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Giornale Italiano Psicologia dello Sport n°5 http://www.calzetti-mariucci.it/shop/prodotti/gips-il-giornale-italiano-di-psicologia-dello-sport-n-5

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3Giornale Italiano di PSICOLOGIA DELLO SPORT Numero 5 – 2009

GIORNALE ITALIANO

DI PSICOLOGIA DELLO SPORT RICERCHE

CCOONNVVIINNZZIIOONNII DDII EEFFFFIICCAACCIIAA PPEERRSSOONNAALLEE EE CCOOLLLLEETTTTIIVVAA EE GGEESSTTIIOONNEE DDEELLLLOO SSTTRREESSSS NNEELL GGIIOOCCOO DDEELL CCAALLCCIIOO

Sara AndenaDipartimento di Psicologia, Università degli Studi di Milano “Bicocca”

Jessica MilitelloDipartimento di Psicologia, Università degli Studi di Milano “Bicocca”

INTRODUZIONE

L’attività sportiva, che a livello amatoriale sovente riveste una funzione di divertimen-to o di sfogo delle tensioni, a livello competitivo può rappresentare una fonte di fru-strazione e minaccia: in situazioni agonistiche caratterizzate da forte pressione com-petitiva, spesso gli atleti devono fronteggiare gli effetti inabilitanti di stressor acuti acarattere fisico e psicoemotivo (Brandao, Medina e Martino, 1998; Crocker e Hadd,2005; Jones e Hardy, 1990; Kelmann e Gunther, 2000; Nicholls, Backhouse, Polmane McKenna, 2008; Noce e Samulski, 2002; Reeves, Nicholls e Mckenna, in stampa;Seggar, Hawkes, Pedersen e McGown, 1997).La resistenza allo stress non è una capacità innata ed occorre un sostegno e un fortestimolo motivazionale affinché l’atleta si impegni a superare i propri limiti e sia in gradodi padroneggiare le abilità richieste dalla propria disciplina: il buon esito di tali sforzid’autoregolazione dipende, in larga misura, da un senso d’efficacia resiliente in gradodi favorire lo sviluppo delle opportune competenze tecniche e di determinarne la qua-lità dell’esecuzione in situazioni sempre mutevoli, imprevedibili e potenzialmentestressanti (Bandura, 1997; Beauchamp, Bray e Albinson, 2002; Bray, Balaguer e Duda,2004; Escarti e Guzman, 1999; Feltz e Lirgg, 2001; Feltz, Short e Sullivan, 2008;LaGuardia e Labbè, 1993; Moritz, Feltz, Fahrbach e Mack, 2000; Short, Tenute e Feltz,2005; Tenenbaum, Hall, Calcagnini, Lange e Freeman, 2001; Treasure, Monson e Lox,1996). Sentirsi capaci di “amministrare” efficacemente l’attività agonistica favorisceuna migliore gestione dello stress e previene il manifestarsi di episodi di esaurimentoemotivo; la fiducia nelle proprie abilità di riuscita, infatti, migliora le prestazioni moto-rie, riduce la vulnerabilità a situazioni avverse e gli effetti inabilitanti degli stressor

RIASSUNTODiversi studi, nell’attestare la significativa influenza delleconvinzioni di efficacia personale e collettiva rispetto alla prestazione sportiva di successo, ne sottolineano l’importanza nella gestione dello stress, prima e durante lacompetizione; il presente contributo mira ad approfondirequeste interazioni nel gioco del calcio. Ad un gruppo di 82calciatori professionisti provenienti da differenti categorie eappartenenti a quattro diverse società sportive sono statesomministrate due nuove scale finalizzate a valutare le convinzioni di efficacia personale e collettiva. Accantoalle scale di efficacia percepita è stato somministrato un questionario che misura il livello di stress esperito daicalciatori e la loro capacità di recupero. I risultati hannomostrato la presenza di livelli di stress molto diversi tra giocatori appartenenti a categorie differenti. Nei giocatoridi Serie A, inoltre, sono emerse sorprendenti relazionipositive tra efficacia percepita e livelli di stress. I risultatiottenuti forniscono degli spunti di riflessione e delle indicazioni rispetto ai fattori che maggiormente incidono o proteggono dallo stress, evidenziando l’importanza dioperare delle differenziazioni tra atleti di livello diverso.

PAROLE CHIAVEAutoefficacia percepita; efficacia collettiva percepita;stress; calcio

ABSTRACTSeveral studies showed that self- and collective efficacybeliefs play a significant role in promoting goodperformances in sport and managing pre- and post-competition stress; the aim of the present study was to examine the role of self and collective efficacy in soccer.The participants were 82 professional soccer playerscoming from four different categories and four clubs; two new scales to measure self- and collective efficacy insport were developed; the amounts of experienced stresswas assessed through the Recovery-Stress Questionnairefor Athletes. Findings showed significant differences instress’ level among the four categories; surprisingly, leagueA athletes’ self-efficacy beliefs were positively correlatedwith stress. Results give suggestions about the factors that influence or protect from stress and underline theimportance to distinguish among athletes of different level.

KEY WORDSPerceived self-efficacy; perceived collective efficacy;stress; soccer

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14 Giornale Italiano di PSICOLOGIA DELLO SPORT Numero 5 – 2009

GIORNALE ITALIANO

DI PSICOLOGIA DELLO SPORTRICERCHERI

CERC

HE

INTRODUZIONE

Quello del portiere è un ruolo molto particolare e delicato perchédiverso da quello di tutti gli altri compagni di squadra. Oltre ad esse-re l’unico componente della squadra che può utilizzare le mani all’in-terno della propria area di rigore, deve rispondere a richieste tecnico-tattiche, fisico motorie e psicologiche differenti rispetto ai suoi com-pagni (D’Ottavio, 2007; Facchini, 1993). Il numero 1, infatti, sviluppaabilità completamente differenti che richiedono allenamenti differen-ti e, quasi obbligatoriamente, un allenatore specializzato dedicato allasua prestazione. “Questo suo isolamento, durante la settimana diallenamento, potrebbe far pensare al ruolo del portiere quasi ad una

piccola disciplina interna in seno allo sport del calcio, ma la particola-rità del ruolo è tale che questa condizione viene meno perché, duran-te la gara, pur essendo i suoi compiti e i suoi interventi completamen-te diversi dai compagni di squadra, le tempistiche e le modalità di taliinterventi si devono sempre interfacciare con le esigenze di squadra,le situazioni particolari di gioco ed i movimenti di compagni ed avver-sari.” (Lorieri, 2007). Sono inoltre tutti concordi nel dire che, oltre alledoti tecnico tattiche, le qualità che rendono il portiere un punto fermoper la squadra sono proprio le sue caratteristiche mentali. Attraversol’indagine “sulle problematiche psicologiche del portiere di calcio” sisono proprio voluti approfondire gli aspetti più strettamente psicolo-gici inerenti al ruolo dando la parola ai diretti interessati.

II NNDDAAGGIINNEE SSUULLLLEE PPRROOBBLLEEMMAATTIICCHHEE PPSSIICCOOLLOOGGIICCHHEEDDEELL PPOORRTTIIEERREE DDII CCAALLCCIIOO

Vittorio TubiCoordinatore e Docente nei Corsi di Psicologia per Allenatori ProfessionistiCentro Tecnico di Coverciano

Francesca De StefaniPsicologa e Consulente in Psicologia dello Sport

Isabella CrocePsicoterapeuta, Psicologa e Consulente in Psicologia dello Sport

RIASSUNTOL’indagine sulle problematiche psicologiche del portiere di calcio nascedall’idea di dare voce ai vissuti ed alle esperienze di chi si trova a ricoprire un ruolo diverso all’interno di una squadra. Il campione degliintervistati è costituito da 30 atleti che militano nelle varie categorie dei diversi campionati professionistici in Italia (serie A 40%, serie A primavera 10%, serie B 33,3%, serie C1 10%, serie C2 6,7%).Le interviste sono state strutturate in modo da riuscire a indagare le seguenti aree: 1) le qualità psicologiche ritenute necessarie per un portiere e la valutazione dei momenti di isolamento psicologico, 2) le modalità relazionali all’interno della squadra e dello staff tecnico,3) l’allenamento tattico e la gestione delle gerarchie all’interno del sotto-gruppo portieri. Gli obiettivi dell’indagine sono infatti quelli di approfondire e focalizzare i bisogni del portiere e valutare le modalitàrelazionali all’interno del gruppo. I risultati emersi possono fornire degliinteressanti spunti di riflessione sulle condizioni e sulle problematicheche riguardano i portieri di calcio utili anche a carattere applicativo e di possibile intervento psicologico in questo settore.

PAROLE CHIAVEPortiere; concentrazione; responsabilità; preparatore-allenatore;gruppo squadra; mental training; gerarchia

ABSTRACTPsychological goal-keeper problems research arises from the purposeto underline the experienced of people holding a different role inside a football team. The interviewed sample is made of 30 players byvarious Italian professional championships (40% A league, 10% Youth ALeague, 33,3% B League,10% C1 League, 6,7% C2 League).Interviews have been structured to look into the following areas: 1) Psychological qualities considered compulsory to a goal-keeper andthe study about the psychological confinement period; 2) Interpersonalway of relation inside the team and inside the technical staff; 3) Tactictraining and managing hierarchies inside the sub-team goal-keepersgroup. The goals of this study are in fact to analyse, to deepen and to focus the goal-keeper needs and to evaluate interpersonal relationsmodalities inside the group itself. The results can provide useful information about conditions and possible problems regarding goal-keepers, and on psychological interventions.

KEY WORDSGoal-keeper; concentration; responsibility; physical trainer-coach;group; team; mental training; hierarchy

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RASSEGNE

18 Giornale Italiano di PSICOLOGIA DELLO SPORT Numero 5 – 2009

GIORNALE ITALIANO

DI PSICOLOGIA DELLO SPORTRA

SSEG

NE

AAPPPPRREENNDDIIMMEENNTTOO MMOOTTOORRIIOO:: DDAAII PPRREESSUUPPPPOOSSTTII TTEEOORRIICCII AAGGLLII AASSPPEETTTTII AAPPPPLLIICCAATTIIVVII DDEELLLLAA VVAALLUUTTAAZZIIOONNEE

DDEELLLLEE AABBIILLIITTÀÀ CCOOOORRDDIINNAATTIIVVEE

Giovanni MusellaCentro Ricerche Scienze Motorie, S.U.I.S.M. (Scuola Universitaria Interfacoltà in Scienze Motorie), Università degli Studi di Torino

Fulvia GemelliCentro Ricerche Scienze Motorie, S.U.I.S.M. (Scuola Universitaria Interfacoltà in Scienze Motorie), Università degli Studi di Torino

Giulia BardaglioCentro Ricerche Scienze Motorie, S.U.I.S.M. (Scuola Universitaria Interfacoltà in Scienze Motorie), Università degli Studi di Torino

Maria Fernanda VacircaDipartimento di Psicologia, Laboratorio di Psicologia dello Sviluppo, Università degli Studi di Torino

Emanuela RabagliettiDipartimento di Psicologia, Laboratorio di Psicologia dello Sviluppo, Università degli Studi di Torino

RIASSUNTOL’obiettivo è di approfondire, in chiave più applicativa, il contributo apparso sul precedente numero di questa rivista, nel quale si è tentato di fornireun inquadramento teorico sul ruolo svolto dalle abilità coordinative nell’ambitodell’apprendimento motorio. Chi si occupa di formazione e di educazione al movimento, in particolare per bambini e adolescenti, ha il compito di promuovere il progressivo e finalizzato controllo del comportamento motorio,nel rispetto della maturazione biopsichica dell’individuo. Dopo una brevedigressione sullo sviluppo delle abilità motorie, viene affrontato il tema della loro verifica e valutazione che, soprattutto nei bambini, risulta ancora oggi piuttosto problematica. L’analisi di test standardizzati e validati, quali il Test EUROFIT, utilizzato soprattutto per la misurazione quantitativa della prestazione e delle abilità condizionali, e il test TGM, strumento ideato per rilevare abilità grosso-motorie, a nostro avviso, non solo non risolve il problema della verifica e valutazione delle abilità coordinative, ma riproponel’urgenza di una approfondita riflessione. Entrambi risultano poco specifici per tutti coloro che vedono nell’attività motoria e nello sport non tanto il fine, quanto il mezzo per ottenere risultati a più ampio raggio, finalizzatiall’adattamento ed al benessere dell’individuo. Il parallelo con le competenzemotorie conduce ad una proposta applicativa che interpreta la verifica della abilità coordinative come verifica di competenze motorie. L’osservazione sistematica delle abilità coordinative in situazione può essereintesa quale espressione manifesta di competenza motoria, non direttamenteosservabile, ma deducibile da una sistematica osservazione delle conoscenzee del comportamento motorio in situazioni differenziate (di esercizio, di gioco,

di risultato,…).

PAROLE CHIAVEAbilità; coordinazione; valutazione; competenza; osservazione sistematica

ABSTRACTThe goal of this paper is to investigate more in depth, and from an applied perspective, the role of coordinative abilities in physical and movement learning, which is the subject that we already considered from a theoreticalperspective in a previous paper published in the same journal. Scholars whoare involved with formation and education at movement, particularly in thecase of children and adolescents, have the task of promoting a progressive and finalized control of movement, while respecting the biological and psychological maturation of the individual. After a brief introduction about the development of movement abilities, we consider the problem of their evaluation that is, especially among children, still very complex. In fact, in ouropinion the most common standardized tests, such as the test EUROFIT that is used for the quantitative measurement of the conditional abilities and thetest TGM that is normally used for evaluating the gross-motor abilities, do notsolve the problem of the evaluation of coordinative abilities, but rather theyrequire a deep and urgent refection. Both these tests appear too few specificto all the scholars who look at physical and sport activity not as the goal per se but rather as the way for reaching wider goals, such as promoting the adjustment and the wellbeing of the individuals. Establishing a link with thephysical and movement competence, we have been leaded at an applied proposal, which interprets the evaluation of the coordinative abilities as the evaluation of the physical competences. A systematic observation of coordinative abilities within a situation may be meant as the manifest expression of the competence in movement, which it is impossible to observedirectly. However, it is possible to consider this competence by the way of a systematic observation of the knowledge and the movement in various situations (exercising, playing, and gaining a result,…).

KEY WORDSAbility; coordination; evaluation; competence; systematic observation

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ESPERIENZE

25Giornale Italiano di PSICOLOGIA DELLO SPORT Numero 5 – 2009

GIORNALE ITALIANO

DI PSICOLOGIA DELLO SPORT

INTRODUZIONE

Il presente lavoro descrive come è stato realizzato il Modulo“Percorso Gioco e Sport” all’interno di un Progetto P.O.N. – Mis. 3 Az.3.1 – Laboratorio S.C.A.M.P.I. A., articolato nei Moduli Musica/Espressività, Cultura/Territorio e Ludodidattica. Il percorso è statoeffettuato presso una scuola media di Napoli, che insiste su un ter-ritorio periferico, Scampia, quartiere che può essere definito come ilquartiere “bunker” per emarginati. L’area territoriale, divisa in lottidelimitati da un’imponente rete stradale a scorrimento veloce, èdotata di scarse infrastrutture e pochi sono i luoghi di accoglienza, diaggregazione giovanile e centri di cultura, il cui ruolo potrebbe risul-tare significativo per i ragazzi. Il carcere e il commissariato domina-no la zona di cemento e l’area finto-verde. Sul territorio locale sonopresenti diversi fattori di criticità rappresentati da un sensibile tassodi immigrazione interna; si registra una certa precarietà nel settoreproduttivo con elevati indici di disoccupazione, inoccupazione e sot-toccupazione: di conseguenza, sono presenti numerosi e gravi effet-ti sociali: povertà, degrado sociale, esclusione sociale, labilità deilegami familiari e sociali e caratteristici fenomeni di isolamento eanonimato, indebolimento dei valori sociali. Si individuano fenomenigiovanili quali l’emarginazione, l’indifferenza per le gravi problemati-che esistenti, uno scarso senso di appartenenza alla comunità loca-le e dei valori etici, civili e legali, cosicché il reclutamento e l’ingres-so in circuiti illegali rappresentano spesso, più che una scelta libera,una condizione naturale (Saviano, 2007).Il Percorso motorio mi è stato affidato in collaborazione col collega,dott. Riccardo Russo, in qualità di istruttori sportivi con competenzein campo psicologico coordinati da una psicoterapeuta, consulente

AAVVVVIIAAMMEENNTTOO AALLLLOO SSPPOORRTT EE DDIISSPPEERRSSIIOONNEE SSCCOOLLAASSTTIICCAA:: AANNAALLIISSII DDII UUNN IINNTTEERRVVEENNTTOO MMOOTTOORRIIOO IINNTTEEGGRRAATTOO

Fiorenza RossoPsicoterapeuta, Psicologa dello Sport,Società Italiana di Psicoterapia Integrata

RIASSUNTOIl presente lavoro descrive come è stato realizzato il Modulo “PercorsoGioco e Sport” all’interno di un Progetto P.O.N. – Mis. 3 Az. 3.1 –Laboratorio S.C.A.M.P.I.A., articolato nei Moduli Musica/Espressività,Cultura/Territorio e Ludodidattica. Il percorso è stato effettuato presso una scuola media di Napoli, che insiste su un territorio periferico caratteriz-zato da diversi fattori di criticità con gravi effetti sociali e fenomeni giovanilidi emarginazione, scarso senso di appartenenza alla comunità locale e deivalori etici, civili e legali. Il lavoro è stato svolto da febbraio a maggio 2006per n. 40 ore con un gruppo di 15 alunni, individuati come ragazzi fortemente a rischio, tra gli 11 e i 13 anni, ed affidato a due istruttori sportivicon competenze in campo psicologico coadiuvati da un tutor scolastico.L’intervento è stato costruito e realizzato sui presupposti e i concetti fondamentali della psicologia dello sport secondo il Modello StrutturaleIntegrato di G. Ariano che rintraccia nell’agonismo e nel mantenimento dell’equilibrio necessario al benessere e alla salute dell’individuo i rispettivivalori dello sport e dell’attività motoria, mentre i concetti base che hannoguidato operativamente gli istruttori sono stati quelli di spazio, tempo e collaborazione. Il principio cardine trasmesso è stato quello secondo cuiqualsiasi forma di apprendimento-insegnamento passa attraverso una relazione condivisa. Il Progetto ha favorito la crescita personale dei ragazzi in maniera trasversale, con modificazione negli stili comportamentali e negli atteggiamenti scolastici, portandoli ad una partecipazione più attiva e interessata alle attività didattiche e a comportamenti più responsabili nella gestione delle relazioni nel gruppo-classe e col docente.

PAROLE CHIAVEDispersione scolastica; sport; motivazione; relazione didattica

ABSTRACTThis work describes how the module “Game and Sports Path”, structured in the modules Music/Expressiveness, Culture/Territory, Playful Didactics,has been organized inside a P.O.N. Project, Mis 3 Az. 3.1, S.C.A.M.P.I.A.Laboratory. It has been carried out in a Secondary School in Scampia(Naples), a suburban area that can be defined as the headquarter of socialoutcasts. The territory, divided in lots delimited by a fast flowing road network, lacks in infrastructures; in fact there are only few reception centers, youth organizations and cultural centers, whose role could beimportant for teenagers’ lives. The prison and the police station overlook the cement area and the artificial green belt. This area presents several critical factors characterized by a noticeable rate of inner immigration; the productive field is poor and there are high levels of unemployment,joblessness and underemployment. As a consequence, many and serioussocial effects can be registered: poverty, social degradation, social castingout, weak family and social relations, isolation and anonymity, weakness of social values. Youth phenomena such as casting out, indifference to theserious existing problems, the weak sense to be part of the local communityand a low presence of ethical, civil and legal values, can be noticed. For thisreason, the recruitment and the entry into illegal systems is often a naturalcondition rather than a free choice. The task was executed in 2006 fromFebruary to May and it took 40 hours. It was addressed to 15 students who were between 11 and 13 years old, selected because deeply considered ‘at risk’. Our intervention was arranged and carried out followingthe fundamental concepts of the Sport Psychology according to G. Ariano’sModel, The Structural Integrated Model, that thinks that the values of sportand physical activities such as antagonism and maintaining of balance are necessary to people’s well-being and health.

KEY WORDSEarly school leaving, motivation, sport, school report

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ESPERIENZE

31Giornale Italiano di PSICOLOGIA DELLO SPORT Numero 5 – 2009

GIORNALE ITALIANO

DI PSICOLOGIA DELLO SPORT

PREMESSA

“La psicologia è la più indisciplinata delle discipline, vivaio e palestradi ogni stravaganza, una torre di babele per ogni lingua conosciuta esconosciuta, una zecca di monete false, un mercato per ciarlatanivenditori di ogni teoria, un amalgama di genialità, banalità, penetran-ti intuizioni, disarmanti ingenuità, voli di fantasia, dogmi astrusi, puresciocchezze.” (Cohen J. 1958)

Questa relazione nasce da tre anni di esperienze di lavoro in ambitosportivo (basket e calcio in particolare) e dal confronto-scontro condirigenti, atleti e allenatori professionisti, colleghi psicologi sui temidell’avere /essere psicologo nello sport. Antonelli e Salvini (1987), nelloro manuale di Psicologia dello Sport, così definiscono l’obiettivo diquesta disciplina: “La psicologia dello sport è di per sé orientata allacrescita sana dell’individuo, all’espansione dei limiti personali, alsuperamento delle difficoltà, al miglioramento della comunicazionecon gli altri e con il proprio corpo, al conseguimento di esperienze

soddisfacenti”. Quale atleta, dirigente, allenatore potrebbe essere indisaccordo con queste finalità? Chi non direbbe “Voglio uno psicolo-go nel mio staff”?Le considerazioni che seguono hanno a che fare spesso, invece, conaltri tipi di domande ed espressioni da parte del mondo sportivo:“Tanta teoria.. ma nella pratica non mi serve a nulla...”; “Ma... perdia-mo lo stesso!”; “Io devo migliorare velocemente, devo vincere”;“Non gestisco più la squadra... la Società non sa nulla e non devesapere altrimenti pensa che sono inadeguato, ma io vorrei avere unsupporto per capire meglio i miei atleti”; “Ma che ne sanno questipsicologi di come si gioca a calcio?”; “Ma dallo psicologo pensavoci andasse chi ha problemi, a cosa mi serve? Io sto bene…”; “Hopaura di dipendere dallo psicologo poi...”; “È tutto tempo sprecato,meglio investire economicamente comprando un atleta quotato”;“Figurati, da noi lo psicologo è uscito a cena con delle atlete...”; “Conlo psicologo avremmo dovuto risolvere tutti questi problemi!”;“Ma acosa è servita la psicologa?… Poi veniva a vedere la partita vestita inun modo..!!”. Stereotipi, ideologie, rigidità presenti nel contesto

QQUUEELLLLOO CCHHEE GGLLII PPSSIICCOOLLOOGGII NNOONN DDIICCOONNOO MMAAII:: EESSPPEERRIIEENNZZEE,,RRIIFFLLEESSSSIIOONNII,, SSUULLLLAA PPRREEPPAARRAAZZIIOONNEE,, SSUULL SSEETTTTIINNGG,,

II CCOONNFFIINNII EE II DDIILLEEMMMMII DDII UUNN IINNTTEERRVVEENNTTOO PPSSIICCOOLLOOGGIICCOO NNEEGGLLII SSPPOORRTT DDII SSQQUUAADDRRAA

Monica NegrettiPsicologa, Esperta in Psicologia dello Sport

RIASSUNTOQuesto articolo affronta il delicato tema dell’interpretazione del proprio ruolo da parte dello psicologo. Sono discussi i concetti di empatia,sintonizzazione affettiva, onestà professionale e la questione del potere dello psicologo. Viene messain luce importanza della formazione e della supervisione. Alla luce di queste riflessioni, viene proposto anche un commento critico su un tipo di intervento psicologico in uno sport di squadra.

PAROLE CHIAVERuolo dello psicologo; formazione dello psicologo; intervento negli sport di squadra

ABSTRACTThis article focuses on the delicate issue of interpreting psychologist’s role. About this, themain concepts of empathy, affective ‘attunement’,

professional ethic and use of power, are explained.The analysis highlights the importance of formative moments and supervision.In this direction – nonetheless – a critical note on a specific psychological intervention model in team sports, is presented.

KEY WORDSPsychologist’s role; formative moments for the psychologist; psychological interventions in team sports

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OPINIONI

36 Giornale Italiano di PSICOLOGIA DELLO SPORT Numero 5 – 2009

GIORNALE ITALIANO

DI PSICOLOGIA DELLO SPORTOP

INIO

NI

INTRODUZIONE

Nell’insieme di correnti che prendono il nome di “danza creativa” si fariferimento alla possibilità di coinvolgere simultaneamente lo statointeriore e il fisico. L’uomo viene considerato nella sua interezza, ovve-ro nella componente cosiddetta della sua “mente razionale” e quelladella sua “mente emozionale”, l’una che pensa e l’altra che sente.Generalmente queste due menti sono coordinate e la loro integrazio-ne guida gli esseri umani nella realtà. Altre volte sono disarmoniche elo squilibrio che ne consegue mira al benessere psicologico della per-sona. Per stabilire un certo equilibrio nel proprio mondo interioreoccorre coltivare e educare alle abilità emozionali. La danza creativa,partendo da una dimensione solistica dell’uomo, si basa soprattuttosu una “maggiore enfasi sul processo piuttosto che sul prodotto”,sulla stimolazione dello “sviluppo di creatività, immaginazione e indi-vidualismo”, su “un’ enfasi sull’esperienza unica e personale dell’attocreativo” e sull’esperienza della danza come “un insieme di principi oconcetti piuttosto che su un gruppo sistematizzato di esercizi”.La danza meglio definita come “arte del movimento” (Sachs, 1966) èun nesso di comunicazione e di espressione antico come l’uomo chenasce proprio con l’uomo. L’arte del movimento è in continua evolu-zione essa richiede la partecipazione della sensibilità individuale ed èproprio questa sensibilità che fa acquistare armonia e bellezza a uncorpo. Con il movimento si esprimono la propria sensibilità, i propri

sentimenti e, chi lo esegue, prova la gioia profonda di rivelarsi a sé eagli altri. Nell’essere umano, la danza può giungere alla creazione diforme nuove nello spazio, animate dall’intensità della partecipazioneinteriore. La danza è la realizzazione di un dialogo con noi stessi, tra-mite il quale riusciamo a manifestarci agli altri. I movimenti seguonoun ritmo interiore e ognuno di essi è in grado di suscitare un’intensavibrazione. Migliorare le abilità di movimento significa migliorare lacapacità di comunicare, e nella danza creativa l’atto – lo stato di movi-mento – viene prima della tecnica e dell’abilità; l’individuo è la primarisorsa.All’inizio del XX secolo, l’uomo, quale corpo cosciente, è visto comeluogo di conoscenza, attraverso cui egli crea un mondo secondo unorientamento specifico. Ciò è dovuto al fatto che ogni cosa è carica-ta del senso che la nostra relazione con essa ci suggerisce. Tuttavia,l’uomo può andare anche oltre la situazione contingente ed astrarrefino all’universale. Il corpo è, quindi, il fondamento che permette adogni persona di sentire e vivere; e che, pertanto, non può essereoggettivato verso se stesso, ma dovrà fare riferimento ad un altropunto di vista. Il corpo ha, quindi, la funzione di “sorgente di intenzio-nalità spirituale” (Di Tondo, 1990), e di volta in volta crea ogni nostraazione, sia essa parola, gesto, sguardo o movimento. A convalidare ilprocesso conoscitivo, e quindi a permetterci di arrivare alla verità, èsolo l’esperienza dell’incontro con un altro sguardo. In questo modosi chiarisce l’ambiguità dell’essere un corpo e dell’avere un corpo, che

LL AA CCRREEAATTIIVVIITTÀÀ NNEELLLLAA DDAANNZZAA MMOODDEERRNNAA:: UUNNOO SSTTUUDDIIOO SSUU IISSAADDOORRAA DDUUNNCCAANN EE MMAARRTTHHAA GGRRAAHHAAMM

Giovanna De MarcoUniversità degli Studi di Cassino

RIASSUNTOIn questo lavoro mi propongo di trattare in che modo l’emotività di un individuo influisca sulla creazione artistica.La modern dance nasce come compimento degli ideali della danza libera, in quanto riscopre il movimento del corpo come materia prima dell’espressione, sostanza della danza, strumento necessario per esprimere la dimensione interiore dell’uomo in una precisa forma vitale. Il movimento scaturisce da vissuti intellettivi ed emozionali ed è il frutto dell’incontro tra un corpo e il “senso del mistero”, ossia la mente dell’uomo, con tuttele sue zone di ombra, pulsioni irrazionali e vissuti. La danza creata da Martha Graham e dai suoi contemporaneiappare quindi come rispondente ad una vera arte del corpo, luogo esperienziale di una percezione di qualcosa di nuovo mai prima esplorato, espressione nello spazio e nel tempo che coinvolge tutti i sensi e li utilizza comecanali attraverso i quali comunicare l’aspetto interiore dell’uomo.

PAROLE CHIAVECreatività; emozioni; danza moderna; Isadora Duncan; Martha Graham

ABSTRACTIn this work I want to discuss how the individual’s emotiveness affects the artistic creation. The modern dancearises as the accomplishment of the free dance ideals because it rediscovers the body movements as the rawmaterial of the performance, the dance essence, the necessary tool to express the man’s inner dimension in aprecise vital form. The movement springs out from intellective and emotional experiences and it is the offshoot of the meeting between the body and “the sense of mystery”, that is to say the man’s mind, with all its shadows,the irrational drives and experiences. Therefore the dance, created by Martha Graham and her contemporaries,appears as an answer to a true body art, an experiential place of a perception of something new which hasnever been explored before, space-time expression which involves all the senses and uses them as channels to communicate the man’s inner aspect.

KEY WORDSCreativity; emotions; modern dance; Isadora Duncan; Martha Graham

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