paleografia latina

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PALEOGRAFIA LATINA DI G. CENCETTI GUIDE 1 JOUVENCE

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paleografia, scrittura, evoluzione, storia

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PALEOGRAFIALATINA

DI G. CENCETTI

GUIDE 1

JOUVENCE

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Questa edizione è una ristampa del Compendio diPaleografia latina di GIORGIOCENCETTI,redazione inpiù punti aggiornata, fino al 1966, della Paleografia epapirologia, apparsa per la prima volta nella Guida allostudio della civiltà romana antica, diretta da V. USSANIe F. ARNALDI,II, Napoli, 1954, pp. 557-629. Nel ri-proporre l'opera quale ausilio tuttora fondamentale perlo studio della scrittura latina, la si è corredata .u unanota bibliografica e di una nuova scelta di illustrazioni,ambedue curate da PAOLASUPINOMARTINI,cui si deveanche la supervisione della ristampa.

© 1978 SOCIETA EDITORIALE ]OUVENCE a.r.l.00191 Roma - Via Castelfranco Veneto, 88 - Tel, 06/32.77521

PREMESSE

Le opere superstiti degli scrittori latini ci sonopervenute ciascuna in una sua] tradizione--;-cioè_in_~~s o .di copie manoscritte (che possono taloraridursi anche a una sola) risalenti,attraverso unalung~ trafila di copie intermedie, la maggior parte dellequal! perdute, all'originale manoscritto dell'autore. Com-pito dell'editore di testi è studiarle accuratamente va-g~i~rle e confrontarle per accertare il testo genuino: av-vicinandosi per quanto è possibile a quello uscito dallapenna dell'autore medesimo: si tratta, cioè, di eliminarele numerose discordanze spesso presentate per un mede-simo passo dai codici della tradizione in seguito ad er-rori di copia o alterazioni volontarie di amanuensi ecorrettori. Prima, tuttavia, di procedere a questa col-

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lazione, è necessario studiare ciascun codice singolar-mente: occorre perciò che l'editore sia anzitutto unbuon paleografo.

Scopo della paleografia è, infatti, non solo interpre-tare esattamente gli antichi manoscritti, ma anche da-

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tarli,. 'localizza.rli :' in gen~rale,.. trarre dal ~oro aspettoesteriore tutti gli elementi utili allo studio del lorocontenuto e, su un piano più ampio, alla storia dellacultura in genere. Il suo studio comprende pertanto:quello dell~ materie scrittorie e degli arnesi usati perscrivere nel vari tempi e nei singoli luoghi; quello della

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Paleografia latinaI,

preparazione del codice per ricevere la scrittura e delleforme esteriori dei codici; quello della storia della scrit-tura alfabetica (paleografia in senso stretto); que o deisegni accessori della scrittura a fabetica (interpunzione,

numera', segni ortografici e critici, ecc.); quello delle\ scritture tachigrafiche e brachigrafiche e delle crittografie

dell'antichità e del medioevo.Ognuna di queste parti, in uno studio approfondito,

andrebbe esaminata con attenzione perché ciascuna puòassumere valore critico importantissimo: peraltro, seb-bene sia del tutto erroneo distinguere una paleografia« dei codici» da una « delle carte» perché il fatto «scrit- itura» è unico e m lvi uo ne suo svolgimento storicoanc e se ....PEg articolarsi in espressioni molteplici, alcunidi quei capitoli hanno per il filologo importanza minorec_e.JlQU per j1 dfplomatisfi e, considerato lo scopo spe-cifico della presente opera, potranno o essere trascuratio essere trattati per semplici accenni. Non diversamentepotranno essere trascurati altri argomenti (miniatura epaleografia musicale) che, sebbene possano ornire Ul-teriori, assai importanti elementi di critica, pure sonoin sé estranei alla paleografia vera e propria.

Nota. - I necessari rinvii a facsimili, salvo casi specialinei quali le citazioni sono fatte per intero, sono limitati alleseguenti opere o raccolte:

a) citate con sigle, seguite dal numero del facsimile odella tavola:C.L.A. - E.A. LoWE, Codices latini antiquiores, VoI. I [nn.

1-117], Tbe Vatican City, Oxford, 1934. VoI. II [118-277], Great Britain and Ireland , ivi, 1935. VoI. III [278-406], Italy: Ancona-Novara, ivi, 1938. VoI. IV [407-516], Italy: Perugia-Verona, ivi, 1947. VoI. V [517-703],France: Paris, ivi, 1950. VoI. VI [704-841], France:

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Premessa

Abbeville-Valenciennes, ivi, 1953. VoI. VII [842-1021],Stoitzerland, ivi, 1956. VoI. VIII [1022-1229], Ger-many: Altenburg-Leipzig, ivi, 1959, VoI. IX [1230-1442],Germany: Maria Laach-Wiirzburg, ivi, 1959.

E.L. - L'écriture latine, de la capitale à la minuscule, parJ. MALLON,R. MARICHAL,Ch. PERRAT,Parigi 1939.

A.P.I. - Archivio Paleograjico Italiano, diretto da E. Mo-NACI,poi da V. FEDERICI,infine da F. BARTOLONI,G.CENCETTI,R. PIATTOLI,voll, 13 in 62 fascicoli (in con-tinuazione), Roma 1882-1958.

P.S. ~ The Palaeograpbical Society, Facsimiles 01 Manu-scnpts and Inscriptions, ed. A. BOND,E.M. THOMPSON,G.F. WARNER,2 serie in 5 volumi, Londra, 1873-1894.

N.P.S. - The New Palaeograpbical Society, Facsimiles 01ancient Manuscripts, ed. E.M. THOMPSON,G.F. WARNER,J.R. GILSON,2 serie in 4 volumi, Londra, 190'3-1930.

b) citate col solo cognome dell'autore, seguito dal nu-mero della tavola:BARTOLONIF., Esempi di scrittura latina dal I sec. a.c. al

XV (Appendice agli Esempi del MONACI),Roma, 1934.CERLINI A., Atlante paleograjico; fascicoli 3, Roma, 1953.EHRLE F. e LIEBAERTP., Specimina codicum latinorum va-

ticanorum, Bonn, 1912.FEDERICIV., La scrittura delle cancellerie italiane dal sec.

XII al XVIII, Roma, 1934.KIRCHNER S., Scriptura latina libraria a saeculo primo

usque ad [inem Medii Aevi, LXX imaginibus illustrata,Monaco, 1955.

MONACIE., Esempi di scrittura latina dal secolo I di Cristoal XVIII per servire all'insegnamento paleografico nellescuole universitarie, Roma, 1898.Seconda ed.: Esempi di scrittura latina dal secolo I del-l'era moderna al XVIII, ivi, s.d. [1906].

STEFFENSF., Schrifttafeln zur lateinischen Paldograpbie 2ed., T:eviri, 19?9; ed. francese; Paléographie latine, ~arF.S., ed. française par R. COULON,Treviri-Parigi, 1910.

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ILe citazioni dei papiri sorto fatte con le sigle consuete,

il cui elenco si trova in tutti i manuali di papirologia, p.e.A. CALDERlNI,Manuale di papirologia, Milano, 1938.

Per una più larga informazione si potrà fruttuosamentericorrere ad EM. THoMPsoN, An Introduction to Greekand Latin Palaeograpby, Londra, 1912, opera vecchia maancor utile per l'abbondante esemplifioazione, o ai più recentinostri Lineamenti di storia della scrittura latina, Bologna,1954-56. Una rapida sintesi della storia della scrittura se-condo le idee della recente scuola francese è data da R. MA-RlCHAL,De la capitale romaine à la minuscule, in M. AUDIN,Summe typographique, Parigi, 1947, pp. 63-111; una trat-tazione più ampia in J. MALLON,Paléographie romaine,Madrid, 1952. Ottimo manuale italiano per chiarezza d'im-postazione, limpidezza d'esposizione e sicurezza d'informa-zione è quello di G. BATTELLI,Lezioni di paleografia, 3a ed.,Città del Vaticano,~che, ur seguendo l'indirizzosico e :tradizionale dell'insegnamento paleografico, non tra-scura di ar conto deg i studi in a ora -pubblicati, ispiratia nuovi orientamenti, accettandone in parte alcune conclu-sio~i. Tali orientamenti sono, invece, volutamente ignoratinel perspicuo e informato riassunto di B. BISCHOFF,Paldo-graphie, in Deutsche Philologie im Aufriss, 2a ed., Berlin-Bielefeld-Monaco, s.a., (ma 1957), collo 379-452.

Bibliografi.a fino al 1918 in H. NÉLIS, L'écriture et lesscribes, Bruxelles, 1918; poi in P. SATTLERe G. VONSELLE,Bibliographie zur Geschichte der Schrift bis ins [abr 1930,·Linz, 1935 (« Archiv fiir Bibliographie », Beiheft 17). Lelacune di quest'ultima opera, anche per pubblicazioni ante-riori al 1930, possono essere in parte colmate, soprattuttoper quel che riguarda gli studi italiani, dall'Indice delleopere citate nei citati nostri Lineamenti, pp. 489-517.

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MATERIE E ISTRUMENTI SCRITTORII

Le materie scrittorie dell'antichità classica, a partegli OCT'tpa:x:cx. studiati dalla papirologia, ~ono soprattutto lvil marmo o la pietra e il bronzo, per le iscrizioni mo-~umentali· il legno, sotto forma di tavolette cera te,per appunti, lettere, conti, documenti, ecc.; il papjroe, iù tardi, la pergamena 'per i libri e anc e per idocumenti. Queste materie continuarono ad essere usateanche ~l medioevo.

Sulla Eietra e sul bronzo le le~ran2.. di regolaincise con martello e scalpello, seguendo la traccia di unmodello (ordinatio recedentemente disegnato o graffito:in quesi<;" modo, di regola, quando l'arte dell'incisionefu sufficientemente sviluppata, la scrittura assumevaaspetto di particolare precisione e tipicità. Ma accadevaanche che, non certo per scopi monumentali, anche sullaPietra o 'Sul metallo si scrivesse con arnesi appuntiti, graf-fiando anziché incidendo la superficie: questo modo discrivere, del quale sono esempi famosi i graffiti parietaridi Pompei, dava risultati assai meno calligrafici e del tuttodiversi. Uno speciale istrumento appuntito, lo stilo, erapoi d'uso regolare con le tavolette cerate, di dimensionivarie daque~iccole, che si potevano stringere nel pu-gn (pu t ares , a quelle di grandezza enorme usate, peresempio, per i ruoli delle imposte e per i documenti de-gli archivi pubblici. L'uso delle tavolette cerate per le

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Iminute fu man mano sostituito, a partire dall'età repub-blicana) con quello di fogli di pergamena, ma non cessòmai del tutto e ancora nel secolo XV inoltrato si con-servava per registrazioni di conti e per esercizi scolastici.Sulle pareti e su tavole di legno < talora appositamente im-biancate) si scriveva anche con la vernice e il pennelloo piuttosto con la pennellessa a spatola: il primo diquesti usi è documentato a Pompei per la propagandaelettorale e la pubblicità dei negozi, il secondo letteraria-mente attestato per i progetti di legge esposti al popoloprima della votazione nei comizi.

Il papiro, la cui diffusione come materia scrittoria nelmondo classico, sebbene il Kenyon ne faccia risalire l'usoai tempi omerici, dové iniziarsi press'a poco all'epoca diAlessandro Magno, è una pianta palustre, coltivata soprat-tutto in Egitto, il cui fusto, alto circa 3 o 4 metri, Il doattraverso un particolare trattamento, dava la striscia (scheda)su cui s'incollava un altro strato di liste combacianti, 1-

sponendolo in senso perpendicolare al primo, sottoponendopoi tutto.a.x~ lavaggi e a battiture con martelli o conmagli. L~ plagula osì ottenuta, fibrosa e di color bruno, po-teva poi 'èS'S"ersottoposta ad ulteriori rifiniture; infine eramess in commercio o isolatamente o in rotoli di 20 fogli(sca . Ne esistevano varie ualità, dalla iù scadente (chartaemporeUtica) alle mi&[ori, che all'epo~ imF.eriale erano laaugustea, a iviana e la clau ta, iu lussuose den-glata tera ca anche perché pru alte (tra i 24 e 29 centi-metri invece 129. :rgmren~mbrana) è invece pelleanimale, soprattutto ovina, conciata e preparata in modo spe-ciale per accogliere la scrittura. Si racconta che Ia sua ori-gine sia dovuta alla concorrenza culturale fra Eumene II redi Pergamo (196-158 a.Ci) e Tolomeo V re di Egitto. Lanotizia, che risale a Varrone, cioè alla fine del secolo I a.C,;nella sua forma aneddotica è probabilmente fantastica ma èassai verosimile che il nome stesso di charta pergamena (per

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Materie e istrumenti scrittorii

quanto non documentato prima de~'E~ictum de preti!s rerumvenalium di Diocleziano, a. 301) SIa m stretta relaz~~ c~nPergamo, ove si dovrebbe ricon?scer~ il ~rimo centro di di!-fusione dell uso di questa matena sCEttona:l.n R~ma era_cer; /to penetrato all'epoca di Cicerone, che parla di 6L<p~EP(U(Att. XVIII, 24), ma da Orazio (Sat. II 3, 1:2) apprendi~oche era assai probabilmente limitato alle minute. La. pnmanotizia dell'esistenza di libri in pergamena è della fine delsecolo I d.C.; da una lunga questione di Ulpiano <t 228)sappiamo che alla sua epoca erano divenuti abbastanza cc-:munì, e appunto al sec. III risalgono i più antichi frammentimembranacei latini a noi pervenuti, ad eccezione, forse, delframmento De bellis macedonicis (P. Oxy. 30, facs. C.L.A.207, che il Mallon, con buoni argomenti, attribuisce agliultimi trenta anni del I).

Tanto s apiro che sulla pergamena si scriveva con can-nucce cal temperate a punta iù o meno aguzza pergli usi comuni, larga invece (a mo' dei nostri pennini per ilcarattere rond) per gli usi librari; nel IV secolo cominciòl'uso delle penne di volatile (non solo d'oca) che si alternòcon quello del calamo per quasi tutto' medioevo. L'inchio-stro '!atramentum più tardi encaustu da EYXa.\JCT'tOV, pre-parato a oco, conservato g atramentaria (calamariumo theca calamaria era l'astuccio delle penne) era fatto di ne-ro-furno e di omma (PLIN., N.H., XXXV, 6) o di noce d'galla e gomma RT. CAP., IlI, 225) ma si usavano ancheinclìiostri metallici a base di vetriolo: coi primi era facilecallcellare o scritto servenaosl una spugna bagnata, purchéla materia scrittoria lo consentisse, e ciò spiega la diffusionedella pergamena per le minute e per le scritture d'interessetransitorio nell'età romana, mentre la raduale sostituzione diessa al apiro nella conf~ione dei libri (secc. IlI-VIII) enella scrittura dei documenti (secc. VII- X) si spiega, oltre checon la maggior resistenza della pergamena (compensata di'Unmaggior costo), soprattuto con la difficoltà dell'importazionedel papiro dopo la conquista dell'Egitto da parte degli Arabi(640).

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La carta è materia scrittoria assai più recente, seb-bene l'invenzione fattane dai Cinesi si faccia risalire alsec. II d.C. e da essi gli Arabi l'abbiano appresa versola metà dell'VIII. Le J>iù antiche fabbriche europee dicarta a aiono verso la metà del secolo XIII a Fabrianonelle Marche, ma giànel secolo XII si usava carta difabbricazione araba. Peraltro, anche dopo l'introduzione~ la grande diffusione della carta (il cui impiego per usiufficiali e documentazioni fu limitato da varie disposi-zioni legislative, in considerazione della sua fragilità escarsa resistenza) e fino almeno a tutto il periodo uma-nistico, i codici di maggior lusso ed eleganza continua-rono ad essere scritti invariabilmente in pergamena. Èda avvertire che quando nelle fonti del tardo medioevo,a partire dal secolo XIII, si parla di charta papyri, nonsi allude mai al vero papiro, il cui uso era ormai com-pletamente cessato, ma alla carta di stracci.

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IL LIBRO NELL'ANTICHITÀ E NEL MEDIOEVO

Finché i libri furono fatti esclusivamente di papiro,ebbero sempre forma di volumen, ossia di rotolo da svol-gere orizzontalment con la sc~ittura or~inata in col?nne(CTEÀ.t:OEç, paginae) composte CIascunadi un determ~~numero di righe (CT"t"t:XOL , versus); ~almente le righeavevano una lunghezza fissa, calcolata sulla misura del-l'esametro eroico (18 sillabe, cioè 34::JJi. ettere. a lun-ghezza dei rotoli, formati incollando di séguito più stri-sce di papiro, era variabile ma n?n pot~va e,sser.e~c:cessiva, e di ciò tenevano conto gli autori dell antichitàdividendo le proprie opere, appunto, in libri, corrispon-denti editorialmente ciascuno a un oolumen, I libri dilusso avevano particolari rifiniture. Il testo cominciavadi regola con una riga in caratteri più grandi, spesso ininchiostro rosso, con la dizione: incipit e il titolo del-l'opera (p.e. incipit Aeneidos liber rimus; alla fine,un'altra riga~analoga avvertiva che il libro era statointeramente svolto: explicitus Aeneidos liber rimu Laprima parola, abbreviata explicit., si conservò anche qu~n-do i rotoli furono sostituiti dai codices e, divenuta pnvadi significato perché i codici non si svolgevano eiù masi sfogliavano, fu considerata, a dispetto della .gram-matica non abbreviazione ma voce verbale cornspon-dente ~H'incipit iniziale e le fu attribuito significato di«è finito », Quest'uso, continuato nel tempo, dura an-

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cara nella pratica odierna della catalogazione e della de-scrizione dei manoscritti.

(ì Quando, verso età dei Flavi la --pergamena comin-ciò ad essere adoperata anche per i. libri oltre che per leminute, si ebbero certamente volumina raoaq:::j e ilrotolo di pergamena restò per tutto il rnedioe o n~n010 tipico per i documenti~ ma fu anche usato Der .Iacrittura di Bibbie" di cronache monastiche, di Exultet

o canti liturgici con notazione musicale. Tuttavia la con-sistenza e la resistenza della pergamena suggerirono benpresto l'imitazione dei codices lignei piuttosto che deiuolun ina "paeirace~ e, sull'esempio di polittici di tavo-lette, si fabbricarono uaterni edi fogli membrana-cei piegati in due e cuciti nel mezzo; più quaderni cu-citi insieme formarono libri che, per analogia, furonodetti codices membranei o anche, semplicemente, codices.Essi erano una novità al tempo di Marziale che ne am-

___mirava la comodità e la maneggevolezza (XVI, 186-192)ma già al IV e al V secolo costituivano probabilmentela grande maggioranza della produzione libraria; e nona torto il Traube attribuisce a questa trasformazionedella forma esteriore dei libri buona parte del meritoo della colpa del gran numero di « recensioni» di opereclassiche latine fatte dai grammatici appunto in questotempo. Anche il papiro si piegò alla forma del codice,ma vi era assolutamente inadatto e perse rapidissima-mente terreno di fronte alla pergamena.

Nel Medioevo per la formazione dei codici si seguivanoregole costanti, alcune delle quali si erano già stabilite nel-l'età romana. Il numero dei fogli di cui era costituito unqpademo era arbitrario, ma una volta cominciato con qua-d..~.rnidi due, tre, guattro, cinque o sei fogli, tutti i succes-sivi erano coml'osti come il primo, tranne l'ultimo che era

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Il libro nell' antichità e medioevo

di comodo. Nell'interno del quaderno si badava a disporrei fogli dorso contro dorso e recto contro reclo . modo da 'iIS(.levitare l'effetto antiestetico c e avrebbe prodotto, all'apertu- ~ 'bra del codice, il contrasto fra una pagina formata dal dorso,sempre di colorazione più scura, e una formata dall~ parteinterna, di colore .E!ù chiaro. La s uadratura~ rigaturadei fogli era fatta servendosi di com assi (circini o punc-toriai per assicurare l'equidistanza delle ri he tracciate colpiombino o, più spesso, col punteruolo guidato da un ri-ghello (ligniculus) premendo forte in modo da rigare piùfogli alla volta; si cominciava poi a scrivere dal foglio esternodel quaderno che, alla piegatura, ne avrebbe formata la pri-ma e l'ultima carta e se ne riempiva la metà sinistra, nelrecto e nel verso, lasciando bianca la destra; si continuavacosì fino all'ultimo foglio (quello più interno) che si riempivaintegralmente; si passava poi alle metà destre degli altri fo-gli sino a tornare al primo, esaurendo il quaderno, che eraimmediatamente formato piegando i fogli per metà. Si passavapoi ai quaderni successivi nello stesso modo, lasciando spessoin bianco i tit . dei sin oli ca itoli che dovevano esserescritti in rosso ru ricae da uno speci;ilist l.J:.ubricator) egli spazi destina 1 a contenere, se così si desiderava, le minia-ture e le ornamentazioni. Alla fine i quaderni completi pas-savano al rilegatore e, per evitare che egli ne turbasse l'or- .1000

dine, a artire dal secolo XI si usò ri ortare nel mar ine Q;. ~

inferiore dell'ultima pagina di ciascun uaderno la rima ole pmne parole del successivo.

rn molti manoscritti, anc e antichissimi, si ha il cosìdetto titolo corrente, cioè l'indicazione abbreviata, nel mar-gine superiore, dell'autore e dell'opera e' anche della partedi essa contenuta nella pagina; dal sec. XIII comincia ad a -parire la numerazione delle carte (doppie pagine) che ancorasi appone allo stesso modo (contro l'uso della stampa, chepreferisce la paginazione) ai giorni nostri nei codici che nesono privi, quando si vuoI facilitarne la descrizione o lacitazione.

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LA PRODUZIONE DEI CODICI NELL'ANTICRITANEL MEDIOEVO E NEL RINASCIMENTO

All'epoca romana i libri potevano essere prodottinella casa medesima di chi voleva procurarseli. Ma dallatarda età repubblicana in poi, sempre più frequentedivenne il ricorso alla produzione artigiana dei librai,che avevano bottega per lo più in una strada pressoil Foro, l'Argiletum. I più organizzati di questi verie propri editori ~rano attrezzati per la produzione con-temporanea di più copie della medesima opera, scrittasotto dettatura da molti amanuensi (detti antiquarii,quando copiavano, riparavano .ecc. codici antichi) in-sieme.

Con le invasioni barbariche, e so rattutto con quel-la longobarda, la classe dirigente rom~on tutte lesue esigenze culturali scompare e solo gli ecclesiasticirimangono interessati alla produzione dei libri, neces-sari ad essi per procurarsi l'istruzione occorrente cosìalla predicazione come allo studio dei libri e delle di-scipline sacre: ma copiare un codice è divenuta ormaicosa molto complicata, sia per la difficoltà di E.rocu-rarsi i testi da trascrivere, sia per l'alto costo del ma-teriale scrittorio, sia infine perché, ridotto al minimoil commercio dei rodotti artigiani; era necessario fartutto da sé, a cominciare dalla concia della pergamenae dalla preparazione degli inchiostri: è facile, quindi,comprendere come la produzione di manoscritti, a que-

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La produzione dei codici

, imanga circoscritta a comunità organizzate co-st epoca, ~ 11· hme le scuole vescovili e, soprattutto, que e ~onast1c e.Anche queste, del resto, non trovavano facile procu-

. l pergamena necessaria e in molti luoghi (in Ita-rarSI a . .lia, per esempio, soprattu~to nell'abbazia .di BobbIO) r~-correvano all'espediente di cancellare pazrentemente, n-ga per riga, m~~ant~ l~v~tura o r.aschiamen~o, pagin~di manoscritti p~antlchi incompleti e meno im or tantiper render1e atte a ricevere nuovamente la scrittura.Nacquero così molti ~ces rescripti o palinsesti, lalettura della cui scriptio injerior, faticosamente eseguitacon sussidi chimici o, con minor pericolo per la con-servazione del testo, anche con mezzi fisici (raggi ultra-violetti opportunamente filtrati) ha permesso di risco-prire opere che, come il De re publica di Cicerone ole Istituzioni di Gaio, per lunghi tempi si erano con-siderate perdute.

INell'alto medioevo, dunque, la scrittura di libri era tor-

nata fatica individuale, quasi sempre di monaci, che la con-sideravano non meno pesante e meritoria di quella dei con-fratelli addetti a lavori manuali e, nelle sottoscrizioni chetalvolta apponevano ai manoscritti da loro copj,atj. l sot-tolineavano: 7ieslTgiti scribunt totum cor us ue la orat di-cevano, chie en one spesso una pia ricompensa: dentur propenna scriptori caelica regna. Talora, veramente, meno pia:explicit hic totum: de vino da mihi potum, o addiritturasbarazzina, come quella di chi, al posto dei caelica regna,chiedeva una pulchra puella. Gli scriptoria continuarono laloro opera a lungo, anche a Rinascimento inoltrato: ma versola metà del secolo XII essi (la cui produzione, del resto,non era di regola destinata al commercio) non erano as-solutamente preparati a soddisfare il repentino, smisuratoaumento della richiesta di libri da parte anche del laicato,

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corrispondente alla meravigliosa fioritura delle grandi Uni-versità che caratterizza il declinare del medioevo.

La produzione dei codici ritorna allora, rapidamente,l.ul ]iano artigiano: appaiono numerosissimi scriptoresdi professione che mettono l'opera loro a servizio dichi li paga; e chi li paga è spesso un privato, ma piùspesso un libraio o stationarius autorizzato e sorvegliatoda una Università.

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E.er i testi che erano oggetto d'insegnamento queste orga-nizzarono anzi e fecero ri orosamente osservare un serviziodi eciae ossia uaderm mo e o SCIO t che dovevano es-~e tenuti in botte a dagli stazionari e dati in affitto, perun prezzo determinato a chi intendeva trarne o farne trarreco ia. Ogni xemp ar o testo ufficiale era composto di undeterminato numer~ 1 l!..eciae..,che potevano esser date inaffitto s~aratamentu. dovevano essere restituite appena co-piate, sicché era possibile, in teoria, che di un determinatotesto composto, per esempio, di 50 peciae, fossero contempo-raneamente in lavorazione 50 copie presso 50 scriptores di-versi. Nei numerosi testi scolastici di quell'epoca non è, in-fatti, difficile trovare in margine le indicazioni della finedelle singole peciae, L'aumento enorme di produzione portadi consegpenzg anche divisione del lavoro, e mentre per lopiù lo scriptor monastico compie da sé tutte le operazioninecessarie alla fabbricazione di un codice, nelle officine scrit-torie universitarie, per usar parole del Petrarca (Fam. XVIII,5), alii membranas radunt, alii libros scribunt, alii corrigunt,alii, ut vulgari verbo utar, illuminant, alii ligant et superji-ciem comunt. I codici di quest'epoca hanno caratteristichespiccate: sono in genere a due colonne e, dove ci sono scoliio losse questi incorniciano il testo, scritto in caratteri "piùgrandi a metà pagina; hanno rubriche e iniziali ornate, alter-nativamente rosse e turchine; sono spesso decorati con mi-

.Eiature. I più lussuosi salivano a prezzi proibitivi.

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La produzione dei codici

Codici di questo genere, sicuramente belli, ma pro-dotti a scopo di commercio e perciò talora tanto trasan-dati nella lezione quanto curati nella forma esterna, nonpotevano soddisfare, tuttavia, più tardi, gli umanisti, apartire dal Petrarca e più ancora dal Niccoli e da Poggio,i quali non solo cercavano la correttezza del testo, maesteticamente poco amavano il gusto gotico corrente. Eanche in questo tornarono, con le modificazioni im-poste dalla diversità dei tempi, al sistema romano piùantico. Procuratosi, spesso~ molta fatica, il testo de-siderato, lo trascrivevano essi stessi o lo facevano tra-scrivere da amanuensi da loro istruiti a roprio gusto,sicché il libro, o uanto meno il bel libro umanistico,l'esemplare raffinato ed elegante divenne nuovamenteprodotto non 'più d'officina .• ma individuale. Gli artigia-ni si fecero artisti; e calligrafi d'eccezione come il fio-rentino Antonio di Mario o il napoletano Mennio nonfurono meno disputati di miniatori come Zanobi Strozzio Attavante o i Giraldi. Officine famose non mancaro-no, certo, nemmeno in quell'epoca, ed esempio cele-bre ne è quella fiorentina di Vespasiano da Bisticci,fornitore di Mattia Corvino, di Cosimo e di Piero de'Medici; di Federico da Montefeltro, di Alfonso d'Ara-gona, che impiegava sino a 45 copisti contemporanea-mente: ma anche di queste officine era costante carat-teristica la cura speciale riservata ad ogni singolo esem-plare. Periodo di splendore e di magnificenza, dunque,quello del manoscritto umanistico: destinato peraltro abreve fioritura e a rapida estinzione di fronte al dif-!fondersi dell'invenzione del Gutenberg.

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NOMENCLATIJRA E PARADIGMADELL'EVOLUZIONE DELLA SCRITTURA

PERIODIZZAZIONE DELLA STORIADELLA SCRITTURA LATINA

Secondo la forma dei segni alfabetici, cioe consi-derando le lettere già scritte (e non nell'atto di es-sere tracciate), o ni scrittura alfabetica può classificarsi

I maiuscola se il suo alfabeto è compreso in un sistemaormato da due linee parallele, senza aste che le oltrepassi-

no né in alto né in basso; oppur minuscola e lo schemabilineare comprende solo il corpo delle lettere e occor-E,.0noaltre due parallele, una sopra e una sotto, percomprendere le aste o altri tratti. Beninteso, per la clas-sificazione si deve tener conto delle forme organichedei segni, dei loro modelli, non degli svolazzi o dellevarianti individuali dei singoli scriventi. Invece secondoil ductus, cioè il modo di tracciare le lettere, le scrit-ture possono essere 'posate o diritte, quando dei segnisi cura in modo particolare l'esatta esecuzione e la pre-cisa rispondenza al modello (sia pure individuale) senzapreoccuparsi gran che della rapidità; corsioe invece quan-do preoccupazione fondamentale è la rapidità del trac-ciato, cui si sacrificano, nei limiti del possibile, l'esat-tezza e la rispondenza al modello; fra i due estremi ètutta una serie di gradazioni intermedie, che si raccogliesotto la denominazione complessiva di semicorsive. Ledue classificazioni possono combinarsi e aversi casi, peresempio, di minuscole diritte, di maiuscole corsive, ecc.

Altro elemento da tenersi in particolare considera-

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Nomenclatura e periodizzazione

zione nell'esame delle singole lettere è poi il tratteggio,cioè il numero dei tratti di cui esse si compongono el'ordine in cui sono tracciati. Così, per esempio, la cche noi tracciamo in un sol tempo, nell'antichità e nel me-dioevo era generalmente scritta in due: prima la metàinferiore con tracciato discendente, poi la superiore contracciato ascendente. Questa considerazione è assai im-portante perché, nella immensa maggioranza dei casi,da essa dipende la spiegazione così delle successive mu-tazioni di forma delle singole lettere nel tempo e nellospazio come delle altre mutazioni spesso profonde, chele lettere possono subire nei colle amenti reciproci, cioènelle leg!lture. Le quali diffe~no dai nesE in quantoquesti sono iusioni, pensate e volute prima della scrit-tura, di tratti di due lettere successive che in questomodo si immedesimano, quasi, una nell'altra (così, peresempio le forme, ora in disuso, per i dittonghi latinile ed re), mentre quelle sono collegamenti spontanei enaturali di due o più lettere fra loro, determinati damotivi puramente grafici, frequentissimi nelle scritturecorsive. Nella scrittura moderna si effettuano per mez-zo di filetti iniziali e terminali, sicché le forme fon-damentali delle singole lettere rimangono immutate; nel-le scritture antiche, invece, che avevano un numero li-mitato di filetti e un tratteggio diverso dall'attuale, icollegamenti avvenivano fra tratti organici dei segni al-fabetici e le forme delle singole lettere ne risultavano ta-lora profondamente modificate.

In ciascuna epoca e in ciascun luogo gli atteggiamentidelle scritture ~ontanee dei singoli individui (le «ma-ni », le « calligrafie » di ciascuno) 22ssono essere più....2meno diversi: hanno, peraltro, tutte qualche cosa incomune, sLnon altro il modello ideale, lo schema, lo

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Page 11: paleografia latina

Paleografia latina

stampo, si potrebbe dir quasi l'idea latonica dei se nialfabetici. Questa comunità, questa costanza delle scrit-ture individuali, che in certo modo le comprende tutteepperciò non può essere costretta e configurata in re-gole precise e inderogabili, ma pure ha caratteri suoipropri e uniformi, costituisce la scrittura usuale di gueltempo e di uel luo o. È facile comprendere come,dato questo suo carattere, ~i~perta all'opera ditutte le tendenze grafiche, cioè di quei fattori, taloraimponderabili ma per lo più dovuti a motivi estetici oa ragioni materiali ( .e. l'uso dello stilo piuttosto chedella penna, la maggiore o minor scorrevolezza della~rta, il modo di tenere la cannuccia, ecc.) che portanoa scrivere con caratteri ora diritti ora inclinati, ora roton-deggianti ora acuti, ora molto astati ora poco e via dicen-do. Molte di tali tendenze sono individuali e rimangonosenza conseguenze nella storia della scrittura, altre sonoinvece espressioni di motivi diffusi e comuni -a tutti gliscriventi: queste inducono nei vari segni alfabetici modifi-cazioni ricorrenti <.:oi1"uguaIl.caratteristiche in tutte lescritture individuali, sicché, divenute tipiche, finisconovia via per alterare, nella mente di chi scrive, anche ilmodello ideale della lettera corrispondente. Così, perfare un esempio, dal modello «capitale» della E il cui

E E e e-1 2 a

tracciato calligrafico è in tre tratti (1) si passa a untracciato usuale in tre tratti con l'inferiore rotondo an-ziché angolare (2) da cui nasce il modello « onciale » (3);questo a sua volta, tracciato usualmente con esagera-zione del tratto superiore e del mediano, porta al rno-

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Nomenclatura e periodizzazione

dello semionciale» (4) ancora in tre tratti, che, ripre-so dall'Umanesimo e cristallizzato dalla stampa nellaforma « e », dà origine a sua volta nella scrittura usuale'del secolo XVIII al tracciato odierno in un sol tratto, as-surto a modello nel corsivo inglese e nel corsivo «ita-lìco » della stampa. Il ripetersi di casi analoghi per tuttele altre lettere costituisce il « rocesso grafico », cioèlo sv~ento storico della scrittura, il quale può per-tanto definirsi una continua mediazi2Ee tra le forme« usuali », in perpetuo, cangiante svolgimento e i mo-delli ai quali esse si riportano e dei quali possono con-siderarsi espressioni concrete ed occasionali. L'insiemedi questi modelli (dinamici e non statici, perché risuar-dano non solo le forme alfabetiche ma anche il lorotratteggio e le e~ntuali legature e, Tn- alcuni eriodi,anche le abbreviazioni costanti di certe !larole uò chia-marsi scrittura normale di un determinato tem o e diun determinato luoao. Da un punto di vista rigorosa-mente storico, così la scrittura usuale come la normalesono astrazioni, essendo la realtà costituita dai singoli,concreti, puntuali segni tracciati volta per volta da cia-scun individuo scrivente: esse sono, peraltro, astrazionitanto legittime quanto quelle per cui si parla della « po-polazione» di un luogo mentre la realtà consiste neisingoli e non aritmeticamente sommabili individui, o sistudia la lingua di un paese e di un'epoca, caratteriz-zandola morfologicamente, sintatticamente e lessicalmen-te, mentre nella realtà esiste solo la lingua del singoloparlante e del singolo scrittore o, tutt'al più, il comples-so delle regole insegnate nelle scuole è delle parole re-gistrate nei lessici.

Il processo di svolgimento della scrittura è, in ve-rità, tutt'altro che semplice, e lo stesso caso della e

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Page 12: paleografia latina

P ateo grafia latina

poc'anzi esemplificato è assai più complesso dello sche-ma che abbiamo tracciato. Tuttavia è opportuno e pos-sibile, prima di passare a un rapido esame concreto del-la storia della scrittura latina, stabilire qualche paradig-ma, che può riuscire utile. Se la scrittura usuale è adope-rata per attestare ufficialmente e solennemente manife-

'"Stazioni di volontà di alte autorità tem orali o s iritualipuò darsi che k forme « normali» subiscano l'influenz~dello scopo cui sono destinate e della necessità o quanto~e~o dell'opportunità d'imprimere al documento spe-Cl caratteri di solennità, di inconfondibilità, di au-~nticità..:..3llora gli uffici incaricati della spedizione diquesto saranno ~dotti a modificarle in maggiore o mi-nor grado rendendole più tipiche, più caratterizzate, piùartificiose; e alla fine avranno creato una loro partico-~are e specifica scrittura cancelleresca. Quando, invece,si tratta di scrivere libri, specie se destinati al commer-cio, può darsi che le forme «normali» non sembrinosufficiente~~n.!..e chiare, perspicue, eleganti: appaiano,cioè, male adatte a soddisfare il gusto estetico del pub-blico. Allora le varie officine scrittorie, ciascuna per con-to suo, ma tutte nell'ambito del medesimo ambiente cul-turale e perciò con tendenze affini, cercheranno di ri-pulire, regolarizzare abbellire, cslligrafizzare i modelli« normali» uniformandoli e scartando i doppioni omo-foni; il processo non sarà breve e vi contribuirà più diun'officina ma, alla fine, se alla fine si arriva, si saràformata una scrittura libraria. --

Le scritture così create possono avere vita effimerae dissolversi come sono nate, ma spesso accade che, es-sendo riuscite a soddisfare felicemente le esigenze da cuierano originate, l'e cancelleresche rimangano definitiva-mente e lungamente adottate nelle singole cancellerie,

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Nomenclatura e periodizzazione

librarie trascendano le officine nelle quali sono statel borat~ e siano definitivamente e generalmente adot-

e a In tal caso le forme a cui sono pervenute restanotate. . b'bili e le regole scrittorie elaborate non su iscono mu-s:nenti degni di rilievo né nel tempo né nello spazio,tfj andosi e cristallizzandosi in canoni obbligatoriamente

lSS .

1·ti Si hanno così scritture che diremo canomzzatesegu . . .

per distinguerle da ~uelle usuali. nei. va~ luog~ e nelvari tempi, mutevoli e sempre 10 VIa di svolglme~to.Tali scritture si conservano generalmente a lungo, im-mutate o quasi perché ~tallizzazione dei loro cano-ni non permette innovazioni sostanziali: ma, nel frat:terpp<>, la scrittura «usuale» ha continuato la su~, evo-luzione e le forme canonizzate appaiono sempre plU an-ti uate e inadeguate alle ~uove tendenze_o Il rocessoallora ri~omincia: abbandonate le vecchie scritture ca-nonizzate, dalla « normale» come si è via via svolta sene elaborano delle nuove che prendono il posto delle

precedenti. .Questo è - si ripete - uno schema, un paradigma

o, se si preferisce, un canone esso stesso per l'interpre-tazione della storia della scrittura latina, il cui svolgi-mento sarà esaminato a grandissime linee nei prossimiparagrafi. Svolgimento che, essendo storia, come tuttele storie occorre periodizzare: cosa che faremo secondocriteri strettamente paleografici, anche se sarà perciò ne-cessario rinunciare a precise corrispondenze cronologi-che. Distingueremo così:

il periodo dell'unità scrittoria romana, nel qualein tutti i paesi di cultura latina si usano le medesimescritture. Termina quando questa unità si rompe conil successivo staccarsi dei regni barbarici dal vecchioceppo culturale dell'Impero romano: per la Francia e

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Page 13: paleografia latina

;'

Paleografia latina

la Spagna, dunque, alla fine del secolo V, per l'Italiacon l'invasione longobarda;

. il periodo delle scritture nazionali o età del partico,larismo grafico, caratterizzato dalla formazione di scrit-ture .divers.e, c~nonizzate e non canonizzate, nei regnie nel paesi nel quali si è frantumato l'Impero d'Oc-cidente;

il periodo carolino-gotico, nel quale l'unità scritto-r~a dell'~ccidente si ricostituisce in seguito alla succes-SIV~ adoz:one. nelle varie nazioni di una nuova scritturalatina unica, Il che in Francia, in Germania e nell'Italias~ttentri~nale avviene nel secolo IX, in Ispagna allafme. ~ell XI, nelle Isole britanniche nel XII, nell'Italiameridionale fra il XII e il XIII·. Il periodo umanistico-mode~no, caratterizzato dalla

r~pr~s~ d~ll~ forme dell'età carolingia ad opera degli urna-rusti italiani (sec. XV) e della loro successiva adozionenegli altri paesi europei (secc. XVI e XVII) ad eccezioned.ella Germania, ove la gotica rimane scrittura nazionalefin quasi ai giorni nostri.

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LA SCRITTURA LATINA NELL'ETÀ ROMANA

L'alfabeto latino originario deriva, secondo quantoormai par certo, dall'etrusco giù antico e si compone di21 segni, più tre (quelli per -lt, <]l, X) usati in originecome numerali, non corrispondendo ad alcun suono esi-stente nella lingua latina (fig. 1). Nel corso dei secoliVII-IV a.C. esso subisce modificazioni intenzionali, aven-ti lo scopo di adattarlo alla fonetica latina (passaggiodel digamma F ad esprimere il suono spirante labiodenta-le i, passaggio del segno C dal suono velare sonoro y alvelare sordo -x. e successiva introduzione del segno Gper esprimere il primo; scomparsa della Z, rientrata solomolto più tardi per la translitterazione delle parole gre-che) o di assestarlo graficamente (abolizione dei trattiorizzontali superiore e inferiore di H, soppressione delquinto tratto della M, reso possibile dal fatto che lafonetica romana non conosceva il suono S, espresso neglialfabeti etruschi e italici con un segno appunto moltosimile a M; aggiunta della coda alla P (= Q) per nonconfonderla con la P( = II), non più angolare e occhiel-lata in alto) e, così modificato, costituisce la base di una

A ~ , ~ ~ ~ ra1 , ~ \r rr» r~rSl~Y (m~~)

Fig. l

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Page 14: paleografia latina

Paleografia latina

scrittura «usuale» destinata tanto all'epigrafia monu-mentale come all'uso corrente.

Nella prima (tav. I) non tardano a farsi valere istanzeestetiche, ad opera delle quali la scrittura prima si regola-rizza, inserendosi in un sistema bilineare, uniformandogli angoli, geometrizzando le forme (stadio della « nor-malizzazione » della scrittura~sempi gli elogi degli Sci-pioni, fine sec. II a. c., e l'iscrizione di Polla, c.1.1. X,6950, a. 132 a. C.), poi si canonizza nelle forme perfet-te dell'età cesariana-augustea, caratterizzate, oltre che dauna rigorosa geometrizzazione secondo gli angoli retti edarchi di ellisse assai vicini al cerchio, anche da chiaro-scuro, ottenuto soprattutto per mezzo dell'incisione delsolco a sezione triangolare, e da un leggero allargamentoa spatola all'inizio e al termine delle aste diritte. Lascrittura così formata, la prima canonizzata latina,è dunque schiettamente epigrafica: ma ben presto ilrapido raggiungimento di un alto livello culturale me-dio, la formazione di una letteratura nazionale latina, lemolte occasioni sopravvenienti di redigere scritture che

AA~I~DD "g~lm

non erano né epigrafiche né di semplice corrispondenzao di documentazione privata proposero l'esigenza di unascrittura calligrafica libraria.

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La scrittura latina nell'età romana

QueLla epigrafica, formata e perfezionata in vis~a unica-te dell'incisione su pietra, non poteva esser riprodotta

fIlenolmente in tutti i suoi particolari sul papiro o sul le-~ calamo e pennello, appoggiati obliquamente sulla su-

~cie destinata a ricev<;re lo scritto (v:edi fig..~) t~acciavano~ente tratti alternativamente grossi e sottili, t1J?roducen-do cosi e magari esagerando il chiaro scuro della sct1t~a mo-numentale, ma la loro scorrevolezza riduceva a curve gli ango-li retti e la loro forma non permetteva il tracciato del carat-teristico allargamento a spatola delle estremità delle aste.Pertanto, nella trasposizione dal martello e dallo scalpelloal pennello e al calamo, il ca~one ~i m~ica alquanto: ab-bandonati i caratten geometIlZzantI dell angolo retto e d:l-l'arco di cerchio, trasformati gli alla.rgamenti a spatol~. mgrossi trattini complementari al termine delle aste so~tili e(nei modelli più calligrafici) in leggere curvature .a u~cmo alprincipio e al termine di quelle gro~se, esagera:o il chlaro~-ro con andamento decisamente obliquo, la scrittura acquistalLfisionomia di una vera scrittur.a e no? di. una static~ sep-

ore elegante incisione. Questo tipo scnttono formatosi dal-la trasj?<>sizionedei modelli epi rafici nella scrittura col ca-~-o colj?ennello:-apparve così felice che poi l'epigrafialo riprese, a partire dalla fine del sec. I a.c., naturalmenteirrigidendolo alquanto e sostituendo solchi triangolari aitratti grossi e lo usò per molti testi (acta) i quali, non avendocarattere di tituli (iscrizioni solenni celebrative o cornmemo-rative), si accostavano un poco a quelli scritti sulle tabulaedealbatae o addirittura sul papiro.

Si tratta comunque non di due scritture diverse,, ,ma di due varietà della medesima scrittura, che fu dettacapitale perché, cessato il suo uso Eer interi manoscrit.tinel medio evo le sue lettere Iurono adoperate al prm-cipio dei singoli capita o capitoli. La varietà epigrafica èdetta « monumentale » 9..5< .ill!adrata », con allusione agliangoli retti (quadri) che sono alla base del suo canone;

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Paleografia latina

la varietà libraria è detta_dagli epigrafisti «actuaria»perché usata per gli acta, dai f?aleografi «rustica» Q.eradattamento ad essa del termine generale con cui essidesignano la flessione del canone originario di una scrit-tura in senso tendente al corsivo. oF ....-~ <.

;;0 • ...,-La capitale stica è la scrittura di tutti i libri di un certo

pregio editi nel mondo romano dal secolo I o II a. e. alIII a~eno d.~. Di tutta questa "'produzione non ci sono per-v_e~u:I, tutta~la~ che miserrimi resti in ritrovamenti papiro-lowcl. ~tetlotl al 79 d. e. sono i papiri di Ercolano, ilCUIstudio, dal punto di vista paleografico, è stato intrapresoma non ancora. compiuto dal Maricha1. Accanto a forme rigi-~amente canonizzate, spesso pesanti e ricercatamente calligra-fiche, come quelle del P. Herc. 1475 (e. L. A. 387) da acco-starsi ad altri, come P. Ry1. 42 (e. L. A. 223), fo~se coevos:~bene generalmente attribuito al sec. IV, si hanno formepm trasa~dateJ tracciate quasi corsivamente, come quelle deiframmenti dal Carmen de bello Actiaco (P. Rerc. 817, e. L. A.385; non fìd.arsi ~i facsimili non fotografici), ove si trova giàuna A tracciata m due tempi (asta di sinistra e traversa inun sol tratto, ~oi asta di destra) che avrà fortuna in seguito.~alora anche m manoscritti calligrafi entrano forme alfabe-tiche estranee al canone, di chiara derivazione corsiva comela D rotonda (onciale arcaica) del papiro 2 c di Aberdeen (e.L. A. 120; E. L. 53) e ancora la D rotonda e la Q corsiva delFragmentum de bellis macedonicis P. Oxy. 30 (e. L. A. 207;E. L. 54), attribuito dal Lowe al sec. III d. e. e dal Mallo'nalI.

. A .gi~dicare dai frammenti conservati sembra tuttavia chel test~ di cara:~ere letterario fossero, di regola, in capitalec:molllca. Il piu sontuoso ed elegante dei codici di cui cirimane qualche resto era il Lucano di Napoli (e. L. A. 391),del qu~e Cl sono pervenute parti di 15 fogli, palinsesri: lasua sc~lttura, purtroppo coperta da una piccola, brutta minu-scol~ insulare del secolo VII, è un vero miracolo di calli-grafia, I manoscritti in capitale giunti fino a noi in stato

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La scrittura latina nell'età romana

di veri codici, seppure non tut~i interi, sono soltanto sei: quat-rro Virgil~, il così dett~ Medt.ce~ (C. L. A. 2~6), c~nservatonella biblioteca Laurenziana di Firenze, 39, I; il Vattcano (e.L. A. 11), il Palatino (e. L. A. 99) e il Romano (C. L. A.19 e nostra tav. II); questi ultimi tre tutti appartenenti allabiblioteca Vaticana (rispettivamente Vat. lat. 3225, Palo lat.1631, Vat. lat. 3867); un Terenzio, detto Bembino per essereappartenuto ai Bembo (prima Bernardo, poi Pietro, infine Tor-quato), anch'esso della biblioteca Vaticana, cod. Vat. lat. 3226(C. L. A. 12); un Prudenzio, della Biblioteca Nazionale di Pa-rigi, tlat. 8084 (e.L.A. 571). Il Virgilio Mediceo è stato attri-buito con sicurezza alla fine del secolo V dal Pratesi, che ha ri-solto le questioni nascenti da una sottoscrizione appostavi daun correttore con la data del 493; il Prudenzio è di poco ante-riore al 527; gli altri tre Virgili devono attribuirsi anch'essial secolo V, ad eccezione, forse, del Vaticano che, insiemecol Terenzio, potrebbe forse essere retrodatato al IV. Il Pru-denzio ha già forme aìquanto irrigidite e manierate, il chemostra che la vita della capitale come scrittura spontanea.seppur canonizzata, non oltrepassa la fine del secolo V. Rauna breve rinascita, come scrittura d'ap,parato per alcune pa-gine o 'parti di codici alle quali si vuol dare particolare ri-salto, nel periodo carolingio, cui appartengono, p.e., l'Evan-geliario di Fécamp, del sec. VIII (Parigi, Nat., lat. 281, E.L. 45), la Bibbia di S. Paolo fuori le Mura a Roma (facs.BARTOLONI22, A. P. I., IV, 23), scritta probabilmente perCarlo il Calvo fra 1'842 e 1'869, ecc. Dopo quest'epoca, tran-ne rare eccezioni, è usata soltanto per le rubriche e per icapita dei codici, fino ad. secolo XII.

Due codici frammentari, ambedue di Virgilio e ambeduedel secolo IV (Virgilio Augusteo, Vat. lat. 3256, C. L. A.13; Virgilio Sangallese, San Gallo 1394, e. L. A. 977 e nostratav. IlI) e un frammentino di pergamena appartenente a uncodice perduto, anch'esso di Virgilio (Virgilio di OxyrhinchusP. Oxy. 1998, facs. ivi) appaiono scritti in una capi e assaisimile a quella epigrafica, con chiaroscuro verticale, osservanza(lella regola dell'angolo retto e dell'arco di cerchio, sottili trat-

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&p-S--/' o;\J''(f--

(::,A.l'""tinicomplementari orizzontali al termine delle aste. I paleo.d" grafi hanno battezzato questa scrittura « capitale elegante» e

hanno voluto trame occasione per stabilire un certo paralleli-smo fra scrittura epigrafica e scrittura libraria: all'uso promi.scuo, nella prima, della quadrata e della attuaria corrisponde-rebbe nella seconda un uso promiscuo della rustica e della ele-gante: ma questo parallelismo è tutto esteriore e specioso. Inrealtà, la « elegante» non è che un vezzo calligrafico artificio-so, limitato al tempo al quale appartiene anche la creazione,ad opera di Furio Dionisio Filocalo, della riceroatissima scrit-tura epigrafica delle iscrizioni di papa Damaso (366-384),e comunque di realizzazione impossibile prima dell'introdu-zione dell'uso di tenere il foglio obliquo, perché soltanto conquesta tecnica è possibile ottenere non solo e non tanto ilchiaroscuro verticale quanto i sottili trattini orizzontali com-plementari delle aste, che caratterizzano così nettamentequesta moda scrittoria. Sicché, in effetto, vera e sola capitale

_libraria è la « rustica» e la « elegante» è un semplice episodiorafico, j:>en diverso dalla già menzionata assunzione delle

forme librarie nell'epigrafia, che nell'età imperiale si diffon-de sempre di più e passa anche ad iscrizioni non più sola-mente attuarie, ma anche celebrative, per influenza, probabil-mente, non solo della sempre crescente diffusione del libroe della sempre maggiore assuefazione dell'occhio alle formedella scrittura libraria, ma anche del graduale orientamentodel gusto comune verso la preferenza per le forme arrotondatein confronto con le angolari.

Paleografia latina

Si è visto che nella scrittura latina del periodo ar-caico oltre l'istanza calligrafica dalla quale nasce la capi-tale appariva anche una forte istanza corsiva. Di questa,ora, occorre seguire gli svolgimenti, partendo dalla con-statazione che, qualunque fosse il materiale scrittorio ado-

erato per gli usi correnti, è certo che vi si scriveva so-ra l{raffiandone la superficie con qualche arnese acu-

minato.

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La scrittura latina nell'età romana

Tenendo conto della necessità di stringere solidamente inlo stilo tenendo sollevato il olso er non astare

~dovi su, la superficie cerata e del fatto che la ta-strUS ull" . di tvOletta era tenuta s e gmoc a, una sc~a __ q~es o~ere, quando è ese~idit~radl'ida~edntell"nlon.può

bconslsterde

1.

se non di brevi tratt! sce entr a a to m a~s~,.~ualche uncino, erche alla mano riescono molto dlfflCil~ s~

-;; impossibili, i movimenti ascendenti e quelli progredienttda sinistra a destra. Ne risulterà una generale e naturaletendenza alla verticalizzazione dei se ni e) di conseguenza,alla disarticolazione delle lettere, che tuttavia non contrastacon quella, altrettano naturale, alla legatura o alla immedesi-mazione uando sia ossibile, . ue se?~ consecutivi. ~e- Cste sono, infatti, le tendenze carattensttche della corsl:,aromana per tutto il peri?do nel q~ale è.,di regola ese ulta - ,-òp(

a tecnica cl o sgrafflO: e appalono gla largamente svolte.2..>nei più antichi esempi pervenutici, che sono tre graffiti vasco-lari uno romano, uno ardeatino e uno capeno (C. L L., 12,476 479) attribuibili al sec. IV a. C. nei quali la O è apertain basso la A ha la traversa dìsarticolata e disarticolate sonoanche la N e la L, la F ha la forma a due aste verticali sucui torneremo fra poco. E, poiché la scrittura del periodoarcaico è ancora inqualificata e di uso promiscuo, forme diorigine corsiva si trovano usate anche in iscrizioni vere eproprie: così la D aperta in basso del cippo di Albano (C. L L.1,2659, sec. IV), la M disarticolata del cippo pesarese (C. L L.XI, 6301, metà sec. III), ecc. ]l prodotto iù car.atterist_ico,anostro credere, di queste tendenze sono le lettere E e F ridottea due trattini verticali à!alleli (u ali nella E!irIla iù breve !il secondo nell'altra), che appaiono er la rima volta ris et-tivamente nel secolo III "('éippo pesarese cit., iscrizione dilfrancolise, C. L L., X, 4719) e nel citato bucchero romanoC. L L. I z, 476, e prolungano la loro vita quanto meno sinoalla tavoletta di Oxford del 198 d. C.: esse, infatti, potreb-bero spiegarsi con la disarticolazione, verticalizzazione efusione delle code delle due lettere oblique nella scritturaarcaica: le tre della E avrebbero dato un tratto verticale pariall'asta, le due della F un tratto minore.

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Paleografia latina

Il filone corsivo della scrittura latina deriva dallascrittura arcaica ma, parte viva com'è della «usuale »,non accetta cristallizzazioni, si evolve continuamente eapplica la sua opera di riduzione anche a forme alfabe-tiche seriori, magari canonizzate. Un'idea di questa adat-tabilità può esser data dall'esempio dellal e della Dche, partite da un tracciato calligrafico in cui l'asta eraindi endente da li ~chielli (5, 6), si mantennero per

13I) BD ò. d 1\5 G '1 8 9 111 11 12 l3

circa tre secoli nelle forme aperte in basso che si trova-no ancora nei più antichi graffiti pom eiani (p-:-e.C.I. L.IV, 4966 e 4971, età sullana) e nelle dejixiones dellaJohn Fax University (età cesariana ); ma uando si dif-fuse il tracciato caratteristico della ca itale rustica 7 8)ad esso si rifecero riducendo a occhiello il tratto ang;-lare di sinistra e a linea ondulata o (rispettiva~nte)~-ena curva uella di destra (9, 10). Analo amente la E,

pur ~rvando di ~ma la forma corsiva arcaica(11), accanto ad essa svol e dal tracciato ca itale in tretratti (12), attraverso l'arrotondamento di quello angolaredi sinistra e la soppressione (piuttosto che l'immedesi-mazione) della coda superiore, il doppione omofono (13).Il risultato complessivo di questo travaglio si può ve-dere nella fig. 3, ove le forme alfabetiche della capitalerustica sono messe a confronto con uelle corsive del Isecolo d. C. quali appaiono nella ricchissima documenta-zione dei graffiti parietari e delle tavolette cerate pom-peiane, pubblicate con numerosi facsimili nel voI. IV(con supplemento) del c.I.L. (tav. IV). Nella figura isegni capitali sono stati scomposti nei loro tratti, conindicazione del senso e dell'ordine in cui erano tracciati

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La scrittura latina nell'età romana

Il

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Fig. 3

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Paleografia latina

e un breve confronto sarà sufficiente, nella maggior par-te dei casi, a spiegare la formazione dei corrispondentitracciati corsivi.

Nel materiale pompeiana non appaiono vere legatu-re: se ne trovano invece, e largamente sviluppate, nelletavolette cerate daciche (v. avanti, p. 59) appartenenti agli·anni 131-167 d. C. Esse sono, naturalmente, condizio-nate dalle già segnalate caratteristiche della tecnica del-la scrittura a sgraffio e pertanto, non potendo svolgersida sinistra verso destra, sono in pratica costituite quasiesclusivamente da tratti discendenti di inclinazione di-versa tracciati senza sollevare lo stilo, a costo anche diabbassare l'inizio del secondo, disarticolando fortemen-te i segni alfabetici. Così, per esempio, i segni 14, 15,16 (M, A, R) si legano, 17, dove il primo tratto è il

M .r.r-~ P: CL ~a..1L-U 15 16 17

primo della M, il secondo è la fusione del secondo eterzo della medesima M, il terzo l'analoga fusione del-l'ultimo tratto di M e del primo di A, il quarto la fu-sione dell'ultimo tratto di A e del primo di R, l'ultimo,infine, la coda della R. Delle poche tavolette cerate po-steriori pervenuteci, scritte in questo tipo di corsiva,alcune si riallacciano al tipo pompeiano senza legature,altre a quello dacico con legature.

Peraltro, questa scrittura (detta nella terminologia tradi-zionale 'mai ola' o, men bene, (capitale' corsiva) non è cheuna delle molteplici espressioni della «usuale», la qualeera altrettanto e forse anche più frequentemente adoperatasul papiro, e a scopo non solo documentario ma anche li-brario. Purtroppo le scarsissime testimonianze che ce nerimangono non sono sufficienti ad illuminare compiutamente

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La scrittura latina nell' età romana

r tensc processo di evoluzione della scrittura romana nei pri-1~ tre secoli dell'era cristiana, che è stato perciò variamente

:erpretato, essendo~ene trovato l'~pulso fo~dam~ntale o~alo nel filone corSIVOora solo In quello librano ora 1U

s~mplici fatti tecnici (inclinazione del foglio rispetto alla pen-~a) ai quali si è data. importa~a maggi~re .~ qu~nto nonmeritassero. Ognuna di queste mterpretazìom e unilaterale:in realtà quel processo è un fatto complesso, tecnico, esteticoe culturale insieme, e sua sede è I'intera scrittura « usuale », VfJnon l'uno o l'altro dei rami (documentario e librario) neiquali è per Io più divisa da coloro che non ne riconoscono &la sostanziale unità e non la distinguono dalle scriture cano- c. verI-'nizzate, per le quali il discorso è necessariamente diverso. (:>In essa, cioè nelle svariatissime scritture individuali nellequali concretamente si esprime, istanze corsive e istanzeS~rafiche si in~recciano, si sovr~ppongo~o, ~i alterna~ocontinuamente, e 11 processo evolutivo consiste In una serredi mediazioni fra quei due parametri, ora adattandosi altracciato cal1igrafico forme nate dalla spontaneità corsiva,ora tracciandosi rapidamente e corsivamente segni di forma-zione calligrafica.

È qui impossibile esemplificare adeguatamente que-sto svolgimento, che, a quanto pare, ebbe fine verso lametà del secolo III quando tutti gli elementi accenna-ti, ciascuno in vario modo presente per proprio conto neltravaglio del processo grafico, finiscono per combinarsie la crisi scrittoria del mondo romano iun e a sua com-

l~aturazione. Allora le forme alfabetiche «nor-mali» dalle quali aveva reso le mosse la canonizzazio-ne ella capitale e alle quali, più o meno agevolmente,era possibile ricondurre quelle corsive delle tavolettecera te e dei papiri, sono sostituite da nuove, non piùinscrivibili in un sistema bilineare e perciò non Eiù maiu-scole fig. 4). Questa nuova scrittura romana, il cui iùantico e forse iù im ortante documento è un papiro

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Page 19: paleografia latina

Paleograjia latina

).l.,c cl er~h1m N o r1f'r-r"lFig. 4 .

contenente alcune colonne di un'Epitome delle Storiedi Tito Livio (P. Oxy. 668, C.L.A. 208 = tav. V), fuidentificata dallo Schia arelli, che le diede il nome di«semionciale arcaica », ma è preferibile chiamarla, se- •guendo l'esempio dei paleografi francesi più recenti,m i n u s c o la a n t i c aJ perché la «semionciale»(che, come si vema, e piuttosto un tentativo incompiu-to della sua canonizzazione) è storicamente, rispetto adessa, non un prius ma un posterius. E rimane bene in-teso che attribuirle un nome non significa affatto consi-derarla come una scrittura tipica, governata da regoleprecise: significa solo adottare una denominazione dicomodo, utile per raccogliere tutte le numerosissime,varie, fluenti espressioni posate usuali delle nuove for-me alfabetiche «normali ». on un tipo, dunque, néuna categoria, ma piuttosto un insieme di scritture in-dividuali, accomunate dalla sola caratteristica di poteressere tutte riportate a una sola matrice comune.

Dal rinci io del secolo IV in i, in tutto il mondo la-tino tutte le scritture individuali dipendono dai nuovi mo-delli normali, che ben presto entreranno anche nei mano-scritti di maggiore impegno e le vecchie forme capitali rimar-ranno circoscritte, per tradizione, ai codici di lusso di alcuniclassicI, ~ecialmente poeti. A parte gli importantissimi svilup-pi corsivi, dei quali dovremo occuparci fra breve, e le calli-grafizzazioni di scuola, delle quali ci occuperemo subito, sitrovano tipi individuali di minuscola antica talora influenzatida forme scolastiche, talora così legati e correnti da poter~ssere de miti semicorsivi: questi ultimi, anzi, sono raggrup-pati da alcuni paleografi sotto la denominazione, che noi

La scrittura latina nell'età romana

,

rifiutiamo di «quarto d'onciale ». Si trovano facilmenteelle not~ e nelle ~losse apposte dai rispettivi possessori

~ margini e fra re linee cl'. co 'ci in scrittura canonizzata:5 mpIO noto ne sono gli scolli al Terenzio Bembino (C. L.A. 12), ma si possono ricordare quelli dell'Eusebio ~ Oxford,Bodl. T. n. 26 (C. L. A. 233 a), quelli dell'Orosio lauren-ziano 65, I (C. L. A. 298), quelli del Lattanzio bolognese(C. L. A. 280) e molti altri, fra i quali paleograficamenteimportantissimi quelli al Frontone palinsesto Vaticano 5750(EHRLE-LlEBAERT6). Ma simili scritture erano usate anche

r interi codici, dei qu . ci sono pervenuti frammenti,p. e.' icerone ilingue P. Ryl. 61 (C. L. A. 224), il VirgilioU. Ryl. 478 (C. L. A. 227), il testo liturgico P. Ryl. 472J{IRCHNER,tav. 4 b), il Cicerone P. S. I. 20 (C. L. A. 286),ecc. Questi codici dovevano, anzi, essere più numerosi diquelli di lusso, in pergamena e in scrittura canonizzata, comedimostra la percentuale rispettiva dei ritrovamenti papirolo-gici e la loro perdita totale o quasi va attribuita sia al lorominor valore venale, che non ne incoraggiava la conserva-zione, sia all'essere scritti di regola su una materia poco re-sistente come il papiro, sia all'avere appartenuto soprattuttoa biblioteche private, rapidamente disperse, sia, infine, alfatto che le copie trattene nei secoli IX-XI indussero a trascu-rare i modelli, come per quelle stesse copie avvenne dopoche furono trascritte dagli umanisti nei secoli XV e XVI.

Con la trasformazione della scrittura normale latinada rn--aiuscola in minuscola71a sua com leta rinnova-zione nelle formeillabetiche, il divario fra esse e la ca-

itale, unica scrittura canonizzata libraria in uso pressoe officine scrittorie, era divenuto trop o forte perché

iiOrlsorgesse-l'impulso a una elaborazione calligraficadOlle· nuove forme per adattarle anche alle esigenze deilibri di maggior pregio editoriale.

Questo impulso fu raccolto da alcune scuole a partenenti,secondo una accorta ipotesi del Traube, a quell'Africa che,

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I

Paleografia latina

da Apuleio e da Minucio Felice in poi, si era collocata allatesta della vita latina e latino-cristiana. Il Mallon, che rifiutala distinzione fra maiuscole e minuscole, ritiene che tuttal'elaborazione sia consistita in un semplice ingrandimentodelle lettere della nuova scrittura, con la sostituzione di b,d, r capitali alle minuscole e con l'adoaione di una formadi d già usata in Africa: noi riteniamo, invece, che il processosia stato un poco meno semplice. Crediamo che i calli rafiafricani siano artiti dalle nuove forme scrittorie ma a causaSIa eIT'ancor per urante gusto per il «monu~entalismo»del sistema bilineare, sia delladIfficoltà di staccarsi da formepur sem re considerate solenni e calli rafiche e ancora diuso costante nell'e i afia sia infine del rifiutO iniziale del-l'inclinazione dell'asse del foglio, abbiano finito er dar vitaa una scrittura che ur accettando alcuni frar iù caratteri-stici dei nuovi segni alfabetici _altri ne rifiutava e comunqueriduceva le aste in modo da contenersi ancora sostanzialmentein uno schema bilineare. E proprio a questo studio di..!Q!l1-pere il meno possibile il bilinearismo con un'asta verticale,accompagnato da un pronunciatissimo gusto per le formerotondeggianti, riteniamo deva attribuirsTI'a oziòne della dcon asta obliqua, originaria della corsiva a sgraffio, del cuisia pur eccezionàle accoglimento in una scrittura libraria ilMallon vede giustamente un esempio nel papiro P. OXY.

30 (frammento de bellis Macedonicis, C. L. A. 207}, da luiattribuito al secolo I d. C.

~ ( -........,. '""'-Nasce in ue to modo, robabilmente al rincl 10

del secolo IV, la s conda scrittura canonizzata romana,alla guale, prendendo lo spunto da un passo, frainteso,di s. Girolamo, i padri Maurini, alla metà del secoloXVIII, dettero nome di o n c i a e (tav. VI): nomeche, ivenuto ormai tradiziona e, ~~ benissimo conti-nuare ad essere usato per designarla C\ distinguerla.jji-

ica e canonizza com'è, dalla atipica 'è fluttuante mi-nuscola antica, usuale di quell'epoca.

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La scrittura latina nell'età romana(

C caratteristiche dell'onciale sogliono indicarsi

lome 18 19 20 21 sebbene in effetto nell'alfabetole ettere , , , ,

della nuova scrittura siano state accolte anche 22~ 23,25 26 e alcune scuole, probabilmente non africane

24, 'quella da cui è uscito il codex Bezae del Nuovo(come bbi ifTestamento, facs. C.L.A., II, 140) non a iano n 1':-

l 27 e abbiano preferito la 29 alla 28. Tuttavlatato a

òe m27

b òdc hl q u28 2821

entrando nel canone onciale, tutte queste lettere assun-sero un tracciato spiccatamente arrot~n to ch~ le ~lla~-

quanto in confronto delfe cornspondent1 capitali,~:ndendole più spaziose e pesanti, e che (una volta rico-nosciuta la origine «usua e » delle cosiddettWetterecaratteristic e rimane una e la note individuatrici pre-cipue di questa scrittura. A torto alcuni hanno volu.toricondurre tale s iccatissima tendenza al rotondeggla-mento dei tratti a cause esclusivamente tecniche (sosti-tuzione della pergamena al papiro come materia scrit-toria usuale): essa dipende piuttosto, crediamo, da gu-sti estetici. Infatti la si può ritrovare, quasi trettantosv' uppata non solo in manoscritti librari papiracei inscrittura ~suale (valgano per tutti i frammenti cicero-niani di P. Oxy. 1097, facs. C.L.A., II, 210) ma anchenei papiri documentari coevi in corsiva.

Fra i più antichi e significativi manoscr~tti. oncial~ per-venutici si possono citare i frammenti del ~' C1Prl?~OtOrl?ese-ambrosiano-vaticano (C. L. A. 458) e quelli del LIVlOvaticano(C. L. A. 57), il ben noto codice k degli Evangeli CC..L. A.465)e soprattutto il famoso palinsesto del D~ re publzca. CC:.L. A. 34-35), tutti del secolo IV, o, al massimo, del pnnci-

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Pateografia latina

pio del V. I codici più antichi hanno di regola tracciato pe-sante, ma rapido, disinvolto, talora quasi corsiveggiante, e iloro scribi continuano a tenere er endicolare davanti aloro il foglio su cui scrivono, sicché i « pieni» calligrafici sonoobliqui; !Ettavia ià d~Ete ~ secolo IV alcuni, come quellodel celebre evangeliario di Vercelli, detto di s. Eusebio (C.L. A. 467), adotta la tecnica del foglio inclinato sparsamenteripresa, forse specialmente in Italia, nel secolo V, al qualesi devono attribuire, fra gli altri, il frammento vaticano-urbi-nate di Probo (C. L. A. 117), i due s. Ilari veronesi (C. L.A. 484 e 485), il lussuosissimo eodex purpureus trentino degliEvangeli (C. L. A. 437) e un gruppo di codici giuridici chefanno capo al Gaio veronese (C. L. A. 488) e più tardi allePandette fiorentine (C. L. A. 295). Nel secolo VI questatecnica, i cui prodotti si riconoscono fàcilmente per il chiaro-scuro verticale (e non obliquo) delle lettere, diviene generale,e ciò ha dato occasione ad alcuni (fra cui, p.e., il Delitsch)di stabilire una distinzione, difficilmente accettabile, fraonciale « antica» e onciale « nuova ». L'uso del fo lio incli-nato rmette, tuttavia, raffinatezze e lenocini calligrafici(trattini complementari, rifiniture di aste, _ecc..:.L!'ltrimentiim ossibiU, e già nel secolo VI cominciano ad approfittarnescribi come quello del Codex Vietor di Fulda (anno 546-47.C. L. A. 1196), che non si contenta di apporre alle astetrattini complementari, ma termina con bottoni i tratti oriz-zontali delle F e L, arrotonda fortemente Ue aste esternedelle M, ingrossa a triangolo l'inizio della traversa delleT, termina leziosamente in basso la prima asta delle N conun leggero risvolto a pieno morente verso sinistra, dandocosl alla scrittura un a~etto ricercato e affettato che da al-lora in poi e fino al secolo VIII, col uale l'onciale cessadl essere usata per codici interi caratterizzerà nella maggiorparte dei casi il suo uso per manoscritti con pretese di ele-anza calli rafica: si veda, p.es., la ben nota Bibbia Amia-

cina; della biblioteca Laurenziana di Firenze ma di origineanglo-irlandese (sec. VIII in., C. L. A. 299). Durante i~oli VII-VIII s ~o l'oncìale si pje a ad ammette~ qualche

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La scrittura la)ina nell' età romana

.' locale' non è raro per esempio, che negli scnt-caratterlSuca --=- ' . . hi li;...-.;--mlncogallici la traversa della T cominci con ~ occ e otorll . o come nel così detto Missale Gotbicum della

con un uncm , d' lo'blioteca Vaticana, Reg. 317 (C. L. A .. 106),.mentre a trabi 'à partire dal secolo VI molti scribi senza pretese

arte gl a 'all' afp .'. ano a tracci arIa rapidamente e non c 19r ìcamente,colJUllCl ., li ddirittura. uoducendovi man man~ elementi ml.~1U~CO e. a .,10 corsive dando vita così ad onciali « rustiche» indi-legature, l h . mviduali piccole: sgraziate, con aste a te, c e SI accostano se -pre più alla mmuscola.

La scrittura oneiale ebbe vita lunga non meno dicinque secoli (dal IV all'VIII do o ?i.ch~ se itò ad

sere usata,. fino all'XI eal XII, er 1 titoli e le arole~ dei ca itoli e larghissima diffus~one, estesa atutte le terre che avevano fatto parte e Impero roma-

. ne 1909 il Lehmann, sulla base di schede lasciateno. . . . 390diifTraube, ne elencava come pervenuti sino a nOImanoscritti, numero che oggi può ancora. essere elevato,se si tien conto dei frammenti che contmuamente ven-gono alla luce nei ritrovamenti papirologici .. La gr.and~maggioranza di quei codici contiene opere di au~orl C~I-stiani ma non è giusto fondare su questa semplice ant-metica come taluni fanno, la giustificazione del titolodi «s~rittura cristiana» dato dal Traube all'onciale la-tina sul fondamento della ipotesi (dimostrata poi nonesatta) della sua derivazione dall'onciale greca dei testibiblici, e ugualmente inesatto è asserire che ess~ f?ss~volutamente usata per la trascrizione dei testi cnstiaru,lasciando la capitale ai pagani. In realtà l'onciale natae diffusa nell' epoca del maggi~ fiorire del 'pensierocristiano occidentale e della patristica latina, è piuttostola scrittura nella quale sì esprime la civiltà di quel pe-riodo di trapasso fra il mondo classico e il mondo me-

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!Paleografia latina

dievale che, sull'esempio degli storici dell'arte, si suoleora chiamare tardo-antico, con traduzione un po' appros-simativa del tedesco Spatantike, e che trova uno dei suoielementi vivifica tori profondi in un potente soffio di rea-listica spiritualità cristiana, culminante nei grandi nomidi Ambrogio, di Girolamo, di Agostino; e sotto questoben più ampio e nutrito aspetto possiamo trovare acuta-mente giusta e far nostra la definizione del Traube.

La scrittura onciale costituiva tuttavia, pur sempre,come si è visto, un com romesso (felice, se si vuole, efortunato ma sempre compromesso) fra il vecchio e ilnuovo, ed è perciò bene spiegabile che, anche dopo lasua larga diffusione, non solo continuasse ma in moltescuole scrittorie s'intensificasse la tendenza a ricavaredalle forme normali della «usuale» -un>;ltt; scritturalibraria che fosse minuscola, secondo il gusto .ormai af-fermato e generalizzato, più scorrevole e disinvolta del-l'onciale e tuttavia altrettanto tipica e calligrafica. Ac-cade così che, verso la fine del secolo V e il rinci iodel VI, su quelle basi si svolge una nuova calli..srafizza-zione, nella quale, accettando alcuni elementi formali~gusto dell'epoca (p. es. la tendenza al rotondeggia-mento dei segni e all'am12iezza delle lettere) e alcunetecniche scrittorie ormai comuni (posizione obliqua delfoglio), tuttavia si ris ettano pienam:enté le forme alfa-betiche dei modelli normali nella loro usuale espressioneli raria. Anche questa calligrafizzazione ebbe fortuna ei coClici superstiti nei quali la troviamo usata, se nongiungono al numero di 160 voluto dal Lowe (il qualecomprende nel suo elenco anche manoscritti in minusco-la antica usuale non calligrafizzata), sono tuttavia nume-rosi, e molti di essi uanto a lusso ed ele anza oco onulla hanno da invidiare a uelli in onciale: basterà ri-

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lLa scrittura latina nell'età romana

d re Per esempio il noto S. Ilario della basilica dicor a , ' . . d l OS pietro in Roma (tav. VII), scritto poco prima e 51f· C L A 1a) il S. Ilario papiraceo viennese del se-(acs. .., ,

lo VI (facs. ivi, val. I, pago 19), la seconda parte del-~~<Ambrosiaster ». ~assinese del. medesimo .s:colo (facs.. . 474 a) il Sulpicio Severo scritto da Ursicino, lettore1Vl , • • ,della Chiesa veronese, nel 517 (facs. IVl 49~). Essa etata perciò, finora considerata dai paleografl come un

~uo;o, terzo tipo di scrittura romanaL-che fu chian:ar:ada alcuni, seguendo il Wattenbach, «minuscola pnmi-riva » o «minuscola antica », ma dai più, sull'esempiodei Maurini, s e m i o n c i a l e. n primo di questi no-mi è in realtà, equivoco, quanto meno per noi, che loabbr~mo usato per indicare tutte le espressioni posatedel nuovo alfabeto «normale» minuscolo romano, dalsecolo III in poi; il secondo, se inteso nel senso geneticoche vollero dargli i Maurini (i quali pensavano a unaderivazione dall'onciale) è erroneo: tuttavia ha il con-senso della tradizione, e, inteso nel senso di « scritturapiù piccola dell'onciale e derivata dal medesimo cep o..:>,può essere abbastanza convenientemente accettato.

Ma l'accettazione del termine non significa anche accet-/.azione, senz'altro, della cosa. Si può, infatti, seriame~t~in dubbio che la semionciale sia veramente un tipo, unaforma di scrittura con regole fisse e determinate. Nei manualisi sogliono indicare come sue caratteristiche le lettere aPO), g (31) e r (32); ma, a prescindere dal fatto che quel-~ lettere appartengono,~ealtà all'alfabeto «usuale »,°S'30 al 32

il loro uso è tutt'altro che costante e coerente, tanto che ilwe, nel redigere l'elenco poc'anzi citato, constatata la

impossibilità di trovare nei manoscritti in minuscola antica

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Paleografia latina

forme alfabetiche ricorrenti con tale regolarità da poterlefermamente assumere come distintive di un tipo scrittorio,finiva per appigliarsi al singolare criterio di definire se-mionciali quei manoscritti non capitali nei quali apparisseroalmeno quattro lettere non onciali. In realtà, la « minuscolaantica» è una scrittura il cui processo di canonizzazione(faticoso tanto per 'la concorrenza della già-canonizzata elargamente diffusa onciale quanto per il fatto che le sueforme, assai vicine alle usuali, facilmente scadevano digrado calligrafico, avvicinandosi a queste) è rimasto inter-rotto a causa della frattura dell'unità cùlttitale e scrittori a~tina provocata dall;- invasioni barbariche. -

Il carattere peculiare del canone in formazione era dauna parte la comp eta accettazione dei modelli alfabeticiminuscoli della 'scrittura usuale, dall'altra il roton eg!Q..amentodel tracci~) con c iaroscuro verticale anzic é obliquo: tut-tavia così la pesante spazioslta dèll'« occhio» dei carattericome il oco svilu o delle aste in confronto del cor o dellascrittu~ continuavano ad attribuirle un'im ronta generalenon tr2Ppo lontana da uella delle maiuscole e in articolare_d~l'onciale.

Codici in semionciale sono relativamente fre uenti nelsecolo VI, e in quest'epoca, per quanto è possibile giudicareintorno alle provenienze, l'uso di questa stilizzazione dellaminuscola antica è diffuso in tutti i paesi di cultura occiden-tale, raggiungendo talvolta notevolissimo livello calligrafico.È generalmente molto pesante e tracciata con disinvoltura.Nel secolo successivo il numero dei codici è ancora discreto,ma fra le rovenienze viene meno l'Africa, sommersa dallamarea islamica e, al contrario di quanto accadrà alla Spagna,definitivamente perduta alla latinità; anche in Spagna imanoscritti non abbondano e vi assumono caratteri parti-colari, tanto da autorizzare il Lowe a parlare di « semioncialevisigotica ». In Francia e in Italia ca ita abbastanza facil-mente che la scrittura sia trasandata e~ssolutamente 'priva

_di calligraficità (es. la scriptio superior del palinsesto ambre-siano G 82 sup., C. L. A. 344, quella della Interpretatio

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La scrittura latina nell' età romana

Gai di Autun 24, C. L. A. 724, e dell'Agostino, pure diA tun 107, C. L. A. 729, ecc.). Con la fine del secolo VII'l usemionciale muore e i pochi codici dai quali ci è ancoraa esentata nell III sembra appartengano a un ristrettissimo

P~ero di scuole (fra cui si potranno ricordare in Francia~uella di Lione e in Italia quella di Verona) e mostranospessO forme cont~ate con legatura corsiva anche ~à do.vela scrittura è relativamente accurata. La sua breve rinascitanel secolo IX resso la scuola di Tours, ove è usata in formepiccole, :eggere, elegan:i, ~olto. callig:afiche,. per ~lcune p;u:t!di codiCl (p.es. nella Bibbia « di Alcumo » di Zurigo, dell età -di Carlo il Calvo, STEFFENS46 .è artificiosa e 'priva di----s~~to.

L'esame della trasformazione della scrittura «usua-le» romana da maiuscola in minuscola è stato da noifinora condotto sulle sue espressioni librarie, e ne sonostati messi in evidenza tanto i riflessi mediati sullaformazione di una scrittura canonizzata (l'oneiale) quan-to quelli immediati sull'interrotta canonizzazione dellasemioneiale; ma non meno importante è l'esame di quel-la trasformazione nelle es ressioni corsive della scrittu-ra -u7uale, al quale dobbiamo ora dedicare una certa at-tenzione.

Per uanto lar amente usata anche su pa iro, la corsivamaiuscola era ur sem re nata er essere scritta a sgraffio,e le sue forme alfabetiche fondamentaJ.ftanto bene si pre-stavano a un tracciato breve, verticale, intermittente, nervosocome quello dello stilo, quanto male (anche se conveniente-mente rimaneggiate e adattate) a un tracciato continuo,scorrevole, ondulato, facile alle curve come quello del calamoo della penna: ne uscivano infatti, talora, ghirigori quasiindecifrabili come quelli di P. OXY. 1271. Perciò il suo con-tributo alla evoluzione della «usuale» da maiuscola a mi-nuscola, senza essere affatto trascurabile come alcuni vorreb-

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Paleografia latina

bero (molte forme minuscole si trovano già nei graffi ti del-l'età sullana e altre presuppongono una base maiuscola cor,siva) non è nemmeno determinante come vorrebbero altri(vi sono lettere minuscole che non possono in alcun modoriportarsi a basi maiuscole corsive): è semplicemente unodei molti fattori che agirono nel complicato processo. Unicofrutto diretto dell'uso della maiuscola corsiva su a iro fula formazione di una scrittura uasr canCeIl.eresca di-usoenerale ress~ uffici e li scribi del mondo romano

(cf. avanti, pp. 61-63) e, ,attraverso e~ uella delle litteraecaeleS!E., di cui diremo brevemente più avanti.

L'adattamento corsivo delle forme alfabetiche non fuperaltro meno rapido di quello Iibrario. Il più antico docu-mento pervenutocene è degli anni 287-304 e forse anche287-293 (P.S.l. In, facs. CENCETTI in Memorie dell'Acca-demia delle Scienze di Bologna, cl. scienze morali, serie V,vol. I, 1950, tav. V a pago 58); del 310 è la sottoscrizionedi Ulpio Alessandro, censitor dell'Eptanomide in P. Strassb.42 (facs. E. L. 31); segue poi un gruppo di papiri piùestesi come la commendatizia di Vitale, rationalis del pre-fetto dell'Egitto, ad Achillio, preside della Fenicia (P. Argent.I) degli anni fra il 317 ed il 324 (C. L. A. 832); due letteredell'archivio di un certo Abinneo, degli anni 344 e 345 (P.Gen. 45 e P. Lond. n, 447; facs. E. L. 34 e 35); la copia di unrescritto di Diocleziano sui privilegi degli atleti, del 344 circa(P. Lips. I, 44; facs. E. L. 32, 33); la parafrasi latina dellefavole 16 e 17 di Babrio, attribuibile alla prima metà delsec. IV (P. Ahm. 26, facs. ivi, tav. I); un frammento diparafrasi dell'Eneide, su per giù della medesima epoca (P.S. l. 142, C. L. A. 207) ecc. Non si può tuttavia risaliremolto indietro perché i papiri più antichi, fino a P. Grenf.II, 110, del 393 (facs. E. L. 30) suno ancora in maiuscola.

Com'è naturale, trattandosi di due espressioni pa-rallele di un medesimo sistema rafico usuale l'alfabeto

~ella minuscola corsiva romana corrisponde a quello del-la «minuscola rimitiva» libraria. Occorre tuttavia por

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La scrittura latina nell' età romana

ente ai seguenti fatti specifici, di interesse particolaris-:mo: a) che ~ntre di regola le scritture librarie ~tracciate con calam_o tem era~ a unta uadra o<i.obli-qua la corsiva è tracciata con calamo temperato a Eu~aacu;a e non si ha quindi chiaroscuro; b) che la rapiditàdel tracciato comporta speciale evidenza del tratteggioe del ductus delle singole lettere; c) che nel processo diformazione dei modelli alfabetici minuscoli della nuovascrittura usuale influenza non minore del tratte io vi-

Jsibile ha avuto g tr~teggio invisibile delle letter , cioèil ercorso che la mano deve compiere col calamo levatotra la fine di un segno e il principio di un altro; e leforme alfabetiche si sono spontaneamente foggia te inmaniera da renderlo più breve, agevole e scorrevole chefosse possibile. Nell'uso librario .,.esso è effettivamentefatto col calamo levato; nel tracciato corsivo è facileche il ca amo ri a invece osato sulla cartui han-no ;:;nora l le atu che in questa scrittura risultano

erciò del ntanee, naturali e numerose; d) chele le ature, come effetti spontanei della dinamica scrit-toria, divengono elemento essenziale della scrittura cor-siva e -;;on solo si svolgono tenendo conto della facilitàdi collegamento dei segni, anche a costo di riunire insie-me tratti di lettere diverse e separare tratti di una let-tera unica, ma spesso forzano alquanto il modello fon-damentale delle singole lettere costrin endolo a lievi(e talora anche men lievi) modificazioni, la più frequentedelle quali è I'apertura di occhielli normalmente ~hiusi.

Risulta chiara perciò la necessità di un sommario esamedelle singole lettere con riferimento al tratteggio e alle pos-sibili modificazioni in legatura; esame che sarà grandementechiarito dalla consultazione della fig. 5, ove sono stati indi-

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cati con linee tratteggiate i movimenti compiuti dalla manoa calamo levato, sono state indicate accanto le forme chealcune lettere assumono nelle legature e sono stati dati alCUnisaggi di legature meno facilmente interpretabili. La-4, ha laforma così detta « onciale corsiva », in un tratto, cominciandodall'occhiello; l~ tanto a destra come a sinistra e nelsecondo caso l'ocCIllello si apre. B può avere l'occhiello a sini-stra o a destra: nel primo caso s'inizia con l'occhiello, che inlegatura a sinistra si apre e termina con I'asta, che serve perle legature a destra; nel secondo comincia con l'asta e l'oc-chiello può essere tracciato tutto di seguito o staccando lamano; non lega né a sinistra né a destra . .s;;.. è di regolain due tratti: prima quello di base poi la cresta, e lega asinistra col primo. D è in uno o due tratti cominciando conl'occhiello: lega a sinistra e non a destra. E ha due forme:o a guisa di due c sovrapposte, delle quali la prima ad essertracciata è l'inferiore; o a tre tratti; prima la base curva,poi la cresta slanciata in alto, infine la traversa. Lega a sini-stra col primo tratto, a destra con la traversa o con lafine della c superiore. F è analoga alla E, con la sola diffe-renza che il primo tratto non è curvo ma rettilineo e scendesotto il rigo. H è in un tratto e comincia dall'asta; lega adestra per mezzo dell'aggiunta di un filetto a festone. I legasolo a sinistra e in legatura scende talora sotto il rigo. L legasolo a destra; M lega solo a sinistra. N può avere forma minu-scola, in un solo tratto, o maiuscola, in due; in ambo i casilega solo a sinistra. O è di regola sinistrorsa, ma in legaturapuò esser tracciata anche destrorsa. P è di regola in duetratti e lega a sinistra con l'inizio dell'asta; eccezionalmenteè in un tratto, cominciando dall'occhiello tracciato destrorsoe allora non lega. Q è di norma in un tratto, cominciandodall'occhiello, che si apre in legatura a sinistra, talora è anchein due tratti e allora non lega. R è più spesso in un soltratto e lega a destra e a sinistra; talora in due (prima l'astae poi la coda) e lega ugualmente. S, in uno o due tratti, sidistingue da R perché di regola non lega a destra. T è indue tratti, una breve curva e un'asta orizzontale, e nel se-

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LA scrittura latina nell'età romanafr ~../().. #.~ lU

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Fig. 553

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Paleografia latina

colo IV si distingue da C perché lega tanto a sinistra COtnea destra. U è in un tratto, e può avere due forme: unasemplicemente semilunare, con convessità in basso e tendenzaa innalzarsi sul rigo, e una con asta discendente alla finedell'asta: nella prima può legare tanto a destra quanto asinistra, nella seconda solo a sinistra.

Col secolo V la minuscola corsiva erde la rotondità ca-ratteristica e la verticalità deI secolo rec ente: s'inclinaverso destra si fa più serrata, più slanciata, più re olarespesso più minuta, ma contemporaneamente accresce la ten:denza alle le ature. Le lettere che cominciano con un'asta(b, d, h, l) assumono un flletto iniziale che spesso s'intrecciacoril'asta medesima e serve per le legature a sinistra, primaescluse; a anche isolata è costantemente a erta e rendeforma di u, innalzandosi spesso sopra il rigo nelle legaturea destra; c e s legano anche a destra e nelle legature la pri-ma di queste lettere non si distingue da t, mentre la secondasi distingue da r perché le legature sono convesse in altomentre quelle con r sono angolari; e comincia ad apparirein una terza forma occhiellata, derivata dalla legatura dellacresta ascendente con la traversa orizzontale; n è costante-mente minuscola. Un ampio, esauriente studio della minu-scola corsiva romana dei papiri è stato recentemente fattoda J. O. TJADER,Die nichtliterarischen Papyri (vedi più avan-ti), voI. I, pp. 86-143.

In questo secolo, più ancora che nel precedente, si hala prova ocumentata e a estensione universa e, m tuttol' m ero-ae11a minusco il corsiva, potendosi confrontare ipapiri egiziani (p.e. P. Oxy. 1879, del 434, facs. ivi, voI.XVI, tav. II: P. Wess. Taf. 26, pure del 434, facs. ivi eWESSELY, Studien zur Paldograpbie, XIV, tav. 14 P. OXY,1878, del 480 circa, facs. ivi, vol. XVI, tav. I: tutti, peraltro,provenienti dall'officium del praeses dell'Arcadia) con letavolette algerine del 439-496 (facs. Tablettes Albertini,Parigi 1952, vol. II) e con i papiri ravennati (facs. di tuttiJ. O. TJADER,Die nichtliterarischen Papyri Italiens, Tafeln,Lund, 1954; v. più avanti).

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La scrittura latina nell'età romana

Scorrevole, facile, spontanea, naturale, ~uscolacorsiva fu la scrittura d'o ni giorno la scrittura degliaffari, dei documenti, della corris ondenza pe~ti co-loro c e parlavano e scrivevano acino; e fu anche lascrittura della cultura e de li studi sia er a co ia er-sonale di libri da parte di molti che condividevano leidee di San Girolamo: «habeant qui volunt veteres li-bros vel in membranis purpureis auro argentoque de-scriptos, vel uncialibus, ut aiunt, litteris exaratos, dum-modo mihi meisque permittant. .. pauperes habere sche-dulas, et non tam pulchros codices quam emendatos»(Prol. in 1ob; Migne, Patr. lat., XXVIII, col. 1142), siaper gli scolli che non di rado appaiono apposti nei mar-gini di testi classici: solo che, in questi casi, è facileche la scrittura abbia un tracciato meno rapido e piùcalligrafico, un poco, per così dire, « librarizzato », pre-sentandosi come minuscola sernicorsiva anziché corsiva.La minuscola corsiva servÌ di base anche a stilizzazionicancelleresche di cancellerie rovinciaH e municipali perle quali si veda più avanti. •

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I PAPIRI LATINI

Non è possibile passare dalla considerazione dell'etàromana della scrittura latina a quella dell'età barbaricasenza un cenno ai papiri, i quali, senza avere l'impor-tanza determinante di quelli greci, così per qualità co-me per quantità, forniscono tuttavia alla conoscenza del-l'antichità classica un contributo che non deve essereignorato e tale da giustificare il tentativo di dar vita auna autonoma papirologia latina, che potrà poi assu-mere fisionomia più completa se, come è ormai stabilitoper la papirologia greca, al suo campo di studio sarannoattribuiti, oltre i frammenti membranacei di varia prove-nienza, anche gli ostraka e le tavolette lignee, cera te enon cerate.

Il tentativo di dare autonomia alla papirologia latinaè stato fatto da A. CALDERINI,Papiri latini. Appunti dellelezioni di papirologia, Milano 1935. Fatta eccezione dei docu-menti eontifici e di uelli regi merovingi (secc. VII-XI), chesono ormai oggetto di studio della diplomatica e appartengonointeramente al edioevo, i papiri latini attualmente conosciu-ti non risa gono pIÙ addietro degli ultimissimi anni del secoloI a.c. (il più antico sembra essere il liber litterarum accepta-rum di un certo Macedone, P. Wess. Taf. I, databile deglianni 17-14 a. C.) e sono circa 400 fra letterari e documentari.Il vecchio progetto del Seymour de Ricci e del Bilabel peruna raccolta di tutti i papiri latini ha trovato recente at-

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I papiri latini

azione nel volume di R. CAVENAILE,Corpus PapyrorumZztinarum, Wiesbaden 1958, che tuttavia delude alquantoper la completa .mancanza di indic~ e per le l~cune r:ell~bibliografia, specie per quel che riguarda le riproduzioni,Utilissimo e accuratissimo è, invece, l'elenco pubblicato daR. MARICHAL,Paléographie précaroline et papyrologie. L'écri-ture latine du lreau VIle siècle: les sources, in « Scripto-riwn », IV (1949), pp. 115-142 e IX (1955), pp. 127-149.

Secondo la provenienza, i pa iri latini possono essere di-visi in quattro gruppi:

a) Pa iri egizian]. Si 'trovano occasionalmente in mez-zo a quelli greci e a quelli demotici n;gli sca;i condottifra le sabbie desertiche dell'Egitto medio e superiore, la cuiaridità, non permettendo vita ai germi della decomposizione,ha permesso .la conservazione di frammenti di libri o di do-cumenti abbandonati dalle popolazioni che lasciavano terre re-se inabitabili dalla mancata manutenzione delle opere di cana-lizzazione del Nilo. Poiché la lin ua latina in Egitto era usata

revalentemente dalle autorità civili e militari, se'tratta perlo più di .documenti ma non mancano framIDenti di codici. Co-stituiscono il nucleo più numeroso, ed è da osservare che, seb-bene trovati in Egitto, non per questo sono stati tutti scritticolà, e non possono perciò considerarsi solo come documen-ti della latinità provinciale egiziana. Sono pubblicati per lopiù insieme con i greci nelle grandi edizioni di papiri, distinticon sigle speciali (p. e. P. Oxy. per The Oxyrhynchus Papyri,val. 20, Londra, 1898-1947; P. S. I. per Papiri greci e latinipubblicati dalla Società Italiana per la ricerca dei papiri,val. II, Firenze 1912-1935; B.G.U. per Aegyptische Urkundenaus d. kgl. Museen zu Berlin. Griechische Urkunden, volI.8, Berlino, 1895-1933, ecc.). L'elenco di tali sigle si trovain tutti i manuali di papirologia. Interamente latini sono ipapiri pubblicati in P. Mich. VII, cioè Michigan Papyri,val. VII, Ann Arbor, 1947.

b) Papiri di Dura Europos. Negli scavi condotti dal!.921 in poi sul luogo della città mesopotamica di Dura Euro-~s, le cui condizioni climatiche somigliano a quelle del deser-

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to egiziano, fu trovato l'archivio del presidio romano di guellacittàz con un'ottantina di papiri Iatini degli anni dal 208al 256, editi in The Excavation 01 Dura - Europos. PinatReport, V, part I, The Parchments and Papyri, by C. B.WELLES, R. O. FINK, J. F. GILLIAM, New Haven, 1959.

c) Papiri di Ercolano. Sono tutti librari e roven onodalla biblioteca latina trovata insieme con quella greca diFilodemo negli scavi eseguiti tra il 1752 e il 1754 sul luogo~ e a villa ei Pisoni a reo ano, che era forse la sede diuna scuola superiore aefi! osofia icurea, diretta da Filo-demo di Gadara ; frequentata da Lucrezio. I volumina con-servano ancora la forma originale, ma furono interamente~arbon~zati dall'eruzione del 79. Il loro S;olgi;;;ento, tentatocol mezzo di speciali accorgimenti e di semplici ma ingegnosemacchine, incontra difficoltà quasi insuperabili. Finora sonostati recuperati alcuni frammenti (circa una settantina diesametri) di un oema e ico sulla batta lia di Azio, attribuitoa Rabirio, e alcuni frammentini, assolutamente insignificanti,di opere di oratoria.

d) .Papiri di Ravenna. Sono li unici a noi erve~uti at-traverso .la naturale via di conservazione in un archivio, uel-lo della Chiesa ravennate, anche se, a partire almeno dal-l'età del Rinascimento, sono andati disPersi e i più importantisi trovano ora nella Biblioteca Vaticana, nella Nazionale diParigi, in quella di Na oli in uella di Vienna e altrove. Illoro ';u;;;-ro, fino al sec. XII, si aggira sulla trentacinquinae il documento iù antico è del 445-46. Sono stati tutti editinel 1805 da G. Marini in unapubblicazione che, per quantoinvecchiata, è pur sempre ammirevole anche se in granparte ormai 'sostituita dalla nuova, perfetta edizione di j.O.TJADER, Die nichtliterarischen lateinischen Papyri Italiensaus der Zeit 445-700, voI. I, Lund 1955 [il secondo non èstato ancora pubblicato]; tavole, ivi, 1954.

Anche le tavolette lignee dell'età romana a noi ervenute,secondo la provenienza, ossono distinguersi in cinque grup-pi) i rimi guattro dei uali compr;ndono tavolett~n ori-

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I papiri latini

ìne cera~~ dietr~, q~~l'..:-l1) mentre l'u.!.ti~ com.prendetI lette scritte ad inchiostro col calamo:taVO - - l' hivi d la) Tavolette ompeiane. CEs!ituiscono arc IVIO eb chiere Lucio Cecilio Giocondo, contenente anche. docu-~i del padre L. Cecilio Felice; sono in numero di 127,me artengono agli anni dal 15 al 62 d.C. e hanno carattereap;rattutto economico-finanziario. Conservate al Museo Na-~~onaledi Napoli, sono state tutte pubblicate in un supple-mento al IV volume del C.LL.

b) Tavolette ercolanensi. Scoperte dal 1930 al 1940,sono in numero di 90' e provengono per Ia massima partedall'archivio di un L. Cominio Prisco e di un Venidio En-!!ycho. Sono state pubblicate da V. ARANGIORUIZ e G.PUGUESECARRATELLIin « La parola del passato », I (1946),pp. 379-477 e da M. DELLACORTE,Jvi, VI ~1951) p~. 224~230. Recentemente è stato comunicato all Accademia delLincei il ritrovamento di un'altra serie di tavolette che, ri-maste sott'acqua, a differenza delle precedenti hanno con-servato la superficie cerata. Esse sono ora allo studio pressol'Università di Napoli.

c) Tavolette daciche. Scoperte in varie riprese dallafine del sec. XVIII alla metà del XIX sono poi andate di-s erse e di ochissime si conosce l'attu~ilo'ZaZione. Neabbiamo conoscenza di una ventina, tutte di contenuto con-trattuale, appartenenti agli anni dal 131 al 167 d.C., pub-blicate nel III volume del c.r.L.

d) Tavolette e iziane. Scoperte in varie epoche e invari luoghi dell'Egitto, non sono iù di una trentina e sono ISIctI\.n.:aedite in varie collezioni e riviste. A arten ono a li .anni t-.o l'~dal 62 al 242 d.C. e contengono in prevalenza projessiones •liberorum. U4

e) Tavolette algerine. Come si è detto, a differenzadelle precedenti, queste sono _scrit~a.s:Li!1~001 ca-lamo, sUiI le no. Appartengono agli anni 493-496, furonoscoperte nel 1928 presso Tebessa, compongono 34 atti divendita d'immobili e sono state pubblicate in un volumespeciale a cura del Governo dell'Algeria nel 1952.

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Gli ostraka (scritture a pennello o a sgraffio su frammentidi coccio) sono assai rari nella"papirolo ia latina e possonoessere trascurati senza inconvenienti.

I a iri letterari che, si è detto, non cosnturscon-,la maggior~nza _hanno notevole valore come documentidell'estensione della cultura latina anche in territori pro,fondamente die;izzati e assai lontani dai centri di dif-fusione di quella cultura. PurtrolPo nessuno di essiproviene da uei centri, e pertanto il loro contributoalla critica del testo degli autori rappresentati (fatta ec-cezione per un frammento dell'orazione ciceroniana ProCaelio, P. Oxy. 1251, del sec. V) è assai modesto. Iframmenti iù im or tanti finora ritrovati sono quelli didue codici delle Istituzioni del giurista Gaio (P. S. 1.1182, sec. V; P. Oxy. 2103, sec. III) che riempiono la-cune del palinsesto veronese e forniscono apprezzabilinotizie su alcune istituzioni dell'antico diritto familia-re quiritario, e uello di una Epitome di Tito Livio (P.Oxy. 668, secolo III), diversa dalle Periocbae pervenu-teci, che dà importanti notizie sui libri XXXVII-LV, inparte perduti, del maggiore storico latino.

Dei papiri documentari, la maggior 2.arte fra i.Piùantichi è di carattere militare (<< pridiani » o ruolini diservizio, ruoli e matricole, documenti d'amministrazio-ne) ma non mancano documenti pubblici, fra i quali sipotranno citare -due editti forse di Aug-;sto-(B.' G. U.628), una oratio di Claudio (B. G. U. 611), tre rescrit-ti di Diocleziano (P. S. 1. 111 e 112; P. Lips. 44) el.lliO dI Yeo osio, forse con sottoscrizione autografa (P.Lug . Bat. II, Z), unadonazione di Odoacre (Marini82-83) e poi ancora processi verbali di cause dibattuteavanti a autorità provinciali, corrispondenza fra magi-~trati, ecc. Fra i documenti privati si ha un certo nu-

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ero di dichiarazioni di nascita di figli, legittimi e ille-~tiroi (professiones o, rispettivamente, testationes li-ferorum) e, in genere, attestazioni relative allo statusdelle persone; più rara e di regola stesa da scribi pub-blici la documentazione di contra5_t~ ~gozi giuridici;rarissime e ettere private.

Oltre che per il contenuto di ciascuno, i apiri la-tini sono im ortanti er lo studio del diritto çhe nonteimpre il..!.omano puro e, dopo la constitutio Antonina

e 212, sembra avviarsi, quanto meno in Egitto, quasialla trasformazione in diritto volgare; per lo studio del-la lin a, particolarmente nelle sue espressioni «volga-ri »; p-er quello d~lla di lomatica dell'età im eriale. Perquanto riguarda la pa1eografia,~ntre i a iri osteria-ri al principio del secolo l'L. costituiscono la fonte più ~ Q

ti im ortante per lo studio della scrittura « usuale» e del-, minuscola corsiva quelli dei secoli II e IlI, come si

è già accennato, sembra documentino l'esistenza di unas eciale scrittura di ti cancelleresco notevolmente di-versa dalla <~uale» ed ~;ar;-in tutti gli uffici e datutti gli scribi pubblici dell'Im ero: -;;sa, Poi, con leg-ere modificazioni e in seguito a una ulteriore stilizza-

zione calligrafica accuratissima, che ne aumentò le di-mensioni e ne accentuò alcuni contrasti grafici, &~esclusiva della cancelleria im eriale.

!-a scrittura originaria dei, a iri dei ~oli II e IlI, purpotendo si considerare canonizzata, ha tuttavia molti ca-

ratteri comuni: la sottigliezza del tratto, l'inclinazione versodestra, la regolarità, la com attezza, la diffusa tendenza cal-ligrafica, l'uso fre~eritissimo di una e a forma ~asi di V diuna m e di una n con la Erima asta sul rigo e le altre innalza-te di una t con tracciato speciale a mo' di y, in due tratti o in

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un solo (fig. 6, I). La canceller~a im eriale litterae caels:stes nella costituzione di Valentiniano e Valente del 367Cod. Theodos. IX, 19, 3, che ne roibiva l'uso ad altre can~cellerie) a iudicare dall'Unico documento menutone, ilpa2iro di Leida e di Parigi el seco o V STEFFENS 16· mavi si potrebbe anche accostare il finora non consfderato daalcuno P. Dura 7, facs. ivi) è invece canonizzata ed ha percaratteristiche la ricercata calli raficità del tratteggio, so-prattutto delle lettere e e m, le leggere volute alle basi deitratti discendenti che poggiano sul rigo, l'uso di o e u moltopiccoli e osti in alto J'accettazione della forma minuscoladi b (con l'occhiello a sini-2tra), di hl l co!! aste occhiellate,l'uso di una o con alta cresta e quello di moderate legatureche non modificano la forma alfabetica delle singole lettere(fig. 6, 2). ~r:t: 7~ r,

JI~tf!Fig. 6 1-

~.TP.,.~ v:;3:>~se.-

C-c>-('~ç>o-

La costituzione del 367 fece sicuramente cessare la rim-roverata imitatio caelestium liiterarum (della quale è chiaro

esempio, pur nella sua estrema frammentarietà, il citato P.Dura 7) e le cancellerie provinciali provvidero altrimenti

er i .loroatti. Certamente ognuna fece per conto proprio,ma probabilmente l'artificio cancelleresco fu analogo dapper-tutto e in arte sCis irò a uellOcne, qualche decennio opiuttosto un secolo prima, aveva dato la sua impronta allelitterae caelestes: l'esa erazione dei contrasti di dimensionefra lettera e lettera o fratratti costitutivi di una medesimalettera; e vi aggiunse anche il radc!Iizzamento della serit-

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I papiri latini

Ma o uanto meno fissò l'andamento verticale che è cc-;-une ai papiri pervenutici del secolo IV e non si trova piùnel V: la differenza consisté nel fatto che mentre le litteraecaelestes erano artite da una base formata dalla maiuscoladei a iri si arti ora ~ minuscola corsiva usuale. cO-mune fu dunque la base, e analoghi dovevano essere i risul-tati. In un frammento di papiro (Ranieri 23, E.L. 36), at-tribuito all'anno 400 circa e proveniente dalla cancelleriadel prefetto dell'Egitto, si ha una scrittura diritta, artificiosa,9i,grandi dimensioni, con lettere allun ate e le ature innatu-rali occhielli delle e assai piccoli, a e u, ure assai iccole,in alto. Qualcosa di sirnile, anche se meno calligrafico, sivede nelle formule rituali della editio gestorum dei papiriravennati (p.e. TIADER4-5, fase. ivi, tavv. 30-34 e, parzialmen-te, E.L. 37, del 552 circa, proveniente dalla cancelleria delpraefectus praetorio per Italiam), nel così detto «papiroBirtini » (MARINI 72, fase. Cbartae latinae antiquiores, I,Lausanne, 1954, in grandezza naturale, e TJADER,cit., tav.160, ridotto). In questi due ultimi si può altresì notare unatendenza al contorcimento delle aste, che avrà i suoi svi-luppi altrove e in altri tempi e che, esagerata, dà vita aun altro artificio, il ghirigoro, cui si fece ricorso in casi s e-ciali, come, per ese7npio, i protocolli -di-alcuni papiri raven-nati della fine del V e del principio del VI secolo, che hannosfidato per secoli l'abilità di tutti i paJeografi e solo nel1952 il Tjader è riuscito a decifrare.

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IL PARTICOLARISMO GRAFICO MEDIEVALE

Come è noto, il disfacimento del mondo romano èun processo che s'iniziò assai prima e si concluse assaidopo il 476, termine convenzionale per il principio delMedioevo. I sudditi romani dei dominatori barbariciconservano ancora abbastanza a lungo, sia pure a unlivello via via paurosamente decrescente, la vita e laciviltà dei loro padri, divenuta anche ormai la civiltàdella loro Chiesa. Perciò la latinità, nel campo paleogra-fico come in quello più comprensivo della cultura, so-pravvive alla perdita del centro comune, ~n~rta dicomunità graficaJra i re ni nati dallo sm~mbramentodell'Impero si conserva almeno sino alla metà del se--;;ol-;-V1. Continuano così la loro vita da una arte le~r;-~nizzate, con le ior~ reg;leflsse; dall'altrala minuscola ~ntica e la minuscola corsiva, usate er le~renze uotidiane.

Tuttavia uesta comunanza fondata sulla sola tradi-zione e non iù nutrita di scambi continui, ha in séoramai i germi di una differenziazione, o, forse meglio,di uno svolgimento geograficamente ramificato: e questigermi si svolgono rapidamente allorché la irreparabilitàdella caduta del mondo romano è resa evidente a tuttidal fallimento della ri . icazione dell'1m ero tentata daGiustiniano. Ad essa, che ha per conseguenza la definì-tiva sottrazione dell' Mrica ,alla civiltà latina, fanno ri-

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Il particolarismo grafico

scontro in Italia l'invasione longobarda, in Gallia la siapur rovvisoria unificazione del re no franco sotto Clo-t;-rio I, in Is a na l'unificazione definitiva di uello vi·si oro operata da Leovigildo; e in ciascuno di questiregni s'inizia allora il processo che in pochi secoli, ancorprima di ricevere una sanzione politica, li trasformeràin nazioni.

Di questo grandioso processo noi dobbiamo coglieresolo l'aspetto culturale, e di questo aspetto solo gli ele-menti che contribuiscono a spiegare la storia dello svol-gimento della scrittura: la quale, peraltro, assume oravalore 'assai significativo perché scrivere significa ormaiscrivere per grammaticam, in latino; e a scrivere imparasolo chi sia me in crrado elementare deve studiare la!in ua letteraria erché il latino voI are non si scrivee le lin ue volgari in formazione dovranno 'attendere~o~ secoli rima di assur ere alla di nità di lin uescritte.---ciò significa che, annullata ormai la classe dirigenteromana, centrale e locale; scomparsa l'utilità dello studiodella retorica e dell'eloquenza come mezzo di partecipa-zione alla vita pubblica; ridotta la vita sociale a unaelementarità che esclude qualsiasi raffinatezza; privi diesigenze culturali ed ancor quasi selvaggi i barbari, duesoli ordini di persone rimangono de ositari di ist~alla cui soddisfazione è necessario l'uso della scrittura:li uomini di legge e . li ecclesiastici.

Tra i rimi possiamo com rendere, in largo senso,anche coloro che formavano le cancellerie dei re barbari ,resso i uali la necessità dell'uso della scrittura si fece

sentire non a pena, cessato il furore della con uista, funecessaria una _or$anizzazione giuridica e amministrativadel paese occupato. Ma non dobbiamo dimenticare nem-

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meno, più in basso nella scala s~i~le i gi~dic~ e. i no-tai o comunque gli scribi pubbliCI, depositati di unaistanza documentaria, insopprimibile fin dal principioper la popolazione romana e sùbito estesa. ai barbari,quando, a partire dal secolo VI, le loro leggi furono re-datte in iscritto e i loro giudizi e i loro negozi, relativiormai a sistemazioni permanenti di questioni di proprie-tà terriera, ebbero necessità di conservazione a tempoindefinito. Dove costoro im arassero insieme con lascrittura, le ne<;!:ssarieco nizioni ·uridic~e. olt~e chelinguistiche, non è ben chLa.!?: le scuole nnci ali dove-vano essere resso le corti re ie: a Compiègne, a Sois-sons o a Quierzy per i Merovingi, a Pavia per i Longo-bardi, ma scuole minori a og iate o no a uelle_eccle-siastiche e addirittura scolette ridotte al semplice inse-~en;o dato da u~aio, da un curiale, da u~crib~pubblico al suo sostituto e futuro successore dovevanoesistere un o' da et tutto. Le cancellerie ma ziori ela-borarono ben resto una ro ria e s ecifica scritturacancelleresca, imitata dalle maggiori curie cittadine; i.semplici scribi si limitarono all'uso, eredg,ato dall'etàrecedente della minuscola corsiva. Senonché, cessati o

largamente ridotti gli scambi culturali a largo raggio,uella corsiva rende atte giamenti e sviluppi diversi

nelle varie regioni7, talora, addirittura nelle varie lo-calità: sicché dall'originario ceppo unico si svolgono va-rie corsive «n u o v.e» che si usa distinguere col no-me del paese in cui sono impiegate: così, per esempio,nei secoli VI e VII, accanto a ~generica corsiva nuo-

y ~a dell'Italia settentrional~, si possono segnala~e unacorsiva lombarda, una corsrva veronese, una corsiva ra-vennate una corsiva lucchese, ecc. Con ciò, naturalmen-te, non' s'intende dire che si formino veramente diver••i

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Il particolarismo grafico

generi scrittorii: si tratta di sem lici varietà ocali diuna scrittura unica, la minusco a corsiva, che si suoledistinguere per sod is are non tanto esigenze metodichequanto esigenze pratiche. -

Dell'istanza letteraria riman ono invece de ositarili ecclesiastici, a leggere i libri liturgici, a intendere, a

spiegare, a insegnare le Scritture e le opere dei Padridella Chiesa, e a comporre essi medesimi sermoni edomelie. A studiare occorrono libri e s arita l'antica edi-toria, libri non si hanno se non si trascrivono. Nascono

70sì li seri toria monastici e vescovili che hanno sedepresso le scuole più importanti, anzi, in certo senso, so-no essi medesimi le scuole, e raccolgono presso di sébiblioteche, composte di codici antichi di diverse pro-venienze e di codici nuovi via via trascritti dagli serip-tores.

Gli seri toria costituiscono uasi tante isole di cul-tura, più o meno grandi e importanti, più o meno fitta-mente sparse entro vasti territori incolti; e l'elabora-zione della scrittura latina vi si frammenta e vi si diffe-renzia. A arte la ca itale e l'onciale chiuse nella lorocanonizzazione, nell'Euro a continentale ciascuna di uel-le isole aveva ereditato da una arte la minuscola cor-siva, dall'altra l'onciale insieme con le forme rafichedella minuscola antica, ivi comyresa la semionciale; nonperò quella matrice comune dell'una e delle altre- che,nel mondo romano, era la scrittura « normale» del tem-po. La differenziazione locale della corsiva, che partedalle forme stesse di quella scrittura e non più dai lorodimenticati archetipi un tempo esistiti nella « normale »,fa si che ora la corsiva, anzi le varie corsive nuove e lalibraria, anzi le librarie non siano iù sentite come duearticolazioni arallele di un unico complessg grafico ma

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E.iuttosto come forme diverse, distinte e. fors~ anch: anotitetiche: sicché il problema della canomzzazione di unascrittura libraria minuscola, ~ià implicitamente risoltonell'età romana si ria re nuovamente con termini mu.tati e con impostazione forzatamente particolaristica.

Ogni scrittorio, anzi forse ogni scritto~od ogni ge-nerazione di scrittori del medesimo scrittorio, va in cercadi una minuscola libraria, della ro ria minuscola libra-l.lli: e ~er ra iung~, ~ muove dalla corsiva, traccian.dola con mano posata e calIigrafizzando a nei suoi ele-menti, o muove dalle librarie già esistenti (generalmen-te all'oriciale piuttosto che dalla semionciale) traccian-o e con mano più corrente, rompendo il loro canone e

inserendovi lettere di altri a abeti. uestl tentativi ta-lora si fermano da una parte allo stadio di scritture sern-licemente s e m i c o r s i v e e dall'altra a quello di

onciali e semionciali correnti e miste o r u s t i c h e ;talora, invece, raggiunoono un e uilibrio e un risultato,dando vita a minuscole librarie svariatissime, che si èconvenuto chiamare p r e c a r o 1i n e e specificare colnome dello scrittorio in cui sono state elaborate odello scrittore che le ha create o anche, talvolta, con laindicazione di alcune lettere caratteristiche. A loro vol-ta, codeste precaroline possono esaurirsi così rapida-mente come sono nate e scomparire senza lasciar trae-

__cia, ma possono anche elevarsi a t i p i , allorché illoro uso permane per qualche tempo o si estende fuoridello scrittorio nel quale sono state elaborate.

Tuttavia, uesto anorama di articolarismo scritto-rio esas erato, di elaborazione disordinata dell'ereditàrafica romana non è comune a tutto l'Occidente: esat-

to per l'Italia (anzi a artire dalla fine del secolo VIII,_per la so a Italia settentrionale e centrale), per la Fran-

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da per la Rezia, per la Bor o na, per la Germania o~1iOYer quella parte de a Germania che~ rimastasotto l'influsso della cultura latina cioè, in definitiva,per le re ioni renane lo è molto meno per i paesi piùeccentrici dell'antico Impero romano e Isole britanni-che, la penisola iberica e, più tardi, anche l'Italia meri-aronale) ove, attraverso proce ì diversi, non sempre fa-cili a seguirsi e ancor più difficili a motivarsi storica-mente, gli scriptoria locali si accordano nella formazio-ne e nell'uso di scritture librarie canonizzate, minuscoleo mmuscoleggianti, variamente dedotte dalle romane,estese a tutto il territorio occupato dalle rispettive na-z10nilità in formazione. Queste scritture, che a causaella loro caratterizzatissima canonizzazione attrassero

per lungo tempo in modo quasi esclusivo l'attenzionedei paleografi e furono credute segnare il momento cul-minante dell'evoluzione della scrittura latina nel Medio-evo, sogliono raccogliersi sotto la comune denominazio-ne di n a z i o n a fi , tutt'altro che inesatta e certa-mente da conservarsi, purché ad essa si dia un signifi-cato culturale, riferendola a nazionalità in via di for-mazione e di evoluzione dal comune ceppo della culturalatina, e non un significato etnico, riferito alle sole po-polazioni dei barbari invasori.

In conclusione, il com lesso e vario ..;I..:u;:.;a:,:dr:;.::.::o---:;d:.:e=ll:;.o-..l

svolgimento della scrittura latina nell'alto medioevo of-fre un elemento di continuità, rappresentato _dalla per-manenza dell'uso delle vecchie librarie canonizzate e dal~ comWie della minusCOiiicorsiva, articolato in va-rietà locali; e un elemento di differenziazione, costitui-to dalla formazione di scritture cancelleresche o quasicancelleresche e di precaroline, espressioni varie di untrava Ho unico del filone della scrittura romana. Come

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in concreto e in particolare questi elementi si combininoe si articolino può essere chiarito solo da un sia pur som-mario e necessariamente generico esame su base geo-grafica.

Nelle I sol e b r i t a n n i ç h e l'influenza roma-na -;;rascarsa: l'occupazione, cominciata sotto Claudio,compiuta sotto Adriano e finita intorno al 400 con la«partenza dei Romani », tanto rimpianta nel VI secoloda Gildas aveva avuto carattere militare e commercia-!s. non di penetrazione culturale; l'invasione degli An-glosassoni aveva poi ricacciato nel Galles e nella Corno-vaglia i pochi residui di cristianesimo originario. La cul-tura latina, secondo l'opinione tradizionale, autorevol-mente esposta dallo Schiaparelli, ~ invece trovatoasilo nel corso del secolo V in Irlanda (che non aveva~t~ oc~upazione roman~ove la popolazione _celticaaccolse benevolmente i missionari che portavano il Ver-bo, ~convertl -;1 Cristianesimo, si aggruppò in mona-steri illustri; e dopo poco da evangelizzata ~ fece evan-g~lizzatrice della rossima In hilterra. I monasteri suc-cessivamente fondati dagli Irlandesi prima nella Nor-thumbria, poi nella Mercia, nel Wessex e nel Kent dif-fusero insieme libri sacri e cultura, sicché quando, nel715, ebbe fine il conflitto fra la Chiesa celtica e la ro-mana in tutte le Isole britanniche, ad eccezione dellaScozia, era ormai già diffusa l'arte e la scrittura ir-landese. Nel 1947 il Masai ha sostenuto che ilprocesso fu invece esattamente inverso: culla dell'artee della scrittura insulare sarebbe stato il Northumber-land e di n l'arte libraria si sarebbe diffusa insieme nel-l'Irlanda e nell'Inghilterra meridionale. La sua opinionesi appoggia sulla mancanza di datazioni certe di codiciinsulari prima della fine del sec. VII e su confronti sti-

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listici della loro ornamentazione: è brillante e seducente,ma occorre esaminare come possa conciliarsi coi sicuridati storici, i quali mostrano una precedenza di circaun secolo nell'introduzione del Cristianesimo, del mo-nachesimo e della cultura in Irlanda in confronto del-l'Inghilterra.

Comunque, sta di fatto che i 'primi contatti dellepopolazioni insulari con la civiltà latina furono librarie letterari: librari i primi modelli della scrittura e libra-ria anche l~elaborazione che essi ne fecero. Della qualesono documenti già avanzati il salterio della bibliotecadi Dublino conosciuto col nome di «Cathach» (com-battente) di s. Colomba (t 597) e, secondo una tradi-zione parsa accettabile a molti, da lui stesso trascritto(C.L.A. 266), nonché il Codex Usserianus primus deiVangeli (C.L.A. 271), benché forse scritto a Bobbio, chesi data di solito al principio del secolo VII. Ad evolu-zione compiuta, verso la fine del secolo VII, si è for-mata una scrittura canonizzata calligraficissima che nelMedioevo si indicava col nome di littera; tunsae e che

. so ito si dic;ricalcata"":Sclla semionciale ma commista~on elemen~àli, mentre è forse p~sibile spiegare

iù ac' ente uesta mescolanza facendola risalire di-rettamente alla minuscola antica non canonizzata. Avu-to riguardo alla sua origine, lo Schia arelli la chiama5 e m i o n c i a 1e i n sul a r e mentre il Lowe,- seb-bene sostanzialmente le sue forme corris ondano a u -le de a mmusco a romana, preferisce designarla comem a u o a 1n sua r e perché lo sviluppo delleaste m co ronto e corpo delle lettere è minimo.

. C~a~teristicagenerale di questa scrittura è l'estrema, ma-IU:ratlSSlmacalli raficità la s iccata rotondità, il pesantechlaroscuro verticale, il minimo svilu o delle aste; ~-

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beto è, fondamentalmente, semionciale (con l'eccezione dellaD, ora minuscola ora onciale, della F, della N, della R, della

, rev' entemente maiuscole); e aste ascendenti hanno,all'inizio a o iato a sinistra un caratteristico in rossa-mento a' forma di triangolo col vertice in basso.

(C b V..cl 1=~ ~ 1Jt\:e:r

Fig. 7

Le sin ole lettere iù caratteristiche sono la A la B la Din due forme, la F, la G, la L, la N, e altreslla legatura et conil ta '0 della t orizzontale anziché ob' uo come nelle scritturecontinentali (vedi fig. 7). Splendidi esempi di maiuscola insu-lare sono l'evangeliario di Lindisfarne o «Book of Du-rham» (tav, VIID, del principio del sec. VIII (C.L.A. 187)e il codice dei Vangeli detto « Book of Kells» del sec. VIII-IX (C.L.A. 274); ma non possono essere dimenticati il Codexs. Ceaddae dei Vangeli, della prima metà del sec. VIII (C.L.A.159); il Vangelo di Mac Regol, del sec. VIII-IX (C.L.A. 231);l'Evangeliario di Canterbury, della fine del sec. VIII (C.L.A.214). La maiuscola insulare_puÒ avere tratteggiamento «ru-stico », come, per esempio, nell'Orosio ambrosiano del VII

~ (C.L.A. 328), nel Liber pontificalis della Chiesa diSherborne, della fine del sec. X (STEFFENSJ71a) e in altri co-dici: comunque, in ambedue le varietà il suo periodo dimassimo splendore è nel secolo VIII. Nel IX i manoscrittisi fanno più rari, nel X sono eccezionali.

L'economia grafica imponeva peraltro, che, accantoa questa scrittura di lusso se ne form~ una .Riù ra-

ida mane evole economica: e fu la m i n u s c o l ai n sul a r e detta dagli inglesi pointed hand, derivata,secon o o Schiaparelli, da sviluppo spontaneo ed esa-gerazione del tratteggiamento della maiuscola rusticapiù antica (p. e. quella del «Oathach »). mentre il Ma-

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sai, per il quale la maiuscola è creazione inglese, pensapiuttosto a una derivazione diretta dai modelli romanielaborata nei monasteri irlandesi. In realtà, a una con-nessione con modelli romani in minuscola primitiva di-versa dalla semionciale potrebbe accennare la caratteri-stica ~ isa di n con la prima asta allungata in basso,che si può confrontare con quelle di P. Oxy. 668 (C.L.A.208), di P. Ryl. 61 (C.L.A. 224), di P. Ryl. 478 (C.L.A.227), di P. Ryl, 472 (facs. ivi e KIRCHNER, 4 b), ecc.

Carattere fondamentale della minuscola insulare (litterascottica) è il tratteggio manierato delle lettere con occhiellie archettf molto acuti, con aste discendenti molto rolun~te,con il chiaroscuro di regola uasi orizzontale con il carat-teristico in rossamento a tri 010 rovescialto all'inizio delleaste su eriori con le ature s ecialiJ diverse da quelle dellescritture continentali. Per quel che riguarda le singole let-tere, si veda alla figura 8 (LE in cin ue forme, , ,r, s, 2.

1.~ ~p 9~ ~çs· 1p{- ti ,.-yJ" 7· Ot,.

Fig. 8

~ture con i; 3. legature con s· 4. le ature ma mu mo, tio;5. le ature nit vit e dit con il'asta ta liata e valore di com-~dio per dicit; 6. nesso di et tironiano (a forma di 7) con rnel com endio per et reli ua; 7. nesso or).

La minuscola insulare era ià formata ne li anni 680-691,data sicura dell'antifonario di Bangor, ora alla biblioteca Am-brosiana di Milano (C.L.A. 311). Al periodo del suo mag-gior fiore, cioè ai secoli VIII e IX appartengono codicibellissimi fra i quali potranno essere ricordati lo «stowe

issal », irlandese e il «Book of Nunnaminster », inglese(C.L.A. 268 e 199), il «Book of Armagh» (C.L.A. 270), il

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Prisciano sangallese (STEFFENS 50a e nostra tav. IX). Nelcorso del sec. X, sotto pun o o della concorrenza dellaCarOlina, la minuscola -insulare da una parte si arrotonda al-

uanto, ma dall'altra irrigidisce ancor iù la sua maniera ene escono codici come 1'« Exeter Book» (N.P.S. 9), il salto,rio di Salisbury (P.S.I., 189), ecc. Questi caratteri continuanoancora nel secolo seguente, ma con l'invasione normanna

! la scrittura insulare scom are in In~hilterra,~stituita dallaminuscola carolina. Continua, invece, in Irlanda, ove eranostate conservate le forme acute che ora, per reazione, si irri-gidiscono e si accentuano con esagerazione del canone, giun-gendosi a stilizzazioni estreme come quelle del Boezio lau-renziano, del secolo XII (BARTOLONI,34) o del salterio diCoupar-Angus, del sec. XII-XIII (EHRLE-LIEBAERT,24) cheè forse l'ultimo codice insulare di notevole importanza an-teriore alla scomparsa di questa scrittura anche in Irlandao nei centri strettamente collegati con !'Irlanda.

La scrittura insulare (che in atria nella sua forma mi-nuscola, fu usata ~he- er i documenti) ebbe notevole dif-fusione anc e nel continente, ove fu ortata dai monaci ir-landesi i quali, animati dal medesimo spirito missionarioche li aveva spinti nel secolo VI ad evangelizzare la Nor-tumbria, la Scozia e !'Inghilterra, nel successivo varcano ilmare e fondano, in Francia, in Germania, in Italia monastericome quelli di Luxeuil, di Corbie, di Péronne, di S. Gallo,di Bobbio che divengono in breve centri culturali di gran-dissima importanza, donde i peregrini scotti restituisconoal continente quella cultura classico-cristiana che dal con-tinente avevano ricevuto due secoli prima. Si ha così un no-tevole gruppo di codici continentali in scrittura insulare, frai quali si potranno ricordare I'Orosìo ambrosiano D. 23sup. (C.L.A. 328) o il s. Agostino torinese A. II 2 (C.L.A.441), bobbiesi del secolo VII; il codice parigino 9382 deiProfeti (C.L.A. 577) scritto a Echternach nell'VIII; il Co-lumella ambrosiano L. 85 sup. (STEFFENS,54b), scritto alprincipio del sec. VIII a Fulda," ove la minuscola insulareera usata in quell'epoca anche per il cartulario del convento

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~TEFFENS 54a); e ancora tra il 1069 e il 1082, a Magonza,iùcune pagine el Chronicon di Martino Scot? sono nell~ me-desima scrittura (EHRLE-LIEBAERT,23). L influenza irlan-dese fu notevole su certi tipi di precarolina ma s?prattuttoebbe importanza grandissima nella formazione del sistema ab-breviativo medievale. -4

Condizioni culturali diverse da quelle delle isole bri-tanniche si avevano, nel V e VI secolo in G a Ilia ,dove la latinità non solo aveva manifestazioni letterarie

randiose --;;;me il so enne crepuscolo della poesia as-sica, che si riassume nei nomi di Rutilio Namaziano, diSidonio Apollinare col suo circolo, di Venanzio Fortu-nato, ma aveva ra iunto diffusione capillare nella vitasociale ed era a poggiata politicamente a una perfezio-nata organi~zione amministrativa. Ciò, tradotto in ter-mrnr grafici, significava non solo .larga diffusione di co-dici in scritture canonizzate o in minuscola Iimitiv!.,ma anche uso corrente e generale della minuscola cor-siva uale scrittura er tutte le occo~e ~ondianeJe robabilissimo uso negli officia del prefetto del preto-rio, dei sei consulares e degli undici praesides che vi ave-vano stanza di una scrittura cancelleresca diversa dal-l'imperiale, ~ei cui caratteri possiamo Torse farci un'idearicordando ciò che si è detto più addietro sulla scritturadelle cancellerie provinciali.

Alloro arrivo, i Franchi non distrussero affatto l'im-palcatura amministrativa romana come faranno più tardii Longobardi in Italia: se ne imEadronirono essi eser-citandone le funzioni o direttamente o per mezzo di col-laboratori galloromani, specie ecclesiastici, che Clodoveosi era facilmente acquistati con la sua diretta conversio-ne dal paganesimo al cattolicesimo, in grazia della qualepoteva sembrare il difensore della Chiesa romana di

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fronte alle altre popolazioni barbariche, gra cnstiane datempo ma ariane, che del loro arianesimo facevano unareligione nazionale opposta e contrastante al cattolice-simo dei Romani vinti ed oppressi. Naturalmente, è im-possibile oggi seguire il Fustel de Coulanges e il Pirennenella ardita affermazione che il governo merovingico eraper più di tre quarti la continuazione di quello dato allaGallia dall'Impero romano, perché ben diversa cosa sonoin realtà, la perfezionatissima burocrazia romana e lamodesta amministrazione del regno franco: tuttavia sem-bra assai probabile che la cancelleria regia si sia inn~ta sull'officium del refetto del retorio o comun uemodellata su esso, e ne abbia altres1 assunta la scritturas eciale. c- ~

Su questa base - quella di una minuscola corsivagià cancellerescamente atteggiata - essa deve aver ben*' presto lavorato, esagerandone l'artificio, cercando di dif-ferenziarla dalle altre cancellerèsche provinciali forse an-:.ora in uso nell'Impero con l'imprimerIe spiccati cara t-ten .stintivi e con l'imporIe un canone specialissimo.Si giunse così, probabilmente assai presto, alla forma-zione di una nuova scrittura cancelleresca canonizzata al-la uale molti secoli do o i a1eo rafidcti:er~ nomenon ingiustificato, di m e r o v i n i c a (tav, X). Ess~è usata anche per la corrispondenza con le oche autoritàlocali rimaste, alle quali non è fatto divieto di usarIa aloro volta~cos1 la merovin ica formatasi artificiosa-mente nell'àmbito del alatium, si diffonde ed è imitatanegli uffici rovinciali, cioè, per quanto ci è dato sapere,~oprattutto nelle curiae divenute ormai solo uffici diredazione e registrazione di documenti privati. E oiché

robabilmente da esse uscivano o in esse si formavanoe si educavano i rimi notai salici e cancellieri ripuari,

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attraverso uella via deve essersi com iuto il secondoassO: l'estensione dell'uso della scrittura cancelleresca

regia at;rtti i documenti scritti nel re no dei Franchi. Efu estensione meccanica, senza mutamenti né adattamen-ti degni di rilievo, sì perché questa scrittura era uscitadalla cancelleria già chiusa in un caratteristicissimo ca-none che era difficile rompere, e si perché, divenuta laFrancia per gran parte paese di droit coutumier, l'esi-genza della documentazione scritta era poco sentita, equindi l'uso della scrittura a tale scopo relativamentepoco intenso.

Occorre dire subito che del processo descritto, per quantochiaro e convincente possa apparire, non si hanno provesicure, e sono possibili altre, diverse e forse inverse ipotesiche, per non essere ancora state sufficientemente elaboratenon è qui il caso di esporre. Fatto certo è, peraltro, chetutti i di lomi a noi ervenuti dei re merovin i (sono 38,dall'anno 625 al 717-722, e tutti pubblicati in facsimile fo-totipico da LAUERe SAMARAN,Les diplàmes originaux desMérovingiens, Parigi, 1908) sono in uesta scrittura che via are canonizzata sempre ugua e e già formata fin dall'ini-zio; e che anche le carte rivate er le uali si ossonovedere i facsimili non foto rafici, di LETRoNNE,Diplomataet chartae merovingicae aetatis, Parigi, 1848 e TARDIF,Ar-chives de l'Empire, inventaires et documents facsimilés dechartes et de diplàrnes mérovingiens et carlovingiens, ivi,1866, sono parimenti nella medesima canonizzatissima scrit-tura.---C;;me caratteristica fondamentale della merovingica sisuol segna are un aspetto generale «compressione late-rale» il quale in realtà sembra rodotto necessario del-l'artificio cancelleresco dell'allun amento delle lettere e con-seguente restrin imento de li occhielli e dellecurve. L'esage-razione dell'altro artificio cancelleresco consueto che è il rad-drizzamento della corsiva naturalmente inclinata porta a una

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l~ ature st:e,tte e numerose, non hanno sempre caratteredi spontane~ta, m~ s esso sono irre olari forzate e artificio-~ Caratteri tutti ~h.e.accennano, con un artificio sovrap-posto a un alt:~ artificio, a una canonizzazione cancellerescada una base gia cancellerescamente stilizzata

Si giunse così a rappresentare - dice lo' Schiaparelli _co~e elemento a sé la Jineetta unitiva fra due lettere: valea dire c~e la le atur~ è talvolta impropria ed apparente. Perquanto riguarda le singole lettere si veda la figura 9 1 .. Id' ' , ,e SInoti a ~ppla fo.rma di e e di u (posata e dritta); per lelegature SI osservmo quelle di a innalzata (fig 9 2) Il di . , ,ac, ae,a? ; que e e con J'occhiello staccato e rimpicciolito, quelledi r acute.e qu~~e di s tonde (fig. 9, 3, be, ce, re, ri, ro, sp)e quella, di u ?lrma ~on o crestata (fig. 9, 4, quod).. ~ell :rso dI 1~?!~~~!I~carte pubbliche e private) la mero-

Vl~gIC~sl~n~tto il territorio sotto influenza franca:quindi, oltre ,che alla Francia propriamente detta, anche allaBor ogna~ alI ~emagna, alla Baviera e, per un certo tempoan~e alla R~zla e all'Italia nordoccidentale) per la quale sipuo vedere Il documento di fondazione dell'abbazia dellaNovalesa, del 726 (FEDERICI, 14). Per quanto riguarda i

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limiti cronologici, essa è usata, oltre che nella. c~celle~iamerovingia (esempio tipico e noto il giu icato di Clùl erICOrrrpér t. Denis del 6?5, V. STEFFENS,28 ~ co~plet?,. E.~.38) anche in uella del Caro Ingl,C!aPlpInO (cf. 11privilegioper' Fulda d:l 760 in STEFFENS,40) a Car1oma~no (v. il pri-vilegio per il medeSImO monastero, del 781, 10 STEFFENS,~ e a Lodovico il Germanico (v. il privilegio per prete Otul-lodi Pfohren, dell'856, STEFFENS 59). A guest'eeoca ha giàsubito forti influenze caroline, sia sostanziali (nella forma dialcune lettere) sia forI;;ali (nell'allineamento e nella regola-rità); da allora in poi, come si dirà più avanti, si potrà par-lare di via via meno forti influenze merovingiche sulla minu-scola diplomatica della cancelleria piuttosto che di persisten-za della merovingica pura.

La scrittura nazionale franca è, dunque, al contrariodella anglosassone, essenzialmente documentaria, an;_lleresca. Ciò lasciava aperta la grossa, vecchia que-stione della scrittura libraria che, prossima alla soluzio-ne nel mondo romano, era stata respinta in alto maredalla frattura dell'unità grafica latina e da allora in poiera stata oggetto della ricerca delle singole scuole scrit-torie. Esse continuavano ad usare 1;maiuscole canoniz-We(basti citare i molti manoscrittionciaiiattribuibili~scrittorio di Lione, v. Lowa, Codices Lugdunensesantiquissimi, Lione, 1924, tavv. 2-4, 6-20, 23-26, 28 esgg.), ma, a partire quanto meno dalla metà o dalla finedel sec. VII, la esigenza di u~rittura più economicae di lettura meno faticosa s'impone anche in Francia.Sfhanno tentativi di calligrafizzazione della scritturacorrente che in qualche luogo (p. e. Tours, v. l'Eugippiopar1gInO n. a. 1575, C.L.A. 682, o il Gerolamo di Épinal149, C.L.A. 762) partono non già dalla minuscola cor-siva il cui uso in Francia doveva essere ormai sparito nelsecolo VIII, ma dalle semicorsive o dalle minuscole pri-

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rmtive di codici di tradizione romana; altrove, invece,partono da tracciati cancellereschi già artefatti, e ne na-scono codici come il famoso Avito papiraceo pariginodel secolo VI (C.L.A. 573), che ha indotto molti a so-spettare già in quell'epoca un avviato processo di ca-nonizzazione della merovingica, di cui quel manoscrittosarebbe un documento riflesso. uesto processo in mol-ti, anzi forse nel più dei casi (specie negli scrittorii dellaFrancia centrale e meridionale), dà luo scritture in-dividuali, ma qualche volta anche alla formazione di tipidegni di essere particolarmente distinti.

Sotto questo riguardo, particolare attenzione deve es-sere dedicata agli scrittorii, di fondazione irlandese, diLuxeuil e di Corbie. A Luxeuil, nella seconda metà delsecolo VII, appare una scrittura stilizzata, legata, calli-

rafica, di evidente derivazione merovin ica con la aaperta le cui curve tendono a spezzarsi angolarmente, lae strozzata con la base arrotondata che nelle frequentis-sime legature a destra assume fi ura uasi di un 8 lelegature con t molto strette, nelle quali la t p'rendeforma uasi di E (fig. l O, 1). La localizzazione e ladatazione di questa s c r i t tu r a d i L u x e u i 1(scriptura Laxooiensis sono assicurate da un manoscrit-to delle Omelie di S. Agostino appartenente alla colle-zione di Pierpont Morgan, n. 334, che reca la sottoscri-zione «apud coenobium Lussovium », nell'anno XII diClotario III, indizione XIII, il che corrisponde all'anno669. Il Lowe, nella importantissima prefazione al VIvolume dei suoi preziosissimi Codices Latini Antiquio-res, in grazia dei quali solo comincia a esser possibileuno studio sistematico delle precaroline, enumera 30codici, interi o frammentari, scritti totalmente o parzial-mente in questa scrittura, e fra essi noteremo il s. Gre-

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orio della capitolare di Ivrea, scritto, a quanto pare,~er Desiderio, vescovo di quella città alla. fine .del secoloVII (C.L.A. 300 e nostra tav. XI), il Lecttonarzum Luxo-viense di Parigi 9427, del secolo VII-VIII (C.L.A. 579),il codice dei Moralia di s. Gregorio della capitolare diVerona XL (38), pure del sec. VII-VIII (C.L.A.479), ecc.

Nel corso del sec. VIII, a uanto are uesta scritturacade in com leto disuso. Sembra eraltro che ad essa ossaconnettersi un'altra stilizzazione della merovingica, caratteriz-

zata dalla a a erta an olare a guisa di " e dalla z alta so rae sotto jJ ri o in uattro tratti (fig. 10, 6), indicata dai pa-leografi come scrittura a-z di Laon sebbene la sua localizza-zione, per quanto pro à1)' e, non SIa del tutto sicura. Fucerto meno importante e diffusa della Luxoviensis, e il Lowene segnala solo otto codici, fra i quali potranno essere ri-cordati il s. Agostino di Parigi 12168 (C.L.A. 630; E.L. 65);il s. Gregorio di Londra, B.M. 31035 (CoL.A. 174); l'Orosiodi Laon 137 (C.L.A. 765), tutti della metà o seconda metàdel sec. VIII.

Nel corso del secolo VIII il posto d'avan ardia nellaelaborazione della scrittura libraria in Francia assa al ma-

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Fig. 10 p..(" vfl c.~0 ( ~ ~ rG )

~ero di Corbie, filiazione di uello di Luxeuil, salito agrande splendore nella seconda metà di quel secolo sotto ilreggimento successivo degli abati Leutcario (vivente nel765), Mordramno (t 780) e Adalardo, zio di Carlomagno.

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Alcuni codici or4nati dal rimo di essi (p.e. il s. Ambrogiodi Leningrado F. v. 1. 6, facs. LINDSAY,in «PalaeographiaLatina », fase. I, Oxford, 1922, tav. 3) sono in una minusco-la rossa avente er caratteristica la N maiuscola con l'astatrasversa quasi oriz~ontale ~ uasi ;wata sul rigo: que.Sta scrittura, designata in genere col nome di « tipo di Leur,cario », non ebbe grande influenza sul successivo svolgimentodella scrittura a Corbie, ma è tuttavia importante perchédocumenta un nuovo indirizzo scrittorio, quello del ritornoalla elaborazione della minuscola antica anzi robabilmentedella sua calli rafizzazione semionciale, che gli fornisce labase e quasi tutte le lettere e che era sconosciuto a Luxeuìl.In questo indirizzo, un ulteriore e lungo passo in avanti ècompiuto sotto Mordramno successore di Leutcario, ai cuitempi fu scritta la maggior parte di una rande Bibbia in12 volumi (ne rimangono cinque nella biblioteca di Amiens,6, 7, 9, 11, 12, C.L.A. 707) in una minuscola gJossa, ca-ratterizzata dalla doppia form~della N (maiuscola e minu-~ola) e della A (minuscola aperta e onciale), dall'uso della ypuntata insulare e soprattutto da grossi nodi al principio delleaste discendenti di f e di s (fig. lO, 3) alla quale è statodato il nome di « tipo di Mordramno ». Essa è così vicina allacarolina che molti paleografi si rifiutano di farne un tipoautonomo, e lo stesso Lowe ritiene si distingua dai più an-tichi esempi di carolina della scuola di Tours per il solofatto che mette in evidenza soprattutto le aste dritte men-tre gli scribi turonensi mettono in evidenza soprattutto i trat-ti curvi.

Le scrl!ture di Leutcario e di Mordramno rappresentanoun tentativo di trarre una scrittura nuova dalla rielabora-zione della semionciale. Ma accanto ad esse e assai più in-tensamente di esse erano in uso nel medesimo monastero altredue scritture diverse, che ripetono altrove la loro origine.La- più antica di esse (circa metà del secolo VIIIl è una se-micorsiva, caratterizzata dalla a aperta e d uso costantedélla N maiuscola di una e non occhiellata, co~m io svi-luppo della base arrotondata e tratto superiore spinto in

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Il particolarismo grafico

alto, terminante ~on un in ro amento (fig. io, 4), e desi- ~ .\gna1:acol nome dl_< tlQo e-n l. È chiaramente mdl endente Ndalla merovingica, e porc énella Francia settentrionale, a quel-1'epoca, della .min~sc~la corsiva romana si e:a p:rduta ognitraccia, non SI puo ricollegarla che alle seID1COrSlVeromanedel IV-VI secolo, facilmente conservate in codici evidente-Uleilte pervenuti alla biblioteca del monastero. Da una ac-curata e ricercata stilizzazione della merovingica nasce inve-ce la scr~ttura ~~rbeiense più c?ratteristica, nata forse quan- ./j._do ormai era gla formata la minuscola carolina e usata, an- ["che ~i primi due o tre decenni del secolo IX in tropp9t..~'"ineguale concorrenza con essa. Le sue lettere più caratteri~stiche (una a simile a una i accostata da una c e una b contrattino. o:izzontale .3W-0ggiato all'~sta) le hanno fatto dar~il nome di « ipo a-:rJ~, ma notevoli sono altresì le forme dic, e, r p, 0, (cf. fig. lO, 5); ha tratteggiamento elegante, sot-tile e ricercato, nel quale si riconoscono agevolmente influen-ze insulari. Se ne conoscono 35 codici, sparsi un poco pertutte le biblioteche d'Europa, fra i quali si potranno ricor I,dare il Venanzio Fortunato di Leningrado F. XIV. I + Parigi ~!13084 (C.L.A. 650), il Passionario di Torino n.v. 3 (C.L.A.446 e nostra tav. XII), l'Ambrogio di Cambridge, c.c.c.193 (C.L.A. 124), ecc.

Non è qui il caso di soffermarsi su altri «tipi» ricono-sciuti da alcuni paleografi (tipo l, es. nel s. Gregorio di S.Gallo 214, C.L.A. 924; tipo h o di Borgogna, es. l'Origenedi Lione 402, C.L.A. 770) che si sono rilevati poi classiartificiosamente formate in base a una caratteristica unicapiuttosto incerta. Maggior consistenza ha, invece, un'altrastilizzazione della m~ingica conosciuta come « tipo b »perla caratteristica del trattino appoggiato all'asta di questa let-

~ra, ,!!la identificabile anche, più che per l~ a a forma dio e c accostate, comune a molte precaroline non solo fran-cesi, per lo strano arricciamento della rima asta di questa~ra in le ature come a ,ap' ecc. (fig. lO 2). Non se neCOnosconomolti codici;8i possono citare il Sacramentario ge-Iasiano vaticano Regin. 316 (C.L.A. 105), il s. Gregorio e s.

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Paleografia latina

Agostino di Atun 20 (C.L.A. 719); i Vangeli di Montpellier3 (C.L.A. 791).

A artenenti a un medesimo ambiente culturale eolitico e uindi strettam~ collegati a uelli francesi

e parimenti soggetti in larga misura a influenze insulari'sono gli scrittorii g~anici, fra i quali, oltre gli antichicentri romani di Colonia, Magonza, Ratisbona, Augusta,sono da ricordare i monasteri di fondazione medievale,come quello di Reichenau, quello di Fulda, quello diLorsch, quelli di Pfafers, Murbach, Stavelot, Freisingen,ecc. In questi scrittorii si lavorò molto e molti codici inessi prodotti sono giunti sino a noi: se ne possono ve-dere abbondanti saggi nei volumi VIII e IX dei C.L.A.dedicati ai manoscritti conservati nelle biblioteche tede-sche. Ma le precaroline che vi si elaborano, ancor più diquanto si ~drà i~ti succedere in Italia, rimangonosemplici scritture individuali, per lo più dure e pesanti,~che quando (com~uccede nella massima parte deicasi) si liberano da molte legature corsive. Anche dopole molte accertate o assai probabili localizzazioni di queimanoscritti fatte dal Lowe e da altri non è stato possi-bile riconoscere un tipo grafico specifico dell'uno o del-l'altro scrittorio. Unica tendenza grossolanamente comu-~ a tutti sembra, forse, quc:,llaverso lo svolgimento diforme analoghe a quelle che - più fini, più eleganti,più leggere - saranno poi peculiari della minuscolacarolina. - - ----Diver;-;mente, invece, accade nella Svizzera ove giàdal Traube era stato identificato un particolare tipo discrittura che egli chiamò «~tica» (tav. XIII) e che lericerche successive, soprattutto per merito del Bruckner,benemerito editore degli Scriptoria medii aeoi Heluetica(voll. 8, Ginevra 1935 sgg.) hanno successivamente con- t84

Il particolarismo grafico

dotto a distinguere in due varietà, la r e t i c a c u -r i e n2-e vera e propria, usata neHa re ione di Coira,cioè in quella che ai tempi romani era detta Rhaetia pri-ma, e la scrittura a l a m a n n i c a I usata~allo,a Reichenau e, in genere, nella regione intorno aUagodi Costanza. Il tipo retico, grazioso, elegante, aggraziato,ha la t con ampia ansa e la a simile a due c accostate emostra parentela con ,le scritture precaroline italiane del-l'Italia settentrionale; il tipo alamannico ebbe la suaculla nel monastero di S. Gallo, ove intorno al 760 ope-rò lo scriba Vinitario che, sebbene tutt'altro che buoncalligrafo, fu capo dello scrittorio. Al periodo di Vinita-rio il Bruckner fa seguire quello di Valdo (770-790) poiquello della perfezione, sotto l'abate Gosberto, fino al-1'820 circa: uno degli scribi più notevoli di questo pe-riodo è Wolfcor, attestato documentariamente negli anni817-822. Esempi della scrittura di Vinitario si possonovedere negli Excerpta biblici di S. Gallo 11 (C.L.A. 896;KIRCHNER36b); saggi di scrittura retica nel Sacramenta-rio di S. Gallo 350 (C.L.A. 939) o nella Legge salica diBesançon 731 (E.L. 74), di scrittura alamannica nel s.Gregorio Vat. 583 (C.L.A. 7) o nella Regola di s. Bene-detto di S. Gallo 914 (STEFFENS52a). ~

Ancor più vario e comp esso c e in Francia è lo I

svolgimento della scrittura in I t a l i a nei secoli VII l'

e VIII e nei segueQ,tifino al XII e a XIII. Qui più che .<-r>nr-1C-

in ogni altro luogo la cultura romana aveva permeatocapillarmente tutta la vita sociale, qui o ni ceto della -tpopolazione era in grado di leggere e di scrivere, qui la I~minuscola corsiva, scrittura corrente per tutte le evenien-ze quotidiane, contin~ :id~~ere usata re olarmente,non solo durante il periodo del regno ostrogoto che,culturalmente parlando, è ancora latino, ma anche quan-

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Paleografia latina

do, esauritosi il grande impulso della conquista longo.barda, l'Italia rimane divisa in due distinti territori giu-ridici e diplomatistici: uello l;;n obardo, comprendenteall'ingrosso l'Italia settentrionale (tranne l'Esarcato), laTuscia e il ducato di Spoleto, e quello ro~, com-prendente l'Esarcato, il ducato romano e l'Italia meri-dionale, tranne il ducato di Benevento. In ambedue iterritori l'esigenza documentaria rimane fortemente sen-tita presso la popolazione romana e si estende ben pre-sto anche a quella longobarda, e sua espressione graficaè, naturalmente, la minuscola corsiva, dalla quale per-tanto muove qui l'evoluzione della scrittura.

Come si è accennato più addietro, motivo fonda-mentale di questa evoluzione è la perdita del senso diuna onte comune del sistema grafico corsivo-librario:col che da una parte si riapre su altre basi il problemadella formazione di una libraria minuscola e dall'altradivengono oggetto di sviluppo le forme corsive in sé,senza relazione con altre. ]n questo stadio di svolgimen-to che) .Qer con tra orlo a quello precedente, unitarioe comune a tutto l'Impero, chiameremo della c or s i v an u o va, si hanno processi che, essendo esplicazioni ditendenze ., implicite nelle forme romane, portano a ri-sultati comuni in tutte le parti d'Italia e anche fuorid'Italia; ma, a motivo dell'isolamento, sia pur relativo,nel quale vengono a trovarsi scuole e scolette documen-tarie, si hanno anche, e divengono via via più numerosio addirittura prevalenti, processi locali, autonomi, cheportano man mano a una diversificazione geo ·ca del-la scrittura tale da permettere agli esperti ocauzzaztonire ativamente agevoli di carte non datate.

lipartire dalla metà circa del secolo IX, cioè da quandotutti gli scrittori i dell'Italia settentrionale e centrale adot-

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Il particolarismo grafico

tanO per i libri la_minuscola rotonda o carolina, un altroiiiOtIvo si viene poi ad affiancare a quello della localizzazionenello svolgimento della corsiva nuova italiana: quello dellas~CaZlO e. Come si vedrà più avanti, pelle scuole let-

~~:;:;;;:-'n;C;on s'insegna j>iù se non la scrittura dei libri, laquale, d'altra parte, ha caratteri tali da trasform~i benpresto in ~<usu e» e, so~tituendosi alla corsiY3, aprire unnuovo capitolo nella stona dello svolgimento delle formegrafiche latine: ma questa sostituzione non è tuttavia egual-mente sollecita ed egualmente completa in tutte le partid'Italia. A parte quanto dovrà esser detto più avanti circale scritture del Mezzogiorno e quella cancelleresca della Cu-ria romana, nei luoghi ove invasione lon obarda non v'erastata oppure la lunga durata-della via via sempre più nomi-naIedominazione bizantina e la brevità di quella longobardaavevano permesso per un tempo apprezzabile una qualcheconservazione delle curie cittadine coi loro curiales ed excep-tores o quanto meno una organizzazione dei tabelliones (nuo-va o derivata dalle antiche scbolae che potesse essere), gliscribi dei documenti reagiscono, e er i loro atti continuanoad usare la corsiva nuova, la quale da allora rimane unica-mente e solamente documentaria, intendendosi questa paro- Lbla nel senso più ristretto: diviene insomma notarile o, piùesattamente, curiale o tabellionale. E come scrittura rofes- J.'1~sionale di un ristretto numero di ersone, destinata alla at-testazione di atti rivestiti comunque di una certa solennità,.!"ume atteggiamenti decisamente c~llereschi o quantomeno diviene sempre più convenzionale, artificiosa, stilizzata.

Questo processo si può, se non seguire, intuire sUffICIen-temente per Ravenna esaminando le carte riprodotte nel IIIe neI VII volume dell'Archivio Paleografico Italiano: mastudi, finora mancanti o mal sufficienti, sulla corsiva nuovadelle altre regioni italiane darebbero senza dubbio risultatianaloghi, se non forse altrettanto vistosi. A Ravenna la cor-siva nuova, sempre più dura, artificiosa, manierata, bruttasi Conserva a lungo durante il secolo XII, e pur dando ladebita parte alle notevoli influenze minuscole cui soggiace

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Paleografia latina

nella seconda parte di quel secolo, si può dire che nei do-cumenti si passi direttamente da essa alla gotica.

Particolare svolgimento ha avuto la corsiva nuova a Ro-ma O-diciamo meglio, nella curia pontificia. La mancanza didocu~enti ori inali (lapiù antica bolla pontificia conservataè un frammento del 788) non permette di seguire dalle sueorigini ~ello svolgimento, che ne 78E appare già definiti-~mente con luso con la formazione . una cancefleresca ca-nonizzata la u r 1 a' e r o m a n a usata senza variazioni inMti i documenti pontifici sino al pontificato di Romano com-

"" preso (897); ma una acuta indagine dello Schiaparelli ha per-e, messo di accertare che la sua formazione risale quanto meno

", al secolo VII se non prima. Se poi questa elaborazione siaoriginale o abbia avuto presenti altri modelli, ignoriamo com-pletamente. Potrebbe tuttavia essere suggestivo il confrontocon un papiro della collezione Rylands (n. 609) dell'anno505, pubblicato (con facsimile) dal Brandi nell'Archiv furUrkundenforschung (V, 1914, pp. 269 sgg.), se la Eronun-ciata rotondità e il raddrizzamento della scrittura, il pro-lungamento delle aste~ e sono e ementi e tutto estraneialla minuscola corsiva coeva e che sono comuni, invece, tantoa quel papiro come alla curiale pontificia e come anche, inparte, alla cancelleresca degli imperatori bizantini, potesseroconsiderarsi artifici cancellereschi.

Le caratteristiche generali di questa artificiosa, calligra-fica scrittura di tutte le bolle pontificie Sino alla fine delsecolo IX si colgono bene anche nei facsimili più accessibili(p.e. Leone IV per Ravenna, a. 850, STEFFENS,58; GiovanniVIII per Tournous, a. 876, STEFFENS,62) e consistono nel-l'andamento verticale, nel fortissimo rolun amento delleaste, nella perfetta rotondità degli occhielli e degli archetti.Per le singo e ettere Sl ve a a fig. 11 (1, a, e, q, t, 2.stilizzazioni di e. 4. altra forma di e). Fra le legature, no-tevoli quelle di e con la base quasi orizzontale e I'occhielloalto, acutissimo (fig. 11, 3, et); quelle con i, ora piccolis-sima e ora proporzionalmente allungata (fig. 11, 5: fi, ri, ti);quelle con la t che diviene una specie di d (fig. 11, 6: ta, tu).

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Il particolarismo grafico

\I

di R ~~ . fDal ontifica\..J 1 omano m 01, a .9uanto. pa~e. er ~ :f rto del assa io .della cor orazione dei tabelllOill cittadini~tto l autorità ontificia e della conseguente l?ro confu-

Sione con gli scriniari, la scrittura delle bolle influ~nzata~a corsiva nuova del ta e ioni si impiccolisce e diventa

iù corsiva s ecie nelle le ature pur ,conservand? sostan:zialmente immutate le caratteristiche peculiari del mo~ellidei secoli VII e VIII. Ma così mutata, a sua volta, ~1 so-stituisce man mano alla co~iva nuova delle carte. pnva.te,e se la più antica carta romana pervenutaci (dopo il papiroTjader 18-19, del sec. VII) mostra, nel 947, influenze cu-riali ma non è in curiale, lo è invece una del 972 (facs. HART-MANN, S. Mariae in Via Lata tabularium, I, Vienna, 1895,tavv. 2 e 4 e nostra tav. XIV); a questo punto è ormaicom letamente annullata la diversità fin allora esistente trascrittura curiale delle bolle e corsiva nuova .,gei documenti

~vati--romani, finché, dopo qualche tem o, non si veri-fica nuovamente un .stacco, ma in senso inverso, entrandonelle bolle a minuscola diplomatìca e conservando invece inotai anzi irrigidendo, la loro scrittura curiale. Solo nellaseconda metà del secolo XII, quando ormai era di uso ec-

Fig. Il

cezionale anche per gli' scriniari, questa cede .iJ. campo alla ~minuscola, ma continua ad imporle alcuni suoi elementi ca-ratteristici come la a aperta, che si trova ancora in docu-menti romani dei primi anni del secolo XIII.

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Paleografia latina

In guesta forma ~iù minuta e corsiva, che può esserchiamata c uri a l e ~ u o v ~quando si voglia contrapporlaalla recedente c u r i a l e a n t i c a, sono 'scritte tutte le

~ bolle del secolo X e quelle della prima metà dell'XI : -ma ià.....•.....con Giovanni XIII, nel 967, nel datum, che era di mano del

datario (cioè non di uno scriba di cancelleria) comincia ad.EParire la minuscola carolina, che appare eccezionalmenteanche nel testo durante la prima metà del secolo XI e vi siafferma con Uariforma della cancelleria operata da Leone IXper afternarsi con la curiale durante tutta la seconda metàdel secolo (esempi di bolle in curiale il privilegio di Ales-sandro II per S. Pietro e Paolo di Cremona, J.L. 4687, STEF_FENS, 73; quello di Pasquale II per S. Pietro in CieUd'Oro

"> di Pavia, del 1102, J.L. 5891; STEFFENS, 76) e rimanere}'U0 unica e incontrastata nei primi anni del Xlr,

Nel Mezzogiorno il processo di svolgimento della corsivan~o~a fu anc~ra pi.~ a~ticolaE9 e differenziato J?e~hé le cittàpiu rmportann e lU ricche (Gaeta, Amalfi, Sorrento, Vietri,Taranto) avevano ciascuna la pro ria curia notarile, che~~ man mano in forme cancelleresche la scrittura deidocumenti; e si ebbero così una curiale gaetana una amalfi-tana, una sorrentina, ecc. Particolare importanza ebbe las~rittura_dei notai na oletani, riuniti in corporazione citta-dina, detta ardo curialium, con le sue gerarchie e i suoi or-dinamenti: scrittura con caratteri s ecialissimi e particola-rissime stilizzazioni, conosciuta col nome di c uri a l i s c a ,che ad essa fu dato ufficialmente nella cance erra angù5ifia,ma distinta anche, nel medioevo, con altre denominazioni,come quella di littera langobardisca, usata in un documentodel 1008. Di essa è necessario far menzione, per dare il qua-dro completo della complicatissima articolazione della storiadella scrittura in Italia durante l'alto Medioevo, e occorrericordare come le estreme stilizzazioni del secondo e più ar-tificioso periodo del suo svolgimento, cominciato con la con-quista di Napoli da parte dei Normanni (1137) riducessero~te esp!.essioni formulari addirittura a segni convenzionali,

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Il particolarismo grafico

rendendo imE..ossibllela lettura a chi non fosse iniziato, tan-to che Federico II ne proibì l'uso con una costituzione del1220: inutilmente, perché solo con la decadenza e la disso-luzione dell'ordo curialium nel secolo XIV cessò di essereusata. Ma sarebbe inutile aggiungere alcunché di più sostan-ziale perché purtroppo il suo studio ha ormai interesse pu-ramente archeologico, essendo andati completamente distrut-ti quasi tutti i documenti nei quali era usata quella scrittu-ra in una cieca e bruta vicenda bellica del 1943, nel corsodella quale furono incendiate le più preziose carte dell'Ar-chivio di Stato di Napoli.

Ma la varia articolazione della corsiva nuova nonforma che una parte del complesso e complicato panora-ma della scrittura libraria, anch'essa più ricca di artico-lazioni e più complessa che in altri paesi, anzi, forse, chein tutti gli altri paesi.

Naturalmente, anche negli scrittorii italiani, anzi .!.o-rattutto, forse, negli scrittorii italiani rimangono in

vita le antiche scritture librarie: ma ciò non significache il probl~m; di crearne una- nuo~ rispondente allenuove esi enze non fosse sentito, sia pur orse menodistintamente, e impo-;tato, sia pur forse più nebulosa-mente che altrove, anche negli scrittorii italiani. Primo,più antico e illustre di essi è quello della cattedrale di

erona, del quale possiamo tracciare la storia attraverso1 codici di una biblioteca che, unica al mondo, risalecon ininterrotta tradizione sino al principio del secoloVI e, assai probabilmente, anche al V. La scuola scrit-toria veronese dei secoli VII e VIII del tutto esente daìiifluenze insulari, aveva predilezione er le antiche maiu-SCoe e alcuni suoi manoscritti oncia . e semionciali seb-

ne talora non esenti da ualche elemento corsivo, sonoaleograficamente e calligrafic~nte -;S;i n~voli. Non

manca, i;;vero, il contributo veronese allo svolgimento

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Paleo grafia latina

della minuscola, rappresentato da pochi codici interi (p.e. la miscellanea poetica del cod. CXLVIII (150) o ilCresconio, scriptio superior del palinsesto LV (53), facs.C.L.A. 516 e 521, o da parti di codici (p. e. Isidoro,scriptio superior del palinsesto LV (53), C.L.A. 507 e508) in cui sono usate precaroline che, a parte alcunegeneralissime caratteristiche comuni ad esse e a moltealtre precaroline italiane, danno, come giudica il Lowe,piuttosto l'impressione della diversità che dell'unità diindirizzo scrittorio.

Minor usto (sebbene il Lowe annoveri 24 codici inonciale o in semionciale) aveva er le scritture maiusco-le un altro rande scrittorio italiano, quello di Bobbio,la cui biblioteca è andata dispersa fra l'Ambrosiana, laNazionale di Torino, la Nazionale di Napoli, la Nazio-nale di Vien;;-, la Vaticana e altre ancora. Non si puòdire però nemmeno qui che agli altissimi meriti versola cultura ne corrispondano di altrettanto alti verso lascrittura. Nei rimi tem i a Bobbio, uando non si usa-vano le maiuscole o l'insulare ci si contentava s esso disemicorsive abbastanza calli rafiche e regolari come p. e.quella dell'Ambrogio ambrosiano D. 268 inf. (C.L.A.334), del sec. VII, che nel secolo seguente divengonomeno inclinate e più sottili e slanciate, quasi senza chia-roscuro, come, per esempio, nei grammaticalia di Napo-li, lat. 1, già Vienna 17 (C.L.A. 388) o nel Liber pon-tificalis, pure di Napoli, IV. A. 8, degli anni 687-701(C.L.A. 403). Altre volte, tuttavia, queste semicorsive,tracciate con mano più posata, si trasformano in preca-roline: a questo proposito può essere istruttivo anche"Se"llon poi del tutto convincente, il caso segnal~to dalCOLLURA,La precarolina e la carolina a Bobbio, Milano,1942, dello scriba dell'Egesippo ambrosiano C. 105 inf.,

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Il particolarismo grafico

il quale passa da una semicorsiva curata a una precaro-[jna alquanto trasandata, che differisce dalla prima soloper il tratteggio alquanto più posato (cf. i facs. ivi, tav.6 e 7; avverti peraltro che lo scriba della c. 125 è senzadubbio un altro e usa una precarolina assai più posata;e il codice è certamente del sec. VIII, come data il Lowe,non del 700 circa come vorrebbe il Collura). Tuttaviaanche a queste precaroline manca un indirizzo comune,e una vera recarolina bobbiese non esiste.

E nemmeno esiste un tipo speciale diLucca il cuiscrittorio vescovile nel secolo VII-IX è ampiamente do-cumentato da un prezioso codice miscellaneo (Bibl. Capi-tolare, 490) magistralmente illustrato dallo Schiaparelli,alla cui redazione collaborarono non meno di 37 scribi.Molti di essi usano l'onciale, rimpiccolita e spesso in for-me « rustiche », ma da 'onciale attraverso un tracciatorapido e corsivo, si assa non di rado alla minuscola esi ha un'evidente documentazione grafica del r~esso diformazione di molte recaroline ;;- degradazi;;;e dallemaiuscole: così, per esempio, fa lo scriba X, dalla carta310 alla carta 323 del codice (facs. SCHIAPARELLI,Ilcodice 490 della Biblioteca Capitolare di Lucca, Roma,1924, tavv. da 77 a 80). Altri scribi, invece (sebbenmeno numerosi), percorrono il cammino inverso e dallsemicorsive salgono, per via di calligrafizzazione, alleprecaroline. Il punto d'incontro è, peraltro, vario e di-spersivo e va dalla minuscola di X alla c. 232, nella qua-le gli elementi corsivi e quelli onciali si sono armoniosa-mente fusi e compenetrati (facs. SCHIAPARELLI,cit.,tav. 63) a tipi assai meno calligrafici, più legati, più ir-regolari, come, per esempio, quello dello scriba M allecc. 153-160 (SCHIAPARELLI,cito tavv. 68-69).

Meriti minori per quel che riguarda la cultura ma

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maggiori nei rigua di dell'elaborazione grafica ha, invece,lo scriptorium di n altro grande monastero beneden],no uello di Nona tola ove s~bbe probabilmente sù-bito dopo la sua jondazione nel 751, una 'vera org~niz_zazione della scuola scrittoria, con un capo che ne indi-rizzava univocamente la ricerca. Non meno di una doz-zina di codici di origine nonantolana, oggi conservatinel fondo Sessoriano della Biblioteca Nazionale di Ro-ma, e in più un'altra dozzina di pari origine sparsi invarie biblioteche italiane e straniere appartengono allafine del secolo VIII e al principio del IX (la collezionecanonica dell'Archivio Capitolare di Modena 0.1. Il,C.L.A. 368, è dell'801; il Sessoriano 38, contenenteopere di Agostino e di Gerolamo, degli anni 825-837):essi mostrano una scrittura. che va sempre più calligra-fi.zzandosi_col tempoL larga, rotonda ricca di legature,con la a aperta a mo' di cc o chiusa a mo' ·di oc, la Qmaiuscola s esso in forma derivata d~ capitale, conla curva di destra prolungata sotto la riga e terminatada un ampio svolazzo sinuoso in direzione orizzontale;la r ha spesso l'asta lunga~ la coda talora svilu ata inalto e ripiegata con angolo molto acuto, come nella be-neventana, ma spesso anche bassa e breve come nellescritture corbeiensi di tipo b e ab. La~ è ~esso crestata,la e alta e strozzata a mo' di 8' li scribi che usano la donciale la tracciano con asta molto lunga e marcata. Nonsi tratta di una scrittura stretta in regole inderogabili,ma questa costanza di forme strettamente apparentatein un gran numero di scribi operanti nel medesimo scrit-torio (per i facsimili dei codd. più antichi si vedano,oltre alla tav. XV, i C.L.A., II, 161; IlI, 368; IV, 420,425, 427, 428 e per quelli del secolo IX le tavole I-VIin appendice al nostro studio Scriptoria e scritture nel

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Tltonachesimo benedettino, nel volume Il monacbesimonell' alto medioevo e la formazione della civiltà occiden-tale, Spoleto, 1957, pp. 187-219) mostra l'esistenza aNonantola di una vera scuola, che rappresenta probabil-mente, nel Nord, l'unica eccezione alla dispersività gra-ica italiana e che merita studio più ap.Q!ofondito.

Tuttavia le forme rime ed originarie di uesta scrit-tura non sono "probabilmente creazione autonoma no-nantolana. Nonantolano sembra iuttosto essere il cen-tro in cui ebbe cosciente el~borazione uno svolgimentoche, movendo da un centro comune, costituito dalle ten-denze esistenti in potenza nella corsiva nuova dell'Ita-lia settentrionale prima che le differenziazioni locali ac-quistassero vera consistenza, portò in molti casi a svolgi-menti a un dipresso analoghi. Se ai codici nonantolaniaccostiamo l'Isidoro della Biblioteca capitolare di Ver- Jt?celli (EHRLE-LIEBAERTlO), la raccolta canonica nova-rese 2 (C.L.A. 406), la raccolta teologica londinese Cot-ton Nero A II (C.L.A. 186), la miscellanea giuridica diParigi 4568 (C.L.A. 557), e altri simili, troviamo fraessi, nonostante le diverse provenienze, una vera e pro-.llunciata rassomiglianza, non solo nei caratteri generali,ma anche nella sostanziale forma di molte 'singole e ca-ratteristiche lettere. E potrebbe allora pensarsi che, senon forse in tutta l'ampia area dell'Italia settentrionale,quanto meno in quel nucleo del regno longobardo cheera costituito dall'Austria e dalla Neustria occidentale(per la Tuscia mancano documenti) fosse in via di for-mazione una minuscola nazionale, avente molti punti dicontatto con la retica e I'alamannica, e che il processosia stato bruscamente interrotto dall'avvento della mi-nuscola carolina. Si potrebbe esser tentati di estenderequeste considerazioni anche ad altri territori, compresa

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la parte meridionale del ducato di Spoleto, fondandosisulla scrittura, assai analoga, della collezione canonicavaticana Reginense 1997 (C.L.A. 113), sicuramente ori-ginaria di Chieti, ma è piuttosto arrischiato fondarsi suquesto unico documento, per importante che sia.

Ciò che non accadde nell'Italia settentrionale avven-ne, peraltro, nella meridionale, ove l'illustre monasterodi Montecassino risorto negli anni dal 717 al 741 sullerovine della distruzione lon obarda del 581, si stava av-viando ad alto grado di splendore. All;;:-sua scuola illu-strata dal nome di Paolo Diacono suo ca o riconosciutoconvenivano da tutt;Italia st-udiosi e codici ragguarde:volissimi, e coloro che vi convennero tr~on.QJlelloscrittorio, oltre un comune interesse culturale come aVerona, a Bobbio e a Lucca, anche (come a Nonantola)un comune interesse capijQ"afico e forse un coordinatore,che indirizzò univocamente i tentativi degli scribi, comeavevano fatto Vinitario e Valda a San Gallo e come po-co più tardi farà l'arcidiacono Pacifico a Verona, mamentre Pacifico viveva in un'epoca e in un territorio nelquale era impossibile s~ttrarsi all'influenza della minu-scola carolina, il benemerito e ignoto capo dello scritto-rio cassinese poté, come Vinitario e Valdo, per tempo eper luogo essere immune da quella influenza.

È o inione comune autorevolmente formulata dal 10-we in una monografia fondamentale (The Beneventan Script,Oxford, 1914) che la scrittura formatasi a Montecassino tro-vi la sua base nella corsiva nuova locale. È tuttavia stata

"1-"formulata recentemente l'ipotesi che nell'illustre cenobio be-

-ti nedettino si sia, in realtà, raccolta l'eredità di quella preca-rolina dell'Italia settentrionale che si è visto poco sopraessere in via di formazione e aver trovato specificazione par-ticolare a Nonantola, e questa ipotesi, fondata su suggestive

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corrispondenze grafiche, potrebbe trovare appoggio nel fat-to che, probabilmente, nel monastero (in strettissimi rappor-ti con quell'Arechi. di Benevento che, dopo la caduta del re-gno longobardo, dismettendo il titolo di duca per assumerequello di principe, si era messo a capo della resistenza con-tro i Franchi) insieme con Paolo Diacono si erano raccoltimolti dei maggiori rappresentanti della cultura e del nazio-nalismo longobardo dell'Italia settentrionale, e costoro ave-vano certamente portato con sé i loro libri, scritti in queltipo di precarolina. E una conferma se ne potrebbe cercareanche nel fatto che mentre i codici di questo genere e diquesta provenienza sono relativamente numerosi, solo tresono quelli cassinesi sicuramente attribuibili al secolo VIII:l'Isidoro di Montecassino 753 (C.L.A. 381), la raccolta gram-maticale parigina 7530 (C.L.A. 569) e l'Isidoro di Cava deiTirreni (C.L.A. 284), tutti degli anni fra il 779 e il 797.

L'elaborazione della nuova scrittura rocede lentamente,anche se sicuramente, nel corso del secolo IX e può essereseguita in tutti i suoi particolari nelle splendide riproduzionidi E. A. LoWE, Scriptura beneuentana, Oxford, 1929, tavoleda 7 a 25. Né lo arresta la seconda distruzione del cenobiobenedettino consumata dai Saraceni nell'883 perché i monaci,anche nel periodo in cui ripararono sotto l'interessata prote-zione dei principi capuani, ne continuarono do svolgimento,rendendo la scrittura più calligrafica, introducendo una re-gola per l'uso della doppia forma della legatura ti e per quel-lo della I alta, regolarizzando il tratteggio con attenta distri-buzione del chiaroscuro (LoWE, cit., tavv. 26-58). Ma è il se-colo XI, quello degli abati Teobaldo e Desiderio-;-del risor-gimento del dictamen con Alberico e coi suoi discepoli, dellapoesia di Alfano, dell'egemonia culturale deLl'abbazia su tut-ta l'Italia meridionale, il grande secolo di Montecassino, in-somma, c e Issa definitivamente i canoni della scrittura, laquale ha i suoi centri principali nel principato di Beneventoe non a torto, quindi, è ormai concordemente chiamatab e n e v e n t a n a nome usato f!E dal. sec. XIV, scartan-do altre denominazioni, come quella di «scrittura longobar-

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Paleografia latina

da» tutt'altro che inesatta, soprattutto se è da accettare laipotesi più sopra formulata circa la sua origine, ma tuttaviaequivoca perché essa è 1u~t~ posteriore alla cadut~ del r~gnodei Longobardi. _Caratteristica generale de~a ~crlttura. e laestrema calli raficità e il tratteggio coi tratti orizzontali ver-ticali e obli ui verso sinistra molto rossi,_ quelli obliquiverso destra ridotti a sottili tiletti (tav, XVI). Alcune asteverticali'brevi sono spezzate e composte quasi da due rom-bi sovrapposti (fi . 12 2. e lettere caratteristiche sono a,e, r t fig. 12, 1); l'uso 'delle le ature con i è obbligatorioe quella con t ha questa letter~ a orma 8 se il suon? èassibilato normale se è sordo (fig. 12, 3); le lettere con J oc-chiello a' destra entrano facilmente in nesso con le seguentise occhiellate a sinistra (fig. 12, 4: do, pa, bot).

È questo il periodo al quale. ap~arten~ono ~ più, ~elli epiù importanti codici beneventaru e m CUImas.sImo.e il fer-vore per la trascrizione di classici. Al sec. XI,. infatt~, ap~ar-tengono, oltre il famoso codex unicus la~r~nziano di Taclt~,il Varrone e il Cicerone della stessa biblioteca, LI, lO; ilCicerone leidense 118' il Virgilio parigino 10308, il Senecaambrosiano C. 90 inf. '(saggi in CHATELAIN,Paléographie desclassiques latins, Parigi, 1884-1900, tavv. 146, 12, 17, 49,

1.~tf &- L t mu1t,. ~fSJ~~'~ ,~~lm-

Fig. 12

38, 74, 167) ecc., mentre ad epoca più tarda (sec. XII-XIII)va attribuito il Cesare pure Laurenziano 58, 6 (CHATELAlN:cito 49). Nel seguente comincia la decadenza: le ùetter~ ~l

im 'iccolisCOOo la scrittura si irrigidisce e erde spontaneita:erde terreno' di fronte alla- carolina che comincia a pene-

trare anche nell'Italia meridionale; nel XIII cede alla go-tica. Rarissimo ne è l'uso dopo quell'epoca e dovuto proba-

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Il particolarismo grafico

bilmente a mera imitazione, come quelle Vite di santi allecc. 193-213 del codice cassinese 466, di cui è stata dimostra-ta recentemente l'appartenenza al sec. XV o come in alcunecapricciose annotazioni del 23 novembre 1400 nell' I nventa-rium bonorum eccl. S. Martini de Platea Nidi dell'archivioabbaziale. Il Lowe elenca oltre 600 codici in questa scrittura(una ventina sono di classici latini) dei quali oltre due quinticonservati nella biblioteca di Montecassino.

La scrittura beneventana fu usata anche a Bari ove ilcanone (secondo una recentissima ipotesi del Petrucci p~influenza della scrittura cancelleresca bizantina) venne leg-ermente modificato, arrotondando alquanto le lettere e di-

minuendo il contrasto fra tratti grossi e tratti sottili (« tipodi Bari », es. EHRLE-LIEBAERT15), e in Da1mazi~, ove fuintrodotta e diffusa probabilmente ai oene ettini che, allafine del secolo IX, s'insediarono in S. Crisogono di Zara edi là si estesero coi loro monasteri a tutta da costa e le isole.

Si deve notare che la beneventana non fu solamente scrit-rora libraria: le numerose sottoscrizioni che si trovano in va-rie carte attestano che era di uso comune. Secondo il Gallo,che si è occupato -in modo particolare delle scritture ocu-mentarie dell'Italia meridionaìe, essa non assò mai nei do-cumenti in alcuna parte del Mezzogiorno, tranne forse chene e ug ie, e m formalibrana,senza frattura del canone:le scritture che talvolta si trovano designate come «corsivabeneventana », «corsiva longobarda », ecc., sono in realtà ocuriali napoletane, gaetane, amalfitane, sorrentine, oppurescritture notarili derivate in modo autonomo dalla corsivanuova, aggruppabili in tipi salernitani o in tipi beneventano-capuani. Certo, l'uso che si suoI dire ne sia stato fatto inDalmazia per documenti da parte di monaci che fungevanoda notai, è contestabilissimo, da che il Praga e il Nagy han-no dimostrato la falsità, per lo meno diplomatica, di quellecarte, ma l'affermazione del Gallo sembra deva essere ri-presa in attento esame. Molti documenti dell'archivio capi-tolare e dell'archivio di Stato di Benevento, dell'archivio ab-baziale di Montevergine e di altri ancora mostrano, infatti,

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Paleografia latina

forme che difficilmente potrebbero attribuirsi a svolgimentidiretti e autonomi della corsiva nuova (della quale non cisono pervenuti saggi meridionali) piuttosto che a tracciatorapido, corrente e trascurato di modelli beneventani.

Nella parte più estrema dell'antico Impero Romano,la Sana, dal punto di vista paleografico il panoramaè più semplice. Dopo le invasioni degli Svevi, degliAlani e dei Vandali, vi si erano stabiliti i lSlgOti che8l-.Cl"" alla fine del secolo V con il re Eurico staccarono efini-tivamente la penisola dal centro dell'Impero, ulla

...riuscl il tentativo giustinianeo di ricondurla-nell'orbira,della romanità che egli cercava di rinnovare. Durante ilcorso del secolo VI si andò man mano attenua~ con-

~p trasto fra li invasori ariani e ~ opolazione romanacattoli~, finché, dopo complicate e pietose vicende fa-miliari, anche la fami lia reale si converti al cattolice-simo. È questa l'e oca di Isidoro di Sivi lia la cuiopera principale, le Origi'3!.s come è stato più voltegiustamente osservato, di~tra che in Siviglia a quel-

)'ep~ca, doveva esistere Iàlli;ora na ricchissima biblio-=teca.

Ma, come l'Italia e la Francia, la Spagna era stata com-pletamente romanizzata e la latinità vi aveva im resso ormeprofonde in ogni forma di ~ciale. La scrittura vi era

raticata a tutti er tutte le evenienze eciò significò, quicome in Italia che alla base dell'evoluzione rafica spagnolasebbene si continuasse certo a scrivere libri in caratteri ma-iuscoli, fu la minuscola antica, la quale, nel tracciato cor-rente, continuò il suo svol imento verso forme di corsivanuova Jocalizzata, delle quali sono documento importantissi-mo le ardesie graffi te del tipo « di Diego Alvaro» (prov. diSalamanca , rese n da omez - oreno, sebbeneI ... rovamenti risalgano al 1889. A quanto pare, sonopiù di un centinaio, datate con gli anni di Recaredo (586-

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Il particolarismo grafico

lIIIl

Il

I·lIl~

601), di Chindasvindo (642-652), di Recesvindo (~5.2-6~2),di Ervige (680-687): una di esse, anzi, secondo notizie gtor-nalistiche conterrebbe il testamento di Wamba (680). Mapochissime sono pubblicate e ancor meno (non più di dueo tre) quelle di cui si ha 11facsimile: di più la dif~icol.tà del-la riproduzione, che per dare risultati soddisfac~ntl esigereb-be l'impiego di tecniche raffinatissime (fotografIa con lampa-da ai vapori di sodio) rende anche quei facsimili pressochéinutilizzabili per lo studio paleografico. Sicché il documentopiù antico, con data certa, al quale possiamo ricorrere è del775, mentre alcuni saggi di corsiva spagnola certamente an-teriori sono nelle aggiunte alle cc. 16 e 26-27 del codice 27del seminario di Autun, nella semicorsiva delle prime duecarte dell'Orationale mozarabicum di Verona LXXXIX (87),anteriore al 732, e in pochissimo altro materiale che solo cri-teri paleografici ci permettono di attribuire al secolo VII e 6CO...r!riVIII. Fondandosi su questo e per mezzo di confronti conla forma delle lettere usate nelle carte e nei codici italiani incorsiva e in semicorsiva, lo Schiaparelli è riuscito a stabilireche nel corso del secolo VII si o erò una trasformazione nel- ~o.o~ scrittura s agnola, la quale da allora assunse caratteri ro-

ri e può essere considerata una scrittura a par~ "Stretta-mente legata alla minuscola corsiva romana dalla quale de-riva, ma diversa da essa: quella, insomma, che i paleografiindicano col nome di c o r s i v a v i s i g o t i c a. Nella

.,.-sua formazione, lo Schiaparelli crede abbia esercitato sensi-bile influenza la scrittura merovingica che, come si è visto,fra le « nazionali» è la più antica, ma in realtà può darsi sitratti di coincidenze di svolgimento da una base sostanzial-mente comune. I più antichi esempi di corsiva visigoticadevono rintracciarsi in alcune addizioni (cc. 16, 26, 26' e27) al s. Isidoro conservato nel cod. 27 della biblioteca diAutun (C.L.A. 727', primo facs.), attribuibili secondo il Pot-ter Robinson al 650 circa; alquanto più tarde quelle allac 63 del m desi did· l ~. .. e esirno co ice (C.L.A. 728, secondo facs.), forse; I<InCIPIO del sec. VIII e le note marginali al s. Agostino

utun 197 (C.L.A. 728), scritte intorno al 731.

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Paleografia latina

Con l'invasione araba (711-714) lo svolgimento della cor,siva visigotica si diversifica: pella parte settentrionale dellapenisola, ove abbastanza presto la riconquista cristiana POrtaalla formazione del regno di Leon, la corsiva odItinaria conti-nua la sua strada e ra l a sua sta l a ne secolo IXcostituendo un tipo che si può chiamare <~rsiva leonese »e si trova usato nelle carte, sia regie che private (es. il di-ploma di Ordofio I dell'860 ripr. in FEDERICI,5) finché nelcorso del sec. XI so iace rima a ,. nza delliiffiinusco-la visigotica poi a quella della caroli a, che la so ianta allameta CIrca e II. Nell'emirato (poi califfato) mussulmanodi Cordova, che comprendeva tutta la parte meridionale del-la penisola, la corsiva usata dai mozarabi cioè dai cristianiche vivevano fra ali Arabi fruendo della loro tolleranza reli-

giosa, subisce forti iniil~enze arabiche, non tanto nella formadelle singole lettere (sebbene lo Schiaparelli noti, forse giu-stamente, una certa somiglianza fra la a dritta e i segni arabidi 'ain, gain) quanto nel tratteggio generale duro serrato,talora quasi stilizzato, con aste alte e pesanti, folto di lega-ture, tendente a inclinarsi a sinistra e a svolgersi verso ['alto,non reluttante a tracciati retrogradi e sinistrorsi (es. alcunepagine corsive del Codex Ovetensis Escorial A. Il. 18, ripr.STEFFENS 35). L'ultimo esempio di questa « corsiva rnozara-bica » è datato del 1070.

La scrittura Eiù caratteristica e nota della enisola ibe-rica, uella per cui fu coniato l'improprio nome di v i s i -Ot i c anon è eraltro la corsiva ma la minuscola librarianazionale cmonizzata (tav. XVII). Anch~ qcinon è faciletra;ciare la storia e i modi della canonizzazione che, per es-sere relativamente antica (il più antico codice datato finoraconosciuto, il già citato Orationale mozarabicum veroneseLXXXIX (87), C.L.A. 515, è alquanto anteriore al 732 mala scrittura vi è completamente e compiutamente formata)sembra deva supporre una forte influenza di qualche centroscrittorio particolarmente importante, in tutta la nazione, ana-loga a quella di Montecassino sull'Italia meridionale, che,un secolo circa dopo la formazione della visigotica, portò a

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Il particolarismo grafico

quella beneventana. Sarà comunque difficile g~un~ere a co~-clusioni, anche ipotetiche, perché i più anti~hi del poco p~uche 220 codici visigotici conosciuti, elencati dal p'.Za~atlaVillada e dal Millares Carlo, non offrono elementi di lo-calizzazione.

Le conclusioni a cui giunge lo Schia arelli nel cita.to stu-dio sull'origine della scrittura visigotica sono che Ia mmusco-la si svolge dalla corsiva sotto l'influenza dell'~ncial~ e dellasemionciale e che il periodo della sua formazione e ~ue~ofra il VII e l'VIII secolo perché, sebbene nessun codice mqualche modo databile con sicurezza ci sia pervenuto di queltempo, pure lo speciale nesso rit di quelia scrittura si trovain codici semionciali dell'epoca, come il Vat. Reg. 1024(C.L.A. 111). Lo Schiaparelli aggiunge anche che essa nonè soltanto una corsiva tratteggiata calligraficamente, ma ap-~tiene altresl al ~o delle recaroline, delle quali ha icaratteri generali comuni: sul che, peraltro, sembra difficileessere d'accordo, se il termine di « precarolina » è presonell'accezione ormai corrente, e forse anche la affermata de-rivazione non dalle corsive o semicorsive romane diretta-mente ma dalla corsiva visigotica ormai già formata può es-sere soggetta a revisione, in quanto le innegabili coinciden-ze tra forma corsiva e forma minuscola di alcune lettere po-trebbero spiegarsi come sviluppo parallelo, mentre potrebbesembrare che la minuscola rappresenti la canonizzazione na-zionale spagnola di un tipo di minuscola antica romana piut-tosto corsiveggiante, che aveva accettato la g caratteristicadell'onciale. Inoltre, la minuscola non sentì, o senti moltorueno l'influenza araba, che si rivela qualche volta in certedurezze di tratteggio, specialmente quando lo scriba è pro-babilmente arabo, come quello del noto frammento bilinguepaolino di Sigiienza 150 (EHRLE-LIEBAERT25), e nell'uso dialcuni compendi fondati sul sistema dell soppressione delle

a secondo la regola scrittoria delle lingue senutiche.anto alle singole lettere, si sogliono indicare come ca-

ra~teristic.he la a aperta, la s,o;ciale e la- t con ar~sso oc-~ello JfI& J3 1 oltre la u talvolta piccola e soprascritta;

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ma anche la e eneralmente rt assume atteggiamentoparticolare nelle Iegature, nelle quali oltrepassa in altezzale altre lettere. Si sogliono notare anche alcune le aturecome uelle di t 50n i in due forme la prima delle quali'con la i breve, a partire dalla metà circa del secolo X, è usa:ta solo per il suono sordo, riservando l'altra per il suonoassibilato; quelle di t con e, di e con t, di a con t e i (fig. 132) e altre. '

rN + f..- +" * --l- .•...

:i.a <r é a , Q1, a;, e€ &, t,Fig. 13

Generalmente i manuali accettano una periodizzazioneanaloga a quella accolta anche per Ja beneventana e stabilitaanch'essa dal Lowe in un suo studio del 1910: formazione(secoli VIII e IX), inizi della perfezione (fine IX-fine X),perfezione (secoli X-XI), decadenza (sec. XII), ma i criterisui quali essa è fondata non sono parsi troppo sicuri né alLehrnann né al Millares, e la loro applicazione ha taloraportato a ingiustificate modificazioni di date chiaramenteautentiche apposte dagli scribi medesimi ai loro codici. Èpossibile che essi devano piuttosto riferirsi a .distinzioni discuole. Secondo studi del G6mez Moreno, fondati soprat-tutto sull'ornamentazione e la miniatura, queste si comincia-rono a delineare già nel corso del secolo IX, e nel X si con- .cretarono nella andalusa (in cui si può forse riconoscere unresto della cultura isidoriana) caratterizzata, secondo il Mil-lares, da una scrittura piccola, larga, con archi bassi; nellatoletana, arcaizzante, con tratteggio pesante; nella leonese,la cui scrittura è più fine ed elegante, e infine nella casti-gliana, caratterizzata da una scrittura svelta, a tratti sottili,con lettere più alte che larghe, alla quale appartengono igrandi calligrafi della visigotica, coscienti del loro valore edusi perciò a sottoscrivere e a datare spesso le loro opere.Quest'ultima scuola, tuttavia, non si limitò a specificarsi con

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Il particolarismo grafico

piccole varianti entro il complesso della minuscola. visigotica. all f d l l VIII ma mtrodussequale SI era formata a me e seco o, .

addirittura una modificazione del canone, rendendolo assaipiù calligrafico: tracciato piuttosto rigido ma leggero, lettereben separate una dall'altra, con corpo alto e sottile e as~et-to più saldo e squadrato, aste alte concluse da .u~ trattmocomplementare o da un piccolo uncino, leggero np1egamentoin fuori dell'ultima asta di h, m, n. Sono appunto le carat-teristiche che i manuali sogliono invece attribuire al così det-to terzo periodo dello svolgimento della scrittura visigoticae in base ai quali il Villada ha malamente retrodatato al se-colo IX l'Elipando toletano 14, 23 che il suo medesimo cc-pista dichiara, nella sottoscrizione, aver scritto nel 1070.

Come esempi della minuscola visigotica più antica, oltrei codici e i frammenti inclusi nei C.L.A. perché apparte-nenti al secolo VIII o all'VIII-IX (ai già citati possono ag-giungersi, p.e., il frammento di glossario di Berna A. 92(3), C.L.A. 856 o il miscellaneo di Albi 29, C.L.A. 705), po-tremo ricordare Ia Lex Wisigothorum di Parigi 4667 (STEF-FENS 49b); per esemplificare le scuole andalusa, toletana eleonese è necessario ricorrere a raccolte speciali, come quel-la di P. EWALDe G. LOEWE,Exempla scripturae visigothi-cae, Heidelberg, 1883: alla cui tav. IX si ha un saggio dellaBibbia Hispalensis (Madrid, Vitr. 4, 2, già Toletanus 2, 1)del sec. X, di scuola andalusa; alla tav. XIX un saggio dellaBibbia Aemiliana (Madrid, Acad. de la Historia, Aemil. 20),di scuola leonese. Molto più diffusi sono gli esempi di co-dici di scuola castigliana: p.e. in KIRCHNER22b è una co-lonna del calligrafico Isidoro scritto da Domenico prete nel1O~7 (Escuriale, & L 3), in EHRLE-LIEBAERT26 una paginadel quattro non calligraficissimi fogli del codice vaticano R~é:ense 708, contenenti anche essi un Isidoro, ecc. Il s. Isido-ro dell'Escuriale T.I1. 27 (già O.II. 24, facs. STEFFENS36) èattribuito al 743 sulla base di una annotazione in cui appareappunto questa data: ma tale annotazione va invece riferita~'esemplare da cui è stato copiato, senza variazioni, il co-dice escurialense, del secolo X e di scuola castigliana.

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Paleografia latina

Una notizia cronistica vorrebbe che un concilio tenutoa .Le6n intorno al 1090 (poco dopo la chiusura, con la presadi Toledo nel 1085, del primo atto della riconquista cristia_~a della .Spag~a.>ave~se proibito l'uso della scrittura visigo.tica per l codici sacri e per i libri Iirurgici. La notizia con-tiene gravi inesattezze, come l'attribuzione a Wulfila dell'in,venzione di quella scrittura, ma, come ha dimostrato il Mil-lares, in sé è verisimile, anche se non abbiamo notizia daaltra fonte di questo concilio, e del resto si concilia perfet-tamente con la sostituzione del rito mozarabico con que1loromano, voluta da Gregorio VII e dai cluniacensi, attuatada Alfonso VI di Castiglia. E certo è, comunque, che la visi-gotica nel secolo XII perde rapidamente terreno: gli ultimicodici datati sono il Becerro g6tico o Liber testamentorumdi Oviedo, degli anni 1110-1129, il s. Gregorio di Lisbona,Alcobaça 38, degli anni 1160-1175 e il Liber testamentorumcoenobii Laurbanenesis, pure di Lisbona, Torre do Tombo374, del 1175.

Con gli accenni ora fatti alla scrittura visigotica sichiude la scorsa che, troppo più sommariamente di quan-to sarebbe stato necessario per uno studio non superfi-ciale, abbiamo dato al vario, complesso e dispersivo pa-norama dello svolgimento della scrittura latina nell'altoMedioevo, o piuttosto in quel periodo, dai limiti ero-nologici indefiniti, che abbiamo chiamato del particola-rismo grafico, Riassumendone le fila principali, si po-trà dire che, dodici e più secoli dopo l'inizio di unalunga evoluzione, partita dalle rozze forme dell'alfabetoarcaico dei secoli VII e VI a.c., il mondo romano este-nuato con se nava a quello che lo distruggeva e, insieme,lo continuava e lo rinnovava una eredità scrittori a com-

...ele~sa, vivace raffinata. A parte la ca itale .Q.riva diogni validità che non fosse quella della pura imitazione,~ssa consisteva in una scrittura libraria canonizzata, I'on-ciale, e in una scrittura normale minuscola, che si atteg-

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Il particolansmo grafico

d 'd' . . 'per i quali era~ava diversamente secon o 1 iversr U~l .. . t N' libri nrendeva forma di «01l1luscola an-lffip1ega a. e1 s: ..' .tica» iù o meno callig,rafica, varia di espresslO~ ma

. . . (l 'Cl' ale \ che nmaseavviata a una canomzzaztone a semion . :J ., .

interrotta alla fine dell'unità grafica i negli uffICI localie_provinciali assumeva forme ca~cellere~che ~~ o menoartificiose. Caduta Roma, non 51 arresto perCIO.10 svo~.gimento della scrittura romana~ così co~e ~on SI. a~restolo svolgimento della lingua latina: continuo, anzi, 10 unterritorio geograficamente più esteso per quella che perquesta, solo che, esattamente come per la lingua, cosìanche per la scrittura, all'antico centro .Ellico, l'Urbe,si sostituirono tanti centri quante erano le randi unitànelle quali si era frazionato l'immenso cor o dell'Irn-'pero d'Occidente. E ciascuno di questi centri, perduto-si il senso non solo della comunità geografica, ma anchedell'unità grafica delle varie espressioni della scrittura,riducibili tutte a modificazioni spontanee o volontarie diforme «normali », non prosegui la elaborazione nellasua totalità come quando esisteva il centro unico, mane continuò uno solo o qualcuno degli svariati atteg-giamenti.

Nelle Isole britanniche li Irlandesi e li An losas-soni accolsero le forme librarie più calligrafiche delle duevarietà della minuscola antica e da esse svolseJ;Q, canoniz-zandola nelle due varietà della maiuscola e della minu-scola ins~ una scri.ttura che conser~ sem re carat-tere 'brario anche guando è usat~ er documenti e cheè senza dubbio « nazionale »in uanto elaborata nel ter-~io occupato da quelle stir is ad o,..pera di...!:!.ominiad esse appartenenti, ma è pur sem re in sostanza,come del resto tutte le «nazionali », l'antica scrittura~ana. La Spagna riprende, invece, le forme più usuali

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Paleo grafia latina

della medesima minuscola antica e ne ricava da unaparte una corsiva che, caratterizzata da forme e atteg_iamenti locali abbastanza ronunciati, raggiunge una

certa stabilità morfolo ica nelle due varietà leonese emozaraba, dall'altra canonizza la sua « nazionale» libra-ria nella littera toletana o scrittura visigotica una dellecui scuole modifica leg ermente callisrafizzandolo ilcanone, e forma la litter.E....E.astellana:-

La Francia ri rende le forme cancelleresche e, so-vrapponendo artificio ad artificio, canonizza la mero-vin ica, ma non risolve il roblem;-della scrittura li-braria, sicché da una parte continua l'uso dell'~cialee, in assai mi~r misura della semioncialeJ dall'altra na-sce la confusa e dis ersiva fioritura delle recaroline,er lo iù tentativi di calligrafizzazi~e delle espressioni

corsive e semicorsive della minuscola antica o addirit-~ della merovingica, alcuni dei quali raggiungono par-ticolari tipizzazioni. In Italia per i libri continua a ser-vire l'onciale e, in alcuni luoghi~emi;nciale; per idocumenti .la minuscola corsiva si localizza e si speci-fica in wietà particolari di «corsiva nuova >;non an-cora sistematicamente studiate, dando luo o a canoniz-zazioni canc.!:.1lereschenella corte pontificia, ove si ela-bora la curiale (antica e nuova) e nell'orda curialiumnapoletano, ove si forma la curialisca mentre il ro-blema della for;;'-azione di una scrittura libraria minu-scola non assume indirizzi unitari nclie v;ri~micorsive

~recaroline del Settentrione e quando sembra sia perassumerne uno con una elaborazione della corsiva nuovacompiuta soprattutto, forse, a Nonantola, il processo ètroncato dall'adozione della minuscola carolina, proba-bilmente in buona parte d'importazione francese. Essocontinua, invece, nel Mezzogiorno, ove nel monastero di

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Il particolarismo grafico

. . . la beneventana scrittura na-Montecasslllo S1canoruzza zz:» •zionale dell'Italia ~idionale e dell~ Da~az1a..! .

-~È - difficileTe del resto inutile) 1mmagmare come S1sarebbe concluso se non fosse stato arrestato, q~estolargo e dispersi~o processo di elaborazione pa;uco a-ristica della minuscola antica romana in tuttbe

e e sue. l . '. forse avreb messoforme e lD tutte e sue espresslOm. .

capo alla consacrazione nei secoli di una SCtlttura spe-cifica per ciascuna delle nazioni dell'Occidente, com:ciascuna ha una sua lingua e come, del resto, ancor ogg1nel quadro dell'unità continentale euro~~ .si usano trescritture diverse la latina, la greca e la cuillica. Ma - efu ventura per ia diffusione internazionale d~l libr~, perla circolazione delle idee, per la conservazione di unaunità di base della civiltà moderna - 9ascuna delle« nazionali» fra il secolo IX e il XII finì per cedere di -Ilfronte a un'altra scrittura, la minuscola carolina desti-~ a soppiantarle tutte e a dichiarare anche con l'unitàdelle forme grafiche che la cultura occidentale non erae non è la somma di tante culture - irlandese, anglo-sassone, franca, visigotica, retica, italica - ma una solI!..,..

" cultura, la latina, ravvivata dal cont!.ibuto_etnico di quel-le o olazioni e dalla s iritualità del CristiElesimo.

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LA RINNOVATA UNITÀ GRAFICA OCCIDENTALE

Al sorgere del secolo IX, che vide, in una notte diNatale memorabile per la storia del mondo e della ci-viltà, la corona dell'Impero romano e cristiano, dellasancta romana respublica, rinnovare idealmente, ravvi-

-va d una i~irazione mistica sconosciuta all'Imnerodi Augusto e di Traiano, l'unità spirituale del mondooccidentale, il roblema della trasl?,osizionej!i uesta uni-tà spirituale anche nella tecnica della scrittura, era ormaimaturo. La ricostituzione politica dell'Impero con unanuova determinazione che lo faceva identico al vecchioeppure nuovo e diverso trovò una espressione, o, se sivuole, un semplice parallelo in una scrittura che eranuova ma era anche ualche cosa di vecchio, la cosìdetta minuscola carolina o rotonda (tav, XVIII). Laquale ebbe anche il nome di romana, caduto in certosenso giustamente in disuso allorché si riconobbe cheRoma non era stata né la sua culla né il suo centrodi diffusione, ma non del tutto ingiustificato se lo siintende come espressione culturale di un impero univer-sale, che aveva materialmente sede fuori di Roma ma siintitolava pur sempre romano.

La questione dell'origine di questa minuscola che imi-tata poi dagli umanisti in sostanza si è er etuata nel tem-po e si è, più ancora che canonizzata, cristallizzata nei nostri

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Paleografia latina

l dibattuta e discussa.tteri della S!SJnRB, è stat~ a ungo odo riassunta e per-

~LI!"'o~in.t·"·onedel 010 XIX è m ~erto I? la carolina nul-ez10nata e .s eJ se~ondo ~ la ~=.romani se-

l'altro è se non una rIeIaborazlO~e di. ours 111-mionciali, compiuta nella scuola. di S,. Martino t a cavallo

-- •.••.•.;.a-m cui vi fu abate Alcuino, CIOèapp~ o al nifra il secolo VIII e il IX. Questa opinione ~ ripresa, m~o-decenni più tardi, da V. Federi " il q.uale, orse. conmise a

., ., ., umata finezza tecmca,re originalità, ma con piu ~on.s . d 1 Liber diurnus,confronto due codici famosi, il VatIcan? e. I il s

. Roma m mmusco a e .che allora si riteneva scntto a, , .'. l'O-Ilario basilkano in semionciale, e concluse P:~I<>.rlrme tmana della minuscola diritta, attraverso un plU SCIOto tra-teggiamento della semionciale. , ..

Il Traube, peraltro, non ritenendo provata l'origine ro-d l codice vaticano del Liber diurnus e tenendo contomana e l."UUI .,. •

d Il sistenza di tipi di minuscola gia formati anterIOrm:n-e a e .. .te alla carolina, sui quali i precedenti t1ce~atot1 ~on av:-vano sufficientemente fermato la loro atte~~n~nde,~lf~enne.d

meno semplice e non otendo lU l entI icare 10processo '- . . d Il .R 1'1centro di una elaborazione ~olast!Ea e . a mmu-oma .. .scola, lo riportò in Francia, ove dall~ CO~SlV~merovingica

da modelli librari in onciale e in semicorsrva ltall~a avreb'be avuto formaiione una minuscola recarolina dalla qualepoi si sarebbe svolta la carolina.. . .

Accettata da tutti l'idea della esistenza di una minuscolarecaro-lina (e non poteva essere altrim~nti, giacch~ i codici

c erano) varia e molteplice di espressioni (tanto vana e ta~tomolteplice che mentre alcuni rimanevano fedeli all'espressio-ne «minuscola precarolina », al singol~re, usat~ ~~l Traube,altri parlavano di una « classe precarolina », e l pru ora par-lano di «minuscole precaroline» al plurale) accettata dun-que questa idea, la di cussione si apriva sui r~porti fra .re-carolina e carolina. A. Ressel (1923) suppone che Ia car?linaenvasse dalla sintesi dei caratteri della « classe precarolina »

e del tipo di scrittura usata per .la Bib?ia. di Mordramn~,effettuata nella scuola palatina del Carolingi; non molto di-

111

Page 55: paleografia latina

Il particolarismo gt;fJfico /versamente da lui H. Steinacker (1924) la itiene prodottodi evoluzione della semionciale influenzata dalla corsiva e lamette originariamente in concorrenza con tUtte le altre pre.caroline, attribuendo la sua successiva rapida diffusione alfatto che essa fu adottata dalla Cotte, mentre le altre rima_sero limitate a centri scrittori minori, soprattutto monastici;Ph. Lauer (1924) pensa che l'elaborazione dei vari elementich~ co~~luiro~o n~lla minuscola carolin~, avvenne in tutti gliscnttoru dell Occidente europeo, ma pru particolarmente inFrancia, ove le precaroline più antiche, sorte sul terrenodella merovingica, la scriptura luxoviensis e la corbeiensisfondendosi tra loro, e poi con altri tipi, si sarebbero manmano accostate ailla carolina, alla quale si giungerebbe attra-verso nuove fusioni delle scritture così elaborate con altri tipiprecarolini in più diretto contatto con la semionciale; sututto il processo avrebbe avuto poi notevole influèiiza larevisione del testo dei libri sacri, ordinata da Pipino e con-dotta a termine da Carlomagno, che avrebbe dato occasionealla scrittura di moltissimi codici nuovi. Questa complessaelaborazione è stata schematizzata da A. De Boiiard (1925)nell'immagine di un pendolo che, avendo avuto un impulso,continui le sue oscìllazioni man mano meno ampie, sino afermarsi del tutto: ai due estremi delUa prima oscillazionesarebbero la semionciale e la corsiva; gli estremi delle suc-cessive oscillazioni, man mano più ravvicinati, rappresente-rebbero le varie precaroline di origine rispettivamente se-mionciale o corsiva; il punto d'arresto, la carolina.

10 (Schia arellil (1926) attribuisce quello svolgimento al-l'azione di tendenze generali, e la revisione dei n n sacri eogni altro elemento esterno ai fattori graficr possono avercontribuito alla diffusione della nuova scrittura non averladeterminata e indirizzata. Né, secondo lui, è p~rimenti giu-stificato indicare l'uno o l'altro scrittorio come culla di essa:molteplici indizi dimostrano, invece, che la carolina si anda-va elaborando in iù luo hi, per esempio la scrittura delcodice dei Pro eti di s. Gallo, fatto eseguire da Giovanni nvescovo di Costanza (760-781), che è in minuscola non meno

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La rinnovata unità grafica

rfezionata di quella della Bibbia di Mordramn?; l.a scrit-~ra di tipo prettamente carolino sfuggita a Magmano, can-celliere del re Carlomanno, in alcune parole della sua sotto-scrizione a un diploma del 769, ecc. !Lcomplesso ~elle re-aroline si avviava, dunquel.. già 'poco do o la meta del se-

~o-VIII, verso la carolina, che erciò oté sor ere nel ~e-~esimo teID~ e in iù luo bi. Il distacco dalle recarolmesreIl e c01ae initivo abbandono delle forme maiuscole e

nelle corsive, co raddrizzamento delile aste con la roton-dità e !'isolamento delle lettere con l'armoniosa r0l'0r-ZIone fra aste superiori e inferiori e corpo dell~~ittura

a cui deriva il caratteristico as erto tondo, arieggiato, finedella carolina. Al trionfo della nuova scrittura, infine, con-tribuirono anche elementi extra aleo rafici, soprattutto I'in-tensa attività libraria connessa cÒl rmascimento letterariocarolingio.

10 studio dello Scbiaparelli rappresenta il punto d'ar-rivo deJ!lericerche condotte col metodo che ha per suo mas-simo rappresentante il Traube intorno al problema dell'ori-gine della carolina, che a quell'orientamento apparve cen-trale nella storia della scrittura. Scritti posteriori, come quel-lo del Pagnin sulla precarolina italiana, ne ricalcano le ormee giungono a conclusioni analoghe. Com letamente diversaè invece l'im ostazione data al roblema dal Gieysztor(1955), il quale considera la scrittura come un fatto socialee attribuisce la formazione della carolina alla regolamenta-zione della vita monastica che, allontanando il clero francodal fon o o olare, creò un canone gra§.co verso la metà~el regno di Carlomagno, e ne nacque una scrittura che sod-disfece le necessità di comunicazione, anche scritta, dellaclasse feudale in tutto il territorio fra l'Ebro e l'Elba, cosìCome alle stesse necessità era dovuto il ritorno all'uso co-mune del latino.

È eraltro ossibile un ri ensamento del roblema allialuce dei nuovi orientamenti degli studi aleografici, ch~ han-no sottolineato l'importanza della trasformazione della sera-tura da maiuscola in minuscola al In e al IV secolo d. C.

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Page 56: paleografia latina

Paleografia latma

e hanno fatto ra ionevolmente supporre un uso della «mi-nuscoh antica» assai più diffuso di quanto non sia docu-mentato dalla conservazione dei codici di lusso, in scritturacanonizzata. È cioè pensabile che il « rinascimeato » dell'etàdi Pipino e di Carlomagno, quali che siano i suoi motivi piùintimi (non esolusa la «necessità di comunicazione» delGieysztor, sia pure spogliata della qualificazione classista cheegli vi annette, secondo i canoni dello storicismo marxista),abbia riproposto allo studio i codici che da due secoli gia-~e~no,Jl~lverosi e dimenticati nelle vecchie biblioteche eciò abbia indotto anche alla ripresa delile loro forme grafi-che riprendendone lo sviluppo interrotto secondo nuoviindirizzi, e delle semicorsive, ma non del tutto estranei nem-meno al mondo romano, come mostra l'aspetto fine, arieg-giato ed elegante degli scolii al Frontone palinsesto vat. 5750riprodotti in EHRLE-LIEBAERT6c. Generale il movimento dicultura, generali anche le conseguenze grafiche: cièÌ spieghe-rebbe agevolmente anche la «poligenesi» della scrittura ca-rolina, sulla quale, dopo lo studio dello Schiaparelli, oggisi suole insistere, sebbene, in effetto, la massima parte degliscrittorii in cui ùa nuova scrittura appare alla fine del secoloVIII siano in realtà francesi, rimanendo piuttosto proble-matico lo sviluppo locale dal quale, secondo il Pagnin, avreb-bero avuto origine codici come il forse nonantolano Liberdiurnus vaticano, già citato, il codice veronese dei Sermonidel vescovo Egino (C.L.A. 1057), ora a Berlino, Phillipps1676, il ravennate Omiliario di Alano (Troyes 854, C.L.A.840), ecc.

f La oli enesi' sia ure limitata.2!!e scuole francesi o sot-to influsso francese s ie a altresì come in ori ine non si

Iabbia ancora una seri tura carolina unica, ma piuttosto un!ipo generale o un~ classe» carolina. Finché il Bischoffnon avrà assolta la colossale impresa cui si è accinto (de-scrizione, corredata di saggi fotografici, dei più che 6000 co-dici del secolo IX a noi pervenuti) non sarà possibile orien-tarci attribuendo caratteri peculiari a ciascuna scuola: è tut-tavia possibile' che i due filoni rinci ali siano rappresentati

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La rinnovata unità grafica

~ «di Corte» o pala tino rappresentato dall'evanye-arto purpureo scritto dall'amanuense Gotesadco per Ca~ o~

magno nel 781, ora a Parigi, n.a. 1203 (C.L.A. 681) e. ~l

codici che sogliono raggrupparsi intorno all'altro evangeliano<1i 'treviri 22 scritto per una religiosa di nome Ada, forse so-rella di Carlomagno, alla fine del secolo VIII (c.L.A. 136~)e dal « tipo di Tours », rappresentato fra l'altro, dall,e van~Bibbie «di Alcuino » (di una, scritta forse intorno all820, S1ha un saggio di STEFFENS47): più calligrafico, iù squaduto~

iù diritto que o . origine turonense, più ra i o nel ~rac-oato, più tendente ad inclinare e aste e l'asse delle scr:ttu:re iù incline a tollerar ature ed elementi rovenìenttda . minuscole non caroline quello di origine p. • Soloalla fine del secolo IX o fors'anche al...Q.!incipio del X ivari ti i si f~ono e si armonizzano e si EUÒ veramentearlare di un canone oarolino, anche se abbastanza artico-ato in varietà locali. ' d Q

Ma ià al rinci io del secolo IX i ti o generale dellascrittura carolina comincia a &Hòni:Ìers1 nei territori chefacevano arte del Sacro Romano Impero ~prima accet-tando com romessi con le minuscole gtà in uso nei singolicentri scrittori e quasi agendo all'interno di esse nel senso

. regolarizzare calligraficamente secondo i propri schemi lelettere di forma sostanzialmente comune e rispettare invecele peculiarità più caratteristiche (l'esemplificazione sarebbelunga: basterà citare qui il codice delle Vitae patrum diBruxelles 8216-18, facs. STEFFENS 5P scritto a S. Floriano,presso Linz, ove la a è ancora a erta,la n è ancora maiu-scola e sono ammesse ancora-1egature come uella di e e tnell'interno delle arole e soprattutto quelle acute di r conlettera seguente), oi ~m re iù fo iandosi secondo ile.~rio genio e i ropri modi: si veda, per esempio, giànell'8IO, la collezione di scritti di cronologia ora Vat. Palo1448, copiata a Treviri (EHRLE-LIEBAERT,29) nella quale·a prima vista non ci si accorge del permanere di alcune aaperte, tanto l'aspetto è di minuscola carolina ormai com-piutamente formata. Così entro la primL mJ:.tàì:iel secolo IX f

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Page 57: paleografia latina

Pateo grafia latina

in tutti gli scrittorii della Francia~ della Renania e dell'Italiasettentrionale non si usa più che la nuova minuscola: al-quanto maggiore è la resistenza degli scrittorii della Rezia,ove la minuscola ivi formata aveva tali qualità callIgraficheda affrontare la competizione e resistere sino al1a secondametà del secolo stesso.

Ves ansione nell'interno dell'estensione eo rafica delSacro Romano Impero ...fu..f~ facilita~da dìs osizioni le-gislative come il ca itolare del 23 marzo 789 col uale s'im-poneva la correzione e l'emendazione dei testi scolastici, « etSI opus est evangelium, psalterium vel missale scribere, per-fectae aetatis homines scribant cum omni diiligentia »; masoprattutto ebbe agevole svolgimento perché quei territorierano 'tornati a formare una unità anche culturale, oltre chepolitica. Meno agevole fu, invece, la diffusione nelle terreche ormai sfu ivano -all'Impero e nelle quali le minuscolelibrarie che vi si erano formate erano canonizzate e avevanoassunto valore veramente nazionale; e si affidò non più

-aèI-elementi politici ma ad elementi culturali, in quanto du-rante il secolo IX le scuole francesi avevano veramente as-sunto posizione scientifica e letteraria capitale e le opere daesse uscite esercitavano la loro influenza dappertutto, e adelementi grafici, in quanto effettivamente le forme minusco-le della scrittura carolina chiare, limpide, arieggiate, bencaratterizzate, comode a .leggersi, esteticamente ben propor-zionate erano intrinsecamente superiori a quelle delle altrescritture librarie. Come si è già detto, nelle Isole' britanni-che fu la dominazione normanna a decidere la lotta, fra lascrittura nazionale e la carolina - del resto già ingaggiata,al solito sotto influenza dei monaci di Cluny: si veda, peresempio, il salterio di S. Edmondo, Vat. Reg. 12 (EHRLE-LIEBAERT,34) scritto a Winchester nel 1019 o 1020 - edalla seconda metà, circa, del sec. XI, in Inghilterra non siscrissero uasi iù i libri se non in carolina. Più resisté l'Ir-landa ma cedé anch'essa nel corso del secolo XII. Anchedella S'pagna si è detto, e se pure non si considera veritierala notizia del concilio di Le6n tramandataci da Rodngo di

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La rinnovata unità grafica

Toledo, è fatto certo che !lI principio e alla~à ?el ~ecoloXII la li!.!.!!...a toletan!!..... era completamente caduta m dis~o.Ma~or resistenza 0QP.0se, invece il re o Normanno el- •..IOl'ltàIia meridionale nel uale certamente SI SCrIsse.ancheiii carolina, ma in proporzione assai minore che no.!!...m..k.neventana; e la scrittura nazionale vi resisté casi a lung?

e si può dire, non riuscì mai a dominarvi e, quando fi-nal~ente questa concluse il suo ciclo dette il suo luogo auna scrittura che non era più carolina ma già gotica.

I manuali danno un certo numero di regole empi-riche per la datazione dei codici: notano per lo più lasemp1icita e la ~golarità del tratteggiamento, la persi-stenza dì a1cuni elementi corsivi, la forma cIavata delleaste superiori, la mancanza di trattini complementari al-'inizio e a a fine delle aste di i, m, n, u per il secolo IX;

fa progressiva scomparsa dei residui corsivi (soprattuttola a aperta) e della forma clavata delle aste nel secolo X;il raddrizzamento e I'Ingrandimento della scrittura, il trat-teggiamento accurato e àIquanto ricercato per il secolo XI;per il XII il Battelli segnala diversificazioni locali, che.si continueranno nella gotica; e per quest'epoca alcunipaleografi preferiscono addirittura non parlare più diminuscola carolina e identificano una minuscola « di tran-sizione », caratterizzata, oltre che da un certo irrigidi-mento del tracciato e dall'accentuazione del contrasto fratratti grossi e tratti sottili dall'uso della s maiuscola infine di parola e del segno diacritico sulla doppia i o sullai seguita o preceduta da u. Ma questi criteri sono assai

~ci, e non potranno avere base scientifica finché nonsaranno stati compiuti tudi sui singoli principali centri

.ttori, dei quali conosciamo bene o sufficientemente al-cuni (in Francia, p.e., Tours, Reims, Lione, Fleury; inGermania Colonia, Magonza, Lorsch, Costanza, Reiche-nau; in Italia Verona e Bobbio, ecc.) ma non altrettanto o

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Page 58: paleografia latina

Paleografia latina

nulla affatto molti altri che pure ebbero grande impor-tanza: e questa ricerca rivestirebbe speciale interesse pergli studiosi di filologia classica in quanto proprio questisecoli e questo territorio di rinnovata unità grafica sonosede di un vivace rifiorimento degli studi letterari, delquale il così detto rinascimento carolingio fu il primoepisodio: qui e ora SI trascrissero e ritrascrissero attivis.simamente i testi-.Qei classici e a questo fervore dob-biamo quasi per intero se, scomparsi oggi definitivamentee irrimediabilmente perduti gli antichi arche tipi alloraancor conservati, possediamo tuttavia la gran maggio-ranza delle opere capitali della letteratura latina, i cuicodici più autorevoli sono infatti per la massima partein scrittura carolina, come può mostrare una sempliceocchiata alla utile esemplificazione datane nelle 210 ta-vole raccolte da E. CHATELAIN, Paléograpbie des clas-siques latins, Parigi, 1884-1900.

Ma un'altra constatazione interessante è necessario facciail paleografo a proposito della minuscola carolina: ed è checdl suo stabilirsi torna ad a.I!Earire il concetto di scrittura« normale ». Anzi, mentre nell'età romana la « normale »rimane in realtà un modello ideale astratto e non una con-cretezza grafica, un qualche cosa eli cui possiamo sorprende-re solo manifestazioni fenomeniche filtrate attraverso espe-rienze librarie o rilasciate nel tratteggio corsivo, nell'epocae nei luoghi nei quali fu diffusa la Ca Qr ~ . isce er as-sumere essa nelle sue medesime forme canonizzate la fun-zione di «scrittura usuale ». Tutti coloro che, non' apparte-

!nendo ad uffici o a corporazioni chiuse eli scrittori profes-sionali di documenti, non sono tenuti ad usare la scritturaspecifica e artificiale di quegli uffici e di quelle corporazioni,quando scrivono usano la carolina e in carolina si sottoscri-

l vono: anzi, la carolina tIlUOVeall'assalto anche di quelle scrit-

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La rinnovata unità grafica

ture s~ali stesse e, dove prima dove dopo, finisce persostituirsi ad esse. .

Questa sostituzione riesce più facile e rapida, nat.ural-mente, nei luoghi dove non esisteva un ceto distmto di no-tai, cancellieri o tabellioni associati: p. e. a San ~allo,. oveverso la metà del secolo VIII, come si è visto, gli. atti no-tarili erano scritti in una merovingica già aperta ad mfluenzelibrarie, e verso la fine di quel secolo in minuscola alaman-nica, già ~ troviamo usata una min~scala carolina ua-si urissima, come nella prestaria dell'abate Cozberto, roga-ta da Huozo presbiter il 7 giugno (STEFFENS,53). Perfinone!11acancelleria imperiale e nelle regie, ove alla fine delsecolo VIII si usava 'la merovingica nelle sue forme cano-niche (cf. p. e. il già citato diploma di Carlomagno perFulda el dicembre 781, STEFFENS, 41) l'influenza dellacarol~a si fa valere, dapprima solo formalmenteJ in ucendoa calligrafizzare, regolarizzare, allineare, sciogliere dalle lega-ture le forme merovingiche (cf. i diplomi di Lodovico il Ger-manico dell'856, di Lodovico III dell'882, di Berengario Idel 912 in STEFFENS 59 64 67) poi aggredendo risoluta-mente anche a sostanza celle forme scrittorie e sostituendole lettere merovingiche con le caroline; e con la Renovatiodegli imperatori sassoni le ultime tracce della vecchia scrit-tura sono Qm;ai scomparse o confinate nella artificiosissimascrittura allungata stretta e altissima, della prima riga dei~'plomi e delle formule della ..subscriptio dell'imperatore edella reco nitio del cancellie e.

Naturalmente la minuscola carolina, nata libraria e dive-nuta usuale, non poteva introdursi sic et simpliciter in docu-menu dì così grande autorità e solennità; e, infatti, in can-ceneria fu trasformata in m i n u s c o l a d i P 10m a t i - -c a o c a n c e I 1e r e s c a' In verità non si trattò di una

Il'''''''':'tr'''a''''sf"ormazione,ma piuttosto di un adattamento ; p'iutto-sto che di minuscola di 10matica o cancelleresca SI dovreb-

parlare di artifici cancel1ereschi a plicati alla IIW1uscolacarolina allo sco o di dare alla scrittura uluale un aspettocaratteristico e solenne: artifici che; in sostanza, si riduçQpo

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Page 59: paleografia latina

IPaleografia latina

anziché di una dineola come se o ab.orzionato àllungamento delle aste so-

-":~r~a-u·t~to~-su=e~r~lo:'.tr:':l~fin=confrontocor o relativamenteiccolo della scrittura sicché le ri he risultano se arate da

lar . s azi bianchi}, da intrecci studiatamente raddoppiatidegli occhielli della s e della I, dall'uso delle le ature st ect a forma dì« onte »" con le duelettere distanziate e uniteda un tratto m a to: così, p. e ., nel diploma di Enrico III

• del 1053 riprodotto in STEFFENS, 72). Del resto, quandosi parla di « minuscola diplomatica» non si allude a qualchecosa di preciso e di specifico, perché anche quegli artifici,nella medesima cancelleria imperiale, variano, e quel Che ri-mane fermo è piuttosto il generico atteggiamento cancelle-resco, che ogni scriba concreta poi in forme e artifici proprientro un quadro consuetudinario: così, per esempio, quellodel di loma di Corrado III del 1139 ri rodotto in STEFFENS,g usa due forme diverse di intreccio dell'occhielli e a se intreccia anche le a&te non occhiellate della b e della d,traccia s esso ondulate aste discendenti sotto il ri o ,5,r e la stessa s) e la medesima ondulazione applica alquantoa capriccio, ora a uno dei tratti della Q maiuscola, ora allalegatura st , ora alla coda della e caudata, mdlti lica li oc-chielli della coda della g uno sotto l'altro fino a farla sem-brare una specie di festone pendente, ecc.

Anche la ancelleria pontificia, quando l(t)Oan ona atI ----adotta er la sua minuscola diplomatica artifici analo-g i e ne-regola l'uso, graduandolo secondo la maggiore omiliore so ennità dei docutnenti; tuttavia anche er i iùsolenni, come i rivile i, si mantiene più sobria e insiste,piuttosto che sull'intreccio e sul contorcimento delle ~te,sull'uso di legarure ,« a ponte» molto distanziate (si vedap. e., il privilegio di Onorlo II del 1127 riprodotto in STEF-FENS, 80), mentre er i meno solenni, come le lettere bol-

Tate" (e soprattutto le litterae cum ilo canapis) usa la sem-lice minuscola delle scuole notarili di migliore tradizione,

caratterizzata da cura calligrafica, da aste superiori moltoalte e inferiori corte, dall'uso regdlare o per lo meno frequen-

120

La rinnovata unità grafica

. imo della d onciale con lunga asta obliqua forte~e~t~uss ata e leggermente ondulata e, nella seconda meta e:;~~o XII, anche della s maiuscola fina!le c~e~.=.JefI

mente sotto il rigo: cf. le lettere bo ate l nn~cenzof:~1138) e di Eugenio III (1145) riprodotte m STEF-

FENS, 81.

121

Page 60: paleografia latina

LA SCRITTURA LATINAALL'EPOCA DELLA SCOLASTICAE DELLE GRANDI UNIVERSITÀORIGINI, SVILUPPO E FORldE

DELLA STILIZZAZIONE GOTICA

~el]'ultim? . eriodo della scrittuE carolina, quelloche e stato distinto anche <;2nun nome speciale (« mi-nuscola di transizione» 2 oltre l'affermarsi di certe formegrafiche maggiormente diverse dalle antiche, si era ma-UU

Fig. 14

nifestata una certa tendenza all'irrigidimento del ductus,alla esagerazione d~i contrasti fra pieni e filetti all'acu-tizzazione delle forme rotonde: questa, svolgendosi emanierando la scrittura, dava luogo a una caratteristica~ezzatura del tratto, che può richiamare alla memo-ria quella della beneventana, sebbene la tecnica dell'unasia diversa da quella dell'altra (fig. 14). Quando questatendenza, comune a tutta l'Euro a occidentale, si ècompletamente svolta (il che avviene fuori d'Italia, se-gnatamente nella Francia nordorientale, intorno ai pri-mi del secolo XII) si è formata una nuova seritt de-rivata dalla carolina attraverso una maruerosa modifica-zione deI suo trattèg io che è universalmente chiamatay, o t i c a. Questo nome, naturalmente, non ha alcun rap-porto con i Goti ormai scomparsi da un pezzo ma è unriflesso del disprezzo con cui fu guardata d~gli urna-

122

La stilizzazione gotica

.sti i ..9,!lali_contraEEonendola alla loro littera ant~qua~cavata, .come si dirà più. avan~i,. da?li esemplan .Inura carolina delle opere del claSSICIaVIdamente studia-fe' la c:onsideavano barbara, e le dettero il nome di .un~

deipopoli nei quali essi vedevano i fattori principalidella caduta della civiltà antica.

Considerata in ra orto alla storia-della el:illura, que-sta ~crittura si ri orta invece a un .D-eriodo...di.intensissimavita --rruuale ual è uello del basso Medioevo dal:MiJleal Mille uattrocento, caratterizzato da un generale.lifigJ:iro.entodi studi, ispirato soprattutto all'elaborazio-ne della filosofia aristote ica e alla rinnovazione delloitudio..del diritto romanQSome unum ius dell'unum im-perium, e strettamente legato al so!:gere delle randi

niversità.• Bologna e Pari i, che servirono di modelloa tutte le altre istituite in gran numero nei secoli dalXII al XV in tutta l'Europa occidentale. E come 1a....tl.U.Q;.

ultura rende rapidamente il posto dell'antica, sosti-tuendo il metodo del sic et non alla semplice riunionedelle sententiae dei Santi Padri o alle enciclopedie diIsidoro di Siviglia, di Beda, di Rabano Mauro, così lanuova scrittura divien eresto comune a tutta l'Europa,anche là dove, come nelle Isole britanniche, la carolinaaveva stentato ad entrare o dove, come nell'Italia me-r.iài.&nale,non era penetrata affatto.

I caratteri generali più importanti della minuscoladca sono la s ezzatura delle curve e l'anzolosità del

tratto insieme con una forte tendenza all'uniformità,a regolaritàl- al ritmo dei segni. A questa SI deve 1a

riduzione dell'altezza delle aste superiori e la quasi sop- '"ressione delle inferiori l'immedesimazione dei trattini

complementari, di cui le aste delle lettere erano andateadornandosi nel corso dello svolgimento della carolina,

123

Page 61: paleografia latina

Paleografia latina

nel corpo delle aste stesse fino a costituirne parte inte-grante, offrendo così Ia base al tratteggio esageratamentemanierato che si risolverà nella s ezzatura delle curvee infine l'uguale trattamento di tutte le aste che poggian~sulla riga (comprese quelle di s e I, che non scendonopiù al di sotto) e si uniformano al tratto inferiore di lo alla prima asta della u, spezzandosi o incurvandosi conun filetto: quest'ultima caratteristica è apparsa così im.

~ portante al Bischoff da indurlo ad erigerla a criterio perla definizione di una scrittura come gotica. Da ciò di-pende ' etto enerale dei codici in questa scrittura,nei quali la ri a erdutosi lo slancio delle aste .•è unifor-me e serrata e a loro vo ta le righe non sono iù obblì.ate a distanziarsi sicché la agina, perduta l'ariosità ca-

ratteristica dei codici in carolin~ diviene com atta epesante senza sazi bianchi che l'alle eriscano. Ma aloro volta gli scribi della gotica hanno un finissimosenso del ritmo grafico e alla base delle forme c e essidanno alle singole lettere si può riconoscere, negli esem-plari più accurati, un'elaborazione 5Luasi geometrica, uncalcolo attento di ieni e di vuoti di tratti grossi e ditratti sottili, }m'armoniosa corrispondenza di curve e dian oli, studiata accortamente in funzione della comno-sizione di tutta la riga, mentre ciascuna riga è concepitacome elemento costitutivo dell'intera agina: trattatain questo modo, la gotica risulta una delle scritture cal-li raficamente e - potrebbe dirsi - pittoricamente

iù studiate e perfette. E oltre alla tendenza allo slan-cio verticale, che l'accosta alle forme -ar~hitettoll.i~he di-

-stinte col medesimo nome, può coglier si in essa unche di dise n;u !:~ora.f o secondo uno schemamhescato che l'avvicina anche al calli rafis ella. p. _tura dei secoli XIV e XV.

5Qo •..,od124

La stilizzazione gotica

ezzatur.a dei tratti s'incontrava anche. pella scrittu-~entana,e-questa coin.cidenza col?l ".lvamente una

ra - O Dobias Rozdestvenskaija, lllducendola aosa russa, . . .S rre un rapporto genetico fra essa e la g~t1ca, stonca~en-sU~~e abile con le relazioni fra i monasteri di Montecasslllo ~~ lorfie ma lo Schiaparelli osservò giustamente che altra ela s a~eneventana, che ha r= 2ggetto le. aste eIdr. etica, che nguar a le curve. Recente~ente il Bo~s-=~'""'s~o':~tt-olineandoalcune analogie fra la gotica e la ~cr1t-:a' insulare, attribuì Ia formazione della pr~a al!1'a~ozlOne,in alcuni scrittorii del Nord-Est della Francia, sotto lll~uen-

. sulare dell'uso della penna a punta mozza e obllq~a, /~e U::ra co:Oune nelle Isole n:anniChe.: l'argomento mentadi essere approfondito, tuttavia a no~ sembra c~e, senza

cl dere il concorso sia pure determinante, dell elementoes u , 11'· to scnt~co rappresentato dal cambiamento n~ istrumen -

. l spezzatura delle curve possa continuare ad esser con-tono, a .. 1 . t della.d rata conseguenza di un maniensmo ne traccia o .51 elin 0a' avvertibile nel tracciato di alcune lettere (primacaro a~_" 1· dici . fasta della u e seconda della n) di mo ti co Cl, specie ran-cesi del secolo XI e anche del X. .

Sta, comunque, di fatto, che i . rim.I docu ent de~atrasformazione della carolina in gotica Cl ~en o~o rO..Q.noda codici della Francia nordorientale e dell Inghilte~ra nor-m (il Bischof cita una carta per S. Stefano di . aen,degli anni lQ6'5-J gz'5l, e di 11 queste forme « ~egotlche >~..eassar~ nel resto della Francia e in Germania, ove S1trovano nel terzo venticinquennio del secolo XII; a solonella prima metà del XIII e appunt .n Francia e in Inghil-terra la otica assume [a sua struttura recisa, gmngendo,p. e., alla raffinata eleganza del testo dell'Aristotele Vat. Urb.206 (EHRLE-LIEBAERT 40).

Quanto alla forma delle singole lettere e alle [egature,possono farsi le seguenti osservazioni (fig. 15).

la a ben resto si chiude dando luo o a due forme:una in cui il tratto superiore scompare a vanta ~o .dell'oc-chiello, e tutta [a lettera torna a una forma SImIle alla

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Paleografia latina

semionciale, risultando formata da una curva convessa. . d ' asmistra e a un asta spezzata a destra; e un'altra in cui '

invece la parte superiore ~he abbassa la sua estrercità di s~!Éstra fino a toccare l'occhiello, in modo che la lettera se~_bra quasi strozzata o tagliata nel suo interno da un filettgeneralmente indinato (fig. 15, 1); o

. la d è indifferente~e onciale e minuscola: la forma~nClal~ s~mbra prevalere con l'andar del tempo, e in essal asta inclinata ha generalmente sviluppo modesto (fig. 15 2)·

la r è in dOE ia forma: diritta come regola gene;ale'70tonda a uncino, con forma derivata dalla maiusrola:già~ uso. nei più tardi codici carolini, e, prima ancora, negliinsulari) do o una lettera curva con convessità verso destra.Si trattava in ori ine di un nesso nel uai;-l'asta dellaR capitale è sostituita da 0, ma ben presto il nesw non èQiù sentito come tale e l'occhiello e la coda della R assu-mono carattere autonomo (fig. 15~3); --

la u ha anch'essa due forme; rotonda come regolaenerale, acuta (v) in princi io di parola, e in questa forma

l'~~ di sinistra ha svilu o ma iore dell'altra, che in ta-lune scritture tende a chiudersi, riducendo Ta lettera a unaspecie di b con I'asta inclinata a sinistra (fig. 15, 4);

, l'an~ic~ le atura di ori ine corsiva er et scompare,e? e sostrtuita da un segno di origine tachigrafioa, a guisa.!li. 7 che già si è visto usato nella scrittura insulare e chepuò essere tagliato nel mezzo da un trattino orizzontale'

nell'incontro_di due lettere di curva opposta (b ed?; o e c;. b ed e~ P, e c, ecc) le due curve si sovrappongono,immedesimandosi l ~nell altra (fig. 15, 5). Questa regola,come quella dell'uso della r a uncino (ambedue formulatedal Meyer) sono generalmente osservate nei manoscritti ita-liani, francesi e spagnoli, mentre soffrono eccezioni neglialtri;

. le lettere ~iuscole, derivate dall'onciale, con esage-.!azlOne di curve.! di rigonfiamenti, di tratti complementarie .raddoppiam<;!lti di tratti formano un alfabeto proprio, di-sUnto dal minuscolo.

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La stilizzaxione gotica

Fig. 15

_ ••• ;;;:::.:::::;;-= ..._.:~-=ieno sviluppo nei secoli XIII e XIV, inranci ra scrittura gotica è molto serrata,

e e ante calli rafica con lettere alte e strette, dai tratti piut-tosto arrotondati :l o ~ che in altre varietà nazio-nali, ma con curve E,iù acute e s iccatam~te tendenti al-l'o . - La a o è a erta, di tipo carolino, con notevole svi-luppo della parte superiore, o è chiusa a dOI>pia ancia; lad se onciale ha l'asta assai inclinata e l'occhiello termina inbasso con o~iva molto ronunciata; tla s in fi~ di parolaè maiuscol~ e in fine di ri a uò rolun arsi er riem irtafino al mar ine; ha l'occhiello inferiore a erto o chiuso_e,Se'Chfuso trian olare; la barra di t s esso le a con la let-tera seguente; le aste di I, r, s terminano in ~n ununcino come uelle di i e di l e forma analoga assumonorosi l'asta verticale di t come la curva inferiore di c; la re-gola del Meyer sulla fusione delle curve contrarie è assaispesso non applicata. Esempi, se pur non tutti calzantissi-mi, di questo tipo di gotica possono trovarsi nella m:b~ ~Canterbu~ ora a Londra, Egerton 2569 (P.S. II, 113, eg'anni fra il 1225 e il 1152, nel già citato Aristotele Vat. Urb.206 (EHR.LE.LIEBAERT,40), scri-tto in Inghilterra nel 1253,neli'Avicenna Vat. 2412 (EHRLE-LIEBAERT,41), scritto inFrancia nel 1258. È la l i t t e r a a e o r m a, o ica~ rafica che trova applicazione nei codici iù ele anti e J

s e dura in vita sino al secolo 'XV. ...j7alla rancia el corso del secolo XIII e soprattutto

,-la gotica l'assa in ermama, ove è tratteggiata, dirego a, in forme iù an o os c e ne a t e x t u r a delsecolo XV eliminando completamente qualsiasi curva trasfor-

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Paleografia latina

!!Landa cchielli in esa ani allun ati ed osservando stret_tamente oJa Me er sulla fusione delle curve Con-trarie. Questa ~extura di: strettìssim osservanza che si trovaanche in Francia e in Inghilterra nel Trecento per i librilitur ici (es. il Breviario di Norwich, Londra Stowe 12 (P.S.,II, 197), in Germania si stilizza ancor più, terminando leaste nei così detti quadran 01' adornati talvolta da sottilitrattini complementan, ma finisce per essere adoperata solonei libri di scuola e di chiesa, e per questo è adottata anche

~nelle o ere dei primi ti grafi tedeschi come la famosa Bib.lll:.M~a de utenllerg...<Colonia,1455), la altrettanto

famosa Bibbia a 36 righe, forse anch'essa del Gutenberg,del 1456, ecc. Il Bischoff, che nell'articolo Paliiographiedella Deutsche PhilOlogie im Aufriss, hgg. von W. STAMM-LER,2a ed., Berlino [1955] traccia un nitidissimo, sinteticoquadro dello svolgimento della gotica tedesca, accenna a unaPerlschrift, di modulo ridotto, usata per gli esemplari dipiccolo formato della Vulgata e del Nuovo Testamento nelsecolo XIII e fa le sue riserve per il tipo speciale che ilKirchner aveva creduto di poter identificare nei codici uscitidai monasteri Cistercensi: a quel quadro siamo costretti arinviare coloro i quali desiderassero maggiori informazionisu questo argomento.

Quanto alI'Italia, è forse lecito domandarsi se vi si pos-sa veramente parlare di scrittura « gotica », intesa secondo ladefinizione del Bischoff. Anche qui il risultato finale di unaevoluzione poco studiata (non sapremmo dare indicazioni bi-bliografiche di un qualche rilievo, all'infuori della mono-grafia del Pagnin per Padova) e cominciata verso la metà o!:ultimo quarto del secolo XII, è la a ina atta, for-mata da i he serrate, con aste aEpena s or enti, ma mentrea una arte non c e racda- di uella riduzion.e delle stre-

mità inferiori delle asje po ianti s rigo, al modello della lche appare così importante al Bischoff, dall'altra il ço podelle lettere rimane la! o e squadrato otre la spezzaturadelle curve è assai meno ronunciata Taluno ha voluto pro-porre un paragone (c ante so o m linea molto generale)

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La stilizzazione gotica

con le differenze fra l'architettura gotica francese e quella'taliana, o meglio fra le cattedrali gotiche d'oltralpe e i pa-~azzipubblici padani e appenninici: più convincente, forse,potrebbe essere l'osservazione che il segno, il rafismo fan.;co-inglese accetta francamente il raffinato lin decora-1fvo caratteristico dell'arte figurlttiv otica, mentre gli seri-

1 1 aliani rimangono, in sostanza, fede' alla ferma plasticitàdi que a romllJlica.

Questa generica otica .taliana detta dai aleografi,}!2J$or o t u n d.a) già formata alla metà circa del secolo XIII, ecaratterizzata, oltre che dall'es sione della a a doppia l'an-da e del trattino che taglia a metà il simbolo di ori ine ti-roniana della congiunzione et a forma di 7 anche da pro-nunciat ~ curo verticale si stabilizza aIla fine di quelsecolo o al rincipio del seguente, e oca cui appartienecertamente il famoso Virgilio p.osseduto Ptrarca (STEF-FENS101, e nostra tav. XIX), non è sempre agevolmente di-stinguibile dalla specifica litte.rtt. onomensts, lli cu si diràfra pO'eO. È correntemente aaottata . er l libri di devozionee di religione, soprattutto er 1 cora nel ua SI conservaSìno a' e ael secolo XVI (gflfduale di Pio V, del Mu-seo Civico di Alessandria, Monumenta Palaeographica Sa-cra, tavv. 119-120) e addirittura al XVII ma non è rarovederla usata anche per testi statutari (Capitolare del Cat-taneo di Venezia, scritto nel sec. XIV, FEDERICI,Cancelle-rie, tav. 49; catasto della fraternita del S. Salvatore a SanctaSanctorum di Roma, 1462-1538. ID., tav. 92). r-

In Spagna sembra non si ossa parlare di un processo-- l,

locale spontaneo di formazione di una minuscola otica. Icodici in questa scrittura datati o databili del secolo XIII I i..4so~o imitazioni i modelli francesi e quelli che, come ilRatmonOol.U!ro volgarizzato di Milano, Ambros. A. 268 inf.(MILLARES,2a ed., tav. 69) mostrano caratteri specifici, puressendo datati di quel secolo, sono in realtà copie del se-colo .~guente, nelle quali è stata riportata pari pari la sot-tO~rtz10ne dell'exemplar. 10 svol imento avviene, invece,nel documenti, e appunto d a letta 1i /lrw: e.gios, della

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-} o rv ~ ~ Lt-~-~-

L!2 r I( ,4 ~ SfA~)JOL-A

-') I<.f.. r" DAl b~ t,~ Paleograjia latinaL-l (?QO S. -xi7 s e c,

quale si dirà fra poco, nascerà iù tardi (secolo XIV), ro-babilmente sotto l'influenza della. rotunda italiana, un ti anazionale s a no o di scrittura gotica libraria, la r e cl o n .da d e l i b r o s, caratterizzata non solo da!1la-pronuncia.ta largheZZa' e rotorrdità delle lettere, ma da li!!.. ratte giache ermette di tracciare esanti casi i tratti verticali carneli obli ui discendeUti da sinistra ~ destra, come infine glis:»; ~ X. b

orizzontali, rimanendo così sottili solo li o li ui ascendenti.,,( O~ pa sinistra a destra. Estremamente caratteristico è anche

['uso esclusivo delle d onciali con lunga asta pesante e di...:::::.una z simil~n ;..Ssempi in VILLADA,Paleografia espa.fiola, facs. 96-101; MILLARES,cit., tavv. 84-87, ecc.

Al di fuo.ti..delle varietà nazionali, molto interessanti edimportanti sono le casi dette «lettere s lastiche », cioè lescritture er casi dire uifi.' . e li scri i dei randi centriuniversitari, come Pari&,k,:So o na Oxford e, secondo ilDestrez, anche Na oli donde si qif.fon ,tÙl~i9ni tuttein cui quelle università si trovano e divengono i tipi piùcaratteristici, rispettiv~mel!l:e della ,Sotica itiifÙw.a,lrançesee inglese: i, più caratteristici, diciamo, e non gli esclusivi,

-~perché accanto ad essi 'se' ne trovan-::"usati~~nche altri, comequelli non universitari dei qua!1i ci siamo occupati finora.

,La li t t e r a b o n o n i e n s i s J secondo ilPagninche ne na fatto oggetto di un accurato studio, accenna aformarsi nel codice 1473 della biblioteca Universitaria diBologna, databile d l 1189~ nel 1219 appare già distinta,insieme con la parisiensis,' nell'elenco dei libri donati dal

.•.cardinale Gual~ Bi~chi~ri alla biblioteca di Vercelli; iun e:\.: .,"" alla perfezione nella seconda metà del sec o XIII. Come

mo elli sono citati dal agnin i codici scritti dagli amanuen-si Cardinale e Rogerio da Forlì, per esempio la Bibbia dellaNazionale di Parigi ms. Iat. 22; come esempio tipico, sep-pure di circa un secolo più tardi, noi potremmo citare ilcodice della Novella di Giovanni d'Andrea Vat. lat. 1456(STEFFENS, 106). Continua ad essere usata per tutto il se-colo XIV finché non è sostituita da forme preumanl'stiche:è a scrittura degli aman~n~ lavotano a Bolo ~otto

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La stilizza~ione gotica

7

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Paleografia latina

francese che si svilu a contem oraneamente alla bologne_se, come su per giù contemporaneo è lo svolgimento delledue grandi università. È meno accurata ed ele ante meno[e ata meno rotonda di questa, iù s ezzata lU esante,

riva di s aziositlà e' di re olarità. Le aste sono molto bre-yi guella della di re ola scende a ena sotto il rigo,la u iniziale ha uaIche volta forma di v arrotondata coniil" rimaasta inclinata e iù alta della seconda, si da essertalvdlta simile a b; la a è talora simile al tipo italiano, ta-laltra a doppia pancia come generalmente nella gotica fran-cese; la g ha l'occhiello inferiore schiacciato, spesso triango-lare e chiuso con un leggero filetto; il se o di et è uasicostantemente ta liato alla metà da un trattino orizzontale.Come esempio si può vedere il s. Tommaso di Bruxelles II.934, scritto nel 1284, riprodotto in STEFFENS,98 e nostratav. XXI).

Sulla li t t e r a o x o n i e n s i s non abbiamo alcunostudio e in moltI manua - a SI efinisce in un modo e lasi esemplifica in un altro. I manoscritti universitari inglesiriprodotti da DESTREZ,La pecia dans les manuscrits uni-versitaires, Parigi, 1935 (ad eccezione del Rosarium dellatav. 31, assai tardo e forse posteriore anche al 1400) pre-sentano una scrittura «ana:loga alla parigina », ma con let-tere iù serrate e tratti meno s zzati », corrispondente cioèalla efinizione e non alla esemplificazione di quei manuali.Le lettere sono meno alte che nel ti di gotica f~ncO-in lese di cui si è già detto, ila regola del Meyer più os-servata, la v iniziale s esso in forma acuta molto somigliantea una b a motivo del:1a modica inclinazione della primaasta; la s finale uò essere minuscola o maiuscola e inquest'ultimo caso non è rara una forma che scende a puntaalquanto al di sotto del rigo; la a si trova anche nello stessomanoscritto in :tri lice forma: a rta, chiusa all'italiana echiusa alla francese: tutto ['aspetto della scrittura, pur so-migliando a quello della parisiensis, è più regolare e cal-J1gl:afico. .

Per quel che riguarda i documenti, è difficile dire se la, ') f,

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La stilizzazione gotica

loro scrittura risulti da un'evoluzione paralleIa...a.quella deilibri, partendo dal medesimo punto (la minuscola «di tran-siZione») oppure dal :tracciato corrente di forme librariegià gotiche. La seconda ipotesi sembra molto meno proba-bile, tenuto conto della spaziatura fra riga e riga, delnotevole svilu d.elle. aste conservato in genere nei do-cumenti non solo italiani er tutto il secolo XIII dellaarlOsia enerale della scrittura della conservazione delleas e di s e or f sotto la riga, della mancata riduzione delleaste poggianti sul rigo al modello di l, della generale scor-revolezza del tratto, che poco o nulla risente della tendenzaa spezzare le curve o a farIe ogivali. I tipi possono differiregeograficamente, ma non è stato ancora compiuto uno sttf-dio esauriente sull'argomento: anche l'avviamento dato, perl'Italia, dal Federici nel commento alle tavole della suaScrittura delle cancellerie italiane non tiene nto della in-stabilità delle cancellerie dei Comuni, costituite spesso dainotai del podestà o del capitano del popolo, che venivanodi fuori e cambiavano ogni sei mesi. Ciò contribuì a unlivellamento generale degli usi cancellereschi anche per quan-to riguarda la scrittura e alla identificaz1op.e.della scritturacancelleresca con quella notarile. Si ha cosi una enericascrittura documéntltria' ttanan-a, con caratteri assai simili Intutte e 'varletà loca:li, che - al Crous e da altri è stata com-presa in una categoria più generale (avente come caratteri-stiche le aste inferiori di s e f :terminanti al di sotto del~ e le forme rotonde di s finale) cui essi da o il nomedi b a s t a r da. Ma oiché con questo nome si intende or-mai comunemente uJla varierà francese dì questa scrittura, a1-quanto dissimile dall'italiana, ' preferibile conservare a que-sta la denominazione di m i n u s c o l a a n c e 11e r e s c ai t a l i a ~, accettata anche a31-Batte. -. . . n Il ~ merita la scrittura dei documenti on-

?I1C1, che in buona parte dei secoli XIII e XIV non è oi,1D sostanza, se non un aecuratissimo tipo di minuscola ClUl-

celleresca italiana. Vi si conservano a lun o le .forme roton-~lantt e a minuscola di transizione: [e lettere hanno

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Paleografia latina

aspetto elegante, re olare e ro orzionato; sono unite cor-sivamente a tratti sottili, hanno aste sviluppate che ter-minano a punta e si ori ie ano con svolazzi (cfr. il titulusdi Innocenzo III del 1208 in STEFFENS 88. Nel corso delsecolo XIII le s ca itali finali in seguito a tratteggiamentocorsivo in un sol tempo, si chiudono in una forma rotondail guisa di 6; più tardi anrora -la parte su eriore tende oi-

ie arsI in entro" e a c . dersi anch'essa, senza però darluogo alla caratteristica form-;;:-simile quasi a una B che sitrova nella bastarda francese e nelle corsive gotiche tedesche(cf. il privilegio di Gregorio IX del 1234, in "STEFFENS, 9J).Questa forma si trova poi generalmente usata anc e inizialein fuzione di maiuscola. 10 svolazzo a banderuola della donciale si svilu a anch'esso e nel corso del secolo XIIISICiiliide a destra, dando ""luogo a una forll2acaratteristicain cui la mano do o aver tracciato l'occhiello inferiore, nonSiilediritta pe~ chiudere l'occhiello superiore da sinistra a

destra verSO il basso (forma tipicamente corsiva, usata ancheora come allora) ma traccia" discendente l'asta obli ua, poirisale per com letare questa~n un-Iungo filetto che scendea chiudersi a destra sull'occhiello, formando così una spe-cie di trian 010 rovesciato. La a nella cancelleria' ontificia siconserva carolina fino ai tempi di Innocenzo IV, p~man ma-no si riduce alla forma gotica italiana; gli svolazzi inclinati ver-so sinistra che terminano in basso le aste di p, q, i. s e anchel'ultiiiiOtriitto di m e n, anziché con una curva si colleganoalla lettera con un angolo sempre più pronunciato; anchegli occhielli superiori di b, h, l appaiono più angolosi (cf.il titulus di Bonifacio VIII riprodotto in STEFFENS, 94).

Non è esatta l'opinione del Baumgarten, condivisa an-che dalla Burger, che l'esilio avignonese della S. Sede abbiaavuto influenza sulle forme grafiche dei documenti pontifi-ci: vero è Invece' che, pur rimanendo nel tipo~cellerescoitaliano nel corso del secolo XIV esse continuarono ad acqui-stare caratteri go ici più evidenti, accostandosi un poco nel-le aste appuntire alla bastarda francese. E questo avvicin.a-mento a modelli non italiani si fa più accentuato proprio

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La stilizzazione gotica

nei papi dell'obbedienza romana e pisana ai temjli del gran-de scisma d'Occidente, sotto i quali i docUffieiiti sono scrit-tiID una corsiva angolosa, talvolta schiacciata, ornata ditrattini complementari e svolazzi sottili, con aste inferiori

upo bastardo, s capitali finali a guisa di B appuntita, maiu-scole ornate di tipo nettamente gotico. Terminato lo scisma,uesta scrittura è immediatamente abban onata: hèlla can-

ce erra (1j' Mattino V troviamo in uso una bellissima minu-scola gotica di tipo prettamente italiano, che sarà la basedella successiva evoluzione della scrittura delle bolle papali.

Fuori d'Italia si deve notare un altro ti di cancelle-resca. che si forma in Francia nel secolo XIV sotto influssiotici molto iù attivi che in Italia, ove, ;;;~ si è detto,

a ase e a cancelleria coeva sta iuttosto la minuscoladi transizione che !!.on la gotica.-.E uesta-la scrittura notasotto il nome di b a s t.a t d a (lettre Mtarde) le cui carat-teristiche tinci ali sono a s minusc ch -- ottola riga, una forma di s final~ che, ad evoluzione compiuta,somiglia a una maiuscola della stampa con le ance acutela r diritta tracciata in modo da sembrare uasi !,lUa v esoprattutto una .earticolare forma delle aste discendenti mol-

6sse lìf principio e assai sottili e acute alla fine) non-é 1~ttJata inclinazione verso destra. Dalla Francia la

bastarda si estende alla Germania ove il tratteggi;mento èpiù grosso e duro, e ove rimane correntemente usata negliatti della ~etia . penale; all'Inghilterra ..• ove -y!enepiù acuta e stretta, perdendo talvolta l'incliriazione versodestra esa era artificiosamente il chiaro scuro di alcune astee del tratto obliquo della d e acquista una s eciale f.9rmadi r cO!Jllessa con l'antica nazionale insulare; alla S agna,ove si modifica nelle forme della così detta bastardilla e atutto il resto d'Europa. Dappertutto rimane in vita a lungo,quando in Italia sono ormai da tempo usate aitre scritture.

Non ci è possibile, in questa sede, ferrnarci a discorreredella scrittura cancelleresca inglese, distinta fin dal principiod.~l secolo XIII da strani rigonfiamenti dei tratti obliquidIscendenti di d, S, v, ecc. e poi dalla adozione di una cu-

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Paleografialatina

riosa e in un sol tratto; e nemmeno dello svolgimento dellascrittura documentaria in Spagna che, movendo dalle formedella minuscola documentaria e diplomatica comuni su pergiù a tutta l'Europa nel secolo XII, da una parte si cal.ligrafizza nella l e t r a d e p r i v i I e g i o s, non lontanadalla minuscola insegnata a Bologna nella scuola dei Detta-tori, dall'altra si corsivizza nella l e t r a d e a l b a ·1a e sdistinte l'una e l'altra dalla grossezza dei tratti orizzontalie particolarmente degli sviluppatissimi segni abbreviativi; esoltanto di volo potremo accennare alla così detta s c r i t _t u r a d e i d o t t i italiani consistente in sostanzain un tracciato rapido e trascurato e a minuscola Iibrarìnotica, che ne esa era la s ezzatura sino a giungere, in

casi estremi, alila disartico1azione-<ieHa asi, illeggibile cor-siva degli autografi di s. Tommaso d'A uino (es. STEFFENS,2.5) o alla scr"t e.. a, recentemente stu-diata dall'Orlandelli, arrotondata le at"ssima con forme ar-ticolari di lettere: sono varietà indipendenti della coeva no-tarile o cancelleresca, derivate probabilmente da diversaeducazIone grafIca miziale in scuole diverse da quelle dacui uscivano poi i notai e i cancellieri: la prima, che scom-pare alla fine del secolo XIII, dipende certo dalla praticacontinua delle scritture librarie _e dalla completa esclusionedelle documentarie; la seconda è forse da collegarsi conl'insegnamento presso i maestri d'abaco.

Dovremo, piuttosto, spendere qualche parola per osser-vare che la distinzione fra scritture librarie e documentarie- .ls, une le;te allo stile « otico » le altre assai più in-di endenti - ermane certamente uanto alla essenza macol tempo si attenua fino addirittura a scom arìre per quelche riguarda l'uso pratico. Si cominciò a uanto sembra,in Italia, ove 11ceto notarile, particolarmente interessato allanascente letteratura volgare, ne raccolse i primi saggi, nonsolo con trascrizioni occasionali, come quelle ben note deiMemoria i bolognesi, ma in l!I> ositi codich come il famosoVat. 3793, della seconda metà del secolo XIII, al quale dob-biamo la conservazione della gran maggioranza delle rime

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La stilizzazione gotica

della scuola siciliana e di molte toscane del Duecento, edove la scrittura dei documenti ebbe trattamento raffinata-mente calligrafico negli altrettanto famosi «Danti del cen-to Il, tra~critti da Fr~ncesco di ser Nardo da Barberino, due .•.1dei qual! sono datati del 1337 (Milano, Trivulziana, 1080, ç ~~facs. STEFFENS,.103 e magnifica ediz. fototipica Hoepli, Mi-lano 1921, vedi nostra tav. XXII) e del 1347 (Firenze,Laurenziana 90, 125); né è da tacere che anche la scritturamercantesca fu usata per codici volgari, come il Vat. Barb.4086, ~ontenente, fra I'altro, il Convivio dantesco, ripro-dotto integralmente a cura dello Schneider nei Codices eVaticanis selecti, vol. XXII, Vaticano 1932.

Ancor maggiore successo ebbe in Francia l'uso della ba-starda, la 9ll insita calli r icità sL restava adessere elabo-rata m orme che ra iunsero rara s uisitezza e furono sessoaccompagnate da ineguagliata eleganza dell'ornato e della mi-niatura. In Germarua e m Inghilterra, mvece di solito icodici volgari sono scritti in forme correnti e non7alllgra-Ilclie e a otica libraria, che accolsero se ni speciali perla ra resentazione dei suoni w e thJ estranei all'originario

abeto latino. Da pertutto, oi er codici di minore im-~no si hanno !ipi intermedi fra la scrittUra libraria e ladocumentaria la cui classificazione costituisce un rebus ri-masto insoluto nonostante il tentativo del Lieftinck che di-stinguendo una littera textualis, una littera textualis 'formata,~a littera cursiua textualis, una scriptura notularis, unalittera cursiua formata, una littera cursiua currens, unacursiva bastarda, una bastarda currens ha cercato di etichet-tare una realtà storica .molteplice e sfuggente, generalizzando~a esperienza che, per quanto larga, rimane pur sempre li-mltata a codici e scritture dell'Europa centro-settentrionale.

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Page 68: paleografia latina

rLA «LITTERA ANTIQUA»

E LE SCRITTURE MODERNE

Nel nostro esame dello svolgimento della scritturalatina abbiamo sempre trovato alla base di ogni muta-mento tendenze gra Iche spontanee o artificiose, elabo-razioni di forme antiche compiute più o meno consape-volmente in centri scrittorii librari o documentari: nonci è ancora accaduto, però, d'imbatterei in un ritornopuro e semplice a forme antiche, compiuto volontaria-mente per impulso di un ristretto numero di persone,anche se, in definitiva, esse si rendano interpreti di unatendenza diffusa. Più ancora: abbiamo visto che, nellamassima parte dei casi, ilo svolgimento era determinatoda tendenze grafiche interne, per dir così, alla paleogra-fia, anche se espressioni grafiche di fatti culturali: isingoli avvenimenti esterni (invasioni barbariche, revisio-ne testuale dei libri sacri, ecc.) da taluni considerati de-cisivi, si sono rivelati tutt'al più tali da facilitare non dadeterminare lo sviluppo di tendenze p~ra~ente grafi-çb.e. Ora invece assistiamo al fenomeno, a arentementesconcertante, di un ritorno verso forme che erano statelent;mente abbandonate e sostituite da altre, er impul-~lontario di ersone estranee all'esercizio professio-nale o revalente dell'arte scrittoria animate da tendenzein arte afiche, ma sop!.attutto _ enericament~ cultu-rali: e siamo ;nche in grado di precisare i nomi dei due,138

L'« antiqua » e le scritture moderne

tre che possono considerarsi i padri della nuova scrit-o dI' all"ra cioè e ritorno antica.tu Si è notato come in' Italia la scrittura libraria, ur

cogliendo i caratteri generali della gotica, avesse man-acnuto alla base della s uadratura la rotondità d~lla mi-te ., hi 'nuscola recedente' e ancor piu c aro e apparso que-sto fatto nella minuscola e nella corsiva cancellerescache, per lo meno nella varietà usata nei documenti pon-tifici, è stata già ricollegata dal Federici alla « minuscoladi transizione ». ~~ corso del secolo XIV i caratteri, e-culiari della otica si accentuano e fanno sentire la loroinfluenza anche sull~scrittura dei doc~i:-E!.a con-temporaneamente appaiono anche sensi di stanchezza perquelle forme e aspirazioni a maggiore semplicità. Forseha importanza relativa l'ingresso della cance!leresca ita-liana nel campo librario, c e avviene poro rima 9~1a'meta ì que seco o con i famosi cento codici di Dànteche una gentile leggenda vuole esemplati da Francesco'di ser Nardo da Barberino, il quale con quella fatica siprocurò la somma necessaria a costituir la dote alle fi-gliole: ma quando udiamo il Petrarca desiderare unalittera castigata et clara seque ultro oculis ingerens, dì-versa dalla vaga et luxurians littera degli scriptores opiuttosto pictores dei suoi tempi, che molcendo gli oc-chi li affaticava e sembrava ad aliud quam ad legenduminventa, e trovare appagamento del suo desiderio in uns. Agostino in minuscola carolina ancor oggi conservato(Parigi, Bibl. Naz., 1989) del quale loda la vetustiorislitterae maiestas, ci troviamo già in presenza del_va~heggiamento di una riforma scrittoria e anche dell'in-

dicazione dell'indirizzo da darle.Questo vagheggiamento deriva ~ Pet.rarca certamen-

te dall'amore per i bei codici antichi, ma ha anche ra-

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Paleografia latina

dici se non materialmente grafiche, certo connesse conla grafia, come l'esigenza della chiara leggibilità. Egliha coscienza di una crisi della scrittura gotica, nella

uale man mano 1 valori décorativi avevano preso ilso ravvento su uelli sem licemente es ressivi sIcchéuna pagina in ettre de forme poteva avere una sua va.lidità estetica anche prescindendo dalla decorazione, macon quel suo ritmo, che cercava le sue leggi altrove chenell'espressività grafica e nel quale restavano sommersii tratti distintivi dei singoli segni alfabetici è abbrevia.tivi, cost~in eva l'occhio del lettore a una fatitosa icer-ca er individuare le forme alfabetiche. Questo contra.sto fra decorazione ed espressione, questa illegittima o,quanto meno, nociva confusione fra estetica pittoricaed estetica scrittoria, che era venuta a trovarsi Ha inedellà via del mànierismo calligrafico induceva l'as ira-zione a un rinnovamento, che era comune ormai, seppurforse solo inconsapevolmente avvertito, a tutti coloroche consideravano il libro non soltanto una ioia d~liocchi, e questa aspirazione il Petrarca cercò di realizzarepersonalmente, modificando la propria scrittura, che neicodici da lui stesso trascritti (p.e. il famoso Vat. 3195,contenente l'originale del Canzoniere, autografo da c.38' a 49 e da 62 a 72') appare fondamentalmente gotica,ma priva di svolazzi, con tracciato classicamente nitido.

Ma la vera riforma della scrittura nac ue, pensata-mente e volutamente, nel iccolo cerchio dei rimi uma-nisti fiorentini, i uali nelle loro affannose ricerche ditesti classici si trovarono di fronte assai spesso a codi-ci scritti in caratteri che noi oggi sappiamo essere deisecoli dal IX all'XI ma che allora, alcuni di essi com--. -----mettendo un errore dimostrato dai più recenti studi pa·leografici n n poi inescusabile, attribuivano all'età ro-

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mana. Essi destavano l'entusiasmo loro come avevan~de~tato quello ae1 Petrarca: Coluccio si raccomanda~a ditrovargli manoscritti in littera antiqua: «nullae ~U1demlitterae - egli scriveva - sunt oculis meis gratlores »;il Niccoli del quale un contemporaneo scriveva che « n~.° i ro, per buono che sia, gli piace ... non essendo scnt-to di lettera antica », sembra sia stato il l'rimo a ten-tare una imitazione, acenaosi egli stesso calligrafo emaestro . calligrafia. Certo questa opera svolse oz-RO Bracciolini, alla cui mano appartiene, secondo lerecentissime ricerche dell'Ullman, il codice LaurenzianoStrozzi ano 96, del 1402·1403, contenente il De vere-cundia di Coluccio. Come sappiamo dal suo epistolario,l'er la sua biblioteca e li sti endiò tre copisti ai qualiinsegnò per~nalmente a scrivere in !!.ti.eraanti ua: ed I

è da credere che appunto alla scuola "sua o a uelladel Nicroli si siano formati i l'timi amanuensi di rofes-sione che adoperarono quella scri~ra, fra i quali ènecessario ricordare Antonio di Mario (o Mari), chelavorò fin verso il 1450 e che usa una scrittura da con-siderarsi come il tipo più rappresentativo della scuolafiorentina (v. p.e. il Festo magliabechiano I, 8, facs.FEDERICI, Cancellerie, 82, II).

Ma se il Niccoli e il Poggio furono gli inizia toridella riforma scrittoria, non furono i soli, ché anzi~ni umanista a Firenze ambiva e~ser considerato. ottimo.calllgrafo. di littera antiqua e tali furono effettlvamen·t0ra gli altri, Leonardo Bruni e Tommaso Parentu-

i. Amanuensi e librai erano i loro collaboratori gra-diti e intelligenti, e uno di essi, Vespasiano da Bisticci,rimasto famoso ha il suo onorevole posto nella storiadella cultura e in quello della letteratura.

Firenze fu dun ue il centro di elaborazione della mi-

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~cola umanis.!ica ...Q}~a ant~ua; elaborazione rifles-sa e voluta, certo, non spontanea e naturale, ma co-munque tutt'altro che priva di rispondenza con ten-denze generali diffuse nel mondo lettera):'J.~, sia perchérifletteva, anche n~scrittura l'entusiasmo de li uma-nisti ~r la classicità ma sia anche perché, in effettitrovava ragion d'essere proprio nella contra osizionegià sot~oline~ta da.l Petrarca, fra a etica, Ipmta' Eiùche sC!lt.ta, ncca di valori estetici ma faticosa a Ieggersi,e a anttqua, elegante ma al tempo stesso ultra se ocu-lis ingerens.

La ~cri,ttura de li amanuensi fiorentini di littera antiqua(espressione c e, come ha dimostrato il Casamassima in un~uo recente ~tudio,. p~r gli umanisti indicava la carolina)e. nervosa, .arlos~ cli. dlffienslone piuttosto piccola, piena difinezza e di grazIa di 'una leggerezza quasi aerea. irenze ri-mase abbastanza a ITungoil centro di questa nuova scritturase?be~e, sùbito dopo i primi saggi, il suo inventore (o me:g~lOrinnovatore) lasciasse quella città per assumere l'ufficiodi s~gretario dei brevi nella curia pontificia; e vi si sus-s~~rono almeno tre generazione di scribi, rappresentantidi CIascuna delle quali potrebbero essere Antonio di Mariodel quale l'Ullman conosce non meno di 42 codici sottoscrit-ti, d~l .1417 al 1456, Gherardo del Ceriagio (34 codici sot-toscntti, dal 1447 al 1472; vedi tav. XXIII) e Antonio Sini-baldi (30 codici sottoscritti, dal 1461 al 1499)' a Firenze illibro umanistico in littera antiguaJ m:eziosamen~eminiato fuoggetto di organizzata produzione e di largo commercio' su~cal.a ben mù che artigian~leJ accentrato soprattutto nellabottega di Vewasìqno da Bisticci, cui giungevano commes-

~o!! solo da ogni parte d'h "a, ma anche dall'estero. .A. Firenze, infatti, e alla bottega di Vespasiano ricorse

F~enco ~a ~ontefeltro per una Bibbia famosa, che fuscritta ({allam~ueììse Ugo Comminelli un francese di Mé-zières) e miniata da sei artisti sotto l direzione dell'Atta-

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"ante (Vat. Urb. lat. 1-2) e anche a Firenze, per lo stessoFederico, lavorava Mattia Contughi da Volterra, scrittoredi non meno di sette codici conservati nel fondo Urbinatedella Biblioteca Vaticana (p.e. il Vangelo, at. fO, e ilDante, lat. 365), ma molti codici si trascrivevano anche adUrbino medesima sotto ìa direzione eI giudice umanistaurbinate Federico Veterano che compilò un accurato cata-logo dei 606 codici latini e dei 93 greci compresi nella bi-blioteca del suo signore. In sCa'laassai mag iore Ferdinandod'Aragona ordinò una fiorente scuo a dI scrml' ai ltlJ!.raantiqua, orgariizzata rimamente (pare) da Piero Strozzi,nella quale lavorò anche, dal 1471 al 1477, il Sinibaldo.Alle forme fiorentine rimangono stretti i maggiori copistidi Ferdinando, il parmense Giovanni Marco Cinico e ilsorrentino Giovan Rinaldo Mennio, che, l'uno da'l 1463l'altro dal 1472 al 1494 scrissero rispettivamente 71 e 25codici appartenuti alla biblioteca degli Aragonesi, saggi deiquali si possono vedere nelle tavole della magnifica operadedicata da T. De Marinis a quella biblioteca. Calligrafoabilissimo e, pare, fuori dell'influsso fiorentino, fu GiovanniPontano, il celebre umanista: a Iui era stata attribuita lascrittura di un Tibullo guelferbitano (82, 6 Aug. 2°) gemellodel Tacito leidense (Perizonianus Q. 21), ma questi ma-noscritti sono poi stati riconosciuti copie di codici a luiappartenuti, eseguite probabilmente da qualche umanistadella sua accademia, che usava una scrittura interessante perlontani ricordi beneventani, costituiti dalla e più alta dellealtre lettere e dall'asta della r che scende sotto il rigo.Altro virtuoso dell'antiqua fu Niccolò Perotto vescovo diSiponto, al quale si attribuisce un codice delle favole diFedro e di Aviano.

Centro im oxtantissimo di roduzione di codici umani-stici fu Ferrara sotto il dominio est; suo capolavoro ar-tistico fu la famosa BibbiadCBor;;- d'Este, che peraltto nel-la scrittura, opera degli amanuensi Pier Paolo Maroni eBernardo d'Alemagna, pur mostrando notevoli influenze fio-rentine, rimane sostanzialmente fedele al tipo della semi-

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gotica. A Milano si ha una scrittura analoga a quella dellaBibbia d(Borso cl' ~teJ se ure arguanto piu evoluta versol'umanistica, nel Cicerone trascritto nel 1422 da FrancescoBossi vescovo di Como:-;Uel Cicerone di mano di Co..simo Raimondi Cremonese, mentre le glosse delle minia-tUreSOno in pura aiiiiqua: questa scrittura doveva dun,

ue essere in uso in quella città fin dal primo venticin-quennio del secolo XV. Enorldissimilmente a Verona,ove j suo uso ci è attestato dal manoscritto di Giustinooggi a Londra (add. 12012), trascritto di mano di un Ales-sio tedesco da un esemplare di proprietà del Guarino. In-teressante è anche la iccola scuola fiorita a Cesena Intorno~Malatesta Novello, studiata dal Campana e dal Domeniconi,cui si deve la precisa identificazione del più fecondo frai suoi copisti, il francese Giovanni di Epinal, trascrittoredi almeno 34 codici, attualmente conservati nella bibliotecaMalatestiana di quella città.

A Roma l'anti ua a are usata almeno dal 1429 in unCicerone trascritto dal tedesco Giovanni di Schwabenheim(Berlino, Hamilton 164), e lunga tradizione di scrittura uma-nistica attesta infatti il Calpurnio scritto nel 1463 da PietroOddo, lettore nello Studium Urbis. Nella curia pontificia fuado erata senza modificazioni anche ~uso cancelleresco,se non ~e bolle e nelle lettere bollate ove la tradizione -non "poteva essere infranta uanto meno nei brevi, in calcedei quali appare la sottoscrizione di umanisti quali il Bion-do e il Dati, capi dell'ufficio che li redigeva. Del resto, siapure per brev_e_tempo, la littera antiqua entrò un poco intutte le cancellerie italiane di una uaIc e im ortanza comequella degli Ara ~esi, quella degli Sforza, quella d~lla Si-noria fiorentina ecc. -

b m bmFig. 16

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Secondo un benemerito studioso inglese, il Wardrop, a~a in orno al 1490 due calli rafi di rofessione, Pie-rautonio Sallando e Gerolamo Pa .arolo, introdusser~tracciato dell'antiqua un poco diverso da uello de li~ifiorentini' non più, come a Firenze, rapido, sottile, leggero,nervosa, di piccole dimensioni, ma largo, calmo, scorrevole,solenne, di maggiore- dimensi0ne, con aste molto marcate ecurve raddolcite (fig. 16): una differenza grossolanamenteanaloga a quella che corre, nei caratteri a stampa, fra l'elze-viro e il bodoJ1jano: È possibile che un ulteriore am liamen-to della ricerca mostri il Sallando e il Pa liarolo non giàiniziatori ma soltanto codificatori di uesto ti o di anttqua,corrispondente a tendenze forse abbastanza dIffuse, specienell'Italia settentrionale: esso, comunque, ebbe rapidissimafortuna e, adottato da tutti e argamente esemp reato aitrattatisti cinquecenteschi di calligrafia, so piantò rapida-'mente nel manoscritti . fiorentino conservatosi . ~ e-nacemente nei caratteri a stampa. GIà nel primo venticin-quennio ae seco o -xvr non SI scriveva più che secondo inuovi canoni, ricavandone ta:lora dei capolavori, come il fa-moso salterio di Paolo IlI, scritto da Federico Mario, unodei più rappresentativi scribi di lettera antica dell'ultimagenerazione, come il suo quasi omonimo Antonio Mario loera stato della prima.

Peraltro, l'uso della scrittura umanistica fu tutt'altro "I

che esclusivo per la confezione del codici del Quattro-cento. A arte, infatti, le o ere liturgiche "per le uali lagotica rimase di rigore, per ùalche tem:Qo sopravvisseanche la cancellere ca italiana, la cui tradizione librariasi era iniziata coi Danti «dei cento »; ma soprattuttosi conservò e si svolse er tutti i libri di carattere nonletterario che formavano, poi, se n~n la maggioranzacerto una uona percentuale della produzione) il ti 0_

otico sem lificato di cui erano stati offerti i primiesempi dagli ~!trl!!i del Petrarca, e che i paleografi

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indicano con nomi disparati: il Battelli propone una di-stinzione fra g o t i c a p r e un;: a n i s ti c a quando sitratta veramente di u~a gotica sem ·ficata, come nel casodclPetra~ e dei suoi seguaci, e g o t i c o-u m a n i-s t ~ a quando si tratta invece di una ..89tica che abbia ad-dolcito le sue caratteristiche sotto l'influsso diretto dellaantiqua, come nella famosa copia del De Oratore fatta dalv~covo Francesco Bossi nel 1422 (Vat. Ottob. 2057,STEFFENS 109 b). La distinzione ha fondamento reale:ma si tratta pur sempre, in sostanza, di un rammoderna-mento della gotica, Zpe; amore di sem licità, continue-remo a raccogliere l'uno e l'altro ti sotto la comune de-si nazione semi otica, togliendo questo vocabolo dal-l'uso librario.

È caratterizzata per lo più dalla q, corsiva chiusa, dalla~onciale, dalla s finale chiusa, dall'uso della r otica e daqualche legatum: il suo fondamento è gotico, ma si accostaall'umanistica per la semplicità -ela chiarezza el tratto. Adessa si collega buona Qarte della tradizione scrittoria lombar-da quattrocentesca, com'è dimostrato dal più volte citatoCicerone Ottob. 2057. Vi si accostarono anche l'umani staveronese Guarino che accanto all'antiqua usa una semigoticamista, per lui evidentemente meno artificiosa e faticosa, eFlavia Biondo forlivese, che per incarico del Guarino tra-scrisse anche lui a Lodi nel 1422 il Brutus di Cicerone allorascoperto nella biblioteca vescovile di quella città. In man-canza di studi speciali non ancora compiuti non è possibilefare alcuna affermazione: ma 2.uò darsi che alla gran~cuo-la scrittoria umanistica fiorentina, cui si deve la creazionee la diffusione della littera antiqua.! rispondesse nel setten-trione una scuola milanese o genericamente lombarda che,pur accettando spesso la nuova scrittura, continuasse e per-fezionasse prevalentemente la semigotica, ed esercitasse lasua influenza su tutta la bassa valle padana, sino a Verona,

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• Ferrara e alla Romagna. Tutto ciò peraltro, ripetiamo, nonpotrà. :ssere a~ermat? con. ~i~urezza finché non ~iano. sta~~eseguItI accurati studi specificì sui più importanti scnttornitaliani del Quattrocento.

Anche nei documenti privati di questo secolo la cancel-Ieresca italiana del secolo recedente appare man mano s0-stituita dalla semigotica che, naturalmente, per quest'uso si

molto 'più corsiva e non sempre chiaramente leggibile.~pare anche usat~ Turnanistica intorno alla metà del se-colo, m_essa eSIge tr~a iù cura per e~ tracciaE diquanta soHtamente non possano o non vogliano porre i no-tal, sicché presto o è abbandonata o degenera verso formecorsive miste.

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Accanto alla semi otica in sempre più rapido de-o e alI anHqua in sempre ma~ ior p o, in

ftalia e nel seco o _ ~ trova usato un altro tiEo 4iscrittura cui iJ Battelli (che per l'antiqua accetta la e-nommazione comune di «umanistic » !mistica ro-tonda») conserva il nome di « umanistica corsiva », colquale è generalmente designata nei manuali e ne uso. Inverità, questo termine ci lascia alquanto perl'lessi perché,qualunque sia il processo che ha dato luogo alla suaformazione e comunque su esso abbia influito la litteraantiqua borum. temporum degli umanisti fiorentini, cer-

che ~ si tratta di un semplice tratteg,aio corsivo<!Lguesta. La questione, sia pure ridotta a modesti con-fini terminologici, merita di essere approfondita: quan-to meno per ora, nel desiderio di evitare l con una deno-minazione significativa, il suggerimento di una evolu-zione storicamente non vera, noi preferiamo chiamare que-sta scrittura i t a Ilè a, prendendo anche questa volta aptestlto il terrillne dall'uso bibliografico (v. tav. XXIV).

Fino a pochi anni or sono si ammetteva concordementecheqtJeSta- scrittura, elegante, sottile', inclinata, con aste lun-

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ghe così in a:lto come in basso, con s e f discendenti sottoil rigo, c6n a corsiva chiusa, fosse il prodotto di una elabo-razione e a minuscola notarile o CiDcelleresca italiana delsecolo XIV, avvenuta sotto l'influenza de la anti ua elim],nando ogni residuo di quella contorsione del tratto che inessa era l'equivalente della spezzatura gotica: il problemaera la ricerca del Ji.-Qv uando tale elaborazione fosseavvenuta. Il Federici citava come primo esempio una lettera(non specificata) di Galeotto Manfredi, signore di Faenza(1468·1487), ma la pratica degli archivi aveva mostrato scrit-ture simili, nella medesima epoca e anche prima, a Firenze,a Milano, a Ferrara, a Urbino, a Bologna e, naturalmente, aRoma. Si era perciò pensato a una origine, oltre che graduale,intercancelleresca, nel senso che il tipo, abbozzato in unacancellerra come càlligafizzazione o stilizzazione della semigo-tica documentaria, avrebbe potuto essere stato ripreso da al-tre, con elaborazione contemporanea e influenze reciproche(ovvie a supporsi, considerati gli intensissimi rapporti episto-lari fra gli Stati italiani nel Quattrocento) e con ciò sem-brava spiegato il suo contertiporaneo apparire in più luoghisenza che fosse possibile stabilire una reale precedenza ero-nologica. Successivamente, sulla base dell'esame di moltecentinaia di brevi pontifici originali del Quattrocento, si erapensato di dover attribuire una parte di primo piano in que-sta elaborazione non tanto alla Cancelleria pontificia quantoalla Segreteria, donde quei brevi uscivano e alla quale fu-rono addetti, come è ben noto, umanisti di gran nome, dalPoggio medesimo al Traversari, al Biondo, al Bruni, al Da-ti. Senonché in questi ultimissimi anni (1960) l'Ullman, ri-prendendo una intuizione del Morison (1943), ha potutoidentificare con certezza pove manoscritti, :tcritti sicuramen-te da N~QlQ ,ig;Pll negli anni da.t 142·0 .ar1432 , uandocioè nelle cancell.erie l'evoluzione vers~ l'itaÌi~~ era ~ppenaaccennata, e tutti mostrano ques a scnttu a la quasr com-Illetam~nte svolta nef forme cne avra urante il .Q altro-cento. on ciò anche all'umanistica corsiva si verreBbe a~re, come aIl'antiqiìa,. un identificatissimo padre e una pre-

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cisa datl\ di nascita. Il problema è dunque riaJ?er~o e propo-sto in termini assolutamente capovolti, né p~tra essere risoltose non con accurati studi da condurre sui documenti e sucodici sicuramente datati.

Comunque, quali che s'anQ le sue origini, è certo che lascrittura lì ca e e arg issima applicazione, appunto inta la, ne seco o ,cos per i codici come per l OCU-

menti. Nei primi e leggera, nitida, chiara, elegante: fra co-elie la trattarono con particò1are '1'affIn~Za va ricor-

dato Pomponio Leto, al quale il Miizzioli ha recentemente(1959) attribuito con certezza 18 codici o parti di codici, eche ama sostituire la g onciale alla minuscola e talora fauso del {} greco. Alcuni scribi, come l'umanista anconetanoCiriaco Pizzicolli, v'introducono forme capricciose, dedottespesso dai codici o dalle epigrafi greche; altre volte la fret-ta e I'inrenzione di trascrivere codrc1 per uso soltanto per-sonale induce a tracciati rapidi e trascurati, ma i modellialfabetici e lo stile grafico rimangono fermi e costanti. Neidocumenti, accanto al tracciato calligrafico di quelli maggior-mente curati dalle cancellerie, ~he nulla ha da invidiare aquello dei maggiori codici e, sotto certi aspetti, talora lo su-pera in eleganza, si ha per le carte di minor valore o perquelle non destinate alla diffusione, come le minute notarili,un tracciato corsivo nel qu e s esso le let,tt;te si assimilano

uto le une alle altre che non empre si riesce a distinguer-e aci 1 a confondersi sono, per esempio a, e, n, T,) e la let-tura riesce talvolta faticosa: negli esemplari peggiori e piùtrascurati è, anzi, spesso molto difficile.

Durante il secolo XV l'antiqua e l'italica sono scrit-ture ~mente it lian~. Ma esse dà una parte' esprime-vano le opere e le idee dei maggiori animatori diquell'Umanesimo che andava ra id mente conquistandotutti gli spiriti colti dell'Occidente e poneva le aSIdella grande fioritura del Rinasciinehto in Europa, dal-l'altra avevano il ~io.intrinseco ,della chiarissima le -

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gibilità senza nulla scapitare, quanto a bellezza ed ele-gahia, nel confronto con la gotica, anzi rispondendo inpieno al mutamento dei gusti estetici generali, stanchiormai del linearismo e della decorazione e indirizzatipiuttosto verso la plasticità e la linearità. Nella secondametà del secolo ai l'Italia diventa la maggior rodut.trice~ diffonditrice di libri stampati, e i teClesclù chevi avevano introdotto l'arte tipografica avevano rinun-ciato fin dal principio ai caratteri di Gutenberg e diSchoffer, ispirati alla textura germanica, per adottarnealtri, disegnati secondo il modello dell'antiqua e riser-varono la semigotica a libri giuridici, liturgici, scientifici.Il carattere «romano tondo» fu, poco do o ortato- - 'a perfezione insuperabile a Venezia dal Jenson e purea Venezia, nel 1499, Ald? Manuzio usò per la ..primavolta 1'« italico » inciso..dal bolognese Francesco Griffosul modello dell'umanistica corsiva del Niccoli. Questicaratteri, vincitori in breve di quelli ideati fuori d'Italiaad imitazione delle scritture locali (si potrà ricordare ilcivilité, inventato a Lione nel 1559 sul modello dellabastarda francese) si diffusero rapidamente in tuttaEuropa.

L'invenzion~del.la stampa segnò praticamente, nel ter-mine di un secolo, la fine del libro .tnaIlOSCtittue, . alve rareeccezioni rappresentate soprattutto da messali, da graduali eIn genere da libri liturgici, con la met~ de1 Cin ueéento ilcòmpito della paleografia dei codici può àirsi esaurito. Mala scrittura a mano rimaneva insostituibile er le carte e peri ocumenti, e se da una parte neI'la sua pratica esecuztoneacquistavano sempre maggior peso le ~r~je individuali, sic-ché leggere un manoscritto del secolo XVI e dei seguenti èspesso più un fatto d'intuizione che di conoscenza, dall'altraessa ricevé regole precise e modelli sicuri da imitate nellea posite opere didattiche dei maestri professionisti quali,

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in Italia, il Vicentino (1522-23) il Ta liente (1524), il Pa-tatino (1540), l'Amfiarao (1548), il Cresci (1560), ecc. Al-

1'oPera di scuola dell'amanuense si s~stituisce quella del cal-11grafo, lo Schreiber è rimpiazzato dallo Schreibkunstler e

ò Schreibmeister: tuttavia, noi che facciamo storiadella scrittura in genéf Qb. dell'arte calligrafica, dobbia-mo guardare a quei modelli con una certa cautela, sceverandoquanto in essi vi è di individuale e di capriccioso e quanto,invece, di consacrazione scolastica della pratica comune.

..!? Italia, nel~ de~eco-lo XV l'anti~ua (ormai trac-ciata solo nelle forme «bolognesi» del alllffido e del Pa-gliarolo), confinata a chi esem lari, perde sempre piùterreno e~rittura usuale è la cancelleresca, cioè l'italica lie-vemente modificata nel ~rado calligrafico e nell'acutezza di2.te curve; n~no bellissimi esempi molti brevi~ntifici.Con la seconda metà del secolo XV si comincia a tar-sentireil nascente gusto barocco, che nel corso del seguente porta

a formazione della scrittura chiamata dai trattatisti del-l'e a b a s t a r da) sebbene no bbia alcuna relazione

n omonima francese del secoli precedenti: è, infatti, ca--'tI1~matlr da rotonda scorrevolezza del tratto, facile uso di

legature per mezzo di filetti, aste lunghe forte~ incur-vate verso estra e s!,!periori,"verso sinistra le inferiori) eterminate in alto con caratteristici ri onfiamenti a mo' di-era, in basso con ri onfiamenti simili _o, più spesso, conun lungo trattino complementare intrecciato. Nel Settecento

de le sue esuberanze subisce l'influenza francese e, nel~dro dello spirito razionalistico, schematico, pTeciso, essen-ziale proprio di quel secolo si riduce a forme sempre piùnitide e meno cancelleresche; verso -la metà dell'Ottocento,infine, comincia a farsi sentire e diviene man mano prepon-derante l'influenza dell'insegnamento scolastico della corsivait;!g!ese.

a (per quanto possa sembrare un paradosso) l'importan-za dello studio della scrittura italiana del Cinque e del Sei-

nto non è nell'esame delle sue applicazioni pratiche inWk. Essa è, infatti, l'abito di cui si veste, dal secolo XV

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in poi, la cultura umanistica che, nata in Italia, di qui an-dava riversandosi su tutta l'Europa. Chi a quella cultura siispira aaotta que a scrittura, sIccne seguirne la progressivadiffusione significa sostanzialmerrt e e es andersi del-l'eddCazIoneumanistica. La adottano anzitutto i dotti e I mae-

•., e- da loro 1'apprendono in ciascuna nazrone I ceti supe---r-I""'or"'I-,italianizzanti e meno inclini ad accogliere nuovi ~

a e nuovi orientamenti dello spirito, come la borghesiaforense e curiale, tenacemente attaccata alle sue abituèIìni eaIfe sue fortne aftc e nazion ,tutte più o meno aerivatedalla gotica. on e qur . caso di esporre gli episodi di que-

timga àttaglia fra due tradizioni, nella quale si riassu-me tutta la storia della scrittura a mano dell'età moderna:ricorderemo soltanto, di volo, che in Ispagna, ove la letrade albalaes si era arrotondata nella cortesana e poi era de-generata nella procesada che, secondo don Chisciotte, nem-meno Satanasso in persona sarebbe stato capace di decifrare,la scrittura umanistica secondo i modelli italiani, adottata datutti per la corrispondenza fin dalla prima metà del secoloXVI, penetra nella cancelleria regia sotto Carlo V, divienesempre più frequente sotto Filippo II e nel secolo XVII èdi uso esclusivo, sebbene i calligrafi elaborassero, per lescritture ufficiali, la redondilla. In Francia, ove pure i cetisociali più elevati adottano le forme umanistiche fin dallaprima metà del secolo XVI, per i documenti si continuò adusare la bastarda, che presso gli scribi curiali ed amministra-tivi diviene più scorrevole e corrente, ma insieme assai piùlegata, contorta, ricca di deformazioni corsive di lettere diorigine gotica, ormai completamente scomparse dalla scrittu-ra comune. Un decreto del Parlamento di Parigi nel 1633proibl addirittura l'insegnamento di questa lettre [inancière:naturalmente non ebbe alcuna applicazione pratica, ma ciòche le disposizioni di legge erano impotenti ad ottenere fuabbastanza facilmente conseguito dai grandi maestri di calli-grafia, che adottano e insegnano la cancelleresca e la bastar-da italiana. Sotto la loro influenza, la lettre [inancière sichiarifica nella lettre [rançoise, ormai poco diversa dalle rie-

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L'« antiqua» e le scritture moderne

laborazioni francesi delle scritture italiane, sicché in breve sigiunge a ~. tipo unico di scrittura, cui. il c?nqu~s~atopredo:rninio politico e culturale della Francia di Luigi XIV e 1

reali pregi intrinseci finiscono per assicurare fortissima in-fluenza in tutta Europa, non esclusa l'Italia medesima.

In Inghilterra, la bastarda tracciata in forme strane e biz-zarre dalla cancelleria, ohe ignora del tutto le tendenzeumanistiche dei letterati e della Corte, si stilizza nella stra-vagante Chancery Hand, rimasta in uso per i documenti reg~piu importanti fino al secolo XIX, e nella Court Hand ~~ldocumenti meno importanti e di quelli giudiziari, che fini-sce per rivaleggiare con essa in bizzarria, mentre nei docu-menti forensi non cancellereschi ed extragiudiziari alla sti-tizzazione angolosa si sostituisce il tracciato rotondeggiantee tendente al verticale della Secretary Hand. Ma tutto que-sto rimane limitato al ceto curiale: la scrittura comune èquella modellata dai calligrafi dei seco!o.~~I e ~III, ~quali dapprima si attengoI?o. senza orl~malIt~. a~lI esempidella scuola francese, poi finiscono per ìngentilirli nella at-tuale corsiva inglese, mentre è forse da legare alla SecretaryHand il carattere rond che ancora s'insegna nelle nostrescuole. In Germania le influenze grafiche italiane, accolteverso la fine del Quattrocento e il principio del Cinquecen-to (Melantone usava la cancelleresca italica) sono presto re-pinte perché la nazione tedesca, in fase di formazione di

a cultura nazionale unitaria e di aspra lotta religiosa, con-idera Yantiqua e l'italica come espressioni di una cultura,. una tradizione, di una confessione religiosa non solotranee alla propria stirpe (e il mito del sangue ha avuto

sempre profonda risonanza nell'animo di tutte le popolazio-ni nordiche) ma addirittura nemiche. Sul presupposto, piùaffettivamente immaginato che storicamente reale, di unatradizione grafica nazionale gotica, essa accetta come propriauna scrittura che si era andata da l'oco formando nella can-Celleria imperiale, la Fraktur, caratterizzata d~a trasforma-zione in « quadrangoli» delle spezzature gotiche e la Zer-streuung dei tratti delle lettere, con l'aggiunta di volute or-

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Paleografia latina

namentali. Alla Fraktur si ispirano, sino alla fine del secoloXIX, i caratteri a stampa dei libri tedeschi, mentre er l'usocorrente si continua ad usare la bastarda, in tracciato nazio-nalmente modificato, che, verso la metà del secolo XVII sispecifica in Kanzleiscbrijt, scrittura di cancelleria, e in Ku«.rentschrift, scrittura corsiva, rimasta nell'uso fino a tempirecenti. Nel corso del secolo XIX, il sempre più intimo in-serimento della Germania nella cultura europea, alla qualeessa portò il contributo inestimabile della sua arte, dellasua filosofia, della sua capacità economica, fece cadere manmano in disuso queste forme «gotiche» nazionali, risusci-tate volutamente in un breve momento di follia razziale enazionalistica, ma ora nuovamente abbandonate del tutto oprovincialmente conservate in alcune piccole zone ove unaminoranza etnica combatte un temuto assorbimento da partedella maggioranza.

Uno svolgimento interessante è anche quello della scrittu-ra della cancelleria pontificia che, mentre tutti gli altri uf-fici della Curia adottano le scritture italiane del tempo, nelQuattro e nel Cinquecento conservò, nei suoi documenti piùsolenni, la sernigotica. Quando questa, con l'adozione gene-rale delle scritture umanistiche, divenne completamente ar-tificiale, cominciò un processo di stììizzazione che all'anticaspezzatura gotica sostituì la disarticolazione dei tratti dellelettere, conservando quelli forti e sopprimendo i sottili:ebbe così origine una speciale sctittur ncelleresca, la litte-ra sancti Petri, artificiosissima e di lettura assai difficile, cherimase tradizionalmente in uso fino alla sua abolizione san-cita da Leone XIII, il papa culturalmente novatore, che ave-va aperto a tutti gli studiosi, senza distinzione di nazioneo di fede, la Biblioteca e l'Archivio segreto vaticano.

Nel campo della scrittura a mano, ormai sono dun-que adottatl mOde 1ì risalenti tutti alla corsiva ingleseo francese e, attraverso esse, alla cancelleresca italianadel Rinascimento. D'altra parte la scrittura latina è in

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L'« antiqua» e le scritture moderne

via di sempre maggior diffusione ed è stata accolta,~e che da alcune repubbliche dell'U.R.S.S. in sostitu-zione della cirillica, anche dalla Turchia in sostituzionedell'araba e dal Giappone in sostituzione o quanto me-no in accompagnamento dei complicati, numerosissimisegni ideo grafici nazionali. Il processo di svolgimentoiniziatosi col « ritorno all'antico» di Poggio Bracciolinie con la formazione della cancelleresca italica è in viadi conclusione soprattutto nel campo tipografico, ove,caduti quasi completamente gli ultimi residui gotici,le forme umanistiche sono rimaste incontrastate domi-

triei e l'unità grafica si è ricostituita nel carattereromano tondo, cioè in sostanza nella littera antiqua: ac-an o aa esso I'italico e rUnasto solo con funzioni ausi-

liarie per quelle parti degli scritti che si vogliono met-re in risalto ° comunque distaccare dal resto. E quei

caratteri stanno penetrando .sempre pìu anche nell'usoprivato attraverso la macchina da scrivere che, dopoaver conquistato tutti gli uffici, è divenuta strumentonormale di lavoro, sostituendo la penna e il calamaio,per tutti coloro che, in qualsiasi campo, dal giornalismoalle lettere e alle scienze, fanno professione di sctittore.

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SISTEMA ABBREVIATIVO

Lo studio dello svolgimento della scrittura latina ri-marrebbe tuttavia incompleto se non si desse qualchecenno sulle abbreviazioni delle parole, il cui uso fularghissimo in tutto il medioevo, soprattutto nei librie continuò a lungo nelle prime stampe e nei manoscritridocumentari dell'età moderna.

. Ne~'età romana si. fa largo uso di abbreviazioni per le0Ig~afI, ve la ne~essItà di usare caratteri di grandi dimen-

SIOnI a problemi di spazio: esse, peraltro, sono limitatea parole di facile intelligibilità, come i prenomi personali leindicazioni di cariche e di uffici, alcune formule di uso 'co-mune, e sono formate col sistema del t r o n c a m e n t ocioè dell'indicazione delle sole prime lettere dei vocaboli(IMP. = imperator; CLV. = Clustumina (tribus); LEG.PR.PR. = legatus pro praetore, ecc.) o della si g l a cioèdell'indicazione della sola prima lettera (C. = Gaius;H.M.HN.S. = hoc monumentum heredem non sequetur;D.S.P.P.D.D. = de sua pecunia posuit decurionum decreto,ecc.). Analoghi problemi di spazio si presentavano nellascrittura su avoIéh quando, trattandosi di documentarenegozi giuridici, SI aceva riferimento a formule rituali(ab h.t.d.m.a.f.p.q.ot.f.c.e.f. = ab hoe testamento dolus ma-lus abesto. Familiam pecuniamque testamenti faciendi causaemit fiduciarius). Nelle carte su~I problemi di spazionon esistevano, e infatti le abbreviaziorii sono meno numero-se e intense: in esse, però (come anche, del resto, nelle ta-

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Sistema abbreuiatiuo

volette algeri.ne degli anni 493-96), s'introduce una parti-colare estensione della pratica del troncamento effettuatacon lo scrivere, dopo la prima lettera della parola, anche laprima della sillaba o delle sillabe successive: pp. e dx. perperpetuo e dixerunt, ss. per suprascriptum, sppdd. per spo-pondiderunt, ecc. Talora questo t r o n c a m e n s i I-l a b i c o è irregolare (sp. per suprascriptus nelle tavolettealgerine) e talune irregolarità (del genere di fli per fl(am)i(nis),sempre nelle tavolette algerine) possono formare un abba-stanza agevole ponte di passaggio verso altre forme e altritipi di compendi, ispirati a principi diversi.

I odici letterari, invece, in via generale, non conosce-vano quasi alcuna abbreviazione: vi ricorrevano talvolta lesigle più in uso nell'epigrafia, come quelle per i prenomi, e,in alcuni testi, in fine di riga, o di verso, una lineetta inalto sostituiva la m. Questa lineetta passò anche nell'internodelle righe e delle parole, con valore sostitutivo, oltre che dim, anche della nasale n. A parte queste ultime, che d'altraparte potrebbero considerarsi forme di scrittura convenzio-nale piuttosto che compendiaria, tutte le altre abbreviazionierano effettuate secondo il principio del troncamento, percui delle parole si scrivevano la prima o le prime lettere,tralasciando le altre.

Nella speciale scrittura tachigrafica che va sotto il nomedi note tironiane e che poi null'altro è, in sostanza, se nonun sistema stenografico, con un proprio alfabeto, la neces-sità di attribuire a ciascun vocabolo declinabile o coniuga-bile la propria funzione nel discorso rendeva impossibilel'uso del troncamento, salvo che per le parole invariabili(quando non vi fosse ambiguità) e per le formule rituali. Daciò i successivi inventori di stenogrammi (ne sappiamo anchealcuni nomi: Tirone, liberto di Cicerone; Vipsanio Filargioe Aquila, liberto di Mecenate; Seneca) furono tratti ad ag-giungere alla lettera o al nesso di lettere rappresentanti ilprincipio di ciascun vocabolo, segni convenzionali o nessiletterali (sempre in alfabeto tironiano) rappresentanti la de-sinenza. Così, ad esempio, i segni per n-il valevano nescit,

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Paleograjia latina

quelli per ins-er o des-er significavano rispettivamente insu-per e desuper, quelli per exs-at si leggevano exsuperat, ecosì via. Nacque in tal modo, sia pure per usi diversi dainormali e applicato a segni alfabetici diversi dagli usuali,un altro principio abbreviativò: quello della cont azione, percui delle parole si scrivevano il principio e la fine.

L'insegnamento delle notae, o quanto meno delle princi-pali, faceva parte dell'insegnamento scolastico impartito aifanciulli romani e, d'altra parte, ai tempi imperiali, il lorouso era diffusissimo non solo nell'amministrazione, ove gliexceptores erano di regola notarii, ma anche e soprattuttonei tribunali, ove i processi verbali delle sedute erano ripresistenograficamente e non di rado gli avvocati assoldavanostenografi professionisti per raccogliere le loro arringhe. Laconoscenza degli stenogrammi era, quindi, diffusa fra gli uo-mini di legge, che molti fra i più semplici di essi usavanospesso tali e quali nei loro scritti, altri ne traslitteravano,per dir così, in caratteri comuni, sostituendo i segni alfabe-tici ordinari a quelli tachigrafici, ma lasciando immutati glielementi costitutivi dell'abbreviatura.

Non può far meraviglia, quindi, se in numerosi libri tec-nici di giurisprudenza (valga come esempio il manoscritto diun'opera, a quanto pare, di Giulio Paolo, in minuscola an-tica del sec. IV, del quale si conservano alcuni frammenti aVienna e a Berlino, facs. STEFFENS,14 e E. 1. 48) appaionocompendi come ee, mmonio o addirittura mmo, crio o sem-plicemente co, qa, ecc. (tutti sormontati da una lineettaavente la funzione di segnalare il carattere di abbreviaturada attribuire a quei gruppi di lettere) per le parole esse,matrimonio, centenario, quia, ecc. In questi test" tecnici giu-ridici, le cui abbreviazioni vengono chiamate 110tae turis,il i . ne è ..secolo IV. Ed è assai probabile che (forse per effetto del-l'educazione fondamentalmente giuridica e forense impartitaalle dassi più colte e più elevate ancora durante tutto il perio-do imperiale) tali notae iuris (come seguiteremo a chiamarle,per riguardo della tradizione e dell'effettiva origine) dive-

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Sistema abbreoiatiuo

Dissero, come già aveva intuito il Lindsay fin dal 1913, diuso costante nella scrittura libraria non calligrafica e chesolo la perdita dei manoscritti antichi di tal genere ci na-sconda la continuità di tale uso, probabilmente molto inten-so nei libri tecnici e scientifici e assai meno nei testi lette-rari, ove non era tuttavia ignoto, come mostrano, per esem-pio, alcuni frammenti ciceroni ani (P. Oxy. 1097 + 1251 +P.S.I. 20, C.1.A. 210; P. Ryl. 477, C.1.A. 226) e alcunimanoscritti, anche non antichi, nei quali, per riflesso dellafonte, si trovano riprodotte, più o meno fedelmente, nume-rose notae iuris (p. e. l'Agostino De Musica di Tours 287,del secolo IX). È, anzi, supponibile che alcune cruces deinostri testi siano dovute proprio a non intelligenza di qual-che nota da parte di copisti se iori,

Tuttavia, il sistema delle abbreviazioni giuridiche eraalquanto arbitrario e talora i compendi si prestavano adambiguità e a false interpretazioni; sicohé una prima voltaall'atto dell'emanazione del Codice Teodosiano fu proibitoil loro uso per le copie di quel testo legislativo, e una se-conda e una terza volta nel 530 e nel 533 Giustiniano vietòseveramente che il suo Codice e il Digesto fossero trascrittiper siglorum captiones et compendiosa aenigmata e per si-glorum obscuritates. Più che in forza di questi divieti, i qua-li valevano solo per i testi di legge, non per i commenti ele opere scientifiche, l'uso delle notae iuris dové decaderenei secoli VII e VIII per forza di cose, in quanto la produ-zione di opere giuridiche fu allora minima e le scuole di di-ritto ebbero carattere assolutamente elementare mentre glistudi scientifici e tecnici si ridussero a ben misera cosa.

Nel frattempo si era compiuto un altro processo, magi-stralmente illustrato, seppure sopravvalutato nelle sue con-seguenze, da 1. Traube. Le prime traduzioni greche del-l'Antico Testamento dall'ebraico trovarono, secondo l'abitu-dine, il nome di Jahvé espresso dal tetragramma: essi ri-produssero alla meglio questa forma sacrale di espressionedel nome di Dio per mezzo delle consonanti 8 e C, inizialee finale di 8EOC, sormontate da una lineetta. Nella stessa

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Paleograjia latina

epoca e probabilmente nella medesima regione si portava 8

compimento la traduzione dei Vangeli, nei quali Dio nonha un solo nome, ma è anche il Signore, è Gesù, è il Cristo:e nel codice D dei Vangeli, che è il più autorevole dellaclasse I, la più antica, dei manoscritti evangelici, le parole8EOC, KYPIOC, IHCOYC, XPICTOC appaiono espressecon segni 8C, KC, IC, Xc. Più tardi, probabilmente nelcorso del secolo 111, lo stesso procedimento si applicò aI1ATHP e I1NEYMA, scritti I1AP e I1NA, in quanto an-ch'essi nomi di Dio.

In latino, sempre con le prime traduzioni della Bibbia,entrarono i simboli per Deus, Iesus, Cbristus, Spiritus nelleforme DS, IHS, XPS, SPS, interamente latine la prima el'ultima, mezzo greca e mezzo latina le altre due (sec. IV),poi sul loro esempio si foggiarono DMS o DNS per Domi-nus e SCS per sanctus (sec. V). Questi sono indubbiamentesimboli sacrali e come tali furono sentiti a lungo, se ancoranel secolo IX un monaco di Corbie, Cristiano di Stavelot,scrive: «Scribitur autem Iesus per iota et eta et sigma etapice desuper apud nos... et sicut alia nomina Dei compre-hensive debet scribi, quia nomen Dei non potest litteris ex-plicari ». Ma già fra il secolo V e il VI questa giustifica-zione dell'uso di quei simboli doveva andarsi man mano at-tenuando se, sullo stampo medesimo dei precedenti si crea-no CLRS per clericus, DIACS per diaconus, PBR per pre-sbiter e successivamente (sec. VI), NR per noster, EPS perepiscopus, REVS per reverendus; e se, press'a poco nellamedesima epoca, quei gruppi letterali, considerati evidente-mente semplici compendi, entrano anche in codici profanicon significato profano.

A questo punto, secondo il Traube, lo svolgimento ècompiuto, e il principio della contrazione è entrato nel si-stema delle abbreviazioni: la sua estensione nel Medioevonon è che una sua meccanica applicazione. La realtà è, in-vece, un'altra. I nomina sacra entrarono nella paleografialatina come tali, ma come tali anche vi restarono; ed il sue-

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Sistema abbreviativo

cessivo sviluppo del principio della contrazione è dovuto adaltre influenze. .

Riassumendo, dunque, alla fine dell'età romana S1 tr;vano abbreviazioni per troncamento e per tronc~en~o s :labico nelle carte notae iuris e nomina sacra nel Iìbrì. Nelpaesi in cui il s~ccessivo svolgimento della scrittur~ partida forme cancelleresche (Francia) o da forme correnti e cor-sive della minuscola antica (Italia) le abbreviazioni sonopiuttosto rare e capricciose anche nei codici, e limitat~ ~itroncamenti ai nomina sacra e a quelle poche notae turtso translitterazioni di notae iuris che, uscendo dai codici tec-nici e dalle scritture individuali, erano riuscite ad entrarenell'uso comune, come p con l'asta tagliata o con l'occhiellocaudato per per e pro, q con lineetta soprascritta per que;dr per dicitur; ee per esse; oms, ome, omi per omnis, omne,omni; [rs, jris, frem, frm per [ratres, [ratris, [ratrem, fra-trum, ecc. Il segno che indica la presenza di un'abbrevia-zione è,' di regola, nei codici una lineetta orizzontale sopra-scritta, nelle carte un 'trattino ondulato obliquo o verticale.Alcuni compendi sembrano caratteristici di determinate scuo-le scrittorie: così, per esempio, ma per misericordia (inluogo dell'usitato mia) e mb (con l'asta della b tagliata da untratto orizzontale) indicano probabile origine veronese deicodici nei quali si trovano usati.

Particolari, più specifici caratteri ebbero le abbreviazioninei paesi nei quali il ceppo originario della scrittura latinasi articolò, canonizzandosi, in scritture nazionali librarie. InIspagna, a parte alcuni sviluppi speciali che portarono, peresempio, alla formazione di compendi per qui e per in for-me similissime a quelle usate nel resto d'Europa per quode pro e all'uso della contrazione aum per autem, il sistemaabbreviativo della scrittura visigotica è caratterizzato so-prattutto dalla larga adozione del troncamento sillabico, l'in-fluenza della scrittura araba (che, al pari delle altre scritturesemitiche, è consonantica e manca dei segni delle vocali)fece poi svolgere un particolarissimo tipo di abbreviazione,che si suole classificare come «contrazione» per la costante

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presenza delle lettere finali dei vocaboli abbreviati, ma inrealtà consiste nella rappresentazione di tutte o quasi tuttele consonanti di tali vocaboli e nella omissione delle vocaliad eccezione delle iniziali e finali: così populus, episcopus,dominus, propbeta, misericordia, omnipotens, ecc. si scrive-vano ppls, epscps, dmns, prphta, msrcrdia, omnptns accantoad eps o epos, dms o dns, pha o pia, msda o mscda, ompso ompts, ecc. Meno tipiche e caratterizzate sono le abbre-viazioni dell'altra scrittura libraria del bacino mediterraneo,la beneventana, particolarmente e attentamente studiate dalLowe nel suo classico libro su quella scrittura.

Importanza tutta speciale ha lo studio delle abbrevia-zioni della scrittura insulare. Qui, come è stato altre voltenotato, alla base del processo di svolgimento grafico nonstanno espressioni corsive e documentarie della scrittura« normale» romana successiva al IV secolo, ma piuttosto,espressioni librarie, sebbene occorra resistere alla tentazio-ne di pensarle senz'altro già calligrafizzate in forme sernìon-ciali. Si trattava probabilmente, in parte, di codici religiosie liturgici in edizioni di lusso, ma per lo più anche di co-dici tecnici e scientifici: non tanto giuridici, ché a pocoessi potevano servire nella nuova patria dei missionari, oveil diritto romano era del tutto sconosciuto, quanto piuttostogrammaticali, scientifici, musicali (è noto l'altissimo postooccupato dalla musica, come teoria e come pratica, nellacultura tardo-antica e alto-medievale): e in questi, come siè detto or ora, erano largamente penetrate abbreviazionitratte senz'altro dalle notae iuris o formate sul loro modello.Le scuole scrittorie formatesi nei grandi monasteri inglesi eirlandesi raccolsero questa tradizione e non solo conserva-rono un certo numero di antiche abbreviazioni lasciate ca-dere nel continente (a' per autem, d' per dicit, h' per boe,s' per sunt, nb per nobis ecc.) ma da una parte ripreseropari pari o imitarono assai da vicino alcune notae iuris ealcuni compendi crudamente tachigrafici, dall'altra sviluppa-rono, estendendolo, il sistema di abbreviazione per contra-zione, che era passato dalle note tachigrafiche alle giuridi-

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Sistema abbreviativo

che. Sotto il primo aspetto sono da notare (fig. 17) i segni1 (autem), 2 (con), 3 (contra), 4 (e~us),. 5-8 (est), 9 (vel),lO (et), tratti direttamente dalla tachigrafla, mentre compen-

1T???7~+-'++t 18 9 102 s 6

Fig. 17

di speciali derivati dalle note giuridiche sono quelli costitui-ti dalle abbreviazioni della p e della q con-segnL derivanti aloro volta dalla tachigrafia (fig. 18): 11 e 12 (per), 13 (pro),

Fig. 18,1.4 e 1: (quae),}6 (q~e), 17 (quod), talora con l'applica-ZIOnedi due o p1l1 segO! sulla medesjma base alfabetka, p. e.18 pro + pri + us = proprius), 19 (pro + per = propter).Ancora dalle note giuridiche è tratta l'abbreviazione per let-terina soprascritta usata in alcuni compendi come quelli diqua, quo, qui (20-22), modo (23), igitur (24), post (25), ecc.

cr o ,q q q20 21 22 23 25

Fig. 19

Attr.~verso. la peregrinatio Scottorum, della quale si èdetto piu addietro, il sistema abbreviativo insulare si diffu-se nel continente, ove anche i centri di fondazione scottica

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Paleografia latina

che abbandonarono rapidamente l'uso della scrittura dei lorofondatori ne conservarono invece le abbreviazioni, tanto daindurre in errore alcuni paleografi i quali, come lo Steffens,poterono sostenere l'origine continentale anziché insulare diquel sistema.

Alla influenza esercitata da questo perfezionato e abba-stanza organico sistema si aggiunge poi, alla fine del secoloVIII, il ritorno allo studio dei codici in minuscola antica,che, secondo la nostra opinione, ha avuto importanza basi-lare nella formazione della minuscola carolina. In quei co-dici, come pure abbiamo visto, erano rifluite in buon nume-ro le notae iuris o meglio le abbreviazioni di origine giuri-dica e ciò spiega il vivace risveglio d'interesse per le note,sia giuridiche sia tironiane, attestato dal buon numero dilaterculi e di commentarii copiati nei secoli dall'VIII al Xe pubblicati dal Mommsen e dallo Schmitz. Da queste basiparte lo svolgimento del sistema abbreviativo dei codici me-dievali, che, lento da principio, si fa via via più intenso eraggiunge la sua pienezza quando, dopo il Mille, il risveglioculturale della Scolastica e delle grandi Università dà for-tissimo impulso alla produzione di codici filosofici, teolo-gici, medici, giuridici.

Al momento della perfezione (secoli XII-XIII) esso puòconsiderarsi articolato come segue:

a) abbreviazioni per segni speciali, di origine tachi-grafica o giuridica. Fra essi andranno notati i compendi dip e q (fig. 20, 1: per, pre, pro, pra; ivi, 2: qui, que, -que,quod, quia, quem, qua, quam), di cono, di centra, di -us (ivi,3; esempi: conversus, contractus), di et e di etiam (ivi, 4),di est, donde esse, idest, esset, ecc. (ivi, 5).

- ,3.? J ')ùf.:> ?O;" 17 :;Fig. 20

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Sistema abbreviativo

b) abbreviazioni per segni di significato relati~o, deter-minato cioè dalla lettera alla quale sono apposti e dallaloro ~sizion'e. Potremo citare la lineetta orizzontale sovrap-posta a una vocale, che indica una nasale (m o n, secondo J

casi) e sovrapposta a una consonante indica una vocale na-salizzata; la lineetta ondulata, che sottintende una r o unavocale preceduta o seguita da r; la lineetta obliqua che ta-glia la coda della r rotonda gotica, che simboleggia la desi-nenza rum; la lineetta che taglia l finale e va risolta -lis,-lum, -le, mentre se la l è in mezzo di parola supplisce levocali e, U; la lineetta obliqua (spesso arricciata in alto e inbasso) che taglia l'asta di f, s, v acuta gotica e significa -ero;la piccola vocale sovrapposta (la a talora in forma aperta,ridotta a una lineetta ondulata) che su c, p, t indica man-canza di una r (94ct' = contractus, ecc.), su q supplisce lau (q"s = quos), su g sottintende una r o una n (gat' = gra-tus; ig>rat = ignorat), ecc.

c) abbreviazioni per segno generale, che è generalmen-te la lineetta sovrapposta (nelle carte può essere obliqua earricciata o sostituita da una specie di nodulo) ed ha uffi-cio di segnalare la presenza di un compendio. Il quale puòessere allora per troncamento (caso estremo la sigla) o percontrazione (che si dice «impura» quando oltre la primae l'ultima lettera del vocabolo abbreviato si scrivono ancheuna o più lettere mediane, come in dns per dominus).

Le abbreviazioni spesseggiano nei codici tecnici (filoso-fici, teologici, medici, giuridici, ecc.) i cui termini speciali sonomolto familiari ai cultori delle rispettive discipline: si ve-dano, p. e., quelle filosofiche, numerosissime, e quasi inin-t~lligi~ili per chi non abbia quanto meno un'infarinatura difilosofia scolastica, del noto e già citato Aristotele Vat. Urb.206 (EHRLE-LIEBAERT 40), così nel testo come, soprattutto,nel commentario di s. Tommaso. Un qualche aiuto per lal~ttura possono dare i lessici alfabetici redatti sullo schema?i quello ~el Walther (1745), il più ricco e diffuso dei quali7 q~ello di A. CAPPELLI, Dizionario di abbreviature latine eitaliane, Milano 1899 (3a ed. ivi 1929 e riproduzioni ana-

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statiche successive) ma occorre cautela nel loro uso perchéil medesimo compendio può avere significato vario secondole epoche, i luoghi e il tipo di manoscritto in cui è usato:p. e. una R maiuscola con la coda tagliata da una lineettaobliqua in un codice onciale del secolo VI va letto res oratio e nel secolo III genericamente rubrica, ma in un libroliturgico è responsorium, in un manoscritto giuridico re-scriptum o respondeo e derivati, in uno medico o alchimì,stico recipe, in un protocollo amministrativo retulit o regi-strum, in un atto notarile renuntiando o renuntians, ecc.

Il sistema abbreviativo così formato rimane in uso anco.ra nei secoli XIV e XV, mostrando tuttavia negli ultimi tem-pi segni di decadenza e applicazioni irregolari. Il ritorno aitesti letterari dell'età carolina e postcarolina, del quale sifecero antesignani gli umanisti italiani e soprattutto i fio-rentini, segnò anche un ritorno alla sobrietà abbreviativa diessi e nei codici letterari in littera antiqua i compendi scom-parvero quasi del tutto, mentre continuarono ad essere usatinon solo nei manoscritti, ma anche nelle stampe di operetecniche durante tutto il secolo XVI e anche nella primaparte del XVII. Col trionfo definitivo del carattere romanonella stampa e delle scritture umanistiche nel manoscritto,essi scomparvero dappertutto, e le scarse abbreviazioni an-cora usate ai nostri tempi non sono più che un povero re-siduo di una pratica una volta diffusissima e governata daregole organiche e precise, la cui radice si trova negli ultimima culturalmente ancor splendidi secoli della civiltà romana.

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CONCLUSIONE

In conclusione, lo svolgimento della scrittura latinanei ventisette secoli della sua esistenza è forse menolineare di quanto ora non si tenda a sostenere da alcuni,ma è tuttavia sintetizzabile in linee generalissime ab-bastanza chiare.

Partita dall'adattamento dell'alfabeto etrusco alla lin-gua latina, avvenuto intorno al secolo VII a.c., nei se-coli successivi, fino al II, elabora le sue forme in unascrittura «usuale» con espressioni corsive ed espres-sioni librarie. Nel secolo II si canonizza in capitale (epi-grafica e libraria) e la sua espressione corsiva è la maiu-scola dei graffiti e delle tavolette cerate. Con l'introdu-zione del papiro e la diffusione dell'uso dello scriveretende da una parte ad assumere forme cancelleresche chedanno prima la scrittura ufficiale degli scribi e degli~ffici.' poi le litterae caelestes, e dall'altra a trasformarsiIn mmuscola. Una successiva canonizzazione libraria del-l'epoca dioclezianea cristallizza l'onciale in forme maiu-scole, ma la minuscola si afferma sempre più come scrit-tura. usua}e e si esprime corsivamente nella minuscolacorSfva, .librariamente nella minuscola antica, la cui ca-~o~z~lOne semionciale è arrestata dal rompersi del-

unita culturale e grafica dell'Impero.f De~'eredità romana, le isole britanniche rilevano leorme ibrarie della minuscola antica e da esse formano

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Paleograjia latina

la loro scrittura nazionale insulare, nelle varietà di maiu-scola e di minuscola, che tuttavia conservano semprecarattere librario anche quando sono usate per docu-menti; la Spagna rileva invece le forme più correnti eda esse deduce la corsiva visigotica da una parte, la mi-nuscola visigotica, scrittura nazionale libraria, dall'altra.La Francia riprende le forme cancelleresche e dà vitaalla merovingica, ma non risolve il problema della scrit-tura libraria e ne nasce la confusa e dispersiva fiorituradelle precaroline, alcune delle quali raggiungono partico-lari tipizzazioni; in Italia la corsiva nuova si localizzae si specifica, dando luogo a canonizzazioni cancellereschenella corte pontificia, ove si elabora la curiale (anticae nuova) e nell'ordo curialium napoletano, ove si formala curialisca, mentre il problema della formazione di unascrittura libraria non assume indirizzo unitario nelle va-rie semicorsive e precaroline dell'Italia settentrionale, equando è per assumerlo il processo è troncato dall'ado-zione della minuscola carolina d'importazione francese:esso continua, invece, nell'Italia meridionale, ove nelmonastero di Montecassino si canonizza la beneventana,scrittura nazionale libraria di quella parte d'Italia edella Dalmazia.

La ricostituzione dell'unità politica e culturale del-l'Impero con un nuovo carattere di sacralità si esprimegraficamente nella minuscola carolina, rielaborazione del-la minuscola antica eseguita sotto influenze corsive didiverse scuole scrittorie, soprattutto francesi. La sua ra-pida diffusione prima in Francia, in Germania e in Ita-lia, poi nella penisola iberica e nelle isole britanniche tor-na a ricostituire anche una unità grafica nel mondo dicultura latina, e rinasce altresì l'idea della scrittura « nor-male ». Da questa minuscola, sotto impulsi di carattere

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Conclusione

ed . . 1 e fra il secolo XIIinsieme grafico estetico, SI svo g .' 1e XIII una scrittura libraria, la gotica, che SI artico ~. . . ali" lastiche mentre nelm varietà nazion e m scntture sco ,

d Il lin'·' pontaneodocumenti lo svolgimento e a caro a e plU s .. elleresca i ali pOie lineare e dà luogo pnma alla cane eresca lt. ana .

alla bastarda: l'una in uso dappertutto, pOI solo mItalia fino al secolo XV, l'altra in uso in Francia, in In-ghilterra e in Germania dal secolo XIV al ~I. .

Al ritorno integrale alle fonti letterarie classicheche sta alla base dell'Umanesimo nel secolo XV corri-sponde una riforma scrittoria consistente nel ritorno al~le forme grafiche caroline dei codici in cui quelle fontierano conservate: questa riforma, artificiosamente crea-ta nei circoli umanistici fiorentini, si diffonde all'Italiaprima, all'Europa poi, e si cristallizza nel carattere ro-mano tondo della stampa. Nelle cancellerie e nei docu-menti, lo svolgimento della gotica in semigotica e poiin italica pone i fondamenti della scrittura corsiva oggidi uso comune in tutti i paesi di civiltà occidentale.

169

Page 84: paleografia latina

Paleografia latina

gère (816-c. 1500), Amsterdam 1964. Manuscrits datés conservésen Belgique, ed. sous la direction de F. MASA'Iet M. WITTEK, I:819-1400, Bruxelles-Gand 1968; II: 1401-1440, Manuscrits COII-

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192

Paola Supino Martini

Page 85: paleografia latina

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Tavo IlL o Capitale «elegante ». Virgilio Sangallese: St. Gall, StiftsbibL 1394, f. 31r; finedel sec. V (CL.A. 977)

Page 86: paleografia latina

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Tav. IV. - Corsiva delle tavolette cerate. Quinta facciata di UI

trittico pompeiano del 23 dicembre 5~. (Federici, lO)

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Page 87: paleografia latina

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Tav. VI. ' Onciale. Evangeliario: London, British Museum, Harley1775, f. 193r; metà del sec. VI

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Tav. VII. - Semionciale, S. Ilario, De Trinitate: Bibl. Ap. Vat,Arch. S. Pietro 182, f. 66r; fine del se, V ' primi anni del VI

Page 88: paleografia latina

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Tav. IX. - Minuscola insulare. Prisciano, Istituzioni di gramma-tica: St. Gall, StiftsbibI., 904, f. 182r; inizi del sec. IX

(Steffens, 50a)

)

Page 89: paleografia latina

Tav. X. - Merovingica. Giudicato di Thierry III del 30 giugno679 iLauer-Samaran, 16)

Tav. XI. - Tipo di Luxeuil. S. Gregorio, Regula pastoralis: Ivrea,Bibl. Capitolare, 1, f. 51v; fine del sec. VII

Page 90: paleografia latina

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Tav. XII. - Tipo di Corbie. Passionario: Torino, Bibl. Naz., D.V. 3, f. 235r; fine del sec. VIII(CL.A. 446)

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Tav. Xl Ll. - Retica. Eusebio, Storia ecclesiastica, nella versione latina di Rufino: Einsiedeln,Stiftsbibl. 347 (975), H. 92r, 342r; sec. VIII-IX (eLA. 878)

Page 91: paleografia latina

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Page 92: paleografia latina

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1avioXVI. -. Beneventana. Lezionario scritto a Montecassino fral 72 e Il 1086: Bibl. Ap. Vat., Vat lato 1202, f. 195r

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Tav. XV~I. - Minuscola visigotica. Epistola di s. Eucherio:Escorial R. II, 18, f. 88r; sec. VIII (Ewald-Loewe, VII) .

Page 93: paleografia latina

Tav. XVIII. - Minuscola carolina. Codice di computi scritto aTreviri nell'8l0: Bibl. Ap. Vat., Vat. Pal. lat. 1448, f. 20r

..

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Tav, XIX. - Gotica rotunda, Virgilio posseduto dal Petrarca: Mi-lano, Ambrosiana, S.P. lO, 27, f. 35r; inizi del Trecento

(Stelfens, 101) I)

Page 94: paleografia latina

-

I<p.

- -

..•..

Tav. XX. - Littera Bononiensis. Libro universitario di dirittodel sec. XIV: Bibl. Ap. Vat., Vat. Urb. lat. 161, f. 147r

Tav. XXI. - Littera Parisiensis. S. Tommaso, Commentario al IVlibro delle Sentenze di Pietro Lombardo: Bruxelles, Bibl. Royale

II. 934, f. 35r; anno 1284 (Steffens, 98)

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Tav. XXII. - Minuscola cancelleresca italiana. Uno dei «Dantidel cento »: Milano, Trivulziana, 1080, f. 70r; anno 1337

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Tav. XXIII. - Littera antiqua, Sallustio scritto da Gherardo delCeriago nel 1466: London, British Museum, Add. 16422, f. 16r

(Wardrop, 6)

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SA.TJRA

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Tav. XXIV .. Italica. Giovenale scritto da Bartolomeo Sanvin,Leeds, Brotherton Collection (W ardrop; 38)

INDICE DELLE TAVOLE

I - Capitale epigrafica.II - Capitale libraria.

III - Capitale « elegante ».IV - Corsiva delle tavolette cerate.V - Minuscola antica.

VI - Onciale.VII - Semionciale.

VIII - Maiuscola insulare.IX - Minuscola insulare.X - Merovingica.

XI - Tipo di LuxeuiLXII - Tipo di Corbie.

XIII - Retica.XIV - Curiale nuova romana.XV - Tipo di Nonantola.

XVI - Beneventana.v. XVII - Minuscola visi gotica.'l. XVIII - Minuscola carolina.

XIX - Gotica rotunda.XX - Littera Bononiensis.

XXI - Littera Parisiensis.XXII - Minuscola cancelleresca italiana.

XXIII - Littera antiqua.XXIV - Italica.

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Tav.Tav.Tav.Tav.Tav.Tav.Tav.Tav.Tav.Tav.'avoavo'Iv.v.

l.

193

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INDICE GENERALE

Premesse o

Materie e istrumenti scrittoriiIl libro nell'antichità e nel medioevoLa produzione dei codici nell'antichità, nelmedioevo e nel Rinascimento o

Nomenclatura e paradigma della scrittura;periodizzazione della storia della scritturalatinaLa scrittura latina nell'età romanaI papiri latiniIl particolarismo grafico medievaleLa rinnovata unità grafica o

La 'Scrittura latina all'epoca della Scolastica edelle grandi Università: origini, sviluppo eforme della stilizzazione gotica o

La « littera antiqua » e le scritture moderne o

Sistema abbreviativoConclusione

Nota bibliografica a cura di PAOLASUPINOMARTINI o

Indice delle tavole

pago 7» 11» 15

» 18

» 22» 29» 56» 64» 110

» 122» 138» 156» 167

» 170» 193

195

Page 98: paleografia latina

Un panorama della storia della scrittura latina dalla sua e .intorno al VII secolo a.C. - con l'adattamento dell'alfab g nesl,sco alla lingua latina - fino al XVI d.C., fondato sull et~ ~tru-di .. a VISIoneun continuo e motIvato processo di trasformazion dscrittura «usuale », scandito da ricorrenti fenomeni di e ella

.. di' bili' 11 l « cano.mzzazione », scritture sta ne e oro forme per untempo e un certo spazio. ' certo

Giorgio Cencetti (Roma, 1908-1970), ordinario di Paleograflae Diplomatica nell'Università di Roma dal 1959 al 1970, hlasciato una produzione scientifica notevole anche in campi diversi da quelli specifici del suo magistero universitario: stuarchivistici, di storia delle Università, storico-giuridici. Per 1diplomatica restano fondamentali i contributi relativi all'evoluzione della capacità certificante del documento privato e lpregevoli edizioni di fonti documentarie. Per gli studi palegrafici è tuttora basilare il saggio metodologico Vecchi e nUO'1orientamenti nello studio della paleografia, del 1948, che hinformato la sua visione della storia della scrittura latina, dallespressioni più antiche a quelle dell'alto medioevo e della .rinascenza carolingia (Postilla nuova a un problema paleograii:vecchio: l'origine della minuscola carolina, 1954), per dispiegarsi nella visione globale e limpidissima dei Lineamenti tistoria della scrittura latina (1954-56).