Pagine del Volontariato Cremonese - Decembre 2008

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Pa ginedel Volontariato Cremonese Bollettino CISVOL Cremona DICEMBRE 2008 Anno 6 nr.2 In caso di mancato recapito si prega di restituire al mittente c/o CLR CREMONA previo pagamento resi. Ricomincio da te In questo numero: CISVOL > Bando volontariato 2008 > Droga e genitorialità > Diritti umani e stili di vita Ricomincio da te Dieci anni al servizio del volontariato, per un 2009 ricco di nuovi progetti, azioni e percorsi comuni

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Paginedel Volontariato Cremonese Bollettino CISVOL Cremona • DICEMBRE 2008 Anno 6 nr.2

In caso di mancato recapito si prega di restituire al mittente c/o CLR CREMONA previo pagamento resi.

Ricomincio da te

In questo numero:CISVOL > Bando volontariato 2008> Droga e genitorialità> Diritti umani e stili di vita

Ricomincio da teDieci anni al servizio del volontariato, per un 2009ricco di nuovi progetti, azioni e percorsi comuni

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SOMMARIOpag.3 Editoriale

pag.4 Pagine DEL CISVOL

pag.5 Pagine DEL CISVOL

pag.6 Pagine DEL CISVOL

pag.7 Pagine DEL CISVOL

pag.8 Pagine DEL CISVOL

pag.9 Pagine DEL CISVOL

pag.10 Pagine DEI DIRITTI

pag.11 Pagine DEI DIRITTI

pag.12 Pagine DEL VOLONTARIATO

pag.13 Pagine DEL VOLONTARIATO

pag.14 FOCUSpag.15 FOCUSpag.16 Pagine DEL VOLONTARIATO

pag.17 Pagine DEL VOLONTARIATO e ASSOCIAZIONI

pag.18 Pagine DEL VOLONTARIATO e ASSOCIAZIONI

pag.19 Pagine DEL VOLONTARIATO e ASSOCIAZIONI

pag.20 Pagine DI CULTURA SOLIDALE

pag.21 Pagine DI CULTURA SOLIDALE

pag.22 Pagine DEL CENTRO STUDI

pag.23 Pagine DEL CENTRO STUDI

pag.24 Pagine DI CULTURA SOLIDALE

pag.25 Pagine DI CULTURA SOLIDALE

pag.26 Pagine DEI LIBRI

pag.27 Pagine DEI FILM

Periodico di informazionesul volontariato

Autorizzazione Tribunale di Cremonan.389 del 17 marzo 2003Anno 6 nr. 2 - DICEMBRE 2008

Direttore Responsabile:Roberta Fiordaliso SpigaroliDirettore Editoriale:Gianluigi CappelliniRedazione:Maria Silvia CigogniniSilvia De DonnoCinzia MarchiFrancesco MonterossoLuca Muchetti

Hanno collaborato a questo numero:Eleonora BertoniLaura BosioGiorgia CipelliGiorgio CoppiardiRomolo Dell’AngeloMarta FioniMarta GravanteRaimonda LobinaGiulia LodigianiJenny Miragoli

Direzione Redazione:via S.Bernardo 2 - CR

Grafica e impaginazione:Ilaria Zecchi

Stampa:Fantigrafica - CR

CISVOL CREMONAvia S.Bernardo 2, 26100 CremonaTel. 0372 26585 - Fax 0372 [email protected] www.cisvol.it

Informativa sul trattamento dei dati per-sonali (art.13 D.Lgs 196/2003)I dati personali utilizzati per l’invio di questa pubblicazione sono trattati sia mediante l’utilizzo di supporti cartacei sia con l’ausilio di strumenti informati-ci con procedimenti idonei a garantire la sicurezza dei e la riservatezza previ-sti da D.Lgs 196/03. Ai sensi dell’art.7 del D.Lgs 196/03 La informiamo che è possi-bile ottenere la cancellazione o la modi-fica dei dati rivolgendosi al Responsabile del trattamento nella persona del Diret-tore del Cisvol ([email protected]) Titolare del trattamento è: Cisvol, via S.Bernardo 2, 26100 CremonaTel. 0372 26585 - Fax 0372 26867

Pag ne del Volontariato Cremonese Bollettino CISVOL Cremona • DICEMBRE 2008

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SOMMARIO

Maggio 2008

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Maggio 2008

l’ EDITORIALE

on la celebrazione del decenna-le e la programmazione biennale 2009-2010 il Cisvol riavvia un per-

corso di accompagnamento di tutto il volontariato cremonese finalizzato, da una parte, sempre più al suo sviluppo qualitativo e dall’altra a cercare insie-me soluzioni con azioni più efficaci e di cambiamento. E’ quest’ultimo un tema principale che si lega molto bene alla necessità di recuperare autonomia e di-gnità associativa. La complessità sociale e i rapporti con gli enti locali e istituzio-nali “a caccia di volontariato per soppe-rire a carenze di fondi” è un esempio di quanto oggi sia in pericolo una azione libera e autonoma del volontariato, pur in presenza di convenzioni. Questo per dire che tali rapporti devono sempre prevedere una correttezza e un rispetto reciproco, lontani da qualsiasi ragione di consenso politico e di basso profilo. Confronto, rispetto e metodo di lavoro chiaro sono gli ingredienti per una sem-pre più proficua collaborazione tra il

pubblico e il privato sociale.Cisvol nella prossima programmazione dedicherà risorse e servizi affinché il vo-lontariato maturi scelte per migliorare la sua azione, per progettare con metodo, per non marginare la formazione con-tinua, per imparare a lavorare insieme tra organizzazioni diverse o similari per mission, per bandire il tarlo dell’auto-referenzialità e dell’autosufficienza, per aumentare la trasparenza e la comu-nicazione di quello che si fa e si è, per facilitare percorsi di ricambio dirigen-ziale, per agevolare l’ingresso di nuovi e magari giovani volontari, per affinare la lettura dei bisogni territoriali, per raf-forzare la propria libertà e autonomia, per agevolare scambi e conoscenze, per navigare in orizzonti più ampi e non semplicemente nel chiuso delle proprie comunità o quartieri, per ricercare forme di coordinamento a partire da bisogni e letture condivise.Un ricco programma che è sfociato dalla consultazione di molti testimoni e attivi-

sti. Non un libro dei sogni, ma capitoli di impegno per le nuove sfide che atten-dono alla prova il volontariato.Le organizzazioni di volontariato molto diffuse e sempre più piccole nel nostro territorio oggi costituiscono un patri-monio molto prezioso e un antidoto all’individualismo e all’egoismo. Sono un pilastro di solidarietà e gratuità: una co-munità senza volontariato è sicuramen-te più povera di relazioni significative.Cisvol è a disposizione di tutti con mo-dalità di ascolto a 360 gradi. Il suo me-todo è utile ribadirlo è improntato alla collaborazione, alla coprogettazione nel rispetto di ogni realtà. Cisvol è al servizio di tutto il volontariato con un approccio non assistenzialistico, ma teso a rapporti di crescita reciproca. Allora, sarà un piacere e molto utile nel corso del 2009 avviare una nuova sta-gione di collaborazione. Auguri a tutti.

Il PresidenteGigi Cappellini

C

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4 pagine del CISVOL

Cisvol taglia il traguardo dei suoi primi 10 anni. In giugno il centro servizi ha fe-steggiato in compagnia di amici vecchi e nuovi come Vincenzo Saturni (Portavoce Coordinamento CSV Lombardia), Marco Granelli (Presidente nazionale CSVnet), Carlo Vimercati (Co. Ge. Lombardia), e gli interventi di Gian Carlo Corada, Alberto Fusar Poli, Angelo Rescaglio, Arnaldo Scazzoli, Carlo Todeschini, Daniela Po-lenghi, Dario Diotti, don Giancarlo Pe-rego, Gianvittorio Lazzarini, Giorgio De Benedetto, Giuseppe Strepparola, Luigi Bisicchia, Maurizio Tumminello, Mauro Bettoni, Maurizio Mele, Gigi Rossetti, Sil-via Corbari, Mauro Ferrari, Claudio Silla e altri ancora. «L’esperienza di Cisvol - ha detto Carlo Vimercati, presidente del Comitato di gestione del Fondo spe-

ciale per il Volontariato in Lombardia - ci rimanda a un Centro di Servizio che ha saputo interagire con le istituzioni pubbliche e con gli altri settori della società, perseguendo un confronto maturo, di crescita, a favore del Volontariato. Tutto que-sto fa ben sperare per gli sviluppi futuri, che dovran-no esserci».

10 anni di Cisvol: tagliato il traguardo del primo decennale di attività

Vimercati: «Il L’esperienza di Cisvol ci rimanda a un Centro di Servizio che ha saputo interagire con

le istituzioni pubbliche e con gli altri settori del-la società, perseguendo un confronto maturo, di

crescita, a favore del Volontariato»

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5pagine del CISVOL

E’ stata la rappresentanza il tema cen-trale della diciassettesima edizione della Festa del Volontariato Cremonese. Un centinaio di associazioni di volontariato si sono date appuntamento in piazza in una domenica di fine settembre per la tradizionale giornata dedicata alla soli-darietà. Se lo scorso anno l’attenzione era tutta dedicata al tema dei diritti, il 2008 ha guardato nuovamente al volon-tariato proponendo l’approfondimento di concetti e pratiche come la parteci-pazione, l’impegno, il sostegno, il dia-logo, l’allargamento, la collaborazione e la responsabilità. Le associazioni cre-monesi infatti si sono da qualche tem-po avvicinate a un documento, nato da una idea del Centro Servizi di Genova e promosso a livello nazionale dal CSVnet. Si tratta della “Carta della Rappresentan-za”, pensata per dare impulso a tutte le istanze contenute nella “Carta del

In settembre si è tenuta la classica giornata della solidarietà in piazza del Comune

100 associazioni in cerca di rappresentanza

Valori del Volontariato”, documento di cui è fi-glia diretta. Questa Carta è un tentativo condiviso di realizzare uno stru-mento utile a orientarsi nel mondo del volon-tariato e del terzo set-tore. La Carta è stata presentata proprio il 18 dicembre a Roma, nella sede dell’Unicef, alla presenza di Pier Giorgio Licheri, Presidente CONVOL, Luigi Bulleri, Coordinatore Consulta Na-zionale del Volontariato presso il Forum Terzo Settore, Marco Granelli, Presidente CSVnet, Valerio Balzini, Portavoce Fo-rum Ligure Terzo Settore, Stefano Tabò, Presidente CELIVO. Non solo rappresen-tanza: sono stati tanti i temi che la festa ha voluto affrontare. Dai pregiudizi sui

nomadi e la cultura Rom alla disabilità, dagli stili di vita compatibili con le nuove emergenze ecologiche ed energetiche ad approfon-dimenti su nuove forme di dipendenza, dall’in-tercultura all’attenzione per i malati d’Alzheimer. Spettacoli di teatro civile, convegni, cene benefi-che e ancora spettacoli e appuntamenti su alcuni dei temi più dibattuti (e spesso fraintesi) dell’at-

tualità italiana e mondiale. La Festa ha visto la collaborazione del

Cisvol col Forum del Terzo Settore, Comune

e Provincia di Cremo-na, Caritas Cremonese,

Centro Studi di Cremona e Fondazione Comunitaria

della Provincia di Cremona Onlus.

La Carta della Rappresentanza è un progetto del Celivo, Centro Ser-vizi al Volontariato di Genova, che si inserisce nell’ambito del “Progetto Carta” di CSV.net, Coordinamento Nazionale dei CSV.

E’ possibile richiedere i materiali e in-viare proposte, note, suggerimenti a:

CARTA DELLA RAPPRESENTANZA: [email protected]@cartadellarappresentanza.itwww.cartadellarappresentanza.it

PROGETTO CARTA CSV.net:[email protected]

Disegno di Origone per la Carta della Rappresentanza illustrata.

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6 pagine del CISVOL

DOMANDE ALLO SPORTELLO“Sono il segretario di una associazione, vorrei sapere quali sono i libri sociali che siamo tenuti ad avere”. a cura di Cinzia Marchi

I libri sociali rappresentano nel loro insie-me la memoria di tutte le attività svolte dall’associazione assolvendo alla funzio-ne di trasparenza nei confronti dei soci, in termini di partecipazione e di condi-visione degli atti decisionali dell’associa-zione (i libri infatti sono consultabili dagli associati), e documentazione verso terzi in termini di garanzia e di responsabilità degli atti decisionali assunti dalla stessa. Sono uno strumento importante ed una buona tenuta di questi dà come risultato una visione sempre chiara e aggiornata di tutte le operazioni svolte dall’ente.Per le associazioni è opportuna l’istituzio-ne dei seguenti libri:· Libro soci: Tale registro prima di essere utilizzato deve essere numerato progres-sivamente in ogni pagina, nell’ultima è necessario dichiarare il numero dei fogli

che lo compongono, la data e la firma di chi ha numerato. All’interno del registro è necessario riportare per ciascun socio i seguenti dati: data di iscrizione, cognome e nome, luogo e data di nascita, domici-lio, codice fiscale. L’iscrizione deve avve-nire il giorno stesso in cui il volontario è ammesso a far parte dell’organizzazione. Ogni volta che i dati riportati nel registro subiscono una variazione è fatto obbligo di apporre delle correzioni · Libro dei verbali degli organi direttivi: rileva le presenze degli amministratori alle sedute e riporta le verbalizzazioni degli incontri dell’organi direttivi con le discussioni effettuate e le decisioni prese relativamente ai diversi punti all’ordine del giorno, firmate dal presidente e dal segretario della seduta.· Libro dei verbali dell’assemblea dei

soci: lascia traccia delle decisioni delle assemblee ordinarie e straordinarie; an-nualmente in esso si riporta il verbale dell’assemblea di approvazione del bi-lancio, eventualmente con copia del bi-lancio stesso come allegato.· Libri per l’amministrazione economi-co finanziaria (ad esempio il registro di prima nota, il libro degli inventari, libro di cassa, libro di banca, scadenziari, ecc): informano gli amministratori e i soci dell’ente, nonché i terzi, sull’andamento della gestione; aiutano ad assolvere gli obblighi di bilancio imposti da specifiche leggi (L. 266/91 e D.Lgs 460/97). L’utilizzo di questi libri varia a seconda delle speci-fiche esigenze dell’ente e dal tipo di con-tabilità messa in atto al fine di supportare la propria gestione amministrativa.

Si preannuncia un 2009 intenso per lo Sportello Scuola Volontariato del Cisvol. Dopo il bagno di folla del Sa-lone dello Studente – lo Sportello era presente con un proprio stand visitatissimo sia dagli studenti che dagli insegnanti – ora le operatrici torneranno ai progetti in campo per il nuovo anno. Dal piano Intercultura per le scuole medie, nato per costruire percorsi di classe ver-so la comunicazione, la conoscenza e l’integrazione alla diversità, fino al recente “Volontariato in prima pagina”, in collaborazione con le testate d’informazione locali. Ac-canto a questi sono pianificati altri due progetti: “I 1000 volti del volontariato”, per ridurre le distanze fra il mondo dell’associazionismo e quello della solidarietà, e “Volon-tariamoci bene”, un laboratorio musicale fra solidarietà e volontariato a cura di Mirta Savoldi e Roberto Pascucci.

Sportello Scuola-Volontariato [email protected] Cisvol via S.Bernardo 2 - Cremona Tel. 0372 26585 Fax. 0372 26867 www.cisvol.it

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7pagine del CISVOL

E’ aperto il Bando Volontariato 2008: e’ tempo di COESIONE SOCIALE a cura di CSV Lombardia

Cisvol, insieme agli altri 10 CSV della Lombardia, al Comitato di Gestione del Fondo Speciale per il Volontariato in Lombardia e a Fondazione Cariplo, pro-muove il BANDO VOLONTARIATO 2008 destinato alle Organizzazioni di Volon-tariato del territorio lombardo.

La nostra società è attraversata da nuo-ve forme di insicurezza e fragilità degli individui e di frammentazione delle comunità, causate da trasformazioni sociali, culturali, demografiche econo-miche e ambientali. Difficile contrastare i fenomeni di disgregazione che porta-no gli individui verso livelli crescenti di vulnerabilità e insicurezza. Di fronte a questa situazione l’appello va al mondo del volontariato, spina dorsale del siste-ma sociale; Fondazione Cariplo, i Centri di Servizio e il Comitato di Gestione del Fondo Speciale per il Volontariato in Lombardia sono convinti che il mondo del volontariato potrà giocare un gran-de ruolo, ancora una volta, per attutire gli effetti disgreganti già in atto e quelli della crisi economica in corso, con l’an-nunciata ipotesi di recessione dagli ef-fetti ancora imponderabili sull’economia reale, sulle famiglie, sul tessuto sociale. E’ in momenti come questi che serve una dose in più di coesione sociale e servo-no risorse per avviare iniziative per man-tenerla e rafforzarla.

Gli enti promotori mettono a disposizio-ne 2 milioni e mezzo di euro attraverso un bando che si è aperto il 10 novem-bre e si chiuderà il 10 febbraio 2009. Le organizzazioni potranno ricorrere a queste risorse, che provengono dal Fon-do speciale per il Volontariato, istituito dalla legge quadro sul volontariato n. 266/91 con il fine di sostenere e qualifi-care l’attività delle organizzazioni di vo-lontariato tramite i di Centri di Servizio. L’onere economico del sistema è soste-nuto, in via esclusiva, dalle fondazioni

di origine bancaria, tra cui Fondazio-ne Cariplo, a cui la legge impone di ac-cantonare annualmente somme pari a un quindicesimo dei propri proventi.Il finanziamento del bando è rivolto a tutti quei progetti che siano finaliz-zati alla promozione del volontaria-to inteso come elemento in grado di assumersi l’onere di rispondere ai bisogni sociali espressi dalla comu-nità, combattendo le fragilità e svi-luppando le relazioni tra i cittadini, stimolando l’aggregazione e l’ani-mazione in ambito sociale, cultura-le e ambientale.A titolo indicativo, il bando potreb-be sostenere le seguenti tipologie di progetti e loro combinazioni:

• iniziative di interazione e colla-borazione virtuosa tra normalità e disagio, o tra differenti culture, o tra differenti età;• iniziative aggregative che ab-braccino più ambiti e finalità: sociali, culturali e di tutela ambientale; • iniziative gratuite di potenziamento di servizi di prossimità verso le persone più fragili e sole;• iniziative di riappropriazione, miglio-ramento, valorizzazione e/o animazio-ne di spazi comuni poco utilizzati o di luoghi degradati.

E’ sempre più difficile per le persone sperimentare relazioni sociali signi-ficative, in particolare quelle legate alla partecipazione alla vita collettiva, alla costruzione di forme di convivenza tra comunità e allo sviluppo di forme di responsabilità e di risposta comune ai bisogni. Proprio queste relazioni costi-tuiscono tuttavia una fondamentale rete di prevenzione del disagio delle persone e della società. Un compito importante per contrastare tali segnali di crescente disgregazione può essere svolto dal-le organizzazioni di volontariato capillar-mente presenti nelle comunità locali. In

particolare le associazioni possono giocare un ruolo fondamentale stimo-lando la partecipazione attiva riducendo la frammentazione.C’è quindi bisogno di coesione sociale, di persone e risorse che contribuiscano a mantenerla.

Per partecipare al bando occorre visitare il sito www.bandovolontariato2008.it e seguire la procedura online indica-ta. Cisvol sostiene l’attività delle organiz-zazioni attraverso i tradizionali servizi: in particolare nel mese di dicembre sono stati realizzati alcuni percorsi formativi mirati a declinare il tema della coesione sociale, mentre, fino al 31 gennaio, è at-tivo un servizio di consulenza sulla pro-gettazione disponibile su appuntamen-to presso la Sede e Delegazioni Cisvol. Per comunicazione via mail è possibile utilizzare un l’indirizzo di posta elettroni-ca dedicato: [email protected]

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Missione riuscita a Crema! Sabato 6 set-tembre i volontari di oltre 40 associazioni di Crema e del Cremasco hanno invaso con colori, musica e divertimento piazza Duomo, e hanno coinvolto i cremaschi in una grande festa: la decima Festa del Vo-lontariato.

Stand colorati, musica dal vivo, spettacoli teatrali, lo spazio dedica-to ai bimbi con palloncini, trucco e gioco-leria, ma soprattutto tanta partecipazio-ne dei cremaschi, che anche quest’anno hanno fatto sentire il proprio calore e il proprio sostegno alle oltre 40 associazio-ni presenti in piazza. Una festa dei volon-tari per i volontari e per tutta la comuni-tà della città, organizzata dal CISVol (Cen-tro Servizi per il Volontariato) in collabo-razione con il Forum Terzo Settore Cre-ma e Cremasco. Decisamente apprezza-to l’aperitivo analcolico offerto dal Grup-

A Crema tutti i colori del volontariato in piazza di Elena Crotti

po Pantelù, che ha dissetato i visitatori alla scoperta, o alla riscoperta, delle atti-vità delle associazioni e delle cooperative del Terzo Settore, soggetti indispensabili alla qualità dela vita della nostra comuni-tà. Ha divertito la commedia “Colpi di ful-

mine”, spettacolo della compagnia teatrale filodrammatica del San-tuario, offerta nel tardo pomerig-gio dalle Donne contro la Violen-za (occasione anche per una rac-colta di fondi a sostegno delle at-tività dell’associazione). A chiude-re la giornata è stata la Gio Bressa-nelli Band, che con il suo concer-to tributo a Fabrizio De André ha riempito piazza Duomo. Il tema di quest’anno della Fe-sta del Volontariato era la Rap-presentanza del Terzo Settore

all’interno del Welfare e del-la comunità. Che cosa signi-fica? “Rappresentanza” signi-fica partecipazione, parteci-pazione unitaria come unità d’intenti e di obiettivi secon-do delle linee guida che deri-vano da un’analisi dei bisogni del territorio, bisogni ai quali le associazioni rispondono con slancio e generosità, ma spesso in maniera inconsapevole. Proprio per questo il concetto di rappresentanza diventa cen-trale, perché momento in c u i

il lavoro svolto trova una sintesi. La Rappresentanza quindi è vei-colo attraverso il quale il Terzo Settore può portare le proprie istanze, le proprie richieste e la proprie ricchezza con più forza in tutti quei luoghi dove ven-gono prese decisione, dove ci si confronta in materia di po-litiche sociali (uffici di piano, amministrazioni pubbliche, Asl…). In questa prospettiva si spie-

ga anche il significato del titolo della ma-nifestazione: “Tutti per uno, uno per tut-ti… verso nuovi orizzonti”. “Tutti per uno” perché ciascuno - ogni as-sociazione di volontariato, ogni coope-rativa sociale, ogni associazione di pro-mozione sociale - porta il proprio contri-buto per raggiungere l’obiettivo concre-to e fondamentale del Terzo Settore: per-mettere a tutti di vivere bene nella pro-pria comunità, a partire dalla soddisfazio-ne dai bisogni primari di assistenza fino a quelli relazionali e di aggregazione. “Uno per tutti” perché insieme l’idea as-sume una forza più intensa e autorevole. Come nel puzzle del logo: ognuno porta il proprio pezzo, e i pezzi uniti non sono solo la somma delle parti ma creano un nuovo soggetto fatto di esperienze, vis-suti, idee e stimoli diversi. Soggetto che nasce da un lavoro di riflessione e di con-fronto, e che trova nel Forum del Terzo Settore uno dei luoghi privilegiati in cui la Rappresentanza si esprime.“Verso nuovi orizzonti” perché quest’an-no la Regione Lombardia è interessata da un fondamentale cambiamento di tutto il sistema di servizi alla persona, i cui ri-svolti si cominceranno a vedere dal pros-simo autunno. Una trasformazione previ-sta dalla Legge Regionale 3/08 che im-pone al Terzo Settore di dover ritrovare una propria collocazione all’interno del Welfare lombardo.

pagine del CISVOL

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Un progetto che permette di promuove-re il volontariato tra i giovani, far riflettere i ragazzi sul mondo del terzo settore e dare visibilità attraverso la stampa locale ad un’associazione del territorio. Si tratta di “Volontariato in prima pagina”, l’inizia-tiva promossa dalla delegazione crema-sca del Cisvol alla quale hanno aderito gli insegnanti e i 19 studenti della 4°A del liceo socio-psico-pedagogico Rac-chetti di Crema. I ragazzi hanno sposato con entusiasmo l’iniziativa e sabato 13

In settembre l’importante convegno or-ganizzato dal Cisvol con l’Ufficio di Pia-no del Comune di Crema e Forum del Terzo Settore Crema Cremasco

“Una legge che ci tocca tutti, ma pochi lo sanno”. Così Fabrizio Tagliabue, portavoce del Forum Terzo Settore Lombardia, rela-tore del convegno tenutosi a Crema gio-vedì 11 settembre al Centro Giovanile San Luigi ‘Una nuova legge per i servizi alla persona: riflessioni sul welfare lombardo’ (organizzato dal Cisvol in collaborazio-ne con l’Ufficio di Piano del Comune di Crema e Forum del Terzo Settore Crema Cremasco all’interno della decima Festa del Volontariato di Crema e Cremasco), ha sottolineato l’importanza della nuova legge che inciderà, attraverso i servizi alla persona, sulla qualità della vita dei citta-dini, oltre che sui rapporti tra istituzioni e Terzo Settore.Quali sono le novità previste dalla Legge Regionale 3/08? Innanzitutto essendo una “legge di prin-cipi” le norme sui servizi saranno definite da delibere di giunta regionale. Tagliabue ha iniziato la presentazione sottolinean-do proprio quest’aspetto. “Legge di prin-cipi”, che cosa significa? Che il testo del documento non entra nel merito dell’ap-

Anche a Crema il progetto “Volontariato in prima pagina”

Convegno: il welfare lombardo sotto i riflettori di Eleonora Bertoni

plicazione, come dire che si tratta solo di teoria. Come sarà tradotta in azioni concrete? Attraverso le delibere della giunta regionale, attraverso un mec-canismo semplificato “che esclude processi di partecipazione, il contrad-dittorio e il confronto. Quindi i servizi alla persona potranno cambiare at-traverso delibere di giunta regionale”. Decisione della Regione Lombardia poco apprezzata dalle parti sociali e dal Forum Terzo Settore, che si impegna e impegna i suoi volontari e operatori nel territorio a presidiare l’attuazione ne-gli ambiti distrettuali, in particolare per quanto riguarda l’accesso ai servizi.Altra novità, ha spiegato Tagliabue: “La legge non definisce i bisogni delle per-sone, ma le unità di offerta”. Cioè i servizi. Qui si annida un grosso rischio: “quello di trovarsi con un nuovo sistema che pone al centro i servizi al posto della presa in carico della persona”. Un rischio reale, so-stenuto dalla tendenza della Regione “ad una rivisitazione del Welfare lombardo orientata a ricalcare il modello della sanità lombarda”. Inoltre rimane ambigua la de-finizione dei livelli di assistenza di base. La legge 3/08 “prevede un ruolo più ri-levante del Terzo Settore”. Ruolo al quale volontari e operatori non devono farsi tro-

vare impreparati, a que-sto scopo Tagliabue ha suggerito a livello territoriale di “acquisire competenze ade-guate attraverso il sostegno e l’aiuto reci-proco”. Il ruolo del Terzo Settore: “riguarda gran parte dei provvedimenti attuativi previsti dalla consultazione; si afferma la sussidiarietà come principio fondante del sistema; si ridisegna la programmazione partecipata; è prevista la partecipazione dell’interessato o della famiglia alla defi-nizione del bisogno”. Ha concluso il portavoce del Forum sen-za mezzi termini: “Rimane il fondamen-tale problema della partecipazione alla spesa”, ovvero la questione dei finanzia-menti. Questione “preoccupante perché, semplificando, tra garantire dei diritti a prescindere dalla spesa e fornire i servizi finchè ci sono i finanziamenti, la Regione Lombardia privilegia la seconda”.

pagine del CISVOL

dicembre si è svolto il primo incontro di presentazione e riflessione sul volon-tariato, tenuto dall’operatrice Cisvol Ele-na Crotti presso il liceo. Al termine della “teoria” i ragazzi sceglieranno un ambito di interesse, all’interno del quale verrà individuata un’associazione i cui volon-tari saranno intervistati dai ragazzi stes-si, sotto la supervisione del giornalista Giambattista Longari. Saranno sempre i ragazzi della 4°A, poi, a scrivere l’articolo sull’associazione, pezzo che verrà pubbli-

cato dal settimanale locale cremasco “Il nuovo Torrazzo”.

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10 pagine dei DIRITTI

Una mamma che abbraccia il proprio bambino, il sorriso di una puerpera, un padre che attende il figlio davanti alla scuola… scene di vita e d’amore che re-galano un sorriso. Quella di essere geni-tori è una scelta forte, che prevede un gran-de impegno e una forte presa di coscienza. L’impegno diventa an-cora più complesso nel momento in cui all’in-terno della coppia sussi-ste un problema di tos-sicodipendenza. La pro-cedura, infatti, è sempre stata che quando i geni-tori sono tossicodipen-denti, spesso i figli sono affidati a familiari o pur-troppo vanno a fini-re nell’iter dell’istituzio-nalizzazione. Negli ulti-mi anni si sta però assi-stendo ad un’inversio-ne di tendenza, e i servi-zi che si occupano di tossicodipendenza cercano di impedire che la condizione di tossicodipendenza provochi l’allontana-mento dei figli. Importante appare l’ini-ziativa mirata a costituire gruppi di ge-nitori, da organizzare secondo vari mo-delli, in genere basati sul rapporto con il terapeuta, anche se non mancano ini-

ziative di auto-aiuto. Soprattutto sul ter-ritorio non mancano comunità terapeu-tiche che si occupano di prendere in cura casi di questo tipo. Ne è un esem-pio la Comunità S.Francesco di Marza-

lengo, dove arrivano donne con pro-blemi di tossicodipendenza, molte del-le quali hanno figli. «Si tratta di persone che ci vengono inviate tramite il Sert, o del tribunale dei minori quando si trat-ta di donne con figli» spiegano gli ope-ratori della comunità. «Così ci troviamo a fare valutazioni sulla genitorialità di que-

ste donne. Essa può diventare un grande deterrente alla tossi-codipendenza. Addirittura mol-te persone scelgono volontaria-mente la comunità proprio per il figlio». Dunque per una ma-dre, un figlio è spesso la mol-la che muove una scelta come quella di intraprendere un per-corso così complesso. «Alcune donne addirittura partorisco-no nel periodo in cui si trova-no in comunità, perché maga-

ri arrivano da noi dopo aver saputo di es-sere rimaste incinta» spiegano ancora gli operatori. Del resto la Comunità S. Fran-cesco offre molti servizi. Per i bambini c’è un nido interno (0-3 anni), mentre quel-

li più grandi vengo-no mandati alla scuo-la pubblica. Intanto le madri, all’interno della comunità, affrontano il cammino per libe-rarsi dalla dipenden-za. E molte ci riesco-no, proprio in nome del proprio figlio. Per-ché esso è più impor-tante di qualsiasi dro-ga. «Vivere nella co-munità con i propri fi-gli è importante, per queste donne» con-cludono gli operatori. «Esse vivono insieme con i figli, e vengono organizzati anche in-contri con l’assistente

sociale, che segue caso per caso».C’è poi anche il caso di coppie in cui il problema della tossicodipendenza coin-volge entrambi i genitori, e che decido-no di uscirne insieme. E’ importante che siano ben definite le relazioni genitoria-

li: la madre inizialmente deve stabilire un rapporto di simbiosi con il figlio e suc-cessivamente inserire il padre. Quest’ul-timo deve svolgere un compito di pro-tezione del rapporto madre-figlio e di

Droga e genitorialitàviaggio nelle comunità della provincia, dove rinascono vite e speranze di Laura Bosio

Due le comunità presen-ti in provincia di Cremo-

na: la San Francesco di Marzalengo e la

cooperativa Bessimo di Gabbioneta

Dicembre 2008

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11pagine dei DIRITTI

collegamento dello stesso con la realtà esterna.In provincia di Cremona c’è chi si occupa di coppie: è la comunità di Bessimo, che segue coppie con problemi di tossicodi-pendenza, sia con figli che senza. «Cer-chiamo di occuparci di queste persone dal punto di vista educativo» spiegano gli educatori della comunità. «Essi de-vono prima di tutto perdere le abitudini della tossicodipendenza, ossia la vita da piazza, e cercare di mettere ordine nel-la propria vita». E questo accade con dei ritmi ben definiti, scanditi da orari. In-somma, una rieducazione al vivere civi-le. Accanto a questo non mancano i so-stegni psicologici. E i bambini? «Quel-li più grandi frequentano normalmente le scuole, come i loro coetanei, mentre i più piccoli vengono seguiti all’interno della comunità da delle educatrici all’in-fanzia. Inoltre vengono organizzati an-che momenti comuni tra bambini e ge-nitori, cosicché quest’ultimi possano se-guire passo passo quello che fa il figlio. Una volta al mese le coppie di genitori si alternano per passare un po’ di tempo in sala bimbi, insieme al proprio figlio». Sono questi momenti importanti, che

riportano alla respon-sabilità e importanza dell’essere genitore. «Una persona che di-venta genitore cer-ca di eliminare il pro-blema della tossicodi-pendenza» spiegano ancora gli educatori. «Durante il periodo della gravidanza, inoltre, la donna ten-de sempre a tenersi lontana da sostanze stupefacenti. C’è però il rischio che ci ri-cada dopo. Insomma, è un percorso de-licato. Sicuramente quello che non man-ca è la volontà di provarci, e si sceglie la comunità proprio perché è un luogo protetto, e in cui si viene seguiti».C’è da dire poi che una donna che abu-sa di sostanze, nel momento in cui deci-de di avere un bambino, può vivere l’ar-rivo della creatura con una funzione ‘li-beratoria’ dalle sostanze a cui è corrosi-vamente legata. Diviene evidente quan-to, in un contesto così colmo di disa-gio, la maternità venga ad essere vissuta come una grande prova di forza e di vo-lontà. Perché nessun sentimento è gran-de come quello che lega i genitori, spe-cialmente le donne, ai propri figli.

Comunità San FrancescoVia Piave, Marzalengo 3426022 Castelverde (CR)Tel. 0372 427181

Cooperativa sociale di Bessimo OnlusComunità terapeutica specialistica per nuclei familiari Via Garibaldi, 5826030 Gabbioneta Binanuova (CR)Tel. 0372 844320Fax. 0372 844544www.bessimo.it/scheda_gabbione-ta.html

Gli operatori: «Ci tro-viamo a fare valutazio-ni sulla genitorialità di

queste donne. Essa può diventare un grande

deterrente alla tossico-dipendenza. Addirittu-ra molte persone scel-gono volontariamen-

te la comunità proprio per il figlio»

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Ha ripreso nuovo vigore l’attività del-la sede cremonese di Intercultura, asso-ciazione che da più di 50 anni promuo-ve scambi interculturali rivolti a ragazzi, scuole e famiglie di tutto il mondo.Una storia quasi romantica alle spalle, da-tata ai tempi della prima guerra mondia-le, quando all’ombra della tragedia arma-

Il mondo in casa, una casa nel mondo:l’educazione alla mondialità di Intercultura di Marta Fioni

ta le vite di popoli sconosciuti si incrocia-vano per la prima volta, e una scommes-sa coraggiosa e premonitrice mantenuta nel tempo: quella per cui il futuro del dia-logo tra i popoli poggi sull’esperienza di vita dei più giovani, nella loro capacità di integrarsi in culture diverse dalla propria fino ad assimilarne e apprezzarne le più piccole sfumature, nella vita di tutti i gior-ni, in casa, a scuola, fra gli amici.E’ con questo biglietto da visita che Inter-cultura, ONLUS rappresentante per l’Italia dell’AFS (American Field Service) – fonda-ta in origine come servizio di primo soc-corso ai feriti della prima guerra mondia-le sul territorio francese oggi in grado di coinvolgere più di 11.000 aderenti in 64 paesi del mondo – si presenta a fami-glie, scuole e studenti del nostro territo-rio, con lo scopo di promuovere le pro-prie iniziative. “Intercultura è stata presen-te a Cremona fin dalle origini della storia dell’associazione”, racconta il coordinato-re della sede cremonese Alfredo Gardani, “basti pensare che lo stesso sindaco Bodi-ni è stato ospitato da una famiglia statu-nitense per un anno scolastico, e con lui molti altri studenti della stessa generazio-ne. Abbiamo subito un periodo di stallo durante gli anni Novanta, dovuto agli alti e bassi fisiologici della partecipazione vo-lontaria, ma da cinque anni a questa parte siamo tornati ad operare sul territorio con impegno e soddisfazione”. La conferma viene dalla vitalità degli scambi registra-ti nel nostro territorio, che si sono intensi-ficati negli ultimi tempi: in media sono 4 o 5 ragazzi cremonesi che ogni anno par-tono per un periodo di studio in un pae-se straniero, ospiti di famiglie che si offro-

no di accoglierli, e più o meno altrettanti si trasferiscono nel nostro territorio”.L’attività dei volontari di Intercultura è fondamentale perché il soggiorno vada a buon fine. Particolare attenzione viene rivolta, da parte dell’associazione, all’inte-grazione a livello scolastico dei ragazzi, attraverso la pianificazione di percorsi di-dattici mirati: “Tutti i progetti di scambio di Intercultura”, continua Gardani, “sono rivolti una fascia specifica di età: i 16-17 anni, individuata come il momento in cui i ragazzi sono già abbastanza maturi per affrontare una simile esperienza, ma an-cora disponibili nei confronti del cambia-mento di abitudini di vita, e lingua, che dovranno affrontare.” I quattro ragazzi stranieri ospitati lo scorso anno a Cremo-na (provenienti da Danimarca, Stati Uni-ti, Tailandia e Germania) hanno frequen-tato fin dal loro primo arrivo in città un corso di italiano per stranieri organizzato dalla Caritas locale. “Esperienza giudicata positivamente dagli stessi ragazzi”, spie-ga Manuela Rizzini, mediatrice culturale presso la Caritas Cremonese, “i quali sono potuti entrare in questo modo in contat-to con realtà locali tra le più diverse, aldi-là della teca di vetro della scuola e del-la famiglia, ricevendo al contempo il sup-porto necessario all’apprendimento della seconda lingua”. Molte, infine, le richieste e le offerte di scambio che provengono dall’Oriente, e in particolare dalla Cina.

AFS-ONLUS Intercultura www.intercultura.itReferente Intercultura per Cremona:Alfredo Gardani 0372 491970 [email protected]

Nelle foto alcuni degli studenti che hanno partecipato al progetto fra Cremona, Danimarca, Norvegia, Nuo-va Zelanda, Germania, Stati Uniti, Tai-landia.

pagine del VOLONTARIATO

Il 2008 è stato proclamato dalla Comunità Europea l’anno del dialogo interculturale. Rivolgendo uno sguardo alla realtà dell’associazioni-smo cremonese, è facile scoprire un buon numero di piccole e grandi

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Sei mesi o un anno intero da dedicare agli altri, dando il proprio contribuito ad una comunità locale, ricevendo in cam-

bio vitto e allog-gio, e la possi-bilità di acquisi-re competenze in campi d’inte-resse all’interno di un contesto internaziona-le. E’ con questa prospettiva che

ogni anno centinaia di ragazzi scelgo-no di trasferirsi in un paese della comu-nità europea diverso da quello di residen-za partecipando al progetto SVE (Servizio Volontario Europeo), promosso dalla co-munità europea sulla falsariga dell’ormai famoso Progetto Erasmus, che dal 1987 ad oggi ha promosso la mobilità giova-nile di migliaia di giovani, consentendo loro di trascorrere una parte dei loro stu-di all’estero.Esattamente come il suo celebre prede-cessore, anche lo SVE sembra essere de-stinato a riscuotere lo stesso ampio con-senso da parte della fascia di cittadini europei ai quale è rivolto: a pochi anni dall’introduzione nei paesi membri del progetto di mobilità giovanile, le doman-de di partecipazione di ragazzi prove-nienti dai paesi membri, di età compre-sa tra 18 ai 30 anni, sono infatti fioccate numerosissime nelle caselle di posta dei centri che in questi anni si sono presen-tati come enti d’accoglienza di volonta-ri europei, superando di gran lunga i po-sti disponibili.O perlomeno, questo è successo al Co-

Servizio Volontario Europeo: il volontariato secondo la generazione Erasmus di Marta Fioni

mune di Cremona, che da quest’anno si è proposto come ente di accoglienza per volontari europei presentando due progetti dedicati alla relazione tra arti ed espressività giovanile. Entrambe le gio-vani volontarie selezionate per i progetti sono arrivate a in città nel mese di luglio, sono ospitate in una struttura del Comu-ne, e lavoreranno per questi dodici mesi fianco a fianco agli addetti del Comu-ne. Per la realizzazione di due specifici progetti di lavoro. Entrambe le ragaz-ze provengono da un paese scandina-vo e sono quasi coetanee: Lilli Aro, fin-landese di 24 anni, ha precedenti espe-rienze nel campo dell’educazione tea-trale e sta lavorando con “Attraversarte” alla realizzazione di laboratori di teatro all’interno delle scuole del territorio, men-tre Stine Rein, 23 anni, norvegese, sta col-laborando alla coordinamento delle atti-vità del Centro Musica.E’ Stine a raccontarci le motivazioni che l’hanno spinta a venire fino qui, lascian-do per un anno tutto quello che aveva a casa: “Fino alla settimana scorsa abitavo ad Oslo, studiavo medicina cinese e ave-vo anche un lavoro part-time come se-gretaria in uno studio televisivo. In una settimana ho fatto le valigie e sono arri-vata qui. Ciò che mi ha spinto a partire è il desiderio di compiere questa espe-rienza, il cogliere la possibilità d’ immer-germi totalmente in un altra cultura, im-parare la lingua, impegnarmi in un pro-getto che mi appassiona. Per partecipa-re mi sono appoggiata ad una coopera-tiva di Brescia” conferma Sara Cavalli, che nel 2004 per sei mesi, a conclusione del proprio percorso universitario, ha colla-

borato come volontaria SVE alle attività di un centro per disabili in un piccolo cen-tro per disabili nel cuore dell’Irlanda. “L’en-te mi ha fornito un alloggio, che ho con-

diviso con un’altra volontaria spa-

gnola. Il mio compito è stato quello di ac-compagnare gli ospiti della struttura du-rante la loro vita quotidiana nel centro, e nelle uscite nelle zone limitrofe, che fos-se per prendere un gelato, giocare a bow-ling in strutture attrezzate, o solo fare pas-seggiate di gruppo. E’ stata un’esperienza preziosa, che mi ha permesso di integrare la mia formazione universitaria, oltre che la mia conoscenza dell’inglese e della cul-tura locale. Durante i weekend sono riu-scita a visitare gran parte dell’Irlanda, gra-zie anche alla disponibilità di altri volon-tari, disseminati in altri centri simili sparsi per tutto il paese.”Comune di Cremona- Ufficio Europac/o Teatro Monteverdi - Fabbrica del-le Arti, via Dante 149 - 26100 www.gioventuinazione.it www.myevs.nethttp://ec.europa.eu/youth/evs/aod/hei_en.cfm

pagine del VOLONTARIATO

realtà che agiscono esattamente in questa direzione, non solo puntan-do a rendere il dialogo e l’integrazione tra persone di diversa estrazio-ne nazionale un fatto concreto, ma puntando soprattutto sui giovani.

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mico perchè è meno oneroso il contribu-to versato alla famiglia affidataria rispet-to alla retta della comunità. Il provvedi-mento ha permesso al Comune di usci-re da una situazione divenuta economi-camente insostenibile.” E per voi cos’è cambiato? “Noi abbiamo sempre un bel gruppetto di ragazzi inviati dai Servizi Sociali di Crema, Brescia e dal milanese; da parte di Cremo-na l’ultimo invio risale al settembre 2007” L’affidamento allora danneggia le co-munità? “No, ci favorisce perché ora chi arriva qui è veramente “non accompagnato” ed è

fortemente motiva-to al percorso co-munitario e a tutto ciò che comporta: dall’apprendimento della lingua italiana al rispetto delle re-gole.”Per capire meglio il meccanismo gra-

zie al quale è stato “risolto’” il problema dei MSNA entriamo nell’ufficio di Naza-reth, cooperativa che gestiva la comuni-tà Giona, dove incontriamo la coordina-trice Giusi Biaggi. Quando si è iniziato a parlare di affido? “Se ne parla in Comune da diverso tem-po, anche se il progetto è iniziato nell’ aprile del 2007 grazie al finanziamento del Progetto Cariplo, redatto in partner-ship con Cooperativa Nazareth e Servi-

zi per l’ Accoglienza e che verte sulla qualificazione dello stile di accoglienza per i minori stranieri. Le motivazioni di fondo han-no origine nell’ approfon-dita conoscenza delle storie di vita dei minori, raggiunta grazie all’espe-rienza vissuta con la co-munità Giona. Emergeva spesso che i ragazzi ave-vano, nei paraggi di Cre-mona, una rete di sup-

porto parentale o amicale e così abbia-mo pensato che se qualcuno aveva aiu-tato il minore nel viaggio verso l’Italia, avrebbe potuto anche accoglierlo una volta giunto a destinazione.” È stata evidenziata l’ economicità dell’opzione affido…“Sicuramente, dal punto di vista dei co-sti, il contributo versato alla famiglia è inferiore alla retta presso una struttura, ma, se dal punto di vista educativo l’affi-do non ci avesse convinto, la cooperativa Nazareth non l’ avrebbe mai sostenuto” Quali sono gli aspetti più convincenti di questa soluzione? “Innanzitutto ci sembra una scelta si-gnificativa chiedere alle comunità stra-niere una corresponsabilità nell’educa-re, nell’accogliere e nel sostenere i mino-ri provenienti dal loro stesso paese. Se-condariamente, dal punto di vista cultu-rale, il ragazzo viene a trovarsi in una re-altà simile a quella in cui è stato cresciu-to, elemento questo importante, consi-derando lo shock culturale a cui è sot-toposto chi abbandona il proprio paese. Infine un amico o un parente, al compi-mento del diciottesimo anno di età, non imporrà al neo maggiorenne di uscire di casa, al contrario di quanto avviene in una comunità dove, il giorno successivo al compimento dei fatidici 18 anni, il mi-nore non è più tutelato.” Quali sono gli aspetti critici dell’affido? “Solitamente chi ospita il minore lavora molte ore al giorno e, di conseguenza, i ragazzi devono gestirsi la giornata da soli. In alcuni casi però hanno bisogno di un controllo stretto. ” L’affido quindi non è adatto a tutti? “Esatto, noi siamo portati ad immaginare i ragazzi che arrivano in Italia come se non avessero un passato, invece possono aver vissuto dei traumi che li spingono a com-portarsi in modo aggressivo o a sprofon-dare nella depressione” Allora com’è me-glio comportarsi? “Occorre attuare una buona “pronta accoglienza”, con indagini approfondite, l’attento ascolto e l’ osser-vazione del minore per poter costruire la

Dov’è finita l’emergenza “Minori Stranie-ri Non Accompagnati”? La comunità Gio-na ha chiuso i battenti e, all’interno del grande cortile di Casa dell’ Accoglienza, si scorgono solo tre o quattro ragazzi in-tenti a discorrere tra loro. È proprio dalla sede della Caritas che ricomincia l’ inda-gine iniziata nel numero precedente.“Cos’è successo? Dove sono andati tutti i minori?”Risponde don Antonio Pezzetti, respon-sabile di Caritas Cremonese: “Nell’ambito di Cremona il fenomeno si è ridotto, ma gli stranieri ci sono ancora e, a dimostra-zione di ciò, in provincia stanno aprendo tre nuove comunità. Anche noi, intorno a Pasqua, ne inaugu-reremo una a Cor-tetano. Il passaggio dall’emergenza alla normalità è avvenu-to grazie ad un mec-canismo semplice: il minore, appena rin-tracciato dalla questura, non è immedia-tamente inserito in comunità, ma viene inviato al CPA (Centro Prima Accoglien-za) del Comune. Rimane lì fino a quando consegna ai Servizi Sociali il nome di un parente o un conoscente a cui verrà poi affidato; in caso contrario viene colloca-to in comunità.” Quali effetti ha sortito la nuova politi-ca del Comune? “Sicuramente si è verificato un risparmio dal punto di vista econo-

Minori, stranieri: seconda puntata dell’inchiesta di Jad Coppiardi

Occorre attuare una buona “pronta accoglienza”, con

indagini approfondite, l’attento ascolto e l’osservazione del minore per poter costruire la

proposta piu’ adeguata.

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FOCUS 15

Don Pezzetti: “Noi ci impegniamo a lavorare sull’integrazione dei minori tramite l’inserimento

scolastico, la partecipazione alla vita degli oratori, il collocamento in squadre di calcio o di basket e la

partecipazione a tornei.”

proposta più adeguata; rispetto a questo tipo di ricerca i servizi sono ancora parec-chio indietro.”Grazie alla disponibilità di un educatore proviamo ad incontrare una famiglia stra-niera che ha vissuto l’esperienza dell’affi-do. L’operatore domiciliare, come ci illu-stra Giusi Baggi, è “l’anello di congiunzio-ne tra la famiglia affidataria e il servizio sociale inviante; ha il compito di sostene-re la famiglia nel ruolo educativo e nelle pratiche burocratiche per ottenere il per-messo di soggiorno.” L’appuntamento è fissato per le diciassette all’angolo tra via Esilde Soldi e via Brescia, proprio davanti alla sede del Cisvol. Elisa Gremizzi, il mio contatto, arriva puntuale e sorridente. Saliamo una ripida scala per poi infilarci in un lungo corridoio al cui termine scorgo, ad attenderci, una signora di mezza età e un ragazzo di circa vent’anni. L’accoglien-za è calorosa: appena entrati nel piccolo ingresso tutti si presentano con un sorri-so ed una stretta di mano. Julian, il gio-vane intravisto prima, mi invita ad acco-modarmi in salotto sul divano. Sull’altro, quello a fianco del mobile nero lucido su cui staziona il grande televisore, si siede tutta la famiglia Zeka: la mamma Eglatina e i figli Fatjona e Julian. Prende la parola Julian e subito il racconto sgorga spon-taneo, tra le osservazioni della sorella e gli intervanti in albanese della mamma: “Sono arrivato nel 2001 tramite un con-corso che si faceva in Albania legato alla lingua italiana e ai mestieri che si sape-vano fare. Sono stato a Campobasso poi sono venuto a Cremona.”Raccontaci della tua esperienza in città: ”Ho vissuto per due anni presso la Casa dell’ Accoglienza e, dopo qualche lavoro precario, sono riuscito a trovarne uno fis-so a Corte de’ Frati. Per due anni ho viag-giato avanti e indietro con la bicicletta, diventavo un pochino come Cipollini,

poi ho comprato un Bo-xer della Piaggio.” Quando si è verificato il primo affido? “Con i soldi guadagna-ti mi sono spostato in via Esilde Soldi, ho ar-redato l’appartamento con alcuni mobili vec-chi e poi ho fatto veni-re mia sorella di 16 anni, in affido, insieme a mia mamma. Per lei però

abbiamo avuto qualche problema; ades-so per una fortuna è regolare, infatti ave-va bisogno di essere operata urgente-mente alla tiroide.”Ci rivolgiamo direttamente a Fatjona, una bella ragazza dai capelli corvini e dal sorriso solare che parla un italiano impeccabile.Ci racconti la tua esperienza? “All’inizio è stato faticoso inserirsi, per diversi moti-vi: innanzitutto la lingua perché è difficile espri-mersi e, di conseguenza, conosce-re persone nuove, e poi perché arrivi in un mondo completamente diver-so dal tuo. Dopo pochi mesi mi sono iscritta a ragioneria e, adesso che mi sono diplomata, lavoro part-time in una mensa scolastica.” Cosa ti manca della tua terra? “Nonostante io sia molto legata alla compagnia che frequento a Ponte-vico, la cosa che mi manca di più sono proprio gli amici, soprattutto perché quando sono partita, a 16 anni, il gruppo di coetanei era dav-vero la cosa più importante. Ci mancano i parenti anche se, moltissimi, sono qui a Cremona.”Julian aggiunge: “Non abbiamo avu-to problemi con gli italiani, con i ragaz-zi vai d’accordo perché più o meno hai gli stessi desideri, parli delle stesse cose. Certamente all’inizio ti tengono a distan-za ma poi sono molto tranquilli, sono sta-to a casa di diversi colleghi e mi hanno anche invitato ad un matrimonio.” Parliamo ora del secondo affido: Rigers Myteveli: nonostante la timidezza e l’ita-liano ancora incerto, Rigers intervie-ne: ”Ho appena compiuto 18 anni, lavo-

ro tutti i giorni in una cooperativa socia-le, torno a casa alle 17.30 e poi, alle 18.30, frequento la scuola di ragioneria sera-le. Mi piace molto e voglio diplomarmi, anche se per me è difficile seguire le le-zioni. Adesso rimango ancora in famiglia per un po’, ma la mia idea è di riuscire a mettere da parte abbastanza denaro per affittare un appartamento e poter far ve-nire in Italia i miei genitori.”Dopo aver raccolto le opinioni su comu-nità e affido famigliare, torniamo dai no-stri primi interlocutori per un’ultima do-manda. Iniziamo chiedendo a don Anto-nio Pezzetti se a Cremona è mutata l’opi-nione riguardo ai minori stranieri: “In cit-

tà sono davve-ro numerosi, ma la percezione è cambiata. Noi ci impegniamo a lavorare sull’inte-grazione trami-te l’inserimento scolastico, la par-tecipazione alla vita degli orato-

ri, il collocamento in squadre di calcio o di basket e la partecipazione a tornei.”A Giusi chiediamo se, oltre alla comuni-tà e all’affido, vede prospettarsi altre so-luzioni: ”C’è sicuramente bisogno di luo-ghi sul territorio che, a livello diurno, dia-no un sostegno alle famiglie di migranti (affidatarie e non) con minori a carico. Il ragazzo a Cremona necessita di un sup-porto in più sia dal punto di vista scola-stico che sociale: c’è estremo bisogno di luoghi fisici dove attuare pratiche di so-stegno e di valorizzazione della persona straniera.”

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E’ tornata con il sole negli occhi e la fo-resta nel cuore, pronta a riversare nel nuovo anno scolastico l’entusiasmo, lo slancio ed il calore umano di un’esperien-za unica. Daniela Bergamaschi, docente presso l’Istituto Tecnico Commerciale “Eugenio Beltrami” e ‘anima’ del progetto “Il Beltrami in Brasile” ha dedicato l’estate a una full immersion nella realtà brasilia-na, trascorrendo tre settimane nello stato del Parà e nella città di Abaetetuba. Qui da tempo opera nel recupero dei bam-bini di strada Andrea Franzini, fondatore dell’Associazione onlus “L’Insieme” non-ché ex – alunno del Beltrami. “Il Beltrami in Brasile”, varato nel 2006, è un progetto didattico, inserito nel POF, di formazione e sensibilizzazione nei con-fronti delle problematiche economiche, ambientali e socio-politiche del Terzo Mondo, focalizzato sul Brasile e in parti-colare sulla zona di Abaetetuba.“Dopo tanta teoria, tante parole, tante immagini proposte ai nostri alunni, dopo aver visionato e rielaborato tanto materia-le, era tempo di toccare con mano, di spe-rimentare” – dice Daniela, - “e per quanto ci si prepari e documenti, l’impatto del Brasile è intenso al di là di ogni aspettati-va.” Bergamaschi ha condiviso l’esperien-za con lo studente Luca Dall’Asta, e la ex-collega Angiola Agarossi accompagnata dalla figlia Anna, alunna del Liceo Aselli. Tutti e quattro sono rimasti folgorati dal Brasile: in un certo senso se lo aspettava-

no, ma forse non con tanta forza. Spiega Daniela: “Ad Abaetetuba è attiva la Pastoral do Menor, un programma di recupero e reinserimento sociale dei mi-nori che fa capo alla Chiesa brasiliana e del quale fa parte Andrea Franzini, in col-laborazione con la Diocesi. Grazie alla Pa-storal do Menor sono stati fondati centri di raccolta e accoglienza nei vari quartieri cittadini delle grandi città e Andrea stes-so ne ha fondato undici in Abaetetuba. Nel corso dell’anno circa duemila ragazzi passano dai centri, dove lavorano due-cento educatori. In estate, periodo della nostra visita, il numero scende a sette-ot-tocento. Fulcro del nostro viaggio è stata proprio la partecipazione all’attività del centro, dove abbiamo condiviso con gli educatori i problemi che devono affron-tare quotidianamente. Inoltre abbiamo avuto modo di saggiare vari ambienti: dai quartieri cittadini alle favelas dalla foresta alle isole. Sono realtà molto diver-se, anche se accomunate da un’abissale miseria. In primo luogo, esistono diversi tipi di favelas; i poveri più poveri in asso-luto sono quelli delle città, mentre nella foresta amazzonica e nelle isole (presso Abaetetuba scorre il fiume Tocantins) la situazione è migliore e viene inoltre “al-leggerita” dalle bellezze naturali. Eravamo alloggiati nella Casa dei Popoli, un edificio che può ospitare una dozzina di persone e che è stato comprato e ria-dattato da Andrea Franzini per chi, come noi, desidera fare un soggiorno “a tutto tondo” nel Parà. E mai come in quel pe-riodo ci siamo sentiti solidali nel senso più profondo, ci siamo visti parti inte-granti dell’Umanità capaci di fonderci nell’altro l’Altro senza paternalismo o pietismo, ma con fervida partecipazio-ne emotiva. Questa sensazione ci ha aiutato quando lo spettacolo del de-grado e dell’avvilimento delle favelas rischiava di sopraffarci!”. “Certo, - continua Bergamaschi – il

Un grande abbraccio L’esperienza estiva del progetto “Il Beltrami in Brasile” di Roberta Spigaroli

nostro stato d’animo è “merito” dei brasi l iani , con i quali l’intesa è immedia-ta e che gratifica-no con un calo-re vera-m e n t e unico per la sua spontaneità. Infine, è stato determinante incontrare un gruppo di ragazzi dai 14 ai 16 anni che con il materiale fornito dal ”Beltrami” avvieran-no un progetto articolato sull’Italia. Infatti “Il Beltrami in Brasile” riparte con rinnovato entusiasmo per il terzo anno, coinvolgen-do numerosi docenti che approfondiran-no vari aspetti del Brasile secondo le loro aree di insegnamento. Posso anticipare che nel maggio 2009 quattordici adole-scenti e quattro educatori verranno a Cre-mona a presentare il progetto “Danzando e cantando con amore”, basato sulle dan-ze indigene”. “Mi sono sentito alleggerito e semplificato”. Così Luca Dall’Asta, studen-te diciottenne del Beltrami, dove è Rap-presentante di Istituto, commenta il suo viaggio in Brasile. “Sono tornato arricchito. La visita delle favelas, con le catapecchie sommerse dai rifiuti, la fame atavica degli abitanti, le strade tracciate a malapena sot-to a cumuli di spazzatura, mi ha scioccato, ma anche “disinfettato” interiormente. Ora mi sento più consapevole delle priorità, dei valori cui dare la precedenza rispetto alle banalità.”

Istituto Tecnico Commerciale Beltramivia Palestro 33, 26100 Cremona0372 30549 www.itcbeltrami.itReferente: Daniela Bergamaschi

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A Cremona un vivo apprezzamento ha premiato in agosto la riuscita di un pro-getto che, attivo già da dieci anni, si sta ri-velando sempre più positivo. Stiamo par-lando di “DRUM BUN!” (“Buon viaggio!” in rumeno): un percorso orchestrato dal dinamico don Pier Codazzi che ogni esta-te vede partire alla volta della Romania e dell’Albania un nutrito drappello di gio-vani volontari desiderosi di “condividere le ricchezze soprattutto educative e cul-turali, del loro territorio”. Destinatari sono

i bambini e adolescenti, dato che il pro-getto “nasce dall’esperienza comunitaria degli oratori, pur essendo aperto anche a realtà non ecclesiali”, come sottolinea Alessandro Corradi, 27 anni, operatore nel sociale e volontario di lungo corso, coin-volto da Drum Bun! dagli inizi e ormai ben conosciuto in Romania. Spiega Alessandro: “Il germe dell’idea ha attecchito in don Pier dalla conoscenza con una suora italiana dell’Ordine delle Piccole Serve che operava in Romania. Codazzi, anima della Parrocchia del Ma-ristella e fervido sostenitore dell’utilità umana dell’oratorio, ha pensato di espor-tare in alcuni centri, prima rumeni poi anche albanesi, l’esperienza del Grest af-fidandola a ragazzi dai 18 anni in su. Ogni anno partono circa 50 volontari divisi in sette-otto gruppi diversi per altrettan-te destinazioni, dove si trattengono per due/tre settimane”. Alla voce di Corradi si uniscono quelle

Giovani animatori crescono Il buon viaggio del progetto “Drum Bun” di Roberta Spigaroli

della diciannovenne Sara Arcaini e del ventenne Mattia Cabrini, entrambi stu-denti, animatori presso l’oratorio S. Fran-cesco del quartiere Zaist, reduci dalla tra-sferta “Drum Bun!” in Albania, la prima a Shkaze, villaggio sui monti, il secondo nel paesino di Fushearrez, ospitato da France-scane tedesche. Racconta Sara: “La nostra attività è per lo più di animazione, natural-mente adattando il modulo del Grest alle esigenze locali. Ciò che non smette mai di stupire è quanto i bambini rumeni e alba-nesi si intrattengono appassionatamente con giochi semplici che in Italia sono in-vece quasi dimenticati. Bastano una pas-seggiata o la riscoperta dei balli popolari. Per non parlare dell’entusiasmo: almeno il doppio rispetto a quello dei nostri bambi-ni. Il semplice fatto che qualcuno dedichi loro incondizionatamente del tempo li riempie di gratitudine e di affetto”. “Grazie al progetto portiamo le nostre conoscen-ze di educatori ed animatori al servizio dei bambini e ragazzi che conducono un’esi-stenza profondamente diversa dalla no-stra, cercando di dare molto, ma riceven-do anche di più in termini affettivi. Infatti, è triste separarci dai bambini che in pochi giorni si affezionano e ci chiedono di con-tinuo quando torneremo a trovarli”. “Proprio per dare continuità – dice Ales-sandro- si è deciso di formare gruppi di adolescenti del posto che saranno un po’ i nostri eredi. A questo teniamo molto, bi-sogna creare forze nuove e al contempo infondere fiducia in se stessi. In quei paesi serpeggia una certa rassegnazione unita alla certezza che è possibile cambiare il proprio destino soltanto trasferendosi altrove, magari proprio qui in Italia. Al contrario, è necessario impegnarsi a mi-gliorare la propria realtà ”“In effetti - interviene Mattia -, emergono forti contrasti, accomunati dalla febbre consumistica: non è raro trovare giovani che possiedono due cellulari ma mangia-no poco e male, magari la carne solo una

volta al mese. Queste nazioni hanno sì fatto grandi passi in avanti, ma rimangono forte problematiche sociali e culturali. Anzi, il progresso ha moltiplica-to le contraddizioni e presenze come la nostra sono sempre più necessarie”.L’Albania, dove sono stato io, è partico-larmente ferma, non si notano segnali di mutamento, la voglia di agire è debole, la voglia di partire impellente. I nostri ospiti sembrano dirci: “Quando sarete ripartiti, tutto tornerà come prima, non possia-mo fare nulla per cambiare la situazione. Oscillano tra diffidenza ed orgoglio”. Animazione e formazione, ma non solo: i volontari “drum-buniani” si impegnano anche nella riqualificazione delle strut-ture: “A Ploiesti, Romania, e a Puke, Alba-nia, abbiamo costruito oratori, mentre a Buzau abbiamo restaurato una chiesa e ristrutturato alcuni locali destinati ai bam-bini”. Concludono insieme Alessandro, Sara e Mattia: “La nostra esperienza di volonta-riato con Drum Bun si può riassumere in tre parole: Formazione, Fede e Spirito di gruppo”. Che, a ben vedere, sono i tre pi-lastri della vera solidarietà.

Don Pier Codazzi 335 354429

pagine del VOLONTARIATO

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18 pagine del VOLONTARIATO e ASSOCIAZIONI

Un’ora di assistenza informatica in cam-bio di un’ora di lavoro da idraulico? Perché no. La Banca del Tempo di Ca-salmaggiore – che dopo un anno di at-tività stabile si costituisce ufficialmente in gennaio grazie all’iniziativa promossa da Graziano Coppi, Raffaella Martinelli e Fausta Gandolfi – mira proprio a favorire lo scambio di servizi, oggetti e favori fra persone della stessa comunità. L’associa-zione “Dammi tempo... Avrai tempo” ha fatto il suo debutto ufficiale lo scorso no-vembre nella Sala Giunta del Comune di Casalmaggiore: un momento di incontro con la cittadinanza e la municipalità, ora impegnata in prima persona nella pro-mozione e nella pubblicizzazione della Banca del Tempo. L’idea è semplice e vec-chia quanto il mondo e si basa sulla con-divisione delle competenze personali col

A Pizzighettone sta per nascere La “Rete di Solidarietà del Territorio”, un servizio che - grazie al costituito Tavolo del Biso-gno - sarà gestito dal volontariato tramite il Comune. Al momento tutto è ancora in fase d’approvazione: i soggetti coinvolti nell’iniziativa stanno infatti perfezionando lo statuto che verrà ufficializzato solo fra qualche tempo mentre l’intero progetto è seguito dall’assessore ai Servizi sociali Bruno Tagliati. L’idea nasce dalla prece-dente esperienza del Tavolo dei Bisogno: «Al tavolo - spiega Tagliati - le associazioni hanno espresso la volontà di organizza-re un percorso formativo in cinque mo-menti e grazie al Cisvol di Cremona si è organizzato, nel 2007, un corso gratuito con il tema “Accoglienza lavoro di rete e organizzazione del lavoro” con la finalità di fornire la conoscenza delle realtà del territorio per l’ arricchimento vicendevole delle associazioni». La nascente rete do-

“Dammi tempo, avrai tempo”: tutto e’ possibile a Casalmaggiore!

Rete di Solidarietà di Pizzighettone: si lavora per lo Statuto

resto della comunità. «L’obiettivo – ha di-chiarato ai giornali locali l’assessore ai ser-vizi sociali Ermelinda Casali del Comune di Casalmaggiore – è ricreare una rete di solidarietà e di relazioni sociali all’interno della comunità. E allargare il giro dei par-tecipanti». Le offerte e i bisogni che i ‘cor-rentisti’ della Banca possono depositare o richiedere sono praticamente infiniti: si va dalle lezioni di inglese alla riparazione di un orologio, dalla tinteggiatura di un mobile alla lezione di informatica, dal fa-vore episodico (ad esempio la consegna di un documento o l’accompagnamento di un bambino a casa dopo l’uscita dalla scuola) fino al servizio e all’assistenza più impensata. Il tutto senza dimenticare che tutte le competenze possono essere anche ‘barattate’ con oggetti: cicli di lezio-ni in cambio di un tagliaerba, ad esempio.

vrebbe rivolgersi a tutti i cittadini, italiani e stranieri, anziani, adulti, disabili, nuclei familiari con o senza minori, residenti nel territorio del Comune di Pizzighettone che si trovino in stato di disagio, o che necessitino, comunque, di informazioni e orientamento. Fra gli obbiettivi prefigura-ti ci sono l’incremento del numero degli interventi efficaci, ottimizzando le “forze”, l’idea di fungere da filtro delle informa-zioni e dei dati raccolti, al fine di favorire il rapporto e la cooperazione tra le forze operanti nel settore, la cooperazione con i Servizi Sociali del Comune nella stesura di piani lavoro individuali rivolti a perso-ne bisognose di aiuto. La collaborazione con la Rete di Solidarietà del Comune di Pizzighettone potrà avvenire su più livelli: a un primo e più diretto livello potranno infatti collaborare - se lo statuto non verrà modificato - associazioni del volontariato che siedono al Tavolo del Bisogno, rego-

Al momento presso la sede della Banca è ospitata presso la delegazione casalasca del Cisvol, in via Porzio. L’associazione fa parte delle Banche del Tempo e conta già una ventina di iscritti. Per quanti vo-lessero avere più informazioni oppure iscriversi basta scrivere all’indirizzo di po-sta elettronica [email protected] oppure è possibile contattare la delega-zione Cisvol di Casalmaggiore allo 0375 201726.

larmente costituite iscritte al Registro co-munale e regionale, o associazioni senza scopo di lucro iscritte al relativo albo pro-vinciale, in grado di offrire un impegno continuativo nel tempo, singoli cittadini, non aderenti ad associazioni precosti-tuite ma interessati ad un’attività di vo-lontariato all’interno della Rete disposti ad accettare un impegno di presenza a carattere non sporadico, ma continuati-vo nel tempo e infine realtà associative non formalmente costituite, tramite i suoi membri come singoli volontari, i quali si impegnano individualmente. Ma è previ-sta anche la presenza di altri attori asso-ciativi, ordini professionali, realtà private e singoli cittadini con modalità di impegno e coinvolgimento differenti. Per chi fosse interessato a questi progetti e ad aderire alle diverse iniziative può contattare l’ Assessorato ai Servizi Sociali allo 0372 7382222.

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Qualche bicchiere di troppo inizia a di-ventare un’abitudine, gli atteggiamenti si fanno aggressivi, ingestibili, le relazioni familiari e amicali si incrinano. I problemi alcolcorrelati sono stati all’origine della nascita dei gruppi di auto mutuo aiuto. In America, i primi esperimenti di questi gruppi di confronto sono nati proprio con gli Alcolisti Anonimi, dove in un contesto riservato, accogliente e di piena riserva-tezza si poteva condividere con altri il me-desimo problema. Negli anni ’80, il dott. Hudolin, in Jugoslavia, perfezionò questo metodo introducendo i Club degli Alcolisti in Trattamento, con una sostanziale differenza: venivano coinvolti an-che i famigliari degli al-colisti, in quanto l’obiet-tivo non era solo quello di risolvere la patologia ma soprattutto ricucire i rapporti e affrontare le difficoltà relazionali. Il Club è un’associazione alla quale prendono par-te famiglie con problemi alcolcorrelati e complessi, che lo frequentano per iniziare

e consolidare il cambiamento del proprio stile di vita, all’interno di un clima comuni-tario in cui si condividono le proprie storie e difficoltà, i progetti e le speranze. A Cremona e provincia oggi sono ben 42 i Club degli Alcolisti in Trattamento, sotto la supervisione dell’associazione provinciale APCAT, presieduta da Gian-carlo Pisciarelli. Una figura di spicco nella gestione dei gruppi di auto mutuo aiuto e di numerose iniziative di prevenzione è Giorgio Reali, già presidente dell’APCAT di Cremona, ora impegnato nell’associa-

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“Guarire” in gruppo dall’alcolismo di Giorgia Cipelli

zione nazionale all’interno della consulta del volontariato, responsabile anche dei rapporti istituzionali con l’associazioni-smo e il terzo settore a livello nazionale. «L’obiettivo prioritario verso cui sono orientati i nostri gruppi di auto mutuo aiuto è un cambiamento a livello com-portamentale e sociale degli alcolisti: il vero risultato da raggiungere non è l’astinenza quanto piuttosto il reinse-rimento effettivo nella rete di relazioni sociali, considerando la specificità della persona – evidenzia Reali -. Durante gli incontri, che si svolgono a cadenza set-

timanale per un’ora e mezza, ciascuno discute del proprio disagio personale, all’interno di una più ampia scenografia: il trattamento di problemi di alcolismo si lega indissolubilmente a un’evoluzione culturale che dobbiamo introdurre nella società. L’alcolismo crea disagi anche al di fuori della patologia fisica, comporta problemi psichici, giudiziari, relazionali e di ruoli nel lavoro, nella famiglia e nella comunità più in generale».Un fenomeno che suscita particolare preoccupazione è oggi la pericolosa associazione tra alcol e droghe. Ma so-prattutto l’età dei partecipanti ai gruppi di auto mutuo aiuto si è drasticamente abbassata: ad avere bisogno di sostegno per gravi problemi d’alcol sono tanti i giovani, anche al di sotto dei 25 anni. Un segnale che dovrebbe far riflettere molto la nostra società. Particolarmente importante è la figura del “servitore”: egli è un membro del Club che deve stimolare la comunicazione e agevolare le relazioni; anch’egli vive un progressivo percorso di cambiamento in-sieme agli altri e segue un aggiornamen-to continuo. Per ciascuno dei nostri 42 Club, che coinvolgono in tutto oltre 400

famiglie, è presente un facilitatore: que-sta figura aiuta a creare legami di nuovo solidi tra i membri familiari, instaurare relazioni e una rete di solidarietà con il territorio per il reinserimento dei soggetti con problemi. L’APCAT si è fatta quest’anno promotrice di un corso di sensibilizzazione all’approc-cio ecologico-sociale ai problemi alcol-correlati e complessi, in collaborazione

con il Comune, la Provincia e l’ASL di Cremona e il Cisvol. All’incon-tro è intervenuto

il dott. Roberto Pancheri, con i condiret-tori Emanuele Sorini e Giorgio Reali. L’ini-ziativa, che si è svolta dal 3 al 9 novembre presso il Seminario Vescovile, ha appro-fondito le conoscenze teoriche e prati-che del problema, sulla base del metodo Hudolin, incentivando la partecipazione non solo di medici, esperti e familiari, ma anche di coloro che sono interessati ad assumere il ruolo di servitori all’interno dei gruppi.L’APCAT collabora inoltre con l’ASL e l’As-sociazione “BUSsola” per l’organizzazione di iniziative di prevenzione presso i più giovani e corsi rivolti a coloro che han-no subito il ritiro della patente per aver superato il limite consentito di alcol nel sangue. In questo modo è già possibile individuare casi di potenziali alcolisti e adottare le opportune strategie per evi-tare l’aggravarsi della situazione.A.P.C.A.T. CremonaVia dell’Annona 1/3 CremonaTel. Segreteria e fax 0372 452314 cell. 329 1338725Presidente: Giancarlo PisciarelliVia S. Ambrogio 32 CremonaTel. 0372 29340 – 338 5661874 e-mail: [email protected]

Reali (APCAT): «Il vero risultato da raggiungere non è l’astinenza quanto piuttosto il reinserimen-

to effettivo nella rete di relazioni sociali»

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20 pagine di CULTURA SOLIDALE

Colori, rituali, arte e tradizioni del mondo in un crocevia di culture e in un crogiu-olo multietnico di saperi. L’Associazione Culturale Edonè, con sede in via Gerar-dus de Josanus a Izano è un importante punto di incontro e confronto fra le nu-merosissime culture tradizionali presenti nel mondo e si pro-pone come obietti-vo proprio quello di tutelarne la presen-za e incentivarne la conoscenza. Nel panorama cre-monese si tratta dunque di un’esperienza nuova e particolarmente stimolante sot-to il profilo sociale. L’associazione è stata fondata da tre cremaschi, il presidente Michele Stigliano insieme con Gabriele Barbieri e Riccardo Lacchinelli, con l’ap-poggio dei soci sostenitori, lo scultore maliano Sory Ba, l’intermediario culturale Stefano Capotorti, il supporter “Mali Trek” Marino Nebuloni e Cecilia Milza, creatrice del logo.Edonè intende promuovere un turismo

Edoné: a Izano una finestra aperta sull’arte tradizionale del mondo di Giorgia Cipelli

responsabile e supportare la formazione di piattaforme di dialogo interculturale, proponendo alle persone amanti del libero pensiero alcune opportunità di scambio – aperto e costruttivo – di co-noscenze, arti e tecniche delle tradizioni locali, allo scopo di contribuire allo svi-

luppo della creativi-tà umana. La filosofia di fondo è semplice e al con-tempo innovativa: «L’idea è quella di garantire sempre

che, al fondamento del grande livello tecnico e di comfort raggiunto dalla so-cietà umana, sia mantenuto il necessario piacere di vivere, di conoscere e di creare, piacere che può essere espresso in una parola come benessere. Ogni tradizio-ne esprime una specificità e la valoriz-zazione umana della diversità culturale rappresenta la principale ricchezza a cui attingere per godere pienamente del piacere di vivere, del vero e pieno benes-

sere. L’associazione Edoné si propone pertanto di contribuire con piacere alla valorizzazione di ogni conoscen-za della storia e delle tradizioni locali di ogni territorio».La sede di Izano dispone di uno spazio espositivo di circa 120 metri quadrati, che funge da punto d’in-contro, laboratorio di sperimenta-zione per mostre itineranti realiz-zate grazie alle collezioni private date in concessione esclusiva. Fra i progetti portati avanti, si distingue

il sostegno prestato all’atelier “Ndomo”, una cooperativa ma-liana di Segou fondata dal ma-estro Doumbia Boubacar, nella quale si insegna e si tramanda a un gruppo di 15 giovani artisti la tecnica tradizionale del bogolan, affiancando ai disegni classici al-cune tracce artistiche innovative. Edonè intrattiene inoltre stretti le-

gami con Sory Ba, un artista sempre del Mali insignito nel 1998 del titolo di mi-glior scultore sul legno della regione. Recentemente ha valorizzato attraver-so varie iniziative la cultura del Mali: nel mese di giugno è stata organizzata un’esposizione con una raccolta di ter-recotte, manufatti che, attraverso una tradizione secolare, tramandano i valori sociali e artistici di questa civiltà, mentre in luglio è stata presentata “Una finestra sul Mali”, nata in collaborazione con l’As-sociazione Invisibili Confini e nell’ambito della rassegna “CremArena”, un’antepri-ma di progetto per la conoscenza della cultura dei popoli del Mali attraverso la scultura, la musica e la danza. È stata

inaugurata a giugno e si concluderà a di-cembre “Evoluzioni delle tinte naturali”: si tratta della presentazione delle tecniche tradizionali relative alla lavorazione dei tessuti basilan, bogolan e gala, attraverso una documentazione fotografica che ne descrive le varie fasi. È inoltre attivo un altro progetto per sostenere la scolarizzazione dei bambi-ni della scuola elementare maliana di Sangha. I proventi derivanti dalla vendita del libro “Carta alta” di Riccardo Lacchi-nelli serviranno a finanziare il progetto “Una matita, un quaderno” per regalare ai piccoli alunni il materiale scolastico necessario, in modo tale da offrire loro maggiori opportunità di giocare, impara-re, disegnare e conoscere.

Associazione culturale Edoné Via Gerardus de Josanus 8 26010 Izano (CR) www.edone.org

Edonè promuove mo-stre, incontri, turismo

responsabile e un’dea di viaggio come scambio

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21pagine di CULTURA SOLIDALE

Il Cremasco, da diversi anni a questa par-te, si è dimostrato e continua ad essere un territorio vivace e pieno di iniziative legate al mondo del volontariato. Una delle ultime in ordine di tempo è l’AADSC (Associazione per l’Assistenza al Disagio Socio-Culturale). Fondata circa un anno fa, si tratta di un’associazione decisamen-te particolare perché l’obiettivo è di “ar-rivare dove gli altri non arrivano”, come ci spiega il presidente Traian Ionita. In pratica l’associazione intende aiutare le persone a tutto tondo, cercando di dare sostegno e risposte ai più diversi bisogni di chi si trova in difficoltà. E si rivolge a tutti, italiani e stranieri, giovani e anziani. Ma non solo. L’associazione dedica un’at-tenzione particolare alla promozione del volontariato, puntando al coinvolgimen-to dei giovani. Insomma, un’associazione aperta, che intende spaziare in diversi ambiti per riuscire a dare risposte a tutte le necessità e le richieste di coloro che non trovano sostegno altrove. L’idea di dare vita all’AADSC nasce dalla volontà di cinque soci fondatori, tutti

L’Associazione di volontariato LaFabbrica nasce nel 2004 dopo un biennio passa-to all’interno dell’Associazione Arci nel gruppo giovani (Arciragazzi). LaFabbrica è composta da giovani di età compresa fra i 17 e i 28 anni con attività ed iniziati-ve organizzate su vari ambiti. Innanzitutto l’informazione, ed i progetti editoriali rea-lizzati durante gli anni dai giovani volonta-ri dell’Associazione. Fra il dicembre 2005 e l’aprile 2008 LaFabbrica (che è anche casa editrice) realizza un mensile periodico di carattere culturale con particolare atten-zione agli eventi che riguardano sia il pro-prio territorio sia il mondo circostante. Tale giornale è stato distribuito gratuitamente con tiratura di 5mila copie a uscita mensi-

Assistenza al Disagio SocioCulturale per arrivare dove gli altri non arrivano di Eleonora Bertoni

La Fabbrica una realtà consolidata in tutto il cremasco di Romolo Dell’Angelo

cremaschi: Traian Ionita (presidente), Ne-store Parati, Giuseppe Barbaglio, Simo-ne Riccetti e Totir Viorica. L’associazione è oggi alla ricerca di nuovi membri e di visibilità per ampliare ulteriormente il proprio raggio d’azione. Per questo mo-tivo tra i prossimi eventi in programma ci saranno una serie di appuntamenti per i giovani, per fare scoprire loro il mondo del volontariato e trovare nuovi volonta-ri. Per incontrare i ragazzi, l’AADSC offrirà un aperitivo in un locale di Crema.Da quando è nata l’associazione si è oc-cupata in particolare di offrire sostegno in ambito sociale, aiutando persone ita-liane e straniere nella ricerca di un po-sto di lavoro e di un alloggio, attraverso consulenze legali e l’affiancamento della persona in difficoltà per superare, passo dopo passo, le difficoltà pratiche per af-frontare il problema. In questo modo, per esempio, è stato aiutato un ragazzo stra-niero che, pur avendo un lavoro a tem-po indeterminato e conoscendo molto bene l’italiano, non riusciva a trovare casa scontrandosi con la ritrosia dei proprieta-

ri che si lasciavano fuorviare dal “timo-re del diverso”. Il giovane è stato accom-pagnato nelle agenzie immobiliari e agli incontri con i proprietari degli alloggi.Un’altra situazione della quale l’AADSC si è occupata, e che ancora sta seguendo, è quella di una signora che non ha ricevu-to lo stipendio per sei mesi, e che nono-stante l’intervento dei sindacati, non era riuscita smuovere la situazione. Grazie all’intervento dell’associazione è stata fis-sata la prima udienza in tribunale.

AADSC - Associazione per l’Assistenza al Disagio Socio-Culturale via Alberelle 37, presso Nestore Parati26013 Crema (CR)Tel. 348 0732426 [email protected]

le. Contemporaneamente nasce anche un blog: http://lafabbrica.ilcannocchiale.it che è realizzato a più mani da tutti coloro che si ritrovavano nei valori che l’Associa-zione si prefiggeva. La Fabbrica ha realiz-zato negl’anni anche molti eventi di ca-rattere culturale, musicale e aggregativo. Iniziative (come ad esempio la Fabbrica in Rivolta nel 2005 e La Fabbrica in Fest nel 2006) hanno visto una partecipazione di migliaia di giovani provenienti dal crema-sco, milanese e bergamasco. LaFabbrica è anche servizio di volontariato, fornendo negl’anni attività come doposcuola per gli studenti delle scuole elementari e me-die, accompagnamenti a persone anziane o invalide, raccolta fondi a scopi benefici,

partecipazione alle manifestazioni cultu-rali organizzate dal territorio di residenza. Geograficamente LaFabbrica nasce a Ri-volta d’Adda, anche se nel breve tempo si espande in numerosi paesi del circon-dario. Nasce nel breve un sottogruppo ad Agnadello, Spino d’Adda, Cassano d’Adda ed Inzago che collaborano nella realizzazione dei grandi eventi e lavora-no singolarmente per il proprio territorio. Attualmente, per questioni logistiche, LaFabbrica è in un periodo di fermo. In cantiere comunque vi sono numerose ini-ziative che si vogliono realizzare nel 2009. Per contatti ed informazioni 320 2782951, [email protected] o visitare il blog http://lafabbrica.ilcannocchiale.it

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22 pagine del CENTRO STUDI

Il QuadernoIl quaderno “Indiani pun-jabi a scuola” fa parte dei “Quaderni del Centro Studi”, che già si sono occupati della lingua ara-ba e di quella cinese, e si pone sempre nell’ottica di una mutua comprensione tra chi è di lingua e cultu-ra italiana e chi, portatore di una cultura altra e par-lante una lingua diversa, si avvia all’integrazione nella società italiana.Gli autori, Barbara Bertolani e Iqbal Singh, hanno affron-tato la presenza di alunni e famiglie di lingua Punjabi nell’ambito della scuola, da vari punti di vista, come evidenzia il sottotitolo: “Aspetti culturali, dinamiche relazionali in classe e introdu-zione alla lingua punjabi”. La prima metà del libro ha un taglio prevalentemente sociologico dopo un breve accenno alla storia del Punjab (ri-presa anche all’inizio dell’altra sezione). Si occupa, infatti, del fenomeno migra-torio e del conseguente ingresso in una realtà diversa, che può produrre quelli che gli autori hanno chiamato “cortocir-cuiti culturali”: piccole incomprensioni tra italiani e punjabi, che si realizzano nell’ambito scolastico perché è qui che avviene principalmente l’incontro tra le due culture, che possono essere risolte con la reciproca conoscenza ed, even-tualmente, con l’intervento di un media-tore culturale.L’altra metà ha un taglio linguistico ed è dedicata ai fondamenti della lingua Pun-jabi, dal punto di vista della grammatica e della scrittura (i caratteri utilizzati non sono quelli latini, ma bensì l’alfabeto gurmukhi) e della pronuncia. Lettere, parole e brevi frasi vengono presentate in alfabeto gurmukhi, traslitterate e tra-dotte, eventualmente con precisazioni

Quaderno “Indiani punjabi a scuola” e progetto “Stelle in soffitta” di Giulia Lodigiani e Jenny Miragoli

aggiuntive.Due le appen-dici: la prima introduce al sikhismo, la religione pre-valente tra i punjabi; la seconda av-via alla com-prensione del sistema delle caste (che riguarda mar-ginalmente i sikh).Questa pub-

blicazione costitui-sce, oltre che uno strumento di integra-zione e accoglienza a livello scolastico, anche un’introduzione alla loro lingua e alla loro cultura e alla loro religione. Per imparare a conoscere chi impara a conoscere noi.

Il Progetto “ Stelle in Soffitta”Il Progetto “Stelle in Soffitta” riprende il titolo da una frase di William Blake “Chi ha un volto senza luce non divente-rà mai stella” e intende rappresentare la condizione di chi, “invisibile” perché segregato o dimenticato come in una soffitta polverosa, non ha gli strumenti per partecipare attivamente al normale svolgimento della vita sociale del luogo in cui vive.In particolare il progetto si è ri-volto a quelle donne straniere che, se non possono contare sulla possibilità di inserirsi atti-vamente nel mercato del lavo-ro, restano confinate nei ruoli di moglie e madre.In una società dove anche le donne italiane ancora oggi purtroppo si interrogano sullo stato di attuazione del-le “pari opportunità”, per le donne straniere il compito è

senz’altro più arduo.Scopo del progetto era quindi quello di riuscire ad offrire a queste donne la possibilità di creare una rete amicale che consentisse loro di uscire dallo stato di isolamento nel quale erano forzatamen-te inserite, offrendo nel contempo l’op-portunità di apprendere la lingua italia-na e di conoscere i servizi del territorio per poterli adeguatamente sfruttare.Durante il percorso di alfabetizzazio-ne, grazie ad una insegnante sensibile e preparata, le donne sono riuscite ad abbattere l’iniziale diffidenza data prin-cipalmente dalla timidezza e dalla scarsa abitudine a creare relazioni.Si sono rese conto, con il passare delle lezioni e grazie agli interventi di funzio-nari donne del Comune e di operatrici del consultorio di Cremona, che l’essere donne è condizione universale che non conosce confini di sorta. All’interno del progetto è stato inoltre in-serito un percorso di apprendimento al Taglio e Cucito che si è rivelato di grande attrattiva per le donne, in quanto offriva loro la possibilità di poter apprendere un “mestiere” spendibile in una futura pro-spettiva lavorativa.E’ intenzione del Centro Studi prosegui-re su questa strada, certi che proprio il processo d’inserimento e integrazione della donna straniera nel nostro Paese agevolerà il processo di edificazione e consolidamento di una società realmen-te multietnica e interculturale.

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23pagine del CENTRO STUDI

Il Centro Studi e Ricerche Sociali, per la settimana della 17a Festa del Volontaria-to, ha organizzato, venerdì 19 settembre, in collaborazione con Apcat (Associazio-ne Provinciale dei Club degli Alcolisti in Trattamento) di Cremona, un’iniziativa pubblica sul fenomeno del gioco d’az-zardo.Al convegno, svoltosi presso il Cisvol, ha par-tecipato Matteo Iori, Presidente del CoNaGGA, Coordinamento Nazionale Gruppi per Giocatori d’Az-zardo, di Reggio Emilia, costituito da Enti diffusi su tutto il territorio nazionale, da anni impegnati nella dipendenza da gioco d’azzardo attraverso attività di cura, prevenzione, informazione, trat-tamento. Erano inoltre presenti Antonio Gallo, psicologo del Serd.d. , Alessio Anto-nioli, della Caritas Diocesana, e G.Stefani dell’APCAT, di Cremona. L’intervento di Iori ha squarciato un velo su questo problema, affrontandolo sotto il profilo sociale e soprattutto politico. Iori, infatti, ha rilevato innanzitutto le re-sponsabilità dei governi che, dal secondo dopoguerra ad oggi, hanno tutti favorito il gioco d’azzardo, ampliandone il volu-me d’affari e non preoccupandosi delle conseguenze, talvolta drammatiche sul piano della salute pubblica. Il gioco d’azzardo è la 5° industria, dopo Fiat, Telecom, Enel, Ifim, in Italia e che alla fine del 2004, si collocava al terzo posto fra i paesi che giocano di più al mondo, preceduta solo da Giappone e Regno Unito. Il mercato italiano rappresenta il 9% di quello mondiale. Ma analizzan-

Riflessioni e stimoli sul problema della dipendenza da Gioco d’Azzardo di Raimonda Lobina

do la spesa pro-capite, l’Italia vanta il primato mondiale con oltre 500 euro a persona, e in Regioni quali Sicilia, Cam-pania, Sardegna e Abruzzo le famiglie investono in gioco d’azzardo il 6,5% del proprio reddito. Da sempre il gioco d’az-zardo è diffusissimo in Italia e coinvolge

maggiormente determinate categorie di persone: le fasce più deboli. Secondo i dati Eurispes 2005 nel gioco investe di più chi ha un reddito inferiore. Gallo ha illustrato la situazione nel nostro territorio: settembre 2008 sono in carico al Ser.d 36 pazienti e il costante aumen-to, registrato annualmente, è dovuto alla maggiore conoscenza del servizio oltre ad un incremento della dipendenza di per sé. Il profilo del paziente tipo cremonese è quello del diplomato, non abbiente, per lo più operaio, talvolta con problemi psi-chiatrici e di alcool, spesso sposato. Una percentuale è rappresentata da cittadini stranieri e da malati di morbo di Parkin-son (il Pramipexolo, farmaco usato per curare questa malattia, presenta come effetto collaterale la predisposizione al gioco , ma questo non viene indicato ne-gli effetti collaterali).

La dipendenza dal gioco d’azzardo, rispet-to alle altre, è caratterizzata in particolare dalla sua “invisibilità” poiché il paziente tipo riesce a mantenere comunque un tenore di vita “normale”. Si tratta però di un individuo immaturo che, come il bambino dipende dall’adulto, è asservi-

to totalmen-te al gioco e pertanto non cerca un so-stegno nelle relazioni. La terapia mira allora ad un lavoro di un gruppo, ma trattandosi di una patologia complessa, ne-cessita di rispo-ste complesse, con interventi e cure, anche individualizzati. Da non sotto-

valutare infine le conseguenze sul piano sociale, ha ricordato Alessio Antonioli, che ha parlato dello sportello antiusura, attivato da anni dalla Caritas, rivolto ad individui rovinati dai debiti, spesso con-tratti con il gioco, e dagli usurai. In realtà, ha concluso Antonioli, al nostro sportello arrivano storie drammatiche che però sono almeno riuscite ad emer-gere: l’impegno è quello di ascoltarle e, con le altre istituzioni, farvi fronte e pos-sibilmente risolverle. I materiali del Con-vegno e un’ampia bibliografia relativa a queste problematiche sono disponibili presso il Centro Studi e Ricerche Sociali di Cremona, tel. 0372/800277

A.P.C.A.T. Cremona Via dell’Annona 1/3, CremonaCaritas Cremona, via Stenico 2/B, Cremona, tel. 0372 23370

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24 pagine di CULTURA SOLIDALE

Il 10 dicembre si è celebrata la giorna-ta mondiale dedicata alla Dichiarazio-ne Universale dei Diritti Umani. La Di-chiarazione venne firmate a Parigi il 10 dicembre 1948 e la sua stesura fu pro-mossa dalle Nazioni Unite perché aves-se applicazione in tutti gli stati membri. Oggi l’Italia è inadempiente rispetto alla Dichiarazione perché nel nostro Paese mancano sia una legge di applicazione della Corte Penale internazionale, sia l’istituzione di una “Commissione nazio-nale indipendente per la promozione e la protezione dei diritti umani”. La Tavola della Pace ha lanciato una campagna per promuovere la cultura dei diritti e spingere lo Stato italiano a «inserirsi nel gruppo di testa dei paesi che più s’impe-gnano per i diritti umani».

· Ratifichiamo il Protocollo Opzionale alla Convenzione ONU contro la tortura e riconosciamo il reato di tortura nel no-stro ordinamento

· Approviamo la legge sul diritto d’asilo, aumentando le risorse per l’accoglienza

· Riconosciamo il diritto di voto nelle elezioni amministrative per i cittadini migranti che risiedono da tempo nel no-stro paese

Giornata mondiale dei diritti umani: in Italia serve più impegno

· Istituiamo un “Garante dell’In-fanzia” e un “Di-fensore civico nazionale”

· Ratifichiamo le Convenzio-ni Internazio-nali sui diritti umani delle persone con disabilità, sulla pro-tezione di ogni persona dalle sparizioni forzate, sui diritti dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie

· Organizziamo una sessione annuale del Parlamento in sedu-ta comune per discute-re dello stato dei diritti umani in Italia e delle raccomandazioni che i pertinenti organismi in-ternazionali rivolgono al nostro paese

· Prepariamo un piano d’azione dell’Italia per il rafforzamento delle istituzioni internazio-nali democratiche. A partire dall’Onu, sono loro le deputate a pro-muovere e difendere i

diritti umani nel mondo, contro tutte le dittature e i regimi autoritari ma anche contro tutti gli abusi e le violazio-ni di cui sono responsabili i governi de-mocraticamente eletti

· Rendiamo permanente l’educazione ai diritti umani, alla pace e alla nonvio-lenza in tutte le scuole di ogni ordine e grado valorizzando le esperienze sin qui realizzate, anche tramite l’emanazione di una apposita direttiva del Ministero del-la Pubblica Istruzione

· Riduciamo le spese militari per libe-rare le risorse da investire nelle politiche nazionali e internazionali di lotta alla po-vertà, di cooperazione internazionale e di promozione delle pari opportunità e dello sviluppo sostenibile.

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In occasione delle Settimane del Volon-tariato non sono mancate le occasioni di svago e riflessione, una di queste è stata la nuova pièce teatrale della Compagnia Teatrale Itineraria: “Q.B. Stili di vita per un futuro equo” andata in scena per le scuo-le in mattinata e per la cittadinanza alla sera. Con stile ammiccante e da matta-tore, l’ attore Fabrizio De Giovanni ha sot-toposto prima in chiave metateatrale, poi sottoforma di teatro-documento tutti gli studi condotti dalla Compagnia Itineraria con la collaborazione dello storico Erco-le Ongaro, direttore dell’ Istituto di storia contemporanea di Lodi, riguardo agli sti-li di vita sostenibili. Il ritmo di recitazio-ne serrato e coinvolgente ha dato slan-cio ad una panoramica catastrofica della situazione ambientale attuale ma poi ha subito proposto buone pratiche per mi-gliorare il proprio impatto sulla Terra. La situazione attuale deve subire necessa-riamente un’inversione di tendenza: se non ridimensioniamo la nostra impron-

Una rappresentazione tesa, intensa e drammatica. Una trama irta di spunti, at-tualissima, dolente e poetica. “Romances”, lo spettacolo nato da una ricerca con-dotta in un campo nomadi di Padova e

Da oggi cambio stile di vita…Q.B. di Silvia De Donno

Romances: storie zingare contro ogni pregiudizio di Luca Muchetti

ta ecologica le risorse del pianeta a bre-ve non saranno più sufficienti. Occorre quindi preferire la sobrietà al consumi-smo, la condivisione all’ individualismo, la lentezza alla velocità, l’ acquisto di grup-po (G.A.S). al supermercato, la filiera corta a quella lunga…Se Cremona ha le sue 3 T il consumo cri-

tico ha le sue 5 R: rallentare, ridurre, riu-tilizzare, riparare e riciclare… in un bre-ve filmato abbiamo visto una giovane coppia che dalla discarica ha salvato dei pezzi diventati elementi d’arredo molto originali e che nella loro abitazione ha adottato delle soluzioni in linea con que-sta strategia.Fra i tanti argomenti enucleati non è mancata la ripresa dell’argomento del business delle acque minerali (tematica cara a questa Compagnia e già proposta nel precedente spettacolo H2Oro) che pone l’attenzione sui diritti umani e sul potere insidioso che le pubblicità eser-citano sui nostri consumi a volte unica-mente pilotati da bisogni inutili.Tutto porta al vero benessere comune e tutti nel loro piccolo possono fare qual-cosa lontano da parametri di quantifi-cazione e qualificazione fasulli come il PIL. L’ invito per tutti -citando il libro di Lorusso e De Padova- è “dePILiamoci” per una decrescita felice.

pagine di CULTURA SOLIDALE

portato in scena dalla compagnia teatra-le MargineMigrante ha colpito nel segno. La rappresentazione, inserita nel cartello-ne delle iniziative legate all’ultima festa del volontariato cremonese, ha portato a teatro Monteverdi un pubblico folto e che, a spettacolo terminato, ha rotto con un lungo applauso il climax drammatico creato dai giovani attori in un’ora di re-citazione. Corpi in movimento e parole hanno la stessa potenza in “Romances”, raccontano storie intrecciate potenzial-mente ambientate in una qualunque del-le città italiane. Il lavoro che Aurora Diotti, Margherita Fantoni, Tommaso Franchin, Anna Manfio, Laura Serena, Anna Serlen-ga - dirette da Beatrice Sarosiek – hanno realizzato è tutto fuorché semplicistico e banale nella sua intenzione di indagare il cliché dello zingaro. Il dramma della guer-ra, le ricadute sulla vita dei protagonisti, il

loro viaggio che dall’orrore serbo sposta l’attenzione sul palcoscenico-Italia, mischia le carte e mette tutto in discussione. Nel pubblico matura pian piano il sospetto che i dram-mi siano due: in Serbia con la guerra, in Italia con un gioco di specchi e pregiudi-zi. Nudo il palco con una scenografia ri-dotta a un grande fondale nero e qualche fascio di luce a illuminare l’azione. La stes-sa compagnia, di recente, ha dato vita a un nuovo spettacolo intitolato Misure di pubblica sicurezza, un’analisi ironica ed amara della necessità di sicurezza e della paura sulle quali lo stato di emergenza attuale viene costruito. La prima è stata inscenata il 30 ottobre al teatro Aurora di Marghera.

Dicembre 2008

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26 pagine dei LIBRI

Una metropoli.Una periferia degradata.Un raccordo anulare.Una fabbrica dismessa.Una baraccopoli.

Qui aleggia ancora lo spi-rito di Branko Hrabal che nella notte è stato bar-baramente trucidato con sette coltellate. Egli non può trovare pace, anche se il cuore è fermo. Si trova imprigionato in una condizione strana e scomodissima, non contemplata dalle leggi naturali. Non è vivo, ma non è nep-pure morto. La mente è lucidissima e vi-gile nel corpo inanimato. Pensa, ragiona, ma soprattutto ricorda. Rammenta un passato che fino a due anni prima gli era completamente scono-sciuto. Ungherese di nascita, a quattordici anni ha lasciato la scuola e si guadagna

Timur, Liana e gli altri… E’ bella. E’ bionda. Ha gli occhi azzurri. E’ norvegese. Non fa la modella, ma il reporter di guerra. In-stancabile, “ispeziona” le zone calde del mondo. Niente la ferma.Sto parlando di Asne Seirstad, nata ad Oslo nel 1970, laureata in russo e in fi-losofia. Nel 2002 ha vinto il prestigioso Free Speech Award. E’ famosa per i best-seller “Il libraio di Kabul” (Sonzogno 2003) e “Diario da Baghdad” (Sonzogno 2004).Quest’anno ci riprova con “Il bambino dal cuore dì lupo”, edito da Rizzoli.L’Autrice con questo saggio ritorna in Cecenia. Un viaggio di ricordo oltre che di cruda denuncia. Qui ha iniziato la sua carriera. Aveva ventiquattro anni Asne Seirstad e lavorava da qualche tempo a Mosca per il quotidiano Arbiderbladet quando, all’alba della vigilia di Capodan-no (del 1995), l’Armata Rossa sferrò l’as-salto mortale contro Grozny. Era iniziata

Libri. Il circo capovolto di Marta Gravante

Libri. Il bambino dal cuore di lupo

l’esistenza onestamente come operaio edile. Monta ponteg-gi. Un mestiere pericoloso che obbliga il corpo ad essere particolarmente snodato. Un esercizio quasi da acrobata. Branko possiede nel suo san-gue sedimenti di arte circen-se. Suo nonno era il capo del celebre Circo Azzurro, sterminato ad Auschwitz Birkenau negli anni ’40 del

secolo passato. Sarà questa ri-velazione, fattagli un giorno a bruciapelo dal padre, a mutare radicalmente la sua esistenza. Da quel momento vivrà esclu-sivamente in funzione del circo. Soprat-tutto per ricostruirlo nella memoria dei giovani, dei bambini... Branko Hrabal è la voce narrante dell’ultimo libro di Milena Magnani, edito da Feltrinelli. L’autrice bolognese da anni si occupa di educazione e di accoglienza e con “Il Cir-

co Capovolto” ha dato prova di notevole coraggio culturale, incentrando un testo sulla complessa realtà delle baraccopoli e della difficile, critica convivenza tra di-verse etnie. Non solo. Ha reso omaggio anche alla memoria. In un continuo in-trecciarsi tra presente e passato. Una me-moria scomoda, defraudata, dimenticata. Quella dei saltimbanchi, giocolieri, clown, funamboli, artisti di strada. Hitler ha ridot-to in cenere anche loro, ma sono vittime di cui ci si dimentica troppo facilmente, in quanto non possedevano una patria e sufficiente peso socialeGrazie, a Milena Magnani che c’è lo ha ricordato con un tocco di scrittura, origi-nale, dura, ma al tempo stesso, visionaria ed evanescente.Un romanzo da leggere assolutamente.

Il Circo Capovolto, Feltrinelli di Milena Magnani Pag. 166, 2008

una nuova guerra. La promettente invia-ta non perse tempo. Si imbarcò sul primo aereo diretto per la capitale Cecena.A chi, con stupore, le chiedeva le ragioni della sua presenza in mezzo alla truppa rispondeva secca: “Sono qui per scrive-re”. Un imperativo più che categorico a cui non è venuta mai meno nel corso di dodici lunghi anni. Una militanza che ha finito per mutarla profondamente. Con-fessa: “Sono diventata quasi anti russa”. Ammirata, affascinata, quasi stregata dal coraggio dal popolo ceceno non vuo-le fare mancare ad esso il suo sostegno incondizionato di penna. Non esita a sgualcire il silenzio, dando voce soprat-tutto agli umili. La sua ultima indagine prende avvio, infatti, dal precario rifugio di un orfanotrofio. Riemergono, così, sto-rie violentemente sommerse di bambini a cui è stata rubata l’infanzia. Timur, Liana ed altri non guariranno più. Il filo rosso

della guerra gli ha segnati dentro in modo indelebile.Un libro asso-lutamente da leggere per la test imonianza forte e a tratti straziante che sa trasmettere pagina dopo pagina, in un crescendo, di partecipazione, di condivisione emotiva, tanto da rima-nerne completamente soggiogati.

Il bambino dal cuore di lupo. Storie dall’inferno della Cecenia in guerra, Rizzolidi Seierstad ÅsnePag. 329, 2008

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27pagine dei FILM

Quando un film, seppure imper-fetto, si sedimenta nel ricordo e ritorna a stuzzicarci la mente per giorni dopo la visione, con flash che ci colpiscono quasi nostro malgrado, allora può dirsi che abbia raggiunto l’obiettivo. Succe-de con ANIMANERA, opera prima di Raf-faele Verzillo, girata due anni fa, ma in-comprensibilmente distribuita solo ora, e nell’ultimo scampolo d’estate (uscita nelle sale il 29 agosto), il che è sicura ga-ranzia di scarso pubblico. Verzillo ha scelto per il suo esordio cine-matografico un tema molto impegnati-vo e tanto più delicato quanto, purtrop-po, attuale: la pedofilia. Riesce a mantenersi sul filo della sensibi-lità, pur calandosi a fondo nel buco nero della psicologia orribilmente disturbata dove si perdono i “predatori di bambini”. Il protagonista Enrico Russo (l’ottimo Antonio Friello) cela alla perfezione die-tro la facciata di borghese perbene, ap-prezzato amministratore di condominio nonché marito premuroso (ma quan-to gelo rappreso nell’interno familiare, nell’appartamento troppo ordinato e anonimo!), una natura ferina di molesta-

Film. Animanera: il baratro dell’infanzia violata di Roberta Spigaroli

tore, che non si limita a rapire e violenta-re bambini, ma li massacra barbaramen-te. Alle radici del suo disagio c’é un’in-fanzia terribile, scandita dagli abusi del padre/padrone, che torna a roderlo con forza sempre maggiore, tanto che la li-sta delle piccole vittime si sta allungan-do in modo esponenziale. Quando Enrico si invaghisce di Andrea – vivace e intelligente bimbo settenne trascurato dai genitori ricchi e assen-ti, le sue pulsioni subiscono un’ulterio-re scossa. Vorrebbe essere per Andrea solo un amico attento e affettuoso, o addirittura configurarsi nella figura paterna che a lui è mancata e che lui stesso non sarà mai (volontariamen-te, non vuole avere figli), ma la vio-lenza finisce per sopraffarlo anche in questo caso. Sulle tracce del mostro sono

da tempo un magistrato garanti-sta e il commissario Masciandaro (Luca Ward), il cui veemente sde-gno un po’ manicheo gli fa per-dere di vista le sfumature, essen-ziali in vicende indagini di que-sto tipo. Lo affianca la psichiatra Anna Polito (Giada Desideri), più incline, per mestiere e per carat-tere, a smussare l’istinto in nome della ragione, certa che si riusci-rà ad assicurare l’assassino alla giustizia solo attraverso l’analisi dei det-tagli. Infatti, - dopo un primo abbaglio dovuto all’impulsività del commissario -che arresta un viscido professore pedo-filo sì, ma non incline all’omicidio, - sarà proprio Anna ad individuare Russo e a salvare in extremis Andrea. Il limite maggiore di Animanera è da ri-cercarsi nella sovrastruttura da polizie-sco piuttosto superficiale entro cui si iscrive una vicenda drammatica, che, oltre a entrare nelle pieghe più riposte della natura del protagonista cercando motivazioni alla sua sindrome da distru-zione di innocenza - senza peraltro mini-mizzarne mai l’efferatezza-, denuncia le

storture di una società contraddittoria, dove si moltiplicano i maltrattamenti in-fantili e troppe famiglie sono fondate sul vuoto (i genitori di Andrea) o sull’ipocri-sia (la moglie di Enrico intuisce, ma non vuole “vedere”, perché “senza di lui, non esiste”, come rivela in una delle scene più incisive). Il film è stato accusato di avere un im-pianto da prodotto televisivo, ma sem-bra al contrario un grido di allarme do-lente ma non patetico, che colpisce a fondo e “mostra” senza scadere nella morbosità. Verzillo è una buona promessa e dimo-stra di saper osare: lo spessore c’è, ecco-me, quanto a un maggior scavo dei per-sonaggi e una maggior originalità, ce li aspettiamo nella prossima opera.

TITOLO: Animanera ANNO DI PRODUZIONE: 2006 NAZIONE: Italia GENERE: DrammaticoDURATA: 93 minuti Vietato ai minori di 14 anni REGIA: Raffaele VerzilloCAST: Antonio Friello, Luca Ward, Gia-da Desideri, Luigi Santoro, Domenico Fortunato, Elisabetta Cavallotti, Luis Molteni. PRODUZIONE: Progeda Srl, I.M.S., De Angelis GroupDISTRIBUZIONE: Medusa

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