-stenti stabilendo il termine per la relativa co-municazione;c) procedere ad audizione personale;d) procedere al sequestro dei beni che pos-sono formare oggetto di confisca ai sensi del-l’articolo 187-sexies;e) procedere ad ispezioni;f) procedere a perquisizioni nei modi previstidall’articolo 33 del decreto del Presidente del-la Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, edall’articolo 52 del decreto del Presidente del-la Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.4. La CONSOB può altresì:a) avvalersi della collaborazione delle pubbli-che amministrazioni, richiedendo la comuni-cazione di dati ed informazioni anche in de-

Abusi di

mercato

prevista oggi) non solo infliggerebbe severesanzioni penali ma delegherebbe alla Consobil compito di comminare ai giornalisti pesan-tissime multe da 20mila a 5 milioni di euro.Così la Commissione per la Borsa assume-rebbe il compito di controllore dei giornalistieconomici e finanziari sostituendo, in pratica,l’Ordine.La normativa comunitaria stabilisce, però, lacompetenza deontologica ordinistica in pre-senza di specifiche e rigorose norme di auto-regolamentazione. Da qui la necessità dellanuova Carta approvata oggi.Le nuove regole sono fin d’ora vincolanti pertutti i giornalisti. Si invitano però i comitati diredazione e i direttori ad aprire un tavolo di

confronto sui temi della trasparenza con l’o-biettivo di arrivare all’approvazione di un co-dice di autoregolamentazione interno cheadatti eventualmente la Carta appena appro-vata alle peculiarità della testata e ne allarghila portata ad altri temi come la trasparenzasull’assetto proprietario nonché dei principaliinserzionisti pubblicitari. Obiettivo principale ditale confronto è quello di ottenere la pubbli-cazione degli azionisti di controllo nella ge-renza del giornale e in modo adeguato nelsettore audiovisivo. L’Ordine resta in attesa dieventuali deliberazioni adottate dalle assem-blee di redazione e auspica un ampio dibatti-to tra tutti i colleghi sui temi della trasparenzae della correttezza dell’ informazione.

Ecco la nuova carta

1 Il giornalista riferisce correttamente, cioèsenza alterazioni e omissioni che ne alterinoil vero significato, le informazioni di cui dispo-ne, soprattutto se già diffuse dalle agenzie distampa o comunque di dominio pubblico.L’obbligo sussiste anche quando la notizia ri-guardi il suo editore o il referente politico oeconomico dell’organo di stampa.

2 Non si può subordinare in alcun caso alprofitto personale o di terzi le informazionieconomiche e finanziarie di cui si sia venuti aconoscenza nell’ambito della propria attività

LE REGOLE “VOLUTE”DALLA DIRETTIVA COMUNITARIA RECEPITA NEL DLGS N. 62/2005

La nuova Carta deiRoma, 8 febbraio 2005. C’è una nuova Cartadei doveri per i giornalisti dell’informazioneeconomica e finanziaria. L’ha approvata ilConsiglio nazionale nella riunione odierna. Iltesto integra ed amplifica le norme in materiagià contenute nella Carta del 1993.A suggerire l’ampliamento è stata la circo-stanza che il Parlamento sta per approvaredefinitivamente la Direttiva Ue sul market abu-se cioè sulla turbativa di mercato prodottadalla diffusione, dolosa o colposa, di notizieche tendano ad alterare l’andamento dellequotazioni di borsa o a nascondere situazio-ni di dissesto come è accaduto per Cirio eParmalat.La normativa (se dovesse passare così com’è

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5ORDINE 7-8 2005

roga ai divieti di cui all’articolo 25, comma 1,del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196,ed accedere al sistema informativo dell’ana-grafe tributaria secondo le modalità previstedagli articoli 2 e 3, comma 1, del decreto le-gislativo 12 luglio 1991, n. 212;b) chiedere l’acquisizione presso il fornitoredei dati relativi al traffico di cui al decreto le-gislativo 30 giugno 2003, n. 196;c) richiedere la comunicazione di dati perso-nali anche in deroga ai divieti di cui all’artico-lo 25, comma 1, del decreto legislativo 30 giu-gno 2003, n. 196;d) avvalersi, ove necessario, dei dati conte-nuti nell’anagrafe dei conti e dei depositi dicui all’articolo 20, comma 4, della legge 30dicembre 1991, n. 413, secondo le modalitàindicate dall’articolo 3, comma 4, lettera b),del decreto-legge 3 maggio 1991, n. 143,convertito, con modificazioni, dalla legge 5luglio 1991, n. 197, nonché acquisire anchemediante accesso diretto i dati contenuti nel-l’archivio indicato all’articolo 13 del decreto-legge 15 dicembre 1979, n. 625, convertito,con modificazioni, dalla legge 6 febbraio1980, n. 15;e) accedere direttamente, mediante appositaconnessione telematica, ai dati contenuti nel-la Centrale dei rischi della Banca d’Italia, dicui alla deliberazione del Comitato intermini-steriale per il credito e il risparmio del 29 mar-zo 1994, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.91 del 20 aprile 1994.5. I poteri di cui al comma 3, lettere d) e f), eal comma 4, lettera b), sono esercitati previaautorizzazione del procuratore dellaRepubblica. Detta autorizzazione è necessa-ria anche in caso di esercizio dei poteri di cuial comma 3, lettere b) ed e), e al comma 4,lettera c), nei confronti di soggetti diversi daisoggetti abilitati, dai soggetti indicati nell’arti-colo 114, commi 1, 2 e 8, e dagli altri soggettivigilati ai sensi del presente decreto.6. Qualora sussistano elementi che faccianopresumere l’esistenza di violazioni delle nor-me del presente titolo, la CONSOB può in viacautelare ordinare di porre termine alle relati-ve condotte.7. È fatta salva l’applicazione delle disposi-zioni degli articoli 199, 200, 201, 202 e 203del codice di procedura penale, in quantocompatibili.8. Nei casi previsti dai commi 3, lettere c), d),e) e f), e 12 viene redatto processo verbaledei dati e delle informazioni acquisite o deifatti accertati, dei sequestri eseguiti e delle di-chiarazioni rese dagli interessati, i quali sonoinvitati a firmare il processo verbale e hannodiritto di averne copia.9. Quando si è proceduto a sequestro ai sen-si del comma 3, lettera d), gli interessati pos-sono proporre opposizione alla CONSOB.10. Sull’opposizione la decisione è adottatacon provvedimento motivato emesso entro iltrentesimo giorno successivo alla sua propo-sizione.11. I valori sequestrati devono essere restitui-ti agli aventi diritto quando:a) è deceduto l’autore della violazione;b) viene provato che gli aventi diritto sono ter-zi estranei all’illecito;c) l’atto di contestazione degli addebiti non ènotificato nei termini prescritti dall’articolo 14della legge 24 novembre 1981, n. 689;d) la sanzione amministrativa pecuniaria nonè stata applicata entro il termine di due annidall’accertamento della violazione.12. Nell’esercizio dei poteri previsti dai commi2, 3 e 4 la CONSOB può avvalersi dellaGuardia di finanza che esegue gli accerta-menti richiesti agendo con i poteri di indaginead essa attribuiti ai fini dell’accertamento del-l’imposta sul valore aggiunto e delle impostesui redditi.13. Tutte le notizie, le informazioni e i dati ac-quisiti dalla Guardia di finanza nell’assolvi-mento dei compiti previsti dal comma 12 so-no coperti dal segreto d’ufficio e vengono,senza indugio, comunicati esclusivamente al-la CONSOB.

14. Il provvedimento della CONSOB che in-fligge la sanzione pecuniaria ha efficacia di ti-tolo esecutivo. Decorso inutilmente il terminefissato per il pagamento, la CONSOB proce-de alla esazione delle somme dovute in basealle norme previste per la riscossione, me-diante ruolo, delle entrate dello Stato, deglienti territoriali, degli enti pubblici e previden-ziali.15. Quando l’autore della violazione esercitaun’attività professionale, il provvedimento cheinfligge la sanzione è trasmesso al compe-tente ordine professionale (102).

------------------------(102) Il presente titolo I-bis, comprendente gli articoli da 180 a187-quaterdecies, così sostituisce l’originaria partizione CapoIV, comprendente gli articoli da 180 a 187-bis, ai sensi di quan-to disposto dall’art. 9, comma 2, L. 18 aprile 2005, n. 62 - Leggecomunitaria 2004. Vedi, anche, il comma 6 dello stesso art. 9.

187-nonies. Operazioni sospette.1. I soggetti abilitati, gli agenti di cambio iscrit-ti nel ruolo unico nazionale e le società di ge-stione del mercato devono segnalare senzaindugio alla CONSOB le operazioni che, inbase a ragionevoli motivi, possono ritenersiconfigurare una violazione delle disposizionidi cui al presente titolo. La CONSOB stabili-sce, con regolamento, le categorie di sogget-ti tenuti a tale obbligo, gli elementi e le circo-stanze da prendere in considerazione per lavalutazione dei comportamenti idonei a costi-tuire operazioni sospette, nonché le modalitàe i termini di tali segnalazioni (103).

------------------------(103) Il presente titolo I-bis, comprendente gli articoli da 180 a187-quaterdecies, così sostituisce l’originaria partizione CapoIV, comprendente gli articoli da 180 a 187-bis, ai sensi di quan-to disposto dall’art. 9, comma 2, L. 18 aprile 2005, n. 62 - Leggecomunitaria 2004. Vedi, anche, il comma 6 dello stesso art. 9.

Capo V - Rapporti tra procedimenti

187-decies. Rapporti con la magistratura.1. Quando ha notizia di uno dei reati previstidal capo II il pubblico ministero ne informasenza ritardo il presidente della CONSOB.2. Il presidente della CONSOB trasmette alpubblico ministero, con una relazione motiva-ta, la documentazione raccolta nello svolgi-mento dell’attività di accertamento nel caso incui emergano elementi che facciano presu-mere la esistenza di un reato. La trasmissio-ne degli atti al pubblico ministero avviene alpiù tardi al termine dell’attività di accertamen-to delle violazioni delle disposizioni di cui alpresente titolo, capo III.3. La CONSOB e l’autorità giudiziaria colla-borano tra loro, anche mediante scambio diinformazioni, al fine di agevolare l’accerta-mento delle violazioni di cui al presente titoloanche quando queste non costituiscono rea-to. A tale fine la CONSOB può utilizzare i do-cumenti, i dati e le notizie acquisiti dallaGuardia di finanza nei modi e con le formeprevisti dall’articolo 63, primo comma, del de-creto del Presidente della Repubblica 26 ot-tobre 1972, n. 633, e dall’articolo 33, terzocomma, del decreto del Presidente dellaRepubblica 29 settembre 1973, n. 600 (104).

------------------------(104) Il presente titolo I-bis, comprendente gli articoli da 180 a187-quaterdecies, così sostituisce l’originaria partizione CapoIV, comprendente gli articoli da 180 a 187-bis, ai sensi di quan-to disposto dall’art. 9, comma 2, L. 18 aprile 2005, n. 62 - Leggecomunitaria 2004. Vedi, anche, il comma 6 dello stesso art. 9.

187-undecies. Facoltà della CONSOB nel procedimentopenale.

1. Nei procedimenti per i reati previsti dagli ar-ticoli 184 e 185, la CONSOB esercita i dirittie le facoltà attribuiti dal codice di procedurapenale agli enti e alle associazioni rappre-sentativi di interessi lesi dal reato.2. La CONSOB può costituirsi parte civile e ri-chiedere, a titolo di riparazione dei danni ca-

gionati dal reato all’integrità del mercato, unasomma determinata dal giudice, anche in viaequitativa, tenendo comunque conto dell’of-fensività del fatto, delle qualità personali delcolpevole e dell’entità del prodotto o del pro-fitto conseguito dal reato (105).

------------------------(105) Il presente titolo I-bis, comprendente gli articoli da 180 a187-quaterdecies, così sostituisce l’originaria partizione CapoIV, comprendente gli articoli da 180 a 187-bis, ai sensi di quan-to disposto dall’art. 9, comma 2, L. 18 aprile 2005, n. 62 - Leggecomunitaria 2004. Vedi, anche, il comma 6 dello stesso art. 9.

187-duodecies. Rapporti tra procedimento penale e pro-cedimento amministrativo e di opposizione.

1. Il procedimento amministrativo di accerta-mento e il procedimento di opposizione di cuiall’articolo 187-septies non possono esseresospesi per la pendenza del procedimentopenale avente ad oggetto i medesimi fatti ofatti dal cui accertamento dipende la relativadefinizione (106).

------------------------(106) Il presente titolo I-bis, comprendente gli articoli da 180 a187-quaterdecies, così sostituisce l’originaria partizione CapoIV, comprendente gli articoli da 180 a 187-bis, ai sensi di quan-to disposto dall’art. 9, comma 2, L. 18 aprile 2005, n. 62 - Leggecomunitaria 2004. Vedi, anche, il comma 6 dello stesso art. 9.

187-terdecies. Esecuzione delle pene pecuniarie e dellesanzioni pecuniarie nel processo penale.

1. Quando per lo stesso fatto è stata applica-ta a carico del reo o dell’ente una sanzioneamministrativa pecuniaria ai sensi dell’artico-lo 195, la esazione della pena pecuniaria edella sanzione pecuniaria dipendente da rea-to è limitata alla parte eccedente quella ri-scossa dall’Autorità amministrativa (107).

------------------------(107) Il presente titolo I-bis, comprendente gli articoli da 180 a187-quaterdecies, così sostituisce l’originaria partizione CapoIV, comprendente gli articoli da 180 a 187-bis, ai sensi di quan-to disposto dall’art. 9, comma 2, L. 18 aprile 2005, n. 62 - Leggecomunitaria 2004. Vedi, anche, il comma 6 dello stesso art. 9.

187-quaterdecies. Procedure consultive.1. La CONSOB definisce entro dodici mesidalla data di entrata in vigore della presentedisposizione, con proprio regolamento, le mo-dalità e i tempi delle procedure consultive daattivare, mediante costituzione di unComitato, con organismi rappresentativi deiconsumatori e dei prestatori di servizi finan-ziari e degli altri soggetti vigilati, in occasionedelle modifiche regolamentari in materia diabusi di mercato e in altre materie rientrantinelle proprie competenze istituzionali (108).

------------------------(108) Il presente titolo I-bis, comprendente gli articoli da 180 a187-quaterdecies, così sostituisce l’originaria partizione CapoIV, comprendente gli articoli da 180 a 187-bis, ai sensi di quan-to disposto dall’art. 9, comma 2, L. 18 aprile 2005, n. 62 - Leggecomunitaria 2004. Vedi, anche, il comma 6 dello stesso art. 9.

TITOLO II

Sanzioni amministrative 187-quinquiesdecies. Tutela dell’attività di vigilanza della CONSOB.

1. Fuori dai casi previsti dall’articolo 2638 delcodice civile, chiunque non ottempera nei ter-mini alle richieste della CONSOB ovvero ri-tarda l’esercizio delle sue funzioni è punitocon la sanzione amministrativa pecuniaria daeuro diecimila ad euro duecentomila (109).

------------------------ (109) Articolo aggiunto dal comma 2 dell’art. 9, L. 18 aprile2005, n. 62 - Legge comunitaria 2004.

professionale né si può turbare l’andamentodel mercato diffondendo fatti o circostanzeutili ai propri interessi.

3 Il giornalista non può scrivere articoli checontengano valutazioni relative ad azioni o al-tri strumenti finanziari sul cui andamento bor-sistico abbia in qualunque modo un interessefinanziario, né può vendere o acquisire titoli dicui si stia occupando professionalmente nel-l’ambito suddetto o debba occuparsene a bre-ve termine.

4 Il giornalista rifiuta pagamenti, rimborsispese, elargizioni, vacanze gratuite, regali, fa-cilitazioni o prebende da privati o enti pubbli-

ci che possano condizionare il suo lavoro e lasua autonomia o ledere la sua credibilità e di-gnità professionale.

5 Il giornalista non assume incarichi e re-sponsabilità in contrasto con l’esercizio auto-nomo della professione, né può prestare no-me, voce e immagine per iniziative pubblicita-rie incompatibili con la credibilità e autonomiaprofessionale. Sono consentite, invece, a tito-lo gratuito, analoghe iniziative volte a fini so-ciali, umanitari, culturali, religiosi, artistici, sin-dacali o comunque prive di carattere specu-lativo.

6 Il giornalista, tanto più se ha responsabi-

lità direttive, deve assicurare un adeguatostandard di trasparenza sulla proprietà edito-riale del giornale e sull’identità e gli eventualiinteressi di cui siano portatori i suoi analisti ecommentatori esterni in relazione allo specifi-co argomento dell’articolo. In particolare va ri-cordato al lettore chi è l’editore del giornalequando un articolo tratti problemi economici efinanziari che direttamente lo riguardino opossano in qualche modo favorirlo o danneg-giarlo.

7 Nel caso di articoli che contengano racco-mandazioni d’investimento elaborate dallostesso giornale va espressamente indicata l’i-dentità dell’autore della raccomandazione

(sia esso un giornalista interno o un collabo-ratore esterno). Occorre inoltre, nel rispettodelle norme deontologiche già in vigore sullaaffidabilità e sulla pubblicità delle fonti, cheper tutte le proiezioni, le previsioni e gli obiet-tivi di prezzo di un titolo siano chiaramente in-dicate le principali metodologie e ipotesi ela-borate nel formularle e utilizzarle.

8 La presentazione degli studi degli analistideve avvenire assicurando una piena infor-mazione sull’identità degli autori e deve ri-spettare nella sostanza il contenuto delle ri-cerche. In caso di una significativa difformitàoccorre farne oggetto di segnalazione ai let-tori.

Doveri dell’informazione economica

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6 ORDINE 7-8 2005

Secondo il Tar Lazio la veste di associazione privata ha solo “valenza organizzativa”

Casse con «natura pubblica» (anche l’Inpgi è nel mazzo)Le Casse di previdenza dei liberi profes-sionisti continuano a essere organismi didiritto pubblico, nonostante la privatizza-zione avvenuta con il decreto legislativo509/94. Sono le conclusioni della sentenza4364 del Tar Lazio (sezione III-ter), deposita-ta il 3 giugno scorso. Gli effetti della decisionefirmata dal presidente Francesco Corsaro, dalrelatore Silvestro Maria Russo e dal Primo re-ferendario Stefano Fantini sono “deflagranti”per il comportamento che dovranno tenere leCasse professionali, Fondazioni (comel’Inpgi) e Associazioni senza finalità di lucro.Le 14 pagine parlano chiaro: non siamo difronte a soggetti di diritto privato, ma a Entiche hanno l’obbligo di «conformarsi e ri-spettare le norme comunitarie e nazionalisull’evidenza pubblica». Prima fra tutte,quella di sottoporsi a gare d’appalto formaliper l’affidamento dei servizi, ma anche di la-vori e forniture.A pagare lo scotto della pronuncia è la Cassa

nazionale di previdenza e di assistenza in fa-vore dei dottori commercialisti, “rea” di averaffidato i servizi assicurativi in favore degliiscritti, attraverso una procedura informale.Una procedura illegittima per i giudici ammi-nistrativi che hanno annullato gli atti «con con-testuale obbligo per la Cassa nazionale deicommercialisti di procedere all’indizione di unpubblico incanto per la scelta dell’impresa cuiaffidare detto servizio». Il tutto «qualora per-manga un interesse alla copertura sanitariadei suoi iscritti per l’anno 2005».Questo è l’effetto della decisione che farà cer-tamente discutere, su cui quasi sicuramentela Cassa (che al Tar era affiancata dall’Adepp,l’associazione degli Enti) proporrà appello difronte al Consiglio di Stato. Il Tribunale ammi-nistrativo ha motivato in maniera molto circo-stanziata la propria scelta, esplicitando al me-glio il decreto legislativo 157/1995 (attuazionedella direttiva 92/50/Cee in materia di appaltipubblici di servizi). La legge obbliga tutti gli

«organismi di diritto pubblico» a indire regola-ri gare d’appalto per l’assegnazione a terzi deiservizi; ma le Casse di previdenza si riteneva-no escluse, rivendicando lo status giuridico di«associazioni di diritto privato», come affer-mato nel 509 del 1994. Per il Tar quest’ultimadefinizione ha una rilevanza organizzativa,ma non cambia la natura delle Casse priva-tizzate (come l’Inpgi) che continuano a man-tenere le caratteristiche fondamentali deglienti pubblici.È bastato valutare i tre parametri che con-sentono l’individuazione di un organismo didiritto pubblico: 1) avere personalità giuridica;2) perseguire finalità di interesse generale,non industriale o commerciale; 3) essere fi-nanziati, gestiti o controllati dallo Stato o dasuoi organi. Ecco il risultato della verifica:«Per l’intimata Cassa nazionale sussiste lasoggettività giuridica» (dato palesemente rico-nosciuto, ndr). Sul secondo punto, questo ilverdetto: anche se la Cassa provvede alla

previdenza di una sola categoria professiona-le, «persegue scopi d’interesse generale, co-me il bisogno previdenziale e assistenzialesancito dall’articolo 38 della Costituzione pertutti i cittadini e per i lavoratori».Infine, l’influenza dello Stato: «La Cassa nonè un ente indipendente (...) e la vigilanza eser-citata dal ministero del Lavoro va intesa in sen-so effettivo, ossia come potestà di approvazio-ne, nel merito, degli atti fondamentali e sulledeliberazioni in materia di contributi e presta-zioni». Soprattutto, la contribuzione al l’Ente èobbligatoria.Con queste premesse, le conclusioni del TarLazio sono scontate: la Cassa è un organi-smo di diritto pubblico, anche se non è«espressamente menzionata nell’elenco delDlgs 157/1995, in quanto tale elenco non havalore esaustivo, ma solo indicativo».

(Fonti: Gabriele Mastellarini, Il Sole 24 Ore dell’11 giugno2005; sentenza 4364/2005 del Tar Lazio)

1Sentenza 4364/05 del Tar Lazio:“Natura pubblica dell’attivitàsvolta dalla cassa”. Non a caso,tanto l’art. 1, commi 33 e 34 della l.24 dicembre 1994 n. 537, quanto

l’art. 1, c. 3 del Dlg 509/1994 si premurano diprecisare che la privatizzazione degli enti pre-videnziali, diversi da quelli che fruiscano di fi-nanziamenti pubblici o di altre provvidenze acarico dei bilanci pubblici, avviene sì con ga-ranzia dell’autonomia gestionale, organizzati-va, amministrativa e contabile, ma sempreferme restandone le finalità istitutive, il riferi-mento alla natura pubblica dell’attività svolta el’obbligatoria iscrizione e contribuzione degliappartenenti alle categorie di personale a fa-vore dei quali essi risultano istituiti.Dal quadro così tracciato emerge che la tra-sformazione ex Dlg 509/1994 ha lasciato im-mutato il carattere pubblicistico dell’attività isti-tuzionale di previdenza ed assistenza svoltadagli enti, la privatizzazione servendo a man-tenere e render effettiva quell’autonomia chegià ab origine aveva caratterizzato le Casseprofessionali rispetto al sistema dell’a.g.o.Tuttavia, il mantenimento dell’obbligo contri-butivo, in una con l’ iscrizione, costituisce il co-rollario della rilevanza pubblicistica dell’inalte-rato fine previdenziale degli enti trasformati.La modifica degli strumenti di gestione e ladifferente qualificazione giuridica dei soggettistessi costituisce sì un evento rilevante perconnotarne la struttura emenintemente asso-ciativa. Ciò, però, non solo non ne elide lafunzione d’ordine generale, ma soprattutto,con riguardo alla loro missione, ne costituisce

P R E V I D E N Z A

Sei sentenze dicono che l’Inpgi è una cassa pubblica (Corte costituzionale, Cassazione civile, Cons

un’innovazione di carattere essenzialmenteorganizzativo.Infine, relativamente al requisito dell’influenzapubblica, è opinione ferma in giurisprudenzae v’è nella specie concordia tra le parti chesiffatto parametro sia desumibile alternativa-mente dal finanziamento pubblico, dal con-trollo pubblico sulla gestione, oppure dall’in-gerenza dello Stato, dei poteri locali o d’altroente od organismo pubblici nella designazio-ne perlomeno della metà dei componenti de-gli organi amministrativi e di gestione.La vigilanza esercitata dal ministro delLavoro, non diversamente da quella che ilprevigente assetto tout court pubblicistico as-segnava al ministro del Tesoro, va intesa insenso non enfatico, ma effettivo, ossia comepotestà d’approvazione, nel merito, degli attifondamentali della CNP e sulle deliberazioniin materia di contributi e prestazioni.

2Tar Lazio (sentenza 5280/2003):“Necessario il coordinamento trai regimi previdenziali Inps/Inpgi.L’Inpgi non può derogare allenorme generali”

Dal suddetto regime la regolamentazioneadottabile dall’Inpgi sulla base delle direttivedefinite ai sensi del comma 15 dello stessoart. 116 dal ministero del Lavoro e delle poli-tiche sociali, di concerto con il ministerodell’Economia e delle finanze, non può pre-scindere, secondo il disposto di cui al capo-verso dell’art. 38 della legge 5.8.1981 n. 416(disciplina delle imprese editrici e provviden-ze per l’editoria), come modificato dall’art. 76

della legge n. 388/2000, il quale prescrive che“le forme previdenziali gestite dall’Inpgi devonoessere coordinate con le norme che regolanoil regime delle prestazioni e dei contributi del-le forme di previdenza sociale obbligatoria, siagenerali che sostitutive”. Ne consegue che l’e-sercizio della potestà di autonomia normativae del dovere di garantire l’equilibrio finanzia-rio della gestione, disciplinate dalla normativadi settore (D.Lgs. 30.6.1994 n. 509, L.8.8.1995 n. 335, L. 27.12.1997 n. 449), a de-correre dall’entrata in vigore della legge fi-nanziaria 2001 richiede il coordinamento spe-cifico con le norme generali che regolano il si-stema contributivo e delle prestazioni previ-denziali.

3I passaggi centrali della sentenzan. 3065/2004 del Consiglio diStato. L’articolo 76 della legge n.388/2000 prevede che “le formeprevidenziali gestite dall’Inpgi devo-

no essere coordinate con le norme che rego-lano il regime delle prestazioni e dei contributidelle forme di previdenza sociale obbligatoriasia generali che sostitutive”. L’articolo 76 haprevisto, dice il Consiglio di Stato, “il principiodel coordinamento quale criterio di cui devonotener conto l’Istituto (in sede di determinazio-ne delle prestazioni e dei contributi) e i mini-steri vigilanti (anche in sede di approvazione)”.Scrive ancora il Consiglio di Stato: “Ciò com-porta che il ‘principio del coordinamento’ nonha vanificato quello di autonomia, ma lo ha in-tegrato quale limite che non consenteall’Istituto di prescindere dal sistema generale

della previdenza sociale, con cui tendenzial-mente deve armonizzarsi”.

4La sentenza n. 6680/2002 dellasezione lavoro della Cassazione.“Gli enti di previdenza privatizzatiesercitano una funzione pubblica.Nell’attività da loro svolta si applica

il sistema sanzionatorio previsto dalla leggein caso di inadempienza agli obblighi di ver-samento dei contributi previdenziali. La nor-mativa di legge concernente il sistema san-zionatorio da applicare in caso di inadem-pienza agli obblighi di versamento di contri-buti previdenziali si applica anche agli enti diprevidenza privatizzati, quale l’Inpgi”. È que-sto il senso della sentenza della Sezione la-voro della Cassazione civile n. 6680 del 9maggio 2002 (pres. Trezza, rel. Maiorano) re-sa pubblica dal sito www.legge-e-giustizia.itdiretto dall’avvocato Domenico D’Amati. Lasentenza vede prevalere la Rai (assistita da-gli avvocati Renato Scognamiglio e GrandeFranzo) e soccombere l’Istituto. In sostanzal’Inpgi deve applicare l’articolo 116 della leg-ge 388/2000, che contiene “misure per favo-rire l’emersione del lavoro irregolare” e checoncede “sconti” sulle sanzioni che le azien-de devono pagare agli istituti previdenziali peril ritardato pagamento dei contributi e dei pre-mi. Franco Abruzzo ha dichiarato al riguardo:“Se l’Istituto è tenuto ad applicare l’articolo116 della legge 388/2000, deve osservareanche l’articolo 72, che prevede la libertà dicumulo tra pensione e redditi da lavoro au-tonomo o dipendente”.

Sette sezioni: a ogni vincitore 2.500 euro I candidati dovranno consegnare le tesi entro dicembre

Milano, 4 luglio 2005. Promosso e organizzato dal Consiglio dell’Ordine dei giornalisti dellaLombardia (e approvato dall’assemblea annuale degli iscritti), prende il via l’ottavo “Concorso”destinato a valorizzare le tesi di laurea dedicate al giornalismo e alle istituzioni della professio-ne. Giudice insindacabile del Premio è lo stesso Consiglio dell’Ordine. Le tesi (in unica copia eanche su dischetto in programma word oppure rtf) dovranno pervenire alla segreteria dell’Ordine(via Antonio da Recanate 1- 20124 Milano) entro il 31 dicembre 2005. Le tesi, comunque, nonverranno restituite. Ogni candidato dovrà presentare la domanda in carta semplice corredata daidati anagrafici comprensivi del codice fiscale, recapiti telefonici e residenza. Potranno concorre-re le tesi discusse nelle Università italiane (pubbliche e private) nel periodo gennaio-dicembre2005 a conclusione dei corsi quadriennali e quinquennali nonché dei corsi biennali spe-cialistici post laurea triennale (laurea magistrale). Le sezioni del Premio (al quale ogni can-didato dovrà far riferimento) sono sette e ogni vincitore di sezione riceverà 2.500 euro. L’impegnofinanziario dell’Ordine è, pertanto, di 17.500 euro complessivi. La cerimonia della consegna av-

verrà in occasione dell’assemblea degli iscritti all’Albo dell’Ordine della Lombardia. La cerimonia,quindi, è prevista per il marzo 2006 al Circolo della Stampa. Estratti (di 400 righe) delle tesi pre-miate (e segnalate) verranno pubblicati su Tabloid, organo mensile dell’Ordine dei giornalisti del-la Lombardia. Per la valutazione delle tesi il Consiglio si avvarrà, come lo scorso anno, dell’o-pera di consulenti (giornalisti e professori universitari).

Queste le sezioni:1) Storia del giornalismo italiano, dei suoi interessi e dei suoi protagonisti, anche attraverso le

vicende storiche e di costume che lo hanno impegnato.2) Storia del giornalismo occidentale.3) Istituzioni della professione giornalistica. La deontologia e l’inquadramento contrattuale dei

giornalisti in Italia, in Europa e nel resto del mondo occidentale.4) Giornalismo radiotelevisivo.5) Giornalismo telematico.6) Giornalismo economico e finanziario.7) Giornalismo culturale, sociale, scientifico, sportivo e di costume.

PROMOSSO E ORGANIZZATO DAL CONSIGLIO DELL’ORDINE DEI GIORNALISTI DELLA LOMBARDIA

Via all’ottavo Concorso tesi di laurea sul giornalismo

Page 7: Paola PastacaldiORDINE 7-8 2005 1 Roma, 22 giugno 2005. Sandro Ruotolo ha vinto la sua causa contro la Rai per ottenere il risarcimento del danno derivato dal biennio di inattività

7ORDINE 7-8 2005

Caro presidente, hai mai provato a telefonare all’Inpgi di Roma? Se non l’hai ancora fatto, pro-va, e se hai un minimo di sense of humour ti sbellicherai dalle risate. Se invece non hai que-sta preziosa dote, ti incazzerai fino al travaso di bile. Resta il fatto che è più facile avere udien-za telefonica col Quirinale che con il nostro Istituto di previdenza.Il quale dovrebbe sapere di avere un TARGET, o una AUDIENCE, se vuoi, di OVER SIXTY,cioè di vecchi rimbambiti, che necessitano di una voce possibilmente amica al centralino inve-ce di una voce registrata che ti impone di digitare numeri per approdare dopo un quarto d’oraa un segnale di “libero” cui comunque nessuno risponde. E devo dire che anche su Milano lecose non sono molto diverse. Noi OVER SIXTY siamo stati abituati durante tutta la nostra sto-ria professionale a sentire una voce umana che rispondeva all’altro capo del filo. Adesso il no-stro ente previdenziale ci mette di fronte a nastri registrati, al verbo “digitare” che in italiano nonesiste e da ultimo a un segnale telefonico che suona a vuoto. Sembra che il nostro stesso en-te previdenziale faccia di tutto per liberarsi di noi. Se non è la verità, è sicuramente una spe-ranza inconscia. Stammi bene.

Enrico Matti

È possibilecumulare annualitàdiverse di contributiInpgi 1 e Inpgi 2,ma solo per la pensione di vecchiaia e non d’anzianità

È possibile cumulare annualità diverse di con-tributi Inpgi 1 e Inpgi 2 ESCLUSIVAMENTEai fini della pensione di vecchiaia, e non dianzianità. Infatti l’art. 4, 6° comma, delRegolamento Inpgi 1 prevede testualmenteche: «Ai fini del diritto alla pensione di vec-chiaia è riconosciuto utile il periodo di contri-buzione nell’assicurazione obbligatoria Ivs oin forme sostitutive, esclusive o esonerative enella Gestione previdenziale separata, costi-tuita in favore dei giornalisti che svolgono at-tività autonoma di libera professione anchesotto forma di collaborazione coordinata econtinuativa».

Pierluigi Roesler Franz

L’Inpgi vara la riforma pensionistica

Ratifica del Consiglio generale nella seduta del 1° luglio 2005 dopo il via libera del Consiglio d’amministrazione del giorno prima

siglio di Stato, Tar Lazio e Tribunale civile di Milano)

5Tribunale civile di Milano (sen-tenza n. 9571 decisa il 10 feb-braio e depositata il 22 aprile2005, giudice R. Punzo): “Dalgennaio 2003 per i giornalisti

Inpgi regime di totale cumulabilità trapensioni di anzianità con redditi da lavo-ro di qualunque natura”.La svolta è maturata con l’art 44 della legge289/02 (Finanziaria per il 2003), la quale “haintrodotto il regime della totale cumulabilitàtra pensioni di anzianità con redditi di lavorodi qualunque natura, quando i titolari abbia-no 37 anni di contributi e 58 anni di età, con-sentendo inoltre in via transitoria a chi giàfruisca alla data del 1.12.2002 di trattamen-to di anzianità, di accedere (se sprovvistodei requisiti di età e di anzianità contributi-va) alla totale cumulabilità, dietro pagamen-to di una somma di denaro da calcolare se-condo i criteri prefissati dalla norma stessa”.Scrive ancora il giudice: “Non è possibile“salvare” l’attuale regime di incumulabilità(neppure invocando l’esigenza del perse-guimento dell’obiettivo tendenziale dell’e-quilibrio di bilancio, che - come affermatodalla Corte Costituzionale con la sentenzan° 437/02 - non può comunque essere as-sicurato, “con il ricorso ad una normativache, trattando in modo ingiustificatamentediverso situazioni sostanzialmente uguali, sitraduce in una violazione dell’art. 3 dellaCostituzione” valido per i pensionatidell’Istituto convenuto a fronte di quello, op-posto, ormai acquisito con riguardo alla ge-neralità dei cittadini”.Ritiene il giudicante che fondamentalmentela controversia possa essere decisa sullabase di una adeguata valorizzazione del da-to testuale e della ratio dell’art. 76 della leg-ge 388/2000, secondo cui “le forme previ-denziali gestite dall’Inpgi devono esserecoordinate con le norme che regolano il re-gime delle prestazioni e dei contributi delleforme di previdenza sociale obbligatoria, siagenerali che sostitutive”. Il “coordinamento”implica necessariamente un forte limite e uncorrelativo vincolo, anche finalistico, alla au-tonomia delle scelte dell’Istituto in quantoqueste devono essere adottate in conformità(si badi non ai principi generali dell’ordina-mento valevoli nel settore, ma) alle “norme”regolanti tra l’altro “le prestazioni” della Agoe dei regimi sostitutivi; se questo è il para-metro a cui deve essere “coordinata” l’auto-nomia dell’Inpgi, ne discende che, una voltamutata la legge, l’Inpgi deve “coordinarsi” al-le nuove disposizioni di carattere generalerelative alla previdenza sociale, e non puòmantenere sic et simpliciter le proprie pre-cedenti normative interne.Il vero problema è in che limiti il “coordina-mento” comporti adeguamento pieno alloius superveniens .

6Conclusioni. La Corte costituzio-nale limita l’autonomia dell’Inpgi,ritenendo prevalente il diritto al-l’uguaglianza. È noto che i ragio-nieri possono cumulare pensione di

anzianità e reddito da lavoro dipendente oautonomo. Questo principio, fissato dallaCorte costituzionale con la sentenza n.437/2002, vale ovviamente per i professioni-sti (medici, commercialisti, giornalisti, veteri-nari, chimici, etc.) iscritti nelle altre Casse pre-videnziali trasformate dal dlgs n. 509/1994 inFondazioni (è il caso dell’Inpgi) o inAssociazioni di diritto privato. Gli avvocati ave-vano già spuntato un’analoga sentenza (n.73/1992) dalla Consulta. Nella sentenza n.437/2002 si legge: “È, infatti, da osservare an-zitutto che il perseguimento dell’obiettivo ten-denziale dell’equilibrio di bilancio non può es-sere assicurato da parte degli enti previden-ziali delle categorie professionali .... con il ri-corso ad una normativa che, trattando in mo-do ingiustificatamente diverso situazioni so-stanzialmente uguali, si traduce in una viola-zione dell’art. 3 (pari dignità sociale e ugua-glianza, ndr) della Costituzione. L’iscrizione adalbi o elenchi per lo svolgimento di determina-te attività è, infatti, prescritta a tutela della col-lettività ed in particolare di coloro che dell’ope-ra degli iscritti intendono avvalersi”.L’ordinamento in sostanza non consen-te la politica dei due pesi e delle due mi-sure. Il principio della pari dignità so-ciale e dell’uguaglianza vince. Sempre.Non sono ammessi trattamenti differen-ziati tra ragionieri e giornalisti sul pianopensionistico.

LETTERE IN REDAZIONE

Caro presidente, hai mai provatoa telefonare all’Inpgi di Roma?

Adesso la parola passa a Fnsi/Fiege ai ministeri del Lavoro e dell’Economia

Le future quote di pensione calcolate in base ai contributi di tutta la vita lavo-rativa. Sale l’età anagrafica per il diritto alla pensione di anzianità: ma sarà pos-sibile andare in quiescenza anche a 57 anni, con diminuizioni percentuali per-manenti per ogni anno di anticipo.

Le norme di contenimento, varate dagli amministratori dell’Inpgi, sono statepreventivamente valutate dal prof. Fulvio Gismondi, il quale ha certificato chela riforma raggiunge lo scopo, e consente di assicurare “il ripristino degli equi-libri di lungo periodo del Fondo e il raggiungimento della sua autosufficienzafinanziaria”.

La riforma prevede inoltre:a) per tutti i futuri iscritti il diritto di accesso all’indennità di disoccupazione do-

po che sia stato maturato un biennio di iscrizione;b) il periodo di disoccupazione indennizzabile rapportato alle sole giornate con-

trattualizzate;c) l’introduzione di un termine per la richiesta dei ratei di disoccupazione.

Roma, 1° luglio 2005. Il Consiglio generaledell’Inpgi “Giovanni Amendola” ha ratificatooggi alcune modifiche al Regolamento delleprestazioni, che erano state ieri approvatedal Consiglio d’amministrazione dell’Istituto.L’intervento si è reso necessario in seguito airisultati di un bilancio tecnico attuariale re-datto dal prof. Fulvio Gismondi nel settem-bre dello scorso anno. Lo studio poneva in ri-salto un progressivo aumento della spesaderivante dall’aumento della vita media del-la popolazione, ed evidenziava il rischio chea decorrere dal 2017 i contributi correnti per-cepiti dall’Inpgi avrebbero potuto non esserepiù sufficienti per il pagamento delle pensio-ni. Ciò avrebbe determinato un possibile egraduale depauperamento della riserva.“Di conseguenza – si legge nel comunicatodiramato dall’Istituto - l’Amministrazionedell’Istituto, pur nella consapevolezza che la si-tuazione odierna è solida (lo provano i bilanciin costante crescita, con un attivo di 90 milioninel 2004), ha avviato lo studio di una manovrache servisse ad assicurare anche nel lontanofuturo la stabilità raggiunta nel presente”.Le norme di contenimento, varate dagli am-ministratori dell’Inpgi, sono state preventiva-mente valutate dallo stesso prof. Gismondi,il quale ha certificato che la riforma raggiun-ge lo scopo, e consente di assicurare “il ri-pristino degli equilibri di lungo periodo delFondo ed il raggiungimento della sua autosuf-ficienza finanziaria”.Il complesso delle norme ratificate oggidal Consiglio generale per diventare ope-rante dovrà ora passare – come prevede ildecreto legislativo 509/94 – all’esame del-le Parti sociali (Fnsi e Fieg) per le deter-minazioni di competenza e, successiva-mente, all’esame dei ministeri del Lavoroe dell’Economia.

Queste, in sintesi, le modifiche approvate:

1Criteri di calcolo della pensione - Apartire dal 1° settembre 2005 le quo-te di pensione riferite ai periodi di la-voro futuri saranno calcolate in basealla contribuzione maturata in tutta la

vita lavorativa, e non più nei periodi più favo-revoli. Da quella data in avanti sarà dunqueapplicato a tutti gli iscritti il calcolo che è giàoggi utilizzato per i giornalisti più giovani (so-no il 40% del totale) entrati a far parte dell’Inpgidopo il luglio 1998.Resteranno in vigore, pertutti, le migliori aliquote di rendimento, lequali – a parità di contribuzione versata –consentono di maturare all’Inpgi, in 30 an-ni, lo stesso livello pensionistico cheall’Inps si ottiene in 40 anni.

2Pensione di anzianità – La riformarecepisce l’aumento dell’età anagrafi-ca prevista dalle norme generali perottenere, con almeno 35 anni di con-tributi, la pensione di anzianità. Il Cda

dell’Inpgi e il Consiglio generale hanno tut-tavia deciso, rispetto alle norme Inps, il se-

guente innalzamento più graduale: 59 anninel 2008 e 2009; 60 anni dal 2010 a tutto il2012; 61 nel 2013; 62 anni nel 2014. È pre-vista, inoltre, una importante eccezione, checonsentirà a chi lo desideri di continuare a ot-tenere la pensione di anzianità a 57 anni. Intal caso, tuttavia, l’ammontare della pensionesarà diminuito stabilmente di una percentuale,in relazione agli anni di anticipazione rispettoagli anni mancanti alle età indicate nel capo-verso precedente. Gli abbattimenti sarannoi seguenti: 4,76% per un anno; 9,09% perdue anni; 13,04% per tre; 16,67% per quat-tro; 20% per cinque anni.

3Prepensionamenti derivanti dastati di crisi aziendale – In questicasi, in base alla legge 416/81, ungiornalista può percepire la pensionedi vecchiaia anziché a 65 anni a 58

anni e seguenti, con un accredito di contribu-ti figurativi che può arrivare al massimo a 5annualità.Quest’onere ha un costo per l’Inpgi (oltre 13milioni nel 2004), in quanto all’anticipazionedella pensione prevista dalla legge 416/81non corrisponde alcuna aliquota contributivaspecifica.La riforma prevede che, nel caso dei pre-pensionamenti, per ogni anno di contribu-zione figurativa eventualmente accreditata(il massimo previsto dalla legge è 5 anni)sia eseguito un abbattimento permanentedella pensione dello 0,5 per cento (il mas-simo della diminuzione stabile sarà dun-que del 2,5 per cento).

4Trattamento di disoccupazione –Sono confermati i trattamenti cheall’Inpgi sono di gran lunga superioririspetto all’Inps. Sono state introdot-te, inoltre, più favorevoli misure di so-

stegno per i dipendenti di aziende in crisi, fal-lite o in liquidazione, che perdano il lavoro inetà variante tra i 40 e i 55 anni.In questi casi sarà accordato un accredito ag-giuntivo di contributi figurativi variabile tra i 6 ei 12 mesi. La riforma prevede inoltre: a) pertutti i futuri iscritti il diritto di accesso al-l’indennità di disoccupazione dopo che siastato maturato un biennio di iscrizione; b)il periodo di disoccupazione indennizzabi-le rapportato alle sole giornate contrattua-lizzate; c) l’introduzione di un termine perla richiesta dei ratei di disoccupazione.

5Costo del riscatto – Attualmente icontributi versati presso altri Entipossono essere riscattati all’Inpgicon un onere pari al 20% della ri-serva matematica, qualora sia ac-

certata la natura giornalistica del rapporto dilavoro.La riforma ha previsto che lo sconto per il fu-turo sia meno ampio, e cioè pari al 50 percento; alle stesse condizioni, cioè, previsteper il ricongiungimento in base alla legge n.29 del 1979.

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8 ORDINE 7-8 2005ORDINE 6 2005

Censis:i giornalisti si sentono liberi, ma non troppo

Roma, 24 giugno 2005. I giornalisti si sentono liberi... manon troppo, di raccontare i fatti accaduti o osservati: è quan-to emerge dall’indagine del Censis svolta per conto delConsiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti italiani. Dei 301redattori semplici intervistati, alla domanda “Le capita di nonriuscire a raccontare i fatti osservati/accaduti, perché condi-zionato da qualcuno?” il 50% degli intervistati ha risposto“mai”, mentre per il restante 50% i condizionamenti sono unarealtà, che per il 39% accade “di rado”, per l’8% “spesso” eper il 2% “sempre”. Sono meno sensibili al problema dei con-dizionamenti i più giovani, che nel 53% possono affermare dinon avere mai ostacolo al racconto dei fatti mentre oltre i 45anni sono il 48% ad affermarlo. Tra i vari campi, i redattori dicultura e spettacolo risultano in questo senso i più liberi, ri-spetto al settore politico ed economico.Per quanto riguarda la percezione che la propria testata ab-bia interesse a tacere determinati avvenimenti, lo esclude ca-tegoricamente solo il 21% degli intervistati, ma più della metà(60%) afferma che capita “di rado”, il 15% “spesso” e il 3%“sempre”. Inoltre, il 37% degli intervistati ritiene che la libertàd’informazione e di critica è un diritto che riesce ad esercita-re “sempre”, “spesso”, secondo il 45%, “di rado” dal 14% e“mai” dal 2%.Il 90% dei redattori afferma comunque di rispettare “l’obbligoinderogabile del rispetto della verità sostanziale dei fatti”. Trale figure da cui i giornalisti si sentono più tutelati sul piano del-la deontologia professionale, spicca quella del direttore, dacui il 26% si sente molto tutelato e il 42% abbastanza. Ma nel-lo stesso tempo la figura che li condiziona di più nel propriolavoro è sempre il direttore anche perché è quello che orga-nizza il lavoro e detta la linea: il 14% se ne preoccupa sem-pre, mentre spesso lo fa il 21%. L’indagine offre anche dati in-teressanti sull’accesso alla professione: la maggior parte de-gli intervistati (140) appartiene alla fascia tra 35 e i 45 anni.“Redattore semplice” è infatti la prima qualifica cui si accedequando si entra con un contratto di assunzione in redazione.

(Ansa)

Abruzzo: un direttoreresponsabile anche per i giornalidiffusi via web

Aosta, 29 giugno 2005. Tutte le espressioni di pensiero or-ganizzate in giornale devono essere registrate ed avere un di-rettore responsabile; quindi anche i giornali telematici devonosottostare alle norme sulla stampa e l’editoria, soprattutto sel’editore intende ricorrere alle provvidenze per l’editoria. Lo haribadito oggi Franco Abruzzo, presidente dell’Ordine dellaLombardia che, questa sera ad Aosta, ha tenuto una “lezione”ai giornalisti valdostani. “La registrazione delle testate - ha ag-giunto Abruzzo - è un passaggio nodale per quanto attiene lalibertà di opinione”.Tema dell’incontro, organizzato dal Consiglio regionaledell’Ordine dei giornalisti della Valle d’Aosta: “I giornali telema-tici: regole e deontologie”. Aprendo la conferenza Anna Nigra,presidente dell’Ordine della Valle d’Aosta ha sottolineato che “igiornali telematici stanno diventando una realtà editoriale chesi sviluppa in molti casi e il più delle volte sull’improvvisazionee la scarsa conoscenza normativa”.E Franco Abruzzo, che è pure docente di Diritto dell’infor-mazione presso le Università Bicocca e Iulm di Milano nonchépresso l’Istituto Carlo De Martino per la Formazione alGiornalismo, ha evidenziato che “in questo momento la stam-pa on-line è rappresentata da 119 quotidiani, 1.700 periodici e1.100 magazine”.Secondo Abruzzo Internet, oltre a non avere limiti temporali perla pubblicazione e l’aggiornamento dei giornali, ha “battuto an-che un altro limite della carta stampa: quello dello spazio”. SeInternet ha sempre un maggiore ruolo nell’informazione “alloraè giusto - ha sottolineato Abbruzzo - che il cittadino abbia lamassima trasparenza sulla proprietà dei giornali web e sape-re chi è il direttore responsabile per potere così tutelare i pro-pri diritti eventualmente lesi”.

(ANSA)

I numeridell’informazionegiuridica ed economica in rete

Roma, 30 giugno 2005. Sono oltre 17 milioni gli italiani chesi sono connessi ad internet nel mese di maggio 2005, conuna media di 11 ore impiegate da ogni navigatore per con-sultare oltre 1000 pagine.L’indagine condotta mensilmente da Nielsen//Netratings perconto di Audiweb (www.audiweb.it), organismo di riferimentoper le rilevazioni dell’audience di internet in Italia, fotografauna realtà in continua crescita, dove il veicolo digitale giocaormai un ruolo autonomo nell’ambito dell’informazione. Sicomprende quindi come il settore dell’informazione giuridicaed economica trovi nella rete uno sbocco naturale, incon-trando una crescente domanda di contenuti di qualità “in tem-po reale”.Tra i dati relativi al mese di maggio, tratti dall’indagine panele dal report censuario pubblicati da Audiweb, si segnalano in-fatti prevedibili conferme ed interessanti novità:

- l’Agenzia delle Entrate (www.agenziaentrate.gov.it), unadelle più consolidate presenze pubbliche in rete, registra cir-ca 30 milioni di documenti consultati da 900.000 italiani;

- di tutto rilievo anche i numeri del più diffuso quotidiano eco-nomico nazionale, Il Sole 24Ore (www.ilsole24ore.com),che con circa 13 milioni di pagine visitate da oltre 700.000lettori si conferma ai vertici della stampa di settore anche suinternet;

- TGFin (www.tgfin.it), testata di informazione finanziaria delgruppo Mediaset, si attesta sulle 2.200.000 pagine consul-tate da 220.000 lettori;

- sono infine quasi 280.000 i lettori che consultano 2 milionidi documenti di Altalex (www.altalex.com), testata web lea-der nell’informazione per i professionisti del diritto.

L’ordine di grandezza di queste cifre indica chiaramente cheanche nel settore giuridico ed economico internet ha abban-donato il ruolo da comprimario dei media tradizionali, atte-standosi come insostituibile strumento di lavoro per milioni dioperatori.

(Fonte: Audiweb - www.audiweb.it)

P R O F E S S I O N ELe emittenti tv privateincassano contributipubblici per 77 milioni

Roma, 16 giugno 2005. Il ministro delle Comunicazioni MarioLandolfi ha firmato oggi il decreto per lo stanziamento dei con-tributi alle tv private assegnati su scala regionale. Lo stanzia-mento, che supera i 77 milioni di euro, sarà pubblicato, dopola registrazione della Corte dei Conti, sulla Gazzetta Ufficiale.I contributi sono stati ripartiti in base alle graduatorie stilate daiCorerat-Corecom seguendo gli stessi criteri adottati con iprovvedimenti precedenti, che prevedono la destinazione deifondi in base ai ricavi netti conseguiti con l’esercizio esclusivodell’attività televisiva. Sulla base di questa documentazione laregione che riceverà la cifra più consistente è la Lombardiacon 11 milioni 341 mila euro, seguita dalla Puglia con 10 mi-lioni 564 mila, dalla Sicilia con quasi 9 milioni di euro, dallaCampania con 7 milioni 314 mila euro e dal Veneto con qua-si 7 milioni di euro. (ITALPRESS)

Da “Il Sole 24 Ore” del 14 giugno 2005

Riforme: l’Europa apre agli Ordini

La direttiva qualifiche consente di realizzare deleghe di competenze

Gli Stati possono affidare alle organizzazioni attività connesse

alla libera circolazione

La disciplina prende atto degli assetti nazionali

La direttiva sul riconoscimento delle qualifi-che professionali (approvata definitivamentedal Consiglio Ue il 6 giugno) riconosce e de-finisce la specificità delle professioni liberali.La specificità si concretizza nella personalità,nella responsabilità individuale e nell’indipen-denza di chi svolge una professione liberale.Il professionista svolge prestazioni di naturaintellettuale (distinte da quelle esecutive), nel-l’interesse del cliente e della collettività.Le professioni liberali, proprio perché perse-guono l’interesse generale, possono essereesonerate dalla disciplina tipica di chi praticail commercio e l’industria, come la libera con-correnza, purché ciò avvenga nei limiti diquanto è strettamente necessario a tali obiet-tivi. In questo quadro, gli Stati Ue potrannoprevedere regole che pongono limiti all’eser-cizio della professione, stabiliti per legge maanche attraverso codici di autoregolamenta-zione degli organismi professionali.La direttiva consente la valorizzazione degliOrdini (o delle associazioni laddove esse sia-no chiamate a svolgere funzioni analoghe da-gli ordinamenti nazionali). Infatti, gli Stati pos-sono delegare questi organismi a svolgerecompetenze che la direttiva lascia alla com-petenza nazionale. Tra queste: il ricevimento

e la valutazione della dichiarazione preventi-va in occasione del primo spostamento delprofessionista che intende esercitare in liberaprestazione dei servizi; la verifica, in occasio-ne della prima prestazione di servizi dellequalifiche professionali aventi impatto sullasalute e la sicurezza che non siano discipli-nate dalla sezione specifica della direttiva; loscambio d’informazioni nell’ambito della coo-perazione amministrativa; la conferma del-l’autenticità dei documenti forniti dal prestato-re di servizi; l’esame della richiesta di auto-rizzazione per l’esercizio della professione.In realtà la direttiva non fa che prendere attodella situazione esistente nella maggior partedegli Stati membri, ove i poteri pubblici dele-gano parte della gestione delle professioni aorganismi autonomi.Tuttavia, la direttiva non prevede alcun obbli-go di riconoscimento delle associazioni senon per quelle britanniche e irlandesi tassati-vamente elencate. La professione esercitatadagli iscritti è assimilata alle professioni rego-lamentate e le associazioni sono ora sotto-poste agli obblighi in materia di riconosci-mento e iscrizione. In questo modo le asso-ciazioni britanniche e irlandesi non potrannopiù rifiutare l’iscrizione ai cittadini di altri Paesi

Ue obiettando che la professione può essereesercitata da un cittadino di un altro PaeseUe senza riconoscimento perché non regola-mentata.La legittimazione degli organismi rappresen-tativi delle professioni non ha rilievo solo a li-vello nazionale ma anche europeo.Infatti, se desiderano dotarsi di un sistemaspecifico di riconoscimento basato sul coor-dinamento degli standard di formazione, an-ziché soggiacere al sistema generale, posso-no presentare alla Commissione una doman-da motivata. La Commissione è tenuta a va-lutare la fondatezza della richiesta e a pro-porre eventuali integrazioni alla direttiva.Le organizzazioni professionali hanno la pos-sibilità di proporre piattaforme comuni per fa-cilitare il riconoscimento e partecipano alladefinizione delle misure di esecuzione delladirettiva (comitologia). Infine, l’introduzione, alivello europeo, di tessere professionali daparte di associazioni o organizzazioni profes-sionali potrebbe agevolare la mobilità dei pro-fessionisti, in particolare accelerando loscambio di informazioni tra lo Stato membroospitante e quello di origine.

Antonio Preto

I princìpi Alcuni elementi ispiratori della direttivaqualificheLa definizione. Le professioni liberalisono, secondo la direttiva, quelle prati-cate sulla base di qualifiche professio-nali in modo personale, responsabile eprofessionalmente indipendente daparte di coloro che forniscono serviziintellettuali e di concetto negli interessidei clienti e del pubblico.Le deroghe. L’esercizio della profes-sione negli Stati Ue può essere ogget-to, a norma del Trattato, di specifici li-miti legali sulla base della legislazionenazionale e delle disposizioni di leggestabilite autonomamente dagli organi-smi professionali rappresentativi.L’incentivo alla formazione. Spettaagli Stati dell’Unione europea stabilirele modalità con cui, grazie alla forma-zione continua, i professionisti potran-no adeguarsi ai progressi tecnico-scientifici.

Risarcite tre colleghe per articoli pubblicati senza il loro consenso

Milano, 6 giugno 2005. Il Tribunale civile di Milano ha dispo-sto il risarcimento pari a 5 mila euro a testa a favore di tre gior-naliste autrici di tre articoli ceduti, senza il loro consenso, alcatalogo Ventaclub. Gli articoli erano stati scritti dalle stesseper la rivista In viaggio.Le tre giornaliste, Laura Mulassano, Luisa Espenet e MariaTeresa Montaruli, avevano citato in giudizio l’editoriale GiorgioMondadori e la società Viaggi del Ventaglio.Il giudice Claudio Marangoni, dichiarata la illiceità della pub-blicazione, oltre al risarcimento del danno ha inibito ogni ulte-riore utilizzo degli articoli e ha disposto il pagamento delle spe-se processuali a carico dell’editore e di Viaggi del Ventaglio.

(ANSA)

Page 9: Paola PastacaldiORDINE 7-8 2005 1 Roma, 22 giugno 2005. Sandro Ruotolo ha vinto la sua causa contro la Rai per ottenere il risarcimento del danno derivato dal biennio di inattività

9ORDINE 7-8 2005

Milano, 24 giugno 2005. Giuseppe Gallizzi è stato confermatooggi presidente del Circolo della Stampa di Milano dal Consigliodirettivo dell’Associazione lombarda dei giornalisti. È in caricadal 1998. Vicepresidente è stato riconfermato David Messinamentre segretario generale è Edmondo Rho. ‘’Ringrazio tutti icolleghi - ha detto Gallizzi -. Oltre che un riconoscimento per-sonale, è un segno di fiducia e apprezzamento per l’attività cul-turale sociale che abbiamo svolto in questi anni al Circolo dellaStampa’’. Nel Consiglio dell’istituzione culturale del giornalismomilanese sono, invece, entrati Fabio Benati, Franco Cianflone,Isotta Gaeta, Elena Golino e Domenico Tedeschi. Probiviri so-no stati nominati Camillo Albanese, Franco Marelli Coppola eWalter Meloni, mentre revisori dei conti sono Sandro Bianchi eRino Felappi, con Paolo Pirovano supplente. Giuseppe Gallizzi,leader del Movimento Giornalisti Liberi, ha lavorato per lunghianni al Corriere della Sera come caporedattore delle paginelombarde e infine come caporedattore centrale.Edmondo Rho, inviato speciale di Panorama, è tra i fondatori diQuarto Potere e responsabile del servizio di consulenza ai col-leghi del sito www.quartopotere.org. Rho è consigliere dellaLombarda, della Fnsi e dell’Inpgi.David Messina, noto giornalista sportivo, è presidente delGruppo lombardo giornalisti sportivi (Glgs) nonché vicepresi-dente dell’Associazione “Walter Tobagi” per la Formazione alGiornalismo. (Ansa e Adnkronos)

“La pubblicazionedi foto segnaletiche lede la dignità dellepersone arrestate”

Il tribunale di Milano dà ragione al Garante e stabilisce che nonsi possono pubblicare le foto segnaletiche per soddisfare la cu-riosità del pubblico, ma devono esserci specifiche esigenze digiustizia e di polizia. Con una sentenza, di cui si sono appresedi recente le motivazioni, il tribunale ha respinto il ricorso di unnoto quotidiano nazionale contro un provvedimento delGarante che aveva ordinato al giornale di non pubblicare più lefoto segnaletiche di alcune persone arrestate nel corso diun’indagine su stupefacenti e prostituzione in corso a Romanel novembre del 2003.Tra le foto pubblicate vi era anche quel-la di una nota attrice italiana.Nel provvedimento il Garante - in linea con un proprio consoli-dato orientamento - affermava che la pubblicazione delle fotosegnaletiche, avvenuta senza che ricorressero i necessari finidi giustizia e di polizia, configurava una violazione di legge congrave pregiudizio per la dignità delle persone coinvolte.Nell’accogliere la tesi del Garante, il tribunale ha riconosciutol’insussistenza dei presupposti che legittimano la pubblicazionidelle immagini diffuse dal quotidiano. Ha precisato, inoltre, chele foto segnaletiche sono idonee di per sé a rivelare lo stato didetenzione, enfatizzando visivamente la notizia della misurarestrittiva della libertà personale. Ciò comporta una grave le-sione della dignità della persona, anche di quella arrestata ocarcerata, il cui rispetto è invece riconosciuto dal Codice deon-tologico dei giornalisti.Con riguardo alla fotografia dell’attrice, il tribunale ha osser-vato inoltre che la sua pubblicazione era da considerarsi ec-cedente, rispondente ad una «meno nobile curiosità del pub-blico» piuttosto che ad una reale esigenza informativa; ciò ovesi consideri anche che tale immagine rivelava una notevole al-terazione dello stato fisico dell’artista rispetto al periodo mi-gliore della sua carriera.La sentenza si pone in linea di continuità con un’altra pronun-cia del Tribunale (26 giugno 2003) e, da ultimo, con l’orienta-mento espresso dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.

(Strasburgo, 11 gennaio 2005, decisione n. 50774/99).(Newsletter Garante n. 258 - 13 - 19 giugno 2005)

Garante della privacy:“Il giornalista ha ildiritto di mantenere riservata la sua fonte”

Roma, 12 giugno 2005. Se il cittadino chiede ad una testatagiornalistica informazioni sulla provenienza dei dati persona-li che lo riguardano riportati in un articolo, il giornalista ha il di-ritto di mantenere riservata la sua fonte. Il Codice in materiadi protezione dei dati personali ha confermato la norme po-ste a tutela del segreto professionale che permettono ai gior-nalisti di mantenere segreta la fonte fiduciaria di una notizia.L’importante principio a tutela della libera manifestazione delpensiero, è stato riaffermato in un provvedimento con il qualeil Garante (Francesco Pizzetti, Giuseppe Chiaravalloti, MauroPaissan, Giuseppe Fortunato) ha affrontato il caso di un im-prenditore che intendeva conoscere l’origine dei dati persona-li che lo riguardavano pubblicati su un quotidiano locale, ov-vero la fonte dalla quale la giornalista aveva ottenuto informa-zioni sul suo conto. Nell’articolo di cronaca si dava notizia diuna pesante intimidazione subita dall’imprenditore nella loca-lità dove egli attualmente risiede. Essendo stato rivelato il no-me della città, a parere dell’interessato, sottoposto a scortaper aver denunciato precedenti episodi di estorsione, si eramessa a repentaglio la sua incolumità, nonché quella dei fa-miliari e del personale di sicurezza. L’imprenditore ha, quindi,inoltrato alla testata giornalistica, in conformità al Codice, l’i-stanza volta a conoscere la fonte della notizia. A seguito delrifiuto opposto dalla giornalista, la quale ha invocato il rispet-to del segreto professionale, l’editore non ha fornito le infor-mazioni all’interessato, che si è quindi rivolto al Garante.Chiamato dal Garante a motivare il proprio comportamento,l’editore del quotidiano ha ribadito il rifiuto affermando che latestata aveva pubblicato i dati nel legittimo esercizio del dirittodi cronaca e sottolineando che nell’articolo non si faceva co-munque riferimento a dati personali dell’imprenditore, essen-do stata indicata solo la città dove era accaduto l’evento.Nel dichiarare l’infondatezza del ricorso, il Garante ha appli-cato l’art. 138 del Codice sulla protezione dei dati personaliche, in caso di richiesta avanzata da parte dell’interessato diconoscere l’origine dei dati che lo riguardano, consente al sin-golo giornalista di tutelare la fonte di notizie delle quali occor-re garantire il carattere fiduciario.

(Newsletter Garante privacy,n. 257 del 30 maggio - 12 giugno 2005).

Giuseppe Gallizzi. Edmondo Rho.

Circolo della Stampa.Gallizzi presidente,Messina vice e Rho segretario

E D I T O R I A

Risultati preoccupanti dalla ricerca Ipsos

Psm: per il 61% del pubblicoinformazione poco attendibile

Editore “puro”, giornalisti capaci e indipendenti le soluzioni indicate

Crescono i nuovi media del terzo settore e diventano sempre più simili a riviste

Milano, 24 giugno 2005. I cosiddetti “new media” cresco-no. Sono media che si stanno progressivamente allontanan-

do dalla categoria “house organ” per diventare sempre più si-mili a “riviste”.Tendono cioè a rivolgersi sempre più ad un pub-blico esterno rispetto a quello rappresentato dal loro editore,che nella fattispecie è l’associazione non profit di turno.Tuttavia non è detto che questo passaggio sia necessaria-mente efficace in termini di comunicazione, perché il rischio èdi non fare arrivare il messaggio.A questa conclusione è giunta una ricerca presentata oggiall’Università Cattolica di Milano. I ricercatori FrancescaPasquali e Michele Sorice hanno infatti presentato i risultatidella loro indagine, intitolata “Gli altri media - Ricerca nazio-nale sui media non-mainstream”. Obiettivo della ricerca, fare ilpunto della situazione per quanto riguarda quella miriade dipubblicazioni, siti internet, bollettini o altro che riguardano l’e-ditoria “altra”, quella che sta fuori dalla “corrente principale”

Perdita di credibilità dei media italianiMedia poco credibili, inaffidabili, non sufficien-temente liberi e di scarsa qualità. Fa pensareil quadro un po’ desolante che emerso dalla“ricerca sulla credibilità dei media in Italia”,condotta da Ipsos per conto di Pms e pre-sentata al terzo Summit Internazionale dellaComunicazione svoltosi a Milano il 14 giugno2005. L’indagine, che è stata fatta agli inizi digiugno su un campione 1.009 persone, haevidenziato come il problema dell’attendibilitàdei mezzi d’informazione sia di scottante at-tualità.

La credibilità del giornalismo.Il 61% degli intervistati si è detto sfiduciato daimedia che ritiene poco credibili, il 59% consi-dera l’informazione non sufficientemente libe-ra e indipendente, in particolare i laureati eover 55, e il 50% la giudica anche di scarsaqualità. Ciò nonostante, il 70% degli intervi-stati si ritiene informato.Può sembrare un con-trosenso, ma gli italiani reagiscono “strategi-camente” alle carenze informative. Alternandoai canali o ai quotidiani preferiti, dai quali trag-gono la maggior parte delle notizie, i canali o

i quotidiani meno amati, in modo da integrarele informazioni e da avere differenti punti di vi-sta (42% del campione). Solamente il 29%per avere un’informazione più completa usaavvicendare i diversi mezzi (stampa, tv, radioe web).

News: vero o falso?A far abbassare il livello di credibilità dei me-dia contribuiscono in maniera rilevante gli ar-gomenti trattati. Sono stati individuati come imaggiori “responsabili” la politica, l’economiae le notizie internazionali. L’informazione poli-tica, in particolare, si colloca all’ultimo posto(voto 4,8 su 10), ritenuta poco o per nulla cre-dibile dal 62% degli intervistati. Voto sotto lasufficienza anche per le notizie riguardanti co-stume e società (5,8), l’informazione sui fattiinternazionali (5,8), sull’Unione europea (5,6)e sull’economica (5,4). Gli argomenti megliotrattati dall’informazione risultano così: lo sport(6,6), le scienze (6,6), la cultura (6,5) e la cro-naca nera (6,4).

I “veicoli” dell’informazione.Esistono delle notevoli differenze, in fatto dicredibilità e affidabilità, tra i diversi mezzi e ca-nali dell’informazione. Quella specializzata è

percepita come sinonimo di qualità. Piaccionoi programmi televisivi di carattere storico-scientifico, che ottengono il voto più alto (7,4su 10), seguiti dai periodici specializzati (6,5).Sono ben apprezzati anche i giornali radio(6,4) e i portali internet (6,4). Seppur non an-cora conosciuti dal grande pubblico, i siti web,sono molto utilizzati dai giovani, gli stessi chestanno decretando il successo della freepress, caratterizzata dalla convergenza dei trecanali tv, stampa e internet . Un fenomeno,quello della stampa gratuita, destinato ad in-crementarsi sempre più se funzionerà l’espe-rimento, partito a Washington lo scorso feb-braio, di portare nella casella postale di 230mila famiglie, The Examiner, la testata gratui-ta del miliardario Philip Anschutz che vuolesfidare i giornali più autorevoli a cominciaredal Washington Post.Nella parte bassa della classifica sull’affidabi-lità ci sono la stampa quotidiana nazionale(6,2), quella locale (6,0) e i telegiornali (6,1).Non arrivano neanche alla sufficienza i setti-manali e i periodici d’attualità (5,6).

Le soluzioni.Quali possono essere allora le ricette possibi-li per migliorare la credibilità? Secondo il 59%

degli intervistati per prima di tutto ci voglionogiornalisti capaci e indipendenti, ma è impor-tante anche la verifica delle notizie prima del-la pubblicazione (55%) e la presenza di edito-ri puri (51%).Quello della proprietà e delle concentrazionieditoriali è uno dei grossi problemi del nostrosistema mediatico. Il controllo delle principalitestate italiane è in mano ad azionisti la cui at-tività principale è l’industria (30%). Gli editoripuri sono solo il 14%, che è una percentualemolto inferiore a quella di altri Paesi europei.Una differenza molto evidente rispetto allaGermania, dove gli editori che si dedicanoprevalentemente al settore media-comunica-zione sono il 65%, alla Gran Bretagna (49%)e alla Spagna (addirittura l’81%).Un certo parallelismo potrebbe esserci con ilmercato francese, dove la quota di mediain mano all’industria è del 49%, ma inquesto caso c’è da considerare che aglieditori puri (22%) si aggiungono i giorna-listi che controllano il 15% delle testate.La riflessione è aperta, gli italiani hannoespresso le loro critiche e perplessità, mahanno anche indicato la strada da segui-re per un’informazione più corretta e cre-dibile.

di Massimiliano Lanzafame

(“mainstream”) dei quotidiani e delle tv. I nuovi media - so-stengono i due ricercatori - sono indicatori “importanti” perquanto riguarda il modo di fare informazione oggi in Italia. Larappresentazione della realtà fatta oggi dai media principalinon soddisfa l’opinione pubblica, cresce il bisogno di un’infor-mazione “altra”.Questo bisogno è soddisfatto appunto dai nuovi media. “Daqueste testate - concludono - emerge evidente il fatto che i let-tori si sentono co-attori, sentono di partecipare in qualche mo-do alla loro costruzione”.Cresce così nei nuovi media il bisogno di passare da una di-mensione di “house organ”, di bollettino della singola asso-ciazione, a quella di “rivista”, cioè a una dimensione più allar-gata. “Il pericolo - concludono Pasquali e Sorice - è che, neltentativo di parlare a tutti, non si parli a nessuno. Perché, co-me dicono i pubblicitari, non esiste il pubblico, ma tanti pub-blici specifici”. (ANSA)

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10 ORDINE 7-8 2005

P R I V A C YVince la linea sostenuta “in solitudine” dal presidente dell’Ordine della Lombardia

Cassazione: no ai nomi oscurati nelle sentenze.Passo indietro a tutela del diritto di cronacaRoma, 4 luglio 2005. Passo indietro della Cassazione a tutela del diritto di cronaca garantitodalla Costituzione: è stata distribuita ai giornalisti come hanno riferito le agenzie Ansa eAdnkronos del 16 giugno, una copia integrale di una sentenza per la quale l’imputato, in que-sto caso un violentatore, aveva domandato la sbianchettatura del proprio nome ai sensi. LaSuprema Corte ha, però, deciso, contrariamente a quanto recentemente avvenuto in due altricasi, di rilasciare la copia integrale del verdetto ai cronisti in quanto l’articolo 52 del Dlgs196/2003 impone l’oscuramento dei dati identificativi soltanto nelle riviste giuridiche cartaceee telematiche.In pratica, sulle sentenze che riguardano imputati, che già nei precedenti gradi di giudizio han-no chiesto la tutela della normativa sulla privacy, la Suprema Corte stampiglia un timbro con ladicitura “in caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi’’. In questo modochi chiede copia di tali sentenze e chiunque può richiederle perché sono atti pubblici pro-nunciati “in nome del popolo italiano’’, è avvertito che deve oscurare le generalità se vuole pub-blicarle su una rivista specializzata. Ma il richiamo della stampigliatura non vale per la cronaca

giudiziaria in senso stretto altrimenti, oltre al diritto all’informazione, non sarebbe salvaguarda-to nemmeno il principio della pubblicità dell’esito dei processiLa sentenza diffusa il 16 giugno, nella sua integralità, riguarda la vicenda di un imputato perviolenza sessuale, Carmine L., condannato definitivamente a tre anni di reclusione, al quale laCorte di Appello di Bologna, lo scorso dicembre, aveva concesso il beneficio della sospensio-ne della pena. Ad avviso del pm, invece, Carmine L., non poteva usufruire del beneficio. Ma laCassazione con la sentenza 22742/05 della Terza sezione penale ha confermato la decisio-ne della corte felsinea.I due precedenti verdetti oscurati con le sentenze 18993 e 19451/2005 su un avvocato truf-faldino e un usuraio sono stati gli unici casi di sbianchettatura del 2005. Un peccato di ec-cesso di zelo nell’applicare la legge 196/2003.Sull’argomento era sceso in campo più volte il presidente dell’Ordine dei giornalisti dellaLombardia, che aveva sottolineato l’errore nel quale era incorsa la Cassazione. Pubblichiamoqui di seguito l’intervento più recente di Franco Abruzzo, che ha vinto su tutta la linea.

La cattiva lettura di due sentenze della Cassazione penale (“Via i nomi dalle sentenze nelcaso in cui vengano riprodotte nelle riviste giuridiche”) ha creato un allarme ingiustificato.

I giornalisti hanno diritto di leggere le sentenzenella forma integrale ma dovranno, comunque,trattare i dati (=notizie) secondo le regole etiche.

di Franco Abruzzopresidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia. Docente a contratto di Diritto dell’informazione nell’Università degli studi di Milano Bicocca e nell’Università Iulm

Un grande equivoco. Solo un grande equivocoquello collegato alla lettura di due sentenze (n.18993 e 19451/2005) della II sezione penaledella Cassazione. I nomi degli imputati sonostati cancellati. Sulla prima pagina delle sen-tenze il cancelliere ha apposto un timbro: “Incaso di diffusione omettere le generalità e glialtri dati identificativi» (a norma dell’articolo 52del Dlgs 30 giugno 2003 numero 196)”. Il Dlgs196/2003 è il Testo unico sulla privacy, che hainglobato la vecchia legge 675/1996. Diversigiornali e notiziari radiotelevisivi hanno parlatodi “privacy sbarcata in Cassazione” nel sensoche da quel giorno in avanti le generalità degliimputati sarebbero scomparse dalle cronache.Niente di più falso. Un equivoco, appunto, natodalla cattiva lettura delle sentenze e dall’igno-ranza del Testo unico sulla privacy. I nomi con-tinueranno a comparire nelle cronache. I nomi,invece, non compariranno nelle riviste giuridi-che, nelle massime pubblicate sul web o suicd. Vediamo come stanno le cose.Sull’articolo 52 del dlgs 196/2003 è il caso diosservare che:a) l’articolo su richiesta dell’interessato “permotivi legittimi”, consente alla cancelleria di“apporre un’annotazione volta a precludere”l’indicazione delle generalità e di altri dati iden-tificativi «in caso di riproduzione della senten-za, o provvedimento in qualsiasi forma, per fi-nalità di informazione giuridica, su riviste giuri-diche, supporti elettronici o mediante reti di co-municazione elettronica”.b) nei casi previsti dai commi 1 e 2 dello stes-so articolo la cancelleria o segreteria appone esottoscrive anche con timbro la seguente an-notazione: «In caso di diffusione omettere legeneralità e gli altri dati identificativi di.....».c) secondo il settimo comma dello stesso arti-colo, “Fuori dei casi indicati nel presente arti-colo è ammessa la diffusione in ogni forma delcontenuto anche integrale di sentenze e di al-tri provvedimenti giurisdizionali”.L’articolo 52, quindi, consente la pubblicazione

“anche integrale” delle sentenze fuori dai ca-si relativi alle riviste giuridiche, ai supporti elet-tronici o al web. Il Testo unico sulla privacy ri-spetta totalmente i primi due commi dell’artico-lo 21 della Costituzione: “Tutti hanno diritto dimanifestare liberamente il proprio pensierocon la parola, lo scritto e ogni altro mezzo didiffusione. La stampa non può essere sogget-ta ad autorizzazioni o censure”. Nella libertà dimanifestazione del pensiero coesistono il dirit-to di cronaca, di informazione, di critica, la li-bertà di stampare le proprie idee. “Le libertàfondamentali affermate, garantite e tutelatenella Parte prima, Titolo primo, dellaCostituzione della Repubblica, sono ricono-sciute come diritti del singolo, che il singolo de-ve poter far valere erga omnes. Essendo com-presa tra tali diritti anche la libertà di manife-stazione del pensiero proclamata dall’art. 21,primo comma, della Costituzione, deve senzadubbio imporsi al rispetto di tutti, delle autoritàcome dei consociati. Nessuno può quindi re-carvi attentato, senza violare un bene assisti-

to da rigorosa tutela costituzionale...... I fonda-mentali diritti di libertà proclamati nella parteprima, titolo primo, della Costituzione, sono ingran parte compresi nella categoria dei dirittiinviolabili dell’uomo genericamente contem-plati nell’articolo 2” (Corte costituzionale,sentenza 122/1970).A questo punto è necessaria una rapida rasse-gna dei punti più significativi del Dlgs 196/2003.Secondo l’articolo 137 del Dlgs n. 196/2003, aitrattamenti (effettuati nell’esercizio della profes-sione di giornalista e per l’esclusivo persegui-mento delle relative finalità) non si applicanole disposizioni del Testo unico del 2003 relati-ve: a) all’autorizzazione del Garante previstadall’articolo 26; b) alle garanzie previste dal-l’articolo 27 per i dati giudiziari; c) al trasferi-mento dei dati all’estero, contenute nel Titolo VIIdella Parte I. In sostanza l’articolo 137, non pre-vedendo il disco verde del Garante o di soggettiprivati, rispetta l’articolo 21 (II comma) dellaCostituzione che vuole la stampa non soggettaad autorizzazioni. I giornalisti dovranno, co-

munque, trattare i dati (=notizie) con corret-tezza, secondo i vincoli posti dal Codice dideontologia della privacy del 1998, dagli ar-ticoli 2 e 48 della legge n. 69/1963 (sull’or-dinamento della professione giornalistica) edalla Carta dei doveri del 1993.Il trattamento dei dati – dice ancora l’articolo137 - è effettuato anche senza il consenso del-l’interessato previsto dagli articoli 23(Consenso) e 26 (Garanzie per i dati sensibi-li). In caso di diffusione o di comunicazione deidati per le finalità di cui all’articolo 136 (tratta-menti effettuati nell’esercizio della professionedi giornalista e per l’esclusivo perseguimentodelle relative finalità) “restano fermi i limiti deldiritto di cronaca a tutela dei diritti di cui all’ar-ticolo 2 e, in particolare, quello dell’essenzialitàdell’informazione riguardo a fatti di interessepubblico. Possono essere trattati i dati perso-nali relativi a circostanze o fatti resi noti diret-tamente dagli interessati o attraverso loro com-portamenti in pubblico”.L’articolo 12 del Codice deontologico relativoal trattamento dei dati personali nell’eserci-zio dell’attività giornalistica (meglio noto co-me Codice deontologico sulla privacy) tratta la“Tutela del diritto di cronaca nei procedimentipenali” (Al trattamento dei dati relativi a proce-dimenti penali non si applica il limite previstodall’articolo 24 della legge n. 675/1996. Il tratta-mento di dati personali idonei a rivelare provve-dimenti di cui all’articolo 686, commi 1, lettere a)e d), 2 e 3, del Codice di procedura penale èammesso nell’esercizio del diritto di cronaca,secondo i principi di cui all’articolo 5). Ciò signi-fica che i giornalisti possono raccontare quelloche risulta scritto nel Casellario giudiziale a ca-rico di ogni persona: sentenze di condanna, or-dini di carcerazione, misure di sicurezza, prov-vedimenti definitivi che riguardano l’applicazionedelle misure di prevenzione della sorveglianzaspeciale, dichiarazione di abitualità o professio-nalità nel reato o di tendenza a delinquere. Il di-ritto di cronaca vince in maniera ampia.

RIFORMA DELLA GIUSTIZIA: DISCO VERDE DAL SENATO

La battaglia si sposta alla Camera e riguardaanche un principio che inciderà pesantemente

sul diritto dei cittadini all’informazione:a legge approvata, i rapporti tra Pm e stampa

saranno tenuti “personalmente”dal Procuratore della Repubblica.

Milano, 29 giugno 2005. I giornalisti, come imagistrati, sotto tiro. Per quanto riguarda i gior-nalisti, il Parlamento è sul punto di approvare al-cune norme, che mettono a rischio il diritto deicittadini all’informazione e il lavoro dei cronisti.L’ultima tegola è rappresentata dalla riforma del-la Giustizia: il relativo disegno di legge è statoapprovato oggi dal Senato. La battaglia ora sisposta a Montecitorio. Il 14 luglio i magistrati ita-liani incroceranno le braccia contro un provve-dimento ritenuto incostituzionale in più punti. Igiornalisti resteranno a guardare? Non sono inballo, con questa “riforma”, le loro libertà fonda-mentali di mediatori tra i fatti e la gente? Suscita, infatti, pesanti perplessità anche diprofilo costituzionale un passaggio del dise-gno di legge, che riguarda i rapporti Stampa-Magistrati delle Procure della Repubblica. IlGoverno è delegato ad adottare, entro un an-no dalla data di entrata in vigore della legge,con l’osservanza dei princìpi e dei criteri diret-tivi di cui all’articolo 2 (commi 1, 2, 3, 4, 5, 6,7 e 8), uno o più decreti legislativi.Nell’attuazione della delega il Governo si at-terrà ai seguenti princìpi e criteri direttivi:...“prevedere che il procuratore dellaRepubblica tenga personalmente, o trami-te magistrato appositamente delegato, irapporti con gli organi di informazione eche tutte le informazioni sulle attività del-l’ufficio vengano attribuite impersonal-mente allo stesso; prevedere che il procu-ratore della Repubblica segnali obbligato-

riamente al consiglio giudiziario, ai fini diquanto previsto al comma 3, lettera r), nu-mero 3), i comportamenti dei magistrati delproprio ufficio che siano in contrasto conla disposizione di cui sopra”.Franco Abruzzo, presidente dell’Ogl, ha di-chiarato: “Questa riforma della Giustizia, perquanto riguarda i giornalisti, è in netto e radi-cale contrasto con l’articolo 21 (II comma) del-la Costituzione. La Costituzione disegna unaprofessione giornalistica libera, non soggettaad autorizzazioni e censure. Il ruolo “monopoli-sta” assegnato dalla nuova legge ai Procuratoridella Repubblica contrasta con questi principi.La visione del legislatore è quella del genera-le Cadorna, quando l’Italia era impegnata nel-la prima mondiale: i giornali erano obbligati apubblicare soltanto i bollettini del Comando su-premo; potevano, però, scrivere articoli di colo-re sulla guerra. I giornali saranno costretti apubblicare soltanto quel che dice il Procuratorecapo della Repubblica novello Cadorna? Cheaccadrà se i giornali pubblicheranno notizie giu-diziarie fuori dal canale ufficiale? Si aprirannoinchieste a caccia del magistrato troppo loqua-ce? Avremo un’informazione giudiziaria nonsolo centralizzata, ma anche reticente?“Tutte le informazioni sulle attività dell’ufficio delPm – continua Abruzzo - dovranno essere at-tribuite impersonalmente allo stesso Ufficio.Chesignifica? I giornali dovranno censurare i nomidei magistrati, che si occupano delle singole in-chieste? E se ciò non dovesse accadere?”.

Anche le informazioni delcasellario sono divulgabili

Abruzzo: “Avremoun’informazione

giudiziaria centralizzata.E anche reticente?”

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Milano, 2 luglio 2005. Un cronista del gior-nale La Provincia di Cremona, MauroCabrini, e il direttore, Enrico Pirondini sonostati condannati dal tribunale penale rispetti-vamente a 6 e 4 mesi di reclusione per viola-zione dell’articolo 35 della vecchia legge sullaprivacy n. 675/1996, che, fatto clamoroso, nonè più in vigore dal 1° gennaio 2004 (sostituitadal Dlgs n. 196/2003). L’articolo 35 puniva “iltrattamento illecito di dati personali”. MauroCabrini aveva raccontato una rapina e citato inomi di due donne rapinate “senza il con-senso delle interessate”. La direttrice e un’im-piegata di una filiale della Cassa di Risparmiodi Parma e Piacenza hanno sostenuto, nelprocesso terminato ieri, di avere subito con-seguenze gravi leggendo il resoconto della ra-pina compiuta nella loro banca. Le due donnehanno chiesto che venisse loro riconosciuto ildanno subito dalla violazione della legge sullaprivacy, giacché il quotidiano aveva riportato iloro nomi. Le due dipendenti della banca, chesi sono costituite parte civile, hanno ottenutoanche il risarcimento del danno. Nel corso del-l’udienza il Pm ha chiesto la restituzione degliatti processuale: la pubblica accusa si è resaconto che il rinvio a giudizio era stato firmatonel 2004, quando ormai la legge 675/1996non era più in vigore. Di fronte al rifiuto del tri-bunale, il Pm ha concluso chiedendo tre mesidi reclusione sia per il direttore sia per il croni-sta. Una coerenza ammirevole.Franco Abruzzo (presidente Ordine gior-nalisti Lombardia) ha così commentato lavicenda di Cremona: «La vecchia e la nuovalegge sulla privacy non puniscono il diritto dicronaca e non pongono divieti al lavoro deicronisti, ma soprattutto non consentono a untribunale penale di processare i giornalisti. Igiornalisti violano la legge sulla privacy soltan-to quando violano il “Codice deontologico rela-tivo al trattamento dei dati personali nell’eser-cizio dell’attività giornalistica” (pubblicato il 3agosto 1998 nella Gazzetta ufficiale): il lorogiudice è unicamente il Consiglio dell’Ordine diappartenenza. Quella di Cremona è pertan-to una sentenza mostruosa, sbagliata clamo-rosamente, almeno sotto quattro profili: a) lalegge 675/1996 è stata abrogata dall’articolo183 del Dlgs 196/2003 a partire dal 1° gen-naio 2004 data di entrata in vigore dello stes-so Dlgs 196/2003. Nessuno può essere con-dannato, quindi, in base a una legge inesi-stente; b) i giornalisti, sia nel passato sia oggi,non devono chiedere il consenso alla pubbli-cazione dei dati personali di cittadini protago-nisti di fatti e avvenimenti di interesse pubbli-co o svoltisi in pubblico. L’articolo 21 (II com-ma) della Costituzione afferma solennementeche la stampa non è soggetta ad autorizza-zioni; c) la legge 675/1996 era stata correttadal Dlgs n.171/1998 proprio sul punto del con-senso nel senso che le disposizioni relative alconsenso dell’interessato e all’autorizzazionedel Garante... non si applicano quando il trat-tamento dei dati... è effettuato nell’eserciziodella professione di giornalista e per l’esclusi-vo perseguimento delle relative finalità; d) in te-ma di privacy, giudice esclusivo dei giornalistiè il Consiglio dell’Ordine (articolo 13 del“Codice deontologico relativo al trattamentodei dati personali nell’esercizio dell’attività gior-nalistica”)».Abruzzo aggiunge: «Va anche detto che lalegge 675/1996 era stata corretta dal Dlgs n.171/1998. La struttura del vecchio articolo 25della legge 675/1996 era in odore di anticosti-

tuzionalità sottoponendo la libera attività deigiornalisti al consenso degli interessati e al-l’autorizzazione del Garante. Dice l’articolo 12del Dlgs 171/1998: “Le disposizioni relative alconsenso dell’interessato e all’autorizzazionedel Garante, nonché il limite previsto dall’arti-colo 24, non si applicano quando il trattamen-to dei dati di cui agli articoli 22 e 24 è effettua-to nell’esercizio della professione di giornalistae per l’esclusivo perseguimento delle relativefinalità. Il giornalista rispetta i limiti del diritto dicronaca, in particolare quello dell’essenzialitàdell’informazione riguardo a fatti di interessepubblico, ferma restando la possibilità di tratta-re i dati relativi a circostanze o fatti resi noti di-rettamente dall’interessato o attraverso i suoicomportamenti in pubblico”. In sostanza il cro-nista ha disco verde quando si occupa di fattie avvenimenti. Il cronista, però, ha precisi ob-blighi. Deve rispettare, cioè deve applicare iprincipi deontologici della professione (tuteladella dignità della persona e rispetto della ve-rità sostanziale dei fatti, muovendosi in conte-sto di lealtà e buona fede al fine di rafforzare lafiducia tra la stampa e i lettori). Il giornalistapuò anche pubblicare notizie offensive ma apatto che siano vere».Abruzzo conclude così: «La legge sulla pri-vacy non annulla un’altra legge centrale del-l’ordinamento giuridico, la n. 633 del 1941 suldiritto d’autore. L’articolo 96 (in linea con l’arti-colo 10 Cc) protegge l’immagine della perso-na, che deve dare il consenso alla pubblica-zione della sua foto. Senza il consenso, la pub-blicazione della foto diventa un illecito civile.L’articolo 97 fissa le eccezioni: “Non occorre ilconsenso della persona ritratta quando la ri-produzione dell’immagine è giustificata dallanotorietà o dall’ufficio pubblico coperto, da ne-cessità di giustizia o di polizia, da scopi scien-tifici, didattici o culturali, o quando la riprodu-zione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimo-nie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico”.Sul risvolto di tale norma si suole articolarel’ampiezza del diritto di cronaca: si può pubbli-care tutto ciò che è collegato a fatti, avveni-menti, cerimonie di interesse pubblico o svolti-si in pubblico.Il “Testo unico della privacy” 196/2003 (comela legge 675/1996) dà piena libertà ai giorna-listi di trattare i dati giudiziari (secondo le re-gole deontologiche). I giudici delle violazionisono soltanto i Consigli dell’Ordine dei gior-nalisti. Secondo l’articolo 137 del Dlgs n.196/2003, ai trattamenti (effettuati nell’eserci-zio della professione di giornalista e per l’e-sclusivo perseguimento delle relative finalità)non si applicano le disposizioni del Testo uni-co del 2003 relative: a) all’autorizzazione delGarante prevista dall’articolo 26; b) alle ga-ranzie previste dall’articolo 27 per i dati giudi-ziari; c) al trasferimento dei dati all’estero, con-tenute nel Titolo VII della Parte I. In sostanzal’articolo 137, non prevedendo il disco verdedel Garante o di soggetti privati, rispetta l’arti-colo 21 (II comma) della Costituzione che vuo-le la stampa non soggetta ad autorizzazioni. Igiornalisti dovranno, comunque, trattare i dati(= notizie) con correttezza, secondo i vincoliposti dal Codice di deontologia della privacydel 1998, dagli articoli 2 e 48 della legge n.69/1963 (sull’ordinamento della professionegiornalistica) e dalla Carta dei doveri del1993». »Esprimo la più ampia solidarietà – di-ce ancora Abruzzo - a Enrico Pirondini e aMauro Cabrini, che hanno assolto il loro do-vere di raccontare i fatti».

Franco Abruzzo (presidente Ordine giornalisti Lombardia): “La vecchia e la nuova leg-ge sulla privacy non puniscono il diritto di cronaca e non pongono divieti al lavoro deicronisti, ma soprattutto non consentono a un tribunale penale di processare i giorna-listi. I giornalisti violano la legge sulla privacy soltanto quando violano il “Codice deon-tologico relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalisti-ca” (pubblicato il 3 agosto 1998 nella Gazzetta ufficiale): il loro giudice è unicamente ilConsiglio dell’Ordine di appartenenza. Quella di Cremona è una sentenza mostruosa,sbagliata clamorosamente, almeno sotto quattro profili”.

Il Tribunale penale (in nome della legge sulla privacy 675/1996 abrogata dal 1° gennaio 2004) condanna a 4 e a 6 mesi di carcere direttore e cronista “colpevoli” di aver pubblicato i nomi di due impiegate rapinate

E-mail monitorate nelle grandi aziende

Milano. Il 63% delle aziendecon più di mille impiegati si in-tromettono nella corrispon-denza elettronica dei propridipendenti. Lo fanno per mo-tivi di sicurezza informatica,per tutelare la proprietà intel-lettuale e i segreti aziendali,per il buon andamento degliaffari, e altro ancora. Lo fan-no o intendono farlo per mol-ti motivi, ma il dato più allar-mante è che «monitorare» laposta elettronica inizia a es-sere culturalmente percepitocome cosa buona e giusta.Lo dice la recente indaginepromossa dalla societàProofpoint: il 36,1% delle

aziende scruta le email dei di-pendenti, mentre un altro26,5% intende farlo a breve,impiegando personale appo-sitamente «addestrato» alruolo di guardia giurata dellecaselle postali.Ancora più grave la situazio-ne nelle strutture con più di20 mila dipendenti: nel 40%di questi casi esistono giàprofessionalità abilitate a sor-vegliare sul traffico postaleonline e nel 32% dei casi èstata riscontrata l’intenzionedi sorvegliare al più presto.L’occhio dell’azienda è sem-pre vigile e la stessa attitudi-ne indiscreta emerge dallo

studio anche per quello cheriguarda l’abitudine di control-lare i comportamenti dei di-pendenti attraverso l’utilizzodi videocamere, onde evitarefurti, sabotaggi o violenza.Sempre secondo Proofpointnegli ultimi 12 mesi un’azien-da su tre ha avviato indaginisu email sospettate di trattareinformazioni strettamenteconfidenziali e una su quattroha licenziato un impiegatoper aver violato a questo pro-posito la linea di condottaaziendale.

Emanuela Di Pasqua(da www.corriere.it -

9 giugno 2005)

Politico senza titolo di studio lamenta “grave campagna diffamatoria” e chiede un miliardo di vecchie lire di danni

Il giudice dà ragione al giornalista:“Fatti storicamente veri. Ironia e sarcasmo non fanno reato”Una lezione dalla Calabria. Il giornalista si è “riservato di agire in separato giudizio alfine di formulare una richiesta risarcitoria per i danni subiti a livello fisico e daimmagine”. Questa iniziativa costituisce un precedente innovativo, che i giornalistiitaliani farebbero bene a seguire, quando vengono presi di mira incautamente dallecosiddette “autorità” a scopo intimidatorio.

Cosenza, 12 giugno 2005. IlTribunale civile (in composi-zione monocratica con ladottoressa Rosangela Vite-ritti) ha rigettato la domandadi risarcimento danni (per unmiliardo di vecchie lire) pre-sentata nel 2001 dall’allorapresidente dell’Arssa, Anto-nio Pizzini contro il giornalistaGuido Scarpino per “una gra-ve campagna diffamatoriaperpetrata ai suoi danni” at-traverso la redazione di “nu-merosi articoli (otto in tutto,ndr) accomunati da un’unicacircostanza: la diffusione rei-terata di notizie assolutamen-te false e tendenziose”.Antonio Pizzini è stato difesodall’avvocato Oreste Morca-vallo, mentre il giornalista èstato patrocinato dall’avvoca-to Enzo Lo Giudice. Era statachiesta la condanna del gior-nalista per “i danni arrecati al-la reputazione, al prestigio, al-l’immagine e all’onore” delPizzini.In una fase successiva, tral’altro, era stata chiamata incausa anche la società IlMezzogiorno Spa (editricedel quotidiano La Provinciacosentina di cui Guido Scar-pino è redattore), che si è co-stituita con l’avvocato Eu-genio Conforti.

Nella sentenza si legge: “Lemodalità espressive utilizzateper descrivere e commentarefatti, benché appaiono a volteironiche e sarcastiche, devo-no ritenersi giustificate dall’e-simente del diritto di critica,posto che le espressioni uti-lizzate, prendendo spunto daun fatto realmente accaduto,costituiscono il frutto di giudi-zi e valutazioni personali del-l’autore, che nella qualità digiornalista ritiene di valutarel’operato e l’attitudine dei po-litici locali e dei dirigenti di or-ganismi pubblici, qual èl’Arssa”. Arssa sta per“Agenzia regionale per i ser-vizi e lo sviluppo in agricoltu-ra” (un vecchio carrozzoneoggi forte di appena 400 di-pendenti).E ancora afferma la senten-za: “L’intento dell’autore - pro-segue il giudice in relazioneagli scritti sulla presunta man-canza di requisiti del presi-dente dell’Arssa - sostanzial-mente è quello di rimuovererilievi polemici sul fatto che acapo dell’Arssa sia stato po-sto un politico che non vantatitoli di studio (avendo ilPizzini conseguito la maturitàclassica) ovvero esperienzaprofessionale (essendo egliimpiegato della Telecom) atti-

nenti allo scopo sociale del-l’ente predetto e non già quel-lo di esprimere giudizi sullapersona del presidente, chenon è stata affatto interessataed attaccata con l’attribuzio-ne di fatti disdicevoli”.La dottoressa Viteritti rilevainfine che il giornalista “nonha remore” a far pubblicarearticoli “interamente a difesadella figura del Pizzini”, sot-tolineando, infine, che gliscritti censurati rispondono airequisiti di verità sostanzialedei fatti, continenza e interes-se pubblico della notizia.“Tenuto conto delle esaustivemotivazioni in ordine ad ognipunto della domanda rigetta-ta, le quali appaiono incontro-vertibili ed insuscettibili diriforma, accogliendo in pienola tesi prospettata dall’avvo-cato Lo Giudice”, il giornalistasi è “riservato di agire in se-parato giudizio al fine di for-mulare una richiesta risarcito-ria per i danni subiti a livello fi-sico e da immagine”.Questa iniziativa costituisceun precedente innovativo,che i giornalisti italiani fareb-bero bene a seguire, quandovengono presi di mira incau-tamente dalle cosiddette “au-torità” a scopo chiaramenteintimidatorio.

Uno studio rivela l’inquietante atteggiamento da parte del boardsocietario nei confronti della posta elettronica del personale

“Sentenza tre volte incredibilmentesbagliata!”

Cremona

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12 ORDINE 7-8 2005

Assegnato ilpremio “MariaGrazia Cutuli”ex aequo a MariangelaMainiti e CristinaGiudici

L’Unci bandisceil Premio Cronista 2005-Piero Pasetti

Roma, 10 giugno 2005. L’Unione nazionale cronisti italianibandisce l’edizione 2005 del “Premio Cronista – Piero Pasetti”allo scopo di premiare l’impegno professionale, sociale e uma-no dei cronisti nel lavoro quotidiano a contatto con i cittadinisvolto nel corso del 2004.Il premio, riservato ai giornalisti professionisti e praticanti chelavorano nelle redazioni di cronaca, è articolato nelle sezioniinformazione stampata e radio-teletrasmessa. Ai vincitori an-drà la somma di 2.500 euro e una targa ricordo. Per ciascunasezione è inoltre prevista l’assegnazione di riconoscimentispeciali messi a disposizione dalle Istituzioni che, assieme aFnsi e Ordine dei giornalisti, patrocinano il Premio.Al Premio i cronisti possono partecipare singolarmente o ingruppi di lavoro, per ricerca e divulgazione di notizie; servizi;inchieste; attività di rilevante valore sociale.Le candidature devono essere inviate entro il 23 settembre2005 alla segreteria del premio presso l’Unci, Corso VittorioEmanuele 349 – 00186 Roma (tel. 06-6833879, fax 06-6871444). (da www.fnsi.it)

Legnano, 19 giugno 2005. IlGruppo altomilanese dei giorna-listi (Gag) ha assegnato adAnnalisa Monfreda il premio ri-servato ai giovani giornalisti“Mauro Gavinelli”. Ventisette annida poco compiuti, collaboratriceper diverse testate, la Monfredaha partecipato al concorso conun articolo pubblicato sulla rivistaMeridiani dal titolo “Telecameracon vista”. La giuria è rimasta fa-vorevolmente colpita dall’ampioe ben documentato servizio cheprendendo spunto dall’interessedei divi hollywoodiani per le villedel lago di Como racconta inrealtà la passione del cinema edella letteratura per il Lario.L’autrice è stata premiata a Palazzo Leone daPerego a Legnano da Franco Abruzzo, presi-dente dell’Ordine dei giornalisti della Lom-bardia che ha sostenuto l’iniziativa. Alla ceri-monia sono intervenuti il sindaco della città delCarroccio, Maurizio Cozzi e Francesco Chia-varini, presidente del Gruppo altomilanese deigiornalisti, l’associazione che organizza l’ini-ziativa in memoria di Mauro Gavinelli, vice-ca-poredattore de La Prealpina, scomparso 5 an-ni fa e fondatore del sodalizio.Giunto alla quarta edizione il premio ha vistola partecipazione di 52 concorrenti, di etàcompresa tra i 19 e i 35 anni di età. 51 gli ar-ticoli in gara provenienti da 44 testate di di-versa diffusione e periodicità: quotidiani na-zionali, regionali e provinciali, settimanali lo-cali, magazine, riviste di settore e giornali online. I “pezzi” riguardavano i diversi aspetti del-la realtà lombarda: l’economia, il lavoro, la vi-ta sociale ed ecclesiale, la cultura e lo sport.

Premio giornalistico a Legnano

Annalisa Monfredavince il “Gavinelli”

Milano, 30 giugno 2005. Sono stati consegnati i riconosci-menti del Premio Giornalistico Maria Grazia Cutuli 2004, or-ganizzato da tre anni dall’assessorato alle Politiche Sociali delComune di Milano in memoria dell’inviata del Corriere dellaSera Maria Grazia Cutuli. Per la terza edizione il premio è sta-to assegnato ex aequo a Mariangela Mainiti per un’inchiestasul settimanale Amica, ‘Il tempo ritagliato delle pendolari’, e aCristina Giudici per un reportage su Il Foglio, ‘Gruppo di fami-glia con Allah’. Una menzione speciale è andata a MarinaCorradi di Tempi per ‘Ubriaca di bellezza’, mentre per la se-zione audiovisivi segnalazione per Maria Cecilia Sangiorgi perun servizio su Canale 5 per le Frontiere dello Spirito, dal tito-lo ‘Madri contro la pena di morte e la tortura’.Alla giuria del premio, riservato a giornaliste italiane e stranie-re che hanno pubblicato servizi sul tema della condizione fem-minile in Italia e nel mondo, erano pervenuti 78 elaborati. Legiornaliste partecipanti sono state 53. L’80% degli articoli pro-venivano dal Nord Italia. Il 25% trattava il tema delle donne ela guerra e delle donne e la famiglia, il 20% delle donne e illavoro e delle donne e lo sfruttamento. Dalle partecipantiemerge una figura di giornalista sui 40 anni, alla continua ri-cerca di argomenti e stili che non sono mai banali. (ANSA)

L A P R O F E S S I O N E

Riflettori sulla tv che cambia

di Elena Luise

Prima Business Week con “Your next Tv”. Più di recente Newsweek con“The future of Tv”. In mezzo un’inchiesta del Wall Street Journal su“How old media can survive in a New World” dove si affermava che latelevisione tradizionale (broadcasting) è letteralmente oggetto di assal-to continuo. È evidente che sta succedendo qualcosa all’elettrodome-stico più amato ed odiato allo stesso tempo dalle famiglie, al totem me-diatico che troneggia, anche in più esemplari in ogni casa.Che si tratti di un affare solo americano come farebbe dedurre questaautorevole pubblicistica? Si sa gli americani sono sempre un po’ diver-

si, molto spesso all’avanguardia…E invece no. Ad accendere i rifletto-ri (e il dibattito) sulla tv che cambia è stato, lo scorso 22 giugno, unevento tutto made in Italy, nella regia e nei relatori, che si è svolto aMilano, organizzato da Fastweb.È vero, anche Fastweb ha una sua televisione, l’unica tv oggi attiva inItalia con modalità Iptv e gestita da un operatore telefonico.Complimenti al primato, dunque, ma non si è trattato di un incontro “dibottega” per parlare delle meraviglie di quel modello tecnologico e/o dibusiness.

La scena, è il caso di dirlo, è stata lasciata ad un buon nu-mero di relatori, autorevoli, che, coordinati da CarloMassarini, uno che di televisione e tecnologie se ne in-

tende davvero, hanno cercato di prefigurare il futuro della te-levisione anche in relazione alle nuove e diverse piattaformetecnologiche sulle quali saranno disponibili i contenuti, vecchie nuovi.Vediamo dove si è approdati.Giuseppe Richeri, decano della facoltà di Scienze della co-municazione dell’Università di Lugano, ha delineato uno sce-nario più qualitativo che quantitativo, sottolineando la difficoltàdi dare dati a futura memoria in un settore in così forte e mul-tiforme evoluzione. Nel passaggio dall’analogico al digitale(tutti concordi nel dire che questo transito non avverrà nel no-stro Paese entro il 2006, ndr), ha esordito Richeri, le reti tv svi-luppano servizi interattivi e quelle tlc servizi televisivi con unacrescente concorrenza tra le diverse piattaforme (etere, cavo,satellite). Operano vecchi e nuovi attori: questi ultimi sono inuovi broadcaster multicanale e multiservizio (tv a pagamen-to) accanto ai quali compaiono le società di tlc che forniscono

Le reti tv sviluppano servizi interattivi e quelle tlc servizi televisivi con una crescente concorrenza tra le diverse piattaforme (etere, cavo, satellite).Operano vecchi e nuovi attori: questi ultimi sono i nuovi broadcaster multicanale e multiservizio (tv a pagamento)accanto ai quali compaiono le società di tlc che forniscono telefono,Internet e tv con significative differenze tra Paese e Paese.Basti pensare al cavo che, in Europa, tra i grandi Paesi si è sviluppato in Gran Bretagna e Germania.In Italia siamo fermi alle zone coperte da Fastweb.

TELE VISION

telefono, Internet e tv con significative differenze tra Paese ePaese. Basti pensare al cavo che, in Europa, tra i grandi Paesisi è sviluppato in Gran Bretagna e Germania. In Italia siamofermi alle zone coperte da Fastweb dopo che una decina dianni fa era abortito il progetto Socrate di Telecom Italia.In questo quadro, ha proseguito Richeri, a fianco dell’esplo-sione di piattaforme dalle quali accedere ai contenuti si assi-ste ad una maggiore articolazione e varietà dell’offerta legata,essa stessa, alle tecnologie disponibili: dai canali generalistidella tv in chiaro, ai canali pay basic, premium (ad esempio ilcinema, il calcio e lo sport di Sky), pay per view (l’acquisto diun singolo film o evento sportivo, sia sul satellite che sul digi-tale terrestre o su Fastweb); al video on demand (oggi dispo-nibile solo su Ontv di Fastweb; ai servizi interattivi come gio-chi e/o scommesse oppure combinati ai programmi.Tutto que-sto, ha chiarito Richeri, viene reso disponibile grazie alle ri-sorse che giungono nelle casse dei broadcaster, tradizionali enon: canone, pubblicità, pagamento per abbonamento, con-sumo, prodotto e/o servizio. Con la consapevolezza, ha ag-giunto il docente, che bisogna far aumentare la spesa per so-

stenere l’economicità delle diverse piattaforme. Con un occhioai contenuti dove attualmente le “killer application” sono rap-presentate da sport e film.Calando la platea in un ambito concreto, Richeri ha spiegatola case history di BSkyB (gruppo Murdoch), una tv britannicaa pagamento dove 3.656 milioni di sterline di entrate sono co-stituite per oltre il 70 per cento da abbonamenti, il 6% da pro-grammi via cavo e il resto è equamente distribuito tra pubbli-cità e servizi interattivi. Sul fronte costi (3.050 milioni di sterline)la parte del leone la fa lo sport con il 47%, seguito dai film conil 23%. Analoga percentuale è destinata a gestione abbonati,marketing e canali di terzi. Fanalini di coda, con peso analogo,intrattenimento e news e trasmissioni.Bene. E domani? Paolo Villaggio, protagonista della tv italia-na degli ultimi 40 anni invoca semplicità, “altrimenti, ha tri-stemente riconosciuto, per i più anziani ci vorrà la badanteper occuparsi del telecomando”. Sulla stessa lineaGianpaolo Fabris, preside del nuovo corso di laurea inConsumi, pubblicità e relazioni pubbliche dell’Università Vita- Salute San Raffaele, che giustifica la richiesta della terza

Carlo Massarini con Paolo Villaggio.

INFORMAZIONE ECONOMICO-FINANZIARIO, LEGGI E DEONTO

Annalisa Monfreda riceve il premio dal presidente dell’Odg Lombardia, Franco Abruzzo.

Oltre ad aggiudicare il premio di 2.500 euroalla vincitrice, la giuria ha anche segnalato illavoro di cinque colleghi: Patrizia Longo de IlGiorno (“Breda, a teatro la sentenza è scritta:Qui di lavoro e di amianto si muore”),Alessandro Di Lecce del Corriere della Sera(“Così il design rimodella Lambrate. La se-conda vita della vecchia Faema”), Sara DeCarli di Vita (“Milano, quartiere Stadera.L’inquilino dice noi”), Sandro De Riccardis diLa Repubblica (“Birra, droga e risse in strada.È l’inferno della Centrale”) e Elena Parasiliti eLeo Gianmarioli di Terre di Mezzo (“Coppie difatto, quando la convivenza fa vivere meglio”).Fondato nel 1993, il Gag riunisce i giornalistidel Nord Ovest della Provincia di Milano.L’associazione organizza corsi di formazione,promuove incontri pubblici sui temi di attua-lità, difende sul territorio le prerogative dellaprofessione. Nel 1991 il consiglio direttivo,raccolto l’invito della famiglia di MauroGavinelli, ha istituito il premio.

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13ORDINE 7-8 2005

Milano, 1° luglio 2005. Coloro che lavoranonegli uffici stampa delle aziende private, nellePubbliche amministrazioni, nelle Associazionie Fondazioni, potranno diventare pubblicistifrequentando il corso organizzato dall’Ordinedei giornalisti di Milano. L’iscrizione nell’elencodei pubblicisti dell’Albo è subordinato alla fre-quenza del corso e al superamento della pro-va valutativa finale. Il corso, che prevede 120ore di lezione con 14 esercitazioni, avrà ini-zio martedì 27 settembre e si concluderàmartedì 24 gennaio 2006.

Enti pubbliciSono ammessi al corso gli addetti agli ufficistampa di enti pubblici che svolgevano questafunzione alla data dell’entrata in vigore delRegolamento della legge 150/2000 (Dpr n.422/2001, pubblicato sulla G.U. del 4 dicem-bre 2001). Alla domanda d’iscrizione al corsogli interessati dovranno allegare la documen-tazione che attesti “il carattere giornalistico e,dunque, non promozionale o pubblicitario(nonché retribuito) dell’attività svolta”.

Aziende private, Associazioni, FondazioniSono ammessi al corso gli addetti stampa diaziende private, Associazioni e Fondazioni, sedocumentano due anni d’attività prestata dal2003 alla data d’inizio del corso. Anche costo-ro dovranno allegare alla domanda d’iscrizio-

ne la documentazione attestante “il caratteregiornalistico e, dunque, non promozionale opubblicitario (nonché retribuito) dell’attivitàsvolta”. Nel caso di prestazioni a titolo gratuitorivolte ad Associazioni e Fondazioni non è ri-chiesta la documentazione della retribuzione.

Collaboratori fissiLe opportunità di partecipazione ai corsi so-pra elencate sono estese anche ai collabora-tori fissi degli uffici stampa di enti pubblici eaziende private.

Iscrizioni al corso e orari delle lezioniIl corso, che avrà inizio martedì 27 settembre2005, si terrà presso l’Istituto Pime di via MosèBianchi 94 nei giorni di martedì, mercoledì evenerdì, dalle ore 19 alle ore 22.Le iscrizioni verranno raccolte dal 15 luglio al26 settembre presso lo sportello dell’Ordinedei giornalisti della Lombardia, via Antonio daRecanate 1, nell’orario 9 – 13 e 15 – 16. Il co-sto è di 600 euro.

Le lezioni si svolgeranno nei seguenti giorniSettembre: 27, 28 e 30Ottobre: 4, 5, 7, 11, 12, 14, 18, 19, 21, 25, 26, 28Novembre: 2, 4, 8, 9, 11, 15, 16, 18, 22, 23,25, 29, 30Dicembre: 2,6, 13, 14, 16 Gennaio: 10, 11, 13, 17, 18, 20, 24

Iscrizione nell’elencopubblicisti dell’Albo di Milano di chi lavora negli uffici stampa delle Pubblicheamministrazioni e delle aziendeprivate

Il corso organizzatodall’Ordine di Milano inizia il 27 settembre 2005

Roma, 21 giugno 2005. Un consigliere nazionale dell’Ordine,Rosario Lamberti, di Napoli, arrestato per estorsione, con-dannato in primo e secondo grado a 3 anni e 6 mesi di reclu-sione e a 5 anni di interdizione dai pubblici uffici, è stato so-speso per 7 mesi dall’attività giornalistica su decisione delConsiglio della Campania. La misura non è stata ritenuta con-grua dal Consiglio nazionale, che, sulla vicenda, ha dirama-to il seguente comunicato:“Il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalistia) ricevuta dal Consiglio dell’Ordine della Campania la comu-

nicazione della decisione disciplinare con la quale RosarioLamberti, arrestato per estorsione a mezzo stampa, con-dannato in due gradi di giudizio a tre anni e mezzo di re-clusione e a 5 anni di interdizione dai pubblici uffici, è sta-to sospeso per sette mesi dall’esercizio della professione adecorrere dal 1 giugno 2005;

b) osservato che Lamberti fa parte del Consiglio nazionale,membro eletto nel 2004 nonostante la condanna prece-dentemente intervenuta;

rileva che la decisione disciplinare non tutela adeguatamentela dignità della categoria; trasmette all’esterno un’immaginedei giornalisti che non corrisponde a quella reale; mortifica illavoro di quanti sono quotidianamente impegnati per onorare– a volte con gravi rischi personali alimentati da comporta-menti riprovevoli come quelli di Lamberti – il dovere costitu-zionale di garantire ai cittadini una informazione corretta ecompleta”.

7 mesi di sospensionesono insufficienti,perché“non tutelano la dignità della categoria”

Caso Lamberti

OLOGIA PROFESSIONALE

età di apparecchi e strumenti tecnologicamente semplici perla scarsa consuetudine e l’istintiva diffidenza. A prescindere,però, dall’apparecchio televisivo. “Anzi, ha sottolineatoFabris, se guardiamo alla televisione ci rendiamo conto chenon ha mai goduto di tanta salute come adesso (dal broadal narrow casting). Ce n’è per tutti i gusti: si arriva persino al-l’estremo del sushi channel…”.Nel corso del dibattito sono stati lanciati messaggi, proclami,provocazioni. Pochissime le cifre perché, a detta di tutti, le pre-visioni in questo settore sono “pura poesia”.Aldo Grasso, critico televisivo e ordinario di Storia della radioe della televisione presso l’università del Sacro Cuore diMilano, ha invitato tutti a una “grande cerimonia di dimenti-canza collettiva”. In sintesi, questa rappresenterebbe l’unicastrada per accedere alla televisione del futuro, perché solo inquesto modo si potranno inventare nuovi contenuti “scollega-ti” dalle logiche del palinsesto e dell’audience.Un invito, quello di cancellare la parola palinsesto, rivolto an-che da Franco Iseppi, presidente e amministratore delegato diRai Click, una società che con la sua ricca library di contenu-ti del giorno, attuali e passati alimenta parte del VoD diFastweb. Iseppi, che incarna per la sua provenienza la tradi-zione e il futuro, ha voluto mettere al centro della nuova tv gliutenti (“ben più importanti della convergenza tecnologica”)sottolineando come con il VoD non ci sarà quella “imprevedi-bilità” consentita dalla tv generalista.Con molto pragmatismo Giorgio Gori, produttore di format disuccesso attraverso la sua “Magnolia”, ha sottolineato comenuovi contenuti per la tv che cambia possano derivare dallacapacità di cogliere la domanda e dalla possibilità che i nuo-vi mezzi paghino la produzione. Insomma, ci vogliono le ri-sorse; i soldi, detto in maniera più prosaica. Non ha però tra-lasciato, l’ex direttore di Canale 5, un cenno ai nuovi sce-nari aperti per la televisione dalle nuove piattaforme “È si-gnificativo, ha detto Gori, che per la prima volta negli StatiUniti una sit-com trasmessa da una tv via cavo e su Yahooabbia visto prevalere il pc”.Tra l’economista Carlo Mario Guerci e Guido Salerno, diret-tore generale della Fondazione Bordoni e consigliere del mi-nistro delle Comunicazioni, vi è stato uno scambio piuttostovivace sul digitale terrestre nel nostro Paese. Guerci l’ha de-finito un aborto clamoroso, sulla cui interattività si sta men-tendo. Salerno, dal canto suo, ha voluto sottolineare come lanuova tv, che verrà e di cui ci sono già parecchie anticipa-zioni, sovvertirà lessico, concetti ed abitudini: sarà una rivo-luzione radicale e non solo un processo di addizione a quan-to è già tradizionalmente disponibile. Il consigliere Salernoha illustrato il potenziale industriale che vi è nella logica enella costruzione del digitale terrestre quando sarà disponi-bile un elevato grado di interattività. “E ci sarà”, ha conclusosenza tema di smentita.Stefano Parisi, amministratore delegato di Fastweb, ha mes-so in luce le importanti ripercussioni per tutta l’industria na-zionale dei contenuti derivanti da un rafforzamento della do-manda, da un mercato aperto, caratterizzato dall’interoperabi-lità delle piattaforme. Un mercato senza esclusive e senza di-verse finestre temporali.Una prospettiva a cui Fastweb, sopravvissuta egregiamentealla bolla della New Economy, deve credere davvero: per il2005 sono attesi contributi video ai risultati del gruppo per unammontare di 40 milioni di euro.

Nella proclamazione del-le sette giornate di scio-pero, indette dal Con-

siglio della Federazione na-zionale della stampa italiana,è stata inserita anche la con-troversia in vigore con l’Aran,che non vuole aprire un ne-goziato per scrivere il primocontratto di lavoro per i gior-nalisti degli uffici stampa degliEnti pubblici, a norma dellalegge 150/2000 e successivoDecreto applicativo DPR 21settembre 2001, n° 422.Non sono bastati i sopra cita-ti provvedimenti di legge, non-ché la direttiva 7 febbraio2002 della presidenza delConsiglio dei ministri, emana-ta dal dipartimento dellaFunzione pubblica, per dareai giornalisti degli uffici stam-pa una dignità professionalee una tutela operativa nell’e-sercizio della loro funzione.Sono i cosiddetti figli di nes-suno esposti a tutte le intem-perie di gestione politica eamministrativa delle variestrutture pubbliche, sia a livel-lo nazionale che regionale, inquanto privi di un contratto dilavoro ad hoc appartenenti al-l’area della informazione ecomunicazione istituzionaleche di fatto non esiste nel pa-norama organizzativo funzio-nale della Pubblica ammini-strazione.Sono quei figli reietti che purcoscienti del loro stato ano-malo in mancanza del lorocontratto di lavoro continuanoin sofferenza a credere nel-l’importanza di un servizio alcittadino e alla società ado-perandosi in un rapporto co-stante di informazione e co-municazione mirato a rende-re, per quanto è possibile, tra-sparente la Pubblica ammini-strazione per una promozio-ne democratica del Paese e,quindi, a garantirne lo svilup-po.

Non sono bastate varieinterrogazioni parla-mentari e diverse solle-

citazioni di tre ministri dellaFunzione pubblica inviate alpresidente dell’Aran per co-stituire un tavolo di trattativa

mirato a redigere il primo con-tratto di lavoro per gli opera-tori dell’informazione e comu-nicazione istituzionale neglienti pubblici, trovandosi difronte ad una resistenza con-traria adottata dalle sigle sin-dacali confederali Cgil–Cisl eUil, le quali non riconosconola rappresentatività della Fnsinella contrattazione del com-parto pubblico, appellandosialla legge n.388/2000 (Finan-ziaria per il 2001) successivaalla legge 150/2000Un atteggiamento condivisoperaltro dal presidente dell’A-ran in occasione dell’ultimoincontro tenutosi a Roma loscorso 24 marzo che ha por-tato ad un rinvio a dopo le de-cisioni che verranno espres-se dal giudice del lavoro inve-stito da un ricorso presentatopresso il Tribunale di Romadalla stessa Fnsi, la cuiudienza è stata fissata alprossimo 26 ottobre; una po-sizione che non garantisce eassicura i titolari degli ufficistampa degli Enti pubblici sulloro futuro.

Una vicenda che la dicelunga sulla volontà poli-tica, amministrativa e

sociale, da parte dei soggettiresistenti (Aran e sindacaticonfederali), di garantire allaPubblica amministrazionequel percorso di reale traspa-renza, efficienza ed efficaciache proprio la informazione ela comunicazione ne sono ivalori di garanzia e tutela.La pazienza dei comunicato-ri pubblici è arrivata al limitedella sopportazione (ancheperché non viene tutelata laloro retribuzione economica epertanto sfruttati quasi da “la-voratori in nero”), rivendican-do il diritto all’esistenza e al-l’esercizio di una professionecon pari diritti e dignità, sia ri-spetto alla organizzazione dellavoro del pubblico impiegoche a quello della categoriaprofessionale, su cui tantissi-

me istituzioni pubbliche han-no investito fondi e tempo perdefinire percorsi formativi pre-visti peraltro dai provvedi-menti legislativi in materia diinformazione e comunicazio-ne istituzionale.

Le organizzazioni sinda-cali confederali sollecitatinei giorni scorsi dalla

presidenza dell’Associazionedi Comunicazione pubblica sisono impegnate a partecipa-re a Roma il prossimo 10 giu-gno all’assemblea generaledella stessa Associazione eal salone di Comunicazionepubblica, in programma nelprossimo mese di novembrea Bologna per entrare a capi-re tale materia ed avviare unconfronto su come addiveniread un accordo di contratta-zione.Non è forse un riconoscere lapropria incompetenza di fron-te a tale materia e fare daspalla ad un presidentedell’Aran, che da oltre dueanni pretestuosamente riget-ta ogni tentativo di dare unseguito alla legge 150/200con la stesura del primo con-tratto di lavoro per i giornalistidegli uffici stampa negli Entipubblici?Una vicenda denunciata an-che recentemente dalla pre-sidenza dell’Associazione ita-liana dei comunicatori d’uni-versità (Aicun) con una lette-ra aperta indirizzata al mi-nistro della Funzione pubbli-ca Baccini e allo stesso pre-sidente dell’Aran e alle orga-nizzazioni sindacali, oltre chealla presidenza della Con-ferenza dei rettori delle uni-versità Italiane (Crui).“Riteniamo improrogabile lavalorizzazione e il pieno rico-noscimento delle figure pro-fessionali che quotidiana-mente operano nel mondodell’informazione e della co-municazione. Sono, queste,risorse preziose e insostituibi-li per le università – è scritto

nella nota dell’Aicun - giacchésolo grazie alle attività che es-se realizzano si garantisce lapiena applicazione dei princi-pi di trasparenza e pari ac-cesso al mondo dell’istruzio-ne universitaria di cui i cittadi-ni hanno diritto, in piena rea-lizzazione del dettato costitu-zionale”.La lettera aperta del presi-dente dell’Aicun, AlessandroCiarlo, si conclude sollecitan-do senza indugio l’inizio dellatrattativa da parte degli orga-ni preposti per raggiungerenel più breve tempo possibilela conclusione positiva delproblema, con l’obiettivo direndere il settore della comu-nicazione pubblica e in parti-colare quella universitariacoerente con la dimensioneeuropea.

Preso atto delle giornatedi sciopero indette dal-la Fnsi resta, infine, da

invocare e sollecitare unamaggiore attenzione da par-te di tutti gli organi d’infor-mazione verso tale impor-tante problematica e servi-zio alla società, che vedenella comunicazione lo stru-mento di crescita e di svilup-po del paese. È strano, avolte, il loro silenzio, mai unapprofondimento o inchiestaseria sullo stato di applica-zione della legge in materiadi informazione e comunica-zione istituzionale da partedelle Pubbliche ammini-strazioni del nostro paese.

Eppure gli operatori, co-loro che si occupano al-l’interno delle strutture

pubbliche dei servizi di infor-mazione e comunicazioneistituzionale per essere più vi-cini ai bisogni del cittadino edella società, sono figli dellastessa famiglia dei giornalistiitaliani e, probabilmente, suciò bisogna misurarsi nelprossimo futuro e trovare lagiusta comprensione e con-divisione. Prenderne atto inquesta circostanza può esse-re già un passo in avanti chepuò servire a toglierli dal lim-bo dei figli di nessuno.

D I B A T T I T O

Uffici stampa pubblici: Cgil, Cisl e Uilnon vogliono la Fnsi al tavolo delle

trattative e così negano il contratto ai giornalistidi Franco Bartucci

responsabile dell’Ufficio stampa dell’Università della Calabria

CORSO PER CHI LAVORA NEGLI UFFICI STAMPA

Ufficio Relazioni con il Pubblico (URP) dell’Ogl0267713709 oppure 0267713708 – fax 0266716194e – mail : [email protected] oppure [email protected]

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14 ORDINE 7-8 2005ORDINE 6 2005

L’IMPRONTA DELL’UMANITARIA NEL MONDO DELLE ARTI GRAFICHE

La Scuola del Libro

100 anni di “creattività” nella Milano capitale dell’editoria

Culla della Scuola del Libro è una Milano inespansione, industrializzata e industriosa,con un associazionismo operaio attivo, mainsieme non esente da disoccupazione,analfabetismo, fame anche di diritti, di eman-cipazione.Il capoluogo lombardo che si affaccia al ‘900è anche il centro più importante del Paeseper le attività editoriali sia librarie che gior-nalistiche, la “Lipsia d’Italia”, le cui stradeolezzavano di inchiostro.È la Milano di Sonzogno, dei Treves, diRicordi, in cui operano una decina di grandie moderne tipografie ma anche di un centi-naio di piccole tipografie disseminate in cittàe nell’hinterland.Un centro in cui lo sviluppo tecnologico del-l’editoria è veloce, il numero dei lavoratoridel settore cresce e i tipografi milanesi, “ari-stocrazia operaia”, sono tanti potenziali edi-tori nonché punta di diamante dell’associa-zionismo: nel 1866 la Cooperativa FonderiaTipografica di Milano - oggi l’ultima “fabbricadei caratteri” rimasta - aveva aperto la stra-da alla cooperazione tra operai e maestran-ze. Nel 1902 in Italia si contano 30 coopera-tive, tra cui spicca la Tipografia degli Operaidi Milano, con 773 soci.In un tale contesto di progressi e squilibri sicollocano le istanze, rivoluzionarie sul frontedella formazione, di una Società Umanitariaripartita alla grande nel 1901, dopo aver su-bito la repressione di Bava Beccaris. E pren-de forma l’idea di una rete di innovativescuole-laboratorio, in cui realizzare il bino-mio virtuoso studio-lavoro caro all’Umani-taria, foriero di sicuro progresso sia per i la-voratori che per le industrie.Si trattava in sostanza di scuole professio-nali ante litteram, in grado di supplire alle ca-renze della scuola statale e conciliare la cre-scita economica in un mercato sempre piùqualificato con la promozione sociale dei la-voratori. Preso atto che di quest’ultima gli in-dustriali non intendevano farsi carico.La grande avventura della Scuola del Librocomincia quando i progetti dell’Umanitaria –

presidente Giovanni Battista Alessi – incon-trano le esigenze e la richiesta di aiuto dellaScuola Professionale Tipografica di Milano,operante da qualche anno, a corto di mezzie presieduta da Giuseppe Fumagalli, illumi-nato bibliotecario della Braidense.A partire dal 1902 iniziano le trattative ed èelaborato di comune accordo il concetto discuola-laboratorio per la “professionalizza-zione” dei giovani operai del settore poligra-fico già occupati, contro le scuole-officinaper apprendisti.L’inaugurazione della Scuola, avvenuta il 13marzo 1904 nel salone conferenze di viaGoldoni, presenti molti milanesi importanti emeno, fu così un punto di arrivo prima che dipartenza.Un concordato con la Scuola Tipografica, difatto assorbita, sancì la costituzione dellaScuola del Libro come istituto autonomo“sotto il patrocinio della Società Umanitaria”.Che impresse il suo marchio all’impresamettendo a disposizione l’edificio tra viaGoldoni e via Kramer – luogo strategico “inun quartiere dove spesseggiano gli stabili-menti tipografici” –, ampliandolo con un pa-diglione e accollandosi anche le spese peradeguare le strutture e i mezzi al progettoformativo, ambizioso per l’epoca. La fre-quenza era del tutto gratuita per i capaci emeritevoli: la modica tassa di iscrizione (2 li-re), veniva restituita agli allievi che avevanofrequentato e si presentavano agli esami.

La Scuola del Libro – che annovera tra imaestri il grande illustratore LeopoldoMetlicovitz, titolare del corso di Disegno lito-grafico – nel 1904 sforna già dei diplomati: ilprimo è Amilcare Pizzi, futuro maestro nellearti tipografiche.Nel 1905, allo scadere della convenzionecon la Scuola Tipografica, l’Umanitaria devefare i conti con l’esiguità del contributo mini-steriale –1500 lire – a fronte delle ingentispese sostenute. Li fa quadrare costituendoil primo Consorzio – gli altri due sono datati

1916 e 1945 – per il mantenimento dellaScuola, cui partecipano le Federazioni delLibro e dei Litografi. E intanto si procede adampliarla e rivederne l’assetto didattico.Anche perché le iscrizioni sono in costanteaumento e le industrie cominciano a richie-dere il diploma della Scuola del Libro.Nel 1911 l’Istituto, con le sue nove sezioni, ècompleto e nei due anni successivi sospen-de l’attività per traslocare in via ManfredoFanti, pronto a un salto di qualità. Il 1914 èl’anno della prima rinascita, segnato da dueeventi importanti: l’ingresso di AugustoOsimo nel Consiglio della Scuola e la parte-cipazione all’Esposizione internazionale delLibro e d’Arte grafica di Lipsia in rappresen-tanza dell’Italia.Osimo, geniale quanto pratico, si batterà peruna Scuola in grado far proprie le esigenzedell’industria locale senza mai perdere di vi-sta la promozione umana e professionaledei “figlioli del popolo”. Si fa promotore di unsecondo Consorzio con una più folta lista dipartecipanti, tra cui la Provincia e il Comunedi Milano e la Camera di Commercio. E nel1918 chiama a dirigere la Scuola RaffaelloBertieri, uno dei maggiori tipografi dell’epo-ca, paladino del gusto e della dignità dell’ar-te grafica e in più consapevole dell’esigenzadi mano d’opera più qualificata generata dal-le mutate condizioni industriali. Bertieri, cherimarrà fino al 1925, potenzia i corsi e so-prattutto inserisce una sezione diurna di ti-rocinio aperta ai dodicenni: il corso è bien-nale, di sette ore al giorno e comprende larefezione.Vi insegnano l’incisore Giulio Cisari e il pit-tore Guido Marussig, tra i cui allievi ci sonoi futuri “campisti”: Attilio Rossi, Carlo Dradi,Giovanni Peviani e Mario Soresina, ideatoridella rivista Campo Grafico e protagonistidella rivoluzione tipografica da essa rappre-sentata.L’avvento del fascismo coincide con il com-missariamento dell’Umanitaria, che conser-va però la formazione professionale, anchese come unica finalità statutaria. Quanto al-la Scuola del libro, è accerchiata dal regimesul fronte economico.Ciò nonostante, è considerata “una delle piùimportanti scuole professionali” del Paeseanche perché opera nel “più grande centroeditoriale e grafico d’Italia” e registra un con-

È l’impronta sociale e culturale lasciata inprimo luogo nella storia di Milano a sancireil valore della Scuola del Libro, non a casodenominata fino agli anni Trenta Scuola delLibro di Milano: istituto importante per il suoDna di “creatura” della Società Umanitaria,grande istituzione di una grande Milano, pa-ladina di diseredati e lavoratori, simbolo delriformismo più autentico.Agli inizi del ‘900, l’incontro tra istanze emezzi dell’Umanitaria e “creattività” lom-barda diede corpo alla nostrana Bauhause con essa ai sogni di migliaia di giovanipoligrafici.Aiutati a “rilevarsi da sé medesimi” attraver-so la dialettica studio-lavoro, sono diventatiuna schiera di professionisti dell’editoriache ha reso Milano competitiva a livello eu-

ropeo. La ricostruzione di questa straordi-naria vicenda euro-meneghina che ha se-gnato, insieme a tanti percorsi umani, ilmondo della comunicazione visiva e l’as-setto delle scuole professionali del nostroPaese, serve anche a rammentare quelloche realmente fu: una sfida coraggiosa, vin-ta grazie alla passione e all’intelligenza didirigenti e insegnanti.Alla tenacia dell’Umanitaria nel perseguire iprogetti di crescita umana, civile e culturaleche avevano animato Prospero Moisè Loira,suo fondatore.Alla capacità di attivare forze propulsive emezzi materiali per dar vita e continuità al-la Scuola. E pareggiare i conti quando i pla-tonici consensi elargiti da Stato e imprendi-tori non bastavano.

L’avvio sotto il segnodell’Umanitaria

La grande stagione del primo ‘900:Osimo, Bertieri e la rivoluzione dei “campisti”

servizi di Rosa Alba Bucceri

Qui sopra,RiccardoBauer eAlbeSteiner nel 1966,durante latradizionalemostra difine annocon i lavoridegli allievi(foto OtelloBellamio).

Sopra iltitolo,anno 1955:l’ingressoalle seraliin una fotodi EnnioVicario,allorastudentedei corsi difotografia.Al centro,la salamacchinenella primasede dellaScuola,in viaGoldoni.A destra,allievi alleprese con i caratteri di piomboalla finedegli anniCinquanta.

Un manifestorealizzato neiprimi anniSettanta perAmnestyInternationaldal corso diprogettazionegrafica di AntonioTubaro.

Un lavorointersettorialedel 1977:il manifestosul temadell’emigra-zionestudiato per unamanifesta-zionedell’Umani-taria.

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tinuo aumento degli iscritti, tanto che nel ‘31l’Umanitaria decide di assumersene diretta-mente la gestione.Dal ‘32 si procede a un nuovo riassetto. Gliallievi bisognosi sono esentati dalle tasse ei meritevoli gratificati con premi in denaro. Iprogrammi sono uniformati a quelli governa-tivi delle scuole di avviamento, e la Scuoladiviene sede legale d’esame, con conse-guente riconoscimento legale delle licenze.La validità contrattuale dei diplomi, sarà ri-conosciuta dall’Enpig (Ente nazionale perl’Istruzione professionale grafica) nel 1962.Negli anni Trenta, la Scuola, che ha ormaiassunto la fisionomia di una Bauhaus sep-pure a misura di adolescenti, si distingue peril vento di modernità e rigore che vi soffia,per la coerenza estetica e morale a cui edu-ca. Numerose le mostre e i concorsi cui par-tecipa, in Italia e all’estero – nel ‘35 allaBiennale di Venezia e alla Triennale diMilano – con risultati sempre lusinghieri.I bombardamenti dell’agosto del ‘43 segna-no una pausa di arresto prima della granderinascita del dopoguerra.

“Nell’aprile del 1945, appena sbarcato aMilano - ricorda Alberto Cavallari – cercol’Umanitaria e trovo solo un cumulo di ma-cerie tra via San Barnaba e via Pace… Illuogo della mia leggenda non esiste più…”.Ma di notte, nella redazione di Italia Liberata,il grido dei tipografi di fronte al bozzone diuna bella pagina è “Scuola del libro!”: i bom-bardamenti avevano dunque distrutto la se-de dell’Umanitaria, strutture scolastichecomprese, non lo spirito.E non a caso, l’opera di ricostruzione – av-viata dal commissario Lodovico d’Aragonae da Riccardo Bauer che, rientrato a Milano,sarà alla testa dell’Umanitaria fino al ‘69 –parte proprio dalla Scuola del Libro.Sarà in buona misura la solidarietà di Milanoa curare le ferite inferte dalla guerra. Tra leforze attivate dall’Umanitaria per costituire ilterzo Consorzio, spiccano gli operai poligra-fici: il loro contributo di una lira settimanale,tolta direttamente dalla scarna busta paga,

la dice lunga sull’attaccamento e sulle spe-ranze professionali che la categoria ripone-va nella Scuola del Libro.E quando Piero Trevisani – direttore dellaScuola dal ‘45 al ‘48 – nel gennaio del ‘47lancia via radio il suo accorato Sos, i primicorsi sono già partiti, seppure in un sotto-scala, con una linotype recuperata e ripulita.Nel ‘49 si ricomincia sotto la direzione diEnrico Gianni e con un ricostituito corpo in-segnante in cui figurano Bruno Munari, LuigiVeronesi e l’ex allievo Carlo Dradi. Nel ‘53Michele Provinciali, arrivato da Chicago,inaugura corsi di progettazione grafica e difotografia sperimentale.Nei primi anni 50 è già in atto il rilancio del-la Scuola, sotto le direttive di un Bauer chesi batte strenuamente perché la suaUmanitaria torni ad essere punto di riferi-mento per la nazione, come dimostra la vi-cenda Umanitaria-Angelo Rizzoli.Il rifiuto di una fusione con l’Istituto Rizzoli,che avrebbe snaturato la Scuola del Libro,è scontato con l’amarezza per i fondi dirot-tati anche dal Comune in direzione Rizzoli.Ma la vicenda è presto archiviata da un pooldi dirigenti e docenti di prim’ordine, che re-galerà alla Scuola una stagione d’oro.Nel ‘53 partono i lavori di riedificazione delcomplesso di via Daverio-Fanti-Pace e nel‘55 la Scuola del Libro può occupare un in-tero edificio.La grande rinascita datata anni Cinquantatrova concreta rappresentazione nella fusio-ne di tre elementi: il progetto di GiovanniRomano, la presidenza di Riccardo Bauer el’impronta umana, didattica, artistica di AlbeSteiner.Il progetto dell’architetto Romano evoca l’e-dificio della Bauhaus di Dessau per i volu-mi, gli spazi e i contenuti, pensati nell’otticadella manualità e della conoscenza vissuteinsieme. È l’”officina per l’addestramentotecnico e in pari tempo centro di elevazionemorale e civile” voluta da Bauer – qualcunola chiamava Bauerhaus, ricorda EmilioFioravanti – nella prospettiva di una riedifi-cazione a tutto campo dell’Umanitaria.La stessa filosofia di profonda integrazionefra teoria e prassi che era l’anima dellaBauhaus e la forma mentis dell’Umanitaria,si ripropone nella direzione e nella didatticadi Albe Steiner.

Il nostro Gropius, che vedeva nella tecnicagrafica un mezzo per trasmettere cultura,quando nel ‘59 arrivò alla Scuola del Librodell’Umanitaria, chiamato da MicheleProvinciali, aveva già alle spalle esperienzecome quella del Politecnico di Vittorini, cheprogettò e la cui grafica – che rivoluzionavail rapporto fra testi e immagini – fece scuo-la nell’impostazione di gran parte dellastampa di sinistra. E influenzò in modoprofondo e duraturo il mondo del giornali-smo: valga per tutti il nome e l’esempio diGiuseppe Trevisani, “il Trevi”, inventore del-la figura del “progettista di giornali”, del“giornalista-grafico”, innovativa “figura poli-valente” per Giancarlo Iliprandi, snobbataperò dai colleghi giornalisti in un contesto incui i comparti della comunicazione erano di-stinti e si guardavano con reciproca diffi-denza.“Il Trevi” fa parte come Steiner del gruppodel Politecnico di Vittorini – è segretario diredazione dal ‘45 al ‘47 –. È lì che impara ilgusto della fotografia usata per raccontaredelle storie, le didascalie narranti, i fumetti.Sia Steiner che Trevisani partecipano nel‘71 alla sfida comunicativa de Il Manifesto,che fu progettato da Trevisani con uno stilesteineriano, “tale da costringere all’essen-zialità”.Steiner, negli anni anni del suo “regno”, chedura fino al ‘74, anno della sua morte, si av-vale della collaborazione di un gruppo di do-centi di prim’ordine – Max Huber, BobNoorda, Pino Tovaglia, Bruno, Munari,Massimo Vignelli, Antonio Arcari, Enzo Mari– e trasforma la Scuola in un laboratorio in-terdisciplinare in cui gli allievi sono compri-mari dei maestri e tutti insieme lavoravanoper rinnovare il volto della comunicazionevisiva.Neppure gli anni della contestazione e glianni di piombo – Bauer nel ‘69 fu costrettoa dimettersi – li fermano o li disorientano.Saldi nei principi e nei valori della Scuoladel Libro, cercano un rilancio. Che negli an-ni Settanta sembra materializzarsi nell’ideadi un istituto tecnico professionale unitario.Finché nel 1981 la Scuola, espropriata exlege in modo definitivo delle competenzeformative, dei corsi, delle strutture, passatialla Regione Lombardia, scrive la parola fi-ne, soltanto sui documenti. ■

La rinascita e gli anni d’orodi Bauer e Steiner

Celebrato il centenario della “Bauhaus italiana”Domenica 13 marzo, a festeggiare il centenariodella Scuola del Libro dell’Umanitaria,nell’Auditorium di via Daverio 7, a Milano, c’era-no i protagonisti – il glorioso esercito euro-me-neghino delle arti grafiche – e un pubblico con-citato e curioso, simile a quello convenuto il 13marzo 1904 all’inaugurazione della Scuola, nelsalone conferenze di via Goldoni 10.A celebrare la ricorrenza, un ricco volume:Spazio ai caratteri. L’Umanitaria e la Scuola delLibro, che restituisce il percorso storico della piùlongeva e incisiva tra le iniziative della SocietàUmanitaria.L’atmosfera, complice il luogo, già sede dellagrande sala macchine, cuore pulsante dellaScuola, è quella di un viaggio a ritroso nel tem-po e negli spazi della “Bauhaus italiana”.Perchétale fu davvero la Scuola del Libro, come recitail titolo della manifestazione, presieduta daArturo Colombo e coordinata da Dante Bel-lamio sul binario dei ricordi di maestri illustri:Emilio Fioravanti, Bob Noorda, Daniele Oppi,Narciso Silvestrini, Heinz Waibl e RobertaValtorta, testimone della volontà di continuare latradizione dell’Istituto, – scomparso ufficialmen-te nel 1981 – in seno ai corsi, passati ex lege

alla Regione, del Centro di Formazione Profes-sionale “Riccardo Bauer”.Al capolinea dei ricordi, lo spirito della straordi-naria avventura umana e culturale, nata a ser-vizio dei giovani lavoratori del settore poligrafico – perché potessero elevarsi coniugando il sa-pere con il fare, secondo la concezione alla ba-se di tutte le iniziative dell’Umanitaria – e dive-nuta una grande scuola-laboratorio di respiroeuropeo.E poi il percorso: costellato di successi in tutti i

campi della poligrafica.

E segnato da docenti di prim’ordine – comeMetlicovitz, Lacroix, Bertieri, Marussig,Trevisani, Veronesi, Steiner, Huber, Tovaglia,Noorda, Mari, Iliprandi, Provinciali, Monti, Waibl,Mazzocchi ecc. – che ne fecero un centro pro-pulsore di idee e di ideali, un luogo in cui i pro-getti dialogavano con il sociale, una finestraaperta sull’universo della comunicazione visiva.Una serie di testimonianze fuori programma,gradito contrappunto agli inediti contenuti nelvolume celebrativo, ha arricchito l’incontro e la-sciato intravedere future tappe di un viaggio de-stinato a continuare.

I relatori (da destra, Dante Bellamio, Arturo Colombo, Bob Noorda) commentanocompiaciuti la copia di Tribuna Grafica conservata dall’ex allievo Luigi Verderio.

Esercitazionidi grafica,lettering e creatività,realizzatedaglistudenti di AntonioTubaro negli anniSessanta. Logo

realizzatonel ‘77daglistudentiperl’opuscolodedicatoallo Statutodei dirittideilavoratori.

1974: unodegli ultimilavori di Steiner per unamostra-vendita di opered’arte proresistenzainternazio-nale.

La scomparsa di della Campapresidente dell’Umanitariaavvocato e pubblicista

Milano, 22 giugno 2005.Nelle prime ore di questamattina, all’Ospedale Poli-clinico di Milano, si è spentoall’età di 82 anni l’avvocato egiornalista pubblicista Mas-simo della Campa, consiglie-re della Società Umanitariadagli anni ‘70. Divenuto presi-dente della benemerita istitu-zione milanese nel 1986, daallora ha retto l’Umanitariacon forte impegno e sicuracompetenza, rinnovandonele finalità statutarie e aggior-nandone i contenuti di pro-gramma, nel triplice segnodella crescita civile, della dia-lettica culturale e della soli-darietà sociale. A lui si deveanche il radicamento dell’U-manitaria in Sardegna (con i

Centri Servizi Culturali diCagliari, Alghero e Carbonia-Iglesias) e a Napoli, attraver-so la Fondazione Humaniter.Anche se si considerava uncittadino del mondo, le cittàche aveva nel cuore eranoMilano e Napoli. Partenopeodi nascita (vi era nato il 15settembre 1923) e famiglia,dal 1950 Massimo dellaCampa svolgeva la profes-sione di avvocato a Milano,città che l’ha voluto come cit-

tadino benemerito nel dicem-bre del 1998.Come avvocato, ha ricopertoimportanti incarichi in orga-nizzazioni italiane e interna-zionali: già membro del-l’Union Internazionale desAvocats, dal 1978 al 1984 èstato poi delegato per l’Italiadel CCBE (organo di consul-tazione delle avvocature eu-ropee). Entrato in contattocon la massoneria nel 1943,è Gran Maestro onorario del

Grande Oriente d’Italia, doveha ricoperto le più alte cari-che istituzionali, creando si-gnificativi contatti con le mas-sonerie svizzera, inglese estatunitense.Di lui ha scritto GaetanoAfeltra: “Oltre che a presiede-re l’Umanitaria, Massimo del-la Campa l’accudisce colcuore, perché continui ad es-sere uno dei pezzi più puri diuna certa Milano”.È autore, tra l’altro, di Lamassoneria italiana (conGiorgio Galli, 1998) e del re-cente Luce sul GrandeOriente (2005) e curatore, tral’altro, di Vecchie e nuove po-vertà nell’area del Mediter-raneo (1999) e Il ModelloUmanitaria (2003).

Spazio ai caratteri. L’Umanitaria e laScuola del libro è una co-edizioneSocietà Umanitaria-RaccoltoEdi-zioni-SilvanaEditoriale, ideata percommemorare il centenario dellacostituzione della Scuola e rendereomaggio alla memoria di AmilcarePizzi, primo allievo diplomatodall’Istituto nel 1904, corso diImpressione.A realizzare il sostanzioso volume –ricco di testimonianze fotografiche estampato da Arti Grafiche AmilcarePizzi, su progetto grafico diFrancesco Oppi – hanno contribuitoRegione, Provincia e Comune diMilano. Vi hanno partecipato il sin-dacato Lavoratori della comunica-zione della Cgil e l’Unione industrialigrafici di Milano.

Claudio A. Colomboe Massimo della

Campa (a cura di)Spazio ai caratteri.

L’Umanitaria e laScuola del libro,

co-edizione SocietàUmanitaria-

RaccoltoEdizioni-SilvanaEditoriale,

pagg. 180, euro 25,00

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Intervista in due tempi 2000-2005

“Sono sempre andato a cercare delle storie”

Ancora posso lavorare, non mi hanno ancora detto di scendere dal ring.

Spero di farlo con le mie gambe.Quando sarà il momento, se mi accorgo o se mi faranno

capire che non è più il caso di insistere…Se dovessero mettere una lapide per me,potrebbero scrivere: ha vissuto e ha scritto

Ho un debito, per fortuna non di quattrini, conEnzo Biagi. Però mi pesa più che se dovessidargli una forte somma: il debito consiste inun’intervista mai pubblicata di cinque anni fa,quando aveva compiuto da poco gli ottantaanni. Per una banalissima ragione: lo smarri-mento del nastro sulla quale avevo registratola conversazione. Ora la cassetta è saltatafuori da un cassetto. Biagi si avvicina adessoagli ottantacinque anni (li compirà il 9 agosto)ma la sua firma compare puntualmente sulCorriere la domenica mattina e ogni settima-na sul magazine del Corriere. Questi sono imiei due appuntamenti fissi con lui.Saltuariamente passo a salutarlo, nel suo mi-nuscolo ufficio in Galleria, sopra la libreriaRizzoli, possibilmente nel tardo pomeriggiodei primi giorni della settimana, secondo isuggerimenti della preziosissima Pierangela,collaboratrice da molti anni, in quei giorni hapiù tempo per gli amici.Già, la Galleria.

In un libro a più voci, pubblicato nel 1987per i 120 anni della creatura del Mengoni,chiesi a Biagi una testimonianza. La sua pa-gina cominciava così: “La Galleria è un po-sto del sentimento, per me. Ed è legata aimiei primi ricordi di Milano. Io sono passatoda Milano, per la prima volta nel dopoguer-ra; ero in viaggio per andare in Inghilterra almatrimonio della regina Elisabetta che, al-lora, naturalmente era ancora principessa.Ero stato invitato con qualche altro collega– ricordo tra gli altri Enrico Emanuelli – dalGoverno inglese. Di questo mio primo in-contro con Milano ho un ricordo notturnoche mi dava sgomento. Dentro di me, dice-vo: io qui non ci vivrei mai. Nella vita non bi-sogna dire mai! Qualche anno dopo mi han-no offerto un posto di lavoro, in un momen-to anche difficile, era la carica di redattorecapo a Epoca. Il settimanale a quel tempoera piuttosto traballante. Mi sono trasferito aMilano, come un emigrante, con mia mogliee le prime due figlie. La domenica ci spin-gevamo fino in centro, dandoci la mano,quasi per paura di perderci”.

Più avanti Biagi scriveva: “La Galleria è poidiventata un posto di lavoro per me che hoavuto un ufficio alla Rizzoli, proprio lì.Ricordo la gente che mi veniva a trovare oche incontravo, da Sciascia al generaleDalla Chiesa. Passava a salutarmi in bor-ghese, in quei momenti difficili, quando spa-ravano sulla gente e, in particolare, sugli uf-ficiali dei carabinieri. Ero diventato amico ditutti i negozianti della zona; mi considerava-no, e mi consideravo, un loro collega perchéanch’io la mia bottega l’avevo lì”.Anche adesso la sua bottega è al primo pia-no. Al di là di una porticina verde c’è

Pierangela che fa buona guardia. E poi lasua stanzina: una scrivania, e un paio di se-die per gli ospiti. Sono andato a ricordargli ilmio debito e, per pagarlo, gli ho propostoun’altra intervista. Anche perché la popola-rità di Enzo Biagi è sempre ad alti vertici. Losi è visto quando è comparso, ospite diFabio Fazio domenica sera 22 maggio, nel-la intelligente e garbata trasmissione con-dotta da uno dei più seri intrattenitori televi-sivi. Gli applausi del pubblico presente nonerano di convenienza e non c’erano segna-li luminosi a comandarli.

Anche Biagi che ha risposto con pacatezza,non perdendo l’occasione per qualche ri-sposta arguta e pepata, si è sinceramentecommosso. La voce gli si è rotta in golaquando ha accennato alla morte della figliaAnna, la più giovane, che aveva donato leretine (e adesso c’è chi vede con i suoi oc-chi). Una frecciatina l’ha tirata quando gli èstato chiesto come vede la situazione e harisposto: “Mi sembra che ci sia aria da oradel dilettante, quando si parla di Romolo eRemolo”. La filosofia di vita l’ha espressaquando ha detto: “La mattina leggo i necro-logi sul Corriere. Se non trovo il mio nomemetto giù il giornale”. Più ricordi che sguar-di in avanti. A proposito di Tv, alla domandase deve essere educativa ha espresso conuna parola un complesso pensiero:“Educata, perché all’educazione ci devonopensare i genitori e la maestra”. Una rispo-sta secca l’ha data all’intervistatore. Faziogli aveva chiesto quali fossero i primi libriche aveva letto. Alla risposta di Biagi: “LaBibbia e i Miserabili”, Fazio si era lasciatosfuggire un “davvero?” al che Biagi ha repli-cato: “Non ci crede? Io non dico bugie. Sedovessi dire una bugia, la direi su altre co-se”. Fazio che aveva evidentemente capitoche Biagi avesse letto quei libri a 5 anniquando ha cominciato ad andare a scuola,gli ha prontamente chiesto a che anno aves-se letto due libri così impegnativi. “A dodicio 13 anni”. Tutto ridimensionato.

La popolarità di Biagi, anche se non compa-re in Tv, è sempre alta. Basta controllarla adesempio, nei siti Internet, che rappresentanodi questi tempi un autentico indice di notorietàe di gradimento. C’è un sito internazionale nelquale il suo nome figura 13 milioni 37 mila693 volte (l’ho riscontrato il 15 maggio scor-so). In due siti italiani, sempre a metà maggio,questa è la situazione: Yahoo.com 67. 500,Google.com 92. 900.In linea di massima, in ciascuno il doppio diIndro Montanelli. Quando sui giornali riemer-gono le polemiche sulla Rai, sui cambiamen-ti dei vertici, e sui contenuti dei programmi, ilsuo nome risalta fuori: a cominciare dalla gaf-fe di Berlusconi, quando dalla Bulgaria, parlòdi informazione criminosa facendo i nomi diBiagi, Santoro e Luttazzi. Più che quella bat-

tuta a Biagi spiacque il comportamento deiburocrati, a cominciare dal direttore generale,che affidarono il suo congedo a quattro righein una fredda comunicazione scritta.Su questo argomento non ama parlare (uni-co commento: “se fosse criminosa non capi-sco perché la magistratura non è intervenu-ta”) ma si capisce che è stato ferito profonda-mente nella dignità.Altre sono le ferite che in questo periodohanno lasciato il segno: “Nella mia vita hoavuto tante soddisfazioni, ma negli ultimianni ho avuto due dolori tremendi, la mortedi mia moglie e quella di Anna la mia figliapiù giovane (al suo nome è stata intitolatauna Fondazione per aiutare ragazzi a cre-scere e studiare)”. E guarda, con commo-zione che si rinnova ogni volta, verso loscaffale della stanza di lavoro dove sonocomparse nuove fotografie davanti ai libriche gli servono di consultazione: foto di fa-miglia, la moglie, i genitori, le figlie e unacon papa Giovanni Paolo II, al cui fianco c’èil cardinale Tonini. E poi la foto di un perso-naggio tra le migliaia da lui incontrati in ses-santacinque anni di lavoro, uno che ha fattotanto bene all’umanità: il dottor Sabin, il me-dico che ha vinto la poliomielite.

Biagi continua a scrivere, nonostante i sei bypass, e la sua vestale ribatte i testi su unamacchina elettrica, fotocopia gli articoli chepossono interessare e li archivia. La moder-nizzazione non va più in là.Biagi non ha confidenza con il computer. Isuoi pezzi continua a scriverli con la biro, suitaccuini a righe che una volta usavano gli ste-nografi. Non so dove li trovi ancora.Gli ho proposto di rileggere il testo trascrit-to dal nastro di cinque anni fa, e magarimettere risposte nuove a fianco di quelle diallora.Mi ha detto: “Molto poco è cambiato e quin-di non ho mutato opinioni, in questi cinqueanni”. E la chiacchierata con Fabio Fazio haconfermato, ad esempio che non ha invidiaper nessuno, perché non ha ancora trovatoqualcuno per cui valga la pena di essere in-vidioso.Una curiosità, non certamente banale, gli è ri-masta. Ricevette, un mattino presto, una te-lefonata da Gianni Agnelli, sul quale avevascritto un libro (Il signor Fiat) e che ogni tan-to lo chiamava: “Biagi, devo vederla, ho dadirle una cosa molto importante”.Cosa fosse quella cosa non lo seppe mai.L’avvocato morì dopo qualche giorno.

di Emilio Pozzi

ENZOBIAGI

"Quel ricordo di Milano che mi dava sgomento"

Con …Romolo e Remolo arriva l'ora dei dilettanti

Corre su Internet l'indice della popolarità

Scrive i pezzi con la biro sui taccuni d'una volta

"A 13 anni ho deciso di fare questo mestiere"

La "bottega" in Galleria e gli incontri con Dalla Chiesa

Ma ecco la trascrizione, riveduta e corretta dame, per il passaggio dal parlato alla pagina,senza alcuna alterazione o taglio, della chiac-chierata avvenuta il 14 settembre 2000, aMilano, in Galleria, in quello stesso ufficiettonel quale trascorre le ore produttive della gior-nata.

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Il 9 agosto il grande giornalistacompirà 85 anni

neanche è segnato nelle carte topografiche olo è con caratteri minimi. Il paese si chiamaLizzano. A Berlino ho visto una vecchia map-pa del ‘700, lo chiamavano Lizzammatto; vuoldire che per le nostre teste c’è qualcosa chenon combacia proprio con la normalità.

E il primo viaggio?

Il primo viaggio a Roma, 1933. Ho vinto unconcorso di religione e sono stato ricevuto dalpapa Pio XI, con altri ragazzi. Ero cresciuto inun circolo parrocchiale, giocavamo a football.Aquesto proposito ti racconto che un giorno, pri-ma di un collegamento televisivo, l’onorevoleFini mi ha portato i saluti di suo padre. Io l’horingraziato e gli ho risposto, sa, onorevole Fini,quando Longanesi sull’Assalto scriveva: “me-glio un balilla di dieci chierici” suo padre ed iogiocavamo a football nella squadra dei chierici.

L’itinerario che stiamo percorrendo vuolconiugare nostalgia e grande sincerità.Apriamo una parentesi seria. Vorrei che tudessi qualche consiglio utile ai giovani.

Diceva un umorista: non datemi consigli per-ché so sbagliare da solo. Quindi i giovani fa-ranno i loro errori, anche perché si muovono inun mondo così diverso da quello dal quale ab-biamo incominciato noi. C’è Internet, era giàuna meraviglia che ci fossero le telefoto allora;abbiamo visto nascere la televisione, poi ab-biamo visto un uomo camminare sulla luna indiretta. Si diceva: nessuno piange per la mortedi un mandarino cinese. Poi abbiamo vistopiazza Tien An Men e quei ragazzi con la ca-micia bianca che andavano contro ai carri ar-mati. È cambiato il mondo: non c’è più il sensodella distanza. In tre ore sono andato colConcorde da Parigi a Washington; le madri chesventolavano i fazzoletti nelle stazioni sonosparite. È cambiato tutto quanto il mondo. Adun ragazzo che vuol fare questo mestiere direi:fallo proprio se lo ritieni necessario. Si pensi:una volta si diceva la vocazione. È forse un ter-mine che sa un po’ di mistico, di voti per la vi-ta. Fallo proprio se credi che questo sia il tuolavoro. E allora se è questa la tua aspirazione,non c’è nulla di meglio. L’illusione di mettereuna virgola nel grande romanzo che si scriveogni giorno, con una tua parola. Orgoglio, va-nità? Quando abbiamo incominciato noi, l’ob-biettivo era diventare una firma. Adesso forseè più importantediventare una fac-cia, è più facile.Credo che poi siasempre essenzia-le possedere unatesta.

A proposito diavere una fac-cia: tu ormai unafaccia ce l’hai. Ticonoscono, nondico in tutto ilmondo, ma sia-mo lì.

Sono a tutti gli ef-fetti, una persona normale. Non ho mai avutonessun tipo di pensiero per il look. Credo chepoi la televisione sia una faccia in una teleca-mera che parla. Poi dietro può avere dei pin-guini, dei cammelli, delle donne, degli uomini,dei bambini, dei paesaggi. È un rapporto mol-to semplice.

Ho visto che in Internet il tuo nome c’è piùdi 100mila volte. Non so se tu l’hai fatto ri-scontrare…Io non so assolutamente niente, non ho maivisto Internet, come vedi scrivo ancora conuna biro, sono in tutti i sensi superato. Ho bi-sogno per fare il mio lavoro, quello che mi dis-se una volta Faulkner: “un po’ di pace e unacassa di whisky”. Io del whisky – sono natonel paese del Lambrusco – non ho bisogno;il Lambrusco lo bevo a tavola. Faccio questomestiere perché ho deciso così, era l’aspira-zione che avevo quando avevo tredici anni. Inun tema scolastico, il solito tema “che cosavuoi fare da grande” dissi: voglio fare il gior-nalista. Sono arrivato ad ottant’anni, alla con-clusione, ho più ricordi che speranze di unalunga vita fortunata, perché ho fatto quelloche volevo fare e spero di uscire dalla scenadecorosamente con le mani pulite. Ho fattocertamente degli errori ma li ho fatti in buonafede. Trovo che nel nostro mestiere la cosapiù umiliante sia di essere stupidi in conto ter-zi, a titolo personale può capitare; ma insom-ma non possiamo arrivare dappertutto.

Hai detto un tema di scuola… l’hai con-servato? Ti ricordi che voto ti hanno dato?

Un voto quasi eccessivo, poco meno di dieci.Poi la professoressa, che si chiamava LinaZanetti Cavalieri,una signora cheha contato moltis-simo nella mia vi-ta, mandò a chia-mare mia madre,perché io sononato, in un villag-gio di 50 anime,da una famigliaoperaia e disse:“sto ragazzino, sepotete, fatelo stu-diare”. Mio padreera vice magazzi-niere allo zucche-rificio, mia madrecuciva camicie acottimo per un grande magazzino, ma ho avu-to un’infanzia felice, non mi è mancato nien-te, non ho mai sentito umiliante la mia condi-zione sociale. Ero fin da ragazzino appassio-nato di teatro, il loggione delle Duse mi ha vi-sto arrivare tutti i pomeriggi di ogni festa, per-ché la sera i ragazzini devono andare a lettopresto. Hemingway disse: “Io ho vissuto e hoscritto”. Se dovessero mettere una lapide an-che per me, potrebbero scrivere: “Ha vissutoe ha scritto”. Se faccio un bilancio io devomoltissimo a tanti e sono stato circondato ditanta gente migliore di me e ho dei motivi digratitudine nei confronti di tante persone, cherimpiango, perché molti non ci sono più.

Al tuo paese natale sei rimasto legatissimo.

Il paese dove sono sepolti i miei morti, dovese vai nella chiesa il mio nome è ripetuto dueo tre volte nelle lapidi, perché i miei antenatiinvece che lasciare quegli scudi che avevanoa me li hanno lasciati alla chiesa perché fossedetta un’altra messa per i pastori. Lì è sepoltamia madre e mio padre no. Siamo divisi anchelì, uomini da una parte donne dall’altra, se-condo le tradizioni per cui anche alla messa ledonne stanno in certi banchi e gli uomini in al-tri. Quello è il mio paese, un villaggio dell’Appennino tosco-emiliano, probabilmente

Il piacere dell’anonimato come gioia dimangiare qualcosa di sapore antico nonce l’hai?

Si ce l’ho, mi considero a tutti gli effetti un con-temporaneo. Non vedo nessuna giustificazio-ne, ho sempre trovato un po’ ridicoli quei no-stri colleghi che si presentano dicendo “stam-pa”. Parole che non ho mai peraltro avuto bi-sogno di usare. Credo che noi abbiamo giàtanti privilegi come quello di fare un mestiereche se l’hai fatto perché da ragazzo sognavidi farlo, sei una persona molto fortunata.

Hai ancora quell’entusiasmo di scattaresulla notizia, di scattare sull’avvenimento,di non guardare che giorno della settima-na e che cosa hai programmato, pronto adandare a prendere il primo aereo per in-contrare Tizio o Caio?

Mi è rimasto, l’interesse per quello che ac-cade intorno a me. Quando è scoppiato il ca-so della fabbrica di Seveso, un bel po’ di an-ni fa, ricordi l’inquinamento? io ero in cam-pagna, quel giorno. Al Corriere della Seracercavano un inviato e non trovavano nes-suno. Era un sabato. Ci sono andato io par-tendo da Sassomarconi e andando aSeveso. Trecentocinquanta chilometri buoni.“Dove il lavoro ivi è la mia vita”. Dove c’è ilfatto è importante esserci. Un grande gior-nalista di cui i nostri colleghi non si ricorda-no più, Tommaso Besozzi, è morto in ma-niera tragica. Hemingway che aveva vistocerte cose disse: “questo è anche più bravodi me”. Besozzi scoprì la verità sulla mortedi Salvatore Giuliano, fece liberare un certoCornu in Francia, che stava per finire sullaghigliottina, scoprendone l’innocenza.Besozzi diceva che ad un certo momento sesei in una baracca nel deserto e sai guarda-re attorno, perché non si tratta solo di guar-dare, si tratta di vedere, puoi scoprire unastoria meravigliosa.

Posso, per i lettori, testimoniare a questopunto dell’intervista che le citazioni che faEnzo Biagi le sta facendo a memoria, enon avendo sottomano un utile archivio.

Io ho due dizionari, perché ho sempre deidubbi e cerco di andare a controllare. Poi unodei dizionari l’ha fatto un mio amico fraterno,Pittano, e quindi ogni volta che vado a cerca-re qualcosa è un modo anche per ricordarmidi lui.

E quando leggi il giornale la mattina ti ar-rabbi ancora quando trovi refusi magarisui tuoi articoli?

I miei articoli tendo a non rileggerli. I refusi egli errori fanno parte del mestiere, e poi c’èsempre l’alibi di dare la colpa ai correttori dibozze (categoria scomparsa, ndr). Del restospesso erano più bravi dei giornalisti; unagrande soddisfazione era quando loro pote-vano venirti a dire: scusi, ma qui che cosa vo-leva dire, guardi che non è Muzio Scevolaquello che ha fatto… ma invece AttilioRegolo…

Erano quasi tutti insegnanti che arroton-davano lo stipendio, covando però il desi-derio di diventare giornalisti.

Molto bravi, molto bravi.Abbiamo citato di passaggio, il teatro, al

quale ti sei dedicato poco. Un paio di com-medie messe in scena a Bologna allaSoffitta e a Milano, sl teatro Nuovo.Questa seconda si intitolava Noi moriamosotto la pioggia edaveva come inter-preti Romolo Valli,V a l e n t i n aFortunato ed altribravi attori guidatida Fantasio Piccoli.Un tuo collega.Dino Buzzati, avevaun vero debole peril teatro. Lui cheaveva avuto moltisuccessi comescrittore ovviamen-te e addirittura co-me pittore, comeautore teatrale, dai critici non era moltoamato. Una certa critica era un po’ com-piacente ma quelli che non avevano lega-mi con via Solferino, non lo trattavano be-ne. Lui ci restava male.

Doveva sapere che non gli avrebbero maipermesso di invadere un altro campo. Era ungiornalista famoso, era uno scrittore tradottoin giro per il mondo e un giorno vuole anchefare teatro. Dicevano ma dove vuole arrivare?Sono tentazioni che non bisogna avere, an-che se puoi avere interesse per questo straor-dinario mezzo per raccontare. E già per qual-cuno facciamo troppo, già il fatto solo di esi-stere, magari anche ad una certa età di es-sere ancora sulla piazza. Bisogna cammina-re in punta di piedi senza far rumore.

E quali sono le stanze dentro alle quali haideciso di non entrare e che magari forse,forse sono un po’ nel cuore?

Io sono piuttosto solitario come carattere.Sono goffo, imbarazzato, non ho mai fatto vi-ta sociale.La sera sono sempre in casa.Pochiamici, anche i conoscenti erano di solito gen-te che aveva a che fare con me per ragioni dilavoro. Non ho mai pensato al mio mestierecome carriera, ho fatto semplicemente il cro-nista come avevo cominciato da ragazzo. IlResto del Carlino mi sembrava già tanto, equando sono tornato al Carlino come diretto-re – ed è stato un errore perché come mi dis-se Dollmann, interprete di Hitler e Mussolini,e aveva ragione “non bisogna mai ritornaredove si è stati felici” – tornavo al giornale do-ve avevo cominciato da ragazzo e passandodavanti alla Certosa dov’è sepolto mio padre,mi venne spontaneo da dire: “vedi babbo chenon ero un fesso?”.Sono tornato qua in un certo modo. Inveceun po’ fesso lo ero, perché proprio non biso-gna guardare indietro. Ho visto anche altricolleghi che hanno fatto la stessa cosa, lecose riviste con gli occhi della giovinezza nonsono più quelle, perché neanche noi siamopiù quelli. Bernanos ha detto: “ci sono tantimorti nella mia vita, il primo morto di tutti è ilragazzo che io fui”. Una cosa che io ho sem-pre in mente perché se è vero che portiamodietro i sogni dell’adolescenza, le illusioni,una certa visione del mondo fatto in un cer-to modo… Poi col tempo…; è Pirandello chedice: “sono quei frutti che maturano a forza diammaccature”. Forse è stato così per la no-stra generazione. Chi aveva vent’anni nel1940 ha vissuto un’esperienza. Quelle espe-rienze tristissime che sono segnate dagli

In famiglia. Qui sopra, Enzo Biagi nel 1961 con la moglie e le tre figlie (da sinistra, Bice, Anna e Carla).

Nella foto a destra, Biagi riceve la medaglia d’oroper i cinquant’anni di iscrizione all’Albo lombardo.

Accanto al titolo, Biagi interpretato dalla matita di Fabio Sansoni(www.sansonifabio.it).

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18 ORDINE 7-8 2005

Enzo Biagialla sogliadegli 85 anni

”eventi. Auguro ai ragazzi, i nostri figli, i nostrinipoti, quelli che verranno, di avere pochieventi, una vita il più possibile normale, con-sueta, abitudinaria.

Citando Pirandello hai usato il vocabolofrutto: c’è qualche frutto proibito che avre-sti voluto assaggiare?

Ma no, io ho avutotanto, io sono unapersona che ha rice-vuto tantissimo. Nonc’è motivo, mi è an-data bene così. Sonoancora qua, mi guar-do attorno, mancatanta gente nei mieiappelli sentimentalidella memoria.Ancora posso lavora-re, non mi hanno an-cora detto di scende-re dal ring. Spero di farlo con le mie gambe.Quando sarà il momento, se mi accorgo o semi faranno capire che non è più il caso di in-sistere.

Beh, una volta tutti i giovani giornalisti am-biziosi credevano di avere nello zaino ilbastone di maresciallo, cioè quello di di-rettore del Corriere della Sera.

Io non ho mai avuto nello zaino queste cose,ma quello che mi serviva per sopravvivere.

Io so che qualche candidato direttore delCorriere della Sera è venuto a chiederti ilpermesso di occupare quella poltrona chelui riteneva fosse più giusto proporre a te.

Ma, caro Emilio, non ho mai avuto dei so-gni di direzione e quando l’ho fatto è statoperché me l’hanno chiesto. A me è semprepiaciuto fare le cose con gli altri, certo qual-che volta si vede solo la punta dell’iceberg.Nel lavoro che io ho fatto c’era tanta altragente. A molti io debbo molto, insisto, ma ècosì.

Ho fatto una citazione senza fare il nomedel protagonista e so anche chi te l’ha det-to; probabilmente te ne ricorderai forsepiù di uno.

Va bene, ma mi credi se ti dico che non ri-cordo niente? È andato tutto molto bene, fac-cio le cose che mi piace di fare. Ho avuto deigiovani direttori che sono stati con me di unagentilezza infinita. Forse sarò anche alquantosentimentale, ma mi fa piacere. Quando unocompie ottant’anni è già un traguardo incon-sueto nella normalità della vita. Se uno poi fail nostro mestiere che è un mestiere impudi-co, siamo esposti alla curiosità di tutti. Ho avu-to tantissime cose, addirittura, fuori da ogniprevisione. Sto per andare dieci giorni inArgentina, dove l’università di Buenos Airesvuole darmi la laurea per la comunicazione edevo fare una specie di discorso ai giovanicolleghi che sono là e faranno la nostra pro-fessione.

Ma la lezione la scriverai o la improvvise-rai?

Parlerò, così come stiamo parlando noi ades-so. Credo che sia meglio. Poi dirò: “provate adallenarvi a fare l’intervista, fatemi delle do-mande!”.

Provo io a fartene una e chiederti: hai qual-che sassolino nella scarpa da toglierti?

No, no, posso camminare agevolmente. Io cre-do che anche per avere dei rancori bisognaavere molta memoria e con la memoria cheho… la mia testa è fatta in un certo modo percui ricordo le cose che mi servono per il mio la-voro. Per esempio non ho nessuna prontezza,se tu mi chiedi ad esempio: “Con chi stavaTizio?”. Mia moglie dice: “perché sei ipocrita equeste piccole storie degli uomini non le vuoidire!”. È che a me di queste storielle, non m’im-porta proprio niente. Invece per le cose che miservono, si, ho buona memoria.Ci sono però anche le cose che noi rifiutiamoquelle che teniamo in mente sono quelle checi premono di più o quelle che ci fanno com-pagnia. È anche legittima la difesa dell’uomoche vuole cancellare certe cose. Io trovo che sipossa fare. Non si toglie niente; e poi guarda,per avere spazio e tempo per il rancore…, sene può avere un po’ per i rimorsi, per le coseche abbiamo fatto. Io non sono praticante, so-no religioso perché penso che fra noi e i lom-brichi ci sia una certa differenza come destino,anche se non so come è fatta la società deilombrichi, perché potrebbe essere migliore del-la nostra. Questo non lo posso escludere. E lasera, prima di addormentarmi, mia madre midiceva sempre: “dì l’atto di dolore, perché semuori stanotte, vai in Purgatorio”. Non era unaprospettiva di grande letizia. Io non mi addor-mento mai senza chiedere perdono a Dio perquello che posso aver fatto di ingiusto, o pos-so aver ferito qualcuno. Anche scrivendo, puòcapitare. Mi ha detto Raimond Aron, una per-sona che io ho molto ammirato: “ci sono dellepersone che non mi piacciono e faccio il pos-sibile per farglielo sapere”. Anche io nel miopiccolo mi comporto così.

Però di querele mi pare che tu non ne ab-bia avute tante.

No, pur avendo diretto per otto o nove annidelle cose, credo di averne avute un paio eanche di aver vinto le cause.

E tu ne hai date di querele?

Ne ho data soltanto una, credo.

A chi?

Beh, lasciamo stare. Èuno che ha detto chemi faccio scrivere i libri.Se ci sono dei negri èora di farli diventarebianchi. Sul mio lavoronon accetto scherzi,battute.

Chi ti ha deluso?

Per essere delusi bisogna aver avuto dellesperanze. Non ho tante delusioni. Per le per-sone che hanno accompagnato la mia vita ionon ho avuto molte delusioni. Poi sai, la me-moria è un peso troppo grande per certe per-sone, anche delle quali magari sei stato buonamico.Quelli che spariscono è giusto che spa-riscano. Rimane quello che deve essere vivonegli affetti, nei rapporti. Io la penso così.

Mi pare che nella vita, a parte le delusioniprofessionali, ci siano anche appunto ledelusioni a cui tu non dai grande impor-tanza, cioè non senti il dolore di un coltel-

lo che ti gira nella piaga della memoria.Questo vuol dire avere una filosofia, ma-gari una filosofia quasi orientale.

No, vuol dire avere rassegnazione. Io ho avu-to tre interventi al cuore, cioè il mio cuore èstato fermato tre volte e ho sei bypass; quin-di ho chiara una mia idea della vita e dellamorte. Ho fatto anche 14 mesi sulla Linea go-tica in una brigata partigiana a suo tempo. Ilsenso della morte, ce l’ho. Io sono abbastan-za sereno e abbastanza contento di viverequeste giornate, anzi, contento, senza abba-stanza.

Faccio io una ci-tazione a questopunto. DicevaSeneca: “non èimportante im-parare a viverema imparare amorire”. La trovigiusta?

No, io credo che amorire siano ca-paci tutti. Impararea vivere è moltopiù difficile.Bisogna avere ri-spetto per gli altri, rispetto per sé. Ci sono per-sone che non ne hanno tanto. Vedo delle co-se sguaiate, ogni tanto, in giro: e certe esibi-zioni le trovo molto di cattivo gusto.

Oggi, 14 settembre, è stata una giornatanella quale la cronaca ha fornito moltispunti, che prenderanno connotazionimolto più ampie quando quest’intervistasarà pubblicata. Ecco, una tua considera-zione, non tanto sui fatti in sé (voglio ci-tarli così disordinatamente: si sta aspet-tando la decisione finale se mandare sul-la sedia elettrica Rocco Barnabei).

Questo è il fatto del giorno. Quello che colpi-sce è come tutto sia diventato spettacolo. Lanotizia si sta dilatando sarà tutta la serata,questa sera dedicata a questo disgraziato,protagonista della sua ultima pagina. con col-legamenti continui, su tutte le reti, in ogni ca-sa. La morte dovrebbe essere affrontata, lamorte degli altri, in ben altro modo.

E la stessa giornata nella quale si sta at-tendendo notizie su quella madre che hapartorito una bimba e altri sette feti, c’èquella donna da Napoli che si è buttata…

E poi i drammi cosiddetti sociali, l’alluvione, latempesta, vanno visti come tante storie indi-viduali. Voglio dire sono i cosiddetti fenomenidella natura, no? L’alluvione, il temporale chedistrugge, il ciclone, tutto!

A proposito di Soverato, un vescovo hadetto: dov’era Dio la mattina dalle 4. 30?

Terribile, sono questi i destini che si incrocia-no come in quel bellissimo libro Il ponte diSan Louis Rey, dove tutte le vicende e i dram-mi di una piccola città si mescolano. Chi c’èsu quella diligenza che cade, che crolla sulponte? Ecco sarebbe curioso dire chi erano,o chi sono. Sono tutte storie da ricostruire.

Io penso ad una parola che ha usato MarioLuzi a proposito del mondo come va. È unmondo che si sta sbriciolando…

Sai, nell’Ecclesiaste si dice: “una generazio-ne va e un’altra viene”. Quelli che sono sta-ti i nostri sogni sono quelli dei ragazzi checrescono oggi. Gli orsi quando sono al Polodiventano bianchi, quando vanno sulle mon-tagne dei Carpazi diventano bruni. Si adat-tano al tempo che gli tocca di vivere. Se pen-so a quella che è stata la nostra infanzia, lanostra adolescenza, ai piccoli piaceri, alleavventure che erano i film di Tom Mix…. Macosa vuoi, noi ormai partecipiamo, almenovisivamente, alle cose del mondo in diretta.Solo bisognerebbe insegnare a guardare latelevisione. Come peraltro leggere il giorna-le. Leggere anche al di là di quello che sonole parole scritte.

Non so se questa domanda, che è moltobanale sia giusto portela, ma io lo faccio:si parla spesso di sogni nel cassetto. I so-gni possono essere grandi, piccoli… tuhai scritto più di 100 libri, magari potrestiscriverne altri 100.

Per fortuna meno! Io non ho grandi pro-grammi o grandi traguardi. Ogni giorno se-condo me è una bellissima avventura. Il pia-cere di esserci, così, stando ragionevolmen-te bene. Non ho traguardi da pormi. Arrivatia questo punto non voglio tanto guardare in-dietro ma guardo davanti a me, al presente.Il presente è un giorno, poi un altro giorno,senza porsi delle mete così lontane. Poi, chetipo di ambizione? Sono tanto soddisfatto econtento di potere continuare a fare il miomestiere. Chi ha avuto certe esperienzeumane come ho avuto io, si considera già ungrande privilegiato.

Fra le tante interviste che ti sono statechieste, fra le mille domande che ti sonostate fatte, ce n’è qualcuna che non è sta-ta fatta e che tu hai magari temuto chequalcuno te la ponesse?

Se una cosa non la so, dico: non lo so. Nonho nessun problema, nessun imbarazzo. E seè una cosa che riguarda altre persone dico:beh, su questo posso parlare, non voglio par-lare, desidero parlare, tutto lì.

A uno che ritiene di aver letto quasi tutti ituoi libri…

Un gesto di buona volontà.

Un gesto di amicizia e anche di fiducia nellibro successivo. Ce ne sono alcuni neiquali maggiormente, per quanto mi riguar-da, mi sono ritrovato, alcuni mi hanno col-pito anche per le anticipazioni. Se tu do-vessi fare un viaggio e potessi portare an-che un solo libro, porteresti un tuo libro oil libro di qualcun altro?

Ah, porterei un altro libro: il Vangelo.

E a me cosa suggeriresti di leggere fra ituoi libri?

Quelli più personali, quelli in cui racconto at-traverso la mia storia anche delle altre storie.Quelli più narrativi. Poi dipende dall’interessedel momento. Forse anche le testimonianzesu certi paesi, La mia Geografia, perché è fat-ta di uomini. Io sono stato in America 50 vol-te, l’ho girata coast to coast. Non ho mai vistole cascate del Niagara. Sono sempre andatoa cercare delle storie, perché è l’unica cosache so fare. Emilio Pozzi

L’ottavo premio Ilaria Alpia Biagi per la carriera

Roma, 7 luglio 2005. Enzo Biagi alla carriera e MariaCuffaro per i servizi in onda su tg e rubriche sono alcunidei vincitori del “Premio Ilaria Alpi”, giunto all’undicesimaedizione: “Una verifica annuale della qualità del prodottotelevisivo e di quanta possibilità ci sia nelle tv nazionali elocali di affrontare i temi ispiratori del Premio stesso, lasolidarietà, la denuncia, la giustizia”, ha commentato ilpresidente della giuria, Italo Moretti.

I vincitori dell’XI edizione: per i servizi giornalistici in on-da su tg e rubriche, Maria Cuffaro; per i servizi in ondasu trasmissioni diverse dai tg, Carla Baroncelli eFrancesca Cersosimo; per i servizi e inchieste superioriai 12 minuti in onda su trasmissioni diverse dai tg,Sigfrido Ranucci; per i servizi andati in onda su tv localie regionali, Paola Proietti; Riccardo Iacona (Premio dellacritica); per il Premio Europa, Gregoire Deniau; per ilPremio produzione (produzioni indipendenti di giornalistifreelance), Emanuele Piano; per il Premio Miran Hrovatin(riservato agli operatori cinetelevisivi), Alessandro Bellini;per il Premio giovani (cui concorrevano automaticamen-te i filmati realizzati dai giornalisti con età inferiore ai 32anni), Christian Bonatesta. (g.c.)Biagi con Indro Montanelli e il Presidente Ciampi.

Non ho traguardi da pormi. Arrivati aquesto punto non voglio tanto guardare

indietro ma guardo davanti a me, alpresente. Il presente è un giorno, poi un altro giorno, senza porsi

delle mete così lontane.Poi, che tipo di ambizione?

Sono tanto soddisfatto e contento dipotere continuare a fare il mio mestiere

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19ORDINE 7-8 2005

Una delibera che rilancia il ruolo dell’Ordine professionale

dopo 40 anni di attività

Milano, 23 giugno 2005. Il Consigliodell’Ordine dei giornalisti della Lombardiaha approvato all’unanimità la delibera cheprevede, in via sperimentale e per sei me-si, a partire dal 1° settembre 2005, il gra-tuito patrocinio contrattuale a favore deigiornalisti “che abbiano introiti non supe-riori ai 15mila euro lordi annuali”. Tale deli-bera, opportunamente emendata, ha ac-colto le osservazioni dei sette consiglieripresenti (su nove).

Questo servizio, che intende tutelare il di-ritto costituzionale alla difesa dei giornalisti“sprovvisti di mezzi economici o con mez-zi economici molto limitati”, si aggiungeràai preesistenti e tuttora funzionanti servizidi assistenza legale e fiscali predisposti afavore dei cronisti free lance. La delibera èuna maniera innovativa per festeggiare iprimi 40 anni di vita dell’Ordine professio-nale.Ecco il testo della delibera:

Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della LombardiaDelibera sul servizio di gratuito patrocinio contrattuale

Il Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia, riunitoin data 23 giugno 2005,

premesso che l’Ordine va visto quale “ente esponenziale diuna categoria di professionisti” portatore di “interessi collettivi,non solo morali, ma anche giuridici ed economici” della cate-goria stessa (Cass. 336/1993) e che la funzione attribuitaall’Ordine dei giornalisti è quella di assicurare “nel complessomondo della stampa e dei rapporti tra giornalisti ed editori larigorosa osservanza di quella dignità professionale che si tra-duce nel non abdicare mai alla libertà di informazione e di cri-tica e nel non cedere a sollecitazioni che possano compro-metterla, rafforzando quella libertà di manifestazione del pen-siero che è cardine dell’ordinamento democratico” (CorteCost. 98/1968);

richiamate la sentenza 71/1991 della Corte costituzionaleche recita: “L’ordinamento della professione di giornalista, comecostruito dal legislatore del 1963, soprattutto attraverso l’istitu-zione dell’Ordine e l’obbligatorietà dell’iscrizione all’Albo, perse-gue fini che superano ‘di gran lunga la tutela sindacale dei di-ritti della categoria’ nel rapporto di lavoro subordinato con l’im-presa giornalistica.L’Ordine dei giornalisti, come questa corte ebbe a sottolinearenella sentenza n. 11 del 1968, ha il compito di salvaguardare,erga omnes e nell’interesse della collettività, la dignità profes-sionale e la libertà di informazione e di critica dei propri iscritti”;

sottolineato che l’Ordine ente pubblico, ex sentenze 11/1968e 71/1991 della Corte costituzionale, deve tutelare (a favoredegli iscritti) il diritto alla dignità (art. 2 Cost.), sia il diritto al-l’uguaglianza (art. 3 Cost.), sia il diritto al lavoro (art. 4 Cost),sia il diritto alla salute (art. 32 Cost.), sia il trattamento econo-mico (art. 36 Cost.), sia le mansioni e le qualifiche (art. 13 leg-ge 300/1970 o Statuto dei lavoratori);

osservato che quote annuali sono da definire «tassa» ai sen-si dell’articolo 7 del citato Decretolgslgt n. 382/1944 e che latassa implica l’erogazione di servizi a favore di chi la paga;

visto l’articolo 11 (punti a e b) della legge n. 69/1963 che fis-sa le attribuzioni del Consiglio dell’Ordine tra le quali appaio-no preminenti quelle di “curare l’osservanza della legge pro-fessionale e di tutte le disposizioni in materia”, vigilare “per latutela del titolo di giornalista”, procedendo “in qualunque sede,anche giudiziaria” ad ogni “attività diretta alla repressione del-l’esercizio abusivo della professione”. Sul punto si richiama-no queste massime:a) “L’ente pubblico esponenziale del gruppo di professionisti adesso obbligatoriamente associati gode di una posizione giuridi-ca soggettiva direttamente tutelabile dinanzi al giudice, che gliconsente di agire per rimuovere una situazione vietata perchéconsiderata pregiudizievole per la categoria professionale e perl’interesse pubblico al legale esercizio della professione, alla cuitutela l’Ordine è preposto” (Cass. civ., sez. I, 22 marzo 1993 n.3361 in Giur. It., 1994, I,1, 1226).b) “Non è, invece, necessaria una espressa previsione nor-mativa che legittimi l’Ordine professionale ad agire in giudizioper la tutela degli interessi (non solo corporativi ma anche pub-blici) che affida alla sua cura, dovendosi ritenere coessenzialealle attribuzioni innanzi indicate il conferimento dei poteri ne-cessari per il concreto espletamento dei compiti e per la rea-lizzazione dei fini istituzionali dell’ente, tra cui il potere-doveredi invocare l’intervento del giudice per far cessare situazioni il-legittime o comportamenti illeciti di terzi, che ledano i suddettiinteressi e che l’Ordine non potrebbe rimuovere mediante l’e-manazione di propri provvedimenti. Se così non fosse, risulte-rebbe vanificata la funzione e l’esistenza stessa degli Ordiniprofessionali e si renderebbe in non pochi casi impossibile il ri-

pristino della legalità nell’esercizio di professioni che il legisla-tore ha ritenuto meritevoli di particolare protezione, dettando-ne gli ordinamenti, sancendo la nullità del contratto e negandoil diritto al compenso per le prestazioni eseguite da soggettinon iscritti nell’albo o elenco professionale (art. 2031 cod. civ.)e sanzionando penalmente l’esercizio abusivo delle professio-ni per le quali è richiesta una speciale abilitazione dello Stato(art. 348 Cp)” (Cass. civ., sez. I, 22 marzo 1993 n. 3361 in Giur.It., 1994, I,1, 1226);

osservato che il Cnlg ha forza di legge (ex legge 741/1959 eDpr n. 153/1961) e che l’articolo 1 del Cnlg richiama le rego-le deontologiche contenute nell’articolo 2 della legge profes-sionale n. 69/1963 come presupposto dell’autonomia dellaprofessione;

ritenuto che l’Ordine debba tutelare i propri iscritti anche “perfatti che comportino la responsabilità dell’editore, quando nelleaziende si sia creata una situazione evidentemente incompati-bile con la loro dignità” (art. 32 Cnlg);

ritenuto che siffatta tutela intende preservare e garantire la di-gnità del lavoro giornalistico e che non si estende alle con-troversie sindacali (singole o collettive), in base al Cnlg,di esclusiva pertinenza dei CdR, dell’Alg o della Fnsi e al-le controversie collegate agli articoli 18 e 28 dello Statutodei Lavoratori (o legge 300/1970);

sottolineato che la legalità delle spese per il gratuito patroci-nio contrattuale va collegata, per costante giurisprudenza con-tabile, “al criterio generale della rispondenza della spesa stes-sa agli interessi e alle finalità dell’ente”;

letto l’articolo 24 (II comma) della Costituzione secondo ilquale “Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, imezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione”;

DELIBERA

di istituire, con uno stranziamento di 12.500 euro e per unperiodo sperimentale di sei mesi, il servizio di consulen-za e di gratuito patrocinio contrattuale al fine di garantireil diritto costituzionale di difesa (art. 24, I comma, dellaCost.) soltanto a favore di chi sia sprovvisto di mezzi eco-nomici o abbia mezzi economici molto limitati;

ed EMANA

le seguenti norme del servizio di consulenza e di gratuito pa-trocinio contrattuale, cui gli iscritti dovranno attenersi nella ri-chiesta delle relative prestazioni, e che sono dirette anche adevitare sovrapposizioni con le competenze del sindacato.

1 - Soggetti aventi diritto

Hanno diritto di usufruire del servizio di consulenza e pa-trocinio contrattuale gratuito i giornalisti professionisti ei pubblicisti esercenti la professione o l’attività giornalisti-ca come dipendenti o fittiziamente in chiave autonoma, cherisultino regolarmente iscritti negli elenchi dell’Albo alla da-ta della richiesta. Analogo diritto hanno i praticanti gior-nalisti iscritti nel Registro. Le segnalazioni di interven-to dovranno pervenire all’OgL tramite il sindacato re-gionale o nazionale. Nel caso di richiesta direttaall’OgL, gli uffici dell’OgL provvederanno ad informaretempestivamente il sindacato regionale o nazionale.Deve in ogni caso essere assicurato il “filtro” del sin-dacato regionale.

2 - Affari ammessiPossono formare oggetto di consulenza e di gratuito pa-trocinio contrattuale, a carico dell’Ordine dei giornalistidella Lombardia, tutte le violazioni di legge relative all’at-tività lavorativa del richiedente e/o al rapporto di lavoro inessere con il datore/editore, ma innanzitutto le previsionidescritte dall’articolo 11 (punti a e b) della legge n.69/1963 che fissa le attribuzioni del Consiglio dell’Ordinetra le quali appaiono preminenti quelle di “curare l’osser-vanza della legge professionale e di tutte le disposizioni in ma-teria”, vigilare “per la tutela del titolo di giornalista”, proceden-do “in qualunque sede, anche giudiziaria” ad ogni “attività di-retta alla repressione dell’esercizio abusivo della professione”.

3 - Condizioni di ammissibilità

3.1- Possono richiedere il servizio di cui sopra tutti gli iscrittinell’Albo e nel Registro che siano in regola con il versamen-to della quota annuale dovuta e che abbiano introiti non su-periori ai 15mila euro lordi annuali;

3.2- L’esercizio del gratuito patrocinio contrattuale è su-bordinato all’insindacabile parere del legale responsabile delservizio in ordine alla probabile fondatezza delle pretese pro-spettate, anche in relazione alla documentazione prodotta. Èin ogni caso dovuto al richiedente il servizio di consu-lenza;

3.3- In caso di ricorso al gratuito patrocinio contrattuale, il ri-chiedente dovrà sottoscrivere una relazione sui fatti dedotti,nonché produrre tutta la documentazione relativa;

3.4 - In caso di ammissione al servizio di gratuito patro-cinio contrattuale il richiedente si impegna inoltre a nonconferire ad un proprio legale di fiducia incarico relativoalla medesima questione per la quale si è richiesta l’am-missione al servizio. In caso contrario, il richiedente do-vrà provvedere al pagamento degli oneri maturati sino aquel momento a carico dell’Ordine per l’espletamento delservizio medesimo.

4 - Revoca del gratuito patrocinio

4.1 - Per il caso di dichiarazioni false e reticenti che incidanosulle valutazioni di fondatezza delle pretese, l’ammissione alpatrocinio gratuito sarà revocata per colpa del richiedente conaddebito a suo carico degli oneri procedurali maturati e sinoad allora sopportati dall’Ordine;

4.2 - In ogni caso l’Ordine si riserva il diritto di revocare l’am-missione al patrocinio in ogni stato e grado della vertenzaqualora emergano circostanze non prima conosciute che con-siglino la non prosecuzione della controversia, restando libe-ro il richiedente di coltivarla in nome e per conto proprio asuo personale giudizio, con assunzione diretta di ogni ulterio-re eventuale onere.

Approvato all’unanimità dal Consiglio nella seduta del 23giugno 2005.

Francesco Abruzzo, presidenteSergio D’Asnasch, segretario

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20 ORDINE 7-8 2005

Patrocinio gratuito in sede cona favore dei giornalisti senz

per garantire il diritto costituz

La quota annuale è una tassa e la tassa presuppone l’e-rogazione di servizi agli iscritti da parte dell’Ordine. La leg-ge 10 giugno 1978 n. 292 stabilisce l’esazione delle tasse edei contributi per il funzionamento degli Ordini e dei collegiprofessionali secondo le norme per la riscossione delle impo-ste dirette. Gli articoli 11 (lettera h) e 20 (lettera g) della legge3.2.1963 n. 69 (sull’ordinamento della professione giornalisti-ca) conferiscono al Consiglio nazionale e al Consiglio regio-nale la potestà di imporre quote annuali e contributi per il rag-giungimento dei fini istituzionali e per le spese del proprio fun-zionamento. In virtù dell’articolo 14 del Decretolgslgt 23 no-vembre 1944 n. 382 (che detta norme sui Consigli degli Ordini)il Consiglio nazionale determina, come afferma il richiamatoarticolo 20 della legge n. 69/1963, la misura del contributo dacorrispondersi annualmente dagli iscritti dell’Albo.Il contributo e le quote annuali sono da definire «tassa» ai sen-si dell’articolo 7 del citato Decretolgslgt n. 382/1944. La tassaimplica l’erogazione di servizi a favore di chi la paga. Oggil’Ordine di Milano assicura gratuitamente a chi esercita la li-bera professione l’assistenza legale rivolta al recupero dei cre-diti e anche l’assistenza fiscale-amministrativa. Presso la sededell’ente funziona il Centro di assistenza fiscale, Caf di base,per modelli 730, Unico, Ici. L’ente, inoltre, ha allestito il portale

www.odg.mi.it, che realizza una sintesi tra comunicazione congli iscritti negli elenchi dell’Albo e con il grande pubblico. Ilrafforzamento del canale di comunicazione digitale permetteràin futuro agli iscritti all’Albo di effettuare molte operazioni diret-tamente via internet, contribuendo così in maniera determi-nante a snellire la gestione dell’ente. L’iscrizione al portale ègratuita.L’Ordine, inoltre, edita Tabloid, mensile dedicato ai temi dellaprofessione, agli argomenti giuridici dell’attività giornalistica, al-la storia del giornalismo. Tiratura: 24mila copie. È consultabileanche in www.odg.mi.it. Viene alimentato anche giornalmenteil portale (www.odg.mi.it), che costituisce un ricco archivio suitemi del giornalismo, della deontologia, delle grandi questionidella professione. Il Consiglio è impegnato, tramite l’Afg el’Assemblea dei soci benemeriti dell’Afg, nell’alta vigilanzasull’Istituto “Carlo De Martino” per la Formazione alGiornalismo (meglio noto come “Scuola di giornalismo diMilano” nata da una collaborazione con la RegioneLombardia). Il Consiglio, inoltre, premia ogni anno sette tesi dilaurea sul giornalismo e sulle istituzioni della categoria, cosìvalorizzando il rapporto professione-Università. Tutte questeprestazioni sono da inquadrare come servizi resi dall’ente agliiscritti e alla valorizzazione della professione.

Tra le attribuzioni dell’Ordine dei giornalisti, appaiono premi-nenti quelle di “curare l’osservanza della legge professio-nale e di tutte le disposizioni in materia” e di vigilare “perla tutela del titolo di giornalista”, procedendo “in qualunquesede, anche giudiziaria” ad ogni “attività diretta alla re-pressione dell’esercizio abusivo della professione” (art 11lett. a) e b) della legge n. 69/1963).Lo svolgimento di tale attività di vigilanza si deve necessaria-mente svolgere anche nei confronti di soggetti estranei al-l’ordinamento facente capo all’Ordine, cui sono attribuitipoteri di controllo e di gestione essenzialmente nei con-fronti di giornalisti iscritti, altrimenti sarebbe priva di signifi-cato la previsione normativa di poteri di impulso per la repres-sione dell’esercizio abusivo della professione. Neppure può ri-tenersi che tale ulteriore attribuzione sia limitata “all’azione(precipuamente ex art. 348 Cp) rivolta nei confronti dei profes-sionisti che, pur non essendo iscritti all’Albo, svolgono propria-mente attività giornalistica abusiva” (Tribunale civile di Milano,sentenza n. 14821/2002, depositata il 5 dicembre 2002; rif. art.45 legge n. 69/1963). Sullo stesso tema, la Suprema Corte diCassazione ha autorevolmente stabilito che “a meno di nonvolere ridurre a mera ed inconcludente apparenza tale funzio-ne di vigilanza, non può non riconoscersi in capo all’ente pub-blico esponenziale del gruppo di professionisti ad esso obbliga-toriamente associati, una posizione giuridica soggettiva diretta-mente tutelabile dinanzi al giudice, che gli consenta di rimuove-re una situazione vietata” (...) pregiudizievole per la categoriaprofessionale e – al tempo stesso – per l’interesse pubblico allegale esercizio della professione, alla cui tutela l’Ordine è pre-posto”(Cassazione civile, sentenza 3361/1993). Premesse pertale conclusione sono, da un lato, il riconoscimento della na-tura dell’Ordine quale “ente esponenziale di una categoriadi professionisti” portatore di “interessi collettivi, non solomorali, ma anche giuridici ed economici” della categoriastessa (Cass. 336/1993), e dall’altro i risvolti di interesse ge-nerale della funzione attribuita dell’Ordine dei giornalisti di as-sicurare “nel complesso mondo della stampa e dei rapporti tragiornalisti ed editori, la rigorosa osservanza di quella dignità pro-fessionale che si traduce nel non abdicare mai alla libertà diinformazione e di critica e nel non cedere a sollecitazioni chepossano comprometterla, rafforzando quella libertà di manife-stazione del pensiero che è cardine dell’ordinamento democra-tico” (Corte Costituzionale, sentenza 98/1968).

Ed ora passiamo ad esaminare le funzioni che l’articolo 11(punti a e b) attribuisce ai Consigli regionali dell’Ordine deigiornalisti:

● “Curare l’osservanza della legge professionale e di tut-te le disposizioni in materia”. Ciò evidentemente vuol direche rientra nei compiti istituzionali dei Consigli dell’Ordine dei

giornalisti far rispettare le leggi “in materia” di professione gior-nalistica e di difesa dei diritti costituzionali del cittadino giorna-lista: la stessa legge professionale n. 69/1963, la legge sullastampa 47/1948, il Testo unico sulla privacy (Dlgs n. 196/2003)con l’annesso Codice 3 agosto 1998, lo Statuto dei Lavoratori(legge 300/1970), le leggi radiotelevisive (103/1975, 223/1990,249/1997 e 112/2004) e sull’editoria (416/1981, 67/1987,62/2001), la legge sul diritto d’autore 633/1941 e il Contrattodi lavoro giornalistico Fnsi/Fieg che ha assunto forza di leggecon il Dpr 153/1961. Il pretore di Monza (sentenza n. 164/1995del 1° marzo 1995) ha scritto che il Contratto dei giornalisti èquello Fnsi-Fieg, non quello Frt: “...ciò non solo perché l’attivitàgiornalistica è estranea alle mansioni, alle qualifiche e ai profilicontemplati da tale contratto collettivo (Frt, ndr), ma anche e so-prattutto perché la disciplina in tema di rapporto di lavoro gior-nalistico trova la sua fonte nel Dpr 16 gennaio 1961 n. 153 inforza del quale il contratto collettivo di categoria (Fnsi-Fieg, ndr)del 10 gennaio 1959, reso efficace erga omnes, ha assunto na-tura e forza di legge, potendo essere superato solo da succes-sive clausole contrattuali più favorevoli ai lavoratori”. Anche alCdr, dice l’articolo 34 del Cnlg, è “demandata la tutela dei dirit-ti morali e materiali derivanti ai giornalisti dal presente contrattoe dalle norme di legge (in particolare la legge 3 febbraio 1963n. 69 e lo Statuto dei lavoratori)”. Si cita l’articolo 34 soltanto alfine di individuare le leggi fondamentali della professione.

● “Vigilare per la tutela del titolo di giornalista”. Ciò evi-dentemente vuol dire che rientra nei compiti istituzionali deiConsigli dell’Ordine dei giornalisti verificare che il titolo, la con-dizione, insomma lo status e l’immagine del giornalista pro-fessionista non siano in qualche modo lesi e che, in particola-re, non siano commesse violazioni di norme (in primo luogolegislative) a detrimento dello status e dell’immagine del gior-nalista professionista. In altre parole, uno dei compiti istituzio-nali dell’Ordine consiste nel vigilare che lo status di giornalistaprofessionista non sia affidato a chi giornalista professionistanon è, ovvero che non siano affidati compiti sostanzialmentegiornalistici a chi non abbia lo status di giornalista professioni-sta: infatti, entrambi questi comportamenti verrebbero a lede-re il “titolo di giornalista”, vuoi perché verrebbe attribuito il ti-tolo in questione a chi non ne ha diritto, vuoi perché quel tito-lo verrebbe negato a chi ne avrebbe diritto;

● “Vigilare per la repressione dell’esercizio abusivo dellaprofessione giornalistica”. Ciò vuol dire, con un’evidenzaancora maggiore, che è compito istituzionale dei Consiglidell’Ordine quello di vigilare affinché la professione del gior-nalista sia svolta da chi ne abbia realmente titolo e, simmetri-camente, chi ha il titolo di giornalista professionista svolga ef-fettivamente attività di natura giornalistica.

3.Corte costituzionale e professione giornalistica

La Corte costituzionale ha portato la lettera della legge pro-fessionale alle sue naturali conseguenze. In altre parole, laConsulta ha osservato che l’attività giornalistica professionaleè peculiare, coinvolgendo importanti diritti di libertà quali quel-lo alla informazione e quello alla critica. Questi diritti rischianodi essere compromessi dalla circostanza che, di fatto e nor-malmente, l’attività di lavoro giornalistico viene svolta nelle for-me del lavoro subordinato. Pertanto, a differenza di ogni altrolavoratore subordinato, che è adeguatamente tutelato sotto ilprofilo rivendicativo ed economico dalle organizzazioni sinda-cali, il giornalista necessita di una tutela più incisiva: questapiù significativa tutela è appunto offerta dall’Ordine dei gior-nalisti, istituzionalmente deputato a vigilare sul rispetto delladignità professionale e, quindi, sul rispetto della libertà di infor-mazione e di critica. In altre parole, secondo la Corte, l’Ordinedei giornalisti è l’organismo istituzionalmente deputato, tra l’al-tro, a vigilare affinché, nel rapporto tra giornalista ed editore,la subordinazione del primo non comporti alcun sacrificio ai di-ritti strettamente connessi all’attività giornalistica: “Il fatto che ilgiornalista esplichi la sua attività divenendo parte di un rappor-to di lavoro subordinato non rivela la superfluità di un apparatoche, secondo altri, si giustificherebbe solo in presenza di una li-bera professione, tale in senso tradizionale. Quella circostanza,al contrario, mette in risalto l’opportunità che i giornalisti venga-no associati in un organismo che, nei confronti del contrappo-sto potere economico dei datori di lavoro, possa contribuire agarantire il rispetto della loro personalità e, quindi, della loro li-bertà; compito, questo, che supera di gran lunga la tutelasindacale dei diritti della categoria e che perciò può esse-re assolto solo da un Ordine a struttura democratica che, con isuoi poteri di ente pubblico, vigili, nei confronti di tutti e nell’in-teresse della collettività, sulla rigorosa osservanza di quella di-gnità professionale che si traduce, anzitutto e soprattutto, nelnon abdicare mai alla libertà di informazione e di critica e nelnon cedere a sollecitazioni che possono comprometterla”(Corte cost. 23/3/68 n. 11, in Foro it. 1968, I, 863). In buonasostanza, allorquando l’Ordine vigila, ai sensi del citato art. 11,per “la tutela del titolo di giornalista”, svolge una funzione chetrascende il mero interesse della categoria professionale, coin-volgendo l’interesse di tutti al rispetto delle fondamentali li-bertà di informazione e di critica: “Chi tenga presente il com-plesso mondo della stampa nel quale il giornalista si trova adoperare e consideri che il carattere privato delle imprese edito-riali ne condiziona la possibilità di lavoro, non può sottovalutareil rischio al quale è esposta la sua libertà, né può negare la ne-cessità di misure e di strumenti idonei a salvaguardarla” (Cortecost. 23/3/68 n. 11, in Foro it. 1968, I, 863). Concetti analoghisono stati sviluppati dalla Corte costituzionale con la senten-za 71/1991 (in Foro it. 1992, I, 600): “L’ordinamento della pro-fessione di giornalista, come costruito dal legislatore del 1963,soprattutto attraverso l’istituzione dell’ordine e l’obbligatorietàdell’iscrizione all’Albo, persegue fini che superano ‘di gran lun-ga la tutela sindacale dei diritti della categoria’, nel rapporto dilavoro subordinato con l’impresa giornalistica. L’Ordine dei gior-nalisti, come questa Corte ebbe a sottolineare nella sentenzan. 11 del 1968, ha il compito di salvaguardare, erga omnes enell’interesse della collettività, la dignità professionale e la libertàdi informazione e di critica dei propri iscritti”. Nel concetto di di-gnità professionale rientrano anche la tutela sia delle mansio-ni professionali sia del trattamento economico.

Il dovere e l’obdell’Ord

pagata ogni a

2.Le attribuzioni del Consiglio dell’Ordine (articolo 11 della legge n. 69/1963)

ricerca di Franco Abruzzo

presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia. Docente a contratto di Diritto dell’informazione all’Università degli studi di Milano Bicocca e all’Università Iulm

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1.Premessa

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ntrattuale za mezzi zionale di difesa

4.L’interesse dell’Ordine ad agire

I limiti (per le imprese) dell’articolo 41 della Costituzione.La legge 741/1959. Una volta messo a fuoco il compitodell’Ordine, non si potrà mancare di riconoscere, in capoall’Ordine stesso, l’interesse ad agire, - come il Consiglio del-la Lombardia ha fatto nelle vicende “Guida al Lavoro/IlSole 24 Ore”e di una iscritta (S.L.) alla quale l’azienda ave-va negato l’applicazione del Cnlg Fnsi/Fieg -, in difesa del-la professione e dei propri iscritti. Non avrebbe senso ricono-scere all’Ordine dei Giornalisti una funzione così importante edelicata, in quanto posta a presidio delle fondamentali libertàche sono state prima citate, se allo stesso Ordine fosse poi di-sconosciuta la facoltà di rivolgersi all’Autorità giudiziaria allor-quando, nella sua opera di vigilanza, venissero riscontrate vio-lazioni alla “tutela del titolo di giornalista” o delle altre “disposi-zioni in materia”. In altre parole, il fatto che all’Ordine sia rico-nosciuta quella forma di vigilanza comporta inevitabilmenteche all’Ordine stesso sia implicitamente riconosciuto l’interes-se ad agire in giudizio, per la repressione di ogni comporta-mento difforme alle lettere a e b del citato articolo 11 della leg-ge n. 69/1963.Non si può mancare di trascurare che la stessa norma of-fre almeno due elementi testuali su cui fondare, ancorauna volta, l’interesse ad agire. In primo luogo, la lettera b.dell’art. 11 citato indica esplicitamente la sede giudiziariatra quelle astrattamente utilizzabili dall’Ordine per la suaattività di vigilanza: ciò evidentemente vuol dire che, al fi-ne di esercitare il potere in questione, l’Ordine può legit-timamente rivolgersi all’Autorità giudiziaria. In secondoluogo, la stessa norma afferma che dall’Ordine può esse-re svolta “ogni attività diretta alla repressione dell’eser-cizio abusivo della professione”: evidentemente, quindi,non potendo l’Ordine farsi giustizia da sé, l’attività re-pressiva non può che essere esercitata per il tramitedell’Autorità giudiziaria.Procediamo con un esempio. Se un’azienda utilizza persona-le non giornalistico, è indubbio che la stessa...

1. leda lo status di giornalista, in quanto assegna attività gior-nalistica a chi giornalista non è, né è contrattualmente in-quadrato nel Cnlg;

2. ponga conseguentemente in essere un’ipotesi di esercizioabusivo della professione giornalistica;

3. crei un serio pregiudizio alla libertà di informazione e di cri-tica: gli impiegati non giornalisti utilizzati da un’azienda nonsolo si contrappongono a un editore senza essere tutelatidall’ente istituzionalmente deputato a vigilare sulla loro in-dipendenza; oltre a ciò, gli stessi non sono assoggettati, inquanto non giornalisti, ai diritti e ai doveri specificamentesanciti appunto per i giornalisti dall’articolo 2 della legge69/1963: “È diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà diinformazione e di critica [...] ed è loro obbligo inderogabile ilrispetto della verità sostanziale dei fatti, osservati sempre idoveri imposti della lealtà e della buona fede”. Questo pre-cetto deontologico garantisce l’autonomia della professione(art. 1 Cnlg).

Per lo svolgimento dell’attività giornalistica, l’iscrizione all’Alborappresenta un presupposto imprescindibile. La migliore ri-prova è fornita dalla giurisprudenza che, pacificamente, nel

caso di lavoro giornalistico svolto da chi non sia iscritto all’Albo,considera nullo il rapporto di lavoro, ammettendo ex art. 2126Cc l’applicabilità del Cnlg limitatamente al tempo in cui il rap-porto di lavoro ha avuto svolgimento.C’è una deroga, ma essa riguarda il solo caso dei periodici acarattere tecnico, professionale o scientifico. L’articolo 28 del-la legge 69/1963 dispone quanto segue: “All’Albo dei giornali-sti sono annessi gli elenchi dei giornalisti di nazionalità stranie-ra, e di coloro che, pur non esercitando l’attività di giornalista,assumano la qualifica di direttori responsabili di periodici o rivi-ste a carattere tecnico, professionale o scientifico, esclusi quel-li sportivi e cinematografici”. La legge ammette la realizzazio-ne di periodici senza l’ausilio di personale giornalistico solocon riferimento alle riviste contemplate dalla norma appena ci-tata. Si deve subito sottolineare che nelle testate in questionenon viene svolta attività prettamente giornalistica, dal mo-mento che tali periodici, a causa del carattere tecnico-profes-sionale-scientifico, non fanno informazione in senso stretto.

5. Il concetto giuridico di giornalismo o di attività giornalistica

Né la legge né il Cnlg forniscono una definizione dell’attivitàgiornalistica o del giornalismo. L’unico riferimento legislativo èfornito dall’articolo 2 della legge 69/1963: “È diritto insopprimi-bile dei giornalisti la libertà di informazione e di critica […]”.Pertanto, dalla norma ora citata si può desumere che l’attivitàgiornalistica sia essenzialmente volta alla informazione o, me-glio, all’informazione critica. Dagli articoli 32 della legge pro-fessionale e 44 del Regolamento di esecuzione della stessa(Dpr 115/1965), - che, per la prova scritta dell’esame di ido-neità professionale, prevedono “la redazione di un articolo suargomenti di attualità” -, si desume che il giornalismo (o attivitàgiornalistica) è informazione critica collegata a fatti di attualità.Una simile definizione appare ancora troppo laconica. A talecarenza supplisce l’elaborazione giurisprudenziale e dottrina-le che, nel corso degli anni e facendo anche riferimento ai ca-noni della comune esperienza, ha evidenziato le caratteristi-che salienti della attività giornalistica. In particolare, la giuri-sprudenza ha messo a fuoco le seguenti caratteristiche, qua-li elementi caratterizzanti l’attività giornalistica:

● la raccolta, il commento e l’elaborazione di notizie (quindi difatti caratterizzati dalla attualità), destinate a formare ogget-to di comunicazione interpersonale. In buona sostanza, ilgiornalista si occupa di fatti di attualità, che vengono da luiraccolti, commentati ed elaborati (con lo scritto, con la gra-fica, con la fotografia o con riprese video) per essere forni-ti al pubblico;

● la creatività: è importante sottolineare che l’attività del gior-nalista non si esaurisce nella raccolta della notizia, e dun-que nella sua prospettazione asettica; al contrario, la noti-zia viene sempre selezionata, elaborata e commentata, inmodo tale che il giornalista funge da filtro tra il fatto e il pub-blico che di esso viene portato a conoscenza. Per questavia, l’attività giornalistica è anche un’attività intellettuale,

presentando inoltre la caratteristica della intermediazionecritica tra il fatto e il pubblico;

● la tempestività dell’informazione, così da sollecitare i citta-dini non solo a prendere conoscenza, ma anche coscienzae consapevolezza di fatti ritenuti meritevoli, per la loro no-vità, della attenzione del pubblico.

Più precisamente, in giurisprudenza è stato per esempio rite-nuto:

● “È di natura giornalistica la prestazione di lavoro intellettua-le volta alla raccolta, al commento e all’elaborazione di no-tizie destinate a formare oggetto di comunicazione inter-personale (che può indifferentemente avvenire mediantel’apporto di espressioni letterali, o con l’esplicazione diespressioni grafiche, o ancora mediante la collocazione delmessaggio), attraverso gli organi di informazione” (Cass.1/2/96 n. 889, in D&L 1996, 687, n. CHIUSOLO, Il giornali-sta grafico e l’iscrizione all’Albo dei giornalisti);

● “Rientra nell’ambito del lavoro giornalistico l’attività di coluiche, in modo creativo e con opera tipicamente intellettuale,provvede alla raccolta, elaborazione e commento delle no-tizie, destinate a formare oggetto di comunicazione attra-verso gli organi di informazione di massa, con un apportoespressivo critico” (Cass. 21 febbraio 1992 n. 2166, in Foroit. 1992, I, 3322, con richiamo di precedenti conformi);

● “Per attività giornalistica deve intendersi quella prestazionedi lavoro intellettuale volta alla raccolta, al commento ed al-la elaborazione di notizie, destinate a formare oggetto di co-municazione interpersonale” (Cass. 20 febbraio 1995 n.1827, in Foro it. 1995, I, 1152);

● “La nozione dell’attività giornalistica, in mancanza di unaesplicita definizione da parte della legge professionale 3febbraio 1963, n. 69 o della disciplina collettiva, non può chetrarsi da canoni di comune esperienza, presupposti tantodalla legge quanto dalle fonti collettive, con la conseguen-za che per attività giornalistica è da intendere l’attività, con-traddistinta dall’elemento della creatività, di colui che, conopera tipicamente (anche se non esclusivamente) intellet-tuale, provvede alla raccolta, elaborazione o commento del-le notizie destinate a formare oggetto di comunicazione in-terpersonale attraverso gli organi d’informazione, mediandotra il fatto di cui acquisisce la conoscenza e la diffusione diesso attraverso un messaggio (scritto, verbale, grafico o vi-sivo) necessariamente influenzato dalla personale sensibi-lità e dalla particolare formazione culturale e ideologica”.(Cass. 23/11/83 n. 7007, in Foro it., Rep. 1983, v.Giornalista, 6).

La raccolta delle notizie non è sufficiente ad integrare l’attivitàgiornalistica; piuttosto, alla raccolta deve fare seguito l’attività,tipicamente intellettuale, della elaborazione della stessa.Questo aspetto più tipico e caratterizzante l’attività giornalisti-ca si esplica, in particolare, nella realizzazione dei titoli, deisommari e delle didascalie (quella che nel gergo giornalisticoviene definita cucina redazionale), che trasforma il fatto, qua-le materiale grezzo, in notizia, così come prospettato al pub-blico. Questa attività, insieme al passaggio dei pezzi dei col-laboratori e alla partecipazione alle riunioni di redazione, fan-no del giornalista un soggetto non isolato, ma inserito, comecorpo organico, nella vita redazionale, partecipe a tutti gliaspetti della stessa. Il Tribunale di Milano ha ritenuto che “[...]il redattore è colui che integrandosi con gli altri soggetti dell’or-ganizzazione dell’impresa giornalistica collabora alla formazio-ne della pagina e del giornale”, precisando:“[...] si deve ribadire che per essere redattore occorre lo svolgi-mento delle seguenti attività:

- il passaggio dei pezzi cioè la rilettura dei pezzi altrui e propri;- la riduzione delle loro misure;- la titolazione dei pezzi;- la stesura delle didascalie;- la scelta delle fotografie o la collaborazione attiva in tale scel-ta onde definire la miglior collocazione del supporto visivo sul-la pagina;- la rielaborazione di notizie in articoli o in informazioni più arti-colate o complesse;- la chiusura della pagina o delle pagine o quantomeno una col-laborazione nella definizione dell’aspetto della pagina, a tal fineprendendo contatti con la tipografia” (Trib. Milano 5 maggio1995, causa Bacchi c. EDI.A. Srl, doc. 10; conf. Trib. Milano 8settembre 1993, in Dir. prat. lav. 1994, 127).

L’attività giornalistica può essere definita come quella attivitàcomplessa ed articolata che, partendo dal fatto grezzo (chedeve essere di attualità), mediante un’opera tipicamente intel-lettuale e creativa o critica, lo elabora in notizia da sottoporreall’attenzione del pubblico.L’opera di elaborazione non solo consiste nella scrittura del-l’articolo, ma anche nella ideazione dei titoli e delle didasca-lie, nonché nel posizionamento dello stesso nella pagina e,ancora, nella scelta delle immagini che eventualmente lo ac-compagnino.

bbligo di solidarietà dine nascono dalla quota (= tassa)anno dagli iscritti all’Albo e al Registro

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6. Attività giornalistica e Cnlg Fnsi/Fieg

L’articolo 41 della Costituzione. Il Cnlg deve obbligatoria-mente trovare applicazione nel caso di svolgimento di attivitàgiornalistica, e ciò persino nel caso di un datore di lavoro chenon applichi il contratto in questione e non sia iscritto alla Fieg.A questo proposito, si deve, infatti, sottolineare che, come èstato rilevato in dottrina, “attualmente i contratti collettivi na-zionali di lavoro in vigore per il settore giornalistico sono quel-lo in data 10/1/1959 reso efficace erga omnes con Dpr 16gennaio 1961 n. 153 in virtù della legge 14 luglio 1959 n. 741e quello avente effetto dall’1 novembre 1988” (DomenicoD’Amati, Il lavoro del giornalista, Padova, 1989, pag. 31,doc. 1). Il contratto del 1988, ad efficacia privatistica, è statoda ultimo rinnovato con decorrenza 1/10/95 e poi con decor-renza 1/3/2001.Esistono più fonti normative a cui fare riferimento, aventi un di-verso valore. Come è noto, infatti, mentre il contratto di natu-ra privatistica può trovare applicazione solo in caso di ricezio-ne, espressa o implicita, dello stesso da parte del datore di la-voro, diverso è il caso del contratto la cui efficacia sia statasancita mediante recezione con norma di legge. Con la legge14 luglio 1959 n. 741, infatti, il legislatore delegò il Governo ad“emanare norme giuridiche, aventi forza di legge, al fine di as-sicurare minimi inderogabili di trattamento economico e nor-mativo nei confronti di tutti gli appartenenti ad una medesimacategoria” stabilendo altresì che “nella emanazione delle normeil Governo dovrà uniformarsi a tutte le clausole dei singoli ac-cordi economici e contratti collettivi, anche intercategoriali, sti-pulati dalle associazioni sindacali anteriormente all’entrata in vi-gore della presente legge”. Tra questi ultimi rientra, appunto, ilContratto nazionale giornalistico (Cnlg Fnsi/Fieg) al quale per-tanto a tutt’oggi è necessario fare riferimento nel caso di svol-gimento di attività di natura giornalistica. Scrive ancoraDomenico D’Amati “il Cnlg 10/1/1959, avente forza di legge,mantiene, nonostante la sua età, una certa importanza perchénon pochi sono gli editori – in particolare i titolari di piccole im-prese – che non hanno aderito alla Fieg né hanno recepito, pervolontaria adesione, la disciplina di natura privatistica dei con-tratti collettivi successivi al 1959 “.

L’applicabilità al rapporto giornalistico del contratto avente ef-ficacia erga omnes determina rilevanti effetti sia sotto il profi-lo normativo che retributivo.Per quanto riguarda il primo aspet-to, basti considerare che nel contratto del 1959 era disciplina-ta la c.d. clausola di coscienza (inserita in verità nel primo con-tratto 1911/1913), il cui contenuto è rimasto pressoché inva-riato nel corso degli anni. Non meno significative sono le im-plicazioni sotto il profilo economico, dal momento che il con-tratto in questione disciplina istituti contrattuali quali la tredice-sima mensilità e l’indennità redazionale. Al giornalista deveessere riconosciuto un trattamento economico non inferiore aquello previsto dal vigente Cnlg, e ciò in base al combinato di-sposto delle norme che attribuiscono efficacia legislativa aicontratti collettivi (ivi compresa l’individuazione, da parte deglistessi, di una retribuzione minima inderogabile) e dell’art. 36della Costituzione, che impone al diudice di aggiornare tali mi-nimi allorché divenuti inadeguati. Si segnala che, già nel 1971,

la Corte Costituzionale ha sancito l’illegittimità costituzionaledell’art. 7 c. 2 della legge 741/1959, nella parte in cui “esclu-de che la sopravvenuta non corrispondenza dei minimi econo-mici al salario sufficiente conferisca al giudice ordinario i poteriche gli vengono dall’art. 36 Costituzione” (Corte Cost. 6 luglio1971 n. 156, in Foro it. 1991, I, 2123). Infatti, come precisatodalla Corte, sarebbe “aberrante far discendere da una leggeche si proponeva lo scopo di consentire ai lavoratori non vin-colati a contratti collettivi di beneficiare del trattamento più favo-revole da questi disposto l’effetto contrario di ricostituire la spe-requazione salariale voluta eliminare”. Anche in presenza di uncontratto collettivo con efficacia erga omnes, il giudice devedeterminare l’equa retribuzione con riferimento ai vigenti con-tratti collettivi di diritto comune, sia pur non operanti tra le par-ti e, nel caso del giornalista, il contratto cui fare riferimento nonpotrà che essere il Cnlg Fieg/Fnsi.L’unico limite che l’applicabilità del contratto del 1959 al gior-nalista che svolga attività giornalistica incontra è quello relati-vo alla qualità del datore di lavoro. Come ha infatti precisatosempre la Corte Costituzionale, “rientra nei compiti del giudiceordinario individuare i concreti confini della categoria cui la leg-ge delegata si riferisce, desumendoli dalla stipulazione colletti-va e con riferimento alle associazioni stipulanti” (Corte Cost. 23maggio 1966 n. 45, in Foro it. 1966, I, 1483). A questo propo-sito si deve dunque tenere presente l’art. 1 del contratto del1959, che così recita: “Il presente contratto regola il rapporto dilavoro tra gli Editori di giornali, le agenzie di informazioni quoti-diane per la stampa ed i giornalisti professionisti che prestanola loro normale attività giornalistica quotidiana con carattere dicontinuità e vincolo di dipendenza, anche se svolgono all’este-ro le loro attività”

L’articolo 41 della Costituzione garantisce la libertà di iniziati-va economica; tuttavia, tale libertà non è incondizionata, malimitata – tra l’altro – dalla necessità di rispettare la sicurezza,la libertà e la dignità umana. Possiamo, quindi, affermare:

a) che chi svolge attività giornalistica deve essere riconosciu-

to come giornalista; in caso contrario, la sua dignità viene si-curamente sacrificata, dal momento che viene disconosciutoil ruolo e la qualifica imposta dalla legge;b) che il disconoscimento mina anche la libertà della persona,dal momento che il redattore non giornalista, non essendo tu-telato dalla legge 69/1963 e dal suo Ordine professionale, èin balia della volontà dell’editore e delle sue esigenze di tipoeconomico più che informativo;c) anche la libertà e la dignità del pubblico vengono compro-messe, dal momento che l’informazione resa da redattori nongiornalisti non presenta le garanzie di obiettività e professio-nalità che solo un giornalista in senso stretto può garantire.

7.L’Ordine di Milano di fronte a un bivio

O tiene i quattrini in banca o, di concerto con il sindacato re-gionale, assicura la difesa gratuita dei propri iscritti privi dimezzi. L’articolo 24 (I e II comma) della Costituzione. Il dove-re e l’obbligo di solidarietà collegati alla quota annuale (= tas-sa) pagata dagli iscritti negli elenchi dell’Albo.Abbiamo già notato che “la quota annuale è una tassa e chela tassa presuppone l’erogazione di servizi agli iscritti da partedell’Ordine”. Tra i servizi oggi deve esserci anche l’assistenzagratuita legale a favore degli iscritti attaccati sul terreno dei va-lori e principi costituzionali, contrattuali, previdenziali, della tu-tela del posto di lavoro, della salute, della firma, dello stipen-dio, delle qualifiche e delle mansioni, della loro identità e del-la loro dignità professionale L’Ordine è un ente pubblico, che deve concorrere, pur nellesue modeste dimensioni, alla politica generale dellaRepubblica, contribuendo a garantire i diritti inviolabili dei cit-tadini giornalisti e sviluppando interventi a favore dei propriiscritti nel campo della “solidarietà economica e sociale”.Appare insufficiente affermare che tutti abbiamo il diritto di di-fendere i loro diritti e i loro interessi, se poi sul terreno con-creto non operi qualcuno che garantisca i mezzi perché queidiritti (i diritti di chi non ha i mezzi materiali) possano trovareuna tutela pronta e fraterna. Il diritto di difesa è un principioche è fissato nel primo comma dell’articolo 24 dellaCostituzione e che, in favore dei soggetti deboli economica-mente, ha una forte tutela nel II comma dello stesso articolo24 secondo il quale “Sono assicurati ai non abbienti, con ap-positi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giu-risdizione”. Allora il Consiglio dell’Ordine deve tenere i quattri-ni in banca o, di concerto con il sindacato regionale, deve con-tribuire economicamente alla difesa (gratuita) dei diritti e degliinteressi costituzionalmente garantiti dei propri iscritti privi dimezzi? È compito esclusivo del sindacato, invece, agire in giu-dizio per far riassumere i giornalisti ingiustamente licenziati eper far cessare i comportamenti antisindacali delle aziendeeditoriali (articoli 18 e 28 della legge 300/1970 o Statuto deiLavoratori). Il Consiglio dell’Ordine dei giornalisti dellaLombardia deve garantire la difesa ai suoi iscritti, privi di mez-zi, quando vengono minacciati i loro diritti e i loro interessi san-citi nella Costituzione, nella legge professionale 69/1963 e in“tutte le disposizioni in materia”. Il Consiglio ha un obbligo e undovere di solidarietà, che nascono dalla quota annuale (= tas-sa) pagata dagli iscritti negli elenchi dell’Albo.

Nuova Informazione:“Una vittoria della solidarietàe del buon senso”

Milano, 24 giugno 2005. «Una vittoria della solidarietà e delbuon senso, all’Ordine dei giornalisti della Lombardia, una vit-toria finalmente raggiunta dopo giornate di dibattito anchesgradevoli e minacciose. Ma è tutto bene quel che finisce be-ne, ossia nella delibera che giovedì sera 23 giugno ha stabili-to all’unanimità (un astenuto) di tendere la mano ai colleghi indifficoltà, nel rispetto della legge istitutiva, per un periodo spe-rimentale e senza sovrapporsi alle competenze del sindacato.Una cifra limitata, ma significativa, 12.500 euro, è infatti statamessa a disposizione di un servizio di consulenza legale e digratuito patrocinio destinato a colleghi dagli scarsi mezzi eco-nomici i cui casi di lesione dei diritti precipuamente ordinisticisiano stati segnalati dal sindacato regionale o da quello na-zionale. La delibera infatti sottolinea che la priorità dell’inter-vento legale debba rispondere all’articolo 11 della legge isti-tutiva dell’Ordine, ossia debba mirare a “curare l’osservanzadella legge professionale e di tutte le disposizioni in materiaper la tutela del titolo di giornalista” e a reprimere, anche in se-de giudiziaria, l’induzione “all’esercizio abusivo della profes-sione”.È stata una battaglia non facile, condotta con pacatezza e ric-chezza di argomentazioni inizialmente dall’unica consigliera“di opposizione”, ma presto condivisa da altri membri delConsiglio, anch’essi tanto sensibili alla solidarietà quanto ri-spettosi degli ambiti di competenza e delle procedure, oltreche del bilancio. Il risultato unanime dimostra che gli spazi peresercitare un collegiale buon servizio ai colleghi esiste, senzascivolare nei personalismi o in drammatiche minacce di di-missioni o di denunce. In quest’epoca in particolare i giornali-sti lombardi già soffrono crisi occupazionali e aggressioni al-l’autonomia ed hanno quindi bisogno, più che mai, di avere alproprio fianco un Ordine saggio: autorevole ed operativo».

Nuova Informazione

Presidenzadell’Associazione lombarda dei giornalisti:“La doppia posizione di Nuova Informazione”

Milano, 24 giugno 2005. C’è da rimanere a bocca aperta.Mentre sul sito della Fnsi appariva il comunicato di NuovaInformazione dal titolo: “Gratuito patrocinio all’Ordine di Milano.Una vittoria della solidarietà e del buon senso”, nel corso delConsiglio direttivo dell’Associazione lombarda dei giornalisti,che si è tenuto oggi, i rappresentanti di Nuova Informazionecriticavano pesantemente la decisione dello stesso Ordine,capace secondo le loro dichiarazioni (regolarmente registrateper il verbale) di creare confusione nei colleghi tra diversi or-ganismi della categoria e di essere in ogni caso estranea alleprerogative dell’Ordine.I consiglieri di Nuova Informazione mettevano inoltre sotto ac-cusa il presidente dell’Alg per aver sostenuto l’iniziativa delpresidente dell’Ordine di Milano, Franco Abruzzo, con una let-tera ufficiale del 31 maggio in cui si sostenevano anche conle medesime motivazioni che si leggono nel comunicato pub-blicato sul sito della Fnsi. Il presidente dell’Alg aveva peraltroproposto il tema del gratuito patrocinio all’interno del pro-gramma presentato e discusso nel Consiglio direttivo all’attodel suo insediamento, e dichiarato apertamente di voler av-viare un confronto con l’Ordine di Milano sul tema. Confrontoaperto dal dicembre scorso, con un dialogo costante con ilpresidente dell’Ordine regionale lombardo Franco Abruzzo sultema del gratuito patrocinio.Peccato, infine, rilevare che il comunicato entusiastico diNuova Informazione dia un’informazione parziale della vota-zione che ha portato all’approvazione all’unanimità con unastenuto della delibera da parte del Consiglio dell’Ordine diMilano, in cui per Nuova Informazione siede Letizia Gonzales.Senza, però, fare il nome del consigliere che si è astenuto.Solo per una questione di rispetto delle regole sulla privacy?

Movimento liberigiornalisti:“Provvedimento utile e necessario”

Milano, 26 giugno 2005. “Un provvedimento utile e necessa-rio a tutela dell’intera categoria”. Pierfrancesco Gallizzi, se-gretario dell’Associazione lombarda dei giornalisti, in rappre-sentanza del Movimento liberi giornalisti, commenta così ladecisone assunta dall’Ordine dei giornalisti della Lombardia,dal presidente, Franco Abruzzo, e dal vicepresidente, Da-miano Nigro, in relazione alla delibera sul patrocinio gratuito,che giovedì sera 23 giugno, ha stabilito di offrire un sostan-ziale aiuto ai colleghi in difficoltà, nel rispetto della legge isti-tutiva e senza sovrapporsi alle competenze del sindacato.“Questo tipo di provvedimento – aggiunge PierfrancescoGallizzi – fa parte del programma che ci ha permesso di fareleggere 6 nostri consiglieri nel direttivo della Lombarda. Sonocerto che l’azione e la collaborazione tra Ordine e sindacatosarà fattiva e costante. Quando, come in questo caso, si ope-ra per migliorare e tutelare lo status di colleghi in difficoltà of-frendogli nuove ed importanti opportunità il giudizio non puòche essere favorevole”.“Un’ultima considerazione – conclude Pierfrancesco Gallizzi -riguarda la differente posizione esplicitata da NuovaInformazione sulla vicenda. I rappresentanti di questa corren-te presenti all’Ordine della Lombardia salutano con soddisfa-zione l’approvazione della delibera sul patrocino, mentre in se-de di sindacato milanese altri colleghi, sempre di NuovaInformazione, hanno utilizzato toni fortemente critici e polemi-ci nei confronti della stessa”

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LIBRERIA DI TABLOID

Premi “Saint Vincent di Giornalismo”: “C’è bisogno di una informazione attenta a ciò che accade in Paesi lontani”

Ciampi ai giornalisti “Mi raccomando: la spina dorsale

e la schiena sempre diritta”Lorenzo Del Boca: “La crisi dell’informazione è planetaria, eppure viene sottovalutata, e si crede dipoter rispondere con l’aumento della quantità a scapito della qualità, con più gossip a scapito dellettore, con telegiornali che somigliano sempre più a fiction”. Una situazione insostenibile per il pre-sidente dell’Ordine: “Alcuni studi prevedono la fine della carta stampata per il 2040 e poi ci sono leipotesi americane di affidare l’informazione non più a giornalisti, ma a news manager che dovreb-bero saper alternare notizie tristi e allegre. Chi è in grado di fare qualcosa deve intervenire subito”.

Roma, 9 giugno 2005. Il presidente dellaRepubblica, Carlo Azeglio Ciampi, ha rinnova-to l’invito a “tenere la schiena dritta” e a difen-dere quel pluralismo che fu al centro del suodiscorso alle Camere (l’unico), nel 2002, in unasituazione che, gli stessi rappresentanti del-l’informazione, hanno definito “molto difficile”.“C’è bisogno, molto più che in passato, di unaapertura internazionale, di una informazioneattenta a ciò che accade in Paesi lontani.L’ampliamento dell’orizzonte della stampa edella comunicazione è un bisogno vitale peraiutare imprese e individui ad orientarsi, e poia sapere competere rinnovandosi, innovando,rendendo sempre più rispondente alle nuoveesigenze del mondo globale, il nostro modellodi vita non solamente alla nostra economia,ma proprio alla nostra società. La qualità e latempestività dell’informazione sono fattori de-terminanti di competitività del sistema”. Così ilPresidente della Repubblica Carlo AzeglioCiampi intervenendo nel Salone delle feste delPalazzo del Quirinale, alla cerimonia di conse-gna dei Premi “Saint-Vincent di Giornalismo”,giunta alla 40a edizione. Dopo avere sottoli-neato che “una stampa informata, preparata,articolata, pluralistica è stata per le nazioni eu-ropee un fattore essenziale di sviluppo dellademocrazia, della coscienza civile”, ilPresidente della Repubblica ha così concluso:“Voglio citare in particolare uno dei premiati,Joaquín Navarro Vals, per tanti anni al fianco diun uomo straordinario che ha segnato la sto-ria del mondo contemporaneo: Giovanni Paolo

II. Non si è ancora spenta in tutti noi la com-mozione per la sua scomparsa. Non si spe-gnerà mai la nostra gratitudine per la sua ope-ra di pace, per la promozione della dignità diogni essere umano, per la sua eroica testimo-nianza della forza dello spirito sulla fragilità delcorpo. Oggi voglio solo ricordare che GiovanniPaolo II ha dato al mondo un esempio straor-dinario di comunicazione moderna, aprendoun dialogo con i giovani, che ha varcato le dif-ferenze di generazione, le differenze fra costu-mi, etnie, religioni. Rinnovo il mio saluto a tuttivoi, i miei rallegramenti a tutti i premiati. E miraccomando: la spina dorsale e la schienasempre diritta”. A sottolineare la crisi in cui ver-sa il mondo dell’informazione, gli interventi del

presidente della Fnsi, Franco Siddi e del pre-sidente dell’Ordine dei giornalisti, Lorenzo DelBoca: “La crisi dell’informazione è planetaria,eppure viene sottovalutata, e si crede di poterrispondere con l’aumento della quantità a sca-pito della qualità, con più gossip a scapito dellettore, con telegiornali che somigliano semprepiù a fiction”. Una situazione insostenibile peril presidente dell’Ordine: “Alcuni studi prevedo-no la fine della carta stampata per il 2040 e poici sono le ipotesi americane di affidare l’infor-mazione non più a giornalisti, ma a news ma-nager che dovrebbero saper alternare notizietristi e allegre. Chi è in grado di fare qualcosadeve intervenire subito”.“Dinnanzi a dilemmi etici e politici, le parti incompetizione - ha dichiarato il presidente del-

la Fnsi, Franco Siddi - trovano spesso como-do confondere le acque cercando la complicitào denunciando le carenze dell’informazione. Sivogliono giornalisti testimoni e in realtà si pre-tendono testimonial, anzi militanti. E accadecosì, che anche tra i giornalisti ci sia chi pen-sa che la propria professione non sia quella dicercatori e testimoni di verità, ma di sostenito-ri di tesi. Il giornalista deve distinguersi: è, e de-ve essere testimone”.Dopo gli interventi, la consegna dei premi aMilena Gabanelli, a Ettore Mo, a FrancescoBattistini e Francesca Caferri, a GiovannaSgrena, a Joaquin Navarro Valls. Per le variesezioni del Premio Saint Vincent, riconosci-menti sono andati a Laura Riello, SalvoAnzaldi, Lucia Vastano, Stefano Mensurati,Loredana Pianta, Saverio Montigelli, MariaLuisa Busi, Marco Bardazzi e LorenzoCremonesi. Infine, le onorificenze: cavaliere digran croce a Igor Man; grande ufficiale aAntonio Sciortino, Barbara Spinelli e LiettaTornabuoni; commendatore a Nuccio Fava eMarta Ilaria Boneschi; ufficiale a EmiliaStefania Patruno e Fabrizio Maffei. Medagliad’argento al merito civile a GiovanniGiovannini, che fu internato in un campo inGermania. Non a caso il presidente dellaRegione autonoma Val d’Aosta, Carlo Perrin,ha parlato del rapporto tra giornalismo e co-raggio: “Il coraggio deve essere la dimensionecaratterizzante della professione giornalisticache viene ben evidenziata dai percorsi profes-sionali dei giornalisti premiati”.

(g.c. –www.quirinale.it - www.odg.it)

di Ruben Razzante

L’informazione italiana godedi una cattiva fama, sia inItalia che all’estero. Le ragio-ni di quest’affermazione,tutt’altro che infondata, risie-dono in una certa degenera-zione del giornalismo italia-no, che da quarto potere dimemoria illuminista è diven-tato un compendio di populi-smo, ammiccamenti e su-perficialità.A sostenere questa tesi èMichele Loporcaro, 41 anni,ordinario di Linguistica ro-manza all’Università di Zu-rigo e autore di numerosisaggi di linguistica, pubbli-cati in Italia e all’estero.L’analisi di Loporcaro è im-pietosa e anche “un tantino”di parte. E prende le mosseda una considerazione difondo: il killer della notiziacome informazione è la so-pravvalutazione dell’imma-gine, del colore. La parolasoccombe di fronte ad unmix fuorviante e confusiona-rio tra news e letteratura.L’informazione italiana, in al-tre parole, si è spettacolariz-zata e ha perso credibilitànell’opinione pubblica e an-che all’estero. Lo stile bril-lante e accessoriato è unascelta per anestetizzare lecoscienze e prevenire il for-marsi di una pubblica opi-nione.L’immediatezza dell’informa-zione attuale tende a diven-tare semplificazione populi-stica, strizzatina d’occhio. Imedia non spiegano, non sirivolgono al raziocinio dellettore, del telespettatore odel radioascoltatore, ma fan-no appello alla sua emotivitàche, inevitabilmente, risultasuperficiale.Le notizie, a volte, sono deigusci vuoti, senza vera infor-

mazione, sono involucri prividi contenuto, che da unaparte si rivolgono alla “gen-te”, ma in realtà non realiz-zano l’ideale di un’informa-zione pubblica.L’autore, dopo alcune consi-derazioni preliminari su co-municazioni di massa e so-cietà, svolge un’analisi assaitecnica, sul linguaggio e laretorica dell’informazionenei mass media italiani con-temporanei.I fatti linguistici dei quali sioccupa Loporcaro si espli-cano in testi, cioè notizie, diassoluta centralità nella vitacollettiva italiana e che in-fluenzano anche la vita so-cio-politica.Di qui la natura interdiscipli-nare del discorso, visto chela bibliografia del volume inesame include, oltre a saggisul giornalismo, trattazioni dilinguistica teorica, filosofiadel linguaggio, storia dellalingua e della letteratura ita-liana, semiotica, retorica enarratologia, antropologia,sociologia delle comunica-zioni di massa, filosofia poli-tica, storia delle idee.Attraverso questa rassegna,l’autore arriva ad esprimerealcuni punti di vista, a volte

discutibili, in primo luogo l’i-dea che nell’informazioneitaliana si riscontrano alcunecostanti linguistico-stilisticheche contribuirebbero a spie-gare l’impressione di diver-sità e di basso livello deimedia italiani rispetto aquelli stranieri. Si trattereb-be, secondo Loporcaro, diuna forma linguistica nonpoliticamente neutra, asso-lutamente lesiva della qua-lità democratica della situa-zione italiana. Peccato,però, che l’autore a un certopunto si lasci prendere lamano con considerazioni ditipo politico, che si sarebbe-ro potute mantenere a un li-vello molto più asettico eacritico.Discutibile anche l’idea,espressa dall’autore, circal’impossibilità di una distin-zione tra fatti e opinioni, se-condo la tradizione anglo-sassone. In altre parole, ifatti, per il fatto stesso di do-versi trasformare in notizie,sono sempre e comunqueoggetto di un filtro ideologi-co e, secondo Loporcaro,non possono essere trattatein modo assolutamente ob-biettivo.Tale opinione che, sia benchiaro, merita rispetto, an-che perché largamente con-divisa, rappresenta a volteun’abdicazione rispetto agliideali di verità, trasparenzae lealtà dell’informazionegiornalistica e un alibi pertutti quei giornalisti che nonvedono l’ora di dire da cheparte stanno, quasi fosserodei soldati di un esercito inguerra permanente.

Michele Loporcaro,Cattive notizie.

La retorica senza lumi dei mass media italiani,

Feltrinelli,pagine 222, euro 14,00

Michele LoporcaroCattive notizie. La retorica senza lumi dei mass media italiani

Nel progetto culturale dellaChiesa italiana il ruolo dellacomunicazione è fondamen-tale. Per parlare alle coscien-ze di tutto il mondo, per lan-ciare i suoi messaggi ecume-nici, per promuovere ancor piùi suoi valori, la Chiesa si ser-ve anche dei media.E non po-trebbe essere altrimenti, vistala capillare e magmatica me-diatizzazione di tutti i fenome-ni sociali e culturali. Nulla di ri-levante succede senza che imedia ne registrino gli echi, avolte amplificando la portatadegli eventi, altre volte defor-mando la realtà, quasi mai ri-ferendola con il piglio attento el’amore della verità che ognicomunicatore dovrebbe mo-strare nello svolgimento deisuoi delicati compiti.Un richia-mo alla verità come saldo an-coraggio di ogni attività gior-nalistica che si rispetti e cheabbia a cuore in primo luogo idestinatari delle notizie arrivadal cardinale arcivescovo diMilano, Dionigi Tettamanzi,che ha raccolto in un volumet-to tre suoi significativi inter-venti sul tema della comuni-cazione sociale.Dalla lettura di quegli scrittiemergono alcuni punti fonda-mentali e irrinunciabili di unacorretta informazione, al servi-zio esclusivo dell’uomo e nondi biechi e degradanti interes-si di parte.Nel primo intervento, intitolatoInformazione e missione nel-la Chiesa del terzo millennio epronunciato a Varese, il 30gennaio 2004, in occasionedel novantesimo anniversariodi fondazione del settimanalecattolico Luce e della festa disan Francesco di Sales, il pa-trono degli scrittori e dei gior-nalisti, il cardinale Tettamanzi

prende atto del fatto che or-mai «il mondo vive “nei” me-dia» e, per certi aspetti «vive“dei” media» e che questi sipresentano «come una nuo-va ed enorme piazza dove simanifestano pubblicamente ipensieri, si scambiano le idee,si fanno circolare le notizie ele informazioni d’ogni gene-re». Proprio per il loro potereinvasivo e onniassorbente, imedia, da una parte sonoun’opportunità e una preziosarisorsa per favorire il dialogotra persone vicine e lontane einstaurare una rete di solida-rietà globale; dall’altra parte,sono rischiosi perché posso-no essere utilizzati contro l’uo-mo, sostituendo la verità conl’opinione, annullando l’interio-rità dei soggetti e omologan-do i contenuti, cioè alimentan-do un sincretismo culturaleche tende a mettere tutto sul-lo stesso piano. Per questo,secondo Tettamanzi, bisognavigilare ed educare ad un usocorretto dei media.Nel secondo intervento, intito-lato Sapienza e discernimen-to nell’uso dei media in fami-glia e pronunciato a Roma il22 maggio 2004 in occasionedel convegno “I media in fa-miglia: un rischio e una ric-chezza”, Tettamanzi tocca il

Dionigi TettamanziI media. Il coraggio della verità

di Ruben Razzantetasto delle nuove tecnologie esviluppa l’idea che «le comu-nicazioni sociali costituisconodi fatto uno dei principali fatto-ri di sviluppo del processo diglobalizzazione». Secondo ilcardinale di Milano, nel rap-porto con i media occorreoperare con sapienza, tenen-do conto dell’incidenza deimedia sui diversi aspetti dellavita familiare, e con discerni-mento, salvaguardando i va-lori autentici della comunica-zione sociale. Nei processi dicomunicazione, occorre rilan-ciare la centralità della fami-glia perché «i valori della vitafamiliare sono, in ultima anali-si, anche i valori della comu-nicazione».Il terzo e ultimo interventocontenuto nel volumetto è in-titolato Per “essere” giornalistiautentici la passione e il co-raggio della verità. Il cardinaleTettamanzi lo ha pronunciatoa Milano il 29 gennaio 2005durante l’incontro con i gli stu-denti e i docenti delle scuoledi giornalismo di Milano in oc-casione della festa di sanFrancesco di Sales. Il leitmotivdi quest’ultimo discorso è lacentralità della verità: «Laquestione della verità è cen-trale e decisiva per una co-municazione umana e uma-nizzante, ossia posta al servi-zio dell’uomo». Tettamanzitraccia un parallelismo tra laperdita di tensione etica daparte dei giornalisti e la spet-tacolarizzazione dei media, fi-nalizzata al business e non al-la valorizzazione della verità.Da ultimo, traccia l’identikit delgiornalista ideale: uomo ma-turo, interiormente ricco, equi-librato e colto.

Dionigi Tettamanzi,I media. Il coraggio

della verità,Centro ambrosiano,pagine 99, euro 4,00

Page 24: Paola PastacaldiORDINE 7-8 2005 1 Roma, 22 giugno 2005. Sandro Ruotolo ha vinto la sua causa contro la Rai per ottenere il risarcimento del danno derivato dal biennio di inattività

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Un altro? Verrebbe voglia didirlo quando arriva l’ennesi-mo volume sul giornalismotelevisivo e scopri che ne èautore uno dei volti familiaridi un telegiornale, apparsotante volte negli scenari diguerra o come conduttoredel TG2. La nota biografica tiavverte che il giornalista in-segna alla facoltà di Scienzedella comunicazione all’uni-versità “La Sapienza” diRoma e Teorie e tecnichedella comunicazione di mas-sa al corso di laurea inScienza della comunicazio-ne dell’università di Ma-cerata. Altri addentellati diesperienza didattica – siscoprono alla lettura del te-sto – con la Scuola Radio-televisiva della Rai a Perugiae con lo Iulm di Milano.Per completare l’identikitcerchi, come d’uso, la biblio-grafia: non c’è.Occorre ricostruirla attraver-so le citazioni a piè di paginao nelle pagine del testo.Lavoro da certosino ma utileper formulare un giudiziosulla completezza delle fonti:positivo anche se prevalgo-no testi e documentazionianglosassoni, scuola di pen-siero giornalistica verso laquale Sandro Petrone dimo-stra una forte simpatia. E

quindi ovvio che i terminitecnici usati siano prevalen-temente in inglese (anche iltitolo del libro parla di news).Occorre prendere atto che illinguaggio giornalistico dellanew generation (eccomiprontamente adeguato) è in-farcito vocaboli non italiani(e poi ci lamentiamo che aBruxelles e a Strasburgo ab-biano cancellato la nostralingua da quelle previste perle conferenze-stampa).A parte queste considera-zioni, che qualcuno definirà“nostalgiche”, nell’insieme citroviamo di fronte ad un effi-cace manuale per gli stu-denti, sempre più numerosinei corsi di laurea sulla co-municazione, che unisce leinformazioni tecniche del“come” con le motivazionidel “perché”, nelle quali con-fluiscono le ragioni più pro-fonde che animano il compi-to del giornalista se vuolestabilire con il lettore (il ter-mine può estendersi anchea chi guarda un tg) un rap-porto di chiarezza e quindi difiducia.L’esposizione è molto artico-lata ed alcuni capitoli si se-gnalano perché danno giu-stamente rilievo ad aspettiche in altri testi analoghi nonsono sottolineati: ad esem-pio, fra gli altri, ciò che con-cerne l’importanza del suo-no nel contesto di una situa-zione visiva.

Un altro, non secondario,pregio di questo libro è il fat-to che una prima stesura siastata ‘testata’ direttamentecon gli studenti di un semi-nario universitario nell’ambi-to di ricerche specifiche(una, significativa, sul temadell’intervista) Tre piccole osservazioni:1) Laddove si cita giusta-mente lo psicologo CarloGalimberti sui codici cinesi-ci, prossemici e paralingui-stici, si sarebbero potuto ri-cordare le opere di H.T. Hall,(a cominciare da La dimen-sione nascosta), padre dellaprossemica.2) A pagina 46 in una nota siscrive “Sull’origine del no-me” “Evelina” si raccontaperfino che fosse quello del-la segretaria di Eurovisionea Ginevra, incaricata deicontatti quotidiani con le te-levisioni “, Nella prossimaedizione si può togliere il “siracconta perfino”. Non è unafavola (e nonostante siapassato mezzo secolo ci so-no ancora al mondo, e inItalia, testimoni che lo pos-sono confermare: con ma-demoiselle Evelyne, vocesimpatica e squillante, siparlava ogni mattina, in col-legamento diretto dalle di-verse redazioni europee –per l’Italia da Milano – peroffrire materiali video e farsioffrire “servizi” per il propriotelegiornale.

3) Si citano (a pagina 244) lesette regole d’oro, secondoAndrew Boyd per parlare escrivere alla radio e alla tv.Vale la pena di trascriverle:1) scrivere in una lingua par-

lata; parlare nella tastiera2) si sta sempre parlando

con un’unica persona3) non c’è una seconda oc-

casione 4) non subordinare e non in-

vertire le frasi 5) una lingua piana e com-

prensibile non significauna lingua fiacca e ine-spressiva

6) sostituire il concreto all’a-stratto

7) rendere interessante, se-guire il ritmo

E alla fine chiedersi: quantiseguono questi consigli? Larisposta la si può forse trova-re nell’ultima pagina del vo-lume, nel paragrafo intitolatoRambo in crisi di identitàSandro Petrone annota.“Di fronte a una nuova rivo-luzione in arrivo, che polve-rizzerà molti dei metodi pro-duttivi diffusi oggi nel mondoe che in Italia si fa ancora fa-tica ad apprendere, non re-sta che affidare agli auto-re-porter che stanno scenden-do in campo il corpo di rego-le e di istruzioni per l’usoelaborato in anni di profes-sione, lotte, riflessioni.Perché ognuno prenda ciòche crede e ne faccia l’usoche ritiene migliore”.Quindi addio regole, addiomanuali. E addio recensioni.

Sandro Petrone,Il linguaggio delle news,

Etas, Milano 2004 pagine 252, euro 17,00

Sandro PetroneIl linguaggio delle news

di Emilio Pozzi

Jay David Bolter,Richard GrusinRemediation

di Ruben Razzante

La storia dei media è una vi-cenda priva di cesure nette,perché ciascun mezzo diinformazione si affianca pro-gressivamente a quelli giàesistenti e ne rielabora carat-teristiche, impostazioni, con-tenuti, ne innova le forme manon fa tabula rasa dell’esi-stente. La storia dei media è,fondamentalmente, “media-morfosi”. Il contenuto di unmedium è sempre un altromedium.Non esiste, dunque, disconti-nuità tra i media digitali e i lo-ro predecessori: i nuovi rimo-dellano i vecchi e, allo stessotempo, i vecchi sono costrettia riproporsi in forme nuoveper rispondere alla sfida edelineare il loro orizzonte fu-turo.È questa la tesi di fondo delvolume, scritto da due do-centi americani di comunica-zione e curato da AlbertoMarinelli, docente di teoria etecniche dei nuovi mediapresso la facoltà di Scienzedella comunicazione del-l’Università “La Sapienza”, diRoma. Il titolo sintetizza ladialettica insita nella storiadei mezzi di informazione. La

remediation combina l’imme-diatezza e trasparenza conl’ipermediazione e l’opacitàdei diversi ambienti mediali.In altre parole, da una parte imedia ci propongono pro-grammi televisivi basati su ri-prese che documentano,senza alcuna mediazione,quello che sta succedendonella realtà; quindi, ci offronosenza veli la realtà rappre-sentata e si ritraggono pernon frapporre nulla tra l’uten-te e i fatti (immediatezza etrasparenza). L’esempio tipi-co è quello delle web-cam,che ci portano immediata-mente all’interno di ambientinaturali o domestici privati.Dall’altra parte, però, le nuo-ve tecnologie della comuni-cazione, espandono ai mas-simi livelli anche la loro opa-cità e ipermediazione, quan-do, nello “stile a finestre” delpersonal computer, tanto perfare un esempio, impongonoun nuovo spazio eterogeneocapace di inglobare mezzi diinformazione differenti (testo,audiovisivo, animazione, gra-fica) e di farli dialogare attra-verso i dispositivi di interazio-ne.Nota caratterizzante il con-cetto di remediation è la pre-sa d’atto che nella nostra cul-

tura un singolo medium nonpuò mai operare in formaisolata poiché si appropria ditecniche, forme e significatisociali di altri media, co-struendo forme di ibridazioneinnovative.Questo libro studia le moda-lità con le quali i mezzi diinformazione, tradizionali enuovi, si confrontano per atti-rare l’attenzione e conquista-re un posto di rilievo nellacultura popolare. La reme-diazione è un processo cheriguarda tutti i media prece-denti. Un medium si appro-pria di tecniche, forme e si-gnificati sociali di altri mediae cerca di competere con lo-ro o di rimodellarli in nomedel reale. Incarnazione diquesto modo di interpretarela storia dei mezzi d’informa-zione si ritrova nel WorldWide Web, che è già passatoattraverso molte fasi, ciascu-na delle quali ha rimodellatoalcuni media precedenti. «IlWeb – si legge nel volume –è oggi eclettico e inclusivo, e

continua a inglobare elemen-ti e a rimediare qualsiasi for-ma mediale, sia di tipo verba-le sia di tipo visuale, si possaimmaginare. La dimensionedel cambiamento continuo èil rapporto tra i diversi mediache il Web sembra preferirenelle sue diverse modalità dirimediazione; ciò che rimanestabile è invece la promessadi immediatezza che si espri-me nella flessibilità e nell’ap-proccio “dal vivo” della comu-nicazione di rete. Attraversoquest’ultima dimensione, ilWeb rimodella le modalità“dal vivo” della televisionetradizionale».Il libro, al termine di un’atten-ta analisi che attraversa tv,cinema, arte digitale, realtàvirtuale e molte altre cose, siconclude con una previsioneche altro non è se non unaconferma della tesi già illu-strata: ogni medium futurodovrà definire il proprio signi-ficato culturale in riferimentoa tecnologie già affermate.La vera novità potrebbe es-sere rappresentata da unnuovo medium che non fa-cesse ricorso a nessuno de-gli altri media per definire ilproprio significato. Ma a taleipotesi gli autori del volumedichiarano di non credere,perché, secondo loro, «nonpuò esistere mediazionesenza rimediazione».

Jay David Bolter,Richard Grusin,

Remediation,Editore Guerini,

pagine 315, euro 24,50

«L’italiano dei giornali è damolto tempo considerato, abuon diritto, l’esempio più si-gnificativo di italiano scrittomedio». Riportiamo e condi-vidiamo. Anche se non sem-pre il linguaggio della cartastampata riesce a offrire, so-prattutto ai giovani, una cor-retta “interpretazione” dellanostra lingua, troppo spessobistrattata e maltrattata, so-prattutto negli ultimi anni, intermini di grammatica e disintassi. E in questo ambitonegativo anche il mezzo te-levisivo ha le proprie colpe,eccome. Provate a farci ca-so: se un “mezzo busto”commette un errore, ripropo-nendolo nel breve periodo,ben presto si troverà affian-cato da una miriade di imita-tori-estimatori, culturalmentecarenti, pronti ad assimilarlocome se si trattasse di unadivinazione.Stiamo però divagando, vi-sto che di carta stampata siparlava, anche se allargataal mezzo che oggi tanto vadi moda, in altre parole quel-lo che si identifica conInternet e dintorni.Perché proprio a questa te-matica Ilaria Bonomi, docen-te di Grammatica, Linguaitaliana e comunicazione al-l’Università degli Studi diMilano, ha voluto dedicare ilsuo particolare contributo.Frutto peraltro di una atten-zione alla lingua giornalisti-ca, di ieri e di oggi, che stameritevolmente portandoavanti da tempo. Con un oc-chio peraltro rivolto all’inno-vazione grammaticale nell’i-taliano contemporaneo.Innovazione che, troppospesso, finisce con il recepi-re le “devianze” per così direletterarie dei giornalisti.Certo, viene da dire, la no-stra è una lingua viva, quin-di in continuo cambiamento.Sta a vedere come indiriz-zarla, accompagnarla eprenderla per mano in talimutazioni. Ma questa è tuttaun’altra storia.Per i tipi della Franco CesatiEditore, non proprio frescodi stampa e offerto a unprezzo forse non per tutte letasche (34 euro), IlariaBonomi propone un intrigan-te saggio, che forse sarebbemeglio definire ricerca, senon approfondimento:L’italiano giornalistico.Dall’inizio del ‘900 ai quoti-diani on line. Un lungo viag-gio indagatore «nell’evolu-zione del periodo in cui igiornali hanno rappresenta-to il mezzo di informazioneper eccellenza, ruolo poipassato alla televisione».Diciamolo subito. Il testo ètosto, molto professorale,ma in ogni caso meritevoledi attenzione. Perché rappre-senta una specie di “proces-so”, anche se la parola puòrisultare decisamente forte,o meglio una disamina dellamobilità della lingua comune

che, nel tempo, si è andatanutrendo dei più diversi con-dizionamenti (politici, sociali,storici e di costume).Condizionamenti che hannoportato al nascere di nuoveterminologie, modi di dire evia di questo passo.D’altra parte, come ben sisa, la stampa ha contribuitoin maniera robusta allo svi-luppo di innovativi, spessoanche gratificanti, utilizzi del-la lingua. Perdendosi perstrada la retorica degli annidel fascismo, l’utilizzo di unaeccessiva contaminazioneletteraria, nonché il divietodegli “stranierismi” che ten-ne banco nel ventennio.Purtroppo oggi siano arriva-ti a peccare, e di un bel pec-cato si tratta anche in que-sto caso, in senso decisa-mente opposto.Merito dell’autrice è pertan-to l’aver saputo analizzare,attraverso una lettura del tut-to particolare e quanto maiattenta, i quotidiani milanesidel Novecento, a partire dal-l’inizio del secolo scorso esino a quelli dei nostri giorni.Giornali quindi anche«CF2» on line «CF», ultima-mente alle prese, dopo glientusiasmi iniziali, con qual-che problemuccio di soprav-vivenza, anche se in ognicaso portatori di una loroconnotazione del tutto parti-colare.Ilaria Bonomi non manca poidi approfondire, attraversoaspetti non solo grammati-cali, cambiamenti che po-tremmo definire storici.Come quelli legati al secon-do dopoguerra, anni «neiquali si è avviata — sottoli-nea Maurizio Vitale nellaprefazione — una rapida, tu-multuosa diffusione nazio-nale (peraltro accelerata dal-la popolarità sempre più vi-va della radio, del cinema esuccessivamente della tele-visione) della lingua italiana“comune”». Pagata peraltroalla grande, aggiungiamo, intermini di lessico e di sintas-si.Insomma, per chi ne avessevoglia, un bel ripassino sututto un po’: dall’uso degli ar-ticoli alle preposizioni artico-late, dai nomi ai pronomi, daiverbi alle congiunzioni e viadi questo passo. Con punta-te sulla sintassi del periodo,l’interpunzione, la testualità,l’iper-testualità, l’oralità e viadi questo passo. Certo, con iricordi scolastici che si sonoandati via via perdendo perstrada, quanti brividini diignoranza ci attanaglieran-no?

Ilaria Bonomi,L’italiano giornalistico.

Dall’inizio del ’900 ai quotidiani on-line,

Franco Cesati Editore,Firenze 2002,

pagine 388, euro 34,00

Ilaria BonomiL’italiano giornalistico.Dall’inizio del ’900 ai quotidiani on-line

di Mauro Castelli

LIBRERIA DI TABLOID

Page 25: Paola PastacaldiORDINE 7-8 2005 1 Roma, 22 giugno 2005. Sandro Ruotolo ha vinto la sua causa contro la Rai per ottenere il risarcimento del danno derivato dal biennio di inattività

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Il giornalista riesce a colle-garsi direttamente ai siti stra-nieri in tempo reale e a ren-dere immediatamente fruibilial grande pubblico contenutiinformativi diffusi all’estero.Nello stesso tempo, le picco-le testate che fanno informa-zione in provincia, acquista-no una visibilità potenzial-mente internazionale. Adesempio, l’emigrante italianoall’estero può tenersi infor-mato sulle vicende anchemarginali della sua piccolacittà natale, in tempo reale,benché distante da essa mi-gliaia di chilometri.Queste forme nuove di fareinformazione hanno ridefini-to il ruolo dei giornalisti ehanno modificato profonda-mente il rapporto tra chi fainformazione e chi la riceve.Con un uso corretto della re-te è possibile fare informa-zione di qualità e stimolare lanavigazione attraverso sitiche forniscono notizie a vol-te assenti dai grandi circuitimediatici, ma non per que-sto meno importanti e meri-tevoli di segnalazione.Nel volume si parla della na-scita, nell’ottobre 2001,dell’Agenzia giornalistica Eu-ropa, con una redazionecomposta da giovani giorna-listi campani, che, nello svol-gimento del loro lavoro, si ri-volgono soprattutto a coloroche fanno dell’informazionesu internet il loro pane quo-tidiano.

Carlo Baldi e Roberto Zarriello,

Penne digitali.Dalle agenzie ai blog:

fare informazione nell’eradi internet,

Centro documentazionegiornalistica,

pagine 173, euro 15,00

L’informazione on-line è unadelle novità più rilevanti dellastoria mediale degli ultimi de-cenni. Tante volte le notizieche viaggiano in rete sonoscadenti, poco importanti,scarsamente o per nulla ve-rificate, ma esistono anchetanti esempi di uso corretto ealtamente professionale del-la rete, di giornalismo di qua-lità che elabora inchieste,confronti di opinioni, valuta-zioni alternative e non omo-logate di eventi mediatica-mente strumentalizzati.A fare chiarezza nella storiadell’editoria on-line e, perquanto possibile, nel futurodelle nuove tecnologie appli-cate all’informazione hannopensato Carlo Baldi eRoberto Zarriello, entrambiattivamente impegnati nelsettore, dando alle stampeun volume agile e di taglio di-vulgativo, appassionante earricchente per quanti nonconoscono a fondo tutti i pro-dotti informativi che attraver-so la rete si possono confe-zionare e veicolare.Alcuni blog gestiti personal-mente da giornalisti e inviatisono diventati veri e propripunti di riferimento per mi-gliaia di lettori, pur essendo

sganciati dai circuiti dell’infor-mazione dominante. Branimusicali di gruppi semisco-nosciuti al grande pubblico esegnalati solo sul web da e-zine specializzate hanno su-perato, nell’indice degliascolti, gli idoli proposti epubblicizzati dalla televisio-ne. In altre parole, comeemerge nitidamente da que-sto libro, internet non è soloun canale di diffusione abasso costo, bensì un veico-lo, per certi versi insostituibi-le, di informazione di qualità.D’altronde, la diffusione di in-ternet nelle case è ormai undato innegabile in tutt’Eu-ropa.Sul versante giornalistico, ilprimo quotidiano a speri-mentare la rete è stato, nel1994, l’Unione Sarda, diNichi Grauso. Ma la vera no-vità non sono tanto i quoti-diani cartacei che si riprodu-cono in rete in modo pedis-sequo, bensì i nuovi quoti-diani on-line, come Il Nuo-vo.it, che però scontano lamancanza di finanziamenti ei costi di gestione eccessivi equindi non sopravvivono perpiù di qualche anno. Uno deimiracoli dell’informazioneon-line è il “glocal”, cioè laconciliazione tra gli aspettiglobali e globalizzanti del-l’informazione e quelli locali.

Carlo Baldi e Roberto ZarrielloPenne digitali. Dalle agenzie ai blog: fare informazione nell’era di internet

di Ruben Razzante

Dal primo foglio coloniale del1690 alla crisi post-11 set-tembre, i giornali americanihanno vissuto varie fasi, chesono scandite dagli eventipiù importanti della storiaamericana. In qualche misu-ra, la storia del giornalismoamericano diventa lo spec-chio della realtà statunitensedegli ultimi tre secoli, nell’in-terazione costante tra politi-ca estera e politica interna,tra scelte isolazionistiche escelte espansionistiche. Nelpresente volume, si recuperail filo di una cronologia esal-tante, fatta di orgoglio patriot-tico ma anche di ferite da ri-marginare, di vittorie soffertee di scandali disarmanti.L’evoluzione del giornalismoamericano coincide con ilprogredire di una realtà stori-ca, sociologica e culturaleche molti di noi conosceva-no, ma non attraverso le len-ti della stampa e dei media.Merito degli autori di questolibro è di aver fatto riviveremomenti fondamentali dellastoria degli Usa attualizzan-do i resoconti che di queglieventi sono stati forniti daimezzi di informazione, condifferenti e sempre nuovi ap-procci.Il giornalismo americano

nacque come giornalismo diparte. La lotta per l’indipen-denza e la nascita della nuo-va repubblica furono domi-nate da una stampa forte-mente schierata, pronta amentire pur di far avanzarela propria causa. Solo agliinizi del Novecento si affer-ma l’idea di fatti separati dal-le opinioni. Nel frattempo,però, mentre gli stampatoridelle monarchie europee li-mitavano ancora fortementela libertà di stampa attraver-so la censura, la nuovaCostituzione americana(1791) dedicava il Primoemendamento alla libertà distampa, precisando che ilCongresso non avrebbe fat-to alcuna legge per limitarla.Fatto sta che il cinquanten-nio tra la Guerra d’indipen-denza e l’avvento della stam-pa di massa (1783-1833) fuil periodo più fazioso dei gior-nali americani, che nasceva-no come esempi di stampamilitante e propagandistica. Igiornali, in quel periodo, era-no vere e proprie casse di ri-sonanza dei partiti politici.Nel 1830, gli Usa, con 1.200testate, erano in testa allaclassifica mondiale per diffu-sione di periodici. In queglianni esplose la penny press,una stampa rivolta all’uomocomune, poco interessato al-la propaganda e alla crona-

ca politica. La penny pressera popolare, sia per i conte-nuti sia per il prezzo (un cen-tesimo a copia), e favorì unasorta di approfondimento delgiornalismo personale, conuna stretta identificazione trale testate e i loro direttori.Venne meno l’enfasi sullastampa di partito e si diffusesempre più un giornalismoneutrale e indipendente.La prima guerra mondialesegnò la fine del giornalismotrasparente e obbiettivo. Néin Europa né negli Usa i gior-nali raccontavano più ciò cheaccadeva perché l’entrata inguerra di molti Stati corrispo-se al canto del cigno del-l’informazione neutrale.In quegli anni la radio avevagià minato il predominio del-la carta stampata. Gli annicinquanta e sessanta furonoinvece gli anni in cui la tv siimpose come principalemezzo informativo, rivoluzio-nando le dinamiche sociali.Per quanto riguarda, infine, ilgiornalismo on-line, le sueorigini, negli Usa, vengonofatte risalire al 1992, con lanascita del Chicago Online.Dodici nel 1993, i quotidianiamericani sul web erano di-ventati sessanta nel giro ditre anni. Nella seconda metàdi quel decennio, quasi tutti igiornali avevano redazionion-line separate e indipen-denti. Tra la fine del 2000 el’inizio del 2001 la crisi dellanew economy colpì anche ilgiornalismo on-line.

Sofia Basso e Pier Luigi Vercesi,

Storia del giornalismoamericano,

Mondadori Università,pagine 222, euro 13,90

Sofia Basso Pier Luigi VercesiStoria del giornalismo americano

di Ruben Razzante

Il volume di Gianluca Gardini(docente di Diritto dell’infor-mazione e della comunicazio-ne presso l’Università diBologna), Le regole dell’infor-mazione. Principi giuridicistrumenti e casi, come sotto-lineato dallo stesso autorenella sua prefazione, nascesia dalla constatazione di unascarsa attenzione sociale ver-so i temi dell’informazione edella comunicazione, che dal-l’esigenza di dare conto e dispiegare, a coloro che si avvi-cinano alla materia, il funzio-namento giuridico di un siste-ma in apparenza razionale,per tentare di capire cosa sicela «dietro ai suoi fallimenti ealle sue incoerenze».Difatti, il diritto dell’informa-zione è dotato di una struttu-ra complessa (l’autore lo de-finisce un «diritto di secondolivello») che presuppone co-noscenze in grado di spazia-re dal diritto pubblico, costitu-zionale e amministrativo, aldiritto civile e, per finire, an-che al diritto penale.Per cercare di dare conto edi venire a capo di questa

complessità e rendere com-prensibili al lettore (sia essostudente, operatore del-l’informazione o sempliceappassionato di temi dellacomunicazione), le regole si-stemiche che governano lediverse attività di informazio-ne, l’opera di Gardini si arti-cola in tre parti.La prima parte, ha natura in-troduttiva e concerne le no-zioni generali del diritto del-l’informazione. Tra queste,prima tra tutte, viene esami-nata la libertà di manifesta-zione del pensiero sia in ter-mini di valutazioni generalisia, in termini di analisi nel-l’ambito del nostro quadrocostituzionale, senza peral-tro dimenticare di sottolinea-re come la cronaca rappre-senti una forma privilegiatadi attività di manifestazionedel pensiero.Ma anche questa forma di li-bertà - come tutte le libertà -ha i suoi limiti che, tuttavia,non possono essere «diversida quelli fondati sulla stessaCostituzione». Si tratta quin-di di individuare corretta-mente tali limiti, che sono an-zitutto quelli esplicitati nellostesso art. 21 della Costi-

tuzione ossia il limite delbuon costume, ma sono an-che quelli cosiddetti implicitie ricavabili dal (faticoso) bi-lanciamento con altre normecostituzionali, nella misura incui queste sono portatrici divalori costituzionali contrap-posti. In particolare ci si rife-risce ai diritti di natura indivi-duale con particolare riferi-mento ai cosiddetti diritti del-la personalità - quali onore,riservatezza e identità per-sonale - nonché a quelli dinatura pubblicistica come leesigenze di giustizia, la tute-la dei segreti, la salvaguar-dia dell’onore delle istituzionie l’ordine pubblico (di cuimolto si discute a causa del-la sua matrice autoritaria edei rischi di strumentalizza-zione in senso antidemocra-tico a cui si presta).La seconda parte analizza ivari settori del mondo del-l’informazione (stampa, ra-diotelevisione, spettacoli, te-lecomunicazioni ed internet).Nel far ciò l’autore muovedalle norme che regolano lastampa, nella consapevolez-za che questa rappresenta ilpresupposto logico-giuridicodella disciplina che regola-menta gli altri mezzi di co-municazione, come quelloradiotelevisivo ed internet (lecui regole, sovente, non so-no altro che un’applicazioneanalogica ed evolutiva delledisposizioni originariamentenate per il settore della stam-pa). Vengono inoltre analiz-zati gli aspetti più significativi

Gianluca GardiniLe regole dell’informazione. Principi giuridici strumenti e casi

di Sabrina Peron

della professione giornalisti-ca (dalle finalità dell’Ordine,ai doveri deontologici e laclausola di coscienza), met-tendo poi in evidenza la spe-cifica peculiarità del mezzoradiotelevisivo e, soprattutto,quello televisivo, che oramaiha raggiunto «dimensioni im-ponenti», dato che «nessunaltro mezzo di comunicazio-ne di massa ha una plateacosì vasta». A quest’ultimoriguardo viene puntualmentericostruita la disciplina radio-televisiva del nostro Paese,significativamente intitolandoil relativo paragrafo «storia diun’anomalia». L’ultimo setto-re preso in esame è quellodella rete, dove vengono evi-denziati i problemi che sor-gono quando si tenta di re-golare un mezzo, «anarchi-co per natura», quale è in-ternet, rivendicando comun-que lo sforzo di estendereanche alle attività di manife-stazione del pensiero svoltein rete, tutti i limiti che trova-no il loro fondamento nellatutela di beni di pari rangocostituzionale. Difatti, l’attua-le assenza di una «regola-mentazione specifica, l’e-strema difficoltà di disciplina-re un mezzo endemicamen-te pluralista caratterizzato datali e tante peculiarità, nondeve tradursi nell’affermazio-ne della non assoggettabilitàdi internet al diritto».La terza parte, infine, è dedi-cata ad alcuni temi trasver-sali, primi tra tutti privacy e ri-servatezza, ancora una volta

accompagnate da opportu-ne ricostruzioni storichesvolte attraverso l’enuclea-zione di alcuni casi, quali: ilcaso Caruso (relativo ad unfilm che ricostruiva la vicen-da umana di Caruso, enfatiz-zandone le umili origini, l’in-clinazione all’alcolismo ed iltentativo di suicidio); quelloPetacci (relativo la pubblica-zione di un libro che narrava,negli intimi particolari, la re-lazione tra Claretta Petacci eil duce); e quello di SorayaEsfariandi (che riguardava lapubblicazione da parte di unnoto settimanale, di immagi-ni fotografiche, riprese con ilteleobiettivo, all’interno del-l’abitazione privata dellastessa). Gardini, in ogni ca-so, non dimentica di eviden-ziare i problemi lasciati aper-ti dalla recente introduzionein Italia del Codice per la pro-tezione dei dati personali,quali ad esempio: la neces-sità di trovare un equilibriotra il diritto alla riservatezza equello della trasparenza nel-l’accesso ai documenti am-ministrativi; oppure la mute-volezza del concetto stessodi riservatezza, che non è un«diritto “sacro”, ma contin-gente, legato alle esigenzesociali di certi momenti stori-ci». Altro tema trasversaleche viene esaminato è quel-lo relativo la comunicazionenelle pubbliche amministra-zioni, considerata la cre-scente attenzione al temadella comunicazione e del-l’informazione pubblica, an-

che grazie all’affermarsi del-le nuove tecnologie e dellosviluppo della «società del-l’informazione». In particola-re l’autore evidenzia l’impor-tanza di una informazionepubblica di qualità, poiché èdalle informazioni pubblicheche si sviluppano i compor-tamenti dei soggetti privati.L’ultimo tema trasversaleanalizzato è quello relativo lacomunicazione politica, conspecifico riferimento allecompetizioni elettorali: ossiala propaganda, la pubblicitàe l’informazione. La prima,mira semplicemente a in-fluenzare la volontà dei vo-tanti; la pubblicità elettorale,invece, è una mera speciesdella prima, mirando ad in-fluenzare il voto attraverso letecniche tipiche del marke-ting. L’informazione elettoraleo politica, infine, si caratteriz-za per la sua neutralità, os-sia per il compito di trasmet-tere, dati, notizie e opinioni,nel modo più ampio possibi-le. Per tale motivo, questo ti-po di informazione dovrebberispettare - a differenza diquella propagandistica opubblicitaria – i canoni dellacorrettezza, dell’obiettività edell’imparzialità.

Gianluca Gardini,Le regole

dell’informazione.Principi giuridici strumenti e casi,

Bruno Mondadori, 2005,pagine 303, euro 22,50

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Page 26: Paola PastacaldiORDINE 7-8 2005 1 Roma, 22 giugno 2005. Sandro Ruotolo ha vinto la sua causa contro la Rai per ottenere il risarcimento del danno derivato dal biennio di inattività

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Quattro libri sulla storia degli ultimi sessant’anni

In questi mesi tutti gli editori hanno mandato in libreria nuovi libri oaggiornamenti di testi dedicati ai sessant’anni della Liberazione, al-cuni ripercorrendo le tappe più significative della Resistenza, altri of-frendo nuovi punti di vista sugli eventi della storia italiana dal 1943a oggi.Non sono mancati dibattiti e convegni, in tutta Italia. Tra i più stimo-lanti il ciclo svoltosi fra il 7 e il 31 maggio al Palazzo della Ragione,dove sono stati presentati 13 volumi in tema di cui erano autori,Mimmo Franzinelli, Edgarda Ferri, Mario Isnenghi, Filippo Focardi,Carlo Vallauri, Raoul Pupo, Vieri Poggiali, Roberto Chiarini, Marina

Addis Saba, Michele Sarfatti, Guri Schwarz, Mirco Dondi e LuigiGanapini L’iniziativa era delle Civiche Raccolte storiche che conte-stualmente ha allestito due mostre: al Palazzo della Ragione quelladedicata al Memoriale della Liberazione di Milano e al Museo diStoria contemporanea quella dedicata alla Resistenza in Europa (Leradici di una coscienza comune)

Fra i libri pubblicati da Mondatori abbiamo scelto quattro volumi deiquali sono autori Pasquale Chessa, Pierluigi Baima Bollone, MimmoFranzinelli ed Edgarda Ferri.

di Emilio Pozzi

Non è un caso se questo li-bro ha la prefazione diGiampaolo Pansa. Quandouscì Il sangue dei vinti aPanorama notarono chel’autore faceva molti riferi-menti a documenti fotografi-ci, ma il romanzo era privodi fotografie. PasqualeChessa scrisse un articolocorredato di molte immaginievocate da Pansa nel suo li-bro. Era quindi giusto pen-sare a lui per due pagine in-troduttive quando Chessa siè dedicato a selezionarecentinaia e centinaia di fotoper comporre un volumeche raccontasse per imma-gini sessant’anni e più distoria, senza strabismi.Pansa spiega anche qui co-me si sia deciso a superareil muro del silenzio di chiaveva fatto la Resistenza enon aveva raccontato cosafosse successo dopo laLiberazione, il dopoguerradi sangue. Per Pansa avreb-bero avuto tutto il diritto diraccontarlo. Ma nessunol’ha fatto. Si è deciso lui,sgravandosi di un peso sul-la coscienza che aveva ac-compagnato tutta la sua vi-ta. E da allora si è aperta ladiga. Ne hanno scritto intanti. Per Pansa c’è ancoramolto da raccontare. E se-condo lui Pasquale Chessafa un passo avanti, moltoimportante.Il denso saggio di PasqualeChessa che introduce lastoria per immagini, analiz-za nel groviglio delle guerre

italiane i fatti e i problemi, itemi e le riflessioni critichesu chi è patriota e chi è ri-belle, chi è traditore e chi siconsidera fedele servitore,chi è occupante, chi invaso-re, chi occupato.Nell’avviare la sua ricogni-zione parte dalle parole diBeppe Fenoglio che al par-tigiano Johnny attribuisce“disincanto” e ricorda le pa-role di Italo Calvino. Bastaun nulla, un passo falso, unimpennamento dell’anima,e ci si trova dall’altra parte”“Che cosa ci fosse dall’altraparte - scrive invece Ches-sa - è il problema crucialeche la cultura storica ha ri-mosso dalla vicenda politicadel dopoguerra, presto con-dizionata dai riflessi italianidella guerra fredda. SubitoSalò è diventato un buconero, della memoria delpassato, un capitolo indicibi-le della nostra storia”E propende, nella scelta deltitolo, per la tesi sostenutastoriograficamente da Clau-dio Pavone, usando lo stes-so titolo Guerra civile, consi-derandola nella geometriamentale del tempo, sintesidi tutti i conflitti. Una fratturaetica, comunque, che non siè ancora composta.Concludendo la lunga intro-duzione al racconto delleimmagini, Chessa si rifà adue giudizi. Cita AdolfoMignemi, storico esperto difotografia il quale ha datoquesti pareri. L’immagine fuuna necessità per la repub-

blica sociale fin dalla suanascita. Il problema di ren-dere visibile una realtà isti-tuzionale e la sua proget-tualità politica andando oltreil logoro uso degli slogan edelle parole d’ordine, eraenorme”.E per la Resistenza “Il desi-derio di fissare avvenimentisignificativi, carichi d’emoti-vità, di costruirne in modoinoppugnabile la memoria,ha lasciato tracce profonde,indelebili”. Conclude Pas-quale Chessa: “Seppur con-siderata più indizio che pro-va, la fotografia esalta la suafunzione narrativa proprionel racconto della lungaguerra civile attraverso quelprocesso di’intensificazionedella realtà di cui ha parlatoSusan Sontag”Da queste premesse, daconsiderare istruzioni perl’uso, scorriamo 180 pagi-ne di foto. Un album di fa-miglia, la grande famigliaitaliana, tra fratelli divisi.Per la copertina però l’edi-tore ha privilegiato quattroragazzi arruolati nella bri-gata nera di Montefiorino.Spavaldi e sorridenti con ilmitra in mano.

Pasquale Chessa,Guerra civile

1943-1945-1948.Una storia fotografica,

Le scie Mondadori,pagine 216, euro 19,00

Pasquale ChessaGuerra civile 1943-1945-1948Una storia fotografica

Alle centinaia di libri dedicatia Benito Mussolini, si aggiun-ge questo volume che, perl’autore, va a colmare una la-cuna. Nella premessa scriveinfatti Pierluigi BaimaBollone, riferendosi al molti-plicarsi di pubblicazioni:“Manca però uno studio or-ganico dedicato alle sue con-dizioni psicofisiche, all’in-fluenza di queste sulla vitaquotidiana e sulle proiezionidello stato di salute fino alsuo tracollo”. Cioè alla tragi-ca morte e ai molti interroga-tivi che in sessant’anni nonhanno avuto risposte certe.Il professor Baima Bollone,noto ai telespettatori per glistudi sulla Sindone (sulle di-verse articolazioni del sugge-stivo tema oltre ad essere ilprotagonista di tutte le tra-smissioni in argomento cura-te da Giovanni Minoli, hascritto tre libri) è passato daGesù al Duce illustrando lesue ricerche scientifiche e in-vestigative nella trasmissione“Enigma” di Rai Tre, nel gen-naio 2003 e nella “lezionemagistrale” in apertura delCongresso internazionale VIGiornate medicolegali roma-ne ed europee nel giugnosempre del 2003.Il volume raccoglie anzituttoriflessioni teoriche sulla for-mazione di una personalità eripercorre, con mentalità elinguaggio da medico, aspet-ti particolari della vita del ca-po del fascismo. Cita anzitut-to il ferimento di guerra (“allafaccia, alla regione anteriore

della spalla destra, alla regio-ne sottoascellare destra e aentrambi gli arti inferiori, reci-ta il foglio matricolare) cheavviene il 23 febbraio 1917mentre Mussolini assiste all’i-struzione sul lancio dellebombe con cannoncinoAlsen. E pensare che se l’e-ra scampata in almeno settecircostanze, quando bombeo granate gli erano scoppiatevicino e avevano fatto morti eferiti. Un’altra volta si è salva-to, grazie ad una protezionedi ferro, da due fucilate di unavedetta austriaca. Era intrepi-do il bersagliere Mussolini.Baima Bollone ricorda l’epi-sodio datato 21 febbraio1917 allorché scorto nell’o-scurità il puntino rosso dellasigaretta accesa di un au-striaco, riesce a centrarlo conuna granata. Il capitano de-plora l’azione e lui risponde“Signor capitano, allora an-diamo tutti a spasso inGalleria a Milano, che è me-glio!”. Nella puntigliosa cro-naca sanitaria si registra an-che un ricovero in ospedalea Cividale per “ittero catarra-le” o paratifo.Più capitoli sono dedicati alla“presunta infezione luetica”.Dal 1919 fino al 1945, quan-do viene effettuata la necro-scopia del cadavere dal me-dico legale professor CaioMario Cattabeni al quale siassociano i professori D’A-bundo e Scolari, rispettiva-mente docenti di neuropsi-chiatria e di clinica dermosifi-lopatica, la leggenda perse-

guita con maligna insistenzail “privato” di Mussolini.Prima di arrivare a ragionaresulle risultanze che emergo-no dal corpo steso sul gelidomarmo dell’obitorio di Milanoil professor Baima Bollone,sveste il camice del medico eindossa gli abiti dell’investi-gatore confrontando le diver-se tesi delle inchieste giorna-listiche, i documenti e le di-chiarazioni di coloro che han-no vissuto da testimoni o daprotagonisti le ultime ore diun dittatore stanco. E arrivaad alcune conclusioni chenon anticipiamo per lasciareal lettore la sorpresa, come siusa per i libri gialli. Questoanche per rispettare il “taglio”che lo stesso autore ha datoal racconto, nella secondaparte del libro, sia pur corre-dando la versione finale rigo-rosamente basata su datiscientifici, con immagini, ripri-stinate con programmi elet-tronici appositi.Perché, sotto certi aspetti,questa malamorte conserva,fra silenzi e reticenze, aspet-ti oscuri di cronaca, al di làdei giudizi etici e politici.Unica eccezione al riserboche mi sono imposto è quel-la di anticipare una valutazio-ne di Baima Bollone già notae cioè che sia da escluderela cosiddetta “pista inglese”.

Pierluigi Baima Bollone,Le ultime ore di Mussolini,

Mondadori, Milano 2005,pagine 272, euro 17,00

Pierluigi Baima BolloneLe ultime ore di Mussolini

di morti fascisti, (La RSI nel-le lettere dei suoi caduti,Lettere dei condannati a mor-te della Rsi, Lettere di cadutidella Repubblica sociale ita-liana). In una nota del suonuovo libro, Mimmo Fran-zinelli segnala anche Ho ilcuore buono-Lettere di con-dannati a morte della Resi-stenza e della Rsi che consi-dera una “ibrida antologia”.Meraviglia tuttavia, anzi la-scia sorpresi, che un attentostudioso dell’Italia fascista,che dal 1999 in qua ha sfor-nato sette libri, vincendo unPremio Viareggio nel 2000(con I tentacoli dell’Ovra), unPremio Benedetto Croce nel

2003 (con Squadristi), insi-gnito del Premio internazio-nale Silone nel 2002, citi sol-tanto cronisticamente, quasidi passaggio e una sola vol-ta, nello studio introduttivo(salvo poi i doverosi riferi-menti nelle note a letterepubblicate nel loro libro e quiriproposte) Piero Malvezzi eGiovanni Pirelli autori dellaprima raccolta. Il loro nomeperaltro non si trova nell’indi-ce dei nomi per il semplicefatto che l’indice, preziosostrumento di consultazionein testi storici, non c’è. C’èsoltanto quello degli autoridelle lettere.Che esistano te-sti di base e che siano anchefondamentali il curatore losa, tant’è che nelle primedelle settanta pagine intro-duttive all’epistolario, citaNuto Revelli, salvatore del“più straordinario corpo epi-stolare sul secondo conflittomondiale”. E allora? Perchénon dare il giusto rilievo an-

che a Malvezzi e a Pirelli?Non posso pensare ad igno-ranza, perché i testi sonocorredati di note minuziose(in qualche caso è vero, si ci-ta, con il solo titolo, uno deidue volumi ai quali mi riferi-vo) e nemmeno al troppo pe-so di un lavoro solitario, per-ché i collaboratori, genero-samente ringraziati sonomolti. Rimozione? Censuraideologica? Vorrei non do-verlo pensare perché, trat-tandosi di documenti e nondi opinioni, lo storico non do-vrebbe avere pregiudizi.In tempi di revisionismo spu-doratamente fazioso si èportati a pensare di tutto.Sgombrato il terreno da que-ste amara perplessità, miappresto a render conto allettore della corposità di unaraccolta che è con criterioscientifico ordinata in quattrofiloni: i fucilati, i deportati po-litici i deportati razziali, i te-stamenti spirituali.

Ogni lettera è introdotta dauna succinta nota biograficasu chi ha scritto la lettera, ac-compagnata dalla fotografiadel martire. Foto che hannoil sapore del tempo ma chenon sono migliorate dallastampa su carta di non buo-na qualità.Ogni testo, dal più semplicee ingenuo stilisticamente, ri-spetto al più impegnativo sulpiano ideologico, etico oumano, ha uguale valore: unuomo, una donna, un ragaz-zo, un vecchio, di fronte allamorte, prevista, sospettata,annunciata, sanno trovare laparola giusta, la loro ultimaparola, da lasciare a chi re-sta, come un fiore che nonappassirà mai. In questachiave sono da leggere i sa-luti, i messaggi, le testimo-nianze.E il lavoro di raccolta, certa-mente faticoso e logorante dicentoquarantacontributi, èdunque meritevole di un ap-

La prima volta che incon-trammo una raccolta di lette-re di condannati a morte del-la Resistenza italiana fu nel1952. Del volume, edito daEinaudi, erano curatori PieroMalvezzi e Giovanni Pirelli.L’introduzione era scritta daEnzo Enriquez Agnoletti. Inpochi mesi furono ristampa-te molte edizioni.Testimonianze drammatichee commoventi, dolorose eorgogliose, scritte con estre-ma, limpida semplicità: difronte agli ultimi istanti di vitasi trovano le parole essen-ziali. Anche se a chi non si èmai trovato in quella situa-zione possono apparire in-

genue. La poetica antologiadi Spoon river, anche con isuoi valori letterari, potevaimpallidire al confronto.Venne poi, nel 1954, semprea cura di Malvezzi e Pirelli laraccolta che comprendeva leLettere di Condannati a mor-te della Resistenza europea,con prefazione di ThomasMann. Quindi Le ultime lette-re da Stalingrado, scritte dasoldati tedeschi assediatinella sacca delle truppe so-vietiche, partite nel dicembre‘42 con l’ultimo aereo e maiarrivate alle famiglie.Numerosi sono poi i libri,pubblicati fra il 1960 e il1990, che raccolgono lettere

Mimmo FranzinelliUltime lettere di condannati a morte e deportati della Resistenza (1943-1945)

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prezzamento. I lettori, leg-gendo ogni riga, guardandoogni foto, possono stabilireun contatto ideale con tutticoloro che si sono visti met-tere troppo presto la parolafine a una vita piena di so-gni, di speranze, di entusia-smi.Le analisi accurate dello sto-rico, che ha preso in esameanche i libri che sono statidedicati ai fucilati dellaRepubblica di Salò, in parti-colare i testi di GiorgioPisanò, sono anche utili perdare l’idea di un contesto, or-mai lontano e sbiadito espesso stravolto.Si cataloga, si distingue, sideduce.Le lettere, da chiunque sianostate scritte, da un lato o dal-l’altro della barricata, sonoinvece una professione di fe-de, sempre limpida, la veritàdi un’ultima emozione. Nonsono mai lettere di odio.Anzi. Una costante: i con-

dannati chiedono perdono,non ai fucilatori ma alle pro-prie madri e ai padri, alle mo-gli e ai mariti, ai figli, per ildolore che, con la loro mortestanno per arrecare.“Ogni messaggio – scrivel’autore dell’introduzione – èil tassello di una memoriafragile, destinata all’incom-pletezza, parte di una storiacomplessa e terribile, neevoca l’epilogo e fa riaffiora-re un passato che si credevadimenticato”. E di fronte atanta angoscia – concordia-mo – gli strumenti dello sto-rico risultano inadeguati.

A cura di MimmoFranzinelli,

Ultime lettere di condannati a morte

e di deportati della Resistenza

(1943-1945),Le scie Mondadori,

Milano 2005,pagine 380, euro 18,50

La storia di Franco eGiampiero detto Peo. Un li-bro dentro un libro. I perso-naggi, rappresentativi dellecondizioni di vita a Milano,fra l’8 settembre ‘43 e gli ini-zi del maggio ‘45, si staglia-no, nel volume di EdgardaFerri come autentici prota-gonisti. Su di loro si potreb-be costruire un film e il regi-sta ideale potrebbe esserePupi Avati. E si intuisce chedella autenticità dei duegiovani la scrittrice si è in-namorata. Le vicende diFranco e Giampiero dettoPeo sono raccontate con lasecchezza di una cronaca,periodi brevi, pochi aggetti-vi, sul filo delle ore, dei mi-nuti, che passano, troppoveloci per qualcuno, eterneper altri.La loro storia, un’amiciziache ha come molla il comu-ne amore per la musica, eche, superati insieme mo-menti difficili, rischi di vita,necessità di scelte esisten-ziali, si cementa negli anni.Fratelli potrebbero essere.Dalle 2 del mattino del 23aprile alle 11. 50 di lunedì30 Franco e Giampiero so-no il filo narrativo di quellegiornate a Milano, punteg-giate di centinaia di episodi,di mille persone e perso-naggi: con pazienza certo-sina Edgarda Ferri ha rico-struito, attraverso le voci ditestimoni e protagonisti eanche la rilettura di docu-menti dell’epoca, minutoper minuto il clima di unacittà, dalla vigilia dell’insur-rezione, al convulso esplo-dere di azioni e di reazioni,dai gridi di gioia dei vincitoriagli urli di dolore di vinti e divittime.Chi ha vissuto quelle ore, ri-trova l’ansia dell’attesa, losmarrimento per la ferociadegli sgherri dalle nere divi-se, il timore di tragici errori,

la liberazione dalla pauraper arresti improvvisi e bru-tali, lo stupore per disuma-ne barbarie di folle scatena-te e inferocite, il ritorno aduna speranza di normalequotidianità e l’entusiasmoe la gioia per la scoperta diun nuovo modo di vivere, diesprimersi, in libertà.Una nuova alba, dunque.Chi ha vissuto quelle orepuò tuttavia cogliere unaforse involontaria reiterazio-ne di episodi sgradevoli, edolorosi certamente, comese ci fosse stato un accani-mento spietato nella cacciaai repubblichini, dopo il 25aprile.La bilancia, nell’ elencarefatti sembra pesare più dauna parte che dall’altra.Così come la pagina dipiazzale Loreto (dove nondimentichiamolo erano statitrucidati, per rappresaglia,per un tedesco ucciso,quindici cittadini, nell’ago-sto ‘44) riflette cronistica-mente quanto avvenuto,sull’onda di quei comporta-menti che rispecchiano,dalla Rivoluzione francesein qua, la psicologia dellefolle, studiata da Le Bon.

Edgarda FerriL’alba che aspettavano.Vita quotidiana a Milano nei giorni di piazzale Loreto - 23-30 aprile 1945

E chi non ha vissuto queimomenti, chi non ha subitole angherie del fascismoverso chi non era iscritto alpartito, chi ha accantonatola memoria delle FosseArdeatine, di Boves, diMarzabotto e la colpevolesottomissione alle leggi raz-ziali e allo sterminio nei la-ger, può anche oggi nel leg-gere queste pagine esseresdegnato ed emettere unsevero giudizio morale dicondanna.Non fu certo una bella pagi-na, deplorata da molti chepure atrocità avevano subi-to. Ma il sottotitolo mi distur-ba. Puzza di revisionismo.Non erano i giorni di piazza-le Loreto (un episodio) madella Liberazione (un even-to epocale).La folla non ha colore, nonha un’anima. È pronta aglientusiasmi. Il 10 giugno1940 in piazza Venezia lafolla era effettivamente “o-ceanica” ma al Teatro Liricodi Milano, al ritorno di Mus-solini, nel ‘43 non c’era tuttala città in delirio (come èscritto a pagina 13).La folla è pronta agli odii.Può diventare una bestiaferoce, impazzita.Chi ha vissuto quei mesi, eche in molte pagine si è ri-trovato, anche se la pennadella scrittrice ha qualchevolta lavorato di fantasia nelcreare cornici più adatte al-la narrazione, si augura chein una nuova edizione del li-bro, poiché diventerà in fu-turo certamente un testo daconsultare, siano correttealcune imprecisioni, nei fattie nei nomi, dovute a fontitestuali che già conteneva-no errori.Ne avrei qualcuna da se-gnalare e lo farò con unalettera privata a EdgardaFerri.Una però è giusto che sia

resa pubblica, perché ne vadell’onore di una persona:A pagina 143, si parla del27 aprile, ho letto “Sono infi-ne stati arrestati, e subito ri-lasciati, i collaborazionistiFranco Fucci, Harisi vonPapp, Salvatore Scuderi,Gaetano Console”.Non so gli altri, ma il primodella lista (a meno che sitratti di un omonimo) vaescluso.L’unico Franco Fucci chetutto il mondo giornalisticoconosce per esser stato ca-poredattore a Il Giorno, èstato un giovane ufficialedegli alpini che dopo l’8 set-tembre costituì in Brianzauna banda partigiana conGiancarlo Puecher Passa-valli. Catturati di notte e tro-vati in possesso di dinami-te, furono processati e con-dannati a morte.Puecher fu fucilato, Fucci,che aveva tentato di fuggireal momento della cattura,sparando, fu a sua volta fe-rito gravemente e trasporta-to prima al carcere di SanDonnino a Como e poi aSan Vittore, dove rimase fi-no a qualche giorno primadel 25 aprile.Su quell’esperienza scris-se anche un libro intitolatoGalantuomini tra le sbarre.Di lui si parla anche nel vo-lume che Giacomo DeAntonellis ha dedicato aGiancarlo Puecher, parti-giano cattolico come Fuccie medaglia d’oro dellaResistenza. Sono certoche Edgarda Ferri, control-lata anche la fonte errata,provvederà a correggerel’errore.

Edgarda Ferri,L’alba che aspettavamo.

Le scie Mondadori,pagine 250, euro 17,00

Giovanni Pesce (Medaglia d’oro al VM):“Franco Fucci, partigiano attivo e valoroso”

Milano, 25 giugno 2005. Giovanni Pesce, eroe dellaResistenza antinazista e Medaglia d’oro al VM, l’8 giu-gno ha indirizzato a Franco Fucci la lettera che pub-blichiamo qui di seguito:

“Caro Fucci, ho appreso che un recente libro della gior-nalista Edgarda Ferri (edizione Mondadori) include il tuonominativo in un elenco di persone definite ‘collabora-zioniste’ della Repubblica di Salò. Purtroppo nel mio li-bro Quando cessarono gli spari, pubblicato nel 1977dall’Editore Feltrinelli, avevo commesso un analogo er-rore. Allora mi impegnai immediatamente col mio edi-tore perché provvedesse a corredare ogni copia in cir-colazione di una errata corrige. ll testo era il seguente:

«A causa di un errore di lettura dei documenti, a pagi-na 143 del libro di Giovanni Pesce Quando cessaronogli spari, a Franco Fucci è attribuito il ruolo di collabo-razionista, mentre una lettura precisa della documenta-zione, oltre alla fama acquisita, permette di affermareche Franco Fucci è stato tra i partigiani più attivi e valo-rosi che hanno operato nella zona di Como e Milano. Ditale attività verrà infatti data ampia notizia nella prossi-ma edizione del libro. FELTRINELLI EDITORE».Se risultasse che l’errore di allora è fonte di quanto hascritto oggi la signora Ferri do, come allora, testimo-nianza della sua risultata infondatezza.

Con rinnovata amicizia. Giovanni Pesce”

A pagina 143 del mio libro L’alba che aspettavamo,(Le Scie Mondadori), fra alcuni milanesi arrestati il27 aprile 1945 con l’accusa di “collaborazionismo” hoincluso il nome del collega Franco Fucci: arrestato esubito rilasciato perché non solo innocente, ma an-che partigiano.L’equivoco nasce dall’aver preso i nomi e la defini-zione “collaborazionisti” dal libro di Giovanni Pesce,Senza tregua edito da Feltrinelli, che come tanti altrimi è servito a ricostruire il clima di quei giorni: sfon-do inevitabile alle testimonianze di persone tuttora vi-venti che costituiscono la trama e lo spirito del mio li-bro.Per rimediare all’errore, Pesce aveva ottenuto che lasua casa editrice incollasse un “errata” in una partedei suoi volumi, che sfortunatamente non compren-dono quello che lui stesso con involontaria ironia miha dedicato in edizione economica nell’aprile 1985“perché possa trovare in queste pagine nuovi motividi lavoro, e qualche verità”.

Edgarda Ferri

Ferri:errore senza dolo

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A cura dell’Istituto “Carlo De Martino” per la Formazione al Giornalismo

Direttore: MASSIMO DINI

Associazione “Walter Tobagi” per la Formazione al GiornalismoPresidente: GIUSEPPE ANTONIO BARRANCO

DI VALDIVIESOConsiglio di presidenza (triennio 2004-2007)Giuseppe Antonio Barranco di Valdivieso (presidente), Andrea Biglia, David Messina, Damiano Nigro (vicepresidenti), Guido Re (segretario), Massimo Dini (direttore Ifg), Franco Abruzzo, Pasquale Chiappetta, Ezio Chiodini,Alberto Comuzzi, Marina Cosi, Sergio D’Asnasch, Michele D’Elia,Luca Del Gobbo, Pierfrancesco Gallizzi, Letizia Gonzales,Carlo Maria Lomartire, Antonio Mirabile, Maurizio Michelini,Laura Mulassano, Paola Pastacaldi, Luca Pierani, Giacinto Sarubbi,Pietro Scardillo, Brunello Tanzi, Marco Ventimiglia, Maurizio VitaliComitato ristretto:Giuseppe Antonio Barranco di Valdivieso, Franco Abruzzo,Andrea Biglia, Luca Del Gobbo, Massimo Dini, David Messina,Cosma Damiano Nigro, Guido Re, Maurizio Vitali Commissione didattica: Piero Ostellino (presidente) Chiara Beria di Argentine, Vincenzo Ceppellini, Mario Cervi, GiovanniDegli Antoni, Massimo Dini Umberto Galimberti, Alberto Martinelli,Giorgio Rumi, Guido Vergani, Elia Zamboni Collegio dei revisori dei conti:Luciano Micconi (presidente), Piergiorgio Corbia, Domenico Fiordelisi.Supplenti: Agostino Picicco e Massimo Ravelli

periodico ufficiale del Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia

Ordine/Tabloid IFG /Tabloid

Poste Italiane SpA Sped.abb.post. Dl n. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004 n. 46) art. 1 (comma 2). Filiale di Milano Anno XXXV - Numero 7-8, Luglio-Agosto 2005

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La Cassazione penale (sentenza n. 21998/2005) spiega perché ha confermato l’assoluzione dei tre principali imputati

“Genesi oscura”per la strage di piazza Fontana

Roma, 14 giugno 2005. L’assoluzione di Zorzi, Maggi eRognoni, imputati per la strage di piazza Fontana, deve essereconfermata in quanto le dichiarazioni dei collaboratori e la man-canza di prove certe non sono sufficienti per un giudizio di re-sponsabilità degli imputati, pur essendo la strage riconducibilead Ordine Nuovo. Queste in sintesi le motivazioni della lungasentenza con la quale la Seconda sezione penale della Cortedi Cassazione ha confermato, lo scorso 3 maggio, la sentenzadi assoluzione dei tre principali imputati della strage di piazzaFontana emessa nel 2004 dalla Corte di appello di Milano.Secondo il Collegio presieduto da Francesco Morelli la stragedi piazza Fontana ha ancora una “genesi oscura”, pur essendoparte di un “programma eversivo ben sedimentato” con la re-sponsabilità materiale di Franco Freda e Giovanni Ventura. LaSuprema Corte, in particolare, ha ritenuto la sentenza di se-condo grado ben motivata, logica e coerente, condividendo latesi, espressa dai giudici dell’appello, secondo la quale la re-sponsabilità della strage di piazza Fontana sarebbe di Freda eVentura, anche se assolti nei rispettivi procedimenti, mentre nonsarebbe dimostrata la collaborazione del gruppo ordinovista di

Mestre e Venezia al quale appartenevano Maggi e Zorzi, anchea causa dell’insufficienza delle dichiarazioni dei principali colla-boratori e della scarsa attendibilità di uno di essi, Digilio. LaSuprema Corte ha in buona sostanza respinto i ricorsi dell’ac-cusa - contenenti “margini di notevole suggestione” - sottoli-neando che la sentenza assolutoria di appello si è meticolosa-mente concentrata nel rivalutare l’intera gamma degli elementiposti alla base del giudizio formulato dai primi giudici investitidella questione, concludendo che i tragici fatti del 1969 non ave-vano rappresentato una “scheggia impazzita” ma erano piutto-sto il frutto di un coordinato “acme” operativo “iscritto in un pro-gramma eversivo ben sedimentato, ancorché di oscura genesi,contorni e dimensioni”. Sulla condanna al pagamento delle spe-se processuali, che aveva suscitato vivaci polemiche, i giudicidella Seconda sezione penale si sono limitati a ricordare che ta-le condanna è prevista “ex lege” a norma dell’art. 616 del codi-ce di procedura civile. (da www.cittadinolex.it).

(Il testo della sentenza inhttps://www.odg.mi.it/docview.asp?DID=1876)

«La strage riconducibile ad Ordine Nuovo, ma a carico

di Zorzi, Maggi e Rognoni“mancano prove certe»

Fernando Bona, indimentica-bile maestro, descriveva lanascita del diritto come rime-dio alla contesa di un trofeodi caccia a suon di clava tradue trogloditi.Il giudice dell’antichità ha evi-tato faide e vendette, maquello moderno ha dovutoaffinare gli strumenti per ren-dere efficace la convivenzacivile: l’equità nel misurare lapena (Grozio) con l’equilibriodella stadera romana e l’ine-luttabilità della pena (Bec-caria), mezzo decisivo perrendere efficace l’ordina-mento.Gerardo D’Ambrosioè stato molti anni al Palazzodi Giustizia di Milano giudiceistruttore ai tempi della stra-ge di piazza Fontana e poiProcuratore aggiunto dellaRepubblica nella stagionedel terrorismo e di tangento-poli fino a diventare negli ul-timi anni, succedendo aFrancesco Saverio Borrelli,Procuratore capo dellaRepubblica. Oggi egli è com-mentatore all’Unità.D’Ambrosio analizza i malidella giustizia italiana di ogginel suo ultimo libro La giusti-zia ingiusta. A volte gli ossì-mori contengono nodi irrisol-ti dell’umana esistenza.È un libro agile e chiaro no-nostante le difficoltà dellamateria penale e processua-le. Come stile ricorda lo psi-canalista Cesare Musatti.Partendo dalle esperienzeconcrete vissute nel propriolavoro si sviluppano, concettiidee e proponimenti. “Perchéè verissimo e degno di som-ma laude quel proverbio, cheil magistrato fa manifesto ilvalore di chi lo esercita”(Francesco Guicciardini).Quello che colpisce è l’obiet-tività e il distacco anglosas-sone nel narrare soprattuttole vicende degli ultimi mesi.I cinque capitoli affrontanol’analisi della giustizia italia-na e lanciano l’allarme sullapolitica giudiziaria della XIVlegislatura.L’amministrazione della giu-stizia, ha trovato nellaCostituzione e nella legisla-zione degli anni Ottanta svi-luppi progressivi e migliorati-vi. Autonomia ed indipenden-

Gerardo D’Ambrosio La giustizia ingiusta

di Filippo Senatore za dei magistrati dal poterepolitico, processo accusato-rio, garanzie per la difesa,sono stati riconosciuti daiPaesi dell’Unione europeacardini di un sistema avan-zato, quello italiano, da imita-re ai fini dell’armonizzazione.Il cammino è stato molto len-to per adeguare alla Costi-tuzione la legislazione vigen-te troppe volte travolta dall’e-mergenza (terrorismo, mafiaecc.) o da inspiegabili cam-biamenti regressivi, troppi etanti soprattutto negli ultimianni.Nell’ultima legislatura sem-brerebbe che la legislazioneprocessuale sia portata adesasperanti lungaggini, nonsempre attuazione della ga-ranzia di difesa e del princi-pio accusatorio. Il processo èla sede dell’accertamentodella verità, quella proces-suale. Occorre uno specialeapprofondimento, ma è evi-dente che qualcosa non fun-ziona quando è possibile al-lungare i tempi sino alle pre-scrizioni del reato e delle pe-ne. La legislazione vigentenon rende il processo piùgiusto, ma si traduce nei ca-si più estremi in diniego digiustizia soprattutto per le vit-time del reato. Nel “credonessuno possa dubitare”Gerardo D’Ambrosio analiz-za fatti sconcertanti che po-trebbero portare alla paralisidel sistema processuale edalla conflittualità, tra i poteridello Stato. “Una fra le attri-buzioni della magistraturaconsiste nell’opporsi alla vo-lontà del sovrano, quandodeclina dal retto sentiero”(Joseph De Maistre)“La legge è uguale per tutti?Possono esistere cittadini diserie A e di serie B”? si chie-de l’illustre giurista.Quarant’anni fa Ennio Flaia-no auspicava l’attuazione deldettato costituzionale conscetticismo corrosivo.Oggi constatiamo con l’auto-re che quando la regola nonè attuata l’ordinamento è de-bole, il patto sociale si dis-solve e la libertà trasmodanell’arbitrio. Sulla scorta diun’esperienza, maturata sulcampo per decenni, egli sischiera con la maggioranzadella magistratura italiana,contro la riforma del ministro

della Giustizia tenendo aper-ta la porta del dialogo e delconfronto. Nell’ultima partedel libro D’Ambrosio propo-ne in sedici punti le modifi-che al Codice di procedurapenale per creare un’inver-sione di rotta che porti al mi-glioramento dell’efficaciadell’ordinamento penale ealla riduzione dei tempi digiustizia.Ad esempio al punto diecidelle proprie riflessioni, l’exmagistrato propone la rifor-ma del sistema delle impu-gnazioni. Restituire allaCassazione i poteri di meralegittimità, rendere il proces-so pienamente accusatorio,per arrivare all’eliminazionedelle lungaggini e delle ripe-tizioni degli atti nei successi-vi gradi di giudizio, dove il for-male principio d’oralità è so-stituito dal controllo puntualedegli atti del primo grado.Il principio d’astrattezza, d’o-ralità e d’immediatezza tantocaro ad uno dei maggioriprocessualisti dell’altro seco-lo, Giuseppe Chiovenda, so-no gli obiettivi ideali per ab-breviare i tempi della giusti-zia e per raggiungere celer-mente il verdetto di colpevo-lezza o assoluzione.Una vol-ta che la colpevolezza è ac-

certata la pena dovrà essereapplicata altrimenti l’opinio-ne pubblica e i cittadini per-deranno la fiducia nell’ordi-namento.Nel libro traspare il rispetto ela lealtà nei confronti delmondo dell’informazione,anche nei momenti d’altatensione (vedi il casoBuccini).Anche coloro che non condi-vidono le posizioni diD’Ambrosio, apprezzerannoil buon senso e lo spirito co-struttivo per porre rimedio aimali dell’amministrazionegiustizia.“Là c’è la porta che divide ilcammino della Notte e delGiorno, col suo architrave econ la sua soglia di pietra: ela porta, chiara come il cielo,è chiusa da grandi battenti,dei quali Dike vendicatricepossiede le chiavi che apro-no e chiudono” (Parmenide).Non vorremmo che Dike, ladea alata della Giustizia, no-ta come Justa Justitia, per-desse la pazienza e abban-donasse le nostre borgate.

Gerardo D’Ambrosio,La giustizia ingiusta,

Rizzoli 2005,pagine 247, euro 11,00

Anche l’attentato alla Fiera senza colpevoli

di Enzo Magrì

Prima del 12 dicembre 1969, la cieca violenza del ter-rorismo aveva ferito Milano altre due volte. Accaddenegli anni Venti. La prima nel 1921; la seconda nel1928. Quella del 1921 è passata alla storia come lastrage del Teatro Diana; l’altra, del 1928, è nota comel’attentato alla Fiera. I due atti criminosi provocaronoquarantuno morti e centoventi feriti Soltanto nel primocaso si riuscì ad acciuffare i responsabili.Quanto al misfatto della Fiera (com’è accaduto perpiazza Fontana), gli autori non furono mai individuati.In quest’ultimo caso, la rozzezza impiegata dagli in-quirenti nella conduzione delle indagini provocò la mor-te di due innocenti. Il primo morì nei giorni che segui-rono l’atto criminale per le botte subite durante gli in-terrogatori: era Romolo Tranquilli, fratello di IgnazioSilone.La seconda vittima fu un chimico milanese, UmbertoCeva. La polizia fascista lo aveva fermato per un at-tentato dimostrativo che esponenti di G.L. avrebberodovuto compiere nei primi mesi del 1930 e che l’avvo-cato Carlo Del Re, la “spia del regime” aveva denun-ciato all’Ovra. Forzando labili connessioni, il fascismoaveva tentato di accollargli la strage della Fiera.Profondamente turbato da quel sospetto, il professio-nista si tolse la vita dopo aver lasciato una nobile let-tera alla moglie.

(Il testo inhttps://www.odg.mi.it/docview.asp?DID=1802)

Qualcuno potrebbe chieder-si: perché un ennesimo sag-gio sul caso Moro? Sul rapi-mento e l’uccisione del lea-der democristiano, infatti, so-no stati scritti fiumi di parolee realizzati due film, sia puredi taglio assolutamente diffe-rente, nel giro di un anno, il2003: prima Piazza delle cin-que lune di Renzo Martinellie, subito dopo, Buongiornonotte di Marco Bellocchio.Senza contare quello che ri-mane il film più illuminantesulla Democrazia Cristiana,Todo modo, tratto dal roman-zo di Leonardo Sciascia, erealizzato da Elio Petri solodue anni prima di via Fani. Ilfatto è che, nel libro diAgostino Giovagnoli, docen-te di Storia contemporaneaall’Università Cattolica diMilano, già autore de La cul-tura democristiana (1991), Ilpartito italiano (1997), Storiae globalizzazione (2003), tut-ti pubblicati da Laterza, eche, per il Mulino, ha curatoanche Le interpretazioni del-la Repubblica (1998), si pro-fila una interpretazione deltutto nuova delle conseguen-ze del tragico evento del 16marzo 1978, anche alla lucedi una ricerca storica che l’havisto impegnato a consultarecentinaia di documenti inter-ni di Dc, Psi e Pci. In definiti-va, la tesi di Giovagnoli è chela Dc, o meglio l’atteggia-mento tenuto dalla Dc in quei54 giorni, non segnò le basiper la definitiva débâcle delpartito (avvenuta, comunque,una quindicina d’anni dopo),ma, al contrario, in un certosenso, ne salvò l’immagineche, allora - e non a caso ab-biamo citato Todo modo - eraquella di un “tramificio” anti-quato, decisamente inade-guato alle esigenze diun’Italia moderna che avevadetto sì al divorzio. QuestaDc, che è anche quella dipin-ta a tinte fosche, e persinogrottesche, da Petri, viene re-cepita in vasti settori dell’as-sociazionismo cattolico epersino, in parte, anche nel-l’ambito delle aree più “avan-zate” dello stesso partito. Delresto, quando Moro vennerapito, le Brigate rosse già

operavano e certo la Dc, algoverno, non aveva datogrande prova di efficientismo.L’atteggiamento intransigen-te, umanamente crudele, mapoliticamente fermissimo, dipiazza del Gesù nella vicen-da Moro, porta invece credi-bilità al partito e - questa, insintesi, la tesi di Giovagnoli -i drammi interiori (ed esterio-rizzati) di Zaccagnini, le suc-cessive dimissioni di Cos-siga, portano acqua al muli-no mediatico della Dc.Nel paragrafo I giornali e lecittà - notazione di rilievo peril mensile dell’Ordine deigiornalisti della Lombardia -scrive Giovagnoli: «Tra i pro-tagonisti del dibattito pubbli-co che si sviluppò durante icinquantaquattro giorni delsequestro Moro, ci furono in-dubbiamente i giornali e, inparticolare, i quotidiani. Unruolo importante, natural-mente, fu svolto anche dallatelevisione: già il 16 marzo ilcomizio di Lama e l’appellodi Andreotti contribuirono acoagulare un comune senti-re davanti alla tragedia. Aiquotidiani spettò invece uncompito diverso: mantenereun dialogo costante tra clas-se politica e opinione pubbli-ca sulle scelte che si impo-sero giorno per giorno. È ri-masto vivo il ricordo della di-scussione sull’opportunità dipubblicare o meno, e in qua-le forma, i comunicati delleBrigate rosse, con particola-re attenzione ai rischi dellacensura e dell’autocensura odella complicità e del fian-cheggiamento. Era infatti laprima volta che tale proble-ma si imponeva». E i giorna-li si divisero. Un dibattito chesi ripresenterà negli anniDuemila, con l’omicidio diMarco Biagi. Ma, ciò cheemerge con maggior forzadal libro di Giovagnoli, è lapersonale convinzione checon la morte di Moro abbiaavuto inizio un inesorabile«tramonto di un modo di in-tendere la nazione, di prati-care la politica e di guardareil mondo».

Agostino Giovagnoli,Il caso Moro.

Una tragedia repubblicana,Il Mulino,

pagine 382, euro 22,00

Agostino GiovagnoliIl caso Moro

di Michele Giordano

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Daniele BiacchessiWalter Tobagi,morte di un giornalista

Tra le vicende del terrorismoe degli anni di piombo soltan-to il rapimento e l’uccisione diMoro hanno richiamato piùattenzione e provocato unaletteratura più ampia del «ca-so Tobagi». Nel ventincinque-simo della morte saggi e cro-nache sono comparsi nume-rosi. I filoni di indagine sonodue, distinti. Uno è quello po-litico, sulla figura e sul pensie-ro del giornalista del Corrieree presidente dell’Associa-zione lombarda dei giornali-sti, personaggio di spicco nelpanorama intellettuale deglianni ‘70, divenuto obiettivodei terroristi proprio per il suoacume di inviato e di com-mentatore; e ancor più per lasua particolare posizione ri-spetto agli avvenimenti diquegli anni: né indulgenteverso l’eversione, né votatoalla repressione.L’altro è quello che affrontal’assassinio di Tobagi comeun giallo, alle ricerca di puntiancora non chiariti in una sto-ria che presenta parecchielacune e qualche anomalia.Dianiele Biacchessi, giornali-sta che ha pubblicato nume-rosi libri sugli anni di piombo,con il suo Walter Tobagi, mor-te di un giornalista sceglieuna via mediana: una sintesi

interessante tra le due ten-denze.La materia è spesso com-plessa, specialistica. Comun-que Biacchessi ha il pregio dinarrarla sempre con il ritmoincalzante del racconto; an-che quando i fatti non sonoavvincenti di per sé, ma ri-guardano – per esempio – illaborioso formarsi, dividersi eriorganizzarsi di gruppi ever-sivi che poi sfociano nel terro-rismo.Interessante, e utile per unalettura di avvenimenti ormailontani, il rapporto continuoche Biacchessi istituisce tra ifatti della politica, quelli dellacronaca, e la vicenda specifi-ca di Tobagi e del gruppo 28Marzo.Intanto delinea molto bene,con date e circostanze, l’ap-prendistato di Barbone e deisuoi compagni. Documental’impressionante crescendoche, passando per gli “espro-pri proletari”, le azioni dimo-strative, gli scontri armati inpiazza con l’uso sistematicodelle armi, esplode poi nelleazioni violente contro i singo-li: il ferimento a domicilio diGuido Passalacqua prima, epoi, tre settimane dopo, l’as-sassinio di Tobagi.La prima anomalia è quelladel gruppo di fuoco. Giovanidi intenti eversivi e di ideolo-gia violenta che lavorano inproprio. Hanno sfiorato le or-

ganizzazioni consolidate delterrorismo di quegli anni –Brigate Rosse e Prima Linea– seguendo però una propriaspecializzazione. I piccoli in-tellettuali di buona famigliaBarbone, Morandini e Laus sidedicano a mondo dell’infor-mazione e dell’editoria, predi-ligendoli come l’ambiente dacolpire. È il circuito familiareai loro padri. E, paradosso ul-teriore, è il medesimo settorein cui alcuni di loro lavoranoadesso (eccettuato Moran-dini, che vive a Cuba) dopoessere usciti dal carcere.Nel giro di pochi mesi i giova-ni “terroristi in carriera”, primadi ferire Passalacqua e di uc-cidere Tobagi, compiono at-tentati ad un parco macchinedel Corriere della Sera, e poiad una sede dell’agenzia dipubblicità Manzoni.Ricchissimo di riferimenti allastoria dei gruppi eversivi -dall’Autonomia che faceva ri-ferimento a Toni Negri, pas-sando per “Rosso”, le For-mazioni Comuniste Combat-tenti, Guerriglia Rossa e poila Brigata 28 Marzo - il lavorodi Biacchessi mostra conchiarezza quanto fosse stret-to il legame - personale, poli-tico e infine operativo - tra laparte visibile dell’eversione equella segreta che operava alivello criminale.Esemplare il curriculum diBarbone, documentato daBiacchessi attraverso alcune“imprese”. Dagli espropri cheaccompagnarono la Festadel proletariato giovanile alParco Lambro nel ‘76, all’as-salto alla sede dell’As-solombarda nel ‘77, quandovennero sparati colpi d’armada fuoco; dagli scontri armatiin via De Amicis dove cadde

ucciso l’agente di poliziaAntonio Custrà (e Barboneagiva come dispensatore diarmi da fuoco tra i compa-gni), all’agguato contro i ca-rabinieri davanti al carcere diNovara, quando due uominidell’Arma si salvarono permiracolo da un tiro al bersa-glio (gennaio ‘78).Biacchessi riassume anche icontributi più recenti alla rico-struzione del caso Tobagi,comprese le rivelazioni didue carabinieri, il capitanoRoberto Arlati e l’appuntatoDario Covolo, sull’informativastesa in base alla soffiata del-l’informatore Rocco Ricciardi.Informativa su cui ancoratanto si discute: troppo gene-rica per consentire si sventa-re l’agguato a Tobagi secon-do la magistratura e secon-do l’Arma; sufficiente a pro-vocare un’attenzione chenon ci fu, secondo Arlati (eanche secondo Bettino Cra-xi, che per primo ne rivelò l’e-sistenza).Biacchessi mette anche op-portunamente in rilievo la fi-gura più misteriosa di tutta lavicenda: Caterina Rosenz-weig, fidanzata e conviventedi Barbone nei giorni dell’ag-guato a Tobagi, più volte arre-stata negli anni precedentiperché implicata in attentati ecasi di eversione. Caterinavenne sempre assolta o sca-gionata; anche per l’attentatoa Tobagi l’inchiesta giudizia-ria stabilì che la convivenzanon si tradusse in complicità(tesi che ha lasciato incredulimolti di coloro che si sono oc-cupati del caso). I compliciaccusati da Barbone urlaro-no al processo che la libertàper Caterina era la prima ratadi un pagamento che il capo

della 28 Marzo aveva ottenu-to in cambio del pentimento,e delle sue dichiarazioni agliinquirenti che portarono allasbarra 160 persone.Caterina Rosenzweig viveda molti anni lontano dal-l’Italia, sembra in Brasile.L’unico segno che ha dato intanto tempo è stato un ne-crologio comparso su alcunigiornali italiani quando morìsuo padre.Attorno al caso Tobagi resta-no ombre e dubbi che tocca-no da una parte eventualiconnivenze e complicità congli assassini; dall’altra la ne-

gligenza sospetta degli orga-ni dello Stato che avrebberodovuto, forse prevenire, e co-munque indagare e fondo epunire.Il libro di Biacchessinon sposa tesi e non traeconclusioni: ma ha certa-mente il merito della ricostru-zione accurata dei fatti, e del-la riproposizione degli inter-rogativi che tuttora li accom-pagnano.

Daniele Biacchessi,Walter Tobagi,

morte di un giornalista,Baldini Castoldi Dalai

editorePagine 184, euro 13,00

di Marco Volpati

Ugo FinettiIl caso Tobagi

di Marco Volpati

Ugo Finetti è un giornalistache dispone di un cospicuoretroterra politico. Anzi, pro-prio la politica – sia pure inmodo non esclusivo - è statala sua attività principale permolti anni. Nel dedicare unostudio al Caso Tobagi, portala testimonianza diretta di co-me Craxi e i vertici del Psireagirono in quel 1980 e ne-gli anni successivi all’assas-sinio del giornalista delCorriere della Sera, che con-sideravano – a ragione – co-me una vittima dell’odio chegli aveva attirato la sua “ap-partenenza” al novero dei so-cialisti riformisti milanesi.Finetti indaga in due direzio-ni: le radici più propriamentepolitiche del caso Tobagi, e il“giallo” mai risolto del com-plesso volantino con il qualeBarbone e la banda 28Marzo rivendicarono l’aggua-to mortale.Tobagi, in modo coraggioso,anche se non da solo, tennerispetto alla professione gior-nalistica e ai suoi canoni unatteggiamento che gli valseostilità da più parti: si con-trapponeva, infatti, al confor-mismo che aveva attecchitonella categoria a partire dalla

metà degli anni ‘70, quandoprese corpo la politica delcompromesso storico. Unapolitica che, nelle redazioni,equivaleva spesso ad un so-stanziale collateralismo conil Pci e ad una adesione alsuo sforzo per accreditarsicome partito di governo.Anche a costo di qualche ec-cesso di zelo.Finetti mostra bene comeTobagi rifiutasse la politicadella “fermezza a tutti i costi”,quindi del black out informa-tivo sulle Brigate Rosse, perla buona ragione che essacontraddiceva l’etica del gior-nalismo: pretendeva che unaspecie di ragion di Stato pre-valesse sulla documentazio-ne dei fatti e sull’approfondi-mento. Un realismo politicoal limite dell’autocensura cheera funzionale al Pci diBerlinguer, che stava tentan-do di accreditarsi come forza“responsabile”. (Più respon-sabile non solo del troppoumanitario e troppo garanti-sta Psi, ma della stessa Dcche del governo del Paeseera stata il perno per quasi40 anni).Nello stesso tempo Tobagiera inviso a quella parte delmondo dei giornali e dell’edi-toria che invece simpatizza-va anche scopertamente

con i terroristi rossi e i loroobiettivi, sognando magariconfusamente di rivoluzioniche potevano sorgere dallaviolenza.Inviso perché non cercavamai appoggi o complicità. Sisforzava – verrebbe da dire“semplicemente”, anche sein quella scelta di semplicenon c’era proprio nulla – distudiare il fenomeno del ter-rorismo e degli ambienti, gio-vanili e non, che gli ruotava-no attorno e gli fornivano ilsostegno esterno. Si docu-mentava, approfondiva. E, inquesto modo, riusciva a ve-dere chiaro quello che gli unisi rifiutavano di ammettere, egli altri si preoccupavano dimantenere coperto: i legamidel partito armato con am-bienti di fabbrica, di scuola edi quartiere, molto al di là diquanto correntemente si sa-pesse.L’analisi, e i ricordi personalidi Finetti forniscono un con-tributo fondamentale percomprendere i rapporti tra ilcaso Tobagi e lo scenariopolitico del tempo.Al centro della ricerca diFinetti c’è il famoso volanti-no, che si conclude con que-ste parole agghiaccianti:“Oggi, mercoledì 28 maggio,un nucleo armato dellaBrigata 28 Marzo ha elimina-to il terrorista di Stato WalterTobagi, presidente dell’As-sociazione lombarda deigiornalisti”.Se ne è parlato e scritto alungo. A molti – tra loro il di-rettore del Corriere della

Sera Franco Di Bella, il ge-nerale Carlo Alberto DallaChiesa, e un magistrato digrande autorevolezza, Adol-fo Beria di Argentine – ap-parve subito che il testo,complesso e anche pedante,non poteva essere farina delsacco di un gruppo di giovaniabbastanza sprovveduti,aspiranti brigatisti che aveva-no prima ferito il cronista del-la Repubblica Guido Passa-lacqua e poi assassinatoWalter Tobagi per fare il “sal-to di qualità”, farsi notare equindi cooptare dai terroristi“di rango” delle BrigateRosse.Si è spesso equivocato. IlPm del processo contro 160persone, in mezzo alle quali i6 terroristi della 28 Marzoerano solo comparse di uncolossal dell’antiterrorismogiudiziario, Armando Spa-taro, ha sempre risposto – loha fatto anche recentementecon una accorata testimo-nianza pubblicata sull’Unità– alle obiezioni, spiegandoche le fonti delle parti più“dotte” indicate da Barbone,che si è dichiarato autore inproprio del testo, erano ri-scontrabili: si tratta di rivistespecializzate nei mass me-dia come Ikon, Prima Co-municazione, e di alcuni librispecializzati.Ma qui sta l’equivoco. Quan-do persone esperte come DiBella, e con lui tanti giornali-sti, osservano che ci sono“notizie” che non possonoarrivare se non dall’internodel mondo dei giornali, e del-

l’azienda Corriere in partico-lare, non si riferiscono aipassi riassunti o copiati dallasaggistica dell’epoca.Finetti mette in luce un puntoche tradisce Barbone. Il vo-lantino parla di una primaesperienza sindacale diTobagi nel 1974 all’internodel “Cdr Corsera”. Inter-rogato al processo, Barbonesostiene di aver commessoun errore:Tobagi è arrivato alCorriere della Sera più tardi,nel 1976; e soltanto nel 1977è entrato a far parte del co-mitato di redazione.Ma proprio perché Barboneconfessa un “suo” lapsus(l’anno era il ‘77, non il ‘74), sitradisce. Perché l’informazio-ne contenuta nel volantino èvera, ma lui non sa interpre-tarla. Per appena un paio dimesi Tobagi, proprio nel ‘74,quando era al Corriere diInformazione, fece partedavvero del “Cdr Corsera”;che non è , nel gergo dellacategoria, il comitato di reda-zione di via Solferino, mal’organismo collegiale di tuttal’azienda Corriere, che com-prende diverse testate e an-che i periodici.In più tra le fonti su Tobagi,Barbone cita anche un librodi Gianpaolo Pansa sui gior-nali: Comprati e venduti. Ep-pure il libro di Pansa non par-la mai di Tobagi. Un lapsus dimemoria molto strano, se sitien conto che Barbone, nelriferire da pentito agli inqui-renti, mostra una capacitàstraordinaria di ricordare no-mi, date, fatti e circostanze.

E allora? Il documento, nel-l’ampia parte che precede larivendicazione, è probabil-mente frutto della lettura diun testo brigatista già elabo-rato. Ma nella parte più “con-creta” rivela sicuramente unamano, o almeno una fonte,che è rimasta ignota.Certo, Finetti non è un com-mentatore neutrale; tutt’al-tro. Si potrebbe sospettareuna intenzione polemica diun vecchio craxiano contro imagistrati (con i quali il Psipolemizzava già molto pri-ma di Tangentopoli, tanto dapromuovere il referendumsulla responsabilità civiledei giudici).Agli atti, tuttavia, c’è che ilgiudizio di Finetti coincidecon quello di Beria di Ar-gentine, magistrato tra i piùautorevoli e stimati. Il cui giu-dizio è nettissimo: il volantinopuò essere stato scritto daBarbone solo nelle frasi fina-li, quelle che parlano dell’ag-guato a Tobagi.C’è qualcuno che sa, e man-tiene segreti e omertà?Esistono davvero, non si di-ce mandanti effettivi, macomplicità morali con gli as-sassini di Walter Tobagi?È uno dei misteri che, ungiorno o l’altro, qualcuno do-vrà chiarire.

Ugo Finetti,Il caso Tobagi,supplemento

a Critica Sociale 2005,pagine 102, senza prezzo

Roma, 3 giugno 2005. Il prof. Giuliano Vassalli, presi-dente emerito della Corte costituzionale e già ministrodella Giustizia, ha scritto a Franco Abruzzo la lettera chepubblichiamo di seguito:“Illustre presidente, da molti anni ho il privilegio di segui-re, specialmente su Tabloid ma anche attraverso altre fon-ti, la Sua straordinaria attività quale presidente dell’Ordinedei giornalisti della Lombardia; ed ora ricevo dalla Suagrande cortesia i due volumi usciti nella bella Collana“Storia e storie del giornalismo” nei giorni stessi delle ce-lebrazioni indette a Milano per ricordare il sacrificio diWalter Tobagi nel venticinquesimo anniversario del suoassassinio. Sono tutte iniziative commoventi e riuscite. Midispiacque di non aver ricevuto in tempo l’invito, inviatomipresso la Corte costituzionale e tardivamente ritirato. Nonavrei egualmente potuto essere presente a Milano, maavrei partecipato con qualche segno di ricordo.Qui a Roma, in quella ricorrenza, abbiamo ricordatoTobagi con la presentazione del libro di Paolo Franchi eUgo Intini Le parole di piombo, avvenuta presso la sededella Federazione nazionale della stampa il 27 mattina. Ilgrande esempio di Walter Tobagi resterà sempre nella no-stra memoria.I due libri mi sembrano entrambi molto riusciti ed interes-santi. Entrambi si collegano strettamente alla figura delMartire, quello di Federica Mazza attraverso gli ultimi ca-pitoli, quello sulla libertà di stampa attraverso l’impegnopersonale di Walter Tobagi come studioso e scrittore.Grazie dunque vivissime e molti auguri deferenti e cor-diali. Giuliano Vassalli”

ORDINE 7-8 2005

È IL PRESIDENTE EMERITO DELLA CORTE COSTITUZIONALE

Giuliano Vassalli a Franco Abruzzo:“Il grande esempio di Walter Tobagi resterà sempre nella nostra memoria”

Page 30: Paola PastacaldiORDINE 7-8 2005 1 Roma, 22 giugno 2005. Sandro Ruotolo ha vinto la sua causa contro la Rai per ottenere il risarcimento del danno derivato dal biennio di inattività

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Ugo Intini, all’epoca capocro-nista dell’Avanti! di Milano co-nobbe Walter Tobagi diciot-tenne nell’estate del ‘67.Tobagi ben presto si rivelò uncollaboratore prezioso. Intinirievoca in particolare l’exploitche Tobagi da “apprendistagiornalista abusivo” realizzòcon una lunga intervista alleader socialista franceseDefferre in visita a PalazzoMarino. Si stabilì da allora unrapporto di amicizia che andòsempre crescendo e che difronte alla tragedia si tradussein un forte impegno personalee professionale di Intini, di-ventato parlamentare e diret-tore dell’Avanti! per fare pienaluce sul suo assassinio. Il libro“Le parole di piombo. WalterTobagi, la sinistra e gli annidel terrorismo” non è, però,solo un ricordo da un punto divista personale.Certamente iltesto è animato da molte testi-monianze che ci ritraggonoWalter Tobagi nella sua azio-ne professionale e sindacale,ma l’intera vicenda umana egiudiziaria di Tobagi è qui rie-vocata nel suo più generalecontesto storico.Il tema centrale di Intini è checosa significasse essere rifor-

mista negli anni Settanta ecome Tobagi, cattolico e so-cialista, lo sia stato non solostudiando e amando tradizio-ni storiche e culturali, ma an-che elaborando e creandoidee, costruendo itinerari di ri-cerca e di lotta, svolgendo unruolo di profonda innovazionenel panorama culturale egiornalistico italiano. Intini ri-corda il ruolo di punta svoltoda Tobagi proprio perché lesue tesi erano frutto di un la-voro professionale ineccepi-bile: “Si basava – scrive Intini– non sul ragionamento politi-co e sulla polemica, ma suifatti, sulla cronaca pacata edistaccata tratta da Walterprendendo appunti umilmen-te sul suo taccuino, ascoltan-do, chiedendo e chiarendo,con diligenza, per capire luistesso (prima) e per raccon-tare (poi) ai suoi lettori.Tobagiinoltre il presidente dell’Asso-ciazione lombarda dei giorna-listi, di gran lunga la più im-portante, e le sue posizioniperciò influenzavano la cate-goria, minandovi quella ege-monia ideologica comunistache aveva contribuito, sino al-la seconda metà degli anni‘70, a fraintendere la naturadel terrorismo”. Intini nel librosi sofferma infatti a lungo conun’ampia documentazione su

quello che è stato il dibattitonei primi anni ‘70 sulla nascitadel terrorismo con particolareriferimento al caso Calabresie a come certi fatti venivano“censurati” all’interno dei gior-nali. “Con Tobagi – prosegueIntini – finalmente si trova sulCorriere della Sera, dopo lainfatuazione ‘rivoluzionaria’, illinguaggio della verità a pro-posito dei documenti e deigiornali che all’inizio degli an-ni ‘70 furono il terreno di coltu-ra dell’eversione”. Intini quindiripercorre le principali inchie-ste svolte da Tobagi sul terro-rismo ed in particolare il temadelicato (e sino al 1978 quasitabù) dell’eversione in fabbri-ca: “Non faceva riflessioniastratte. Portava notizie, fatti”.E quindi cita le parole con cuiTobagi conclude la sua anali-si sul terrorismo in fabbricanell’aprile 1980: “A voler es-sere realisti – scrive Tobagi –si deve dire che il tentativo diconquistare l’egemonia nellefabbriche è fallito. I terroristi ri-sultano isolati dal grosso del-la classe operaia. E però so-no riusciti a penetrare in alcu-ne zone calde di grandi fab-briche, come è successo allepresse o alle carrozzerie dellaFiat.Si è scoperto che il terro-rista non esita ad acquattarsisotto lo scudo protettivo delleconfederazioni sindacali epersino del Partito comunista.Si assiste insomma al tentati-vo fin troppo chiaro: il brigati-sta cerca di far vedere che lasua lotta armata può esserela continuazione dell’azionein fabbrica”. Intini pertanto ve-de nell’attentato il confluiredell’odio accumulato controTobagi sia per i suoi articolisia come leader sindacale.

“Non sapevamo – scrive Intini– cosa pensassero i brigatisti,perché non li conoscevamo.Ma capivamo che erano ma-turati contro Tobagi una atten-zione prima, e un odio poi,nell’area indistinta di fian-cheggiatori, simpatizzanti,possibili aspiranti brigatisti”.Un odio legato aggravato dalfatto che Tobagi “aveva con-quistato la presidenza del-l’Associazione lombarda deigiornalisti con una battagliapolitica e sindacale traumati-ca, creando un nuovo rag-gruppamento che da unaparte aveva ridimensionato lacorrente conservatrice, dal-l’altra aveva tolto l’egemoniaa quella comunista. Il primocerchio di ostilità era dunquelegato al mondo sindacale,dove i nemici lo chiamavano‘viperino’”.È in questo quadroche Intini rievoca uno dei suoiultimi incontri con Tobagi.Insieme a loro c’era PieroOstellino che era appenaconcluso l’esperienza di corri-spondente da Mosca e a cuiera stata appena fatta la pro-posta di aprire l’ufficio delCorriere della Sera per la pri-ma volta a Pechino. Di frontealle voci sempre più insistentidel pericolo in cui ormai si tro-va Tobagi è proprio Ostellinoa sollecitarlo a trasferirsi aPechino per essere lui il corri-spondente del Corriere.“Ostellino – ricorda Intini – ar-gomenta che l’atmosfera in-torno a Walter non è bella eche allontanarsi per qualchetempo (magari due anni) dalclima avvelenato di Milano gligioverebbe, anche professio-nalmente e umanamente,consentendogli di riflettere sutanti temi, di fare una nuova

Ugo Intini e Paolo FranchiLe parole di piombo. Walter Tobagi, la sinistra e gli anni del terrorismo

di Ugo Finetti

ORDINE 6 2005

LIBRERIA DI TABLOID

esperienza”. “Tobagi – con-clude amaramente Intini –non andò a Pechino perchéera troppo legato alla presi-denza dell’Associazione lom-barda dei giornalisti e soprat-tutto perché i suoi bambinierano ancora piccoli. Se fos-se andato, sarebbe ancoratra noi”.Alla rievocazione di Intini nellibro si affianca il saggio intro-duttivo di Paolo Franchi su Ilpartito della lotta armata incui l’editorialista del Corrieredella Sera mette a fuoco gli“anni di piombo” vissuti quan-do era giornalista comunista.Franchi ricostruisce in parti-colare come “si allargò, e nonsolo tra i giovani, l’area politi-ca e sociale che guardavacon simpatia o almeno coninteresse, alla ‘lotta armata’, enon considerava davvero isuoi protagonisti dei provoca-tori al soldo di qualche centra-le reazionaria, ma dei compa-gni particolarmente risoluti,che avevano le loro buone ra-gioni. Entrò in voga – sottoli-nea Franchi – una definizio-ne, ‘compagni che sbagliano’,che la dice lunga, perché l’er-rore, se c’era, consisteva nelterreno prescelto (la clande-stinità, la tattica del mordi efuggi), non la scelta di fondo”.Franchi quindi rievoca in quelcontesto l’impegno professio-nale di Tobagi, “la voglia di ca-pire, il modo in cui discutevaper ore, difendendo le proprieposizioni riformiste, con queiragazzi di Autonomia di cui al-tri scrivevano senza saperenulla, non per convincerli, sicapisce, ma almeno per get-tare un seme”. “Erano moltiall’epoca, i giornalisti che sioccupavano di partito armato

e di terroristi. Ma – scrive an-cora Franchi – io ne ricordosolo uno, Walter Tobagi, chene parlava e ne scriveva cer-cando di capire prima di tuttocon che cosa aveva a che fa-re: e penso che questa siatuttora una lezione molto im-portante, per tutti ma soprat-tutto per i colleghi più giovani,che non hanno conosciuto néWalter né gli anni di piombo”.Franchi così mette in rilievo leragioni dell’assassinio diTobagi ed il ruolo intimidatoriosvolto attraverso il testo da“addetti ai lavori” del volantinodi rivendicazione: “Come seavessero voluto dirci che ‘ex-traterritorialità’, se mai c’era-no state, adesso non c’eranopiù. Che d’ora in avantiavremmo dovuto guardarcisempre alle spalle, non fidarcineanche del collega o dell’a-mico, badare non solo a ogniparola che scrivevamo, maanche e forse soprattutto aogni parola che dicevamo inun’assemblea, in un corri-doio, al bar. Fu insomma queldelitto una svolta. Una svoltache ci costringeva a guardarciattorno sì, ma prima ancora aguardarci dentro”. E Franchiconclude come l’assassinio diTobagi “abbia aperto una feri-ta non ancora rimarginata,certo, ma anche un vuoto chenon siamo stati capaci di col-mare”.

Ugo Intini e Paolo Franchi,Le parole di piombo.

Walter Tobagi, la sinistra e gli anni del terrorismo,

Nuova EditriceMondOperaio, Roma 2005,

pagine 179, euro 12,00

La storia contemporanea vi-sta da destra è scoperta re-cente. Ed è paradossale chea divulgarla abbiano contribui-to, più di tutti, uomini di sinistraspinti dall’impulso a scoprireverità nascoste, o comunquetrascurate (pensiamo, natural-mente, a Gianpaolo Pansa).Ma esistono anche gli intellet-tuali di destra. Fra coloro chescrivono di cronaca con lascientificità dello storico, o distoria con lo stile del giornali-smo, un posto speciale spettaa Luciano Garibaldi.Inviato e storiografo, Garibaldia presentarsi come uomo didestra ci tiene, eccome.All’origine di questo atteggia-mento un mix di orgoglio, pun-tiglio documentario e civette-ria. Ci tiene talmente da indur-re chi non lo conosce, o nonlo ha già letto, a pensare chesia animato da ideologia e spi-rito di parte. Non foss’altro perfare il controcanto alle tantevoci dell’altra parte. Non è co-sì. Garibaldi non ha nessunodei difetti tipici di chi scrive ispi-rato da ira e preconcetti.Riferisce, invece, in modo so-brio, pacato, con rigore di ri-cerca e grande onestà intel-lettuale. Privilegia i ritratti deiprotagonisti, siano essi le vitti-

me o i carnefici. Lo appassio-na la concretezza delle per-sone, con sentimenti e dram-mi, molto più dei contrasti trale ideologie.Il suo ultimo libro è una lettu-ra di grande interessi, racco-mandabile soprattutto ai gior-nalisti.Scarsi i commenti.Soloqualche volta l’autore si lasciaandare a parole di sdegno,ma mai eccessive. Accadequando parla di vittime.Persone dimenticate, spessoemarginate.Dicevamo della civetteria. Il li-bro è anche una sfida implici-ta ai tanti colleghi di sinistrache hanno seguito le vicendedegli anni di piombo.Lui dal 1970 al 1982 lo ha fat-to per Gente. E oggi ripubbli-ca tali e quali gli articoli di al-lora. È troppo signore per sot-tolinearlo, ma la domandasorge spontanea:quanti di noipotrebbero ristampare senzaripensamenti, senza qualcherossore, tutto quello che scri-vevano negli anni ‘70 e ‘80?Anni in cui le Brigate rosseerano – sui giornali e alla Rai– “cosiddette” o “sedicenti”; iloro comunicati deliranti, e viaschematizzando.Erano tempi in cui quello spi-rito critico che era venuto cre-scendo nella categoria dopopiazza Fontana, alla luce del-le oscurità e dei depistaggi

Luciano Garibaldi Com’erano rosse le mie brigate

di Marco Volpati

evidenti, e aveva insegnato aicronisti a dubitare per metododelle verità ufficiali, si era svia-to verso strade tortuose. Finoa rovesciarsi nel suo opposto.Nel preconcetto di chi nega lapericolosità degli “oppostiestremismi”. Le indagini dimagistrati e carabinieri eranoaffrontate con scetticismo;specialmente se conduceva-no a sinistra. Si dubitava del-l’operato di Dalla Chiesa; sirestava scettici di fronte all’in-chiesta “Sette Aprile”.La morte di Feltrinelli sul tra-liccio di Segrate diventava unomicidio, una messinscenadei servizi segreti. Pochi oggiricordano che decine di firmeavvaloravano un documentoche cominciava così: “Feltri-nelli è stato assassinato”.Gli scritti di Garibaldi sono il-luminanti e originali. Intantoperché propongono una par-ticolare geografia del terrori-smo rosso. Milano e Roma,Torino e Padova sono solita-mente le capitali degli anni dipiombo. Garibaldi, un ligureche ha lavorato molto aMilano, ci propone una map-pa differente, dando un postodi primo piano a Genova. Lacittà dove, sono parolesue,”da sempre, da Balilla allaspedizione dei Mille, dal 30giugno ‘60 al G8 del luglio2001, tutto ha inizio”.Effettivamente Genova è il ter-reno di sperimentazione dimolti “salti di qualità” del terro-rismo rosso. Prima il seque-stro del magistrato MarioSossi. Poi la Banda 22Ottobre di Mario Rossi, i Gaplegati a Feltrinelli; fino all’as-sassinio dell’operaio comuni-

sta Guido Rossa, che segnala rottura definitiva tra i briga-tisti e le fabbriche.La raccolta tralascia i casi dipiù frequentati – Moro,Bachelet, Tarantelli e Cala-bresi – e riporta alla nostra at-tenzione altri personaggi, im-portanti ma rimossi. ComeGiuseppe Taliercio, direttoredel Pertrolchimico di Mar-ghera, seviziato e poi massa-crato per non aver voluto “col-laborare” con i suoi rapitori. OCarlo Saronio, giovane pro-messa della chimica, ricerca-tore, che ha avuto la sfortunadi incontrare Carlo Fioroni,uomo dei Feltrinelli, il quale daamico che era si è trasforma-to in rapitore, e lo ha conse-gnato a delinquenti comuniche lo hanno ucciso.Oppure Mario Sossi, sul cuisequestro si scrissero, a suotempo, molte cose sbagliate,dipingendolo come un mania-co della repressione, un “fa-scista in toga” che il rapimen-to, a ben vedere, se lo era unpo’ meritato.Ha le sue idee, Garibaldi, mol-to nette. Ma non è fazioso.Non guarda da una parte so-la. Riconosce al Pci, aBerlinguer in particolare, il co-raggio e il merito di aver di-sconosciuto i “figli ribelli”, evi-tando le ambiguità e gli atteg-giamenti di indulgenza (cheinvece rimprovera ad altri am-bienti della sinistra, compresoil “padre della Patria” Pertiniper il quale “ le Brigate rosse,in realtà sono nere”). Dei suoiarticoli d’epoca Garibaldi sicompiace di dire che erano“una stecca nel coro”.E li ripubblica senza censure.

Anche quando “steccano” adistanza di decenni perché dialcuni personaggi rammenta-no le posizioni di una volta, sitratti di Massimo Cacciari o diFrancesco Alberoni.Buon conoscitore della storia,Garibaldi non scrive a sensounico. Documenta le azioniantiche e recenti di coloro chefurono partigiani nella Resi-stenza. Non specula sullecompromissioni di Feltrinelli odi Giovan Battista Lazagna,sui loro legami con la sinistra“legale”: spiega bene come ivecchi partigiani del Pci re-spinsero le sollecitazioni adaffiancare le azioni armate intempo di pace, e isolarono ipredicatori di rivoluzione e in-surrezione.Dà voce, tra i pochi, a polizia,carabinieri e magistrati – ec-cezion fatta per i militanti diMagistratura Democratica –che, circondati da incompren-sioni e scetticismo, avevanoindividuato per tempo radici,complici e fiancheggiatori del-le Brigate Rosse.Nell’anno cruciale 1977, scri-vendo a ridosso degli eventipiù duri, quando a Roma e aBologna l’antagonismo si tra-sforma in eversione esplicitacon l’impiego e delle armicontro le forze dell’ordine ne-gli scontri di piazza, Garibaldicentra immediatamente la si-tuazione, e coglie la svoltache porterà presto alla massi-ma esplosione del terrorismo.Un capitolo aggiunto è sull’“olocausto del Movimento so-ciale italiano”. Pagina, questasì, scopertamente parzialesulle vittime di destra della vio-lenza a Roma, Milano e in al-

tre grandi città. Con i fratelliMattei, Mantakas, Ramelli ePedenovi, e altri i cui nomi siricordano appena, Garibaldidocumenta che si contano 11morti nell’area del Msi diAlmirante.Qui Garibaldi è me-no freddo, più coinvolto. Parladi “martiri della destra”.Altri in quel periodo di violen-ze e ritorsioni caddero sul ver-sante opposto, colpiti dallosquadrismo di destra.Il libro si chiude con un’ inter-vista a Maurizio Puddu, tori-nese, ferito gravemente dalleBrigate rosse, che presiedel’Associazione vittime del ter-rorismo e dell’eversione.Puddu coltiva, quasi isolato, ilricordo di che cosa furonodavvero gli anni di piombo:dalSessantanove all’Ottantanove455 persone uccise, 4529 fe-riti o invalidi, più di 5000 at-tentati. Com’erano rosse lemie brigate costringe e riflet-tere.Specialmente noi giorna-listi. Non si può pretenderedalle cronache che scriviamogiorno dopo giorno la luciditàdella storia e l’intuizione deilegami più complessi tra gliavvenimenti. Ma ci spetta al-meno una parte di autocritica,per il passato, e di scrupoloper il futuro.Come esercizio potremmoscegliere questo: rileggercidieci, venti o trent’anni dopo.E scoprire che cosa resiste altempo e che cosa no.

Luciano Garibaldi,Com’erano rosse

le mie brigate.Gli anni di piombo visti

da un giornalista “dalla parte sbagliata”,

editrice Nuove Idee

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Il rapporto fra cittadino ePubblica amministrazione,purtroppo, non riesce anco-ra a diventare legame di fi-ducia, reciproco affidamen-to, terreno di scambio sim-metrico. Non sono state an-cora superate le barrieredella comunicazione. I mar-gini di diffidenza e di so-spetto da parte del cittadinorimangono ancora duri.L’atteggiamento della Pub-blica amministrazione vienetuttora percepito in manieradistaccata dalla maggiorparte degli utenti. Sembradi vivere con essa un rap-porto permanentemente“anaffettivo”, “senza ani-ma”. E allora come e qualicanali attivare per metterein moto un percorso di “af-fettività” che conduca il cit-tadino verso la partecipa-zione? Come agire permettere in moto nuovi pro-cessi comunicativi capaci dipromuovere nuova discorsi-vità, solidarietà sociale eorganizzativa? Carla Berto-lo, con il suo volume L’inter-faccia e il cittadino, comin-cia a tracciare questo per-corso tessendo una corniceconcettuale dentro la qualeriesce a far scorrere com-portamenti, idee, riflessi-

Carla BartoloL’interfaccia e il cittadino

di Franz Fotività, responsabilità, condi-visione.Insomma tutte quelle carat-teristiche capaci di dise-gnare e ricomporre un nuo-vo e più partecipato conte-sto di “legami sociali”. Inquesto itinerario Bertolomette in evidenza con mol-ta accuratezza metodologi-ca l’esigenza di utilizzare evivere la comunicazionepubblica come “medium”,interfaccia e motore dellasfera pubblica rinnovata.Configura un territorio,quello della comunicazionepubblica, dove Pubblicaamministrazione e cittadinipossano attivare relazioniscambiando conoscenze,voci, proposte.Ritrovare uno spazio dovela comunicazione possaessere “orecchio e voce”,strumento d’integrazione edi condivisione. Ma percondividere occorre scam-biare pervenendo così auna comprensione recipro-ca fra Pubblica amministra-zione e cittadini.Riattivando la comunicazio-ne s’innesta l’animazionedel processo partecipativoche per molti versi si sta af-fievolendo. Il richiamo dellaBertolo alla visione diLeonini su questo argo-mento è interessante per-ché proprio un certo tipo di

comunicazione si sostitui-sce e supplisce le relazioni,le esperienze e le interazio-ni. “Si abolisce la piazza, lastrada, il quartiere, i luoghid’incontro, e ci viene propo-sto di vivere in uno spazioartificiale del mezzo di co-municazione”.La Pubblica amministrazio-ne non potrà più quindi pre-sentarsi come corpo sepa-rato dal sociale, dall’emoti-vo, dal partecipativo. Tra cit-tadini e sistema pubblico sidovranno innestare mo-menti nuovi di interazione –riflessione – costruzione –proposizione – progettazio-ne di spazi sociali. Si dovràpensare a processi decisio-nali non più drasticamente

separati, ma a percorsi dicondivisione per ampliaregli spazi della democrazia edell’agire comune.Sono passaggi che impon-gono un sistema comunica-tivo aggiornato, dove sipossa esaltare il circuitoudire–sentire–ascoltare–essere ascoltati. Solo in que-sto modo si potrà pensarea definire confini provvisoridi sfere sociali partecipati-ve e differenti fra loro.Ciascuna con la sua pecu-liarità, ma tutte inserite inuna giusta dimensione perricreare fiducia (coerenzafra il dire e il fare), solida-rietà, socialità, legittimazio-ne e consenso. La Pubblicaamministrazione, diventeràcosì un attore sociale im-portante, tessitore di rela-zioni, scambi, cultura civile,integrazione, cittadinanza.Di tutto questo se ne parlanel volume di Carla Bartoloe con grande attenzione alparticolare.

Carla Bartolo,L’interfaccia e il cittadino,

Guerini Studio,euro 18,50

LIBRERIA DI TABLOID

Adesso che le elezioni re-gionali sono passate da unpezzo, si può parlare benis-simo di Da Bassetti aFormigoni. Tutti i governidella Lombardia senza il ti-more di essere accusati diparzialità. Anzi, debbo direche questo è uno dei libri piùinteressanti che abbia lettoin questi mesi: interessantenon soltanto per la storiadella Lombardia, ma per lastoria della politica nel no-stro Paese, sia per la rievo-cazione della lenta applica-zione dei dettami costituzio-nali sia per l’atmosfera di rin-novamento, speranze e tra-sformazione sociale che ca-ratterizzò l’Italia fra il 1960 ei primi anni Settanta, primadel terrorismo.Questi temi sono introdottibrevemente ma con acutasintesi nella prefazione diAdriano De Maio (cui sonoriconoscente anche per il ri-cordo che fa di un vecchioamico quale Luca FabioCavazza), e sviluppati dal-l’autore del libro, il notissimogiornalista Roberto Vallini.A lui si deve, prima di tutto,anche il saggio iniziale,“Trentacinque anni visti davicino”, nel quale è riuscito adescrivere la trasformazionedella società italiana e dellanostra regione attraverso lesue molte esperienze, politi-che e professionali.Innovazione, libertà, parteci-pazione sono le parole car-dine che agitavano la so-cietà e la politica alla fine de-gli anni Sessanta, quandocominciò ad attuarsi la ces-sione di parte del potere dal-lo Stato alle Regioni, dalleRegioni agli enti territoriali,dai Comuni (qui forse Valliniè un po’ troppo ottimista) aiConsigli di zona.Sindacalista e rappresen-tante del partito comunistanel Consiglio della zona diCittà Studi, Vallini nel 1972sceglie il sindacato che la-scerà poco più tardi per tor-nare al partito come segre-tario della sezione universi-taria; dal 1975 al 1980 cono-scerà i meccanismi della po-litica regionale dall’internocome consigliere nellaRegione Lombardia, poi di-viene presidente dell’Arci,poi giornalista e direttore diAntennatre; nel 1997 è por-tavoce del presidente For-migoni.Si capisce da questa biogra-fia che i suoi giudizi sulla po-litica lombarda e italiana e lesue interviste agli uomini po-litici che hanno contato nellaRegione Lombardia nasco-no da tutte le multiple espe-rienze ed aiutano il lettore aricordare o a ricostruire ilpercorso e le caratteristichedel regionalismo di questaimportante parte del Paese.Così avviene con l’intervistaa Piero Bassetti, esponentedi quell’illuminata triade d’in-dustriali progressisti chequarant’anni fa venivanochiamati, con più affetto cheironia, “i Kennedy della Valle

Padana”: Bassetti fu dal1970 il primo presidente del-la Regione Lombardia appe-na costituita.Si deve a lui, in questa inter-vista, l’analisi delle differen-ze fra il regionalismo del1970 ed il federalismo di og-gi; ma anche l’orgoglioso ri-cordo di avere introdotto nel1972 l’ArgeAlpe, da cui deri-varono l’AlpeAdria e altreaggregazioni fra regioni didiversi Paesi e di avere co-stituito (in tempi nei qualiuna barriera rigidamenteideologica separava ancorale regioni “rosse” dalle altre)il primo comitato interregio-nale con l’Emilia, la Toscanae anche con due Regionimeridionali. Bassetti ha ra-gione di lamentare che la Dcdel tempo non comprese lasua politica di decentramen-to, che avrebbe impedito aBossi di svilire il concetto diPadania, contrapponendoloal resto d’Italia. E ha ragionedi considerare proprie scon-fitte non essere riuscito arifondare la Dc con quell’am-bizioso progetto del 1974-75, che io stesso ho cono-sciuto bene, seppure dall’e-sterno di quel partito, e nonavere ottenuto il placet diFanfani all’entrata nella Raiper attuare la terza rete real-mente regionale. Rileggereoggi la lettera di dimissionida presidente della regione,scritta da Bassetti nel 1974,è quasi emozionante.Impossibile ricordare qui tuttii presidenti se non per no-me: Cesare Golfari, Giusep-pe Guzzetti, Bruno Tabacci,Giuseppe Giovenzana, Fio-rella Ghilardotti (prima e uni-ca donna), Paolo Arrigoni,leghista, Roberto Formigoni,e le interviste ad altri perso-naggi. Ma non si può passa-re sotto silenzio il commos-so e riconoscente ricordoche l’editore e galleristaGabriele Mazzotta, di bendiverso orientamento politi-co, fa di Mirko Tremaglia,esponente di An; giovane ecolto assessore alla cultura,morto a soli 42 anni. Il volu-me è completato da una ter-za parte comprendente “nu-meri e nomi”, l’attività legi-slativa e le notizie sulla co-municazione.

Roberto Vallini,Da Bassetti a Formigoni.

Tutti i governi della Lombardia,

Regione Lombardia,Mursia, 2005, euro 21,00

Roberto ValliniDa Bassetti a Formigoni.Tutti i governi della Lombardia

di Gian Luigi Falabrino

Lo storico Paul Ginsborgnarra che nel 1949 il movi-mento contadino marciavasui latifondi e aveva spessoattaccato all’asta delle lorobandiere, una copia dellaCostituzione repubblicanadel 1948. L’articolo 42 in par-ticolare era stato imparato amemoria: “La proprietà pri-vata è riconosciuta e garan-tita dalla legge che ne deter-mina... i limiti allo scopo diassicurare la funzione so-ciale e di renderla accessibi-le a tutti”.Nell’ottobre del 1949 i con-tadini calabresi marciaronoancora una volta sui latifon-di. Vi presero parte circa 14mila contadini dei comuniorientali della provincia diCosenza e di Catanzaro.Interi paesi parteciparono aicortei.Un reparto della celere diScelba arrivò a Melissa percontrastare l’occupazionedel fondo Fragalà del baro-ne Berlingieri. La mattina del29 ottobre la polizia aprì ilfuoco. Tre persone furonouccise e quindici furono feri-te. I maggiori quotidiani na-zionali mandarono gli inviatispeciali. Vittorio Gorresio

per La Stampa raccolse unatestimonianza. Nella solaprovincia di Cosenza, mez-zo milione d’ettari di terrenoera stato usurpato ai conta-dini.Bene ha fatto SalvatoreSantagata nell’incipit delsuo saggio Educazione allalegalità, a partire da lontanodai grandi sistemi, recente-mente venuti alla ribalta gra-zie agli interventi di due giu-risti, Guido Rossi e GustavoZagrelbesky.Conflitto tra ius e lex perso-nificate secondo Zagrelbe-sky nelle mitiche figure ri-spettivamente d’Antigone eCreonte al tempo d’Eschilo.Conflitto tra contadini senzaterra e un barone calabreseal tempo di Scelba.Ai giorni d’oggi, secondoSantagata, conflitto tra lasocietà civile e la ‘ndranghe-ta calabrese che dilaga nel-la regione, in Italia e oltre iconfini nazionali.L’autore denuncia un calo ditensione nel contrasto allamafia dal 2001. Vengonochiamati in causa il governoe gli enti locali.Santagata critica in questosaggio con un’ampia appen-dice documentale la giuntaChiaravallotti. C’è un disim-pegno nella lotta e nello stu-

dio dei sistemi di contrastoall’organizzazione criminale.L’autore traccia l’attività del-l’ente territoriale calabrese apartire dal 1976.Enunciazioni di principio,conferenze istituzionali ecommissioni regionali anti-mafia. Emerge come prio-rità per il contrasto, l’educa-zione alla legalità dei citta-dini per fare in modo di av-vicinarli allo stato ed alleistituzioni.Sono azioni lodevoli, ma in-sufficienti anche perchémanca un coordinamentocon gli altri enti locali e so-prattutto con le scuole. Neglienunciati di principio si ten-de a spiegare il fenomeno inmodo riduttivo: arretratezzae mancanza dello sviluppoeconomico, disoccupazioneendemica e degrado cultu-rale.Il rischio è che senza cen-trare gli obiettivi si tende agiustificare in modo mecca-nicistico il fenomeno dellacriminalità organizzata.Santagata riporta le relazio-ni di un’indagine del Csm e irapporti della magistraturacalabrese sul fenomeno;narra gli omicidi eccellenti ela stagione dei sequestri dipersona e del salto di qua-lità criminale nel settore de-gli appalti pubblici e del traf-fico della droga.Sembra un paradosso chenella terra dove ha operato ilprimo legislatore dell’Occi-dente, Zaleuco di Locri Epi-zephyri, precursore delleLeggi delle XII tavole, l’ille-galità e l’antistato prevalga-no sulla società civile e le

istituzioni. Nel 1995 il Pro-curatore distrettuale antima-fia di Reggio Calabria, Sal-vatore Boemi denuncia lagrave situazione di carenzadi organico. Cinque magi-strati si trovano a perseguire3000 affiliati. C’è la possibi-lità di dare un duro colpo,ma lo Stato non interviene.Il vescovo di Locri GiancarloMaria Bregantini lancia unsegnale di forte attenzionedel clero al fenomeno di de-grado morale. “Riannodarefili, insomma, perché io cre-do che un solo filo si spez-za, facilmente, tanti, insie-me, fanno invece una funefortissima che può salvare”.È una prospettiva nuova dilotta come strategia aggiun-tiva alla repressione delloStato che la Chiesa fa pro-pria con le parole di donTonino Bello, vescovo diMolfetta: denunciare ogniabuso e ingiustizia. È unmodello da offrire ai giovaniper agire e cambiare, perportare l’intera società versomete più alte e coraggiose.Parafrasando Leopardi:

“Questo secol di fango o vita agogniE sorga ad atti illustri, o si vergogni”

Salvatore G. Santagata,Educazione alla legalità.Le istituzioni, i cittadini,

la ’ndrangheta negli ultimi trent’anni,

Editore Rubbettino 2004,pagine 152, euro 10,00

Salvatore G. SantagataEducazione alla legalità

di Filippo Senatore

Page 32: Paola PastacaldiORDINE 7-8 2005 1 Roma, 22 giugno 2005. Sandro Ruotolo ha vinto la sua causa contro la Rai per ottenere il risarcimento del danno derivato dal biennio di inattività

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Don Gino Marchesini cap-pellano militare presso lascuola allievi ufficiali dellaGuardia nazionale repub-blicana di Oderzo, visse daprotagonista il momento deldrammatico massacro dicentotredici soldati fascistieseguito dai partigiani co-munisti nel maggio del1945. Quella terribile espe-rienza rafforzò la sua con-vinzione che la ragione eradalla parte di Mussolini edel suo alleato tedesco.Oggi, a 88 anni, manifestaancora fedeltà alle idee cheispirarono il suo passato,trova modo di giustificare inparte la Shoah, è dispiaciu-to di non aver mai potutocelebrare la messa sullatomba del Duce aPredappio ed è assoluta-mente certo di non esseremai stato un prete fuorileg-ge.Don Berto Ferrari esercitòla sua missione sacerdotalenegli anni della Resistenzatra i garibaldini comunistidella Divisione Mingo cheoperava sugli Appennini fraGenova, Varazze, Ales-sandria e Tortona. Dimostrògrande equilibrio nelle suescelte, portando conforto aicondannati a morte, di qual-siasi fazione di appartenen-za, perché convinto che, fravincitori e vinti, gli onesti de-vono comunque sempre es-sere assolti.Don Redento Belli è statocappellano militare della“Osoppo”, dove militarono icattolici, liberali e socialisti.Questa formazione rappre-sentava il baluardo contro iprogetti dei comunisti slaviche volevano annettere ilFriuli Venezia Giulia al loroterritorio. Così gli uominidella “Osoppo” si trovaronoad operare tra due fuochi:da una parte il Fronte di li-berazione jugoslavo e dal-l’altra la Wehrmacht. Il lorocomando era situato nelComune di Faedis dove, il 9febbraio 1945, un centinaiodi comunisti, comandati dalpartigiano Giacca, si intro-dussero con una scusaaprendo improvvisamentecontro di loro il fuoco. Nenacque una carneficina checontinuò nei giorni succes-sivi, dopo sommari processidei superstiti nei boschi cir-costanti. Don Redento,scampato al massacro per-ché in missione nel bassoFriuli, si assunse il terribileincarico di disseppellire tuttii cadaveri per riconoscerliuno a uno. Oggi a 91 annivive a Udine e si rammaricaancora di non essere mortoinsieme a quei martiri.Sono queste le figure più si-gnificative di cappellano mi-litare tra i nove, tutt’ora vi-venti, che sono stati intervi-stati da Ulderico Munzi pertracciare altrettanti ritrattinel suo libro: Gesù in cami-cia nera, Gesù partigiano.A mio avviso il maggioremerito di questa paziente ri-cerca è quello di aver rac-contato con fedeltà il com-

portamento di questi corag-giosi sacerdoti davanti al-l’immane tragedia, quale fula seconda guerra mondia-le. Una preziosa testimo-nianza affinché le nuovegenerazioni di cappellanimilitari trovino parametri cuiconfrontarsi, compresoquello del dilemma di ucci-dere, in combattimento eper difesa, con l’arma di cuisono dotati.Una segnalazione a parteva riservata alla ricostruzio-ne della vicenda vissutadall’eroico monsignorGiovanni Barbareschi, cheaiutò moltissimi ebrei a sal-varsi dalla caccia data lorodalle SS tedesche.Arrestato, conobbe il pesodelle torture riservategli perquesto motivo nel carceredi San Vittore. La comunitàebraica lo ha riconosciuto“Giusto di Israele”.Nel suo racconto, donGiovanni ricorda di esserestato protagonista della fu-ga dal carcere milanese diIndro Montanelli, che ac-compagnò personalmentein Svizzera, per incarico delcardinale Schuster, facen-dogli passare la frontieradavanti a consenzienti sen-tinelle tedesche.Il suo racconto è molto par-ticolareggiato ma non chia-risce per quale ragione algrande giornalista fu riser-vato il privilegio di salvarsicon un espatrio così con-senziente e tutelato. Sia perreticenza, che per ignoran-za, resta comunque ungrande mistero.Il libro è introdotto da unaprefazione di Giulio An-dreotti e si conclude con unintervento di Romano Mus-solini.Messe a confronto con i re-soconti obbiettivi e fedeli, ri-costruiti da Ulderico Munziper futura memoria, le duetestimonianze, scontata laprima e prevedibile la se-conda, non hanno saputoaggiungere nulla al valoredell’opera. Peccato.

Ulderico Munzi,Gesù in camicia nera,

Gesù partigiano.Preti di guerra 1943-45,

Sperling & Kupfer Editori,Milano 2005,

pagine 211, euro 17,00

Ulderico MunziGesù in camicia nera,Gesù partigiano

di Vito Soavi

ORDINE 6 2005

settembre e la ritirata dei te-deschi dall’Isola, furono in-caricati dal comando milita-re sardo di improvvisarsi re-dattori radiofonici usandouna trasmittente siglata R.6installata su un camion aBortigali”.Cose da pionieri. Ma fun-zionò. Un orecchio a “spiare”le emittenti proibite: RadioLondra, soprattutto, ma an-che Radio Algeri, RadioBarcellona, Radio Tunisi.L’altro a trasmettere musicaà la page, come piace ricor-dare, nel volume, al presi-dente emerito della Repub-blica Francesco Cossiga,che quel pomeriggio del 7maggio 1945, studente sedi-cenne, era sintonizzato pro-prio sulla radio sarda, nelfrattempo trasferitasi aCagliari: “Glenn Miller e ArtieShaw, ma anche l’orchestradi Radio Sardegna, conGiulio Libano, FrancoPisano, Fred Buscaglioneche suonava il violino e nonaveva ancora scoperto lasua inconfondibile voce ro-ca. A un certo punto il pro-gramma s’interrompe...”.Una radio libera, autonoma,un po’ selvaggia: brada, ap-punto. Che oggi non esistepiù (già dopo il 25 aprile del‘45 Radio Sardegna diventaRai Sardegna), ma che, ses-sant’anni dopo, continua adiffondere un chiaro mes-saggio.O, meglio, una lezione dascuola di giornalismo, comeha detto, intervenendo allapresentazione milanese, ildirettore del Tg3 Rai AntonioDi Bella: “La scelta dell’indi-pendenza, l’amore per laprofessione, la cocciutaggi-

ne, il piacere di raccontaresenza prima chiedersi sefaccia o meno piacere al po-tente di turno. In altre paro-le, l’essere al servizio di chiascolta”.Nel volume, corredato da unDvd con i suoni, le musiche,le voci di quella stagione,l’avventura di Radio Sar-degna emerge, capitolo do-po capitolo, attraverso unaserie di spaccati storici, so-ciali, di costume, ognuno deiquali è la riscoperta di unpreciso momento della no-stra storia. Dalla ricostruzio-ne alle “luci del varietà”; dal-le “radio proibite” all’autono-mia; dagli “intellettuali” all’e-sperienza del “Contro-giornale”, rubrica di con-troinformazione condottacon un ampio utilizzo della“lingua madre”, il sardo.Per questo Radio brada nonè solo un omaggio alla me-moria, anche se le numero-se fotografie, tutte in biancoe nero, delle quali è arricchi-to conquistano l’attenzionedel lettore, riportandolo in-dietro nel tempo e nelleemozioni. E non è nemme-no solo la celebrazione, pe-raltro più che lecita, di unastorica “esclusiva”. È, sem-mai, una sorta di eredità.Come scrive ancora Jaco-belli: “Se la rievocazione diquella lontana vicenda puòmotivare i giovani colleghiverso un giornalismo eserci-tato come un servizio e noncome un potere, contro ognicondizionamento di parte,questo non sarà soltanto unlibro di ricordi”.

Radio brada.8 settembre 1943:

dalla Sardegna la primavoce dell’Italia libera,

a cura di RomanoCannas,

prefazione di JaderJacobelli

Rai – Eri 2004,pagine 264, euro 30,00

di Patrizia Pedrazzini

“La guerra è finita, la guerraè finita. A voi che ci ascolta-te: la guerra è finita”. È unavoce concitata, rotta dall’e-mozione, a tratti coperta dasibili e fruscii, quella che ilpomeriggio del 7 maggio1945, poco dopo le 14, affi-da all’etere la notizia che mi-lioni di persone aspettanoda anni. È la voce diAmerigo Gomez, il direttoredi Radio Sardegna, che lanotizia l’ha appena appresada un suo tecnico, il capora-le radiotelegrafista QuintinoRalli. Il quale, a sua volta,l’ha appena “rubata” a RadioAlgeri: “L’Allemagne s’estrendue... La guerre est finie”.Parole chiare, niente di crip-tato, segno che i tedeschinon fanno più paura: allora èvero.Il tempo di far volar via lecuffie (trovate due anni pri-ma tra i rottami di un bom-bardiere americano abbattu-to dai tedeschi tra Bortigali eMacomer), di scendere infretta dal camion sul quale èmontata la “R.6” a onde cor-te dell’esercito, di correreverso la casa che, a pochimetri, ospita il piccolo studiodi Radio Sardegna, e Ralli èdavanti a Gomez. Di lì a po-co la voce del direttore arri-va, insieme a quella dell’an-nunciatore AntonelloMuroni, in tutta Italia, neiPaesi del Mediterraneo e sua Nord, fino in Olanda. Ma,soprattutto, arriva per prima:Radio Londra darà la notiziadella resa della Germaniauna buona ventina di minutidopo; Radio Roma addirittu-

ra alle 8 di sera, dopo il vialibera del capo del governoIvanoe Bonomi.È così che Radio Sardegnaentra nella leggenda. Anchese, in realtà, un altro prima-to questa emittente nata inuna grotta di Bortigali, pae-se di duemila anime in pro-vincia di Nuoro, il 3 ottobre1943, già lo detiene: l’esse-re stata la prima voce “libe-ra” (non “liberata”: in Sar-degna non c’erano trasmet-titori Eiar) dopo l’8 settem-bre.Un pezzo di storia sarda, enazionale, del quale si è par-lato lo scorso 6 giugno alCircolo della Stampa diMilano in occasione dellapresentazione del libroRadio brada. 8 settembre1943: dalla Sardegna la pri-ma voce dell’Italia libera, acura di Romano Cannas, di-rettore della sede regionaleRai Cagliari.“Doveva essere una radio ingrigioverde, a cui furono affi-dati due precisi e modesticompiti: quello di dare ai sar-di, provati dalla guerra, lenotizie utili alla ripresa, equello di comunicare ai pa-renti del continente che i lo-ro cari, mobilitati inSardegna, erano vivi e pre-sto sarebbero tornati a casa.Doveva essere, invece fuuna radio a 360 gradi, fruttodella creatività, dell’improv-visazione e della passionecivica di chi si trovò a farla”.Così scrive, nella prefazionedel libro, Jader Jacobelli,che di Radio Sardegna fuuno dei fondatori. O, meglio,uno “di quel gruppetto di uf-ficiali – sei, in tutto – che, su-bito dopo l’armistizio dell’8

A cura di Renato CannasRadio brada. 8 settembre 1943: dalla Sardegnala prima voce dell’Italia libera

Tra il 1944 e la fine degli anniCinquanta circa 250.000 uo-mini, donne e bambini hannodovuto lasciare le proprie ca-se a Zara, a Fiume enell’Istria, per l’insostenibileoppressione del regime diTito. Raoul Pupo, nella sua ri-cerca, abbraccia le vicissitu-dini e i movimenti migratoriavvenuti nell’area Alto-adria-tica dalla fine della primaguerra mondiale in poi: le per-secuzioni fasciste e la conse-guente migrazione di slovenie croati, l’aggressione italianaalla Yugoslavia nel 1941, leannessioni e gli orrori dellaguerra partigiana e la contro-guerriglia, le foibe del 1943 edel 1945, l’interminabile que-stione di Trieste e l’ultima on-data migratoria verso l’Au-stralia alla fine degli anniCinquanta. L’autore ci mostrale ragioni e le conseguenzedi un dramma, l’esodo dei

giuliano-dalmati, quasi sco-nosciuto ai più e che può ap-parire come una piccola goc-cia nel mare della tragediadel secolo scorso, ma chesimboleggia comunque unevento forte, la scomparsaquasi integrale del popolo ita-liano dai territori yugoslavi.La ricostruzione parte dal fa-scismo e dal tentativo di ita-lianizzare il territorio yugosla-vo, attuato con violenze eleggi liberticide, che impone-vano alle minoranze slavecognomi italiani e scuole dilingua italiana.La conseguenza fu una forteemigrazione sloveno croata,che però non andò a intacca-re né la presenza nellaVenezia Giulia, né la tradizio-ne che si alimentava con in-segnamenti clandestini nellechiese. Le brutalità fasciste,però, contribuirono a fomen-tare quelle altrettanto crudeli

di Massimiliano Lanzafame

Raoul PupoIl lungo esodo. Istria: le persecuzioni, le foibe, l’esilio

delle milizie popolari slavenei confronti degli italiani.Violenze non solo fisiche, mapsicologiche per delle perso-ne che vedevano cambiareirrimediabilmente il terrenosociale dove erano nate evissute fino al punto di nontrovare altra via d’uscita chela fuga.Nel libro si parla anche di unpiccolo ma significativo “con-troesodo” di comunisti italianiche si erano recati inYugoslavia speranzosi di par-tecipare alla rivoluzione so-cialista, sull’onda della pro-clamata “fratellanza italo-sla-va”. Le speranze, però, s’in-fransero presto contro il murodel nazionalismo slavo e lapolitica del non allineamentodi Tito, il che creò non pochiimbarazzi al Pci. Le pagine distoria raccontate da RaoulPupo, arricchite dalle toccantitestimonianze degli esuli, so-no molto puntigliose e hannoil pregio di mettere in luce vi-cende per lungo tempo mes-se da parte. La sinistra hacercato di parlarne il menopossibile per non dare fiatoalle forze anticomuniste, mal’Italia, per cinquant’anni, èstata retta da un regime libe-ral-democratico che pure si èdisinteressato alle disgrazie

del confine orientale. Inrealtà, alla fine del secondoconflitto mondiale, Alcide DeGasperi cercò di evitare lefoibe, chiedendo l’occupazio-ne alleata della VeneziaGiulia, e di scongiurare l’eso-do, battendosi per recupera-re all’Italia la zona B. Nel1948, però, la situazionemutò. Era l’anno in cui Tito,allontanandosi dall’UnioneSovietica, rendeva di fatto ilsuo Paese un cuscinettostrategico di vitale importan-za tra l’Europa occidentale equella socialista.Nei decenni successivi i go-verni italiani hanno diplomati-camente evitato l’argomentofoibe ed esodo “non gradito”al prezioso vicino.Solo con ladissoluzione della Repub-blica federale di Yugoslavia,all’inizio degli anni Novanta,la politica nazionale ha ripre-so ad interessarsene e a par-lare di “storia negata”, nonsenza una punta di strumen-talizzazione politica, biparti-san.

Raoul Pupo,Il lungo esodo.

Istria: le persecuzioni,le foibe, l’esilio,Rizzoli storica,

Milano 2005,pagine 334, euro 18,00

LIBRERIA DI TABLOID

Page 33: Paola PastacaldiORDINE 7-8 2005 1 Roma, 22 giugno 2005. Sandro Ruotolo ha vinto la sua causa contro la Rai per ottenere il risarcimento del danno derivato dal biennio di inattività

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Ci sarà una ragione se inquesti anni pieni di violenzae terrore i libri che ci affrettia-mo ad acquistare parlanospesso di questo: del maleche alcuni esseri umani in-fliggono ai loro simili duranteil corso della storia. Eppuresarebbe logico aspettarsi ilcontrario, che i più si precipi-tassero a leggere storie di-vertenti e ottimistiche per di-menticare quanto succedeoggi in Israele o in Iraq, gliagguati di ieri in Bosnia e nelKosovo, e magari i regola-menti di conti, le spedizionipunitive avvenute l’altro ierida noi, in Italia, al tempo del-la guerra civile. Invece, dopoil successo clamoroso de Ilsangue dei vinti, un nuovo li-bro di Giampaolo Pansascala rapidamente le classi-fiche delle vendite quasi fos-se un best-seller per tutti,conquista consensi e fomen-ta discussioni magari facino-rose, costringe persino con-duttori di programmi tv amettere da parte gli abitualiriti verbali evasivi, o ideologi-ci, o politichesi, per affronta-re temi intrisi di una dolentemoralità.Prendiamo dunque questoPrigionieri del silenzio, il sag-gio dedicato da Pansa a unsemisconosciuto comunistadi origine sarda, il solitario eribelle Andrea Scano. Non èuna storia da leggere con di-letto, quella che ci viene pre-sentata, nonostante le coin-volgenti avventure del suoprotagonista, e non è neppu-re un romanzo, dal momentoche l’autore ripercorre la bio-grafia del protagonista attra-verso il labile pretesto lettera-

rio di un dialogo in prima per-sona con un testimone deifatti, in realtà rappresentandosituazioni sempre documen-tate e rigorosamente “vere”.Eppure, pur mantenendosisempre in questo difficileequilibrio formale, la vicendadi Scano riesce a catturare ilettori, il “silenzio” che descri-ve agita il mercato editoriale,e subito la polemica si trasfe-risce sulle colonne dei quoti-diani. Il fatto è che, dietro al-l’odissea del povero comuni-sta tradito e tormentato daicompagni di fede, si intravve-dono quelle di migliaia di altri,comunisti o no, italiani o di al-tre nazionalità, risucchiati einghiottiti nello stesso imbutoideologico.Andrea Scano, dunque, sipresenta a noi come porta-bandiera di un esercito sfor-tunato, i dannati della falce emartello, i condannati alla“morte rossa” (da intendersiin senso sia fisico che spiri-tuale).Vicenda emblematica,la sua, che si dipana fino alglorioso 25 aprile del 1945come quella di un militantecomunista vincitore, ma chesubito dopo prende una stra-na, amara piega imprevedibi-le (o prevedibilissima, po-tremmo aggiungere con ilsenno di poi). Per aver na-scosto le armi accumulate invista della tanto attesa rivolu-zione proletaria, Scano è co-stretto a fuggire in Jugo-slavia, uno dei tanti “paradisisocialisti” a disposizione degliillusi, sotto l’egida del mare-sciallo Tito. Ma qui il nostroeroe scopre, senza riuscire acredere ai propri occhi, di es-sere invece che un vincitore,un vinto: sospetto già inquanto italiano, poi in qualitàdi comunista filosovietico, di

osteggiare il regime titoista.Finirà nel luogo peggiorepossibile, quell’Isola Calva,nel golfo del Quarnero, chefunzionò durante gli anniquaranta e cinquanta da gu-lag per “irrecuperabili”. Suquello sperone roccioso inmezzo all’Adriatico tutto erapermesso agli aguzzini, com-prese le percosse e le umilia-zioni, il lavoro bestiale, l’isti-gazione al suicidio.Chi riusci-va a resistere e ad uscire dal-l’inferno sulle sue gambe (eScano fu tra questi), venivadiffidato dal raccontare quelloche aveva sperimentato, pe-na la liquidazione finale, e di-ventava fatalmente un “pri-gioniero del silenzio”. Il restolo fece l’omertà del comuni-smo internazionale, determi-nato a non lasciar circolareper nessun motivo la verità;ma anche pesò la complicitàdei democratici occidentali,impegnati nella ricerca di “in-terlocutori sicuri” nel camposocialista, non importa secon le mani sporche di san-gue.Questa è dunque, la storiache racconta Pansa, in volu-ta, evidente continuità con ilsuo precedente Sangue deivinti; come se il suo scopofosse quello di alzare sem-pre più alta la voce della de-nuncia: anche a costo di af-frontare l’ostilità dei seguacinon pentiti di quella ideolo-gia.Che cosa rimproverano gli“anti-revisionisti” a Pansa,non potendolo accusare diessere un nostalgico del fa-scismo, un “anticomunista vi-scerale”, insomma un “uomodi destra”? In sintesi, di avereattentato ai sacri valori del-l’antifascismo, mettendo laviolenza rossa sullo stessopiano di quella nera, e sot-traendo dunque il giudiziostorico alla giusta prospetti-va: da un parte c’erano icombattenti per la libertà e lagiustizia, dall’altra i seguacidel nazifascismo. Pansa ha

già risposto che il suo antifa-scismo non è in discussione,mentre lo è la faziosità di chi,pretendendo di essersi collo-cato dalla parte giusta dellastoria, adotta gli stessi meto-di sommari e violenti dei fa-scisti che pretende di com-battere.Ma forse la storia di cui parlava anche al di là della pole-mica contingente e delle in-tenzioni dichiarate: perchéraccontando la brutalità e lasopraffazione dell’uomo sul-l’uomo, si entra nel campodella filosofia e della morale,e si finisce col disquisire sul-la natura della persona uma-na. E infatti, chi criticandoPansa stabilisce che devonoesistere due pesi e misurenel giudicare la crudeltà el’assassinio, apre la strada algiustificazionismo ideologi-co, se non addirittura al ne-gazionismo dei gulag o deilager.Persino mentre si tentadi rendere imparzialmenteomaggio sia alle vittimedell’Olocausto (ll 27 gen-naio) che a quelle del comu-nismo (il Memento Gulag del7 novembre), si rischia di in-sinuare in qualcuno l’ideache, dopotutto, alcuni mortivalgano più di altri. E che(per citare alcuni storici an-che recentemente saliti incattedra) la morte rossa deigulag fosse soltanto un “sot-toprodotto” dei campi di con-centramento comunista, diper sé rivolti invece alla rie-ducazione, per quanto duris-sima, dei condannati.Il librodi Pansa mette a nudo il “ne-gazionismo di sinistra” nelmodo più efficace: raccon-tando la vita e la morte di chi,come Andrea Scano, visse esi batté generosamente per isuoi ideali, senza accorgersidi essersi affidato all’imperodel male.

Giampaolo Pansa,Prigionieri del silenzio,

Sperling & Kupfer,pagine 445, euro 17,00

Giampaolo PansaPrigionieri del silenzio

di Dario Fertilio

Gigi Di FioreI vinti del Risorgimento

di Massimiliano Ancona

«Uno Stato protezionista, conbarriere doganali, isolato nelcontesto internazionale, comeerano le Due Sicilie», protettoa Nord dall’acqua santa (loStato pontificio) e a sud, est eovest dall’acqua del mare, se-condo la definizione di Fer-dinando II di Borbone. Che,forse, non avrebbe avuto unfuturo – come i ceti istruiticompresero – in un periodo incui il capitalismo stava na-scendo. Ma che, certo, avevaavuto un passato e aveva unpresente ben diverso – quindimigliore – rispetto a quello chela storiografia ufficiale descri-ve nei libri di scuola.Un presente che «rappresen-tava un ostacolo all’ascesadella borghesia liberale e ca-pitalistica», oltre che alle mireespansionistiche (e commer-ciali) di Inghilterra e Francia eche per questo motivo anda-va, in qualche modo, cancella-to dalla cartina geografica.Di qui, l’abito ideologico nega-tivo cucito a misura sul Regno(«negazione di Dio», secondol’espressione usata dall’ingle-se William Gladstone nella de-scrizione delle prigioni delleDue Sicilie, come se, in queglianni, sistema carcerario e re-gole processuali non fosserosimili in tutti gli Stati europei).Con queste premesse, il pic-colo Regno della Sardegna ela dinastia dei Savoia – ap-poggiati all’esterno da Franciae Inghilterra – e coordinati al-l’interno da Camillo Bensoconte di Cavour, furono «legit-timati nel ruolo di artefici diquell’unità italiana realizzatasoprattutto a spese di unoStato sovrano, in quel mo-mento non belligerante».

Quasi tremila morti, migliaia didispersi e deportati: fu questoil Risorgimento per i vinti nelMezzogiorno d’Italia. Dallosbarco di Giuseppe Garibaldialla capitolazione dell’esercitodelle Due Sicilie a Gaeta pas-sarono solo nove mesi.Tantobastò a sfaldare un regno, chela dinastia dei Borbone (unadinastia straniera, ma anche iSavoia lo erano) aveva guida-to per 127 anni.Le regioni me-ridionali, con 9 milioni di abi-tanti, furono «italianizzate»:azzerati monete, codici penalie civili, burocrazie.Tra il 1860e il 1861, come scrive il gior-nalista Gigi Di Fiore nel saggioI vinti del Risorgimento (Utetedizioni) con sapienza narrati-va e una documentazione ine-dita, gli sconfitti furono migliaiadi pastori, carbonari e contadi-ni del Mezzogiorno.Un eserci-to di oltre 50 mila uomini chedifese la propria Patria.Su quei mesi, sui militari, sullagenerazione che realizzò inconcreto il Risorgimento, sianella vittoria sia nella sconfitta,l’Archivio Borbone è una mi-niera ancora poco esplorata.E da quelle carte, come damolte altre fonti Di Fiore ha fat-to emergere piccoli drammipersonali, storie di eroismi,opportunismi e miserie, co-muni a tutti i trapassi di epo-che e di poteri, che arricchi-scono questo affresco sugli ul-timi giorni dell’esercito borbo-nico, del Regno delle DueSicilie e del suo ultimo monar-ca:Francesco II.

Gigi Di Fiore,I vinti del Risorgimento.

Storia e storie di chi combatté

per i Borbone di Napoli,Utet edizioni,

pagine 368, euro 19,00

Molto si è scritto e molto si èdetto intorno alla morte diGiacomo Matteotti, il depu-tato socialista che fu uno deipiù inesorabili oppositore delfascismo. Nei suoi discorsi inParlamento ne denunciòsempre le azioni e il suo ul-timo discorso, il 30 maggio1924, gli costò la vita.Clemente Borando, giornali-sta che ha al suo attivo altrepubblicazioni, ha scritto Ildelitto Matteotti. Un’analisidella stampa dell’epoca incui parla di questo clamoro-so fatto avvenuto 80 anni fa,ma che ancora fa discutere.L’argomento del libro, comesi evince dal titolo, è come lastampa di allora ha trattatoquesto grave fatto cheavrebbe dovuto segnare lafine del fascismo e che, in-vece, ne ha accelerato la sa-lita al potere.

Matteotti, nella sua fermaopposizione al regime, de-nunciò l’illegalità delle ele-zioni politiche che si eranosvolte con dati e documentialla mano e per questo fu ra-pito e, in seguito, ucciso.Borando, fin dagli annidell’Università, ha approfon-dito lo studio della sociologiadella comunicazione di mas-

sa, con particolare attenzio-ne all’analisi del contenuto ealla trasmissione dei valoriattraverso il linguaggio deimedia. Dopo la laurea haavuto incarichi e collabora-zioni in particolare con l’ate-neo di Trieste come eserci-tatore alla cattedra diFilosofia del linguaggio, co-me cultore della materia nel-l’ambito della cattedra diIstituzioni di sociologia e co-me professore a contrattoper corsi integrativi all’inse-gnamento ufficiale diSociologia delle relazioni in-ternazionali.Attualmente collabora conl’Istituto di Sociologia inter-nazionale di Gorizia.Nella premessa al suo librosul delitto Matteotti, l’autorescrive: “Una spina nel fiancoper il fascismo, si disse, evi-dentemente insopportabile.Un politico e un deputatoconcreto, diciamo noi, chenon fa altro che svolgere

compiutamente e fino in fon-do il mandato ricevuto, vistoche è un parlamentare e perdi più di opposizione”.L’uccisione di Matteotti fu si-curamente conseguenza diuna azione repressiva volu-ta dal governo di allora chevenne portato a conoscenzadel pubblico proprio dallastampa del tempo, fino aquando, nel giro di sei mesi,cominciò a passare sotto si-lenzio e fu poi archiviato inseguito ad un processo ad-domesticato che si tenne aChieti, e non a Roma, dueanni dopo.Il delitto Matteotti non è,però, mai stato archiviatodefinitivamente. Nel 1947viene celebrato un nuovoprocesso in cui i sicari fasci-sti vengono condannati al-l’ergastolo, che sarà com-mutato in trent’anni di carce-re. Da allora convegni, pub-blicazioni, articoli, inchiestetengono vivo l’interesse ver-

so questo avvenimento sto-rico per riuscire a capirne fi-no in fondo le vere e com-plete motivazioni.Borando ricorda che il figliodi Matteotti, Matteo, ha se-guito la cosiddetta “pista af-faristica” con particolare at-tenzione alla concessionealla società petroliferaSinclair per delle ricerchepetrolifere. Anche nel 1990,durante un convegnodell’Associazione culturaleMinelliana si è parlato di do-cumenti sull’affare del petro-lio che sarebbero custoditinegli archivi di Mosca.Il libro di Clemente Borandoè suddiviso in due parti. Laprima, su carta, è la presen-tazione e la conclusione del-l’argomento preso in esameed è suddivisa in cinque ca-pitoli che parlano del conte-sto storico, del delitto, dellasituazione della stampa ita-liana all’epoca e dei giornaliche furono testimoni e attori

nel caso Matteotti. Borandoha preso in esame quindicitestate fra giornali di opposi-zione, favorevoli al regime odecisamente filofascisti:L’Unità, Avanti!, La Giustizia,Il Popolo, Il Mondo, LaStampa, Corriere della Sera,Il Giornale d’Italia, L’Italia, LaTribuna, Il Secolo, Corriered’Italia, La Sera, Il Popolod’Italia e L’Impero.La seconda parte del libro,su cd, presenta un ap-profondimento e un’analisidelle testate. Di ogni giorna-le presenta una breve storiae, dove è stato possibile, ilnumero di copie diffuse nel1924 e, soprattutto, le diffe-renze nell’interpretazionedelle notizie che ogni gior-nale ha dato.Un altro interessante tassel-lo si aggiunge, dunque, allalunga storia del delittoMatteotti che da 80 annicontinua a suscitare gli inte-ressi della stampa e la cu-riosità del pubblico.

Clemente Borando,Il delitto Matteotti

tra verità e silenzi,Edizioni Senaus –

Udine 2004,pagine 192 + cd,

euro 15,00

Clemente BorandoIl delitto Matteotti tra verità e silenzi

di Silvano Bertossi

LIBRERIA DI TABLOID

Page 34: Paola PastacaldiORDINE 7-8 2005 1 Roma, 22 giugno 2005. Sandro Ruotolo ha vinto la sua causa contro la Rai per ottenere il risarcimento del danno derivato dal biennio di inattività

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Oliviero BergaminiDemocrazia in America?Il sistema politico e sociale degli Stati Uniti

ORDINE 6 2005

LIBRERIA DI TABLOID

Oliviero Bergamini è docen-te di Storia dell’America delnord e Storia del giornalismoall’università di Bergamo. Leprecedenti pubblicazioni del-l’autore dimostrano, in ma-niera inequivocabile, la suaprofonda conoscenza delmondo americano ed è perquesta ragione che le criti-che (molte) mosse dall’auto-re al “sistema America” de-stano profonda impressione.In Democrazia in America?Bergamini analizza e svisce-ra ogni aspetto della vita po-litica, sociale e culturale delPaese “alla ricerca della de-mocrazia”; e si accorge,però, che la decadenza dellasistema politico sta portandogli Stati Uniti ad essere unPaese che, dopo essere sta-to considerato per decennila terra delle libertà, induceoggi all’involuzione della de-mocrazia. L’analisi, a volte, èspietata, ma sempre detta-

gliata. Tra gli aspetti presi inconsiderazione vi è il ruoloche hanno i media nell’at-tuale decrescita felicedell’America.«Il panorama dei mass me-dia americani appare senzadubbio straordinariamentericco e variegato: l’industriaeditoriale sforna ogni annomilioni di libri, su tutti gli ar-gomenti immaginabili, di au-tori di qualunque orienta-mento politico e culturale.[…] Il pluralismo dell’infor-mazione sembra dunqueessere garantito negli StatiUniti più che in ogni altroPaese. Eppure nella classifi-ca sulla libertà di stampacompilata da RéportersSans Frontières […] gli StatiUniti compaiono soltanto aldiciassettesimo posto, tra gliultimi Paesi occidentali.Come si spiega questo? Ilproblema è che lo scenariocambia profondamente seda una mera rassegna del“campionario” dell’offerta sipassa a considerare gli as-

di Marzio De Marchi setti proprietari, la distribu-zione delle quote di pubblico,i contenuti dei media più dif-fusi, il rapporto tra stampa epotere».L’aggravarsi di questa situa-zione politica (e non solo) –continua Bergamini – è statapiù evidente durante l’ultimacampagna elettorale per lepresidenziali e ancor più nel-la precedente, sempre vinteda George W. Bush. «A nor-ma di buon senso, apparepoco democratico un Paesedove fra due candidati diven-ta presidente quello che haricevuto il minor numero divoti. Questo è ciò che avven-ne negli Stati Uniti con le ele-zioni del 2000. […] Emergedunque un primo dato di fat-to; negli Stati Uniti il sistemaelettorale può “tradire”, oquanto meno “contraddire”un cardine fondamentaledella democrazia: il principiodi maggioranza».Le prese di posizione diBergamini, sebbene suffra-gate da indicazioni e infor-

mazioni che paiono inconfu-tabili, sono spesso imbaraz-zanti e creano nel lettore l’e-sigenza del contraddittorio;perché così, queste affer-mazioni possono sembrareassolutamente fini a se stes-se. Nessun riconoscimentopositivo della situazionecomplessiva di oggi, tentatividi dimostrare che la presi-denza Bush è artefice diogni carenza e contraddizio-ne, mancato riconoscimentodell’importante ruolo demo-cratico, anche attuale, degliStati Uniti: critiche eccessi-ve, soprattutto se a questovolume si vuole dare la par-venza di un’opera didascali-ca. Così, forse, è assoluta-mente difficile giudicare ob-biettivamente una situazionedi vitale importanza per tuttoil mondo.

Oliviero Bergamini,Democrazia in America?

Il sistema politico e sociale degli Stati Uniti,

Ombre corte,pagine 221, euro 16,00

Maurizio CucchiIl male è nelle cose

di Michele Stellato

La tentazione è forte, conaspetti più che attendibili, divedere il romanzo di esordiodi Maurizio Cucchi, Il male ènelle cose, pubblicato daMondadori come l’opera nar-rativa più divinatoria dell’in-quietudine giovanile degli an-ni ‘60; quasi una protostoriatestuale, che poi portò all’e-splosione sessantottesca.L’accostamento ci viene forni-to da una nota dell’autore,dove si informa che questafatica letteraria risale al 1965-66, e nel 2004 è stata ripresaper l’assetto attuale.Una connotazione del testoche ci porta inevitabilmente astoricizzare le ansie e i turba-menti che percorrono le pagi-ne del romanzo; e a trovare inuna radice comune identifica-bile come disagio sociale, lamolla che ha segnato la sto-ria, la cultura, la moda, deglianni ‘60 quando il romanzo èstato avvertito come esigen-za creativa e scritto.Un’epoca poi non lontana,anzi contigua, agli anni ‘50quando la società ha vistonascere movimenti giovaniliprotestatari nutriti di rabbia,sentimenti anarcoidi, con rot-tura degli schemi della vitacomune e che AnthonyBurgess ha romanzato inUn’arancia a orologeria.Poi però la lettura del roman-zo di Cucchi fuga ogni inter-pretazione storico-sociale, eriduce il malessere del prota-

gonista, Pietro, un giovanedella media borghesia mila-nese, ad un problema indivi-duale, di natura esistenziale;“una questione privata” cheall’apparenza esula da spintesociologiche, e piuttosto siconnota come un punto cal-do, un nodo, un’incrinaturanon risolta, nella corsa dellasua maturazione culturale edi uomo. Il ragazzo che l’auto-re fa muovere fin dalle primepagine del romanzo è esem-plare per abitudini, interessi,frequentazioni.Un giovane tranquillo che hauna ragazza e una famiglia,ama la sua città, è riservatonei modi, alieno da ogni ec-centricità. E poi è colto, raffi-nato, cita i versi di Raboni, ri-corda brani dei libri che haletto; e di libri discute con gliamici, sa di jazz, di cinema,d’arte. Ma è inquieto. Sembrache nella sua vita di tutti igiorni, pur ricca e varia, chenon gli nega disponibilitàeconomiche, amicizie e affet-ti, non trovi modo di spegneretutte le sue esigenze; e ansie,richiami, impulsi, che nel piùbello della sua giornataesplodono a tormentarlo.Come se la dimensione an-tropomorfica delle cose di cuivive non gli bastasse e perreazione compensatoria sirendesse disponibile a subireil richiamo folle e demoniacodella rottura per rivoltarlesicontro.E così rompere il canone del-le convenzioni che lo circon-dano, col rifiuto della quoti-

dianità, di ciò che è civile ecorretto.Nelle maglie della trama delromanzo di Cucchi, quindi, sialternano gesti di vita quoti-diana ad episodi sconcertan-ti, assurdi e paradossali, inun susseguirsi incalzante, agetto pirotecnico di cui si ren-de responsabile Pietro, il gio-vane colto e raffinato. A co-minciare dallo scherzo balor-do e gratuito che riserva alpapà della sua ultima ragaz-za, Maria. Poi offende mor-talmente il suo caro amicoGiacomazzi, un pianistacompositore, dicendogli infaccia che la sua musica fapena, roba velleitaria e roz-za. Fa piangere la “bella” ziaGianna, rifiutando un affet-tuoso regalo che gli ha por-tato di ritorno da un viaggioall’estero. Uccide con le pro-prie mani facendogli esplo-dere le viscere, il criceto del-l’affettuosa Maria. Dominatoevidentemente da qualchemotivo kafkiano, si esibisceanche in una scenata controsuo padre affrontandolo inufficio; e contro una coppia diclienti, padre e figlia, poveridiavoli incolpevoli, avanzan-do sospetti sui rapporti tral’uomo e la giovane che forsecercava un impiego. Mentrerisparmia un altro originaledel suo giro, Andrea, quandoscopre rimanendone scon-volto che vive d’accattonag-gio. Il più estremo gesto dis-sacratorio Pietro lo compiecontro se stesso (non si sui-cida, tranquilli), ma è giusto,come per un romanzo diSimenon, lasciare al lettore ilpiacere dell’atto finale.Ma pur intessuto di paginesconcertanti, di intemperan-ze caratteriali, Il male è nellecose è un raccontare fatto dimomenti pacati, raffinatezze,che si legge con gusto, e let-terariamente un romanzo

corretto; senza abusi, atten-tamente controllato per lascrittura e perché i perso-naggi non debordino.Tutto ilnarrare è un muoversi e par-lare con misura, una sorta didiscrezione domina la pagi-na. Come nella sua poesiaanche qui Cucchi parla dicittà, si conferma un poetadella realtà urbana. È la cittàche si snoda tra le pagine,vissuta nei dettagli, nelle pie-ghe più semplici e riposte,nelle zone d’ombra, nellemacchie d’umido.Una storia di vita quotidianacatturata nelle sue vicissitu-dini più comuni, che l’autoremonitorizza con brevi scan-sioni, quasi un andamentodiaristico della struttura nar-rativa, che nel bel mezzos’increspa nel gesto di rivoltadel protagonista, come mor-so dall’eccessivo razionali-smo della sua normalità; odal suo esistere percepitocome vuoto, da non trovarel’anima della sua vita di tutti igiorni. Il doppio profilo dell’e-roe del romanzo porta anchea due atmosfere, una del flui-re lento della vita di relazio-ne, e l’altra dei raptus de-menziali.Un contrasto che dà movi-mento alla lettura, e cattural’interesse; lasciando intrave-dere anche un certo ammic-camento ironico e compia-ciuto del protagonista, cheanche quando agisce da “re-probo” sembra non nascon-da una certa dose di diverti-mento, di insano e perversoappagamento a essere irri-verente, a stupire, a dissa-crare schemi e buone ma-niere.

Maurizio Cucchi,Il male è nelle cose,Mondadori Editore,

Milano 2005,pagine 145, euro 16,00

Il caso Fiat ha occupato lecronache economiche del2004 e si appresta a rimane-re costantemente sotto i ri-flettori anche nel 2005. Lapiù grande holding industria-le privata del nostro Paese èda qualche tempo in diffi-coltà. E la famiglia Agnelli,che per più di un secolo allaFiat ha legato le proprie for-tune, ha perso nel giro di po-chi anni i suoi più autorevolirappresentanti: gli uomini,tra l’altro, che avevano se-guito più da vicino la gestio-ne del gruppo. È una fasedelicata quella che sta attra-versando l’azienda torinese.Ma non è la prima volta checiò accade. È il caso dunquedi porsi qualche domanda.Si tratta di una delle tantecrisi che nell’ultracentenariastoria della Fiat si sono ma-nifestate e dalle quali l’azien-da ne è sempre uscita?Oppure questa volta lo sboc-co sarà completamente di-verso? Ormai si parlasempre più apertamente dipossibile cambio di proprietàse non addirittura dell’inter-vento dello Stato nel capita-le. Ipotesi che metterebberofuori gioco una dinastia cheha avuto un ruolo importantenella storia economica e po-litica d’Italia.Riflettere su questi possibilicambiamenti è dunque inquesta fase doveroso. E perfarlo è necessario conosce-re la storia della Fiat, il ruoloche hanno avuto gli azionistie i manager attraverso vi-cende che hanno segnatol’evoluzione del Paese: bastipensare al tributo pagatodall’azienda alla stagione delterrorismo e alla marcia dei40 mila che questa stagioneha spazzato via. Giungono aproposito due libri che af-frontano in modo nuovo lastoria della Fiat e degliAgnelli, con taglio giornalisti-co e con il gusto del retro-scena. Il primo è un ponde-roso volume scritto a quattromani da due fratelli, Albertoe Giancarlo Mazzuca, en-trambi giornalisti economicidi lungo corso. Si tratta diuna ricostruzione completa,documentata e aggiornatadel cammino della Fiat. Ladinastia degli Agnelli vieneraccontata dalle origini. Daquel Giovanni Agnelli, cioè,nonno e omonimo dell’Av-vocato, che da ricco proprie-tario terriero di Villar Perosa,nell’hinterland torinese,puntò per primo (siamo aglialbori dell’Ottocento) su unprodotto industriale alloraquasi sconosciuto, vale a di-re l’automobile. Una scom-messa vinta. Ma la Fiat nelcorso del suo secolo di vitasi è trovata ad affrontare mo-menti di grande successo esituazioni di difficoltà, crisi divertice e lotte intestine, rap-porti burrascosi con il poterepolitico di turno e fasi di

grande sintonia con governiche ne hanno assecondatole strategie. Tutto questo èraccontato nel libro deiMazzuca con grande rigore.Abbraccia un periodo più li-mitato, invece, l’agile volu-metto scritto da UgoBertone. La presidenza diGiovanni Agnelli, quella an-cora più lunga di CesareRomiti, la breve stagione diPaolo Fresco, la parentesi diUmberto Agnelli, l’arrivo,sulla poltrona di numerouno, di Luca Cordero diMontezemolo. E poi le al-leanze, le acquisizioni, gli in-vestimenti all’interno e al difuori dell’automobile, suotradizionale core business.Ma sono soprattutto gli ultimidue anni, quelli che vannodalla scomparsa dell’Avvo-cato alla nomina di Monte-zemolo, il periodo su cui sifocalizza la ricerca di Ber-tone, giornalista con un per-corso professionale intera-mente sviluppato all’internodel mondo della finanza (e inpiù torinese, vicino quindianche “fisicamente” al pia-neta Fiat). Ricco di aneddotie ricordi anche personali, illibro spiega gli avvenimentipiù recenti in modo appas-sionato. Fondendo insiemestrategie industriali e aspettiumani di una vicenda tuttoraaperta a sbocchi imprevedi-bili. Entrata nel suo secondosecolo di vita, la holding delLingotto, unica multinazio-nale privata italiana, sta in-fatti per cambiare pelle. La fi-ne della collaborazione conGeneral Motors, le futurenuove alleanze, il ruolo delleprincipali banche finanziatri-ci, che nel settembre del2005 del Lingotto potrebbe-ro diventare azioniste di pe-so, sono tutti elementi in di-venire ma che affondano leloro radici nelle scelte del re-cente passato.

Alberto e Giancarlo Mazzuca,

La Fiat:da Giovanni a Luca,

Baldini Castoldi DalaiEditore,

pagine 438, euro 18,60

Ugo Bertone,Gli Agnelli.Una storia

che non finisce,Boroli Editore,

pagine 131, euro 18,00

Alberto e Giancarlo Mazzuca La Fiat: da Giovanni a Luca

Ugo BertoneGli Agnelli Una storia che non finisce

di Giacomo Ferrari

Page 35: Paola PastacaldiORDINE 7-8 2005 1 Roma, 22 giugno 2005. Sandro Ruotolo ha vinto la sua causa contro la Rai per ottenere il risarcimento del danno derivato dal biennio di inattività

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LIBRERIA DI TABLOID

Ecco una guida piccola (perle dimensioni) ma destinata afarsi amare da chi coltiva eapprezza la lingua italiana.Vale a dire ad una minoranzache sembra assottigliarsisempre più, sia in camposcolastico sia sul terrenogiornalistico. E questo rendeancora più rilevante questafatica dell’autrice che è statapremiata dall’istituzione (e cisembra doveroso, per noncreare confusioni, sottolinea-re che si tratta di iniziativa vo-luta e sostenuta da PaolaJannace, assessore provin-ciale alla Cultura nella prece-dente giunta di OmbrettaColli). “Anacoluto” – spiega ilvocabolario della Treccani –deriva da parola greca che si-gnifica “privo di seguace” per-ché comporta un costrutto didue diverse parti, la primadelle quali rimane incompiuta(per esempio, “riprendiamo inesame la questione, che sen’era già parlato”): un bruttoesprimersi, ma non è assolu-tamente una parolaccia. Fadunque bene la professores-sa Capeder, studiosa di lin-gua italiana, nel metterlo inchiaro. Nonostante gli sforzidi una Accademia dellaCrusca e di una SocietàDante Alighieri, in Italia l’inte-resse verso i problemi lingui-stici sono molto ridotti: preva-le il vezzo di studiare (magarimale) l’inglese, tralasciando

l’idioma di casa.Certamente tutto muta e sievolve. E la lingua segue letrasformazioni della società.Cambiano gli stili di vita, l’e-conomia, il paesaggio, l’urba-nistica, la tecnologia, i costu-mi morali. E allora non occor-re stupirsi oltre misura se an-che la grammatica subiscesconquassi “dal basso” cioèdalla parlata popolare la qua-le non è materia statica maelemento in continuo diveni-re. L’ortografia rischia di es-sere negletta o, peggio, cal-pestata. Pertanto una ripas-satina, come si diceva unavolta, non può guastare.Perché – avverte la ricercatri-ce – non si dovrebbero maiperdere quegli aurei puntellirappresentati dalle regole dibase che intervengono come“le chiavi di volta o i murimaestri senza i quali un edifi-cio non si regge in piedi”. Mapoi, è così difficile scrivere eparlare correttamente? Le nuove generazioni tendo-no a sintetizzare i concetti, asemplificare i modi avverbiali,ad utilizzare forestierismi,senza rendersi conto che lemode passano mentre lastruttura lessicale di una ci-viltà resta inalterata per seco-li. Il latino insegna. La linguanon è una scienza esatta madeve pur dotarsi di normeprecise, legate alla logicadelle concordanze tra prono-

mi, aggettivi, preposizioni, esoprattutto verbi. A questopunto la Capeder non sale incattedra preferendo passaretra i banchi dei suoi allievi,per distribuire massime econsigli di assoluto buonsenso.Troppo spesso il com-puter viene usato affidandosiad esso ciecamente senza ri-flettere che questo strumentoriflette un’impostazione di ba-se americana non sempreadeguabile alle regole (e aitrabocchetti) dell’italiano. Edecco insorgere anche il pro-blema della invadenza sullastampa e nella parlata ditroppi anglicismi, per lo piùinutili o banali, nei confrontidei quali occorre prendereposizione. Uno dei capitolettipiù gustosi della nostra guidaporta appunto il titolo di“Italiano è wonderful” perchiarire come usare bene iforestierismi, talvolta apprez-zati per la loro efficacia e im-mediatezza, talvolta adottatisenza alcuna necessità insostituzione di parole italianeche esprimono meglio il con-cetto da spiegare. Snobismo,esibizionismo, esterofilia? Laricercatrice sottolinea: “Sen-za arrivare agli eccessi delnazionalismo francese, chesi spinge a rifiutare l’inglesecomputer sostituendolo conordinateur, ci permettiamosommessamente di suggeri-re ove possibile la preferenzaper la lingua dove il bel sisuona anche perché l’utilizzoeccessivo dei termini stranie-ri non nobilita affatto il lin-guaggio, come qualcuno po-trebbe credere, ma è soltantoindice di cattivo gusto”.Va detto che questa guida èstrutturata in una ventina dibrevi capitoli, ciascuno deiquali affronta un aspetto di-verso e sostanziale della no-stra lingua.Non potendo esa-minarli tutti analiticamente,

Armanda CapederL’anacoluto non è una parolaccia

di Giacomo de Antonellis

basta fermare lo sguardo suqualche esempio. A volte ilplurale è micidiale.Condominio e condominohanno graficamente lo stes-so plurale ma la pronuncia sidiversifica con l’accento toni-co interno al vocabolo: nelprimo caso condomìni, nelsecondo caso condòmini. Leconcordanze. Quando si trat-ta di persone, dice la regola,prevale il maschile: Marco eMaria sono buoni; se interve-nisse il ministero delle Pariopportunità, si potrebbe ri-correre alla scappatoia: Mar-co è buono, e anche Maria.Espressioni da rottamare. Ildilagare del cioè o dell’orribileattimino che i giovani infilanoin una frase ogni due-tre pa-role senza alcun nesso logi-co, trattandosi nel primo casodi unione tra un pronome di-mostrativo e la terza personadel presente indicativo delverbo essere e nel secondodi un diminutivo-vezzeggiati-vo che dovrebbe indicaretempo brevissimo mentre ineffetti si sviluppa senza limiti.Non parliamo poi di quell’as-solutamente, superfluo raffor-zativo di affermazioni o nega-zioni, che un normale sì op-pure no spiegherebbe me-glio.Vocali accentate, tronca-menti di parole, congiuntiviverbali, pronomi personali, ecento altre diaboliche ecce-zioni, completano questasumma del corretto parlare escrivere, la quale ci fa scopri-re che la grammatica e l’orto-grafia sono cose serie da te-nere a mente anche dopoanni e anni di professionegiornalistica.

Armanda Capeder,L’anacoluto non

è una parolaccia,Assessorato Cultura

della Provincia di Milano,pagine 96, s.i.p.

Nel leggere questo romanzodi Paola Pastacaldi, con unautomatismo che non sapreimeglio spiegare, mi è venu-to alla mente uno dei libri piùstrani che mi siano capitatitra le mani, La desinenza inA di Carlo Dossi. E non per-ché tra Khadija dellaPastacaldi e il romanzo del-lo scrittore scapigliato vi sia-no delle relazioni più o me-no evidenti, ma per quel tan-to di femminile che entrambiesprimono e che dimostraquanto differente sia il puntodi vista tra narratori di diver-so sesso. E lo stesso valeper il cinema; e si potrebbe-ro fare parecchi esempi, an-che se può bastarne uno,quel perturbante Lezioni dipiano della neozelandeseJane Campion.Ma forse il romanzo del lom-bardo Dossi mi è venuto inmente anche per l’affinitàtemporale (nelle storie nar-rate, ovviamente) con quellodella Pastacaldi: la finedell’Ottocento in cui tutto

sembra giungere al capoli-nea e nello stesso tempotutto sembra incominciare.Racconta una storia d’amo-re, Khadija, duplice: per unadonna e per una terra(l’Africa, l’Etiopia, Harar);una storia d’amore che, nellettore, finisce col fondersi.La sensualità, sappiamo,non riguarda soltanto gli es-seri umani, non promanasoltanto da essi. E se l’eroti-smo, invece, è prerogativaumana, esso è dato anchedagli umori che un luogoesprime, dalla sua storia,dalle sue luci e dalle sueombre, dai suoi suoni e daisuoi silenzi, dai suoi odori.Ed è questo, in fondo, quelche noi chiamiamo esoti-smo.Con questo archetipo lette-rario Paola Pastacaldi impa-vidamente si è voluta con-frontare. Una sfida che,chiuso il libro, ci rendiamoconto l’autrice ha vinto; e lasfida è quella di aver volutonarrare, oggi, una storia cheha come protagonista unodei massimi motivi d’ispira-zione degli artisti romantici

e decadenti: l’esotismo, ap-punto.Paola Pastacaldi è tornataad Harar per rintracciare lesue radici africane, che leidefinisce memoria di un“esotismo familiare”, con“un nonno che si perdevanell’Africa di fine secolo, lacui storia s’intrecciava conl’inizio delle colonie e i primiviaggi di esplorazione in unPaese antico, l’Etiopia, re-gno di Aksum e della reginadi Saba, e una nonna di unatribù oromo, di nome Kha-dija Ahmed Yossouf”.Da una simile esperienzapoteva venir fuori un preve-dibile resoconto di viaggio,anche perché Paola Pasta-caldi è una giornalista, valea dire una viaggiatrice av-vezza a registrare i dati chefanno di un viaggio un rac-conto più o meno legato allastoria di un luogo o alla suaattualità. Ma è ben altroKhadija.È un viaggio nell’anima diuna donna occidentale con-sapevole del suo sensualeaccumulo di lusinghe d’arte(dalla letteratura alla musi-

Paola PastacaldiKhadija, storia d’amore per una donna e per una terra

di Matteo Collura

ca, dalla pittura al cinema),al quale se non si dà sfogo,se non lo si confronta con lavita stessa, resta appuntoun accumulo di sterili lusin-ghe. Forse questo romanzoè il risultato di una lotta con-tro l’inaridimento che ogniindividuo subisce inoltran-dosi nella cosiddetta matu-rità. E questo lo dico perchél’autrice dimostra di aver te-nuto viva la freschezza delsuo spirito anche artificial-mente o, meglio, con l’artifi-cio della letteratura, la piùartificiale delle espressioniartistiche, perché generatae nutrita da quelle che i mi-stici chiamano visioni.Il viaggio verso l’Africa chela Pastacaldi propone al let-tore è un’avventura dei sen-si che, a destinazione rag-giunta, si fa un’orgia di sen-sazioni in cui baluginano se-duzioni e pericoli inauditi,appunto perché esotici.Violenza estrema ed estre-

ma dolcezza, ci dice laPastacaldi, fanno della vitala metafora degli inferni edei paradisi possibili.Va ver-so questo pericoloso finisterrae, Giuseppe, il protago-nista del romanzo; va e cicontagia le sue perturbantivisioni: “Scivolò il mio sguar-do come assetato su quellaluna splendente e piena, co-me nella notte del quattordi-ci di ogni mese. Cadde lamia anima sul suo viso: ave-va sopracciglia arcuate elabbra come un sigillo diSalomone. Mi sorrise condenti simili a gemme. La suavenustà e la bellezza, la suastatura e l’armonia di formerapirono il mio spirito. Neebbi la mente annebbiata. El’animo si accese di fuoco. Ilgiardino era pieno di gelso-mini, garofani, viole, rose earanci e ogni altro profuma-to fiore…”.Oppure: “Solo gli occhi,quando alzavano la testa,spargevano d’intorno unosplendore strano e incande-scente come di tizzoni ar-denti, erano quegli occhi nelloro vagare inquieto, senzacercare nulla, pietre prezio-se incastonate nella durez-za del trapasso che nongiungeva. Gli stracci non licoprivano più, ma esaltava-no la morte imminente.Giacevano le cotonate suossa puntute che pareantronchi di alberi senza linfa,uccisi da una pioggia che si

era scordata di cadere pernutrirli. Sicché le braccianon erano più braccia matronchi spezzati dal vento,perché troppo deboli per re-stare attaccati all’albero.Aspettavano la morte perbocca delle iene che sareb-bero arrivate non appena ilsole si fosse nascosto dietrole montagne...”.È un libro, questo, che sem-bra essere stato scritto in unmomento d’ozio o in unasomma di momenti d’ozio,quelli che, paradossalmen-te, spingono gli scrittori aosare; a usare le pagine co-me fossero gradini che per-mettono ai predestinati diascendere all’altare dell’ora-colo.O semplicemente, Khadija èfrutto di un esercizio menta-le che all’autrice è servitoper tenere desta la sua ca-pacità di emozione.Stabilirlo, tuttavia, non im-porta. Un libro si legge perquello che può dare. EKhadija è un amplesso fisi-co generato da una serie disuggestioni. È letteratura al-lo stato nascente.È l’assoluto nel suo essereconcepito, quello che per al-cuni è la musica (Bach per ilnichilista Cioran), per altri lascrittura (Borges per tuttoquanto può essere, appun-to, definito letteratura).

Paola Pastacaldi,Khadija, PeQuod,

pagine 245, euro 16,00

Chissà se ora che WalterVeltroni ha scoperto la “mera-vigliosa libertà di scrivere la-sciando andare la fantasiadove si vuole”, come ha dettonel programma Fahrenheit diRadio Tre spiegando come èapprodato alla narrativa, cidarà altre belle prove comequesti racconti. Perché sonobelli davvero, così essenziali,sobri e insieme vibranti.Cinque storie, cinque varia-zioni su un tema, nate dallostesso spunto, una scritta in-travista su un muro diBuenos Aires: Patricio, teamo. Papà.Tutto qui, ma ab-bastanza per accendere lafantasia e far risuonare cordeinesplorate nella scrittura del-l’autore, che finora avevascritto per lo più saggi e testidocumentativi.Apparentemente, ognuno deiracconti di Senza Patricionarra una storia diversa, puravendo tutti in comune il no-me del protagonista, Patricioappunto. Il primo è un intrepi-do pilota dell’AeropostaArgentina” (la compagnia ae-rea di cui fu direttore Antoinede Saint-Exupéry), il qualeogni giorno fa volare migliaiadi messaggi postali e che, co-me l’autore del PiccoloPrincipe, sparisce nei cieli colsuo aereo.Del Patricio numero 2 non sisa nulla, salvo che è nato lanotte del 25 giugno 1978,

Walter VeltroniSenza Patricio

di Olimpia Garganoquando l’Argentina vinse imondiali di calcio. Sua madreera scomparsa ai tempi delterrore: probabilmente, comemigliaia di altri desapa-recidos, scaraventata nell’-Oceano dai portelloni di unaereo. Quale unico possibilegesto d’amore verso quel fi-glio mai conosciuto, il padrescrive a grosse lettere blu ilsuo messaggio: Patricio, teamo. Storie di padri, deside-rati, mancati, assenti: a voltepuò essere inopportuno, senon fuorviante, leggere un te-sto cercandovi tracce auto-biografiche. In questo caso, èstato l’autore stesso a rac-contare quanto della propriaesperienza personale siaconfluito nell’ultimo racconto,il cui protagonista, poco piùche un bambino, gioca a in-dossare gli abiti di un papàmai conosciuto. “Suo padrese ne era andato quandoPatricio era molto piccolo”.Proprio come Vittorio Vel-troni, dirigente Rai oltre cheautore di programmi, mortoquando Walter aveva appenaun anno.Sullo sfondo, l’Argentina diquasi un secolo di storia, luo-go ideale e concreto al tem-po stesso, contenitore perfet-to per queste storie scanditedal tempo della ricerca e del-l’attesa, in un ritmo struggen-te che ricorda tanto quello deisuoi tanghi.

Walter Veltroni,Senza Patricio,

Rizzoli,pagine 124, euro 9,50

Page 36: Paola PastacaldiORDINE 7-8 2005 1 Roma, 22 giugno 2005. Sandro Ruotolo ha vinto la sua causa contro la Rai per ottenere il risarcimento del danno derivato dal biennio di inattività

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LIBRERIA DI TABLOID

Una storia come tante, quelladi un impiegato di banca qua-rantenne che, stanco della vi-ta di tutti i giorni, della mogliee degli amici, fugge dalla riccaBrianza dove vive, e si rifugiaa Milano in uno squallido al-bergo. È questo il filo condut-tore del nuovo romanzo diEnzo Macrì, Comune a ognicosa, da poco in libreria.Macrì, milanese, giornalistaprofessionista, collaboratoredi numerosi periodici e testatea diffusione nazionale, quindi-ci anni fa è stato colpito daatassia spinocellulare. Giànoto nel mondo della poesia,ha pubblicato diverse raccoltee racconti in prosa.Per tornare a quest’ultimoracconto, Natale il protagoni-sta, affetto da una malattianeurologia ed ereditaria, ha ildestino karmico già segnato,infatti di lì a qualche annosarà costretto all’immobilità.Dall’albergo dove si rifugia ri-cuce il tessuto strappato dallasua socialità passata: i dueamici degli anni ‘70, Paolo eLeo, una schiera di tossicodi-pendenti, di colleghi di lavorocome psichiatri impegnati inun centro psicosociale, pressocui lo stesso Natale presta lasua opera di riabilitatore. Maquello che più sconvolgeNatale, sempre più invalidatoda questa “mancanza di equili-

brio” è Candela, una fotomo-della spagnola, conturbante emediterranea. Con lei Nataleha un violento rapporto men-tale e carnale in cui lacrime,sangue e sudore convivono.Questa nuova vita sembrereb-be averlo riequilibrato. Ma lecose prendono una brutta pie-ga:Candela si rivela una fana-tica sostenitrice della causaseparatista basca e si innamo-ra di un violinista di musicasperimentale; un omonimoschizofrenico conosciuto con ilsoprannome de “il professore”che frequenta assiduamente ilcorso di poetry-therapy e cheviene ucciso da un “cecchino”della polizia.Sono, però, i vec-chi affetti che di tanto in tantofanno delle incursioni nel nuo-vo mondo di Natale e lo richia-mano alla responsabilità civile.Dopo la fuga che è durata no-ve mesi, Natale torna a casatra le braccia di Martina, la mo-glie-mongolfiera come affet-tuosamente la chiama, che dilì a una settimana mette almondo un’altra vita. Comunea ogni cosa, come il titolo delromanzo, o senza equilibrio?Sarà il lettore a decidere, leg-gendo le pagine di questo ro-manzo che è stato definito “vi-vamente inventivo per linguag-gio, ritmo, elasticità di scritturarapida e avventurosa”.

Enzo Macrì,Comune a ogni cosa,

Editing s.a.s., Treviso 2005,pagine 240, euro 13,50

Enzo MacrìComune a ogni cosa

di Bruno Ferrario

“Io ho sparso queste notizienei borghi tra il campo reale diShrewsbury e questa fortez-za di rude pietra logorata daltempo... dalle lingue dellaFama essi portano le dolciconsolazioni della menzogna,peggiori dei veri mali”.Lasciamo languire la famashakespeariana, pallida d’in-quietudine.”San Giuliano nonha più bambini nati nel 1996”.È la cronaca scarna, lucida eprecisa di Pino Ciociola, corri-spondente del quotidianol’Avvenire nei tragici eventi se-guiti dal terremoto nella scuo-la elementare “FrancescoJovine”. Parole tremende, de-scrizioni precise, velate dipietà, solidarietà e ricerca ca-parbia. Durante la mattinatadel 31 ottobre 2002, unascossa di terremoto colpisceSan Giuliano di Puglia, borgomolisano di milleduecentoanime ad una sessantina dichilometri da Campobasso. Ilsisma è forte, ma non disa-stroso, le case danneggiateresistono. Solo un edificiocrolla: un centinaio di bambi-ni, maestre e bidelle sono sot-to le macerie.Il cronista nota che il crollonon è stato cagionato dal ter-remoto: ci sono molte anoma-lie.Il bilancio finale di quel gior-no è tremendo.Ventisei bam-

bini morti insieme con un’in-segnante e trentacinque feriti.Ciociola segue il caso durantei giorni del dolore e dopo; lereazioni dei parenti e l’inchie-sta della Procura di Larino. Laraccolta dei dati e delle circo-stanze sono di una vastità ta-le, che il cronista decide di ap-profondire gli eventi e scriver-ne un libro di denuncia.La ricerca è stata realizzatacon l’utilizzo e la lettura delmateriale istruttorio reso pub-blico dal magistrato. Il librosviluppa il racconto di fatti e dicircostanze terribili. La classedirigente locale non possiedealcuna idea su ciò che vuoldire responsabilità, servizio espirito sociale.Si cerca di sca-ricare su un evento naturalele omissioni di un’amministra-zione che ignora il governodel territorio, le regole e la leg-ge. La scuola crollata, edificiopubblico comunale, era incondizioni statiche così pre-carie che “se non ci fosse sta-to il terremoto quell’edificiosarebbe venuto giù al primostarnuto di un bambino raf-freddato”. Gli amministratori ei tecnici del Comune di SanGiuliano, l’impresa appaltatri-ce, secondo la Procura dellaRepubblica, hanno violato leleggi nei lavori di sopraeleva-zione.Quello che sgomenta sono lerisposte date dagli indagatiagli inquirenti. Amnesie, col-

Pino CiociolaLa scuola assassina

di Filippo Senatore

Daniela PizzagalliLa signora della poesia..Vita e passioni di Veronica Gàmbara, artista del Rinascimento

Nel Rinascimento italiano, lapoesia d’amore era femmina.Principesse, duchesse, maanche cortigiane “oneste”,come venivano chiamate leseduttrici di professione cheesercitavano le loro arti inambienti raffinati, le donneche componevano poesiaerano numerose. Educateagli studi umanistici, affinava-no la loro sensibilità sulCanzoniere di Petrarca, a cuiattingevano a piene mani percreare versi che, se a volte silimitavano a riecheggiare ac-centi di maniera, nei casi piùfelici acquistavano autonomapersonalità letteraria.Tra le figure di spicco ci furo-no Isabella di Morra, uccisa aventicinque anni dai fratelliper motivi d’onore familiare,Gaspara Stampa, autrice dirime passionali che le merita-rono l’appellativo di modernaSaffo, e la veneziana Vero-nica Franco, le cui grazie fu-rono note anche a Enrico diValois, che volle passare conlei una notte d’amore. Il futurore di Francia ripartì daVenezia portando con sé unritratto in smalto di Veronica ealcuni sonetti che la bella cor-tigiana gli aveva dedicato perringraziarlo dell’onore accor-datole.Nel milieu aristocratico, fra le

più note poetesse rinasci-mentali c’era Vittoria Colon-na, marchesa di Pescara, icui componimenti erano mol-to apprezzati da Michelan-gelo, che ebbe per lei senti-menti di devozione.A far luce su un’altra di que-ste signore della poesia, ingran parte ancora poco note,c’è il nuovo libro di DanielaPizzagalli, scrittrice e giorna-lista, e soprattutto “signoradelle biografie”, grazie alle ri-cerche che da anni conducesu personaggi femminili diambito storico, artistico e let-terario di cui ricostruisce vitae opere in racconti circostan-ziati e di piacevole lettura.Questa volta la sua attenzio-ne si è concentrata sulla poe-tessa Veronica Gàmbara.Nata nel 1485 in territoriobresciano da antica e poten-te famiglia, caparbiamentelombarda a dispetto del fattoche i suoi luoghi d’originefossero da tempo sotto il do-minio della Serenissima, a23 anni Veronica sposòGiberto, conte di Correggio.Rimasta precocemente ve-dova, vestì il lutto perpetuo, eper tutta la vita volle che lasua carrozza fosse trainatasolo da cavalli neri come lapece. Amministrò il patrimo-nio familiare da vera razdora,come tuttora viene chiamatain Emilia la padrona di casasaggia e accorta, e al tempo

di Olimpia Garganostesso fece della sua dimoraaristocratica un circolo intel-lettuale che ospitava i più notiletterati del tempo.I suoi versi suscitarono l’am-mirazione del Bembo, diPietro Aretino, Bernardo Tas-so e Ariosto, che la citò espli-citamente nell’Orlando Furio-so. Veronica Gàmbara ebbeanche spiccate qualità diplo-matiche che le meritaronol’attenzione di Carlo V. L’im-peratore, che nel febbraio del1530 aveva ricevuto dal papale insegne del potere nellachiesa di San Petronio aBologna, volle fare tappa aCorreggio durante il suo viag-gio verso la Germania. Inmen che non si dica, Veronicagli preparò un’accoglienzatrionfale; in segno di gratitudi-ne, l’imperatore rilasciò allacittà di Correggio un decretodi salvaguardia grazie al qua-le la contea era esentata dalmantenimento di guarnigioni.Quando morì, nel 1550, le po-sero un ramo d’alloro sullelabbra e uno d’ulivo fra le ma-ni in omaggio alle sue virtùpoetiche e alla sua clemenzadi donna di governo.

Daniela Pizzigalli,La signora della poesia.

Vita e passioni di VeronicaGàmbara, artista del

Rinascimento,Rizzoli, Milano 2004,

pagine 221, euro 16, 50

Gianfrancesco TuranoRagù di capra

di Michele Giordano

Se non fosse stato un cala-brese doc, uno che sa cuci-nare da dio la pasta al fornocon le uova sode, Gianfran-cesco Turano non avrebbemai potuto scrivere Ragù dicapra che, al contrario di co-me potrebbe far pensare iltitolo, non è un libro di ricettedell’estemo sud, ma un gial-lo puro.Se certe atmosfere di pe-santezza culinaria ai limitidell’allucinazione, certipranzi che durano fino allequattro del pomeriggio, certiriposini postprandiali che tifanno svegliare con l’ango-scia di morte, certe menta-lità della profonda Locride,certi particolarissimi rappor-ti, quasi animaleschi, con lanatura, spesso oltraggiatama pur sempre potente-mente presente, certe im-mutabili convinzioni e con-venzioni, se non sei di lì nonle puoi capire profondamen-te.E, anche se GianfrancescoTurano, nato a Reggio Ca-labria nel 1962, inviato spe-ciale del rizzoliano Il Mondo,ha lasciato la sua terra a 18anni, certi odori, certi sapori- e non ci riferiamo solo ai ci-bi - ti restano proustiana-mente dentro. StefanoAiraghi, il protagonista delromanzo, è uno zanza nato

e vissuto in quella piccolaCalabria milanese che èRozzano, hinterland sud.Lui, dunque, i calabresi li co-nosce bene, e non li stimaaffatto. Quando, però, il suomegastore di hi-fi sta per es-sere travolto da un crack fi-nanziario irreversibile, e lebanche gli rispondono pic-che, ordisce un diabolicopiano.Come Anthony Perkins ne Ilcoltello nella piaga diAnatole Litvak, Airaghi facredere d’essere morto perpoter riscuotere un’assicu-razione miliardaria. Inscenacosì il naufragio del suo ya-cht e, con la complicità delsuo socio Sammy Morabitoche, come denuncia il co-gnome, è un calabrese emi-grato, installa la propria ba-se operativa segreta nellaLocride.Morabito è uno che conta,nipote del capobastone del-la ‘ndrina locale e proprioper questo, oltre che per isuoi modi da ducetto kara-teka, Airaghi diviene prestoun personaggio di rispetto,fino a reclutare un gruppettodi giovinastri locali border li-ne e a ‘ipnotizzarli’ con la in-quietante potenza di unasindrome di Stoccolma (of-frendo un ritratto socio-cul-turale della Calabria assolu-tamente privo di speranze,altro che il ‘cambiare tuttoper non cambiare niente’

della Sicilia gattopardesca,qui non si cambia nulla,neppure pro forma, anchese emergono, a tratti, le fru-strazioni di chi a quella vitaè condannato e la vorrebbediversa, magari al nord).Il fatto è che nel profondodell’animo, Airaghi è, e re-sta, pur sempre un ‘milane-se’ un po’ bauscia e infatti fi-nirà per fare il passo più lun-go della gamba. Il finale,com’è tradizione per i gialli,non lo riveliamo, anche per-ché le ultime 60 pagine delromanzo sono le più trasci-nanti: insomma, prima didarti confidenza, Ragù dicapra ci mette un po’, pro-prio in linea con la prassidell’ “ospitalità calabrese” (ti-tolo fra l’altro, dell’ultimo ca-pitolo).Sia dal punto di vista dellastruttura narrativa che daquello più strettamente les-sicale, Ragù di capra è unromanzo certamente inno-vativo: pensiamo, ad esem-pio, alle descrizioni dei vuotipneumatici di certi perso-naggi o all’uso di espressio-ni locali svelate ai non-di-lì,spesso alternate a terminidel business e della finanzache denunciano la compe-tenza del Turano giornalistaeconomico.Una lettura che, sul pianodella recepibilità del linguag-gio, si offre in progress, ac-compagnandoti con gradua-

le disponibilità verso l’epilo-go: più osticamente in par-tenza e via via più docilmen-te. Sino ad aprirsi senza piùlimiti, quasi sfacciatamente,al lettore, nella parte finale.Con la dinamica comporta-mentale di una bella ragaz-za che inizialmente non cista e poi, a saperla prende-re, ti si offre con tutta sestessa.

Gianfrancesco Turano,Ragù di capra,

Dario Flaccovio Editore,pagine 229, euro 13,00

pevole ignoranza della legge,ma soprattutto incapacità diassumersi la responsabilitàper i fatti accaduti. Edipo re sifa carico persino della peste. Inostri contemporanei preferi-scono scaricare sul fato e lamala sorte, le origini delle di-sgrazie proprie. San Giulianoè un caso emblematico che ciaiuta a scavare nella nostracoscienza. Dobbiamo fare fi-no in fondo il nostro dovere dicittadini, ciascuno nelle nostrepiccole e grandi responsabi-lità. Impariamo a considerarenostri i beni e i servizi pubblici.“Il terremoto non centra” di-rebbe l’illuminista e giacobinoFrancesco Saverio Salfi.Dopo due secoli la nostra co-scienza è oscurata dall’igno-ranza? Persino Ignazio Siloneestrae dignità e riscatto dalracconto dei cafoni ignorantidi Fontamara. A San Giulianotutto questo non accade:spente le luci del circo media-tico del dolore si tende a ri-muovere. Ciociola continua lacronaca e scava tenendo ac-cesa una speranza soprattut-to per i parenti delle vittime eper le persone oneste.Occorre dare una rispostalimpida alla maestra Luisa,mamma di Paolo uno deiventisei cuccioli spirato alla“Jovine”.Ciociola ci prova conrigore professionale riuscen-do con questo libro a tenerealte la passione e la ricercadella verità.

Pino Ciociola,La scuola assassina.

31 ottobre 2002:ecco cosa è successo

veramente,Libroteca Paoline,

pagine 117, euro 7,50

Page 37: Paola PastacaldiORDINE 7-8 2005 1 Roma, 22 giugno 2005. Sandro Ruotolo ha vinto la sua causa contro la Rai per ottenere il risarcimento del danno derivato dal biennio di inattività

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Ecco l’uomo più potentedella Terra visto e racconta-to attraverso un po’ tutti gliaspetti della sua persona-lità. Ed ecco anche la “filo-sofia”, anzi la “missione”che ha portato l’uomo piùpotente della Terra a gestiremomenti di difficoltà noncomuni nel tentativo di fron-teggiare il terrorismo inter-nazionale. Lo descrive,senza pregiudizio alcuno,Maurizio Molinari, corri-spondente dagli Stati Unitiper La Stampa. Non si trat-ta certamente di un libroacritico, ma di un volumericco di spunti di riflessionee di informazioni; così chilegge – come assicura l’au-tore – troverà fatti e retro-scena che rafforzeranno leconvinzioni sia dei sosteni-tori sia dei detrattori del ca-po della Casa Bianca.Un presidente, George W.Bush, che è diverso da tuttiquelli che lo hanno prece-duto, almeno per quanto ri-guarda il rapporto con ilMedio Oriente. «Prima diBush – scrive Molinari – tut-ti i presidenti degli StatiUniti degli ultimi vent’anniavevano indietreggiato oreagito in maniera ineffica-ce alle sfide provenienti dalmondo musulmano. JimmyCarter subì il sequestro per

444 giorni degli ostaggiamericani a Teheran e fallìil tentativo di liberarli.Ronald Reagan ritirò i con-tingenti di pace dal Libanodopo gli attentati degliHezbollah contro l’amba-sciata Usa e il quartier ge-nerale dei marines a Beirut(oltre 300 vittime). GeorgeBush padre, dopo la libera-zione del Kuwait dagli ira-cheni nel 1991, fermò i tanksulla via di Bagdad (…). BillClinton abbandonò la So-malia dopo l’uccisione disoldati americani a Moga-discio da parte di milizianidel generale Aidid (…). Taliscelte hanno fatto apparirel’America debole, incerta evulnerabile all’integralismoislamico».Ecco allora, dopo l’11 set-tembre, la risposta dellanazione americana: unareazione – spiega Molinari– che si comprende soltan-to se si conosce ogniaspetto, sia esso positivosia negativo, dell’uomo chegovernava quella nazionedurante i terribili giorni del-l’assedio terroristico. Lasvolta, il punto di matura-zione politica di Bush, av-venne tre giorni dopoGround Zero, il 14 settem-bre. Bush «abbraccia ilpompiere anziano BobBeck durante la prima visitaalle macerie. “La nazione èa fianco della gente di New

York, New Jersey e Con-necticut unita nel lutto permigliaia di cittadini”, esordi-sce parlando con un me-gafono bianco. Ma dalla fol-la di pompieri e personaledi soccorso si leva un gridodi disappunto: “Non ti sen-tiamo”. La risposta sponta-nea è da comandante incapo: “Io vi posso sentire, ilresto del mondo vi sente ecoloro che hanno distruttoquesti edifici ci sentirannopresto”».Ecco, da quel momento ilpresidente scopre la vera«missione americana»; esull’esito di questa missio-ne Bush gioca la credibilitàdi una vita. Senza volere di-mostrare nulla, ma soltantoconvinto e consapevole difornire al lettore gli stru-menti per farlo, Molinari hascritto questo bel libro: nonun saggio di politica, nonun trattato sociale, ma unromanzo-verità di storiacontemporanea. Tutto daleggere.

Maurizio Molinari,George W. Bush

e la missione americana,Editori Laterza,

pagine 298, euro 18,00

Maurizio MolinariGeorge W. Bush e la missione americana

di Marzio De Marchi

LIBRERIA DI TABLOID

Antonio ColellaDi diritto e di traverso 2

di Michele Giordano

“È un vignettista che non sadisegnare, e per questo lesue vignette le descrive”,scrive Alessandro Betti, edi-tore e presidente della SoielInternational, a proposito diAntonio Colella che bissa ilsuccesso del suo primo Didiritto e di traverso, inviticordiali a non sopportare,con questo Di diritto e ditraverso 2, inviti cordiali anon sopportare, a rimediaree fare meglio. Insomma, giànel titolo, si legge una va-lenza propositiva mancanteal primo volume.L’autore è un giornalistapubblicista, collaboratore,fra le altre testate di ItaliaOggi (ma ha scritto ancheper Il Giornale e per MondoEconomico) e ha ha raccol-to in questo libro (come neln.1) i propri articoli scrittiper la rubrica “Osserva-torio” della rivista OfficeAutomation.Proveniente dalla dirigenzadi un gruppo industriale in-ternazionale operante nellatecnologia delle comunica-zioni, Colella è uomo digrande esperienza azienda-le e i suoi “consigli”, ironici,certo, ma non solo, ci illumi-nano sui tanti misteri e pia-ceri del mondo del lavoro.Irriverente quanto basta,Colella sembra vivere in sé

un incancellabile contrastofra le meraviglie tecnologi-che della moderna comuni-cazione e i danni alla uma-na convivenza che questapuò (o potrebbe) arrecare.Anche in quest’ottica, i primiarticoli affrontano temi rela-tivi alla scomparsa di ogget-ti, come il calzino o il torsolodella mela o la miticaOlivetti Lettera 22 (ma di ca-daveri più o meno eccellentise ne potrebbero elencaremigliaia) che la modernatecnologia ha cancellato persempre.La seconda parte del libro“entra” in azienda, definitadall’autore “un magnificopalcoscenico” e non in sen-so metaforico: quante vi-cende di ordinaria e straor-dinaria umanità scorrono alsuo interno, quanti milioni diuomini e donne vi consuma-no rilevanti fette delle pro-prie esistenze dalle qualiColella trae, come un vam-piro dalle giugulari delleproprie vittime, linfa vitaleper la propria satira.D’altra parte, “quando la lot-ta sul luogo di lavoro ces-sa”, scrive Colella, “spessosi esaurisce la vita stessa.L’uomo non rinuncia ad unterreno qualsivoglia sulquale battersi con i proprisimili... [...] può chiamarsiindifferentemente aziendacome professione, partito,comunità, istituzione e così

via, così come a suo temposi è chiamato Lepanto,Canne, Waterloo, Caporet-to, Normandia”.Già ma battersi per cosa?Solo per se stessi? Oppureanche per gli altri ovvero,un po’ retoricamente, per ilprogresso della civiltà? Agiudicare dai dati forniti dal-l’autore si propenderebbeper la seconda tesi: “Nelcomparto delle nuove tec-nologie, in Italia (2002)”operavano “112.608 impre-se” che occupavano com-plessivamente “710.685persone, con una media di6,3 persone per impresa.Aziende siffatte, ancorchédotate di sagacia imprendi-toriale e collaboratori di ta-lento, in nessun caso pos-sono fare ricerca”.Seguono tabelle, assi tristiper l’Italia, sul numero di ri-chieste di brevetti, su premiNobel conseguiti. Nella se-zione intitolata I maneggi diBerardo, ecco il vademe-cum di un venditore di vo-cazione e di costruzione.Nella terza, Improvvisi perpc, si passa a una serie didescrizioni di italiche furbi-zie condite da citazioni disaggi (da Confucio adEduardo passando perTolstoi, citazioni che ritro-veremo, in maggior nume-ro, a fine libro).La quarta parte Voci dallasocietà nascente è il me-

gafono di dubbi, incertezze,frustazioni, speranze deigiovani che frequentano lenostre scuole con illumi-nanti e sorprendenti stralcida temi. Significativo (o an-che voluto?) che uno comeColella, indagatore delmondo del lavoro quantoDylan Dog lo è di quellodell’occulto, ponga a chiu-sura del libro, ultimo fra gliaforismi, quello di Charles-Maurice Tayllerand: “E so-prattutto, non troppo zelo!”.

Antonio Colella,Di diritto e di traverso 2,

Soiel InternationalEditrice, pagine 286,

euro 14,00

B. Rossi e P. PastacaldiLe fate son tornate

A volte, bisogna riconoscerlo,i giornalisti raccontano frotto-le. Spesso, invece, si diverto-no a raccontare favole; ma fa-vole per davvero, di quelle daleggere la sera ai bambini perpropiziare loro sonni sereni,popolati di fate, elfi e coboldi.Per fare solo qualche esem-pio, ricordiamo le fiabe diDino Buzzati o quelle diAlfonso Gatto, scritte già aitempi della sua collaborazio-ne con Milano Sera e l’Unità.In questi ultimi anni, nelladoppia veste di giornalisti-narratori per l’infanzia trovia-mo Bruno Rossi e PaolaPastacaldi. Oltre a essere en-trambi specialisti nel campodella comunicazione, da tem-po Rossi e Pastacaldi lavora-no a quattro mani alla scrittu-ra di racconti per l’infanzia edi studi che del mondo infan-tile esplorano desideri, ansiee immaginazioni.Nei primi anni Novanta pub-blicavano una ricognizioneeffettuata su quaderni dellescuole elementari dal 1930 inpoi, intitolata Hitler è buono evuol bene all’Italia (Longa-nesi), una sorta di “censi-mento” delle reazioni infantiliin materia di politica e infor-mazione. Qualche anno do-po, in Vorrei essere trasmes-so. Cosa dicono i bambinidella televisione (Salani), os-

servavano le angosce di gio-vanissimi telespettatori difronte a programmi eccessivinei toni e nelle immagini. Direcente i due autori hannodato alle stampe questa nuo-va raccolta di racconti per l’in-fanzia, distribuita in edicolainsieme con la Gazzetta diParma.Inframmezzate da raffinate il-lustrazioni di Luca Zontini, ledodici fiabe comprese nel vo-lume parlano di creature fan-tastiche che popolano luoghiper il resto assolutamente“normali”: incroci stradali,scuole, cucine, fustini di de-tersivo e sacchetti della spe-sa. I racconti si aprono conun omaggio a Pablo Neruda,trasformato per l’occasione inelfo narratore. L’ultima fiabatermina con un festoso cor-teo di fate, bambini, cani, gat-ti, uccellini, criceti, che scia-mando per le strade dellacittà gettano in subbuglio iltraffico automobilistico, coin-volgendo manager in seriosiabiti grigi e telefonini incollatiall’orecchio. “Lasciate in pacele fate”, dicono i piccoli alleautorità cittadine intervenuteper ristabilire l’ordine, “per-ché i bambini ne hanno biso-gno”.

Bruno Rossi e Paola Pastacaldi,

Le fate son tornate,Monte Università Parma

Editore,pagine 109, s. i. p.

di Olimpia Gargano

Il volume La tutela dei dirittidella personalità, di Fran-cesca Sassano è un’operache ha il pregio di essere in-teramente incentrata sullapersona, intesa quale sog-getto giuridico al quale sonoriconosciuti – e tutelati – unaserie di diritti che vanno sot-to il nome di diritti della per-sonalità e che sono:- il diritto all’immagine, checonsente di fissare l’imma-gine altrui in un ritratto (foto-grafico, pittorico, scultoreoecc.), purché ciò non pre-giudichi la dignità della per-sona ritratta nella triplice ar-ticolazione dell’onore, deldecoro e della reputazione;- il diritto alla riservatezza –inteso come il diritto ad es-sere lasciati soli – ed il dirit-to alla privacy, che tutela ildiritto del singolo a non es-sere esposto al giudizio al-trui sulla base di dati che ri-guardano la sua persona;- il diritto al nome, consi-stente nell’uso esclusivo delnome da parte del suo tito-lare;- il diritto all’onore, inteso co-me l’insieme delle qualitàessenziali inerenti al valoredi ogni persona umana inquanto tale.Nel volume vengono esami-nate anche le questioni cheriguardano i procedimenti

penali per diffamazione, lebanche dati e il mondo di in-ternet.Di particolare interesse è ilcapitolo interamente dedica-to al cosiddetto diritto all’o-blio, inteso come il diritto diuna persona a non vedererievocati fatti inerenti allapropria vita che non hannoun interesse pubblico attua-le, ma fanno parte di espe-rienze di passate e oramaisuperate. Il diritto all’oblio,mira quindi ad impedire chesi possa mortificare moral-mente ed additare alla pub-blica vergogna, per un tem-po indefinito, chi in passatoabbia commesso uno o piùsbagli, in assenza di un in-teresse pubblico alla cono-scenza attuale di quei fatti.Sul presupposto che il gior-nalismo è attualità, Fran-cesca Sassano esaminauna serie di casi pratici dicui si sono occupati le no-stre Corti e in particolare lasentenza del Tribunale diRoma che – tra le prime - haritenuto illecita la ripubblica-zione, dopo circa 30 annidall’accaduto, di un gravefatto di cronaca nera ac-compagnata dalla fotografiadel reo confesso, effettuata– per fini non di cronaca madi mera promozione com-merciale – da un noto quoti-diano nazionale.Come si può vedere da que-sti brevi note, il volume af-

fronta con una taglio netta-mente pratico le varie pro-blematiche dei diritti dellapersonalità e si articola inquattro capitoli: I diritti dellapersonalità; Il diritto alla ri-servatezza e la legge675/1996 e succ. modifiche;Il diritto all’oblio; La lesioneal diritto all’immagine.Tutte le problematiche sonoesaminate dal punto di vistadi chi, per ragioni professio-nali, si trova a dover trattaredati sensibili, quali l’immagi-ne e le informazioni perso-nali, e ciò rende il volumeuno strumento operativo in-teressante anche per i gior-nalisti.Alla fine di ogni capitolo vi èun formulario pratico (adesempio un atto di citazione,una denuncia penale per dif-famazione, una lettera dimessa in mora ecc.) ed unaraccolta delle principali mas-sime giurisprudenziali sui te-mi di volta in volta trattati.Infine, il volume è corredatoda un Cd-rom (sistema ope-rativo Windows 95 o suc-cessivi) contenente il formu-lario pratico, la giurispruden-za di riferimento e la norma-tiva speciale.

Francesca Sassano,La tutela dei diritti

della personalità,Maggioli Editore, 2005,

pagine 218 + Cd-rom,euro 26,00

Francesca SassanoLa tutela dei diritti della personalità

di Sabrina Peron

Page 38: Paola PastacaldiORDINE 7-8 2005 1 Roma, 22 giugno 2005. Sandro Ruotolo ha vinto la sua causa contro la Rai per ottenere il risarcimento del danno derivato dal biennio di inattività

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di Vittorio Emiliani

I N O S T R I L U T T I

Claudio Rastelli, grande tessitorepolitico del vecchio “Giorno”Un paio di estati fa, in giugno, passando conmia moglie da piazza Navona mi parve di ri-conoscere di lontano, fra la folla, uno dei vol-ti più familiari del vecchio Giorno, una dellesue colonne: Claudio Rastelli. Sì, era lui,neanche tanto cambiato, con la bella parla-ta toscana, anzi livornese, l’aria ironica e af-fettuosa insieme, con la moglie Nora, com-pagna di una vita. Notai che al mio richiamo,si era alzato dalla sedia del caffè con slan-cio ancora giovanile.Si recava con Nora in Abruzzo a cercare unalocalità di vacanze marine un po’ meno co-stosa e si era fermato a Roma dove, primadi andarsene in pensione, aveva lavorato untriennio negli anni tremendi della perdita del-l’unico figlio ventenne, Paolo, bello, simpati-co, sportivo. Con un difetto cardiaco al qua-le, purtroppo, non si era voluto rassegnarepraticando ugualmente il nuoto subacqueoche gli sarebbe stato fatale.Ci lasciammo con un abbraccio affettuoso,per poi risentirci alcune volte al telefono (l’a-vevo interrogato, anni fa, per il mio libro sulGiorno).L’ultima volta, forse per Natale, chiamò lui daBasiglio, cioè da Milano 3 (“Sai, sono ghettiper benestanti”, ironizzava) dov’era finito do-po uno sfratto non avendo trovato casa aMilano divenuta dai primi anni ‘50 la suacittà. Claudio era livornese e ci teneva comeci tengono gli abitanti di una città ritenuta di-versa, più colorita, sanguigna e popolare-sca, dal resto della Toscana. A Firenze dico-no con qualche sussiego: “A Livorno sonarabi”.Nella sua città, Claudio (che di primo nomefaceva Ottorino), subito dopo il liceo classi-co, era entrato nella redazione del Telegrafo,il giornale della famiglia Ciano, divenendopraticante nel febbraio del 1939, a poco piùdi vent’anni, e professionista il giorno diFerragosto del 1940, appena scoppiata laguerra. I documenti burocratici lo classifica-no come “redattore teatrale”. Ma la politicadoveva conquistarlo assai presto.Le vicende belliche l’avevano portato, dopol’8 settembre ‘43, dalla parte giusta, colCorpo di Liberazione che combatté a fiancodegli Alleati: aveva partecipato, a Monte-lungo, nel basso Lazio, al primo scontro coitedeschi in cui fosse impegnato un repartoitaliano.Ma ne parlava poco, con smitizzante so-brietà. Aveva risalito la penisola, assieme ainglesi e polacchi, finendo a Trieste, alla ra-dio della anglo-americana PWB (Psy-chological Warfare Branch), che si occupavadella “guerra psicologica”, all’Ente RadioTrieste diretto da Herbert L. Jacobson. Nellacittà giuliana avrebbe poi incontrato una vi-vace, intelligente ragazza, Nora, che ha an-cora nella cadenza tracce dell’accento trie-stino. Anni entusiasmanti e insieme duri, dif-ficili, per tutti.Fu così, bella e ardua, anche l’esperienzache Rastelli visse, subito dopo, a Bologna in

un quotidiano di sinistra, Il Progresso d’Italiache, come Il Nuovo Corriere a Firenze, avreb-be dovuto fiancheggiare il Pci alla manieradi Paese Sera a Roma. Era un bel giornale ilProgresso d’Italia, vi lavorava gente in gam-ba (fra gli altri, un futuro compagno delGiorno, il riminese Guido Nozzoli), ma davaombra all’Unità e concluse dopo due anni,alla fine di agosto del ‘51, la sua corsa.Claudio vi era stato caporedattore, a pocopiù di trent’anni, imboccando una strada chenon avrebbe più abbandonato: uomo di re-dazione, di macchina, di desk, guida attentae colta dei redattori più giovani.Fra la chiusura del Progresso d’Italia e l’in-gresso a Milano Sera, un quotidiano, creatoanch’esso dalle sinistre, che doveva lascia-re un segno inventivo nel giornalismo mila-nese, passarono quasi tre anni durante iquali Rastelli era tornato da Bologna aTrieste dove lavorava alacremente qualecorrispondente di Paese Sera e di MilanoSera. Ma la città del suo destino di uomo edi giornalista doveva essere Milano, e lo fudal febbraio 1954. Per mezzo secolo.A Milano Sera Rastelli accumulò altre espe-rienze e poi, dal 1956, cominciò l’avventura,nuova, vitale, moderna, del Giorno.Qui Claudio, col soprannome affettuoso diScintillone, forse per la lucida pelata, da te-sta d’uovo, sarebbe stato il responsabile del-la politica interna ed estera, concorrendo acostruire quel quotidiano anticipatore, in tut-ti i sensi: nella grafica, nei contenuti, nellemisure corte e cortissime, ma anche sul pia-no politico.Fu infatti il giornale del primo, e forse unico,centrosinistra, dell’incontro fervido fra catto-lici, laici e socialisti. Direttori, prima GaetanoBaldacci e poi Italo Pietra. Ho conosciutoClaudio Rastelli nel 1960. Io ero ragazzo dibottega alla pagina economica, la primacreata in Italia, con Massimo Fabbri eFrancesco Forte.Lui era un trentottenne già ricco di tante di-verse esperienze, timoniere accorto dellapolitica da Milano in un dialettico rapportocon l’ufficio romano dove lavoravano Villy DeLuca, notista stringatissimo, e MarioPastore, amichevole e polemico insieme.Come commentatore, Pietra aveva appenaassunto Enzo Forcella licenziato dallaStampa per ragioni tutte politiche.A Milano, Rastelli aveva al fianco uno straor-dinario personaggio come il professore:Umberto Segre, notista politico acuto e infor-mato, pronto sin dal pomeriggio a stenderela sua Situazione, pronto ad analizzare, con-sigliare, suggerire. In redazione lavoravanoFranco Fucci, Franco Belli, Mario Fanoli,Giuliano Vicoli.Claudio lo ricordo – in quel giornale ho pas-sato quasi quindici anni, prima da redattoree poi da inviato– come un giornalista di gran-de sapienza professionale e politica, acuto,avvertito, sempre in grado di reggere “lastecca” di un settore amplissimo e delicatocome il suo, che comportava continui rap-porti coi corrispondenti sparsi nelle capitalidel mondo, con gli inviati che il Giorno man-

dava a scandagliare ogni giorno le realtàemergenti dell’Italia, dei Paesi vecchi e nuo-vi, di quelli che erano stati sino a pochi anniprima colonie. Ricordo le riunioni del mattinoin cui si programmava il giornale lanciandoidee e campagne originali e Claudio sapevadare con la sua energica calma un bel con-tributo a chi si alternava alla guida dellamacchina del giornale, Angelo Rozzoni ePaolo Murialdi.Apparteneva ad una generazione maturatain fretta, nella guerra fascista, in un dopo-guerra di macerie e di speranze, vocata, co-me d’istinto, a formare giovani redattori chepoi sarebbero diventati inviati, corrisponden-ti dall’estero, o a far crescere ancora quadrigià maturi, come Nicola Caracciolo, LuigiVismara, Sergio Turone, Antonangelo Pinna,Tiziano Terzani arrivato al Giorno dallaOlivetti per farvi il praticantato e poi prende-re il volo per l’Estremo Oriente (me lo se-gnalò Paolo Volponi che a Ivrea dirigeva al-l’epoca i servizi sociali e lo portai io daRozzoni).Furono anni di grande tensione positiva,riformatrice, ma anche anni incerti, dram-matici, specie per un giornale il cui editore,Enrico Mattei, era tragicamente scomparsoalla fine di ottobre del ‘62.Fu Italo Pietra a tenere con saldezza una li-nea progressista, alla quale Rastelli dal suoposto strategico di caporedattore politicodiede un contributo importante.Poi, le cose cambiarono radicalmente dopole elezioni del giugno ‘72, con la fine del cen-trosinistra e il ritorno del centrodestra.

L’arrivo di Gaetano Afeltra con un’idea digiornale completamente diversa dalla no-stra, sul piano professionale e su quello po-litico, determinò il tramonto di un modello diquotidiano, la fine di un’esperienza, ancheumanamente, straordinaria.Preferì la pensione, anticipatamente, PaoloMurialdi, venne messo da parte Angelo DelBoca, ce ne andammo al Messaggero, conPietra, Gigi Fossati, Sergio Turone ed io.Poi l’uscita di massa verso Repubblica.Claudio venne mandato a Roma a governa-re una redazione allarmata, inquieta. Speciedopo il licenziamento di Forcella. GiovanniCervigni, che gli succedette, e SaverioCicala lo ricordano come un capo di grandeacume, capace ed energico, pronto alla bat-tuta, anche beffarda, ma altrettanto pronto asubirla, un gentiluomo.Poi tornò a Milano e preferì andarsene purelui in pensione, come il suo vice FrancoFucci. “Scintillone” non si divertiva più a la-vorare in quell’ambiente tanto mutato. Ebbeincarichi all’Ordine. Fu costretto a lasciare aMilano dal solito sfratto iniquo.Una volta Franco Abruzzo gli chiese di te-nere una lezione alla Scuola di giornalismo(“Tu, con la tua enorme esperienza…”). “Cipenserò”.Poi preferì astenersene. “In ognuno di queiragazzi rivedrei il nostro Paolo”, fece capire.Adesso lo ricordo in piazza Navona, la figu-ra alta, inconfondibile, magro, leggermentecurvo, quel sorriso affettuoso e ironico chegli faceva brillare gli occhi, in un gesto am-pio di saluto.

Gianni Baldi, giornalista di “Successo”Il 30 giugno è morto il giornalista professioni-sta Gianni Baldi. Era nato a Milano nel 1914.Partecipò alla Resistenza, collaborando conl’Avanti! clandestino e con un giornale dei gio-vani, Rivoluzione Socialista. L’attività profes-sionale cominciò nel dopoguerra a MilanoSera, quotidiano del pomeriggio, anch’essomilitante a sinistra.Successivamente Gianni Baldi lavorò in mol-te altre testate di prestigio. Nel ‘50 è tra i fon-datori del settimanale Epoca, dove resta finoal ‘59.Poi dirige il mensile Storia Illustrata, e dal ‘61al ‘63 è a Il Giorno. Quindi, fino al ‘67, lavoraa L’Europeo. In quell’anno assume la direzio-ne del mensile Successo, editore Palazzi, laprima rivista economico-finanziaria italiananon legata alla Confindustria, che guida finoal ‘76, e della quale andava particolarmente

orgoglioso. “Si è trattato – dichiarò a Tabloid(aprile 1995) in occasione della Medaglia d’o-ro per i 50 anni di professione – di un corag-gioso tentativo di fare informazione economi-ca non di parte, ma dal punto di vista degliesperti”. In seguito continuò a collaborare adiverse testate, tra cui L’Espresso, Italia Oggied Epoca.Nel corso della sua carriera ha vinto il presti-gioso premio Marzotto per il giornalismo(1953) e ha pubblicato tre libri di grande suc-cesso di pubblico e critica.Si tratta di I potenti del sistema (Mondadori,‘76), un ritratto dei principali capitalisti italiani;Clandestini a Milano (Salamandra, 1980), fo-tografia degli anni della Resistenza, e DolceEgeo, guerra amara” (Rizzoli, 1984) sugli an-ni del secondo conflitto mondiale nel Medi-terraneo orientale.

Una riunione della redazione a metà degli anni sessanta, in una fotografia dal libro di Vittorio Emiliani “Gli anni del Giorno”. La dirige Angelo Rozzoni, vicedirettore.Poi, a sinistra di chi guarda, Gianni Brera, capo dello sport, Claudio Rastelli,caporedattore del politico, Giorgio Susini dei “Fatti della vita”, Leonardo Aramini,responsabile della grafica, Vittorio Emiliani per le pagine di “Economia e finanza”,Franco Fucci per la redazione di politica interna ed estera e, da ultimo, il segretario di redazione Pier Paolo De Monticelli.

Giovedì,23 marzo1995,Gianni Baldiriceve dalpresidenteAbruzzo la medagliad’oro per icinquant’anni di Albo

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di Vieri Poggiali

I N O S T R I L U T T I

Angiolo Berti, storico protagonista dell’associazionismo giornalisticoPalermo, 6 ottobre1946. Nella stessacittà nella quales’era tenuto nel1924 l’ultimo libe-ro congresso dellaFederazione dellastampa prima cheil fascismo di fattola sopprimesse(nel costringernel’incorporazionenell’unificato siste-ma del sindacali-smo di regime), siapre il primo congresso della rinata federa-zione, da Alberto Bergamini (storico direttoredel quotidiano Il Giornale d’Italia, nonché se-natore) con altri 26 colleghi giornalisti formal-mente già ricostituita nel 1943 in semi-clan-destinità a Roma ma ancora priva, allora, diuna dimensione nazionale e di una rappre-sentatività finalmente di nuovo piena, demo-craticamente elettiva.Tra i delegati che hanno faticosamente rag-giunto il capoluogo siciliano (si viaggiava an-cora malamente, in modi alquanto precari estentati, a meno di un anno e mezzo dalla fi-ne della guerra) c’è un giovane, venticin-quenne, che proviene dalle zone d’Italia chesono state le ultime nel 1945 ad essere libe-rate. Proviene da quel Nord della Resistenzae delle lotte partigiane sugli Appennini e sul-le Alpi.È Angiolo Berti (nato il 27 gennaio 1921), an-tifascista, resistente. Nei bui anni dal 1943 al1945 aveva stretto operativi contatti con tuttigli oppositori del regime, e tra essi con DanteCruicchi, che fu poi rappresentante per moltianni dei pubblicisti emiliani e sindaco diMarzabotto, la città-martire.Angiolo Berti, livornese d’origine e fedelissi-mo sempre ai ricordi e agli umori della suaterra, che la sua carriera professionale digiornalista la svolgerà peraltro soprattutto aBologna, all’Ansa: mentre la carriera di per-sonaggio chiave delle istituzioni rappresenta-tive giornalistiche, iniziata proprio in quell’ot-tobre a Palermo, la svilupperà per decenni aRoma, accompagnandola anche ad una cre-scente partecipazione alla vita politica nazio-nale nelle fila del partito socialdemocratico diSaragat sorto dopo la storica scissione dalPsi di Nenni avvenuta a Palazzo Barberininel 1947.Da quel remoto giorno della prima parteci-pazione nel 1946 a Palermo al congressodella rinascente Federazione della stampa -una partecipazione che poi si riseppe esse-re stata subito attiva, vivace, e articolata infrequenti interventi alla tribuna e in proposte-Angiolo Berti sarà ininterrottamente presenteper mezzo secolo in tutti i congressi e in ne-gli organismi di categoria, alcuni dei quali (laCasagit, come si dirà più oltre) ha fondato inprima persona.A Palermo i delegati di tutta Italia che per laprima volta dopo 22 anni si ritrovano in uncongresso sindacale autenticamente demo-cratico, eleggono nel 1946 a proprio presi-dente Cipriano Facchinetti, figura simbolodell’antifascismo, e a consigliere delegatodella FederStampa Leonardo Azzarita chepoi per quasi un quindicennio ne sarà il “do-minus”.Da subito i giornalisti italiani, al centro e nel-le periferie regionali, si rimettono al lavoroper ricostituire i propri organismi rappresen-tativi e assistenziali, ivi compreso l’Inpgi (cheprima di chiamarsi Giovanni Amendola erastato intitolato in epoca fascista ad ArnaldoMussolini, consigliere e fratello di Benito non-ché suo successore alla direzione de IlPopolo d’Italia, e prematuramente scompar-so nel 1931): quell’Inpgi che un altroLeonardo, e cioè Leonardo Paloscia, avevaavventurosamente provveduto a salvare do-po il 25 luglio e l’8 settembre, persino occul-tandone per quanto possibile le disponibilità,facendo presidiare la piccola sede romana divia Cicerone, prendendo tempo e traccheg-giando nei confronti della “repubblichina” diSalò che ne pretendeva il trasferimento al

Nord al pari di tutte le altre istituzioni di va-lenza nazionale.Nel febbrile lavoro di ricostituzione delle libe-re e democratiche rappresentanze e orga-nizzazioni della stampa italiana, il giovanegiornalista Angiolo Berti è in prima fila.Partecipa da subito e in posizioni di rilievoagli organismi centrali, senza per questo ab-bandonare mai l’esercizio della professione,che lo vedrà per decenni e decenni in forzaappunto all’Ansa di Bologna, da un certo mo-mento in avanti come responsabile di sede.All’Agenzia nazionale stampa associata: cioèall’agenzia nazionale di notizie (che era allo-ra un’istituzione senza concorrenti, nei primilustri del dopoguerra) erede di quella“Stefani” il cui presidente Morgagni era statol’unico fascista suicidatosi per disperata coe-renza all’indomani del crollo del regime al 25luglio del 1943.Soprattutto intenso nei primi decenni dellasua attività di sindacalista è l’impegno cheBerti profonde nel confronto con gli editorinelle periodiche defatiganti trattative che ascadenze fisse si aprono per i rinnovi delcontratto nazionale di lavoro. Quello che insigla oggi definiamo come il Cnlg reca permolti anni e per molti brani del suo testo lasua chiara impronta, perché Berti si caratte-rizza a lungo come uno specialista acuto, te-nace e lungimirante proprio della contratta-zione sindacale con le controparti editoriali.Al lavoro nella Federazione della stampa(nella sua direzione, giunta, segreteria, a se-conda di come via via verrà chiamandosi ilnucleo operativo esecutivo più ristretto delnostro sindacato) affianca peraltro ancheuna collaborazione, di giornalista e di consu-lente, specialmente intensa con i principaliesponenti dello schieramento politico al qua-le fervidamente aderisce.A lungo sarà commentatore e fondista poli-tico de l’Umanità, il quotidiano del Psdi, do-po avere peraltro anche collaborato con ilpresidente Saragat ai tempi del suo setten-nato al Quirinale. Uomo di molteplici e viva-ci interessi, Berti dedicò prioritaria attenzio-ne soprattutto ai temi dell’aviazione e dellamarina, per i quali vantava competenza au-tentica: con l’on. Poli collaborò alla riorga-nizzazione del settore dell’aviazione civile,fu tra i promotori della legge navale alla finedegli anni ‘60.Sul piano degli interessi politici più propri, fuspecialmente vicino per molti anni a LuigiPreti, a Leonetto Amadei, a Flavio Orlandi,insomma ai vertici delle strutture organizza-te del partito socialdemocratico.

Chi qui scrive ri-corda personal-mente in partico-lare le genuineangosce di Bertinei difficili mo-menti nei quali -dopo un’effimerariunificazione trasocialisti e social-democratici -tornò presto a rie-mergere una lorosostanziale in-compatibilità ca-

pace di generare una seconda e definitiva di-visione dell’anima socialista in due tronconipartitici diversi. Angiolo Berti, pur mai abban-donando le peculiari trincee dell’impegnonelle istituzioni rappresentative giornalisti-che, faceva all’epoca le ore piccole nelle riu-nioni di direzione del suo partito, spesso poiconfidando ad amici e collegh, nell’arrivaretrafelato all’Inpgi del quale era consigliered’amministrazione ormai da anni, il fortissi-mo rammarico per il fatto di dover assistereal fallimento di una riunificazione che (stiamoparlando di un’epoca pre-craxiana, e di tem-pi di quadripartito centrista nella politica na-zionale) sembrava invece avesse riaperto al-la componente socialista del panorama poli-tico italiano prospettive di ruoli autentica-mente protagonistici che soltanto più avantisi sarebbero poi ripresentate.Se nei primi anni della sua intensa parteci-pazione alla vita delle istituzioni di categoriaBerti era stato soprattutto un sindacalistaprincipe, un tecnico dei problemi contrattuali

oltre che fautore di spazi di reale indipen-denza professionale del giornalista nell’eser-cizio della professione (e dunque special-mente attivo come tale nella Fnsi a Roma enell’Associazione emiliana della stampa aBologna), gradualmente la sua attenzioneera venuta intanto spostandosi verso le isti-tuzioni previdenziali e assistenziali; verso ciòche - come passionalmente sosteneva - for-nisce ai colleghi le più valide armi e le piùconcrete sicurezze proprio per affermare edifendere poi la propria autonomia di fronte achiunque, di fronte agli editori come di fronteai Palazzi.Essendo consigliere d’amministrazione del-l’Inpgi (come già menzionato) sin dalla nottedei tempi, nonché regolarmente chiamato afare parte del suo comitato esecutivo, quan-do le grandi riforme nazionali alla metà deglianni ‘70 sottrassero all’istituto previdenzialedi categoria la gestione dell’assistenza ma-lattia che sino a quel momento vi si era ac-compagnata e la riportarono tutta sotto l’u-sbergo (spesso insufficiente o inadeguato)della sanità pubblica, Berti si ingegnò così distudiare un’alternativa che in qualche modoripristinasse forme autonome di autogestio-ne categoriale: e fu la Casagit.La Casagit: davvero fu il frutto dei suoi studi,delle sue analisi, della sua applicazione, del-la sua indomita volontà di costruttore. AngioloBerti è stato, letteralmente, l’”inventore” dellaCassa autonomaintegrativa di assi-stenza dei giorna-listi, alla quale og-gi nessuno di noisaprebbe più ri-nunziare. Per riu-scire a farne ac-cogliere l’idea, equindi a fondarlaconcretamente,bussò con tenaciaa tutte le porte,sindacali e politi-che, per dimo-strarne l’utilità, la convenienza, la opportu-nità, la sostenibilità. Si adoperò in profondità,ad ogni livello, per esorcizzare il rischio poli-tico che i giornalisti venissero accusati di vo-lersi sottrarre alle regole generali, e di pre-tendere a speciali privilegi. Dubbi e opposi-zioni peraltro potevano essere ideologici, oanche meramente pragmatici: v’era anchechi per esempio sosteneva che una catego-ria in fondo non estesissima numericamente(si trattava di alcune migliaia di individui, tan-ti erano all’epoca i professionisti) avrebbepotuto benissimo stipulare forse una polizzaassistenziale con una grande compagnia as-sicurativa, e risolvere così il problema di untrattamento integrativo, e di un’assistenzacomunque migliore rispetto a quanto si an-dava all’orizzonte configurando per la gene-ralità dei cittadini italiani.Ma Berti già guardava più lontano, e in un’isti-tuzione sanitaria di categoria vedeva non sol-tanto la possibilità di tornare a fornire gli ad-detti all’informazione di strutture autonome edemocraticamente autogestite, ma anche divincolare di più tra loro sia i professionisti chei pubblicisti, di superarne almeno sotto questoprofilo lo “storico steccato” che per decenni liha visti divisi se non spesso ostili.Superare le barriere, sì: perché ai pubblicistila Cassa (come avvenne) sarebbe stata pa-rimenti aperta. Si trattava però, per arrivareal traguardo del nuovo ente, di convincere in-tanto molti scettici o impauriti colleghi, ma poianche gli editori, i politici, le organizzazionisindacali di massa, spesso alquanto sospet-tose se non prevenute nei confronti di unacategoria troppo spesso immaginata o dipin-ta come privilegiata.Non si dimentichi, infine, che quando il dise-gno della Casagit (poi fondata effettivamentee divenuta operativa nel 1976) si andava gra-dualmente sviluppando, frange non mediocridello stesso giornalismo nazionale, in predaad una specie di “cupio dissolvi”, si compia-cevano di proclamare che non dovesse piùesistere alcuna differenziazione (al limite,neppure… nelle retribuzioni) tra tutti gli ad-detti ad uno stesso settore produttivo, e an-davano predicando l’equipollenza assoluta

tra un giornalistae un linotipista,tutti arruolati sot-to la alquanto de-magogica e in-sulsamente di-spersiva insegnadei “lavoratori (ooperatori) del-l’informazione”.Angiolo Berti, chealle assurde fre-nesie della diffu-sa demagogia diquegli anni bislac-chi ragionatamente si opponeva, per realizza-re l’ente assistenziale nuovo di categoria sibatté come un autentico leone (cui, se è con-cesso indulgere un momento ad un filo di re-torica, un poco assomigliava, in fondo, conquella sua grande e folta chioma “carduccia-na” che il tempo già cominciava a ingrigire).Pigiò l’acceleratore, per giustificare vieppiù laopportunità di una organizzazione categoria-le, sulle “malattie professionali” specifiche,consapevolmente anche esasperandone unpoco i toni (perché erano già anche i tempi neiquali la copertura sindacale a tutti i costi ave-va preso a garantire pregiudizialmente e in-defettibilmente persino chi nelle redazioni pro-prio non faceva nulla da mane a sera, e digiornalisti defunti anzitempo o ammalati permotivi professionali se ne vedevano propriopochini, come emergeva chiaramente dallecontemporanee statistiche dell’istituto previ-denziale).Ma gutta cavat lapidem, come dicevano i la-tini, a forza di cadere una goccia alla fine rie-sce a perforare persino le pietre: e AngioloBerti vinse la sua generosa battaglia, seppepersuadere tutti, dalle frange più responsabi-li dei colleghi giornalisti ai parlamentari allegrandi centrali sindacali.Dimostrò poi non con voli pindarici di re-boanti concetti, bensì con accurate proiezio-ni econometriche e attuariali, come con unprelievo accettabilissimo applicato (e megliose contrattualmente) alle retribuzioni laCasagit avrebbe saputo assolvere ai compitiche il suo méntore e profeta le prefigurava, eavrebbe retto nel tempo. E così la Cassa in-tegrativa vide la luce, accolse come promes-so sia professionisti che pubblicisti, si svi-luppò nei decenni, acquisendo via via forzae consistenza (se ad un’altra citazione latinaè consentito fare ricorso, essa dimostrò chevires adquirit eundo, acquistando forza colprocedere).Organismo democraticamente eletto coi votidella base giornalistica, la Casagit non potevae non doveva avere altra guida che il suo stes-so ispiratore e fondatore, nei primi suoi anni, eBerti difatti, avendola promossa e fondata, nefu dal 1976 presidente per tre consecutivi man-dati. Nell’Inpgi aveva operato per quarant’annicirca. Accanto e nel sindacato, nazionale e lo-cale, per una vita. Fino a quando le forze losorressero e gli consentirono di agire.Angiolo Berti è morto il 18 aprile. Aveva 84anni. Alle esequie, in Bologna, la Casagit erapresente con presidente e direttore genera-

le, l’Inpgi egual-mente con presi-dente, vicepresi-dente e direttoregenerale.Alcuni amici e col-leghi si sono ap-positamente mes-si in viaggio da al-tre città italianeper l’ultimo saluto,doveroso, a chidelle nostre istitu-zioni è stato, real-mente e molto a

lungo, un indiscusso pilastro. Il sindacato na-zionale ha ritenuto bastasse farsi rappresen-tare dagli esponenti bolognesi.Avrà sorriso, Angiolo, nel prenderne atto dalà, da oltre le nuvole. Ma certamente lo avràfatto con la sua pacata bonomia di sempre.Conosceva i propri polli, ma non per questoha smesso mai di battersi per essi, per mez-zo secolo. Gli sia lieve, ora, la terra che lo ac-coglie.

“Fondò la Casagit. Per realizzare l’ente assistenziale nuovo si batté come un au-tentico leone. Pigiò l’acceleratore per giustificare l’opportunità di un’organizza-zione categoriale sulle “malattie professionali” specifiche. Vinse la sua generosabattaglia, seppe persuadere tutti. Dimostrò con accurate proiezioni econometrichee attuariali come, con un prelievo accettabilissimo applicato alle retribuzioni, laCasagit avrebbe retto nel tempo. E così la Cassa integrativa vide la luce”.